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Elena Glinskaja e
il muro della riconciliazione.
di Tatiana Polomochnykh
La storia ha delle preferenze. Alcuni personaggi li tratta come figli
prediletti e riserva loro un posto donore nella memoria dei posteri. Altri
invece sono dei figliastri, dimenticati perch figure scomode. Nella
storia russa esiste una Cenerentola, che sedeva sul trono moscovita. E
famosa perch indusse il suo sposo, perdutamente innamorato, a radersi,
contro ogni precetto della Chiesa ortodossa. Meno noto invece che,
rimasta vedova, per ben cinque anni tenne saldamente le redini del
governo russo. Nel quinto centenario della sua nascita ricordiamo questa
straordinaria personalit.
A parte lavvenenza, Elena
Glinskaja (150813.04.1538)
di femminile aveva forse
quella capacit di ascolto e di
comunicazione che sono pi
rare negli uomini ma sono
necessarie per essere un
sottile
diplomatico,
un
lungimirante politico, un
buon amministratore. Questi
compiti
Elena
dovette
svolgerli dopo la morte del
marito,
quale
reggente
durante la minorit del figlio
Ivan, dimostrando grandi
capacit di governo.
Per prima cosa dovette
affrontare la guerra che le fu
mossa dal Re di Lituania
Sigismondo,
spinto
dallillusione di trovare il
paese disorientato e inerme
sotto la guida di una donna. Lerrore gli cost la sconfitta. Nel 1537
Elena riusc a rafforzare ulteriormente la posizione del suo Paese sui
confini europei, stipulando un trattato di pace e libero commercio con la
Svezia. Contemporaneamente dovette preoccuparsi del confine orientale,
Elena per dei talismani si fidava poco e non abbassava la guardia nei
confronti delle minacce esterne. Cosi sul confine lituano furono
ricostruite a fondo le vecchie fortezze come Jaroslavl, Ustug, Sebej,e sul
confine tartaro Pronsk. Nella stessa Mosca i lavori proseguivano senza
sosta. Nel 1534 il cantiere intorno alla cella campanaria sulla vecchia
piazza Rossa allinterno del Cremlino era ancora aperto, quando
larchitetto incaricato alla costruzione, lItaliano Petrok Malyi (Pietro il
Maggiore) venne impiegato in unaltra grandiosa opera. Si trattava del
muro difensivo intorno al Velikij Possad, quartiere adiacente al
Cremlino.
III. . .
In realt resta aperta la questione dellassetto che il testamento di
Vassilij III voleva realmente dare al governo moscovita affidando la
reggenza alla futura vedova. Le cronache dellepoca danno due
interpretazioni divergenti. Quella favorevole ad Elena spiega
laffidamento della reggenza alla vedova la preoccupazione del gran
principe di stemperare la rivalit tra le grandi famiglie impedendo loro di
competere per la successione. Secondo gli oppositori, invece, Elena
avrebbe usurpato il potere, contraddicendo di fatto le tradizioni secolari
della casata Moscovita, che non prevedevano una donna a capo dello
stato. La storiografia dipende dalle opposte versioni delle cronache,
perch non esiste il testo originale del testamento di Vassilij III e i
resoconti che ne fanno le due cronache sono generici e tendenziosi.
Certo lipotesi pi persuasiva sembra essere quella di una decisione
interlocutoria da parte del gran principe, nellillusione di poter bilanciare
una reggenza debole e una Duma strapotente con un terzo organo, il
consiglio di tutela dellerede, composto in parte da bojardi e in parte da
persone fidate scelte al di fuori della Duma. Ma leffetto, del restio
prevedibile, fu di indurre i bojardi lasciati da parte a coalizzarsi contro il
nuovo assetto, sotto la guida dei due piu autorevoli del momento, Belskij
e Mstislavskij. In realt il consiglio di tutela fu di fatto paralizzato sia dai
contrasti della Duma sia dal fatto che tutte le sue decisioni dovevano
essere convalidate dalla granduchessa. La triarchia dur meno di un
anno. Elena si ribell al Consiglio, alleandosi coi bojardi dissidenti, e in
particolare Obolenskij.
Fu costui a scoprire e denunciare vere o presunte congiure dei bojarditutori per dare il potere ad uno dei due fratelli del defunto Vassili III
Jurij, e ancor prima di loro allo stesso zio di Elena, capo del clan dei
Glinskij. Allevato alla corte dellImperatore Massimiliano, il potente
Mikhail Glinskij aveva studiato medicina allUniversita di Bologna,
prima di tornare in Germania e condurre la campagna militare nella
Frisia orientale che gli valse lonorificenza del Toson dOro. Partecip a
varie battaglie anche nella natia Lituania, dove divenne comandante
della guardia personale del re Alessandro e accumul ricchezze
leggendarie. Morto Alessandro, i contrasti col successore Casimiro lo
indussero ad emigrare a Mosca con tutto il suo clan, incusa la nipotina
Elena. Non lo avesse mai fatto! Dopo la controversia con Vassili III per
la trasformazione di Smolensk in una satrapia di nome Borisfeno,
Glinskij, che ambiva di diventarne il Duca dopo averla tolta lui stesso ai
lituani, ingannato e deluso, cerc di tornare in Lituania, ma fu sorpreso e
fin per il tradimento in prigione, da dove usci solo dopo dieci anni. Non
appena divenuta granduchessa, Elena ottenne infatti la sua liberazione; a
farne le spese furono i bojardi, perch Vassilij impose loro il pagamento
di unenorme cauzione a garanzia della fedelt dello zio. Questultimo
non ricambi tuttavia la nipote, pretendendo di assumere lui stesso le
redini del governo e di intromettersi pure nella vita privata della
granduchessa. Elena si comport invece come tutte le donne che
arrivano al potere: smise di obbedire al proprio clan e divenne testarda e
pragmatica.
Qui passiamo alla pagina nera del governo di Elena. I tre cospiratori
uno dopo laltro furono lasciati morire di fame in prigione. Non poteva
lavarsene le mani. Bisognava lottare. E per resistere contro i Bojardi, si
affacci fuori del Cremlino, nelladiacente borgo Velkij Posad.
Quel prestigioso borgo era popolato in parte da ricchi mercanti e
artigiani, in parte dalle famiglie aristocratiche, che Ivan III aveva
cacciato dal Cremlino nel tentativo di trasformare la propria residenza in
ordinato e silenzioso Tempio del potere: e nonostante fosse ormai
trascorsa una generazione, gli eredi degli espulsi ne serbavano ancora
intatto il rancore. Quelle famiglie potevano per diventare alleate contro
la corte ed Elena punt alla riconciliazione regalando al quartiere il vallo
difensivo perimetrale. Il 20 maggio del 1534 ordin di scavare il
profondo fossato che delimitava un vasto perimetro rettangolare intorno
a quasi tutto il quartiere.
anche lui dalla prigione per listanza del nuovo metropolita Makarij. Vi
scontava la pena per il reato di essere amato dal piccolo Ivan IV. E dopo
tre anni sparisce anche lonnipotente Voronzov, accusato del tradimento
e giustiziato dallo stesso Ivan, ormai sedicenne, cioe maggiorenne.
Tutta questa pioggia di malavventurosi venne subito prosciugata dalla
memoria storica con linesorabile tergicristallo del Fato. Fino
allavvento dei Romanov nel 1613 i bojardi continueranno a danneggiare
il Paese. Rimarranno ostaggi ciascuno del proprio clan e difensore degli
interessi strettamente famigliari. Non faranno altro che discutere chi e il
piu bello del reame.
Ma torniamo al nostro grandioso Muro. La fortezza costitu subito una
curiosita per i viaggiatori a Mosca, che sempre la menzionano nei loro
appunti. Gli abitanti invece lo trattano da parassiti, per cosi dire. E di
nessuno, percio i cittadini si permettono ad appoggiarne comodamente le
loro case, a fare degli orti sopra le torri e terrazzi. E sicuro, coltivavano i
cavoli, loro cibo preferito. Danno ancor piu grosso al Muro recavano gli
incendi, che partivano per la citta quasi sempre proprio da Kitaj Gorod,
dove la densit della popolazione era maggiore. Pietro I in primis e
Caterina II in seguito emanarono decreti che proibivano qui le
costruzioni in legno. Ma figuriamoci se venivano presi alla lettera.
Ormai decrepito, il Muro fu salutato dal XIX secolo, tempo della
grande letteratura, ma non ancora della coscienza storico-culturale.
Nikolaj Gogol, leterno viaggiatore, ne rimase colpito. Nel suo Il
Revisore il Podest ordina di demolire il vecchio steccato e mettere
invece un picchetto di paglia, quando allimprovviso si ricorda, che sotto
di esso ci sono quaranta carri dimmondizie. E si dispera: Appena
erigi in qualche posto un monumento, o anche solo uno steccato, ci
portano da chissa dove porcherie dogni genere*. Oggi suona molto
attuale.
Chi sapeva togliere limmondizia, era Josif Stalin. Nel 1935, il primo
anno del suo quinto centenario, il Muro fu demolito. Gli unici pezzi
rimasti si vedono ora uno nella via Kitajgorodski proezd, laltro nella
piazza della Rivoluzione, il terzo, che e la base in pietra calcarea della
porta turrita Varvarskaia, nel corridoio sotterraneo che collega la
stazione metropolitana Kitaj-gorod con la via Varvarka. Sembrano
tutti la personificazione del rimprovero verso lingrata umanit.
Cosi la sorte del Muro di Kitaj Gorod si rivelo piu crudele di quella
delle Mura Aureliane di Roma. Non gli stata concessa la vita cosi
lunga. In Russia, ahim, n le grandi testimonianze culturali, n i nomi
dei loro ideatori meritano immortalit. Per Elena Glinskaja non ce posto
nella memoria collettiva, nei libri scolastici della storia russa, sui podi
delle piazze moscovite.
O, forse, sbagliamo?
* . . . 1899 volume
II p.279
* N. Gogol, Il Revisore, Venezia, 1990, p.99.
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