Sei sulla pagina 1di 20

La sfilata

Febbraio 2012 Quel giorno, si svegli con un senso di urgenza che non riusc subito a focalizzare. Sapeva di dover fare qualcosa, ma i fumi dell'alcol della sera prima, che gli annebbiavano ancora la vista, gli contorcevano in un inestricabile groviglio le sinapsi del cervello. Qualsiasi attivit richiedesse pi concentrazione dell'atto di respirare l'avrebbe senza dubbio umiliato, ko tecnico per manifesta inferiorit. Si sporse dal fianco del letto in preda ai conati, non vomit e questo non lo aiut a schiarirsi le idee. Piano piano, senza fretta, una leggera consapevolezza stava emergendo da quella fitta nebbia che erano i suoi pensieri; la sera prima...la sera prima cosa? Ah! S, la cosa...la sbornia, era stata voluta, premeditata. O no? Non ne era poi cos sicuro. Be', in quel momento non era sicuro nemmeno del suo stesso

nome se per questo. Ma se veramente aveva deciso di sbronzarsi, per quale motivo lo aveva fatto? Trovare una risposta a questa domanda richiedeva uno sforzo mentale che era molto al di sopra delle sue forze attuali, abbandon ogni velleit di ricordo e si concentr su quello che, al momento, riteneva fosse l'obiettivo primario: sopravvivere a quelle matasse di filo spinato che si agitavano, raschiavano e scavavano solchi all'interno del suo cranio. Certo che, ridursi cos, quale che ne fosse la ragione, era proprio da idioti, da coglioni. Coglione! Grid alla stanza vuota. Caff, una bella tazza di caff nero l'avrebbe aiutato. Si sedette sul bordo del letto e fece per alzarsi quando cominci la musica. Era un suono lontano che filtrava attraverso le imposte chiuse, ma in chiaro avvicinamento. Quei suoni ebbero l'effetto che nemmeno una dose di caffeina pura iniettata direttamente nelle vene avrebbe potuto avere. D'un tratto la nebbia si dissip, spazzata via da una scarica di adrenalina. Guard la sveglia: le 14 e 07. A quell'ora avrebbe gi dovuto essere...via. Stava partendo la sfilata, ed i carri allegorici sparavano musica distorta dai diffusori da due soldi di cui erano dotati. Oddio, non che avesse particolari fobie; poteva benissimo sopportare quelle canzoni orribili. Sopportava bene anche la vista di quella processione di Zorro, principesse, cowboy,

Winnie the Pooh e adolescenti travestiti da baldracche. Oh no, niente di tutto questo, ma il corteo carnevalesco, da cui si era sempre allontanato negli ultimi anni, portava con s il ricordo, La Colpa. Ma, soprattutto, la sfilata preannunciava una visita, e, questa, non era sicuro di poterla sopportare. Non un'altra volta. Questa notte, lo sapeva, sua figlia sarebbe venuta a trovarlo. Sua figlia, morta da quattro anni.

Quattro anni prima Dai pap, sbrigati che partono! Ma no, non oserebbero mai partire senza la fata Azzurrina. Turchina pap! Tuurchiinaaaa! Te l'ho gi spiegato almeno...dieci volte! Da dietro la porta della camera, Orlando, che doveva il nome alla smodata passione del padre per l'epica cavalleresca, non pot trattenere un sorriso. Era da giorni che cambiava il nome della fata per godersi l'espressione esasperata di finto rimprovero che, immancabilmente, compariva sul viso della bambina. Forza che si sta facendo tardi! E se poi non trovo pi posto? Ok, ok, arrivo. In ogni caso non ti devi preoccupare, manca ancora una mezzoretta. Hai capito, mia bella fata Azzur... Quando apr la porta per uscire dalla camera e si ritrov davanti Elisa, la figlia di sei anni, si blocc, spalancando gli occhi in un'esagerata dimostrazione di stupore. Elisa indossava il vestito da Fata Turchina, aveva visto il cartone animato Disney di Pinocchio due anni prima, e, da allora, a Carnevale, lei non si mascherava da Fata Turchina, lei era Fata Turchina. Era il classico costume azzurro, aderente fino alla vita da dove poi si allargava a formare una cupola il cui bordo merlettato, come colletto, polsini e girovita, arrivava a sfiorare il

merlettato, come colletto, polsini e girovita, arrivava a sfiorare il suolo. Un altrettanto comune cappello da fata, con tanto di stelline dorate e velo in tulle ancorato alla punta, completava il tutto. Ma, naturalmente, ad essere speciale ai suoi occhi, non era il costume ma la bambina che lo portava. Orlando si pieg fino ad avere gli occhi alla stessa altezza di quelli della figlia cercando di mantenere lo stupore in viso e continuando a fissarla. Elisa lo fissava a sua volta, sapeva che il padre si era accorto di quello che aveva fatto ed aspettava la sua reazione. Incorniciato da lisci capelli castani che arrivavano alle spalle, il viso di Elisa emanava un leggero luccichio azzurro all'altezza degli zigomi. Osservandolo attentamente il padre riconobbe il glitter; ma dove cavolo l'aveva scovato? E come se l'era appiccicato? Era convinto che in casa non fosse rimasto niente che appartenesse a Quella. Forse la figlia aveva un suo nascondiglio nel quale conservava piccoli oggetti che considerava il suo tesoro, avrebbe dovuto indagare in seguito con discrezione. Per il momento si limit a godersi lo spettacolo, quei brillantini rendevano, se possibile, ancora pi luminoso il volto della bambina. Mmm... Fece stringendo le labbra e aggrottando le sopracciglia. Elisa apr leggermente gli occhi con aria interrogativa, in attesa. Dopo qualche istante, allargando le braccia il padre disse: Sei la fata pi bellissimissima che abbia mai visto

Sei la fata pi bellissimissima che abbia mai visto La bambina sorrise e baci la guancia che le porgeva il padre, poi gli afferr la mano e cominci a tirarlo verso il cappotto appeso nell'armadio. Dai, andiamo! Voglio prendermi un bel posto sul carro della scuola. E se poi mi tocca stare in fondo dove non mi puoi vedere? Sbrigati dai! Ogni obiezione sarebbe stata inutile, cos come qualsiasi forma di resistenza, armata o pacifica che fosse; quando sua figlia partiva con quella determinazione non restava che rassegnarsi a seguire i suoi propositi. Indoss il cappotto e usc spronato dalla fatina. Stava cercando le chiavi nelle tasche quando squill il cellulare, sul display lampeggiava il nome dell'ultima persona con la quale avrebbe voluto parlare, Quella. Quella, era in realt il modo con cui lui si riferiva a Carla, la sua ormai ex moglie e madre di Elisa; a dir la verit madre non era il nome pi adatto a descrivere il ruolo che Quella aveva avuto nella vita di Elisa: incubatrice, incubatrice si adattava molto meglio. Si erano conosciuti otto anni prima e sposati sei mesi dopo: lei attratta dalla relativa agiatezza che sembrava poterle garantire, lui, con troppi ormoni liberi nel sangue, accecato dal corpo da sballo e dalle prestazioni che gli sapeva offrire in certe situazioni, non si accorse, e questo glielo riconosceva, di che ottima attrice sapesse essere. Elisa arriv poco dopo, e subito si dovette assumere un tata,

Carla non poteva allattare ( risaputo che allattamento e seno sodo alla fine non vanno d'accordo), aveva troppi appuntamenti dal massaggiatore e sedute in palestra (la pancia flaccida e qualche smagliatura post-parto la stavano facendo impazzire) per seguire la piccola frignona. Trascorsero tre anni e, nonostante il seno fosse sodo al punto giusto, il ventre tornato piatto, liscio e perfetto, le priorit della madre non cambiarono. Poi la crisi si fece sentire, non che fossero poveri, questo no, ma qualche taglio si doveva fare. A Carla non rimase altra scelta che guardarsi intorno (ma come poteva pretendere, suo marito, che rinunciasse alla consueta settimana al centro termale?!): non impieg molto tempo a trovare quello che cercava, e un giorno, semplicemente, spar dalla vita di Elisa ed Orlando. Con una telefonata, la sera in cui tornato a casa la trov ripulita di tutti gli effetti personali della moglie, Carla gli annunciava che, a pensarci bene, forse, quello che c'era stato fra loro non era vero amore, ma ora lei lo aveva trovato da un'altra parte. Arrivederci e grazie. I l vero amore, risult poi essere un settantottenne, con numerose imprese sparse per il mondo, che lasci la moglie per potersi godere in pace le grazie di Carla. A volerla vedere dal punto di vista della (ex) moglie la situazione non era male: poteva disporre di un conto a molti zeri in cambio di due/tre sedute mensili di massimo quindici minuti ciascuna nel letto del vecchio, un vero affare. Per Orlando, superare il momento fu molto pi semplice di

Per Orlando, superare il momento fu molto pi semplice di quanto si sarebbe aspettato, ed anche Elisa, dopo un iniziale periodo di disorientamento dovuto al fatto di non vedere pi in casa la donna che, le avevano spiegato, doveva chiamare mamma, ben presto se ne fece una ragione, l'affetto di cui aveva bisogno le era sempre arrivato da un genitore, non sarebbe cambiato molto. Da quando era sparita, Quella, si era fatta sentire pochissime volte e solamente per questioni legate al divorzio; be', un paio di volte, ad essere sinceri, aveva anche chiesto della bambina, la seconda subito prima di dichiararsi tanto buona da volergli lasciare la tutela della figlia di sua spontanea volont per non ingaggiare una lunga ed estenuante battaglia legale che avrebbe fatto solo del male ad Elisa, per lenire il dolore lei si sarebbe accontentata della casa in montagna. Quella-Quella-Quella... Sul display il nome lampeggiava, implacabile. Non aveva assolutamente voglia di rispondere, doveva trattarsi quasi sicuramente di qualche dettaglio riguardante la pratica di divorzio ormai in dirittura d'arrivo. Lei aveva avuto molta fretta di chiudere la pratica per poter regolarizzare la sua posizione con il vecchio, quella megera della ex moglie ed i due figli cercavano ogni espediente per fare in modo che Carla non avesse nemmeno una briciola della torta, ma, una volta chiusa la questione Orlando, sarebbero bastate due fedi e due firme in un registro comunale: e che sbraitassero pure quanto volevano.

Alla fine decise di rispondere, anche lui voleva togliersi quella puntina da disegno nella scarpa il prima possibile. Sorrise ad Elisa che lo fissava impaziente dal basso in alto, ma, visto anche il tono delle ultime telefonate, sapeva che la conversazione che ne sarebbe seguita non sarebbe stata adatta alle orecchie di una bambina. Ehi! Fatina, mi aspetti un momento in giardino? Io torno subito, e poi andiamo di corsa. Ok? Ma pap! Uffa! Poi devo stare dietro, se trovo ancora posto! Devo rispondere, ma massimo cinque minuti e sono da te. Vedrai che troverai il posto migliore. una promessa, e sai che la mie promesse sono come quelle dei boy scout, ti puoi fidare Promessa? Promessa solenne Ma fai presto, va bene? Volo, fatina Rientr in casa, fece l'occhiolino e sorrise alla figlia in quella che fu l'ultima volta in cui la vedeva viva, poi si richiuse la porta alle spalle mentre rispondeva al cellulare. Non avrebbe saputo dire se fossero o meno trascorsi i cinque minuti, quando ud un gran fragore provenire dall'esterno, seguito dal ruggito di un motore di grossa cilindrata troppo su di giri che si interruppe nel momento in cui qualcosa di molto grosso colpiva il muro che dava sul giardino, facendo tremare il

pavimento. Orlando si guard in torno cercando di capire cosa fosse successo, poi realizz. Lasciando cadere il telefono si precipit verso la porta con il cuore che gli martellava nel petto e l'apr; la prima cosa che vide fu lo squarcio nella recinzione che divideva il giardino dalla strada, ma a terrorizzalo no fu quello che vide ma chi non riusciva a vedere: Elisa, non vedeva Elisa. ELISA! ELISAA!! Gridando il nome della figlia si spost per poter vedere la parte di giardino che gli era preclusa alla vista; un grosso SUV si era schiantato contro la casa, pezzi di recinzione erano sparsi per il giardino solcato dalle due scie lasciate dagli pneumatici, ma non riusciva a vedere dove si trovasse la bambina. Poi, parzialmente coperto dalla mole dell'auto, individu un lembo di tessuto azzurro addossato al muretto di confine. In preda ad un'immensa angoscia, chiamando la figlia e pregando allo stesso tempo, si diresse da quella parte, Elisa non rispondeva, era adagiata sull'erba e sembrava svenuta. Le si avvicin in preda a nausea e vertigini. Elisa...piccola, mi senti?...Oh Dio...Elisa, tesoro...oh mio Dio! Fa' che non.. Inginocchiato, ora, chiamava la bimba tenendole il viso fra le mani, poi, infilatole un braccio sotto le spalle, le sollev leggermente il busto...qualcosa non andava...c'era qualcosa di tremendamente storto in lei...il capo le si inclin in un'angolatura innaturale...troppo, troppo innaturale.

innaturale...troppo, troppo innaturale. NOOO!! La vista gli si offusc, poi il buio ebbe piet di lui, e, almeno per un po', le tenebre lo presero e lo portarono con s. Al dolore, con il tempo, si affianc il senso di colpa; il fatto che l'autopsia al conducente del SUV (un paletto della recinzione aveva sfondato il parabrezza e lo aveva trafitto come una lancia) avesse riscontrato nel sangue un mix di sostanze stupefacenti, gli fece provare solo una grande rabbia, ma non serv a far diminuire in lui il senso di colpa: perch ha risposto al telefono? Perch ha lasciato Elisa da sola in giardino? Se non avesse risposto a quella maledetta telefonata, se fossero partiti due minuti prima, se fosse rimasto lui in giardino ed avesse fatto entrare sua figlia, se...se... Ma i se non avrebbero cambiato le cose, lei aveva solo sei anni ed aveva tutta la vita davanti, ora era morta, ed era stata solo colpa sua. Dolore e senso di colpa divennero i suoi nuovi, e fedeli, compagni di vita; non c'era luogo abbastanza lontano in cui rifugiarsi, loro erano sempre l, annidati in qualche angolo, pronti a tenergli compagnia nei momenti pi cupi. L'animo umano, a volte, trova forze e risorse inaspettate, in grado di farti superare anche i periodi pi duri, e cos, sebbene non l'avesse ritenuto possibile, Orlando riusc ad andare avanti, finch, l'anno seguente, arriv nuovamente il giorno della sfilata di Carnevale. Non poteva rimanere, il percorso prevedeva che i carri

Non poteva rimanere, il percorso prevedeva che i carri passassero proprio davanti a casa, e sarebbe stato troppo; i bambini in maschera, i carri, tutto gli avrebbe ricordato...no...non lo avrebbe retto. Decise che quel giorno si sarebbe allontanato, non importava dove, sarebbe tornato la sera, quando tutto fosse finito. Ma, naturalmente, non sarebbe stato cos semplice, quella stessa notte, avrebbe ricevuto la prima visita di Elisa. Torn a casa che era buio, se l'essersi allontanato l'avesse aiutato o meno, be', non l'avrebbe saputo dire, poteva, per, affermare con certezza che non era stata una delle sue giornate migliori; per quanto cercasse di distrarsi, il pensiero andava sempre a quel giorno, a cosa poteva essere e che invece non sar. Era andato a letto piuttosto tardi e fatic ad ad addormentarsi, stava sognando, e sognava di essere proprio l, a letto nella sua camera. Pap... La voce lo fece sussultare sul letto, era sdraiato sul fianco, e il suono sembrava provenire da qualche punto alle sue spalle. Pap, perch? Gli occhi sbarrati ed il respiro che si fece affannoso, Orlando si ripeteva che quello era un sogno, doveva essere un sogno, ma quella voce... era di una bambina, no, non di una, era della sua bambina, e sembrava cos reale... Pap...

Il corpo era come paralizzato, ma la mente era un galoppo sfrenato; immaginava la figlia con l'abito a brandelli e sporco di terra, il viso con la pelle cadente e con squarci che lasciavano intravvedere le ossa, le orbite vuote brulicanti di larve. Ma era solo un sogno, si ripeteva, e se anche non lo fosse stato era solo un brutto scherzo della sua mente messa sotto pressione per quella giornata particolare, lui, era nella vita reale, non era il protagonista di un romanzo di King in cui la gente torna cos, come niente fosse. Mi devo girare, pens, naturalmente non vedr nessuno (perch mica le persone tornano cos, come niente fosse) e potr continuare a dormire. Si fece coraggio e, lentamente, si volt dall'altra parte. Lei era l, illuminata dal tenue chiarore verde del display sulla sveglia. Indossava il costume da fata Turchina che indossava quel giorno, il viso era intatto, nessuno squarcio e niente larve, se ne stava in piedi e lo guardava. La vedeva indistinta, come attraverso un velo e sul viso aveva un'espressione di...tristezza? Delusione? Probabilmente erano entrambe la cose. Pap, perch non c'eri? Orlando, ora appoggiato ad un gomito, fissava la figura, incapace di qualsiasi reazione, anche il galoppo sfrenato della mente era scomparso per lasciare il posto al vuoto assoluto. Poi, niente, il nulla, si svegli alle 9 e 30, in un vago stato confusionale. Ricordava vividamente il sogno, anche troppo, non nel modo confuso e frammentario con cui si ricordano sempre i sogni, ma come ci si ricorda di qualcosa che si vive quando si

ben svegli, era stato veramente un sogno? Ricordava ogni pi piccolo particolare, ma la ragione gli diceva che sicuramente aveva sognato; forse. Superato il primo momento di shock post-risveglio, pens alle parole: perch, perch non c'eri? (Perch ho risposto alla telefonata di Quella, perch avevo fretta di liberami delle mie piccole seccature...?) Ma non si trattava di una domanda, ma di un'accusa precisa: tu non c'eri, mi hai abbandonata e guarda cosa successo. Cos il senso di colpa pass allo stadio pi evoluto e divenne La Colpa, un orribile demone annidato nel petto, in perenne movimento con un continuo raschiare, scavare, come per aprirsi la strada verso l'esterno. Niente scuse, nessuna giustificazione, il colpevole lui, cos deciso, l'udienza tolta. Con il tempo, Orlando, pur dovendo sempre convivere con La Colpa, cerc di convincersi che la visione altro non era che un brutto scherzo della mente sotto pressione per quello che quel giorno gli ricordava, solo che, sua figlia (perch pap?...perch non c'eri?), torn l'anno dopo e quello dopo ancora, sempre il giorno della sfilata, che lui sistematicamente evitava. Il terzo anno, aveva cercato in ogni modo di restare sveglio, ed era praticamente certo di esserci riuscito, ma lei gli fece visita, e la mattina si risvegli. Per risvegliarsi bisognava, per, essersi addormentati prima, non riusciva a spiegarselo, in quelle notti sonno e veglia gli risultavano indistinguibili. Ormai non poteva pi pensare a scherzi da stress o coincidenze, il sogno (La Colpa)

pensare a scherzi da stress o coincidenze, il sogno (La Colpa) sarebbe tornato.

Febbraio 2012 La sbronza, ora s, lo ricordava, se l'era cercata. Sapeva cosa lo aspettava e, per la prima volta, si era lasciato andare; anzi, forse aveva addirittura cercato di ammazzarsi a bicchierini, ma l'unico risultato ottenuto fu l'essersi svegliato tardi e con un gran mal di testa. Ora era in trappola, come un topo stretto all'angolo da un grosso gatto affamato, il serpentone di carri era ormai sotto casa con tutto il suo seguito di principesse, supereroi, piccoli punk dalle creste colorate e...fate turchine. Stava valutando l'opzione di rimanere barricato in casa, ma era la cosa giusta? La musica, i rumori e le risate dei bambini sarebbero stati fin troppo vicini, e, sentire senza vedere, avrebbe lasciato campo libero alla sua fantasia, che avrebbe ricamato chiss quali incubi. Decise di uscire. Evitare la sfilata, si disse, non era servito a molto fino ad ora, doveva affrontare i suoi fantasmi, una terapia d'urto per esorcizzarli. E poi, per quanto difficile da sopportare potesse essere il ricordo che gli evocava la sfilata, non sarebbe stato nulla in confronto a quello che lo aspettava quella notte (pap perch?...perch non c'eri?). Indoss la prima cosa che trov e scese in strada mentre sopraggiungeva la testa del corteo. Dopo un primo momento di ansia, Orlando cominci a rilassarsi, i bambini e gli adulti nei loro costumi, i carri allegorici e tutto il resto non gli fecero l'effetto che sempre si era immaginato potessero avere su di lui ricordandogli le circostanze

potessero avere su di lui ricordandogli le circostanze dell'incidente. Il carro dedicato a Bacco con il suo carico di ragazzotti gi brilli, quello a tema fantasy con tanto di cavaliere intento ad affrontare un drago gigantesco, il seguito di infinite variet di maschere, fra le quali anche qualche fata, non lo precipitarono nello sconforto. Per tutto quel tempo aveva combattuto contro i mulini a vento come un novello Don Chisciotte, almeno per quel che riguardava questo lato della faccenda. Il serpentone gli sfilava lentamente davanti, e, per un paio di volte, arriv persino a sorridere. Stava passando il carro della scuola materna dedicato a Nemo, il pesciolino della Disney, con il suo carico di pesci multicolori e coralli della barriera corallina, quando not, una figura che nulla aveva a che vedere con il tema del carro. In un punto leggermente pi elevato rispetto al pianale che ospitava il resto dei bambini, spiccava una bambina, che in quel momento gli dava le spalle, con un costume azzurro da fata. Aveva gi visto altre fate quel giorno, ma quella...no, non poteva essere. La bambina si gir ed Orlando ebbe un tuffo al cuore, sebbene la vedesse leggermente sfocata (come attraverso un velo), riconobbe con certezza Elisa. Incapace di formulare qualsiasi pensiero, Orlando fissava la piccola figura che se ne stava ferma scrutando tra la folla, fino a quando i loro sguardi si incrociarono. Ora mi punter contro il dito accusatore, pens, e grider: "Eccolo, guardatelo tutti! Mi ha abbandonata, ora sono morta! Ed solo colpa sua!".

morta! Ed solo colpa sua!". Cos tutti sapranno. Naturalmente era un pensiero assurdo, se rendeva conto, ma avrebbe dovuto essere assai improbabile anche la presenza di una bambina morta quattro anni prima sul carro di Nemo, eppure lui la vedeva. Ormai aveva ben poche certezze. Dopo un momento, per, invece di puntare l'indice, Elisa sorrise, un bellissimo sorriso, che sembr illuminarle il viso. Orlando non riusciva a muoversi in preda ad un turbinio di emozioni: shock, incredulit, paura e sollievo allo stesso tempo, continu a fissarla fino a quando il carro non scomparve dietro la curva. Ora Orlando non sapeva pi cosa pensare, il sorriso che aveva visto sul volto di Elisa lo aveva completamente disorientato, ma aveva veramente sorriso? E soprattutto, aveva veramente visto sua figlia? Fino ad ora si era sempre mostrata di notte, ma di notte, si sa, la mente pu fare brutti scherzi. I problemi, di notte, sono sempre ingigantiti, insormontabili, qualche sogno si pu confondere con la realt, e poi si sono gli incubi. Ma qui si parla di una visione in pieno giorno, alla luce del sole; o stava impazzendo, oppure la realt non era come ce l'avevano sempre raccontata. La notte si avvicinava e Orlando ora quasi si augurava (gli aveva sorriso?) di ricevere la visita di cui aveva avuto il terrore gli anni precedenti, e non rimase deluso.

Quella notte puntualmente la bambina si present (Orlando non si chiedeva pi se fosse sveglio o se stesse dormendo le due cose erano indistinguibili) e questa volta era diversa, il velo che la offuscava le altre volte si era alzato, Elisa gli apparve in tutto il suo splendore; e sorrideva, sorrideva con il volto illuminato ancora dal glitter azzurro che tanto le donava. Grazie pap, grazie per essere venuto a vedermi Orlando sent tutto il peso dell'angoscia provata in quegli anni sollevarsi e, finalmente, liberarlo. Pap, ero bella? Per la prima volta il padre riusc a parlarle: Sei la fata pi bellissimissima che abbia mai visto. Il mattino seguente Orlando pianse. Pianse di sollievo. Elisa non lo accusava di niente, voleva solo che il suo pap vedesse quanto era bella. Non se ne accorse, ma quando scost le coperte per alzarsi, qualche brillantino azzurro luccic nell'aria. FINE

Potrebbero piacerti anche