Sei sulla pagina 1di 8

Il triplice senso della resolutio in San Tommaso

Juan Jos Sanguineti

Atti del IX Congresso Tomistico internazionale, Ed. Vaticana 1991, vol. II, pp. 126-132

Desidero considerare in questa comunicazione il movimento della ragione tra i principi e le conclusioni nella filosofia di San Tommaso. Intendo cos contribuire ad una migliore chiarificazione della metodologia metafisica e scientifica dellAquinate. Mancandomi qui lo spazio per unanalisi dettagliata, mi limiter a segnalare alcuni particolare sulluso dei termini resolutio e compositio, nonch inventio e iudicium, nei testi tomisti. Nella gnoseologia di San Tommaso il punto di partenza della conoscenza intellettiva lapprensione induttiva e noetica dei principi. Dico induttiva, perch i principi sono colti nel momento dellilluminazione intellettuale applicata ad una determinata esperienza; noetica, perch tale apprensione una vera nesis, una intuizione immediata di un contenuto o di una verit intelligibile. I principi possono essere assiomatici, o noti a tutti in quanto i loro termini sono sempre implicitamente presenti alla mente nel suo esercizio naturale (cos, non si pu pensare senza conoscere lessere e senza comprendere al contempo il principio di non-contraddizione); oppure ipotetici, non nel senso attuale della parola, bens nel significato aristotelico di principi che non necessariamente comprendono tutti, poich richiedono una particolare riflessione sui loro termini1. Al binomio aristotelico di assioma/ipotesi (non esattamente parallelo a quello di principi comuni e propri),

Cfr. In I Anal. Post., lect. 5 e 19.

2 corrisponde nella terminologia tomistica quello di principi per se noti omnibus e per se noti sapientibus2. La mente parte dal principio e, applicandolo ad altre conoscenze pi particolari, arriva a nuove conclusioni. In verit, psicologicamente, lintelligenza piuttosto si trova con nuove conoscenze particolari (una nuova esperienza, unopinione su qualche tema sentita per la prima volta, ecc.) e, nel confronto con principi universali gi noti, passa a concludere qualcosa di nuovo. Il passaggio razionale (mediato) dal principio generale alla conclusione prima ignota una scoperta, una via inventiva. Essendo un transito dal semplice al complesso, tale via in questo caso una compositio o sintesi (la nuova verit acquisita una sintesi delle premesse). Poi, in un movimento esattamente inverso, la ragione ritorna sul principio, cercando di confermare o di giustificare la verit della conclusione attraverso la sua connessione col principio o fondamento. Il principio svolge qui la funzione di istanza che consente di giudicare la validit razionale della conclusione: la via iudicativa, che costituisce inoltre unanalisi o resolutio, dato che la verit pi complessa viene ricondotta alle verit pi semplici da dove si era partiti. In altre parole, la ratio ritorna allintellectus e trova in esso la conferma del suo valore conoscitivo. Il verdetto del principio consente di ritenere la conclusione come vera, falsa o ipotetica, certa o incerta, non come una verit di fatto trovata casualmente, ma come una conoscenza scientifica, universale e necessaria. La conclusione potr eventualmente essere anche conosciuta tramite altre vie, prima o dopo (per esempio, come dato sensibile, come verit creduta, come opinione autorevole, ecc.), ma solo con la resolutio nei principi lenunciato concluso diventa una res scita, una res iudicata, un contenuto legittimamente assegnabile alla sfera del sapere scientifico. Un testo illustrativo di quanto abbiamo detto il seguente: la ragione umana, nella via dellinvenzione o della ricerca, procede a partire da alcune verit apprese in

Cfr. In Boet. De Hebdomadibus.

3 modo semplice, che sono i primi principi; poi, nella via del giudizio, la ragiona torna analiticamente nei primi principi, per esaminare ci che ha scoperto3. In breve formula: per prima principia procedimus ad inveniendum, et iudicamus inventa4. Giudicare non qui formare una proposizione n darne semplicemente lassenso, ma accertare o confermare intellettivamente la sua verit mediata tramite il ricorso dimostrativo ai principi, allo scopo di darne lassenso definitivo. Il principio, come si vede, gioca un ruolo analogo a quello delle leggi come istanza cui il giudice si rif per pronunciare una sentenza giusta. Se la luce del principio non sufficiente in unanalisi concreta, la ricerca rester aperta e la ragione si dovr accontentare di una dimostrazione dialettica. A volte lesame razionale non conduce ad un ultimo termine, ma rimane bloccato nella stessa ricerca, quando cio rimane aperta al ricercatore la via a soluzioni opposte; questo avviene quando si procede a partire da ragioni probabili, che suscitano opinione o fede, ma non scienza5. Ecco il posto per la conoscenza scientifica ipotetica nella teoria tomista dei principi: perfino le ipotesi -nel senso di premessa incerta- sono causate indirettamente e negativamente dai principi, qualora la luce di questi ultimi non sia sufficiente per determinare lassenso o lesclusione categorica delle proposizioni esaminate6. Ora, in San Tommaso esiste anche una resolutio ad sensum, dove si ripropone il medesimo schema (e terminologia) considerato sopra, con la differenza che la funzione giudicativa o di controllo svolta dal principio viene trasferita adesso alla conoscenza sensibile. Si deve giudicare, in altre parole, in conformit con ci che

Ratiocinatio humana, secundum viam inquisitionis vel inventionis, procedit a quibusdam simpliciter intellectus, quae sunt prima principia; et rursus, in via iudicii, resolvendo redit ad prima principia, ad quae inventa examinat (S. Th., I, q. 79, a. 8). 4 S. Th., I, q. 79, a. 12. 5 Quandoque autem inquisitio rationis usque in ultimum terminum non perducit, sed sistitur in ipsa inquisitione, quando scilicet quaerenti adhuc manet via ad utrumlibet; et hoc contingit, quando per probabiles rationes proceditur, quae natae sunt facere opinionem et fidem, non autem scientiam (In Boet. de Trin., lect. 2, q. 2, a. 1). 6 Cfr. De Ver., q. 11, a. 1.

4 lesperienza mostra, e infatti dice Aristotele in III De Coelo et Mundo che dobbiamo giudicare di tutto secondo ci che accogliamo con i sensi7. Lesperienza sensibile dunque un termine -non esclusivo- di resolutio scientifica, perch essa anche un inizio o una forma particolare di primo principio. La conoscenza intellettiva deve ritornare ad phantasmata se non vuole perdere il singolo nel quale la natura intellettivamente colta esiste; e se la conoscenza mediata, nelle premesse iniziali ci dovr essere almeno un concetto immediatamente convertibile allesperienza primitiva. Il termine invece del giudizio conclusivo, secondo San Tommaso, non necessariamente riferibile ad unentit sensibile. Ricordiamo qui la dottrina esposta nel commento al De Trinitate di Boezio: la scienza fisica, operando sul livello fisico di astrazione, non consente la separazione reale dallesperienza, e in definitiva neanche quella mentale, perch i suoi giudizi conclusivi devono riguardare oggetti naturali, che sono sempre sensibili8. Diversa la situazione della matematica e della metafisica. Il giudizio matematico dovr ricadere nellarea dellimmaginazione spaziale, sensibilmente non percepibile in modo esatto (ovviamente San Tommaso non poteva conoscere lastrazione ancora pi immateriale delle geometrie non euclidee), mentre il giudizio metafisico, denominato separatio, pu ricadere su entit realmente e non solo nozionalmente separate dal mondo della natura sensibile. Lintelligenza, partita dallente sensibile, pu trovare il suo termine nellesse separatum (non solo abstractum) che altro non che la sostanza separata cui tendeva la metafisica aristotelica nella sua direzione non platonica. La metafisica trascende lesperienza sia nel contenuto sia nella verit giudicata (esse) delle sue conclusioni mediate. Ma la resolutio tomistica dei principi possiede ancora un terzo senso, inteso in una direzione del tutto opposta a quella degli altri due sensi finora illustrati. Una volta che, con laiuto dei principi di non contraddizione e di causalit, il ricercatore approda

7 8

De Ver., q. 28, a. 3, ad 6. Cfr. In Boet. de Trin., lect. 2, q. 2, a. 2.

5 sinteticamente nellesistenza di cause che spiegano linsufficienza ontologica dei fenomeni colti nellesperienza iniziale, egli arrivato ad un nuovo tipo di principio. Cos avviene quando si giunge alla conoscenza della struttura ontologica o fisica della realt, prima nascosta, o allaffermazione dellesistenza di Dio come primo principio in essendo del mondo degli enti finiti. San Tommaso impiega ancora una volta la terminologia di inventio e iudicium: secondo la via della scoperta, mediante le cose temporali arriviamo alla conoscenza di quelle eterne (), ma nella via del giudizio, partendo da ci che eterno, ormai conosciuto, giudichiamo delle cose temporali, e disponiamo di esse secondo i criteri desunti dalle realt eterne9. Si noti: la fase inventiva della ragione ora una resolutio, poich lintelligenza procede verso un principio mediato, ontologicamente pi semplice, dal quale poi ritorner per giudicare o valutare gli effetti che le sono propri. La sintesi o compositio adesso giudicativa: il principio ontologico criterio di giudizio di tutte le cose da esso derivate. In ogni ricerca si comincia da un principio. Il quale, se primario sia nellordine della conoscenza che in quello dellessere, non d luogo ad un processo analitico, ma piuttosto sintetico: infatti, il processo dalle cause agli effetti sintetico, poich le cause sono pi semplici degli effetti. Ma se linizio primario solo nellordine della conoscenza, ed invece derivato nellordine dellessere, d luogo ad un processo analitico, come quando giudichiamo a partire dagli effetti pi noti, riducendoli (resolvendo) nelle cause semplici10. Possiamo denominare logico-noetica la resolutio-compositio che parte e ritorna ai primi principi pi evidenti, come per esempio il principio di non contraddizione, o

Secundum viam inventionis, per res temporales in cognitionem devenimus aeternorum, secundum illud Apostoli, ad Rom., 1, 20, invisibilia Dei per ea quae facta sunt, intellecta, conspiciuntur: in via vero iudicii, per aeterna iam cognita de temporalibus iudicamus, et secundum rationem aeternorum temporalia disponimus (S. Th., I, q. 79, a. 9). 10 In omni inquisitione oportet incipere ab aliquo principio. Quod quidem si, sicut est prius in cognitione, ita etiam sit prius in esse, non est processus resolutorius, sed magis compositivus: procedere enim a causis in effectus, est processus compositivus, nam causae sunt simpliciores effectibus. Si autem id quod est prius in cognitione, sit posterius in esse, est processus resolutorius: utpote cum de effectibus manifestis iudicamus, resolvendo in causas simplices (S. Th., I-II, q. 14, a. 5).

6 di causalit, o per quanto riguarda la morale i principi della sinderesi. La resolutiocompositio che invece completa il circolo di andata e ritorno intorno ai principi ultimi reali (Dio come causa ultima creatrice, come fine ultimo della moralit, ecc.) ontologica. E allora abbiamo: 1) Compositio logico-noetica=via inventiva: dai principi pi noti alle conseguenze razionali. 2) Resolutio logico-noetica=via iudicativa: dalle conseguenze razionali ai principi noetici fondamentali. 3) Resolutio ontologica=via inventiva: dagli effetti pi noti alla prime cause. 4) Compositio ontologica=via iudicativa: dalle prime cause agli effetti pi noti. La resolutio ontologica, come si vede, una compositio logica, mentre la compositio ontologica contemporaneamente logica. Non esiste una completa simmetria tra questi due sensi dellanalisi-sintesi, perch la svolta della resolutio logica mira piuttosto alla conferma della verit mediata, che viene provata e approvata quando sottoposta allesame basato sui principi, mentre la svolta della compositio ontologica non ritorna al punto di partenza per la verifica e accertamento del processo conoscitivo, bens per conoscere meglio -scientificamente, e non solo fenomenicamente- i fenomeni da cui si partiti. In definitiva, la resolutio logica il cammino di andata e ritorno dalle premesse alle conclusioni, mentre la resolutio ontologica il cammino di andata e ritorno dagli effetti alle cause (cammino non tautologico, ma di arricchimento progressivo). Ci sembra importante distinguere questi sensi nella terminologia adoperata dallAquinate, sia dal punto di vista esegetico che speculativo. Si pu anche rilevare che il processo di resolutio ontologica coincide con la dimostrazione quia di Aristotele, cos come la compositio ontologica non che la dimostrazione propter quid degli Analitici Secondi. In un quadro pi ampio, possiamo adesso dire che la mente umana parte da principi intellettivi noti per se e colti nellesperienza sensibile (queste due cose vanno

7 unite), da cui deriva la necessit della resolutio logica del nos nellintellectus principiorum ovvero nellabito dei primi principi, ma anche la necessit della resolutio nei dati esistenziali e concreti dellesperienza, dove i primi principi universali e astratti trovano il loro riferimento definitivo (resolutio ad sensum). La sintesi logica tra i principi universali e le conoscenze empiriche pi particolari consentono poi landamento della ragione. Cos, lesigenza del principio di causa insieme al dato fenomenico del motus costituiscono la base per la formazione delle premesse dalle quali si tirano le conclusioni che arrivano allaffermazione della causa del divenire. Tali conclusioni, in quanto sono un passaggio dal motus alla causa, appartengono alla dimostrazione quia, alla resolutio ontologica nella causa, nella quale si contiene in un modo determinato lesigenza implicita del nos originario (e indeterminato). Siamo cos passati del nos (intellectus principiorum) alla sapienza o alla scienza. La scienza in senso logico (e generico) la conoscenza delle conclusioni mediate (essa appartiene dunque alla resolutio logica). In senso ontologico (ed anche specifico), la scienza la conoscenza delle prime cause in un ambito particolare dellessere, cos come la sapienza la conoscenza delle prime cause nellambito universalissimo che comprende tutto lessere (scienza specifica e sapienza appartengono dunque alla resolutio ontologica). Ora si comprende meglio la sentenza tomista frequentemente ripetuta: sapientiae est iudicare11, la sapienza competente per giudicare, perch principio (in quanto abito) dellordine razionale12. In queste poche tracce, crediamo, delineata la grande via della ragione di San Tommaso, e sicuramente una buona parte del metodo della sua metafisica. Si comincia dal nos, ma non dallintelletto puro o assoluto, bens dallintelletto astratto operante nel sensibile (intuitivo con queste restrizioni), e si procede con il rigore della

11 12

S. Th., I, q. 79, a. 10, ad 3. Cfr. Aristotele, Metaf., I, 982 a 18.

8 ratio verso la scienza o la sapienza, che sono un perfezionamento operativo e abituale della ragione stessa. Queste indicazioni forse saranno sufficienti per insinuare un confronto con altre vie della metafisica, come per esempio con quella di Parmenide, o dellontologismo, o della fenomenologia, ecc., vie filosofiche dove le funzioni del nos e della ragione hanno un senso particolare e dove a volte il movimento naturale della ragione resta bloccato o nei dati sensibili, o nei principi astratti, oppure dove il movimento di ritorno nel fondamento non distingue tra lordine della conoscenza e lordine dellessere. La ragione sempre un intelletto indebolito, una partecipazione alla chiarezza luminosa del nos. Ma la razionalit sapiente, che un rafforzamento del lgos, contempla in modo mediato o lontano ci che lintelligenza desidera naturalmente vedere o conoscere immediatamente. Il rafforzamento molto maggiore quando la sapienza razionale, elevata dalla carit, diventa sapienza procedente da Dio stesso. Il giudizio sulle cose apprese (apprehensis) non si pu compiere se non mediante ci che pi alto, cui il sapiente unito nello spirito, quasi come se fosse collocato in un posto elevato da dove poter giudicare di tutto, la quale unione, riguardo alle cose di Dio, nasce dallamore13. Il nos ancora affettivamente indifferente nel suo operare contemplativo, mentre la saggezza, includendovi lamore, ne aggiunge il gaudio. La saggezza (soprannaturale) riguarda principalmente le cose divine e ne trova un diletto causato dallamore (delectationem ex dilectione: litaliano impiega la stessa parola, diletto); lintelletto resta invece indifferente di fronte agli oggetti spirituali compresi e, in quanto tale, non comporta il gaudio causato dallamore verso ci che stato compreso (delectationem ex amore ad apprehensa causatam)14.

Iudicium non potest esse de apprehensis nisi per suprema, quibus sapiens mente unitur, ut quasi in superiori collocatus de omnibus iudicet -quae quidem unio ad divina per dilectionem est (In III Sent., d. 35, q. 2, a. 2, q. 3, sol.). 14 Sapientia circa divina principaliter est, et habet circa ea delectationem ex dilectione causatam; intellectus autem est indifferenter circa omnia apprehensa spiritualia, et delectationem ex amore ad apprehensa causatam, quantum est de se, non importat (ibid.).

13

Potrebbero piacerti anche