Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
AUDIZIONE O.U.A
in materia di
“Intercettazioni telefoniche e ambientali e di pubblicità degli atti di indagine”
1
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: segreteria@oua.it – claudio.rao@oua.it
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
1 - INTRODUZIONE
In linea generale non può non esprimersi condivisione e apprezzamento per la volontà della politica,
condivisa da ogni schieramento, di intervenire organicamente sul tema delle intercettazioni, con la
preoccupazione di contemperare i diversi interessi e diritti in gioco. L’apprezzamento si estende anche
alla dichiarata volontà di intervenire in modo concreto ed effettivo e con attenzione metodologica alle
risorse a disposizione e all’impatto delle modifiche sul sistema.
La ricchezza contenutistica delle relazioni ai singoli DDL, della documentazione allegata al DDL
governativo e del materiale predisposto dal Servizio studi della Camera (con apprezzabile attenzione
anche alla giurisprudenza della Corte EDU, alla legislazione di altri paesi europei e alla normativa
dell’Unione anche in fieri) esonerano dal dover affrontare analiticamente molti passaggi e snodi dei
problemi.
Il presidente della Commissione ha individuato, nella sua relazione del 24.07.2008, “tre … piani della
disciplina delle intercettazioni che richiedono interventi: la genesi, la conservazione e la divulgazione”. Quest’ultimo
aspetto richiama subito il delicato, ma non più eludibile, tema del processo mediatico in tutte le sue
implicazioni, compresa quella della libertà di stampa e della tutela della presunzione di innocenza.
Si seguirà pertanto lo schema individuato dalla Presidenza della Commissione, concentrando le
osservazioni su alcuni snodi fondamentali dei temi in discussione, con riserva di suggerire emendamenti
e osservazioni tecniche dopo che sarà predisposto e reso noto il testo base per l’iter legislativo.
La relazione del Presidente ha sottolineato la presenza di “due esigenze da contemperare: quella investigativa e
quella relativa alla tutela della riservatezza dei cittadini. Sarebbe un grave errore privilegiare una sola di esse. Compito
del legislatore è trovare un punto di equilibrio tra i due interessi”.
Il problema delle intercettazioni è risalente nel tempo (si pensi ad esempio alle intercettazioni delle
lettere della regina narrateci da Alexandre Dumas e al controllo, sempre esercitato dal potere, sulla
corrispondenza epistolare, che fino alle invenzioni del secolo scorso era “il” mezzo di comunicazione
interpersonale, e sui colloqui tra due o più persone, attività che ove non controllabile veniva sovente
vietata in toto) così come lo è, più in generale, quello dei mezzi per la ricerca della verità, la quale non
può essere inseguita a qualunque prezzo ma solo nei limiti imposti dal rispetto dei diritti fondamentali
della persona.
Così, se è vero che un ricorso a tappeto alle intercettazioni telefoniche permetterebbe in molti più casi
di conoscere e provare la verità (ma soprattutto di controllare l’intera collettività e i singoli), esse sono
ammissibili solo a condizioni molto rigorose, così da rimanere compatibili con il rispetto della vita
privata dei singoli, un diritto, questo, più ampio e pieno di quanto non sia la cd. privacy all’italiana
(spesso, sinora, un mero pretesto per imporre vessazioni “burocratiche”, divieti tanto proclamati
quanto inosservati perché inosservabili, nonché nuove forme di autorità e autorithies, di potere – e di
occupazione anche di sedicenti studiosi – piuttosto che un modo per risolvere i reali problemi di tutela
dei diritti delle persone). Sul punto non può non richiamarsi l’art. 8 della Convenzione EDU (nel cui
quadro giuridico sono state affrontate dalla Corte di Strasburgo le problematiche di legittimità delle
intercettazioni telefoniche nei vari paesi) e si comprenderà il reale ambito del diritto che occorre tutelare
in una società democratica, contemperando i diritti delle persone al rispetto della propria vita privata e
familiare, del domicilio e della corrispondenza” con le limitate e predeterminate ingerenze delle autorità
pubbliche, sia pure giudiziarie, ammissibili solo se e nei limiti in cui costituiscono una “misura che, in una
società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla
difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle
libertà altrui”.
2
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: segreteria@oua.it – claudio.rao@oua.it
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
2 - GENESI
La premessa degli interventi sulla “genesi” delle intercettazioni proposti nei vari DDL è condivisa,
evidenziata, sia pure con distinguo, in tutte le relazioni accompagnatorie. ed è stata riassunta il
24.07.2008 nel “ricorso smodato a tale strumento di indagine. Le intercettazioni sono diventate, infatti, un mezzo
ordinario di ricerca della prova anche di reati per i quali il codice di rito non ne consente l'utilizzo, non rientrando la pena
edittale nei limiti previsti dall'articolo 266 né tra le tassative eccezioni ivi stabilite. Da qui il fenomeno delle cosiddette
intercettazioni a rete” e altri meccanismi via via adottati da taluni magistrati”. D’altronde quello attuale è la
prosecuzione del cammino iniziato nella scorsa legislatura. La Relazione 22.01.2008 del ministro al
Parlamento sullo stato della giustizia nel 2007 aveva così riassunto i termini del problema: “le
intercettazioni telefoniche sono uno strumento irrinunciabile nella lotta alla criminalità grave, tanto più nella lotta al
crimine organizzato, ai grandi traffici illegali, al terrorismo. Rinunciare a quest’arma, o comprimerne l’uso fino a ridurne
l’efficacia, sarebbe un gesto autolesionistico … La maggior parte di questi casi sono resi possibili da un regime giuridico
complessivo sostanzialmente disinteressato alla tutela degli estranei al procedimento penale, e che comunque sacrifica oltre
ogni ragione processuale la privacy delle stesse persone sottoposte ad indagine. … L’intercettazione delle conversazioni e
comunicazioni private è un atto tra i più invasivi, e non può essere usata che per l’accertamento dei reati. Ad essa devono
applicarsi i principi di proporzionalità e di sussidiarietà”.
La necessità di garantire un’efficace repressione degli illeciti penali (e il mezzo di indagine delle
intercettazioni è divenuto, anche per lo sviluppo tecnologico della società, sempre più importante per la
prevenzione e repressione dei reati di criminalità organizzata e di terrorismo) deve essere bilanciata dalla
protezione dei diritti individuali di libertà e di rispetto della privacy, quest’ultima da considerarsi con il
tema della libertà di informazione e di stampa.
Nell’ambito giuridico europeo il diritto alla tutela della vita privata e familiare, codificato nell’art. 8
Convenzione EDU, ha manifestato una forza espansiva.
Due sono i diversi profili della privacy secondo la Corte EDU:
- la “segretezza” (che si traduce nell’esigenza di assicurare che notizie relative a vicende personali non
siano conoscibili da terzi),
- la “riservatezza” (che comporta l’esigenza di non divulgazione delle medesime notizie anche da chi ne
sia venuto legittimamente a conoscenza, salvo che l’interessato presti il suo consenso).
Le interferenze dello Stato sono consentite dall’art. 8 Convenzione EDU se previste dalla legge e se
necessarie per proteggere altri beni.
Occorre tenere ben presente i due profili (segretezza e riservatezza) poiché i presupposti per
intercettare comunicazioni e violare la “segretezza” sono diversi da quelli per far venire meno la
“riservatezza” delle informazioni ottenute: in altre parole lo Stato a certe condizioni può procurarsi con
le intercettazioni informazioni “segrete” ma deve poi garantire la “riservatezza” delle stesse a meno che
anche il venir meno della “riservatezza” sia necessario per proteggere altri beni. Correttamente la
relazione 24.07.2008 alla Commissione giustizia del Presidente ha individuato per le intercettazioni un
momento (la genesi) che attiene alla “segretezza” e due altri successivi (la conservazione e la
divulgazione) che attengono al profilo della “riservatezza”.
La giurisprudenza della Corte EDU ha evidenziato, in generale, la necessità
- di previsione delle interferenze sulla privacy in forza di una “base legale” (da intendersi non
solo nel diritto positivo scritto ma anche nel c.d. diritto giurisprudenziale per i paesi di common law e
nelle interpretazioni giurisprudenziali nei sistemi di civil law), accessibile e conoscibile dalle persone1 e
sufficientemente chiara e precisa in ordine all’ampiezza ed ai limiti del potere dell’autorità nazionale che
attua l’ingerenza nella privacy2,
1 Corte EDU sent. 25 marzo 1983, Silver e altri c. Regno Unito, § 87.
2 Corte EDU sent. 25 marzo 1998, Kopp c. Svizzera, § 64; Corte EDU Grande Camera sent. 16 febbraio 2000,
Amann c. Svizzera, § 56; Corte EDU sent. 2 agosto 1984, Malone c. Regno Unito; Corte EDU sent. 24 aprile 1990, Huvig c.
Francia.
3
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: segreteria@oua.it – claudio.rao@oua.it
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
- che l’interferenza nella privacy sia necessaria in una società democratica per perseguire un fine
legittimo ex art. 8 comma 2 Convenzione EDU,
- che tra l’ingerenza e il perseguimento del fine legittimo da parte dello Stato vi sia una
ragionevole proporzione3 (così la Corte EDU ha sottolineato che anche nella lotta al terrorismo occorre
evitare il pericolo di distruggere la democrazia con la giustificazione di volerla difendere4)
e, nello specifico delle intercettazioni (generalmente non auspicabili in una società democratica5),
- che esse siano disciplinate dalla legge con regole chiare e dettagliate, considerati anche i mezzi
tecnici sempre più perfezionati utilizzabili da chi effettua le intercettazioni6,
- che l’interessato – anche se solo titolare o mero fruitore della linea telefonica sottoposta a
sorveglianza - disponga di strumenti per ottenere sia un“controllo efficace” sull’esercizio del potere di
intercettazione da parte dell’autorità7 sia l’esercizio effettivo del “diritto a un ricorso effettivo davanti a
un’istanza nazionale” (art. 13 della Convenzione EDU) competente8.
Questi sono i fondamentali parametri giuridici europei9 da tenere presenti nell’analizzare le proposte
normative, senza distorsioni della fonte.
3 Corte EDU sent. 25 marzo 1983, Silver e altri c. Regno Unito § 97.
4 Corte EDU sent. 6 settembre 1978, Klass e altri c. Germania § 49.
5 Corte EDU sent. 2 agosto 1984, Malone c. Regno Unito, § 84.
6 Corte EDU sent. 24 aprile 1990, Huvig c. Francia, § 32; Corte EDU sent. 24 aprile 1990, Kruslin c. Francia § 33.
Sono state queste sentenze di condanna per carenza di determinatezza sui presupposti dell’intercettazioni a condurre la
Francia a rendere più stringente (trascrizione delle comunicazioni utili all’accertamento della verità, riversamento nel
fascicolo, distruzione delle registrazioni allo scadere del termine di prescrizione dell’azione penale pubblica) la procedura per
le intercettazioni in allora vigente.
7 Corte EDU sent. 24 agosto 1998, Lambert c. Francia, § 38-40.
8 Corte EDU sent. 25 giugno 1997, Halford c. Regno Unito, § 65.
9 Occorre ricordare che la Corte Costituzionale con le recenti sentenze 22-24/11/2007 n. 348 e 349/2007,
rispettivamente sull’indennità di espropriazione e su quella di occupazione, in materia di norme della Convenzione EDU
(che contribuisce alla creazione di un vero e proprio ordine pubblico europeo in cui gli obblighi hanno natura oggettiva e i
diritti sono tutelati da una garanzia collettiva, con una protezione diretta) e delle decisioni della Corte EDU, ha affermato
che il giudice italiano deve interpretare le norme nazionali in modo conforme alla Convenzione EDU (come interpretata
dalla Corte EDU) nel limite del testo della norma nazionale; altrimenti deve investire del problema la corte costituzionale
che da un lato deve valutare la compatibilità della legge nazionale con la Convenzione EDU e dall’altro lato deve valutare se
le norme della Convenzione EDU interpretate dalla Corte EDU siano compatibili con la Costituzione italiana.
4
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: segreteria@oua.it – claudio.rao@oua.it
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
sono gli stessi delle intercettazioni telefoniche di cui all’art. 266 c.p.p.,
- di prevedere, attraverso i nuovi artt. 266-ter e 266-quater c.p.p., l’applicabilità delle norme sulle
intercettazioni telefoniche anche
all’intercettazione di corrispondenza postale che non ne interrompe il corso della spedizione
(diversamente entrerebbero in gioco le norme in materia di sequestro),
alle riprese visive, con alcune differenze tra il C-406 e il C-1510 in ordine all’eseguibilità ad
iniziativa della polizia giudiziaria di riprese visive in luoghi pubblici, che secondo il C-406 possono
essere eseguite (nuovo art. 266-quater comma 3 c.p.p.) senza ulteriori formalità (ma allora che senso ha
prevederne - comma 2 - l’autorizzazione del PM con decreto motivato se poi l’eccezione – comma 3 - è
la “libertà di intercettare”: evidente che la polizia giudiziaria le farà senza chiederne prima
l’autorizzazione al PM) mentre secondo il C-1510 la polizia giudiziaria dopo averle eseguite di propria
iniziativa, magari perché la situazione presentatasi alla polizia non consentiva di attendere
l’autorizzazione del PM, nell’ambito delle attività di indagine dovrà procurarne la convalida con un
decreto motivato del PM nelle 48 ore successive.
Se l’obiettivo condiviso è quello di predisporre una normativa generale per tutte le intercettazioni di
conversazioni e di ogni altra forma di comunicazione, telefonica e non, allora la Commissione dovrà
unificare i testi al proprio esame aggiungendo alle soluzioni tecniche individuate dal DDL governativo
quelle di cui al DDL C-1510.
ordine alla miglior soluzione tecnica per disciplinare il vacuum evidenziato nel 2002 dalla Corte
costituzionale (se cioè il semplice espresso inserimento nel 1° comma dell’art. 266 c.p.p. del riferimento
alle intercettazioni di “immagini mediante riprese visive” sia sufficiente e adeguato ovvero se, come
parrebbe a una prima analisi, non sia invece preferibile, alla luce delle sentenze 135/2002 della Corte
costituzionale e 26795 delle Cassazione Sezioni unite, una disciplina più articolata, come proposto ad
esempio dai DDL C-406 e C-1510, modulata sulla distinzione delle operazioni di ripresa visiva tra
quelle captative di conversazioni e quelle a contenuto non captativo che si svolgono nei luoghi di cui
all’art. 614 c.p.).
10 Si consideri altresì che per quanto concerne la definizione dei reati la proposta prevede che, per 32 categorie di
reato, lo Stato di esecuzione non possa addurre la doppia incriminabilità come motivo del rifiuto di eseguire un mandato
europeo di ricerca delle prove (anche nel caso in cui sia necessario effettuare una perquisizione o un sequestro), qualora il
reato in questione sia punibile nello Stato di emissione con una pena privativa della libertà della durata di almeno tre anni. Il
Consiglio ha sottolineato che tale impostazione è in linea con precedenti strumenti come il mandato di cattura europeo, le
decisioni di blocco o sequestro, le sanzioni pecuniarie.
7
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: segreteria@oua.it – claudio.rao@oua.it
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Una problematica comune a tutti gli ordinamenti è quella delle prove viziate nelle modalità per
ottenerle, con l’interrogativo sull’ammissibilità delle prove ottenute illecitamente o slealmente, tenuto
conto che molti sottolineano la necessità di punire i malfattori, soprattutto in relazione a reati assai
gravi. Quando una prova illegalmente ottenuta dimostra che l’accusato è colpevole di uno di tali delitti
suscita sconcerto il rinunciare a servirsene se il risultato è quello di lasciare che un delinquente sfugga
alla giustizia.
In Italia la Corte Costituzionale (sentenza n. 34/1973) aveva affermato in passato l’inutilizzabilità della
prova ottenuta in violazione in diritti garantiti dalla costituzione, con riferimento proprio ad una ipotesi
di intercettazione telefonica attuata al di fuori dei presupposti legali.
Più che giustificata quindi la preoccupazione condivisa di incidere sul fenomeno dell’abuso delle
intercettazioni, principalmente attraverso quelle cd. a rete, e riportare l’uso delle intercettazioni nel
corretto alveo di un mezzo di indagine sussidiario agli altri e proporzionato, nel quadro di un corretto
bilanciamento di diritti da tutte le parti evidenziato, anche attraverso la previsione:
- che gli elementi che consentono la richiesta di un’autorizzazione a disporre intercettazioni non siano
“limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento” (art. 267 comma 1 c.p.p.
nel testo proposto dal DDL governativo),
- che i decreti autorizzativi o di convalida delle operazioni di intercettazione non siano modificabili né
sostituibili
- dell’ampliamento dei divieti di utilizzazione di intercettazioni che non hanno rispettato tutte le regole
(nuovo art. 271 c.p.p.) e la restrizione della possibilità di utilizzazione delle intercettazioni o in
procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte (nuovo art. 270 comma 2 c.p.p.)
il dibattimento? E che cosa succederebbe se, in ipotesi, si trattasse di un processo per reati fallimentari
con la possibilità concreta che del collegio giudicante non possano far parte quei giudici che si siano
occupati della dichiarazione di fallimento o della relativa opposizione ovvero di una azione di
responsabilità in sede civile basata anche sugli stessi fatti oggetto del processo penale?
Il nuovo sistema unico nazionale: esecuzione delle registrazioni, ascolto (con un nuovo ruolo
per gli agenti di PG) e riduzione dei costi
Il nuovo sistema unico nazionale già previsto nella finanziaria 2008 si articola sulla concentrazione
presso gli istituendi “centri di intercettazione telefonica” delle operazioni di registrazione e mentre le
operazioni di ascolto delle conversazioni saranno compiute mediante gli impianti installati presso le
procure della Repubblica ovvero, se autorizzato dal PM, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati
per le indagini .
L’innovazione non può che essere guardata con favore poiché dovrebbe consentire
- sia un miglior livello di sicurezza nell’acquisizione e trattamento dei dati anche per la limitazione del
numero di soggetti che possono accedere alle registrazioni e ai dati,
- sia una semplificazione sotto l’aspetto “contabile” riducendo a 26 gli attuali 166 (o 192 se si
considerano anche le procure della repubblica presso i tribunali per i minorenni) centri di costo (di cui
alcuni parrebbero non aver mai reso alcun conto al ministero),
- sia un elevato risparmio di spesa che dovrebbe conseguirne e che la relazione tecnica allegata al DDL
1415 stima in circa 180 milioni di euro annui, importo che dovrebbe coprire la gran parte di tagli alle
“missioni di spesa” operati dal DL 112/2008.
Peraltro, ad esaminare la Relazione ministeriale al Parlamento sullo stato della giustizia nel 2007, si vede
che la cifra di 228 milioni indicata quale costo per le intercettazioni è ottenuta sulla base dei decreti di
pagamento emessi (e quindi con un criterio di cassa e non di competenza) e che essa è comprensiva
anche dei costi per tabulati che non paiono compresi tra gli oneri stimati nella relazione tecnica.
Ne deriva che i dati dei risparmi potrebbero essere da un lato più elevati e dall’altro lato inferiori al reale
poiché ai costi per l’impianto e l’esercizio delle nuove strutture distrettuali di intercettazione e
circondariali di ascolto occorre aggiungerne altri tecnicamente necessari.
Il DDL governativo “complica” la redazione del verbale di esecuzione delle intercettazioni (nuovo art.
268 comma 2) che dovrà contenere molti più dati rispetto a quanto oggi previsto.
Il DDL governativo prevede altresì (art. 267 comma 4 c.p.p.) la possibilità che nei casi di procedimenti
per delitti di criminalità organizzata, terrorismo o minaccia col mezzo del telefono (semplici) agenti di
polizia giudiziaria possano coadiuvare il PM o l’ufficiale di polizia giudiziaria, venendo così incontro ad
esigenze operative della polizia giudiziaria.
Sempre in materia di esecuzione tutti i DDL prevedono infine che nel registro riservato tenuto nelle
procure della repubblica vengano annotati anche data e ora di emissione e di deposito dei decreti
autorizzativi.
Il DDL C-1510 propone di annotarvi anche i nominativi del personale intervenuto. Evidente lo scopo
di prevenire comportamenti scorretti che parrebbero essersi verificati.
custodia dei risultati dell'attività svolta”: così la relazione del Presidente della Commissione giustizia della
Camera 24.07.2008).
Per comprendere meglio le dimensioni del problema e la conseguente necessità di intervento per chi ha
la responsabilità politica di intervenire, appare utile il richiamo a un dato evidenziato nella Relazione
ministeriale al Parlamento sullo stato della giustizia per l'anno 2007, presentata agli Atti del Senato per
la seduta del 22.01.2008, ove il Ministero segnala “sono state anche oggetto di controllo le modalità di custodia
della documentazione relativa alle intercettazioni di comunicazioni. Con riferimento a tale dato è stato rilevato che 13
uffici di Tribunale hanno correttamente applicato la normativa a tutela della privacy, 6 uffici lo hanno fatto in maniera
inadeguata, 2 non avevano provveduto. Per gli uffici di Procura 14 hanno applicato correttamente la normativa, 6 lo
hanno fatto in maniera inadeguata, 2 non avevano provveduto”11. Se su un campione di 43 uffici ben 16 (cioè il
37%) non ha correttamente applicato (o non ha addirittura applicato) la normativa in materia di privacy,
allora le dimensioni della criticità portano a ritenere che si tratti purtroppo di una situazione fisiologica
e non meramente patologica.
L’inadeguatezza dell’attuale sistema di conservazione del materiale intercettato è indubbiamente una
delle concause della fuoriuscita del materiale intercettato (o del suo contenuto) verso i media per la
divulgazione all’esterno.
E’ anche necessario ricordare che la Corte EDU in una, già non più recente, pronuncia relativa all’Italia
[sent. Craxi c. Italia (n. 2) del 17 luglio 2003, sia pure con la dissentig opinion del Giudice italiano V.
Zagrelbesky] proprio in ordine alla pubblicazione sulla stampa di intercettazioni telefoniche relative a
conversazioni di natura privata, irrilevanti o poco rilevanti per le accuse oggetto del procedimento
penale (depositate nella segreteria del PM come materiale integrativo di indagine e quindi senza
problematiche di “segreto istruttorio”) con danno di immagine tanto più per i terzi estranei al processo
penale, aveva ritenuto, tra l’altro,
- che la loro diffusione non era proporzionata ai fini legittimamente perseguibili per giustificare una
violazione della privacy e conseguentemente doveva essere considerata “non necessaria in una società
democratica” secondo l’interpretazione dell’art. 8.2 Convenzione EDU (sent. cit. § 67),
- che la protezione dei diritti garantiti dall’art. 8 Convenzione EDU deve essere effettiva e
positivamente assicurata dallo Stato anche nella fase del dibattimento (sent. § 81-83), anche perché la
divulgazione delle conversazioni attraverso la stampa poteva essere stata il risultato di un
malfunzionamento della segreteria del PM.
Il nuovo archivio
Strumento fondamentale per la conservazione delle registrazioni, secondo tutti i DDL, è il nuovo
apposito “archivio riservato tenuto presso l’ufficio del pubblico ministero che ha disposto
l’intercettazione” (art. 269 c.p.p.), in cui sono destinati a confluire tutti i verbali ed i supporti contenenti
le registrazioni.
Innovativa anche la previsione del divieto esplicito di allegazione anche parziale delle intercettazioni al
fascicolo delle indagini, sempre al fine dichiarato di prevenire divulgazione verso l’esterno del materiale
intercettato o del suo contenuto (nuovo art. 269).
La responsabilizzazione individuale
Una delle linee di fondo comuni a tutti i DDL è la chiara individuazione del soggetto responsabile del
servizio di intercettazione, del registro riservato delle intercettazioni e dell’archivio riservato nel quale
sono custoditi i verbali ed i supporti (nuovo comma 2 bis dell’art.89 disp. att. c.p.p.), attraverso la
designazione di un funzionario responsabile da parte del procuratore della repubblica.
flussi “che non appaiono manifestamente irrilevanti” (condivisibile la formulazione) procedendo però,
“anche di ufficio” (sottolineatura opportuna del suo ruolo di “garanzia” e “terzietà”) allo stralcio del
materiale “di cui è vietata l’utilizzazione”.
La procedura è quella camerale di cui all’art. 127 c.p.p., snella ma tale da consentire l’esercizio del diritto
di difesa.
La trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa delle informazioni contenute nei flussi
diventa eventuale per il caso che il tribunale “lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere”.
Opportuna appare, alla luce dell’evoluzione tecnologica delle modalità di registrazione e di ascolto, la
espressa previsione della possibilità per i difensori di far eseguire la trasposizione delle registrazioni su
“supporto informatico” (anziché su nastro magnetico). Al riguardo occorrerà però chiarire l’importo da
corrispondere per diritti di copia, al fine di evitare differenze di interpretazione tra i diversi uffici.
Anche quanto alla scelta “garantista” del DDL governativo di attribuire la competenza per la
scrematura delle intercettazioni al Tribunale provinciale in composizione collegiale valgono le
osservazioni già svolte in precedenza sulla competenza per disporre le intercettazioni e sui possibili
riflessi negativi sul funzionamento di taluni uffici, magari su altri settori.
necessario maggiore rigore e non lasciare che le norme volte a presidiare i divieti restino inapplicate”.
Preliminarmente l’OUA richiama le osservazioni generali già contenute nel documento presentato a
questa Commissione in occasione dell’audizione del 11 giugno u.s.12
Giova ricordare che il problema del rapporto tra il processo penale ed il ruolo dei mezzi di
comunicazione è comune alla maggior parte dei paesi europei, dove all’insegna del principio di
pubblicità – e, più in generale, del diritto della collettività all’informazione – ci si trova di fronte a
violazioni del segreto istruttorio per seguire ogni giorno sulla stampa lo sviluppo di un’inchiesta, a casi
di particolare risonanza trasformati in feuilletons videotrasmessi, al proliferare di programmi televisivi
basati sulla cronaca nera, per giungere fino a veri e propri processi penali paralleli.
In taluni casi pare di essere di fronte alla tentazione del ritorno al “linciaggio collettivo” e
all’applicazione anticipata della sanzione della “gogna”, che non agevola né la ricerca della verità, né la
pace sociale.
Un principio cardine del sistema di giustizia penale di tutti gli ordinamenti europei, non solo dell’Italia,
è la presunzione di innocenza.
12 <<Preliminarmente alla trattazione di questo punto, occorre sottolineare la indifferibilità di interventi che tendano
a ricondurre nel corretto alveo il rapporto tra Giustizia e informazione, nell’ottica di ridimensionare fortemente il fenomeno
della c.d. “giustizia spettacolo”, che purtroppo si è via via ingigantito, a far data dagli anni di “mani pulite”.
La Carta Costituzionale pone certamente al massimo livello, tra i valori tutelati, la persona umana e la sua dignità, così come
tutti i diritti ad essa connessi.
E’ intollerabile, in un sistema autenticamente democratico, che l’affermazione della responsabilità penale degli individui
debba venire di fatto sottratta alle aule di giustizia ed al giudice naturale, nei tempi, nei luoghi e con le modalità del giusto
processo, per essere affidata ad una sorta di “foro alternativo” rappresentato dai media e dalla carta stampata, i quali
intervengono senza alcuna garanzia, neppure di contraddittorio, nella delicata fase istruttoria, quando ancora ci si muove
sulla base di semplici notizie di reato, che debbono trovare conforto nella successiva formulazione di imputazioni e nel
processo, culminando con una sentenza di colpevolezza. Un tale procedere, certamente facilitato e addirittura alimentato
dalla possibilità di pubblicazione delle risultanze, spesso del tutto estranee al presunto reo ed alla imputazione sulla quale
l’inquirente è al lavoro, delle intercettazioni telefoniche, è gravemente lesivo della persona, oltre che gravemente lesivo del
principio costituzionale di non colpevolezza (a tacer d’altri).
La sistematica fuga di notizie, che spesso purtroppo è apparsa coincidente con momenti “topici” della vita sociale e
politica del Paese, e la successiva pubblicazione e diffusione con ampia eco delle stesse – anche quando poi si riveleranno
come spesso è accaduto del tutto infondate o ultronee – consente la celebrazione di anomali processi di piazza, sulle
cui caratteristiche, che contrastano con i principi dello stato di diritto e appaiono del tutto difformi da quanto secoli di civiltà
giuridica hanno tradotto nei codici, e sopratutto nel codice di procedura, varrebbe la pena di potersi intrattenere ben più a
lungo.
Quanto sta accadendo da anni nel Paese, con la responsabilità di molti, e senza esclusione di quella della
magistratura, rappresenta - forse anche in modo paradossale – una vera e propria delegittimazione del sistema di
resa di giustizia e degli operatori, e quindi a ben vedere della stessa magistratura, alcuni esponenti o già esponenti della
quale, purtroppo, paiono invece rallegrarsene, laddove plaudono alla diffusione ampia ed anticipata delle notizie di reato – e
non solo di quelle – e agli esiti della “gogna mediatica”, alla quale, in aggiunta, non è estraneo anche un improprio giudizio di
valore etico.
Occorre pertanto, ed anche il monito del Capo dello Stato è significativo a riguardo, che finalmente si intervenga
per porre rimedio a storture gravi del sistema che non appaiono più tollerabili. Il tutto, ovviamente, senza alcun
pregiudizio per l’agire corretto e responsabile della magistratura inquirente e l’autonomia della stessa. Ciò nella riscoperta, e
nel potenziamento, della cultura e pratica dell’indagine, che non può essere limitata al solo e massiccio ricorso alle
intercettazioni telefoniche, talvolta, purtroppo, anche in assenza di principi di prova.
Il richiamo al senso di responsabilità ed alla deontologia delle singole categorie, seppur doveroso, non può certamente
sostituire il doveroso intervento del legislatore>>.
13
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: segreteria@oua.it – claudio.rao@oua.it
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Il processo mediatico, la diffusione di notizie (parte del più complesso fascicolo processuale) finiscono
per incidere pesantemente su tale presunzione
Anche se tradizionalmente il sistema accusatorio non è favorevole al segreto (“it keeps the judge himself
while trying under trail”) è difficile immaginare che un’inchiesta possa svilupparsi efficacemente fin
dall’origine sulla pubblica piazza e, dall’altro lato, la tutela della presunzione di innocenza esige che il
sospettato non sia prematuramente consegnato al pubblico.
In Inghilterra la pubblicazione di informazioni con l’intento di influire su eventuali indagini quale che
sia il momento della pubblicazione è punibile con il ricorso al contempt of court, che comprende anche il
“pubblicare informazioni di natura tale da influenzare una giuria nei confronti di un accusato”, formula vaga che
evidenzia però bene come oggetto della tutela sia soprattutto la fairness processuale, il buon
funzionamento della giustizia ex art. 6 CEDU, pervenendo persino ad annullare il verdetto se la stampa
ha “inquinato il processo”).
La sottolineatura della compromissione che la violazione del segreto apporta alla presunzione di
innocenza è visibile in Francia sol che si rifletta al titolo della riforma di cui alla legge 516 del
15.06.2000: Loi renforçant la présompion d’innocence et les droits des victimes.
Nell’intervento proposto dal DDL governativo si prevede
- che il divieto (art. 114 comma 2 c.p.p.) di pubblicazione di atti e immagini fino ala conclusione delle
indagini o al termine dell’udienza preliminare riguarda non solo gli atti ma anche il loro riassunto o il
relativo contenuto (ciò al fine di contrastare le attuali prassi)
- il nuovo divieto di pubblicazione, anche parziale e in qualunque forma, delle intercettazioni di cui sia
stata ordinata la distruzione (con il condivisile intento di evitare che l’ordine di distruzione non possa
poi raggiungere i suoi effetti),
- il divieto di riportare integralmente le intercettazioni nelle ordinanze che dispongono misure cautelari
(al fine di evitarne al conoscibilità ai terzi estranei al processo mentre le parti potranno averne accesso
in un apposito fascicolo allegato agli atti),
- la modifica del reato di illecita rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (art. 369)
punibile secondo il DDL governativo con una sanzione molto più elevata (da 1 a 5 anni di reclusione
contro i limiti attuali da 15 giorni a 1 anno per l’ipotesi dolosa, con l’introduzione di una fattispecie
colposa) e l’introduzione di una sanzione per la violazione del segreto da parte di chi non osservi il
divieto impostogli dal PM ex art. 391-quinquies c.p.p.,
- la introduzione nell’ordinamento di un nuovo reato (art. 617-septies c.p.) di accesso abusivo (mediante
modalità o attività illecita) ad atti del procedimento penale, punito con la reclusione da 1 a 3 anni,
- l’aumento delle sanzioni per il reato di pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale
(art. 684 c.p.), con un differenziazione tra l’ipotesi “base” e quella “speciale” quando la pubblicazione
concerne le intercettazioni.
magistrato addetto alle comunicazioni, lo Justizpressesprecher) nel noto caso del processo all’ex leader della
DDR Erich Honecker l’intervista rilasciata da uno dei giudici ne aveva provato l’immediata ricusazione
(e nessuno aveva trovato a ridire sulla soluzione).
Sostituibilità del Pubblico ministero sospettato di non aver rispettato il segreto su un suo
procedimento
Il PDL governativo prevede, sempre all’art. 1, l’introduzione nel codice di rito (art. 53) di un’ipotesi di
sostituzione del PM loquace, cioè che sia iscritto nel registro delle notizie di reato per il reato di illecita
rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale di cui sia titolare.
Lo scopo dichiarato è quello di scoraggiare in via preventiva le fughe di notizie mettendo di fronte ad
un magistrato eventualmente desideroso di un’indagine mediatica a scapito sia della segretezza
dell’indagine (segretezza finalizzata anche al buon esito dell’attività istruttoria) dei diritti degli indagati e
delle altre parti private la certezza di “non poter fare più danni” attraverso la sua sostituzione nella
titolarità dell’indagine.
La “sanzione” immediata latu sensu prevista (sostituzione e perdita della titolarità del fascicolo) appare
adeguata.
Il DDL si pone anche giustamente il problema delle possibili denunce strumentali contro il PM, tese a
toglierli la titolarità dell’inchiesta, e prevede in tal caso l’obbligo per il capo dell’ufficio (ovvero del
procuratore generale nel caso che il magistrato indagato sia il procuratore stesso e non un sostituto) di
sentire il procuratore competente per l’indagine sulla rivelazione di segreti da parte del PM in ordine alla
serietà e gravità dei fatti.
15
Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: segreteria@oua.it – claudio.rao@oua.it