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Fondato nel 1948

Sped. in abb. postale comma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perue -Tariffa riscossa To C.M.P.

Benedici Signore
Signore, ancora per un anno dammi la tua benedizione e abbi pazienza con me. Benedici le mie mani che sappiano accarezzare. Benedici i miei occhi perch guardino per vedere. Benedici le mie orecchie perch siano sempre aperte per chi ha bisogno. Signore benedici la mia bocca perch parli sempre a difesa dei poveri. Signore benedici il mio cuore che sia generoso nel perdonare. Benedicimi o Signore perch tu possa disporre di me con tutto quello che ho e con tutto quello che da te ho ricevuto.

Anno 65 n. 2

marzo 2013

Le campane
della Pasqua, che suonano a festa, portino gioia e speranza

NOSTALGIA DI PRIMAVERA FATEMI VEDERE I CAVALLI LETTERA DI UNA MADRE INDIA: 55-1-13

Sommario
Il punto
Don Roberto Provera

il punto
di Don Roberto Provera

3 4-5 6-7 8-9 10-11


12-13 14-17 18-19 20-23 24-25 26-27

Via crucis
Redazione

Una pazza idea a Manta, Ecuador!


Alberto e Marco

Nostalgia di Primavera
Periodico della Famiglia Cottolenghina e degli ex Allievi e Amici della Piccola Casa n. 2 marzo 2013
Periodico quadrimestrale Sped. in abb. postale Comma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96 Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71 Indirizzo: Via Cottolengo 14 10152 Torino - Tel. 011 52.25.111 C.C. post. N. 19331107 Direzione Incontri Cottolengo Torino Direttore Onorario Don Carlo Carlevaris Direttore responsabile Don Roberto Provera Amministrazione Avv. Dante Notaristefano Segreteria di redazione nuovo indirizzo mail redazione.incontri@cottolengo.org Redazione Salvatore Acquas Mario Carissoni Collaboratori Mauro Carosso Fr. Beppe Gaido Nadia Monari Progetto grafico Salvatore Acquas Stampa Tipografia Gravinese Corso Vigevano 46 - Torino Tel. 011 28.07.88 La Redazione ringrazia gli autori degli articoli, particolarmente quelli che non riuscita a contattare.

Mario Carissoni

Insieme... bello... possibile

Fatemi vedere i cavalli


Dario Maurizio

Lamore di Cristo ci sprona


Luca e Matteo

Come un avvoltoio sulla preda


Fr. Beppe Gaido

Notizie dai fratelli


Padre Lino Piano - Fr. Maurizio - I fratelli di Tachina

India: 55-1-13
Don Roberto Provera

Le tre case
P. Bartolomeo Milone

Lettera di un madre al figlio disabile


Redazione

Una mensa sfama trenta poveri che vivono in citt


Mauro Torselli

28-29 30 31 32

La visita del Ministro alla scuola Cottolengo


Redazione

La festa della famiglia


Avv. Dante Notaristefano

Benedici Signore
Redazione

Incontri consultabile su: www.cottolengo.org entrate a cuore aperto http://chaariahospital.blogspot.com/ Questa rivista ad uso interno della Piccola Casa Cottolengo

ari Amici, permettetemi una confidenza personale: a me la matematica piace, bench i miei meccanismi intellettuali, data let, siano un po logori; ma non temo di ammettere, e lo faccio con assoluta sicurezza, che odio unoperazione: la divisione. Ovviamente qui non in gioco laritmetica, ma il Diavolo, parola greca che significa il Divisore, colui che separa ci che unito e poi getta i brandelli di qua e di l. S, la divisione diabolica, non divina. Qualunque divisione. Politica (tanti partiti quante teste), economica (innumerevoli teorie, proposte, misure), internazionale, ecclesiale, intracomunitaria (anche nelle comunit religiose). Qual la radice della divisione? Legoismo, legocentrismo e tutti gli altri ego. Dove conduce la divisione? Alla rovina. Nessuna citt o famiglia divisa in se stessa potr restare in piedi (Mt 12,25). Esistono rimedi? Umani no, divini s. Lui, Ges, il Signore, ha abbattuto il muro di separazione che divideva, ha fatto di tanti una cosa sola, un solo corpo. Ci significa che superare la divisione possibile. Grazie a Lui e con Lui siamo resi capaci di passare dallio al noi, da un piccolo noi a un grande noi. La salvezza degli individui e delle istituzioni a qualunque livello non sta nella divisione, ma nellunit, nella comunione. Crediamoci. E impegniamoci con tutte le nostre forze per essere artefici di pace, di unit, di comunione. Buona Pasqua a tutti voi, care Amiche e cari Amici.
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Crucis
Sei scomodo perch il Tuo messaggio scomodo, perch guardarti in croce ci riporta al nostro modo di vivere.
o fatto la Via Crucis ma il mio animo inquieto; lo stesso verbo che ho usato fare la Via Crucis ad apparirmi in tutta la sua impropriet. Fare la Via Crucis? No, non possibile c qualcun altro che ha fatto e fa ogni giorno per noi la Via Crucis. Allora, quale verbo usare? Forse il verbo partecipare, oppure seguire la Via Crucis? Vengo scosso dalla grande ipocrisia con cui viviamo le nostre pratiche religiose, dallindifferenza, dalla partecipazione puramente emotiva. Davanti a noi la pi grande tragedia della storia dellumanit il Dio Uomo che processato, condannato, ucciso e il mesto corteo che porta al Calvario non va seguito stando affacciati alla finestra; necessario essere l sulla strada, confondendosi tra i personaggi presenti. Personaggi di un dramma cui non possiamo restare indifferenti perch lUomo portato a morire sulla Croce sar il Risorto che ci doner la salvezza. Confonderci tra la folla rendendoci conto di quanto in ognuno dei protagonisti di quel dramma si ritrovino i nostri comportamenti, il nostro modo di vedere le cose, il nostro essere. in noi Pilato, e noi, con i nostri continui dubbi, in Pilato che continua a chiedere a Ges: Tu sei Re?. E nella sua e nostra incapacit di scelte coraggiose si lav e si lava le mani Sono anche tra la folla che, di fronte al bivio, urla un Barabba libero!, scegliendo la logica del mondo e non quella dellAmore. Quanti soldati ieri ed oggi continuano a flagellare Ges, a mettergli la corona di spine, a deriderlo Massacri, infamie, stupri sono sotto i nostri occhi. Eppure anche allora vi era una folla silenziosa che non interveniva. Quel giorno, maledetto e benedetto, qualcuno caric della Croce la vittima innocente quel Ges che non disdegn di cadere ben tre volte per dimostrare agli uomini che anche un Dio, nella Sua umanit, pu cadere sotto il peso della sofferenza.

Via

spiritualit
Mi rivedo, rabbrividendo, nel gesto di appoggiare la croce sulle spalle di qualcuno pi debole, una croce che oggi pu assumere molte forme ma, perch tremiamo al pensiero di appoggiare la croce sulle spalle di Ges e contemporaneamente la scarichiamo sulle spalle del fratello? La Mamma, silenziosa anche nella sofferenza pi grande, si avvicina ad accarezzare il volto del Figlio la stessa Santa carezza della povera infelice verso il figlio moribondo per fame, freddo o violenza. Un uomo, il Cireneo, si carica sulle spalle la Croce per alleggerirne il peso a Ges e vedo le folle di profughi terrorizzati, affannati che bussano alle nostre porte. E tu, Simone di Cirene, dove sei? Immagino di prendere la Tua Croce e sento tutto il suo peso; eppure la Tua Croce, non la mia. Io la porto solo per un breve tratto di strada eppure anche solo per questo breve tratto sento il tanfo di morte che compagna di tanti diseredati; forse questo breve aiuto giustificher il ben pi mio durevole benessere, la mia agiatezza, la mia salute? Simone tu sei tra i tanti volontari che sono l a dare una mano Tra la folla avanza una donna, la Veronica, che offre un sollievo senza speranza asciugando il volto di Ges sudore, lacrime e sangue lasceranno unimpronta indelebile del Volto Santo, dono immenso, ricompensa di un atto di amore. E le mani della Veronica possono essere le nostre mani , il suo telo il nostro cuore, quando ci accostiamo agli ammalati senza speranza cui possiamo offrire solo il calore di una mano o il conforto di una preghiera sussurrata insieme. Nel nostro cuore rimarr limpronta del volto di Ges. Vedo Ges che spogliato delle vesti e rifiuto di immedesimarmi nellatto di farlo ma riaffiorano alla mente le immagini di folle di uomini e donne derubati di tutto, anche della dignit Ges inchiodato sulla Croce commercio di organi, fosse comuni Ormai Ges hai scelto di morire, noi abbiamo fatto la nostra parte, tutto quanto hai detto stando l in alto sulla Croce sono parole e atti di un Dio. Tu muori in croce e questo non voglio accettarlo perch so bene chi ti ha condannato, chi ti ha frustato, chi ti ha inchiodato sul legno. Allora furono in pochi ma oggi sono in molti a volerti seppellire, in molti cerchiamo di rotolare la grossa pietra sul sepolcro. Sei scomodo perch il Tuo messaggio scomodo, perch guardarti in croce ci riporta al nostro modo di vivere. Eppure ho visto come oggi possiamo svolgere il nostro ruolo avendo come riferimento sempre e solo Te. Ho capito che il messaggio che proviene dalla Via della Croce non un messaggio di condanna per i nostri errori ma bens unincitazione verso quellAmore di cui la Tua Croce la bandiera. Tu, morendo come Uomo, ci hai donato come mamma la Tua Mamma, hai perdonato i ladroni ed i tuoi carnefici e dallalto della Croce proietti su di noi la luce della Resurrezione. Ci guida a guardare verso lAlto e noi , come il centurione, possiamo solo dire: QuestUomo veramente il Figlio di Dio!

testimonianze

Una pazza idea

a Manta, Ecuador

di Alberto e Marco (volontari del Cottolengo di Manta, Ecuador)

nidea quella di Suor Mary in Manta. Unidea martellante, che con un grande salto di fede e laiuto della Provvidenza diventata realt: una Fondazione sanitaria in uno dei barrios pi poveri di Manta, Los Geranios. Guardate le case: poco pi che baracche, qualcuna con un muro, tutte con un tetto di lamiera, la maggior parte delle famiglie che vive in condizioni di estrema povert. Proprio pensando a queste famiglie, ai loro anziani e ai malati che non hanno possibilit di curarsi, gli ultimi tra gli ultimi, Suor Mary, con laiuto delle altre Suore della missione (Suor Venus e Suor Donata) hanno creato questo miracolo di Provvidenza. Suor Mary uninfermiera, lunica infermiera della Fondazione, che si improvvisata tuttofare in una struttura complessa e completa, che ospita circa 50 tra malati terminali e anziani indigenti. Un solo medico: il dottor Cristhian, giovane e molto brillante, che presta anchegli servizio nella Fondazione come medico tuttofare, gestendo anche situazioni di emergenza: proprio questo lo scenario che noi, Marco e Alberto, volontari

cottolenghini in missione, abbiamo trovato arrivando qui a Manta in quel 19 Novembre. Entriamo in quella che sembra unoasi nel deserto ( questa limpressione che si ha arrivando a Los Geranios) e siamo immediatamente catapultati in mezzo a unemergenza medica: Marco, assistente sanitario, si mette subito a disposizione del dottore per aiutarlo a curare una signora con un grave edema polmonare, preparandola per un elettrocardiogramma ... eh s, anche questa unemergenza qui, perch la maggior parte del personale composto di figure equiparabili alle nostre OSS, senza una competenza infermieristica specifica, e Suor Mary fa quello che pu, incastrando le sue molteplici attivit ... Qui la Provvidenza d sempre una mano, e utilizzando i suoi semi si ottengono sempre buoni frutti: tanti aiuti da benefattori di ogni dove, molti dallItalia, altri dalla popolazione locale che comunque molto sensibile a queste opere. Ad esempio, ci racconta Suor Mary, il capannone delle attivit ricreative per i pazienti, interamente finanziato da una famiglia del posto con un lascito, stato costruito in tempi brevissimi

(circa tre mesi) anche grazie allintervento volontario di architetti e ingegneri che hanno permesso di contenere i costi di realizzazione, altrimenti proibitivi. Ancora una volta, le persone giuste al momento giusto! Quante volte la parola provvidenza stata pronunciata e quante volte qui, in questangolo di terra dimenticato, essa si realizza nelle sue opere: assistenza ai malati, certo, ma anche lavoro per la gente del luogo, la possibilit per loro di crescere anche come persone, maturare un rapporto con i malati che inevitabilmente condiziona, in senso positivo, la vita quotidiana nelle loro famiglie. Unopera missionaria a 360 gradi, che coinvolge gli aspetti sanitari, umani e cristiani: camminando per i padiglioni della Fondazione (dove non manca una cappella per pregare e per la messa del gioved) sincontra la serenit sul volto di persone che ora non si sentono pi sole, uomini e donne (finalmente! Senza alcunaltra etichetta) che si illuminano quando ricevono il tuo buenos dias!, regalandoti sorrisi disarmanti. Certo, c anche tanta sofferenza nelle camere dei malati terminali, le lacrime non si riescono a

trattenere, ma ancora una volta traspare la consapevolezza che essi, almeno, hanno riconquistato la dignit di esseri umani. Aveva ragione, Suor Mary, in quella sua pazza idea, che giorno per giorno, anche tra mille difficolt, prende forma, vive e cresce! Aveva ragione, e noi volontari ne siamo testimoni oculari: una testimonianza che non possiamo tenere per noi, una testimonianza, speriamo contagiosa, di coraggio, di amore per il Signore declinato nella cura della vita e della persona umana, perch il Signore non dimentica nulla di ci che fatto nella persona dei poveri (San G.B. Cottolengo).

spiritualit

Nostalgia di

Primavera
Torniamo felici, il mondo rinasce ed sempre pi bello, si rinnova e tutto quello che contiene, trova sempre nuova vita!

di Mario Carissoni

na pioggerellina, fine e delicata, pian piano ha sciolto le poche tracce rimaste dellultima neve che linverno ci ha donato; gennaio passato, poi febbraio scorre via rapido, ecco marzo e nellaria i primi segni di primavera. Giornate con pi ore di luce, aria tiepida, azzurro e festa in cielo, risveglio nella natura e in tutti, il desiderio di scuotersi, respirare a pieni polmoni laria fresca e stimolante di giornate inebrianti. Voglia di andare, di cercare una ventata di libert, di mettersi quasi in competizione con uccelli che volano felici. Giorni in cui desideri fuggire dalla citt, perch qui vedi la natura mortificata, ben che ti vada trovi erbe del tipo coraggioso, che si accontentano di un seme portato dal vento, di qualche granello di terra, che va a posarsi tra intonaci scrostati o negli interstizi dei muri e rivendicando il loro diritto alla vita, germinano piccoli poveri fiori, che

nessuno mai degner di uno sguardo generoso. Allora via, verso le belle colline di cui tanto ricco il Piemonte; ma non nei luoghi osannati ormai un po in tutto il mondo dai cultori del buon vino e della buona tavola, ma l dove la vita agreste sta spegnendosi pian piano, inghiottita dalla voracit dei nemici di una natura semplice e rispettata. Ci arrampichiamo per sentieri sassosi, calpestando tracce lasciate dal passaggio di carri agricoli e da vecchi scassati trattori; felici, pieni di ansiosa curiosit, sussultando a ogni piccolo fruscio, provocato da piccole innocenti lucertole, che sbucano tra le erbette appena spuntate, per andarsi a crogiolare nel tepore dei primi raggi di sole, che filtra tra un ramo e laltro di alberi, che si stanno vestendo del primo verde: pruni, cespugli di more, robinie, ciliegi selvatici; un tesoro di ricchezza naturale! Parallelamente al sentiero, scorre un piccolo rio,

che sta smaltendo lacqua dellultima neve esposta al sole; lungo i suoi margini, la dove il manto verde ha coperto la terra, ecco che dimprovviso appaiono macchie gialle di sorridenti primule; pi nascoste e meno esposte ecco le violette, delicate, profumo accattivante e malizioso; difficilmente sfuggiranno alle seppur delicate manine di vezzose fanciulle, che ne faranno mazzetti, da serbare con cura, per le mamme, o per posarli nelle mani dellamato per dare vita ad un primo piccolo anello, di una catena che li unir per tutta la vita. Proseguiamo pian piano e arriviamo dinanzi vecchie mura che circondano e proteggono una vecchia tenuta. Dietro un cancello arrugginito, sintravedono una vetusta villa e poco pi lontani dei cascinali, apparentemente abbandonati, protetti da sgangherati in parte imponenti portoni di legno che portano i segni del tempo. Osiamo entrare e improvvisamente ci appaiono dei tesori: giardini luminosi, orti, fazzoletti di terra, protetti da steccati e muriccioli per separarne le propriet, che nascondono sotto la terra ben curata, essenze rigogliose in attesa di esplodere in tutta la loro ricchezza, cos da soddisfare le necessit alimentari degli abitanti e sempre pi sovente, anche quelle di chi ha lasciato la casa paterna, attratto dalla citt. In questi recinti antichi, ci sono ben protetti dei gerani, i fiori dei poveri, in vasi di terracotta e in vecchie scatole di conserva, allineati lungo muri dove il glicine in attesa di fioritura. Proseguendo oltre la tenuta, c quanto rimane di un vecchio glorioso bosco; il suolo ormai invaso dalle graminacee, cespugli di biancospino che hanno appena accennato alla fioritura, qualche lauro ceraso, caprifoglio e tanta edera, che cerca sopravvivenza arrampicandosi lungo i tronchi di alberi gi in parte rinsecchiti, per decretarne la fine. Non c solitudine o tristezza, tutto pieno di vita, senti animali che si rincorrono tra i cespugli, uccelli che passano cinguettando da un

ramo allaltro, il soffio di un venticello che gode della sua libert, tutto il respiro della creazione antica. Proseguendo, arriviamo di fronte ad una piccola edicola, sberciata ma con la sua cornice muraria ben dipinta, bianca e azzurra e dentro, una piccola statuetta della Vergine di Fatima. Ci fermiamo e a bassa voce, in questa pace meravigliosa, diamo inizio alla recita del Rosario; scorrono le Ave Maria e raggiungono il piccolo rio lasciato a valle, che se ne fa tesoro e le porter verso spazi dellinfinito. Intanto arrivano due giovani, con loro le violette appena raccolte, nelle mani del giovane che le aveva ricevute. Si fermano e si guardano negli occhi con incantevole purezza; si erano appena donati il loro primo anello e fatta una prima silenziosa promessa; ma non hanno dubbi, stendono le loro giovani mani verso ledicola e le violette si posano ai piedi della Madonnina che li guarda sorridente. Doner loro anelli ben pi profumati e preziosi, li serber nel suo cuore!

Fatemi vedere i cavalli

testimonianze
si sappia dove si trovano gli animali) A questo punto capisco che il gioco, non voluto ma provocato dallincredibile ignoranza che impedisce alle leggende metropolitane di morire dignitosamente, stato sufficiente per far capire lassurdit di tale mentalit che rimane poveramente attaccata ai pregiudizi, e ai si dice e quasi alle paure che nel tempo passato (?) hanno caratterizzato il Cottolengo, come luogo dove ci vuole coraggio a entrare, dove basta dire cottolengo per divulgare tutto il peggiore possibile della condizione umana. Recuperato il dialogo corretto e pi caritatevole, cerco di far capire che proprio vero, che per entrare come si deve, al Cottolengo, ci vuole coraggio, s ma dellAmore. Le porte sono aperte, chi ha il coraggio venga, ma senza sella sulla testa: condivideremo la biada della fraternit e lerba della speranza!

Il coraggio dellAmore
di Dario Maurizio

opo pi di ventanni di servizio in diversi ambiti della Piccola Casa mi capita, nei miei momenti di riflessione consuntiva, di sentirmi anche un po orgoglioso di appartenere in qualche modo, alla meravigliosa realt Cottolenghina. In questa piccola citt nella citt, dove il verbo amare viene coniugato in ogni manifestazione possibile che esprima dedizione, servizio, sacrificio, fatica, e tanta, tanta dolcezza verso tutti i Figli di un Santo che ha saputo precorrere in maniera originale e carismatica, la strada della carit e della promozione umana. Tuttavia, sembra impossibile ancora nei giorni nostri, non mancano a volte ragioni di stupore quando dialogando con occasionali interlocutori ai quali riferisco, con malcelata fierezza, del mio servizio di volontariato nel Cottolengo, di suscitare meraviglia condita da curiosi atteggiamenti di ritrosia. Come, al Cottolengo? e poi di seguito: Che

bravo, io non me la sentirei, sei coraggioso! e via di queste affermazioni insolite. Quando chiedo ragioni di tale stupore, ottengo per risposta una sorta di pantomima con la quale cercano di fare la domanda; la voce si abbassa per il falso pudore e dopo un leggero balbettio: Ma vero che al Cottolengo ci sono ancora quelli ma s, quelli brutti sa, quelli un poco come dire anormali un po persone e un po come dire animali magari con teste piccole o enormi magari un po da cavallo ecco che lhanno detta, la domanda. Ho provato a valutare con sufficiente carit le persone da cui provengono i drammatici interrogativi: spesso rappresentanti di un ceto medio che dovrebbe esprimere un sufficiente livello di cultura e di informazione. Dopo un primo istante durante il quale devo reprimere sentimenti non del tutto pacifici verso linterlocutore, mi controllo e rispondo che s,

certo che ci sono e che anzi, il mio servizio proprio quello di preoccuparmi che non manchino mai biada, fieno e paglia per lalimentazione e per la pulizia delle stalle . Mi accorgo dal cambiamento di faccia, di aver provocato controversi stati danimo: prima lo stupore verso la quasi conferma dellesistenza degli innominabili, poi si fa strada la convinzione che li sto prendendo, un po tanto, in giro, malgrado abbia cercato di rispondere loro il pi seriamente possibile. Anzi, per rincarare la dose, con un po di cinismo calato sul disagio della poveretta (s, perch il pi delle volte sono donne) la informo che da qualche tempo si discute di mettere fuori dalla Piccola Casa, una pi esauriente cartella tipo piccola fattoria del Cottolengo (fuori, ho detto, pensando tra me e me, perch

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Lamore di Cristo ci sprona


Il mettersi al servizio dellultimo, del malato, di chi da solo non pu nulla, come ha fatto Ges, mi ha aperto gli occhi e mi ha dato nuova forza ed entusiasmo per continuare il mio personale cammino di conversione e di abbandono nelle sue mani paterne.

testimonianze
grande gioia e un forte entusiasmo ad impegnarmi sempre di pi, a mettere nelle mani del Signore la giornata successiva, a donare tutto il mio tempo a quelle persone alle quali mi ero affezionato e nel volto delle quali vedevo il volto di Cristo sofferente. Lesperienza presso la Piccola casa della Divina Provvidenza vissuta questestate mi ha scosso dallinterno, la sua intensit ha suscitato in me molte domande sulla vita e sul mio modo di vivere questo grande dono che Dio ci ha fatto, inoltre ha rafforzato in me la fede e lo spirito di dedizione. Il mettersi al servizio dellultimo, del malato, di chi da solo non pu nulla, come ha fatto Ges, mi ha aperto gli occhi e mi ha dato nuova forza ed entusiasmo per continuare il mio personale cammino di conversione e di abbandono nelle sue mani paterne.

di Luca e Matteo
cercato di farmi il pi possibile strumento nelle mani del Signore, affinch potessi diventare testimone vivo del suo grande amore; pi io cercavo di essere testimone vivo, pi il Signore parlava al mio cuore attraverso le persone affidatemi. Mi difficile (quasi impossibile) esprimere quanto lo sguardo di persone che non parlano e spesso non vedono mi ha dato e trasmesso. Il servizio richiestoci non comportava una formazione infermieristica, piuttosto una grande umanit, cera chiesto di far compagnia ai malati, aiutarli a mangiare e animare un po le loro giornate rendendole pi allegre. Stare con loro, un piccolo servizio che vissuto con fede e amore suscita grande gioia in tutti, sia chi riceve queste attenzioni, sia chi le offre. Si arrivava a sera distrutti, ma io provavo una

haritas Crhisti urget nos (Lamore di Cristo ci sprona), 2 Cor. 5,14. Questa la frase che ha accompagnato noi, seminaristi di prima e seconda teologia, nella nostra esperienza alla Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, conosciuta dai pi con il nome di Cottolengo. Per dieci intensi giorni, dal 4 al 14 settembre, con il nostro vicedirettore don Gianbattista, abbiamo condiviso preghiera e servizio con i volontari (tra cui un altro gruppo di seminaristi) e le suore presenti nella struttura. Una delle cose che pi colpiscono coloro che arrivano al Cottolengo la campana, che scandisce con i suoi rintocchi ogni quarto dora della giornata (iniziando dalle cinque del mattino) e ogni ora intona il Te Deum per ricordare che ogni momento del giorno dono del Signore e guidato dalla Sua Provvidenza. E anche noi elevavamo come le

note delle campane, la nostra lode a Cristo, affidandogli la nostra giornata di mattino e riponendo nella Sue mani il nostro vissuto nella preghiera serale. Proprio nella preghiera, io, Luca (seminarista in teologia) ho vissuto in modo profondo e autentico un aspetto della vita del cristiano: la Carit, il servizio caritatevole non mi ha distratto dalla preghiera, anzi stata proprio la preghiera a darmi ogni giorno la forza di vivere appieno il servizio senza risparmiarmi, ma donando tutte me stesso. La preghiera stata un elemento fondamentale di questa esperienza che mi ha accompagnato dallinizio alla fine. Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli pi piccoli, lavete fatto a me. (Mt.25,40) Sono state queste parole che mi hanno accompagnato durante tutto il periodo di servizio vissuto presso la Piccola Casa, e proprio con questa consapevolezza ho

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Come un avvoltoio sulla preda


Io non sono mai in grado di giudicare gli altri, e tutte le volte che tento di farlo, sbaglio rovinosamente. Il compito del missionario poi quello di mettersi a servizio della gente, senza insegnare niente, senza giudicare, senza umiliare.

testimonianze
accompagnatrice. Al piccolo non posso dire niente, perch non in grado neppure di capire dove si trova. Penso tra me e me: non che non lo vogliamo ricoverare dai Buoni figli, ma ci vuole anche un po di protocollo. Se ora basta abbandonare un handicappato in ospedale perch automaticamente passi poi nel gruppo dei nostri deboli mentali, sono davvero fregati: non bisogna assolutamente creare dei precedenti, altrimenti in un mese ci riempiamo fin sopra i tetti. Minerpico su per il sentiero facendo una fatica immane. Mi tornano alla mente momenti della mia giovent, quando, zaino in spalla, scalavo il Monviso o il Chaberton... allora mi pesava di meno; ora ho il fiatone e le gambe mi tremano. Alla mia destra la collina continua a salire, tra macchie di boscaglia, campi coltivati e modeste abitazioni di legno con il tetto in lamiera. Alla mia sinistra c un dirupo appena creato dalle recenti precipitazioni. In fondo ad un piccolo canyon un torrente stagionale scorre impetuoso con le sue acque di color marrone scuro. La vista bellissima e si perde verso lorizzonte in colline che sinseguono allinfinito. Ora tutto verdissimo e la vita rigogliosa. Rigagnoli dacqua scorrono gi per i campi in discesa, quasi come arterie e vene che portano nuova vita alle zolle appena rivoltate e ormai popolate dai virgulti dei nuovi raccolti. Arriviamo in vista di una casa in condizioni discrete. Dovrebbe essere qui, dico a Gatwiri. Vedi che poi non stavano cos male; non erano cos poveri!. Invece, una vecchietta ci dice che dobbiamo continuare un po, accerchiare lappezzamento della magione che si trova di fronte ai nostri occhi, e poi scendere a mezza costa sulla collina. Ancora un piccolo sforzo, mi dico ansimando. Ci che veramente mi toglie il respiro non lultima discesa, anche se ripida; invece quello che mi trovo davanti: una capanna di fango con il tetto di paglia. Nessun pavimento, se non la nuda terra. Ad accoglierci una donna giovane ma emaciata, dagli abiti logori e stracciati. Appena mi vede, accenna un sorriso imbarazzato. Non ci aspettava. tutta sporca e non ha nulla da offrirci. , infatti, appena tornata dalla shamba (il campo). Mi dice di lasciare il bambino sotto una pianta di mango carica di frutti grossi e rubicondi, e poi inizia a inzaffirarsi per prepararci qualcosa. Gatwiri, dille di non preoccuparsi perch non prendiamo nulla! Chiedile solo se posso vedere linterno della capanna. Passano alcuni minuti che a me sembrano eterni. Guardo la collina in silenzio; vedo un falchetto che volteggia leggero senza muovere le ali di un millimetro... probabilmente aspetta una preda ignara, per poi piombarsi su di lei in picchiata. Midentifico un po con quel rapace e provo una morsa allo stomaco. Gatwiri mi chiama dopo un attimo: Ha detto che siamo i benvenuti. Entro abbassando leggermente la testa per non picchiare sullo stipite della porta. Ce una sola stanza, con pavimento in terra battuta e tetto di paglia. La camera divisa in due parti da una tenda, che comunque lascia intravvedere un povero giaciglio dietro di essa. Al centro un

di Fr. Beppe Gaido

a pi di tre mesi abbiamo un piccolo paziente di dieci anni circa, abbandonato nel reparto pediatrico. handicappato mentale grave. Non cammina, ed totalmente incontinente. Ci era stato portato dai parenti per un ciclo di fisioterapia. Avevano promesso che sarebbero venuti a vederlo regolarmente, ma poi, subito dopo il ricovero, sono scomparsi tutti quanti. Qualche volta vedevamo dei bambini piccoli che passavano fugacemente durante lorario di visita; se provavamo a chiedere loro notizie dei genitori, ci ripetevano sempre la stessa cantilena: Atakuja kesho (cio: verr domani). Ora per il vaso colmo. Dopo tre mesi mi sento in cuore il diritto di richiamare loro il dovere dellonest, e, senza neppure rendermi conto appieno, mi rivesto di stucchevole paternalismo. Decido di portare a casa il paziente, che, in effetti, non sta assumendo alcuna terapia: semplicemente ogni giorno fa la fisioterapia.

Mi faccio accompagnare da Gatwiri, durante la pausa pranzo, sperando di fare molto in fretta: infatti, casa sua non distante pi di due chilometri. Prendiamo lambulanza e ci incamminiamo. La strada asciutta, nonostante ci siano grandi pozzanghere, in seguito allacquazzone della notte scorsa. Raggiungiamo in fretta il torrente Mariara, al di l di Chaaria market. Attraversiamo il ponte senza problema, ma subito dopo ci rendiamo conto che parte della strada crollata a causa di uno smottamento: non ci rimane che proseguire a piedi. Quanto mancher?, chiedo a Gatwiri. Circa un chilometro, ma la strada in salita. Decido di parcheggiare lambulanza, e di prendere il piccolo sulle spalle. Il sole ora caldissimo, e immediatamente goccioloni di sudore cominciano a sbocciare dalla mia fronte e a calarmi inesorabili sugli occhi. Il dado tratto. Si continua, ripeto a me stesso prima ancora che alla mia

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testimonianze
creduto quasi morto nella sua urina e nelle bave che ancora uscivano dalle sue labbra. Te lho portato e poi sono sparita perch non ho soldi per pagare lospedale: come avrei fatto a chiederti di ricoverarlo dai Buoni Figli, quando non riuscivo neppure a coprire le spese delle medicine che gi gli avevate somministrato. Non ho veramente trovato la forza di venire a parlarti. Per mandavo le bambine, e sapevo che Njiru era accudito e stava bene. Ora, se me lo lasci a casa, non so davvero che cosa far. Noi riusciamo a mangiare solo perch mi prendono nei campi a giornata. Mi pagano 100 scellini il giorno. Se lui a casa, non potr certo fare la bracciante nella shamba di qualche padrone... Poi un silenzio imbarazzante cala tra di noi. Solo le due bimbe continuano a essere contente e divertite dal fatto di vedere un bianco nella loro capanna. Corrono avanti e indietro a piedi nudi, e si ripetono lun laltra: Mzungu, Mzungu. Gatwiri non parla. Io guardo il soffitto di paglia, e, attraverso la porta aperta, riesco a scorgere il bimbo handicappato sotto lalbero di mango. In un brevissimo flash back mi torna in mente lavvoltoio che plana nel cielo pronto a colpire.

testimonianze
gente, senza insegnare niente, senza giudicare, senza umiliare. Ho fatto un altro errore madornale, ma so che sbagliando che simpara e si cresce. Mi sono preso un pugno nello stomaco che mi fa ancora male, ma voglio accettare gli insegnamenti che Dio mi ha dato oggi attraverso questa donna minuta e illetterata che ancora mi cammina a fianco e accarezza ripetutamente il suo Njiru. Mi guardo attorno: la natura selvaggia, il solleone, il caldo tremendo mi riportano a pensare a quanto dura la vita dei poveri. Noi che abbiamo la corrente elettrica, lautomobile e il telefonino, non possiamo neppure immaginare cosa significhi essere vedova, con tre bambini piccoli, in una capanna di fango e paglia, a cercare tutti i giorni qualcosa da mettere sul tavolo dei tuoi pargoletti. Che il Signore perdoni la mia superficialit e mi aiuti a calarmi profondamente nella vita dei poveri, per imparare a capirli, a giustificarli e ad amarli ogni giorno di pi.

tavolo e due sedie. Sulla mensa un pentolone con un po di ugnali (polenta) ancora fumante. Dove dormirebbe il bambino?. La mamma indica alcuni cartoni in un angolo del pavimento, e sussurra con voce tremante: l che dormiva prima che lo portassimo in ospedale. Non ho alternative! Dove tuo marito? morto in un incidente alla cava delle pietre ormai 4 anni fa. Era pagato a giornata, per cui non portava a casa molti soldi. Non siamo mai riusciti a costruire una nuova abitazione di legno. Lui, Njiru, il nostro primogenito. nato cos per un travaglio prolungato a domicilio. Non avevamo soldi per andare in ospedale a partorire. Anche le altre due bambine pi piccole sono nate qui in questa capanna. Nor malmente sono le donne del villaggio che vengono ad aiutarmi, quando iniziano le contrazioni: sono molto buone, ma non sono dei medici e a volte le cose possono anche non andare per il meglio. Quando mio marito mancato, ero incinta della pi piccola. Ti ho portato Njiru in ospedale perch non ce la faccio pi a seguirlo. Sta diventando pesante, e non riesco pi a caricarmelo sulla schiena mentre vado nei campi a lavorare, o quando mi reco al mercato a vendere il mango. Lasciarlo a casa da solo anche un problema: una volta ha avuto le convulsioni, e la sera lho

Mi viene da piangere. Mi sento uno stupido, e poi dico a Gatwiri: Torniamo in ospedale. E lui lo lasciamo qua? Certo che no! Aiutami a rimettermelo sulle spalle. Lo teniamo in ospedale finch si far un posto dai Buoni Figli. D alla madre che non si preoccupi, e che venga a trovarlo tranquillamente, perch un buon samaritano lo troveremo senzaltro. A questo punto la mamma rimane paralizzata per un momento; non fiata e guarda a terra perch non sostiene il mio sguardo. chiaramente commossa ma non sa cosa dire. Mi aiuta a caricarmi il piccolo sulle spalle e poi mi accompagna mentre, ansimando, riprendo la salita verso lambulanza. Sono stato veramente stupido. Ho voluto dare una lezione, e invece ancora una volta ne ho ricevuta una dura come una frustata. Io non sono mai in grado di giudicare gli altri, e tutte le volte che tento di farlo, sbaglio rovinosamente. Il compito del missionario poi quello di mettersi a servizio della

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notizie
Lettera da Tachina

C
Notizie dai
Un grazie ai fratelli
ogliamo ringraziare di cuore i confratelli che in questi ultimi mesi sono venuti qui a Tachina. Anzitutto fr. Albert che stato con noi tre mesi. Ci ha aiutato molto, soprattutto ad assistere e medicare i pi gravi. Tutte le mattine lavava e medicava Julio Cesar con pazienza e amore encomiabili. Grazie carissimo fratello per questa bella testimonianza. Stai sicuro che dal Paradiso Julio Cesar non mancher dintercedere per te. Dal 16 al 23 Luglio abbiamo accolto fra noi il nostro Superiore Generale, fratel Giuseppe Meneghini. Con lui abbiamo condiviso dei bei momenti di dialogo e fraternit: abbiamo parlato delle nostre gioie e dei nostri problemi, del difficile momento economico che stiamo passando e della nostra intenzione di continuare a servire i pi poveri, quelli che le altre Istutuzioni rifiutano perch troppo poveri o ammalati. Anche a te carissimo fratel Giuseppe il nostro grazie per il tuo ascolto, la tua comprensione e il tuo amore di padre. In questi mesi abbiamo qui fra noi fr. Simon, un altro fratello in formazione che arrivato con fr. Giuseppe e si fermer fino a met Ottobre. Anche fr. Simon sta vivendo una full immersion in questa realt ecuatoriana.Per noi che viviamo qui sempre una gioia poter accogliere questi nostri fratelli pi giovani. Ci portano unondata di sano entusiasmo e ci spronano ad essere sempre pi autentici servi dei poveri. Fr. Maurizio

fratelli
Redazione

on riconoscenza vogliamo ringraziare Pierluigi e Dina per il loro servizio svolto qui a Tachina dal 20 Settembre al 10 Ottobre. Davvero sono stati preziosi e dei grandi amici. Umili e lavoratori. Pierluigi e Dina sono dei vecchi volontari del nostro Cottolengo di Cuneo e per questo... siamo andati al sicuro. I nostri ospiti hanno goduto della loro presenza e del loro servizio e tutti i giorni ci chiedono di loro. Inutile dire che li aspettiamo ancora qui fra noi. Un grazie particolare a Fratel Simon che stato con noi tre mesi e che ha svolto un ottimo servizio, inserendosi bene nella nostra piccola Comunit e nei nostri ritmi di vita e lavoro, non sempre facili per un giovane in formazione. Davvero ha passato la prova.... ottimamente! Per tutti e tre assicurata la nostra preghiera e quella dei nostri ospiti. I fratelli di Tachina

Padre Lino Piano

ingraziamo riconoscenti P. Lino Piano per essere stato con noi il giorno 10 Settembre durante la sua visita in Ecuador. Si familiarmente intrattenuto con noi, ascoltando i nostri problemi, le nostre aspirazioni, le nostre paure e le nostre speranze. Dopo una visita allAsilo e un saluto agli ospiti si fermato a pranzo con noi. Grazie caro Padre Lino per la tua paterna attenzione e per le tue parole. Un grazie va anche allamico e volontario Luigi che accompagnava il Padre e un augurio speciale al nuovo missionario Don Emilio che inizia la sua avventura missionaria in terra ecuatoriana. Domenica scorsa ha gi celebrato la Santa Messa allAsilo per gli anziani.

Ti siamo vicini, carissimo don Emilio perch sappiamo che gli inizi non sono mai facili e sappi che quando vuoi riposarti un po qui a Tachina c sempre un posto per te, perch sappiamo che la Parrocchia di Santa Marianita una grande Parrocchia cittadina e non una realt facile, con tanto lavoro da svolgere. I Fratelli di Tachina

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India: 55 -1-13

voci dallIndia
ladorazione al Per ipsum. Il pap e specialmente la mamma di don Fribin, in prima fila, erano visibilmente commossi. Conclusasi la celebrazione sono state scattate molto foto ricordo, dapprima con lArcivescovo e poi con i tanti presenti, fra cui la tante Suore cottolenghine, provenienti da tutte comunit presenti in India, e i Fratelli cottolenghini. A questo punto la commozione ha lasciato il posto alla gioia, che continuata durante il pranzo offerto a tutti. Domenica 20 gennaio don Fribin ha celebrato la Messa di ringraziamento in lingua malayalam nella medesima chiesa. Don Jobin lo assisteva, don Shony, don Taj, don Giampiero, un altro sacerdote indiano ed io abbiamo concelebrato con cuore colmo di gioia riconoscente. Deo gratias.

1.
Altro evento straordinario per la Piccola Casa. Gioved 17 gennaio, 185 anniversario della fondazione della Piccola Casa della Divina Provvidenza, alle ore 15,30 ha avuto inizio la cerimonia di inaugurazione del COTTOLENGO SOCIAL SERVICE CENTRE a North Paravoor. Questa iniziativa espressione della Cottolengo Educational & Charitable Society (C.E.C.S.), il cui presidente don Taj, il superiore della comunit Madonna del Rosario, e il cui economo don Shony, rettore del Cottolengo Seminary. Le attivit gi in atto del CECS sono: un laboratorio informatico per ragazzi e ragazze diversamente abili e poveri e la preparazione, il doposcuola gratuito (tuition) per bambini e bambine poveri delle famiglie

Non si tratta di una combinazione fortunata da giocare al Lotto, ma sicuramente di una serie vincente nel mondo cottolenghino.

di don Roberto Provera

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VAYALIPARAMBIL FRIBIN da sabato 19 gennaio 2013 il cinquantacinquesimo sacerdote cottolenghino vivente. Insieme a don Giampiero ho avuto la gioia di prendere parte di persona alla Messa di ordinazione nella chiesa parrocchiale di Santa Filomena a Koonammavu (poco distante da North Paravoor, dove ha sede la comunit dei sacerdoti cottolenghini intitolata alla Madonna del Rosario e il Cottolengo Seminary). Alle ore 10 iniziata la Messa presieduta dallArcivescovo di Verapoly, Sua Grazia Francis Kallarackal, che abbiamo accolto in un punto poco distante dalla chiesa, dove labbiamo accompagnato preceduti da un corteo di motociclette con la bandiera del Vaticano. Sullauto con noi era salito don Fribin, che ci aveva atte-

so a casa sua per una breve preghiera. Bellissima e spaziosa la chiesa con gli addobbi floreali allestiti da alcune Suore cottolenghine venute apposta da Cochin, e ampio il presbiterio. Una ventina i sacerdoti concelebranti, fra cui don Rexon e don Lijen, sacerdoti cottolenghini residenti presso la chiesa succursale di Thannikuzhi (Paliyode). La liturgia, molto sentita dallArcivescovo e partecipata dai fedeli, era spesso accompagnata da canto e da musica. A quanto don Shony mi ha riferito, lArcivescovo nellomelia in lingua malayalam, fra laltro, ha definito i cottolenghini come la mano paterna e amorosa di Dio verso i poveri. I riti propri dellordinazione si sono succeduti regolarmente, compresa limposizione delle mani da parte di tutti i concelebranti. Particolarmente graziose le otto bambine, che hanno espresso con delicati gesti delle mani, recanti lampade, fiori e incensi,

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voci dallIndia

voci dallIndia
zi. Don Shony aveva programmato per venerd 25 gennaio la visita alla St. Marys Syro-Malabar Catholic Church, a Bharananganamuna (distretto di Kottayam), dove sepolta la prima Santa Indiana, una Suora Clarissa Francescana, SantAlfonsa dellImmacolata Concezione (19101946), beatificata nel 1986 e canonizzata nel 2008. Il luogo, pur molto frequentato dai fedeli, silenzioso e favorisce la preghiera (altre informazioni si possono trovare al sito alphonsa.net). Molto gentilmente la mamma di don Shony ci ha ospitato per il pranzo a casa sua. La seconda gradita occasione di stare con i seminaristi labbiamo avuta sabato 26. Don Fribin presiede la sua prima Messa in lingua inglese nel Cottolengo Seminary; lo assiste don Jobin, concelebriamo don Taj, don Shony, don Giampiero ed io; la Messa animata da canti in lingua inglese con accompagnamento musicale. Segue una speciale cena offerta a tutti i partecipanti (circa una sessantina, compresi alcuni Buoni Figli dei Cottolengo Brothers di Paravoor). Best wishes to all of you, dear Seminarians and especially to my bodyguards Per concludere una massima di SantAlfonsa abbastanza cottolenghina: To holiness through lowliness.

vicine, la distribuzione gratuita di cibo per il pranzo della domenica ai malati dellospedale civile di N. Paravoor. Si prevedono nuove attivit occupazionali per ragazzi e ragazze differentemente abili nel locale oggi inaugurato. Dopo il taglio del nastro e la benedizione del locale, impartita dal Vicario generale della diocesi di Kottapuram, mons. Domenic Pinheiro, si sono alternati vari oratori. Don Shony ha rivolto a tutti un cordiale benvenuto; io ho illustrato limportanza del 17 gennaio per la Piccola Casa; don Chacko Puthenpurackal, biblista, ha presentato il primo libro di don Shony dal titolo A living Exegesis: The charism of the Founders and the inculturation of the consecrated life: la prima pubblicazione della nuovissima Casa editrice Cottolengo Publications. Si sono poi succeduti altri oratori, uomini e donne della politica, un dottore hindu, che a quanto mi dicono ha elogiato lopera caritativa del Cottolengo. Don Giampiero ha inaugurato lEducation Fund a favore di ragazzi e ragazze in situazione di bisogno. Un senatore del Kerala, membro della Camera alta, ha avviato il nuovo sito www.cottolengoindia.org, dove si possono vedere anche tutte le fotografie e i filmati relativi allevento e molto altro. Don Xavier, il parro-

co della chiesa di s. G. B. Cottolengo a N. Paravoor, ha concluso questa parte culturale del meeting, ringraziando tutti gli intervenuti. Dopo unopportuna distribuzione di cibo ai presenti, iniziata la parte ricreativa dellevento con danze, recite, scenette, eseguite da ragazzi, ragazze e personale del CECS. Meravigliosa la grazia delle danze, assordante la musica, scatenati i balli moderni Termine ore 20,30. Un doveroso ringraziamento a don Taj, che si prodigato infaticabilmente per questo evento, e ai ragazzi del Seminario, che guidati da don Jobin, Vice-rettore, hanno prestato con generosit la loro opera per la preparazione dellevento (e poi anche per spreparare il tutto). Deo gratias.

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Numero fortunato? Speriamo. Intanto ringraziamo la Divina Provvidenza che ha chiamato tredici simpatici tutti giovani a far parte del Cottolengo Seminary. 7 stanno per il terminare il primo anno (o initiation), 2 la I classe di studi superiori (corrispondente alla nostra I liceo), 3 la II classe e 1 il II anno di filosofia. Sono tutti ragazzi vivaci, allegri, ma anche disciplinati e gentili. Il clima del Seminario sereno, gioioso. Alla domenica partecipano alla Messa in parrocchia alle 6,30 e due a turno collaborano a distribuire il cibo allospedale a mezzogiorno. Congratulazioni vivissime al Rettore don Shony, e al Vice-Rettore don Jobin. Abbiamo avuto due bellissime occasioni di stare un po pi a lungo con questi cari ragaz-

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Le tre case
Storia vera; storia mia e storia tua. Storia di tutti gli uomini che camminano su questa terra e di tanto in tanto guardano il cielo.
di P. Bartolomeo Milone
si coricava e al mattino si alzava. La casa era bella e tiepida, ma aveva un grosso difetto; era tutta buia come un sacco chiuso. L dentro non potevi vedere proprio niente; n formiche, n cavalli, n automobili. Basta, disse, finalmente un giorno luomo, dopo nove mesi passati nel sacco, basta, voglio uscire, voglio uscire. Si mise a spingere, spingere ed eccolo fuori dal sacco! Oh, finalmente posso correre, giocare, fare il bagno, nuotare Altro che la casa di prima! Questa si che stupenda; qui c il sole, ci sono le piante, i fiori, la neve . Per ottantanni luomo, tutte le mattina, allargava le braccia e diceva sempre: Che bella questa terra!. Era felice e contento. Per un giorno cominci a diventar triste. Vedeva che il sole tramontava e veniva la notte; le piante perdevano le foglie e diventavano come scheletri; i fiori diventavano fieno e la neve, fango. Allora si mise a sognare unaltra casa dove vi fossero sempre gli alberi verdi, i fiori rossi, la neve bianca e il sole splendente. Mentre stava pensando, mor. Tutti si misero a piangere.

una storia vera


Lui invece, pensa un po, rideva. Vien voglia di non credere, eppure lui rideva, rideva Sfido io! Appena morto, gli si spalancarono le porte di una casa dove cerano cose che non ti puoi immaginare. Un Pap buono che pi buono non si pu, lo abbracci, una mamma bella che pi bella non si pu, una vera meraviglia, lo baci. Lo baci e lo prese per mano: Vieni a giocare con noi! Vedi, qui tutto nuovo; la terra nuova, le stelle sono nuove. Vieni!. Luomo non capiva pi niente. Ma non sono morto, io? No, no, gli gridarono milioni di bocche; sei vivo, vivo per sempre!. Pazzo di gioia, luomo si mise a correre, a far capriole nei prati che non finivano mai, sotto il sole che non tramontava mai, in mezzo ai fiori che non appassivano mai. Qui son proprio a casa mia, gridava; a casa mia!. Cosi finisce la storia delle tre case. Storia vera; storia mia e storia tua. Storia di tutti gli uomini che camminano su questa terra e di tanto in tanto guardano il cielo. (trovato in una chiesa di montagna)

era una volta un uomo piccolo come la punta di un ago. Anzi, pi piccolo ancora. Era piccolo, ma aveva una voglia matta di crescere. Pensa, dopo 15 giorni da quando aveva cominciato a vivere era gi 125mila volte pi grande. Incredibile. Eppure era vero! Luomo abitava in una casa fatta apposta per lui. Una casa strana che girava per la citt, correva, si piegava anche fino a terra; di notte, poi,

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testimonianze
E quando venne la zia ad abitare accanto a noi, inasprita dalle sue disgrazie, con un carattere impossibile e insopportabile, sola per il vuoto che tutti i parenti le avevano creato intorno e incapace di star sola, ancora una volta la tua vita si mostr non utile ma necessaria: per ventidue anni le facesti compagnia, giorno dopo giorno, sopportando il suo dispotismo, a volte la sua prepotenza, volendole bene, addolcendo i suoi momenti tristi, facendola sorridere per le tue uscite paradossali. Per ventidue anni desti uno scopo alla sua vita, un ritmo alle sue giornate, un perch ai suoi gesti. Inutile la tua vita? Quando lei mor, ti riavemmo tutto per noi. Tuo padre ed io, con la maturit, avevamo conosciuto una tenerezza nuova, unintesa mai raggiunta prima, e tutti e tre passammo lultima vacanza felice allisola dElba, la pi bella di tutta la nostra vita. Poi la malattia, la morte di tuo padre. Quando tornai disperata dal camposanto, trovai di nuovo te, a casa, tu che non sapevi niente, che capivi poco, ma che sentivi per quella misteriosa sensibilit che hai, che qualcosa di terribile era successo. E per te ho ricominciato prima a sopravvivere, poi, sia pure in tono minore, a vivere: per te ho ricominciato a lavorare, a lottare. Tu sei la mia compagnia: se ho ancora una carezza, se qualcuno ancora mi abbraccia, se qualcuno ancora mi ricorda che il bisogno di tenerezza non ha et, lo devo a te. Se riesco ancora a dare felicit a qualcuno, questo sei tu, cui basta tanto, poco per essere felice. Inutile la tua vita?.

Lettera di

una madre al figlio disabile


Sei nato a mezzogiorno di un venerd. Senza grandi clamori, alla svelta,
senza farmi soffrire troppo. Avevi gli occhi chiusi, la lingua penzoloni, ti guardai e pensai: Com brutto!, ma non ebbi il coraggio di dirlo e dissi: Com piccino! Le cose, col tempo non miglioravano. Tutti sapevano, intorno a noi, meno tuo padre ed io. Ci mandarono da un medico famoso. Quando tomai a casa, ti rimisi nella culla, ti guardai e pregai: Signore, Dio da, Dio toglie: riprenditelo ora: che serve la sua vita inutile?. Perdonami figlio mio. A Ti chiesi perdono allora, e ti chiedo perdono ora, inutile la tua vita? Imparai che eri un figlio come gli altri, solo con problemi diversi. Quando dicesti mamma, piansi di gioia, anche se avevi tre anni. Quando, malfermo sulle gambe, mi corresti incontro, spalancai le braccia e fui felice, anche se avevi pi di quattro anni. E minsegnasti la pazienza. Quando in quellepoca, nessuno ti voleva, n la scuola n la societ, impar a essere umile, sorridente, gentile perch qualcuno ti facesse una carezza. E minsegnasti lumilt. Quando la gente cominci ad accorgersi di te e di quelli come te, cominciai a combattere, e lotto ancora, perch tu fossi accettato. E minsegnasti a lottare. Quando infine le altre madri sognavano per i loro figli il primo posto nella scuola, nella carriera, nella societ, io mi accontentavo dei tuoi primi progressi. E minsegnasti a desiderare per i miei figli la felicit, non la ricchezza, n il successo. 26

La tua mamma.

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Una mensa che sfama trenta poveri che vivono in citt

notizie dal Cottolengo di Pisa


anche nellambito del servizio come la mensa dei poveri, ci si confronta con la diversit delle fedi e della cultura. Diversit che comportano di porre attenzione al tipo di cibo distribuito, per rispettare pienamente, dice suor Elena, le tradizioni delle persone cui offerto. Fra queste persone vedi volti che non ti aspetti: volti di donne e uomini giovani, non gli anziani poveri o i barboni che si potrebbe immaginare come utenti unici di questa mensa. Suor Elena una responsabile della Caritas, ogni giorno anchessa impegnata a controllare i buoni di accesso alla mensa, tracciano il profilo di questi utenti: persone senza fissa dimora; che hanno perso momentaneamente il lavoro; in maggioranza stranieri, comunitari e no; gli italiani in numero via via crescenti: donne dellEst europeo che hanno perso il lavoro come badanti o che sono appena arrivate e lo stanno cercando; alcuni alle spalle crisi famigliari ed economiche capaci di sconvolgere la vita; tutte persone cui offerto un punto di ancoraggio dalla Caritas diocesana e unaccoglienza fraterna e un pasto caldo in un ambiente ordinato nella mensa della Piccola Casa. Nel cuore di Pisa, nel quartiere SantAntonio, continua, dunque e si attualizza una storia iniziata nel 1832 a Torino, che si riversa per le contrade dItalia e nel mondo secondo i carismi di San Giuseppe Cottolengo che, anche oggi, ci parlerebbe della Piccola Casa e della sua sempre viva presenza di servizio e accoglienza in dipendenza del motto che egli stesso aveva scelto Caritas Christi Urget Nos (2 Cor. 5,14). la Carit di Cristo che ci spinge incontro alluomo di ogni tempo e di ogni terra.

di Mauro Torselli

ella Piccola Casa di Pisa nessuno dimentica le parole del Fondatore che scriveva della sua opera come una cosa nata per dare gloria a Dio attraverso azioni autenticamente umane, quali sono lessere casa e luogo di accoglienza e riferimento delle persone in stato di bisogno. Ecco allora laltro servizio del Cottolengo per la comunit: la mensa dei poveri; vi si accede dalla porta pi piccola, ma non meno importante e funziona ogni giorno in collaborazione con la Caritas diocesana, che si occupa gestire la buona mensa attraverso il proprio Centro di Ascolto. La mensa distribuisce solo il pranzo ed per un numero massimo di trenta persone. I pasti sono preparati dalla cucina interna della Piccola Casa, distribuiti in vassoi personalizzati da volontari che si alternano, in numero di quattro al giorno, la

settimana comprese le domeniche e le altre festivit. La mensa del Cottolengo provvede a preparare anche una decina di cestini per chi, e ve ne sono sempre, non si rivolto al Centro di Ascolto Caritas per le pi diverse motivazioni, ma bussa ugualmente alla porta in cerca di un pasto, che probabilmente, sar lunico della giornata. suor Elena Catte la coordinatrice della mensa dei poveri del Cottolengo. Si presenta con la sua persona minuta, dice di essere anziana ma ti sorprende per lenergia con cui dirige il servizio: assegna i compiti ai volontari per lo sporzionamento, accoglie le persone nei locali, e invita con ogni delicatezza alla preghiera del Padre Nostro prima di iniziare il pranzo ma precisa che si pu semplicemente stare in silenzio, rispettando chi di altra fede o di nessuna fede, perch ormai,

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notizie

La Festa della Famiglia

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La visita del Ministro alla Scuola Cottolengo
a cura della Redazione

ccoci pronti a parlarvi della straordinaria mattinata del 17 dicembre, durante la quale si svolta la visita del Ministro della Pubblica Istruzione Francesco Profumo. Tutta la scuola lo attendeva in teatro: bambini, insegnanti, segretarie, assistenti tutti. Ovviamente noi della redazione eravamo in prima fila, pronti ad annotarci tutto. Il Ministro stato accolto dagli applausi di tutti. Subito abbiamo cantanto lInno Nazionale e quello della Scuola The world in union, e mentre lo cantavamo scorrevano le immagini di un video che raccontava proprio la nostra scuola. Poi alcuni degli alunni delle elementari e medie hanno improvvisato un Consiglio dei Ministri straordinario, al quale stato invitato a partecipare anche il Ministro. I compagni della scenetta sono stati bravissimi, si vede che frequentano il laboratorio di tea-

tro! Stefano che interpretava il Presidente Monti era perfetto! Il Ministro stato molto disponibile e ha riposto con interesse e molta ironia alle domande che alcuni ragazzi gli hanno posto, pi o meno serie. Purtroppo la visita stata meno lunga del previsto, ma nonostante fosse in ritardo Profumo ha impiegato almeno 15 minuti per abbandonare il teatro perch ha voluto salutare tutti, proprio tutti! Era davvero disponibile. Per la prima volta nella storia un Ministro ha visitato una scuola paritaria, e ha scelto proprio noi la scuola del Cottolengo!

omenica 9 dicembre 2012, come nei programmi ormai consolidati della nostra Associazione, si svolta alla Piccola Casa la tradizionale Festa della Famiglia. Nel salone sotto la Chiesa Madre la partecipazione stata abbastanza soddisfacente: cera il gruppetto dei fedelissimi, e tra loro ovviamente anche la Vice Presidente Anna Teresa e, come sempre, la diversamente giovane Olga Lugnani con Cesira Magni. Il clima per non era dei migliori e sicuramente meno gioioso del solito per le notizie piuttosto allarmanti sulle condizioni di salute del nostro insostituibile Tesoriere Beppe Mattiotto, costretto a letto nella casa di Luino dopo un delicato ricovero ospedaliero. Per ragioni di salute mancava anche il presenzialista Tarcisio Di Gleria, indispensabile collaboratore per tutte le pi svariate esigenze. Lorganizzazione era stata quindi completamente curata con puntuali risultati, bisogna riconoscere dalla cubia d fer Franco Rosso e Tommaso Stringa. A risollevare lanimo dei presenti giungeva Padre Francesco Gemello, le cui condizioni di salute residuo della permanenza in Kenia sembravano in effetti migliorate e veniva accolto da tutti con il solito caloroso ed affettuoso applauso, memori della ripetutamente dimostrata vicinanza alla Associazione prima come Padre della Piccola Casa e poi come Assistente Ecclesiastico. Non riusciva invece ad essere tra noi Don Carlo Carlevaris, Direttore onorario di Incontri, il periodico di cui si finiva per discutere registrando con piacere lunanime apprezzamento non solo per la gradevole veste tipografica, ma soprattutto per i contenuti in linea con i tempi, tanto che ci scappava anche un giudi-

zio ampiamente positivo per il Direttore responsabile Don Roberto Provera e, ovviamente, per gli infaticabili componenti della Redazione Salvatore Acquas e Mario Carissoni. Allo scambio degli auguri gli animi sembravano abbastanza rasserenarsi e la tradizionale fetta di panettone, i cioccolatini e il bicchiere di spumante non risultavano indifferenti, anche se continuava abbastanza accesa la discussione sulla data del prossimo convegno annuale che, tenuto conto anche delle varie feste liturgiche dei mesi di maggio e giugno, a fronte di varie proposte, veniva poi fissata per domenica 9 giugno 2013, come in altra parte del giornale ricordato. Il Presidente manifestava poi il suo rincrescimento perch nel convegno del 10 giugno 2012 non si era potuto provvedere come ipotizzato fin dal dicembre 2011 al rinnovo degli organi statutari dellAssociazione, da tempo scaduti, per assoluta e preoccupante mancanza di candidati. Il coro dei presenti proponeva comunque insistentemente di proseguire con lattuale dirigenza, confidando che la Divina Provvidenza avrebbe poi finito per ritrovare e suggerire la soluzione idonea ad assicurare un futuro alla nostra Associazione. Resta in ogni caso la speranza che il prossimo convegno del 9 giugno registri una crescente partecipazione nella consapevolezza che limportanza di quel momento nella vita dellAssociazione ci sproni ad essere presenti per quella benefica pausa di riflessione necessaria a ricaricarci dello speciale Spirito Cottolenghino che deve costantemente caratterizzare la nostra vita quotidiana. In tal senso rivolgo a tutti un caloroso appello! Dante Notaristefano

CONVEGNO ANNUALE DELLASSOCIAZIONE EX ALLIEVI E AMICI DEL COTTOLENGO - 9 giungo 2013


Programma: ore 10: ritrovo, ricevimento e saluti (cortile davanti alla Chiesetta Casa di Dio, via S. Pietro in Voncoli 9). Ore 11: Santa Messa celebrata da Padre Lino Piano. Ore 11,45: Assemblea, relazione del Presidente e conseguente discussione. Ore 13: Pranzo sociale. Attenzione: indispensabile che gli ex allievi ed amici intenzionati a partecipare al pranzo facciano pervenire la loro prenotazione entro il 6 giugno alternativamente a: Dante Notaristefano, via Crimea 6, 10133 Torino, tel. 011/6608499 Anna Teresa Costamagna, via Garibaldi 48/A 12068 Narzole, tel. 0173/77092 - Franco Rosso, via Castelgomberto 40, 10136 Torino, tel. 011/3115581. La conoscenza anticipata del numero dei partecipanti consentir una migliore organizzazione e un risparmio di spesa. La quota pranzo stabilita in 20,00.

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