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I

I clienti del caff pagavano volentieri approfittandone per dare unocchiata alla signorina arrampicata sul trespolo dietro alla cassa. Il tempo aveva cancellato lingenuit dal viso grazioso di Gianna, insieme al ricordo di quando, ancora bambina, si stupiva che esistesse una citt pi grande di Alghero lontana dal mare. Crescendo a Sassari, dimenticato il rumore delle mareggiate, aveva fatto lorecchio alle pretese dei datori di lavoro, cos dopo lapprendistato in sartoria era stata a servizio, poi era riuscita a convincere il signor Diego ad assumerla come cassiera. Spiccia e carina comera si era dimostrata un ottimo investimento per la caffetteria. Specialmente da quando erano cominciati i lavori nella piazza, il proprietario le riconosceva il merito di aver attirato gli operai col bel presente e i modi impeccabili. Gianna continuava a battere i tasti con sorrisi identici per tutti senza dar segno daccorgersi delle attenzioni che i clienti pi esuberanti le rivolgevano. Ma in fin dei conti cera qualcuno che le piaceva pi di altri. Era il caso di un giovane alto, pi grande di lei di qualche anno, che faceva il carpentiere nella ditta cagliaritana che aveva appaltato parte dei lavori. Si presentava a orario, tre volte al giorno, ed era lultimo ad andarsene alla chiusura. Una sera si avvicin per pagare con laria seria e le comunic senza fronzoli che i lavori erano finiti, che di l a poco il cantiere sarebbe stato smantellato e che lui sarebbe dovuto tornare a Cagliari. Gianna smise involontariamente di sorridere. Dopo che si erano visti tutti i giorni per mesi, Lorenzo si present e ne approfitt per chiederle il permesso di accompagnarla a casa. Colta di sorpresa Gianna riusc soltanto a rimandare allindomani e il giovane cap che non si trattava di un rifiuto. Per cui con unespressione pi sognante che amara stampigliata in volto se ne and prima del solito salutando a gran voce i pochi colleghi rimasti ai tavoli. La cassiera lo segu con lo sguardo mentre usciva, ne misur approssimativamente laltezza e si sent avvampare per limbarazzo.

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Pass il resto della serata a chiedersi cosa le fosse saltato in mente. Si era limitata a rimandare un incontro che rischiava di rivelarsi piuttosto ridicolo. Pens che Lorenzo doveva essere alto poco meno di due metri. Lei, invece, durante la giornata, appollaiata sullo sgabello rialzato dalla pedana del banco, si permetteva di guardare chiunque negli occhi, ma la sera, quando rimetteva i piedi a terra, nonostante i tacchi, tornava somigliare a una bambina. Cinque centimetri sotto il metro e mezzo, il suo corpo proporzionato sembrava incorniciato da una fotografia fuori scala. Alla chiusura, si ferm un istante sulla soglia e cerc di rintracciare il segno accanto al quale aveva visto scorrere i capelli neri di Lorenzo e le parve difficile da raggiungere perfino con lo sguardo, quindi tornando a casa si mise a maledire sua madre per averla fatta in quel modo. Eppure la statura non figurava tra i difetti pi evidenti di Vincenza. Le si potevano per rimproverare molte altre cose. Ad esempio dessersi intestardita in una corpulenza sempre pi massiccia, soprattutto da quando aveva cominciato a lavorare come aiuto cuoca allalbergo, cos che le era diventato impossibile passare inosservata. Lei, incurante come al solito, non dava segno di soffrirne particolarmente e le capitava addirittura di scherzarci sopra. Se era in buona, magari impegnata a cucinare a casa, diceva a Talino che se fosse stato possibile lavrebbe guarito lei da quella magrezza con una donazione di capitale, e cos dicendo, con le mani sui fianchi, rendeva perfettamente comprensibile a quale capitale si riferisse. Ma lo scherzo finiva l, e visto che le donazioni di quel genere non erano ancora state inventate, Talino perseverava in una magrezza nervosa e apparentemente indigente. In famiglia continuavano a chiamarlo cos, nonostante avesse gi compiuto sedici anni e avesse trascorso gli ultimi sette a farsi precocemente uomo tra i macchinari e la segatura di una falegnameria. A lavoro invece lo chiamavano semplicemente mozzo, o marinaio, perch sia i proprietari che i suoi colleghi erano convinti che tutti gli algheresi avessero a che fare in qualche modo con la marina, e che per lui fare il falegname fosse pi o meno come scegliere di entrare nella pirateria. Italo non si lamentava, respirava la sua dose di polvere dieci ore al giorno e stava zitto. Rispondeva

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solo quando gli chiedevano direttamente qualcosa, svolgeva i suoi compiti e osservava. Dopo anni passati a carteggiare e piallare, senza mai perdere di vista gli altri, la sera, a casa, aveva cominciato a disegnare, con un mozzicone di matita, i mobili che avrebbe voluto costruire. La prima a rientrare era Marta, poi verso le sette e mezza Gianna si affacciava in portineria per chiamarla e ringraziare la portiera per la gentilezza con la quale ospitava la bambina per il pomeriggio. Insieme salivano nellappartamento al secondo piano e Gianna avviava la cena. Come ogni sera Italo apr la porta verso le otto. Marta non aspett nemmeno che richiudesse per chiedergli di aiutarla a fare i compiti di aritmetica. Lui annui. Non rifiutava mai. Erano le uniche occasioni che aveva per imparare qualcosa che non avesse a che fare coi mobili. Non aveva mai messo piede in una scuola e non sapeva n leggere n scrivere, ma i numeri non erano un problema. Sua sorella gli leggeva i problemi e lui capiva i meccanismi e alla fine i conti quadravano sempre. Poi, quando si ritrovava a usare gli stessi sistemi per calcolare qualche dettaglio dei suoi disegni, si diceva che forse non esisteva niente che non avesse veramente a che fare con i mobili e pensava che ogni cosa doveva essere in qualche modo collegata alle altre. Per gran parte della settimana i figli di Vincenza mangiavano da soli e non si lamentavano, perch lei non era cambiata poi tanto dai tempi di Alghero, perlomeno nei loro confronti. Fuori di casa si era invece trasformata in unaltra persona. Come se sul treno avesse dimenticato un intero blocco di memoria. Con le persone che aveva conosciuto a Sassari si faceva passare per vedova. Non permetteva a nessuno, nemmeno ai figli, di nominare Musciolina, n tanto meno Alghero. Il suo atteggiamento verso la gente era cambiato profondamente. Aveva colmato il suo repertorio di gentilezze e divertente cinismo che la facevano sembrare subito simpatica. Aveva imparato a essere ruffiana e perfino pettegola, e non indugiava a stimolare la curiosit altrui per soddisfare la propria. Ma in fondo non si esponeva mai. Giocava a inventarsi un passato accatastando cos tante storie e particolari immaginari che talvolta aveva difficolt a ricordare. Diceva di essere stata in Francia, di aver fatto la cuoca a Marsiglia e di essere dovuta rientrare perch

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suo marito aveva pensato bene di ammalarsi e morire, lasciandola vedova, giovane e con tre figli. A chi le chiedeva di Marsiglia, non faceva altro che descrivere, ingigantita, lAlghero dei pescatori, raccontando in pompa magna le piccole storie di miseria alle quali aveva assistito coi suoi occhi. Altre volte confidava in gran segreto a orecchie discrete, di discendere da una famiglia di nobili catalani proprietari di terre a perdita docchio in quel di Alghero e catalogna, e che lei, da vera nobile, aveva rinunciato alleredit per amore del suo defunto marito che era di umili origini. Poi, ogni tanto, quandera in vena di vanterie, la sua eredit resuscitava e si scopriva che lei lavorava esclusivamente per il piacere di lavorare, e che se avesse voluto sarebbe potuta rimanere a casa a fare le calza, ma lei non era donna da ferri e gomitoli. Allora, a chi le chiedeva perch avesse mandato i suoi figli a lavorare, rispondeva che anche loro dovevano imparare il valore del denaro guadagnato con la fatica, come laveva imparato lei fin da bambina. Nonostante questo vezzo dimmaginare le cose diverse da come le aveva vissute, era diventata una donna normale, di una normalit eccellente, quasi un modello. Pur di avere compagnia, sorvolava sui difetti e le malignit di amiche e colleghe, ripetendosi che erano inezie in confronto ai mali che aveva lasciato a marcire tra i vicoli di Alghero. Si trattava di uno dei tanti modi scelti dal suo carattere per sopravvivere ai cambiamenti. Non aveva infatti rinunciato a tenere il muso, n tanto meno alle sfuriate teatrali, soltanto che, ogni volta che egoismo e orgoglio riuscivano a ritagliarsi una via di fuga dalla normalit, si riversavano esclusivamente sui suoi figli, e in particolare su Gianna. Allora sbraitava, scagliandole contro la solita lingua avvelenata, se la prendeva per cose inesistenti, ne inventava dincredibili, insisteva nel tormentarla fino a quando non la vedeva piangere. Ultimamente per le lacrime tardavano sempre pi a spuntare e Vincenza aveva cominciato a pensare che sua figlia si stesse finalmente indurendo. Si sarebbe data dellillusa se lavesse potuta vedere quella sera, mentre vagava con lo sguardo nervoso per la cucina e mangiava di malavoglia tintinnando le posate sul piatto. E sarebbe sicuramente esplosa se avesse saputo a cosa pensava.

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I pensieri di Gianna si aggrovigliavano intorno allimmagine di lei parata davanti a Lorenzo, con la testa completamente rovesciata allindietro per poterlo guardare in faccia. Eppure non esistevano molte alternative, la partenza era vicina e probabilmente non ci sarebbero state altre occasioni. Cos, quando Italo quasi la spavent per darle la buonanotte, riemerse da un lungo circolo di pensieri che non era riuscita a dipanare ma che lavevano portata comunque a una decisione. Lindomani si sarebbe fatta accompagnare a casa. Al massimo, si disse, lumiliazione o qualsiasi altra cosa ne fosse venuta, avrebbe preso presto la via di Cagliari e si sarebbe sfilacciata, con la distanza, nella met del tempo. La mattina dopo si infil le scarpe col tacco pi alto che aveva e poi per tutto il giorno le lasci dondolare sul poggiapiedi mezzo scalzate perch le facevano male. Alle sette recuper la giacchetta dal guardaroba e attravers il caff salutando pi forte del solito. Lorenzo laspettava sul marciapiede di fronte. Era ben vestito, pi che uno scalpellino sembrava un corazziere. Soltanto immaginarlo chinato a lavorare avrebbe fatto venire il mal di schiena a chiunque. Gianna gli fece cenno con la mano e lui attravers la strada. Uno di fronte allaltro sembravano fatti per muoversi su mondi di dimensioni diverse. Lui batt le palpebre e riusc a non trasalire e si sciolse immediatamente in complimenti affrettati su come era vestita. Lei fece altrettanto. Nel frattempo tratteneva limbarazzo consumandosi linterno delle guance a forza di morsi. In altre occasioni sarebbe stato sufficiente il dolore ai piedi a ricordarle i sacrifici che stava facendo per mostrarsi tranquilla. Lungo il tragitto Lorenzo cerc di mettere entrambi a proprio agio, parl di come sarebbe stata bella la piazza una volta rimosse le palizzate, le raccont di Cagliari e di tutti i posti nei quali gli era capitato di lavorare. Gianna lo ascoltava sperando non le facesse domande. Pens che fosse piacevole passeggiargli accanto e preg che non si accorgesse che allungava di un paio di svolte la strada di casa. Nei giorni seguenti cambiare il percorso per dilatare la camminata divenne una specie di gioco, cos che una sera, dopo un paio di settimane, Italo si trov a rincasare prima della sorella.

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Come la vide entrare sollev lo sguardo dal quaderno di Marta e le chiese come mai avesse fatto cos tardi. Lei accenn al signor Diego cercando di risultare convincente e si affrett a preparare la cena. Appena fin di mangiare se ne and in camera senza nemmeno dire buonanotte. Quando, la domenica appresso, approfitt della presenza di sua madre per comunicare a tutti che si sposava, a Italo fu sufficiente fare unaddizione. Vincenza ebbe una reazione prevedibile. Per prima cosa url che nessuno si sposava finch lei era viva, soprattutto a ventanni, soprattutto con un uomo che aveva frequentato a sua insaputa. Aggiunse che lindomani sarebbe andata lei dal signor Diego a dirgli che lasciava il lavoro e a strappargli gli occhi per averle consentito di parlare con degli sconosciuti che lavevano raggirata e fatta impazzire fino a quel punto. Poi si chiuse in camera da letto e si mise a piangere continuando a gridare cose incomprensibili. Italo dischiuse a fatica le labbra serrate dal nervoso e sottovoce per non farsi sentire da sua madre :Con chi ti vuoi sposare? Si chiama Lorenzo, di Cagliari. Come lhai conosciuto? Veniva al caff perch lavorava nel cantiere della piazza. Che mestiere fa? Carpentiere. Ti vuoi trasferire a Cagliari? Non mi interessa dove andiamo, lui segue il lavoro, io seguo lui. Sei sicura? Si. Lo voglio conoscere. E lo conoscerai. E ti piacer pure, un bravo ragazzo, non sta male di famiglia, ha un mestiere, bello, non gli manca niente. Mi piace. E allora piacer anche a me, e faremo in modo che tu possa fare come ti pare. Attraverso la porta Vincenza ostentava singhiozzi di disperazione, dopo alcune ore riapparve in cucina digrignando i denti e minaccio di strapparsi i capelli, cerc con furia il pane e spar nuovamente nella sua camera. Ci vollero giorni prima che Italo riuscisse a parlarle senza che rantolasse bestemmie incomprensibili, nel frattempo Gianna si era disposta al silenzio e faceva da parafulmine. Dopo una settimana di trattative suo figlio riusc a convincerla a incontrare il pretendente prima che ripartisse per Cagliari. Pur tenendo fede alla promessa di non fare scenate sottopose Lorenzo a un dettagliato terzo grado. Gli chiese perfino laltezza esatta per calcolare la differenza con quella di sua figlia. Man mano che il giovane si scioglieva

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dallimbarazzo delle domande e dimostrava un genuino interessa per Gianna e puntualizzava sulla solidit della sua condizione, lago del giudizio nella testa di Vincenza prese a pendere in favore del matrimonio. Come se i giorni appena trascorsi non fossero nemmeno esistiti, alla fine della riunione dava sfogo al suo entusiasmo rivolgendosi al futuro genero come a un figlio, incoraggiando strette di mano e brindisi tra i cognati. Quando, due settimane dopo, i fidanzati tornarono dal breve viaggio per presentare Gianna alla futura suocera, riferirono che la famiglia insisteva perch il matrimonio si celebrasse a Cagliari, chiarendo che i parenti di Lorenzo sarebbero stati felicissimi di ospitare i familiari della sposa per qualche giorno, daltronde la casa era grande e cera spazio per tutti. Vincenza dopo qualche lamentela ipocrita acconsent con un sorriso ma volle decidere lei almeno la data. Bisognava aspettare due mesi, non tanto per il decoro, ma perch lei aveva una faccenda da sistemare e non si poteva fare altrimenti, e poi le cose da fare erano tante e nemmeno i fidanzati ebbero niente da dire. Gianna lasci il lavoro e chiese alle sarte che le avevano insegnato il mestiere una mano per labito. Italo nascondeva dietro una smorfia i mal di stomaco aumentati col nervosismo degli ultimi tempi e nel frattempo immaginava cosa sarebbe venuto dal matrimonio. Pensare a sua sorella lontana, addirittura a Cagliari, significava perdere parte della serenit alla quale si era aggrappato negli ultimi dieci anni. Eppure capiva i desideri di Gianna e condivideva la voglia di costruire qualcosa che non fosse il riflesso delle scelte inappellabili di Vincenza. Si chiedeva se anche lui prima o poi sarebbe riuscito a fare altrettanto. Se era al mondo, come gli ricordava spesso sua madre, era grazie a lei, e lo stesso se aveva un mestiere, ma ormai si addormentava sognandosi ventenne in una Cagliari immaginaria, intento a costruire i suoi mobili nella sua bottega. Vincenza sembrava invece distratta da un affare che affondava radici in quella regione profonda della sua vita con la quale cercava di avere a che fare il meno possibile. Senza che nessuno le avesse chiesto niente e contravvenendo alla sua naturale e maniacale avarizia, si era messa in testa di coprire le spese del matrimonio. In segreto sped un telegramma a sua

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sorella informandola che aveva intenzione di vendere alcuni terreni della legittima. Raffaela non tard a farsi viva. Via lettera le invi una dettagliata stima al ribasso delle propriet che le spettavano. Vincenza si fece un po di conti e somm gli ettari fino a raggiungere la cifra che aveva in testa. Raffaella ribad avanzando unofferta al ribasso del dieci per cento. Era sicuramente meno di quanto ne avrebbe ricavato vendendo a estranei, ma sua sorella si diceva disposta a pagare le spese del notaio e soprattutto ad accomodare la cosa in fretta. Per cui Vincenza aggiunse il ribasso tra gli scorni da pagare per il fatto di essere nata dallo stesso ceppo di suo padre e fece telegrafare la risposta: La tua ingordigia ha fatto un buon affare. Quattro anni dopo, quando le cose si sfasciarono e Lorenzo mor improvvisamente lasciando Gianna da sola con tre figli, ripens ai pochi spiccioli coi quali Raffaella aveva pagato una fetta cos grande del suo orgoglio. Le tornarono in mente tutte le maledizioni con le quali aveva cercato di seppellire le sue origini e pens dessere stata fin troppo clemente.

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II

Linverno quellanno giunse a Cagliari come una faccenda rimandata cos a lungo da trasformarsi in emergenza. I primi giorni di pioggia e di freddo colsero Gianna nella necessit di traslocare le sue cose nellappartamento delle case popolari che le spettava in quanto vedova e madre di tre figli. La morte di Lorenzo era stata soltanto lennesimo scossone lungo la via accidentata tracciata dagli ultimi anni. Il matrimonio si era rivelato una fatica molto pi amara del lavoro e la strada era peggiorata a ogni svolta. Poco dopo le nozze, nel periodo in cui aveva scoperto di essere incinta, Lorenzo era dovuto partire improvvisamente per lavoro e lei era rimasta in balia della suocera che era riuscita a dimostrarle coi fatti che tutto sommato Vincenza era stata una madre piuttosto amorevole. Alle occasioni in cui si divertiva a umiliarla bisognava infatti aggiungere la particolare costanza con la quale insinuava nella testa del figlio dubbi sulla sua fedelt. A suo dire Gianna teneva un comportamento equivoco coi cognati, un atteggiamento che si era decisa a punire con le proprie mani. E cos pi di una volta la sposina si era trovata a dover scappare in strada tra le urla per evitare gli schiaffi. Se allinizio, quando Lorenzo tornava, la musica cambiava immediatamente a suo favore, col tempo avrebbe scoperto che le mani erano un vizio di famiglia e che la parola di una madre e di tre fratelli pesa pi di quella di una moglie. Per cui, lunico modo che aveva trovato per difendersi era starsene zitta e sperare che la lingua di sua suocera si seccasse. Naturalmente non lavrebbe pensata cos Vincenza se avesse saputo, n tanto meno Italo, ma ogni volta che erano andati a trovarla lei si era fatta vedere felice e loro se ne erano tornati a Sassari credendola serena, con un figlio da partorire o appena partorito. Non le sembr il caso di lamentarsi nemmeno quando la raggiunsero per il funerale di signora Lucia, un anno prima di quello di Lorenzo, perch daltronde, si disse, alla giustizia e al suo sollievo ci aveva pensato in qualche modo la morte. Invece la serenit fu

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breve. I fratelli di Lorenzo, infatti, presero a litigarsi leredit come cani un pezzo di carne. E siccome suo marito non era mai a Cagliari per occuparsi di queste cose, ne approfittarono per ridurre ad arte le fette, cos che Gianna, alla morte di Lorenzo, si scopr ospite sgradita in una casa che le carte dicevano di propriet dei cognati. Allinganno si aggiunse infine la beffa. A suo marito piacque infatti di andarsene a morire di polmonite in un sanatorio della capitale, cosicch, nellimpossibilit di riportarlo nellisola, si ritrov orfana perfino di una tomba qualsiasi sulla quale piangere lepilogo del suo storto matrimonio. Cos, non appena i cognati cominciarono a insistere perch liberasse al pi presto la casa, fece domanda per lalloggio comunale e, per una volta, viste le circostanze, i suoi diritti le vennero incontro. Nei mesi di confusione seminati dalla scomparsa di Lorenzo, fu Italo ad aiutare sua sorella a raddrizzare la situazione. Ogni fine settimana ricuciva il faticoso strappo tra Sassari e Cagliari per ripartire, poi, la domenica. Con linverno stanco di rimandare, arriv la pioggia, e con essa il giorno del trasloco. Sotto lacqua battente Italo si ruppe la schiena ma alla fine ogni cosa sembr aver trovato il suo posto nella nuova sistemazione. Quando giunse il momento di partire, mentre lo accompagnava alla porta, Gianna gli chiese di restare e a lui sembr giusto rispondere di si, daltronde era chiaro che la fine del matrimonio aveva

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