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numero 20 anno IV - 30 maggio 2012

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L.B.G. EXPO: LAPPALTO PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO Fabio Pizzul POTERE E POLITICA, IL CASO LOMBARDO: I CATTOLICI Riccardo De Benedetti POTERE PER IL POTERE: SE NON CI FOSSE CL ... Mauro Mercatanti NASCE MILANIFICIO: DAL SOCIAL BLA AL SOCIAL DO? Isabella Steffan LINCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE: INDICAZIONI PER EXPO Gianni Beltrame LETTERA APERTA AGLI SCOPERCHIATORI FACILI DEI NAVIGLI /1 Guido Martinotti QUANDO NON SI SA COSA DIRE COLPA DEGLI AVI Beatrice Rangoni Machiavelli FORMIGONI: PER NON DIEMNTICARE Gianni Zenoni MILANO: UN TERRITORIO A SOVRANIT LIMITATA Raffaello Morelli EQUITALIA: ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO Cristina Mordiglia DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA, SI PUO Pietro Cafiero PGT: UN COMMENTO A CALDO VIDEO LUCIA DE CESARIS: PGT, NUOVA CITT, VUOTI E UN BIGINO LA PARTECIPAZIONE CHE VORREI: LESPERIENZA DI RAVENNA COLONNA SONORA Cowboys Junkies BLUE MOON RIVISITED Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia www.arcipelagomilano.org

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EXPO: LAPPALTO PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO Luca Beltrami Gadola


Ci potevamo scommettere. Il primo appalto dellera Expo 2015 gi finito sotto i riflettori della magistratura: turbativa dasta. Le cronache dei giornali sono state avare: pare che il tutto sia cominciato con una fuga di notizie. La sola fuga di notizie che si possa immaginare che, trattandosi di gara al massimo ribasso, limpresa vincitrice abbia consegnato per ultima la sua offerta e che qualcuno lavesse informata delle offerte altrui giunte prima. Quanto allesistenza di un cartello questo accade spesso quando lente committente bandisce gare di appalto per importi rilevantissimi aperti dunque solo a pochi e non suddivide lappalto, nel caso in oggetto cosa fattibilissima, in modo da avere una platea vasta di offerenti, fatto che di per s rende pi difficile la formazione di un cartello. Laltra cosa che ha destato stupore che il ribasso offerto - il 42,83% fosse eccezionalmente alto ma questo non si pu dire se non si conoscono i prezzi a base dasta: lo sconto un po come le liquidazioni nei negozi dove gli sconti si sprecano perch comunque nessuno pu controllare il prezzo originario. Laccenno fatto dalla stampa su livello della cosiddetta anomalia un meccanismo perverso previsto dalla legge che non tutela affatto dagli eccessi di ribasso e comunque questo vistoso sconto lascerebbe supporre un altro dei vizietti tipico degli appalti: lincompletezza dellelenco prezzi o del progetto rispetto alle opere realmente da realizzarsi che apre la via, talvolta unautostrada, a nuovi prezzi o a varianti o a riserve di contabilit (la richiesta di maggiori compensi da parte dellimpresa chiamata a eseguire opere non previste o con difficolt imprevedibili o in quantit diverse da quelle indicate nel bando). Anche su questaspetto forse c materia per la magistratura. Di passaggio osserviamo che le altre imprese offerenti dichiaravano uno sconto che si avvicinava a quello dellimpresa aggiudicataria per circa 2 punti percentuali, differenza irrisoria ma anchessa foriera di dubbi e sospetti. Anche questo curioso fatto meriterebbe unanalisi a s. Non solo il Comune di Milano ma anche altri enti al momento dellapertura delle offerte si trovano di fronte allo realt di molte decine di offerte che si differenziano per pochissimo, tanto che le imprese ormai precisano il loro sconto arrivando alla terza cifra decimale dopo la virgola e il vincitore si porta a casa lappalto rispetto al secondo arrivato (ma anche alla massa dei partecipanti) per poche centinaia di euro. Questo ci dice una cosa sola: le imprese si guardano bene dal valutare i veri costi dellappalto ma si limitano a offrire un prezzo che statisticamente si avvicini di pi al prezzo medio al quale sono stati assegnati gli appalti recenti da quel medesimo ente. Il tutto alla faccia della seriet. Eppure . . Eppure proprio di fronte a fenomeni di questo tipo nel 1994 vide la luce la Legge quadro in materia di lavori pubblici, la Legge Merloni , dal nome del suo proponente Francesco Merloni, Ministro dei Lavori pubblici nel Governo Ciampi. Dal 1994 in poi si susseguirono le modifiche, gli aggiustamenti, le integrazioni e altre leggi ancora su questa materia, anche per recepire norme a livello europeo, soprattutto mirate a garantire la concorrenza di imprese straniere che desiderassero operare nel Belpaese. Tutta fatica sprecata. A questo aggiungiamo le infiltrazioni della malavita organizzata che trova terreno fertile nei pubblici appalti. E allora? Allora, per cortesia, nessuno venga a dirci che non ci siano nella vastissima cassetta degli attrezzi che la legislazione in materia di opere pubbliche e appalti ci mette a disposizione proprio quelli che servirebbero per provvedere alla bisogna. Se non lo si fa che non lo si vuole fare, o per continuare a favorire gli amici o perch si deboli di fronte ad una certa burocrazia intenta solo a scansare fatiche e responsabilit. Che poi il legislatore si sia dedicato a dettare norme sulle procedure dappalto fino al momento dellaggiudicazione, e di l in avanti lasci nebbia e opacit questo vero ma proprio perch mancano norme di legge specifiche il buco pu essere riempito con un po dimpegno e fantasia ma anche da regolamenti locali, senza correre rischi di conflitto legislativo. Come suol dirsi: a buon intenditor poche parole.

POTERE E POLITICA, ILCASO LOMBARDO: I CATTOLICI Fabio Pizzul


Le recenti vicende politiche lombarde hanno portato sempre pi spesso a usare la definizione sistema di potere per descrivere le modalit con cui Roberto Formigoni gestisce ormai da diciassette anni il governo della Lombardia. Selezione progressiva della classe dirigente, spoil system, nocciolo duro di fedelissimi che paiono avere pi di altri accesso ai posti che contano e che sono in grado di influenzare leconomia e le dinamiche sociali lombarde possono in effetti apparire come indicatori di scelte politiche che hanno a che fare con una modalit di gestione della pubblica amministrazione che garantisce il funzionamento dellapparato affidandolo a uno scelto nucleo di fedelissimi. Al necessario rispetto delle regole da parte di chi amministra si aggiunge, allora, la fedelt al gruppo di appartenenza e alle idee del leader, elementi che garantiscono dedizione assoluta e assenza di troppe discussioni. Il potere una declinazione particolare dellautorit ed una delle forme fondamentali, ma non lunica, di regolazione dei rapporti sociali che prevedono laffidamento ad altri della sfera dellautorit. Giova allora ricordare che, nelle societ moderne, ci che fonda il potere il consenso che garantisce che il potere sia, come affermava Abramo Lincoln, esercitato dal popolo, con il popolo, per il popolo. Diventa cos fondamentale la riflessione riguardo gli obiettivi del potere e i destinatari reali dei provvedimenti che manifestano la sua gestione. Proprio su questo aspetto si concentrano molte delle critiche che piovono in queste settimane su Formigoni e, indirettamente, su Comunione e Liberazione.

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Il potere legittimamente esercitato in nome di un mandato popolare deve avere come stella polare il bene dellintera collettivit, rifuggendo da qualsiasi tentazione di blandire o favorire gruppi o categorie particolari che si ritengano particolarmente affini alla propria visione sociale o ideologica. Detto altrimenti, non possibile far coincidere il bene di tutti con la concezione identitaria di un piccolo gruppo, pur animato dalle migliori intenzioni. La bont di unazione politico amministrativa si misura dai suoi effetti positivi sullintera collettivit, anche in ordine ai possibili vantaggi legati ai diversi provvedimenti amministrativi. Il peso e la forza del potere saranno tanto meno rilevanti quanto pi la coscienza morale dei cittadini far loro ritrovare alle radici della persona le ragioni ultime di comportamento che il potere riesce a garantire soltanto attraverso limperio della legge. Una legge che, se vista unicamente come ostacolo alla propria autoaffermazione, finir per essere facilmente aggirata o considerata una scocciatura. Si pu uscire da questo abbraccio potenzialmente letale tra politica e potere?

Credo di s, tentando di coniugare il binomio potere-servizio che per i cattolici affonda le sue radici nel dettato evangelico. Deve allora far riflettere quanto afferma Vito Mancuso nel suo ultimo libro, Obbedienza e libert (ed. Fazi, 2012): Fino a quando i cattolici italiani vorranno preservare la loro identit di cattolici senza pensarsi al servizio della societ italiana, verranno meno al loro compito (pg. 142). O ancora, come dice il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa al n. 410, autorit responsabile significa autorit esercitata mediante il ricorso alle virt che favoriscono la pratica del potere con spirito di servizio; unautorit esercitata da persone in grado di assumere autenticamente come finalit del proprio operare il bene comune e non il prestigio o lacquisizione di vantaggi personali. Parole ruvide che richiamano per allessenza del servizio alla politica per il credente e, pi in generale, per chiunque si ponga nellottica di essere titolare di unautorit delegata da altri ed esercitata in nome del popolo, ovvero di tutti i cittadini. Lantidoto alla mala gestione del potere (e per converso degli affari) mi pare possa essere una rinnovata

partecipazione e un nuovo interesse per la politica e la gestione della cosa pubblica. Esattamente il contrario di quello a cui stiamo assistendo con i rigurgiti dellantipolitica e la massiccia disaffezione al voto. E per chi gestisce il potere, e vuole farlo indisturbato e protetto dai suoi fedeli, questa finisce per essere una condizione ideale, al punto che talvolta viene il sospetto che la volont riformatrice di partiti e istituzioni si fermi a livello di buone intenzioni e non approdi a nulla di concreto proprio in vista del mantenimento di questa situazione. Per tornare al sistema di potere lombardo, la recente lettera del leader di Comunione e Liberazione don Carron pubblicata da Repubblica mi pare possa essere letta come un esplicito invito a rifuggire da qualsiasi tentazione di cortocircuito identitario tra potere e politica. Ma altri segnali ci dicono che la strada ancora lunga e non certo in discesa. Il dibattito e la riflessione devono continuare.

POTERE PER IL POTERE: SE NON CI FOSSE CL.. Riccardo De Benedetti


Giunge opportuno il discorso di Cominelli per la vicenda di CL. Non si governa per cos tanti anni in virt di una casualit meramente clientelare. La presa che CL ha avuto sul potere ha un significato che va oltre la caduta dei santi. Su questo si dovrebbe riflettere, superando la felicit liberatoria nel quale ci si crogiola. Cosa davvero oggi un sistema di potere? Non ci sono aggregazioni politiche o pre-politiche prive di aspirazioni al potere, fosse pure quello di impedire un male, un sopruso o sanare una ingiustizia. Questa la costrizione necessaria entro la quale si muove ogni iniziativa politica o di "presenza", fosse la pi rivoluzionaria e radicale. Sono soprattutto queste ultime, le rivoluzioni e i radicalismi, anche evangelici (o soprattutto evangelici?) a dimenticarsi troppo facilmente di questa dimensione ineliminabile dell'agire umano. Non vale la pena neppure chiamare in causa Carl Schmitt. Dal 68 in poi l'illusione che ci fossero delle fuoriuscite a buon mercato da questa costrizione, ad alimentare il sospetto e la caccia moralistica a tutto ci che poteva considerarsi come sistema di potere; ovviamente degenerato, senza ammettere che in questa prospettiva ogni sistema di potere tale per definizione. Nel nostro paese l'incapacit a fare i conti con le richieste di efficienza che i sistemi complessi richiedono ha consentito il confondersi del moralismo con la ricerca di funzionalit politico-amministrativa. Se CL doveva garantire la presenza questa non poteva che manifestarsi nei termini dell'esercizio di un potere robusto e pervasivo. CL non doveva farlo? L'avrebbe fatto qualcun'altro al posto suo. E questo vale per qualsiasi altro soggetto. In questo senso non c' un sistema di potere di CL, c' il potere al quale tutti aspirano formulando negazioni e praticando esorcismi inefficaci. I pi esposti, non al fascino del potere, ch se non lo avessero preliminarmente subito non si sarebbero neppure presentati sulla scena della competizione, ma alla sua trasformazione in sistema, sono proprio coloro che credono di tenersene lontani o che dicono di esercitarlo per combatterlo. Rimproverare solo a CL di essersi trasformata in sistema di potere ridicolo, se prima non si ammette che si voleva essere al posto suo e che forse lo si sarebbe fatto meglio funzionare. Ma questo onesto argomento stato accuratamente negato. Noi siamo meglio di CL non perch il sistema di potere lo gestiamo meglio e in modi pi efficienti, ma perch lo aboliamo! Ecco l'insostenibile proposizione della sinistra che si somma a quella, uguale contraria, della destra: dal momento che noi sappiamo cos' il potere e guardiamo negli occhi il drago, allora possiamo piegarlo e soprattutto possiamo evitare che cada in mano di chi dice di abolirlo. Ma a ridurre il potere ci ha pensato, negli anni della rivoluzione tecnologica, qualcosa di non ancora identificato e riconosciuto. La potenza della tecnologia, unita all'economia, infinitamente superiore a ogni potere politico a ogni sua lotta per il posto del re e del decisore. CL stata maestra di realismo politico, cinico fin che si vuole, ma stato un modo per mantenere in gioco la rappresentanza politica nel-

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la realt di questo mondo trasformato. Se qualcuno crede di poter occupare il posto che fu di CL senza un altrettanto efficiente e potente sistema di potere, costui prosegue l'illusione evangelica di CL. La bassissima condizione materiale della nostra nazione, il suo dispendioso apparato di sostentamento

della societ non regge le richieste che provengono sia dalle cosiddette societ evolute sia da quelle aree del globo cinesizzato nelle quali la trasformazione dell'uomo in semplice ingranaggio ad alta produttivit praticamente completata. Chi si apprester a dare il colpo finale a questa forma di vita dando

l'impressione di realizzare chiss quale programma di felicit terrestre? Chi se non gli eredi di quella tradizione che ha gi fallito una volta e ora potrebbe aver ragione del proprio fallimento realizzando un programma che non il suo?

NASCE MILANIFICIO: DAL SOCIAL BLA AL SOCIAL DO? Mauro Mercatanti


E alla fine, di e di, arrivato anche milanificio.it, la prima piattaforma di progettualit partecipata per Milano. Immaginata e voluta dallAssociazione Cambiamo citt (restiamo a Milano), Milanificio un libero social netmake di liberi social netmakers che si aggregano e cooperano alla realizzazione di progetti per Milano, pensati e proposti dai cittadini stessi. Uno strumento pensato per dare una possibile traduzione pratica a quella parola che, sullArcipelagoMilano scorso, Eleonora Poli descriveva come usata e abusata a dismisura in questultimo anno, al punto da perdere quasi di senso: partecipazione. Lambizioso obiettivo quello di far evolvere lormai matura dinamica del social network in qualcosa di pi fattivo fornendo agli utenti milanesi uno strumento in grado di attivare azioni e pratiche di innovazione urbana che cerchino direttamente nel corpo sociale le risorse (di tempo, disponibilit, conoscenza, competenza e/o denaro) necessarie alla loro realizzazione. Milanificio propone e promuove progetti di qualunque natura e di qualunque provenienza (singoli cittadini o associazioni) purch sostenibili, fattibili e auspicabili per la vivibilit di Milano e in una logica di complementariet (e non di contrapposizione) alla politica. Come funziona? Si entra, ci si iscrive, si offre la propria disponibilit a collaborare a un cantiere e/o si decide di aprirne uno in proprio. In questultimo caso si diventa capocantieri e dunque responsabili dellandamento e del coordinamento del cantiere stesso, dalla sua apertura fino alla sua chiusura, che andr sempre accompagnata da un report puntuale dei risultati ottenuti o da una riflessione sui motivi di un eventuale insuccesso. Milanificio vuole essere dunque il tentativo di passare dalla cittadinanza al cittadinamismo, offrendo alla parte pi attiva e consapevole della citt un luogo virtuale (ma non solo) per organizzarsi, coordinarsi e fare rete in modo estremamente focalizzato su un risultato misurabile (astenersi perditempo). A tal proposito sar interessante misurarsi anche con quella bizzarra pratica che gli inglesi hanno battezzato Unvandalism (letteralmente vandalismo allincontrario), che vede gruppi di volontari autoorganizzarsi e attivarsi, al di fuori della logica della delega, per apportare una miglioria non autorizzata a luoghi pubblici trascurati dal Pubblico (per mancanza di fondi, di volont o di attenzione). Sar altres molto interessante verificare quanto e come lo schema estremamente orizzontale del social network ci abbia disabituato alla verticalit di un buon intervento. Dai primi segnali parrebbe assai, stante che a molti piace Milanificio ma pochi poi si iscrivono a un cantiere per seguirlo e darsi concretamente da fare, mettendoci faccia, testa, mani, gambe e tutto il resto appresso. Sar infine estremamente interessante provare a mettere in relazione il mondo dellimpresa, sfiduciato nei confronti delladvertising classico e sempre pi interessato al product placement e alla brand experience (leggasi: sponsorizzazione virtuosa di situazioni suggestive), con lemergente mondo delle iniziative che germinano sul territorio. Per vedere di nascosto leffetto che fa. Mi pare in conclusione di poter dire che lesperimento Milanificio sia da seguire non fossaltro per capire come va a finire. Sono infatti convinto che, quale che ne sia lesito, ci fornir buoni spunti di riflessione su cosa si celi dentro quella scatolina magica con sopra scritto Partecipazione, che tutti scuotono per sentirne il gradevole tintinnio ma quasi nessuno apre, forse per paura di verificarne la straordinaria e disarmante complessit. Forse non stato un caso che Milanificio abbia visto la luce il 15 maggio, proprio mentre si interrompeva traumaticamente la Presa di Torre Galfa, un altro interessante (per quanto controverso) esperimento di intraprendenza creativa. Forse eravamo destinati a raccogliere il testimone per procedere sulla strada di una ritrovata e - a tratti disperata e dispersiva voglia di partecipazione. Di sicuro proveremo anche noi a estrarre questa ormai leggendaria spada dalla roccia. Ci proveremo facendo leva su due gambe solide e robuste: il metodo e la tensione alla lungimiranza. Per puntare ben bene i piedi nella voglia di tornare protagonisti del nostro territorio e un po pi padroni della nostra condizione. Spingendo forte, dal basso in alto. Hai visto mai che, di e di, qualcuno riuscir a estrarre questa benedetta spada.

LINCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE: INDICAZIONI PER EXPO Isabella Tiziana Steffan
Milano si prepara ad accogliere il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, previsto da mercoled 30 maggio a domenica 3 giugno. Tantissimi gli appuntamenti in calendario, tra cui: benvenuto e celebrazioni con Papa Benedetto XVI in piazza Duomo, Congresso della famiglia e Congresso dei ragazzi, Fiera della famiglia, concerto alla Scala. Gli iscritti provengono da circa 145 paesi di tutti i continenti; Spagna, Francia, Croazia e Argentina sono i primi quattro paesi di provenienza. Gli organizzatori hanno stimato che

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il numero di partecipanti sar superiore alle 800mila persone, i congressisti circa 5mila, i volontari attesi circa 4mila. Dai partecipanti iscritti si evince che le comunit straniere rappresentate sono diverse, con diverse abitudini e modalit comportamentali. Molti anche i migranti: le comunit pi numerose sono i filippini, i peruviani, gli ecuadoregni; tra i 5mila volontari che daranno il loro contributo alla Fondazione Milano Famiglie, organizzatrice dellevento, pi di un centinaio vengono per loccasione da altri paesi anche del Sud del mondo. I relatori del Congresso teologico pastorale, che registra 5mila iscritti, sono di 110 diverse nazionalit e si riuniranno alla sala congressi di Fieramilanocity di viale Scarampo. Milano sar quindi invasa da folle di studiosi e pellegrini di diverse nazionalit, saranno tre giornate in cui la citt verr sottoposta a una condizione di forte stress, utile per capire i fenomeni che si metteranno in atto. La Giunta milanese ha deciso di istituire delle tariffe speciali per il trasporto pubblico locale. Lobiettivo favorire lutilizzo dei mezzi pubblici, limitando il pi possibile il prevedibile aumento di veicoli privati in citt, come succede in occasione di grandi avvenimenti. ATM, lazienda di trasporti milanesi, ha garantito un servizio con dieci linee di bus potenziate allinterno della cosiddetta ZTL che porta ai cancelli dellAeroporto di Bresso, anche se a oggi pare negata lannunciata apertura della linea 5 della metropolitana, a causa dei tempi necessari al collaudo.

Le famiglie si sposteranno anche con nonni e bambini, parenti o amici con difficolt percettive e motorie. Per favorire la partecipazione di tutti stato messo a punto un servizio speciale, coordinato dalla Caritas Ambrosiana, che garantisce un servizio di trasporto, tramite bus speciali per percorrere lultimo miglio, con volontari che accompagneranno le persone con disabilit dal punto del loro arrivo, fino al settore riservato. I momenti in cui prevista la massima affluenza sono la Festa delle Testimonianze di sabato 2 giugno, alla quale in serata parteciper anche Benedetto XVI, e domenica 3 giugno quando alle ore 10.00 il Santo Padre celebrer la Messa davanti a centinaia di migliaia di persone (si prevede larrivo di un milione di pellegrini). Per entrambi gli appuntamenti sar la Fondazione Milano Famiglie 2012 a indicare ai partecipanti litinerario da percorrere per arrivare al Parco Nord Aeroporto di Bresso. Questevento sar quindi una sorta di prova generale sulla capacit dellambiente cittadino di recepire laffluenza di persone, sia in termini quantitativi che qualitativi e di sopportarne limpatto. Partendo dal riconoscimento della diversit umana e della sua valenza, la gestione delle differenti esigenze di ciascuno e quindi di tutti, si dovrebbero individuare gli strumenti necessari per garantire ladeguamento dellambiente e dei servizi in generale e non solo igienici. La mobilit non deve prescindere dal sistema di sicurezza anche in situazioni di emergenza, dalla completa fruibilit degli spazi e dei servizi quali mezzi di trasporto, si-

stema di informazione, anche virtuale, della segnaletica sul territorio, ristoro, accoglienza e riposo. In tal modo sar possibile soddisfare la molteplicit di esigenze, tenendo presente che la diversit non solo culturale, anche linguistica, semantica, fisica, percettiva. La partecipazione e linclusivit diviene il riferimento fondamentale nella definizione degli obiettivi di eventi di questo tipo e nella gestione dellaccoglienza. Il coinvolgimento degli utilizzatori finali per una verifica di gradimento, risulta essere un contributo fondamentale come garanzia di qualit per altri analoghi eventi. Gli studiosi dei flussi delle folle avranno modo di applicare le loro conoscenze sui fenomeni potenzialmente complessi che possono riferirsi a una folla di pedoni che condividono uno spazio. Sui fenomeni comportamentali e psicologici che caratterizzano le dinamiche di folla vi sono strumenti per lo studio analitico del movimento e dellinterazione di persone che fruiscono di un ambiente. Le funzionalit principali di questi strumenti servono a supportare professionisti del mondo della progettazione e della sicurezza di spazi destinati a ospitare un elevato numero di persone (piazze, stazioni di transito e daccesso a mezzi pubblici, aeroporti, ecc.). Sar prevista una raccolta di dati e osservazioni sul grado di efficacia, efficienza del sistema, il grado di soddisfazione dei partecipanti allevento sui servizi offerti? Sarebbe utile poterli elaborare per poter meglio organizzare eventi analoghi per caratteristiche e affluenza, quali il prossimo evento Expo 2015.

LETTERA APERTA AGLI SCOPERCHIATORI FACILI DEI NAVIGLI /1 Gianni Beltrame


I milanesi di oggi, si sa, ricordano, sognano e rimpiangono, in grande maggioranza, i propri vecchi e sepolti Navigli interni mentre molti di loro ne desidererebbero anche pi o meno motivatamente - una qualche certa rivalorizzazione o conservazione attiva. Ben diversamente dai milanesi della seconda met dellOttocento - primi del Novecento, anche allora in forte maggioranza, che dei Navigli interni non aspettavano altro che il loro definitivo allontanamento dalla citt o il loro seppellimento o la loro trasformazione in un anello stradale. Oggi se ne ama un ricordo, o piuttosto se ne sogna una immagine, si vagheggia una citt che torni a essere dotata dei suoi Navigli. Concetto acquisito per via culturale e figurativa (complice in primo luogo la bella pittura dellOttocento), o ricostruito come prodotto dalla conoscenza della storia e dalla memoria urbana; la loro scomparsa considerata da molti e non del tutto a torto come una perdita di valore e di bellezza della citt, come una mutilazione urbana, come un impoverimento dellambiente urbano o come un dissennato atto urbanistico. Accade cos, che, a periodi alterni, si risvegli in citt, ma anche fuori, un interesse e un dibattito sulla questione dei Navigli milanesi, sulle loro antiche origini, sulle potenzialit del sistema di trasporto, sulle ragioni della loro scomparsa, sul loro futuro, sulle possibilit di un loro, parziale o totale, riuso o recupero. Ci avviene da molti anni almeno a partire almeno dagli anni 80 quando la Regione Lombardia present il suo fondamentale e basilare studio Il sistema dei Navigli milanesi e pave-

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www.arcipelagomilano.org si in sei volumi, condotto da un Gruppo di Studio coordinato dallarchitetto Empio Malara. Mentre al momento della loro copertura solo le voci dellarchitetto e Senatore Luca Beltrami e di pochi altri si levarono in loro difesa. Anche in questi ultimi anni il dibattito si riacceso, causa anche il successo del Referendum cittadino del 2011 e laver voluto associare al progetto dellExpo 2015 la dissennata proposta della costruzione di una via dacqua, spacciata come costruzione di nuovo tratto di Naviglio. (Ma di questo se ne parler in altra sede). Bisogna riconoscere che le discussioni degli ultimi anni appaiono molto pi impegnate e approfondite di quelli degli anni precedenti: oggi si presentano non solo idee e tesi ma si avanzano anche proposte operative e si propongono precisi e circostanziati progetti (come si potuto apprendere dalla relazione del professor Battisti). Quello che colpisce del dibattito odierno per il crescere del numero a differenza degli anni passati dei sostenitori della tesi della possibilit e necessit di riaprire, in tempi relativamente brevi e con una certa facilit, i Navigli interni, attraverso una semplice operazione di scoperchiamento, ridando loro contemporaneamente lacqua ingiustamente tolta, riattivandone addirittura una certa navigabilit, nella speranza di restituire cos alla citt una bellezza e un valore estetico e urbanistico che le era stato tolto. Sono queste, in sintesi, le tesi sostenute da quelli che io definisco, polemicamente, il partito degli scoperchiatori facili. Ed proprio a costoro che intendo indirizzare questa mia lettera aperta. Scritta nella speranza di farli riflettere su alcune questioni e nodi, non secondari, che riguardano la storia e le ragioni della decadenza del sistema dei Navigli, che riguardano lo stato di fatto del manufatto sepolto e le enormi difficolt di un suo tuttaltro che facile scoperchiamento, che riguardano le possibilit e le impossibilit di un ricupero o un riuso dei Navigli ancora esistenti e che riguardano, infine, il

quasi nullo risultato ed esito estetico-urbanistico delloperazione ipotizzata. Ecco il primo dei quattro punti sui quali invito a riflettere. 1) Molti ritengono, erroneamente, che la copertura dei Navigli interni sia un errore urbanistico novecentesco o una colpa culturale addebitabile allAmministrazione fascista, data anche la nota avversione di Mussolini verso i Consorzi idrici. In realt la storia della copertura del Naviglio ha ben altri e pi remoti inizi e ben pi complesse ragioni e significati. Che, detto in grande sintesi, da un lato da connettersi alla parallela progressiva e lenta decadenza di questo sistema e mezzo di trasporto (a fronte del nascere e dellaffermarsi di altri, nuovi e concorrenti sistemi di trasporto, ben pi efficienti flessibili e rapidi, quali le ferrovie, le tranvie e il trasporto automobilistico) e dallaltro alla specificit dei problemi che si ponevano in Milano, dove una grande citt industriale stava sorgendo e sviluppandosi a ridosso e incorporando un sistema di canali interni di origine addirittura medievale - quattrocentesca, oltre tutto non ampliabile perch stretta dentro la citt - e non adeguabile ai moderni standard del trasporto. La specificit posta dalla citt di Milano, enfatizzata e resa preminente nelle discussioni depoca come una questione igienica e di salute pubblica, si riferiva infatti ai pi o meno presunti gravi danni creati alla salute dei cittadini milanesi dalla presenza delle acque stagnanti, maleodoranti e malsane dei Navigli, fonte di ogni tipo di malattie, si sosteneva, quali le reumatiche e le febbri intermittenti, cos come si scriveva nella Relazione della Commissione Igienica per la deviazione del Naviglio interno nel 1876, presieduta dal professor dottor Andrea Verga, paladino indefesso della questione igienica. In realt era lorrenda tangibile e costante puzza emanata dai Navigli - a causa della scarsit di acqua, della loro stagnazione e impaludamento in vari punti della citt, delluso ancora attivo di fognatura

urbana a cielo aperto, inconvenienti che raggiungevano punte insopportabili specialmente nei due periodi dellasciutta primaverile e autunnale, ma anche levidente e progressiva diminuzione dellutilizzo per il movimento urbano delle merci (gi rilevata anche dal Beruto nella sua relazione del Progetto di Piano Regolatore) a esasperare i milanesi pi che il timore per la salute. Non a caso sempre lo stesso professor Verga, nella sua qualit di direttore dellOspedale Maggiore a convincere il suo illustre ospite, lImperatore Francesco Giuseppe dAustria, a decretare nel 1857 limmediata chiusura delladiacente maleodorante laghetto di Santo Stefano. Paradossalmente proprio il mitico punto di approdo dei marmi di Condoglia destinati alla fabbrica del Duomo a scomparire per primo. A questa chiusura segue quella dei due tratti meno utilizzati della rete interna - condizionati anche dalla scarsit dei traffici diretti o provenienti dal Castello - e che soffrivano pi degli altri di scarsit dacqua, di impaludamenti e di conseguenti accuse di alta insalubrit: il Naviglio morto che congiungeva la Martesana col Castello (attuali via Pontaccio e via Tivoli) e il Naviglio di San Gerolamo (attuale via Carducci) e il primo tratto della via De Amicis.(Si veda la veduta della citt con la copertura dei Navigli al 1894). La decisione del 1882 ma i lavori vengono eseguiti nel 1894-96. Mentre la decisione della copertura totale da parte del Comune risale al 1928 e i lavori iniziano - come tutti sanno - nel fatidico 1929. Marcello Visconti di Modrone, Podest di Milano dal 1929 al 1935, rispondeva, per giustificare la copertura del Naviglio - e non del tutto a torto se si pensa a tutti gli annunci di copertura totale, mai attuati dal Comune, a partire dalla met dell800 e alla alta e ancor viva pressione di tutti coloro, tecnici e opinione pubblica, che esigevano una loro copertura o una loro trasformazione - che questa chiusura non rappresentava altro che un atto dovuto.

QUANDO NON SI SA COSA DIRE COLPA DEGLI AVI Guido Martinotti


Sempre alla caccia sisifea del luogo comune, mi capitato, scorrendo larticolo di Andrea Ichino Salari, gli automatismi perversi su Il Corriere della Sera del 4 maggio 2012, di leggere (con un soprassalto) queste parole: Se a questi automatismi dagli effetti perversi si aggiunge l'atavica scarsa propensione degli italiani alla mobilit geografica e occupazionale (corsivo mio). Non entro nel merito dellarticolo, anche se mi sembra una esercitazione astratta di AWHACO (Assume We Have A Can Opener, dalla famosa barzellet-

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ta sugli economisti) ma ho fatto un salto sulla sedia sentendo parlare di una propensione italiana alla scarsa mobilit di origine atavica. Termine di cui larticolista, forse attratto dal suono della parola, sembra ignorare totalmente il significato che, in italiano, sta per carattere genetico, qualcosa che viene dagli avi, anche molto lontani. Ora un tal Antonio Gramsci, autore forse (chiss) ignoto ai professori universitari ordinari di SECS-P/01 ECONOMIA POLITICA, ma piuttosto conosciuto, appunto, in giro per il mondo, mentre era in carcere dedic molto tempo a riflettere sulla forza lavoro italiana e una buona parte di queste riflessioni fu poi pubblicata in un volumetto intitolato Gli intellettuali, in cui gran parte era dedicata proprio alla grande diffusione del lavoro italiano nel mondo. Anche lasciando stare i soliti romani (che forse non sono proprio nostri avi, viene il sospetto) che si muovevano pedibus calcantibus aux quatre coins du monde allora conosciuto, venendo pi vicini ai nostri tempi, almeno a partire da tal Cristobal Coln, che nonostante il nome spagnolesco pare proprio che fosse italiano. E cos facendo un po di zapbrowsing nella storia italiana troviamo una Repubblica Veneta che mandava galere in giro per mezzomondo, un capitalismo genovese, la prima forma di capitalismo europeo, che non era affatto genovese per stanzialit, e poi, tra i grandi nomi della nazione, dopo Colombo ci troviamo davanti a un Garibaldi Eroe dei Due Mondi (e sottolineo due), ma un po prima di lui a tal Marco Polo. E a ben vedere anche padre Dante ha girato parecchio. Vero era esiliato e non lo faceva per piacere, ma anche in Grecia antica, civilt fondamentalmente basata sul commercio per mare, cerano i metechi, in parte esiliati da altre citt stato. Anche questo un muoversi. E pure Petrarca se ne dovette andare in Francia, anche lui esiliato. Ma non era esiliato Leonardo da Vinci, n lo era Matteo Ricci che se ne stette parecchio in Cina se ricordo bene. Gramsci fa poi notare che gli italiani hanno fornito centinaia di migliaia o meglio milioni di lavoratori a tutti i paesi del mondo. Del resto basta guardarsi intorno alle miniere del Belgio, alle industrie e alle imprese di costruzioni e a tutti i settori pi faticosi di Francia, dove i bambini italiani a scuola venivano chiamati macarons, come Gastarbeiter nelle baracche di cantieri in Svizzera e Germania, nei paesi

scandinavi. Per non parlare della colonizzazione massiccia da parte di immigrati italiani, nellAmerica del Nord, in America Latina, e in Australia. Con citt come New York o Buenos Aires che in certi anni contavano pi italiani di Roma. Atavica scarsa propensione degli italiani alla mobilit geografica e occupazionale: ma di cosa sta parlando lillustre docente? Si dir, con la mente obnubilata da quellaltro topos che unimmagine oleografica della societ americana come di grande mercato del lavoro sempre in movimento: ma la mobilit interna che manca, tutti vogliono stare vicino al campanile e andare alluniversit sottocasa e rimanere nella stessa fabbrica per tutta la vita, per la loro atavica scarsa propensione alla mobilit. Tutto falso, tra il 1861 (ma solo perch le statistiche comunali le abbiamo solo a partire da quell'anno, la demografia italiana stata regolata da una semplice norma: Pi grande il comune, pi cresce. Tradotto in linguaggio concreto ci vuol dire che per pi di un secolo la popolazione italiana si mossa dai piccoli comuni di campagna e di montagna, spesso, ma non solo, del Sud, verso i centri maggiori, spesso, ma non esclusivamente del nord. Atavica propensione? S ma a muoversi. E c di pi, questa grande mobilit non si fermata neppure durante il fascismo, come vuole un luogo comune estremamente radicato nella cultura italiana e nonostante le famose leggi antiurbanesimo di Mussolini. Anna Treves, in un saggio rivelatore sulle migrazioni italiane, smentisce una diffusa convinzione, solidamente consolidata anche in ambienti esperti negli anni 1960 (Anna Treves, Le migrazioni interne durante il periodo fascista, Einaudi, Torino 1976. Posso testimoniare che avendo lavorato tra il 1960 e il 1962 nel gruppo diretto da Alessandro Pizzorno allIstituto Lombardo di Studi Economici e Sociali, Ilses, di Milano, che si occupava di immigrazione, questa idea era di comune accezione, non solo tra gli studiosi, ma anche tra i numerosi amministratori locali con i quali eravamo in contatto) dimostrando che durante il fascismo nonostante le leggi antiurbanesimo continu il grande movimento di correnti migratorie vastissime verso le aree industrializzate. I dati indagati da Anna Treves e le citazioni da fonti pi attente ai dati delle usuali, ci dicono che linterpretazione di una Italia sostanzialmente ferma (pp. 3 -15)

sostenuta anche da autorevoli studiosi quali Tomaso Salvemini, Stefano Passigli e in parte anche dallo stesso Galasso, (Giuseppe Galasso, Mezzogiorno medievale e moderno, Torino 1965, Stefano Passigli, Emigrazione e comportamento politico, Bologna 196, citati in Anna Treves, Le migrazioni, cit, nellampio apparato di note dalle pp. 11 alle pp. 15) non corrispondeva alla realt, di un paese di cui si poteva dire esistono, per vastissime correnti di migrazione interna, che debbono pure essere considerate per le ampie alterazioni che producono nella composizione e nella distribuzione geografica dei vari aggregati della popolazione. Non sembra pertanto, fuor di luogo mostrare alla luce delle cifre come la mobilit della popolazione abbia raggiunto negli ultimi anni proporzioni imponenti allinterno del regno (Luigi Arcuri di Marco, Aspetti del fenomeno della mobilit territoriale della popolazione italiana, in Bollettino dellOsservatorio del Banco Economico di Sicilia, 1937, n. 4 cit. a p. 20). I dati riportati dallAutrice nelle pagine che seguono confermano: a partire dal 1923 la popolazione si muove con tassi molto elevati attorno al 2.5 per mille (livelli che ritroveremo pi avanti, in coincidenza con la ripresa che segu alla crisi postbellica). Ma la migrazione interna continua negli anni trenta, che sono gli anni della depressione e per eccellenza del regime e delle leggi vincolistiche (p. 18) si raggiungono spostamenti che vanno dal 1.000.000 (nel 1931 e 1932) al 1.2000.000 nel 1937 fino al 1.500.000 nel 1937, un tasso di 34,2 per mille sulla popolazione (pp. 18-19). E se questo avveniva durante la societ statica del Fascismo figuriamoci quando la societ si rimise in moto. E infatti durante il periodo del cosiddetto miracolo italiano, quando leconomia italiana si svilupp rapidamente rimediando ai guasti bellici nel quadro del grande ciclo di sviluppo capitalistico del secondo dopoguerra, lItalia conobbe tassi di mobilit interna tra i pi elevati di 22 paesi studiati da un geografo americano (superata solo da Taiwan e Corea del Sud) con punte di 15 e pi per mille abitanti mentre il resto dei paesi europei misurava tassi inferiori al 5 per mille, con leccezione della Spagna che mostra un profilo simile a quello italiano ma inferiore di 5 punti e scalato di circa 5 anni, seguita subito dopo dal Giappone. E potremmo continuare, ma credo sia superfluo: il punto da sottolinea-

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re molto semplice, se si da per scontato che gli italiani siano geneticamente sedentari, allora per farli muovere occorre la frusta, o una qualche miracolosa medicina. Che al fondo la filosofia di governo che sta sempre pi emergendo, una filosofia precettoriale, di chiara impronta paternalistica e patriarcale, per cui il governare sempre contro la societ invece di essere per la societ. E cos si distoglie anche lattenzione dai veri fattori che negli ultimi anni

hanno frenato la mobilit, soprattutto dei giovani: la scarsa trasparenza degli accessi ai posti di lavoro, per cui la famiglia diventa lagente pi importante per le classi medie e il patronage politico per tutti gli altri, il costo drogato delle abitazioni e delle locazioni e via dicendo. Non so se vogliamo davvero una societ mobile e neppure se ci sia auspicabile, ma chi la predica dovrebbe almeno studiare pi a fondo gli ostacoli istituzionali e sociali che la impediscono.

Non sto solo parlando in astratto: per confrontare latavica propensione, con i drammi concreti dellemigrare visti con straordinaria sensibilit umana, che, per la mia poca parte, confermo in toto, consiglio di leggere il pezzo di Saviano su lEspresso Emigranti di tutto il Sud, tornate. E ve lo dice un estimatore molto ben temperatodi Saviano e delle sue apparizioni televisive.

FORMIGONI: PER NON DIMENTICARE Beatrice Rangoni Machiavelli


Non c giorno nel quale non riceviamo notizie delle malefatte imputabili al secondo tempo di Mani Pulite che definito Mani sporche. A questo proposito ci si domanda come possibile che il Presidente della Lombardia possa essere all'oscuro di quanto succede nell'Ufficio di Presidenza del Consiglio della sua Regione, dove la maggioranza dei membri sono sotto inchiesta della magistratura? Eppure Formigoni, in una lettera al Corriere della Sera del 17 marzo 2012, propone un pubblico dibattito sulla corruzione, dimentico che nel 2005 una Commissione d'Inchiesta internazionale aveva indagato il suo amico Marco De Petro e il suo segretario personale Fabrizio Rota, nell'ambito dello scandalo concernente il programma Oil for Food delle Nazioni Unite. Il programma permetteva all'Iraq di Saddam Hussein, esausto per anni di sanzioni, di vendere petrolio in cambio di cibo e medicinali. Nella ricostruzione dellONU, emerge che alle societ indicate da Formigoni come testimonia un fax a sua firma sarebbero stati assegnati 24.500.000 barili di greggio a prezzi di favore, consentendo guadagni per milioni di dollari. Nellinterpellanza parlamentare presentata il 17.2.2005 dallOneroveole Pierluigi Mantini si legge: il programma Oil for Food un atto internazionale, la cui esecuzione compete agli Stati, non alle Regioni. La societ che ne ha beneficiato la Cogep, che ha sedi operative a Genova e Alessandria Formigoni, in sintesi, ha coinvolto societ amiche, presiedute da indagati, procurando a tutti i personaggi interessati guadagni stratosferici. Marco De Petro e Fabrizio Rota sono stati processati e condannati, ma salvati dalla prescrizione. Comunque Formigoni condivide con loro la propriet di Obelix, uno yacht di 15 metri, con due motori di 400 Cv, ormeggiato nel porto ligure di Lavagna. Obelix era stato comprato per 670 milioni di lire, 470 dichiarati, 200 in nero. Racconta lex proprietario Garavaglia: Ci incontravamo nel fine settimana a Lavagna, nei pressi della mia ex imbarcazione, che mi stata pagata a rate; incassavo assegni spesso intestati a persone inesistenti. Il Corriere della Sera ha pubblicato il 15 gennaio 2001, un articolo di Elisabetta Soglio dal titolo Una Compagnia tra Opere e poltrone nel quale erano elencate dettagliatamente tutte le attivit dellImpero di Formigoni, che ha piazzato persone di sua fiducia nelle banche, nel volontariato, nella politica, negli enti locali e nella sanit. Il vice Presidente della Compagnia, Paolo Fumagalli, entrato nel Consiglio della Banca Intesa. Giampaolo Tarantini e Angelo Abbondio hanno conquistato due delle quaranta ambitissime poltrone della Commissione di Beneficienza della ricca Fondazione Cariplo. Formigoni stato parlamentare europeo dal 1984 al 1994. In quel periodo ero al vertice dellECOSOC dellUE; ricordo che negli ambienti comunitari ci si resi subito conto che i bandi di gara per i progetti della Commissione e per i Fondi Europei, per giungere a buon fine in Italia, dovevano passare dallufficio privato che Formigoni aveva a Bruxelles. Uninchiesta molto documentata stata pubblicata sul sito del sacerdote don Giorgio De Capitani, che definisce Comunione e Liberazione (C.L.) e la Compagnia delle Opere il cancro della Chiesa. Il titolo : Commistione e Lottizzazione. Attorno al Movimento ecclesiale Comunione e Liberazione, ruota una vasta rete di interessi economici e politici. Il cuore in Lombardia. Nellinchiesta si sostiene che, il fatturato delle 34.000 aziende aderenti alla Compagnia delle Opere di Formigoni stimato sui 70 miliardi di euro. Nel bilancio 2009 della Regione Lombardia, il progetto di legge 399 prevede che la Regione possa riconoscere agli ospedali posseduti da enti ecclesiastici la totale equiparazione agli ospedali pubblici, con la possibilit che i loro bilanci siano ripianati con soldi dello Stato. Il provvedimento tocca cinque ospedali tra i quali il S. Giuseppe di Milano. Oltre a Formigoni, pilastro della ragnatela ciellina, ha un ruolo importante Maurizio Lupi, parlamentare di Forza Italia, fedelissimo di Berlusconi. A Strasburgo invece, lascesa di Mario Mauro, proposto alla carica di Presidente del Parlamento Europeo, stata bloccata dalla risonanza internazionale del caso Berlusconi - Escort - Bunga Bunga. Il tema non sembra per scandalizzare i devoti ciellini di Forza Italia. Ogni volta che si toccano argomenti simili a quelli sopra menzionati, Comunione e Liberazione precisa di essere un Movimento ecclesiale che nulla ha a che fare con imprese e affari, per noi centrale la persona. E la persona una sola: Formigoni, che prega, fa affari, da finanziamenti e riceve finanziamenti. La Sanit Lombarda, rappresenta la fetta pi ricca del bilancio regionale, difficile fare carriera in quel settore se non si targati CL. Gli altri settori presidiati sono la scuola, la formazione professionale, lEnte Fiera che il maggiore operatore fieristico italiano e uno dei pi importanti del mondo. LImpero del Presidente della Lombardia unefficiente struttura capa-

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www.arcipelagomilano.org ce di trasferire soldi pubblici in tasche private. Ma evidentemente, per Roberto Formigoni dichiarare sono sereno corrisponde a unautoassoluzione che elimina ogni dubbio. Tanto che sfida chiunque a dare le prove delle accuse e delle denuncie sempre pi numerose che lo colpiscono.

MILANO: UN TERRITORIO A SOVRANIT LIMITATA Gianni Zenoni


Che Milano abbia un territorio estremamente ridotto (e lo sarebbe ancor di pi senza laccorpamento dei Corpi Santi) sembra ormai una situazione storica non pi modificabile se non con la creazione istituzionale della Citt Metropolitana. Dico istituzionale perch di fatto i cittadini di Milano e dei comuni contermini la Citt Metropolitana la vivono gi, soffrendo per per leccessiva presenza di strutture amministrative autonome che rendono difficile la vita di tutti i giorni e che per di pi hanno difficolt a comunicare tra di loro. Ma dobbiamo purtroppo osservare che la citt di Milano, dal territorio cos ridotto, non pu vantare nemmeno la Sovranit che di diritto gli spetterebbe entro i suoi stessi confini. Infatti enti Provinciali come i Parchi e Statali come le Soprintendenze si sono ritagliati estesi spazi, sottraendoli alla Sovranit Comunale, entro i quali, grazie a leggi ad hoc predisposte con eccesso di zelo punitivo verso Milano, possono anche permettersi di contrastare le pi che ragionevoli volont di rinnovamento della citt espresse nella nota delibera Comunale Ricostruire la Grande Milano, documento di inquadramento delle politiche urbanistiche Comunali (giugno 2000). Cos possiamo notare come la perimetrazione del PASM (Parco Agricolo Sud Milano), redatta con la precisa volont di difendere le aree agricole, comprenda anche aree non coltivate, abbandonate o di dimensioni esigue e frastagliate, non pi utilizzabili secondo gli standard della produttivit agricola odierna, ma finalizzate solo ad ampliare al massimo la perimetrazione al fine di aumentare il potere dellEnte Parco nei confronti del Comune di Milano. Prendendo come campione una piccola parte del territorio Milanese e precisamente quello a sud delle zone 5 e 6, a cavallo del Naviglio Pavese, non possiamo fare a meno di rilevare nella stesura del PASM e nella successiva gestione una serie di contraddizioni ed errori sorprendenti. Come quando si comprese nel vincolo anche quartieri interi come il Cantalupa (che ha dovuto portare avanti una faticosa battaglia per ottenere una perimetrazione corretta), o mettendo nella perimetrazione aree marginali interessate al passaggio di strade previste fin dal PRG dell80, rendendo cos impossibile la loro realizzazione, o ancora inserendo nel vincolo piccole aree marginali non utilizzate dallagricoltura ma stralciando, per oscure ragioni, dal vincolo aree ben pi grandi e coltivate. Senza contare il parere decisivo sul tracciato del prolungamento della MM2 da Famagosta a Milano - Fiori Assago, che sta provocando in questi giorni le proteste di cittadini infastiditi dal rumore del passaggio dei treni troppo vicino alle case, scelta condivisa dal PASM, che ha preferito schiacciare il percorso contro la residenze per una velleitaria salvaguardia del verde agricolo e senza valutare il disturbo ambientale. Se su tutto il perimetro del PASM sono stati fatti errori cos grossolani come in zona 5 e 6, penso sia ora di rifare la perimetrazione con pi attenzione. Queste aree perimetrate tra le frange del territorio urbanizzato e il verde agricolo dovevano essere soggette secondo la normativa del PASM ai Piani di Cintura Urbana di iniziativa della Provincia, ma fino a oggi non ne stato predisposto neanche uno, e quando nella preparazione del nuovo PGT il Comune aveva individuato queste zone come Ambiti di Trasformazione Periurbana con una loro normativa, le osservazioni della Provincia al PGT hanno costretto il Comune a stralciarle riconoscendo di fatto di non avere poteri su queste aree facenti parte del suo territorio. Queste aree dove il verde del PASM incontra le disordinate frange estreme della citt urbanizzata, sono importanti per definire un aspetto del disegno urbano fino a oggi sottovalutato. Infatti la decisione dei nuovi PGT di non espandere la citt sul verde agricolo al fine di limitare il Consumo di Suolo, fa nascere linteressante esigenza del disegno compiuto del fronte della citt non solo verso i terreni agricoli che diventeranno parchi urbani ma anche verso le principali infrastrutture stradali radiali di accesso che saranno le nuove porte della citt. Creare un fronte della citt vuol dire che la citt finisce l, che non ci saranno pi espansioni. Se invece lasciamo le periferie sfrangiarsi nel verde agricolo non diamo lavviso che la citt finita e questo condurr prima o dopo a creare nuove sfrangiature in espansione. Creare il fronte della citt vuol dire che oltre quella linea non si costruir pi. Ma questa linea si deve concretizzare in un segno piacevole sul territorio dove la bellezza della citt si esprimer nei siti dove non si sarebbe mai pensato prima. Lavvicinamento e la visione della citt dallesterno fa parte della storia delle citt europee, le citt murate, da Carcassonne a Monteriggioni e mille altre in Italia ed Europa provocano emozioni al turista e compiacimento ai residenti e anche se la loro origine era solo difensiva oggi entrano a far parte della piacevolezza del Paesaggio. Gli Ambiti di Trasformazione Periurbana previsti inizialmente dal PGT adottato e cancellate in seguito a osservazione della Provincia, erano un primo tentativo di affrontare il problema del Fronte della Citt con Piani Esecutivi di iniziativa pubblica Comune Provincia, che per senza una intelligente riconsiderazione della perimetrazione del PASM non si potrnno ancora affrontare.

EQUITALIA: ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO Raffaello Morelli


Tre frasi significative. Prima, "su Equitalia le parole sono pietre", poi "rispetto per Equitalia, applica la legge", infine "il fisco, pi efficace e meno intrusivo". Le ha pronunziate il Presidente del Consiglio afflitto

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www.arcipelagomilano.org dalle burocrazie ministeriali confermando la propensione politica ad affrontare i serissimi problemi della riscossione pubblica con generici auspici e correttivi fumosi. La prima frase manifesta solidariet alle strutture di Equitalia sottoposte a una grandinata di giudizi negativi, talvolta al limite dell'aggressione fisica. Fin qui la cosa condivisibile (magari sarebbe bene aggiungere che resta impregiudicato il diritto del cittadino di criticare e di avere la certezza che dopo si attivino le opportune valutazioni nel merito della critica). La seconda una considerazione esatta. Che per implica una sottolineatura decisiva. Se norme e strumenti esattivi escludono margini discrezionali da parte di Equitalia ("applica la legge"), allora evidente che i (tanti) difetti riscontrabili derivano da leggi sbagliate (e molto) perch non coerenti con la finalit democratica dell'imposizione fiscale. Per chi liberale, questa cosa ovvia. Non lo per tutti. Il disagio sociale non lo genera la protervia della struttura Equitalia bens leggi burocraticamente furbe ma incoerenti. L'Equitalia ne un condensato fin dall'origine. Varata a fine 2005 dal Ministro Tremonti nel decreto legge sul contrasto all'evasione e sulle disposizioni tributarie, apparve subito un legno storto. Venne scelta la societ di capitali per consentire, si disse, una snellezza superiore a quella delle strutture di diritto pubblico; tuttavia la propriet era pubblica al 100% (51% Agenzia delle Entrate e 49% INPS) e quindi la societ, anche se non era di diritto pubblico, doveva tenere comportamenti esclusivamente pubblici (del resto solo questo giustifica il suo monopolio delle riscossioni di tutte le imposte erariali, Inps, tributi doganali, salvo quelle dei comuni che potranno decidere autonomamente dopo il 2012). Si per visto progressivamente che la formula Equitalia era una furbesca foglia di fico. L'obiettivo era dare pi mano libera al potere delle burocrazie nelle modalit di riscossione senza dover rispettare i vincoli di un organismo pubblico. Anche quelli costituzionali. Due esempi, gli aggi e i privilegi nell'esazione. Visto che il richiedente sempre lo Stato seppure in abiti differenti, esigere una percentuale su quanto richiesto significa far passare il principio (senza dirlo) che dichiarare di essere in debito di una somma verso lo Stato e non versarla, implica il veder crescere il debito oltre gli interessi e le sanzioni di ritardato pagamento. Ci contrasta con il principio costituzionalmente evidente e comunque sentenziato pi volte dalla Corte secondo cui, nel procedimento tributario, lo Stato su un piano di parit con il cittadino. L'aggio cambia le carte in tavola e maggiora di fatto le imposte, mettendo il corrispettivo esattivo a carico del contribuente. Solo che la funzione esattiva rientra nella fiscalit generale ma la macchina dello Stato non la svolge pi. Questo stratagemma non consente al cittadino una valutazione davvero complessiva dei servizi resi dallo Stato. insomma, le tasse non sono un obbligo etico, ma il corrispettivo dei servizi civili contrattuali erogati dallo Stato (tra cui rientra la fisiologica riscossione). E se si nascondono i costi, si ostacola una valutazione del funzionamento. La distorsione degli aggi poi aggravata dai privilegi riservati a Equitalia nell'esazione. La legge consente a Equitalia di adottare procedure che nessun altro privato e neppure lo Stato in quanto tale pu adottare al fine di assicurarsi garanzie materiali per le somme di cui asserisce di essere creditrice. La possibilit di compiere sequestri di conti correnti o iscrizioni di ipoteche senza alcun preventivo filtro giudiziario, costituisce un oggettivo ritorno alla pratica medioevale della tortura come mezzo di pressione del potere per soggiogare la volont di un cittadino. Impostazione che un pericolo da non sottovalutare. Non a caso questa tendenza trova riscontri in altri settori extra tributari, pure nella recente reintroduzione in campo tributario del dover pagare prima di poter ricorrere e anche della forte crescita dei diritti legali fissi. Sono concezioni che sottopongono il cittadino allo Stato capovolgendo il principio liberale del concepire lo Stato come strumento per la convivenza tra cittadini. Non vanno prese sottogamba e ci vorrebbe una decisa inversione di tendenza. Ecco il motivo per cui fumoso limitarsi a parlare di fisco meno intrusivo. Appunto perch se la colpa dell'esserlo non sta nei comportamenti di Equitalia ma nelle regole che la legge attribuisce a Equitalia, allora per togliere (o almeno diminuire parecchio) la propensione intrusiva del fisco occorre una rinnovata impostazione di legge. Per mettervi al centro la libert del cittadino e le regole della convivenza modellate su questo stesso criterio. Invece, i correttivi latitano. Non si riducono le radici burocratiche diffuse nel tessuto sociale e si eccede nel legare il cittadino. Non si tagliano mai quelle radici, al pi si cerca di razionalizzarle un po, continuando a battere la strada del pi tasse. Sembra impossibile diminuire le spese pubbliche e si vuole ignorare che la crescita dipende non da pi sussidi assistenziali ad attivit private, quanto da investimenti pubblici propulsivi e soprattutto da una consistente riduzione delle aliquote fiscali per attivare la voglia autonoma di intraprendere (cosa che funziona anche da deterrente all'evasione fiscale). Per stabilire lindispensabile clima di reciproco rispetto tra gli operatori e di valutazione comparativa dei meriti, occorrono leggi coerenti al rendere centrali i controlli dei cittadini e non auspici fumosi senza leggi conseguenti. Altrimenti si asseconda la concertazione su tutto, confondendo le funzioni di ogni soggetto sociale, struttura pubblica inclusa. Una confusione che il sogno delle corporazioni burocratiche ma che intrappola la convivenza.

DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA, SI PUO Cristina Mordiglia


Come migliaia di milanesi, ho cominciato a partecipare attivamente alla politica milanese durante la campagna elettorale per Giuliano Pisapia. In quelloccasione ho conosciuto e sperimentato lenergia creativa che scaturita da quel progetto comune e da allora ho cominciato a spendermi perch questo coinvolgimento delle persone, cittadini, abitanti di qualunque et, rimanga attivo in quanto fondamento per la riuscita e la tenuta nel tempo di ogni progetto comune. Ma lo scopo, spontaneamente sorto, che ci ha uniti in campagna elettorale stato raggiunto e quindi ora si tratta di proseguire costruendo progetti comuni da affrontare in modo nuovo. Avvicinandomi progressivamente al tema, ho scoperto e conosciuto lesistenza di pratiche e tecniche gi ampiamente sperimentate di coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali, di progettazione, rifacimento, modifica di destinazione

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www.arcipelagomilano.org duso e quantaltro, inerenti a diverse problematiche esistenti sul territorio. Ecco, di questo abbiamo parlato e discusso nellincontro, promosso con Libert & Giustizia, il 25 maggio alla Cascina Cuccagna, che, gi da s rappresenta la riuscita di uno dei pi bei progetti partecipati di Milano. Tant che questo luogo, appena terminato, gi molto frequentato, amato e, oggettivamente accogliente e ben riuscito, diversamente, ad esempio, dalla Fabbrica del Vapore, che pure avrebbe potuto avere ogni requisito per un buon successo, ma che tuttavia rimasto, malgrado gli sforzi dellAmministrazione, solo una triste cattedrale nel deserto, senza alcuna interazione con la citt che le sta intorno. Nel primo caso, il processo decisionale e di progettazione stato costruito, tra mille difficolt, ma dagli abitanti e associazioni operanti sul territorio con fatica, impegno, confronto creativo durato decenni, mentre nel secondo la decisione (di assegnazione degli spazi e quantaltro) piovuta dallalto, senza nessun confronto con le realt locali, gi attive, esistenti e vive nella zona. In un caso ci sono le radici perch il progetto si mantenga e cresca, nellaltro no. E quindi perch la nostra Amministrazione, che pure ci ha fatto sognare di questo, ora non sceglie di affrontare in modo partecipativo le varie questioni di Milano (come la Darsena, il Vigorelli, la piscina Caimi, solo per fare qualche esempio, e magari anche MACAO.). Perch ad esempio, dopo i chiarimenti dellAssessore Boeri circa la storia di Palazzo Citterio, invece di scegliere la disarmante strada dello sloggio coatto, non si proposto a quelli di MACAO di organizzare proprio nel Palazzo la presentazione dei lavori di ristrutturazione delledificio, fornendo loro tutto il materiale: progetto, capitolato dei lavori, costi, iter complessivo e organigramma dellattuazione del progetto, in modo che, con la massima trasparenza, tutta la cittadinanza sia messa in condizione di conoscere, apprezzare, capire e seguire, se non la costruzione del progetto (che ormai sembrerebbe definito), almeno le esecuzioni delle opere che dovrebbero iniziare a breve? Io credo sia questa una delle priorit richieste con forza da MACAO e lAmministrazione, nascondendosi dietro a evidenti pretesti, dimostra di non voler comprendere limportanza del problema, confondendo, talvolta ad arte, lascolto con la partecipazione e simulando un coinvolgimento che di fatto non esiste. Con ci provocando le ben note reazioni di insofferenza, che, a questo punto, dopo il secondo sgombero nel giro di pochi giorni, sono, e saranno in futuro, sempre pi difficili da contenere. Io credo e spero che, fino a oggi, abbiano solo erroneamente sottovalutato il problema, si siano occupati di altre priorit, e/o, non abbiano approfondito con il dovuto interesse la conoscenza dellesistenza anche di metodi diversi (come i cosiddetti: OST, Open Space Technology), molto sperimentati allestero ma gi utilizzati, in varie occasioni, anche dalle amministrazioni pi illuminate in Italia; perch diversamente si dovrebbe sospettare, o prendere atto, di una volont di esclusione incompatibile con le premesse e i programmi della campagna elettorale. Noi cittadini attivi, che tanto abbiamo creduto in un radicale cambiamento, effettivo e sostanziale, nellAmministrazione della nostra citt, continuiamo nel nostro impegno perch siamo convinti che questo tesoro scaturito in campagna elettorale, e ancora presente in Milano, non debba andare perduto n trasformarsi in fronde reattive di difficile contenimento, e confidiamo che la nuova Giunta voglia consentire, anche nella sostanza, una vera partecipazione aprendosi, collaborando e rendendosi disponibile ad apprendere, e poi anche ad applicare, le tecniche, gi sperimentate con successo, del procedimento partecipativo.

PGT: UN COMMENTO A CALDO Pietro Cafiero


Probabilmente alle persone normali poco importa sapere che marted scorso sia stata approvata in Consiglio Comunale la delibera della giunta Pisapia sul nuovo Piano di Governo del Territorio. Ai cittadini in tempi di crisi e di vacche magre interessa sapere quanto saranno munti dalla nuova IMU piuttosto che conoscere le quantit del nuovo indice di utilizzazione territoriale. Temo che fare il giochino del trova le differenze tra il PGT Pisapia e quello Moratti sia una cosa che appassiona pi noi addetti ai lavori che i pragmatici e operosi milanesi. In realt il tema dello strumento che governer le trasformazioni urbane nel prossimo futuro a Milano un tema collettivo e riguarda tutti quelli che abitano, lavorano o vivono gran parte del loro tempo nella nostra citt. Mi permetto di fare alcune riflessioni preliminari e doverose. Il commento al PGT viene fatto sulla base del testo messo a disposizione dallex assessore Masseroli, che avr avuto la sua convenienza politica nel farlo, tramite il sito affaritaliani.it. Ci sono ragioni di diritto e il rispetto ineccepibile della norma se il Comune non ha reso accessibile il testo, ma forse un po di informale trasparenza non avrebbe guastato, soprattutto ricordando il precedente del documento riservato di qualche mese fa. In compenso veniamo a sapere che Il Consiglio comunale ha approvato la delibera del Piano di Governo del Territorio con 27 voti a favore e uno contrario, omettendo il fatto che lopposizione non ha partecipato al voto. Dato che il Consiglio composto da 48 membri e 27+1 fa 28, ne deduco che cerano altri 20 voti, probabilmente in larga maggioranza contrari. Ma tant, questa materia da ufficio stampa. Atra questione di carattere generale: se il PGT di Milano uno strumento difficile (e uso questo aggettivo nellaccezione con cui eufemisticamente si definiscono certi ragazzi) la colpa non dei suo genitori, naturali (Moratti - Masseroli) o adottivi (Pisapia - De Cesaris) che siano. Il peccato originale a monte e risiede nella Legge Regionale 12/2005. questa legge ad aver creato uno strumento che alla prova dei fatti fa rimpiangere per molti versi il vecchio PRG. Il tema sarebbe assai lungo e complesso, ma cito solo un dato per esemplificare (e spero- semplificare) il concetto. Per conoscere le possibilit di trasformazione di un qualunque lotto, col PRG, bastava consultare la cartografia di piano e individuata nella zonizzazione la porzione di territorio interessata, si trattava di leggere le modalit di intervento previste dallarticolo delle Norme Tecniche di Attuazione, corrispondente al retino sulla carta. Una tavola, una norma. Il PGT, essendo composto da tre documenti (Documento di Piano, Piano dei Servizi e Piano delle Regole), con diversi gradi di prescrittivit, obbliga il cittadino (o il tecnico)

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www.arcipelagomilano.org alla consultazione comparata dei tre strumenti, al fine di trarne una faticosa e spesso incompleta sintesi. Tre tipologie di cartografia, tre norme tecniche e parecchi allegati. Contorsione e complicazione, altro che deregulation e auspicata semplificazione normativa. La convinzione che la complessit della citt si governi attraverso la complessit delle norme una presunzione tipica di noi tecnici del settore (architetti e urbanisti), e anche della politica. Ma prometto (o una minaccia?) di tornare sullargomento in unaltra occasione. Una prima veloce lettura del testo diffuso da Masseroli, e che ritengo sia quello andato in votazione, mi conferma che nulla si fatto per semplificare un piano che nella sua prima stesura era composto da migliaia di pagine, tante tavole e una mole apprezzabile di allegati. Mi pare che al contrario, dovendo lavorare e modificare radicalmente uno schema imbastito da altri, si sia reso pi complesso e di difficile lettura il corpo delle norme (e non mi riferisco ai testi barrati e multicolori, che attengono alla fase di revisione e che spariranno nella stesura definitiva). Uno dei pochi meriti del precedente PGT risiedeva nella linearit (anche se a volte eccessiva) dellapparato normativo. Questa nuova versione mi sembra risentire di una scrittura molto burocratica, cavillosa, avvocatesca. Come se la gestione dei fatti urbani (per dirla con Aldo Rossi) e delle loro trasformazioni fosse solo materia legale e non riguardasse la comprensione delle componenti spaziali della citt, la consapevolezza delle sue dinamiche morfologiche e la conoscenza della sua storia. Veniamo ora alla sostanza. Al giochino delle differenze. La prima cosa che balza agli occhi che sono stati tagliati gli indici territoriali. Sia quello degli ATU (nel Documento di Piano) che quello unico (nel Piano delle Regole). Il primo stato dimezzato da 0,65 a 0,35 mq/mq, il secondo scende da 0,5 a 0,35 mq/mq. Quindi in teoria si potr costruire meno. Inoltre sparito il concetto di densificazione e il relativo coefficiente. Non esistono pi gli ATIPG (Ambiti di Trasformazione di Interesse Pubblico e Generale) e anche gli ATP (Ambiti di Trasformazione Periurbani) sono stati fortemente ridimensionati. Fin qui nulla di clamoroso o inatteso. La scelta di limitare i nuovi volumi realizzabili era stata annunciata fin dagli inizi come uno degli obbiettivi di questa revisione del piano. Una scelta legittima e assolutamente politica. E quindi non desidero entrare nel merito. Ci sono per dei punti nelle nuove norme che mi lasciano perplesso. Per esempio nel DDP si dice allart. 4 che se per vari motivi anche negli ATP vi saranno diritti edificatori, questi potranno essere trasferiti nel Tessuto Urbano Consolidato (TUC), ma non negli ATU - Ambiti di Trasformazione Urbana - (che non si possono densificare). A mio parere sarebbe stato meglio lasciare questa seconda opzione dato che le aree degli ATU si prestano in generale meglio ad accogliere densit edilizie maggiori rispetto al TUC. Ma con lart. 5 che la faccenda si fa problematica. Spero di aver capito male io, ma temo che si sia peggiorato il meccanismo di garanzia per ledilizia sociale invece di migliorarlo. Cercate di seguirmi perch complicato. Ho spesso detto (in articoli e convegni) che nelle Norme Tecniche di Attuazione degli ATU cera un inghippo che riguardava la quota parte di edilizia sociale, per cui lo 0,35 mq/mq obbligatorio in realt si riduceva a un misero 0,1 mq/mq, per come era scritta la norma dato che il restante 0,25 mq/mq poteva essere convertito in funzioni diverse, che siano compensate dalla realizzazione di opere di interesse pubblico, individuate in sede di pianificazione attuativa, da realizzarsi anche allesterno dellambito di trasformazione interessato, purch a esso funzionalmente collegate. Il nuovo PGT giustamente cassa questa parte della norma e la riscrive sia riducendo lUt da 0,65 a 0,35 mq/mq sia modulando diversamente la quota di edilizia sociale, che rimane per la stessa del PGT Moratti (0,35 mq/mq). In pratica lo 0,35 si articola in a) un massimo di 0,20 mq/mq per edilizia convenzionata o agevolata o co-housing, b) un massimo di 0,10 mq/mq per edilizia in locazione convenzionata e c) un minimo di 0,05 mq/mq per edilizia sociale in locazione da realizzarsi in presenza di fondi pubblici, che per pu essere monetizzato o trasformato in edilizia come al punto a). Se non siete fuggiti di fronte a cotante contorsioni aspettate ancora un attimo. Per come scritta la norma, provo a pensare allipotesi pi sfavorevole, perch a pensare male diceva un tale. Dato che i punti a) e b) prevedono un massimo, ma non un minimo io posso anche fare 0 mq/mq di a) e b) e concentrare tutti gli 0,35 mq/mq al punto c) che prevede un minimo ma non un massimo. Peccato che il punto c) sia monetizzabile. E quindi niente pi edilizia sociale. Solo tanti soldini nelle casse del Comune. Sono io che penso male e sono malizioso? Magari mi sono perso nella complessit della norma. E gi questo potrebbe essere un indice di norma fatta male o poco chiara. O forse c un errore materiale? Perch non vorrei che qualcuno fosse portato a pensare che una giunta di sinistra abbia volontariamente redatto una norma che permette di bypassare lobbligo delledilizia sociale. Qui si fatto peggio della Moratti, se non ho compreso male. Sperem Termino qui, per il momento. Ma segnalo che il tema della citt metropolitana non mi pare pi presente rispetto alla versione precedente. Lo stesso discorso si pu estendere alle attivit produttive come ha chiaramente spiegato il professor Boatti la settimana scorsa. La mia prima impressione a caldo che il nuovo PGT rischi di essere peggiore di quello vecchio proprio perch si forma attraverso correzioni anche forzate dellimpianto precedente. Non basta dire che il piano prevede meno metri quadri per dire che migliore. Di pi. Di fronte a variazioni non solo quantitative ma anche qualitative mi chiedo se non sia il caso di riaprire la fase delle osservazioni. forse un piano che nasce a rischio di ricorsi per vizi formali? Considerata la professione del sindaco e dellassessore allurbanistica, sarebbe un bello smacco. Ribadisco quanto gi espresso in altre occasioni. Sarebbe stato pi opportuno rendere effettivo il PGT Moratti per poi procedere a una variante sostanziale, piuttosto che partorire frettolosamente questo che a prima impressione sembra un po pasticciato.

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Scrive Chiara Pellicciari a Diego Corrado e Gaetano Nicosia


Ringrazio per questo articolo che penso sia una goccia nel mare dell'impotenza e non tanto dell'indifferenza di noi cittadini. (Non il nostro voto, il voto di noi cittadini, che ha permesso il cambio di governo di questa citt). Ma il nuovo vento della politica sembra piuttosto debole, un impercettibile refolo davanti al desolante obbrobrio degli edifici in stato di abbandono. Centro e periferie deturpati da palazzi e grattacieli fatiscenti, da vetri rotti e saracinesche abbassate di esercizi commerciali andati in malora da tempo immemore, ben prima della crisi economica che stiamo vivendo in questi anni. In campagna elettorale sembrava che i politici portati dal vento nuovo non fossero ciechi ma vedessero, come vediamo noi, il degrado e che stabilire nuove regole (es: tassare i proprietari irresponsabili che non prendendosi cura dei loro beni non solo deturpano la citt ma mettono a serio rischio l'incolumit dei cittadini) per il rispetto del bene comune potesse diventare una priorit. Il Comune sembra avere altre priorit perci, il bene comune, come sempre, pu aspettare.

Scrive Giuseppe Vasta ad ArcipelagoMilano


Mi piacerebbe sapere quali sono le altre esperienze in citt italiane di perequazione "libera e sconfinata" sul modello di Milano, a cui fa riferimento l'Assessore De Cesaris nella sua risposta a M. C. Gibelli. Esempi di perequazione di comparto se ne conoscono da decenni, ma anche di perequazioni estese a tutte le aree a standard, con definizione per delle possibili aree di "atterraggio" o di criteri di trasferimento (con esiti pi o meno felici). Perequazioni come quella proposta ora a Milano, prive di criteri o di aree definite, in verit non ne ho mai viste. Conosco per solo un centinaio di piani regolatori e le norme urbanistiche di solo quattro o cinque Regioni, per cui pu darsi benissimo che sia ignoranza mia. Sarebbe quindi molto ineteressante sapere quali sono le esperienze di perequazione indifferenziata che hanno convinto l'Assessore ad applicare lo strumento in questa forma anche a Milano.

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Peter Grimes
Il Peter Grimes, dato alla Scala in questi ultimi giorni, non solo il capolavoro di Benjamin Britten ma anche lopera lirica pi importante scritta dopo il Wozzeck e la Lul di Alban Berg, e insieme a esse rappresenta il nuovo che ha caratterizzato il periodo fra le due guerre mondiali. Mentre lopera di Berg benedetta dalla Scuola di Darmstadt stata proposta e riproposta al pubblico di tutto il mondo, a partire dagli anni cinquanta, fino a farla apprezzare e spesso (e giustamente) amare, quella di Britten ha avuto sempre scarsissima accoglienza nellEuropa continentale; ha pagato la scarsa considerazione - con leccezione di Edward Elgar - di cui ha goduto la produzione musicale inglese dopo lepoca barocca di Henry Purcell e sofferto della grande reputazione della musica tedesca e russa. Eppure Britten ha tutti i titoli per stare al fianco della grande musica e il suo Grimes nel novero delle grandi opere liriche del novecento; recentemente abbiamo riferito di una magnifica Sinfonia da Requiem del 1939, eseguita allAuditorium, e oggi non possiamo che dire bene, anzi benissimo, di questo lavoro dato alla Scala. Peter Grimes unopera decisamente di sinistra: si svolge in un misero borgo di pescatori di una Inghilterra senza tempo - potrebbe essere dickensiana oppure di quegli stessi anni di guerra in cui fu scritta (1944 - 1945) - in un ambiente umanamente povero con comportamenti pi che elementari. Il protagonista un disgraziato che a causa del violento carattere e dei conseguenti misfatti raccoglie lodio e lesecrazione dei suoi ipocriti compaesani fino al punto di essere obbligato al suicidio. Il ventinovenne direttore dorchestra Robin Ticciati - come Antonio Pappano inglese ma di famiglia italiana - ha diretto lopera con grande sicurezza e con un controllo perfetto della scena e della buca, imponendo un ritmo elettrizzante e insieme rigorosissimo. Allievo di Sir Colin Davis e di Sir Simon Rattle, appartiene a questa nuova straordinaria generazione di direttori capaci di esprimere unautorevolezza e una consapevolezza che ancora pochi anni fa erano inimmaginabili in ragazzi cos giovani. Delle scene di Stewart Laing, che hanno restituito la greve atmosfera del quartiere popolare e della provincia inglese, lontana mille miglia dalla eleganza di Londra o dalla grazia dei vecchi villaggi contadini, non si pu che dire bene ma dobbiamo aggiungere una considerazione: lopera di Britten, non solo il racconto ma anche la stessa struttura musicale, pervasa dalla presenza del mare del Nord, dalla violenza che riverbera sugli uomini e dalla paura da cui sono dominati, ma nella versione scaligera vista in questi giorni il mare il grande assente, sostituito dai gabbiani appollaiati e affacciati sulla piazza dai tetti degli edifici, talvolta inopinatamente fermi ma con le ali spiegate. Troppo poco. Ottima anche la rega di Richard Jones, con qualche simpatico omaggio a Strehler nelluso delle luci e nei movimenti di scena, e magnifico il coro che - guidato musicalmente da Bruno Casoni ma costretto dal regista inglese a incredibili acrobazie - sembrava piuttosto un corpo di

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www.arcipelagomilano.org ballo. A loro volta i numerosi cantanti, in massima parte inglesi, con le voci adatte ed educate a parti spesso aspre e difficili, erano tutti perfettamente immedesimati nelle loro parti e molto convincenti. Forse la lingua inglese - come daltronde quella francese (si pensi alla Carmen) - meno adatta alla musica lirica di quella italiana o di quella tedesca (bastano per tutti Wagner e Verdi di cui il prossimo anno si celebrano entrambi i bicentenari della nascita) ma lottima recitazione ha avuto ragione della scarsa comprensibilit delle parole. Uno spettacolo che, dopo il tonfo di Tosca e qualche caduta di stile negli ultimi concerti, ha ridato il doveroso prestigio al nostro Teatro. Musica per una settimana *gioved 31, venerd 1 e domenica 3, allAuditorium, lOrchestra Verdi diretta da Darrel Ang esegue il Sogno di una notte di mezza estate e la Sinfonia n. 4 in la maggiore (lItaliana) di Mendelssohn; fra luno e laltra le Sacrae Synphoniae per soli, coro e orchestra di Flavio Testi (con Anna Carbonera soprano, Gianluca Bocchino tenore, Abramo Rosalen basso, e il coro della Verdi guidato da Erina Gambarini) *luned 4 alla Scala recital della mezzosoprano Elna Garana, accompagnata al pianoforte da Roger Vignoles, che eseguir lieder di Robert Schumann, Alban Berg e Richard Strauss *luned 4 al Conservatorio (Serate Musicali) lOrchestra del Conservatorio di Genova, diretta da Antonio Tappero Merlo, con il pianista Andrea Bacchetti, in un programma che prevede la Ouverture festiva per orchestra di hostakovi, la Rapsodia in blu di Gershwin, la Fantasia sulla Carmen di Bizet e il Bolero di Ravel *marted 5 e gioved 7 alla Scala le due ultime recite di Peter Grimes di Britten, di cui si parla in questa nota *mercoled 6 alla Scala la prima della Luisa Miller di Verdi diretta da Gianandrea Noseda per la rega di Mario Martone, con le scene di Sergio Tramonti, i costumi di Ursula Patzak e le luci di Pasquale Mari *mercoled 6 allAuditorium (per le Serate Musicali) il violinista Uto Ughi ed il pianista Marco Grisanti nel Trillo del diavolo di Tartini, la Sonata in fa maggiore di Mendelssohn, i Tre pezzi opera 42 di aikovskij e la Sonata n. 2 in re maggiore di Prokofev

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Bramantino: una mostra autoctona
Promossa e auto - prodotta dal Comune di Milano, quella di Bramantino potrebbe essere la prima di una serie di mostre rivoluzionarie, non tanto per la novit dei temi quanto per la modalit di produzione. A cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi, Bramantino a Milano unesposizione quasi monografica dei capolavori milanesi di Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino (1480 - 1530), da Vasari, che gli diede questo soprannome in qualit della sua ripresa dei modi di Donato Bramante, pittore e architetto al servizio di Ludovico il Moro. Che cosha di speciale questa mostra, nel cortile della Rocchetta, Castello Sforzesco, fino a settembre? Innanzitutto la gratuit dellingresso, il fatto che sia munita di due mini guide gratuite, complete di descrizione e dettagli storico - critici sulle opere in esposizione, e infine, il fatto che una mostra a chilometro zero. Tutte le opere presentate al pubblico provengono infatti da musei e collezioni milanesi: lAmbrosiana, Brera, la pinacoteca del Castello e la raccolta di stampe Bertarelli. Questa la grande novit. In un momento di crisi, in cui spesso le mostre sono di poca sostanza e si soliti attirare il pubblico con nomi di grandi artisti, senza presentarne per i capolavori, ecco che si preferito rinunciare ai prestiti esteri, impossibili per mancanza di fondi, e si voluto puntare e valorizzare solo pezzi cittadini di qualit. Compito facile visto che Milano conserva il nucleo pi cospicuo esistente al mondo di opere del Bramantino: dipinti su tavola e tela, arazzi, disegni, affreschi e lunica architettura da lui realizzata, la Cappella Trivulzio nella chiesa di San Nazaro in Brolo. Lesposizione si articola nelle due grandi Sale del Castello Sforzesco che ospitano gi importanti lavori dellartista. Nella Sala del Tesoro dove domina lArgo, il grande affresco realizzato intorno al 1490 e destinato a vegliare sul tesoro sforzesco, sono esposte una trentina di opere, dipinti e disegni, che permettono di capire lo svolgersi della carriere dellartista bergamasco: dalla Stampa Prevedari, un'incisione in rame che il milanese Bernardo Prevedari realizz su disegno di Bramante e che influenz per spazi e monumentalit lopera di Bramantino, allAdorazione del Bambino della Pinacoteca Ambrosiana, alla Madonna e Bambino tra i santi Ambrogio e Michele Arcangelo, con i due straordinari scorci dei corpi a terra. La soprastante Sala della Balla, che accoglie gli arazzi della collezione Trivulzio, acquisiti dal Comune nel 1935, presenta un allestimento completamente nuovo, che dispone i dodici grandi arazzi, dedicati ai mesi e creati per Gian Giacomo Trivulzio, in modo che si leghino tra loro nella sequenza dei gesti e delle stagioni. Un filmato documenta ci che non stato possibile trasportare in mostra: dalla Cappella Trivulzio alle Muse del Castello di Voghera, di cui Bramantino fu responsabile dei dipinti. Una mostra davvero a costo zero, come dichiara lo stesso Agosti. Gratis l'allestimento di Michele De Lucchi, Francesco Dondina ha realizzato gratuitamente l'immagine e il fotografo Mauro Magliani ha lavorato con fondi universitari. La promozione curata gratuitamente; il Fai e gli Amici di Brera hanno dato una mano per gli incontri e la struttura del Comune si rimessa ad agire in proprio in maniera eccellente. Una mostra tutto sommato facile, si gioca in casa, ma che proprio per questo ha un merito in pi: promuovere quello che sotto i nostri occhi tutti i giorni, valorizzarlo e dargli nuovo lustro. Bramantino a Milano - Castello Sforzesco, Cortile della Rocchetta, Sala del Tesoro - Sala della Balla - fino al 25 settembre orari:

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www.arcipelagomilano.org da marted a domenica dalle ore 9.00 alle 17.30. La Sala della Balla, al fine di consentire lo svolgimento di iniziative in programma, il 26 maggio e il 9 giugno chiuder alle ore 14.00, il 15 giugno rester chiusa tutto il giorno, mentre il 14 settembre chiuder alle ore 15.00.

Gli elementi di Brueghel il Vecchio


Rizmata la parola greca che significa radici. La us il filosofo Empedocle, vissuto a met del V secolo a.C., per indicare i quattro elementi fondamentali da cui sarebbe costituito luniverso intero: il fuoco, laria, lacqua e la terra. Rizmata anche il titolo della mostra presso la Pinacoteca Ambrosiana, che, dopo pi di 200 anni, riunisce quattro capolavori di Brueghel il Vecchio. I quattro elementi sono dipinti su rame creati tra il 1608 e il 1621, appositamente per il cardinale Federico Borromeo, gi fondatore della Biblioteca e della Pinacoteca Ambrosiana. Una amicizia di lunga data, iniziata nel 1592 a Roma, legava questi due grandi personaggi, che si rincontrarono a Milano tre anni dopo, prima che Brueghel tornasse definitivamente ad Anversa. Questa amicizia ci nota grazie al carteggio epistolare rimastoci, esposto in mostra, che illustra anche la genesi dei quattro dipinti. Il cardinale Federico, parlando di queste opere, le definiva di gran pregio e fonte di grande stupore, ricolme di dettagli e di meraviglie naturalistiche. I quattro elementi rimasero in Pinacoteca fino al 1796, quando Napoleone li requis insieme al Codice Atlantico di Leonardo e al manoscritto appartenuto a Petrarca, con le opere di Virgilio. Non un caso dunque che, insieme a questi due capolavori assoluti, i francesi si fossero presi anche i quattro preziosi dipinti. Con la caduta di Napoleone si affront anche il destino delle opere darte trafugate. Canova, emissario italiano, ottenne la restituzione di solamente due dei quattro dipinti: lallegoria del Fuoco e dellAcqua, mentre lAria e la Terra rimasero a Parigi. ancor pi di interesse dunque vederli oggi tutti riuniti, uno accanto allaltro, cos come si presentarono agli occhi del cardinal Borromeo, in un succedersi organico di suggestioni e dettagli. Nellallegoria del Fuoco, elemento indomabile, un incendio si sviluppa su un monte, mentre una fucina di fabbri forgia armi e armature lucenti, in una sorta di caotico museo, mentre tutto intorno creature demoniache si librano nellaria. Lallegoria della Terra sembra invece una sorta di Paradiso terrestre in cui animali di ogni specie e taglia, predatori e vittime, stanno luno accanto allaltro, in una vegetazione rigogliosa e fiorita. E in effetti questa opera dialoga anche con gli altri due dipinti fioriti di Brueghel, esposti sempre in Pinacoteca: i Fiori in un bicchiere e il Vaso di fiori, esposti nella sala VII. Lallegoria dellAcqua ci mostra invece un paesaggio quasi lacustre, con pesci, crostacei e molluschi, in cui una vecchia divinit seduta accanto ad un giovane, con conchiglie che sgorgano acque fresche. Larcobaleno richiama un mondo primordiale, quasi lalba della Creazione. LAria lallegoria che ha in s il pi forte elemento mitologico, con al centro una dea vestita solo da un drappo rosso, circondata da una miriade di volatili e da puttini che giocano con strumenti astronomici. Questo fu lultimo dei quattro elementi ad essere dipinto ed anche quello che pi, disse il cardinal Federico, lo aveva perfuso tutto di gioia. Piccole enciclopedie del tempo, quasi miniate con la precisione e lamore per i dettagli tipici dei pittori fiamminghi. Quando il cardinal Federico Borromeo commission a Jan Brueghel i dipinti pensava alla Natura come luogo dove era possibile leggere limpronta del Creatore spiega il curatore Marco Navoni Anzi, dalla Creazione era possibile e doveroso risalire al Creatore stesso, secondo quanto afferma san Paolo, allinizio della lettera ai Romani, dove si legge: Dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con lintelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinit. Ecco perch queste allegorie, di sapore un po profano ma commissionate da un uomo di Chiesa, risultano cos dense di significato ed erano cos amate dal cardinale stesso. Unoccasione per vederle riunite, fino al 1 luglio, prima che vengano separate di nuovo, cos come gi le vicende napoleoniche imposero. RIZMATA Terra, Aria, Acqua, Fuoco - Il Ritorno di Brueghel allAmbrosiana Pinacoteca Ambrosiana. Fino al 1 luglio 2012 Orari: Da Marted a Domenica dalle 10.00 alle 19.00 Prezzi: Solo mostra RIZMATA: Intero: 5 , Under 14: 0 (accompagnati da adulto) Mostra RIZMATA + Pinacoteca + Mostra Leonardo Codice Atlantico: Intero: 15 , Ridotto: 10

Marlene Dumas tra Stelline e Pasolini


Sorte una parola triste. Destino un po meglio. La Libert incastrata tra le due. Pi invecchi, pi ti muovi verso le ultime possibilit. Cos Marlene Dumas racconta la sua ultima fatica, Sorte, la mostra creata per la Fondazione Stelline di Milano. Quindici le opere nuove e inedite che lartista sudafricana, olandese di adozione, ha creato o scelto appositamente per adattarle al luogo dellesposizione. Pasolini, Cristo in croce, Amy Winehouse e le piccole ospiti dellantico orfanotrofio sono alcuni dei soggetti scelti dalla Dumas per raccontare le vite e i destini interrotti, ma non dimenticati, dei suoi protagonisti. Un intreccio indissolubile tra lantico ex convento, diventato ricovero per bambine abbandonate, e i dipinti dellartista. Invitata dalla Fondazione Stelline, Marlene Dumas ha consultato il vasto archivio fotografico della Fondazione e ha scelto tre immagini risalenti agli inizi del Novecento per trarne altrettanti dipinti. Nel primo una classe di ragazzine riunita intorno alla loro insegnante: vestite coi grembiuli chiari, sedute o in piedi, attorniano la maestra in abito scuro e guardano verso di noi, i volti quasi cancellati dal tempo ed evanescenti. Le altre due immagini, intitolate Stellina e Destino, ritraggono invece due bambine, le stelline appunto, come erano chiamate le ospiti dellorfanotrofio, con la divisa usata nelle uscite ufficiali. Stellina e Destino mi ricordano una fotografia di mia madre da bambina. Vecchie immagini di giovani ragazze, che oggi non fanno pi parte di questo mondo, ma che allora avevano ancora il futuro e la fortuna intatti davanti a loro, spiega la Dumas stessa. Il passato non si pu distruggere, sempre presente, come sempre sar, in questi luoghi, lo spirito di tutte le stelline che ci hanno abitato.

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www.arcipelagomilano.org Altro filone tematico dellesposizione Pier Paolo Pasolini, al quale la Dumas aveva gi dedicato fra il 1989 e il 1990 la Pasolini Series. Un confronto/scontro tra i crocifissi della serie Forsaken (con riferimento alle parole che Cristo in croce rivolge al Dio padre: Perch mi hai abbandonato?) e i ritratti del grande regista scrittore: come il crocifisso mostra labbandono del Figlio da parte del Padre e quindi il senso di solitudine e vuoto, Pasolini, figura tragica a causa della sua morte violenta, tuttavia ritratto accanto alla madre Susanna, in una contrapposizione tra il rapporto paterno, legato alla morte, e quello materno legato alla vita. Ma c anche unopera che combina e riunisce insieme questi rapporti: la Piet Rondanini di Michelangelo, con una madre straziata dal dolore che tenta di sostenere il peso, troppo grande, del corpo morto del figlio, quasi per inglobarlo di nuovo in s. Nella visione laica di Marlene Dumas per il crocifisso e la Piet non sono simboli religiosi ma segni universali in cui la fede si unisce alla tragedia, e lamore interagisce con il dolore, spiega il curatore Giorgio Verzotti. A questi personaggi storici si aggiunge anche la cantante da poco scomparsa Amy Winehouse, morta quando la Dumas stava portando a completamento la serie dei Forsaken. Una ragazza troppo fragile, nonostante gli eccessi, e che diventa simbolo e immagine di un dolore e una sofferenza portati alla esasperazione. Conclude lesposizione il film Miss Interpreted (Marlene Dumas) (1997), realizzato e diretto da Rudolf Evenhuis e Joost Verhey, in una versione postprodotta in italiano appositamente per la mostra. Marlene Dumas fino al 17 giugno 2012, Fondazione Stelline corso Magenta Milano orari: marted domenica, 10 20, biglietti: intero 8; ridotto 6; scuole 3.

Aspettando il museo: gli artisti di ACACIA


ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea, unassociazione privata che riunisce al suo interno collezionisti e amanti darte, e che, nel suo insieme, incarna una sorta di super collezionista, attivo e attento alle tendenze artistiche. La promozione e il sostegno dellarte e del lavoro di giovani artisti italiani tra gli scopi principali dellassociazione, ed per questo motivo che, fin dalle sue origini, nove anni fa, il nucleo di opere comprate dai singoli collezionisti e messo a disposizione dellassociazione ha un grande e mirabile scopo: la creazione di una collezione di opere darte contemporanea da esporre a Milano nel futuro e presto auspicabile museo di arte contemporanea. Ecco dunque nascere la seconda edizione della mostra, esposta a Palazzo Reale, comprendente circa trenta opere di artisti internazionali e di primissimo piano: Mario Air (vincitore della prima edizione del Premio ACACIA), Rosa Barba, Vanessa Beecroft, Gianni Caravaggio, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Francesco Gennari, Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Adrian Paci, Paola Pivi, Ettore Spalletti, Grazia Toderi, Luca Trevisani, Marcella Vanzo, Nico Vascellari e Francesco Vezzoli. Opere darte che esplorano, com tipico dellarte contemporanea, tutti i medium e i supporti possibili: dalla fotografia ai video, dalla pittura alla scultura fino allinstallazione. Aprendo al pubblico la nostra raccolta vogliamo certamente proporre un evento culturale strettamente connesso al tempo che stiamo vivendo ma, nello stesso momento, iniziare un dialogo attivo e propositivo, perch larte contemporanea non rimanga appannaggio di pochi, bens sia promossa, conservata e tutelata. Questo il proposito di Gemma de Angelis Testa, presidente e fondatrice di ACACIA. Una sorta di mecenatismo collettivo dunque, tutto a favore della citt, che permette da una parte di comprare arte per il futuro museo, e dallaltra la conoscenza e la promozione dellarte e degli artisti pi importanti del panorama contemporaneo, con lobiettivo di essere capace di rispecchiare la contemporaneit e le sue dinamiche, un polo divulgativo in grado di trasmettere al suo pubblico formato da vari livelli culturali, la conoscenza dellarte, conclude De Angelis Testa. La mostra presenta anche per la prima volta al pubblico il lavoro di Rosa Barba, vincitrice del Premio ACACIA 2012: Theory in order to Shed Light. I suoi lavori, definiti sculture filmiche, sono il mezzo con cui lartista ama esprimersi, attraverso luso del video che viene smembrato nei suoi elementi strutturali: parole, musica, immagini e luce. La parola la parte che pi interessa Rosa Barba: frasi intere o testi vengono proiettati sulle pareti, accompagnati dal commento di voci fuori campo o dalla musica, utilizzando vecchi proiettori cinematografici collegati a strumentazioni di moderna tecnologia. In attesa dei grandi lavori, anche museali, per lExpo 2015, accontentiamoci per ora di avere un assaggio darte di quello che vedremo in pi adeguata sede. Gli artisti italiani della Collezione ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea Palazzo Reale fino al 24 giugno. Ingresso gratuito Luned: 14.30_19.30 Marted, Mercoled, Venerd e Domenica: 9.30_19.30 Gioved e Sabato: 9.30_22.30

Marina is present
Questa settimana il mondo dellarte milanese ha mormorato sempre e solo un nome: Marina. E la signora in questione riconosciuta internazionalmente come la regina delle performer, Leone dOro alla Biennale di Venezia del 1997, creatrice di performance scandalose e provocatorie. Va in scena Marina Abramovi. Si aperta con grande eco internazionale The Abramovi Method, un evento a met tra la retrospettiva e la presentazione di un grande, impegnativo nuovo lavoro dellartista serba. Questo nuova opera nasce da una riflessione che Marina Abramovi ha sviluppato partendo dalle sue ultime tre performance: The House With the Ocean View (2002), Seven Easy Pieces (2005) e The Artist is Present (2010), esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico. Nella mia esperienza, maturata in quaranta anni di carriera, sono arrivata alla conclusione che il pubblico gioca un ruolo molto importante, direi cruciale, nella performance, dichiara la Abramovi. Senza il pubblico, la performance non ha alcun senso perch, come sosteneva Duchamp, il pubblico a completare lopera darte. Nel caso della per-

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www.arcipelagomilano.org formance, direi che pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili. E allora ecco che questa volta il pubblico diventa totalmente protagonista e attore. Una ventina di volontari, guidati dalle indicazioni della Abramovi e dei suoi assistenti, prendono posto in installazioni che ricordano le tre principali posizioni usate dalluomo: lo stare in piedi, sdraiati o seduti. Seguendo le indicazioni dellartista, vestiti di camici bianchi e di cuffie insonorizzanti, i protagonisti dellAbramovi Method sono tenuti a stare 30 minuti in ogni posizione, in un percorso fisico e mentale il cui scopo quello di espandere i propri sensi, osservare, imparare ad ascoltare e ad ascoltarsi. Ma anche il pubblico protagonista. Per enfatizzare il ruolo ambivalente di osservatore e osservato, di attore e spettatore, centrale ai fini del concetto stesso di performance, Marina Abramovi mette alla prova il pubblico anche nellatto apparentemente semplice dellosservazione: una serie di telescopi permettono infatti ai visitatori di osservare dallalto della balconata del PAC i protagonisti dellevento, concentrandosi su alcuni particolari. Una scelta non facile quella di partecipare alla performance, che richiede grande forza di volont e anche un pizzico di resistenza fisica, oltre che la consapevolezza di donare un paio dore del proprio tempo allarte e alla riflessione sulle nostre percezioni. Ma dinteressante c anche il lavoro The artist is present, video e riproduzioni della monumentale performance del 2010 che la Abramovi fece al MoMA di New York. Per tre mesi, sette ore al giorno, la Abramovi stata immobile e in silenzio davanti a oltre 1400 persone che, una alla volta, hanno avuto loccasione di sedersi davanti a lei, seduta in assoluto silenzio a un tavolo nellatrio del museo. I visitatori potevano sedersi di fronte a lei per tutto il tempo desiderato, e mentre lartista non aveva alcuna reazione di fronte ai partecipanti, la loro reazione era invece il completamento dellopera, permettendo ai visitatori di vivere unesperienza intima con lartista. Immagini emozionanti, che mostrano come ogni essere umano reagisca in modi assolutamente diversi: chi rideva, chi stava serio, chi aveva una faccia dubbiosa e coloro che invece, molti, si lasciavano andare alle emozioni, piangendo silenziosamente davanti allartista. Concludono il percorso una selezione di video con le performance pi famose della Abramovi, come Dozing Consciousness, 1997, Nude with Skeleton, 2002, Cleaning the Mirror I e II, 1995, The Kitchen. Homage To Saint Therese, 2010 e tanti altri. La scoperta di Marina Abramovic continua poi presso la galleria Lia Rumma, con la personale With eyes closed I see Happyness, fino al 5 maggio. Marina Abramovi - The Abramovi Method - fino al 10 giugno orari: luned 14.30 19.30, da marted a domenica 9.30 19.30, gioved 9.30 22.30; orari turni performance: luned 15.00/ 17.30, dal marted alla domenica 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30; gioved 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30/ 20.00;costi: biglietto unico performance + mostra dal 25 marzo: 12 Biglietto mostra: 8 intero, 6 ridotto

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Obbedienza e Libert Critica e rinnovamento della coscienza cristiana
Vito Mancuso Fazi Editore, aprile 2012 pp.216, euro 15
Mai come in questo momento storico, di forti turbative all'interno della Chiesa di Roma, diventa illuminante un libro coraggioso come quello del giovane teologo ribelle Vito Mancuso, dal titolo Obbedienza e libert, ove i due termini sono posti in relazione armonica, e non subordinata, per un primato della coscienza individuale. Sin dalle prime pagine l'autore espone il senso del suo libro. Egli si chiede qual'e la causa di quel diffuso senso di malessere dell'intelligenza, nei confronti della religione cattolica, che serpeggia oggi in Occidente e di cui parlava gi Simone Weil? Per potere risolvere il quesito egli propone un discorso sul metodo, non pi basato sul principio di autorit, ma di autenticit, le cui due condizioni preliminari sono la libert della mente e l'amore della verit, entrambi forieri di possibili eresie, intese come scelte, dal temine greco haresis L'autore osa sottoporre il magistero della Chiesa alla sua analisi critica e le imputa una inadeguatezza di fondo nel realizzare quello che, secondo l'insegnamento di Cristo = amore, dovrebbe essere il massimo desiderio del vero cristiano, amouriser le monde (Teilhard de Chardin). Inadeguatezza dovuta a una dottrina ecclesiale incoerente e antiquata, legata a una visione del mondo e dell'uomo superata, l'ortodossia appunto lontana dalla prassi. Vedi nel campo della bioetica, della morale sessuale, dei divorziati. E la principale causa della malattia della Chiesa da ricercarsi nella sua concezione del potere, asservito a interessi politici contingenti profani, quello stesso potere contro il quale lottava Cristo e a causa del quale morto. E non lui solo. Mancuso non ha timore di fare emergere i problemi causati dalla menzogna e da secoli di sangue da parte di quelli che gi all'epoca di Dante erano qualificati dottori magni che son derelitti (Dante Paradiso IX, 133). Significativo a questo proposito l'elenco provvisorio in Appendice del testo, di quegli italiani, eroi della libert, (dei quali il pi noto Giordano Bruno) che si opponevano strenuamente ai diktat della Chiesa del loro tempo, uccisi in quanto eretici dall'Inquisizione. L'autore auspica dunque una libera teologia, intesa come libera ricerca spirituale per avvicinare i cattolici alla volont originaria del Maestro verso una vita spirituale pi evangelica, per liberarsi, grazie alla bont dell'intelligenza, dalla triplice catena che ci rende schiavi, la catena del cibo, del sesso, del successo sociale. Una teologia laica, che nasce dalla fede, ma il cui criterio ultimo non la dottrina, ma il bene comune, per una nuova equazione: non pi verit = dottrina, ma verit dottrina = bene, per un primato spirituale, non dogmatico.

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Mancuso ricorda che Ges stesso non la verit, ma piuttosto la via vera verso la verit, in funzione della verit, come dal noto passo di Giovanni 14,6: Io sono la via, la verit e la vita, e ancora Quando verr lo Spirito della verit, lui vi guider a tutta la verit(Giovanni 16,13). Quanto detto conduce a una visione non statica e dottrinale della verit, ma fisica e dinamica.Del resto verit deriva da ver che significa in latino

primavera, e cio generazione continua di vita. Una moltitudine di pensieri germinano dalle pagine di Mancuso, che non dato in poche righe sunteggiare. Certo piace l'idea di una teologia della relazione, dove all'impassibilit di Dio si contrappone il continuo mutare ed evolversi del mondo e quindi della relazione mondo - Dio, in una creazione continua dell'essere - energia, dove il logos sempre all'opera. E ancora

piace la considerazione che Dio non ha bisogno del sangue per salvare gli uomini, perch la salvezza da sempre presente nella creazione. Infatti la morte delle specie viventi, vegetali e animali, gi esisteva milioni di anni prima che comparisse l'uomo, da cui deriva che la morte non possa essere il castigo per la colpa del peccato originale. Quanto basta per fare gridare all'eretico. Con buona pace degli atei e degli agnostici.

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Rosso


di John Logan traduzione Matteo Colombo regia Francesco Frongia con Ferdinando Bruni e Alejandro Bruni Ocaa luci Nando Frigerio produzione Teatro dellElfo
Di una cosa sola al mondo io ho paura, amico mio che un giorno il nero inghiotta il rosso. John Logan, sceneggiatore di grandi successi hollywoodiani come Ogni maledetta domenica e Il gladiatore, dimostra tutta la sua abilit nel riuscire a portare in scena una persona realmente esistita (il pittore Mark Rothko) trasformandolo in un personaggio teatrale assolutamente credibile, facendo emergere la sua personalit le idee, le contraddizioni e il carattere attraverso il confronto con il suo aiutante Ken, unaspirante pittore che non riuscir, in pi di due anni di rapporto quotidiano con Rothko, a fargli vedere un proprio quadro. Logan si concentra sul periodo della vita del pittore in cui, nel 1958, gli viene commissionata una serie di quadri per il ristorante Four Season di New York. Il testo funziona bene perch i nodi tematici e i rapporti personali emergono sempre in relazione alla pittura di questi quadri, che Rothko esita a fare, contempla, e su cui filosofeggia chiedendo a Ken di fargli da spalla nel dialogo, di dargli la battuta; e Ken lo fa, prima con voce rotta e deferente, poi acquisendo sempre pi sicurezza fino ad arrivare a dialogare davvero con lui, anche prima che Rothko lo riconosca come uomo e non come semplice aiutante/spalla. Rothko vorrebbe intrappolare losservatore in una stanza in cui tutte le porte e le finestre sono murate, in cui lunica cosa che gli resti da fare sia sbattere la testa contro i muri. Il pittore vorrebbe creare un tempio per i suoi quadri, per il suo rosso, ma quel tempio come gli fa notare Ken, prima con rispettosa ironia e poi con irritazione non altro che un ristorante in cui persone facoltose singozzano muovendo le fauci, fanno stridere le forchette sui piatti e parlano, parlano, parlano. I quadri di Rothko non sarebbero altro che un addobbo, una decorazione e Ken accusa il pittore di saperlo benissimo, da sempre, da quando ha accettato, e di averlo fatto solo per orgoglio. Il rapporto fra i due cresce durante gli anni, ma non come ci si aspetterebbe, cresce in maniera originale, per sbalzi, attraverso liti e avvicinamenti, momenti in cui il maestro e laiutante si confrontano quasi alla pari e altri in cui il ruolo e let li dividono ponendoli su due sponde opposte dello stesso fiume. Il fiume larte, la concezione di creazione e di creativit, il filo conduttore di tutto lo spettacolo: i giovani che scalzano i vecchi e che a loro volta diventano i vecchi da scalzare. In questo dialogo sullarte si pu leggere anche un meta-teatrale passaggio di consegne in cui lattore affermato e di indiscusso talento, Ferdinando Bruni, accompagna il giovane collega / allievo Alejandro Bruni Ocaa, bravissimo e allaltezza della parte, verso il futuro, cos come Rothko, licenziando Ken nel momento in cui la prima volta che per me esisti davvero, lo spinge a cercare, trovare e seguire una sua strada. Uno spettacolo emozionante, diretto da Francesco Frongia con una grande attenzione estetica agli spazi e alle luci (e non sarebbe potuto essere diversamente, visto che di spazi e luci si parla per gran parte del tempo), dove la sintonia fra i due attori in scena trasforma un bel testo in materia viva. Teatro Elfo Puccini dall8 maggio al 3 giugno. In scena Al Teatro Out Off fino al 3 giugno LAdalgisa di Carlo Emilio Gadda, regia di Lorenzo Loris. Al Piccolo Teatro Grassi La battaglia di Legnano, della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & figli, in scena fino al 10 giugno. AllElfo dal 22 maggio al 3 giugno Angels in America di Tony Kushner, regia di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani.

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CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Cosmopolis


di David Cronenberg con: Robert Pattinson, Samantha Morton, Juliette Binoche, Paul Giamatti, Sarah Gadon
C' un dentro e c' un fuori in Cosmopolis [Francia / Canada / Portogallo / Italia, 2012, 108'] di David Cronenberg. Dentro c Eric Packer (Robert Pattinson), giovane genio della finanza, che vive blindato nella sua limousine, dominando dal suo sedile-trono il microcosmo creato ad arte per lui. Quello che sta fuori lo vediamo scorrere dai finestrini e dal lunotto posteriore della macchina di Eric: un mondo in rivolta, immagine calzante della contemporanea crisi economica. Uno spettro si aggira per il mondo, il grido diffuso per le strade deliranti di violenza e agitazione; pi o meno con le stesse parole, nel 1848, Karl Marx apriva profeticamente il Manifesto del Partito Comunista. Cos Eric si aggira per il mondo, allinterno della sua limousine, affrontando un lento ma inesorabile viaggio verso lautodistruzione. un viaggio in quella postmodernit che Jean Franois Lyotard defin come un periodo caratterizzato dalla sfaldamento delle certezze, dalla rapidit delle informazioni che incalzano identit e tempo, e dallo sviluppo tecnologico che porta addirittura a superare le profezie marxiste. Cronenberg, partendo dal romanzo di Don DeLillo del 2003, mette in scena lintossicazione iconica allo stadio finale. Se in Videodrome [1983] la metastasi creata dallimmagine televisiva sfociava in mutazione, ora la metamorfosi completa. Ma non c esplosione corporea, non c fusione carnale. I dialoghi in Cosmopolis sono flussi di informazione che non portano a risposte, non prevedono confronto e relazione. C soltanto passaggio di informazione. E linformazione rapida, pi veloce delle persone che si trovano a gestirla: un ammasso di dati, incontrollabile e devastante, in un mondo in cui ormai lintangibile a dominare. Cronenberg supera eXistenZ [1999] dove, ricalcando le teorie di Marshall McLuhan, aveva utilizzato i media come estensione del corpo e arriva a fare dell'uomo lo strumento stesso di comunicazione. Ma, in questo caso, la parola non dice pi nulla. Siamo allHorror Pleni di Gillo Dorfles, dove la saturazione della comunicazione arrivata al dominio di creature virtuali. Lorrore di Cosmopolis bello: il mutato avvenente, ricco, lontano dall'orrore viscerale di La mosca [1986]. Eric all'apparenza perfetto, freddo, cinico. In realt, qualcosa sottopelle si nasconde: l'imperfezione una covata malefica pronta a esplodere. Metaforicamente rappresentata ancora una volta dal corpo del protagonista. Eric ha una deviazione della prostata, ed questa imperfezione che condiziona la sua impotenza: non raggiunge il suo obiettivo, non si taglia i capelli, non fa sesso con la moglie, la limousine si muove a fatica ed sempre ostacolata. Di quel dentro, allora, Eric non poi tanto Re come crede. Come il Max Renn di Videodrome pare sicuro e determinato allinizio, ma alla fine il suo equilibrio cede allasimmetria, allimperfezione. Anche il suo cosmo viene sconvolto e irrimediabilmente condizionato dalla confusione. Eric, forse, prende coscienza che quel dentro fatto di calcolo, aridit e dollari virtuali la causa stessa del suo smarrimento. La sua mente, il suo essere. Abbandona la limousine, rompe la sua gabbia (come Ted Pikul in eXistenZ), e porta a compimento il viaggio proustiano l fuori dove lautodistruzione potrebbe portare, citando Marcel Proust, ad avere nuovi occhi. Gloria e vita alla nuova carne, verrebbe da dire. Paolo Schipani In sala: The Space Cinema Milano Odeon, Apollo spazioCinema, Anteo spazioCinema, Colosseo, Orfeo Multisala, UCI Cinemas Bicocca, Plinius multisala, The Space Cinema Rozzano, UCI Cinemas MilanoFiori, UCI Cinemas Certosa, Skyline Multiplex, Le Giraffe Multisala, UCI Cinemas Pioltello, The Space Cinema Vimercate - Le Torri Bianche, The Space Cinema Cerro Maggiore, Arcadia Bellinzago Lombardo

Il pescatore di sogni
di Lasse Hallstrm [Salmon fishing in the Yemen, Gran Bretagna, 2012, 102] con Ewan Mc Gregor, Emily Blunt, Kristin Scott Thomas, Amr Waked
Alfred Jones (Ewan Mc Gregor) uno studioso pigro e sommesso. Il rapporto distaccato con la moglie e la carriera di ricercatore, ferma ai fasti dell'invenzione di un'esca, sono segni evidenti di una personalit remissiva. Non ha nessuna intenzione di dare seguito alle bizzarre richieste di collaborazione della giovane e determinata Harriet Chetwode - Talbot (Emily Blunt) per la realizzazione di uno dei pi insoliti progetti che una mente umana potesse ideare: pescare i salmoni nello Yemen. Il folle sogno di uno sceicco, ai suoi occhi, non nient'altro che l'ennesimo capriccio di qualcuno che non n. 20 IV 30 maggio 2012 capisce che il denaro non pu comprare i fenomeni naturali. La diabolica e frenetica responsabile dell'ufficio stampa del primo ministro (Kristin Scott Thomas) ha, tuttavia, la disperata necessit di una buona notizia dal Medio Oriente per oscurare le tragedie del contingente britannico nella guerra in Afghanistan. Le ragioni di Stato non si fermano di fronte alla svogliatezza del dottor Alfred e alle feroci contestazioni dei pescatori locali. L'opinione pubblica non pu essere lasciata in balia di cattive notizie. I mezzi di informazione hanno il potere di manipolare la percezione della realt e questi pesci, unici per forza di volont, risalendo le calde acque dello Yemen, hanno il compito di diventare un'inconsapevole arma di distrazione di massa. Lasse Hallstrm, regista de Il pescatore di sogni, ha scelto di non vincolare la sua ultima pellicola a un unico genere cinematografico. Lo sfondo sentimentale di una sofferta, quanto prevedibile, storia d'amore intervallato da una brillante satira politica che ha come indiscussa protagonista una Kristin Scott Thomas cos istintivamente a sua agio nei panni del cinico burattinaio della comunicazione. La sua interpretazione, insieme a quella di Ewan Mc Gregor, d consistenza alla pellicola 19

www.arcipelagomilano.org altrimenti troppo debole per risalire la corrente. Marco Santarpia

In sala a Milano: Colosseo, Arlecchino, UCI Cinemas Bicocca, UCI Cinemas Certosa

GALLERY

VIDEO

LUCIA DE CESARIS: PGT,NUOVA CITT, VUOTI E UN BIGINO http://www.youtube.com/watch?v=FChtSe7_tCg

LA PARTECIPAZIONE CHE VORREI: LEPERIENZA DI RAVENNA http://www.youtube.com/watch?v=rJYQns517rY

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