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L.B.G. MM. LA RABBIA DEI MILANESI Giacomo Marossi BERSANI FOR PRESIDENT Damiano Di Simine QUEL LOTTO DI TERRA EDIFICABILE Maurizio Mottini PARCHEGGI A MILANO: PARLIAMONE ANCORA Giuliana Nuvoli
PUPPATO: UNA RAGIONE IN PI PER PARTECIPARE ALLE PRIMARIE
Cristina Severi MILANO: NUOVA PAGINA DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Lamberto Bertol IL CARCERE E LA CITT: CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO A SAN VITTORE Cristina Treu DONNE, GLI ANNUNCI, LE LACRIME DI COCCODRILLO E IL VASO DI PANDORA Paolo Pileri NON CONSUMO DI SUOLO VERSUS CASA E LAVORO? Rita Bramante A SAN VITTORE SUONA LA CAMPANELLA Pier Vito Antoniazzi A UN FIGLIO CHE COMPIE VENTANNI Eleonora Poli CI SONO COMITATI E COMITATI VIDEO LUCIA CASTELLANO: IL BELLO IN CITT E I PARCHEGGI 7 note YOUR TURN TO CRY canta Bettye LaVette Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani www.arcipelagomilano.org
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scrivevano programmini striminziti spulciando Internazionale e qualche libro di Chomsky tra un aperitivo e un collettivo. Ma qua parliamo di una classe dirigente chiamata a governare il paese; ruolo per cui inadeguata: i giovani amministratori e i mandarini vari si ritrovano in mano leredit di un secolo di grandi pensatori e la snocciolano come possono sui loro blog e twitter condensando il destino del progressismo in 140 caratteri. Risuonano i nomi di grandi pensatori quali Zingales, Abravanel, Casaleggio e tanti altri. Alla pochezza si somma poi la mancanza di sintesi politica nel Partito Democratico, causata dallo svuotamento totale dei suoi apparati (oramai simbolici e frutto delle guerre interne alle correnti). Si assiste alla transumanza di compagnie di ventura dalluna allaltra parte senza alcuna dignit (ex comunisti che si scoprono libdem, ex sostenitori dei diritti civili a oltranza che si scoprono ultra moderati, ex sostenitori dei peggiori politici della storia di questo partito che si scoprono rottamatori,
ex intellettuali organici che si scoprono disorganici ecc. ecc.). Si cambiano le regole democraticamente votate per far candidare persone che accusano gli altri di non rispettare la democrazia. Si sentono vecchie glorie della DC urlare che vada come vada il partito resta roba loro. Si assiste a uno spettacolo disarmante a cui speriamo qualcuno metta la parola fine. Io spero che Pier Luigi Bersani sia questo qualcuno. Occorre lonest intellettuale del riformista che non promette miracoli ma che sa di poter cambiare le cose. Sabato Bersani ha fatto la voce dura con i capi bastone rimettendoli al loro posto. Ha accettato la sfida del rinnovamento senza paura: per altro ha una segreteria di quarantenni e ha promosso sul territorio una classe dirigente largamente svecchiata. Ha grande esperienza di governo e ha dimostrato nei fatti la sua visione di sviluppo economico. Credo che sia lunico per levatura intellettuale e competenza a poter dare le risposte concrete e di sinistra che il paese richiedere. Lunico che con i suoi
modi non appariscenti e con la sua seriet pu portarci davvero fuori da ventanni di politici presentatori tv; di americanate in salsa spaghetti; di guru dei sondaggi e della Bocconi che fanno i filosofi; di veline che fanno le ministre e di igieniste dentali dalle belle forme. Platone diceva che la giustizia dare a ciascuno il ruolo nella societ che gli spetta in un equilibrio che quello degli organi del corpo umano: filosoficamente opinabile, ma sicuramente questo serve al Paese. Rimettere le cose a posto. Il rinnovamento, quello vero, quello delle idee e delle grandi visioni poi, cosa pi difficile e pi grande di una primaria o di un post su qualche blog da sfigati. Quello il rinnovamento che vorrei. C il congresso del PD tra un anno e l, nella sede adatta, noi, i giovani per davvero, noi che il futuro lo capiamo un po meglio di chi ha fatto ladolescenza negli anni ottanta, noi che a ventiquattro anni non facciamo i portaborse democristiani di nessuno, faremo la nostra vera battaglia. Nel frattempo, votiamo Bersani e proviamo a governare lItalia.
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scorcio di storia lo hanno potuto fare a costo di cancellare per sempre un quarto dell'intera superficie agricola della pianura lombarda, una delle pi fertili del mondo. Un lotto dopo l'altro, le campagne di Brusuglio vivono solo nelle stampe dell'epoca di Manzoni. Tranquilli, nessun lombardo patir la fame per carenza di raccolti: nel mercato globale i prodotti alimentari viaggiano lontani e, per non farci mancare nulla, potremmo anche acquistare buona terra da coltivare. Magari in Africa: cosa sar mai un po' di terra coltivata tolta agli aratri dei contadini del Sud Sudan, rispetto al supremo valore della libert immobiliare dei lombardi, alla sacralit del diritto intangibile al lotto edificabile? In un attimo di spaesamento, sovviene il racconto di tante pa-
rabole discendenti intraprese da regimi politici che, pur rivendicando nei propri atti fondativi un principio egualitario hanno finito, nello sviluppo della loro narrazione, con il legittimare le peggiori iniquit. Forse pu esserci una diversa conclusione, una soluzione che sta tutta dentro le nostre citt. Forse il tetto agognato c' gi, basta che il suo proprietario lo collochi nel mercato dell'affitto anzich tenerlo a marcire in attesa di tempi migliori. Oppure pu essere costruito, in uno dei tanti spazi sottoutilizzati delle nostre citt. Certo, non facile come tirar su quattro mura in un lotto libero, in citt bisogna rispettare un progetto, una estetica urbana. Pu anche capitare di dover demolire il vecchio per ricostruirci sopra, o ristrutturare con criterio. Talvolta tocca anche di
bonificare i terreni. Insomma, servono valenti architetti, capaci costruttori, amministratori dotati di una visione non decadente dell'evoluzione dell'organismo urbano. E serve anche un sistema di regole che agevoli l'afflusso di investimenti in uno spazio complesso qual quello cittadino, invece che favorire la fuga di capitali verso lotti fabbricabili in aperta campagna. Ma alla fine si guadagna due volte: si migliora la citt, arrestandone il declino, e si salva la campagna, che produce cibo e alimenta la vita: un valore certo non inferiore a quello della libert di fabbricare.
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www.arcipelagomilano.org perazione. Laver dedicato un intero capitolo del dibattito del Forum a questa questione , a mio avviso, di vitale importanza per la rigenerazione della cooperazione italiana. Se prima si ragionava in termini di migrazione e sviluppo la cooperazione per ridurre i flussi migratori, o detta ancora pi banalmente, aiutiamoli a casa loro durante il lavoro preparatorio al Forum si affermato il paradigma di sviluppo e migrazioni, dellimpatto delle migrazioni sullo sviluppo qui e sullo sviluppo l, grazie alla persona che migra: un ponte tra territori diversi, capace di attivare risorse e collegamenti di natura differente, e non solo agente economico. emersa dunque la necessit di promuovere politiche, locali e nazionali, che siano coerenti, trasversali e transnazionali e che sappiano andare oltre il seppur importante obiettivo, assunto a livello internazionale, della riduzione dei costi delle rimesse. Politiche capaci di mettere al centro il migrante, spesso stanco di considerarsi solo come ta lamministrazione e in dialogo con il resto delle politiche della citt (soprattutto con quelle dinclusione e integrazione), ma vi il bisogno di un partenariato su questi temi, con tutte le istituzioni coinvolte nella realizzazione di EXPO. Si pone dunque un tema di responsabilit: la responsabilit di un impegno serio, anche in termini finanziari, sulla cooperazione internazionale e sulla cooperazione decentrata. E la responsabilit di sviluppare una narrazione comune che spieghi che investire l non significa togliere qui, una narrazione che tenga insieme il miglioramento delle competenze dei migranti con il rafforzamento delle nostre strutture amministrative, o molto pi semplicemente, il miglioramento della qualit della vita nei luoghi di origine con lo sviluppo dei luoghi di accoglienza. Elementi che, come si detto al Forum, tutta la cooperazione allo sviluppo dovrebbe integrare, nel ripensare i suoi attori e i suoi obiettivi, nell'ottica di unazione realmente paritaria.
tale, partendo da un presupposto: Nulla su di noi senza di noi. Per chi considera la persona migrante solamente come un beneficiario delle azioni dintegrazione, di welfare o di cooperazione, e per chi si limita a pensare il coinvolgimento e il protagonismo unicamente come sostegno al volontariato o come la garanzia di quote colorate perdonate il cinismo ora il Forum ha fornito uno strumento in pi di comprensione. lha fornito proprio nella citt che ospiter tra meno di tre anni un evento il cui successo dipende molto dal tipo di valorizzazione e possibilit di partecipazione che si offrir al mondo internazionale che gi la abita. LUfficio Cooperazione e Solidariet Internazionale del Comune impegnato da anni su questo fronte attraverso il Programma Milano per il Co-sviluppo e le altre attivit di cooperazione decentrata. Ma perch queste azioni siano rafforzate e sostenibili, anche in vista del 2015, serve non solo pensare la cooperazione come attivit trasversale a tut-
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www.arcipelagomilano.org E i prossimi passi? Come sottocommissione lavoreremo per promuovere una maggiore regia pubblica dei molti interventi in campo, per superare la frammentazione tra assessorati e diverse istituzioni, per offrire chiari punti di riferimento a chi si occupa a diverso titolo di carcere, per promuovere politiche di prevenzione e produrre e mettere a sistema servizi al posto di continuare a proporre finte sperimentazioni, per dare concretezza al proposito di destinare parte delle commesse e appalti comunali a cooperative che danno lavoro a detenuti ed ex detenuti. Buon lavoro a me e ai miei colleghi, dunque
DONNE, GLI ANNUNCI, LE LACRIME DA COCCODRILLO E IL VASO DI PANDORA Maria Cristina Treu
Ho una certa difficolt nellaffrontare i problemi che riguardano le donne; forse perch non c molto da dire di nuovo rispetto a fatti pi volte denunciati: dalla percentuale ancora alta di donne che non lavorano, e che, nei periodi di crisi, sono le prime che perdono il lavoro, alla retribuzione del lavoro femminile inferiore a quello di pari grado maschile, alle difficolt ad arrivare a occupare posizioni apicali, fino al ricatto di ritardare la maternit in occasione della firma del contratto di assunzione. Per non parlare delle tante attivit che le donne devono comunque sostenere: dalla manutenzione della casa, alle prestazioni di supplenza dei servizi sociali che mancano, alla cura e allascolto dei figli e degli anziani, alla gestione delleconomia familiare. Seppure sia noto da tempo, va inoltre ricordato, che le donne si dimostrano sempre pi determinate negli studi anche in settori un tempo solo maschili (si vedano i rapporti tra presenze e lauree femminili e maschili nei corsi di studi delle scienze fisiche, matematiche e delle ingegnerie) e dove, oltre allimpegno, necessaria anche la capacit di integrare e di coordinare pi competenze con intelligenza, pazienza e determinazione, qualit che sono proprie delle attitudini femminili. Cos, giorni fa, parlando con un mio amico, mi stato suggerito di riprendere e di riproporre la metafora del vaso di Pandora. Quella storia, raccontata da Esiodo, del vaso regalato da Zeus con la raccomandazione di tenerlo ben chiuso, perch conteneva cose che era meglio non si diffondessero. Ma Pandora, sollecitata da Ermes, viene colta da una curiosit irresistibile e solleva il coperchio del vaso facendo cos uscire tutti i mali del mondo che, in gran fetta, si diffondano tra gli uomini e le donne. Potrebbe essere la storia di questi ultimi decenni: quella di una societ che, con una impressionante successione di denunce, rincorre la messa in mostra i comportamenti di corruzione e di appropriazione indebita di risorse pubbliche di alcuni, sottacendo quelli di quanti continuano a sostenere questo nostro paese. Ma che cosa centrano gli annunci, le lacrime da coccodrillo e il vaso di Pandora? Sono decenni che assistiamo a pronunciamenti che prefigurano grandi cambiamenti e a impegni dichiarati e non rispettati, come se lannuncio fosse sufficiente per rimettere ordine in contesti istituzionali e sociali, contradditori e differenziati come quelli di oggi. Da anni, e sopratutto in occasione delle tante scadenza elettorali, si assiste agli annunci e alle promesse di rispettare la parit di rappresentanza tra donne e uomini nel governo delle amministrazioni e nelle posizioni di responsabilit delle istituzioni pubbliche e private. Ma siamo ancora a scarse concessioni anche se annunciate come grandi novit. Si noti come il Corriere riporti la notizia del nuovo, e giovane, rettore della Bocconi che nella sua squadra di dieci vice ha nominato per la prima volta una donna. Ben venga, ma non la prima volta di una donna ai vertici accademici, gi successo in molte sedi delle regioni sia del sud che del nord: ma quando qualcuna di pi in modo di far emergere un punto di vista diverso nel difficile mondo della formazione e dellinnovazione? Il vaso di Pandora ha un secondo coperchio, quello che si pu sollevare per far uscire la speranza, la virt che, soffocata dalla prevaricazione dei mali, non era riuscita a defluire con altrettanta velocit dal vaso appena aperto. Aprire anche questo coperchio vuol dire darsi uno spazio di tempo di speranza per ricostruire la fiducia tra istituzioni e cittadini con quella forza di sostenere azioni sistematiche e di pi ampia prospettiva di cui le donne, come madri, sono le pi qualificate portatrici. Daltra parte, sono molte le donne che si trovano, e vengono lasciate, in prima fila in molte situazioni difficili: sono le donne magistrato in distretti ad alto tasso di criminalit mafiosa, le donne sindaco di molti comuni della Locride e in molti comuni delle stesse regioni del nord, le donne di molte nuove e innovative aziende nelle regioni del sud; e non ultime tutte le donne che, nelle famiglie e nella ricerca di lavoro, reggono il peso maggiore della crisi economica e si devono confrontare anche con lincremento dellaggressivit della stessa componente maschile. Per ricostruire la speranza e la fiducia non ci vogliono solo esperti specialisti n solo donne come Minerva, nata dalla doglie della mente di Zeus, n ministri che, ogni volta, ci annunciano nuove riforme della scuola, ci vuole il collante di un impegno ampio e diffuso per mantenere aperto il confronto tra le differenze e lindividuazione di percorsi virtuosi nei rapporti tra le istituzioni e le comunit locali. I presunti e immediati risparmi, promessi dagli annunci che rincorrono gli scandali e le campagne elettorali non tengono conto che le persone che lavorano onestamente, tra cui anche tanto personale della politica, sono la maggioranza. E che i rischi di interventi in un clima di continua emergenza possono avere effetti non attesi: da quelli del favoreggiamento di posizioni populistiche, di facili calunnie e di ricatti incrociati, a quello dei tagli lineari che finiscono per sacrificare proprio le persone pi deboli e che comunque non risolvono il problema dellequit di genere e tra generazioni, n quello di una ripresa economica pi attenta alla qualit dello sviluppo e alloccupazione.
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Larticolo di Marco Romano mi ha lasciato senza parole. Paralizzato. Per il tono, ma soprattutto per la leggerezza con cui sorvola su un dibattito decennale sui consumi di suolo che coinvolge decine di studiosi, per lingiustizia di usare la sofferenza, quella di chi non ha casa e lavoro, come arma per legittimare lattacco al paesaggio, al suolo; per non rendersi conto che dietro ogni metro quadrato di suolo cementificato c una filiera di speculazioni che nulla hanno a che fare con il bisogno della casa n quello del lavoro. Lidea che esce dallarticolo di Romano che il bisogno di casa e lavoro debba materializzarsi in edifici e capannoni che cementifichino aree agricole. Nessuno studioso di consumi di suolo si disinteressa alla questione casa o lavoro. Figuriamoci! Casa e lavoro sono temi ben presenti a tutti, ma semplicemente gli edifici che li contengono possono essere realizzati utilizzando quell'enormit di aree dismesse da recuperare e quelle decine di migliaia di appartamenti vuoti che abbiamo gi nelle nostre citt. Un urbanista sa bene che il problema della casa oggi non si risolve continuando a morsicare nuove aree agricole, salvo che si voglia continuare a dare retta alla pancia di un certo mercato immobiliare speculativo e dissipativo facendo crescere a dismisura la marmellata urbana e con essa i costi pubblici per mantenerla, come ci ha dimostrato ad esempio Roberto Camagni. Oppure ancora sfugge a molti che le case sono state costruite eccome. Ad esempio enormi operazioni immobiliari, come Santa Giulia e lex-Fiera a Milano, hanno prodotto appartamenti su appartamenti ma non certo per chi ne ha davvero bisogno bens per chi pu pagare prezzi salatissimi per pochi metri quadrati. Come mai di questo non ci sindigna e non curanti si va allattacco di prati e campi, che silenti non possono difendersi? Il prossimo anno cade il cinquantesimo del film di Rosi, Mani sulla citt. Un capolavoro che smascher la debolezza di unurbanistica corrotta e dissipatrice che gi allora si industriava a sostenere ad arte il bisogno di case migliori per alimentare speculazioni ovviamente ai danni degli spazi aperti. La tesi di quel film non stata smontata. Anzi. Forse quel film bisogna rivederlo insieme con quelli pi recenti (Il suolo minacciato, 40 passi, Dirt,
etc.). Se invece si preferisce la lettura, ci sono i libri di Emiliani, Borgese, Cederna, Conti, Peccei, Settis, Zanzotto, Erbani, Cianciullo, Scaramellini, Tempesta (e anche di qualche urbanista!) a raccontarci lattacco al paesaggio attraverso il consumo di suolo. E anche loro non sono contro la casa e il lavoro. Com possibile, allora, sorvolare sul fatto che il consumo di suolo che abbiamo sotto gli occhi non arrivi da una risposta al bisogno di casa o di lavoro, ma da modelli di consumo assurdi, da unidea di citt basata stoltamente sullauto, da pressioni dei mercati finanziari, dal continuo svilimento del pensiero ambientale lasciando pieno campo a quello economico (nella sua versione accumulatrice/consumista), dallirresponsabilit di una certa amministrazione locale che dal difendere il bene comune suolo si trovata a giocare il ruolo di aggressore per guadagnare per s gli oneri di urbanizzazione, dalla corruzione intellettuale ancor prima che materiale della politica locale, da molti architetti urbanisti e ingegneri che hanno avvallato acriticamente certe domande di trasformazione incantati dallidea che la crescita andava assecondata a prescindere (gi Benevolo sindign anni or sono), dalla perdita di ogni intelligenza di prendersi cura della terra perch un bene prezioso per quel che produce e non per quel che rende come merce. Non riconoscere che dobbiamo cambiare, ferisce non me ma il Paese e inganna i suoi abitanti. Taglia le gambe a quella politica che inizia a occuparsi di questi fatti ponendosi lobiettivo di limitare i consumi senza deprimere la qualit della vita. Ma c ancora una questione irrinunciabile che invece deve stare nella testa di chi si occupa di citt. Terra uguale cibo. Lo so che lurbanista non si quasi mai preoccupato della produzione del cibo. Eppure il cibo si produce attraverso la terra, il suolo. Non con il cemento. Persino i maiali capannonizzati di Romano mangiano cibo proveniente dal suolo. In Lombardia negli ultimi dieci anni il cemento ha ridotto del 10% la auto sostenibilit alimentare. Ogni giorno 12 ettari sono stati lastricati. Sono dati, non sono opinioni (vd. rapporto CRCS). E con questi dati cosa accade? Accade che il cibo viene cercato pi lontano, nelle terre degli altri, magari in Africa o in Madagascar, sottraendolo ai legittimi pretendenti per riempi-
re i nostri frigoriferi. Mi chiedo: libert quella? Non che la libert di consumare suolo agricolo dei cittadini brianzoli o fiorentini o pugliesi che si picca di difendere il Romano corrisponde alla perdita di libert e sovranit alimentare di cittadini tunisini, etiopi o sudanesi? Lidea di urbanistica e di uso del suolo che esce da quellarticolo, non mi pare sia quella di cui abbiamo bisogno oggi per stare nel futuro. Un futuro complicato e globalizzato. Peraltro se non ci si vuole convincere ascoltando me, almeno si dia retta agli atti della Commissione delle comunit europee del 2006 (COM 231 e 232) e del 2012 (COM 46), alle leggi sul contenimento del consumo di suolo volute in Germania, Olanda, Svizzera, Gran Bretagna, Austria e, finalmente anche in Italia, al disegno di legge appena presentato dal ministro Catania (e ripreso dallo stesso senatore Mario Monti) accompagnato da una relazione che da sola un programma. Costruire il futuro: difendere l'agricoltura dalla cementificazione. Per concludere mi sono fatto lidea che interventi come quello che ho letto, rischiano di stare in piedi pi per quel gusto retorico, persino fine a se stesso, di opporsi a tutti i costi per trovare uno spazio mediatico in cui stare, con il probabile esito di indurre confusione e caduta dinteresse nel lettore. Invece il consumo di suolo un problema serio: rivolgersi cos alla politica che difende gli spazi aperti pu essere interpretabile come un attacco poco sensato a chi mostra di avere a cuore un pezzo importante del futuro dei cittadini e la sicurezza alimentare del Paese. E non possiamo proprio permettercelo. Ben venga quindi lidea del Referendum sul suolo lanciato da Civati. Ben vengano i politici che vogliono occuparsene. Certo, mi rendo conto che si tratta di temi nuovi per la politica, ma non per questo non importanti anche se non li trovavamo nelle agende di quei socialisti che abbiamo conosciuto in questo Paese e che, personalmente, non rimpiango: non mi hanno lasciato un paesaggio migliore n una cultura del paesaggio migliore. Solo meno suolo e pi cemento. Solo pi auto e meno bici. *Docente di pianificazione territoriale e ambientale, Politecnico di Milano
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www.arcipelagomilano.org chiara, la destra un padre severo, la sinistra un padre premuroso. Il padre severo convinto che tu debba riuscire da solo ad affrontare le difficolt, che un po di violenza e qualche dura prova ti saranno da palestra per affrontare la giungla della vita. Il padre premuroso ti sta a fianco, cerca di capire le tue difficolt, cerca di aiutarti. Certo ci deve essere comunque "amore responsabile" ovvero si devono dire dei no e dei si ... . La verit non sta da una parte sola e non un sasso dalle forme ben definite che puoi tenere in mano. Alla verit arrivi con un percorso, con una ricetta che ha bisogno di tanti ingredienti. Diceva il monaco vietnamita Thichnhat-hanh parlando a bambini (cito a memoria): "Cosa serve per cuocere una patata? Ci vuole la patata, poi la pentola, poi l'acqua, poi il fuoco. Ma se voi accendete un fuoco e poi lo spegnete, l'accendete e poi lo spegnete, ecc. ... la patata non cuocer mai. La costanza, la durata del fuoco, della passione, sar quella alla fine determinante". Ecco ci vuole passione, bisogna crederci per fare un percorso. Mentre scrivo mi rendo conto che le immagini di chi "ufficialmente" fa politica nelle istituzioni pi grandi quanto di pi lontano ci sia oggi dalla credibilit, dalla coerenza con un'idea di bene comune. Allora, Efrem, se tu vuoi dire che quelli che oggi vengono chiamati "politici" perch hanno incarichi, anche ben retribuiti, per occuparsi della cosa pubblica, sia "di destra" sia "di sinistra" hanno fallito, non ispirano fiducia, si parlano e si accordano solo fra loro, io non posso che darti ragione. Ma se tu fuggi dalla politica e dalla responsabilit, se non "accendi il fuoco", se non provi a cambiare insieme con altri giovani saranno sempre i soliti pochi (magari con la maggioranza che si astiene) a governare le cose. Cambia la societ e quando l'avrai cambiata, cambia la societ cambiata. Non innamorarti solo dell'abbattimento dello stato di cose presenti ma anche della costruzione di un mondo nuovo. Sappi che tutto questo non si fa da soli. Ogni tanto ci sar un leader pi rappresentativo che esprimer la tendenza in cui credi, ma l'importante camminare assieme. Cosi crescerai e darai frutti (e dai frutti si riconoscer la bont dell'albero). Buoni ventanni Efrem!
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www.arcipelagomilano.org Chi sta da una parte e chi sta dallaltra, quindi: solito gioco di ruoli. Dopo unassemblea come questa la sensazione che il modello di democrazia partecipativa sul quale si fondata la campagna elettorale arancione sia ancora lontanissimo; e forse la responsabilit non solo del Sindaco e degli assessori. Spesso chi vive i disagi di un quartiere non sa o non interessato a sapere che al punto cardinale opposto (o invece a solo poche centinaia di metri) si affrontano emergenze analoghe. In tempi e luoghi diversi, pi individui e pi collettivit, ignorandolo reciprocamente, si confrontano con le stesse realt. Ciascuno teme un po, in fondo, di perdere la propria legittimit e ragion dessere. Un esempio? Nella sola via Padova si contano 70 associazioni e comitati. Tanti, troppi? Nellintera zona 2, della quale via Padova fa parte, questo numero si moltiplica esponenzialmente. Certo un segnale di ricchezza, sociale e culturale, per si nota anche tanta dispersione di energie. Alla base sta linestinguibile tendenza a considerare il giardino sotto casa il centro del mondo, o almeno il centro di Milano. Ci si dimentica che in molti casi non utile risolvere una situazione contingente se non si va a fondo, ricercandone lorigine e la rete di cause. Se il tema il consumo di suolo non basta opporsi alla costruzione del grattacielo a pochissimi metri da casa mia, che toglier luce alla mia finestra. Questo a volte (anche se non sempre) il limite dei comitati di scopo. Un limite che i ComitatixMilano hanno invece tutte le caratteristiche e lampiezza di respiro per superare. Molte delle persone che ci lavorano o ci hanno lavorato con entusiasmo e passione da un po di tempo si rivolgono lun laltro questa preoccupata domanda: come possiamo inserirci, ora, nel tanto affollato universo associativo milanese, quale valore aggiunto portiamo?. Se non hanno titolo per essere un tramite con il Sindaco e la Giunta, se chi opera nei quartieri li conosce (o riconosce) solo fino a un certo punto e non li considera comunque un interlocutore . La potenzialit enorme, ma non trova la strada per esprimersi a pieno: eppure i ComitatixMilano sono la vera novit nel panorama politico metropolitano degli ultimi anni, una forza fresca, dinamica, aperta a tutti, un contenitore di idee e di competenze dal quale si entra e si esce liberamente. Rappresentano una volont di cambiare Milano in grado di superare i confini ristretti per entrare in sintonia con la citt nel suo complesso e con chi la abita. Ampliare lorizzonte, pensare in grande, costruire una visione dinsieme pu aiutare a valutare anche un problema piccolo e prossimo con strumenti pi efficaci. Il rischio, reale, per quello di non riuscire a trovare (pi) unadeguata collocazione e il canale giusto per essere incisivi. Quella da affrontare, senza rimandi, una difficolt sostanziale in mezzo al percorso: in che modo allargarsi, evitare lautoreferenzialit, proporre / riproporre la democrazia partecipativa a tutti coloro che, dopo avere votato Pisapia, sono tornati alla loro vita e alla loro professione. Come possono i ComitatixMilano essere una risorsa stimolante che invogli a dedicare tempo ed energie al bene comune? Il lavoro incomincia ora. Presto ci sar, come lo scorso anno, lappuntamento della Duegiorni dei ComitatixMilano: varrebbe la pena di mettere questo tema al primo posto nel programma.
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Ho letto con piacere ed emozione lo scritto di Guido Artom. Cattolica praticante, grande amica dellADEIWizo che fa parte come me del
CNDI, Consiglio nazionale Donne Italiane, ho avuto il piacere nel 2006 di partecipare a Gerusalemme al conferimento del dottorato H.C. al
Cardinale. Niente di quanto scrive Artom mi era nuovo, ma che fosse tutto ricordato cos bene mi fa dire a Guido Artom un grande grazie.
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www.arcipelagomilano.org hanno accettato la sfida e hanno vinto. Bignamini lo conoscevamo gi mentre di DEspinosa, totalmente nuovo allo scenario cittadino, nessuno sapeva nulla se non di una biografia particolarmente interessante: siciliano e non figlio darte, a ventitre anni era gi a Dresda dove, lavorando nelle file dellorchestra, ha scritto un Concerto per violino e orchestra darchi e lo ha eseguito con grande successo accompagnato dalla stessa Staatskapelle. Il suo secondo concerto alla Verdi, ascoltato la settimana scorsa, era composto da Printemps di Claude Debussy (unico pezzo scelto dal direttore in sostituzione del Poema dellestasi di Scriabin), La Valse di Maurice Ravel, e Le Sacre du printemps di Igor Stravinskij. Un programma difficile e ambizioso nel quale vengono accostati tre pezzi che, pur nati nella stessa epoca e nello stesso milieu parigino, traggono origine da tendenze musicali assai diverse per non dire fra loro contrapposte. Il Printemps unopera molto poco debussyana, oserei dire quasi mahleriana (i due erano coetanei ma hanno vissuto in ambienti totalmente diversi), cos come La Valse poco raveliana e risente molto dellinfluenza del grande coreografo Diaghilev (a sua volta amico e ispiratore di Stravinskij) per il quale Ravel laveva scritta; dunque un grande intreccio di stili e di ispirazioni nel quale non era facile districarsi. DEspinosa ha diretto i primi due pezzi a memoria, dimostrando grande sicurezza e capacit interpretativa, mentre sembrato in difficolt (ma chi non lo sarebbe stato in quella circostanza?) con la Sagra stravinskiana della quale anche solo la scansione ritmica di tale complessit che per dominarla occorrerebbe conoscerla molto a fondo. Una musica che se non eseguita alla perfezione rischia anche di diventare noiosa. Gaetano dEspinosa diriger, nella prossima stagione scaligera, anche due fondamentali titoli verdiani - il Macbeth e il Don Carlos - per cui in questa sua prima tornata milanese sar salito sul podio per ben quattro concerti e due opere liriche. Uno sbarco in citt di tutto rispetto che il nostro maggior quotidiano ha ritenuto di dover annunciare con grande autorevolezza e che noi, nel nostro piccolo, seguiremo con analoga attenzione. Da non perdere Marted 23 ottobre, al Conservatorio, lOrchestra dellAccademia della Scala diretta da Yuri Temirkanov eseguir due bellissime opere: la Suite dal Balletto Lo Schiaccianoci di Piotr Cajkowskij e i Quadri di unesposizione di Modest Musorgskij nella versione per orchestra di Maurice Ravel. Societ del Quartetto, via Durini 24, telefono 02.795393, e-mail info@quartettomilano.it
ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Gli omini equilibristi di de Braud
Alberto de Braud ritorna al Museo Diocesano. Dopo aver fatto volteggiare nel chiostro lopera Unexpected, due enormi mele sospese nellaria, estate 2008, de Braud ritorna al Museo per presentare, e forse terminare, un tema che lo ossessiona da anni. Fine del gioco infatti il titolo della personale dellartista, in cui quaranta opere, per lo pi sculture, mostrano e ci fanno vivere due decenni costellati di piccoli omini. S perch sono proprio degli omini, piccoli, a volte paffuti, a volte piatti e stilizzati, i protagonisti dellopera artistica di de Braud, che li declina in ogni variazione. Linee, piramidi, grappoli, accumuli precari, totem, che fanno di questi omini i protagonisti assoluti della mostra. Ci si accorge subito di quali sono i temi affrontati da de Braud in queste opere: la ripetizione, laccumulazione, lincertezza e la ripetizione delle forme, il modulo, che ritorna costantemente. Lequilibrio precario di questi omini, veri e propri equilibristi che si sfidano lun laltro a raggiungere la cima di una metaforica piramide, che si accalcano in code che sembrano protrarsi allinfinito, mentre altri ancora lottano per cercare di non precipitare nel vuoto sottostante, metafora delluomo moderno. Stretto, spintonato, fragile come non mai e schiacciato dalla societ e dai suoi simili, preso da mille impegni e da obbiettivi sempre pi ambiziosi, che siano di vita o di carriera. Questa sensazione di soffocamento nulla porter di buono, lo spazio sulla Terra, cos come le risorse, non sono inesauribili, ci sembra suggerire de Braud, che nella sua opera sembra voler far riflettere, o almeno far suggestionare, su temi come il futuro prossimo e la globalizzazione, con tutti i problemi economici e ambientali che questa comporta. Perch intitolare tutto questo Fine del gioco? Perch questa mostra dovrebbe liberare lartista dalla sua ossessione per lomino-feticcio, portare a conclusione largomento uomo e riuscire quindi a sviluppare altri temi di ricerca, che gi aveva portato avanti egli anni. Non detto per che questa ne sia davvero la conclusione. Luomo, daltra parte, rimane centrale nellarte come nella filosofia, ed motore e fine di (quasi) ogni cosa. Alberto de Braud Fine del gioco Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese, 3 ottobre 11 novembre 2012, Orari: dal marted alla domenica, 10-18, luned chiuso. Ingresso: intero: 8 Euro; ridotto 5 Euro
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www.arcipelagomilano.org prima Roma e poi Milano, ma che ha avuto nei suoi sviluppi meneghini una risonanza e unimportanza non paragonabile a quella romana. Voluta fortemente dal senatore Eugenio Reale, la mostra romana si presentava ricca s di opere, ma parzialmente oscurata per motivi politici. Ad esempio non compariva il Massacro in Corea (presente oggi in mostra). Ledizione milanese, organizzata dallinstancabile Fernanda Wittgens e dai suoi collaboratori, fu invece ancora pi ricca di opere, scelte dallo stesso Picasso, con addirittura larrivo, a mostra gi iniziata, di Guernica, celeberrimo dipinto del 1937, e manifesto contro la guerra franchista. Dipinto che per la sua importanza fu sistemato, su richiesta di Picasso, nella sala delle Cariatidi, che per contratto non doveva essere restaurata dopo le devastazioni della guerra, proprio per creare un connubio e un monito fortissimo a memoria degli orrori e delle devastazioni belliche. Proprio da questa stessa sala prende avvio oggi la mostra Picasso. Capolavori dal Museo nazionale di Parigi, che racconta in un percorso cronologico e tematico la vita e le opere dellartista. Insieme alle fotografie che ci mostrano attimi di vita, amori, amici e ateliers dellartista spagnolo, in mostra dipinti, sculture e opere grafiche create durante la sua lunghissima vita. La mostra, curata da Anne Baldassari, presidente del museo parigino, illustra le varie fasi e gli stili che Picasso us, spesso in contemporanea, durante la sua carriera. Si inizia con lapparente classicismo e malinconia dei periodi blu e rosa, di cui sono memorabili opere come La morte di Casagemas, dipinto dedicato allamico morto suicida, la misteriosa Celestina e I due fratelli. Ma gi dal 1906 si intuisce linfluenza che larte primitiva, africana e iberica, avranno su Picasso. Sono questi gli anni che vedono la nascita dei tanti disegni preparatori per il capolavoro assoluto, Les Demoiselles dAvignon, 1907 (conservate al MoMA di New York). Lautoritratto nudo, gli studi di donna, sono tutti dipinti in cui il Cubismo inizia a prender forma, semplificando e rendendo impersonali volti e sessi. Ma la rivoluzione vera arriva intorno al 1912, quando Braque e Picasso inventano i collage, e la forza dirompente delle loro sperimentazioni porta alla nascita del Cubismo, analitico e poi sintetico, in cui la figura viene prima scomposta, resa irriconoscibile, come nel Suonatore di chitarra e Il suonatore di mandolino, per poi tornare a inserire elementi di realt, come lettere, numeri, scritte o veri e propri elementi oggettuali. Ma Picasso non solo Cubismo. Negli anni 20 segue, a suo modo, il Ritorno allordine dellarte, con le sue Bagnanti e le sue donne enormi, deformate, possenti e monumentali, omaggi agli amici impressionisti come Renoir. Sono gli anni in cui conosce anche Breton e i Surrealisti, e in cui crea figure disumane e contorte, mostri onirici che ci mostrano le pulsioni sessuali e le ossessioni del pittore. La guerra per, sconvolge tutto. Oppositore della dittatura franchista, Picasso non pu far altro che denunciare gli orrori e la violenza della guerra con sculture e dipinti dai toni lividi, come Guernica, o nature morte popolate di crani di tori, capre e candele dalla fiamma scura. Non mancano i ritratti dei figli e delle donne amate: Fernande, Dora Maar, Marie Therese, Francoise, Jacqueline e la bellissima Olga in poltrona, dipinto che Picasso conserver fino alla propria morte, appeso sopra il letto. Ritratti ma anche autoritratti dellartista, dipintosi davanti al cavalletto, o con una modella nello studio, tema prediletto per dipingere la Pittura, il vero amore della sua vita. Picasso dipinse fino a poco prima di morire. Degli ultimi anni sono i dipinti che riprendono i maestri a lui pi cari, Matisse, Velazquez, Delacroix, ma anche un lucido autoritratto in cui lartista si rappresenta sempre pittore ma con un volto che sembra gi un cranio dalle orbite vuote (Il giovane pittore, 1972). Morir lanno seguente. Una mostra completa, che prende origine dallincredibile collezione del Museo Picasso di Parigi, forte di pi di 5.000 opere, donate in vari nuclei da Picasso stesso e in seguito, direttamente dagli eredi. Ieri come oggi le opere di Picasso potranno ancora insegnarci qualcosa, monito e delizia dei tempi moderni.
Picasso. capolavori dal Museo Picasso di Parigi Palazzo Reale, fino al 6 gennaio 2013, orari: luned, marted e mercoled: 8.30-19.30 gioved, venerd, sabato e domenica: 9.30-23.30; biglietti: 9,00 intero, 7,50 ridotto
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www.arcipelagomilano.org Lo scenario fantascientifico, con richiami ai film del compatriota Fritz Lang, in cui incendi, disastri e caos sono disseminati nelle grandi metropoli americane, e davanti alle quali le affascinanti protagoniste di Lindbergh restano sconvolte e confuse, alcune catatoniche, ma sempre armate di rossetto rosso, in questo improbabile Armageddon. Gli elementi per creare suspance ci sono tutti: pericoli e minacce ambientati nei deserti californiani, alieni che rapiscono lattore Fred Ward e la sua compagna, ma anche spiragli di set hollywoodiani non troppo nascosti allobiettivo della macchina fotografica. Immagini che sembrano davvero fotogrammi di un film, in un continuum sempre pi indissolubile tra queste due arti predilette da Lindbergh. Peter Lindbergh. Known and "The Unknown" - Galleria Carla Sozzani. Fino al 4 novembre Orari: Luned ore 15.30 - 19.30 Marted, mercoled, gioved, venerd, sabato ore 10.30- 23 Domenica ore 10.30 19.30 Ingresso libero
LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Manifesto capitalista Una rivoluzione liberale contro un'economia corrotta
Luigi Zingales Rizzoli, settembre 2012 pp. 410, euro 18
Una delle prime vittime della crisi economica che stiamo attraversando la fiducia: chi aveva creduto che libert e uguaglianza fossero raggiungibili attraverso il libero gioco del mercato si trovato amaramente deluso.. Con queste parole di esordio Luigi Zingales, che vive a Chicago, dove insegna impresa e finanza alla Booth School of Business dell'Universit locale, avvia la sua impietosa disanima delle degenerazioni del capitalismo, finanziario e non, che affliggono tutte le societ avanzate, cominciando dagli Stati Uniti e concludendo, in pagine limpide e amare, con il caso italiano. Le immagini incalzanti che l'economista padovano riserva alle gravissime conseguenze distorsive derivanti dal lobbismo inarrestabile, dalla corruzione pervasiva, dalla autoreferenzialit incompetente, in una
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parola dal capitalismo collusivo e clientelare, spesso vincente a Wall Street (e a Washington), sono esemplari. Accanto alla diagnosi impietosa, Zingales delinea con cura anche le alternative in campo e le conseguenti terapie: meritocrazia contro privilegi ereditati o corporativi; responsabilit contro discrezionalit e arbitrio; libert contro potere; mercato aperto contro capitale che soffoca la concorrenza e riduce esperti e opinionisti a semplici ingranaggi della fabbrica del consenso. Non meno corrosivo, come si diceva, il capitolo dedicato all'Italia, il cui titolo, in un icastico esorcismo, Peggiocrazia. La peggiocrazia frutto della mancanza nel nostro paese della cultura del merito, che, a sua volta frutto dell'assenza a ogni livello e area, della cultura della legalit. Se io politico (capo di partito o di governo) - osserva Zingales - voglio ottenere dei benefici o favori che non mi competono, nominer non
un candidato competente ma uno a me fedele. Se io imprenditore voglio assicurarmi che le mie tangenti, i miei illeciti fiscali, i miei intrecci con il potere politico non vengano rivelati, non mi scelgo i manager migliori, ma quelli pi fidati, e non c' persona pi fedele del buono a nulla, di chi non ha alternative. Se l'Italia non cresce, se a rischio default, perch stata fin qui governata dai peggiori. Non dai mediocri, dai peggiori. Il clientelismo politico e l'economia sommersa, hanno trasformato il nostro paese in una peggiocrazia. La bassa moralit economica anche fonte inesauribile di sfiducia interpersonale e collettiva, che la causa ultima del mancato sviluppo nell'ultimo decennio. Non un caso che nei paesi in cui c' maggior fiducia nell'onest dei propri concittadini, le imprese sono pi grandi (dati del American Economic Review del maggio 1997). Il motivo che il proprietario delega i suoi poteri solo quando si fida del dipendente e
l'impossibilit di delegare costringe le imprese a rimanere piccole e famigliari. Ed per questo che nel nostro sistema economico il controllo vale (in Borsa e altrove) molto pi che nella media degli altri e che esso viene detenuto e difeso dalle famiglie attraverso complesse piramidi societarie, spesso usate oltretutto a fini di elusione fiscale. Con pragmatismo e passione Zingales propone anche per il caso italiano una serie nutrita di misure. Da quelle in materia di istruzione superiore e universitaria a quelle opportune per sciogliere gli inestricabili intrecci societari. Dalla riforma elettorale (eliminando l'attuale sistema autenticamente peggiocratico) a quella delle partecipazioni pubbliche statali o locali. In breve, un vero ciclone riformista, che risparmia pochi e che, c' da augurarsi, faccia meditare molti. (E che ha creato, non a caso, reazioni urticante in tanti osservatori e commentatori nostrani). (Paolo Bonaccorsi)
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www.arcipelagomilano.org avere le idee pi chiare su cosa si sta raccontando sarebbe stato meglio. Teatro Franco Parenti dal 3 al 7 ottobre In scena Al Piccolo Teatro Studio dal 2 al 14 ottobre In cerca dautore, studio sui sei personaggi di Luigi Pirandello, regia Luca Ronconi.
qualche secondo a ballare insieme agli attori. Il risultato complessivo delloperazione pu considerarsi positivo, perch d la possibilit di vedere allopera performer provenienti da svariate parti del mondo che, partendo da culture, linguaggi e studi artistici differenti, dimostrano una grandissima voglia di intraprendere insieme un percorso, di mostrare se stessi e di dar vita a qualcosa di bello unendo le proprie forze. Certo,
Al Teatro Filodrammatici dal 9 al 28 ottobre Push-up di Roland Schimmelpfenning, regia di Bruno Fornasari. Al Teatro Elfo Puccini dal 10 al 28 ottobre Rosso di John Logan, regia di Francesco Frongia. Al Teatro Oscar dal 10 al 14 ottobre al Il tiglio, di Tommaso Urselli, regia di Massimiliano Speziani.
Elles
di Malgoska Szumowska [Sponsoring, Francia, Polonia, Germania, 2011, 96] con Juliette Binoche, Anas Demoustier, Joanna Kulig, Louis-Do de Lencquesaing
Anna (Juliette Binoche) una giornalista di mezza et che vive gli agi di una comune condizione borghese e le sofferenze di un figlio ribelle e un marito distaccato e assente. Un articolo sulla prostituzione giovanile la avvicina a un mondo fino a quel momento a lei sconosciuto. come fumare, difficile smettere sostiene una delle due ragazze intervistate. In realt qualcosa di molto pi complesso del fumo. Lossessione della miseria che pervade Alicja (Anas Demoustier) e Charlotte (Joanna Kulig), pi forte del desiderio di riappropriarsi del loro corpo. Queste giovani donne sono scappate dallodore dei fast food e dalle faticose ore da baby sitter attirate da qualcosa che non ti impegna troppo tempo. Il rapporto con il tempo e la fatica, appunto, fondamentale per comprendere lantitesi con la giornalista; Anna si servita di queste per basi per raggiungere le proprie conquiste sociali. Attraverso gli occhi e la curiosit della donna, radicalmente ancorata alle sue abitudini e sicurezze, Malgoska Szumowska ci mostra come una combinazione di giovent e malizia riesca a spogliare la borghesia maschile di ogni velo, rivelandone la veste pi sincera ma triviale. I racconti delle due ragazze sono spregiudicati e carichi di perversione. Diventano alloccorrenza psicologhe, amiche, amanti per soddisfare le richieste di uomini annoiati e depressi, alla disperata ricerca di una trasgressione che li allontani, anche solo per qualche istante, dalle consuetudini del focolare domestico. Il loro distacco quasi inumano, la loro innata capacit di comando e dominazione delluniverso maschile affascina Anna al punto da sedurla, lei cos inadatta a esercitare il controllo sui propri uomini di casa. Lantitesi tra questi due mondi, apparentemente inavvicinabili, e lintensa attrazione tra loro sono lanima di Elles. La regista ha voluto
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www.arcipelagomilano.org denunciare una piaga spesso trascurata ma dilagante, ci riuscita grazie alla potenza espressiva di Juliette Binoche ma con una forse eccessiva generalizzazione demonizzazione di tutto il genere maschile. Marco Santarpia
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