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Sinistra senza popolo. Il caso Roma.

Walter Tocci & Federico Tomassi (Argomenti Umani, n. 5, 2009)

passato un anno dalla pesante sconfitta elettorale romana, ma si fatto ben poco per capire che cosa successo. La riflessione critica non neppure cominciata. I protagonisti dellesperienza di governo hanno rimosso il problema pensando in tal modo di lenire la ferita. Ma quella sconfitta pesa come un macigno sulliniziativa politica per il presente e per il futuro. Finch la sinistra romana non affronter i tanti perch della sconfitta non trover le energie per contrastare la destra che si insediata senza meriti in Campidoglio. Daltro canto, la riflessione sarebbe utile non solo ai romani poich per molti aspetti chiama in causa difficolt che si presentano anche nelliniziativa politica nazionale. Anzi, proprio su questo rapporto tra Roma e lItalia dovrebbe concentrarsi la prima riflessione autocritica. Il cosiddetto modello romano lasciava intendere che si potesse fare comunit a Roma, come si diceva in quegli anni, a prescindere dalle lacerazioni sociali che nel frattempo andavano aggravandosi nel Paese e che trovavano pericolosamente impreparata la cultura e la pratica della sinistra italiana. Ora, con lesplodere della crisi economica si capisce meglio quale torsione ha imposto alla societ italiana la ruvida globalizzazione degli anni Duemila. Gli antichi dualismi italiani sono stati esaltati dalle tensioni della modernit. Ne venuto fuori un paese ancora pi lacerato che in passato: tra chi produce e chi vive di rendita, tra chi affronta la concorrenza e chi protegge i monopoli, tra chi paga le tasse e chi le evade, tra garantiti e precari, tra Nord e Sud, tra chi sa e chi non sa, tra ricchi e poveri, tra centri e periferie. Se per la media degli italiani la situazione economica non migliorata, certo la ricchezza di una parte significativa della popolazione cresciuta. Sebbene minoritaria, si tratta della parte del paese pi influente, dotata di pi forte voce mediatica ed economica, che pi ha goduto della politica berlusconiana1. I dati mostrano come la disuguaglianza nel reddito e nelle opportunit stia crescendo in Italia, in parallelo con la caduta della quota delle retribuzioni del lavoro sul reddito nazionale, che ha colpito noi molto pi degli altri grandi paesi. Lindice di Gini, che misura la concentrazione del reddito, in Italia inferiore solo agli Stati Uniti tra i grandi paesi occidentali e superiore alla media Ocse, con una crescita molto forte negli ultimi venti anni2. Peraltro tali effetti del liberismo non appaiono accompagnati, come prevede la teoria ortodossa, da una forte dinamica sociale; anzi, la persistenza intergenerazionale delle disuguaglianze molto alta, ai livelli di Regno Unito e Stati Uniti: tra i paesi avanzati, lItalia quello meno mobile, dove le sperequazioni e le impari opportunit vengono ereditate di pi da padre in figlio. La polarizzazione che sta avvenendo in Italia, sempre pi amplificata dalla recessione, colpisce inevitabilmente anche Roma, in termini economici e di reddito, socioculturali e di opportunit e, infine, politici ed elettorali.

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Tocci W. e Tomassi F.: Pi stato, pi mercato. E meno rendite; LUnit, 5/2/2008. Ocse: Growing Unequal? Income Distribution and Poverty in OECD Countries; 2008.

1) In primo luogo, si osserva una crescente dicotomia nei redditi e nelle condizioni economiche nella Capitale, che pure stata celebrata a lungo come un modello economico di successo, secondo i dati della crescita del Pil, della ricchezza pro capite e delle presenze turistiche. I successi delleconomia romana nel quindicennio di Rutelli e Veltroni sono innegabili3: a fronte di un aumento del Pil a Milano del 2,3% e nel paese del 5,3% tra 2001 e 2007, il Pil a Roma cresciuto del 9,3% grazie ai notevoli incrementi dei servizi (+11,8%) e delle costruzioni (+9,6%). Il reddito medio pro capite arrivato a 20.359 euro nel 2005, allo stesso livello di Bologna e poco sotto Milano (22.032), tuttavia il reddito netto disponibile il pi alto tra le grandi citt, pari a 24.140 euro. In parallelo cresciuto anche il lavoro, con un tasso di occupazione che ha raggiunto nel 2007 il 61,9% a fronte della media nazionale del 58,7%. Ma il motore di questo sviluppo rappresentato da settori frammentati come offerta industriale e precari quanto a prospettive lavorative, che non permettono una crescita duratura e stabile della ricchezza e delloccupazione: edilizia, commercio, turismo, servizi in outsourcing (in particolare a favore di imprese attive in monopoli e oligopoli). Ci rappresenta lambigua modernit di Roma: la nuova economia romana un fenomeno reale, ma la sorgente del processo nella vecchia economia dei monopoli e del mattone, poggiata pi sul lato della domanda di nuovi consumi commerciali e culturali che sul lato di unofferta produttiva innovativa4. Peraltro la crescita non si ripartita in maniera sufficientemente omogenea sul territorio, anzi in alcuni casi ha aggravato gli squilibri esistenti nella ripartizione sociale della ricchezza e delle opportunit5. Facendo riferimento alla distribuzione del reddito nel solo settore privato nel 2004, la provincia di Roma ha un indice di Gini pari a 0,48 rispetto alla media nazionale di 0,41 e allo 0,43 di Milano, mostrando quindi una disuguaglianza elevata. Ci porta a un paradosso: il reddito medio romano (ossia il reddito totale diviso per gli abitanti) nettamente superiore rispetto a Frosinone o Rieti, ma in queste province il reddito mediano (ossia quello del cittadino esattamente a met della scala sociale) risulta invece leggermente superiore rispetto a Roma, a causa di una concentrazione delle ricchezze molto minore (0,37-0,40). Un maggiore dettaglio dimostra che i risultati degli anni di crescita non sono uniformi nei 19 Municipi della citt [Tab. 1]. Anche limitandosi al reddito pro capite6, le differenze sono notevoli tra il massimo del I, II e XVII Municipio (tra 25.000 e 28.600 euro nel 2003) e il minimo dellVIII e delle aree del V e X esterne al Gra (circa 14.000 euro). In termini di indice di sviluppo umano alla Sen7, composto oltre che dal reddito anche da grado di istruzione e attesa di vita, vi ancora una forte variabilit con valori alti in I, II, III e XVII Municipio (tra 0,78 e 0,87) e bassi in V, VII e VIII (tra 0,56 e 0,61). Analogamente, lindice di disagio socio-economico costruito dal Censis8 sulla base di unindagine campionaria multidimensionale varia tra i valori migliori in II e III (0,30-0,35) e quelli peggiori in VII, VIII e XV (tra 0,65 e 0,74).

Comune di Roma: Mosaico statistico comunale; aprile 2008, cap. 5-7. Tocci W.: Il caso Roma; Argomenti Umani, n. 9/2008; pag. 40-44. Cfr. anche Lucciarini S. e Violante A.: Trasformazioni socio-economiche e mutamento della citt: il caso di Roma; Argomenti, n.19/2007. 5 De Muro P., Monni S., Tridico P.: Knowledge-based economy and social exclusion: shadows and lights in the Roman socio-economic model; Univ. di Roma III, Dip. di Economia; Working paper n. 91/2008. 6 Istituto Tagliacarne: Reddito e consumi delle famiglie nei comuni del Lazio e nei quartieri di Roma; Rapporto per la Regione Lazio, 2005. 7 Passacantilli A.: Una misura per lo sviluppo umano locale: unapplicazione ai Municipi di Roma; Tesi di laurea dellUniv. di Roma III, Facolt di Economia, 2003. 8 Censis: La povert nel Lazio; Rapporto per la Regione Lazio, 2002.
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Tab. 1 Differenze socio-economiche nei Municipi di Roma


Municipi Reddito pro capite* II (Pinciano e Parioli) II (Salario e Trieste) I (Centro storico) II-XVII (Flaminio e Della Vittoria) XII (Eur e Torrino) Roma XV-XVI (Castel di Guido e Ponte Galeria) VIII (Lunghezza, Acqua Vergine, S. Vittorino) V (Settecamini) VIII-X (Torrenova, Torre Angela, Torre Gaia, Morena) VIII (Borghesiana) Euro 2003 28.641 27.615 25.067 24.895 24.861 19.615 14.913 14.293 13.985 13.950 13.949 Sviluppo umano II III XVII I XVI Roma XV VI V VII VIII Indice anni 90 0.875 0.825 0.805 0.779 0.756 0.702 0.658 0.653 0.613 0.613 0.556 Disagio socioeconomico II III IX XI XII Roma VI XIII VII XV VIII Indice 2002 0.299 0.353 0.408 0.444 0.456 0.526 0.614 0.620 0.652 0.671 0.736

Primi 5

Media

Ultimi 5

(*) Nota: le unit di analisi sono submunicipali, in alcuni casi riaggregate a cavallo di pi municipi. Fonte: cfr. note 6, 7 e 8.

2) La valorizzazione immobiliare dei patrimoni esistenti (grandi imprese ed enti previdenziali) e dei suoli dellAgro romano non comporta solo un aumento delle rendite private. Laumento dei prezzi di vendita delle case del 44% e degli affitti del 74% tra 2001 e 2006 provoca anche il progressivo spostamento degli abitanti verso la periferia esterna al Gra e i comuni limitrofi, dopo che tra il 1991 e il 2001 gi 133mila abitanti si erano trasferiti fuori dal Gra9. A fronte di una popolazione residente a Roma che stabile da pi di un decennio10, assistiamo al paradosso di un parallelo incremento sia del numero di case sia del disagio abitativo. Se il dualismo centro-periferie la nota costante della storia urbanistica romana, si distinguono per tre fasi che hanno lasciato impronte molto diverse nella struttura della citt: la periferia storica, anulare e regionale11. La prima espansione nella periferia storica segue lenorme incremento di popolazione a partire dagli anni 20 fino alla met degli anni 70 ed guidata dalle borgate, nate isolate dal resto della citt e poi man mano raggiunte dai nuovi quartieri, in un intreccio perverso di abusivismo irresponsabile e pianificazione mancata. La seconda espansione nella periferia anulare, molto pi rapida, impegna tra il 1975 e il 1995 una fascia immensa che va dalla circonvallazione alle aree a cavallo del Gra, raddoppiando la superficie urbanizzata pur in presenza di una popolazione stabile, con una forma insediativa prevalentemente granulare. Negli anni 90 riparte un nuovo ciclo edilizio che arriva a superare i confini comunali gi molto estesi e ad interessare la prima e seconda cintura dei comuni della Provincia: una periferia regionale ancora pi sfilacciata, con nuovi quartieri circondati da terreni agricoli e isolati fisicamente dal resto della citt. Da ci deriva una riduzione continua della densit per abitante nel tessuto urbano, che scende da 93,3 abitanti per ettaro nella periferia storica a 28,8 nella periferia anulare

Si vedano in particolare i capitoli di Castronovi A.: Lavoro, disagio sociale e questione urbana, Berdini P.: Le trasformazioni urbane nella citt diffusa e Caudo G.: Politiche per la casa: labitazione a costo accessibile, in Cannata B., Carloni S., Castronovi A. (cur.): Le periferie nella citt metropolitana; Ediesse, Roma, 2008. 10 La popolazione residente nel Comune rimasta stabile attorno a 2,7 milioni di abitanti, oscillando dai 2.709mila nel 2000 al minimo di 2.686mila nel 2003 per poi risalire a 2.721mila nel 2008; in Provincia i residenti sono invece cresciuti da 3.849mila nel 2001 a 4.084mila nel 2008 (stime degli autori in base alla revisione Istat del 2007 dei dati anagrafici). 11 Tocci W.: La citt del tram, cap. 3, in Tocci W., Insolera I., Morandi D.: Avanti c posto. Storie e progetti del trasporto pubblico a Roma; Donzelli, Roma, 2008.

e a Ostia, fino a 5,4 fuori dal Gra12 [Tab. 2].


Tab. 2 Popolazione e densit nel Comune di Roma (1997 e 2007)
Area Centro Periferia storica Periferia anulare Periferia extra-Gra Totale Superficie (ettari) 5.195 13.735 21.849 87.630 128.409 Popolazione* al 31.12.1997 413.092 1.379.323 607.866 392.106 2.811.547 Popolazione* al 31.12.2007 405.095 1.280.992 629.158 474.038 2.838.047 Variazione % 1997-2007 1,9 7,1 +3,5 +20,9 +0,9 Densit al 31.12.2007 78,0 93,3 28,8 5,4 22,1

(*) Nota: il riferimento ai dati dellUfficio anagrafico del Comune di Roma, di cui disponibile la disaggregazione territoriale a differenza dei dati Istat riportati nel testo. Fonte: elaborazioni su dati del Comune di Roma Ufficio anagrafico.

Lespansione delle periferie modifica la composizione sociale ed economica dei quartieri consolidati, innescando meccanismi di stratificazione urbana che marginalizzano le fasce deboli della popolazione (anziani, precari, poveri, immigrati); inoltre, la dotazione di servizi e strutture nei comuni dellhinterland allo stato attuale inefficace nel garantire standard adeguati alla crescente popolazione che vi risiede13. Le opportunit di scelta e la qualit della vita si riducono, quando il trasferimento non deriva da una scelta consapevole della famiglia ma dallimposizione del mercato abitativo. Un esempio delle impari opportunit romane viene dal differente utilizzo dei servizi culturali di eccellenza, soggetto a una forte variabilit secondo reddito e residenza, nonostante ne sia riconosciuto il valore e la soddisfazione sia molto alta (dal 97% degli utilizzatori del Palaexpo al 92% di biblioteche e 060606)14. Tenendo presente come lAuditorium sia ormai una struttura di livello metropolitano, con un cartellone fitto di attivit di ogni genere comprese feste e mostre, non positivo che lo frequenti molto o abbastanza spesso il 32% degli abitanti del centro ma solo il 12,5% dei residenti nei Municipi a est e il 13% di quelli nel XIII; cos come il 30% dei laureati ma solo il 10% dei romani con licenza media inferiore, oppure il 31% di dirigenti e quadri contro il 9% delle casalinghe e il 7% degli operai. Analogo risultato per il servizio telefonico del call center 060606, che per definizione non dovrebbe risentire di differenze territoriali, ma solo del diverso utilizzo dei servizi cittadini: ebbene, viene chiamato molto o abbastanza spesso dal 32,5% dei residenti nel centro ma solo dal 22% degli abitanti nei Municipi a est e dal 20% del XIII; dal 30% dei diplomati e dal 19% dei romani con licenza media; dal 41% di dirigenti e quadri e dal 20-21% di pensionati e disoccupati. 3) Quali sono gli effetti elettorali della dinamica urbanistica e delle impari opportunit tra strati sociali e tra territori? Lattenzione dedicata alle periferie nei 15 anni di giunte di centrosinistra (metropolitane, strade, parchi, centralit, persino fognature dove non cerano ancora) si tradotta in maggiori consensi per il Pd? La risposta desolante. Nelle elezioni del 2008 i voti ottenuti dal Pd o dai suoi candidati sono direttamente proporzionali alla vicinanza con il Campidoglio: il massimo nella periferia storica, un valoLe suddivisioni territoriali del Comune sono state aggregate secondo criteri storico-geografici: nel centro tutti i rioni e i quartieri 1-5, 6 e 14 (parte), 15, 17, 18, 32; nella periferia storica i quartieri 6 (parte), 713, 14 (parte), 16, 19-31 e le zone 1, 7 (parte); nella periferia anulare (Ostia e Acilia comprese) i quartieri 33-35, tutti i suburbi e le zone 2, 4, 7 (parte), 8, 12, 15, 18, 21, 22, 24, 27, 28, 31-33, 35, 40, 44, 50, 53, 56; nella periferia extra-Gra le restanti zone. Ai fini della presente analisi, la periferia regionale viene appunto limitata al solo territorio del Comune di Roma esterno al Gra. 13 Lucciarini S. e Violante A.: Il modello mediterraneo di housing e welfare e il caso di Roma; La Rivista delle Politiche Sociali, n. 3/2006. 14 Agenzia per il controllo e la qualit dei servizi pubblici locali del Comune di Roma: Indagine sulla qualit della vita e i servizi pubblici locali nella citt di Roma; gennaio 2008.
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re intermedio nella periferia anulare, e il minimo nella periferia regionale. Considerazioni di questo tipo non sono nuove, tanto che subito dopo le elezioni stato evidenziato come le maggiori perdite si siano avute nei Municipi pi estesi in periferia. Tuttavia i Municipi comprendono spesso aree sia centrali sia periferiche (si pensi al XVI, che va da Monteverde Vecchio a Malagrotta), e non rappresentano lunit di analisi pi significativa. Prendendo invece come riferimento le suddivisioni toponomastiche in rioni, quartieri, suburbi e zone, lanalisi diventa pi minuziosa e permette risultati migliori, distinguendo tra le diverse periferie. Intorno al nucleo di quartieri centrali o benestanti (i Municipi I, II, III e XVII pi i quartieri Eur, Fleming e Ponte Milvio), sono state quindi considerate tre successive corone: la periferia storica (larea consolidata pi o meno interna alla circonvallazione), la periferia anulare (il restante territorio interno al Gra, pi Ostia e Acilia), la periferia esterna al Gra. Le differenze maggiori sono relative a Rutelli e Zingaretti nei ballottaggi al Comune e alla Provincia, quando lo scarto tra periferia storica e regionale stato in entrambi i casi pari a ben 11 punti percentuali [Tab. 3].
Tab. 3 Analisi del voto al Pd e ai suoi candidati, per area del Comune di Roma (2008)
Voti validi sul totale romano (%) 14,0 47,4 22,3 16,3 100,0 Rutelli al ballottaggio del Comune (%) 47,0 49,6 44,8 38,5 46,3 Trastevere 61,0 La Storta 32,6 Zingaretti al ballottaggio della Provincia (%) 50,8 54,2 49,5 43,6 50,9 Testaccio 64,9 La Storta 36,7 PD alla Camera (%) 40,5 43,4 40,2 35,6 41,0 Trastevere 50,8 Cesano 30,0 Comune 2006-08 (variazione dello scarto dalla media, in punti %) 3,6 1,0 +1,3 +3,9 0,0 Camera 2006-08 (variazione dello scarto dalla media, in punti %) 0,4 0,4 0,1 +1,4 0,0 -

Area

Centro Periferia storica Periferia anulare Periferia extra-Gra Totale Massimo* Minimo*

(*) Nota: relativi alle suddivisioni toponomastiche del Comune con pi di 4.000 voti validi. Fonte: elaborazioni su dati del Comune di Roma Servizi elettorali.

Zingaretti ha ottenuto il risultato migliore nella periferia storica con il 54,2% dei voti, che scendono al 49,5% nella periferia anulare, fino al minimo del 43,6% nella periferia esterna; si noti come la vittoria in citt del nostro candidato derivi esclusivamente dal risultato del centro e della periferia storica, perch Antoniozzi lo ha superato nei quartieri pi lontani. Analogamente, allontanandoci dal Centro, Rutelli ha ottenuto rispettivamente il 49,6%, il 44,8% e il 38,5%. La stessa dinamica, sia pure in misura diversa, vale per il voto di lista al Pd per la Camera, che scende dal 43,4% al 40,2%, fino al 35,6%. significativo anche il dettaglio dei quartieri: in tutte e tre le votazioni, il massimo stato raggiunto nei rioni popolari ma centrali di San Lorenzo, Trastevere e Testaccio (I e III Municipio), dove Zingaretti ha sfiorato il 65%, Rutelli il 61% e il Pd il 51%. Al contrario, in nessun quartiere esterno al Gra Zingaretti supera il 50% e Rutelli il 45%, con il minimo a Prima Porta e La Storta (XX Municipio) rispettivamente del 37% e del 33%, mentre il Pd ha ottenuto il peggiore risultato a Ponte Galeria e Cesano con il 30% (rispettivamente, XV e XX Municipio). La differenza tra le tre periferie esisteva anche nelle elezioni di due anni prima, sia pure tenendo presente che Veltroni aveva vinto ovunque con ampio margine. Lo scarto dalla media della periferia non storica si per allargato: tra 2006 e 2008, al Comune la differenza con la media romana della percentuale del centrosinistra nella periferia esterna al Gra aumentata di 3,9 punti, e della percentuale nella periferia anulare di 1,3.

La posizione geografica dei quartieri non chiarisce tutto. Vi sono numerose variabili socio-economiche che contribuiscono a spiegare la dinamica elettorale, come gli studi sociologici analizzano da tempo. Per alcune di esse risulta una forte correlazione statistica con i risultati elettorali del centrosinistra nel 2006 e nel 2008. Ad esempio, nelle diverse zone di Roma (esclusi i rioni storici), il voto al Pd significativamente associato15 in positivo con la densit di popolazione (coefficiente di correlazione = 0,61), lindice di vecchiaia (0,55) e la quota di lavoro dipendente (0,59), mentre in negativo lo con la superficie media delle abitazioni, che dovrebbe rappresentare un indicatore dello status socio-economico (-0,59), la percentuale di stranieri residenti (-0,69) e la quota di giovani con meno di 15 anni (-0,52). *** C quindi una correlazione significativa tra la densit di popolazione e il voto a sinistra. Con tutte le cautele che comporta lisolamento di un parametro rispetto a tutti gli altri nellanalisi del comportamento elettorale, si pu comunque dire che lelettore di sinistra abita per lo pi in quartieri densi, dove cio sono pi ravvicinate e ricche le relazioni sociali. Al contrario, gli insediamenti sparsi nellagro romano privilegiano i comportamenti proprietari ed esclusivi dellelettorato di destra. La citt che abbiamo soprattutto del secondo tipo e questo non poteva far sentire la sua influenza nel lungo periodo. Infatti, dopo quindici anni di buongoverno il centrosinistra raccoglie nella periferia estrema percentuali di voto di tipo siciliano, addirittura sotto il 40%. Che cosa successo in quei quartieri? Si certamente fatto sentire leffetto della politica urbanistica che ha prodotto un ulteriore appesantimento di quella parte di citt. Tutti i nuovi insediamenti sono stati realizzati a ridosso e oltre il Gra in una fascia gi devastata dallabusivismo e scarsamente dotata di infrastrutture. Al disagio storico dei vecchi quartieri si aggiunto il peso delle nuove costruzioni, senza un contemporaneo adeguamento dei servizi pubblici. Si trattato di un processo lento e costante che solo sul finire del quindicennio ha manifestato tutti i suoi effetti nel disagio collettivo fino a tradursi in una rivolta elettorale contro il centrosinistra. Questo disagio si scontrato con limmagine scintillante del modello romano, che pur corrispondendo a una crescita reale delleconomia cittadina, trascurava laccentuarsi del dualismo territoriale, sociale e culturale. Tutto ci ha creato una crescente incomprensione tra il messaggio suadente del governo cittadino e la durezza di alcuni aspetti della vita quotidiana soprattutto per la parte pi debole della cittadinanza. mancata la capacit di comprendere lacuirsi di queste fratture e tanto pi di porvi rimedio con adeguate correzioni politiche. Daltronde la comprensione non poteva maturare, poich da tanto tempo si erano inaridite le radici che una volta legavano la classe politica di sinistra allhumus popolare. Nel quindicennio poi tale rapporto stato inconsapevolmente delegato al sindaco, affidando ai sondaggi la sua verifica e trasformando i partiti in organizzazioni del ceto politico. La personalizzazione ha certamente ampliato il consenso popolare, almeno durante le contingenze politiche positive, ma parimenti ha reso molto pi volubile e incerto quel legame, che infatti si spezzato quando i comportamenti di ceto hanno prevalso sul messaggio politico. La comprensione degli strati profondi del popolo dovrebbe essere il compito primario della sinistra romana. Ci che non siamo stati capaci di fare dal governo ora siamo costretti a ripensare dallopposizione. Ma la difficolt di allora la stessa di oggi e dipende da una perdita di lungo periodo, dallo smarrimento di un antico mestiere, dalla
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Lindice di Pearson varia tra -1 (massima correlazione negativa) e 1 (massima correlazione positiva).

debolezza della sinistra senza popolo. Finch non riusciremo a trovare un nuovo linguaggio per parlare alle periferie romane sorte nel nostro quindicennio non potremo ambire di tornare alla guida del Campidoglio. Daltronde questo non solo un problema romano. Anche il futuro del Pd nazionale si gioca sulla possibilit di convincere le tante e diverse periferie italiane.

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