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LUNITARIA FATTUALIT DELLINFORMALE DEGREGORIANO

di Filippo Gentili

Nota Preliminare Dopo un introduzione biografica, accompagnata dalla contestualizzazione storico-artistica, verr ripercorsa levoluzione concettuale cui fu soggetta larte di Giuseppe De Gregorio attraverso (e con il contributo di) fonti e riferimenti ad opere e produzioni altre, mettendo in evidenza il comune denominatore logico che rende la produzione dello spoletino tanto unitaria quanto, al tempo stesso, fattuale. Seguir, infine, una critica della sua produzione in toto volta a metterne in risalto questa fattualit (elemento antinomico, in De Gregorio, allindubbia impronta informale), giustificandola. Si tratta di un percorso legittimo come tanti altri, non tanto per le tappe in s, che rappresentano nuclei concettuali rilevanti in ristretta misura, quanto per la modalit con cui verr approcciato il viaggio, estranea a tecnicismi retorici ed esoteriche (intendi nel senso etimologico di Riservato a pochi in grado di comprendere -dal greco esoteros-) interpretazioni di sorta, orientata invece alla snellezza cognitiva e sintattica. N.B.: carattere: Times New Roman / dimensioni carattere: 11. Elaborato Nel 1940 lo scrittore Cesare Pavese annotava nel suo diario: Finch ci sar qualcuno odiato, sconosciuto, ignorato, nella vita ci sar sempre qualcosa da fare: avvicinare costui. Avviciniamoci dunque a Giuseppe De Gregorio. Non un caso che venga citato proprio Pavese, sia perch laforisma , per cos dire, adatto ad introdurre una produzione quale un saggio breve, sia e soprattutto perch lo stile del suddetto emblematico dellaria culturale che si respirava in tutti i campi artistico-letterari degli anni appena precedenti alla Seconda Guerra Mondiale (che necessario conoscere per comprendere anche il contesto in cui lavorer de Gregorio): aria satura dun formalismo che si potrebbe definire tecnocentrico, nel senso che la tecnica, o meglio la ricerca continua duna sua innovazione manieristica, a essere principale oggetto e veicolo di riflessione. Si avvertiva, infatti, gi dai primi anni del secolo, a causa del clima storico pervaso dalla corrente positivistica commistionata alle nuove scoperte psicoanalitiche e alla tensione socio-politica che si andava creando nella vecchia Europa sullorlo della Prima Guerra Mondiale, lesigenza di rompere con le tecniche tradizionali, ritenute espressione di un apparato socio-culturale obsoleto e dunque non pi adatte a rappresentare efficacemente la realt del tempo. La prima produzione di Pavese (1924 1942) un valido esempio letterario di questa tendenza, mutuata, nel suo caso, dal pensiero estetico di Benedetto Croce e specialmente dallinfluenza culturale americana marcata Walt Whitman. Afferma infatti lo scrittore: La prova dell'essenziale composizione a freddo lo stile, lucido, vitreo, anche se ogni tanto si colora di passionali scatti. Sono calcoli, ragionati, anche questi [Cesare Pavese Il mestiere di vivere, 1936 pag. 58]. In Arte presente, nelle principali avanguardie quali Surrealismo, Cubismo, Futurismo etc., lo stesso tentativo di colorare con passionali scatti lo stile accademico, reinterpretando e rivoluzionando a piacimento i dettami canonici dellarte. Tutte le avanguardie passano per la stessa via; in nome della rottura innovativa e di finalit proprie (ad esempio, nel caso del Futurismo la rappresentazione del movimento) indirizzano la propria riflessione su un elemento figurativo che mai prima era stato concepito come rinnovabile: la forma, che piegano e modellano in base alle loro esigenze (ed ecco perch sopra si parla di formalismo). Ma ancora non riescono a separarsene completamente: prendendo ancora ad esempio il movimento futurista, come fa notare il critico darte Massimo Duranti nel suo Tradizione e attualit della non figurazione - Umbria, anni quaranta ottanta, Presentazione, 1988 il dinamismo, la velocit, la sintesi, non astraggono per sempre dalloggetto, ne combinano semmai la funzione e il rapporto con

lambiente. Si era, dunque, ancora nellambito della forma. con il pittore russo Vasilij Kandinskij, padre fondatore della corrente avanguardistica dellastrattismo, che troviamo il primo esempio di rinuncia totale ad una forma reale. Nel 1910 dipinge, infatti, il primo acquarello in forma totalmente non oggettiva basandosi sulle riflessioni teoriche di Wilhelm Worringer, autore, nel 1908, di un saggio Astrazione ed empiet, in cui esplicitava la necessit di creare una sorta di nuova realt [Massimo Duranti, op. cit., pag. 1] basata sulla spiritualit lirica dellartista, che lesplicita sulle tele per mezzo di veicoli tecnici espressivi del tutto inediti, quali forme, linee e colori del tutto funzionali alla suddetta lirizzazione di una realt non pi oggettuale (e temporale), ma puramente soggettiva, come dice Argan determinazione e designazione di una condizione della coscienza. Questa esperienza artistica, sebbene sia doveroso sottolineare che abbia avuto seguito in determinati ambienti europei e doltreoceano, non viene tuttavia approfondita, poich eventi storici quali le due guerre mondiali e lavvento dei totalitarismi spinsero le meditazioni artistiche verso altri ambiti. nel Secondo Dopoguerra che lopera di Kandinskij viene ripresa e rielaborata in virt delle nuove esigenze etico-morali che attanagliavano gli animi degli artisti del periodo; vera infatti, come viene giustamente sottolineato nella Nuova Enciclopedia dellArte Garzanti, Autori Vari, 1986 un clima di profonda sfiducia nei valori conoscitivi e razionali seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Non pi alienazione dalla realt come negli anni del Primo Dopoguerra, ma indagine su una razionalit vista con sdegno e rimorsi e percepita come fautrice dei disastri storici. Ecco dunque che, a partire dagli ultimi anni 40, nasce lInformale, corrente artistica che, riprendendo alcuni topoi tematici, oltre che del suddetto astrattismo, del surrealismo, dellespressionismo e del dadaismo, si approccia alla realizzazione dellopera con un linguaggio innovativo, consistente nel rifiuto di qualsiasi tipo di costrizione formale, nellespressione dellistinto lirico attraverso la potenza emotiva del colore e della materia, non pi solo supporto fisico, ma vero e proprio protagonista, nella rappresentazione delle pulsioni dellinconscio, nella valorizzazione del gesto pittorico (che trova la sua massima espressione nell Action Painting dello statunitense Pollock ed in questo senso doveroso sottolineare che linformale non fu un movimento artistico omogeno, ma soggetto alle pi svariate interpretazioni e tendenze-), inteso anchesso come contenuto dellopera stessa, nellapproccio critico con la realt propria, e storica, e filosofica. A proposito di questa tensione allanalisi del reale attraverso nuovi mezzi razionali e tecnici degli esponenti dellinformale dir infatti Adolph Gottlieb, action painter egli stesso: Oggi che le nostre aspirazioni sono ridotte al tentativo disperato di sfuggire al Male e che i tempi sono disordinati, le nostre immagini ossessive, sotterrane e pittografiche sono lespressione della nevrosi della nostra realt. Secondo me, quella che chiamano astrazione non affatto astrazione, realismo del nostro tempo. Questo nuovo linguaggio, affermatosi, a partire, come detto, dagli ultimi anni 40 in America ed in Francia, prende piede, di l a poco, anche in Italia. Gli approcci sono molteplici: si pu citare, ad esempio, lespressivit materica di Alberto Burri o quella plastica di Leoncillo Leonardi. proprio in questo contesto cos ricco di sfumature che comincia ad emergere la figura di un pittore spoletino quarantenne che diverr uno dei pi importanti interpreti dellinformale in Italia: Giuseppe De Gregorio. Nasce a Spoleto l11 Agosto del 1920, figlio di madre spoletina e padre siciliano. Il nonno era stato insegnante di pittura allaccademia di Catania. Lamore per la pittura, nonostante avesse intrapreso un percorso scolastico daltro tipo, lo porta a formarsi autodidatticamente: la prima fase post-cubista, incentrata sullo studio dellanalisi dei piani, ma, visto il fervore culturale che si respirava a Spoleto nei primi anni 50, culminato nel 53 con la creazione del prestigioso premio Spoleto (manifestazione darte contemporanea, basata su premi e riconoscimenti per gli artisti emergenti, cos rilevante da annoverare tra i suoi giudici, nel corso degli anni, critici darte del calibro di Arcangeli, Calvesi e Briganti, che saranno, tra laltro, tra i sostenitori dellopera degregoriana) si avvicina allinformale, entrando in contatto con altre figure emergenti del panorama artistico spoletino (Bruno Toscano, Piero Raspi, Filippo Marignoli e Giannetto Orsini) che formeranno, con lui, il noto Gruppo Spoleto, espressione di quella costola dellinformale che verr nominata da Arcangeli Ultimo Naturalismo. I primi a segnalarne il talento sono proprio noti artisti informali del tempo, come il suddetto Leonardi e naturalisti quali il bolognese Melli e Mafai. Grazie allaiuto Arcangeli e Calvesi, a partire dalla seconda met degli anni 50 inizia ad esporre nelle principali citt italiane, entrando a far parte, tra laltro, del novero di nomi della celebre galleria romana

LAttico di Bruno Sargentini. Il periodo degli anni 50 molto prolifico; a testimoniare ci la sua partecipazione, tra le varie mostre, alla VII quadriennale di Roma (parteciper poi allVIII, IX, XIII e XV edizione). La sua fama si stabilizza negli anni 60, tant che nel 64 viene invitato anche a partecipare alla XXXII biennale di Venezia. Sono questi, inoltre, gli anni, grazie alla sponsorizzazione della biennale, delle prime mostre estere (Egitto, Spagna). Negli anni settanta il suo nome ormai noto anche oltreoceano; nel 74 esce il primo lavoro monografico su di lui firmato da Giovanni Carandente; nel 78 Giancarlo Menotti gli affida il prestigiosissimo incarico di realizzare il manifesto ufficiale del festival. Nel frattempo la sua produzione continua, non influenzata da mode ed esigenze altre, ma solo dalla propria evoluzione introspettiva. Agli anni 70 risale anche lallestimento della sua mostra alla galleria milanese Diarcon ed il trasferimento a Firenze, citt in cui rimarr fino al 97, anno in cui torner alla sua Spoleto, probabilmente insoddisfatto dallesperienza nella capitale medicea, patria di un classicismo troppo lontano dalle ispirazioni umbre. Muore a Spoleto nel 2007. Di De Gregorio si detto e scritto di tutto. E da questo tutto emerge il profilo di un pittore che, nonostante (naturali) cambiamenti tecnico-stilistici di una carriera ultra-cinquantennale, ha mantenuto intatti i capisaldi del proprio sistema iconologico, cosicch, oggi, la sua opera pu essere interpretata quasi come una sorta di filosofia degregoriana o, ancora meglio, di sistema degregoriano. Lo scopo della sua pittura lo esplica egli stesso: Io voglio raccontare nei miei quadri il legame di necessit che mi unisce agli oggetti e cogliere la vita che c in essi; che io dipinga un granchio o un albero o un insetto o un fossile non ha molta importanza: limportante vedere come la natura sia in sostanza identica a s stessa; la forma stessa non cambia, a ben guardare; un granchio morto sulla spiaggia pu somigliare alle radici di un albero. evidente dunque la profonda unit delle cose, la stessa vita che si sottende ad esse e che si esprime in una sottile unit formale. Non parlo qui certo della natura come vasto orizzonte, ma di quei particolari di essa cui locchio si deve applicare come lente dingrandimento per coglierne tutto il fascino vitale [Giuseppe De Gregorio]. evidente come da queste parole emergano le tre volont principali dellartista: rappresentare lessenza vitalistica della natura, farlo con sottile unit formale, prestando particolare attenzione ai particolari che sono eccezionale ingranaggio di quel vasto orizzonte che la natura. Una concezione vitalistico-meccanicistica molto profonda che evidenzia una forte attenzione alla rappresentazione di un reale si lirico, ma al tempo stesso oggettivo, fattuale (appunto). Una lettura chiara e puntuale di questa tendenza la d lo storico darte Marco Valsecchi nella Presentazione della personale di De Gregorio al Milione di Milano ed alla Liguria di Roma: Nella pittura di De Gregorio avviene invece un pi gonfio confluire di coscienza e di immaginazione, di percepito e di liricamente intuito, con una densit di scambi e unimmediatezza di allusioni da rendere le sue immagini come nuove folgoranti rivelazioni delloggettivit reale e della personalit che questa oggettivit esperimenta, non solo, ma domina liricamente e la immette, come immagine, nellessenza comune. Al di l delleloquio forbito il concetto chiaro: il lirismo e loggettivit della rappresentazione sono al centro delle rappresentazioni, pi dei soggetti, pi della tecnica, pi del messaggio. Ed strano che un artista che, come fa giustamente notare Caradente, savvi alla pittura nel pi ortodosso clima informale degli anni 50 possa aver sviluppato una simile concezione rappresentativa. Ci chiarisce le idee, in questo senso, Maurizio Calvesi, il quale scriveva in un catalogo di opere di De Gregorio datato 1957: Anche questo [linnovativo utilizzo di cuciture nelle opere Natura Morta, 1957 e Cardi Secchi, 1957, elementi in grado di rendere la composizione vibrante] sta a dimostrare, con la perizia del suo mestiere, lintelligenza fedele e precisa che De Gregorio ha del suo problema espressivo; , in qualche modo, una sua consapevole resistenza alla moda dellinformale, che si documenta appunto nel selezionare e far propri, della concezione informale, non i modi pi pericolosamente evasivi dellimmagine, ma alcuni suggerimenti utili alla sensibilizzazione dello strumento pittorico, approfondendo per suo conto il problema di un possibile stretto rapporto materia-immagine, e rispettando nella materia un mezzo espressivo, non surrogato, ma integrato nellimmagine. Infatti questa sua originale interpretazione dellinformale lo porter presto a discostarsi dagli altri quattro esponenti del Gruppo Spoleto. Quellevasione dellimmagine tipica dellinformale attir i suoi compagni,

mentre De Gregorio persegu il suo lavoro, che si potrebbe definire (forse banalizzando un po troppo) certosino, dinterpretazione lirica del reale. Prima di parlare delle tecniche utilizzate dal pittore per trasmettere questa sua interpretazione bene approcciarsi un momento a quella che la sua prima fase post-cubista: il fatto che, come sottolinea Bruno Toscano, suo amico oltre che collega, egli inizialmente identifichi il cubismo come arte moderna tout-court, rende chiaro il perch del suo successivo avvicinamento allinformale ed alla natura: lesigenza delloggettivo necessitava di un veicolo maggiormente stimolante, rappresentato a quel tempo dallinformale. Non perse mai tuttavia la suddetta convinzione, tant che sia nella vivacit di opere degli anni neonaturalisti quali Nature Morte varie o le emblematiche Olivi piegati al vento, 1957 e Cozze sugli scogli 1958 De Gregorio costruisce lopera con impasti di tendenti al monocromo e simmetrie di fasce colorate, espedienti compositivi di sapore chiaramente cubista che si andranno intensificando nella sua terza fase post-neonaturalista arriver ad aggiungere al materiale utilizzato ferri. Il materiale fondamentale in De Gregorio, cos come il colore, perch entrambi si ricollegano alla sua terra dorigine, ovvero lUmbria, che amava moltissimo e che fu per lui fonte estrema di aspirazione, essendo luogo per tradizione naturale. Non solo per la natura fisica, ma anche quella artistica presente nel territorio centro-italiano. Si pensi ad esempio alla moltitudine di pievi, chiese romaniche e rappresentazioni religiose si trovano immerse nel verde umbro. Questarte legata a doppio filo con il paesaggio, in un tuttuno inscindibile per valenza storica e, per cos dire, idiomatica. De Gregorio, fin dagli anni dellavvicinamento allinformale, coglie appieno questa potenzialit evocativa della natura umbra, sfruttandola appieno nei suoi dipinti: cos come un granchio morto sulla spiaggia pu somigliare ad un albero cos anche una pieve tra i boschi, accanto ad un ruscello pu sembrare una caverna, una caverna intima e sicura, dove riscoprire il proprio io attraverso la presa di coscienza delloggettivit della natura in quanto parte integrante della vita; oggettivit comunicata attraverso lutilizzo di materiali quali legno, terriccio, pietra e talora erba (ad es. ne Il santo sepolcro, 2000). Ovviamente la natura non sempre benigna, o meglio, bella, non c traccia di quel sublime di gusto tipicamente postmoderno di Burri (secondo la concezione di Gianni Vattimo, articolo: http://giannivattimo.blogspot.it/2011/09/due-interventi-per-ildibattito-su.html ), oggettiva, specchio di un sentimento e al tempo stesso delloggettivazione di quel sentimento trasposto nella natura, che acquista cos vita. Scrive nel 1960 Enrico Crispolti: Ed ecco che De Gregorio propone ora pi chiaramente limmagine [] lirica dun Umbria arcaica, arroccata e montagnosa, verde fra il grigio variegato delle sue pietre, ricca di linfe [quanto] di veleni, difficile e ostile, quasi ascetica, eppure infine decisamente avvincente ed umana; per De Gregorio unintensa ed appassionata avventura quotidiana. E gli fa eco, nell 88, Mariano Apa: La variet nellunit la libert di una coscienza che sente nella emozione della vita la leggerezza della Storia, vissuta come ricordo e come poesia dellincontro di uomini con uomini. Cos come lemozione del vivere la Natura ritrovata nellottica e percepita condizione di un erotismo che piacere della pittura. La pittura che salvezza della memoria, il corpo caldo con cui stringere i sapori e la verit di una terra lUmbria che il portone romanico, segno di una epica religiosit ormai scomparsa. [] Nella scontrosa e burbera solitudine di De Gregorio, vive e rivive una nostalgia e un desiderio. Che la pittura sia emozione della Storia e della Natura [] che si incrociano e si danno incontro, qui, nel luogo dello spazio-tempo operato dalla pittura. Pittura come corpo unificante di astrazione e concretezza, di Natura e Storia, come voce che canta lantico e il futuro. Cos scriveva nell articolo Memoria di Natura e racconto di Storia. Anche negli anni 80 non snatura questa sua tendenza, anzi, come sottolinea Giovani Carandente nel 74: nellultimo decennio, Giuseppe De Gregorio andato maggiormente scavando dentro quella che egli chiama la vita che nelle cose. Ecco dunque che si comincia davvero a notare lunitariet dellopera degregoriana: si era proposto da giovane questi (definiamoli cos, in tutta la pochezza di tale vocabolo) obiettivi noumenici, non li perde mai di vista. Ritornano sempre, come pu ritornare sempre una ben pi banale e fenomenica iconografia, qual nella sua opera quella marittima (granchi cozze scogli conchiglie crostacei vari pesci: un flusso di -incoscienza perfettamente inserito nel sistema naturalistico degregoriano).

E ora si percepisce pure la fattualit: questa continua, puntuale sensibilit espressiva autonoma formalizzata in ogni suo aspetto che consente allo spettatore un esercizio che va oltre linterpretazione: la comprensione pura di qualcosa che, informale a parole, oggettivo nel fatto. Chiarisce bene questo passaggio, fulcro del sistema degregoriano, sempre Carandente: Nel frattempo che tante altre storie sono trascorse nel corpo vivo della pittura, egli si ritrovato sulla sua traiettoria senza sobbalzi: forse con qualche inevitabile aggiornamento. probabile infatti che sia andato meditando tra vicende europee e americane sul gesto, sullAction Painting, sul Dripping: poi sul cosiddetto recupero di unoggettivit della rappresentazione. Ma non mai stato costretto a fare salti di comodo, bastandogli di rimanere in quellubi consistam nel quale si era sistemato felicemente fin con le prime opere. cos rimasto il pittore del dettaglio di una visione naturale ripresa attraverso la vitalit [] E ne evidenzia anche lunitariet: Poich dellinformale De Gregorio aveva gi colto in partenza questo dato costruttivo, non vi stata alcuna crisi tra lopera giovanile e quella odierna della maturit. come se lartista avesse mantenuto fede, ventanni dopo alle stesse promesse della sua ricerca. L unitaria fattualit dellinformale degregoriano, dunque; un gioco di parole ironico, ironia che descrive bene la lirica di un artista che ironico non era, anzi, che con la sua sincerit e il suo genio innato, con il suo rigore espressivo e con il suo struggente pathos emotivo riuscito ad entrare, a buon diritto, nel novero dei grandi artisti italiani del 900. Bibliografia non citata nel testo Lattico 1957 1987 (catalogo), Autori Vari, Arnoldo Mondadori Editore I luoghi dellarte, 6, Bora Riccardori Negri Nova, Electa Bruno Mondadori editore

NOTA: Saggio vincitore del primo premio (750 euro) del Primo concorso dapres De Gregorio con menzione speciale della giuria.

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