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LA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO

Il vero potere il servizio L'odio e l'invidia sporcano la vita


Non dobbiamo avere paura della bont, anzi neanche della tenerezza. Lo ha ripetuto due volte papa Francesco questa mattina nel corso dell'omelia della Messa di inizio Pontificato, presieduta sul sagrato della Basilica di San Pietro, sottolineando come il prendersi cura, il custodire chiede bont, chiede di essere vissuto con tenerezza. In occasione della Solennit di san Giuseppe, il Pontefice, riflettendo sulla vocazione dello Sposo della Vergine, custode di Maria, di Ges e della Chiesa, ha invitato tutti a non avere paura della tenerezza e a custodire ci che Dio ha donato: il creato, ogni uomo e ogni donna. Di fronte a oltre 200mila fedeli in preghiera in piazza San Pietro il Papa ha ricordato come nei Vangeli san Giuseppe appaia come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non la virt del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d'animo e capacit di attenzione, di compassione, di vera apertura all'altro, di amore. Lodio, linvidia, la superbia sporcano la vita. E in particolare rivolgendosi a chi occupa un ruolo di responsabilit civile papa Francesco ha scelto parole semplici e di uso quotidiano, parole simili per certi versi a quelle che tanto hanno scaldato i cuori dei fedeli nei primi giorni dopo l'elezione al Soglio pontificio: Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilit in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volont: siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dellaltro, dellambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che lodio, linvidia, la superbia sporcano la vita. Il vero potere il servizio. Al cuore del messaggio del Papa, quelle parole con cui ha tratteggiato il ruolo irrinunciabile del Vicario di Cristo, richiamandosi a quell'esortazione su una Chiesa povera e per i poveri, pronunciata nella aula Paolo VI in occasione dell'udienza coi giornalisti. Non dimentichiamo mai che il vero potere - ha osservato papa Bergoglio - il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre pi in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce. questo il cuore del messaggio che il nuovo Pontefice, Francesco, ha consegnato alla Chiesa universale. Anche il Papa, ha affermato, deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l'intera umanit, specie i pi poveri, i pi deboli, i pi piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carit: chi ha fame, sete, straniero, nudo, malato, in carcere. E tra gli striscioni in piazza San Pietro Buongiorno Francesco. Custodire Ges con Maria, custodire lintera creazione, custodire ogni persona, specie la pi povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ci che Dio ci ha donato!. Le campane hanno suonato a festa, al termine della Messa e le bandiere in una piazza San Pietro gremita non hanno mai smesso di sventolare. Tra i tanti striscioni dedicati al nuovo Pontefice si letto anche un eloquente Buongiorno Francesco, esposto in piazza San Pietro. Prima della Messa papa Francesco, girando sulla jeep, ha ricevuto l'abbraccio caloroso dei fedeli accorsi per prendere parte all'Eucaristia sul sagrato della Basilica di San Pietro. Ha salutato, benedetto e ringraziato, alzando il pollice in segno di approvazione. anche voluto scendere dalla jeep, in due occasioni: la prima per andare incontro a un paraplegico per confortarlo e la seconda per accarezzare dei bambini.

Il segno conciliare e l'abbraccio con Bartolomeo I. Commosso stato l'abbraccio, segno di pace e dialogo, tra papa Francesco e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, salito fino all'altare posto sul sagrato. stata la prima volta nella storia che il patriarca della Chiesa ortodossa ha partecipato alla Messa di insediamento di un Romano Pontefice dopo lo scisma d'Oriente del 1054. A sottolineare l'avvenimento una scelta altrettanto rilevante da parte di papa Francesco: il passo del Vangelo questa mattina stato letto in greco. Inoltre, fin dal giorno della sua elezione mercoled scorso, papa Bergoglio si sempre presentato come vescovo di Roma, non come Papa, lanciando cos un messaggio conciliare, apprezzato dalle altre confessioni. Alla fine della celebrazione papa Francesco entrato in Basilica e ha salutato a lungo le delegazioni provenienti da tutto il mondo. La prima a rendergli omaggio stata la presidente argentina Kirchner, seguita dal presidente Napolitano e da Monti, Poi una lunga serie di principi, capi di Stato e di governo.

Il primo beato del Pontefice un prete ucciso dal regime


Il primo santo di Francesco sar un martire della dittatura militare, se il desiderio che il futuro papa aveva espresso prima ancora di essere eletto verr rispettato. Carlos de Dios Murias, un giovane frate francescano torturato e ammazzato brutalmente dai militari della provincia di La Rioja, nel 1976. La causa per la canonizzazione - ci racconta padre Carlos Trovarelli, provinciale dei francescani in Argentina e Uruguay - lha firmata proprio Bergoglio, nel maggio del 2011. E lo ha fatto con discrezione, per evitare che fosse bloccata da altri vescovi argentini, ancora contrari a simili iniziative basate sullimpegno sociale dei sacerdoti. Carlos Murias era nato nel 1945 a Cordoba. Il padre era un ricco agente immobiliare e un politico assai noto nella regione. Per suo figlio aveva immaginato una carriera da soldato, e lo aveva iscritto al Liceo Militare, ma subito dopo gli studi Carlos era entrato in seminario e poco dopo era stato ordinato sacerdote da Enrique Angelelli, il vescovo militante di La Rioja, famoso per la sua pastorale dei campesinos. La situazione in quella provincia era un ritratto fedele degli squilibri dellintero Paese: poche famiglie ricchissime che controllavano tutto, e una marea di lavoratori ridotti quasi in schiavit. Angelelli si era messo di traverso, e Murias era stato inviato ad aiutare i contadini di un paesino chiamato El Chamical, insieme al prete francese Gabriel Longueville. Doveva fondare una comunit francescana, quando i militari fecero il golpe. Cominci a ricevere avvertimenti, convocazioni in caserma, dove i soldati gli spiegavano che la tua non la chiesa in cui noi crediamo. Carlos tir dritto e il 18 luglio del 1976 venne rapito insieme a Gabriel. Fu rinchiuso nella Base de la Fuerza Area di Chamical, e due giorni dopo il suo cadavere fu trovato in mezzo ad un campo: gli avevano cavato gli occhi e tagliato le mani, prima di fucilarlo. Angelelli celebr il funerale attaccando i militari: Hanno colpito dove sapevano che avrebbe fatto pi male. Carlos lo avevo ordinato io, e io lo avevo messo in condizione di pericolo. Due settimane dopo una Peugeot 404 affianc lauto di monsignor Angelelli, mentre viaggiava a La Rioja: la macchina del vescovo si ribalt e lui mor. La polizia archivi lepisodio come un incidente, la magistratura ora sta finalmente indagando come se fosse un omicidio. La parte meno conosciuta di questa storia quella svolta da Bergoglio, che adesso stata rivelata da padre Miguel La Civita, stretto collaboratore di Angelelli: Lo avevo conosciuto durante gli studi. Pochi giorni dopo gli omicidi, prese i nostri seminaristi e li nascose al Colegio Mximo dei gesuiti, di cui era il provinciale. Non sono storie che ho sentito raccontare: le ho vissute, in prima persona. E sia chiara una cosa: io ero lesatto prototipo di quelli che allora venivano chiamati preti terzomondisti, teologia della liberazione. Con la scusa dei ritiri spirituali, il Colegio era diventata una centrale per

aiutare i perseguitati: li nascondevano, preparavano i documenti falsi e li facevano fuggire allestero. Bergoglio era convinto che i militari non avrebbero mai avuto il coraggio di violare il Mximo. Lo conferma anche Alicia Oliveira, famosa magistrata perseguitata dai militari e diventata poi attivista dei diritti umani: Bergoglio propose anche a me di nascondermi in seminario: gli risposi che preferivo essere arrestata dai militari, piuttosto che vivere con dei preti. Si mise a ridere e disse che ero scema: a posteriori, riconosco che aveva ragione lui. Di sicuro so che una volta diede ad un uomo che gli somigliava i suoi documenti veri, e un vestito da sacerdote, per farlo scappare in Brasile. Se questo non significa mettere tutto in gioco, sotto la dittatura militare, spiegatemi voi cosa lo . La morte di Carlos Murias, per, rimasta dentro a Bergoglio. Difficile capire come certi episodi segnano lanimo umano, in situazioni dove il pericolo estremo diventa quotidianit. I gesuiti spiega Trovarelli - sono lavanguardia totale. Credo che la curia generale avesse ordinato attenzione a Bergoglio, e lui dovette trovare il modo di salvare le vite senza esporre troppo quelle dei colleghi. Fatto sta che appena la diocesi di La Rioja ha avviato la pratica per la canonizzazione, il cardinale lha firmata subito. Era il maggio del 2011, dunque in tempi non sospetti: nessuna campagna papale allorizzonte. Bergoglio firm e ci consigli di essere discreti: molti vescovi argentini, soprattutto quelli pi anziani, si oppongono alle cause basate sullimpegno sociale. Grazie alla sua cautela, il processo andato avanti: le testimonianze sono finite e siamo arrivati alla preparazione della positio. E adesso Bergoglio papa. La volont di Dio fa miracoli: sarebbe commovente se il primo beato di Francesco fosse Carlos.

10 anni dopo Saddam il futuro deve ancora iniziare


Era una notte limpida a Baghdad, tanto che 10 anni fa qualcuno passate da alcuni minuti le 24 senza lampi in cielo ipotizz un rinvio tattico del primo raid aereo per sfruttare leffetto sorpresa. Era la guerra pi annunciata del nuovo secolo, con una impressionante campagna dei media occidentali, a sostenere la dottrina Bush: la necessit di una guerra preventiva contro gli Stati canaglia di cui lIraq di Saddam Hussein divenne il simbolo da abbattere ad ogni costo. Anche quello della legalit internazionale. La risoluzione 1441 delle Nazioni Unite, nel novembre 2002, aveva dato lultima possibilit agli ispettori Onu di verificare la presenza delle armi di distruzione di massa che il segretario di Stato Usa di allora, Colin Powell, aveva teatralmente dichiarato parlando al Palazzo di Vetro, di avere gi trovato. Ma Bush e la coalizione dei volonterosi non aspett il resoconto degli ispettori e decise che era il momento di forzare la mano per abbattere il regime criminale di Saddam Hussein. Un azzardo giustificato dallobiettivo di esportare la democrazia e di trasformare Baghdad nel gioiello del Medio Oriente. Un modello, nelle intenzioni di George Bush, poi da far seguire. Il primo raid, quella notte di dieci anni fa, tard solo di qualche ora: la sera del 20 marzo in mano alla coalizione erano gi caduti i principali pozzi petroliferi del Sud iracheno e il porto di Umm Qasr. I 260mila uomini della coalizione sbaragliarono in pochi giorni i 400mila soldati iracheni, tanto che della campagna dIraq oltre ai bombardamenti davvero chirurgici nella capitale si ricordano le tempeste di sabbia, le sole capaci di rallentare lavanzata. Il 9 aprile Baghdad era gi presa mentre iniziava la caccia a Saddam Hussein e ai suoi gerarchi. La speranza innestata dal cambio della guardia a Baghdad, dopo 24 anni di repressione poliziesca e criminale, riemp quella primavera. La libert era una novit esaltante per gli iracheni abituati a non parlare mai in pubblico di politica e a vedere ovunque infiltrati del Mukhabarat, i terribili servizi segreti, capaci di far sparire nel nulla parenti ed amici. Sembrava la svolta e il 1 maggio George Bush, atterrato sulla portaerei Lincoln di rientro dalle operazioni di sostegno nel Golfo, ostent un davvero prematuro mission accomplished.

Lillusione di una veloce ricostruzione, per, dur ben poco: il graduale passaggio di poteri dai proconsoli americani alle autorit irachene avvi una transizione lenta e sanguinosa. Lattentato al Canal hotel di Baghdad sede del comando dellOnu nellagosto di 10 anni fa segn, almeno simbolicamente, lavanzata di al-Qaeda. Dalla dittatura alla guerriglia per bande, con gli americani a fare da garanti alle istituzioni disegnate nella nuova Costituzione approvata nel 2005. Luccisione, il 7 giugno 2006, di Abu Musab al-Zarqawi in raid mirato delle forze statunitensi e limpiccagione di Saddam Hussein il 30 gennaio del 2006 dimostrano plasticamente la convivenza nei primi anni di dopo guerra di vecchio e nuovo terrore. La strage di Nassiryah il 13 novembre del 2003 (19 le vittime italiane) resta il prezzo pi alto pagato dallItalia in questo sforzo di ricostruzione di un Paese. Una difficile e costosissima transizione: 115mila le vittime civile. Il cambio di strategia e il ritiro del contingente Usa nellagosto del 2010 segnano la prova di maturit nelluscita dal dopo Saddam. Ma la sfida ancora aperta: le elezioni del 2010 hanno riposto un Paese spaccato tra sciiti e sunniti capace solo dopo nove mesi di darsi un governo. Il nuovo Iraq in potenza uno dei leader dellOpec, ma resta pure una base di al-Qaeda esposta allinfluenza del conflitto in Siria. La maggioranza sciita, al governo con al-Maliki, appoggia Assad mentre i sunniti sono vicini al fronte guidato da Arabia Saudita e Qatar. Lattacco il 4 marzo scorso in Iraq del convoglio che riportava in Siria dei soldati siriani curati in un ospedale iracheno stata la prima avvisaglia di una possibile internazionalizzazione. La voglia di rinascita ben presente e questanno Baghdad stata proclamata capitale della cultura araba. Ma solo gioved scorso un commando terroristico ha potuto prendere dassalto il ministero della Giustizia: 30 morti e 50 feriti. La guerra, strisciante, non ancora finita.

Parigi, assalto alla metro dei pendolari Blitz con maschere e i gas lacrimogeni
Il racconto dei passeggeri sotto choc Erano feroci, veloci e organizzati
ALBERTO MATTIOLI CORRISPONDENTE DA PARIGI

Adesso i paragoni storici o cinematografici o tutti e due insieme si sprecano: il Far West, lassalto al treno, eccetera. In effetti andata proprio cos, e non a Yuma ma alla stazione di Grigny Centre, dipartimento dellEssonne, nella banlieue di Parigi. Preso dassalto, un treno della linea D del Rer, il metro leggero che porta i pendolari dalla periferia in centro, secondo limmortale routine del banlieusard parigino sintetizzata nella frase metro, boulot, dodo, metro, lavoro, nanna. Verso le 22 di sabato scorso, la routine si trasformata in un incubo. Una banda di giovani, quanti non si sa ancora con precisione, di certo pi di venti e meno di trenta, armati, mascherati e provvisti di gas lacrimogeno hanno fermato il treno azionando lallarme di emergenza e poi sono passati di vagone in vagone spogliando i passeggeri. Sembra lassalto alla diligenza dellepoca moderna. Ma di questa ampiezza, non normale, racconta al Figaro uno dei poliziotti che stanno indagando. Gli aggrediti sono una decina. Uno di loro ha raccontato: Io ho preso un pugno e del lacrimogeno negli occhi. Hanno strappato la borsetta alla mia amica e hanno preso i soldi a me. E stato rapido, violento e aveva laria di essere molto organizzato. Per la sicurezza a bordo, non un buon momento. Nellottobre scorso, unaltra banda della Rer era stata arrestata. Ed ancora vivo il ricordo dellincredibile assalto a un treno merci, bloccato sui

binari in mezzo ai quartieri nord di Marsiglia e saccheggiato. Poi, sabato, questultimo episodio, che peraltro, nonostante lampiezza, si venuto a sapere solo luned, a dimostrazione che i media francesi non sono proprio sempre sulla notizia (e in ogni caso meno dei nostri). Secondo le ferrovie, la linea D della Rer non fra quelle pi a rischio. Ma comunque sorvegliata dalle telecamere, su cui si conta per identificare gli aggressori. La Sncf, la Trenitalia francese, ha rafforzato la sicurezza mandando rinforzi alle sue pattuglie. Provate con gli sceriffi.

Esplosioni nel Nord della Nigeria: 25 morti


Una serie di esplosioni in una stazione di bus di Kano, nel nord della Nigeria, hanno causato la morte di almeno 25 persone. Lo riferiscono testimoni. E accaduto nella stazione a Sabon Gari, zona di Kano, prevalentemente frequentata da immigrati cristiani dal sud della Nigeria. L'area della stazione - riferiscono i testimoni - stata circondata e isolata da militari e polizia. Si tratta di una zona del Paese dove sono frequenti gli attacchi del Boko Haram, un gruppo estremista islamico che sostiene di voler rovesciare il governo del presidente Goodluck Jonathan e applicare la legge islamica in tutto il Paese. Dalle prime ricostruzioni dei fatti rilanciate dai media locali sulla base di testimonianze locali - riporta l'agenzia Misna - alle ore 17 (locali) mentre cinque autobus si stavano dirigendo verso il cancello di uscita del parcheggio della stazione, un individuo non meglio identificato a bordo di una macchina, si sarebbe lanciato in senso contrario di marcia contro di loro, provocando una potente esplosione. Per ore alte colonne di fumo nero si sono alzate dallarea dellattentato mentre i soccorritori hanno trasportato i feriti allospedale centrale di Kano. Nel condannare con forza lattentato, un incidente barbaro. il presidente Jonathan ha sottolineato che non influenzer la forte determinazione del governo federale di avere la meglio su quelli che non vogliono il bene della nazione, in riferimento alla lotta a Boko Haram. (

PAPA FRANCESCO/ Perch le categorie del "mondo" non possono capirlo?


Salvatore Abbruzzese

La sociologia, come tutti sanno, una scienza nata nel pieno dellaffermazione della societ moderna. Dalla modernit, come processo culturale, ha tratto miti e speranze, cautele metodologiche e qualche fantastico delirio. Scienza positiva per eccellenza, ancorata allo studio della sola realt osservabile, ha funzionato come area severamente critica contro le ideologie del novecento. Ancora oggi si deve alla sociologia la capacit di rivelare connessioni e contraddizioni dei singoli fenomeni sociali, spesso destinate a restare occulte. Tuttavia la sua forza anche la sua debolezza: dinanzi alle dimissioni di Papa Ratzinger, al conclave ed allintronizzazione di Papa Bergoglio, le interpretazioni laiche non esitano a ricorrere ad un solo paradigma, lunico che la modernit conosce: quello conflittualista. Da qui la tentazione ad affidarsi alla sola ricerca delle indiscrezioni, alla quale vengono sommate le interpretazioni iperboliche delle diversit che ne emergono. Si arriva cos a proclamare lirriconciliabilit delle posizioni tanto che, alla fine, non possono esserci che vincitori da un lato e sconfitti dallaltro, in una lotta irriducibile tra il partito della tradizione e quello dellinnovazione per una Chiesa ridotta a fotocopia del Parlamento. Con unaggravante: che mentre in questultimo il conflitto esplicito e quindi concretamente osservabile, nella Chiesa poich discretamente taciuto, bisogna andarselo a trovare. Proprio per questo, inizia la ricerca degli indizi, che porta ogni differenza ad essere la rivelatrice di unopposizione, ogni comportamento ad essere lindicatore di una strategia e di una sensibilit che rinviano a differenze radicali. Come ha rilevato con rammarico Cristiana Caricato, nel delirio interpretativo che spesso caratterizza molti miei colleghi ampiamente visibile anche al di l delle frontiere nazionali (basta leggere Le Monde) ogni diversit interpretata alla luce della categoria del conflitto. Impiegheranno cos diverse settimane (in qualche caso diversi mesi

e qualcuno non lo capir mai) a comprendere come la natura della Chiesa, quando la si vuole analizzare, obblighi a temperare e limitare profondamente il paradigma conflittualista per andare alla ricerca di un vocabolario ben pi ampio. Lopposto del conflitto, nella dinamica di questa istituzione, non il consenso, ma la relazione caritatevole che la capacit di vedere, ad ogni passo, la verit che laltro si porta dentro, la passione (Julin Carrn direbbe il desiderio) che laltro si trascina dietro, ne muove i passi e ne decide le scelte. Il conflitto, che pure esiste, va costantemente riletto alla luce di questa pervicace ricerca di ci che unisce, ed il senso di una tale unit cercato e trovato dai padri conciliari attraverso la preghiera. Proprio per questo, ogni decisione preceduta da una dimensione liturgica, dove lAltro attira a s, obbliga ad uscir fuori da qualsiasi tensione. Non c istante del conclave che, attraverso la preghiera e la liturgia, non sia stato costantemente marcato da riferimenti espliciti ed impegnativi a ci che la Chiesa ritiene di essere (e per me ): lannunciatrice dellIncarnazione e la testimone della Resurrezione del Figlio di Dio. Da qui il rinforzo costante di una dinamica unitaria particolare, la relazione fraterna, che un criterio relazionale assolutamente periferico nel mondo moderno e secolare e che, proprio per questo, molti dei miei colleghi sociologi non sanno tradurre. Nel vocabolario conflittualista, infatti, un tale termine non ha alcun senso, al massimo si parler di alleanze. Ragionando in termini di relazione fraterna si riesce ad andare molto pi lontano di quanto non accada con la sola interpretazione conflittualista. Si riesce a capire, ad esempio, larmonia dintenti tra gli ultimi tre pontefici, dove il primo ha svegliato una cattolicit ricurva su s stessa, esortandola a non avere paura; il secondo le ha restituito rigore concettuale e lucidit logica nellanalisi della presenza di Cristo nel mondo, permettendoci di superare le banalit e le ambiguit di letture ideologiche che permanevano; il terzo, da quello che gi si vede, ci riporta verso loperare, la presenza visibile e lucidamente operativa della Chiesa nel mondo. Senza le premesse degli altri due lopera di Papa Francesco avrebbe dinanzi a s lonere di lavorare su di un terreno molto pi impervio, dove molte contraddizioni resterebbero ancora ben presenti ed il rischio di confusione resterebbe molto alto. Una tale lettura interpretativa, ovviamente, va pi lontano e non difficile distinguere come, pi in generale ed in ogni periodo, dal secondo dopoguerra ad oggi, i padri conciliari abbiano finito con il donare alla Chiesa ci che veramente occorreva. Opera dello Spirito? Certamente; sul piano empirico resta il fatto che ad ogni concilio i padri abbiano pregato e la Chiesa assieme a loro. Qualsiasi interpretazione non pu prescindere da un tale dato di fatto.

Giuseppe il discreto
Rino Cammilleri Il Santo pi potente dopo la Madonna intervenuto poche volte nella storia umana, e sempre in modo silenzioso (secondo il suo costume). Ma in una di queste occasioni ha lasciato traccia. Stiamo parlando della misteriosa scala a chiocciola che si trova nella chiesa delle Suore di Loreto (in inglese: Sisters of Loretto, con due t) a Santa Fe nel New Mexico.

Nel 1872 le suore erano solo quattro e accanto al loro convento fu costruita una cappella in stile neo-gotico. Quando fu terminata, per, ci si accorse che mancava la scala per accedere al coro. Larchitetto, intanto, era morto e gli altri interpellati scossero la testa: abbattere tutto e rifare. Le suore, senza soldi, si rivolsero al loro patrono, san Giuseppe, con una novena, alla fine della quale si present uno sconosciuto coi capelli grigi e un asino su cui aveva caricato qualche attrezzo. Disse che ci avrebbe pensato lui, a patto che non fosse disturbato. Lo lasciarono fare. Ogni tanto qualche suora, sbirciando, vedeva che usava solo un martello e una sega, e che immergeva pezzi di legno in un bacile dacqua. Dopo tre mesi il lavoro fu finito.

Era una scala a chiocciola di legno, realizzata senza chiodi e senza struttura centrale dappoggio. Cio, si reggeva tutta sul primo del trentatr gradini. Insomma, una specie di miracolo. Per giunta, il legno era di tipo sconosciuto, e ancora oggi gli esperti non sono in grado di dire che roba sia. Il misterioso carpentiere spar cos comera arrivato: quando le suore lo cercarono per pagarlo, nessuno laveva mai visto. La scala c ancora e riceve ogni anno centinaia di migliaia di visitatori, i quali testimoniano una strana sensazione di leggerezza quando vi salgono. Sebbene, ripetiamo, non si appoggi a nulla. Le suore rimasero convinte che quel carpentiere fosse proprio san Giuseppe. Il quale si present con lo stesso stile anonimo e defilato in Sardegna al padre Felice Prinetti (oggi Servo di Dio), fondatore delle Suore di San Giuseppe a Genoni, in provincia di Oristano. Questo Prinetti, Oblato (nella congregazione fondata dal Venerabile Pio Bruno Lanteri), era un ex capitano dartiglieria piemontese, veterano della terza guerra dindipendenza. Insultato da un collega anticlericale che lo aveva visto in uniforme reggere il baldacchino del Corpus Domini, aveva risposto per le rime e se ne era avuto un colpo di guanto in faccia. Esattamente come il Beato Francesco Fa di Bruno, non poteva permettersi di accettare il duello, che il papa aveva vietato ai cattolici. Cos, si dimise dallesercito e si fece Oblato. Mandato in Sardegna, aveva creato un orfanotrofio e una comunit di suore che se ne occupassero. Ma i superiori lo spedirono a Pisa. Da qui, quando poteva, raggiungeva Genoni per organizzare le suore. Un pomeriggio estivo, stanco dal viaggio e oppresso dal caldo, riposava su una sedia al piano superiore. Bussarono alla porta e uno sconosciuto chiese di vederlo con urgenza. Gli fu detto che il padre riposava, ma quello insist: era cosa davvero grave. Cos, le suore andarono a chiamare il Prinetti. E, appena lui si alz dalla sedia, ecco che il soffitto croll proprio su questultima, lasciando il sacerdote miracolosamente illeso. Quando andarono gi a vedere che cosa voleva il visitatore, non trovarono pi nessuno. Anche qui, le suore e il loro fondatore furono certi che era stato san Giuseppe, protettore della comunit, a soccorrerli. Ancora un intervento giuseppino: Maximin Giraud, il veggente di La Salette nel 1847, dopo anni tribolati si era ritrovato a Parigi senza un soldo e alla disperazione. Aveva impegnato anche la giacca al monte di piet ma ormai non sapeva pi come fare. Entrato in chiesa, si era rivolto alla Madonna, avvertendola che, se non avesse provveduto lei, si sarebbe rivolto a suo marito. Poi, stanco e infreddolito si addorment su un banco. Fu svegliato da uno sconosciuto che lo port al ristorante, gli pag il pranzo e gli diede i soldi per riscattare la giacca, dicendogli di guardare nella tasca destra. Poi se ne and e Maximin non lo vide mai pi. Fatto come aveva detto quello, trov nella tasca della giacca la copia di un testamento in cui un benefattore lo dichiarava suo erede e lo affidava a una coppia perch lo adottasse. Ricordiamo che san Giuseppe, oltre i falegnami, patrono degli artigiani, dei piccoli imprenditori, dei disoccupati e di quelli che non hanno casa. Lultimo dei patriarchi ha anche un serie di patronati che lo spazio ci impedisce di elencare qui.

Linfinita pazienza
Pensate a quella chiacchiera dopo la vocazione di Matteo: "Ma questo va con i peccatori!" Lui venuto per noi, quando noi riconosciamo che siamo peccatori. Ma se noi siamo come quel

fariseo davanti allaltare: "Ti ringrazio Signore, perch non sono come tutti gli altri uomini", allora non conosciamo il cuore del Signore, e non avremo mai la gioia di sentire questa misericordia, ha detto domenica il Papa. Se dovessimo indicare il cuore del "no" interiore che molti di noi battezzati opponiamo a una vita cristiana, penseremmo proprio a questo sentirci a posto, "onesti", dei giusti oppressi dallingiustizia altrui. Malanno dellanima cos diffuso, in un tempo che sorride della parola "peccato", e ha relegato lesame di coscienza serale fra le vecchie cose di una sorpassata piet. Ma nella sua prima omelia al popolo, in SantAnna, Papa Francesco centra con precisione il nodo che stringe tanti di noi: se non ci riconosciamo peccatori, non avremo mai, dice, la gioia della misericordia. E anche questa parola scandisce col suo timbro argentino. Intonazione che pare moltiplicarne la forza e la promessa, quasi fosse un segreto rivelato a ciascuno. E chi ascolta Bergoglio bisogna vederlo e ascoltarlo, nei gesti, negli accenti che piegano o esaltano le parole avverte in lui, distinto, un padre. Lo sente la gente e gremisce la piazza dellAngelus, e vorrebbe abbracciarlo; cos come lo aveva subito riconosciuto, la sera del 13 marzo; e al suo solo invito, preghiamo ora, era zittita, in un attimo di impressionante silenzio. C qualcosa nel Papa per cui gli uomini lo "riconoscono" immediatamente; un carisma, per cui naturalmente viene da chiamarlo "padre", e verrebbe anche voglia, e perfino ai "lontani", di poterlo avere per s soltanto, una mezzora; e allora gli si racconterebbe di noi cose che non abbiamo mai detto a nessuno, peccati e miserie e dolori, e s, infine parlando forse capiremmo, che siamo dei poveri peccatori. E a fronte di questa coscienza si aprirebbe la gioia della misericordia, quella di cui Francesco, da padre, ha parlato. Un Padre a San Pietro. Un padre, in un tempo che il "padre" ha fatto di tutto per cancellarlo, annichilirlo, negarne ogni funzione che non fosse la grossolana odiosa autorit della forza, del potere. Eppure la gente che mercoled sera correva a fiumi, chiamata dalle campane, cosa cercava, se non un padre? Con ancora negli occhi lombra dellelicottero con cui se ne era andato Benedetto, e addosso come un non detto, inconscio senso di abbandono, sono accorsi a migliaia. Nella percepibile felice ansia di sentirsi dire: c un Papa, di nuovo, a san Pietro. (Come se, nel lutto di un padre appena perduto, ci venisse detto: tornato. Era questa, la gioia travolgente che si respirava nel colonnato). E davvero padre, luomo che ci stato dato. In quella promessa della misericordia infinita di Dio, e della sua infinita pazienza, e dellinfinito amore per ciascuno, lomelia in santAnna sapeva di qualcosa che gi ci era noto e caro. Che cosa? Leco dellincontro tra lInnominato e Federigo nei Promessi Sposi, ecco. La tensione di quel faccia a faccia, dove tutto il male di un grande bandito sembra un niente, dentro allabbraccio di un uomo di Dio. (Proprio su questo giornale, laltro giorno, Stefania Falasca ha raccontato come Bergoglio ami Manzoni, e sappia addirittura a memoria quel passo). La misericordia e la pazienza infinita di Dio (Mai si stanca di perdonare, mai!, ha detto Francesco) e un uomo che sa incarnare fisicamente questa certezza. Una grazia a Roma. Con cui, noi ne siamo certi, ha a che fare il gesto umile di un altro grande Papa, e la sua promessa, nel lasciarci, di portare tutto e tutti nella preghiera: cuore pulsante e silenzioso di questa Chiesa che oggi esulta, a San Pietro.
Marina Corradi

SANTA MESSA IMPOSIZIONE DEL PALLIO E CONSEGNA DELLANELLO DEL PESCATORE PER LINIZIO DEL MINISTERO PETRINO DEL VESCOVO DI ROMA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Cari fratelli e sorelle! Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennit di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: una coincidenza molto ricca di significato, ed anche lonomastico del mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza. Con affetto saluto i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici. Ringrazio per la loro presenza i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunit ecclesiali, come pure i rappresentanti della comunit ebraica e di altre comunit religiose. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Capi di Stato e di Governo, alle Delegazioni ufficiali di tanti Paesi del mondo e al Corpo Diplomatico. Abbiamo ascoltato nel Vangelo che Giuseppe fece come gli aveva ordinato lAngelo del Signore e prese con s la sua sposa (Mt 1,24). In queste parole gi racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Ges; ma una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II: San Giuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedic con gioioso impegno alleducazione di Ges Cristo, cos custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa figura e modello (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1). Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umilt, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedelt totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino allepisodio di Ges dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l'amore ogni momento. E accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianit della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Ges. Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Ges, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dalluomo, ma desidera la fedelt alla sua Parola, al suo disegno; ed Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe custode, perch sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volont, e proprio per questo ancora pi sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, attento a ci che lo circonda, e sa prendere le decisioni pi sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilit, con prontezza, ma vediamo anche qual il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire, per, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che semplicemente umana, riguarda tutti. E il custodire lintero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco dAssisi: lavere rispetto per ogni creatura di Dio e per lambiente in cui viviamo. E il custodire la gente, laver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono pi fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E laver cura luno dellaltro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E il vivere con sincerit le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto affidato alla custodia delluomo, ed una responsabilit che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!

E quando luomo viene meno a questa responsabilit di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli Erode che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto delluomo e della donna. Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilit in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volont: siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dellaltro, dellambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che lodio, linvidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perch proprio da l che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bont, anzi neanche della tenerezza! E qui aggiungo, allora, unulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bont, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non la virt del debole, anzi, al contrario, denota fortezza danimo e capacit di attenzione, di compassione, di vera apertura allaltro, capacit di amore. Non dobbiamo avere timore della bont, della tenerezza! Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo linizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Ges Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Ges a Pietro sullamore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre pi in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza lintera umanit, specie i pi poveri, i pi deboli, i pi piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carit: chi ha fame, sete, chi straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire! Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale credette, saldo nella speranza contro ogni speranza (Rm 4,18). Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, aprire lorizzonte della speranza, aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha lorizzonte di Dio che ci stato aperto in Cristo, fondata sulla roccia che Dio. Custodire Ges con Maria, custodire lintera creazione, custodire ogni persona, specie la pi povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ci che Dio ci ha donato! Chiedo lintercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinch lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate per me! Amen.

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