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1 Marc Aug e Che ne ha fatto il futuro dai nonluoghi al nontempo el`uthera Titolo orige inale: O` est pass lavenir?

Traduzione dal francese di Guido Lagomarsino u e c 2008 Marc Auge c 2009 El`uthera Progetto graco di Riccardo Falcinelli e In copertina foto c Michael Fernahl / iStock Il nostro sito ` www.eleuthera.it e e-mail: eleuthera@eleuthera.it EAN 9788889490730 Per secoli il tempo ` stato portatore di speranza. Dal futuro ci si attendeva e pace, evoluzione, progresso, crescita... o rivoluzione. Non ` pi` cos` Il futuro e u . ` praticamente sparito. Sul mondo si ` abbattuto un presente immobile che e e annulla lorizzonte storico e, con esso, quello che ` stato per generazioni il sistema e di orientamento. Da dove viene questa eclisse del tempo? Perch il futuro ` e e scomparso nelle coscienze individuali e nelle rappresentazioni collettive? Ci sono rimedi, ci sono uscite di sicurezza? Per rispondere, Aug scruta lucidamente le e molteplici dimensioni della mondializzazione nei suoi aspetti politici, scientici e simbolici. E abbozza elementi di speranza. Marc Aug (Poitiers, 1935), antropologo, ` directeur dtudes (Logica sime e e bolica e ideologia) allEcole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, di cui ` stato a lungo presidente. Africanista di formazione, da anni si occupa e di antropologia delle societ` complesse. Presso El`uthera sono inoltre usciti Un a e etnologo nel metr`, Ville e tenute, etnologia della casa di campagna, La guerra o dei sogni, esercizi di etno-ction e Lantropologia del mondo contemporaneo, insieme a Jean-Paul Colleyn. le opere LA GUERRA DEI SOGNI - Esercizi di etno-ction VILLE E ` TENUTE - Etnologia della casa di campagna UN ETNOLOGO NEL METRO - LANTROPOLOGIA DEL MONDO CONTEMPORANEO - CHE FINE HA FATTO IL FUTURO? - dai nonluoghi al nontempo NONLUOGHI - Introduzione a una antropologia della surmodernit` a

Indice
introduzione Il paradosso del tempo 7 capitolo primo Le culture dellimmanenza 15 capitolo secondo Cambiamento di scala, stato delle questioni e stato dei luoghi 25 capitolo terzo Globalizzazione, urbanizzazione, comunicazione, istantaneit` 33 capitolo quarto Contemporaneit` e coscienza storica 45 capitolo quinto a a Alienazione, modernit`, democrazia, progresso 61 capitolo sesto Il passato, la a memoria, lesilio 73 capitolo settimo Lavvenire e lutopia 81 capitolo ottavo Il mondo di domani, lindividuo, la scienza, listruzione 95 conclusione Per unutopia delleducazione 109 Nel testo in nero i numeri di pagina sono posti in basso.

introduzione Il paradosso del tempo


Il primo paradosso del tempo ` inerente alla consapevolezza che ognuno ha di vie vere in un tempo che precedeva la sua nascita e che continuer` dopo la sua morte. a Questa consapevolezza individuale del nito e dellinnito vale simultaneamente per il singolo e per la societ`. Infatti lindividuo che si trasforma, cresce e poi a invecchia, prima di scomparire un giorno o laltro, assiste in quel mentre alla nascita e alla crescita degli uni e allinvecchiamento e alla morte degli altri. Invecchia in un mondo che cambia, se non altro perch gli individui che ne fanno e parte invecchiano anche loro e vedono generazioni pi` giovani prendere prou gressivamente il loro posto. Ci sono spiegazioni di tipo intellettuale per questo primo para- dosso: sono tutte le teorie che, in un modo o nellaltro, inscenano il ritorno del medesimo. Nella maggioranza delle societ` studiate dalletnologia a tradizionale esistono rappresentazioni delleredit` molto elaborate che tendono a a ritenere la morte degli individui non una ne in s quanto loccasione per ridise tribuire e riciclare gli elementi che li compongono. Le teorie della metempsicosi sono solo un tipo particolare di tali rappresentazioni. In Africa, per esem- 7 pio, lidea del ritorno degli elementi liberati dalla morte non ` as- sociata a quella del e ritorno degli individui in quanto tali, anche se, nelle grandi cheeries o nei regni, la logica dinastica spinge in quella direzione. Altre istituzioni, come le classi di et`, o taluni fenomeni religiosi ritualizzati, come la possessione, rientrano in a quella vi- sione immanente del mondo che tende a relativizzare lopposizione tra vita e morte in virt` di unintuizione non lontana dal principio scientico secu ondo il quale nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Il secondo paradosso del tempo ` quasi linverso del primo e ri- guarda la dicolt` per uoe a mini mortali, e quindi tributari del tempo e delle idee di inizio e ne, di pensare il mondo senza imma- ginarsene una nascita e senza assegnargli un termine. Le cosmogo- nie e le apocalissi, in varie modalit`, sono una soluzione immagia naria per rispondere a questa dicolt`. Il terzo paradosso del tempo rimanda a al suo contenuto o, se vo- gliamo, alla storia. E il paradosso dellevento, del fatto sempre at- teso e sempre temuto. Per un verso sono gli eventi che rendono sensibile il passaggio del tempo e che servono anche a datarlo, a or- dinarlo secondo una prospettiva diversa dal semplice ripresentarsi delle stagioni. Ma per un altro verso levento comporta il rischio di una rottura, di una lacerazione irreversibile con il passato, di unin- trusione irrimediabile del nuovo nelle sue forme pi` pericolose. Per un lungo periodo della storia umana le catastro ecou logiche, meteorologiche, epidemiologiche, politiche o militari avevano il potere di minacciare lesistenza stessa del gruppo, e lo sviluppo delle societ` non ha a 5

6 fatto svanire la consapevolezza di rischi del ge- nere: li ha solo collocati su una scala diversa. Il controllo intellet- tuale e simbolico dellevento ` sempre stato e al centro delle atten- zioni dei gruppi umani. Lo ` ancora oggi; cambiano solo e le parole e le soluzioni. E anzi possibile che il paradosso dellevento sia al suo culmine: mentre la storia accelera sotto la spinta di eventi di ogni genere, noi pretendiamo di negarne lesistenza, come nelle epoche pi` arcaiche, per esemu ` pio celebrandone la ne. 8 E proprio con la congurazione, la delimitazione o lesplicita- zione di questi tre paradossi che si sono misurati, nei contesti storici pi` vari, tutti i tentativi di simbolizzazione del mondo e delle societ`. Se, u a come aerma Claude Lvi-Strauss nella sua Introdu- zione allopera di Marcel e Mauss, (1) la comparsa del linguaggio ha comportato ipso facto la necessit` di a rendere il mondo signicante, ` ben evidente che la categoria del tempo, pi` ane u cora di quella dello spazio, ha fornito una materia prima ideale per quelloperazione, perch ` la pi` sperimentabile, la pi` immediatamente per- cepibile e, e e u u in questo senso, la meno arbitraria dei dati simbolici. La padronanza del calendario ` stata una delle forme pi` ecaci di controllo religioso e/o politico e u esercitato sulle societ`, perch il tempo, dato immediato della coscienza, appare a e simultaneamente una delle componenti essenziali della natura e uno strumento pri- vilegiato per capirla e governarla. I poteri religiosi e politici si sono sempre serviti del tempo per dare alla cultura lapparenza di un fatto naturale. Tutte le rivoluzioni hanno dovuto fare i conti con la necessit` di ridenire limpiego a del tempo e di rifondare il calenda- rio per cercare di cambiare la societ`. Resta a il fatto che non avrebbe senso dissociare una riessione sul tempo da una sullo spazio. Tutti i sistemi simbolici che si possono osservare nel mondo attestano invece il legame sempre intuitiva- mente avvertito tra queste forme a priori della sensibilit`, come le denisce Kant. Le culture dellimmanenza individuano, sega nalano e ordinano gli spazi di socialit` con estrema minuzia, sia per distina guerli dagli spazi non umani, sia per tracciare le linee di partizione che ordinano il gruppo sociale stesso (norme di residenza, sistemi di divisione, spazio pubblico e spazio privato, spazio sacro e spazio pro- fano...). Queste suddivisioni sono intimamente correlate alle rap- presentazioni del tempo sociale. Alcune di queste si manifestano solo in occasione di riti stagionali. La residenza cambia con le varie et` della vita (ingresso nellet` adulta, matrimonio...). Si potrebbe a a cos` parlare di uno spazio-tempo sociale il cui grado pi` o meno forte di co u esione corrisponde alle diverse modalit` organizzative. 9 La prova dellaltro, a nelle forme della conquista e della colonizza- zione, ` spesso stata tanto pi` e u dolorosa quanto pi` ribaltava lor- dine spazio-temporale preesistente, da quel u momento in poi con- siderato obsoleto. Agli occhi dei colonizzati tale prova era perci`, prima di tutto, un evento ingovernabile che segnava una rottura iro reversibile tra presente e passato e che imponeva loro, tanto in ter- mini politici quanto religiosi, una reintetpretazione del passato e una visione dellavvenire. Parallelamente, quellevento trasformava da cima a fondo la loro organizzazione spaziale. Lurbanizzazione, le nuove suddivisioni amministrative, la creazione di colture indu- strializzate destinate allesportazione, lintegrazione forzata nello spazio del colonizzatore (per esempio in occasione della prima guerra mondiale o delle stesse guerre coloniali) hanno costituito un abbozzo su scala regionale di quella che oggi viene chiamata globalizzazione. Non ` escluso che, per un curioso e ribaltamento della situazione, lOccidente colonizzatore oggi si trovi davanti alle stesse dicolt` che non molto tempo fa ha provocato tra i colonizzati, quando a pretendeva di imporre la propria concezione pi` o meno evoluzio- nista della stou

7 ria. In eetti, nel corso del XX secolo, si sono trovati a mal partito tutti quegli schemi intellettuali sui quali, con mag- giori o minori dubbi, certezze e buona fede, si era costruita lideo- logia coloniale e postcoloniale (il senso della storia, il volontarismo rispetto allevento, il riuto della contingenza e quelleredit` a dellIl- luminismo che ` lineludibile legame tra progresso scientico, pro- gresso e materiale e progresso morale). A questo proposito si cita spesso, e non a torto, il fallimento dei sistemi comunisti, ma biso- gna anche insistere sul disorientamento morale provocato dallam- piezza ilei massacri resi possibili dal progresso tecnologico, sulla ne disastrosa delle avventure coloniali, che toglie ogni senso a una parte della storia occidentale, e sulle incertezze intellettuali che oggi accompagnano il movimento accelerato della globalizzazione. Questo movimento, tanto evidente quanto imprevedibile, ri- guarda non solo leconomia ma anche la scienza, la tecnologia e la 10 politica; e comporta manifestazioni del tutto inedite di violenza e di nazionalismo, convulsioni religiose e politiche senza precedenti che sanciscono il fallimento dellimpresa coloniale come primo ab- bozzo della globalizzazione. Sono dunque il nostro passato pi` recente, la nostra storia pi` u u vicina (quella misurabile sulla durata di unesistenza individuale), che ci diventano enigmatici. Dal 1989, dopo la caduta del muro di Berlino, comincia una nuova storia che fatichiamo a capire, perch procede troppo in fretta e riguarda e direttamente e immediatamente tutto il pianeta. Dal punto di vista intellettuale, questo cambiamento di scala ci ptende alla sprovvista. Siamo ancora nella fase di critica dei vecchi concetti e delle visioni del mondo che li sottendevano. A questi si sostituiscono da un lato una visione pessimista, nichilista e apoca- littica, secondo la quale non c` pi` niente da capire, e dallaltro una visione trionfalista ed e u evangelica per la quale tutto ` compiuto o sta per esserlo. In entrambi i casi, il e passato non ` pi` portatore di alcuna lezione e dallavvenire non c` pi` niente e u e u da aspettarsi. Tra queste due visioni estreme, c` posto per unideologia del pree sente caratteristica di quella che per convenzione ` denita societ` dei consumi. e a Sotto la marea di immagini e di messaggi, sotto leetto di tecnologie della comunicazione istantanea e della mercicazione di tutti i beni materiali e culturali, sembra che agli individui resti solo la scelta tra un consumismo conformista e passivo, anche quando le possibilit` di consumo sono ridotte, e un riuto radia cale al quale solo le espressioni religiose esasperate sembrano in grado di fornire unapparente armatura teorica. Sullo stesso piano ideolo- gico, vediamo inoltre formarsi connubi sostanziali tra ideologia re- ligiosa e ideologia consumista, pi` u in particolare nel caso delle- vangelismo di origine nordamericana. Per il resto, le nuove forme di esclusione, delle quali la globalizzazione ` nello stesso tempo e il contesto generale e uno dei principali fattori, generano, attraverso diverse mediazioni come quella del fondamentalismo religioso, at- teggiamenti di rigetto o di fuga che hanno senso solo in rapporto 11 allordine dominante. Questultimo provoca insieme odio e sedu- zione. La contestazione, la rivolta o la protesta sembrano cos` pri- gioniere di quegli stessi schemi di pensiero ai quali si oppon gono, sia a livello della vita politica sia sul piano intellettuale e artistico. Ogni impero ha avuto la pretesa di fermare la storia, tanto che ` possibile sostenere e che altre globalizzazioni abbiano preceduto lattuale. Lunica dierenza, che per` ` di dimensioni, sta nel fatto che la globalizzazione presente ` coestesa al oe e pianeta come corpo - sico. Ogni giorno di pi` prendiamo coscienza di occupare u un an- golo delluniverso, come diceva Pascal. In questo universo le cate- gorie di tempo e di spazio alle quali siamo assuefatti non funzionano pi`, e qualcosa u di quella vertigine provocata dalle esplorazioni dellastrosica pu` avere delle o

8 ricadute sulla nostra percezione della storia umana. Tutto contribuisce dunque a mettere in discussione le categorie tradizionali dellanalisi e della riessione, che pure ci hanno per- messo di capire come funziona lideologia e, in particolare, di indi- viduarne una caratteristica essenziale: la sua capacit` di sottrarsi a in parte alla coscienza non solo di coloro che ne sono vittime, ma anche di chi la sfrutta per dominare gli altri. Pu` allora essere utile riprendere la categoria o di tempo per interrogare nuovamente le false evidenze dellattuale ideologia del presente. Queste evidenze assumono la forma di un triplice paradosso. Primo paradosso: la storia, intesa come fonte di nuove idee per la gestione delle societ` a umane, sembra terminare proprio nel momento in cui riguarda esplicitamente lumanit` nel suo insieme. Secondo paradosso: noi dubitiamo della nostra caa pacit` di inuire sul nostro comune de- stino proprio nel momento in cui la a scienza progredisce a una ve- locit` sempre pi` accelerata. Terzo paradosso: la a u sovrabbondanza senza precedenti dei nostri mezzi sembra vietarci di riettere sui ni, come se la timidezza politica dovesse essere lo scotto da pagare per lambizione scientica e larroganza tecnologica. Questi tre paradossi altro non sono che lodierna forma storica di tre paradossi del tempo citati allinizio. In questo senso atten- 12 gono tutti allideologia. Ogni sistema di organizzazione e di do- minio del mondo sia che questultimo abbia limiti geograci pi` o meno u estesi o che lo si voglia, come oggi, coesteso al pianeta - ha prodotto teorie dellindividuo, del mondo e dellevento. Il sistema della globalizzazione non si sottrae a questa regola. Lideologia che gli ` sottesa, che lo anima e che gli cone sente di imporsi alle co- scienze dei singoli, pu` essere analizzata in quanto tale, o nonostante la complessit` delle sue determinazioni e dei suoi eetti. Le riesa sioni qui proposte, che si inseriscono nellottica di unanttopologia comparata delle rappresentazioni del tempo, vorrebbero dare un contributo a questa analisi. Esse dunque prenderanno in successione come oggetto i con- cetti di immanenza (riguardo alle societ` o alle culture dellimma- nenza), di sviluppo (a livello delle a teorie e delle azioni di sviluppo), di globalizzazione (e, in correlazione, di comunicazione e urbaniz- zazione), di contemporaneit`, di modernit`, di memoria e, a a inne, di utopia, nel tentativo di rispondere alla domanda in apparenza ingenua che ossessiona ogni giorno di pi` i vari ambiti del fare e del pensare: che ne ha u fatto il futuro? Nota allIntroduzione 1. Marcel Mauss, Sociologie et anthropologie, PUF, Paris, 1950 [trad. it.: Sociologia e antropologia, Newton Compton, Roma, 1976]. 13

Chapter 1

Le culture dellimmanenza
Lespressione cultura dellimmanenza rimanda per un verso a una teoria dellevento che ha per oggetto e per conseguenza il negarne lesistenza o il riutarne il carattere contingente e, per laltro, a un insieme di rappresentazioni della persona, della societ`, dellere- dit` e della tradizione che, non lasciando spazio a nesa a sun duali- smo, sono particolarmente adatte ad attivate questa negazione. Le societ` politeiste, che sono state oggetto privilegiato di studio della prima eta nologia, sono estranee a qualsiasi idea di trascendenza e di salvezza individuale. In esse lindividuo umano ` concepito come unione provvisoria (il tempo di una e vita) di un certo numero di elementi che sono liberati dalla morte: alcuni scompaiono, altri entrano in nuove combinazioni, in parte arbitrarie e in parte stabilite dalle regole della liazione. In Africa, tra le popolazioni amerin- die e in Oceania, le formule possono variare allinnito, ma in ogni gruppo umano ` pree sente lidea delle componenti della persona, idea collegata in modo pi` o meno u stretto a quelle di eredit` e di - liazione. Tali componenti non sono n materiali a e n spirituali o, per meglio dire, sono indierentemente e contemporaneamente e 15 materiali e spirituali, se proprio vogliamo renderne conto nelle lingue occidentali segnate dal dualismo metasico. Queste componenti sono sia marchi identitari sia principi di azione, vettori di energia. Alcune sono strettamente individuali, altre si ereditano. Alcune sono relazionali e possono entrare in contatto, talvolta in modo aggressivo, con le componenti di altri indi- vidui, altre sono pi` legate al corpo vero e proprio ed esposte allag- gressione di componenti u di altri individui. Tutte queste possibilit` di attacco e di difesa, alle quali si fa a talora riferimento inserendole sotto il titolo credenze nella stregoneria, sono altrettante espres- sioni di ci` che si chiama struttura sociale. La struttura sociale o ` linsieme della rete di relazioni possibili e pensabili tra individui che appartene gono a quellinsieme. Nella loro maggioranza gli eventi, soprattutto biologici (la malattia, la morte), sono interpre- tati come esito di quella serie di rapporti, che a loro volta sono rap- porti di forza e rapporti strutturali, relazioni di senso sociale. Facciamo un esempio. Nelle societ` apparentate al gruppo akan, a nellAfrica occidentale, sui due lati della frontiera tra Costa dAvo- rio e Ghana, la liazione ` matrilineare, ma la relazione tra un glio e suo padre (o chi gli e succede, ovvero un parenre materno del padre) ha proprie esigenze speciche. Il duplice gioco di relazioni tra la linea materna di Ego e la linea materna del padre si esplica nel tempo. Presso gli Alladiani, tra i quali ho lavorato negli anni Ses- santa e Settanta, lo status dipendeva in gran parte dallet`. Lindi- viduo a 9

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CHAPTER 1. LE CULTURE DELLIMMANENZA

si arancava progressivamente dalla tutela del padre, per in- serirsi in modo pi` marcato nella famiglia della madre e acquisire una relativa indipendenza u economica. Le varie tappe di questo pro- cesso si traducevano in cambiamenti di residenza e in una ridistri- buzione dei prodotti del suo lavoro. Normalmente un bravo - glio otteneva da suo padre, insieme allautorizzazione a prendere moglie, il diritto a costruirsi una capanna nel cortile paterno e a coltivare un campo di manioca sui terreni del lignaggio materno del padre. Solo dopo la nascita del secondo o del terzo glio acqui- siva il diritto di costruire una cucina accanto alla propria capanna 16 e di far venire la propria sposa in permanenza presso di lui. Pi` tardi ancora, alla nascita del quinto o del sesto glio, avrebbe u avuto il diritto di ridistribuire anchegli i prodotti della sua pesca in mare. Ma no a quel momento sarebbe stato suo padre (o lerede del padre in linea materna) che avrebbe provveduto a questa ridistribu- zione. Dal momento in cui acquisiva quel diritto, i principali bene- ciari della pesca, al posto dei parenti materni del padre, diventa- vano i propri parenti materni. E contestualmente egli acquisiva il diritto di lavorare sulle terre di questi ultimi e di cacciare per pro- prio conto. Un sistema del genere comportava tensioni tra i diversi soggetti coinvolti e soprattutto tra i lignaggi alleati, quello del padre e quello dello zio materno. La causa di ogni evento negativo era facilmente imputata a quelle tensioni, vuoi a causa di un attacco di stregone- ria della parentela materna, vuoi a causa di una maledizione della parte paterna. Gli scenari erano soggetti a molteplici evoluzioni ed erano spesso complicati, essendo anche possibile, in certe condi- zioni, lintervento di terzi. Resta comunque il fatto che non cera posto per lidea di malattia o di morte naturale (nella nostra lin- gua), perch e era rigorosamente priva di senso: in caso di disgrazia era necessario condurre unindagine e identicare un responsabile. Lo scopo di un simile dispositivo non era tanto quello di punire il colpevole, anche nel caso che si trovasse unintesa su chi fosse, quanto di spiegare il fatto riadattandolo alla struttura. Infatti, le potenzialit` aggressive o difensive erano costitutive della denizione delle rea lazioni stesse e nel caso non facevano che attualizzarle: erano nella natura delle cose e la diagnosi o il verdetto avevano leetto di un ritorno allordine normale. La malattia o la morte erano uno scandalo solo nch non trovavano una spiee gazione. Una volta ri- condotto lignoto o limprevisto al fatto noto, il ritorno alla norma diventava operativo. Le societ` basate sul lignaggio, quelle politeiste a o animiste, non hanno il monopolio della negazione dellevento, che pure ha un ruolo centrale nella loro gestione dello spazio-tempo sociale. 17 Quando levento travalica per ampiezza le normali capacit` di dia- gnosi, si attivano procedure a speciche, che la letteratura etnolo- gica designa spesso con il termine generico di riti di inversione. Una siccit`, unepidemia o la morte di un capo, eventi a rincorrenti ma irregolari che minacciano lequilibrio e talvolta la sopravvivenza del gruppo, fanno scattare quelle che si potrebbero chiamare ri- tualizzazioni di urgenza. In generale queste mettono in scena, nel senso davvero teatrale del tetmine, il dramma i cui eetti vogliono scongiurare. Si tratta allora di un tentativo estremo, di una ri- tualizzazione con le spalle al muro. La colonizzazione ` levento la cui esistenza nessun rito ` stato capace di eliminare o e e negare, le- vento che ha prodotto proprio ci` che ogni rito cerca di scongiuo rare: un fossato invalicabile tra il passato e il presente. Quando Lvi-Strauss e parlava di societ` fredde o tiepide, evi- dentemente non intendeva suggerire che a queste fossero senza sto- ria, ma mirava piuttosto a denire il loro rapporto con la storia. Questo infatti varia storicamente, anche nelle societ` occidentali, a

11 e oggi si pone la questione, come vedremo pi` avanti, di capire se le societ` u a cosiddette sviluppate non siano sul punto di entrare, in questottica, in una fase tiepida. Il rapporto con la storia non sintetizza da solo tutte le concezioni del tempo in funzione nella vita individuale e sociale. La prima ca- ratteristica delle culture dellimmanenza, come abbiamo visto, ` il forte legame solidale che e postulano tra corpo individuale e corpo sociale, tra identit` e alterit`, e per a a questa stessa ragione tra evento e Struttura. Ma questa consonanza si aerma allinterno di una concezione pi` ampia, per la quale la distinzione tra vita e u morte, tra veglia e sonno, tra uomini e d`i non ha niente di irrimediabile. Le e elaborazioni antropologiche e cosmologiche dei diversi gruppi umani sono, evidentemente, tutte diverse e singolarmente ra- nate, ma si potrebbe aermare, a costo di qualche semplicazione, che gli d`i del politeismo sono uomini antichi e che si manifestano attraverso il sogno e i fenomeni di possessione; una volta adegua- tamente interpretati dagli specialisti, il sogno e la possessione sono 18 i canali attraverso i quali i due mondi solidali comunicano, for- mandone uno solo. I ruoli adati rispettivamente al sogno e alla possessione sono di- versi per ogni societ`. Tradizionalmente la possessione occupa un posto importante nelle a sttategie dellimmaginario africano. Le cul- ture amerindie sono state invece definite dallantropologo Kroeber culture del sogno. In ogni caso, ` la prossimit` e a delle origini che si manifesta, ` la cosmogonia che si riattiva. In Africa, le forze e ance- strali delle origini si impadroniscono dei corpi dei posseduti, men- tre lo sciamano amerindio viaggia in sogno verso la linea delloriz- zonte per andare a prendere notizie dei morti recenti che hanno raggiunto le divinit` ancestrali. a Nel complesso, ` dunque la prossi- mit` spaziale e temporale del presente e e a del passato mitico che si af- ferma e, pi` ancora, la dipendenza del primo dal u secondo. Si capisce come in queste condizioni osservatori pi` o meno in- teru essati a questo aspetto della faccenda (missionari, amministra- tori, funzionari di ogni genere... ed etnologi) siano stati tentati di attribuire genericamente alle societ` non occidentali, non indu- striali, sottosviluppate, un rapporto con il a tempo troppo soggetto al fascino dellevocazione delle origini, troppo invischiato nella ri- petizione rituale del ritorno ancestrale e nel riuto dellevento innovatore per riuscire a lanciarsi con ecacia nellavventura della modernit`. a Era chiaramente un modo per confondere le acque e, soprattutto negli anni Sessanta del secolo scorso, in un periodo in cui coesiste- vano pi` modelli episu temologici, per fare concessioni nello stesso tempo al modello culturalista e a quello evoluzionista. Secondo il primo, in ogni insieme socio-culturale esistono pi` livelli di realt` sociale, ognuno dei quali, per`, ` espressione degli altri: se si u a o e scopre la cifra di una delle letture possibili, si ottiene al contempo la capa- cit` a di capire le altre e il tutto specico che esse compongono. Se- condo il modello evoluzionista, la via dello sviluppo ` rigorosamente indicata e ha, in particolare, e implicazioni psicologiche individuali e collettive che tutti gli enti di ricerca, nel decennio di cui parliamo, 19 inserivano nei propri questionari come voci pertinenti (per esempio, il senso del progresso o il tempo come valore in s). Il e punto problematico consisteva chiaramente nel presupporre un concetto sociale di tempo che si credeva di poter inferire dalla presenza o assenza di qualche categoria abitualmente considerata parte integrante della cassetta degli attrezzi propria a imprenditori, leader e dirigenti della classe capitalista. Daltronde, in quello stesso periodo (1965), Louis Althusser in Leggere il Capitale (1) faceva la critica di quel concetto di tempo omo- geneo e contemporaneo a s che autore izzava quella che deniva la cesura di essenza. Tale cesura, dove ogni elemento

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CHAPTER 1. LE CULTURE DELLIMMANENZA

della totalit` ` dato in una copresenza, che ` essa stessa presenza immediata a e e della sua essenza, diventata cos` immediatamente leggibile in s, (2) puntava ad e aggiornare la struttura specica della totalit` sociale che la ren- deva possibile. a Ci trovavamo allora, in realt`, davanti a una visione evoluzionista e culturala ista del mondo, secondo la quale le societ` si collocano su un continuum dove a ognuna di esse, nella sua totale pienezza, occupa un proprio posto funzionalmente armonioso. Se il concetto di un tempo sociale proprio di ciascun insieme so- ciale ` inammissibile, evidentemente ci saranno tante concezioni del tempo e quante sono le mansioni da compiere: per riprendere per un istante lesempio degli Alladiani, i lavori agricoli non impon- gono le stesse scadenze e le stesse urgenze di una giornata di pesca in mare o dellelaborazione di strategie matrimoniali a lungo termine. Inoltre, si potrebbero fare distinzioni tra un tempo ciclico, legato al calendario e ai ritmi agricoli (i quali, tra parentesi, fanno s` che tra gli agricoltori ci sia un senso acuto delle scadenze), e un tempo cumulativo legato allet` e al percorso sociale. Edmund Leach aveva fatto questa a distinzione nella sua Critique de lanthropologie. (3) Nel 1947 Maurice Halbwach (4) aveva gi` fatto notare lesistenza, in unu- nica societ`, di tanti tempi a a collettivi quanti sono i gruppi separati e lassenza di un tempo unicante che si impone a tutti. A sua volta lo storico Jacques Le Go, dopo aver distinto, nel Medioevo, il tempo della Chiesa da quello del mercante, osservava come il primo 20 fosse un orizzonte presente anche nellesistenza del mercante, ma che il tempo nel quale operava professionalmente non era quello in cui viveva religiosamente. (5) La distinzione dei diversi tempi era da molto tempo alla base delle inchieste etnologiche sul campo. Gi` nel 1939 Edward E. Evans-Pritchard, a a proposito dei Nuer, aveva di- stinto tra tempo strutturale e tempo ecologico. (6) Di nuovo negli anni Sessanta, una ricerca diretta da Georges Balandier distingueva tra tempo non utilitario, tempo ecologico e tempo utilitario. (7) Si vede dunque che non tutti gli etnologi e non tutti gli osserva- tori sono stati vittime dellillusione evoluzionista e culturalista. Ma non ` questo laspetto pi` e u importante. Per quello che qui ci inte- ressa, laspetto rimarchevole ` linsistenza e con la quale etnologi, so- ciologi, storici e loso sono tornati, nel decennio in questione, sullargomento del tempo e dello sviluppo. Per la maggior parte di costoro non si ` trattato di una discussione puramente speculativa, ma del e tentativo di riettere sulle condizioni che rendono possi- bile lo sviluppo. Per qualcuno non si ` trattato tanto di sviluppo, un concetto del quale si denuncie ava il carattere ideologico, quanto di rivoluzione. In ogni caso, da parte sia dei marxisti sia dei teorici li- berali dello sviluppo e del decollo, c` stato il tentae tivo di co- struire un pensiero dellavvenire che, per quanto attraversato da contraddizioni e polemiche, non era ancora minato dal dubbio e dallo scetticismo. ` Questo atteggiamento sar` dominante no agli anni Settanta. E possibile fare a unaltra osservazione a proposito dellespressione culture dellimmanenza. Essa non tende tanto a distinguere que- ste culture dalle altre quanto a individuare in ogni societ` la propria dimensione immanente, la propria parte di immanenza. a Perch i riferimenti collettivi uciali sono una cosa e le modalit` pratiche di e a esistenza unaltra. Gli individui e i gruppi umani in maggioranza privilegiano la sicurezza di un ambiente a loro noto a un avvenire pregurato e si sforzano di limitare per quanto ` possibile la portata dellevento. Nelle societ` complesse, e a nelle quali le divisioni di classe e le dierenze di rango e di qualica professionale sono nette e mol- 17 teplici, limpiego del termine cultura, sempre problematico, ` par- ticolarmente delicato. Mi sembra comunque possibile accostare la cule

13 tura dellimmanenza a ci` che Pierre Bourdieu chiama habitus, denito come o sistema di disposizioni a essere e a fare, desiderio di essere che, in certo modo, cerca di creare le condizioni del proprio conseguimento. Quel sentirsi a casa nel quale si ritrovano gli in- dividui e al quale contribuiscono, indipendentemente da qualsiasi specico riferimento cosmologico, tanto il contesto materiale (edicio, mobili, attrezzature domestiche) quanto i rapporti di prossi- mit` (amici, a congiunti, relazioni), ` un mondo dellimmanenza, un luogo di immanenza che ` e e tale proprio nella misura in cui coloro che lo creano, a prescindere dalle determinazioni che rimangono in gran parte esterne a loro, intendono perpetuarlo il pi` u a lungo pos- sibile, soprattutto cercando solo l` le ragioni del proprio divenire. Scrive Bourdieu: Il corpo ` nel mondo sociale, ma il mondo so- ciale ` nel corpo e e [...]. Le strutture stesse del mondo sono presenti nelle strutture (o meglio negli schemi cognitivi) che gli agenti met- tono in funzione per capirli [...]. (8) Non si potrebbero denire me- glio le societ` del lignaggio africane o altre societ` pi` o a a u meno in- dierenziate che sicuramente Bourdieu, etnologo della Kabilia, aveva in mente nel momento in cui scriveva queste parole: Lindi- scutibile fascino delle societ` stabili e poco dierenziate, luogo per eccellenza secondo Hegel, che a ne aveva avuto unintuizione acutis- sima, della libert` concreta dellessere a a casa propria (bei sich sein) ci` che `, trova il suo principio nella coincidenza o e quasi perfetta tra habitus e habitat, tra gli schemi della visione mitica del mondo e La struttura dello spazio domestico organizzato secondo le stesse opposizioni, o ancora tra le speranze e le opportunit` eettive di realizzarle. Nelle stesse a societ` dierenziate tutta una serie di mec- canismi sociali tende ad assicurare a ladeguamento delle disposi- zioni alle posizioni, orendo cos` a chi ne benecia unesperienza incantata (o misticata) del mondo sociale. (9) Lerrore di certi fautori dello sviluppo degli anni Sessanta ` certamente consistito nel pretendere e di agire direttamente su 22 schemi mentali dei quali non comprendevano n la e natura n la funzione, facendone espressione di una mentalit` considerata da e a qualcuno riformabile e da altri irrimediabilmente cristallizzata. Di converso, tutti i dibattiti del periodo che arontavano i rapporti tra tempo e societ` sono a interessanti per due ragioni: da una parte ci sollecitano a riettere sulla categoria del simbolico e sullo statuto degli schemi preesistenti alla produzione di senso da parte degli individui in societ`; dallaltra ci invitano a interrogarci sui a motivi per cui il grande dibattito sul tempo e sul futuro degli anni Sessanta abbia mancato lobiettivo e, al di l` di questo, sui motivi per cui oggi il tempo a come principio di speranza sembra essere scomparso dalle nostre discussioni, dalle nostre coscienze e dalle nostre pro- spettive politiche. Note al capitolo 1. Louis Althusser, Lire le Capital Maspero, Paris, 1965 [trad it.: Leggere il Ca- pitale, Mimesis, Milano, 2006]. 2. Ibid., p. 40. 3. Edmund Leach, Critique de lanthropologie, PUF, Paris, 1968 [ediz. originale Rethinking Anthropology, Dikens, Northampton, 1966]. 4. Maurice Halbwachs, La mmoire collective et le temps, Cahiers internationaux de sociologie, II, 1947 e [trad. it.: La memoria collettiva, Unicopli, Milano, 2007]. 5. Jacques Le Go, Temps de lEglise et temps du marchand, Annales, XV (3), maggio-giugno 1960 [trad. it.: Tempo della Chiesa e tempo del mercante e altri saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino, 2000]. 6. E. Evans-Pritchard, Nuer Time Reckoning, Africa, 12, 1939 [trad. it.: [Nuer: unanarchia ordinata, Franco Angeli, Milano, 2004]. 7. Georges Balandier, Le Temps et la montre en Afrique noire, Fdration horlog`re suisse, Bienne, 1963. 8. Pierre Bourdieu, e e e Mditations pascaliennes, Seuil, Paris, 2003, p. 218 [trad. it.: Meditazioni e

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pascaliane, Feltrinelli, Milano, 1998]. 9. Ibid, p. 213. 23

Chapter 2

Cambiamento di scala, stato delle questioni e stato dei luoghi


Sul mondo dei nostri riferimenti quotidiani, come sullimpero di Carlo V, non tramonta mai il sole e noi abbiamo il presentimento che, bene o male, la sorte degli uni non possa essere del tutto estranea a quella degli altri. Il mondo fatto di informazioni e immagini che ci sommerge conferma la nostra sensazione di vivere in una situazione (globale) ad anello, dalla quale sono eventualmente eliminati gli scarti alla regola pi` inopportuni. La resistenza a questo stato di u cose si ` espressa di recente pi` volte negli incontri dei movimenti cosiddetti e u no global o altermondialisti, movimenti piuttosto eterogenei che vanno prima di tutto considerati sintomi di una presa di coscienza planetaria. Una presa di coscienza, tuttavia, che rimane per il momento frammentaria e impotente: il nuovo spazio pubblico planetario non ` ancora nato e, a conti fatti, quella che e domina tra gli osservatori del mondo contemporaneo ` una sorpresa aascinata e davanti allampiezza di un improvviso cambiamento di scala e di scenario, del quale non hanno saputo n sanno ancora immaginare gli eetti e le conseguenze e a lungo termine. 25 Noi viviamo, senza avere abbastanza coraggio per rendercene conto, in un periodo di transizione al termine del quale la Terra sar` a solo un punto di riferimento e di partenza. Lesplorazione dello spazio ` appena e agli inizi, ma levoluzione politica e scientica del pianeta ` gi` ora profondae a mente orientata verso questa nuova prospettiva. La misura del tempo e dello spazio cambia dal momento in cui la Terra nel suo insieme diventa un punto di riferimento e di partenza, e cambia sulla Terra stessa: in molti ambiti il pianeta in quanto tale ` diventato lunit` spaziale di riferimento; mentre il secolo, che e a potrebbe apparire ununit` storica risibile rispetto allo spazio-tempo allinterno a del quale apprendiamo luniverso, rimarr` un riferimento troppo vasto per dare a conto della storia a venire. La famosa accelerazione della storia non ` altro e che la storia dei cambiamenti di misura e di riferimento che ne hanno permesso il farsi: a posteriori, noi identichiamo le epoche preistoriche solo in termini di ere e di et`, essenzialmente sulla base delle innovazioni tecnologiche che a vi hanno visto la luce; i tempi storici si misurano in millenni e poi in secoli. Per dare conto della lotta per legemonia tra cristianesimo e islam nellEuropa 15

16CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI mediterranea, contiamo ancora per gruppi di secoli; tra la riconquista cristiana di Toledo e quella di Granada intercorrono quattrocento anni. Per dare invece conto dellepoca moderna, il secolo diventa un periodo troppo esteso: tra linizio e la ne dei secoli XVII, XVIII e XIX lampiezza dei cambiamenti scientici e politici ` notevolissima, e anche se gli stili di pensiero e quelli estetici portano il e segno di questo o di quel secolo, a costo di grandi approssimazioni, la pertinenza di una scansione storica a frazioni di cento anni pone diversi problemi. Sono sfumature che rappresentano il massimo piacere per certi storici, ma lessenziale riguarda il presente: non basta aermare che nellultimo mezzo secolo si sono vericate trasformazioni scientiche e tecnologiche pi` numerose e profonde di u quelle che si sono vericate dalla comparsa dellumanit`? Nel corso del XXI a secolo, per avere la misura dei cambiamenti avvenuti non bisogner` forse studia are per frazioni di venti o di dieci anni? 26 Non appena prendiamo atto della brusca accelerazione dei cam- biamenti che hanno reso il pianeta uno spazio di comunicazione, subito si attivano le sperimentazioni che domani renderanno il corpo umano atto a sopportare a lungo lassenza di peso, a molti- plicare le prestazioni, a integrare elementi meccanici ed elettronici, ad avvicinarsi al modello di uomo bionico immaginato dalla fan- tascienza. Peraltro, la cooperazione internazionale in materia di esplorazione dello spazio ben esprime lunit` a imposta al pianeta dai suoi nuovi obiettivi, anche se questa unit` conferma i a rapporti di forza esistenti. Un bel giorno verremo a sapere della scoperta di una nuova America, o di tante nuove Americhe, mentre avremo visto partire gli esploratori dei nuovi tempi senza dare loro unim- portanza maggiore di quella che, sei secoli fa, diedero ai conquista- dores i contadini dellEstremadura. Eppure le conseguenze di que- sta nuova conquista saranno alla ne, da ogni punto di vista, ancora pi` decisive per il futuro dei terrestri di quelle della prima. Da uno o due u decenni il presente ` diventato egemonico. Agli occhi dei comuni mortali esso e non ` pi` frutto della lenta matura- zione del passato, non lascia pi` trasparire e u u i lineamenti di possibili futuri, ma si impone come un fatto compiuto, schiacciante, il cui improvviso sorgere fa sparire il passato e satura limmaginazione del futuro. Questo mondo del presente ` segnato dallambivalenza dellim- pene sato e dellimpensabile: impensato del consumo, che rispecchia limmagine di un presente invalicabile, caratterizzato dalla sovrab- bondanza degli oggetti che ci propone; impensabile della scienza, sempre al di l` delle tecnologie che ne sono a la ricaduta. Il mondo del consumo basta a se stesso, mostrando rimandi a una cosmolo- gia: si denisce attraverso le proprie modalit` di uso. La cosmo- teca nologia, intendendo con questo termine linsieme delle tecnolo- gie messe a disposizione degli umani per la gestione della propria esistenza materiale e linsieme delle rappresentazioni a queste le- gate, ` ne a se stessa. Essa denisce la natura e e le modalit` delle re- lazioni che gli umani possono intrattenere quando vi si a riferiscono: 27 mondo dellimmanenza nel quale limmagine rimanda allimmagine e il messaggio al messaggio; mondo da consumare subito, come i bign` e alla crema; mondo da consumare ma non da pen- sare; mondo dove si possono attivare procedure di assistenza ma dove non ` possibile elaborare strategie di e cambiamento. Il mondo della scienza, invece, ` sempre in movimento, alle frone tiere del noto e dellignoto che tracciano le proprie orbite va- riabili negli spazi dellinnitamente grande e dellinnitamente pic- colo. Rispetto alla sua vera nalit`, ogni giorno pi` esplicita (strut- tura delluniverso, origini e meccanismi a u della vita), le tecnologie che si richiudono ad anello intorno al pianeta sono solo una rica- duta rassicurante e, in questo senso, alienante. Ma lindissolubile cop-

17 pia scienza-tecnologia, per parte sua, ci promette soltanto sco- perte, orizzonti sempre diversi e rovesciamento di prospettive. La storia delle scienze, la storia delle idee e la storia dellarte hanno tenuto sempre conto del contesto, ma il concetto di conte- sto pu` essere inteso in modi dierenti e inoltre non ha lo stesso o statuto quando si riferisce alle scienze dure o alle scienze umane. Le scienze e le arti si sviluppano in ambiti particolari, in epoche particolari, e tutti sanno che non ` possibile studiarle e compren- derle completamente se non alla luce di e quel contesto generale. Ma si sviluppano anche in funzione di un contesto specico a ognuna di esse, alla storia propria della disciplina. La distinzione classica nella storia delle scienze tra il punto di vista esterno e quello interno non ` per` e o assoluta ed ` suscettibile di evoluzione. In ogni caso, quello che ` in discussione e e ` il rapporto tra lo stato delle questioni (il punto di vista interno) e lo stato dei e luoghi (il punto di vista esterno). In tutte le discipline scientiche e artistiche lo stato delle que- stioni ` evolutivo: c` un avanzamento delle conoscenze, visibile e mente cumulativo nel caso delle scienze tanto ` inesauribile la loro materia; pi` e u travagliato ` il caso delle arti, nella misura in cui la materia stessa dellopera (il e suono, la luce) o le sue forme (la melo- dia, la gura, i colori) diventano loggetto e non pi` il mezzo della 28 creazione e della ricerca artistica. Il che pu` dare u o spunto a riscoperte o a cedimenti al gusto del giorno che non hanno equivalenti nel mondo scientico: la scoperta dellarte negra, a suo tempo, quella dei dipinti degli aborigeni, pi` di recente, appartengono a un tempo specicamente u artistico. Il caso delle scienze sociali si colloca a mezza via. Non si pu` negare o che abbiano fatto progressi nel corso del XX secolo: la carto- graa del sapere si ` arricchita; sono state studiate le modalit` di or- ganizzazione sociale pi` e a u diverse; si sono aperti campi nuovi e rivo- luzionari (la psicoanalisi); nel caso della storia, i cambiamenti e i traumi che ha imposto, spesso tragicamente, agli individui e alle so- ciet` hanno rappresentato una sorta di sperimentazione in a vivo che ` stata per queste discipline lequivalente degli esperimenti scienti- ci. e Gli etnologi, per esempio, hanno potuto studiare solo gruppi profondamente sconvolti dal contesto coloniale. Probabilmente, nel campo delle scienze sociali non ` possibile, n auspicabile, di- stinguere nettamente lo stato delle questioni e e e lo stato dei luoghi. Lo stato dei luoghi ` il contesto generale (economico, e politico) nel quale si originano atteggiamenti mentali e comportamenti. Nel linguaggio marxista degli anni Sessanta e Settanta, si parlava in questo senso di ideologia dominante. Le cose si semplicano e insieme si complicano per il fatto che, evidentemente, lo stato delle questioni fa parte ogni giorno di pi` u dello stato dei luoghi. I media diondono uninformazione sulla scienza e sulle sue ricadute tecnologiche che contribuisce alla for- mazione della coscienza sociale. E soprattutto, le politiche della ri- cerca, la scelta dei programmi (che costano sempre di pi`) dipen- dono in gran parte dallo stato dei luoghi. Le mode u culturali, le vicissitudini storiche e pi` ancora i giochi economici gravano sullo u stato delle questioni. Lo scienziato, per dura che possa essere la sua disciplina, non ` rinchiuso nella sua torre davorio. Il caso delle scienze umane o sociali ` e e particolare: lo stato dei luoghi fa tradizionalmente parte del loro oggetto. In questo senso sono scienze storiche (prese nella storia). Le scienze della natura e 29 della vita scoprono una complessit` crescente, o cos` almeno si dice. Ma a quella che cresce davvero ` la consapevolezza che esse hanno di tale complessit`, e a che era l` n dallinizio. I grandi eventi ai quali queste scienze possono riferirsi (comparsa della vita, nascita del- luniverso) non si collocano ovviamente in un tempo storico, ma sono piuttosto espressione della complessit` del loro oggetto. a

18CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI Le scienze sociali, di converso, hanno a che fare con una du- plice complessit`. a In primo luogo, quella inerente al loro oggetto. A tale proposito ` possibile pare lare di progresso della conoscenza (noi sappiamo pi` cose oggi rispetto a ieri del u modo in cui si strut- turano e si simbolizzano le relazioni di potere, liazione, alleanza, i sistemi religiosi, le organizzazioni economiche...). In secondo luogo, la crescente complessit` storica del loro oggetto: cambiano le formazioni politiche a e sociali, le ideologie, lorganizzazione dello spazio e la demograa, e questo stesso cambiamento ` anchesso oggetto delle scienze sociali. Ci` signica, per e o un verso, che lo stato dei luoghi ` qui una limitazione, come per le scienze dure, e ma anche un oggetto; e, per laltro, che le scienze sociali, per questa stessa ragione, non sono evidentemente scienze a pari titolo di quelle della natura e della vita. Questa constatazione non ` aatto a favore di una concezione relativista, e qualitativa e lassista di tali di- scipline, ma rimanda semplicemente al fatto che, nel campo delle scienze umane e sociali, gli oggetti e la sperimentazione sono sto- ria, a dierenza di quanto avviene nelle scienze della natura e della vita. Non sono qui in discussione i mezzi e le tecniche della ricerca, e non bisogna farsi illusioni al riguardo: n la demograa n leco- nomia quantitativa, per e e esempio, hanno altro oggetto al di fuori di quello storico. Non sono scienze nel senso della sica, della chi- mica e della biologia. In ogni caso, ` dellevidenza e che la ricerca deve didare. Lo stato delle questioni, in tutte le discipline della scienza, dellarte o della gestione, pu` essere un fattore di immobilismo, o di routine, di ripetizione, quando si esprime in modo apparentemente denitivo nelle formule che sanzionano la tirannia del presente; citiamo tra le pi` recenti u quelle che hanno spopolato: la ne della storia, la globalizzazione, o magari la pi` classica e vetusta legge del mer- cato, tutte formule che, presentate come u invalicabili, rappresen- tano altrettanti interdetti a pensare. 30 Le espressioni dellevidenza, trasmesse e amplicate dal sistema mondiale delle comunicazioni, spesso appartengono simultanea- mente allo stato delle questioni e allo stato dei luoghi, e questa du- plice porosit` ha tutte le probabilit` di aumentare in futuro. a a Ma ` caratteristica della fase di transizione che vede il pianeta trasfor- marsi e insensibilmente nel punto di partenza e di riferimento: una trasformazione che tocca insieme la storia generale e la storia delle scienze. Questo cambiamento di scala pu` avere una conseguenza posi- tiva, obbligando le scienze, la losoa o e le arti a scoprire e a esplo- rare i territori che hanno in comune. Il regno della cosmotecnolo- gia presenta due facce: la prima ` quella delle evidenze, e luminosa e accecante; la seconda, la faccia nascosta, ` quella sulla quale si pu` e o imparare a decifrare la necessit` delle consonanze tra scienze, tec- nologie e soa ciet`. La ricerca scientica fa scoperte la cui applica- zione in tutti i campi pu` a o trasformare la vita e perno lidentit` degli esseri umani. Le questioni che pone a riguardano la societ`, non solo gli esperti o le anime belle ma tutti coloro che a si preoc- cupano dellavvenire sociale dellumanit`. Le commissioni etiche o gli a altri organismi ad hoc esprimono a loro modo lesigenza di que- sta nuova collaborazione. Ma ben oltre questa esigenza, la loro stessa comparsa rappresenta un fenomeno rilevante: la storia ha raggiunto la scienza. La storia ha raggiunto la scienza o, per essere pi` precisi, la scienza ` entrata nella storia. Non sempliceu e mente nel senso che le conseguenze della scienza, le sue applicazioni, possono porre pro- blemi etici (si sa da tempo che scienza senza coscienza rovina lanima), ma anche nel senso che gli oggetti della speculazione scien- tica sono diventati oggetti storici. La conquista dello spazio o lesplorazione del vivente appartengono ormai allo stato dei luoghi, 31 non solo in ragione delle loro possi-

19 bili applicazioni alla Terra e agli umani, ma anche perch aggiornano i parametri e dellavvenire. Gli scienziati ne sono cos` consapevoli che sempre pi` si aret u tano a sottolineare gli aspetti pratici, applicabili, delle loro sco- perte, in particolare la loro ricaduta in ambito medico (a proposito della clonazione o degli esperimenti che combinano neuroni e mi- croprocessori), quasi amoderare con il linguaggio rassicurante della cosmotecnologia la vertigine che introducono nella storia umana. Lavvenire delle nostre societ`, lavvenire del pianeta come ina ` sieme di societ`, non ` immaginabile facendo astrazione dalla scienza. E questa, a e a conti fatti, che ordiner` il sociale, e lopposizione tra i punti di vista interno a ed esterno diventer` rapidamente obso- leta. 32 a capitolo terzo Globalizzazione, urbanizzazione, comunicazione, istantaneit` a Esiste oggi unideologia della globalit` senza frontiere che si mani- festa nei a pi` diversi campi dellattivit` umana mondiale. Quella attuale ` una globalit` u a e a in rete che produce eetti di omogeneizza- zione, ma anche di esclusione. Questa tensione o contraddizione la possiamo misurare interrogandoci sul concetto di globalizzazione nelle sue numerose accezioni e sul fenomeno pi` impressionu ante del secolo da poco compiuto: lurbanizzazione del pianeta, identi- cata dal demografo Herv Le Bras come una tappa decisiva della storia umana, un e fenomeno di importanza pari a quello del passag- gio dalleconomia di raccolta allagricoltura. Il termine globalizzazione richiama due ordini di realt`: da un a lato corrisponde allestensione, su tutta la supercie terrestre, del mercato cosiddetto libero e delle reti tecnologiche di comunica- zione e informazione; dallaltro rimanda a quella che si potrebbe chiamare coscienza planetaria, o planetarizzazione, che presenta anchessa due aspetti. Ogni giorno di pi` ci rendiamo u conto di abitare uno stesso pia- neta fragile ed esposto a minacce, innitamente piccolo in un uni- 33 verso innitamente grande. La coscienza planetaria ` di e natura eco- logica ed ` una coscienza inquieta: tutti noi condividiamo uno spae zio limitato e lo trattiamo male. Questa consapevolezza inuenza incontestabilmente il nostro rapporto con la storia, con la nostra storia, nella misura in cui la delocalizza, anche a costo di lacerazioni e soerenze senza precedenti su questa scala. Le nuove situazioni di acculturazione, migrazione o esilio trasformano la percezione del tempo ancor pi` profondamente della percezione dello u spazio. Siamo anche consapevoli del divario ogni giorno pi` grande tra i pi` u u ricchi dei ricchi e i pi` poveri dei poveri, e di quello parallelo tra sapere e igu noranza; questa linea di rottura non si sovrappone perfettamente a quella tra paesi sviluppati e sottosviluppati (ci sono poveri ed esclusi dal sapere nei paesi cosiddetti sviluppati; ci sono paesi scienticamente emergenti), ma contribuisce a riprodurla, in quanto i paesi sviluppati sono sempre meno impegnati nella pro- pria missione di diusione scientica. La coscienza planetaria, come coscienza ecologica e sociale, ` pertanto una coscienza infelice. Lattuale termine e globalizzazione si riferisce allesistenza di un mercato mondiale libero, o presunto tale, e di una rete tecnologica estesa alla Terra intera, alla quale per` non o ha ancora accesso un gran numero di persone. Il mondo globale ` dunque un e mondo in rete, un sistema denito da parametri spaziali, ma anche econo- mici, tecnologici e politici. La dimensione politica ` stata messa in evidenza da Paul e Virilio in varie sue opere e soprattutto in La bomba informatica, (1) nella quale analizza la strategia del Pentagono americano e il suo con- cetto di opposizione tra globale e locale. Per il Pentagono, ci spiega Virilio, il globale ` il sistema che e ho appena descritto, ma conside- rato dal suo punto di vista, dal punto di vista del sistema: esso ` quindi interno; se restiamo in questottica, il locale diventa e

20CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI cos` esterno. Nel mondo globalizzato, il globale si contrappone al locale come linterno allesterno. Quando Francis Fukuyama evoca la ne della storia per sottolineare come il connubio democrazia rap- 34 presentativa-economia liberale sia intellettualmente insuperabile, introduce nello stesso tempo una contrapposizione tra sistema e storia che ricalca quella tra globale e locale. Nel mondo globale la storia, nel senso di una contestazione al sistema, pu` solo venire o dallesterno, dal locale. Il mondo globale presuppone, almeno ideal- mente, la cancellazione delle frontiere e delle contestazioni, a van- taggio di una rete di comunicazioni istantanea. La cancellazione delle frontiere, che si vorrebbe fosse una cancel- lazione del tempo, ` messa in scena dalle tecnologie dellimmagine e e dallorganizzazione dello spazio. Sul pianeta si moltiplicano gli spazi di circolazione, di consumo e di comunicazione, rendendo vi- sibile molto concretamente lesistenza della rete. La storia (il di- stanziamento nel tempo) ` congelata in e rappresentazioni di diverso ordine che la rendono uno spettacolo per il presente e in partico- lare per i turisti in visita nel mondo. La distanza culturale e geograca (il distanziamento nello spazio) subisce unidentica sorte. Le- sotismo, che ` sempre stato unillusione, diventa doppiamente illusorio da quando ` messo in e e scena. Le stesse catene alberghiere, le stesse reti televisive, rinserrano il globo per darci la sensazione di un mondo uniforme, uguale dappertutto, in cui solo gli spettacoli cambiano, come a Broadway e Disneyland. Il regno dellimma- gine, raorzato dallo sviluppo delle reti di comunicazione, accen- tua nello stesso tempo il carattere iperreale del sistema, per ri- prendere lespressione di Umberto Eco, e la crescente indistinzione tra realt` e ction. Nel sistema tutto ` a e spettacolo, ma laccesso allo spettacolo si identica con il massimo del consumo. Il nuovo spazio planetario esiste, ma non esiste uno spazio pub- blico planetario. Lo spazio pubblico ` quello in cui si forma lopi- nione pubblica. Nella Grecia e della polis, cera una coincidenza tra lo spazio materiale dellagor` e il luogo a di espressione e di forma- zione dellopinione pubblica. In certe citt` italiane, a dove sussiste una cultura della pubblica piazza, si vedono ancora gruppi di persone (soprattutto uomini) che discutono, talora con passione, delle faccende locali o nazionali. A Londra, Hyde Park accoglie i predi- 35 catori, ma anche gli oratori che esprimono la propria opinione sulla pubblica via. Tuttavia, ci si rende ben conto come negli Stati moderni lo spa- zio pubblico non possa limitarsi a qualche piazza nel centro delle citt`. Il loro posto ` stato preso dalla a e stampa e dalla radio, che in linea di principio gestiscono rubriche (spazi) nelle quali i lettori o gli ascoltatori possono esprimere le loro opinioni. La stampa ` e parte dello spazio pubblico anche quando si aerma come stampa dopinione. Questultima, che si sia pi` o meno daccordo con le sue idee, svolge un ruolo u importante nella formazione e nellinfor- mazione del pubblico, proprio perch ` ee impegnata nella vita pubblica e prende posizione. E piuttosto la stampa cosiddetta apo- litica ad avere spesso un ruolo insidioso in quanto presenta lattualit` uciale come la norma, modellando cos` inconsapevolmente il modo di sena tire degli individui. Le cose si complicano con la tecnica dei sondaggi detti dopinione e ancor pi` con la televisione. I sondaggi pretendono di for- nire una fou tograa istantanea dellopinione in un momento dato, ma si sa che le risposte fornite nel corso delle inchieste dipendono spesso da come sono formulate le domande. La televisione ` sempre pi` parolaia e oltretutto d` voce a testie u a moni o organizza dibattiti tra individui che si suppone esprimano la diversit` a dellopinione pubblica, senza per` che vi sia alcuna garanzia di una rappresentao tivit` statistica. Le nuove tecniche di comunicazione, soprattutto Internet, ofa

21 frono uno straordinario canale per scambi di ogni ge- nere, ma Internet non ` e aperto a tutti, pu` essere conscato da gruppi organizzati e si presta a talune o manipolazioni. La globalizzazione rende ancora pi` complicato lo schema, sia u perch comporta una proliferazione delle immagini e dei messaggi, sia perch e e contribuisce a uniformare linformazione, gli orienta- menti e i gusti. Non esiste uno spazio pubblico planetario proprio quando noi, ogni giorno di pi`, ci rendiu amo conto che la nostra esistenza dipende da decisioni e da fatti che sfuggono al nostro controllo diretto e che non hanno senso se non su scala globale. I media, che per il momento rappresentano un succedaneo di tale spazio pubblico planetario inesistente, sono costantemente esposti alla tentazione di confondere spazio pubblico e spazio del pubblico, nel senso teatrale del termine. Il pubblico, che talora si vuole se- durre e lusingare piuttosto che informare, ` spesso indotto a e consu- mare passivamente le notizie del mondo, come un qualunque spet- tacolo cinematograco o televisivo. Lessere umano, per`, rimane un animale politico, o nel senso greco del termine. Quali che siano i limiti del sistema globale, questo animale non rinuncia a esprimersi, in piazza, con il voto o in altri modi. Di recente ` accaduto un fatto che non sar` certo privo di conseguenze: sono e a state condotte alcune inchieste mondiali a proposito delle elezioni presidenziali americane del 2004. La scelta del mondo - che ha preferito Kerry a Bush, tranne in due paesi - non ` stata quella della maggioranza del popolo americano. Ma e laspetto pi` interessante e signicativo ` che, per la prima volta nella storia del u e pianeta, qualcuno abbia avuto lidea di fare quei sondaggi. Sappiamo tutti che le scelte degli Stati Uniti riguardano ognuno di noi. Sappiamo tutti che la vita politica, come quella economica, ha cambiato di scala. E che sta per nascere qualche cosa che assomiglia a unopinione pubblica mondiale. Unopinione mondiale non vuole necessariamente dire unopinione unanime, quanto unopinione che si occupa del mondo intero. Alla stessa stregua, una cultura mondiale non ` una cultura omogenea o unica, ma una cultura che si preoccupa delle sorti del e mondo. Non siamo ancora cittadini del mondo, ma se non smettiamo di interessarci allo stato del mondo avremo la possibilit` di restare cittadini del nostro a paese e di diventare forse un giorno cittadini della Terra. C` dunque un che e di aascinante nella rapida propagazione dei mezzi di trasmissione istantanea ` dei messaggi e delle immagini. E un fenomeno del quale non si pu` ignorare o lesistenza o sottova- lutare limportanza, ma bisogna essere vigili riguardo ai rischi che comporta. Che sono commisurati alle speranze che pu` suscitare, per o esempio nel campo dellistruzione e dellinformazione: i media 37 sono unottima cosa, purch chi vi fa ricorso non dimentichi che si tratta di mezzi e non di ni e e che le immagini non sono la realt`. Questultima proposizione pone tuttavia a numerose dicolt`. Prima di tutto i media, nella forma attuale, tendono a a insinuarsi nellintimit` del corpo di chi li utilizza. Si vedono sempre pi` pera u sone che sembrano dipendere quasi sicamente dal cellulare, dal computer, dal mondo musicale che, con le cue alle orecchie, si portano in giro nel cuore delle citt` come in viaggio. Questo acco- stamento dei mezzi di comunicazione al a corpo, che le persone ac- quisiscono progressivamente e niscono per abitare, ` proprio il fenomeno pregurato dalla fantascienza (pensiamo alluomo e alla e donna bionici dei telelm americani) e dalle favole del passato, in tutte le culture, che giocano con le capacit` del corpo umano. E lo ritroviamo anche nelle a innovazioni pi` recenti nel campo della si- curezza: oggi, in alcuni paesi, certi u piccoli criminali o delinquenti colpevoli di reati sessuali sono lasciati in libert` a apparente, ma ob- bligati a portare un braccialetto elettronico che ne segnala

22CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI la pre- senza o lidentit`. Sappiamo gi` che un individuo ricercato per un quala a siasi motivo pu` essere rintracciato o ritrovato grazie al suo cellulare. Non ci o ` possibile, ormai, dissociare limmagine dei media dalla funzione che svolgono e discretamente, mettendo sotto sorveglianza la vita pubblica e privata. Un giorno forse lessere umano sar` tanto dipendente dai mezzi di comunicazione, ai quali a il suo corpo ` sempre pi` letteralmente connesso, quanto lo ` dal corpo stesso, e u e il quale, come ben sap- piamo, impone di malattia in malattia la propria legge allessere che alla ne scompare con lui. Luomo dipender` dai nuovi mezzi di a comunicazione e informazione allo stesso modo in cui oggi di- pende dai propri occhiali o dallapparecchio acustico. La miniatu- rizzazione dellelettronica accentua questa tendenza, come pure la multifunzionalit` degli apparecchi: con il a nostro cellulare possiamo gi` fotografare e addirittura guardare la televisione. a ` E dicile im- maginare leetto di queste nuove contiguit`, di questi innesti a tec- nologici, sulle generazioni a venire. 38 Inne, continua a porsi il problema di quello che i media dion- dono e trasmettono. Abbondano gli esempi di manipolazione da parte dei poteri costituiti. Sappiamo che ` possibile far dire e alle immagini quello che si vuole. Ma la questione ` ancora pi` com- plessa e e u la globalizzazione non semplica le cose: non solo vediamo solo quello che ci vogliono mostrare, ma la forza delle immagini reiterate ` tale da poterci indurre e a considerare i messaggi che ci vengono imposti come la storia stessa, la pura e semplice realt`. Non ci sono pi` eventi al di fuori di quelli mediatizzati. Lespresa u sione evento mediatico ` un pleonasmo. Anche quando non siamo daccordo con e questo o quel commentatore, anche se ab- biamo reazioni personali davanti ai fatti del mondo, noi cre- diamo di conoscerlo questo mondo e i suoi attori. Abbiamo una fa- miliarit` sempre pi` grande con lo stato del mondo, e levidenza a u delle immagini ci fa dimenticare che in realt` non abbiamo visto niente, che a sappiamo poco e lo sappiamo male. Alla stessa stregua, crediamo di conoscere le persone che ci governano perch ne rico- nosciamo limmagine. Leetto pere verso dei media, indipendente- mente dalla qualit` e dalle intenzioni di chi li a dirige, sta nel fatto che ci insegnano a riconoscere, ovvero a credere di conoscere e non a conoscere o ad apprendere. Leetto perverso dei media consiste anche nel cancellare im- percettibilmente la frontiera tra realt` e nzione. La televia sione opera per lo pi` nel senso di questa cancellazione, perch crea un mondo u e articiale con persone reali, il mondo della televisione, nel quale si ritrovano indierentemente, in una specie di Olimpo catodico, personalit` politiche, stelle a del variet`, attori, presenta- tori, campioni sportivi e altre celebrit`. Nei telea a spettatori nasce pian piano la sensazione che apparire sullo schermo sia la prova ul- tima di unesistenza riuscita. Vivere intensamente ` a conti fatti esistere e nello sguatdo degli altri, diventare unimmagine, passare dallaltta parte dello schermo. Ma la televisione non ` sola in que- sta faccenda e fa appello a tutte e le risorse della tecnologia per in- durre gli spettatori a diventare oggetto dello sguardo degli altri. 39 Invita il pubblico a scrivere e-mail e SMS, a mettere in funzione computer e cellulari, che a loro volta suscitano limmagine di un mondo senza frontiere nel quale la comunicazione ` istantanea, no al punto di orire e la ricompensa suprema: entrare nello schermo in occasione di un programma di reality. In altri termini, i media svolgono oggi il ruolo che un tempo spettava alle cosmologie, alle visioni del mondo che sono al tempo stesso visioni della persona e che creano unapparenza di senso le- gando strettamente i due punti di vista. Le cosmologie articolano lo spazio e il tempo simbolizzandoli, cio` imponendo e a entrambi un ordine arbitrario che si aerma anche sulle relazioni che gli es-

23 seri umani intrattengono tra di loro e con il mondo. Lindispensa- bile necessit` a di dare senso alluniverso, che Lvi-Strauss lega al- lapparizione del linguaggio, e si ` attuata con limposizione sulla realt` del mondo di una logica simbolica e a applicata anche alle rela- zioni tra gli umani. Oggi si sta vericando la stessa situazione con quelle che si potrebbero chiamare le societ` del codice, salvo che a ora le relazioni tra umani dipendono ogni giorno di pi` dalle rela- zioni con le u tecnologie e i media, che sono i prodotti pi` elaborati della societ` dei consumi: u a sono relazioni che passano attraverso i mezzi di comunicazione. In questo senso non sono pi` relazioni simbolizzate; sono comandate da codici e da regole efu mere. Dopo il loro uso, lutilizzatore/consumatore ritorna alla sua solitudine. Nello stato attuale del mondo il ruolo dei media e delle tecnolo- gie ` inscindibile e dal fenomeno della globalizzazione, se con questo termine intendiamo la combinazione del mercato liberista planeta- rio e della comunicazione generale istantanea. Questa combina- zione ` in sintonia, sul piano losoco, con il tema e della ne della storia. Il regno delle immagini e dei messaggi, che circolano in ogni direzione e in modo istantaneo grazie alle tecnologie della co- municazione, conforta questa ideologia del presente. Nella nostra epoca, le tecnologie fanno concorrenza alle religioni e alle losoe nella ricomposizione del tempo e dello spazio. I media strutturano il nostro tempo quotidiano, stagionale e annuale. La vita politica, 40 artistica, sportiva non ` pi` concepibile senza lintromissione e u dei media, che cambiano la nostra relazione con lo spazio e con il tempo imponendoci, con la forza delle immagini, una certa idea del bello, del vero e del bene, e anche una certa idea dellabituale, del solito e, a conti fatti, della norma; in altre parole, unidea del consumo che continuano a riprodurre essendo essi stessi beni di consumo. Sono totalitari per essenza. La cosmotecnologia spiega tutto, racconta tutto e si rivolge a tutti. Come le altre cosmologie, aliena chiunque la prenda alla lettera. Completano questo quadro lurbanizzazione del mondo, le- stensione dei lamenti urbani di cui parla il demografo Herv Le Bras nel e suo libro La Plan`te au village, (2) il fatto che la vita politica ed economica del e pianeta dipenda da centri di decisione situati nelle grandi metropoli mondiali, tutte interconesse, che costitui- scono insieme una specie di metacitt` virtuale a (Paul Virilio). Il mondo ` come ununica immensa citt`. Questo mondo-citt`, e a a al cui interno circolano e vengono scambiati prodotti di tutti i tipi, compresi i messaggi, gli artisti e le mode, estende i propri tentacoli su tutto il pianeta e costituisce lo spazio nel quale si esprime in ogni suo aspetto la cosmotecnologia. E per` anche vero che ogni grande citt` ` un mondo a s e che riassume in o a e e s il mondo, con la sua diversit` etnica, culturale, so- ciale ed economica. Le e a frontiere o le barriere la cui esistenza ten- diamo spesso a dimenticare, davanti allo spettacolo aascinante della globalizzazione, le ritroviamo evidenti, impietosamente di- scriminanti, nel tessuto urbano tanto variegato quanto lacerato. Si ha in mente la citt` quando si parla di quartieri dicili, di ghetti, di povert` e a a di sottosviluppo. Nella grande citt`, nella megalopoli, ` dove si concentrano gli a e immigrati in fuga dai paesi del Sud, quei paesi per loro fuori sistema ma che ospitano spesso le strut- ture alberghiere internazionali dove vengono a rilassarsi i turisti ve- nuti dal Nord. Una grande metropoli oggi accoglie e tiene separate tutte le diversit` e le diseguaglianze del mondo. Tracce di sottosviluppo a si ritrovano in un centro urbano come quello di New 41 York, mentre ci sono quartieri daari connessi alla rete mondiale in alcune citt` del Terzo mondo. a La citt`-mondo relativizza o smentisce con la sua sola esistenza le illusioni del a mondo-citt`. Muri, separazioni, barriere appaiono su scala locale e nelle pi` a u

24CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI banali pratiche quotidiane dello spazio. In Nord-America esistono citt` private; a in America latina, al Cairo, e ovunque nel mondo, si vedono nascere quartieri privati, settori della citt` dove non ` pos- sibile entrare se non giusticando la a e propria identit` e le proprie relazioni. Ci siamo abituati al fatto che lo stabile a nel quale viviamo in citt` sia protetto da codici di accesso, e abbiamo accesso al a con- sumo grazie a certi codici (che siano carte di credito, telefoni cellu- lari o carte speciali create da ipermercati, compagnie aeree o altre aziende). Visto con gli occhi del singolo e dal centro della citt`, il mondo globale ` un mondo della a e discontinuit` e dellinterdetto. Lopposizione tra mondo-citt` e citt`-mondo ` a a a e parallela a quella tra sistema e storia. Ne rappresenta, per cos` dire, la conc reta tradu- zione spaziale e comporta conseguenze nel campo dellestetica, dellarte e dellarchitettura. I grandi architetti sono diventati star inter- nazionali: quando una citt` aspira a gurare sulla rete mondiale, cerca di adare a uno di a loro la realizzazione di un edicio che abbia valore di monumento, di testimonianza, che ne provi la pre- senza al mondo, ovvero lesistenza nella rete, nel sistema. I progetti architettonici tengono conto, in linea di principio, del contesto storico e geograco, ma alle loro spalle piomba il consumo mon- diale: la massa di turisti provenienti da tutto il mondo che ne san- ziona il successo. Il colore globale cancella il colore locale. Questo, trasformato in immagine e accessorio darredo, ` un locale dai co- lori globali, unespressione del sistema. La grande e architettura mondiale si inscrive nellestetica contem- poranea, unestetica della distanza che tende a farci ignorare tutti gli eetti di rottura. Le foto prese dai satelliti, le vedute aeree, ci abi- tuano a una visione globale delle cose. Vista da lontano e dallalto, la miseria ` bella e pittoresca. Le grandi torri di uci e o abitazioni educano lo sguardo, come hanno fatto e continuano a fare il ci- 42 nema e la televisione. Le auto che corrono sullautostrada, il decollo degli aerei sulle piste degli aeroporti, i navigatori solitari che fanno il giro del mondo a vela sotto lo sguardo dei telespettatori, ci of- frono unimmagine del mondo come ci piacerebbe che fosse. Ma questa immagine svanisce se la osserviamo troppo da vicino e se ci impegniamo, come ci invitava Michel de Certeau, a misurare a piedi la citt`, per riscoprirla nella sua intimit` violenta, contrastata e contrada a dittoria. Lo spettacolo del mondo globalizzato ci pone cos` davanti a una serie di contraddizioni che hanno tutta lapparenza della falsit`. Contraddizione tra a lesistenza proclamata di uno spazio planetario, aperto alla libera circolazione delle merci, delle persone e delle idee, e la realt` di un mondo nel quale i pi` forti a u proteggono i propri in- teressi e la propria produzione; nel quale i pi` poveri u tentano, spesso invano e a costo della loro vita, di rifugiarsi nei paesi ricchi, che li accolgono con il contagocce; nel quale la guerra delle idee e delle ideologie trova un campo di azione nuovo nella rete interna- zionale delle comunicazioni. Contraddizione tra lesistenza procla- mata di uno spazio continuo e la realt` di a un mondo discontinuo, nel quale proliferano i divieti di ogni genere. Contraddizione, in- ne, tra il mondo del sapere, che pretende di indicare la data di nascita delluniverso, di misurare in milioni di anni-luce la distanza dalle galassie pi` lontane, di datare con certezza la breve comparsa delluomo sulla Terra, e u la realt` sociale e politica di un mondo nel quale tanti esseri umani si sentono a insieme spossessati del proprio passato e privati del futuro. Note al capitolo 1. Paul Virilio, La Bombe informatique, Galile, Paris, 1998 e [trad. it.: La bomba informatica, Cortina, Milano, 2000]. 2. Herv Le Bras, La e Plan`te au village, LAube-DATAR, La Tour-dAigus, 1993. 43 e e Capitolo quarto Contemporaneit` e coscienza storica a

25 Pensare il tempo rappresenta oggi una sda e una necessit`. Una sda, a perch ogni cosa ci suggerisce o vuole farci credere che vi- viamo in un sise tema che si colloca denitivamente fuori della sto- ria. Una necessit`, perch a e il tema della ne della storia che nega la speranza ai tanti esclusi del sistema globale oggi esistente, ` porta- tore di tutte le violenze. Sar` forse utile, prima e a di interrogarci su un possibile pensiero del tempo nel contesto della globalizzazione economica e tecnologica, aprire una parentesi sulla questione dellarte e dellestetica. Larte e, pi` precisamente, la creazione artistica e letteraria ponu gono infatti il problema della contemporaneit`. Da molti punti di vista sono a te- stimoni del nostro rapporto con il tempo e in particolare del rap- porto simultaneo con il passato e il futuro che, quando ` condiviso, denisce una forma e di contemporaneit`. Per rispondere alla do- manda che signica oggi essere a artista o creatore?, ` necessario tener conto di numerose questioni che hanno e tutte una dimen- sione antropologica e, soprattutto, considerare i tre seguenti inter- rogativi: 45 a. Che signica appartenere al proprio tempo? b. Che cos` e oggi il nostro tempo? c. Dove si collocano i punti di articolazione tra la nostra epoca e la creazione artistica e letteraria? Michel Leiris, nel suo saggio Le Ruban au cou dOlympia, (1) fa due osservazioni in contrasto tra loro. Da un lato nota come arrivi un momento, nella vita delle persone, in cui queste possono avere la sensazione di non appartenere pi` completamente allepoca in cui u peraltro vivono; una sensazione che pu` essere particolarmente do- lorosa per il o creatore, scrittore o artista, che si accorge di non avere pi` niente da dire alla u propria epoca, perch essa non gli dice pi` niente. Ma Leiris fa anche notare e u come sia sempre dicile denire o inquadrare i caratteri specici dellepoca in cui si vive. Se si volge lo sguardo al passato, capita invece di percepire con maggiore chia- rezza gli elementi che legano un artista o un autore al proprio tempo. Il particolare in pittura sarebbe uno di questi elementi che evidenziano simultaneamente lappartenenza di un artista al suo tempo e la sua presenza (o, se si preferisce, la sua sopravvivenza), nella storia dellarte. Perch sta qui e il paradosso: bisogna apparte- nere pienamente al proprio tempo per avere la possibilit` di soprav- vivergli. Il particolare pu` allora apparire a posteriori a o un segno che promette una pertinenza storica. Il nastro nero intorno al collo di Olympia, (2) quel povero nastro, lusso da poveri, ci rimanda a di- stanza linteresse, nuovo per larte di quel periodo e soprattutto nel- larte nobile del ritratto, che Manet provava per la gente del po- polo e in senso lato per la citt` e a la rivoluzione industriale. E tuttavia Manet era un artista inquieto, scontento di non essere ap- prezzato nel giusto valore dai suoi contemporanei. Ci sarebbe voluto un certo lasso di tempo prima che gli fosse riconosciuta una concordanza con la sua epoca, la sua pertinenza, e che si aermasse la sua presenza agli occhi della posterit`. Insomma, lartista o lau- tore contemporaneo che lascia a trasparire nelle opere del passato tracce di pertinenza storica e che ` sensibile e alla loro presenza (gli parlano ancora) deve trovare in questa esperienza motivi di spe- ranza. La contemporaneit` non ` lattualit`. Il paradosso ` dunque che a e a e unopera non ` pienamente contem- poranea se non ` al tempo stesso originale e e nei due sensi del ter- mine (depoca e unica insieme), ovvero se si accontenta di ripro- durre lesistente. Sono gli artisti che innovano ed eventualmente sorprendono o sviano quelli che, retrospettivamente, apparter- ranno a pieno titolo al proprio tempo. Per essere contemporanei c` bisogno del passato e del futuro. e Ci` signica anche che larte si misura in base alle sue capacit` di stabilire reo a lazioni, cio` in base a quella che si potrebbe denire la sua capacit` simbolica. e a

26CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI Senza referenti, senza pubblico, larte atte- sta una solitudine assoluta. Deve essere sociale. La sua capacit` sim- bolica si aerma ancora di pi` quando ria u mane presente nel tempo, anche se la domanda di cui ` oggetto pu` evolversi o e o cambiare. Fa- cendo astrazione dalle leggi del mercato dellarte (il che, va ammesso, oggi ` particolarmente dicile), ` possibile arrivare alla con- clusione e e che in arte la legge della domanda e delloerta tende per lo pi` a funzionare u allinverso: loerta dellartista ha la forma di una domanda (mi capite?) e la domanda del pubblico ha la forma di un appello (diteci qualcosa!). In sintesi, oggi come ieri, lopera darte si misura in base a tre pa- rametri: a. Il suo inscriversi in una storia specica, la storia interna, sia pure a titolo rivoluzionario. b. Il suo articolarsi al proprio tempo, il suo esistere in rapporto alla storia esterna, contestuale, anche se si manifesta solo a distanza di tempo. Questi due primi parametri deniscono la pertinenza di uno- pera, sia in rapporto alla sua epoca sia rispetto alla storia dellarte. c. La sua capacit` simbolica, anche se a si manifesta in ritardo. 47 Questa capacit` simbolica ` lattitudine a creare un a e legame (in- tellettuale, aettivo o sociale) con coloro che la scoprono. E ci` o che denisce la presenza di unopera. Il nostro tempo, quello nel quale abbiamo la sensazione di vi- vere, ` dunque un tempo accelerato che ci impone di fare i e conti con altri tre paradossi, che si aggiungono a quelli che pensiamo di aver gi` a individuato. Il primo paradosso, di cui abbiamo parlato in precedenza, ` spae zio-temporale. La misura del tempo e dello spazio cambia. La Terra ` ormai e solo un punto innitesimale rispetto al quale la distanza dalle stelle si misura in anni-luce, ma i cambiamenti sono tali, sulla Terra, che avremmo bisogno di periodi pi` brevi per misurarli. Il secondo paradosso riguarda la comparsa, u oggi, di un nuovo spazio-tempo che sembra sancire la perennit` del presente, a come se laccelerazione del tempo impedisse di percepirne il movimento. Di qui una pregnanza dello spazio nel linguaggio. Lopposizione tra lo- cale e globale appartiene alla geograa e alla strategia. Riprendiamo brevemente le caratteristiche del nuovo spazio-tempo nel quale sembra inscriversi la vita politica ed economica del globo: a. Nelle rappresentazioni della globalizzazione economica e tec- nologica ` ovviamente allopera il riferimento mondialista, ma lo ` anche e e nella coscienza ecologica e sociale di chi guarda con preoccu- pazione al crescente divario tra i pi` ricchi dei ricchi e i pi` poveri dei poveri. Uniformazione e u u disuguaglianza procedono di pari passo. b. La circolazione delle immagini e dei messaggi intorno al globo e da un punto allaltro del pianeta corrisponde a quella che ab- biamo chiamato cosmotecnologia. Parallelamente, vediamo estendersi su tutto il pianeta gli spazi del codice. Questi spazi della comunicazione, della circolazione e dei consumi questi nonluo- ghi, per riprendere il termine gi` proa posto nel 1992 sono riservati a singoli utilizzatori e non implicano la creazione di relazioni sociali speciche e durevoli. Mettono solo provvisoriamente in coabitazione individualit`, passeggeri, passanti. 48 c. A questo sistema che suddivide a lo spazio sulla Terra, senza per` ricoprirla nella sua interezza, corrisponde una o teoria della ne della storia formulata da Fukuyama, ma anticipata in un certo senso da Lyotard quando parlava della ne delle grandi narrazioni. La ne della storia non ` tanto la ne della storia evenemenziale quanto laermazione di e un accordo, che si presume generale, sul carattere denitivo della formula che coniuga economia di mercato e demo- crazia rappresentativa. A sua volta, la ne delle grandi narrazioni si applicava alla supposta scomparsa sia dei miti originari particolari- sti (le cosmogonie proprie di un gruppo) per eetto della modernit` aermatasi dal XVIII secolo, sia dei miti escatologici universalisti, a

27 queste visioni del futuro dellumanit`, a causa dellemergere della condizione a postmoderna successiva alle disillusioni del XX secolo. Il terzo paradosso, che ` e unestensione del secondo, riguarda il fatto che la nuova ideologia del presente ` quella di un mondo che, se per un istante si facesse astrazione dalle apparenti e evidenze dif- fuse dal sistema politico e tecnologico esistente, ci apparirebbe per quello che `: un mondo in piena eruzione storica. La scienza non ` mai proe e gredita con tale rapidit`. Nel giro di pochi anni lidea di quello che possiamo a fare delluniverso, ma anche delluomo, sar` completamente stravolta. Daltro a canto, la storia non ci ha mai posto sde di tale portata, ovvero quelle di una storia planetaria comune in corso di realizzazione. Inne, ` probabile che stiamo e vivendo, con lurbanizzazione del mondo, un cambiamento pari, se dobbiamo credere a Herv Le Bras, a quello che ha segnato il pas- saggio dal nomadismo e allagricoltura. E questo rende ancora pi` intollerabile lidea che le tante disu eguaglianze svuotino di ogni con- tenuto reale il tema della contemporaneit`. a Se oggi le articolazioni della creazione artistica nel tempo che vi- viamo sono cos` dicili da individuare, ci` avviene proprio perch questo tempo accelera e o e si sottrae al tempo stesso e perch la so- vrapposizione sul linguaggio temporale e del linguaggio spaziale, il primato del codice, che prescrive i comportamenti, sul simbolico, 49 che costruisce le relazioni, ha eetti pesanti sulle condizioni della creazione. Il mondo che circonda lartista e lepoca in cui vive gli si palesano solo in forme mediatizzate - immagini, avvenimenti, messaggi che sono esse stesse eetti, aspetti e motori del sistema globale. Questo sistema ` lideologia di se e stesso; funziona come le istruzioni per luso; fa letteralmente da schermo alla realt`, alla quale si sostituisce o meglio della quale occupa il posto. Il malessere a o lo smarrimento degli artisti davanti a questa situazione sono anche i nostri, o pi` esattamente tendono a duplicare i nostri, e cos` ci in- terroghiamo non u sulla pertinenza degli artisti rispetto allepoca, ma sulla natura e il signicato della loro presenza: che cosa hanno da dirci? Per questo ci capita ogni tanto di avere la sensazione che i grandi artisti del nostro tempo siano gli architetti. Sono loro che sposano il proprio tempo, ne elaborano le immagini e i simboli. I pi` fa- mosi edicano singolarit` ai quattro angoli del pianeta. Singolarit` in u a a duplice senso: sono opere singolari, rmate, contrassegnate dalla sigla di uno stile personale, ma anche opere che, al di l` della loro giusticazione locale, a sono concepite come curiosit` planetarie, in grado di attrarre ussi turistici da a tutto il mondo. Nello stesso tempo larchitettura mondiale, nelle sue opere pi` u signicative, sembra alludere a una societ` planetaria ancora inesistente e proa pone frammenti brillanti di unutopia esplosa: una societ` della trasparenza che a non esiste ancora da nessuna parte. Se per un verso mette insieme le illusioni dellideologia del presente ed esprime il trionfo del sistema nei punti pi` forti u della rete planetaria, per lal- tro verso disegna qualcosa che rientra nellordine dellutopia e del- lallusione, prospettando e rappresentando un tempo che non ` e ancora arrivato, che forse non arriver` mai, ma che resta nel campo del possibile. a In questo senso, il rapporto con il tempo espresso dalla grande architettura urbana contemporanea riproduce, ribaltandolo, il rap- porto con il tempo espresso dallo spettacolo dei ruderi. I ruderi accumulano troppa storia per esprimere una storia. Quella che sot- 50 topongono al nostro sguardo non ` storia. E infatti e ci` che vi per- cepiamo ` piuttosto limpossibilit` di immaginare quello che rapo e a presentavano per coloro che le vedevano quando non erano ro- vine. Non ci dicono la storia, ma il tempo, il tempo puro. Quando contempliamo le piramidi maya nella foresta tropicale del Messico o del Guatemala o i templi di Angkor

28CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI che emergono dalla foresta cambogiana, abbiamo davanti agli occhi uno spettacolo inedito, che non ci mostra nessuna storia: le rovine si edicano sulle rovine e ritornano alla natura solo quando sono abbandonate dagli uomini. Davanti allo spettacolo dei ruderi, quella che perce- piamo ` limpossibilit` di apprendere e a la storia, una storia concreta, datata e vissuta. La percezione estetica del tempo ` percezione di unassenza, di un vuoto. Tale coscienza del vuoto ` inerente alla e e fruizione estetica dello- pera originale. Per questo le copie riconosciute come tali deludono: scontano la mancanza del vuoto. E ci rendiamo ben conto che un pittore che oggi si mettesse a dipingere come Rubens o come qual- che altro grande artista classico non interesserebbe a nessuno, men- tre lopera di Rubens e degli altri grandi artisti classici ` sempre percepita come presente e pertinente. e Quello che vale per il passato potrebbe essere vero anche per il futuro. Il tempo puro ` indierentemente passato (anche se non ` storia) o futuro (anche se non e e riguarda le prospettive o la pianica- zione). La percezione del tempo puro ` la e percezione attuale di un vuoto che struttura il presente orientandolo verso il passato o lav- venire; ed essa si produce tanto davanti allo spettacolo dellAcropoli quanto osservando il museo di Bilbao. LAcropoli e il museo di Bil- bao hanno unesistenza allusiva, la presenza forte di una pertinenza indenibile. Oggi gli artisti e gli scrittori sono forse condannati a ricercare la bellezza dei nonluoghi, a scoprirla resistendo alle apparenti evi- denze dellattualit`. E lo fanno scoprendo a il carattere enigmatico degli oggetti, delle cose disconnesse da ogni esegesi e da ogni istru- zione per luso, mettendo in scena e prendendo come oggetti i mezzi di comunicazione che si spacciano per mediatori, riutando il simulacro e la mimesi. Mallarm chiedeva che si procedesse con termini allusivi, mai diretti; e per lui lapparente ermetismo della poesia, come ricorda Alain Badiou nel suo piccolo manuale di Inestetica, (3) ` espressione di quella momentanea ambiguit` e a che serve a segnalare una pre- senza inaccessibile, in quanto sta oltre loggetto. Quello che Mal- larm dice della poesia vale anche per le attuali elaborazioni e artisti- che, che si vogliono irriducibili a unesegesi funzionale, storicista o etnologica. Quando entrano in scena le religioni africane, quando si espongono uno accanto allaltro altari religiosi, si sottolinea nel- loggetto ci` che resiste alla sua o immagine e al suo impiego pra- tico. Siamo nel campo della de-oggettivazione mallarmeana, che manifesta inoltre un tempo puro, nella misura in cui da questi oggetti ` stata asportata la storia: essi non sono riducibili a nessuna storia che ne e potrebbe dar conto. Lermetismo dellarte sta in questo: prende per oggetto le evi- denze del contesto per disfarle. Probabilmente ` sempre stato cos` ma oggi e , larte deve fare i conti con il dilagare delle immagini, con la confusione tra realt` a e nzione, con levento meditico, con il re- gime dellevidenza e con il liberala ismo che, permettendole di fare qualsiasi cosa, la recupera per farne un prodotto di mercato, per as- segnarla alla residenza museale o, molto pi` semplicemente, u per ignorarla. Cos` la misura della pertinenza e della presenza sugli esempi del passato e sullattesa del futuro ` resa pi` dicile a causa dellaccelerazione e u della storia. Larte contemporanea ` sempre soggetta al rischio di essere recue perata dal consumo planetario. Lorganizzazione della vita artistica, attraverso le fondazioni, le biennali e i forum, disegna un mercato dellarte che ha tutte le apparenze del mercato liberista globale. Questa situazione mette in evidenza a contrario la necessit` di unarte che prenda le distanze, che non si lasci assora bire dalla cul- tura dominante (Jean Dubuet, nel suo pamphlet Asphyxiante Culture pubblicato dalle Editions de Minuit, aveva scritto gi` alli- 52 nizio a degli anni Ottanta che il primo dovere dellartista ` quello di rifuggire dalla e

29 cultura). Ma larte mette anche in evidenza la di- colt` di questa auspicabile a presa di distanza. Yves Michaud, nel suo Larte allo stato gassoso, (4) aerma che lestetica ha preso il posto del- larte, che la grande arte ` morta, che larte e contemporanea ` une- sperienza globalizzata come il turismo di massa, che non e esistono pi` lopera, laura, la contemplazione, ma ci sono solo le mode. Le opere u sarebbero state sostituite dalle pose: gli eventi, gli incontri, le performance, le istallazioni altro non sarebbero che riproduzioni del contesto. In altre parole, il contesto farebbe da contenuto del- larte, che cos` conserverebbe una certa pertinenza (rispetto alle- poca), ma perderebbe qualsiasi presenza, qualsiasi capacit` simbo- lica, trovandosi costretta a sottrarsi alle evidenze dellimmagine a ` con una nuova forma di ermetismo. E un giudizio certamente troppo severo o troppo pessimista, ma ha il merito di sottolineare il fatto che, nellarte come altrove, il contesto ` stato sconvolto e che oggi sarebbe urgente ripensare le e condizioni della pertinenza, riannodando i legami tra storia in- terna e storia esterna, tra storia della disciplina e storia contestuale. Larte stenta ad attirare lattenzione di un vasto pubblico sulle poche intuizioni luminose che continuano a fondarne lesistenza: limmagine non ` la realt`; il reale dellimmagine non e a ` la cosa stessa; la storia continua, e continua tanto la storia interna che lega e larte al proprio passato quanto la storia contestuale che ne inter- roga il futuro. ` E appunto questa la nuova sda lanciata allarte con- temporanea: resistere alla fagocitazione del contesto. A pensarci bene, si dovr` ammettere che le scienze a sociali e la letteratura, di- rettamente o indirettamente, si trovano davanti a unidentica sda e che, come le arti gurative, hanno il compito urgente di prendere come oggetto proprio il contesto, se vogliono sottrarsi allaliena- zione che le minaccia. In altre parole, per gli artisti cos` come per gli osservatori della societ` e per i politici, si tratta di ritrovare insieme al senso del tempo anche a una coscienza storica che consentano loro di edicare 53 una contemporaneit` a reale. Larte, la societ` e la storia sono conso- nanti nella buona e nella cattiva a sorte. Oggi le arti, anche le arti plastiche e larchitettura, chiacchie- rano volentieri. Il bisogno di mettere le cose per iscritto erode il processo artistico, come se lespressione letteraria tendesse a diven- tare il complemento indispensabile delliniziativa formale. Questa constatazione fa sorgere numerosi interrogativi, quelli che si rivol- gono allarte stessa, di cui abbiamo cercato di dare unidea, e quelli che riguardano direttamente la letteratura. Questultima ` un fat- tore e o unespressione del cambiamento? Esercita unazione sulla propria epoca o ne ` un riesso? La sua situazione e il suo ruolo, in questottica, sono diversi da e quelli dellarte? Bisogna parlare di cam- biamento attraverso la letteratura o di cambiamento nella lettera- tura? In quali termini, inne, si pone oggi questo duplice interro- gativo? La letteratura ` un fattore o unespressione del came biamento? Di primo acchito avvertiamo che quello ` approssimativo, non ine dica unalternativa netta. Ma bisogna qui distinguere e precisare. Quella che si ` convenuto chiamare letteratura impegnata ` di so- lito considerata un fattore e e di cambiamento, o quanto meno una decisa presa di posizione nei dibattiti che animano la societ`. Ma il messaggio va a segno solo quando ` in grado di essere a e inteso, ov- vero se esprime qualcosa dello spirito e della sensibilit` di una so- ciet` a a e di unepoca. Quando si dice, per esempio, che i loso del XVIII secolo hanno preparato la Rivoluzione francese, si intende dire che sono stati gli ostetrici del loro tempo, un po come la maieutica socratica faceva esprimere agli interlocutori di Socrate certe verit` che non erano consapevoli di possedere. Rousseau, a Vol- taire e Diderot sono precursori, o annunciatori, o ancora fer- menti della

30CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI Rivoluzione, perch sono pienamente nel loro tempo. Esprimono ideali ed esie genze di giustizia, uguaglianza, sapere e pro- gresso che dovevano essere detti per esistere pienamente. Per parlare a unepoca, bisogna saperla intendere. Ritroviamo cos` il concetto di pertinenza. 54 Veri precursori sono solo coloro che appartengono in tutto e per tutto al proprio tempo, ma tale appartenenza si misura meglio a una certa distanza. Potremmo anche dire che la necessit` di a certe opere, la loro eccezionale pertinenza, ` dovuta al fatto di non essere come pletamente contemporanee o di allargare lorizzonte della con- temporaneit`. La a forza dirompente, la performativit` storica, se pos- siamo usare questo termine, a ` legata cos` a questa doppia presenza nella storia, ma gli eetti di rottura pose sono essere i pi` vari e ri- guardare diversi spazi temporali. Il Contratto sociale u di Rousseau e Il Capitale di Marx ci riguardano sempre, ma non ` possibile e analiz- zare levento della Rivoluzione francese senza riferirsi al primo n quello e della Rivoluzione di Ottobre senza riferirsi al secondo. Freud ci riguarda pi` u che mai, ma la sua rivoluzione non ha quella di- mensione di evento. La forza dellesistenzialismo sartriano sta piut- tosto nellessere post-evento, nellessere una letteratura successiva alla prova, una letteratura del dopoguerra. Diciamo, per farla breve, che le modalit` del cambiamento in letteratura e attraverso la a lette- ratura sono nellordine dellannuncio, della resistenza o del rinno- vamento e che si misurano anche in base allimportanza degli eventi o delle congiunture con cui si pongono in relazione. Il cambiamento attraverso la letteratura solleva anche la que- stione del cambiamento in letteratura: ci si deve infatti chiedere se in letteratura esiste un rapporto con il cambiamento o con la rivo- luzione che non passi attraverso la forma. Una letteratura nuova o rivoluzionaria ` prima e di tutto una letteratura che si svincola dai generi, dagli stili e dalle regole che lhanno preceduta. La questione dei generi ` la pi` immediata. In letteratura il e u ge- nere condiziona la natura del messaggio, del contenuto. Passare dalla tragedia al dramma signica anche cambiare punto di vista sulla storia e sul mondo, come si vede nel caso della tragedia greca. La crisi di un genere dice qualcosa di unaltra crisi, dice qualcosa del pubblico, della societ`, delle condizioni di quella a che ho chiamato pertinenza. Voltaire era convinto di essere un grande autore tra- gico, mentre ai nostri occhi ` soprattutto importante per le sue no- 55 velle e dallironia micidiale e per i suoi pamphlet contro lingiustizia e lintolleranza. In un certo senso, noi siamo giudici migliori di lui sulla sua attualit`, la sua a originalit` e la sua inuenza. Dopo Vol- taire il mondo non sar` pi` quello che a a u era, ma certo non per me- rito delle sue tragedie. Interrogarsi sul prevalere di un genere in una societ` e in unepoca date vuol dire interrogarsi su quella soa ciet` e su quellepoca. Il romanzo si ` sviluppato in modo particolare nel XIX a e secolo e ha sempre come sfondo e, indirettamente, come oggetto la societ` o a pezzi di societ`. La pertinenza del romanzo rispetto alla societ` ` incontestaa ae bile: ` di questa che parla. Anche quando non ` esplici- tamente impegnato (un e e termine che entra in uso dopo la seconda guerra mondiale), ore una visione della societ`, dei gruppi e delle classi che la compongono, dei turbamenti e delle a passioni che vi si esprimono, insomma la interpreta, quanto meno nel senso in cui un musicista interpreta unopera. Il romanzo esprime un punto di vista singolare sul mondo (quello dellautore) attraverso i ritratti che propone dei suoi eroi o antieroi, ma quel punto di vista ` ab- bastanza convincente agli occhi di e certi lettori da trasformarsi in unopinione - la forma letteraria di una sensibilit` a accettata dagli uni, e magari insopportabile per altri e da assumere cos` una di mensione politica, nel senso primo e originale del termine. Basta citare i nomi di

31 Dostojevski o di Stendhal per mettere in luce que- sto paradosso di apparenza: gli scrittori pi` presenti nella propria opera sono anche quelli che sono stati pi` u u presenti nel proprio tempo. Proposizione daltronde ribaltabile: ` certamente e grazie alla sua propensione a ritrarre le miserie della prima et` industriale che a Zola, di romanzo in romanzo, impone la propria presenza e sensi- bilit`. A a questo va aggiunto che il romanzo ottocentesco ` stato un genere popolarissimo, e pubblicato a puntate sui giornali, e anche che nelle versioni pi` romanzesche e u pi` lette ha molto spesso pro- posto una lettura critica della societ`. La quesu a tione della forma ` pi` delicata. Basta mettere il berretto bigio al dizionario, e u come diceva il giovane Hugo, per fare opera di cambiamento? Se la rivoluzione della forma ` necessaria, ` anche suciente? Alcune formule folgoranti di Rime e baud (changer la vie, Je est un autre), lanciate in piena furia adolescenziale sulla scia della Comune di Parigi, sono rimbalzate sulla supercie della storia esplodendo nel maggio 1968 o nella prosa lacaniana. Forse non hanno ancora perso niente della loro forza ed ` possibile aspet- tarsi di percepire un giorno o e laltro gli eetti dieriti della rivolu- zione apportata al linguaggio e alla poesia dal genio fugace del poeta adolescente. Ma la forma, la forma da sola, ha un tale potere? Czeslaw Milosz, il grande poeta polacco, ha rimproverato allOccidente di avere inaridito, dopo Mallarm, la fonte viva della poesia, sacricata e allermetismo e alla soggettivit`. Il losofo Alain Badiou gli risponde, in Ina estetica, che Mallarm non ` precisamente erme- tico, e suggerisce che in poesia e e le cose funzionano in sostanza come in matematica. Pu` esistere, spiega Bao diou, una poesia demago- gica che sembra rivolgersi a tutti perch blandisce la e forma sensi- bile delle opinioni del momento. Ed esiste anche una matematica imbastardita al servizio del commercio e della tecnica. Ma se si deniscono tutte le persone egualitariamente per il pensiero, le operazioni poetiche e le deduzioni matematiche sono il paradigma di ci` che si rivolge a tutti. Formulata o in questo modo, lelevata esigenza del losofo della poesia anticipa lutopia di unuguaglianza di tutti: il carattere ermetico della poesia esprimerebbe solo lassenza di tale utopia e, indirettamente, la sua necessit`. Siamo qui a un punto a estremo, a partire dal quale la pertinenza di unopera si denisce in negativo, come constatazione di assenza, e di conseguenza si annienta da sola. Quando la letteratura e larte, che pure si inscrivono agevol- mente nella loro storia interna, fossanche con un rovesciamento ri- voluzionario, si staccano progressivamente dalla loro storia conte- stuale, cio` dal pubblico pi` vasto, c` il rischio concreto e u e che continuino s` a esprimere qualche cosa della societ` (dei suoi smar- rimenti a e delle sue incertezze), ma rinunciando a svolgervi un ruolo. In questo caso, la dicolt` con cui dobbiamo fare i conti si 57 pu` sintetizzare in questo modo: a o come conciliare lirriducibilit` della letteratura alla sua funzione sociale o storica a con la sua irridu- cibilit` alla pura preoccupazione della forma? A me sembra a che si possa cercare una risposta a questo interro- gativo e insieme a quello che rimanda al rapporto tra letteratura e cambiamento oggi ovvero lora del mondo globalizzato, del mer- cato liberista, della comunicazione generalizzata, della guerra ci- vile planetaria, del distacco crescente tra i pi` ricchi dei ricchi e i pi` u u poveri dei poveri, lora che qualcuno indica contraddittoria- mente come ne della storia o scontro di civilt` a partire da quella che chiamerei la dimensione a antropologica della letteratura. La pertinenza dellopera al proprio tempo si stabilisce infatti con criteri eminentemente antropologici: il rapporto dellio con se stesso, il rapporto dellio con gli altri, il rapporto delluno e degli altri con il tempo, che ` loro comune ma che ognuno vive per la propria parte. I generi e

32CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI letterari, pi` facilmente di quelli artistici, possono essere collocati e deniti sulla u base di questi tre criteri, e la forma letteraria a mio avviso ` semplicemente il e risultato della loro conformazione. Non si tratta di criteri formali, perch anzi e richie- dono una forma, ma non sono nemmeno criteri sociologici o sto- rici, non direttamente comunque: sono semplicemente portatori di risonanze, di tracce della societ` e della storia che si trovano trasfe- rite nelle relazioni elaborate per a proprio conto da un individuo: il poeta, il romanziere, il drammaturgo o il personaggio da questi creato. La letteratura, come ricerca o scoperta di s e degli e altri, possiede, per il solo fatto di questa dimensione, una forza critica e prospettica che travalica il proprio oggetto immediato. Non si pu` parlare negli stessi o termini della citt` dopo Baudelaire o Dos Passos, della solitudine dopo Flaubert a o Joyce, della memoria o della gelo- sia dopo Proust... Certo, un giudizio del genere ` ancora pi` facile da esprimere ri- guardo a studiosi delleconomia o e u della psiche, come Marx o Freud, che hanno scosso le fondamenta della ducia ingenuamente carte- siana che lindividuo occidentale poteva avere nella propria autono- 58 mia e nella propria libert`. Tuttavia Marx e Freud, ognuno a suo a modo, sono stati autori che volevano dare una spinta alla societ`, e hanno creato a grandi narrazioni, per usare la denizione di Lyo- tard, in cui Marx immaginava la societ` futura e Freud il mito fon- datore del complesso di Edipo. Se dobbia amo dar retta a Lyotard, oggi il problema ` appunto che le grandi narrazioni e sono morte. Bastonato dalle esperienze totalitarie, un gran numero di intellettuali guarda ora con sospetto tutte le posizioni con pretese pro- gressiste, sia perch hanno qualcosa di dj`-vu, sia perch possono condurre a un volone ea e tarismo tirannico. Sembra trionfare il sistema della globalizzazione economica e tecnologica, come se per uniro- nia tipica della storia, solo il capitalismo fosse riuscito a realizzare, naturalmente in una versione sui generis, due grandi sogni del so- cialismo: la globalizzazione e lesaurimento degli Stati nazionali. Una volta ancora la letteratura svolge, in parte, il ruolo che le compete. I saggi sono pi` numerosi che mai e certi mettono in discussione in modo vivace le u incoerenze e le crudelt` del sistema che pretende di raccontarci la storia. Nella a letteratura cosiddetta di ction, vediamo spesso apparire spazi anonimi dove si incro- ciano senza incontrarsi abitanti di un mondo parzialmente alie- nato per levidenza delle immagini che lo sommergono. Esiste inol- tre una letteratura pregurativa, fantascientica, che per` ` molto esposta alla tentazione di oe estrapolare le innovazioni tecnologiche del momento, facendoci precipitare, con un cortocircuito dellim- maginario, in mondi che non hanno pi` alcun rapporto u di senso con il nostro. Jules Verne, invece, parlava della sua societ`. I ro- manzi a nei quali ha provato davvero a fare unopera di anticipazione (Parigi nel XX secolo) sono stati un fallimento. La forza dei suoi ca- polavori risiede nel loro radicamento in una societ` reale e con- temporanea, la cui aspirazione al futuro a era da lui percepita e cele- brata. La scienza oggi va forse troppo in fretta e nisce per togliere il ato a chi vorrebbe superarla in velocit` con la fantaa sia. Sorge al- lora la tentazione, in letteratura come nel cinema, di inventarsi grandiose peripezie che permettano di riprendere la storia umana 59 su nuove basi. Ne risultano una dubbia pertinenza e una ridotta portata critica. Non ` qui il caso, evidentemente, di fare una selezione o una hit parade degli aue tori che meglio rappresenterebbero una volont` di resistenza o di rinnovamento, a ovvero una capacit` di annuncio. Baster` osservare che, nella letteratura ata a tuale, si cerca ancora la forma, ed ` magari nella sua forma breve, saggio o e racconto, op- pure in una sottile mescolanza dei due che si proporranno nuove

33 pertinenze. Forse ben presto ritroveremo qualcosa dello spirito del XVIII secolo (forma breve, mescolanza dei generi, spirito critico). Se cos` fosse, gli autori pi` u rappresentativi, pi` pertinenti e insieme pi` aperti al cambiamento potrebbero u u a mio avviso essere quelli che si renderanno conto del carattere dirompente della globalizza- zione nella sua versione attuale, che riuteranno di gettare il bambino delluniversale con lacqua sporca del globale, che saranno co- scienti del fatto che il problema della libert` si pone allinterno di ogni cultura e non solo a nelle relazioni tra culture, che sapranno che la storia non ` nita, che non die menticheranno che lindividuo ` la misura di tutte le cose, e che cercheranno di e inventare un di- scorso singolare capace di smentire, per il solo fatto di esistere, il ca- rattere ineluttabile della legge del silenzio, dellevidenza mediatica e della rassegnazione consumistica. Note al capitolo 1. Michel Leiris, Le Ruban au cou dOlympia, Gallimard, Paris, 1981. 2. Il riferimento ` allopera di Edouard Manet, Olympia, e 1863, oggi al Muse dIrsay di Parigi [N.d.T.]. 3. Alain Badiou, Petit Manuel e Linesthtique, Seuil, Paris, 1998 [trad. it.: Inestetica, Mimesis, Milano, 2007]. e 4 Yves Michaud, LArt ` ltat gazeux, Stock, Paris, 2003 [trad. it.: Larte allo a e stato gassoso, saggio sullepoca del trionfo dellestetica. Idea, Roma, 2007]. 60 Capitolo quinto Alienazione, modernit`, democrazia, progresso a Cultura e identit` sono oggi le parole guida dellattualit` e talora dellanalisi a a scientica che ne viene proposta. Gli etnologi hanno forse qualche responsabilit` a per luso avventato di questi termini, avendoli molto sfruttati a proposito delle popolazioni e delle cul- ture remote da loro studiate. Lo stesso pensiero strutturalista degli anni Sessanta si ` tradotto in un paradosso al quale forse non si ` e e data abbastanza attenzione. Certo, le invarianze di cui si interessava relativizzavano limportanza delle analisi culturaliste che lavevano preceduto, ma tale relativizzazione non era fatta in nome di un qual- siasi ritorno alla natura umana, ma proprio per ragioni opposte. Le logiche formali che lo strutturalismo si sforzava di mettere in luce, sul modello delle analisi linguistiche, rimandavano per Lvie Strauss a operazioni cerebrali di classicazione e trasformazione che era possibile vedere allopera tanto nei sistemi di parentela quanto nelle costruzioni mitiche; queste non erano privilegio o esclusiva dei selvaggi e si potevano anzi individuare in numerosi compor- tamenti e rappresentazioni propri delle societ` tecnologia camente sviluppate. Ma questa conformazione strutturale, pi` che scalzarne 61 u le fondamenta, fungeva da supporto alle congurazioni culturali nelle quali si esprimeva. Era infatti larbitrariet` del simbolico, di cui le convenzioni linguisa tiche sono unaltra traduzione, che assicu- rava insieme la coerenza e lecacia di ogni cultura. In termini socio- logici, nella prospettiva strutturalista le culture esistevano solo come insiemi signicanti. Per lapproccio strutturale il segreto dellaliena- zione al sociale che ne comanda il funzionamento si apprende solo nelle culture concretamente esistenti. A ben dire, ` colui che de- niamo sano di e mente che si aliena, perch accetta di esistere in un mondo denibile solo grazie e alla relazione tra io e altro, (1) scrive Lvi-Strauss nella Introduzione allopera e di Marcel Mauss. Questa alienazione di principio dellindividuo rispetto al sociale era commentata nello stesso periodo, al di fuori di qualsiasi ri- ferimento etnologico, anche da un autore come Cornelius Casto- nadis, in una raccolta di articoli pubblicati nel corso degli anni Sessanta. (2) Per Castoriadis, una data organizzazione delleconomia, un sistema giuridico, un potere costituito, una religione esistono socialmente come sistemi simbolici sanzionati, e in questo senso il rapporto dellindividuo con la vita sociale e listituzione ` un rap- porto di e

34CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI alienazione. Questultima ` presente anche nelle societ` senza classi, pur essendo e a altra cosa rispetto al rapporto di sfrutta- mento proprio delle societ` divise in a ` classi. E la stessa alienazione di principio indicata anche da Althusser, quando nel 1965 scri- veva, in Per Marx, (3) che anche la classe dominante ` in uno stato e di alienazione. Il paradosso dello strutturalismo sta quindi nel fatto che conferma sociologicamente ci` che smonta intellettualmente, senza dubbio perch o e (di certo in Lvi-Strauss) si interessa pi` alla logica mentale che alla pratica store u ica. Ma ` forse possibile portare avanti la salutare impresa di demisticazione e strutturalista in altre direzioni, a partire da un certo numero di constatazioni che qui ci acconten- tiamo di enumerare, quasi a titolo programmatico, e dalle poche in- dicazioni fornite, dopo gli anni Sessanta, da alcuni autori che si inseriscono in modo originale nel pensiero dominante dellepoca. 62 La prima constatazione riguarda il fatto che lidentit`, indivi- duale o collettiva, ` sempre rela e ativa allaltro, ` relazionale. La lette- ratura etnologica, pur nella sua diversit`, e a lo dimostra pi` che abbon- dantemente: lidentit` ` il prodotto di unincessante u ae negoziazione. Daltra parte, lo sappiamo tutti per esperienza diretta: cambiamo, ci evolviamo, certe volte ci arricchiamo e, in ogni caso, ci trasfor- miamo a contatto con gli altri. Di qui la preoccupazione comune a tutte le culture del mondo di inquadrare ritualmente, nella misura del possibile, le occasioni pi` esplicite di contatto reciproco. Liden- tit` cristallizzata, stereotipata, ` gi` u a e a solitudine e, per converso, meno sono solo, pi` esisto. La seconda constatazione u ` che lanalisi delle logiche e dei mec- canismi di alienazione ` una cosa, mentre e e i processi che li strut- turano sono unaltra cosa. Le culture vive sono culture in movi- mento, che accettano il cambiamento e il contatto. Come le lingue, modello di ogni organizzazione simbolica, cambiano se le si parlano e muoiono se non vengono pi` parlate, muoiono per non poter cambiare, cos` le culture, al pari u degli individui, o si muovono o muoiono. Le culture vive sono insiemi in movimento, soggetti alle tensioni e alle pressioni della storia. La terza constatazione ` che nessuna cultura ` egualitaria in s: ognuna instaura gerarchie proprie. Il e e e rispetto della dierenza e della diversit` ` talora invocato da rappresentanti di ae culture che nel proprio seno non riconoscono tale diritto alla dierenza e alla diver- sit`. E con il metro di questo diritto che ` legittimo misurare le cul- ture. a ` e Non esiste unimpunit` culturale. Nessuna cultura pu` giusti- care il riuto a o delluniversalismo. Da questo punto di vista, il riferimento ultimo ` la formula e sartriana secondo la quale ogni uomo ` tutto luomo. La quarta constatazione e ` che il multiculturalismo, per superare la contraddizione tra cultura e univere salismo, non dovrebbe de- nirsi come coesistenza di culture monadiche di cui si decreta la pari dignit`, ma come la possibilit` sempre oerta agli individui a a di at- traversare universi culturali dierenti. 63 Quanto agli autori che oggi potrebbero servirci da riferimento e da punto di partenza, io andrei a cercarli, e non per caso, tra quelli che hanno studiato lesperienza democratica della Grecia antica. Il dialogo avviato ormai da parecchi anni con gli ellenisti della scuola di Jean-Pierre Vernant, che si considerano sia antropologi sia sto- rici, mi ha convinto dei beneci della comparazione e soprattutto di quanto possa essere utile prendere in considerazione i dibattiti propri della Grecia antica, in materia di riessione politica e loso- ca, per meglio comprendere i nostri. Interrogare la Grecia par- tendo dallidea di modernit`, e viceversa, non ` oltretutto inua e tile nel momento in cui stentiamo a elaborare un pensiero del tempo e in cui lEuropa, incerta di se stessa, sembra interrogarsi sulla pro- pria identit` e sul a proprio avvenire. La Grecia ` stata moderna? In un certo senso s` e in un modo e ,

35 originale, personale, che ci invita a riettere. La modernit`, secondo lanalisi a che ne ha fatto Lyotard nella Condizione postmoderna, sarebbe caratterizzata, come abbiamo ri- cordato, dalla scomparsa delle grandi narrazioni dellorigine, ovvero dei miti del passato, particolaristi in quanto servivano da fonda- mento, da cosmogonia e cosmologia, a singoli gruppi. Il momento moderno sarebbe quello in cui miti escatologici universalisti e grandi narrazioni basate sul futuro e riguardanti lumanit` nel suo insieme si sostituiscono a quei miti del passato. a Il XVIII secolo, la Rivolu- zione francese e quanto ne ` seguito costituiscono e questo momento moderno. Ora, sembra proprio che ci sia stato il germe di un movi- mento del genere nella Grecia classica, che per` non avrebbe como portato lapparizione di miti del futuro, di proiezioni ideologiche sullavvenire o, se si vuole, di utopie. Come se una sapienza di tipo eroico avesse ancorato la vita degli uomini al presente della storia. Per apprezzare questa originalit` a della Grecia classica, occorre riferirsi a quanto gli specialisti hanno scritto della religione greca (metto religione tra virgolette perch, quando si parla di culti e e rappresentazioni dellantichit` - o dellAfrica tradizionale, di cui ho una certa a esperienza - non si impiega questa parola nello stesso senso con il quale ci si riferisce alle religioni monoteiste). In eetti ` possibile un parallelo tra i poe liteismi studiati dagli etnologi nei di- versi continenti, per esempio in Africa, e il politeismo greco. Gli d`i del politeismo sono di per s plurali, hanno pi` e e u dimen- sioni. Prima di tutto sono protagonisti di racconti, di miti, e per questo ciascuno di loro ha taluni tratti caratteristici che pi` tardi li faranno diventare u personaggi di commedia. Ma sono anche forze operanti, forze della natura, potenze pi` che persone, come scrive Vernant. Sono daltronde uni e plurimi: u dotati di diverse qua- lit`, mostrano identit` dierenti; esistono anche coppie a a di d`i che associano le rispettive caratteristiche per denire una nuova identit`, e a spesso bisessuale. Numerosi sono gli altari sui quali si dispongono queste gure multiple della divinit`. Esiste inne una grande pros- simit` tra gli d`i e gli a a e uomini: succede perno che formino coppie e si riproducano. In Africa, come abbiamo visto, si dice spesso che gli d`i sono stati prima degli uomini, che sono e gli antenati. Viene cos` elaborata una cultura dellimmanenza che in Grecia assume un volto particolare, del quale Vernant mette in luce due tratti specici relativi alla credenza e alla nzione, al racconto. A proposito della credenza Vernant, in Mito e pensiero presso i Greci, (4) spiega come le frontiere della religione siano variabili e come esi- stano vari tipi di credenze. Ogni legame religioso, fa osservare, passa attraverso una relazione sociale. Un individuo entra in rap- porto con il divino in quanto esercita una funzione sociale o appartiene a unentit` sociale, per esempio perch fa parte di un demo o di una citt` a e a (polis), oppure perch ` un magistrato. Si potrebbe dire che gli d`i non sono ee e dotati di alcuna trascendenza; appartengono allo stesso mondo degli uomini e vi svolgono essenzialmente un ruolo simbolico, in senso letterale: mettono gli umani in relazione tra loro. In questa situazione, dunque, la credenza ` ben lone tana da quella che ` denibile come una cieca adesione a qualcosa che at- tiene e allindicibile o al soprannaturale; piuttosto, questa passa dal- laccettazione di principi che strutturano la vita quotidiana. In una prospettiva del genere, la credenza avrebbe dunque per 65 oggetto quello che ho denito il senso sociale. Il senso ` la relazione tra gli uni e gli altri, tra luno e laltro, nella misura e in cui questa ` pensabile, pensata, rappresentata ed eventualmente istituita. e Gli antropologi lhanno studiata nelle sue diverse modalit` (relazioni parentali, a politiche, di genere eccetera). Non ` dicile dimostrare che, in molte societ`, i e a

36CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI riti e le cerimonie del culto hanno prima di tutto come oggetto listituzione, il mantenimento o la creazione di relazioni sociali, di relazioni tra individui umani. In concreto, nella vita di tutti i giorni la pratica eettiva del monoteismo pu` o as- somigliare a quella del politeismo: serve a gestire i rapporti tra gli uni e gli altri. In questo senso, nessuna credenza ` veramente irra- gionevole e ancor e meno irrazionale; per meglio dire, ogni credenza presuppone e denisce le linee di condivisione sulla cui base si di- stingue il ragionevole dallirragionevole. La relazione tra cultura, credenza e razionalit` ` pertanto una sottile relazione ae che si pu` e si deve misurare secondo pi` criteri. Il senso sociale ` parente del o u e simbolico alienante messo in evi- denza dallo strutturalismo, ma lalienazione al simbolico non ` mai tanto impellente come quando viene attivata da quella e che Vernant chiama la ragione retorica, che nega levento riversandolo sulla struttura e trova in se stessa sia la propria giusticazione sia quella dellordine stabilito. La ragione retorica ` presente in Grecia, come in tutte le culture e politeiste dellimmanenza, ma non ostacola la comparsa di una tradizione scientica e losoca, lemergere di una prima modernit`. Vernant indica lorigine a di quel miracolo greco nellesistenza di racconti di fantasia ction - nei quali si narra ci` che ` oggetto della credenza, ovvero nella narrazione dei miti. Tale o e narrazione, dapprima orale, prende poi forma negli scritti della tradizione epica con Omero ed Esiodo; il polo della credenza e quello del racconto di ction non sono pi` disgiunti. Si instaura cos` uno sfasamento che consente un certo gioco u tra credenza e invenzione letteraria. Il gioco letterario (che implica una presa di distanza estetica, un grado di libert` riconosciuto allautore, al narratore, a allascoltatore, al let- 66 tore) riesce ad aprire uno spazio tra le costrizioni del sistema sim- bolico e limmaginario dellindividuo. Si creano cos` le premesse per lo sviluppo del pensiero losoco e per la libert` intellettuale ri- spetto alle a cosmologie. Quando la mitologia appare essenzialmente come il collante del gruppo sociale, il cerchio dellimmanenza ` vi- cino alla rottura. Nel V secolo e la Grecia esce dal mito, diventato pretesto di riessione, attraverso la tragedia ` nella quale si coniu- gano letteratura e losoa. E il momento in cui il passaggio alla narrazione fantastica, alla riessione losoca e alla storia mette del tutto fuori gioco la questione della credenza; i Greci credono prima di tutto in loro stessi. Questa fede in loro stessi si aerma grazie al fatto di essere usciti dai miti del passato senza produrre una visione escatologica, una grande narrazione del futuro. Nellopera collettiva La Grece pour penser lavenir, (5) con prefazione di Vernant, Castoriadis analizza alcuni passi di due tragedie che considera emblematiche: il Prometeo incatenato di Eschilo (460 a.C. circa) e lAntigone di Sofocle (443-442 a.C.). A diciotto anni di intervallo, queste tragedie evocano due momenti essenziali per la coscienza che lessere umano prende di se stesso: la cteazione degli uomini da parte degli d`i in Eschilo e lautocreazione e delluomo in Sofocle. A questo proposito Castoriadis fa unosservazione: le antro- pogonie mitiche greche non hanno mai privilegiato una razza greca, non hanno mai ritenuto che solo i Greci fossero uomini; e lo stesso vale per le antropogonie losoche che cominciano con Demo- crito nel V secolo a.C. Entrambe le tragedie trattano delle origini dellumanit` e delle sue istituzioni, entrambe a sono scritte in occa- sione delle grandi feste dionisiache, nel corso delle quali lAntigone ottiene il primo premio. Rappresentano dunque qualcosa per la vita della citt` ateniese, ed ` questo che interessa a Castoriadis: Ci` che importa a e o ` lesistenza eettiva, social-storica, di queste due tra- gedie [...]. Qualcuno ad e Atene, a met` del V secolo, poteva inven- tare quelle idee e presentarle al popolo a

37 senza essere ammazzato o messo al rogo: poteva addirittura essere premiato per questo. (6) Castoriadis interroga la tragedia greca da losofo della politica e 67 osserva come questa si sia aermata parallelamente allascesa della democrazia ad Atene. A suo avviso la tragedia ` unistituzione de- mocratica, per il suo e contenuto pi` profondo, per linterrogativo centrale che pone: che cos` la moira, u e il destino umano? Mentre in tutte le societ` teologiche (o teocratiche) ` sempre a e Dio che ha gi` ri- sposto a questa domanda, la tragedia continua a riprenderla a e a sca- varla a fondo. E soprattutto continua a rievocare i due tratti che deniscono lessere umano e la sua natura: la coscienza di essere mortale, da un lato, e lhybris, la dismisura, dallaltro. Per Castoria- dis, la questione centrale della democrazia ` quella che pone Sofo- cle nellAntigone, ovvero la questione e dellautolimitazione. Nel Pro- meteo di Eschilo Castoriadis prende in esame due gruppi di versi. Prometeo si rivolge al Coro e risponde alla domanda che cos` e ` luomo? con la narrazione dellorigine. E proprio Prometeo che ha strappato gli uomini dallo stato preumano (erano come infanti prima di saper parlare), che ha dato loro la conoscenza del cielo, dei numeri, delle lettere, delle arti, delle tecniche, della medicina e della divinazione, ma soprattutto la conoscenza della propria mortalit` e del rimedio per combatterla: le illusioni e le vane a speranze. Ambi- valenza di Prometeo, Titano ribelle, ambivalenza dellessere umano, posto sotto il segno della negazione: io lo so bene, e tuttavia... Diciotto anni dopo, nel 443-442 a.C, Atene ` allapice della sua potenza. Per Sofocle e sono gli uomini che hanno creato le qua- lit` umane: cos` proclama il Coro. E a Castoriadis commenta: Gli uomini non hanno preso niente dagli d`i e gli d`i e e non hanno mai dato niente agli uomini. E questo lo spirito greco del V secolo ed ` questa la tragedia premiata dagli Ateniesi. (7) Con tale premessa, pu` e o rileggere lAntigone scoprendovi qualcosa daltro oltre alla con- trapposizione tra legge civile e legge naturale, tra morale indivi- duale e ragion di Stato o, come Hegel, tra famiglia e Stato. Creonte e Antigone sono due esempi diversi di hybris. Creonte difende le leggi della citt`, ma chi ne conosce le regole dovrebbe a stare attento alle condizioni della sua applicazione ed eventualmente dimostrarsi capace di modicarle. Quanto ad Antigone, la sua follia e il suo ec- 68 cesso si manifestano perch anche lei disconosce le leggi della citt` che il fratello Poline a ice ha gi` violato. Se Castoriadis ha ragione, la posizione di Sofocle ` dunque a e que- sta: i due principi che governano le posizioni antagonistiche di Creonte e Antigone non dovrebbero essere pensati come del tutto inconciliabili. Gli uomini hanno la vocazione di tessere insieme le leggi degli d`i e quelle della citt`. Sono e a creature terribili, ecce- zionali, in quanto non sono deniti una volta per tutte, come gli d`i. Questi ultimi sono pi` potenti degli uomini, ma sono anchessi e u soggetti al destino e per giunta, diversamente dai mortali, non pos- sono cambiare (Atena ` la saggezza, Ares la guerra). Gli uomini di- ventano. Lessere e umano ` opera delluomo ed ` sempre in corso di elaborazione. E questo vale e e anche per la vita politica. Anche se ri- spettiamo la legge, c` un altro elemento e ` che deve essere tessuto in- sieme. E quella che Sofocle denisce la dike degli d`i, la giustizia dovuta o giurata agli d`i. Non sappiamo che idea avesse Sofocle e e delle divinit`, ma Castoriadis ricorda che frequentava il circolo di Pericle, al pari a di Protagora di cui cita un frammento: Per ci` che attiene agli d`i, nulla posso o e dire, n se ci sono, n se non ci sono, n quale aspetto possono avere. (8) In e e e questa dike che va coniugata, tessuta insieme, con le leggi della citt`, Castoriadis a vede un prin- cipio di superamento, ovvero, nel suo lessico, lautotrascendenza della societ`, quella sua irriducibilit` a ci` che viene di volta in volta istituito. a a o

38CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI ` E possibile cambiare le leggi in funzione dei principi che trascendono la legge positiva e che con gli d`i hanno solo un rapporto metaforico. Il miracolo greco e sarebbe allora il principio della storicit` in quanto autoalterazione, cos` come a lo proclama esplicitamente la tragedia sofoclea. Si vede allora quello che Castoriadis individua nella democrazia ateniese: la costante capacit` di superarsi a partendo da una ries- sione su se stessa, di non farsi intrappolare da una cultura reicata. Aristotele individua undici rivoluzioni nella storia ateniese. Questa opera di riessione e superamento ` apprezzata anche da altri stu- diosi della e cultura ellenica in relazione ad altri argomenti che atten- 69 gono alla denizione di vita democratica. Cos` Nicole Loraux (9) ha messo in evidenza i dibattiti, le contraddizioni e le evoluzioni che hanno sempre contraddistinto la vita politica ateniese riguardo a due questioni spesso presentate in modo troppo frettoloso e ap- prossimativo: quella relativa allo statuto degli stranieri e quella re- lativa allo statuto degli schiavi. Quella tensione che Pierre Rosanvallon (10) pensa di poter indivi- duare al centro delluniversalismo, cos` com` concepito nella e tra- dizione francese, non la si ritrova forse alla base di qualsiasi pensiero democratico? E in ogni caso quella che giustica lambizione di Marcel Dtienne di e comparare lincomparabile, ovvero nello spe- cico lideale giacobino con quello della polis greca. Per i Greci non basta che i cittadini siano uguali e intercambiabili, devono anche avere dirittura morale e virt`. E lo stesso dilemma dei u ` giacobini. (11) La posta in gioco riguarda ogni volta lopposizione tra senso (nellaccezione che ho dato a questo termine) e libert`. Se si concede tutto al senso, a alla necessaria relazione tra gli uni e gli altri cos` com` denita a priori in nome e della societ` o della cultura, si perde la libert`, ovvero lindividuo. Se si concede a a tutto al desiderio indi- viduale, gli si sottrae loggetto, si perdono la relazione e la societ`. La vita sociale non pu` essere orientata o comandata n dalla a o e follia totalitaria n dalla follia della solitudine. Luomo apolis denunciato dalla e tradizione ateniese si smarrisce nelluna o nellaltra direzione. Chiaramente la citt` ateniese non ci fornisce un modello, e nem- meno un ideale, per la soa ciet` di oggi. I nostri problemi sono su una scala diversa. Nonostante sia stata a no al II secolo della nostra era una specie di capitale culturale dellImpero romano, non pu` essere considerata la realizzazione compiuta di un modello o demo- cratico. Piuttosto ci propone un esempio di dibattito permanente e di riuto di una chiusura concettuale, e avremmo torto a non trarne ispirazione. Oggi la vita politica, tanto sul piano nazionale quanto su quello internazionale, sempre pi` dicili da distinguere, ` infatti prigioniera di concetti vuoti e di u e intuizioni cieche che gui- dano le nostre analisi invece di esserne oggetto. Inuenzati come 70 siamo dal sistema delle comunicazioni che stringe il pianeta in una morsa e sembra dargli un senso, ci abituiamo a consumare le im- magini, le parole, i messaggi. Siamo perci` indotti, senza neppure accorgercene, a pratio care la ragione retorica di cui parla Vernant, la quale non fa altro che giusticare lesistente cos` com`. In tal modo, ci modelliamo su quel che di peggio vi ` nella e e cultura del- limmanenza: il ritorno del medesimo. E al contempo rinunciamo alla parte migliore della tradizione del paganesimo nella versione greca e pi` u precisamente ateniese: la capacit` di introspezione intel- lettuale, lattitudine a a spostare i conni, la vocazione a restare nella storia senza immolarsi alle illusioni del sistema. La cultura come natura, ecco indubbiamente il maggiore rischio concettuale (ma con conseguenze tragicamente concrete) cui siamo esposti oggi da parte tanto dei teorici dello scontro tra culture quanto degli illuminati fautori del proselitismo religioso. Contro le ideologie della cultura come natura, che si

39 ispirano tutte, pi` o meno direttamente, a una visione teleologica della natura, u pu` es- sere utile ricordare che luomo non pu` in alcun caso essere denito da o o una e solo una appartenenza culturale. Quando diciamo uomo, di chi parliamo? Di tre uomini, in realt`: delluomo singolo nella sua diversit` (voi, io, miliardi a a di altri); delluomo culturale (che ha connivenze storiche, geograche o sociali con un certo numero di altri); inne delluomo generico (quello che ` andato e sulla luna, quello che ci ha portati a essere ci` che siamo nel bene e nel male, o quello la cui immagine sentiamo ferita quando si attenta alla di- gnit` di un a singolo essere umano). E sono questi tre che ne fanno uno: lindividuo concreto e mortale. Lindividuo esiste solo per linsieme di relazioni che stabilisce con gli altri, insieme culturale in questo senso, collocato nella sto- ria e in un luogo. Ma la sua storia pu` cambiare come pu` cambiare di luogo. Gli individui sono tanti o o e ognuno ` ondivago e diverso, come diceva Montaigne; la relazione di ognuno e con la pluralit` delle culture e con la diversit` di ogni cultura pu` cambiare a a o nch non muore. Ma resta uomo, dovunque sia e comunque sia. E uomo 71 e di diritto. I diritti delluomo sono luomo tutto intero e sono ogni uomo, ogni essere in diritto di costruire le proprie relazioni con gli altri e con la storia, di costruire la propria essenza, nel senso esi- stenzialista del termine. I diritti delluomo, in questo senso, sono il diritto allesistenza, alla libert`, alla scelta. Il a riesame del concetto di cultura ` indispensabile per eludere le trappole intellete tuali di ogni genere alle quali serve da alibi. La riabilitazione dellindividuo/soggetto ` indispensabile per condurre a buon ne questa impresa e per fondare e antropologicamente la difesa dei diritti delluomo. E ci sono due tradizioni intellettuali tra loro antagoniste, ma che hanno talvolta saputo dialogare, ovvero lo strutturalismo e lesistenziali- smo, cui possiamo fare appello, in modo complementare, per aiu- tarci a capire come le culture siano artefatti storici necessari, ma anche come luomo generico sia insieme il limite di ogni egemonia culturale e lorizzonte di ogni esistenza individuale. Note al capitolo 1. Marcel Mauss, op. cit., p. XX. 2. Cornlius Castoriadis, e LInstitution imaginaire de la socit, Seuil, Paris, 1975 [trad. it.: Listituzione ee immaginaria della societ`, Bollati Boringhieri, Torino, 1995]. 3. Louis Ala thusser, Pour Marx, Maspero, Paris, 1965 [trad. it.: Per Marx, Mime- sis, Milano, 2008]. 4. Jean-Paul Vernanr, Mythe et pense chez les Grecs, Maspero, e Paris, 1965 [trad. it.: Mito e pensiero presso i Greci, Einaudi, Torino, 1970]. 5. Marc Aug, Cornlius Castoriadis, Maria Daraki et al, La Grece pour penser e e la- venir, LHarmattan, Paris, 2000. 6. Ibid., p. 153. 7. Ibid., p. 159. 8. Ibid.. p. 168. 9. Nicole Loraux, N de la terre. Mythe et politique ` Ath`nes, Seuil, e a e Paris, 1996. 10. Pierre Rosanvallon, Le Sacre du citoyen, Gallimard, Paris, 1992. 11. Marcel Dtienne, Comparer lincomparable, Seuil, Paris, 2000, pp. e 125-126. 72 Capitolo sesto Il passato, la memoria, lesilio Si ` potuto aermare che il XIX secolo ` stato il secolo della storia. Sarebbe e e per` dicile attribuire questa propriet` anche al XX se- colo. Per certi versi, la o a letteratura storiograca ha continuato a svi- lupparsi, soprattutto in Francia, e la riessione storica ` rimasta al centro dei principali dibattiti politici. Si pensi, e per esempio, alle analisi sulla Rivoluzione francese, considerata come modello intel- lettuale del totalitarismo comunista, e ai dibattiti e alle polemiche che ` ne sono seguiti. E tuttavia vero che questi dibattiti hanno teso appunto a presentare il XX secolo come un periodo di chiusura, il secolo della sperimentazione calamitosa di idee elaborate in une- poca precedente. Il che ci ha collocato nella

40CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI prospettiva della ne delle grandi narrazioni. In senso generale, non ` certo che e lo sviluppo della storiograa esprima semplicemente e direttamente il nostro rapporto con la storia o, se si vuole, il nostro senso della storia. Possiamo anche porci la domanda inversa e chiederci se il metodo storiograco non sia stato inuenzato, nel corso dei secoli, dai cambiamenti interve- nuti nella nostra percezione del tempo e degli avvenimenti. 73 Nella seconda met` del XX a secolo, inoltre, luna e laltra hanno in- contestabilmente subito, a gradi diversi e con modalit` dierenti, linuenza della psicoanalisi. In eetti, il rapporto a con il passato che la psicoanalisi cerca di mettere in luce non ` quello della e storiogra- a. Michel de Certeau, nella raccolta di saggi dal titolo Storia e psi- coanalisi. Tra scienza e nzione, (1) spiega come la psicoanalisi e la storia abbiano due modi diversi di distribuire quello che denisce lo spazio della memoria. Ci` che Freud ha scoperto, messo in evi- denza ed esplicitato ` la preo e senza del passato nel presente, nella forma del ritorno del rimosso. La memoria, ci dice ancora de Cer- teau, diventa un campo chiuso dove si eettuano due operazioni di senso opposto: loblio, che non ` aatto un fenomeno passivo ma e un dispositivo di lotta contro il passato, e la traccia mnesica, che ` il ritorno e del dimenticato, cio` unazione di questo passato ormai costretto al mascherae mento. (2) Il passato, come il fantasma dellAm- leto, infesta il presente. La storia ` cannibale. Notiamo subito come la scoperta freudiana faccia vacillare e - mostrandoli per quello che sono, cio` illusori - quegli universi in- dividuali o e collettivi, quei mondi rassicuranti del perenne rimando allio, che ho proposto di chiamare mondi dellimmanenza. Se te- niamo presente che per Freud lillusione non ` in prima istanza un errore, ma un prodotto del desiderio, come ha spiee gato riguardo alla religione in Lavvenire di una illusione, possiamo allora capire che il passato rimosso introduce una tensione della quale possono essere indizi il riuto dellevento e la mania interpretativa. Quello che ` in discussione ` e e dunque il desiderio o, in termini pi` antro- pologici, la felicit`, ovvero lidea che u a uno ` indotto a farsene in una situazione data. La ricerca di tale felicit` ` una e ae delle caratteristi- che dellhabitus che Bourdieu denisce appunto desiderio di es- sere: Denudati dalle simpatie e dalle antipatie, dagli aetti e dalle avversioni, dai gusti e dai disgusti, ci si crea un ambiente dove ci si sente a casa propria e dove ` possibile conseguire la piena realizza- zione del proprio desiderio di essere e che si identica con la feli- cit`. (3) Michel de Certeau sottolinea con forza il a ruolo dirompente 74 del ritorno del rimosso nei confronti di tutti gli ordini simbolici cos` costruiti: Ogni ordine autonomo si costituisce grazie a ci` che elimina o e produce un resto condannato alloblio, ma lescluso si insinua nuovamente in quel posto pulito, vi riemerge, lo scon- volge, rende illusoria la coscienza che ha il presente di stare a casa propria, rimane acquattato in un angolo, e quel selvaggio, quel- losceno, quella sporcizia, quella resistenza della superstizione, vi deposita, allinsaputa del proprietario (lio) e contro la sua vo- lont`, la legge dellaltro. (4) Il passato come sintomo ` embricato nel prea e sente. La storiograa, invece, pone in linea di principio una cesura tra il passato in quanto oggetto di conoscenza (sistemi, eventi) e il pre- sente come luogo della conoscenza, dove si raccolgono i materiali e si elaborano le rappresentazioni del passato. I rapporti tra storiograa e psicoanalisi, per`, si evolvono e que- sta o evoluzione ci dice con molta chiarezza qualcosa del nostro nuovo rapporto con il tempo. Per limitarci alla storiograa fran- cese, potremmo dire che tra il tempo lungo di Fernand Braudel, lantropologia storica di Jacques Le Go o di Georges Duby, la sto- ria delle idee come lhanno concepita e rinnovata Franois c

41 Furet e Pierre Rosanvallon, i luoghi della memoria di Pierre Nora, si con- gura unevoluzione al termine della quale lopposizione tra le due distinte strategie descritte da Michel de Certeau tende a sfumare. Esaminando un evento, un personaggio o una rappresentazione, lantropologia storica cerca di osservare il passato come un presente e ne prende in considerazione, in una visione olistica, la totalit` degli aspetti e linsieme delle determinazioni. In senso inverso, a la nuova storia delle idee pone al presente interrogativi per i quali pensa di trovare elementi di risposta nel passato, ma in certo modo ` ci` che scopre nel e o presente che orienta e sostiene la sua riscoperta del passato. Furet interroga la Rivoluzione francese sulla scorta del totalitarismo sovietico. Rosanvallon, quando fa la storia del sura- gio universale in Francia, parte dalla constatazione delle tensioni interne alla democrazia intesa come religione (delluguaglianza) 75 e come regime (di sovranit` popolare); tensioni che si riattivano, per esempio, a in tutte le discussioni sulla denizione politica del- lEuropa comunitaria. Se poi consideriamo limpresa arontata nei Luoghi della me- moria, almeno nella presentazione fatta da chi lha concepita e cu- rata, ovvero Pierre Nora, non ci troviamo davanti a una domanda sul passato, ma sul nostro rapporto con il passato. Ci` che lha resa signicativa e, secondo il termine usato da Leiris, o particolarmente pertinente ` stato appunto il suo carattere collettivo e il fatto e che vi si siano riconosciuti e associati numerosi storici, ma anche leco che ha avuto lespressione stessa di luoghi della memoria, sia pure a spese di qualche approssimazione o distorsione. Se ha parlato a tutti, se ha comunicato qualcosa a tutti, probabilmente ` stato gra- zie allaccostamento delle due parole luoghi e e memoria, che sembrano ricostituire un nuovo spazio-tempo di riferimento rispetto al quale ogni nostro contemporaneo ha avuto la sensazione di riuscire a collocarsi. Secondo Nora, il censimento dei luoghi della memoria ob- bliga a ridenire il metodo storiograco. Egli fa osservare, con una terminologia che in parte evoca quella psicoanalitica (ma la evoca soltanto), come loggetto della storia sia cambiato. Per questo se- gnala incidentalmente che gli storici parlano ormai del proprio og- getto e non del proprio soggetto. A proposito della Francia, an- chessa denita una realt` simbolica, scrive che ormai ` aperta la via a e verso una storia completamente diversa: [...] non pi` le cause, ma i loro eetti; u non pi` le azioni memorizzate e nemmeno com- memorate, ma la loro traccia e la u messa in scena delle commemo- razioni; non i fatti in s, ma la loro costruzione e nel tempo, la can- cellazione e il riemergere dei loro signicati; non il passato come si ` svolto, ma il suo continuo riuso, consumo e sfruttamento, la sua prege nanza sui successivi presenti; non la tradizione, ma il modo in cui si ` costituita e ed ` stata trasmessa. (5) Questo cambiamento di oggetto si spiegherebbe con la e comparsa di un nuovo insieme di elementi diversi che modica profondamente il rapporto con il passato e con le forme tradizionali del sentimento nazionale. (6) La storia, no a un passato relativamente recente, ` stata scritta dal punto di e vista dellavvenire, in funzione di ci` che sarebbe o do- vrebbe essere il futuro: o restaurazione, progresso o rivoluzione. Lo storico si deniva allo stesso tempo come un notaio e come un profeta, come un traghettatore, prosegue Nora. Ma le asprezze del secolo hanno progressivamente inaridito le speranze e le illu- sioni legate alle tre possibili visioni del futuro: [...] tra loppri- mente imprevedibilit` a di un futuro innitamente aperto e tuttavia senza avvenire e lingombrante molteplicit` di un passato ritornato a essere opaco, il presente ` diventato la a e categoria della nostra com- prensione di noi stessi. (7) Resta il fatto che il rifugio nel passato e il rapporto con limpre- vedibilit` del futuro non sono vissuti a

42CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI nello stesso modo ai due estremi della gamma sociale. Linteresse degli studi sulla condizione coloniale, in particolare attraverso i fenomeni che esprimono una relazione tra patologia sociale e patologia individuale, ` soprattutto dovuto e al fatto che ci presentano situazioni in cui numerosi indi- vidui smarriscono la capacit` di collocarsi in modo pi` o meno stabile nel presente, nellimmanenza a u intima di un mondo personale (personalizzato, come dicono oggi i messaggi pubblicitari); un mondo nel quale il rapporto con il passato immediato e lavvenire imminente non rappresenta un problema, il mondo dellhabitus, se si preferisce. In Africa, in particolare, la colonizzazione ` stata un fe- nomeno improvviso e e rapido, e generazioni di bambini e di giovani sono state indotte ad accettare da un giorno allaltro che il mondo nel quale erano cresciuti e nel quale erano stati educati fosse privo di senso. I missionari facevano bruciare i feticci, ma pi` in u generale la derisione di un passato no a quel momento condiviso e am- messo come evidente scatenava un sisma mentale tanto pi` trau- matico in quanto u eliminava ogni prospettiva di futuro, anche a breve termine. La situazione dei sottoproletari, nella maggior parte dei casi un esito dellimmigrazione, riproduce oggi questo stato di de-simbolizzazione. 77 Come ci dice Bourdieu, i disoccupati sono esclusi dal gioco so- ciale e dalle illusioni che lo fanno funzionare, le illusioni che ci aiu- tano a vivere. Perdendo il lavoro, essi smarriscono anche i mille niente grazie ai quali la loro funzione era conosciuta e riconosciuta: Se il tempo sembra annullarsi, ` perch il lavoro salariato ` il sup- porto, se non il principio, e e e di gran parte degli interessi, delle attese, delle esigenze, delle speranze e degli investimenti che attengono al presente, ma anche al futuro o al passato che questo implica, in- somma ` uno dei principali fondamenti dellillusione come e impegno nel gioco della vita, nel presente, come investimento primordiale che produce il tempo (come insegnano tutte le scuole sapienziali quando identicano lo sradicamento dal tempo con lo sradica- mento dal mondo), che ` il tempo e stesso. (8) Lo sradicamento dal tempo ` proprio ci` che, in un altro contesto e e o in unaltra epoca, ma non cos` lontana, hanno vissuto tanti colonizzati o quanti, dopo lindipendenza politica, hanno subito e continuano a subire nellimpotenza la retorica dello sviluppo. Che cos` lesilio? Non ` semplicemente un concetto e e ` territoriale, e forse non lo ` neppure nella sostanza. E una perdita, provvisoe ria o meno, mai dimenticata, mai cancellata: una perdita di identit` che passa a talora da quella della lingua, spesso da quella della lia- zione, sempre dalla perdita della storia. Nel nostro mondo le si- tuazioni di esilio diventano sempre pi` numerose; sono prodotte dai conitti politici e dalla miseria economica, u ma spesso sono anche sostenute dal gioco delle rappresentazioni immaginarie indotte dalle cattive politiche di accoglienza, dalle cattive politiche di integrazione e dalle dicolt` economiche. C` una bella distanza tra il racconto epico della a e conquista del West e della creazione del Nuovo Mondo e levocazione pauperista e vergognosa delle quote di immigrazione nellEuropa contemporanea. Senza cadere in una visione ingenuamente buonista della nascita di una nazione, che come sappiamo bene ` passata attraverso innite soerenze e ha avuto tra le sue e cause la miseria in Europa, bisogna comunque am- mettete che lo stesso anelito non sembra animare oggi limmigra- 78 zione in unEuropa che recalcitra allidea di diventare una nuova America, perch non ne ha n i mezzi n la volont`. In e e e a ogni parte del mondo, inoltre, si creano situazioni di isolamento (profughi, rifugiati, clandestini, sans-papiers) che corrispondono a un duplice sradicamento dal tempo, perch nello stato di durevole provviso- riet` si smarriscono insieme e a il riferimento al passato (abolito) e al futuro (bloccato). Gli individui perdono

43 in tal modo lattitudine a impegnarsi nel gioco della vita perch tutto (compe rese le forme di assistenza di cui sono fatti oggetto) conferma loro che ne sono esclusi. A dire il vero, ci` da cui sono esclusi ` la storia, e non biso- gna stupirsi o e se il rischio di vederli rientrare nella storia per le vie pi` pericolose e folli non ` u e mai molto lontano. Note al capitolo 1. Michel De Certeau, Histoire et psychanalyse entre science et ction, Gallimard, Paris, 2002, cap. II, Psychanalyse et histoire [trad. it.: Storia e psicoanalisi. Tra scienza e nzione, Bollati Boringhieri, Torino, 2006]. 2. Ibid., p. 86. 3. Pierre Bourdieu, op. cit, p. 216. 4. Michel De Cerreau, op. cit., p. 86. 5. Pierre Nora, Les Lieux de mmoire, III, La France, 1, Gallimard, e Paris, 1992, p. 24. 6. Ibid., p. 27. 7. Ivi. 8. Pierre Bourdieu, op. cit., p. 320. 79 Capitolo settimo Lavvenire e lutopia Le situazioni che si deniscono di contatto culturale sono state, per lo pi`, u casi di scontro ideologico. Dalla scoperta dellAmerica, lOccidente europeo ` e sbarcato a casa daltri con armi e bagagli, ma anche con larsenale completo del proprio immaginario. Nei diversi continenti dove si sono svolte quelle lunghe crociate, oggi si ritro- vano le tracce pi` o meno profonde e le manifestazioni u pi` o meno vitali e originali di quelle lotte per linuenza, di quelle prove di u forza, a volte di obbedienza cattolica, a volte protestante. Non ` un caso se e i sistemi religiosi pi` strutturati (il monoteismo islamico, anchesso capace di u proselitismo) o pi` legati a forti strutture poli- tiche (Cina, Giappone) si sono u rivelati i pi` refrattari alla penetra- zione cristiana. La storia della colonizu zazione e della occidentalizza- zione del mondo ha avuto anche una dimensione onirica, e gli osservatori hanno talora penato a rappresentarne il carattere alluci- nato, sia perch appartenevano anchessi a una tradizione religiosa che e li induceva a considerare naturale il fenomeno, sia perch, allin- verso, lo cone sideravano un epifenomeno, una semplice conseguenza o un riesso di sconvolgimenti politico-economici pi` profondi. 81 Rimane il fatto che uno dei settori u pi` avvincenti e consolidati della ricerca antropologica attuale riguarda le manu ifestazioni reli- giose nel contesto coloniale o postcoloniale, e anche (giacch la e storia ` tuttaltro che conclusa) nel contesto della globalizzazione. Non pose siamo interessarci al futuro senza incontrare la presenza massiccia e anomala dellimmaginazione. Se ` infatti vero che non vivono ogni giorno con il pensiero e dei propri ni ultimi, gli umani non possono tuttavia accontentarsi indenitamente di uneternit` acca, di un tempo chiuso. Questo vale per i pi` deprivati, a u ma anche per gli altri. La corsa al senso si svolge dunque anche nelle peggiori condizioni. Il senso non ` necessariamente il destino post mortem, limmortalit` e a ` o il paradiso. E lesistenza del domani, un in- sieme di relazioni con gli altri sucientemente consistente per scongiurare lassurdit` di una solitudine senza a oggetto e senza ne, nel doppio senso del termine. Tutti i movimenti socioreligiosi che ho avuto la possibilit` di studiare in Africa e in America latina a (ma losservazione ` generalizzabile) aggregavano in modo stabile o ef- mero e individui alla ricerca di un nuovo ambito di riferimento, sia con intenti denitivi (rifugiandosi presso un profeta come in un asilo), sia pi` puntualmente, come u nel caso di movimenti del tipo candombl` o umbanda, in Brasile, che modele lano il calendario di ciascuno trasformando la sua vira in unesistenza di feste e di in- contri. Il successo delle sette rimanda a questo desiderio, al bisogno di imbellettare la realt` o di sostituirla con larticio di un mondo parallelo, ina timo, nel quale ci si possa riconoscere e farsi ricono- scere, aspettare il seguito e

44CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI lottare contro il panico di un presente denitivo. Lillusione parla il linguaggio dei ni, che ` anche quello del desiderio, ma si limita a servirsene, lo sbricie ola, lo distilla in dosi omeopatiche; i suoi espedienti sono il rovescio negativo del di- scorso sociale sempre incompiuto dei politici e degli economisti: essa non pretende di orientare la societ`, la rimpiazza. E qui necessario distinguere a bene. La constatazione di fondo, globale, ` che il trauma che lOccidente ha e initto allimmaginario degli altri non ` stato privo di conseguenze sul proprio e immagina- 82 rio. La colonizzazione e loccidentalizzazione hanno provocato una specie di big bang ideologico, le cui ricadute si disperdono oggi, in apparente disordine, sul mondo globalizzato. Sono ricadute di varia natura e non sono esenti da inuenze reciproche. Le tradizioni religiose istituite sono talora interpretate dai loro rappresentanti o dai loro adepti pi` intellettuali come una u morale, unetica o addirittura una losoa, e non saprebbero pi` farne og- getto u di una fede letterale, quella ingenua delluomo semplice. Nello stesso tempo, per`, i fondamentalismi non sono mai stati cos` virulenti. Certi movimenti o evangelici, per esempio, dei quali non va sottovalutata lespansione e linuenza nel mondo, si basano su parole dordine semplici che trovano eco in tutti coloro che re- clamano certezze, soprattutto negli Stati Uniti e in America latina, ma anche in Africa e in Europa, soprattutto nellEuropa dellest e in Russia, perch e vivono in solitudine, senza riferimenti simbolici, in situazioni di miseria materiale e morale. Il fondamentalismo islamico trova radici in un identico terreno. Tutti questi fondamentalismi hanno in comune un riferimento, unambizione e una modalit` di azione. Il riferimento ` lorigine: la disputa tra i tre monoteismi a e si basa essenzialmente sul punto di partenza, sullorigine della sola storia che conti ai loro occhi, quella del vero messaggio. La disputa sul riferimento ` anche e la causa dei diversi scismi allinterno delle religioni monoteiste. Lambizione ` e il mondo intero. I monoteismi in generale aspi- rano alluniversalizzazione del proprio messaggio. Si apparentano per questo alle grandi narrazioni di Lyotard, in quanto si basano sia sul passato sia sul futuro. Se ne dierenziano, per`, o perch pre- tendono, in quanto cosmogonie, di parlare allumanit` intera, anche e a se ben presto passano a evocare una storia precisa, popoli e territori particolari, e perch la loro visione dellavvenire, tanto degli esseri umani quanto della e societ` terrena, ` singolarmente vuota, essendo la loro ultima prospettiva la a e ne del mondo come estremo compimento. La modalit` di azione, inne, ` il a e proselitismo, che distingue in 83 modo assoluto i monoteismi dai politeismi. Gli integralismi - espressione militante e attiva dei fondamentalismi - esasperano questa volont` di proselitismo conferendole accenti guerreschi: lat- tualit` ci a a mostra come possano derivarne dei passaggi allazione, quasi che le realt` della a globalizzazione agiscano da stimolo alla loro immaginazione. Lintegralismo ` e una globalizzazione dellimmaginario che pu` avere conseguenze terribilmente o ` reali. E anche la globalizzazione dei poveri (anche se, ovviamente, pu` essere o usata, manipolata e so- stenuta dai soldi dei ricchi); in questo senso ` una globe alizzazione mimetica. La globalizzazione e i suoi agenti sono mimetizzati, come lo erano la colonizzazione e i colonizzatori. Il mimetismo e la rappresentazione sono le armi simboliche cui si ricorre quando la relazione diventa impensabile, impossibile da negoziare. Nelle situazioni di dominio tanti personaggi hanno interpretato e orchestrato questo ruolo di un Altro troppo lontano e troppo potente. I profeti africani prendono questo termine in prestito dalla Bibbia di coloro che cercano di convertirli, ma pi` che profetizzare, recitano, continuano u a rappresentare limmagine della colonizza- zione e dei suoi agenti. Il gioco

45 della ri-presentazione, il mimeti- smo, ` lultima tappa prima della violenza, in e quanto manifesta la rottura o piuttosto limpossibilit` della relazione. Gerard a Althabe (1) aveva utilizzato lespressione liberazione di immaginario per ca- ratterizzare certi movimenti politico-religiosi che si aermavano incontestabilmente come forme di reazione e di resistenza allop- pressione coloniale. Quei movimenti, quando cercavano di uscire da un ambito strettamente locale, avevano bisogno di rimandi esterni: di qui spesso la loro relazione ambivalente e un certo debito di ispirazione con le Chiese cristiane, ma anche con lislam o con il marxismo. Ferme restando le ovvie dierenze, oggi ci troviamo in una situa- zione analoga, solo che le reazioni, spesso provocate da circostanze locali, si esplicano su unaltra scala. Tutti hanno ormai capito che il locale si esprime attraverso il globale e che, per giunta, i movimenti 84 locali di protesta hanno pi` che mai u bisogno di collegamenti con il mondo intero e con la scena mondiale fornita dai media. Oggi pi` di ieri, sono le religioni a vocazione universale che possono u procurare i mezzi intellettuali e materiali per questa estensione. Il marxismo e le ideologie progressiste in generale, che avevano in- uenzato i movimenti politici di indipendenza e di liberazione, sono in declino e i paesi comunisti, che li avevano in certi casi so- stenuti, sono in via di sparizione. Limmaginazione, in questo caso, va al traino della storia. Leclettismo occidentale, per parte sua, ` modellato dalla menta- lit` consumista: le arti, la cultura, la losoa, e a le religioni del mondo intero, perno nelle forme pi` sincretiche, possono essere u oggetto di scelte individuali e di ricomposizioni personali. Ognuno si co- struisce su misura la propria cosmologia, ricorrendo, se necessario, alle nuove tecnologie. Il mondo della televisione ` esemplare per questo postmodernismo dei poveri: e se ci sono tante persone che desiderano esprimere in quellambito le proprie convinzioni, le pro- prie preferenze, la propria vita, quando ` evidente che non e hanno niente di originale, ` perch cos` possono crederci anche loro, gra- zie e e al prestigio dellimmagine che consolida alloccorrenza lassicu- razione fornita dal prendere la parola. Nonostante legocentrismo forsennato, questi comportamenti indotti dalla societ` dellimma- gine non sono poi tanto diversi da quelli a che governano la fede del- luomo semplice (che peraltro non gli competono in modo esclu- sivo): in entrambi i casi si tratta di una questione di sopravvivenza. Ci troviamo cos` dora in avanti, in una situazione in cui siamo in grado di per, cepire, davanti a un campo di rovine metasiche nel quale i fondamentalisti illuminati e gli individualisti alienati continuano a rovistare per assemblare un senso a partire da qualche rottame, che colonizzati e colonizzatori hanno vissuto la stessa sto- ria e che la colonizzazione altro non ` stata che la prima tappa e della globalizzazione. Siamo tutti quanti ai piedi dello stesso muro. Dopo le tristi esperienze del secolo scorso, ` questa la sda che ci aspetta: come possie amo reintrodurre nella nostra storia nalit` che 85 ci aranchino dalla tirannia a del presente ma che non siano allori- gine di un nuovo dispotismo intellettuale e politico? Come pos- siamo, pi` che pregurare il futuro (essendo il cambiau mento tanto inimmaginabile quanto ineluttabile), attrezzarci nella misura del possibile perch sia lavvenire di tutti? I termini di questa sda interessano gli e antropologi perch cor- rispondono a una situazione che, da un certo punto di e vista, ri- pete o tende a ripetere unesperienza della quale sono gi` stati testia moni, senza prestarvi tutta lattenzione che sarebbe stata augurabile e senza trarne tutte le conseguenze: lesperienza della colonizza- zione e quella della decolonizzazione, in quanto questultima ha rapidamente cancellato i discorsi sulle nalit` che servivano a giu- sticare la prima. Anzi, questa cancellazione forse a

46CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI ` ci` che deni- sce la decolonizzazione, ci` che ne costituisce lessenza. Il tema e o o esplicito della ne della storia e quello pi` o meno implicito di una divisione del u mondo tra chi ` denrro le cose e chi ne ` tagliato fuori, tra assistenti e assistiti, e e privilegiano una lettura attuale della storia che sottrae ogni pertinenza allidea di progresso o a quella di un mondo migliore per il domani. Localmente, per`, o questi ideali sono ancora formulati in modo vago e confuso. Si delineano forme di resistenza allo stato di cose esistente, ma in nome di ideali par- ticolari, incompleti e talora contrastanti (le culture minoritarie, il mondo contadino, lecologia) che, anche quando tentano di espri- mersi su scala planetaria, stentano a costruire progetti leggibili per il futuro, a proporre obiettivi che non siano in sostanza difensivi. Questa situazione, intellettualmente interessante, ritengo possa essere colta pi` ecacemente se la si osserva su scala antropolo- gica, ovvero in quelle u unit` ridotte nelle quali si fanno per` sentire gli eetti del nuovo contesto: il a o contesto planetario (sotto il du- plice, e contraddittorio, aspetto della globalizzazione tecno-econo- mica e della coscienza planetaria in pieno sviluppo). I tradizionali ambiti empirici delletnologia si prestano bene a tale approccio (` il e loro contesto, che si trasforma e li trasforma) e, a maggior ra- gione, si prestano bene anche gli altri ambiti toccati da qualche 86 anno dagli antropologi (non solo la citt`, che vanta gi` titoli di no- bilt` nella tradizione professionale, ma a a a anche limpresa, i grandi agglomerati, i campi profughi, i gruppi di immigrati, le ong...). A condizione, per`, che lo studio dei rispettivi microcontesti e del o contesto globale si basi precisamente sulle nalit` di cui essi sono o non sono pora ` tatori. E proprio perch lantropologia si denisce simultaneamente ri- spetto al e proprio oggetto intellettuale (la relazione pensata e isti- tuita, il senso sociale) e rispetto al contesto in cui lo osserva, che mi sembra possa costituire un percorso privilegiato per losservazione dei mondi contemporanei. La situazione attuale la obbliga per prima cosa a denirsi antropologia e non pi` solo etnologia: il u con- testo oggi ` sempre mondiale e, per quanto rimanga necessario lo studio dei e microcontesti locali o regionali, essa acquista tutto il pro- prio senso soltanto in relazione al contesto globale nel quale sono inseriti i microcontesti. Il passaggio da unetnologia particolare a unantropologia comparata o generalizzata ` e oggi una necessit`, se si vuole dare conto di una situazione che, pur senza cana cellare del tutto i particolarismi e le storie locali, li trasforma profondamente confrontandoli con la globalit` del mercato, delle tecnologie e delle immagini. a Di fronte allideologia del presente e dellevidenza diusa dal si- stema globale, di fronte alle illusioni micidiali e liberticide dei to- talitarismi integralisti, abbiamo pi` che mai bisogno di un ritorno allo sguardo critico capace di rivelare u i giochi del potere dietro alle formule che si appellano a una quiete illusoria o una mobilitazione fanatica. Il ritorno a quello sguardo critico che io attribuisco allantropo- logia evidentemente non basta a cambiare il mondo. Ma pu` cono tribuire a dare la misura delle vere poste in gioco. Viviamo in un mondo nel quale, agli estremi, si formano crepe sempre pi` profonde, come quelle che si u allargano tra i pi` ricchi dei ricchi e i pi` poveri dei poveri, o tra la somma delle u u conoscenze accumulate nei laboratori scientici pi` attrezzati del pianeta e lo u stato di igno- 87 ranza nel quale viene tenuta la maggioranza della popolazione mondiale, tanto nei paesi cosiddetti sottosviluppati quanto allin- terno degli stessi paesi industriali. Il problema ` che oggi sul pianeta regna unideologia e del pre- sente e dellevidenza che paralizza lo sforzo di pensare il presente come storia, unideologia impegnata a rendere obsoleti gli insegna- menti del passato, ma anche il desiderio di immaginare il futuro. Da uno o due decenni, il pre-

47 sente ` diventato egemonico. Agli occhi del comune mortale, non deriva pi` dalla e u lenta maturazione del passato e non lascia pi` trasparire i lineamenti di possibili u fu- turi, ma si impone come un fatto compiuto, schiacciante, il cui improvviso emergere ousca il passato e satura limmaginazione del futuro. Quella che abbiamo chiamato ideologia del presente si manife- sta in diversi modi e qoi ne abbiamo individuato lesistenza sulla scorta di tre fenomeni concomitanti. Con il primo ritroviamo Lyo- tard e la ne delle grandi narrazioni basate sullavvenire. Questa ne corrisponde alla perdita delle illusioni coltivate sul progresso umano, soprattutto dopo le atrocit` e le esperienze totalitarie del XX secolo. Il momento a postmoderno sarebbe pertanto quello in cui i miti moderni, i miti del futuro e i miti universalisti, che si erano so- stituiti alle cosmogonie particolariste, scompaiono a loro volta. Una delle ragioni di questo fallimento ` quella che Lyotard e denisce dis- sidio, cio` la dierenza di percezione tra chi inventa teoricamente e unideologia universalista e liberatrice e chi ne subisce storicamente gli eetti. La Rivoluzione francese era un atto di liberazione univer- sale o semplicemente lespressione dellespansionismo francese, che avrebbe trovato il suo autentico eroe nella gura di Napoleone? Probabilmente luna e laltra cosa, ed ` da qui e che cominciano le dicolt`. Il tema della ne delle grandi narrazioni ne ha a preceduto un aldo, sviluppato da Fukuyama, che ha ottenuto una notevole attenzione: la ne della storia. Ma i due temi, come appare evidente, non vanno aatto confusi. Lyotard, quando parlava della ne delle due grandi tipologie mitologiche, ci invitava a riettere sulle nuove modalit` di relazione con lo a spazio e con il tempo che denivano la condizione postmoderna. Con la ne della storia, siamo in tuttaltro contesto: ` il tentativo di realizzare una nuova e grande narrazione. La ne della storia non `, evidentemente, il blocco degli e eventi, ma la ne di un dibattito intellettuale: tutti quanti, ci dice in sostanza Fukuyama, sarebbero oggi daccordo nel ritenere che la formula che coniuga il mercato liberista e la democrazia rap- presentativa sia insuperabile. Derrida, nel suo libro Gli spettri di Marx1, osserva a tal proposito che le formulazioni di Fukuyama non sono molto chiare e che permane un dubbio, a ne lettura, sul signicato da dare al concetto di ne della storia: si tratta di un dato di fatto incontestabile o di unipotesi speculativa? Fukuyama presenta la buona novella (Derrida sottolinea quel linguaggio evangelico) dellavvento della democrazia liberale ora come fatto empirico ora come ideale normatore: Lavvenimento ` sia la e realiz- zazione sia lannuncio della realizzazione. Ma questa stessa incer- tezza (o incoerenza) ` tipica di unatmosfera intellettuale in cui niente ` pi` dicile e e u da immaginare del futuro. Ci si potr` fare unidea di questa dicolt` interroa a gandosi sullo stato dellevento oggi. Come abbiamo visto, nelle societ` dellima manenza levento ` negato nei limiti massimi del possibile: lo si ri- manda alla e serie di determinazioni concepite al contempo come sociali e antropologiche che lo riversano sulla struttura. Quando questo riversamento, questa eziologia sociale, non ` pi` possi- bile, perch levento ` enorme e sproporzionato rispetto e u e e agli abi- tuali strumenti di misura e di interpretazione, per esempio nel caso dellirruzione coloniale, allora lo si mima, lo si recita, lo si mette in scena (secondo lo schema dei riti di inversione celebrati in occa- sione di epidemie o della morte di un capo), nella speranza che quella sorta di sda simbolica basti a scongiurarlo. Nel caso della colonizzazione la speranza ` sempre andata delusa e il e profetismo africano, per esempio, ha continuato a ripetersi in un balbettio no a un passato molto recente. Ma localmente e per molto tempo ` 89 riuscito a e scongiurare la violenza, per cui ` sempre stato dicile, per gli africani come per e

48CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI gli etnologi, decidere se i profeti fossero collaboratori o resistenti, perch evidene temente erano luna cosa e laltra. Nelle societ` oggi pi` sviluppate assistiamo a u a una crescita della paura dellevento (si pensi alla categoria del rischio, al ruolo delle assicurazioni, alla regolamentazione giuridica della pratica medica, allidea di insicurezza o al timore del cambiamento climatico). La crescita della paura comporta classicamente una ricerca delle cause e dei responsabili che, anche in un contesto sociologico diverso da quello delle societ` politeiste, ne richiama a comunque alcuni aspetti. Se invece levento ha una portata inaspettata e si presenta a prima vista imprevedibile, come nel caso dellattentato dell11 settembre 2001, c` un rapido cambio di strategia. La ricerca dei colpevoli diretti, morti, e e dei responsabili pi` lontani, irrintracciabili in un futuro prevedibile, lascia presto u il posto a una nuova iniziativa tem- porale: si fa dellevento non un punto di arrivo che bisogna spie- gare, ma un punto di partenza che tutto spiegher`. E a ` questo il senso e il ruolo della seconda guerra in Iraq e, pi` in generale, della u guerra dichiarata al terrorismo. La parola chiave, qui, ` dichiarazione. Forse e la formula di- chiarazione di guerra non era pi` stata utilizzata dal 1939. La u di- chiarazione di guerra ha precisamente leetto di un annuncio che cancella con un tratto il passato per convertire gli animi allattesa e al seguito. E il passaggio alla violenza legittima, o comunque le- gale; ` il ribaltamento delle e coordinate temporali, una rifonda- zione, il canto di chi parte. Il problema ` e che nella complessit` delle societ` moderne non ` cos` facile riuscire in questa a a e operazione sim- bolica, passare dallordine delle cause a quello degli eetti, dalla diagnosi al progetto. Cos` il discorso uciale sul terrorismo si sdop- pia: gli si dichiara guerra, certo, ma questo non cambia niente, si vive come prima (sia pure con un po pi` di vigilanza poliziesca). Cambia tutto, non cambia niente. u Alle persone pi` anziane questa duplicit` far` venire in mente latteggiamento u a a rassegnato con cui la 90 Francia aveva dichiarato guerra alla Germania nel 1939. Julien Gracq, nei suoi Carnets du grand chemin, (3) fa un ecace schizzo di questo episodio contrastato: La totale assenza di ardore della na- zione a gettarsi nella guerra del 1939, gi` dichiarata con scarso en- tusiasmo, giustica la a solennit` dei riti che contraddistinguono ovunque nella storia antica il passaggio a allo stato di belligeranza: lo stato di guerra ` cos` poco naturale per una nazione e moderna che essa non pu` che gettarcisi a occhi chiusi; ` necessario creare o e a ogni costo una rottura irreversibile, non lasciare un millimetro di spazio ai dubbi reconditi [...]. Il governo Daladier, nel 1939, an- dava invece alla guerra con gli occhi aperti e facendo il contrario [...]; tutto quello che faceva, o piuttosto che non faceva, sussurrava alle orecchie della truppa, su un tono minore ma eloquente, il motto di Giraudoux, suo propagandista, in La Guerre de Troie: Vale la pena prendersi un minuto di pace. (4) La storia, in eetti, non ` e pi` la stessa dopo l11 settembre 2001. Quel nuovo inizio, per`, non invalida u o e non deve invalidare agli occhi di chi lha concepito il tema della ne della storia, proprio perch il nuovo conitto prende senso nel nuovo mondo globalize zato, nel quale rappresenta una perversione momentanea e locale. In questa prospettiva, non c` contraddizione tra il tema della ne della storia e quello e dello scontro di civilt`. Questo non contrad- dice quello: ` uno dei sintomi a e della sua attuazione. Il secondo fenomeno riguarda la prevalenza del linguaggio spa- ziale su quello temporale ed ` strettamente legato al fenomeno pi` vasto e u della globalizzazione e al paradosso analizzato in precedenza. Ma ` utile rie cordare qui la rivoluzione che comporta nella nostra percezione dello spazio o, pi` esattamente, il rovesciamento dei rapporti tra interno ed esterno. La coppia u

49 globale/locale ha preso il posto dellopposizione particolare/universale, la quale, associata a una concezione dialettica della storia, si inscriveva nel tempo. Lassimilazione dellopposizione globale/locale a quella interno/esterno assume tutto il suo signicato in relazione al tema della ne della storia inteso come avvento della democrazia liberale, cio`, in de- 91 nitiva, in rapporto allopposizione e sistema/storia. Ricordiamo an- cora losservazione di Virilio: per il Pentagono linterno ` ci` che sta dentro al sistema economico e tecnologico le cui reti e o fanno la glo- balizzazione; linterno ` il globale e il globale ` linterno. Viceve e ersa, lesterno ` il locale, in quanto non ` una semplice duplicazione del globale, e e ma interferisce con il sistema e quindi ` imputabile di un possibile reato di e ingerenza. In una prospettiva del genere si capi- sce come mai la storia, in quanto perturbazione di un sistema che pretende di presentarsi come lutopia realizzata, possa avere solo unorigine locale. E il linguaggio spaziale che esprime e in un certo senso protegge lorganizzazione attuale del mondo. Il terzo fenomeno che va preso in considerazione ` il regno delle immagini, soprattutto e delle immagini televisive. Queste in parte ci racchiudono nello spazio. I satelliti ssi le rimandano da un punto del pianeta allaltro. I fatti dellattualit` a sono rimbalzati, interpretati e rappresentati quasi simultaneamente in tutto il mondo. Ci abi- tuiamo a essere informati a ore sse. In un senso pi` ampio, il u no- stro ambiente tecnologico svolge quasi il ruolo delle cosmologie tradizionali che ponevano coordinate nello spazio (compreso il corpo umano) e nel tempo (comprese la nascita e la morte) per dare un ordine simbolico al mondo. Oggi siamo circondati da oggetti materiali estremamente ranati che invadono ogni giorno la nostra esistenza e sembrano fornirle un senso. Ogni giorno ci stanno sem- pre pi` accanto: ci eleggono a domicilio, si agganciano al nostro corpo, u ci fanno comunicare con il mondo intero senza farci spo- stare, ci assuefanno a stare in una sorta di bozzolo tecnologico che ci mette al riparo da passato e futuro, quasi esistesse solo il presente. Dietro il gioco di immagini e messaggi che, nonostante le vio- lenze ti ci lattualit`, possono dare la sensazione che a ` non succeda niente, stanno invece per compiersi formidabili progressi. E cominciata la conquista della galassia e noi sappiamo bene che tra qualche decennio non guarderemo pi` il cielo con gli stessi occhi. Lesplorazione dello spazio u non ` la sola che ci ore prospettive vertiginose. La scienza progredisce anche e nellesplorazione della 92 vita: presto sar` individuata e varcata la frontiera tra a materia e vita. La genetica permette di interrogarsi sulla prossimit` di certe a specie in apparenza distanti e anche sulla realt` e sui limiti dellindividua- zione. a La coscienza si interroga sulle condizioni della propria com- parsa. La scienza, per`, a dierenza delle cosmologie tranquilliz- zanti che postulano una totalit` o a distributrice di senso, avanza nellignoto spostandone gradualmente le frontiere. Aronta li- gnoto e forse per questo la sua immagine ` ambivalente: da una e parte si sa che ` allorigine di tutte le tecnologie che ci circondano, dallaltra e ci fa sentire limmensit` di ci` che ancora ignoriamo. La scienza non ` rassia o e curante. Oltretutto, nonostante le apparenze veicolate dalla globalizza- zione, la disparit` dei saperi ` ancora pi` grande di quella delle ric- chezze. Questo a e u inizio di secolo ` caratterizzato, oltre che da una crescita dello scarto tra i pi` e u ricchi dei ricchi e i pi` poveri dei po- veri, anche da un aumento dellignoranza u e da un allargamento dello scarto tra chi dispone di conoscenze e chi non ne dispone. Se si pensa al denaro, alle collaborazioni e agli appoggi politici che richiede oggi una vera politica della scienza, c` il fondato so- spetto che il e mondo di domani si scomporr` in tre parti: una pic- cola aristocrazia mondiale a

50CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI del sapere e del potere costituita dagli scienziati e dai loro nanziatori, coloro che saranno abbastanza istruiti da capire dove stanno andando, e inne una massa ogni giorno pi` numerosa di esclusi dalla conoscenza, che potranno esu sere semplici consumatori o essere esclusi sia dal sapere sia dai con- sumi. Il forte timore ` infatti che, a livello globale, laristocrazia del sapere e quella del e denaro si sviluppino parallelamente. Questo rischio di una divisione irreversibile renderebbe impossibile il costi- tuirsi di unumanit` unicata, di unumanit`a a societ`, o pi` preci- samente darebbe alla societ` planetaria in formazione un a u a volto in- quietante e profondamente non democratico. Utopia nera, che pu` o essere contrastata solo dallutopia del sapere per tutti, cio` da una visione del e futuro nalmente sgombra dalle illusioni del pre- sente veicolate dallideologia della globalizzazione consumista. 93 Note al capitolo 1. Gerard Alrhabe, Oppression et liberation dans limaginaire, Maspero, Paris, 1969. 2. Jacques Derrida, Spectres de Marx, Galile, Paris, e 1993 [trad, it.: Gli spettri di Marx. Stato del debito, lavoro del lutto e nuova Internazionale, Cortina, Milano, 1994]. 3. Julien Gracq, Carnets du grand chemin, Jos Corti, Paris, 1992. 4. Ibid, pp. 208-209. 94 e Capitolo ottavo Il mondo di domani, lindividuo, la scienza, listruzione In tre espressioni correnti, ma di antica data, la parola mondo oc- cupa un posto centrale. La prima il giro del mondo ` in appa- renza la pi` geograca, e u ma ` diventata ben presto uno strumento per misurare il tempo e la velocit` dei e a mezzi di trasporto. La se- conda - laltro mondo o un mondo migliore ` stata e utilizzata dalle religioni monoteiste e, nella sua versione laicizzata, dagli utopisti e dai rivoluzionari del XIX secolo. La terza la ne del mondo esiste in due versioni e gioca talvolta sullambivalenza della parola ne (termine o scopo). Il loro signicato ha subito unevoluzione signicativa nel corso degli ultimi anni e non ` inutile riprenderli qui nel tentativo di capire dove ci collochiamo oggi nei e nostri rap- porti con il mondo. Occorre innanzi tutto ricordare che, evidentemente, la parola mondo ` una sorta di concetto buono per tutti gli usi in grado e di mascherare le nostre contraddizioni e ambiguit`. Ma bisogna anche ricordare a che lovvia constatazione del fatto che in pochi decenni il mondo sia radicalmente cambiato corrisponde a unesperienza con- divisa sul cui contenuto ` possibile e porsi qualche interrogativo. 95 Il giro del mondo C` voluto parecchio tempo e perch lumanit` scoprisse che la Terra ` rotonda. Dal momento in cui ` divene a e e tata ucialmente sfe- rica, ` stato possibile impegnarsi a farne il giro. Questa e del giro del mondo ` una vecchia storia, se si accetta la tesi dellorigine unica e e africana degli esseri umani, i quali avrebbero cominciato a fare il giro della terra (a popolarla) senza immaginarsi che fosse rotonda. Invece ` una storia e recente, se si pensa alla rivoluzione copernicana e ai progressi dellastronomia negli ultimi cinque secoli. Il mondo del quale si pu` fare il giro trova nuova o attualit` con il tema della globalizzazione o mondializzazione, ma il tema stesso a evidenzia la plasticit` di un falso concetto che pu` corrispondere tanto allidea a o di una totalit` compiuta quanto allidea di una plu- ralit` irriducibile (il mondo a a ` fatto di mondi). Questa tensione tra unit` e pluralit` oggi ` pi` evidente che e a a e u mai: come abbiamo visto, con la globalizzazione si intendono due fenomeni distinti, uno che rimanda allunit` del mercato economico e delle reti tecnologiche a di comunicazione, e laltro che rimanda a una coscienza planetaria, una forma di coscienza infelice che prende atto delle fragilit` eco- logiche del pianeta e delle a distorsioni sociali di ogni genere che la- cerano lumanit`. La tensione tra unit` e a a pluralit` si esprime oggi nellopposizione globale/locale, che vorrebbe risolverla a

51 ma invece contribuisce a ri- produrla ed esasperarla. In certi casi il locale ` cone cepito a immagine e somiglianza del globale e del sistema economico-tecnologico del quale ` espressione; in altri ` visto come uneccezione, un accidente o uno e e scarto rispetto al sistema nel suo insieme, e per questo deve es- sere richiamato e riportato allordine. Il concetto di diritto di inge- renza ` quello che meglio e mette in luce il carattere politico del ri- ferimento al mondo e ai mondi. Qui le analisi proposte da Virilio a proposito della visione strategica del Pentagono assumono piena- mente il loro signicato e corrispondono in eetti alla visione globale di un sistema-mondo o, meglio, di un mondo-sistema, al mo- mento sotto il controllo politico, economico e tecnologico degli Stati Uniti. Contro tale sistema, e al suo stesso interno, spuntano poi nuove candidature alla ridenizione del mondo. I candidati si deniscono anchessi mondo, mondi singolari e parziali in un primo tempo, ma con laspirazione allunit` e allegemonia in un secondo a tempo. Si parla dunque di mondo islamico, di mondo asiatico, cos` come si ` e potuto parlare di crollo del mondo comunista. A causa della sua ambivalenza (indica sia la totalit` sia la die- renza), il termine mondo ci dice qualcosa a della nostra attualit`, che coniuga uneettiva globalit` (la globalizzazione nei a a suoi due aspetti), talune dierenze esasperate che restituiscono senso a vec- chi concetti (classi, ideologie, alienazione) e una simbolizzazione in crisi tenuta in vita e dissimulata dalle tecnologie della comunica- zione (Internet, immagini video, televisione). Phileas Fogg, leroe di Jules Verne, oggi potrebbe fare il giro del mondo in molto meno di ottanta giorni, senza cambiare ambientazione (frequenterebbe, da un capo allaltro del mondo, le stesse catene alberghiere), senza smettere di guardare le stesse serie televisive o di apprendere in di- retta (live) su BBC News le notizie del suo paese, senza dover inter- rompere i contatti con i suoi amici grazie al telefono e a Internet; e cos` attraverserebbe, senza vederli, i mondi pi` diversi e pi` scon- volti dalla storia: luniformazione dello spazio, u u da questo punto di vista, ` un corollario dellaccelerazione del tempo. e Un mondo migliore, un altro mondo Il tema del migliore dei mondi va messo in relazione con due ti- pologie di miti apparsi nella storia: i miti dellorigine fondatori delle religioni, che secondo quanto hanno aermato i loso occidentali sono stati uccisi dalla modernit` nel XVIII secolo, e i miti del fu- turo, le a grandi narrazioni fondatrici delle ideologie politiche pro- gressiste, che la storia del XX secolo avrebbe fatto scomparire. 97 Entrambe le declinazioni del tema di un mondo altro presen- tano alcuni paradossi e certe diversit` e analogie. Le a utopie laiche possono sembrare pi` disinteressate e generose delle religioni salviu che, perch non prospettano alcuna ricompensa individuale a breve termine e e non si interessano della morte del singolo. Tutte e due, per`, producono eetti o nel mondo attuale (se intendiamo per mondo attuale quello in cui viviamo e per mondo virtuale quello che le religioni o le utopie pretendono di sostituirgli). Le re- ligioni salviche, infatti, danno importanza alle opere, mentre le utopie laiche sono spesso legate a losoe della felicit` che hanno modicato il rapa porto con lesistenza mondana. Le une e le altre sono state storicamente, per una moltitudine di individui, un modo di vivere il mondo attuale pi` che una u maniera per cambiarlo. Pu` darsi che lattualit` ci solleciti a sfumare le tesi o a sulla ne di entrambe le tipologie mitologiche. Se ` vero che lesistenza di forme e religiose aggressive (islamismo, evangelismo) pu` farci pa- ventare un XXI secolo o lacerato da concezioni del mondo contrappo- ste e altrettanto retrograde (il che smentirebbe la tesi della ne dei miti dellorigine e del trionfo della modernit`), a non va per` sotto- valutato laspetto politico delle nuove aermazioni religiose, o

52CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI n il loro carattere reattivo. Pu` anche darsi che la modernit` sia ancora da rage o a giungere e che noi ci troviamo nel pieno di una crisi che si apparenta, in realt`, a a una ne. Inoltre, se bisogna ammettere che le proiezioni politiche di alto prolo si sono indebolite, in questo campo non si possono escludere sorprese: le concezioni dominanti non sono pi` certe di quelle che le hanno precedute e lassenza u o lindebolimento delle rappresentazioni strutturate del futuro pos- sono costituire unopportunit` per cambiamenti eettivi alimentati dallesperienza storica a concreta. Pu` persino darsi che stiamo impa- rando a cambiare il mondo prima o di immaginarlo, convertendoci a una sorta di esistenzialismo pratico. Le innovazioni tecnologiche che hanno profondamente modicato i rapporti tra i sessi o le mo- dalit` di comunicazione (la pillola, Internet) non sono nate dal- linopia, a ma dalla scienza e dalle sue ricadute tecnologiche. Lesi- 98 genza democratica e laermazione individuale seguiranno proba- bilmente strade impreviste che oggi possiamo solo intuire. Dallinizio del XX secolo, la scienza ha compiuto progressi sem- pre pi` rapidi tali da farci oggi intravedere prospettive rivoluzionau rie. Cominciano ad aprirsi davanti a noi nuovi mondi: da un lato luniverso, le galassie (e questo cambiamento di scala non sar` privo di conseguenze sullidea a che abbiamo del pianeta e dellumanit`), dallaltro la frontiera tra materia e vita, a lintima essenza degli esseri viventi, la natura della coscienza (e queste nuove conoscenze impli- cheranno la ridenizione dellidea che ogni individuo pu` farsi o di se stesso). Ci` che sapremo del mondo cambier` il mondo, ma quei cambio a amenti sono oggi inimmaginabili: non possiamo sa- pere, per esempio, quanto progredir` la scienza nei prossimi trenta o quarantanni. Due osservazioni a a questo proposito: a. Se non si compiono cambiamenti rivoluzionari nel campo dellistruzione, c` il rischio che lumanit` di domani si divida tra unaristocrazia e a del sapere e dellintelligenza e una massa ogni giorno meno informata del valore della conoscenza. Questa disparit` ri- produrr` su scala pi` grande la disuga a u uaglianza delle condizioni eco- nomiche. Listruzione ` la prima delle priorit`. e a b. Le ricadute tecnologiche della scienza sono come una seconda natura Siamo circondati da immagini e da messaggi che ci rassicu- rano e ci alienano dal nuovo ordine delle cose senza orirci neces- sariamente i mezzi per comprenderli. Sta qui il rischio di quella che ho chiamato cosmotecnologia. Ci d` lillusione che a il mondo sia - nito. Ci aiuta a vivere, ma se non si ha una coscienza esatta del suo statuto, pu` anche essere il tramite di tutte le forme di sfrutta- mento. o La scienza, per parte sua, non ha bisogno di disuguaglianze n di dominio. Se e nei fatti dipende dalle politiche che la nanziano e in larga misura la orientano, di per s risponde solo al desiderio di sa- pere. Rispetto a questa esigenza, la e miseria e lignoranza sono fat- 99 tori di ritardo. Un mondo che ubbidisse solo allideale della cono- scenza (e dellistruzione) sarebbe nello stesso tempo pi` u giusto e pi` ricco. Se si ammette che la scienza cambia il mondo, si am- mette u anche che non esiste altro mondo al di fuori di quello che stiamo cambiando e che esso ha in s il proprio ne. e La ne del mondo Quello della ne del mondo ` un tema vecchio e caro al e mono- teismo cristiano, che lo associa al Giudizio Universale. Il monotei- smo ha bisogno della morte per dare un senso alla vita. Evacua la vita nellaltro mondo: la resurrezione ` il passaggio alla vita attra- verso la morte, il pase saggio allaltro mondo. La ne del mondo altro non ` che la ricapitolazione e generale di tutte le ni indivi- duali che si sono successe e accumulate nella storia del mondo che sta in basso. La parola mondo evidenzia qui tutta la propria am- biguit`: deve nire perch cominci laltro mondo. Un inizio che ` insieme a e e

53 promessa e minaccia (Dies irae, dies Illa). In altri termini, il mondo attuale ` e subordinato alla rappresentazione di un mondo virtuale. La sua nalit` gli ` a e esterna. Il tema della ne del mondo era tornato di attualit` durante la Guerra a Fredda per il timore di unapocalisse nucleare. Oggi le nuove paure del terzo millennio sono piuttosto di ordine ecologico (riscaldamento del pianeta, deserticazione) o mediche (nuove pan- demie, malattie legate allalimentazione di massa). Tali paure sono ravvivate dallo spettacolo quasi familiare dei pianeti morti, come Marte, sui quali si suppone siano state possibili forme di vita; immagini concrete ed estranee di mondi nei quali non c` pi` posto per luomo e u o non c` mai stato, nei quali qualsiasi vita ` stata sem- pre assente o ` scome e e parsa, senza possibilit` di sapere quale tra que- ste ipotesi sia la pi` inquietante; a u immagini concrete della nostra ne a lunghissima scadenza, ma che le minime alterazioni meteo- rologiche sembrano rendere attuali alla nostra fantasia. 100 Il tema della ne del mondo ` in continua evoluzione ed ` sottil- mente legato e e a quello della ne della storia. Questultima, indipen- dente dalla sua pertinenza o meno alla realt`, fa molto concreta- mente riferimento a un modello di a societ` che ha i suoi costi, i suoi problemi e le sue ambizioni. Da sempre, si a scontrano al suo interno prudenza ecologista e ambizione prometeica: da una parte il rispar- mio energetico, le energie dolci, lo sviluppo sostenibile, dallaltro lo sfruttamento di nuove forme di energia, soprattutto dellenergia atomica, lo sfruttamento minerario ed energetico degli astri a noi pi` vicini. Si ripresenta u qui lambivalenza del termine ne, che indica sia un compimento sia uno scopo. Quale mondo si delinea allorizzonte delle diverse strategie che si confrontano per lo sfrutta- mento del mondo cos` com`? E pensabile un mondo senza e ` nalit`? Per nire vorrei evocare unaltra evoluzione, anchessa in corso e che alla a ne potrebbe rivelarsi la pi` rivoluzionaria: quella relativa allidea di individuo. u Il concetto di mondo, come quello di cultura, schiaccia lesistenza individuale sotto un peso dal quale il singolo fa fatica a liberarsi. Non appena alcune catene si spezzano, subito se ne inventano altre a tal punto lumanit` sembra a avere paura della li- bert` (la libert` assoluta dellindividuo), preferendo piuta a tosto rifu- giarsi nel senso (lalienazione delle forme istituzionali). Si pu` avere o unidea di questo equilibrio precario se, per esempio, si presta atten- zione agli attuali dibattiti sullomosessualit`. La lotta contro la de- terminazione in base a al sesso (determinazione che si ritrova al cen- tro dei simbolismi pi` presenti in u tutte le culture) ` in certo senso la pi` rivoluzionaria possibile, ma oggi porta e u stranamente a una ri- vendicazione di istituzioni, come il matrimonio o la liazione, ap- parentemente molto conformiste. Davanti ai contrasti del mondo in cui viviamo, in cui coesistono i pi` vertiginosi progressi scienti- ci e le pi` aru u caiche rappresentazioni religiose, la coscienza acuta dei diritti dellindividuo e le forme pi` eclatanti di totalitarismo, non si pu` non constatare come levoluzione u o delle societ` non sia un lungo ume tranquillo, il cui corso possa sempre essere a misurato e previsto. 101 In una tale situazione, lidea di postmodernit` appare a o troppo ambiziosa o troppo oziosa. Talvolta essa sembra denire una condizione che si sarebbe sottratta una volta per tutte alle vecchie deter- minazioni e che sarebbe dunque in grado di coniugare armoniosa- mente al suo interno la diversit` delle culture e il orire delle individualit`, ma anche lincrocio delle a a une e delle altre e la loro re- ciproca fecondazione. Per certi versi, questa appare come la ver- sione cool ed ecologista della ne della storia e dellutopia liberale. Diversa ` invece linterpretazione se la si evoca per riferirsi a una si- tuazione e non utopica, ma vaga e indeterminata, della quale non si riesce a dare una sp-

54CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI iegazione se non in modo parziale e indiretto. Si ignorano deliberatamente, in questo caso, gli eetti al tempo stesso omologanti e disegualitari indotti dal mercato e dalle tecnologie. In entrambi i casi, lidea di postmodernit` presuppone a una rottura (eventualmente una rottura molle, in forma di decomposizione) con il moderno, a sua volta concepito come lepoca delle grandi ipotesi universaliste. Nella storia, il pensiero della rottura reca sem- pre in s lammissione di e unimpotenza o di una scontta. Come il cambiamento di paradigma nella storia della scienza o nella storia dellarte, la rottura in ambito storico ` un fatto e che rimanda ad at- tori, autori, creatori, ma essa non ` arbitraria e la sua nee cessit`, o possibilit`, si inscrive in quella continuit` che intende spezzare. Dal a a a punto di vista di chi osserva o analizza, lavanguardia, leresia, il sa- crilegio e la rivoluzione sono pensabili, cio` situabili. Quando ho proposto il concetto e di surmodernit` per denire la situazione attuale, lho fatto appunto per situa arla in relazione allepoca della modernit`. In eetti, quella ` il prolungamento a e di questa, ma ` soggetta allinuenza di molteplici fattori, complessi e talvolta e con- traddittori, che ne rendono dicoltosa lanalisi. Si tratta di una si- tuazione surdeterminata, nel senso in cui lutilizzano Freud e poi Althusser. Ed ` in questo senso che essa ` surmoderna. Il tema dellindividuo costituisce, da e e questo punto di vista, un luogo strategico. Nella societ` cosiddetta dei consumi a tutto induce a considerare lindividuo come il motore della vitalit` economica. a 102 Non tanto, come nella prima ideologia capitalista, perch c` biso- gno di e e imprenditori, quanto per la fragilit` di un sistema che di- pende dalla buona a volont` dei consumatori. Un attentato, un calo di passeggeri su qualche linea a aerea, e grandi imprese che si crede- vano oride sono andate in fallimento. Per questo una parte note- vole dellattivit` dei media ` dedicata a sedurre, a cona e vincere lin- dividuo consumatore, e questo anche nei paesi poveri e nei periodi di marasma economico: ` indispensabile far ripartire la macchina o comunque e impedirle di grippare. Lindividuo ` re, ma ` un re nudo che tutti vogliono e e rivestire, nutrire, curare, abbellire, nella misura, in tutta la misura, dei suoi mezzi (e il credito ` l` per que- sto). Probabilmente il sistema economico si e accontenterebbe di questo individuo passivo, al quale ` suciente circolare tra e gli scaf- fali di un supermercato o ascoltare le varie promozioni dei presen- tatori televisivi per avere la sensazione di essere libero nelle proprie scelte e opinioni. Ma in una situazione di surmodernit`, nella quale le determinazioni sono coma plesse e la memoria non ` mai pari a zero, lindividuo, per condizionato che e sia, pu` sorprendere il suo mondo prendendo alla lettera i messaggi che gli veno gono rivolti, giocando in contropiede e schivando gli ostacoli. La paura di diventare poveri, il senso del tempo che passa, limpazienza della- dolescente o il pessimismo di chi invecchia, il senso dellurgenza, per dirla tutta, sono armi terribili che risvegliano la lucidit`. LIllu- minismo, da questo punto di vista, resta a il riferimento rivoluziona- rio pi` consono, perch aveva puntato sul risveglio u e delle coscienze individuali che tutto lapparato politico e religioso dellAncien Re- gime intendeva tenere addormentate. Quella battaglia non ` mai stata e completamente vinta, e continua ancora. Lidea di individuo rimane sovversiva nch signica che il mondo nasce con me e muore con me. Tutte le culture si e sono co- struite contro questo solipsismo, ed ` proprio questa la ragione della e loro forza, perch lalterit` ` al centro dellidentit`; lidentit` individuale non ` e ae a a e denibile, pensabile e vivibile se non in relazione con altri. Ma anche il senso sociale a sua volta si smarrisce se lin- 103 dividilo si dissolve nel conformismo, nellomogeneit`, nellallinea- mento. Lindividualit` si realizza dunque nella sola a

55 idariet`, ma noi sappiamo anche che questa realizzazione, nelle sue forme pi` a u ele- vate (lamore, lamicizia) non ha bisogno di un quadro istituzio- nale. La forma sociale ottimale (che concilierebbe senso e libert`) sarebbe allora quella a che consentirebbe a tutti gli individui di rea- lizzarsi liberamente senza isolarsi. Conseguire un tale risultato non mi sembra verosimile, a meno che un giorno gli esseri umani non rinuncino denitivamente alle consolazioni del senso (essenzialmente le religioni, ma pi` in gene- rale anche tutte le forme abusive di u alienazione istituzionale), per arontare i rischi della libert`. Quel giorno essi a impareranno a co- niugare la solitudine e la solidariet`, la solitudine delluomo a gene- rico e la solidariet` degli uomini individuali. Quella che ` sola al mondo ` a e e la specie umana. Ed ` proprio per dimenticare questo fatto che le culture hanno e inventato d`i e cosmologie. Luomo in- dividuale sa di avere bisogno degli altri e per esistere, e in questo senso ` solidale. La vita individuale resta la misura di e tutte le cose. Tanti religiosi, dichiarati o mascherati, tanti rivoluzionari, tanti conservatori, si sono coalizzati per negare questa intima evidenza che, sotto ogni regime, ha alimentato e continua ad alimentare il desiderio di resistenza. 104 Conclusione Per unutopia delleducazione La vera democrazia passa per una chiara denizione delle relazioni egualitarie tra tutti gli individui, tra tutti gli uni, chiunque siano, e tutti gli altri, chiunque siano. Oggi ne siamo ancora ben lontani. Ed ` questa la ragione per e la quale gli appelli alla violenza, quale che sia lideologia che li ispira, avranno sempre uneco tra i pi` sprovveduti. Cos` non ` vietato allantropologo, che u e cerca di os- servare ci` che `, suggerire ci` che potrebbe essere se fosse restio e o tuita una nalit` al linguaggio politico e se si prendesse nalmente alla lettera a lideale spesso proclamato dellistruzione e della scienza per tutti. Bisogna pensare al plurale, certo senza dimenticare che non ` lindividuo che ` al servizio e e della cultura, ma sono le culture che stanno al servizio dellindividuo. Come assicurare le condizioni di unutopia delleducazione pro- gressista (che non rinunci a migliorare le sorti dellumanit`), pro- gressiva (che passi attraverso riforme e a adattamenti), ed esplicita- mente nalizzata alla realizzazione dellindividuo? Sento gi` le obiezioni: Unutopia delleducazione: bella idea, ma come realiza zarla? Nei nostri bilanci le spese per la scuola sono gi` al primo 105 posto. Che a cosa volete di pi`?. Quello che vorremmo di pi` ` proprio non dover sentire u u e ancora questa obiezione. Laccusa di scarso realismo ` una delle ganasce della e tenaglia che oggi stritola immediatamente qualsiasi proposta radicale. Bollare come irreali- stica ogni proposta di trasformazione radicale signica riutarsi a priori di prestare attenzione alle evidenze che la sostengono. Nel caso in esame, levidenza ` quella di una crescita delligno- ranza allinizio di questo secolo. e Che lignoranza sia in aumento o, pi` precisamente, che lo scarto tra i saperi u specialistici di chi sa e la cultura media di chi non sa continui a crescere: ecco che cosa non si deve dire, per non turbare i sonni di nessuno. Nel mondo ipocrita e bigotto in cui viviamo, nel quale le parole fanno pi` paura dei fatti, si dovrebbe u quindi tacere il fatto grave, enorme e determinante per il futuro dellumanit`, a che quanto pi` la scienza progredisce, tanto meno viene condivisa? E non basta u constatare, come si sono impegnate a fare generazioni di etnogra, che svaniscono i saperi tradizionali (scompaiono soprattutto perch non hanno pi` ragione e u di esistere): bisogna aggiungere che la loro perdita non signica un accesso a nuovi saperi, ma lesatto contrario. Lo stesso vale nel campo delle lingue. Certo possiamo deplorare la drammatica scom- parsa della diversit` linguistica, ma si a deve aggiungere che essa non signica un concomitante accesso alla conoscenza

56CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI delle lingue do- minanti. Quello che deriva pi` spesso dalla scomparsa delle u lingue ` un rapporto mutilato con laltra lingua, uninfermit` linguistica fondae a mentale che ` lespressione pi` tragica del nesso tra perdita del passato e blocco e u dellavvenire. Anche nel campo delle cono- scenze lo scarto tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati continua ad allargarsi. Una parte maggioritaria del mondo non ` in grado di capire alcunch di quanto ` in gioco nella ricerca scie e e entica. Il fatto che alcune individualit` facciano eccezione e si formino nelle a universit` americane (al termine di quella che chiamano foga dei cervelli) o che a ci siano settori scientici di eccellenza in paesi che per altri aspetti sono sottosviluppati, come in Asia, non cam- bia niente del quadro di insieme. La linea di demarcazione tra co- 106 noscenza e ignoranza attraversa peraltro anche i paesi considerati industrialmente e scienticamente pi` avanzati. Le Monde ha u pubblicato di recente i risultati di uninchiesta della National Science Foundation, secondo i quali solo la met` degli americani sa che la Terra ci mette un a anno a fare il giro intorno al sole. Altre in- chieste dicono che la maggioranza di loro crede nei miracoli, la met` nei fantasmi e un terzo nellastrologia. In tale a contesto globale loensiva dei creazionisti negli ambienti universitari acquista tutto il suo signicato. Si pu` certamente tenere conto del fatto che gli studenti o pi` brillanti delle universit` americane sono asiatici (dal 1999 il numero di stuu a denti stranieri nei corsi di ingegneria ha su- perato quello degli americani), ma ` e ben noto che lo sviluppo scientico in Asia presenta anchesso notevoli disparit`. a Lesame delle situazioni africane e mediorientali porterebbe a conclusioni innitamente pi` scoraggianti. Pi` vicino a noi, e fatte salve alcune eccezioni degne u u di nota, sembra attestarsi la distinzione tra quartieri normali e quartieri dicili, tra lite e classi svantaggiate. Si pu` osservare come il si- stema scolastico e o non sia pi` creatore di uguaglianza, ma riprodut- tore di disparit`. Daltra u a parte, la situazione del mercato del lavoro, lideologia consumista e il regno dellimmagine - che mitizza i campioni sportivi e le star del variet` - gravano a con tutto il loro peso sugli animi e sulla fantasia. La ricerca americana aascina i ricercatori europei. Anche se non si dispone di cifre certe sulla fuga di cervelli europei verso lA- merica, possiamo aermare che si tratta di un fenomeno di note- voli proporzioni. Corrisponde allenorme sproporzione tra lappa- rato di ricerca americano e quello europeo. In unintervista al Magazine littraire (gene naio 2004), George Steiner aermava che il budget annuale di Harvard supera la somma dei bilanci di spesa di tutte le universit` dellEuropa occidentale. In a altre parole, su scala mondiale aumenta lo scarto, in termini assoluti e relativi, tra chi non ha nemmeno accesso allalfabetizza- zione, a un estremo, e chi pu` o accostarsi alle grandi ipotesi sulla 107 struttura delluniverso e sulla comparsa della vita, allaltro estremo. E necessario aggiungere che, parlando in termini globali, il patri- monio losoco dellumanit` sembra in parte smarrito e che a un ri- piegamento spesso esasperato verso forme religiose pi` o meno lo- gore u e intolleranti, sostenuto dalla violenza, dallingiustizia e da condizioni di disuguaglianza, sta prendendo il posto del pensiero per una parte considerevole dellumanit`? E possibile invertire la tendenza? Certamente non con un colpo a ` di bacchetta magica, n con pie speranze. Lestrema utopia, oggi, riguarda e leducazione. Certo, unutopia, perch lidea di un ac- cesso allistruzione aute enticamente e concretamente uguale per tutti non corrisponde con ogni evidenza allo stato delle cose, n alle possibilit` immediate di una loro evoluzione. Ma e a unutopia delleducazione, contrariamente a quelle che lhanno preceduta, pu` o denire selettivamente i suoi luoghi e progressivamente le sue tappe. Pu` essere o

57 riformista nel metodo, pur restando radicale come progetto. Pi` di qualsiasi u altra iniziativa politica si scontrer` con le solite barriere, con il conservatorismo a istituzionale, con le argomentazioni economiche e con lo scetticismo che mina ogni progetto che richiede tempo per la sua realizzazione. Ci` nono- stante, in o questo campo qualsiasi iniziativa locale, puntuale, pu` essere considerata come o un passo nella giusta direzione, non come il tradimento di un ideale. In materia di educazione non ci sono ri- sultati scarsi o trascurabili. Se lumanit` fosse a eroica, accetterebbe lidea che la conoscenza ` il suo ne ultimo. Se lumanit` e a fosse generosa, capirebbe che la con- divisione dei beni ` per lei la soluzione pi` e u economica (Marcel Mauss, nel suo Saggio sul dono, aveva cominciato a esplorare questa ipotesi). Se lumanit` avesse coscienza di se stessa, non permette- rebbe a ai giochi di potere di oscurare lideale della conoscenza. Ma lumanit` in quanto a tale non esiste, ci sono solo gli esseri umani, le societ`, i gruppi, le potenze... e a gli individui. Il paradosso attuale vuole che la globalizzazione si realizzi proprio quando disugua- glianze e disparit` stanno toccando un loro picco. I pi` oppressi a u 108 degli oppressi hanno coscienza di far parte dello stesso mondo dei pi` ricchi u e dei pi` potenti - e viceversa. In fondo, mai come oggi gli esseri umani si sono u trovati in una situazione migliore per pen- sarsi come umanit`. Mai, probabila mente, lidea di uomo generico ` stata tanto presente nelle coscienze individuali. e Ma al contempo, mai le tensioni dovute alla disparit` delle condizioni di potere a e di ricchezza o alla pregnanza degli schemi culturali totalitari sono state tanto forti. In qualsiasi gruppo umano non difettano leroi- smo, la generosit`, la a consapevolezza. Ma queste qualit` non sono isolate, si mescolano ai rapporti a di forza, alle evidenze del presente, alle pigrizie e ai timori dellimmaginazione. Sono combinazioni che unantropologia coerentemente critica deve esplorare nel con- creto, nel dettaglio, per contribuire a porre la domanda dalla quale dipende il nostro futuro (il possessivo nostro si riferisce chiara- mente alla nostra condizione comune, allidea di uomo generico che d` senso e limite a quella di uomo a individuale): lutopia di un mondo senza d`i, senza paure e senza ingiustizie, e un mondo abba- stanza forte da assicurare il benessere a tutti e da dedicarsi intera- mente allavventura della scienza, dispone ancora della capacit` di moa bilitare? Lavvenire del pianeta, labbiamo detto, non pu` prospettarsi come o lavvenire di unlite pi` o meno ristretta. Se lideale della ri- cerca e della scope u erta, lideale dellavventura, vuole riprendere forza, se vuole diventare il solo ideale del pianeta, le conseguenze non sa- ranno certo irrilevanti. La questione dei ni dovr` essere esplicita- mente posta e risolta. Una societ` governata a a dal solo ideale della ricerca non pu` tollerare disuguaglianza e povert`. Per o a quella societ` le ingiustizie sociali sono intellettualmente ridicole, economicaa mente costose e scienticamente pregiudizievoli. Lutopia da co- struire e da realizzare, quella che pu` orientare tanto i vari tipi di scienza quanto gli oso servatori del sociale, gli artisti e i gestori delle- conomia, ` dunque unutopia e delleducazione per tutti, indispensa- bile per la scienza come per la societ`. a Per riprendere ancora la di- stinzione proposta in precedenza tra lo stato delle questioni e lo 109 stato dei luoghi, diciamo che ogni sforzo dellimmaginazione per superare le routine imputabili allo stato delle questioni avrebbe la possibilit` di controbilanciare le pesantezze tipiche dello stato dei luoghi. Quanti si a occupano professionalmente della ricerca e del- linsegnamento devono dunque tenere sempre presente che il pro- gresso scientico dipende in larga misura dalla rivoluzione sociale dellinsegnamento. Unutopia delleducazione pu` eso sere denita solo come unuto- pia pratica e riformista, anche se questi termini

58CHAPTER 2. CAMBIAMENTO DI SCALA, STATO DELLE QUESTIONI E STATO DEI LUOGHI sembrano stridere. E evidente che non potrebbe procedere da unaspirazione a gover- nare in nome del sapere. Il sapere, al contrario dellideologia, non ` una e totalit` n un punto di partenza. Si tratta allora di governare in vista del sapere, a e di assegnarsi il sapere come ne individuale e col- lettivo. Quindi, nalmente, di ritornare a un pensiero del tempo e fare una ragionevole scommessa: il giorno in cui sacricheremo tutto al sapere, avremo in cambio ricchezza e giustizia. 110

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