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Corso di
Tecnologia dei Polimeri
Prof.ssa Serena Esposito
IL POLIETILENE
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domestici, mentre gli altri due materiali prevalentemente utilizzati per l'imballo, vale
a dire carta e vetro, rappresentano rispettivamente il 21% e il 3% del totale dei rifiuti.
Anche a livello di riciclaggio (Recycling) l'industria è oggi costantemente alla ricerca
di nuove soluzioni per reinserire le materie plastiche nel ciclo di produzione
energetica e contribuire alla tutela ambientale.
Nel settore del PE sono essenzialmente due le modalità di riciclaggio adottate:
1. Riciclaggio materiale che prevede la raccolta del PE usato e la sua successiva
trasformazione in nuovo granulato per la realizzazione di nuovi prodotti in PE.
2. Riciclaggio termico che si basa sull'utilizzo dell'energia contenuta nella
plastica di rifiuto.
Al termine del ciclo di un prodotto, l'energia del petrolio contenuta nel polietilene
viene sfruttata nei forni per cemento o negli inceneritori di rifiuti al posto di materie
prime preziose come il carbone, il gas o il petrolio.
Anche in questa forma di combustione non vengono liberati gas o vapori tossici.
Per poter sfruttare l'enorme potere calorifico del PE sono oggi disponibili due
soluzioni tanto semplici quanto ragionevoli: per la produzione del cemento, dove
occorrono ingenti quantitativi di petrolio per l'azionamento dei forni; con una
tonnellata di PE è possibile ottenere lo stesso risultato come con una tonnellata di
petrolio. Allo stesso modo, è possibile sfruttare l'elevato valore energetico dei
prodotti in PE anche negli inceneritori di rifiuti. Da qui scaturisce un duplice
vantaggio: in primo luogo, il PE usato viene eliminato in maniera ecocompatibile e,
contemporaneamente, si riduce sensibilmente il fabbisogno di petrolio, importante
materia prima. La tonnellata di petrolio, inizialmente impiegata per la realizzazione
dei prodotti in PE, viene quasi sfruttata una seconda volta per la produzione di
cemento o per la generazione di teleriscaldamento.
Cristallinità (%) 65 95
Principali caratteristiche del polietilene a bassa e alta densità
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Il Polietilene ha resistenza chimica molto alta, non viene attaccato da alcoli né da
acidi non ossidanti, inoltre è termicamente stabile: resiste a pirolisi
(decomposizione molecolare per effetto del calore) fino a temperature di 300-350
°C. Non è, però, resistente all'ossidazione, sia dovuta all'esposizione all'aria
soprattutto in presenza di radiazioni ionizzanti, sia dovuta al contatto con composti
ossidanti. Degradazioni ossidative si verificano anche a temperatura ambiente in pre-
senza di raggi UV e si manifestano con diminuzione di modulo e di allungamento a
rottura, cambiamento di colore, fragilità. In commercio sono disponibili numerosi
additivi stabilizzanti per aumentare la resistenza termica, all'ossidazione e
all'invecchiamento del polietilene.
Il composto più efficace nella protezione all'irraggiamento UV è il Carbon Black. Il
polietilene è un materiale completamente atossico e quindi adatto al trasporto
di acqua potabile o da potabilizzare. Esso è, infatti, conforme alla normativa
igienico sanitaria del Ministero della Sanità (Circolare n° 102 del 2/12/1978).
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evitare di generare sulla superficie intagli di profondità elevata che
ridurrebbero le caratteristiche meccaniche della tubazione.
b. Elevata Flessibilità. L’elevata flessibilità del polietilene e la sua capacità
di riprendere la forma originaria, in seguito a deformazione, lo rendono
idoneo ad assorbire vibrazioni, urti e sollecitazioni dovute al movimento
del suolo e quindi adatto ad essere installato in aree instabili.
Polimerizzazione radicalica.
La reazione di polimerizzazione a catena di monomeri come l’etilene in polimeri lineari
come il polietilene, possono essere suddivise nei seguenti stadi:
1. Iniziazione
2. Propagazione
3. Terminazione
Iniziazione
Per la polimerizzazione a catena dell’etilene possono essere utilizzati uno o più tipi di
catalizzatori. Noi prenderemo in considerazione solo l’uso di perossidi organici che
agiscono formando dei radicali liberi. Un radicale libero è un frammento di molecola con
un elettrone spaiato che può legarsi covalentemente con un elettrone spaiato di un’altra
molecola. Vediamo come una molecola di perossido di idrogeno, H2O2, può decomporsi
in due radicali liberi:
Elettrone Spaiato
calore
H─O─O─H 2H ─ O•
Perossido di Idrogeno Radicali liberi
R─ O ─ O ─ R calore 2R─ O•
Perossido di Idrogeno Radicali liberi
calore
─C─O─O─C─ 2 ─C─O•
Perossido di benzoile
Radicali liberi
Uno dei radicali liberi che si originano dalla decomposizione del perossido organico, può
reagire con una molecola di etilene per formare un nuovo radicale libero a catena più
lunga, come possiamo notare nella reazione seguente:
H H H H
R─ O• + C = C R─ O─ C─ C•
H H H H
Propagazione
Il processo per il quale la catena polimerica viene estesa dalla successiva addizione di
unità monomeriche si chiama propagazione. Il doppio legame che si trova all’estremità di
un monomero etilene può essere aperto dal radicale libero a lunga catena e legato
covalentemente ad esso. In tal modo la catena polimerica viene ulteriormente allungata
secondo la reazione:
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R─ CH2─ CH2• + CH2 = CH2 → R─ CH2─ CH2 ─ CH2 ─ CH2•
Terminazione
La terminazione può avvenire mediante l’addizione di un radicale libero o con la
combinazione di due catene. Un’altra eventualità è che tracce di impurità possano
terminare la catena polimerica. La “terminazione per addizione” dovuta all’unione di due
catene può essere rappresentata con la reazione:
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Polimerizzazione cationica
In questo tipo di polimerizzazione vengono utilizzati gli acidi di Lewis (es. BF3 , AlCl3)
cioè sostanze elettrofile. L’acido viene fatto reagire con l’acqua ( intesa come reagente e
non come solvente ) per formare la specie cationica che successivamente attaccherà il
monomero:
Fase di Iniziazione
H
[H +] + H2C CH2 H ─ CH2 ─ C(+) BF3OH─
Fase di Propagazione
H
CH3 ─ C(+) + H2C CH2 BF3OH─
H H
CH3 ─ C + CH2 ─ C(+) BF3OH─
H H
Fase di Terminazione
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H
CH ─ C(+) BF3 OH─
H
H
Polimerizzazione ionica
Nella polimerizzazione ionica si ipotizza che la reazione di inizio avvenga mediante
adsorbimento dell'oleina sul catalizzatore e successiva formazione di un legame di
coordinazione tra il menomer e il centro attivo elettrofilo.
Per la reazione di propagazione si ipotizza, nel caso del processo Ziegler, un meccanismo
di polimerizzazione anionico-coordinato, consistente nell'iterativo inserimento di molecole
di monomero tra centro attivo ed alchile. Per i processi Amoco e Phillips, oltre a tale
meccanismo, viene anche accettato un modello di propagazione ione-radicale legato:
un meccanismo radicalico, in cui, però, il radicale è chimicamente legato alla superficie del
catalizzatore solido e può propagarsi solo reagendo con molecole di monomero già
adsorbite sulla superficie del catalizzatore stesso.
I meccanismi di terminazione sono: la dissociazione del centro attivo dalla macromolecola in
accrescimento; il trasferimento di catena col monomero (particolarmente importante nel
campo di temperature più alte), il trasferimento di catena con l'idrogeno o con altri regolatori
di p.m. e infine, nel caso della polimerizzazione Ziegler, il trasferimento di catena con
l'alluminioalchile.
II sistema catalitico Ziegler è costituito dalla combinazione di un composto elettrofilo di un
metallo di transizione e di un composto alluminioalchilico. Il più tipico catalizzatore Ziegler è
dato dalla combinazione di TiCL4 e Al(C2H5)3. Essendo molto attivo, viene usato in
quantità minime.
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Il catalizzatore Phillips è costituito da ossido di cromo o di nichel, supportati su silice-
allumina ad elevata area superficiale. E’ usato in misura dello 0,5% sul solvente.
Il catalizzatore Amoco consiste in ossido di molibdeno supportato su allumina mediante
coprecipitazione od impregnazione ed essiccamento.
Le condizioni di polimerizzazione più usuali per i tre processi a bassa pressione sono le
seguenti:
Ziegler 50 - 80 5 - 10 sospensione
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polimero si separa dal diluente come particelle fini. I tempi di reazione sono piuttosto
lunghi (2-4 h). Nei processi in fase vapore, il polimero si forma sulle particelle di
catalizzatore in un letto fluido.
Il processo Ziegler comporta i seguenti stadi: polimerizzazione, allontanamento dei residui
catalitici dal polimero, separazione polimero-solvente, purificazione e riciclo del diluente,
essiccamento, granulazione del polimero in polvere. Il processo Phillips tradizionale opera
in soluzione in cicloesano con concentrazioni di etilene del 5-10%. La soluzione di PE dal
reattore viene espansa per allontanare l'etilene, centrifugata sotto pressione e filtrata per
togliere il catalizzatore; il solvente viene rimosso per stripping con vapore. Dopo
l'essiccamento, il PE viene additivato ed estruso. Nel processo Amoco, solvente,
catalizzatore, etilene ed eventuali comonomeri sono alimentati in continuo al reattore. La
soluzione scaricata viene liberata mediante abbassamento di pressione dall'etilene non
reagito e centrifugata per separare i residui catalitici. Il polimero viene poi precipitato per
abbassamento di temperatura, liberato dal solvente per centrifugazione ed essiccato.
A partire dalla fine degli anni 60 sono stati realizzati a livello industriale processi che
impiegano catalizzatori di tipo Ziegler o Phillips, ma presentano rese in polimero rispetto
al catalizzatore talmente elevate da non richiedere l'allontanamento dei residui catalitici dal
polimero. Per questa via è stato possibile ottenere dei sensibili risparmi tanto nei costi di
investimento quanto in quelli di esercizio.
I Copolimeri dell’etilene
Il processo ad alta pressione si presta alla produzione di copolimeri dell'etilene con monomeri
contenenti gruppi polari, come l'acetato di vinile, l'acrilato di etile o di butile e l'anidride
maleica. I copolimeri con acetato di vinile commercialmente disponibili sono i copolimeri
EVA. Sono in commercio anche i copolimeri con esteri acrilici, come etilene-acrilato di
etile (EEA). Altri copolimeri commerciali sono i cosiddetti ionomeri, in cui l'etilene è
copolimerizzato con sali inorganici dell'acido metracrilico.
Caratteristiche commerciali
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Il Polietilene è disponibile commercialmente sotto forma di granuli incolori, translucidi,
inodori, oppure di polveri bianche, inodori,-insapori, o di semilavorati (film, fibre,,lastre,
tubi) e di vari altri manufatti. Dal 1965 il Polietilene ha superato il polivinilcloruro e la sua
produzione è in continuo sviluppo.
Sicurezza e tossicità
La manipolazione, il trasporto e l'uso del Polietilene, non presentano normalmente rischi o
pericoli. La facile combustibilità può essere .un inconveniente in molte applicazioni, in
particolare nei, settori dell'edilizia, dell'arredamento (mobili), e dei trasporti.. Sono state
messe a punto dai produttori formulazioni autoestinguenti che impiegano come additivi
composti alogenati, sesquiossido di antimonio e altri composti ignifughi. Vi sono norme che
consentono di misurare il grado di combustibilità di semilavorati e di manufatti di po-
lietilene.
Un altro aspetto che coinvolge un certo grado di pericolosità è l'elettrostaticità del
polimero: in talune lavorazioni (come l'estrusione di film piani, la lavorazione in
calandra, ecc.) possono verificarsi accumuli localizzati di cariche elettriche. In particolari
circostanze l'improvvisa scarica dell'elettricità statica può provocare incendi o altri
danni. Speciali additivi possono conferire antistaticità al polimero.
Anche la manipolazione delle polveri può presentare dei pericoli, in quanto esse formano
miscele esplosive con l'aria, in particolare se la granulometria del polimero è molto fine.
Sotto il profilo della tossicità, il polietilene di per sé è biologicamente inerte. Gli additivi,
normalmente sempre presenti nei prodotti industriali, cosi come i residui catalitici ed altre
impurezze occasionali o legate al processo di produzione, possono non essere del tutto
innocui ai fini tossicologici. Precise norme di legge stabiliscono quali sono gli additivi
tollerati per i polimeri da usarsi per contenitori di prodotti alimentari e stabiliscono pure
altri criteri di ammissibilità a tale impiego, come il livello massimo di sostanze estraibili
con solventi diversi.
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