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Impianti e Sistemi Aerospaziali I


2. Condizioni ambientali e
conseguenze sulla progettazione
2.1. Fasi della vita di un Sistema Spaziale
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
2.3. Lambiente operativo terrestre e le
sue conseguenze sui veicoli spaziali
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.1. Fasi della vita di un Sistema Spaziale
2.1. Fasi della vita di un Sistema Spaziale
Un Sistema Spaziale deve essere in grado di
sopravvivere in ogni fase della propria vita, ciascuna
delle quali ha le proprie caratteristiche distintive
MAIT. In queste fasi, i modelli da volo vengono
sottoposti a prove a livello di accettazione o superiore
(protoflight). Tali prove non devono indurre
sovraccarichi sui componenti. Inoltre, vanno garantite
condizioni ambientali controllate (pulizia, umidit, etc.)
Pre-lancio. Inizia con la consegna del modello da volo e
ha termine con il take-off. Pu durare anche diversi
mesi. Vanno garantite condizioni ambientali controllate
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Lancio. Ha inizio con laccensione dei motori del
lanciatore ed ha termine con liniezione nellorbita finale.
E la fase pi critica per quanto riguarda la resistenza
meccanica. La progettazione focalizzata alla
massimizzazione della rigidezza
Operazioni. Comincia con il raggiungimento dellorbita
finale e ha termine con linizio delle procedure di
"disposal. E la fase pi critica per quanto riguarda i
carichi termici e per lesposizione ad un ambiente
aggressivo in termini di radiazioni, particelle ionizzanti
e/o chimicamente attive, detriti spaziali e micrometeoriti
Disposal. Consiste nel rientro controllato in atmosfera o
nella collocazione del veicolo a fine vita in orbite
"cimitero
2.1. Fasi della vita di un Sistema Spaziale
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
Il lancio induce sul Sistema carichi di natura meccanica
e termica
I carichi meccanici si differenziano sulla base della loro
origine (organi meccanici in movimento, meccanismi,
azioni aerodinamiche, depressurizzazione del fairing
del lanciatore), delle loro modalit di propagazione
(percorsi di carico) e delle loro caratteristiche
(intensit e contenuto in frequenza)
I carichi termici dipendono dallequilibrio termico che si
realizza per il Sistema entro il fairing o dopo la
separazione di esso
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Fase di lancio: carichi meccanici
Dipendono dal lanciatore utilizzato. A seconda della
tipologia di carico si utilizzano strategie di test differenti
(centrifughe, shaker con sweep sinusoidali, shaker con
profili di carico random, pyros, camere riverberanti.)
Fenomeno Origine Natura Percorso carico Freq. [kHz]
Vento in rampa di lancio Aerodinamica Quasi-stazionaria Struttura < 0.1
Accensione motori Combustione Transitoria Struttura < 0.1
Turbopompe Meccanica Quasi-stazionaria Struttura < 0.1
Effetto Pogo Meccanico-fluidica Quasi-stazionaria Struttura < 0.1
Riflessione a terra ejecta motori Aerodinamica Random Fairing-Atmosfera-Struttura 0.1 - 2
Rilascio da rampa di lancio Meccanica Transitoria Struttura < 0.1
Ascesa Meccanica Quasi-stazionaria Struttura << 0.1
Ventilazione fairing Meccanica Quasi-stazionaria Struttura < 0.1
Volo transonico Aerodinamica Random Fairing-Atmosfera-Struttura 0.1 - 2
Attuatori pirotecnici Meccanica Transitoria Struttura 2 - 10
Impatti Meccanica Transitoria Struttura 2 - 10
Vibrazioni membranali Aerodinamica Acustica Fairing-Atmosfera-Struttura 2 - 10
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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I carichi a bassa frequenza (<100 Hz) possono avere
origine meccanica (turbopompe, organi in movimento,
meccanismi di rilascio dalla rampa di lancio),
aerodinamica (ventilazione fairing) o connessa alla
combustione (accensione motori, effetto Pogo).
Includono anche le accelerazioni indotte dal lanciatore
in fase di ascesa
La ventilazione del fairing pu indurre carichi di
pressione differenziale su componenti membranali
Il percorso di carico avviene tipicamente attraverso le
strutture
Vengono riprodotti con prove di vibrazione sinusoidale
a frequenza crescente (sine sweep) e livello di
accelerazione fino a 15 g
0
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
3 g
0
8-12 g
0
13 g
0
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
I carichi a frequenza medio-alta (<10 kHz) possono
avere origine aerodinamica (riflessione a terra dei
prodotti della combustione, volo transonico) o
meccanica transitoria (pyrotechnic actuators, impatti)
Il percorso di carico avviene tipicamente attraverso le
strutture, anche eccitate dallinterazione fluidica con
lambiente esterno
I carichi aventi origine aerodinamica (frequenza < 2
kHz) hanno natura tipicamente random. Vengono
riprodotti in laboratorio tramite shaker elettrodinamici
controllati in Power Spectral Density
Per ogni lanciatore, vengono dati degli spettri di carico
dai quali si ricava la storia temporale di accelerazione
da applicare al modello tramite uno shaker
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Da questi diagrammi, il
controllore dello shaker ricava,
per ogni intervallo di frequenza,
il modulo della trasformata di
Fourier del segnale di
accelerazione da generare, al
quale associa una fase secondo
algoritmi opportuni. A partire da
tali informazioni, ricava le storie
temporali di accelerazione
sovrapponendo le
antitrasformate di Fourier
calcolate
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
Profili di carico random
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
I carichi aventi origine meccanica transitoria
(tipicamente fino a 10 kHz, ma anche oltre nel "near
field) hanno durata limitata (pochi ms) e possono
indurre livelli di accelerazione particolarmente elevati
(anche migliaia di g)
Sono provocati da attivazione di pyrotechnic devices,
impatti, separazione stadi del lanciatore, manovre di
"docking
Vengono riprodotti in laboratorio tramite cariche
esplosive o gas guns (near field), o altre facilities
dedicate (drop tables, mechanical impact pyros
simulator nel mid- e far-field)
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
I carichi aventi origine aerodinamica (2-10 kHz)
vengono classificati come acustici quando,
propagandosi attraverso latmosfera residua
"impattano direttamente su ampie superfici del
sistema.
I carichi acustici possono essere particolarmente severi
per componenti flessibili aventi superfici ampie (es.
pannelli solari)
Vengono riprodotti in laboratorio in Propagating Wave
Test Facilities, camere riverberanti, o in ambienti liberi
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Specifica per test acustico (Ariane 4)
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
La progettazione strutturale per il lancio
Analisi delle condizioni di carico indotte dal lanciatore
Studio dellinterfaccia con il lanciatore
Scelta dei materiali
Analisi dellinviluppo dinamico allinterno del lanciatore
Progettazione a rigidezza (la prima frequenza propria
del Sistema deve essere superiore alle principali
frequenze strutturali del lanciatore)
Verifica della resistenza (tenendo conto anche dei
carichi dinamici tramite i "load factors)
Verifica a buckling (instabilit strutturali)
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Modelli per stimare la prima frequenza propria
La stima della frequenza naturale del satellite,
considerato vincolato al lanciatore, pu essere fatta
preliminarmente considerando il satellite come una
trave incastrata da un lato e con la massa concentrata
nellaltro. La lunghezza della trave pari alla distanza
dal vincolo al Centro di Massa del satellite
La frequenza naturale e lo spostamento sono:
M
K
f
n
2
1
=
K: rigidezza trave M: Massa S/C
K
P
=
P=Mg
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Caso 1: flessionale e assiale
Si trascura la massa della trave
M: Massa S/C concentrata
allestremit
L: Lunghezza trave pari a
distanza tra interfaccia con
lanciatore e CoM del S/C
d: spostamenti
d
d
Interfaccia con satellite
L
M
In ipotesi di linearit, tre modelli semplificati a parametri
concentrati posso essere considerati
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Caso 1a): massa concentrata allestremit (flessionale)
d
Interfaccia con satellite
L
M
3
3
2
1
2
1
ML
EJ
M
K
f
n

= =
n
L
EJ
Mg
K
P

= =
3
3

K
n: coefficiente moltiplicativo
J: momento di inerzia
E: modulo di Young
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Caso 1b: massa concentrata allestremit (assiale)
d
Interfaccia con satellite
L
M
ML
AE
M
K
f
n
2
1
2
1
= =
n
L
AE
Mg
K
P

= =
K
n: coefficiente moltiplicativo
A: sezione della trave
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Caso 2a): massa uniformemente distribuita (flessionale)
d
Interfaccia con satellite
L
M
3
56 . 0
ML
EJ
f
n

n
L
EJ
Mg
K
P

= =
3
125 . 0
n: coefficiente moltiplicativo
J: momento di inerzia della trave
E: modulo di Young
K
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Caso 2b): massa uniformemente distribuita (assiale)
d
Interfaccia con satellite
L
M
ML
EA
f
n
25 . 0 =
n
L
EA
Mg

= 5 . 0
n: coefficiente moltiplicativo
A: sezione della trave
E: modulo di Young
K
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Caso 3a): massa uniformemente distribuita +
concentrata (flessionale)
d
Interfaccia con satellite
L
M
3
) 236 . 0 (
3
2
1
L M M
EJ
f
b
n
+
=

n
L
EJ
g M
L
EJ
Mg
b

+ =
3 3
4
1
3
1

n: coefficiente moltiplicativo
J: momento di inerzia della trave
E: modulo di Young
M
b
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Caso 3b): massa uniformemente distribuita +
concentrata (assiale)
d
Interfaccia con satellite
L
M L M M
EA
f
b
n
)
3
1
(
160 . 0
+
=
n
L
EA
g M
L
EA
Mg
b

+ = 5 . 0
n: coefficiente moltiplicativo
A: sezione della trave
E: modulo di Young
M
b
2.2. Il lancio: carichi meccanici e termici
22
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. L'ambiente operativo terrestre
Peculiarit:
"Assenza di atmosfera. Lo scambio termico per
convezione trascurabile (al di sopra di circa 200 km
di quota) e manca unefficace protezione nei confronti
della radiazione solare
Presenza di particelle chimicamente aggressive
(ossigeno atomico a quote LEO)
Presenza di particelle altamente energetiche (particelle
intrappolate nelle cinture di Van Allen, raggi cosmici)
Presenza di detriti spaziali e micrometeoriti
2.3. Lambiente operativo terrestre
23
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
I
o
n
o
s
f
e
r
a
2.3. Lambiente operativo terrestre
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
L' "Assenza" di atmosfera
A quote inferiori a ~70-80 km, latmosfera
assimilabile ad una miscela omogenea di gas. A tali
quote, a causa delle forti azioni aerodinamiche, ogni
orbita priva di significato pratico
A quote maggiori, il cammino libero medio tra
molecole si riduce al punto da rendere trascurabili le
interazioni aerodinamiche con il veicolo (~90 km) e
quindi gli scambi termici convettivi (~150-200 km)
I bassi valori di pressione assoluta possono indurre il
fenomeno delloutgassing, incentivato dallincremento
della temperatura
2.3. Lambiente operativo terrestre
25
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Loutgassing la sublimazione di atomi superficiali e
impurezze, soggetti a pressioni comparabili con la loro
pressione di vapore (10
-15
- 10
-11
Pa)
Tale processo induce due distinti meccanismi di
danneggiamento: la perdita di materiale con
conseguente modifica delle propriet delle superfici e il
deterioramento delle zone dove il materiale ricondensa
Il fenomeno critico nellalterazione delle propriet
termo-ottiche dei coverglass dei pannelli solari e delle
superfici selettive usate per il controllo termico
Per ridurne linsorgenza, si evita lutilizzo di componenti
volatili (es. lubrificanti tradizionali) e vengono
effettuate operazioni di "purging a terra ed in orbita
2.3. Lambiente operativo terrestre
26
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Nella ionosfera, la densit di plasma cresce a causa
della penetrazione di radiazione UV e della conseguente
fotoionizzazione delle specie esistenti
Linterazione del plasma ambientale con il satellite e
leffetto fotoelettrico possono provocare laccumulo di
cariche elettrostatiche superficiali con conseguente
formazione di archi elettrici e danneggiamento delle
superfici Si usano vernici conduttive
Comunicazioni in radiofrequenza con f<f
plasma
non si
propagano
La penetrazione della radiazione solare provoca anche il
danneggiamento dei componenti esposti (elettronica,
ottiche, superfici selettive per il controllo termico, celle
fotovoltaiche) a causa della dose accumulata
2.3. Lambiente operativo terrestre
27
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Particelle chimicamente aggressive
E il caso dellossigeno atomico, che la specie
dominante in LEO (10
8
atomi/cm3), prodotta per
fotoionizzazione dellossigeno molecolare e dellozono,
tramite radiazione UV (100 - 350 nm)
Lossigeno atomico una specie chimicamente
aggressiva e meccanicamente erosiva
Provoca il "thinning dei contatti tra celle fotovoltaiche
(formazione di ossido dargento), criccature e "spall
di vetri di celle solari e ottiche (formazione di ossido di
silicio), abrasione di superfici (con ossido di zolfo),
erosione da impatto iperveloce. In genere risultano
deteriorate le propriet termo-ottiche delle superfici
2.3. Lambiente operativo terrestre
28
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
Ci si protegge da tali meccanismi di danneggiamento
tramite rivestimenti metallici resistenti sia ad azioni
chimiche che meccaniche
Particelle altamente energetiche
Lambiente spaziale entro il Sistema Solare
dominato dalla presenza del Sole, che rappresenta
oltre il 99.9% della massa totale e oltre il 99.9% della
produzione energetica
La totale potenza radiativa emessa di circa 10
26
W
Lo spettro di emissione (superficiale) assimilabile ad
una curva di Wien per un corpo nero a 5800 K, con
picco nel visibile a 460 nm
29
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
Spettro solare
30
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
R 7*10
5
km
h 400 km
Corpo nero a 5800 K
h migliaia km
T 10
4
K
Emissioni UV
h alcuni raggi solari
T 10
6
K
Emissioni X,
31
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Il Vento Solare consiste nellespulsione ad alta velocit
di plasma coronale sotto lazione della pressione della
radiazione solare. E lattivit "media del Sole
Tenue (9 protoni/cm
3
), composto da particelle a
bassa energia (< KeV), che raggiungono la Terra a
450 km/s con uninclinazione di 45
Linterazione tra Vento Solare e campo magnetico
terrestre produce la classica conformazione della
magnetosfera
La magnetosfera "protegge lambiente terrestre dalla
penetrazione dei raggi cosmici, ma pu risultare
alterata nei periodi di intensa attivit solare
2.3. Lambiente operativo terrestre
32
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Conformazione della magnetosfera
2.3. Lambiente operativo terrestre
33
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
I Solar Flares sono emissioni intense che si ripetono a
cicli di 11 anni (massimi di attivit solare). Sono
formati da fotoni, elettroni, protoni, particelle alfa e ioni
pesanti, con energie che possono raggiungere le decine
di MeV
Oltre alle particelle di origine solare, anche particelle di
origine extrasolare o extragalattica (raggi cosmici)
possono raggiungere la Terra. Possono raggiungere
energie ben superiori al GeV
Tutte le particelle sopra citate possono colpire
direttamente veicoli spaziali o, prima di ci, essere
catturate dallambiente circumterrestre (in virt della
sua conformazione geomagnetica) restando
intrappolate nelle Cinture di Van Allen
2.3. Lambiente operativo terrestre
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Fascia interna
h 3000 - 6000 km
protoni E < 100 MeV
elettroni E < 1 MeV
Fascia esterna
h 15000 - 25000 km
protoni E < 200 keV
elettroni E < 1 MeV
2.3. Lambiente operativo terrestre
35
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Orbite LEO con inclinazione < 30 possono risentire
dellAnomalia del Sud Atlantico, che una depressione
della cintura interna di Van Allen con presenza di
particelle energetiche anche a quote basse
failures (SEU, SELU) per satelliti in LEO
2.3. Lambiente operativo terrestre
36
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
Indipendentemente dalla loro provenienza (fasce di
Van Allen, Solar Flares, raggi cosmici), particelle
singole con energie superiori alle decine di MeV
possono provocare il fallimento di componenti
elettronici del satellite:
SEU (Single Event Upset).E il cambiamento dello
stato logico (bitflip) di un circuito binario, provocato
dalla traccia di ionizzazione lasciata da una
particella penetrante. Non permanente, ma pu
essere critico se interessa circuiti "decision making
SELU (Single Event Latch-Up). Provoca
cortocircuito. Pu degenerare nella perdita
irrimediabile del dispositivo:
SEBO (Single Event Burn-Out)
37
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
38
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
E opportuno dunque selezionare orbite che non
intersechino le cinture di Van Allen, o comunque
limitare la durata di transito attraverso di esse per
satelliti che devono raggiungere orbite GEO o
interplanetarie
Resta comunque il rischio di eventi singoli dovuti ai
raggi cosmici. Per limitarlo, si predispongono delle
schermature, i cui spessori e collocazione risultano dal
calcolo della probabilit di penetrazione effettuata sulla
base di modelli di flusso delle particelle energetiche, dei
modelli geometrici e dassetto del satellite e delle
caratteristiche dei materiali utilizzati
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Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Detriti Spaziali e Micrometeoriti (MOD)
I Detriti Spaziali sono oggetti di varia dimensione, di
origine umana, orbitanti in modo incontrollato attorno
alla Terra. Intersecando le traiettorie di satelliti
operativi, espongono questi ultimi al rischio di impatto
ad alta velocit (~100 m/s) e iperveloce (fino a 16
km/s). Hanno mediamente densit di 2.7 g/cm
3
I Micrometeoriti sono oggetti di origine naturale,
orbitanti attorno al Sole. Intersecando lambiente
terrestre, espongono i veicoli spaziali al rischio di
impatto iperveloce fino anche a 100 km/s. Hanno
densit e dimensioni fortemente variabili, ma
comunque inferiori a quelle dei detriti spaziali
2.3. Lambiente operativo terrestre
40
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Flussi cumulativi per Detriti Spaziali e Micrometeoriti
2.3. Lambiente operativo terrestre
41
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Limpatto iperveloce avviene a velocit paragonabili e
superiori a quella di propagazione del suono nel mezzo
Limpulso generato negli istanti iniziali dellimpatto si
propaga nel mezzo come onda elastoplastica e di
shock, provocando un forte riscaldamento locale con
conseguente fusione e sublimazione del materiale
La riflessione come onde di tensione delle onde di
compressione che raggiungono la superficie libera
provoca il cedimento del materiale (spall) anche se
limpattante non ha sufficiente energia per completare
la penetrazione
Vengono prodotte delle nuvole di frammenti solidi,
liquidi e gassosi (debris cloud) eiettate in verso sia
concorde che discorde alla velocit di impatto
2.3. Lambiente operativo terrestre
42
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Impatto su CFRP (sfera Al 1.5 mm @ 5 km/s)
2.3. Lambiente operativo terrestre
43
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
A seconda delle dimensioni e della velocit di impatto,
i detriti possono provocare danni di vario tipo su un
veicolo spaziale:
Perdita di assetto e disturbi transitori dovuti alla di
quantit di moto trasferita (pu essere anche
maggiore di quella iniziale dellimpattante!)
Deterioramento di ottiche, superfici selettive per il
controllo termico e pannelli solari
Penetrazione del satellite con danneggiamento a
componenti interni (cablaggi, elettronica, recipienti
in pressione) dovuto allespansione della debris
cloud
Penetrazione distruttiva di moduli pressurizzati
2.3. Lambiente operativo terrestre
44
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Solar cell
Coating
Optics Paint
Multi-shock shield
2.3. Lambiente operativo terrestre
45
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Lapproccio progettuale nei confronti delle
problematiche di MOD prevede i seguenti passi:
1. modellazione orbitale e geometrica del satellite
2. stima dellambiente MOD (tramite osservazioni e
modelli previsionali)
3. previsione, da 1 e 2, dei flussi di MOD su ciascuna
superficie del satellite e valutazione delle
probabilit di impatto in funzione di dimensione e
velocit dei detriti
4. Da 3, valutazione delle tipologie di danno e delle
strategie di protezione (scudi) sulla base della
conoscenza del fenomeno di impatto iperveloce su
vari materiali e geometrie di scudo
2.3. Lambiente operativo terrestre
46
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
S/C operating
parameters
Failure criteria
Probability Probability
of No of No Failure Failure
Environmental
Models
S/C geometry
HVI Test and
analysis
Ballistic Limit
Equations
M/OD Probability Analysis Code (BUMPER, ESABASE, etc.)
M/OD: approccio progettuale
47
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
Il proliferare di detriti spaziali, con il conseguente
aumento del rischio di impatto, rischia di pregiudicare
il futuro utilizzo dello spazio
2.3. Lambiente operativo terrestre
48
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
La comunit internazionale gestisce tali problematiche
nellambito della commissione IADC (Inter-Agency
space Debris Coordination), che riunisce i principali
esperti delle agenzie spaziali di tutto il pianeta, allo
scopo di coordinare le attivit connesse alla presenza
nello spazio di MOD
Membri IADC
ASI (Italia)
BNSC (UK)
CNES (Francia)
CNSA (Cina)
DLR (Germania)
ESA
ISRO (India)
JAXA (Giappone)
NASA (USA)
NSAU (Ucraina)
Rosaviakosmos (Russia)
2.3. Lambiente operativo terrestre
49
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
La IADC organizzata secondo 4 gruppi di lavoro
(WG). I primi tre si occupano di attivit connesse agli
step tipici dellapproccio progettuale (osservazione,
modelli, protezione). Il WG4 definisce le strategie di
"mitigazione, ovvero i principi che ogni ente o
industria spaziale deve seguire per ridurre la
proliferazione di detriti nello spazio
Il CISAS dellUniversit di Padova rappresenta lASI
nel gruppo "Protection della IADC
Gli oggetti per cui lutilizzo di scudi pu essere efficace
hanno dimensioni dellordine dei 15 mm (i moduli
abitati della ISS hanno limite balistico di circa 15 mm
a 7 km/s)
2.3. Lambiente operativo terrestre
50
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
La Curva di Limite Balisitico (BLC) il luogo dei punti
(d,v) che individua il detrito di dimensione minima che
penetra il bersaglio alla velocit data
Lidea base di un sistema di protezione quella dello
Scudo Whipple, che consiste in una lamina sacrificale
(bumper) disposta davanti alla struttura da
proteggere ad una distanza opportuna (standoff). Il
bumper "shocka e frammenta limpattante, con
conseguente produzione di una debris cloud che si
espande nello standoff. In questo modo, la struttura
da proteggere subisce un carico tanto minore quanto
minore la velocit residua della debris cloud e la
dimensione dei frammenti che la costituiscono
2.3. Lambiente operativo terrestre
51
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
BL Equations
(d
c
is critical particle
on ballistic limit
threshold of
shield)
Constraints/Discussion: Valid for aluminum bumpers and metallic rearwalls. Can be used for hi-strength non-metallic rearwalls with yield
constrained to 100ksi. At 7km/s normal impact, when t
b
/d < 0.15 and/or S/d < 15, the high-velocity equation tends to over-estimate critical diameter.
Ref. E.L. Christiansen, "Design and Performance Equations for Advanced Meteoroid and Debris Shields," International Journal of Impact Engineering,
Vol.14, pp.145-156 (1993), Proceedings of the 1992 HVIS, November 1992.
for V
n
7,
d
c
= 3.919 t
w
2/3
S
1/3

p
-1/3

b
-1/9
(/70)
1/3
(V cos)
-2/3
(1)
for 3<V
n
<7,
d
c
= 1.071 t
w
2/3
S
1/3

p
-1/3

b
-1/9
(/70)
1/3
(V cos/4 - 0.75) +
((t
w
(/40)
0.5
+ t
b
)/(1.248
p
0.5
cos))
(18/19)
(1.75 - V cos/4) (2)
for V
n
3,
d
c
= ((t
w
(/40)
0.5
+ t
b
)/(0.6 (cos)
5/3

p
0.5
V
2/3
)
(18/19)
(3)
for 65
o
, d
c
= d
c
(at =65
o
) (4)
Sizing Equations t
b
= 0.25 d
p
/
b
when S/d<30; t
b
= 0.2 d
p
/
b
when S/d30 (5)
for V
n
7, t
w
= 0.16 d
0.5
M
1/3
S
-0.5

p
1/6

b
1/6
(70/)
0.5
(V cos) (6)
2.3. Lambiente operativo terrestre
Whipple Shield
Bumper
Thickness: t
b
(cm)
density:
b
(g/cc)
Rear wall
Thickness: t
W
(cm)
yield strength: (ksi)
Spacing: S (cm)
Projectile
diameter: d (cm)
density:
p
(g/cc)
mass: M (g)
velocity: V (km)
angle from normal: (deg)
norm.vel: V
n
(km/s)
V
n
= V cos
Failure Criteria:
perforation or detached
of rear wall.
Failure Criteria:
perforation or detached spall
of rear wall.
52
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
A partire dallo Scudo Whipple, sono stati derivati
sistemi di protezione ad altissime prestazioni (Stuffed-
Whipple, Multi-Shock, etc.), utilizzanti anche materiali
avanzati come tessuti in fibre di carbonio e ceramiche
ad alta resistenza (Kevlar, Nextel) schiume metalliche
e plastiche, compositi a matrice metallica, etc.
Va comunque sottolineato il fatto che satelliti generici
non hanno abbastanza risorse per prevedere luso di
scudi dedicati. Le strutture portanti (es. pannelli
sandwich), per quanto possibile, devono comportarsi
da sistemi protettivi
2.3. Lambiente operativo terrestre
53
Impianti e Sistemi Aerospaziali I
2.3. Lambiente operativo terrestre
Danno su pannello sandwich
MPLM Leonardo: danno sul
bumper del Whipple Shield
Aluminium 2007 Projectile: 3 to 15mm diameter
Normal Impact velocity: 3 to 15km/s
Aluminium 6061-T6
Bumper Shield
Nextel 312 style AF62
4 Fabric Layers
18-ply
Kevlar 129 style 812
with Epoxy resin 914 to
40% by mass
Aluminium 2219-T851
Back Wall
2.5mm
71.1mm
4.0mm
6.0mm
42mm
4.8mm
Configurazione
scudi Columbus

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