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Pensare lEuropa

20 aprile 2006, di Mario Tronti

Non possiamo dire Die Konstitution oder Europe, come Novalis diceva Die Christenheit oder Europe. E se non possiamo dire questo, siamo gi al di sotto del problema. Oder, come ovvero, cio, non qualcosa che contraddice, ma che dice diversamente. Non sar questa Costituzione a fare lEuropa, ma pu una Costituzione fare Europa? Ecco il tema che mi pare di dover premettere a questa piccola raccolta di saggi, prevalentemente giuridici, che a loro volta introducono la lettura del testo di Trattato costituzionale, mentre i capi di Stato lo firmano e i cittadini comuni lo ignorano. Assumo quindi la dimensione geofilosofica del problema Europa: aspetto non nuovo, che ha trovato elaborazione in raffinati contributi, sia in Italia, da Cacciari a De Giovanni, sia fuori, da Habermas a Balibar, per non citare che i primi nomi che vengono in mente. Nella dimensione geofilosofica introduco per delle forzature politiche, come credo sia necessario fare su un tema come questo: che non un tema di storia del pensiero, n solo di storia delle istituzioni. Qui abbiamo a che fare con un passaggio che non ha nulla di epocale, ha molto di congiunturale, e tuttavia indica, o pu indicare, una ridislocazione di quelle che una volta si dicevano le zone di influenza nella politica internazionale. LEuropa di oggi pu giocare un ruolo strategico nella lettura politica di quel fenomeno, soprattutto economico-finanziario, che lattuale fase di globalizzazione capitalistica. Ecco perch sullEuropa c da spendere un pensiero forte. C da spostare al tempo stesso lasse del ragionamento e dellintervento, la logica delle cose da pensare e la pratica delle cose da fare. Verrebbe da dire con una frase fatta che lEuropa cosa troppo seria per lasciarla fare al presente miserabilismo delle classi politiche europee. Bisogna tornare a riflettere sullidea dEuropa. Se questa modesta proposta di Trattato offre loccasione per farlo, ben venga. Sappiamo bene che dalla contingenza che viene spesso la ragione necessaria della decisione. Ma a chi spetta la decisione di fare Europa? E qui che si colloca infatti il punto di maggiore difficolt. Il progetto di Europa politica sta dentro un processo di generale spoliticizzazione. E arduo proporsi di costruire comunit politica mentre si vive e si esercita crisi della politica. I grandi costituenti europei, Adenauer, Schumann, De Gasperi, posero il problema quando, dopo luscita dalle guerre civili mondiali, era in atto un processo di riappropiazione della politica dal basso, e un movimento di de-nazionalizzazione delle masse. Momento magico quello del secondo dopoguerra, cos diverso dal primo, anzi cos opposto. Dur poco. Presto la ricostruzione economica impose una fase di restaurazione politica. La costruzione europea, a direzione capitalistica, assunse paradossalmente il passo di uno schema da materialismo storico volgare. Prima la struttura economica, poi su questa, in futuro, la sovrastruttura politica. Si part dal carbone e dallacciaio, e poi via via, gradualmente e molto lentamente, verso una comunit come area di libero scambio, con unificazione di potere finanziario, con vincoli di politica economica, tra Commissioni e Consigli, cio tra commissari e ministri, spesso in lite fra loro. Quando si arrivati ai cittadini, si detto loro: adesso mettete insieme i soldi e il resto si vedr. E, ora che c il libero scambio delle merci, e luso comune della moneta, pu esserci perfino la libera circolazione delle persone. In questo frattempo vere istituzioni politiche sovranazionali non sono mai nate. Le elezioni europee, stato detto, sono elezioni di mezzo termine

per verificare gli equilibri politici nazionali. Il Parlamento europeo fa prima a scomparire dalla nostra vista che a insediarsi nelle sue sedi. LUnione europea ha preso dagli Stati nazionali, s, la forma della burocrazia, ma non la pratica del governo. Intanto venuta avanti, non pi in modo totalitario, ma in modi democratici, e mentre vige la crisi dello Stato-nazione, una ri-nazionalizzazione delle masse. C una nuova divisione tra governanti e governati: i primi sono costretti ad essere pi europeizzanti, i secondi sono chiamati ad essere pi patriottardi. Del resto, che cos lallargamento della comunit, se non unaggregazione di nuove piccole patrie? Questo non un discorso euroscettico. E semmai un discorso europessimista. E il pessimismo non sullEuropa. Semmai sugli europei. La retorica europeista dei capi di Stato e di governo copre un vuoto di volont politica. E lindifferenza europeista degli uomini e delle donne che una volta si dicevano semplici nasconde un pieno di ben altre preoccupazioni. Dov un popolo europeo? E si pu fare Costituzione anche questo stato detto senza popolo? I giuristi hanno giustamente molto discusso di sovranit. I politici dovrebbero discutere di chi il sovrano. In realt, bisognerebbe tornare allalternativa fondativa della modernit politica: il potere leviatanico di Hobbes o la consociatio symbiotica di Althusius? Nel moderno, ha prevalso il primo modello ed nata la forma-Stato. Se avesse prevalso il secondo, sarebbe forse nata la forma-Europa. Dopo le guerre civili di religione vinsero, nel Seicento, gli inglesi contro gli olandesi. Dopo le guerre civili di politica, hanno vinto, nel Novecento, gli americani contro gli europei. Non si fa Europa se non si rimonta questa sconfitta. E poi, c questa cosa a un tempo certa e ostile: la nascita di una nazione, e la sua contemporanea crescita a Stato, andata sempre contro qualcuno, unistituzione universalistica, fosse essa Chiesa o Impero, il vicino di casa con pretese di territorio, una potenza sovrapposta da cui conquistare indipendenza, un antico regime coi suoi corpi separati. LEuropa di oggi ha da scrollarsi di dosso legemonia atlantica. Dal discorso di Fulton, quando calata sullEuropa la cortina di ferro, per nessuno di noi europei c pi stata storia politica autonoma. Let del Patto atlantico stato il tempo dellibernazione per il progetto di unit politica europea. Sacrificati a una funzione di avamposto occidentale, nemmeno anticomunista, ma pi rozzamente antibolscevico, siamo stati niente pi che una provincia dellimpero. Nessuna figura di provincia mai passata a forma di potenza politica. Il fallimento della costruzione del socialismo implica un altro discorso, ma la fine geopolitica dellUnione Sovietica con il suo blocco militare, attiene precisamente a questo discorso che stiamo facendo. Perch esattamente da quella caduta che si risolleva lidea dEuropa, diventa cio veramente storicamente possibile unEuropa politica. Europa politica pu essere soltanto unEuropa non pi atlantica. Il siamo tutti americani del dopo 11 settembre ha bloccato di nuovo lavvio di questo processo. La guerra di Bush sembrata per un momento rilanciarlo. Ma affidarsi a queste piccole contingenze non fa grande storia. Il progetto strategico di uno spostamento di spazio politico va messo a fondamento di una costituzione dEuropa. Latto di costituzionalizzazione sempre un evento che arriva a conclusione di un movimento di forze diretto da soggetti. E decisivo se il soggetto politico abbia o meno una stoffa storica. La soggettivit del movimento operaio, nel Novecento, si espressa in altri luoghi e con altri tempi. Ma quella era lunica forza con una vocazione internazionalista. Si oppose a che si aprisse let delle guerre. E anche per questo fu travolta nel dopoguerra in occidente e vinse invece nelloriente dellEuropa. Poi, divenne in effetti difficile parlare di Europa nel mezzo delle guerre civili europee. E il movimento operaio del secondo dopoguerra ha subto la tragica divisione dellEuropa in due campi nemici. Il suo internazionalismo fu la prima vittima della guerra fredda: rinacque, esso, dal

basso nelle lotte antimperialiste, ma sul terreno europeo rimase la divisione tra est e ovest. La fine dei blocchi contrapposti non sembra aver provocato grandi riposizionamenti. Con una socialdemocrazia seria, la Germania poteva diventare il luogo di nuovo classico dellesperimento, con una riunificazione non solo di Stati, ma di movimenti di lotta e di organizzazione. La sinistra europea doveva ripartire da l. Oggi un soggetto politico troppo debole di fronte alla forza dei processi strutturali che orientano lunit europea. Malgrado un cosiddetto partito socialista europeo, le sinistre sono ancora molto nazionali, certamente pi nazionali dei loro rispettivi capitalismi. Lunica lite che poteva fondare un popolo europeo, internazionalizzando le forze-lavoro sulla base della globalizzazione capitalistica, era una sinistra erede del movimento operaio. E un dramma che non ci sia, n costituita n costituente, unEuropa politica capace di esercitare egemonia culturale dentro gli attuali equilibri/squilibri del capitalismo-mondo. Non saranno le fanfare che accompagneranno la firma del Trattato costituzionale a offrire per il dramma un lieto fine. Le ragioni dellassenza dellEuropa dal mondo sono le stesse ragioni dellassenza della sinistra dallEuropa. Una sinistra senza parola perch senza pensiero: questo il problema. Bisogna fare attenzione. Non c solo una retorica dei politici, c anche una retorica degli intellettuali sullEuropa. Questa tesi, propria del politicamente corretto, di un continente che si specifica per essere un arcipelago di differenze, unidea banale. Su questo terreno, la competition con il melting pot americano appare francamente del tutto perdente. Questa vocazione per lapertura allaltro, non sembra proprio esattamente confermata dalla nostra storia, recente e trascorsa. Laltro poi oggi ha tante di quelle facce, alcune rassicuranti altre terrificanti, che bisognerebbe per lo meno distinguere. E la terra di mediazione, tra nord e sud come mondi sociali e tra occidente e oriente come tradizioni culturali, potrebbe anche funzionare come progetto: a una condizione, se la costituzionalizzazione dellunit politica europea, trovasse qui uno spazio-tempo della nuova decisione. Potremmo allora semmai, strumentalmente, evocare una buona retorica, quella degli antichi, di segno filosofico, per esporci a sostenere che lEuropa una categoria dello spirito. C uno spirito europeo, moderno, che va strappato a una storia tragica, soprattutto novecentesca. E la Kultur, come prodotto continentale, nata e cresciuta, non nello scontro ma nel confronto con la Zivilisation di marca anglosassone. Cultura-civilt di fronte a civilt-progresso: le due facce della modernit. Ridurre la prima alla seconda la finis Europae . Non si tratta di ridurre la seconda alla prima, ma di separarle con latto appunto della decisione politica e di tornare a confrontarle in una lotta, civile, di egemonia. La posta in gioco il governo della tecnica, il grande inevaso irrisolto problema che abbiamo ereditato dal Novecento: tecnica, s come tecnologia, ma anche come economia, come finanza, come comunicazione e. come guerra. Forse non ci siamo resi conto, e soltanto dallorizzonte della Kultur-Europa possiamo renderci conto, che la guerra diventata la continuazione della tecnica. Non c quasi pi niente di politica in essa. Il terrore scende dallalto e sale dal basso mosso dalla stessa autonoma strumentazione di mezzi che giustificano il fine. In questo, Kultur Verfassung, non semplicemente Konstitution. D forma politica al popolo, e dunque fonda un popolo. Non solo Carta scritta di principii e ordinamenti. E unidea che si fa storia e storia che diventa unidea. C da sperare che la firma del Trattato di Roma non venga intesa come la conclusione di un processo, ma come lavvio di un esperimento. La ratifica popolare nei vari paesi facciamo in modo che diventi loccasione di una collettiva presa di parola e presa di coscienza sullevento di un siamo tutti europei. E intanto, pensare lEuropa venga assunto come compito urgente della cultura politica militante. Se ce n ancora una.

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