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numero 16 anno IV - 2 maggio 2012

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L.B.G. FORMIGONI E I POTERI DEBOLI Giuseppe Ucciero IL PD. I CITTADINI E I SOLDI Guido Martinotti E ADDESSO POVERUOMO? IL LEGHISMO AL BIVIO Valerio Federico MULTIUTILITIES: I GIGANTI DELLA POLITICA LOCALE Jacopo Gardella FINE DEL DIALOGO SU DARSENA E NAVIGLI FRA UN URBANISTA (B) E UN ARCHITETTO (A) Ilaria Li Vigni PENDOLARI: I DIRITTI DI UNA CITT IN MOVIMENTO Rita Bramante MEDIA STUDENTESCHI: W LA CARTA STAMPATA Valentino Ballabio SPENDING REVIEW LOCALE: AVANTI TUTTA Francesco Spadaro I RADICALI, I CONCORSI E BONESSA Gianni Zenoni CORSO EUROPA, INCERTEZZE URBANE Marco Ponti TRE NOTIZIE SUI TRASPORTI MILANESI Massimo Cingolani ESODATI A MILANO

VIDEO ALDO BASSETTI: LA GRANDE BRERA, SENZA INDUGI COLONNA SONORA Greg Laswell COMES AND GOES Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

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FORMIGONI E I POTERI DEBOLI Luca Beltrami Gadola


La caduta di un regime e del suo capo ha sempre qualcosa di patetico oltre che di drammatico. Patetico il capo che cade e che negli ultimi suoi atti cerca di allontanare da s le colpe addossandole ad altri e pure patetico chi cerca allultimo istante di prendere le distanze per non venir contagiato. In ordine di tempo esemplare la lettera che ha scritto a Repubblica ieri Don Julian Carron, presidente della Fraternit di Comunione e Liberazione per prendere le distanze, con parsimonia per altro, da Formigoni e dai suoi corrotti famigli. Su quella lettera ci sarebbe molto da dire per il tono e per il contenuto, per la visione del mondo che ne traspare e per il linguaggio usato. Su una sola affermazione mi voglio fermare. Solo cos nel mondo potremo essere una presenza diversa, come tanti di noi testimoniano nel loro ambiente di lavoro, in universit, nelle vita sociale e in politica o con gli amici, per il desiderio che la fede non sia ridotta al privato. Trapela da queste parole non solo il desiderio di essere diversi, e gi questo non piace - di diversi e delle loro azioni ne abbiamo gi visto ma anche il sottinteso che questa loro rivendicarsi diversi incorpori automaticamente il concetto di migliori. E anche di migliori ne abbiamo gi sentito parlare e visto. Qui non solo non si sfiora nemmeno il concetto di laicit della politica e dello Stato, ma nelle parole la si nega. Quanto lumanit abbia pagato ai diversi e ai migliori nella memoria di tutti, forse non dei pi giovani ai quali non mai tardi per rammentarlo. Ma torniamo a lui, al Celeste. Sono vittima di una congiura dei poteri forti. Anche lui come tutti quelli che negli ultimi tempi lhanno preceduto nella parabola discendente. Anche da lui vorremmo qualche chiarimento: chi e dove stanno i poteri forti che insidiano il suo trono? Non certo nel mondo della sanit privata che costituisce uno dei poli economici pi forti in Lombardia e che vedranno la sua scomparsa come una iattura. Non certo i poteri forti del settore immobiliare, che nella Regione, nelle sue leggi e nei suoi compagni di fede, assessori o deputati, hanno visto il pi sicuro baluardo ai loro affari, gente tutta che non bada, tra laltro, tanto al colore delle idee e delle fedi quanto alla malleabilit. Non certo questo mondo finanziario che sugli affari poco limpidi cresciuto e si sviluppato e che si augura solo di poter proseguire. Allora chi? Alcuni autorevoli giornali? Cinicamente potremmo dire che sulla cronaca degli illeciti ci campano anche e quindi perch uccidere la gallina dalle uova doro? La verit sta forse altrove. I suoi nemici sono i poteri deboli, quelli rappresentati dai professionisti che sono stati messi da parte per favorire gli accoliti, gli imprenditori che si sono visti fatti fuori dalle commesse pubbliche e in molti casi anche private per far largo alla Compagnia delle Opere, le cooperative sociali che non hanno ricevuto quel che si meritavano perch gravitanti al di fuori del cerchio magico di CdO e CL. Inutile proseguire in un elenco che comprende il grande mondo degli esclusi dal regime formigoniano. Per finire, se anche cos non fosse, se ci fosse invece una congiura, bisognerebbe solo chiamarla una lotta di potere, tra poteri forti, tra i quali CdO e CL non sono da meno di altri per forza e per potere. Dunque Formigoni si metta lanimo in pace, chi di potenza ferisce di potenza perisce. Quando ero ragazzino e frequentavo ancora il confessionale, il buon prete di campagna, si era sfollati, mi chiedeva sempre: Hai frequentato cattive compagnie? Io non capivo a cosa alludesse perch pensavo che tutti fossimo uguali e buoni. Era una domanda di rito? Il confessore la fa a Formigoni?

IL PD, I CITTADINI E I SOLDI Giuseppe Ucciero


Domenica 21 aprile, Rosy Bindi ha ragionato con la platea della Conferenza Programmatica del PD a Milano su molte cose. Tra queste sul finanziamento pubblico ai partiti, insomma dei soldi. Si era curiosi, ma alla fine non tutti soddisfatti, delle ragioni in favore del s presentate da unesponente pur tanto autorevole e specchiata. In effetti, qualche giorno dopo il PD, proponendo di dimezzare i rimborsi, ha dato argomenti ai sostenitori del no e a quelli del s: molti meno soldi certo, ma lasciando in vita il rimborso elettorale ai partiti. Resta per alla fine un senso di ambiguit e di irrisolto: se infatti, di quei soldi vi era bisogno prima, non si capisce per quale motivo non ve ne sia pi ora: o si sbagliava prima nellaccettarli, o si sbaglia adesso nel dimezzarli. Si dice che la Politica costa e che quindi, senza finanziamento pubblico dei partiti, destinata a prevalere la parte politica che pi facilmente ne dispone. Che la Politica costi certo un fatto. Ma che il finanziamento pubblico sia lunica modalit attraverso cui reperire le risorse in un gioco che preservi lequilibrio delle forze in campo non altrettanto incontestabile. Ma andiamo per gradi, e fissiamo un punto che per tutti i partiti, ma soprattutto per il centrosinistra, dovrebbe essere incontrovertibile e cio che la volont del popolo sovrano deve essere rispettata, specie quando produce effetti sgradevoli per i suoi destinatari, senn non si capisce dove stia il senso di una regola, specie se costituzionale. Su questo punto, il popolo italiano si gi espresso con grande chiarezza e da quel momento tutti i tentativi, ancorch riusciti materialmente, di reintrodurre il pagamento a carico della collettivit di somme di denaro a favore della politica, hanno un che di surrettizio. Oggi la politica non si finanzia pi, formalmente, come budget per la sua azione ordinaria, ma come rimborso per le occasionali spese elettorali. Lescamotage faticosamente costruito la prova provata della irriducibilit del sistema dei partiti, proprio come sistema, a fare propria senza riserve la decisione popolare: a fronte di una spe-

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sa per 100, la media delle spese elettorali certificate si aggira attorno al 20%. Evidentemente l80% residuo va altrove, nella migliore delle ipotesi a sostenere la struttura politica permanente, nel peggiore raggiri e intrallazzi ahim bipartisan. accettabile questo? accettabile la rottura, nella relazione tra cittadino contribuente e partito percettore di contributi, dello stesso presupposto di buona fede che ne dovrebbe ispirare i rapporti? Si pu invocare a scusante lo stato di necessit o di minorit di fronte alla strapotenza finanziaria dellavversario? Obtorto collo, anche i pi strenui sostenitori dellattuale sistema condividono nelle segrete stanze queste elementari considerazioni, salvo riprendere il tema irrisolvibile dellonerosit della politica, e la necessit vitale, specie a sinistra, di contare sulle risorse pubbliche per contrastare le plutocrazie del campo avverso. Dunque, rieccoci al punto: la politica costa, specie per chi non ha soldi. Lintervento del pubblico sarebbe necessario per mantenere le condizioni di equit su di un mercato, quello della politica, dove competono soggetti evidentemente squilibrati quanto a risorse. accettabile questo punto di vista? fondato non nelle sue premesse ma nelle sue conseguenze? E coglie poi il punto essenziale su cui oggi si gioca la competizione elettorale? Guardiamo ai fatti, o meglio ai numeri, e stiamo pure nella nostra modesta arena locale. Quanti milioni ha speso Letizia Moratti, quanti Giuliano Pisapia e com finita? Ragionamento banale, qualcuno dir, ma la sua elementarit logica definisce con chiarezza il concetto basico per cui la potenza finanziaria non di per s garanzia di successo in politica. Vi qui unirriducibilit della politica alle ragioni del denaro che la connota come ambito specifico della societ e che ci fa comprendere come, nella sua natura pi profonda, la politica corrisponda a bisogni reali che la pi possente e sofisticata campagna di comunicazione non riesce a manipolare sistematicamente. E daltro lato, chiediamoci se in realt

lo squilibrio del sistema possa essere arginato meglio aumentando le risorse pubbliche a tutti i partiti, e quindi anche a quelli pi ricchi, o se non sia pi efficace una regolazione dei budget e delluso degli spazi sui mezzi di comunicazione. Ma vi qualcosa daltro, e se si vuole di pi inquietante, nella dipendenza dei partiti e specie del centrosinistra, proprio per la sua natura democratica, dalla mammella pubblica. Se il Partito un momento associativo di persone libere che si prefiggono di contribuire al benessere generale, se insomma la loro ragion dessere, diremmo la ragione sociale (la ditta per Bersani), la capacit di unirsi e di unire tante altre persone su di un piede di parit, come non vedere che proprio il chiedere e il dare qualcosa di materialmente proprio come il denaro (oltre che il tempo e la passione) esattamente la cifra che distingue un tale partito da unaccolita di prezzolati e di interessati? La politica come atto gratuito dirada la selva degli opportunisti e dei carrieristi e la politica come atto di liberalit finanziaria manifestazione concreta della propria idealit. Chiedere soldi implica la dichiarazione degli obiettivi, il darli la condivisione, il rendicontarli il dare conto dei risultati. Lindebolirsi di questo nesso causa ed effetto dellindebolimento complessivo delle organizzazioni politiche come momenti associativi ispirati dal concetto di bene pubblico. La trasparenza del sostegno economico segno e tratto costitutivo della buona relazione politica e di cittadinanza. Ma il tesoriere scuote di nuovo la testa e dice che tutta questa letteratura e chiede dove mai si potranno comunque i soldi necessari? Anche qui i conti son facili per chi vuole, se davvero vuole, scuotersi dalla sua condizione parassitaria. Quanti sono gli elettori PD a Milano? Circa 180.000, e se ciascuno di questi versasse 3 euro, non disporremmo di 540.000 euro? Banale? Forse s, ma impossibile no di certo, a condizione che la questione del finanziamento ritorni a essere il segno di unappartenenza e di una condivi-

sione, praticabile anche perch chiaramente sostenibile: 3 euro lanno sono neppure un centesimo al giorno! Per non dire delle mille e una iniziative con cui un popolo, come quello democratico, pu sostenere, se interpellato a modo: guardiamo alle lezioni di stile e di metodo che vengono dal no profit, senza scomodare il mito obamiano, guardiamo ai network 2.0. e soprattutto guardiamo alla citt, ai mille luoghi in cui una presenza politica, nel momento in cui chiede soldi, costretta a spiegare il perch e il come al singolo cittadino a cui si rivolge e questa Politica. Al contrario, se chiedendo soldi si trovano visi chiusi e parole dure, non allora il segnale pi esatto di un problema non pi rimandabile del rapporto tra politica e cittadini, un segnale che perderemmo di vista se il 27 del mese, e tutti i mesi, arrivasse la mancetta statale, a certificazione di un distacco ormai divenuto malattia cronica e mortale della politica. La deriva parastatale della Politica, quellargent de poche quotidiano che fluisce ininterrottamente nella casse dei partiti, divenuto ormai intollerabile agli occhi di un Paese che stenta a trovare nel comportamento della sua classe politica non tanto la correttezza delle proposte quanto la condivisione dei sacrifici, e alimenta il crescente fiato dellAntipolitica. Il PD che sente il problema, che certo non n ricco n disinvolto, almeno fino a prova contraria, deve interrogarsi radicalmente non solo sulla quantit ma anche sulla fondatezza del rimborso elettorale e quanto prima lo far tanto meglio sar. Torniamo ai fondamentali, alla trasparenza di una relazione economica volontaria tra cittadino e partito, dissecchiamo gli stagni dove allignano le biografie dei politici che fanno dello stipendio lobiettivo vero e irrinunciabile del loro agire, rispettiamo la volont del popolo italiano, ritroviamo la Politica.

E ADESSO POVERUOMO? IL LEGHISMO AL BIVIO Guido Martinotti


Visto che ce ne siamo occupati in tempi, come si usa dire, non sospetti (sospetti cio di essere influenzati dalle vicende di corruttela emerse dalle brume del bosino) possiamo riprendere il discorso non soltanto sulla Lega, intesa come quel partito che i suoi dirigenti continuano a chiamare movimento fondato e portato a buoni successi elettorali da Umberto Bossi da Gemonio ma sul leghismo inteso come un coacervo di pulsioni, tensioni, aspirazioni e azioni e organizzazioni non facilmente definibili. Una nuvola og-

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www.arcipelagomilano.org trenta. Ma dove? I trenta si danno solo in Italia; buffalmacchi!). Il celopurismo morto da tempo, ma il suo funerale pubblico stato fatto a Berghm 10 Aprile 2012, ore 21.00 quando sono comparse le scope e si riconosciuto che cera del marcio, e parecchio, nel regno di Gemonio. La parola dordine stata subito quella di continuare con la vecchia favola di una Lega diversa, lunica in cui ci sono state delle dimissioni, e in cui con invincibile faccia di molibdeno il leghista Matteo Salvini dice che sarebbe unorganizzazione in cui chi fa errori paga, senza guardare in faccia a nessuno, salvo ovviamente il figlio del Capo. E in cui con altrettanto granito sulle gote Maroni dice non faremo la caccia alle streghe ma una la nera maga immigrata dalla Colchide, Rosi Mauro, intanto lhanno gi bruciata. Caccia alle streghe no, rogo alla strega (The Witch, ma anche The Bitch): gi fatto. E continua a non cambiare nulla perch la Rosy continua ad andare a casa dei Bossi (La Stampa 14 aprile). E tutti, con una faccia di bronzo da prima linea, per usare un understatement, gi a celebrare le dimissioni di Bossi e del Trota, che sono invece delle furbate, come quei giochi che si facevano da bambini con le palle di fango in cui il pi svelto a tirare gi la testa faceva arrivare il fango in faccia a quelli dietro. E anche se non ho nessuna speranza che mai un Salvini o un Cota possano arrivare a leggerlo, suggerirei un testo del 1911 (in it. 1912), La sociologia del partito politico di tal Roberto Michels (libro per inciso che dovrebbe essere obbligatorio per chiunque intenda fare politica) dove si pu leggere un pezzo assolutamente illuminante sulle dimissioni e il loro uso opportunistico in politica. proprio il caso di dire un libro scritto in quo toto continetur, in cui era gi stato detto tutto, ma questi riscoprono furbescamente lombrello e gran parte dei commentatori lombrello se lo fanno felicemente altanizzare. Vedremo cosa succeder alle amministrative, per io penso che oggi assistiamo non alla la fine della Lega (in Italia non finisce mai nulla, persino il comunismo continua a vegetare), ma alla fine della favola di una Lega dura e pura. Difficilmente, credo, questa Lega potr incantare molti elettori vecchi e nuovi. Il sogno di Maroni di una Lega primo partito del Nord basato sul calcolo opportunistico che ha tenuto la Lega fuori dallappoggio al

gi percorsa da forze centrifughe molto pi forti di quelle che caratterizzano i soggetti politici cui gli studiosi hanno dato il nome comodo, ma forse al fondo anche obnubilante, di movimento. Nella fretta del profluvio dei commenti giornalisti di questi giorni non si abbastanza distinto, io credo, tra le due realt. La Lega Nord mi sembra colpita in modo difficilmente rimediabile: lo sperone degli scandali ha tagliato il suo scafo sotto il pelo dellacqua. La forza della Lega Nord, sia nellimmaginario collettivo che nella mente dei suoi militanti, era la sua diversit basata su tre capisaldi: il federalismo, il celodurismo e il celopurismo. Il federalismo era la carota che per un periodo molto lungo stata fatta dondolare sotto il naso di militanti ed elettori per giustificare ogni tipo di decisione politica, in particolare lalleanza con Berlusconi, in vista di un risultato futuro. Come tutti i movimenti avventisti, la metanoia attesa, che sia il regno dei cieli in terra o la societ senza sfruttamento, o nel caso il federalismo, inteso come lessere padroni in casa nostra, talmente importante che merita qualsiasi sacrificio, compreso quello di sostenere lodiato Berlusconi terrone! (scritta che ha campeggiato per anni sul muro della cartiera Binda a Gemonio). Ma definire modesti i risultati ottenuti, mentre la Lega era ancora al governo e anche prima della crisi attuale, fargli un onore che non meritano: i risultati sono nulli, parola di Pagliarini. Il celodurismo, inteso come rozza versione machista di una concezione paternalistica e patriarcale dei rapporti umani, morto quando si capito che lictus era stato probabilmente provocato da uso eccessivo di Viagra in un motel del Bosinate (mi baso su una affermazione di Pietro Citati [Google Search citati viagra bossi senza virgolette ma con le tre parole in ricerca avanzata - restituisce 50.100 hits il 23 Aprile 2012]. Sulloggetto dellincornatura vi sono da parte dellinteressata denegazioni pubbliche, ma il Viagra non mai stato messo in dubbio, neppure nel racconto di Leonardo Facco, nel libro Umberto Magno (Aliberti). Nella malattia, il vecchio leader ha dimostrato una notevole capacit di resistenza di cui gli va dato umanamente atto. Rimane che, invece di fare allora (rimessosi parzialmente dagli esiti devastanti dellictus dell11 marzo 2004) una ritirata dignitosa verso una carica pi onoraria e santificante, Bossi, per volont

sua o della dirigenza della Lega - o pi probabilmente della famiglia e di un cerchio ristretto di parenti e comites o clientes fedeli, che non volevano cedere il potere nel partito al sempre incombente Maroni - ha puntato su un delfinato famigliare, senza mollare lo scettro e spingendo avanti limprobabile Renzo. Quella cerchia si trasform poi (anche, pare, per le inclinazioni esoteriche della signora Bossi, la professoressa Manuela Marrone) nel famoso Cerchio Magico, in effetti un cappio o una garrota via via sempre pi stretta attorno al collo del vecchio leader menomato. Il regista di questa fase, chiunque sia stato, forse lo stesso Bossi, ha scelto la via mediatica della piet per la sofferenza, cercando di ricalcare la performance di Woytila. Si pu dire che fosse una scelta inevitabile, per garantire la continuit, come dicono sempre i despoti, anche quando gran parte dei seguaci proprio questa continuit che vorrebbero interrompere. O forse questa scelta era effettivamente inevitabile per tenere insieme un partito che senza Bossi dura sei mesi (Monica Brizzi a Formigli in Piazzapulita del 12 Aprile [http://www.la7.it/piazzapulita/puntat e.html]; lei durata poco pi di sei giorni). Ma stata una scelta estremamente costosa: forse alcuni militanti si commuovono, ma molti elettori o potenziali elettori e investitori di fondi in questo paese, non sono certo attratti dal farfuglo su una cicca sbausciata di toscano. E la lucidit mancata: quando Bossi ha pensato di dare un viatico affettuoso al figlio chiamandolo Trota gli ha dato una mazzata mediatica che, coniugata con un volto che difficilmente potremmo classificare tra quelli che sprizzano intelligenza, ha trasformato il povero (sifapperdire) Renzo in una icona mediatica da World League dello sberleffo. peggio di quel personaggio di Cerami che ha chiamato il povero figlio deforme Omfalo, senza rendersi conto che Omphale in francese un nome femminile. Linfilarlo alla Regione a 12mila al mese, ovviamente giubilando qualcuno che per la Lega si era fatto il culo, come direbbe Bossi, stato pi di un errore clamoroso: uno sberleffo per tutta quella base che per anni stata gasata con il valore del farsi il culo. E non ha certo giovato sapere che noi tutti gli pagavamo le tasse universitarie in una universit straniera (ma dove? 100mila euro! Ma neppure Harvard costa tanto. E la Monica Brizzi che dichiara a Formigli che allestero il Trota prende dei bei

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www.arcipelagomilano.org chiamata Padania, che c solo quanto a inquinamento atmosferico. E buona parte del successo della Lega, nonostante le pretese contrarie, dovuta alla circostanza che, per una ragione o per laltra, o per opportunismo come i berlusconiani, o per gli affaretti come per i ciellini, o per elucubrazioni astute come per i dalemini, o per generico preteso anticonformismo come avvenuto per non pochi intellettuali, ma sopratutto per legioni di addetti allo spettacolo mediatico, molti, moltissimi, invece di ribellarsi sempre e comunque alla volgarit populistica, hanno ridacchiato, e si sono mescolati alla platea sghignazzante o plaudente pensando che tanto a nuttata sarebbe passata. passata s, ma il buio rimasto, anzi si infittito; e ora, il leghismo, se si fa adulto e la smette di vagheggiare una purezza che ha perso e si comporta come un partito normale che qualcosa da dire ce lha, come il sindaco Tosi; una organizzazione da salvare ce lha; dei militanti dedicati ce li ha, qualche chance di continuare a radunare i leghismi sparsi ce la pu anche avere. Se invece vuole continuare a raccontare la favola del celodurismo del celopurismo e della diversit (questa qua la conosco, purtroppo) difficilmente potr continuare a ingannare molti elettori.

Governo Monti, puntando a interpretare gli inevitabili scontenti di questa fase, ma dubito che riuscir a scaldare molto gli animi e, comunque, si trover molti competitori per il voto di questarea, a partire da Grillo, compreso il pi temibile di tutti, lastensione. Maroni un po come DAlema nel PD (con cui tra laltro condivide il nomignolo, luno baffino e lui baffetto) molto abile nella politica politicante e nelle frecciatine a mezza bocca, ma scarsamente magnetico per la simpatia: abbastanza difficile che riesca a trascinare le piazze, con quella faccettina da bosno furbacchione. Si detto che la mancanza di un partito come la Lega far venire meno la rappresentanza politica di un ceto sociale importante, o e persino di tutto il Nord, ma questa pi che altro una invenzione dei molti intellettuali e sociologi, veri o finti, che a volta a volta si sono commossi per la Lega o hanno cercato di influenzarla, a partire da Miglio che si beccato lappellativo di scorreggia nello spazio, anche se poi qualcuno lha recuperato nel Pantheon perch qualche nome bisogna pure avercelo. Ma nelluniverso bosino o brembano o brianzeou dei vari Bossi e boss leghisti, gli intellettuali sono proprio solo questo, e non vengono neppure onorati degli stivali di Mussolini, ma solo perch i tempi sono cambiati e gli stivali non si portano pi.

Il punto fondamentale che la Lega, al suo popolino (nonostante tutto sempre minoritario, salvo aree ben circoscritte) che lha votata, non ha offerto affatto rappresentanza ma solo rappresentazione mediatica. Il progetto reale che avrebbe dovuto rappresentare il Nord, cio il federalismo fiscale era gi fallito, morto e sepolto con le leggi fatte mentre la Lega era ancora al governo. Ma lo spettacolo che veniva rappresentato era Calderoli che bruciava inesistenti provvedimenti, e noi pagavamo anche i soldi per il fuoco. Il vero genio mediatico del berlusconismo non stato Silvio, ma Umberto: non possiamo negare che sia stata una bella gara al Guinness della stronzata, ma Bossi stato pi creativo perch si poteva permettere di essere pi volgare, pi sfrontato, pi oltraggioso, di un Berlusconi, che un poco doveva sacrificare ai vestiti di Caraceni (finto) e al mi consenta di prammatica. E Bossi ha giocato invece tutto sulla sfrontatezza da istrionesco sbruffone, disponibile a qualsiasi affermazione o gestaccio oltraggiosi, pur di richiamare lattenzione, impersonando senza vergogna, e con grande talento, quel tipo che a Milano si chiama balabiott e in bosno pataaverta, il fanfarone inverecondo. Ma n dalluno n dallaltro di costoro il mitico Nord ha ricevuto alcunch, se non una rappresentazione volgare e falsata di una regione favolistica

MULTIUTILITIES: I GIGANTI DELLA POLITICA LOCALE Valerio Federico


Tra le societ controllate dai Comuni si evidenzia la presenza di veri e propri colossi delleconomia italiana, risultato di una tendenza a un gigantismo inefficiente, politicizzato e oligopolista - in corso da anni, dovuta a fusioni, acquisizioni e crescita di fatturato in mercati poco o per nulla concorrenziali. A fine 2006, ben 230 imprese facevano capo a soli cinque gruppi quotati in Borsa, gruppi diventati quattro nel 2008 con la costituzione della milanesebresciana A2A (44 Societ nel 2011). Le altre tre sono ACEA (63 societ nel 2010), HERA (44 societ nel 2011) e IRIDE. Questultima nel 2010 si fusa con ENIA dando vita a IREN. Queste quattro grandi multiutilities che controllano o hanno partecipazioni in decine di societ che a loro volta partecipano al capitale di numerose altre societ sono uno degli esempi pi clamorosi di connivenza tra politica ed economia. Queste societ operano nel settore dellenergia e hanno avuto un fatturato complessivo per lesercizio 2010 di circa 14,5 miliardi di euro con quasi 30 mila dipendenti. Le nomine nei consigli di amministrazione spettanti ai Partiti - dato il controllo dei Comuni sulle capogruppo - pesano a cascata su centinaia di nomine, assunzioni e consulenze nelle decine e decine di societ partecipate. La funzione di controllo dellassemblea elettiva dellEnte locale non , invece, pienamente garantita: nel caso di societ controllate direttamente dalle Istituzioni, i consiglieri raccolgono informazioni con difficolt e in tempi lunghi. Nel caso delle societ di secondo e terzo livello controllate indirettamente dal Comune, per i consiglieri impossibile avere chiarimenti se non dalla societ capogruppo. Gli amministratori delle imprese pubbliche rispondono ad azionisti, i cittadini, sempre pi lontani dalla loro funzione di controllo. Laddove lazionista controlla poco aumenta il rischio di fenomeni corruttivi. A2A controlla EDIPOWER che produce il 5% del fabbisogno energetico nazionale, della quale azionista anche IREN. La presidenza di EDIPOWER stata data allex sindaco di Milano Gabriele Albertini, nel corso dellultima campagna elettorale milanese, da Letizia Moratti dopo la minaccia di Albertini di tornare in campo a danno di Letizia. Il ruolo dei principali Comuni italiani ormai quello di azionista finanziario, vista la complessit della struttura societaria delle imprese controllate e le partecipazioni di straordinaria importanza che detengono. Queste realt sono attori economico-politici che operano anche in mercati concorrenziali. Infatti, se la produzione di gas ed energia elettrica sono atti-

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vit a maggior tutela, protette, la distribuzione attivit in parte tutelata e in parte liberalizzata e la vendita in gran parte attivit liberalizzata, in libera concorrenza, o cos dovrebbe essere, gestita spesso attraverso societ del Gruppo (ad esempio ACEA Energia SpA, del gruppo ACEA, vende energia elettrica, gas e servizi energetici ai clienti finali). Il rischio di operare contemporaneamente in mercati protetti e concorrenziali , tra gli altri - come dimostrato da alcuni procedimenti dellAntitrust - quello di mettere in pratica politiche di cartello con le altre utilities pubbliche a danno delle imprese private, le quali possono occuparsi solo di vendita e non di produzione e distribuzione. LAntitrust ha chiuso nel settembre 2010 quattro istruttorie avviate nei confronti di A2A, ACEA e IREN oltre che di Italgas (gruppo ENI) per verificare possibili abusi di posizione dominante. Le istruttorie si sono concluse con alcuni impegni presi dalle multi utilities, accettati dallantitrust, che in un comunicato stampa affermava che le preoccupazioni sulla presenza di una effettiva libera concorrenza nascevano dalla constatazione che la discriminazione nella qualit dei servizi forniti dai distributori alle societ di vendita a seconda che queste appartenessero o meno al gruppo di riferimento (derivante in particolare

dalladozione di procedure inefficienti), accresceva il costo di competere dei venditori al dettaglio di energia elettrica e gas nuovi entranti. Anche la rossa HERA ha attuato pratiche simili rilevate dallAutorit garante. Insomma, il mercato liberalizzato della vendita di gas ed elettricit, di fatto non si rivelato essere un mercato effettivamente aperto alla concorrenza. Le politiche attuate da gruppi pubblici presenti sia nella distribuzione mercato protetto che nella vendita mercato concorrenziale aperto ai privati, sono state attuate a danno di nuovi competitor privati. Non finita. A2A si sarebbe resa protagonista, secondo quanto denunciato dallAntitrust, insieme agli altri soci di Edipower di unintesa restrittiva della concorrenza per tenere alto il prezzo dellenergia venduta in Sicilia e ACEA ha condizionato un numero imprecisato di gare dappalto per la gestione di servizi idrici. La romana ACEA della quale il Comune di Roma sta cercando di vendere il 21%, mantenendone per il controllo, non ha distribuito il saldo sul dividendo 2011, ha un utile in calo e un indebitamento netto di 2,32 miliardi di Euro. A2A - controllata a maggioranza dai Comuni di Milano e Brescia guidata da uomini vicini a Comunione e Liberazione, come vicino al Movimento il sindaco bresciano Adriano

Paroli ha chiuso il 2011 con una perdita di 420 milioni a causa, come riportato da Il Sole 24 Ore, del rosso 2011 di 66,5 milioni della societ controllata del Montenegro Epcg e soprattutto della svalutazione da 630 milioni legata al riassetto di Edison. Lacquisizione definitiva di Edipower far lievitare il debito finanziario netto a 5 miliardi di euro. Pur essendo molti i fattori che contribuiscono al prezzo finale si pu affermare che per i consumatori non ci sono stati vantaggi dalla nascita di queste grandi utilities pubbliche le quali avrebbero dovuto calmierare le tariffe ma cos non andata. Il sistema dei giganti pubblici controllati dai Comuni non ha dato risultati favorevoli visto che i prezzi italiani dellelettricit sono pi alti di quelli medi dellEuropa dei 27. Lo stesso accade per le tariffe sul gas. La qualit dei servizi inoltre non migliorata. E non va dimenticato che il capitale di rischio delle utilities pubbliche viene dalle tariffe che i cittadini non possono certo non pagare. Peraltro, la politica tariffaria dei servizi energetici non tra le leve delle municipalit, essendo determinata a livello nazionale, n lo il monitoraggio della qualit che ricade sotto la responsabilit dellAuthority (i vertici delle authorities in Italia sono nominate dai Partiti). Eppure sono i Comuni che controllano le societ, unaltra contraddizione di questo mercato protetto e inquinato.

FINE DEL DIALOGO SU DARSENA E NAVIGLI FRA UN URBANISTA (B) E UN ARCHITETTO (A) Jacopo Gardella
A Siamo arrivati alla fine della nostra conversazione, durata parecchie settimane ed estesa a vari argomenti, molto dei quali allinizio neppure immaginavamo di dover trattare. B Ci siamo divertiti; come se avessimo partecipato a un gioco. A Un bel gioco dura poco. Del resto anche Luca Beltrami Gadola invita a chiudere il divertimento; anzi, per citare le parole da lui stesso usate (ArcipelagoMilano n 14, anno IV) consiglia di porre fine alla ricreazione. Ma torniamo ai nostri lettori; forse anche loro cominciano a essere stanchi; bisogna quindi trovare un nuovo e diverso tema, e iniziare un altro ciclo di conversazioni. B Come gi a suo tempo era stato fatto; non solo quando ci era stato richiesto questo ciclo dedicato ai Navigli, ma anche quando si era pensato al ciclo precedente, destinato a commentare le piazze minori di Milano. A La possibilit di sviluppare argomenti in pi puntate permette di approfondirli meglio e di affrontarli in modo pi esauriente. B Ora giunto il momento di chiudere questo ciclo, del quale credo si sia detto ormai quasi tutto. A Manca solo la conclusione finale: il nostro giudizio definitivo sulloperato del Comune di Milano; e lesposizione di quello che noi pensiamo si debba fare. B Quello che si deve fare della Darsena e dei Navigli lo abbiamo gi detto in pi riprese, e ribadito in vari modi. Ora lo ripetiamo per lultima volta. A Anche perch sembra che pochi abbiano le idee chiare; e abbiano capito quale sia la semplicissima, elementare, unica soluzione del problema. B La Darsena che era un porto, deve tornare a essere un porto. Niente di pi ovvio; niente di pi semplice; niente di pi facile. A Eppure sembra difficilissimo farlo entrare nella testa della gente. Nessuno ha dimostrato di aver afferrato questo banale concetto; nessuno lo ha espresso in parole semplici e sintetiche come hai fatto tu adesso. B Sembra, al contrario che si stia svolgendo una gara per assegnare alla Darsena le destinazioni pi assurde. C chi la vuole far diventare un giardino di formazione spontanea; chi un luna-park dominato da una gigantesca ruota panoramica; chi una balera estiva e un luogo di ritrovo serale; chi un giardino acquatico, senza sapere esattamente che cosa ci implichi; chi un mercato rionale; chi un laghetto paesaggistico, attraversato da pontibelvedere.

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A Di tutte le stravaganti destinazioni escogitate la pi offensiva quella che vuole trasformare lintera Darsena in un giardino pubblico. B Offensiva, perch? A Perch offende la Storia, insulta gli antenati, calpesta i lavori del passato. Fare la Darsena costato secoli di fatica; ha richiesto lavori fisici immani; ha implicato sforzi mentali ardui e impegnativi. La Darsena che ci troviamo adesso non nata per caso; non il risultato di un passatempo. lesito conclusivo di un difficile lavoro, di un duro impegno, di una tenace applicazione. Annullare unopera cos eccezionale, per sostituirla con un banale e anonimo giardino, un delitto. anche un segno di stupidit; una dimostrazione di pessima gestione patrimoniale; una prova di insipienza amministrativa, applicata a un qualsiasi bene, sia esso pubblico, come il nostro caso, oppure privato. B Stupidit? Pessima gestione patrimoniale? Insipienza amministrativa? Che cosa vuoi dire? A Voglio dire che il patrimonio accumulato nella Darsena vale mille volte pi del patrimonio rappresentato da un giardino. Un giardino si realizza con facilit, in qualsiasi luogo e in ogni tempo; la Darsena, una volta distrutta, non si ricostruisce pi. Quale amministratore di una ricca sostanza patrimoniale sarebbe cos stupido da scambiare un bene di grande valore unico, irripetibile, eccezionale con un bene di poco valore, reperibile dappertutto, ottenibile facilmente in varie versioni, e infinite copie? Quale proprietario di una grossa sostanza butterebbe via e perderebbe per sempre il pezzo di maggior pregio tra i beni di sua propriet, e lo sostituirebbe con pezzi di nessun valore che pu trovare quando e dovunque gliene venga voglia? Ecco perch dico che la folle trasformazione della Darsena in un giardino una grossa idiozia; una irrimediabile lesione del patrimonio materiale e civile della citt; una criminale distruzione di unopera di grande valore storico-edilizio; e tutto ci solo per sostituirla con un banale giardino di nessuna necessit urbana. Eppure desolante vedere tante persone, anche fra noti competenti di urbanistica, disposte a considerare la Darsena alla stregua di un recipiente, di un grande contenitore vuoto, destinato, anzi condannato, ad assolvere ogni pi balzana funzione; e mai rispondere allunico scopo giusto, appropriato, pertinen-

te; lunico scopo per cui la Darsena nata e per cui deve sopravvivere: lo scopo di consentire un servizio di trasporto su acqua, la funzione di servire come porto fluviale. B Vi una forma di libido, da parte di Amministratori Comunali, di urbanisti, di architetti: un bisogno sfrenato di riempire il bacino della Darsena con qualunque cosa si presenti alla mente, anche se ingombrante, incongrua, inopportuna. Si ha paura di lasciarla sgombra e intatta, come sempre stata e come deve continuare a essere: una ampia, luminosa, libera distesa di acqua; una pausa di pace allinterno del fitto tessuto edilizio della citt; un luogo di valore paesaggistico; un punto di ritrovo e di riposo; un momento di respiro, di silenzio e di tranquillit. A E anche una vivace occasione di curiosit e di divertimento, giacch nella Darsena si assister allo spettacolo dei natanti che approdano, salpano, e navigano lungo i due Navigli a essa collegati, quello Grande e quello di Pavia. B Non dimenticare, tra i Navigli percorsi da imbarcazioni, anche quello di Bereguardo, che si pu rendere di nuovo navigabile demolendo un piccolo ostacolo presso il suo sbocco nel Ticino, non lontano da Pavia. A Il paesaggio della pianura padana, attraversata dal Naviglio di Bereguardo, pieno di poesia. Nel suo percorso dal Naviglio Grande, presso Abbiategrasso, al Ticino, presso Pavia, il Naviglio di Bereguardo passa in mezzo a campi coltivati rimasti come una volta. B Un itinerario di grande attrattiva turistica e paesaggistica. Ma dai Navigli passiamo alla Darsena. Per tornare a essere un vero porto, capace di servire un intenso traffico fluviale, la Darsena deve restare ampia, libera ed estesa come adesso; non pu perdere un solo metro quadro di acqua; non deve ridurre il suo bacino n sacrificare la sua superficie: altrimenti ostacolerebbe e impedirebbe il libero movimento delle imbarcazioni. Aggiungo che la Darsena dovrebbe ingrandirsi ancora di pi; e spingersi ancora pi in l, verso piazza Cantore, fino a lambire i due caselli daziari di Porta Genova. A Sarebbe un modo intelligente di valorizzare un insieme urbanistico monumentale strettamente integrato alla Darsena; di mettere in evidenza le pregevoli architetture neoclassiche, contrapposte alle due estremit dello specchio dacqua: i

due caselli di Porta Genova da un lato; i due caselli e i propilei di Porta Ticinese dallaltro. B Ecco cosa significa avere in mente un disegno di citt; immaginare spazi urbani con grandiosit e fantasia; concepire luoghi pubblici che siano imponenti, nobili, spettacolari; dare vita a quel concetto di magnificenza civile che Luciano Patetta aveva cos bene illustrato in una mostra di molti anni fa. A E che adesso sembra sparito dalla mente dei nostri Amministratori, dei nostri urbanisti, dei nostri architetti. B Cominciamo dagli Amministratori. Barcollano nel buio. Non ascoltano le richieste della gente comune. Non seguono le indicazioni dei competenti. Lo dimostra la ripresa del progetto Bodin, progetto vincitore del passato e lontano concorso, bandito dal Comune quasi dieci anni fa, quando ancora trovava consensi lidea insensata di realizzare un enorme parcheggio sotto il bacino della Darsena. Ora si vuole riesumare e resuscitare quello stesso progetto decurtandolo dal parcheggio, ma senza prendere nota delle novit sopraggiunte, cio delle scoperte archeologiche venute alla luce durante le operazioni intraprese per prosciugare la Darsena. A La quale era stata completamente svuotata allo scopo di eseguire il parcheggio sottacqua; poi, per fortuna, abbandonato per sempre. B Ora che la Darsena si presenta totalmente prosciugata e vuota, non si possono ignorare le nuove recenti scoperte archeologiche: esse pongono delle domande e richiedono delle soluzioni. Che si intende fare delle tracce di mura spagnole affiorate sul fondo del bacino attualmente vuoto? Quale sistemazione si intende dare ai resti della primissima Conca, detta Conca di Santa Maria, costruita a met del secolo XV, prima che venissero realizzate le Mura Spagnole? Come ci si comporta di fronte al fatto che quella stessa Conca sia rimasta sepolta e nascosta per secoli sotto le acque della Darsena? Ti pare possibile lasciare questi interrogativi problematici, impegnativi, cruciali privi di soluzione e senza risposta? A Considero deplorevole lasciare tanti dubbi irrisolti; eppure sembra che sia proprio cos, giacch il Comune non d ai progettisti nessuna indicazione precisa, e il vecchio progetto Bodin, come gi abbiamo avuto occasione di osservare, non

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offre nessuna soluzione ragionevole. Di fronte a questo e ad altri altrettanto e gravi episodi Milano d limpressione di essere una nave alla deriva: senza meta, senza guida, senza bussola. B La mancanza di direttive riguarda anche la sorte della seconda Conca di Viarenna, quella sopravvissuta e ancora perfettamente visibile nella via omonima. La Conca oggi sembra camuffata alla stregua di una fontanella decorativa, adatta pi ad abbellire un giardinetto di provincia che non a ricordare un manufatto storico da considerarsi ancora un documento di notevole importanza, perch, in passato, utile, costoso e ingegnoso. Si creduto di poter nobilitare la Conca immurando, nel falso muro che da pochi anni la sovrasta, una assurda e incongrua lapide. A Perch assurda? B Perch la lapide ricorda un atto di munificenza elargito da Ludovico il Moro, ma non ha nessun nesso con la nascita e la funzione della Conca di Viarenna, sulla quale stata impropriamente posta. Per spiegarmi meglio trascrivo qui sotto il testo della lapide e la relativa traduzione: Cataractam sub salutiferae Virginis Titulo in clivio extructam ut per Inaequale solum ad urbis comoditatem Ultro citroque naves commearent, Fisco obnoxiam et vectigalem Lodovicos Mediolanensis Dux Fabricae Mediolanensis Ecclesiae Dono dedit anno quo Beatrix Estensis Eius coniux decessit 1497. Conca costruita lungo il pendio, sotto la benedizione della Vergine Salvatrice, affinch le barche possano risalire o discendere al servizio della citt; conca soggetta a fisco e tributo, data in dote da Ludovico Duca di Milano alla Fabbrica del Duomo di Milano nel 1497, anno in cui mor sua moglie Beatrice dEste. Il riferimento alla Vergine trae origine dal nome di Santa Maria dato alla Conca. Ora tu capisci bene perch la lapide assurda. Essa si riferisce alla prima Conca di Viarenna, quella di propriet ducale; rimasta sepolta per secoli sotto le fondazioni del Bacino; e infine ricomparsa alla luce, pochi anni fa, quando la Darsena viene interamente prosciugata. La lapide, quindi, non ha nulla a che fare con la Conca di Viarenna ancora esistente, sul falso muro della quale oggi la vediamo impro-

priamente immurata. Ma perch lo chiami falso muro? B Perch il muro viene costruito quando la Conca cessa di funzionare; ed elevato sopra le porte, che alternativamente si aprono e si chiudono per far transitare le imbarcazioni dalluno allaltro livello dellacqua. Se a suo tempo ci fosse stato il muro le barche non avrebbero potuto passare. La Conca esistente viene costruita sotto la dominazione spagnola a met del XVI secolo (anno 1559 circa); al contrario la Conca venuta da poco alla luce stata costruita sotto la Signoria di Filippo Maria Visconti, pi di centanni prima. La lapide si riferisce alla prima chiusa e non alla seconda; e tuttavia immurata nel falso muro della seconda. Ecco lassurdit. A Sei stato esauriente. Ti vorrei soltanto chiedere ancora una notizia relativa ai progettisti e costruttori della prima Conca, la Conca di Santa Maria, che risale allanno 1439. B I progettisti sono due: uno Filippino degli Organi da Modena, attivo anche nel cantiere della Fabbrica del Duomo; laltro Fioravante Fioravanti da Bologna. Entrambi esperti di costruzioni idrauliche che, come sai, sono pi complesse delle costruzioni edilizie, giacch devono tener conto, oltre che dei carichi statici, anche delle spinte dinamiche generate dai liquidi. Vorrei adesso aggiungere ancora qualche osservazione sulla navigazione che intendiamo riattivare lungo i Navigli e dentro alla Darsena. La navigazione presuppone che la Darsena non venga concepita come un semplice specchio dacqua, ma come un porto a destinazione turistica; una meta di partenza e di arrivo per battelli attrezzati a navigare lungo i due Navigli, Naviglio di Pavia e Naviglio Grande, nonch Naviglio di Bereguardo, se un giorno si decidesse di riattivarlo. A Infatti le mete di natura artistico - monumentale, raggiungibili con il sistema di navigazione da riaprire sui due Navigli, sono famose, ammirate e ricercate, anche da visitatori stranieri: basta pensare alla Certosa di Pavia, e alla stessa antica citt di Pavia, a cui conduce il Naviglio di Pavia; oppure alla bella cittadina di Abbiategrasso, alla vicina Abbazia di Morimondo, e alle ville patrizie ubicate lungo le sponde del Naviglio Grande, in direzione di Magenta. B Tutte localit raggiungibili comodamente e piacevolmente, per

via dacqua, perch lambite tanto dalluno quanto dallaltro Naviglio. A Sarebbe un programma storicoturistico grandioso, entusiasmante. Anche in Italia si riuscirebbe a realizzare quello che allestero da sempre reso possibile, e ha raccolto grande successo: un itinerario attraverso un vasto territorio, in mezzo a una campagna incantevole; un viaggio interamente compiuto su canali navigabili. Conosco persone che hanno passato vacanze affascinanti navigando sulle reti dacqua perfettamente funzionanti in Francia e in Gran Bretagna; hanno percorso in barca lunghi tragitti; superato numerose conche; ma sono anche scesi di frequente a terra per visitare vecchi villaggi e noti monumenti storici, spostandosi sulle biciclette portate con s a bordo. B Basta pensare a questo magnifico programma per giustificare la riapertura dei Navigli; per ripristinare la loro navigazione; anche se non saranno pi usati per il trasporto di merci, ma di persone; e se non avranno pi una funzione di lavoro ma di svago e di cultura. A Lo scopo turistico riservato ai Navigli indubbiamente il pi ovvio e il pi facile da immaginare. Tu sai, tuttavia che io ho sempre sostenuto un secondo scopo, altrettanto degno di considerazione. B Lo so bene - tu sostieni la navigazione da utilizzare anche per spostamenti di lavoro e per necessit pratiche e operative, non solo ricreative. A Infatti penso che lafflusso dei pendolari provenienti da fuori Milano, e diretti al centro della citt, possa svolgersi non soltanto in auto o in treno, ma anche su battelli attrezzati per il trasporto dei passeggeri, e per le operazioni di sbarco e di imbarco sulle banchine della Darsena. Pensa soltanto alla comodit di poter caricare sul battello la propria bicicletta; e poi, arrivati a Milano, scaricarla e usarla in citt. Di una simile comodit non puoi godere se usi lautomobile; e neppure se viaggi in treno, perch alle stazioni di arrivo e di partenza devi attraversare lunghi sottopassaggi e superare rampe fisse e scale mobili. Tu sai, inoltre, che vorrei ripristinare la navigazione nella Cerchia dei Navigli interni, creando il tratto dellanello che passa davanti al Castello Sforzesco, tratto da sempre mancante, perch le acque si diramavano nei fossati scavati intorno alle mura fortificate del Castello; e vorrei istituire un servizio di traspor-

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to urbano interno allabitato, mediante due circolari, una destra e una sinistra; un nuovo tipo di trasporto effettuato non pi, come avviene ora, da filobus su strada, ma, come spero in futuro, da battelli sullacqua. Da quanto ti ho detto vedi che lo scopo della navigazione, sia allinterno sia allesterno della citt, non pi soltanto paesaggistico, come lha definito Luca Beltrami Gadola, ma anche funzionale alla vita della citt; uno scopo urbanistico che riveste una specifica utilit pratica e non si limita a essere un piacevole diversivo panoramico. Con la mia proposta penso di contestare quanti sostengono che il progetto di rendere navigabili i Navigli non sia di urgenza primaria, e che debba perci passare in secondo piano di fronte ai problemi pi impellenti, come le case popolari, gli asili, le scuole, gli ospedali, i ricoveri per anziani. Sono ben consapevole delle indiscutibili priorit, rappresentate dai servizi sociali sopraelencati. Per questo motivo sono cosciente che la mia idea sia destinata a rivelarsi una utopia. E tuttavia continuo a credere che sia giusto sognare una citt che la presenza dellacqua renderebbe meravigliosa. B Che sia unutopia lho sempre sostenuto; ma tornando al mio progetto, ben pi realistico, ti confesso che sono ugualmente preoccupato, perch esistono molti motivi che ostacolano un uso dei Navigli esterni, anche solo turistico. A Conosco bene quegli ostacoli e te li elenco subito. Qualcuno potrebbe avere la malaugurata idea di contrastare il progetto di valorizzazione turistica, sostenendo che laffluenza di turisti non sarebbe sufficiente a remunerare la societ di navigazione. Se venissero sollevate queste obiezioni che cosa risponderesti? B Risponderei a queste obiezioni invitando a considerare gli impianti turistico - sportivi di sciovie, seggiovie, funivie, installate in tante localit alpine. Sono impianti che lavorano principalmente nei giorni festivi; eppure hanno un utile sicuro e costante. Altrimenti nessuno li costruirebbe. Anche per la navigazione sui Navigli si sa che la frequenza sar pi intensa solo nei giorni festivi e

nei periodi di vacanza, ma ci non esclude che gli utili saranno ugualmente assicurati e la gestione, se condotta con prudenza, sicuramente in attivo. A Qualcun altro potrebbe avere la malaugurata idea di stroncare il progetto di navigazione facendo notare che sul Naviglio della Martesana e su quello di Pavia sono stati recentemente costruiti alcuni ponti a raso, ossia non sopraelevati sul livello dellacqua corrente. Del resto avevamo gi notato lo stesso inconveniente la volta scorsa. I ponti a raso, che rendono impossibile la navigazione, sono la conseguenza dello sciagurato declassamento sancito di recente a danno dei due Navigli sopracitati, con lintenzione di destinarli dora in avanti a essere usati non pi come Navigli, ossia come canali navigabili, ma solo come canali di irrigazione. Di fronte a questa reale e incontestabile constatazione, che cosa risponderesti? B Risponderei che la demolizione dei due o tre ponti a raso oggi esistenti rappresenta un costo trascurabile di fronte allo stanziamento complessivo richiesto dal restauro integrale e dal recupero dei due Navigli. Sono obiezioni, queste che mi enunci, generate dalla gretta visione dei tecnici comunali, propensi a una miope gestione amministrativa, strettamente burocratica. A Mentre la gestione dovrebbe essere condotta con criteri politici, strategici, volti ad assicurare il bene futuro della citt; e quindi lungimiranti, di ampio respiro, coraggiosi. B E anche generosi. Perch per intraprendere azioni audaci non basta lucidit di mente, occorre anche slancio di cuore, disponibilit danimo, ricchezza di sentimenti. A Sono qualit che ancora non si vedono nel Sindaco da noi votato e neanche negli Assessori da lui scelti. Il loro maggiore torto lincapacit di instaurare una gestione veramente democratica. Essi dovrebbero comunicare alla cittadinanza le scelte politiche che di volta in volta vengono prese, e dovrebbe ascoltare i suggerimenti che i cittadini di volta in volta sono in grado di offrire, ricorrendo alla loro diretta esperienza delle situazioni e dei fatti. Ti faccio un esempio eloquente. Questo nostro dialogo sul settimanale ArcipelagoMilano si protrae

ormai da molte settimane; e tocca un considerevole numero di problemi cruciali, relativi a un argomento, tuttaltro che marginale per la citt di Milano. Intendo riferirmi al futuro destino della Darsena e dei Navigli. Durante il dialogo sono emersi concetti e fatti di importanza primaria; e sono stati dati ripetuti giudizi sul Comune e sul suo operato, giudizi non sempre lusinghieri. Ma sono stati anche offerti suggerimenti costruttivi e abbozzati programmi realistici e fattibili. Possibile che in Comune nessuno si sia accorto delle nostre conversazioni? Nessuno abbia preso nota delle nostre critiche? Nessuno abbia valutato la fattibilit dei nostri consigli? Possibile che il Sindaco non possieda una squadra di collaboratori, attenti e informati, capaci di registrare quanto viene pubblicato di volta in volta su quotidiani e periodici cittadini? Ecco una delle tante prove che dimostrano quanto sia grande e deplorevole mancanza di dialogo fra cittadini e Amministrazione, quanto sia assente una reale partecipazione della popolazione alle scelte del Comune. B Per una coalizione politica di sinistra questa mancanza di dialogo una colpa grave. Il nostro giudizio non pu che essere negativo. A E come tale, per ragioni di lealt, neppure pu restare nascosto pi a lungo e celarsi sotto due sigle sconosciute; non pu rimanere un giudizio dato da ignoti; non pu continuare a mascherarsi sotto due anonime lettere dellalfabeto. giunto il momento di finire la recitazione e gettare le maschere. Qual il tuo nome? B Il mio nome Gianni Beltrame. E il tuo? A Il mio Jacopo Gardella. A e B, parlando insieme Abbiamo discusso con passione; speriamo che i lettori ci abbiano seguito con interesse. FINE

Jacopo Gardella ringrazia il Professore Gianni Beltrame per le dettagliate notizie storiche cortesemente fornite durante la stesura di questo articolo.

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I PENDOLARI: I DIRITTI DI UNA CITT IN MOVIMENTO Ilaria Li Vigni


Recenti dati Istat ci dicono che il 30% dei lavoratori in Lombardia si allontanano quotidianamente dalla propria citt o paese di residenza per ragioni professionali, per poi far rientro a casa alla sera. Ovviamente, la meta decisamente pi frequente Milano, crocevia commerciale e industriale in cui sono collocati la maggior parte degli uffici amministrativi delle grandi societ, un gran numero di uffici pubblici e servizi, tra cui plessi scolastici, strutture ospedaliere, universit e quantaltro. I dati ci dicono che, ogni giorno, circa novecentomila, tra studenti e lavoratori, arrivano a Milano per quotidiane occupazioni e, ogni tardo pomeriggio, questa citt viaggiante rientra nei propri paesi o citt di origine. Le problematiche che i pendolari hanno, nella gestione quotidiana del tempo, sono tantissime e sono principalmente dovute alle difficolt logistiche dei mezzi di trasporto, per quanti, tra loro, utilizzano i mezzi pubblici. Si calcolato che, mediamente, il pendolare incontra un ritardo quotidiano nei propri spostamenti almeno quattro volte al mese e, nella grande maggioranza dei casi, questo ritardo comporta problematiche economiche di trattenuta sullo stipendio e, in ogni caso, problematiche disciplinari e organizzative. I pendolari che si muovono in auto subiscono il congestionamento di tutti i giorni delle principali reti viarie di ingresso a Milano, impiegando, per il loro trasferimento, un periodo di tempo del 30% superiore a quello impiegato in caso di traffico normale. Conseguenza diretta anche del traffico automobilistico sono ritardi, quantificati in termini economici per il lavoratore e in termini di pregiudizio per il funzionamento del sistema, ma anche inquinamento ambientale e maggior numero di incidenti stradali. Fin qui, ci si muove in ambito di fatiche quotidiane tangibili che affliggono il popolo dei pendolari, ma anche la comunit intera, lambiente e il territorio. Ma ci sono degli ulteriori aspetti critici, forse pi impalpabili e valutabili solo in ottica sociologica, che, ad avviso di chi scrive, sono ben pi dannosi per lequilibrio della societ. Infatti, il pendolare che si trova a dover percorrere un viaggio superiore ai 45/60 minuti ogni giorno per raggiungere il posto di lavoro e un periodo di tempo equivalente per fare rientro presso la propria abitazione la sera, spesso sottoposto a un notevole stress psico-fisico che va oltre il tangibile ritardo o sovraffollamento dei mezzi pubblici ovvero il traffico veicolare. qualcosa di pi. Infatti, la singola persona si trova a trascorrere un periodo di tempo pari al 10% della propria giornata e al 15% del proprio periodo quotidiano di veglia - in viaggi spesso molto scomodi, con persone che condividono le medesime fatiche e spesso in condizioni di notevole stanchezza fisica. Questo tempo indubbiamente e ineluttabilmente - sottratto alla famiglia, alle occupazioni domestiche e al tempo libero; ragione per la quale il periodo trascorso in viaggio spesso visto come una parentesi mentale faticosa e da concludere al pi presto. Posto che la grande citt, fisiologicamente, offre un numero di posti di lavoro esponenzialmente superiore alle piccole realt locali e che quindi il pendolarismo fenomeno strettamente connesso alla nostra civilt occidentale, occorre tuttavia consentire di vivere il periodo di trasferimento quotidiano del pendolare in condizioni il meno precarie possibili. Penso quindi a treni pi confortevoli, ad autobus pi comodi e veloci, a sale di attesa dotate anche di qualche confort, a servizi di bar o edicola anche nelle stazioni pi piccole e periferiche. Inoltre, anche il periodo di viaggio potrebbe essere reso pi funzionale e piacevole con lorganizzazione, sui convogli ferroviari, di spazi di studio comune, di brevi lezioni di lingue o pratici insegnamenti di hobbies (dal ricamo al modellismo), oltre a rivendite di libri e giornali: tutti momenti di incontro e formazione che possano arricchire le persone e rendere pi piacevole e fruttuoso il viaggio. Sono idee non sempre di facile realizzazione pratica, ma devono costituire spunti che non devono mai venir meno in qualsiasi agenda programmatica degli amministratori locali. Si tratta, infatti, di aiutare una parte produttiva del paese, che, per compiere il proprio lavoro quotidiano, deve spostarsi ogni giorno con vari mezzi di trasporto, a vivere questo viaggio con la maggior serenit, comodit e dignit possibile. Cos che questo importante periodo della giornata divenga non solo una parentesi da superare il pi in fretta possibile verso il lavoro o verso casa, ma un momento di vita a tutti gli effetti, con possibilit di leggere, studiare, incontrare persone nuove, accrescendo la propria personalit e la propria qualit di vita.

MEDIA STUDENTESCHI: W LA CARTA STAMPATA Rita Bramante


Alla fine di marzo per iniziativa della Consulta Provinciale degli studenti di Milano e grazie alla tenacia di Eleonora Sacco, classe 4F del Liceo Carducci, vivace caporedattore del giornale studentesco L'obl sul cortile, si sono riunite presso il liceo milanese alcune decine di redazioni dei giornali delle scuole di Milano e Provincia. Non solo Licei, ma anche istituti tecnici e professionali, che hanno risposto al tam tam avviato da Eleonora attraverso Facebook. Liniziativa ha offerto la possibilit agli studenti membri della redazione dei giornali scolastici delle proprie scuole di partecipare a unassemblea finalizzata a dar vita a un dibattito intorno a diversi temi, quali scelte editoriali, modalit organizzative e strategie di lavoro, risorse per la stampa, libert di espressione e rapporti con docenti e dirigente scolastico. Un modo sicuramente efficace per favorire il confronto, che continuer a livello interregionale e nazionale in aprile con i Convegni della Stampa Studentesca presso le Serre Reali del Castello di Racconigi e a Perugia, dove avverr un vero e proprio baratto delle cose e delle idee, con scambio di giornali, inserti speciali, progetti e documenti tra le varie redazioni. Firme prestigiose dei quotidiani hanno cominciato a muovere i primi passi nella redazione del giornale scolastico. Enzo Biagi scrisse gi in un tema alle medie del suo sogno di fare il giornalista: lo immaginava un 'vendicatore' capace di riparare torti e ingiustizie; era convinto che quel mestiere l'avrebbe portato a scopri-

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www.arcipelagomilano.org scolastico unirripetibile occasione di crescita e formazione anche per chi legge - dice Eleonora Sacco -, ma spesso i media si dimenticano dei tanti ragazzi che a scuola sono attivi e contribuiscono in vari modi a migliorare la qualit dellofferta formativa, anche con il lavoro della redazione. Forse una delle prospettive a medio termine a cui gli studenti stanno pensando il lancio di un giornale cooperativo on-line. E forse in futuro per alcuni di loro il passo da un giornale scolastico al giornalismo potr essere breve.

re il mondo. Proprio in quegli anni con alcuni compagni fece il suo primo giornale, Il Picchio, cronache della vita scolastica con qualche riferimento a quello che accadeva intorno, stampato in ciclostile (1). Walter Tobagi inizi la sua carriera di giornalista al Liceo Parini, dove nel 1966 si trov coinvolto nell'ancora famoso 'scandalo della Zanzara', in quanto redattore del giornale scolastico che aveva fatto tanto scalpore con un articolo che toccava un argomento tab come la sessualit (2). Anche Federico Rampini si avvicinato al giornalismo a scuola, a Bruxelles e non ha perso questa passione neppure durante gli studi di Economia in Bocconi. Passione innata per la lettura, fiuto, curiosit, desiderio di conoscere che lo hanno portato a importanti incarichi come

inviato speciale del quotidiano La Repubblica in giro per il mondo. Alcuni giornali scolastici sono rimasti in vita per decenni, con alti e bassi e con qualche periodo di interruzione, come quello del Liceo Carducci appunto, nato nel 1940, a soli otto anni dall'apertura della scuola milanese. E se nel 2009 Lobl era magro e smunto, la redazione si data da fare per rinnovarlo e renderlo pi appetibile con investigazioni culturali a basso contenuto di noia. Altre redazioni stanno per pubblicare il numero zero, tra mille difficolt organizzative e un po' di demotivazione. Anche nel momento della supremazia della rete e dei blog la carta stampata resiste comunque anche nel giornalismo scolastico e continua a costituire una buona pratica di aggregazione e di cittadinanza attiva e consapevole. Il giornale

(1) E. Biagi, Era ieri, Milano, 2005 (2) 'Zabaione' novembre XXXI

SPENDING REVIEW LOCALE: AVANTI TUTTA Valentino Ballabio


Pinocchio mangia lo zucchero, ma non vuol purgarsi: per quando vede i becchini allora si purga. Poi dice una bugia e per gastigo gli cresce il naso. Pare che simile poco commendevole condotta colga la classe politica nostrana allorch debba affrontare il cosiddetto spending review ovvero la indifferibile, in tempi di crisi, razionalizzazione dei centri di spesa pubblica, centrale e periferica. Se il primo tempo dellintervento salva Italia si infatti concentrato sul versante delle entrate si attende ora di seguito un secondo tempo che intervenga con altrettanta urgenza ed efficacia sul lato della spesa. Evitando che la politica dei due tempi si esaurisca nella vana promessa del secondo per far meglio inghiottire il primo (invertendo la sequenza zucchero/medicina amara). Vedi la questione delle province (abolirle? ridimensionarle? assorbirle?) che acquista attualit soltanto quando lo spread supera la soglia critica per poi ricadere nel dimenticatoio appena scatta il cessato allarme. Dare mano al ridisegno del sistema istituzionale invece compito non rinviabile che - se va oltre gli obiettivi di un governo di emergenza e a termine - dovrebbe essere in cima alle preoccupazioni di un sistema partitico che pretenda di ricandidarsi a pieno titolo a guidare il Paese da qui a poco meno di un anno. Senza entrare nel merito, per altro ormai ritrito, dei costi della politica e della revisione della spesa a livello centrale, proviamo a riflettere, per sommi capi, su quattro temi attinenti il sistema delle autonomie regionale e sub-regionale, qui in casa nostra. Regione Lombardia. Va bene invocare il cambio delle sedie. Doveroso il ricambio del personale politico (purtroppo non unilaterale: nel derby delle ultime elezioni hanno giocato di l la squadra di Formigoni e di qui quella di Penati) ma il problema strutturale. La Regione ha tradito la sua missione originaria di entit intermedia tra lo Stato e le autonomie locali, avente compiti essenzialmente di legislazione, programmazione e alta amministrazione, capace di garantire autonomia e pluralismo nella geografia politica di un Paese unificato nel segno del centralismo. Purtroppo gli oltre quarantanni che ci separano dalla sua istituzione hanno registrato una progressiva ipertrofia e una deleteria tendenza a un proprio centralismo, per altro complicata dalla revisione costituzionale del Titolo V del 2001 (ambiguo nella parte immediatamente applicata ovvero il rapporto Stato-Regioni e invece rigoroso nella parte non applicata riguardante Comuni Province e Citt Metropolitane!). La gestione del capitolo sanit, in cui il livello politico concentrato nellAssessorato regionale, vertice piramidale di pretese aziende (allorch la riforma del 1978 prevedeva Unit sanitarie in capo ai Comuni singoli o associati) la dimostrazione macroscopica di una insostenibile bulimia gestionale e degenerazione funzionale. 12 Province. In origine erano 9. Sono cresciute di numero (e rischiato di crescere ancor di pi) proprio nel fuoco delloffensiva abolizionista. Nello stesso tempo in cui pressoch tutti i leader politici (escluso Bossi che avrebbe invece abolito le Prefetture!) ne proclamavano la condanna, nuove province spuntavano come funghi. Lultima infornata tri-partisan ne creava una senza capoluogo (Trani-Barletta-Andria), unaltra senza abitanti (Fermo) e una terza senza territorio (Monza, distante 4 km. in linea daria dal confine di Milano mentre la Brianza resta divisa in tre). Incerte e confuse inoltre, per tutte dodici, le competenze spesso sovrapponibili a quelle comunali; mentre quelle attinenti i necessari poteri sovra-comunali (governo del territorio, mobilit, inquinamento, ambiente) pressoch vacue e inconcludenti. Qui la cura pu consistere, in luogo di invocazioni allimprobabile abolizione toutcourt, nel dimezzamento. Dimezzarne il numero (6 pi la citt metropolitana) e dimezzare le Giunte in relazione alle tre o quattro competenze essenziali sopraccitate, rese per affidabili e cogenti (per una specifica ipotesi al riguardo prima di farselo dire dalla BCE! vedi ArcipelagoMilano del 27/7 e 14/12/2011). 1543 piccoli e medi Comuni. Resistono da quasi un secolo con poche variazioni (recente la separa-

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www.arcipelagomilano.org zione tra Baranzate e Bollate ma invece fallita la fusione tra Verderio Superiore e Verderio Inferiore: rispettivamente 2719 e 2967 abitanti!). Piccoli comuni pullulano anche in piena area metropolitana, non solo nelle valli alpine, per quanto numerose funzioni (dai servizi sociali a quelli bibliotecari) non possono evidentemente essere svolte in forma singola e richiedono organi associativi ad hoc. Nella periferia della regione si voluto inoltre infierire sulle Comunit Montane laddove queste avrebbero rappresentato unalternativa pi razionale ed efficiente rispetto ai singoli comunicampanile, risalenti alle pievi medioevali con confini territoriali definiti se va bene dal catasto di Maria Teresa. Riaccorpare i piccoli e piccolissimi comuni secondo un criterio di economia di scala non pu pi trovare nellera della telematica e della mobilit totale obiezione nelle distanze e nei collegamenti. Come non hanno pi senso presunte identit di luogo in un villaggio divenuto globale. Comune di Milano. Al contrario rimane lultima azienda fordista attiva, con circa 16.000 dipendenti e 130 dirigenti, e un mega-bilancio pressoch ingestibile. Troppo grande per rapportarsi con i bisogni specifici dei quartieri e con lascolto dei cittadini, almeno sin tanto che i Consigli di Circoscrizione rimangono entit aggiuntive, prive di organi esecutivi dotati di poteri e mezzi analoghi ai normali Comuni. Pertanto occorrono Municipalit vere, con personale e bilancio a somma zero rispetto allelefantiaca struttura centralizzata, tendenzialmente destinata sparire (insieme alla Provincia) se contemporaneamente le poche ma essenziali funzioni attinenti linquadramento urbanistico, la mobilit, le risorse ambientali, lalta cultura e linnovazione fossero concentrate nella istituenda (da 22 anni!) Citt Metropolitana. Infatti sul versante delle politiche strategiche Milano troppo piccola, necessita di ampliare il proprio raggio di visione e di azione almeno su tutta larea centrale della regione, proseguendo la virtuosa tendenza che port la borghesia illuminata e il socialismo riformista, a cavallo dei due secoli precedenti, a espandere la nuova citt sino alla la cinta daziaria, coraggiosa innovazione allora congeniale alla crescita industriale e commerciale. Ma nel 2012 il confine amministrativo ancora quello sebbene il dazio comunale sia stato abolito nel 1973! Cura da cavallo? Purtroppo pi la malattia viene trascurata tanto pi richiede terapie energiche e organiche. Controindicazioni? Indubbiamente la medicina amara perch riduce posti e postazioni politiche (e burocratiche), ma il tempo del paese dei balocchi scaduto e la metamorfosi del burattino, se non si ravvede, nota.

I RADICALI I CONCORSI E BONESSA Francesco Spadaro*


Caro Collega, in effetti c molto fumo in giro. Fumo che ci impedisce di vedere chiaramente quello che succede nella nostra citt e che noi, con le nostre proposte per il governo di Milano, vogliamo provare a diradare. Si dice che il vento cambiato. Noi puntiamo ad alimentarlo. Con i concorsi di architettura? Anche ma non solo. Partiamo ovviamente da questi. Lei prende ad esempio episodi urbani che sono la testimonianza di ci che a Milano non si deve pi fare: CityLife, noto, stato uno pseudo concorso, che insieme a una offerta di compensazione economica, non poteva prescindere dal coinvolgimento corale di archistar e loro supporter locali a uso e consumo dei media e di tanto, tanto suolo. Il risultato, in costruzione, insieme ai tre tragicomici grattacieli in divenire, sono la dimostrazione della povert e del provincialismo della nostra classe dirigente. Altre vicende raccontano di una magia sociale dove le cose valgono non per quello che sono ma per la presunta autorevolezza di chi le promuove e le progetta. Solo cos si possono prendere sul serio stropicciati palancongressi come quello in Fiera Milano City o strampalati lunapark texani come quello scelto da una sconosciuta giuria privata da ENI per il suo nuovo centro direzionale San Donato. Quelli che lei cita, caro collega, sono furbi concorsi a inviti o incarichi diretti, enfatizzati da una stampa quantomeno ingenua e inconsapevole che legittima le pi inutili operazioni di finanza immobiliare. Quello che lei racconta sono proprio i fatti contro cui indirizziamo la nostra proposta politica. Oggi larchitettura riuscita a farsi accreditare come arte, come arte pura. Il che per i suoi epigoni vuol dire: senza limiti, n regole, n storia. Oggi gli architetti sono diventati intercambiabili con i sarti, in tutti i sensi, entrambi abilitati artisti. Un architetto pu oggi affermare che quel suo edificio ha la forma che ha perch ispirato a un pezzo di formaggio, a una nuvola o a chiss che. Mentre altri, stessa faccia tosta ma meno fantasia, approfittano di parole dordine come ecologismo per progettare boschi verticali e mulini a vento sul tetto di grattacieli che in realt si spiegano solo come strumenti della speculazione edilizia. Gli architetti sono da sempre personaggi disinvolti, ma adesso penso stiano esagerando: in Spagna in questi casi si usa il termine sin-verguenza. Diceva qualche hanno fa Giorgio Grassi in una intervista a un quotidiano milanese. Bene, veniamo alla nostra proposta: noi proponiamo concorsi, facoltativi, rigorosamente aperti, a una o pi fasi, con un responsabile del concorso che definisce oggetto, bando e giuria; che chiede un documento unico di proposta, dove il costo principale quello intellettuale e non, come spesso avviene nei bandi che vediamo tutti i giorni su Europaconcorsi, la richiesta di un numero esorbitante di elaborati, magari inutili richieste di prime indicazioni sulla sicurezza allinterno di una delle tre tavole A0 con un montepremi complessivo, se va bene, di 4.000 euro, dove partecipano 200 studi per la riqualificazione di una piazzetta di paese che, probabilmente, non vedr mai linizio lavori. Noi parliamo di giurie dove la componente di giurati scelti dall'ordine e segretati sino alla ultima seduta di valutazione siano in grado di confrontarsi e dialogare riccamente con quelli preferiti e voluti dal committente. Committente, che, in caso di parit, avr s lultima parola, ma non sar mai cos stupido da investire denaro nel progetto del suo amico anzich in quello straordinario che ha individuato tra gli esaminati. Quello con . . . . motto: w-iconcorsi. In questo senso esprimiamo quindi la nostra preferenza per i concorsi a pi fasi, dove lo sforzo di partecipazione senza rimborso concettuale e, quindi, accessibile a molti. per questo che chiediamo fidejussioni a garanzia del montepremi (mai inferiore alluno per cento del costo di inter-

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www.arcipelagomilano.org vento), certificati di regolare svolgimento emesso dalla quota pubblica della giuria, pubblicit obbligatoria del bando sui siti soliti oltre che a quelli dellordine e del comune. Noi parliamo daltro. Noi parliamo di offrire a molti la possibilit di fare proposte darchitettura, di essere giudicati su queste e non su curriculum e/o fatturati. In sostanza vogliamo restituire al progetto il primato che ha perso a favore del progettista e delle sue capacit di relazioni sociali. Capacit di relazione che sono importanti e legittime ma che vanno misurate in confronto ad altre opinioni e ad altri approcci, che solo i concorsi possono permettere, a un costo contenuto. In Europa si fanno concorsi molto interessanti con una richiesta limitata di elaborati. Poca forma e molta sostanza, molta materia, direbbero altri. Ho partecipato ad alcuni. Lampliamento della biblioteca di Asplund, il museo del Bauhaus di Weimar, via Cenni a Milano. Non ho vinto come ovvio. Sono state comunque straordinarie occasioni di formazione professionale. Giudicare il progetto del vincitore, ad esempio, essendosi misurati con lo stesso tema cosa ben diversa da un banale mi piace questo, che schifo quello. Il concorso e sar certamente un momento di crescita anche per la committenza, che nel mio paese, non si risenta nessuno, ha un grande bisogno di maturare. Ci scommetterei, a Zurigo il grattacielo di Liebeskind, non lo costruirebbero. Mai. E sono anche certo che a Zurigo lo stesso Liebeskind sarebbe stato meno disinvolto. Per anni si tentato di migliorare la qualit urbana attraverso la cosiddetta partecipazione. Che cosa il concorso se non una straordinaria forma di partecipazione? Uno straordinario fatto collettivo, corale, serio e rispettoso della gestione delle competenze (ovvero chi decide che cosa). Troppo spesso, in questi anni la partecipazione stata un cerimoniale della politica, uno strumento di legittimazione di scelte preconfezionate veicolate da questo e quellurbanista. Molto pi interessante e responsabilizzante sarebbe chiamare i cittadini a scegliere tra le diverse proposte che solo il concorso di architettura pu regalare alla citt. Una sorta di referendum per sottoporre al giudizio dei cittadini le diverse opzioni architettoniche. Noi non nascondiamo che una procedura come quella da noi proposta contiene delle criticit. Ne cito alcune: qualit della giuria, inefficienza delle giustizia in caso di contestazioni, disponibilit al compromesso di una categoria, la nostra, praticamente alla fame. Il punto che oggi possiamo partire solo da qui e comunque non abbiamo nulla da perdere. La nostra citt sono brutte, frantumate e quindi costose in termini energetici e trasportistici. Si costruisce massicciamente solo sui greenfields, sugli spazi vuoti. Troppo premialit lei dice, forse ha ragione, ma la risposta una riduzione ulteriore dellindice unico di partenza, non manomettere gli strumenti in favore della qualit urbana. Oggi credo che lo sforzo fatto dalla nuova giunta sia riconoscibile. Domani, quando i valori delle aree scenderanno, e scenderanno, si potr fare edilizia di qualit a basso prezzo, scelta tra tante proposte di concorso magari partendo da un indice di base di 0,25. Noi parliamo di una citt che deve ripensarsi, ri-costruirsi su se stessa, smettere di consumare suolo. Costruire sul costruito costoso e difficile. Richiede invenzione e confronto. Il Concorso il mezzo che, nonostante tutto, pu regalare qualit a Milano e al nostro paese tutto. Ma noi radicali siamo anche molto liberali. Permettiamo, addirittura ai privati, anche di non fare i concorsi, ovviamente rinunciando alle premialit. Permettiamo, ad esempio, di ripetere quello che fatto un imprenditore emergente recentemente a Milano: di realizzare un edificio alla fine di via Torino verso il Duomo, come meglio ha creduto. Lui ha scelto un edificio che respira, come le scarpe che produce e vende. Viva i concorsi.

*architetto, radicale

CORSO EUROPA, INCERTEZZE URBANE Gianni Zenoni


Dopo la seconda guerra mondiale, nelle citt Europee distrutte dai bombardamenti aerei, si posto il problema di come ricostruire i centri storici. Molte citt cominciavano a sviluppare il concetto che queste parti cos importanti per la Storia, dovesse assumersi la responsabilit di lasciare ai posteri una immagine della cultura che aveva contribuito nei tempi allo sviluppo di una urbanistica e di una edilizia di qualit, specchio quasi sempre di momenti di floridi e specifici sviluppi economici. I Centri Storici stavano cos assumendo linnovativo aspetto di Museo della Storia della Citt. Cos si spiegano i Centri Storici di grandi citt Europee, vittime di estesi bombardamenti della seconda guerra mondiale, ricostruiti esattamente comerano prima della guerra. Poich la guerra aveva distrutto si i fabbricati, ma non lo spirito della citt e dei suoi abitanti. E spesso erano fabbricati di grande qualit espressiva sia architettonica che delle funzioni che essi rappresentavano. E non mi riferisco obbligatoriamente a tessuti edilizi vecchi di secoli. A Tel Aviv, citt nata cento anni fa, si vincolato come Centro Storico il quartiere realizzato in puro stile razionalista dagli architetti ebrei, (ma non sempre), fuggiti dalla Germania Nazista. Assistiamo quindi in questo caso, alla conferma del Centro Storico come Museo della Storia della Citt, coincidente in questo caso con un importante movimento della storia dellarchitettura, e alla rifondazione di Israele, senza la quale forse questo quartiere non avrebbe avuto lo stesso significato storico. Ma non stato sempre cos, come poco noto agli italiani, il comunista Tito fece radere al suolo dagli inglesi il centro storico di Zara e poi lo fece ricostruire in modo banale senza alcun riscontro con la citt precedente, per cancellare le tracce di una citt culturalmente e architettonicamente italiana e dando inizio a quella che fu poi la drammatica pulizia etnica in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia. A Milano con la motivazione delle grandi distruzioni causate dai bombardamenti si seguit la linea di poca attenzione per la citt storica che aveva gi portato, neanche venti anni prima alla chiusura dei Navigli, e nel 53 venne approvato un Piano Regolatore con un disegno di grandi viabilit e sventramenti in pieno Centro Storico che, se non interrotte a seguito di tardivi e discussi ripensamenti, avrebbero del tutto cancellato la Milano dellottocento. Cercando di capire la volont per nuove strade di quegli anni, non posso non ricordare che queste scelte possono essere state influen-

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www.arcipelagomilano.org zate anche dal fatto che Milano tra le due guerre mondiali era la citt con pi fabbriche di automobili dItalia e dove logicamente era pi diffusa la presenza e luso dellautomobile, e che quindi questa storica caratteristica milanese sia tra le motivazioni che abbia portato prima alla chiusura dei Navigli e poi al dissennato piano viabilistico del PRG del 53. Uno degli interventi pi vistosi degli sventramenti stradali del PRG del 53 stata la previsione di un asse stradale largo 25 metri chiamato Racchetta, che avrebbe dovuto collegare corso Venezia a via Vincenzo Monti con un percorso quasi circolare a sud del Duomo. Fortunatamente dopo la realizzazione della prima parte, partendo da San Babila e formata da corso Europa, via Larga e via Albricci la Racchetta si fermata in piazza Missori, lasciando per sul suo percorso non realizzato i segni dei dubbi legati alla rinuncia a questo non giustificato asse stradale. A seguito di ci ci troviamo ora di fronte allennesima e incomprensibile indifferenza dei milanesi verso il disegno urbano della loro citt. Infatti mentre via Larga e via Albricci hanno assolto a una loro funzione, centrata sulla corsia riservata al trasporto pubblico partendo da largo Augusto, corso Europa rimasta una squallida e larga strada asfaltata, per di pi a senso unico, dove gi lattraversamento pedonale un problema. Nessuno che abbia mai pensato alla sua trasformazione in Boulevard alberato, incentivando dehors e fornendolo di tutte le soluzioni suggerite dallarredo urbano, con marciapiedi allargati a ridurre lesagerata sezione stradale. Perch da sessanta anni ci dobbiamo sorbire in pieno Centro Storico questo inaccettabile squallido stradone? In un articolo su ArcipelagoMilano del dicembre 2010 sui ruderi delle case bombardate in bella vista attorno a San Lorenzo e altrove, ho elencato lincredibile lista di personaggi autorevoli, per cariche amministrative o cultura, che avrebbero dovuto rimediare a queste situazioni di sofferenza estetica della citt. Ma perseverando essi nella loro indifferenza verso una piacevole citt, non resta che sperare in un Sindaco che, con un intervento davvero poco costoso, ci possa lasciare un sito di grande impatto civile.

TRE NOTIZIE SUI TRASPORTI MILANESI Marco Ponti


Multe - A Milano si danno circa un milione di mute allanno per sosta vietata, compresa quella in doppia fila. Sono tante o poche? Per il gettito, una manna (dellordine dei 50 milioni). In assoluto, sono probabilmente pochissime. Vediamo perch. Il primo motivo che una sanzione non ha come fine fare cassa, ma cambiare i comportamenti dei cittadini. Ora per verificare il cambiamento dei comportamenti, occorre come minimo avere una stima, anche rozza, delle infrazioni, prima e dopo lintroduzione o laumento delle sanzioni. Questo dato totalmente impossibile da ottenere, sia dalla giunta precedente che da quella attuale. Forse non a caso, perch conoscendo questo dato si potrebbe anche misurare lefficienza della vigilanza urbana, oltre che della sanzione. Gli indizi non sono favorevoli: le macchine stabilmente parcheggiate dove la sosta non consentita (es. marciapiedi), e in doppia fila, non sembrano essere diminuite in modo sensibile, e una vecchia stima dellACI indicava in 90.000 le auto stabilmente in sosta vietata (se fossero multate solo queste tutti i giorni, in poco pi di dieci giorni si conseguirebbe quel totale di un milione di contravvenzioni sopra citato). Inutile notare infine che se la sanzione cambiasse davvero i comportamenti, come in USA, il gettito in breve tempo sparirebbe, togliendo ogni sospetto di strumentalit economica allazione sanzionatoria. E in pi con risultati sullambiente e la congestione probabilmente assai superiori a quelli dellArea C. Aumenti Sea - Tra la soddisfazione generale, il governo ha approvato laumento delle tariffe della SEA, che ricadranno ovviamente sui biglietti aerei, e quindi per buona parte sui milanesi. Tali aumenti si tramuteranno in maggiori profitti per la societ, e quindi in una sua assai pi consistente valutazione in borsa. Evviva! Il problema che, trattandosi di un aeroporto, siamo in presenza di un monopolio naturale, che in condizioni normali non dovrebbe fare profitti se non quelli appunto normali (vicini al saggio di interesse), calcolati sul capitale investito. Senza tale aumento la SEA avrebbe dovuto mostrare perdite in bilancio negli anni passati, mentre ha distribuito dividendi al comune anche in anni di crisi. Oppure laumento dovrebbe remunerare degli investimenti dichiarati socialmente utili, dopo unattenta analisi costi-benefici fatta da un soggetto neutrale, analisi di cui non si mai vista traccia. Altrimenti si tratta solo di rendite di monopolio, fatte pagare ai milanesi e agli altri viaggiatori. La regolazione delle tariffe aeroportuali sar uno dei compiti essenziali della nuova autorit di regolazione dei trasporti, di imminente costituzione, che dovrebbe proprio difendere gli utenti da rendite di monopolio. La fretta con cui stato firmato questo aumento fa pensare che non si volesse correre rischi nella difesa degli utenti. Chiss mai cosa potrebbe succedere c da tremare a pensarci. Linea 4 accelerata - Come molte altre opere concepite in funzione dellEXPO del 2015, la linea metropolitana 4 in forte ritardo. Il comune sembra deciso ad erogare circa 50 milioni di Euro extra allimpresa costruttrice per accelerare i lavori, mettendo forse in azione una seconda talpa. Questo extra costo a carico dei milanesi sembra difficile da comprendere, considerato che lEXPO un evento che durer alcuni mesi, mentre una metropolitana opera costosissima che dovrebbe rispondere a logiche del tutto diverse, e di lungo periodo. Ma lo stupore diviene incontenibile quando si apprende dalla stampa che questo gravoso impegno finanziario a carico dei milanesi non serve per raggiungere lEXPO, ma per prolungare di due (2) fermate la linea (che parte dallaeroporto Forlanini), senza peraltro neppure raggiungere il centro di Milano. Sembra davvero che non possiamo che migliorare.

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ESODATI A MILANO Massimo Cingolani


Si aggira una nuova figura sociale: lesodato. Avete capito bene esodato, a Milano si penserebbe al Seveso esondato per lennesima volta, invece un nuovo protagonista a cavallo tra il pensionando e il disoccupato. In Lombardia sono stimati in pi di 50.000, anche nella nostra citt sono un numero considerevole, sopratutto per le specificit di alcuni comparti post-industriali e dei servizi. Ma andiamo con ordine. La riforma varata dal Governo Monti intervenuta pesantemente sul fronte dellet pensionabile, i nati nel 52 e 53 in particolare si sono visti allontanare il traguardo della pensione di tre, quattro e addirittura cinque anni. Fin dallinizio ci si posti il problema di salvaguardare, garantendo loro di andare in pensione con i requisiti in vigore, quanti hanno perso o non hanno pi il lavoro. Cosi sono state individuate delle deroghe a favore delle categorie pi coinvolte: i lavoratori in mobilit, quelli in prosecuzione volontaria, cio che versano per conto proprio i contributi allINPS, e quelli inseriti nei fondi di solidariet, un prepensionamento che riguarda i bancari. Questi sono i cosiddetti derogati, circa 350.000 secondo le stime. La deroga fa ormai parte della politica italiana, in particolare di centrosinistra, dove, di fronte a statuti che limitano, per esempio, a due mandati elettivi, si trovano sempre delle deroghe, dal Senato allultimo Consiglio di Zona. Salvati i derogati, e approvato con il voto di fiducia il decreto salva Italia, ci si accorti che cera unaltra categoria di lavoratori in difficolt: quelli che avevano sottoscritto accordi di esodo con i datori di lavoro, negoziando extraliquidazioni a copertura del periodo che li separava dallaccesso alla pensione, che, a seguito delle nuove norme si allontana nel tempo. Nel decreto Milleproroghe, si cercato di inserire gli esodati tra i derogati, ma non sono stati trovati i fondi per garantire la pensione e di grandi possibilit non ce ne sono, si parlato di unaccisa sulla benzina, ma gli effetti sarebbero negativi per lintero paese e aumentare la contribuzione per disoccupazione e ammortizzatori significa togliere risorse alla riforma del lavoro e ai giovani. Abbiamo anche assistito a un battibecco tra il ministro Fornero e il sottosegretario al tesoro Polillo che aveva parlato di una generica soluzione, a dimostrazione che anche i tecnici dimenticano la loro freddezza professorale. Secondo Polillo infatti Gli esodati hanno firmato un accordo con le aziende: se cambiano le condizioni che hanno legittimato quellaccordo, possono chiedere che quellaccordo sia nullo peccato per, come evidenziato dallo stesso, la percorribilit di questipotesi tutta da verificare a partire dalla disponibilit e dalla possibilit delle aziende di riaccogliere gli esuberi. Lultima ipotesi, sostenuta dal ministro Fornero di utilizzare almeno per gli esodati pi anziani lAspi, un nuovo acronimo che dovremmo imparare bene, infatti si tratta dellAssicurazione Sociale per lImpiego, che sostituir quanto non rientra nella Cassa Integrazione Straordinaria e cio indennit di mobilit, incentivi di mobilit, disoccupazione per apprendisti, una tantum co.co.pro e altre indennit, ma, come ripetuto non certo ed limitata a 1.119 Euro. Nei prossimi giorni vedremo come sar difficilmente risolta la questione, ma qualche piccola riflessione si pu fare. Gli esodati sono un paradigma dellItalia: la situazione talmente complessa e degenerata che neanche dei presunti tecnici sono in grado di trovare una soluzione equa. Come ho gi scritto, il prezzo pi alto del decreto Salva Italia lhanno pagato i pensionati e le liberalizzazioni sono sempre di pi una chimera o peggio uno specchietto per le allodole. Infine, sono pi che mai convinto che il conto pi salato per lappoggio a questo governo lo pagher il centrosinistra, che ultimamente cerca di rappresentare solo pensionati e lavoratori garantiti. Ma, daltra parte, avere aspettato venti anni, di cui molti passati a governare il paese, per metter mano seriamente a una riforma delle pensioni, una responsabilit difficilmente eludibile.

Scrive Maria Grazia Campari a Walter Marossi


Le descritte giravolte di Boeri penso interessino veramente poco i cittadini milanesi. Pi interessanti le evoluzioni politiche del PD su scandali come quello di Penati che riguardano la struttura dirigente del partito. Su queste l'articolo mantiene un riserbo francamente incomprensibile.

Scrive Federica Guaglio a Luca Beltrami Gadola


Etichettare il tema della riqualificazione della rete dei Navigli come semplice intervento paesaggistico vuol dire non aver colto l'opportunit, oltre alla necessit, di questo intervento e l'occasione che - dopo tanto tempo e tanta fatica - si viene finalmente ad aprire con Expo e che difficilmente potr ripetersi in futuro. Molti cittadini, comitati e associazioni (tra cui la nostra) lavorano da anni a progetti per restituire i Navigli e la Darsena di Milano alla citt e ai suoi abitanti; lidea da cui si partiti (e a mio parere pi condivisa) proprio quella che ripensare ai Navigli e allambito urbanistico di riferimento pu essere loccasione per una nuova concezione del territorio e per una sua rigenerazione che orienti le trasformazioni urbane verso i temi della sostenibilit, dellagricoltura di prossimit e di unalimentazione di qualit con lo scopo di favorire e promuovere percorsi, connessioni e infrastrutture (come la mobilit ciclabile, pedonale e fluviale) che mettano in rete e valorizzino tutto il territorio di Milano e del sud Milanese e che siano il volano per lo sviluppo di una nuova economia (del tempo libero, del turismo locale, dello sport e altro ancora) e di una proposta culturale ed educativa nel campo della sostenibilit e dell'innovazione. Di tutto questo si pu parlare prima e a prescindere della riapertura dei canali, su cui certo si pu discutere,

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www.arcipelagomilano.org ma non in fondo a tutte le priorit e le urgenze che la citt reclama; il tema dei soldi e degli investimenti non da sottovalutare ma la valorizzazione di un sito di pregio urbanistico, archeologico e ambientale come quello dei navigli un tema ben pi ampio del suo banale valore paesaggistico. (Presidente Associazione Bei Navigli)

Scrive Carla Maria Casanova a Luca Beltrami Gadola


Priorit nelle opere cittadine. Prima quelle di impellente necessit, poi il paesaggio, ovvio. Ma le norme (per esempio igieniche) che le USL impongono sono spesso cos demenziali e di costi astronomici cos totalmente inutili, da frenare qualsiasi progetto e soprattutto realizzazione. Si direbbe che leggi e norme vengano dettate da extraterrestri che non vivono la nostra realt quotidiana. Esattamente come le incongruenze della privacy (che hanno fruttato miliardi solo a chi le ha inventate).

Scrive Monica Simeoni a Maria Berrini


In compenso: a) noi che non viviamo in Area C non abbiamo pi spazio per parcheggiare (tutti arrivano in citt con le loro belle macchine e siccome (giustamente) non vogliono pagare l'Area C, ce le lasciano tutte a noi e se poi, costretto dall'impossibilit di parcheggiare decentemente lasci la macchina dove puoi, ci pensano i vigili a bastonarti con le multe (da noi in periferia non ci danno le strisce gialle dei residenti); b) l'inquinamento da noi semmai peggiorato (non foss'altro per quanta benzina lasciano gi tutti quanti quelli che cercano disperatamente parcheggio (e non lo trovano); c) solo per i colloqui con i professori, pagelle e pagellini di mia figlia mi sono andati pi di 40 euro (ma se c fossi andata coi mezzi me ne sarebbero andai ben di pi in ore di permesso. questa a casa mia si chiama l'alternativa del diavolo!); d) vogliamo parlare di chi ha la sfortuna di avere un negozio in Area C?; e) vogliamo parlare dell'assurdit di dare 90, dico 90 euro, di multa se per caso ti dimentichi di pagare il grattino entro la mezzanotte? E menomale che Pisapia di sinistra, chiss se era un fascio come ci conciava!

Scrive Gianluca Bozzia a Mario Ricciardi


Il tema del finanziamento pubblico ai partiti mi pare semplice, a volerlo affrontare. Una democrazia rappresentativa ha dei costi: la collettivit stipendia (esageratamente) i rappresentanti europei, nazionali e regionali, di cui copre spese di segreteria e di attivit politica, e (modestamente) quelli provinciali e cittadini. La collettivit pu anche farsi carico delle spese rendicontate per le competizioni elettorali che le libere associazioni di cittadini chiamate partiti sostengono di volta in volta. Queste libere associazioni di cittadini che si candidano a gestire temporaneamente la res pubblica (stabilendo leggi e norme, indirizzando la spesa e gli investimenti pubblici e mediando idealit e interessi collettivi) possono anche ricevere contributi per sostenere le loro attivit di ricerca, formazione e organizzazione della partecipazione e del consenso. La prima condizione necessaria e sufficiente che i partiti dichiarino da chi ricevono i soldi, quando viene superata una certa cifra, diciamo 50 euro. Cos praticamente tutti quelli che, iscritti o meno, vogliono liberamente partecipare e sostenere un partito lo farebbero tranquillamente e apertamente. La seconda condizione che vi sia un limite ai contributi annuali di una persona o organizzazione, diciamo 500.000 euro, in modo che nessuno possa influenzare troppo un partito e che, se lo facesse, sarebbe comunque molto evidente a tutti. Possiamo anche mettere una soglia di deducibilit totale a 50.000 euro. Ma vogliamo proprio esagerare e formalizziamo il 5x1000 ai partiti in modo da dare la possibilit al cittadino contribuente e agli iscritti, di indirizzare una piccola parte delle proprie imposte a un partito. Naturalmente, non dimenticherei bilanci certificati e massima informazione possibile sulla spesa, oltre alla relazione di bilancio. Possiamo discutere sulle cifre, ma il principio mi sembra chiaro: trasparenza pubblica in cambio di sostenibilit per chi si vuole occupare della cosa pubblica.

Scrive Paolo Ranci Ortigosa ad Andrea Bonessa


Al di l della proposta dei Radicali, che forse non meriterebbe neanche di essere commentata se non altro per la sua sostanziale impraticabilit, alcune note all'articolo Concorsi per tutti: il fumo fa male: 1) Il progetto City Life sull'area l'ex Fiera non il risultato di un Concorso di Progettazione o di un Concorso di Idee, ma di una gara su offerta economica in cui il progetto architettonico rappresentava solo di fatto un allegato. Con un concorso avrebbe senz'altro vinto il progetto di Renzo Piano, che rimpiangeremo tutti nei secoli futuri come una occasione mancata per la citt. 2) I concorsi sono appannaggio dei grossi studi o di chi se lo pu permettere perch in Italia non esistono sostanzialmente Concorsi di Idee, ma solo Concorsi di Progettazione, in cui viene richiesta in modo indebito una mole di lavoro spropositata, a fronte di premi esigui e soprattutto spesso riservati ai soli vincenti. Se al posto di progetti completi, gi al livello che la legge definisce "definitivi", venissero chieste soluzioni progettuali preliminari, limitate a poche tavole e a una relazione sintetica, forse i concorsi diventerebbero davvero uno strumento per affidare opere pubbliche a tutti i meritevoli senza privilegiare realt professionali consolidate e dotate di mezzi economici superiori. 3) D'accordo sulla progettazione partecipata, ma dove sta scritto che la progettazione partecipata sia alternativa ai concorsi progettuali? 4) Per quale motivo la scelta di professionisti dagli elenchi per gli incarichi sotto soglia dovrebbe essere pi trasparente della selezione tramite concorso? Mi sembra un'ipotesi misteriosa. L'esperienza di qualsiasi professionista che lavora nel campo della progettazione pu testimoniare come gli elenchi di professionisti siano solo un contenitore da dove pescare, con criteri discrezionali in linea con le prescrizioni

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www.arcipelagomilano.org legislative, gli amici e gli amici degli amici. 5) I concorsi non vanno eliminati. Al contrario andrebbero moltiplicati, resi dei veri concorsi di idee, trasparenti nelle aggiudicazioni e con premi proporzionati. Solo cos, con meno partecipanti per singolo concorso e con una quantit di lavoro proporzionata da produrre e poi da valutare, diminuirebbe la mole di lavoro sprecato e aumenterebbero le possibilit per i professionisti di vincere e per la collettivit di avere buoni progetti.

Replica Andrea Bonessa


Gentile Ranci Ortigosa, citare la proposta dei Radicali era chiaramente strumentale anche se purtroppo penso che abbia delle possibilit di essere accolta o quanto meno presa in considerazione. In risposta alle sue osservazioni penso per che: 1) Il progetto di City Life rappresenta benissimo una tipologia di concorso privato, con alcune diversit da quello proposto dai radicali, ma con delle interessanti similitudini. 2) Il concorso di Idee, comunque complesso, non risolve certamente la qualit del progetto. Pensare che un progetto si concluda con la sola proposta di unidea, con due o tre tavole di supporto, un modo ancestrale di pensare larchitettura, come espressione di un singolo apporto creativo. Ammesso e non concesso che questi concorsi vengano vinti dai citatissimi giovani, questi non sarebbero in grado di garantire la qualit dellopera realizzata. Non per inferiorit intellettuale o conoscenze teoriche ma per inesperienza e mancanza di mezzi nella gestione delle specializzazioni ormai necessarie a soddisfare ogni tipologia di clientela. E la qualit che chiedono i cittadini non solo quella formale dellIdea ma quella, ben pi solida, dellopera realizzata. Continuare a illudere i giovani che bastino delle buone idee per essere architetti vuol dire condannarli alleterna precariet della professione, e a essere economicamente dei sottoproletari senza il diritto di lamentarsi viste le molteplici occasioni messe a loro disposizione (i mitici concorsi). 3) Un concorso che preveda la progettazione partecipata diventerebbe un processo talmente energivoro di risorse e tempo che non oso neanche calcolarne la portata. 4) La pratica della scelta dei professionisti sotto soglia premiale per il processo di formazione di una scuola di architetti che progressivamente progettino interventi sempre pi complessi e formino sul campo la loro esperienza. Il regolamento del Comune di Milano, infatti prevede quattro fasce di qualifica, dai 25.000 ai 100.000 euro per permettere ai giovani professionisti di cimentarsi gradualmente con interventi alla loro portata. Sta allAssessora Castellano, ma secondo me anche a Boeri e De Cesaris, far propria questa prassi e pubblicizzarla il pi possibile una metodologia trasparente ma soprattutto democratica perch prevede una continua rotazione degli studi coinvolti, con elenchi che dovrebbero essere pubblici. una scelta per la citt perch prevede che il maggior numero di interventi siano studiati e realizzati sotto la guida di chi ha dedicato anni della propria vita per poter fare solo questo. Ed infine un processo aperto alla partecipazione perch il committente (il Comune) potrebbe inserirne la necessit nei diversi bandi. 5) Il primo concorso che dovremmo indire e vincere quello di sviluppare nuove idee per migliorare la qualit delle nostre citt invece che continuare a cercare di far funzionare qualcosa che non ha mai dato i frutti sperati, o meglio, ha garantito le solite lite.

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Contaminazioni


Strano periodo, questo, per gli amanti della musica classica. Una serie di delusioni e di sconcerti ( curioso che i concerti possano essere sconcertanti!) che sembrano essere stati programmati apposta, luno dopo laltro, per confondere le idee a noi poveri spettatori. Cominciamo dal concerto che Alexei Volodin - pianista trentacinquenne nato a San Pietroburgo e cresciuto a Mosca, con una gran carriera alle spalle, per la quinta volta ospite delle Serate Musicali - ha tenuto luned 16 al Conservatorio. Nel primo tempo erano previsti i quattro Improvvisi di Schubert opera 90 e la Sonata n. 8 in do minore opera 13, la famosa Patetica di Beethoven. A sorpresa, invece del pianista, si presentato sul palcoscenico (provenendo come si usa dal fondo della platea) un attore in costume settecentesco, sembrava un personaggio goldoniano, che inopinatamente ha declamato il toccante e arcinoto Testamento di Heiligenstadt di Beethoven! A parte il fatto che lo ha declamato e non sussurrato o mormorato, come si dovrebbe fare con la tragica e dolorosa confessione dellincipiente sordit, e dunque dellangoscia e della paura del futuro per un compositore condannato alla pi invalidante delle menomazioni; ma che senso aveva? Era una introduzione agli improvvisi schubertiani? Cosa centrava con quella loro solarit, soavit, dolcezza? Mah! Sar perch questo exploit ci ha messo di cattivo umore, sar perch forse il pietroburghese era in pessima forma, fatto sta che la successiva performance al pianoforte ci sembrata tremendamente sciatta: sia Schubert, con una lettura molto scolastica, sia la povera Patetica che nei due tempi esterni stata eseguita a velocit tanto vertiginosa da non riuscire a capire che cosa stessimo ascoltando, e nellAdagio cantabile senza il necessario pathos. Della seconda parte del concerto, ovviamente, non possiamo raccontarvi alcunch perch abbiamo abbandonato la partita. Qualche giorno dopo, non avendo trovato posto alla Scala, abbiamo voluto provare ad ascoltare e a vedere in diretta il concerto della Filarmonica in un cinematografo milanese: ci sembrava unidea eccellen-

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www.arcipelagomilano.org te, colta, democratica, insomma da provare. Mal ce ne incolse. Prima di tutto abbiamo dovuto sorbirci una lunga introduzione e un ancor pi lungo intervallo (35 minuti) di banali chiacchiere e di sciocca pubblicit a opera dello sponsor dellOrchestra (ve lo immaginate un banchiere o bancario che vanta linternazionalit della sua banca mettendola a confronto con linternazionalit del brand - cos ha detto - della Scala?) ma poi, anzich farci concentrare sulla musica, i violenti e aggressivi primi piani ci hanno costretto a contare i peli delle mani del primo clarinetto, le perle di sudore sulla fronte del direttore, gli anelli e i curiosi braccialetti di violinisti e trombettisti tremendo. Il concerto era dedicato a Gershwin (suite da Porgy and Bess, Un americano a Parigi, il Concerto in fa) e vedeva Riccardo Chailly sul podio con Stefano Bollani al pianoforte. Anche qui, a parte il fatto che lesecuzione - e specialmente il Concerto in fa - non stata un capolavoro (Bollani non ci sembrava perfettamente a suo agio e Chailly molto pi romantico e meno spigoloso e scanzonato del dovuto), ci chiediamo che senso avessero tutti quei bis squisitamente jazzistici - sia con lorchestra, sia per pianoforte solo, soprattutto con il pianoforte accompagnato da un contrabbasso e una improvvisata batteria (uno dei bis era un arrangiamento di Les feuilles mortes) - se non la manifestazione di puro virtuosismo ed esibizionismo uniti a una grande voglia di dissacrare la sala che li ospitava, il cosiddetto Tempio della musica! Il quale Tempio, due giorni dopo, ha ospitato un concerto straordinario organizzato dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori intitolato A Tribute to Ray Charles che vedeva sul palcoscenico due cantanti jazz, Jocelyn B. Smith e Kevin Mahogany, e due orchestre - la WDR Big Band di Colonia (cinque trombe, cinque saxofoni, quattro tromboni, piano, chitarra, basso e batteria) e la Mahler Chamber Orchestra (il cui ruolo, apparentemente superfluo, sembrava essere soprattutto quello di garantire una sorta di classicit alloperazione) - diretti dal compositore jazzista italo-americano Michael Abene. Evidentemente la Scala ha deciso di pater le bourgeois e ritiene sia giunto il momento di cambiare il proprio status da Tempio della musica in Fiera della musica! Ha voglia di dire, Chailly, che lui odia gli steccati e le divisioni ideologiche e che la musica, pesante o leggera, alta o bassa, sempre musica e va goduta tutta nello stesso modo: dovremmo prenderlo in parola e candidarlo a dirigere lorchestra del prossimo Festival di San Remo Per non rischiare la patente di bacchettoni ricordiamo che nella storia della Scala vi sono state molte contaminazioni con altri generi musicali, accolte con grande simpatia perch vette altissime nel loro genere e sempre di qualit eccezionali (chi non ricorda i Swingle Singers o Friedrich Gulda?) e non ci apparso che in queste ultime due serate i presupposti e i risultati fossero tali da giustificare limproprio accesso al Tempio: ci sembrato piuttosto che Gershwin sia stato usato come alibi per farvi entrare dei clandestini. Musica per una settimana *mercoled 2 al Conservatorio (Societ dei Concerti) il pianista Grigory Sokolov esegue la Suite in re di Rameaum la sonata in la minore K. 310 di Mozart, Le Variazioni su un tema di Hndel opera 24 e i Tre Intermezzi opera 117 di Beethoven *gioved 3, venerd 4 e domenica 6, allAuditorium, lOrchestra Verdi diretta Claus Peter Flor esegue la Sinfonia da Requiem di Britten e la Sinfonia n. 9 in re minore di Bruckner *gioved 3 al Teatro Dal Verme lOrchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Daniele Rustioni, con i violinisti Sonig Tchakerian e Davide de Ascaniis, esegue il Concerto per violino e orchestra K. 216 e il Concertone per due violini e orchestra K. 109 di Mozart, seguiti dalla Sinfonia n. 104 di Haydn *domenica 6 (prova aperta) e luned 7 alla Scala concerto della Filarmonica diretto da Andrea Battistoni con Alexander Romanowsky al pianoforte in Ja sam sonata per orchestra e coro di voci bianche, prima esecuzione assoluta, di Matteo Franceschini e di Rachmaninoff Variazioni su un tema di Paganini e Sinfonia n. 2 in mi minore opera 27 *luned 7 alla Scala, alle ore 15 il Quartetto darchi della Scala in un programma che prevede Crisantemi di Puccini, il Quintetto n. 9 (con Gianpaolo Bandini alla chitarra) e il Quartetto n. 4 di Boccherini, un Quartetto di Nicola Casagrande in prima esecuzione mondiale e il Quartetto dorico di Respighi *luned 7 al Conservatorio (Serate Musicali) la violinista Hilary Hahn e il pianista Cory Smithe eseguono un programma inusuale in cui a Beethoven (Sonata n. 2 in la maggiore opera 12), Bach (Sonata per violino solo n. 2 in la minore) e Brahms (Sonatensatz in do minore) aggiungono opere di Satoh Somei, Whitehead Gillian, Moravec Paul, Higdon Jennifer, Davidson Tina, Dorman Avner, Lam Bun-Ching e Rautavaara Einojuhani *marted 8 al Conservatorio (Societ del Quartetto) il quartetto francese Voce, finalista dellultimo Premio Borciani, eseguir quattro Quartetti rispettivamente di Mozart (K. 589 in si bemolle maggiore), Smetana (n. 1 in mi minore), Ligeti (n. 1, Metamorfosi notturne) e Ravel (il ben noto quartetto per archi in fa maggiore) *marted 8 allAula Magna dellUniversit Statale i Cameristi dellOrchestra eseguono il Quintetto per archi in do maggiore D. 956 di Schubert e il Sestetto n. 1 in si bemolle maggiore opera 18 di Brahms

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Marlene Dumas tra Stelline e Pasolini
Sorte una parola triste. Destino un po meglio. La Libert incastrata tra le due. Pi invecchi, pi ti muovi verso le ultime possibilit. Cos Marlene Dumas racconta la sua ultima fatica, Sorte, la mostra creata per la Fondazione Stelline di Milano. Quindici le opere nuove e inedite che lartista sudafricana, olandese di adozione, ha creato o scelto appositamente per adattarle al luogo dellesposizione. Pasolini, Cristo in croce, Amy Winehouse e le piccole ospiti dellantico orfanotrofio sono alcuni dei soggetti scelti dalla Dumas per raccontare le vite e i destini interrotti, ma non dimenticati, dei suoi protagonisti. Un intreccio

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www.arcipelagomilano.org indissolubile tra lantico ex convento, diventato ricovero per bambine abbandonate, e i dipinti dellartista. Invitata dalla Fondazione Stelline, Marlene Dumas ha consultato il vasto archivio fotografico della Fondazione e ha scelto tre immagini risalenti agli inizi del Novecento per trarne altrettanti dipinti. Nel primo una classe di ragazzine riunita intorno alla loro insegnante: vestite coi grembiuli chiari, sedute o in piedi, attorniano la maestra in abito scuro e guardano verso di noi, i volti quasi cancellati dal tempo ed evanescenti. Le altre due immagini, intitolate Stellina e Destino, ritraggono invece due bambine, le stelline appunto, come erano chiamate le ospiti dellorfanotrofio, con la divisa usata nelle uscite ufficiali. Stellina e Destino mi ricordano una fotografia di mia madre da bambina. Vecchie immagini di giovani ragazze, che oggi non fanno pi parte di questo mondo, ma che allora avevano ancora il futuro e la fortuna intatti davanti a loro, spiega la Dumas stessa. Il passato non si pu distruggere, sempre presente, come sempre sar, in questi luoghi, lo spirito di tutte le stelline che ci hanno abitato. Altro filone tematico dellesposizione Pier Paolo Pasolini, al quale la Dumas aveva gi dedicato fra il 1989 e il 1990 la Pasolini Series. Un confronto/scontro tra i crocifissi della serie Forsaken (con riferimento alle parole che Cristo in croce rivolge al Dio padre: Perch mi hai abbandonato?) e i ritratti del grande regista scrittore: come il crocifisso mostra labbandono del Figlio da parte del Padre e quindi il senso di solitudine e vuoto, Pasolini, figura tragica a causa della sua morte violenta, tuttavia ritratto accanto alla madre Susanna, in una contrapposizione tra il rapporto paterno, legato alla morte, e quello materno legato alla vita. Ma c anche unopera che combina e riunisce insieme questi rapporti: la Piet Rondanini di Michelangelo, con una madre straziata dal dolore che tenta di sostenere il peso, troppo grande, del corpo morto del figlio, quasi per inglobarlo di nuovo in s. Nella visione laica di Marlene Dumas per il crocifisso e la Piet non sono simboli religiosi ma segni universali in cui la fede si unisce alla tragedia, e lamore interagisce con il dolore, spiega il curatore Giorgio Verzotti. A questi personaggi storici si aggiunge anche la cantante da poco scomparsa Amy Winehouse, morta quando la Dumas stava portando a completamento la serie dei Forsaken. Una ragazza troppo fragile, nonostante gli eccessi, e che diventa simbolo e immagine di un dolore e una sofferenza portati allesasperazione. Conclude lesposizione il film Miss Interpreted (Marlene Dumas) (1997), realizzato e diretto da Rudolf Evenhuis e Joost Verhey, in una versione postprodotta in italiano appositamente per la mostra.

Marlene Dumas fino al 17 giugno 2012, Fondazione Stelline corso Magenta Milano orari: marted domenica, 10 20, biglietti: intero 8; ridotto 6; scuole 3.

Aspettando il museo: gli artisti di ACACIA


ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea, unassociazione privata che riunisce al suo interno collezionisti e amanti darte, e che, nel suo insieme, incarna una sorta di super collezionista, attivo e attento alle tendenze artistiche. La promozione e il sostegno dellarte e del lavoro di giovani artisti italiani tra gli scopi principali dellassociazione, ed per questo motivo che, fin dalle sue origini, nove anni fa, il nucleo di opere comprate dai singoli collezionisti e messo a disposizione dellassociazione ha un grande e mirabile scopo: la creazione di una collezione di opere darte contemporanea da esporre a Milano nel futuro e presto auspicabile museo di arte contemporanea. Ecco dunque nascere la seconda edizione della mostra, esposta a Palazzo Reale, comprendente circa trenta opere di artisti internazionali e di primissimo piano: Mario Air (vincitore della prima edizione del Premio ACACIA), Rosa Barba, Vanessa Beecroft, Gianni Caravaggio, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Francesco Gennari, Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Adrian Paci, Paola Pivi, Ettore Spalletti, Grazia Toderi, Luca Trevisani, Marcella Vanzo, Nico Vascellari e Francesco Vezzoli. Opere darte che esplorano, com tipico dellarte contemporanea, tutti i medium e i supporti possibili: dalla fotografia ai video, dalla pittura alla scultura fino allinstallazione. Aprendo al pubblico la nostra raccolta vogliamo certamente proporre un evento culturale strettamente connesso al tempo che stiamo vivendo ma, nello stesso momento, iniziare un dialogo attivo e propositivo, perch larte contemporanea non rimanga appannaggio di pochi, bens sia promossa, conservata e tutelata. Questo il proposito di Gemma de Angelis Testa, presidente e fondatrice di ACACIA. Una sorta di mecenatismo collettivo dunque, tutto a favore della citt, che permette da una parte di comprare arte per il futuro museo, e dallaltra la conoscenza e la promozione dellarte e degli artisti pi importanti del panorama contemporaneo, con lobiettivo di essere capace di rispecchiare la contemporaneit e le sue dinamiche, un polo divulgativo in grado di trasmettere al suo pubblico formato da vari livelli culturali, la conoscenza dellarte, conclude De Angelis Testa. La mostra presenta anche per la prima volta al pubblico il lavoro di Rosa Barba, vincitrice del Premio ACACIA 2012: Theory in order to Shed Light. I suoi lavori, definiti sculture filmiche, sono il mezzo con cui lartista ama esprimersi, attraverso luso del video che viene smembrato nei suoi elementi strutturali: parole, musica, immagini e luce. La parola la parte che pi interessa Rosa Barba: frasi intere o testi vengono proiettati sulle pareti, accompagnati dal commento di voci fuori campo o dalla musica, utilizzando vecchi proiettori cinematografici collegati a strumentazioni di moderna tecnologia. In attesa dei grandi lavori, anche museali, per lExpo 2015, accontentiamoci per ora di avere un assaggio darte di quello che vedremo in pi adeguata sede.

Gli artisti italiani della Collezione ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea Palazzo Reale fino al 24 giugno. Ingresso gratuito Luned: 14.30_19.30 Marted, Mercoled, Venerd e Domenica: 9.30_19.30 Gioved e Sabato: 9.30_22.30

Milano Photofestival 2012

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www.arcipelagomilano.org Per gli appassionati di fotografia Milano offre, fino al 12 maggio, ben novanta opportunit per vedere, ammirare, lasciarsi emozionare e conoscere lavori e immagini fotografiche dartista. Ha infatti da poco inaugurato PhotoFestival, giunto ormai alla sua sesta edizione, che coinvolger anche questanno le pi importanti gallerie darte e gli spazi espositivi di Milano, attraverso un percorso di mostre storiche e contemporanee, che porter la fotografia in tutti gli angoli della citt. Un evento che per il secondo anno si appoggia a STARTMILANO, il circuito che raccoglie le principale gallerie darte contemporanea di Milano, e che per loccasione ospiteranno mostre di giovani o gi affermati fotografi. Tanti i generi che si potranno incontrare, un po per tutti i gusti: dal ritratto al reportage, dalla fotografia storica al paesaggio, dalle sperimentazioni pi ardite alla fotografia di taglio pi classico e tradizionale. Grandi maestri ma anche artisti emergenti su cui si vuole puntare, come i giovani delle accademie darte, raccolti intorno alla mostra "MostraMI. Studiare fotografia a Milano", che fa capo al premio ideato dall'Associazione Italiana Foto & Digital Imaging AIF - e rivolta agli studenti di fotografia delle scuole della citt, come lAccademia di Belle Arti di Brera, lAccademia Teatro della Scala, il CFP Bauer - Afol, lo IED Istituto Europeo del Design, lIstituto Italiano di Fotografia e la Scuola Milano Cinema e Televisione. Una giuria critica selezioner lopera pi rappresentativa, nella collettiva che si aprir il prossimo 3 maggio allo spazio Concept di via Forcella (in pieno distretto Zona Tortona) a cui verr consegnato il riconoscimento AIF. Ma anche tanti gli eventi collaterali, come la proiezione, venerd 11 maggio al cinema Palestrina, di William S. Burroughs: A Man Within, documentario in lingua di Yony Leyser sulla vita inquieta dello scrittore della Beat Generation; cos come lanno scorso era stato proiettato Rock My Religion, di Dan Graham. E allora ecco alcuni spunti per godersi al meglio questo festival, da corredare con la piccolo guida distribuita gratuitamente nelle gallerie e nei centri aderenti. Alla Galleria Carla Sozzani, corso Como, fino al 22 aprile sar possibile vedere i lavori di Alice Springs, pseudonimo della moglie di Helmut Newton, con i ritratti di moda e darte da lei realizzati in quarantanni di carriera. Il 6 maggio inaugurer invece, come di consuetudine, il World Press Photo 2012. Fino al 17 aprile presso Palazzo Castiglioni, corso Venezia, sono visitabili le tre mostre che hanno aperto questo PhotoFestival: Volti positivi, di Silvia Amodio; Divercity di Luciano Bobbs, dedicata a Milano, e Still life di Cristiano Ossoli, fotografie concentrate sui piccoli dettagli. Inaugura il 10 aprile anche La dimensione illuminante dellalbero, presso la storica Galleria Blanchaert (piazza S. Ambrogio), una mostra dedicata ai lavori fotografici del poliedrico e attivissimo Arturo Schwarz. Photofestival - fino al 12 maggio

Lazzi e sberleffi dipinti


Dario Fo un personaggio da tutti conosciuto. Uomo di teatro, Nobel per la letteratura, critico ironico sulla societ e i suoi vizi. Non tutti sanno, per, che Dario Fo anche pittore. Un amore di lunga data, quello con la pittura, iniziato da giovane durante i suoi anni passati allAccademia di Brera. Milano, sua citt di adozione, gli dedica una grande retrospettiva artistica, in cui sono presentate ben 400 opere create dallartista durante la sua lunga vita. I lavori di Fo sono tutti caratterizzati da una grande variet di stili e tecniche: le pitture dei primi anni, i collages, gli arazzi, fino ai monumentali acrilici pi recenti. In mostra anche oggetti di scena, maschere, marionette e burattini, tra cui quelli storici appartenuti alla famiglia Rame. Nutrita la presenza di disegni, schizzi, acquarelli, bozzetti di costumi, fondali, ampie scenografie, locandine e stampe che hanno caratterizzato la vita teatrale della coppia Fo-Rame. Invenzioni personalissime, come i dipinti in cui compare Roberto Saviano e i dipinti a tema politico e satirico, ma anche opere che sono un omaggio e una rilettura della storia dellarte e dei suoi maestri. Si parte dalle vere origini, la preistoria, con i lavori ispirati alle incisioni rupestri ma ai giorni nostri, attraversando i linguaggi della classicit greca e romana sino alla preziosit dei mosaici ravennati e bizantini. Linteresse di Dario Fo per larte del Medioevo e del Rinascimento testimoniato dai lavori che celebrano i rilievi scultorei del Duomo di Modena e di Parma, insieme agli studi e alle lezioni-spettacolo su Giotto e Pietro Cavallini, Mantegna, Giulio Romano, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Correggio e Caravaggio. Si arriva fino a Tiepolo e la storia dellarte si interrompe per far posto allopera teatrale di Rossini e al teatro di Molire. La mostra si conclude poi con una sezione dedicata alla formazione artistica di Fo, dai primi studi sul lago Maggiore fino al trasferimento a Milano, con la frequentazione dellAccademia di Brera, dove incontr maestri fondamentali come Achille Funi, Carlo Carr e Aldo Carpi. Durante il percorso venti schermi documentano sala per sala la mostra, attraverso le lezioni spettacolo tenute da Fo e Franca Rame, con anche una sala di proiezione, dove saranno visibili le rappresentazioni teatrali e i film creati dal duo di vita e darte. Grande successo ha riscosso nelle scorse settimane anche liniziativa Bottega dartista, un vero e proprio spazio in cui si ricreato, allinterno della mostra, il laboratorio creativo in cui lavora Fo, e che ha portato quasi duemila persone a contatto con lartista e i suoi collaboratori, per mostrare dal vero come nascono i disegni e i dipinti che porteranno poi ai canovacci rappresentati in scena. La Bottega dartista far parte del percorso espositivo fisso, mostrando strumenti e trucchi usati nella realt da Fo per creare i suoi dipinti.

Dario Fo a Milano. Lazzi, sberleffi, dipinti. Fino al 3 giugno Orari: Luned 14.30 - 19.30. Marted, mercoled, venerd, domenica 09.30 19.30. Gioved e sabato 09.30 22.30 Costi: 9 intero 7,50 ridotto

Marina is present
Questa settimana il mondo dellarte milanese ha mormorato sempre e solo un nome: Marina. E la signora in questione riconosciuta internazionalmente come la regina delle performer, Leone dOro alla Biennale di Venezia del 1997, creatrice di performance scandalose e provoca-

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www.arcipelagomilano.org torie. Va in scena Marina Abramovi. Si aperta con grande eco internazionale The Abramovi Method, un evento a met tra la retrospettiva e la presentazione di un grande, impegnativo nuovo lavoro dellartista serba. Questo nuova opera nasce da una riflessione che Marina Abramovi ha sviluppato partendo dalle sue ultime tre performance: The House With the Ocean View (2002), Seven Easy Pieces (2005) e The Artist is Present (2010), esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico. Nella mia esperienza, maturata in quaranta anni di carriera, sono arrivata alla conclusione che il pubblico gioca un ruolo molto importante, direi cruciale, nella performance, dichiara la Abramovi. Senza il pubblico, la performance non ha alcun senso perch, come sosteneva Duchamp, il pubblico a completare lopera darte. Nel caso della performance, direi che pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili. E allora ecco che questa volta il pubblico diventa totalmente protagonista e attore. Una ventina di volontari, guidati dalle indicazioni della Abramovi e dei suoi assistenti, prendono posto in installazioni che ricordano le tre principali posizioni usate dalluomo: lo stare in piedi, sdraiati o seduti. Seguendo le indicazioni dellartista, vestiti di camici bianchi e di cuffie insonorizzanti, i protagonisti dellAbramovi Method sono tenuti a stare 30 minuti in ogni posizione, in un percorso fisico e mentale il cui scopo quello di espandere i propri sensi, osservare, imparare ad ascoltare e ad ascoltarsi. Ma anche il pubblico protagonista. Per enfatizzare il ruolo ambivalente di osservatore e osservato, di attore e spettatore, centrale ai fini del concetto stesso di performance, Marina Abramovi mette alla prova il pubblico anche nellatto apparentemente semplice dellosservazione: una serie di telescopi permettono infatti ai visitatori di osservare dallalto della balconata del PAC i protagonisti dellevento, concentrandosi su alcuni particolari. Una scelta non facile quella di partecipare alla performance, che richiede grande forza di volont e anche un pizzico di resistenza fisica, oltre che la consapevolezza di donare un paio dore del proprio tempo allarte e alla riflessione sulle nostre percezioni. Ma dinteressante c anche il lavoro The artist is present, video e riproduzioni della monumentale performance del 2010 che la Abramovi fece al MoMA di New York. Per tre mesi, sette ore al giorno, la Abramovi stata immobile e in silenzio davanti a oltre 1400 persone che, una alla volta, hanno avuto loccasione di sedersi davanti a lei, seduta in assoluto silenzio a un tavolo nellatrio del museo. I visitatori potevano sedersi di fronte a lei per tutto il tempo desiderato, e mentre lartista non aveva alcuna reazione di fronte ai partecipanti, la loro reazione era invece il completamento dellopera, permettendo ai visitatori di vivere unesperienza intima con lartista. Immagini emozionanti, che mostrano come ogni essere umano reagisca in modi assolutamente diversi: chi rideva, chi stava serio, chi aveva una faccia dubbiosa e coloro che invece, molti, si lasciavano andare alle emozioni, piangendo silenziosamente davanti allartista. Concludono il percorso una selezione di video con le performance pi famose della Abramovi, come Dozing Consciousness, 1997, Nude with Skeleton, 2002, Cleaning the Mirror I e II, 1995, The Kitchen. Homage To Saint Therese, 2010 e tanti altri. La scoperta di Marina Abramovic continua poi presso la galleria Lia Rumma, con la personale With eyes closed I see Happyness, fino al 5 maggio. Marina Abramovi - The Abramovi Method - fino al 10 giugno orari: luned 14.30 19.30, da marted a domenica 9.30 19.30, gioved 9.30 22.30; orari turni performance: luned 15.00/ 17.30, dal marted alla domenica 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30; gioved 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30/ 20.00;costi: biglietto unico performance + mostra dal 25 marzo: 12 Biglietto mostra: 8 intero, 6 ridotto

Da Bellini a Tiziano. Nascita ed evoluzione del paesaggio


Si aperta la nuova stagione delle mostre a Palazzo Reale, e a inaugurarla niente meno che una mostra su Tiziano e il suo secolo. Il Cinquecento veneto stato dominato in pittura proprio da Tiziano, un artista che a partire dalla lezione di Giovanni Bellini e di Giorgione ebbe il merito di aver portato la natura e il paesaggio sullo stesso piano dei soggetti allora ritenuti pi importanti (scene storiche, nudi, racconti sacri), aggiungendo quindi un elemento di grande modernit allinterno dei suoi dipinti. Suo fu infatti luso nellaccezione moderna, del termine paesaggio, parola che compare per la prima volta nel 1552, in una celebre lettera dello stesso Tiziano allimperatore Filippo II. Linvenzione del paesaggio in pittura, come realt a se stante, fu una vera a propria rivoluzione. Dallo sfondo quasi riempitivo dei dipinti degli artisti delle generazioni precedenti, visto a volte come secondo piano su cui relegare episodi secondari e piccoli dettagli, pass a essere un vero e proprio piano autonomo. Paesaggi fantasiosi, spesso inventati, ma che permisero agli artisti, Tiziano in primis, di sperimentare un nuovo rapporto tra i soggetti rappresentati e la natura, di farli interagire e di renderli complementari. Fino alla prima met del Quattrocento, nel Veneto, quasi non esistono aperture paesistiche nei dipinti, che non siano generici fondali di verzura, o stilizzate convenzioni, come le onde a ricciolo dei mari in burrasca. Prima del nuovo termine tizianesco, lambiente naturale era paese e gli artisti dipingevano quadri di paesi, cio degli spazi, dei luoghi, considerati sotto il profilo delle loro caratteristiche fisiche e ambientali, spiega il curatore della mostra Mauro Lucco. Ecco perch il cammino iniziato da Bellini e concluso da Tiziano e seguaci cos importante, tanto da aver fatto arrivare a Milano una cinquantina di dipinti e disegni provenienti da alcuni dei maggiori musei americani - il Museum of Fine Arts di Houston, lInstitute of Arts di Minneapolis - ed europei - la National Gallery di Londra, la Gemldegalerie Alte Meister di Dresda, le Gallerie dellAccademia di Venezia, gli Uffizi di Firenze. La mostra aperta da due capolavori, la Crocifissione nel paesaggio di Giovanni Bellini e La prova del fuoco di Giorgione, che accompagnano un celebre dipinto giovanile di Tiziano, La sacra conversazione. Fu proprio Bellini il primo a inserire nei suoi dipinti sacri il paesaggio sullo sfondo, distinto per dal soggetto principale, e ben delimitato da drappi, cortine o invisibili valli spaziali. Seguendo il modificarsi della

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www.arcipelagomilano.org funzione del paesaggio, il percorso si sviluppa poi attraverso le sale, in cui le opere di Palma il Vecchio, Cima da Conegliano, Veronese e Jacopo da Bassano, arrivando alla chiusura con il Narciso di Tintoretto, sono accostate ad altri dipinti di Tiziano, interpreti di questa novit: L'Orfeo e Euridice, La Nascita di Adone, Tobiolo e l'angelo, Ladorazione dei pastori. Un paesaggio che ha avuto anche una sua declinazione letteraria, grazie a Jacopo Sannazzaro, che in quegli anni compose e pubblic lArcadia (la cui prima edizione del 1504 esposta in a Palazzo Reale), in cui la natura e la campagna sono descritte come luoghi ameni di delizia e gioia, popolate da pastori e contadini lieti. Italiani ma non solo. Importante dal punto di vista artistico fu anche larrivo a Venezia di artisti e opere del Nord Europa, con una diversa sensibilit per il paesaggio: una natura pi selvaggia e dura, a volte addirittura malinconica o iperdettagliata, come nel caso del disegno di Bregel dellAmbrosiana. E allora ecco concludere con lultimo Tiziano, in cui la materia e il mondo stesso sono fervore e movimento. Linvenzione del paesaggio, inaugurata da Giovanni Bellini e Giorgione e sviluppato in modo particolare da Tiziano pu dirsi completamente conclusa, lasciando alle generazioni a venire questa straordinaria e rivoluzionaria eredit. Tiziano e la nascita del paesaggio moderno - Palazzo Reale fino al 20 maggio - orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. e sab. 9.30-22.30 - costi: Intero 9,00. Ridotto 7,50

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Noi siamo la rivoluzione
Federico Fubini Arnoldo Mondadori Editore pp. 190, euro 17,50
Anche nel punto pi basso di una crisi, noi europei restiamo deterministi ed egocentrici: pensiamo che tutto debba evolvere verso un modello di vita simile al nostro, sebbene non siamo pi tanto sicuri di quale sia il nostro modello. Quello che tendiamo a dimenticare che allorigine di ogni evoluzione spesso non c il proposito di seguire unidea precostituita ma, al contrario, una forte dose di anticonformismo. Questa la premessa importante, ma anche la tesi di fondo dellultimo libro di Federico Fubini, giornalista del Corriere della Sera che si occupa prevalentemente di economia italiana e internazionale e negli ultimi anni s specificamente dedicato allanalisi dei grandi eventi legati alla crisi finanziaria mondiale. Nelle sette storie di Noi siamo la rivoluzione Fubini raccoglie, con il passo del reportage, lesperienza dei suoi incontri con uomini e donne, nel corso di sette tappe del suo viaggio,dallArabia Saudita a Catanzaro, passando per il Sud della Thailandia, lIndia tribale, il Buthan, il Corno dAfrica e la Tunisia. Sette personaggi che testimoniano con le loro scelte anticonformiste il desiderio di infrangere le regole consolidate, decidere di testa propria, e che pur con mille contraddizioni e non sempre nella piena consapevolezza sono portatori del germe del cambiamento. Ecco allora la storia di Mohamed Bouazizi, lambulante che in Tunisia si d fuoco davanti alla moschea, facendo scoppiare nel Maghreb lincendio che di colpo ha spazzato via una dittatura di anni e anni. Ecco Maha o Zaki, giovani sauditi lacerati fra tradizione e modernit,che cercano di forzare la gabbia delle convenzioni sociali. O ancora il quarto re del Bhutan, Jigme Singye Wangchuck, demiurgo illuminato inventore della Felicit interna lorda portatrice di un armonioso incontro tra passato e futuro. Da Est a Ovest, sette piccole-grandi rivoluzioni che pi di tanti saggi spiegano la complessit della globalizzazione, laccelerazione del tempo, lo scambio delle idee fra luoghi lontani, la rapidissima veicolazione di parole dordine grazie ai social network. in queste condizioni ci vuole dire Fubini, che pu nascere una rivoluzione, politica, sociale o culturale, con esiti peraltro difficili da prevedere. (Daniela Muti)

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org The italian factory
di Chiara Boscaro regia Riccardo Pippa con Alejandro Bruni Ocaa, Andrea Panigatti, Carlo Bassetti, Enrico Pittaluga suono e luci Nicol Leoni scenografie Roberta Monopoli, Erica Sessa produzione Teatro In-Folio, in collaborazione con Scuola dArte Drammatica Paolo Grassi
Per tutto il mese di maggio il Teatro Elfo Puccini ospita la rassegna al lavoro!, che raccoglie spettacoli di vario genere accomunati da un tema forse mai cos attuale. The Italian Factory, il primo ad andare in scena, ispirato a una storia vera, la delocalizzazione di una fabbrica storica di Sesto San Giovanni, la Mangiarotti Nuclear. Le radici nellattualit sono per solo il punto di partenza (e forse quello di arrivo, per le inevitabili riflessioni critiche che la vicenda provoca) del testo di Chiara Boscaro, che al suo interno ha uno sviluppo originale, interessante e per lunghi tratti anche divertente. La produzione della fabbrica dove lavorano il Gregario, lo Stakanovista e Robin Hood (tre personaggi che

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racchiudono in tre tipologie tutti gli operai coinvolti che, naturalmente, sarebbero molti di pi), viene spostata in un ipotetico est mai specificato (Romania? Cina?) e i lavoratori, essendo operai di lusso ultra specializzati, si ritrovano di punto in bianco senza quello che li ha caratterizzati per anni e che ha anche dato loro unidentit: il lavoro. I tre reagiscono occupando la fabbrica e sequestrando un macchinario di grande valore economico, il pezzo, da loro costruito e perfezionato negli anni, e chiedono, in cambio della restituzione, di riavere il loro posto di lavoro. La vicenda umana arricchita dallarrivo di Playboy (il giovanissimo Alejandro Bruni Ocaa, gi visto questanno allElfo in Racconto dinverno e Salom), un camionista incaricato di recuperare il pezzo, che allinizio viene bloccato l, insieme al suo camion, dai tre operai ma che, col passare del tempo, finisce per solidarizzare con loro accet-

tando, alla fine, una proposta che al suo arrivo non avrebbe mai neppure preso in considerazione. Lescalation di tentativi per attirare lattenzione messa in atto dagli operai si modula alternando momenti di tensione a dialoghi divertenti e partite di biliardino, nellattesa che il Manzetti (il proprietario) o qualche giornalista si occupi finalmente di loro. Lamarezza per attraversa tutta la linea orizzontale dello spettacolo e lascia una strana sensazione, di impotenza forse, nel finale in cui ovviamente i quattro risultano sconfitti. Riccardo Pippa bravo a dirigere quattro attori poco pi giovani di lui, tutti da poco diplomati alla Scuola dArte Drammatica Paolo Grassi ma con gi diverse esperienze lavorative alle spalle, e riesce a dare unimpronta chiara allo spettacolo, valorizzando il testo e le individualit dei singoli interpreti. Lo spettacolo dinamico, con un buon ritmo e

tratta un tema attuale; e dimostra come un gruppo di giovani teatranti, bravi e motivati, quando gliene viene data la possibilit, pu raggiungere ottimi risultati. Teatro Elfo Puccini dal 2 al 6 maggio. In scena Al Teatro Tieffe Menotti dal 3 al 6 maggio Lo show dei tuoi sogni, di Tiziano Scarpa, con Luca Bergia e Davide Arneodo dei Marlene Kuntz. Al Teatro Filodrammatici dal 2 al 13 maggio Effetto Lucifero, di Dario Merlini, testo finalista al Premio Riccione 2011. Al Piccolo Teatro Grassi fino al 6 maggio Rusteghi, i nemici della civilt, da Carlo Goldoni, regia di Gabriele Vacis. Al Teatro I dal 2 al 14 maggio Incendi di Wajdi Mouawad, regia di Renzo Martinelli.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Diaz - Non pulire questo sangue
di Daniele Vicari [Italia, 2012. 120] con Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini
Una bottiglia volteggia nel cielo di Genova. Daniele Vicari, regista di Diaz - Non pulire questo sangue, sceglie di omaggiare il Kubrick di 2001: Odissea nello spazio utilizzando questo comune oggetto come simbolo dellinnegabile involuzione e regressione dellessere umano. Lincosciente lancio della bottiglia diventa il pretesto del massacro che Amnesty International ha definito la pi grande sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale. Tra le strade di una Genova blindata, la violenza e la guerrilla scatenata da alcuni estremisti hanno contaminato e distorto lenergia di una manifestazione pacifica. I colpevoli scappano, si nascondono, lasciano il social forum prima della fine. In citt resta la maggioranza che ha scelto di esprimere le proprie opinioni con la forza della non violenza. La necessit delle forze dellordine di trovare un capro espiatorio inspiegabile tanto quanto la feroce irruzione nella scuola dormitorio. Un esercito di uomini in divisa si getta con ferocia sulle 93 persone che avevano scelto la scuola come rifugio per la notte. Un abuso di potere che non si ferma di fronte alle mani alzate di ragazze, uomini e anziani, tutti travolti da questa ondata di barbarie. Il rumore lacerante di manganelli blocca il respiro allo spettatore immedesimatosi inevitabilmente negli incolpevoli protagonisti. Daniele Vicari ha avuto il coraggio di volerci raccontare una delle notti pi buie della storia italiana recente. La sua tenacia gli ha permesso di non demordere di fronte alla fuga repentina dei finanziatori. Il regista ha ricostruito un intero quartiere di Genova a Bucarest. riuscito a dar vita con un tocco lucido e imparziale a quei tragici momenti di follia e ferocia in cui il garante della giustizia e della democrazia si posto sullo stesso piano di coloro che avrebbe dovuto legalmente fermare e perseguire. Dont clean up this blood (letteralmente Non pulire questo sangue) il grido daiuto di una ragazza che ha paura che la violenza subita venga pulita e cancellata. Daniele Vicari, con Diaz, ha il merito di aver portato questo sangue innocente nuovamente alla luce. Marco Santarpia In sala a Milano: Apollo, Anteo, Colosseo, UCI Cinemas Bicocca, UCI Cinemas Certosa

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ALDO BASSETTI: LA GRANDE BRERA, SENZA INDUGI! http://www.youtube.com/watch?v=ssPt1yM4SiE

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