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Appercezione
Enciclopedia Italiana - stampa APPERCEZIONE (dal lat. ad e percipere; fr. aperception; sp. apercepcin; ted. Apperception; ingl. apperception). - parola e, in parte, anche concetto introdotto nel linguaggio filosofico da Leibniz per superare la difficolt, messa in evidenza da Locke, di percezioni di cui si inconsapevoli (Nuovi saggi sull'intelletto umano, lib. II, cap. IX, 4). A tali percezioni manca un atto riflessivo che le renda vera e propria conoscenza. Di tale atto capace solo lo spirito, cio l'anima ragionevole, l'anima che ha il potere di conoscere le verit necessarie ed eterne. Questo atto riflessivo l'appercezione, che , dunque, la conoscenza riflessiva della percezione, cio dello stato interiore della monade nel rappresentare le cose esterne (Princip della natura e della grazia fondati sulla ragione, 4). Mediante l'appercezione quindi siamo portati a considerare che questa o quella cosa, che noi percepiamo, in noi; e cos anche, proprio mediante quell'atto riflessivo che ci fa pensare a ci che si dice io, noi pensiamo all'essere, alla sostanza, al semplice e al composto, all'immateriale e a Dio stesso (Monadologia, 30). In verita, quindi, in Leibniz non si trova distinto quel duplice valore (psicologico e gnoseologico) che l'appercezione ha poi assunto. Come sempre, Leibniz assurge dai puri dati psicologici alla loro natura metafisica che li spiega. Questo atto riflessivo leibniziano, che, presupponendo la ragione, caratterizza lo spirito in quanto anima che si rende consapevole di s, , quindi, continua poi Kant, lo stesso "io penso" (che gi Cartesio aveva messo in evidenza come primo principio di certezza). Se questo "io penso" (che per s non sensibile, perch un "atto della spontaneit") lo vediamo col contenuto che l'intuizione sensibile gli offre, si ha quella che Kant dice appercezione empirica; se invece lo isoliamo dal detto contenuto, saliamo all'appercezione pura ed originaria, cio all'autocoscienza come atto unico e originario in ogni coscienza (Critica della ragion pura, Analitica dei concetti, 16). Siamo cos a quell'appercezione necessaria, che costituisce il potere sintetico dell'intelletto, cio la capacit che questo ha di universalizzare il singolare dell'intuizione nei suoi concetti puri (categorie): l'unit sintetica dell'appercezione veramente lo stesso intelletto. L'appercezione pura, quindi, per Kant non affatto da confondere col senso interno, che di noi stessi non ci d che l'apparenza (ibid., 24); essa la stessa "spontaneit",

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di cui l'"io penso" atto (ibid., 16); il costitutivo stesso dell'io, il quale proprio da questo potere sintetico appercettivo reso conoscitivo, cio attingente, con la propria spiritualit, l'oggettivit. L'appercezione perci non atto soggettivo ed arbitrario; ma, in quanto universale e necessario, oggettivo, e quindi principio di ogni oggettivit. Da questo fondamentale valore gnoseologico dell'appercezione pura kantiana si poi sviluppato da una parte il concetto metafisico dello spirito come pura attivit sintetica e dall'altra l'uso psicologico e pedagogico della stessa appercezione, specialmente con Herbart (fondersi delle percezioni nelle masse appercettive e riformarsi di queste) e Wundt (connessione psichica risultante non da pura associazione, ma da consapevole attivit psichica).

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