Sei sulla pagina 1di 3

Giancorrado Barozzi

ORALITA E NAZIONE
Di giorno in giorno dobbiamo inventarci antenati, supporre fonti o radici, tracciare o cancellare sempre nuove Carte del Tempo, costruirci una tradizione a posteriori, scriveva nel 1977 Alberto Arbasino. Verissimo, ma per quel che riguarda la cultura della nazione italiana resta dellaltro da aggiungere: lautentica tradizione di questo paese, oggi tutta da riscoprire, ebbe una dimensione in larga parte inedita, nel senso letterale del termine. Fondamentale per essa fu la presenza della voce, mediante la quale erano trasmessi, senza bisogno di fare ricorso alla scrittura, i canti popolari o venivano declamati in pubblico i versi estemporanei dei poeti allimprovviso: espressioni immediate di una cultura ritenuta istintiva che qui da noi, come pure in altre parti dEuropa, forse era gi l belle pronta da secoli, ma che solo gli intellettuali dellet romantica seppero cogliere e fare emergere con chiarezza. Non fosse stato per loro, gran parte di quella cultura identitaria basata sulloralit sarebbe andata perduta e non sarebbe mai entrata a far parte del patrimonio costitutivo delle nazioni venutesi a formare nel corso del XIX secolo, come avvenne per lItalia, o di quelle che nel medesimo periodo storico tentarono anchesse di uscire dallombra, come nel caso dei Balcani, a seguito dellerosione degli imperi asburgico e ottomano, o in quello, ancora pi disgraziato, della Polonia, la nazione martire. I primi ad accorgersi dellesistenza di quel che ormai da tempo doveva essere sotto gli occhi di tutti e che ne seppero descrivere con dovizia di dettagli la realt furono certi viaggiatori stranieri: uomini e donne venuti dOltralpe, forniti, a differenza dei letterati del posto, di una sensibilit pi acuta e di pi affinati strumenti dosservazione in grado dintendere leffettiva rilevanza, sia sul piano culturale che su quello del costume, delloralit legata al fenomeno, ritenuto tipicamente italiano, dei cosiddetti poeti estemporanei. Alcuni di questi autori fecero addirittura degli improvvisatori, o poeti a braccio, i protagonisti dei loro romanzi dambientazione italiana. Per ri-scoprire le radici della cultura orale che ha segnato sul nascere la vita della nostra nazione converr quindi cominciare proprio da queste opere di finzione. Il primo, in ordine di pubblicazione, dei romanzi che ci faranno da guida Corinne ou lItalie della scrittrice di lingua francese e genitori svizzeri Anne Louise Germaine Necker, figlia dellex ministro delle finanze di Luigi XVI e vedova dellambasciatore svedese Erik-Magnus de Stal, universalmente nota come Madame de Stal. Esiliata nel 1803 a quaranta leghe da Parigi per espressa volont di Napoleone Bonaparte, del quale rimase per tutta la vita fiera oppositrice, la de Stal giunse per la prima volta, con i suoi figli, in Italia nel dicembre dellanno successivo, allindomani della morte dellamato padre avvenuta nellavito castello di Coppet, e vi si trattenne fino al giugno 1805, compiendo quel grand tour da Venezia a Napoli, passando per Firenze e Roma, che gi, prima di lei, era stata consuetudine di altre celebrit del mondo letterario europeo: da Goethe al marchese De Sade. Il suo romanzo, pubblicato a Parigi nel 1807, narra linfelice storia damore di una poetessaimprovvisatrice di origine anglo-italiana, Corinna, con lalgido ufficiale britannico Lord Oswald Nelvil, che finir con lo sposare la sorellastra di lei, la gracile e insipida Miss Lucile, nata e vissuta sempre in Inghilterra, alla quale era stato predestinato dalla volont paterna. La vicenda sentimentale fa da cornice a un pre-romantico viaggio nel nostro paese compiuto dai due amanti, itinerario che la de Stal descrive con occhio penetrante, attento non solo al colore locale, ma persino ai minimi dettagli di costume dellItalia di allora. In realt, tra la datazione delle situazioni narrate e il viaggio al di qua delle Alpi effettuato da Madame de Stal viene a interporsi un lieve scarto temporale che ha pure un suo peso sul piano politico: Lord Nelvil, sta scritto in apertura di

Corinne, si rec infatti dalla Scozia in Italia nellinverno tra il 1794 e il 1795, mentre il primo soggiorno in Italia della scrittrice si svolse, come s detto, dieci anni dopo e la redazione del libro, che ebbe pi di tre stesure, ebbe inizio al rientro a Coppet, nel castello di famiglia sul lago Lemano, presso Ginevra, per proseguire, sempre lontano da Parigi, nelle dimore di Auxerre, Chalons, Blois, Saumur e Acosta (Sainte-Beuve 1844, trad. it. 1970, 198-200) ove lesiliata da Napoleone fu costretta a risiedere. Cet crit fut compos dans les diverses villes, je dirais presque dan les diverses auberges que mon exil et le refus de lheritage de mon pre mont fait parcourir avec mes enfants. Il doit se ressentir de la vie errante que jai mene... annot lautrice nel manoscritto della terza stesura del romanzo (Balay 1999, 25). Come da programma, il paese descritto in Corinne non doveva dunque coincidere esattamente con quello visto di persona dallautrice durante il suo viaggio. A differenza dellItalia da lei visitata, quella in cui ambientata Corinne era una nazione ancora politicamente divisa in tanti staterelli precedenti la forzata unificazione del paese avvenuta a seguito della calata dei francesi. Laver voluto collocare la gran parte delle vicende del suo romanzo italiano prima della conquista napoleonica risponde a una sorta di deliberata damnatio memoriae esercitata dalla scrittrice nei confronti dei recenti successi militari riportati in Italia dal suo persecutore, il cui nome ella evit inoltre con la massima cura di menzionare nel libro. Decisione che accrebbe ulteriormente lostilit verso di lei dimostrata dal suo avversario (Gautier 1903). Solo quando tutto appariva ormai perduto per le infelici sorti delleroina, vien fatto nel romanzo esplicito riferimento alla recente dominazione napoleonica: mais dj Rome et Florence taient occupes par les Francais e, poche pagine pi avanti, in occasione del ritorno di Lord Nelvil in Italia, si cita la pace di Amiens del marzo 1802: la paix se fit au printemps, et le voyage dItalie devint possibile. Lispirazione iniziale di Corinne venne tuttavia alla de Stal ancor prima del suo arrivo in Italia, mentre, lasciata la Francia per volont di Napoleone, visitava la Germania. Fu a Weimar, la sera del 1 febbraio 1804, assistendo a una ferie musicale rappresentata nel teatro di quella citt, che nacque in lei lidea germinale del romanzo. Quello spettacolo si basava su un libretto di soggetto fiabesco inizialmente elaborato nel 1798 da Karl Friedrich Hensler, musicato da Ferdinand Kauer e in seguito rimaneggiato, appositamente per la rappresentazione di Weimar, da August Vulpius. Protagonista della vicenda era la ninfa di un fiume, destinato a mutare di nome a seconda della localit in cui doveva tenersi lo spettacolo: il Danubio a Vienna, la Spree a Berlino e, per quella occasione, il fiume Saal, le cui acque scorrono nei pressi di Weimar. Stando dunque alla rappresentazione vista da Madame de Stal, nelle acque della Saal viveva una Saalnix innamoratasi di un giovane mortale, il quale per aveva preferito sposare una semplice fanciulla originaria del suo stesso paese, concedendo alla ninfa il diritto di trascorrere con lui solamente tre giorni allanno (v. Simone Balay, Les Carnets de voyage de Madame de Stal: Contribution la gense de ses oevres, Geneva, Droz, 1971, pp. 97-8). Dal medesimo tema fiabesco trarranno in seguito ispirazione anche altri autori: Friedrich de La Motte-Fouqu per Undine e Hans Christian Andersen per la Sirenetta. In una lettera scritta lindomani di quella serata Madame de Stal comunic al padre la prima scintilla della sua ispirazione: Hier jai fait un nuoveau plan de roman en voyant une pice dimagination et de ferie tout fait remarquable (Correspondance gnrale, pp. Batrice W. Jasinski, t. V/1, p. 215) e il giorno successivo scrisse allamico Claude Hochet: Jai vu lautre jour une pice allemande qui ma donn lide dun roman que je crois charmant (ivi, V/1, p. 223). Lanalogia tra la vicenda sentimentale della ninfa della Saal e quella di Corinne risulta del tutto palese: in entrambi i casi si tratta del contrasto tra due immagini di femminilit, luna indipendente ed emancipata, laltra convenzionale e domestica. Conflitto destinato a risolversi ai danni di colei che impersona la prima delle due alternative. La somiglianza tra la ferie e il romanzo sta per tutta qui e viene a esaurirsi in superficie, mentre lautentico fulcro poetico di Corinne va individuato al di l della patetica trama del romanzo. Certo, nelleconomia complessiva dellopera, la vicenda amorosa assolve a un ruolo non secondario, in quanto concorre a creare attorno alleroina quel clima di attesa e di incertezza sullo scioglimento finale del contrasto che terr avvinti alle pagine del

libro persino i lettori e le lettrici meno esigenti. In tal senso Corinne ou lItalie rientra a pieno titolo in quel genere narrativo cosiddetto di prove i cui diretti ascendenti, come ha osservato Bachtin (1934), risalgono alla letteratura dellet barocca. In ossequio ai princpi informatori di questa tipologia letteraria, Corinna, la donna emancipata e dalla personalit forte che agisce da protagonista, appare, sin dalla sua prima entrata in scena, come uneroina pienamente matura e consapevole delle proprie virt, dotata di qualit artistiche e capacit comunicative deccezione, simile a una dea Minerva partorita gi in armi dalla testa di Giove. La scena della sua incoronazione in Campidoglio, descritta nel capitolo primo del libro secondo del romanzo, ce la mostra allapice del successo, nel momento del suo massimo trionfo umano e letterario. La difficile prova alla quale leroina verr in seguito sottoposta consister nel cercare (vanamente) di restare allaltezza della propria fortuna iniziale e il rifiuto che le sar opposto da Lord Nelvil non far che sancire il suo fallimento sul piano affettivo, come donna, e su quello artistico, come poetessa estemporanea. Dal trono issato sul carro trionfale che laveva condotta in Roma, acclamata dalla folla festante, sino al Campidoglio, ella ruzzoler miseramente, nellepilogo, finendo in mestizia i suoi giorni adagiata su di una poltrona posta accanto a una finestra dalla quale contempler con gli occhi smarriti il cielo (libro XX, cap. V). Questa parabola discendente si compie nel duplice segno della sconfitta amorosa e dellabbandono da parte delleroina dellagone poetico. Il canto del cigno da lei stessa composto, questa volta per a tavolino e non pi ex tempore, verr recitato in una sala dellAccademia di Firenze da una sua giovane allieva, biancovestita e con il capo ornato da una corona di fiori, immagine che contrasta visibilmente con quella di Corinna ormai giunta allo stremo delle forze, il viso coperto da un velo, il passo vacillante, rassegnata ai pi cupi pensieri di rinuncia:
Bella Italia, ormai inutile che tu mi prometta tutti i tuoi incanti, che potresti fare, ormai, per un cuore affaticato? Rianimeresti i miei desideri solo per accrescere le mie pene? Mi ricorderesti la felicit per farmi rivoltare contro il destino? (ibidem).

Potrebbero piacerti anche