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Lenin sul Partito

Antonio Carlo

Lenin sul Partito


Indice
02 04 08 13 16 19 23 26 29 32 36 40 43 44 48 51 Introduzione Le primitive posizioni di Lenin (1895-1896) La svolta del 1897 e le opere che precedono il Che fare? Le tesi del Che fare? Le tesi del Che fare? ed il marxismo Le incongruenze logiche e storiche del Che fare? La polemica sul Che fare? nella socialdemocrazia Il 1905 e la svolta di Lenin Il consuntivo della svolta leniniana. La sostanziale ritrattazione delle tesi del Che fare? Lenin nel 1917. I Soviet e Stato e rivoluzione La svolta burocratica del 1919-1920 Il tentativo di sintesi degli ultimi anni. La lotta alla burocrazia Conclusioni e premesse Appendice 1. Louis Althusser tra Hegel e la teoria delle lites Appendice 2. Messa a punto critica sul problema del partito nei confronti dei trockisti Appendice 3. Il prof. Milliband e le tesi del Che fare? Alcune precisazioni

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Introduzione
senza dubbio di grande interesse, oggi, ricostruire il pensiero di Lenin sul rapporto avanguardia-masse. In genere si ritiene che le tesi definitive di Lenin sul problema siano espresse nel celebre Che fare?, opera, come si sa, assai discussa. Per alcuni il Che fare? rimane in ogni caso lunica risposta scientifica che sia stata data al problema del passaggio da classe in s a classe per s,1 non sufficientemente sviluppato da Marx ed Engels; per altri, invece, questo lavoro impregnato di intellettualismo e di idealismo e divenuto un classico dell'era staliniana, sarebbe alla radice di tutte le deviazioni burocratiche dellesperienza sovietica.2 A nostro avviso, senza dubbio, il Che fare? unopera negativa; ma assolutamente errato vedere in essa lunica e la pi importante posizione di Lenin sul rapporto avanguardia-masse. In realt il pensiero del rivoluzionario russo su questo punto estremamente tormentato e contraddittorio: dopo il 1902 (anno del Che fare?), infatti, esistono una serie di analisi e di asserzioni del tutto contrastanti con le tesi del Che fare? e che implicano il loro obbiettivo abbandono (del resto anche il punto di partenza di Lenin era ben diverso). difficile dire fino a che punto Lenin fosse cosciente di questo revirement, che fu ampiamente indotto e condizionato dallo sviluppo storico del movimento operaio russo. Certo Lenin, come anche Marx, non fu un pensatore senza contraddizioni. Egli sub uno sviluppo e ci implica, in genere, che certe analisi precedentemente fatte vengano superate e messe da parte. Di questo sviluppo Lenin non sempre ebbe chiara coscienza: a lui, come a Marx, manc una scienza della propria scienza; sicch linterprete deve necessariamente fare capo alle analisi contenute obbiettivamente nelle sue opere per vedere fino a che punto esse siano riconducibili nellambito di un sistema concettuale non contraddittorio. Sotto questo aspetto non mancano alcuni fuggevoli accenni in Lenin: nel 1921 sembra che Lenin dicesse al marxista francese Max Levien che il Che fare? poteva essere tradotto in francese solo con la prefazione di un autorevole bolscevico, che chiarisse i dubbi e gli equivoci che lopera poteva ingenerare.3 La testimonianza senza dubbio verosimile poich nel 1907 lo stesso Lenin aveva ammesso che sul problema del rapporto spontaneit-coscienza (tema centrale del Che fare?) egli aveva usato frasi non molto precise e non molto felici alle quali i suoi contraddittori (soprattutto Plechanov) si erano appigliati.4 Su questo punto, come vedremo, Lenin piuttosto ambiguo (quali sono le particolari frasi infelici e fino a che punto lo sono?); sennonch, fin dal 1905 il grande bolscevico riteneva il Che fare? Unopera scritta quanto meno in condizioni storiche superate, il che implica che solo tre anni dopo la pubblicazione di quellopera, lo sviluppo delle polemiche e dei fatti era stato tale che Lenin non riteneva pi di poter difendere lattualit storica delle teorizzazioni espresse nel Che fare?.5
Queste, come noto, sono le tesi dei vari gruppi neo-stalinisti; ad es., in Italia, del gruppo che fa capo a Lavoro politico. Ci stato di recente sostenuto nelleditoriale di Classe e stato n. 5 (Praga: la dialettica della restaurazione, pp. 9 segg.). Le critiche da sinistra a Lenin si riallacciano in genere alle critiche della Luxemburg (su cui ritorneremo) e di Korsch (v. K. KORSCH, Anticritica, in Marxismo e filosofia, Milano, 1966, pp. 7 segg.). Anche per moltissimi altri scrittori il Che fare? contiene lultima parola di Lenin sul partito: cfr. ad esempio G. H. SABINE, Storia delle dottrine politiche, Milano, 1964, pp. 637 segg.; H. MEYER, Il leninismo, Milano, 1965, pp. 31 segg.; L. GRUPPI, Introduzione a LENIN, Che fare?, Roma 1968, pp. 7 segg. 3 Su questo punto v. AMODIO, Il contrasto Lenin-Rosa Luxemburg sullorganizzazione del partito, in Quaderni piacentini, n. 21, p. 12 in nota. 4 LENIN, Dodici anni, in LENIN, Opere, vol. XIII, Roma, 1965, p. 94. 5 LENIN, I nostri compiti e il Soviet dei deputati operai, in LENIN, Opere, vol. X, Roma, 1961, p. 12.
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Lenin sul Partito Senza dubbio, oggi, ricostruire i processi psicologici di Lenin non certo possibile e non possibile sapere con esattezza ci che egli pensasse della sua opera qui esaminata; ma ormai incontroverso che il pensiero di un autore abbia una propria portata ed un proprio significato oggettivi, indipendentemente da quello che ne pensi il suo creatore. Il nostro lavoro proprio rivolto a questo, a ricostruire, cio, nel suo ambiente storico, lo sviluppo tortuoso del pensiero di Lenin indipendentemente dalla coscienza che egli potesse avere del carattere contraddittorio delle sue formulazioni.

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Le Primitive Posizioni di Lenin (1895-1896)

In genere la storiografia ufficiale sovietica rappresenta Lenin come un individuo infallibile, assolutamente coerente, che capisce sempre tutto prima di tutti e che risolve con anni di anticipo quello che i comuni mortali non sono in grado di risolvere: in questa maniera la figura di un gigantesco rivoluzionario, il cui pensiero si sviluppa in continua (e sempre aperta e problematica) dialettica con la storia, viene trasformata in quella del santo protettore della rivoluzione.6 Non sar questo il nostro metodo. Noi, anzi, cercheremo di chiarire come il pensiero di Lenin sia, su questo punto, quanto mai tortuoso e come esso abbia risentito dellambiente storico in cui ha operato e delle sue modificazioni. I primi scritti di Lenin sul nostro tema, risalenti al 1895, indicano un punto di partenza del tutto opposto a quello del Che fare?: fondamentale sotto questo aspetto il Progetto e spiegazione del programma del partito socialista democratico.7 In questo lavoro Lenin si pone il problema dei compiti della costituenda socialdemocrazia russa: essa deve sviluppare la coscienza di classe del proletariato; tuttavia non si ritiene in alcun modo che questa coscienza debba essere elaborata e portata dallesterno agli operai; essa in realt nasce nella fabbrica, dal rapporto operaio-padrone, e si sviluppa ineluttabilmente nella lotta economica, sicch il compito dei socialdemocratici quello di inserirsi in questa lotta e sostenerla, in maniera da aiutare lo sviluppo interno della coscienza della classe operaia.8 Le tesi di Lenin sono cosi chiare che lasciamo a lui la parola: La lotta degli operai di fabbrica si trasforma quindi, ineluttabilmente nella lotta contro tutta la classe dei capitalisti, contro lintiera struttura sociale fondata sullo sfruttamento del lavoro da parte del capitale.9 Dalla lotta degli operai, dunque scaturisce ineluttabilmente una coscienza che non tradeunionista semplicemente (come Lenin sosterr nel 1902, distinguendo esplicitamente la coscienza e la politica socialdemocratica da quella tradeunionista), poich la classe non lotta contro alcuni aspetti particolari del capitalismo (salari bassi o cattive condizioni di lavoro) ma contro tutta la struttura capitalistica: fin dalla lotta economica, dunque, matura una coscienza rivoluzionaria. Poco pi avanti Lenin riassumendo scrive: Gli operai acquisiscono una coscienza di classe quando comprendono che lunico mezzo per migliorare la propria situazione e per conseguire la loro emancipazione sta nella lotta

Un caso di questo genere dato dalla biografia di Lenin curata da un gruppo di storici sovietici. Cfr. A.A.V.V., Lenin, Roma, 1961. 7 LENIN, Opere, vol. II, Roma, 1955, pp. 83 segg. 8 LENIN, Opere, op. cit., pp. 86 segg., in particolare pp. 94 segg.. 9 LENIN, Opere, op. cit., p. 97.

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Lenin sul Partito contro la classe dei capitalisti e dei fabbricanti, classe che stata creata dalle grandi fabbriche e officine. Inoltre, coscienza degli operai significa comprensione del fatto che gli interessi di tutti gli operai di un dato paese sono identici, solidali, che gli operai costituiscono ununica classe, diversa da tutte le altre classi della societ. Infine coscienza di classe degli operai significa consapevolezza del fatto che, per raggiungere i propri scopi, gli operai devono necessariamente poter influire sugli affari dello Stato, come gi hanno fatto e continuano a fare i proprietari terrieri ed i capitalisti. In che modo gli operai acquisiscono consapevolezza di tutto questo? Gli operai lacquisiscono attingendola incessantemente dalla stessa lotta che cominciano a condurre contro i fabbricanti e che si estende sempre diviene sempre pi aspra e coinvolge un numero sempre maggiore di operai mano a mano che si moltiplicano le grandi fabbriche ed officine. In terzo luogo questa lotta sviluppa la coscienza politica degli operai. Le masse operaie sono poste dalle loro stesse condizioni di vita in una situazione tale che (non possono) non hanno n tempo n modo di riflettere su una qualsiasi questione politica. Ma gli operai nel corso della lotta che essi conducono contro i fabbricanti per le loro necessit quotidiane, sono indotti in modo spontaneo ed inevitabilmente ad interessarsi degli affari dello Stato, dei problemi politici, ad esaminare, cio, come governato lo Stato russo, come vengono promulgate le leggi ed i regolamenti ed a quali interessi essi servono. Ogni vertenza di lavoro pone necessariamente gli operai in conflitto con le leggi ed i rappresentanti del potere statale.10 Da questi brani di Lenin appare chiaro come la coscienza politica nasce in modo spontaneo ed inevitabile dalla vita e dalle lotte di fabbrica. da queste lotte che il lavoratore portato ad una posizione radicalmente antagonistica con il capitalismo (la lotta a tutta la struttura sociale capitalistica cui prima accennava Lenin), ed a capire la natura di classe della legge e dello Stato. Lo sbocco immediato di queste lotte la consapevolezza che bisogna influenzare la politica dello Stato russo; ma ci pu avvenire solo, nota Lenin, attraverso lacquisizione dei diritti politici garantiti dalla Costituzione (e cio attraverso labbattimento dellautocrazia zarista).11 Questo tipo di coscienza (lotta per distruggere lautocrazia) coscienza politica socialdemocratica e non v dubbio che essa per il Lenin del 1895-1896 trovi la sua fonte nel rapporto e nelle lotte di fabbrica, poich da esse che loperaio comprende quali interessi servano le leggi e lo Stato e quindi la loro natura classista e la necessit della lotta per i diritti politici. Nel Che fare?, invece, Lenin sosterr: La coscienza politica di classe pu essere portata alloperaio solo dallesterno, cio dallesterno della lotta economica, dallesterno della sfera dei rapporti operai-padroni. Il solo campo dal quale possibile attingere questa coscienza il campo dei rapporti di tutte le classi e di tutti gli strati della popolazione con lo stato e con il governo, il campo dei rapporti reciproci di tutte le classi.12

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LENIN, Opere, op. cit., p. 103. LENIN, Opere, op. cit., p. 108. 12 LENIN, Che fare?, in LENIN, Opere, vol. V, Roma, 1958, pp. 389-90.

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Antonio Carlo Del tutto opposto , come si visto, il punto da cui parte il Lenin di sette anni prima per cui la funzione del partito quella di aiutare lo sviluppo della coscienza inserendosi nelle lotte di fabbrica da cui verr fuori ineluttabilmente e l'avversione del lavoratore a tutta la struttura capitalistica (e non solo ad alcuni aspetti secondari della stessa, come nel tradeunionismo) e la sua volont di lotta contro lautocrazia e per la Costituzione (in maniera da garantirsi un terreno di lotta pi avanzato). chiaro, per, che questa impostazione, che vede coscienza ed organizzazione politica del proletariato come frutto ineluttabile e quindi spontaneo delle lotte sindacali affine sostanzialmente alleconomicismo, anche se Lenin si pone il problema di accelerare questo processo ineluttabile. Questo ulteriormente provato da ci che Lenin scrive poco dopo, nel 1896: Gli scioperi del 1895-1896 non sono passati invano, essi hanno reso un grande servigio agli operai russi, mostrando loro come si deve lottare per i propri interessi. Essi hanno educato gli operai a comprendere la situazione politica e le esigenze politiche della classe operaia.13 Gli scioperi, quindi, generano la coscienza politica; n Lenin distingue qui, come far qualche anno pi tardi, tra coscienza politica rivoluzionaria e tradeunionista. Si pone dunque il problema della collocazione storica delle posizioni originarie di Lenin. Ora ci sembra indubbia linfluenza sul giovane Lenin del primitivismo dominante nei circoli socialisti russi dal 1894 al 1901. Il primitivismo, come chiarir lo stesso Lenin, affrontava il problema della lotta operaia in maniera artigianale ed approssimativa (di qui il nome primitivismo): i rappresentanti dei circoli, cio, si buttavano a capofitto nella lotta operaia (economica), senza porsi preliminarmente il problema di formare una salda e centralizzata organizzazione di rivoluzionari. Questa tendenza, poi, partoriva anche una propria teoria, che giustificando lagire spontaneo e disorganizzato dei circoli, di fatto sottometteva alla spontaneit il movimento, che veniva congelato al suo livello iniziale.14 Lenin definir il primitivismo, nel 1901, come la radice delleconomicismo e di ogni forma di spontaneismo, e perci il nemico principale da battere.15 Un anno dopo far unanalisi del fenomeno che in parte suona come autocritica. Infatti, alla domanda: che cosa il primitivismo?, Lenin risponder esemplificando in base allattivit di un tipico circolo russo nel periodo 1894-1901; ed notorio che nel periodo 1894-1895 Lenin stesso fosse politicamente legato ad un tipico circolo socialdemocratico (Lunione di lotta di Pietroburgo). Vero che in precedenza lautore del Che fare? ha posto in luce che vi erano in Russia sin dal 1895 elementi socialdemocratici (tra cui lui stesso) che miravano alla costituzione del partito; ma egli pone in luce, nel contempo, gli errori e le ristrettezze di questo primitivo lavoro di natura artigianale.16 Anche, dunque, dalle stesse ammissioni di Lenin risulta come egli fosse allepoca coinvolto nel primitivismo: certo nellambito di questo fenomeno Lenin aveva una posizione molto avanzata,

LENIN, Al governo zarista, in LENIN, Opere, vol. II cit., p. 118. LENIN, Che fare?, op. cit., pp. 409 segg. e 411 segg. 15 LENIN, Lettera a Zederbaum, in LENIN, Opere, vol. XXXIV, Roma, 1955, p. 60. 16 LENIN, Che fare?, op. cit., pp. 347-348. Anche in altra occasione Lenin rileva il carattere primitivo ed artigianale del proprio lavoro in quellepoca: cfr. LENIN, Progetto di Programma del nostro partito, in LENIN, Opere, vol. IV, Roma, 1957, p. 232.
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Lenin sul Partito avendo compreso limportanza immediata del problema del partito;17 tuttavia indubbio che egli vedesse il problema del sorgere della coscienza rivoluzionaria come un effetto spontaneomeccanico della lotta di fabbrica; compito dei socialdemocratici era solo quello di accelerare questo fenomeno visto chiaramente in chiave spontaneista.18 bene precisare che qui non si ritiene certo affermare il carattere esterno, rispetto alla lotta di classe elementare, della coscienza (sul modello del Che fare?); tuttavia lo spontaneismo primitivo di Lenin cade nelleccesso opposto. In altri termini, se vero che la coscienza rivoluzionaria pu nascere solo sul terreno della lotta di classe degli operai (sia interna sia internazionale) e non pu importarsi dallesterno, anche vero che in ogni dato momento storico il passaggio dalla lotta di classe elementare alla coscienza non avviene in maniera meccanica n ineluttabilmente. Come vedremo pi oltre,19 il processo in esame un processo dialettico, il cui sbocco, proprio per questo, non determinato a priori (secondo la prospettiva meccanico-spontaneista). La coscienza politica di classe pu nascere solo sul terreno della lotta operaia ma non necessariamente. Lo sbocco del processo sempre possibile, ma mai dovuto (o garantito) aprioristicamente.

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Nellambito dei circoli il problema del partito non era sottovalutato poich il tentativo di dar vita ad un partito nasce da essi (nel 1898); tuttavia gli spontaneisti vedono il partito come conseguenza automatica del movimento e sono portati a dargli una struttura decentralizzata (una federazione di circoli) del tutto disadatta alla lotta contro lautocrazia. Soprattutto per il prevalere di questa tendenza il tentativo del 1898 rimase sulla carta. 18 Cfr. i brani citati alle note 8, 9, 10. 19 V. i capitoli Le incongruenze logico storiche del Che fare? e La polemica della socialdemocrazia sul Che fare?.

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La svolta del 1897 e le opere che precedono il Che fare?

Nel corso del 1897 si verifica qualcosa di nuovo nel nascente movimento operaio russo: i grandi scioperi del 1895-1896 sono terminati con un bilancio nettamente passivo poich da essi non sembra siano nati spontaneamente n la coscienza n il partito politico. Lunico risultato tangibile, ad un anno di distanza (1897), una legge-aborto sulle condizioni e gli orari di lavoro in fabbrica. Come sempre accade, per, i fatti precedono la coscienza, ed il primitivismo per quanto battuto nei fatti resiste tenacemente nella coscienza dei nascenti gruppi (e circoli) socialdemocratici. Non solo, esso genera addirittura la corrente politica delleconomicismo, che ne precisa ed articola le posizioni e che tende ad istituzionalizzare le esperienze del 1895-1896. Lenin, daltro canto (ed in questo gi si rivela il grande rivoluzionario pronto a recepire la lezione dei fatti), comincia a porsi il problema della insufficienza della mera azione economicosindacale. In occasione della nuova legge sulle fabbriche egli scrive un opuscolo dedicato allanalisi critica di essa. Le conclusioni sono decisamente negative: la legge, che segue gli scioperi del 1895-1896, non solo offre una serie di scappatoie ai datori di lavoro ma in sostanza non modifica il numero di ore lavorative globale erogato dalla classe operaia, sicch il principale obbiettivo del movimento degli scioperi fallito.20 tuttavia positivo che il governo abbia dovuto fare, seppure formalmente, delle concessioni; sicch si avvicina il momento in cui queste masse guidate dal solo partito socialdemocratico porranno tutte assieme le loro rivendicazioni ed il governo non se la caver con una concessione cos insignificante.21 Solo il partito, dunque, per la cui costituzione esiste ormai la precondizione necessaria (il fatto che il movimento non ha pi carattere pietroburghese ma nazionale), pu assicurare alle lotte economiche dei lavoratori uno sbocco politico adeguato. Senza il partito anche le semplici lotte sindacali non producono che concessioni insignificanti. Il carattere essenziale del partito, anche nellambito delle lotte economico-sindacali, nonch la rilevanza autonoma della fase politica sono qui sottolineati con un vigore a nostro avviso prima assente. Verso la fine del 1897 Lenin riprende e chiarisce il tema di fondo del lavoro precedente in un opuscolo di indubbia importanza: I compiti dei socialdemocratici russi.22 Qui si sottolinea
LENIN, La nuova legge sulle fabbriche, in LENIN, Opere, vol. II cit., p. 257 segg. LENIN, op. ult. cit., p. 292. Gi in precedenza Lenin (Progetto, op. cit., p. 108) aveva notato come il governo era costretto a fare concessioni agli operai disorganizzati, sicch col sorgere dellorganizzazione socialdemocratica le cose sarebbero senza dubbio migliorate. Nellultimo lavoro da noi esaminato, per, si pone laccento sul carattere aleatorio ed inutile di queste concessioni e quindi sui limiti della lotta di fabbrica, con un vigore del tutto nuovo rispetto ai lavori dellanno prima, incentrati invece essenzialmente sulla lotta economica, da cui sarebbe derivata ineluttabilmente la coscienza. 22 LENIN, Opere, vol. II cit., pp. 317 segg.
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Lenin sul Partito limportanza e lautonomia della lotta politica, che nei lavori del 1895-1896 era vista come conseguenza necessaria e riflessa della lotta economica e, quindi, subordinata sostanzialmente a questa. Scrive, infatti, Lenin: Sia lagitazione economica sia quella politica sono parimenti importanti per sviluppare la coscienza di classe del proletariato; luna e laltra sono parimenti indispensabili come guida della lotta di classe degli operai russi, giacch ogni lotta di classe lotta politica.23 Se la coscienza politica (e quindi la lotta politica) fosse ancora considerata come un riflesso spontaneo e meccanico della lotta economica non ci sarebbe stato bisogno di sottolineare limportanza autonoma e paritaria del momento politico. Non solo, ma Lenin precisa con uno spunto che anticipa il Che fare? che mentre nella lotta economica loperaio entra in conflitto con i soli capitalisti, nella lotta politica egli entra in contatto con tutte le altre classi della popolazione.24 bene per precisare che I compiti sono ancora un lavoro per cos dire di transizione, poich la lotta economica non ancora subordinata a quella politica (come nel Che fare?),25 ma vi ha una importanza pari. Inoltre Ia coscienza non viene portata al proletariato dallesterno, da un gruppo di intellettuali borghesi che labbiano elaborata al di fuori del terreno economico-politico. Lenin, anzi, fa degli intellettuali unanalisi abbastanza pessimistica, da cui si arguisce che essi devono essere egemonizzati dal proletariato (sicch non possono certo considerarsi i portatori della coscienza del proletariato): Gli uomini colti, gli intellettuali in generale, non possono non insorgere contro la selvaggia repressione poliziesca dellassolutismo che strozza il pensiero e la scienza, ma i loro interessi materiali li legano allassolutismo, alla borghesia, li costringono ad essere incoerenti ed a stipulare compromessi, a vendere il loro ardore di oppositori e rivoluzionari per uno stipendio statale o per la partecipazione a profitti e dividendi.26 Dopo il 1897 la situazione in Russia tende a stagnare e ad incancrenirsi. Nel 1898, il tentativo primitivista dei circoli di costituire il partito dal basso fallisce dando origine solo ad una federazione, per nulla unitaria, di circoli del tutto decentrati ed autonomi, in cui allignano le varie forme di spontaneismo.27 Lenin, dunque, (ed altri intellettuali che avevano le sue stesse esigenze) d inizio ad una polemica con lo spontaneismo che culminer, poi, nel Che fare? e nel II Congresso (in realt il I) del partito. Pu darsi anche che nel corso del suo forzato abbandono della politica attiva (tra il 1895 ed il 1899 Lenin prima in galera poi al confino) che, per, segue da vicino, Lenin, che sta scrivendo il suo monumentale Lo sviluppo del capitalismo in Russia,28 sia stato naturalmente portato ad accenLENIN, Opere, vol. II cit., pp. 322. LENIN, Opere, vol. II cit., pp. 323. 25 Sul Che fare? vedi il V capitolo di questo lavoro. 26 LENIN, I compiti, op. cit., p. 325. 27 Su questo punto vedi P. BROU, Storia del partito comunista dellU.R.S.S., Milano, 1966, pp. 32-33; R. SCHLESINGER, Il partito comunista dellU.R.S.S., Milano, 1962, pp. 41-42. 28 LENIN, Opere, vol. III, Roma, 1956.
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Antonio Carlo tuare limportanza del momento teorico-politico. Tuttavia questo fattore personale non avrebbe avuto certo rilievo se la situazione politica di classe in Russia non fosse stata quella descritta in precedenza, con la conseguente necessit di una lotta a fondo contro lo spontaneismo nelle sue varie forme. Negli articoli del 1899 per la Rabocaia Gazeta Lenin ribadisce ed approfondisce il tema della essenzialit del momento politico e teorico senza del quale la lotta sindacale non ottiene nulla neanche in campo economico.29 N mancano accenni in questo senso in altri lavori coevi.30 Larticolo pi importante di Lenin in questo periodo (per quello che ci riguarda) si intitola Una tendenza retrograda nella socialdemocrazia russa:31 la tendenza retrograda , inutile dirlo, lo spontaneismo. In questo lavoro egli anticipa in sostanza le tesi di fondo del Che fare?; ed il brano che stiamo per citare contiene gi le ipotesi fondamentali del lavoro che sar pubblicato nel 1902: In tutti i paesi europei il socialismo ed il movimento operaio sono dapprima esistiti separati luno dallaltro. Gli operai lottavano contro i capitalisti, organizzavano scioperi e sindacati, mentre i socialisti stavano in disparte, staccati dal movimento operaio, creavano dottrine che criticavano il vigente ordine capitalistico-borghese della societ, chiedendone la sostituzione con un regime socialista. Il distacco esistente tra movimento operaio e socialismo rendeva deboli entrambi, ostacolandone lo sviluppo: le dottrine dei socialisti non essendo fuse con la lotta operaia, rimanevano mere utopie, pii desideri senza alcuna influenza sulla vita reale; il movimento operaio rimaneva un fenomeno ristretto, frazionato, non assumeva importanza politica, non era illuminato dalla scienza davanguardia del suo tempo. Vediamo perci che in tutti i paesi europei si andata manifestando, con sempre maggior forza, la tendenza a fondere socialismo e movimento operaio in un unico movimento socialdemocratico. Con questa fusione la lotta di classe degli operai si trasforma in lotta cosciente del proletariato per la sua emancipazione dallo sfruttamento operato ai suoi danni dalle classi abbienti e si sviluppa la forma suprema del movimento operaio socialista: il partito operaio socialdemocratico autonomo. Lavere indirizzato il socialismo verso la fusione col movimento operaio il maggior merito di Marx ed Engels: essi hanno creato una teoria rivoluzionaria che ha spiegato la necessit di questa fusione e posto ai socialisti il compito di organizzare la lotta di classe del proletariato.32 Lanticipazione delle tesi di fondo del Che fare? ci pare evidente: il carattere esterno alla classe operaia della sua coscienza rivoluzionaria; il fatto che il proletariato abbandonato a se stesso non superi limiti corporativi; la necessit che alcuni intellettuali borghesi (i socialisti, tra cui primeggiano Marx ed Engels) elaborino la scienza rivoluzionaria donandola al proletariato ed organizzandone la lotta. Questo scritto, insieme agli altri di questo periodo, dimostrano il profondo legame di Lenin con i problemi del movimento operaio russo (lotta allo spontaneismo). Questi ebbero, per, nellelaborazione leniniana dell'epoca, un peso assai pi rilevante dellinfluenza teorica di Kautsky.
Cfr. LENIN, Articoli per la Rabocaia Gazeta, in LENIN, Opere, vol. IV, cit., pp. 214, 218 segg. e anche p. 315. Cfr. LENIN, I compiti urgenti del nostro movimento, in LENIN, Opere, vol. IV, cit., pp. 402 segg. 31 Cfr. LENIN, Opere, vol. IV, cit., pp. 257 segg. 32 LENIN, Opere, vol. IV, cit., pp. 259-260.
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Lenin sul Partito Linfluenza di questultimo su Lenin (come su tutta la socialdemocrazia internazionale nel periodo 1900-1914) nota ed innegabile.33 Limitatamente a questo scritto, per (alludiamo qui al Che fare?), a nostro avviso, , linfluenza kautskiana su Lenin si spiega con il fatto che Kautsky, proprio per-ch privilegiava lelemento coscienza politica, nellaffrontare i problemi dellorganizzazione rivoluzionaria e degli sbocchi delle lotte di classe, gli offriva unarma (oltre che la legittimazione teorica) per battere leconomicismo dominante, al momento, nel movimento operaio russo e principale ostacolo al suo sviluppo; in altri termini le posizioni teorico-generali di Kautsky, che verranno ampiamente richiamate nel Che fare?, sono recepite da Lenin perch determinanti per risolvere la polemica interna alla socialdemocrazia russa. Si deve poi rammentare linfluenza politica esercitata su Lenin da Martov in questo periodo (futuro collega di Lenin nellIskr ed allepoca animato dalle sue stesse esigenze pratiche), a cui egli rinvia per unampia dimostrazione storica (relativa alla Russia) delle tesi esposte nellampio brano citato.34 Tornando ora alla vita di Lenin : nel 1900, terminato il confino, egli si trasferisce allestero negli ambienti dellemigrazione socialdemocratica. La nuova situazione tale da accentuare le sue posizioni : lambiente degli intellettuali dellIskr (La scintilla), cui Lenin partecipa, ha fra i suoi obbiettivi quello di vincere il primitivismo dei circoli socialdemocratici in Russia dando il via alla reale costituzione di un partito centralizzato che sostituisca la fittizia federazione di circoli del 1898. Il tentativo deve essere compiuto dallalto (essendo fallita lesperienza dalla base del 1898), ed il
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Su molti altri punti Kautsky ebbe su Lenin uninfluenza originale e diretta nel periodo 1900-1914. Non vi dubbio ad esempio che Lenin fosse in quellepoca molto pi vicino al centro della II Internazionale che non alla sinistra (Trockij, Luxemburg; su ci v. G. HAUPT, Lenin, i bolscevichi e la II Internazionale, in Rivista storica del socialismo, n. 29, pp. 3 segg.). Il fatto ha costituito sempre un tab per la storiografia sovietica da quando Stalin intervenne burocraticamente contro quegli storici che cercavano di chiarire questo aspetto della vita politica di Lenin (v. STALIN, Questioni del leninismo, Roma, 1952, pp. 437 segg.). Inoltre di chiara derivazione kautskyana lasserzione di Lenin che reazionario ritenere che un paese possa arrivare al socialismo senza passare per la fase borghese (v. LENIN, Gli anni della reazione e della ripresa rivoluzionaria, Roma, 1950, pp. 303-304), per cui Lenin arriv, in questo periodo, a teorizzare che la dittatura democratica degli operai e dei contadini avrebbe dovuto realizzare in Russia la fase borghese prima di passare al socialismo. noto lorientamento delle teorie schematiche e meccaniche della II Internazionale, per cui non era possibile ad alcun paese saltare una fase dello sviluppo storico canonizzato in base al modello di sviluppo dellEuropa moderna (cosa mai sostenuta da Marx: cfr. MARX-ENGELS, India, Cina, Russia, Milano, 1965, p. 240) e valido per tutti i popoli, sicch l dove la borghesia era debole e non s'era sviluppata, la sua rivoluzione doveva esser compiuta per sostituzione dagli operai e dai contadini. Ancora Kautsky in La questione agraria (trad. italiana Milano, 1959, pp. 465 segg.), sostiene la esistenza di un autonomo Stato civile intermedio, come anello di passaggio dalla democrazia borghese al socialismo, che non la dittatura del proletariato (queste tesi ricordano da vicino le tesi sullo Stato di democrazia progressiva, teorizzato da Togliatti allindomani della II guerra mondiale e nucleo fondamentale della teoria della via italiana al socialismo). Lenin, recensendo lopera di Kautsky (v. LENIN, Opere, vol. IV, cit., pp. 94 segg.) loda altamente questo lavoro senza accennare a critiche su questo punto fondamentalissimo. Queste osservazioni sul rapporto di Lenin con il centro della Seconda Internazionale negli anni 1900-1914 potrebbero essere ampliate (si ricordi ad es. latteggiamento di Lenin nella polemica Kautsky-Luxemburg del 1910, il meccanicismo grezzo di Materialismo ed empiriocriticismo, ecc.). Tuttavia linfluenza di Kautsky verr superata da Lenin dopo il 1914; opere come Limperialismo e Stato e rivoluzione (e non solo quelle) sanciscono una sua definitiva autonomia dal teorico tedesco. Certo la storia del rapporto Lenin-Kautsky tutta o quasi da scrivere; ed essa non stata scritta, almeno in Italia, forse per non ammettere la notevole influenza che Kautsky ebbe su molte posizioni teorico-politiche di Lenin tra il 1900 ed il 1914. Lambiente russo si prestava in apparenza alla interpretazione di Lenin-Martov (la coscienza rivoluzionaria elaborata allesterno del proletariato) poich in esso la teoria marxista si era sviluppata poderosamente quando il proletariato e le lotte di classe erano in una fase appena iniziale. Linterpretazione rimane, per, strettamente condizionata dallesigenza tattica di ribadire contro gli economicisti limportanza del momento teorico-politico. In realt le ragioni dello sviluppo del marxismo in Russia vanno ricercate in altra sede, come vedremo, che non nel risultato naturale ed inevitabile del pensiero degli intellettuali socialisti russi, come Lenin sosterr nel Che fare?.

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Antonio Carlo gruppo di intellettuali dellIskr deve vincere dallesterno della realt russa il primitivismo dei circoli portando ad essi coscienze (teoria) ed organizzazione (con ci non vogliamo certo accettare le tesi iskriste neanche per il periodo 1901-1905 ma solo chiarire come la realt spingesse certi gruppi ad assumere determinate posizioni). In altri termini la situazione in cui si trovano ad operare lIskr e Lenin sembra contenere il modello pi adatto alle tesi di fondo del Che fare?. In Russia, inoltre, la situazione non accenna a cambiare e Lenin in una lettera del 1901 ribadisce la necessit di battere lo spontaneismo e prima di tutto la sua radice: il primitivismo dei circoli.35 La situazione sembra dunque richiedere sempre pi lintervento esterno del gruppo dellIskr, lunico che appare in grado sbloccarla. I tempi sono maturi per una lotta a fondo contro ogni forma di spontaneismo. Nel 1902 viene pubblicato il Che fare?

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LENIN, Lettera a Zederbaum, op. cit.

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Lenin sul Partito

Le tesi del Che fare?

Abbiamo detto (scrive Lenin nel Che fare?) che gli operai non potevano ancora possedere una coscienza socialdemocratica. Essa poteva essere loro portata dallesterno. La classe operaia con le sole sue forze in grado di elaborare soltanto una coscienza tradeunionista, cio la convinzione della necessit di unirsi in sindacati, di reclamare dal governo questa o quella legge necessaria agli operai, ecc. ecc. La dottrina del socialismo sorta da quelle teorie storiche, economiche, filosofiche elaborate dai rappresentanti colti delle classi possidenti, gli intellettuali. Per la loro stessa posizione sociale gli stessi fondatori del socialismo scientifico contemporaneo, Marx ed Engels, erano degli intellettuali borghesi. Anche in Russia la dottrina teorica della socialdemocrazia sorse del tutto indipendentemente dallo sviluppo spontaneo del movimento operaio, sorse come risultato naturale ed inevitabile dello sviluppo del pensiero tra gli intellettuali socialisti.36 Poco dopo Lenin, a legittimazione di quanto ha sostenuto, cita un lungo brano di Kautsky, in cui si illustrano tesi analoghe; tuttavia il rivoluzionario russo sente il bisogno di sfumare queste tesi troppo ardite ed ammette che anche degli operai possono dar vita alla socialdemocrazia: si badi, per, che essi vi aderiscono e vi sono accolti come intellettuali (ancorch di origine operaia come un Proudhon o un Weitling) e non come operai in senso stretto.37 Il partito, dunque, formato da un gruppo di elementi estranei (gli intellettuali borghesi) o estraniati dal proletariato (gli operai che aderendo alla socialdemocrazia vengono in considerazione come intellettuali e cio come soggetti estranei alla classe). La classe chiusa in se stessa e nel rapporto di fabbrica non pu pervenire alla coscienza rivoluzionaria, che richiede una visione globale della societ,38 ma al pi alla coscienza politica tradeunionista, che la coscienza del proletariato subalterno alla borghesia.39
LENIN, Che fare?, op. cit., p. 346. I corsivi sono miei. Lenin scrive: Non si pu parlare di una ideologia indipendente elaborata dalle stesse masse operaie nel corso stesso del loro movimento (Che fare?, op. cit., p. 354). In nota egli specifica: Certo non ne consegue che gli operai non partecipino a questa elaborazione; ma non vi partecipano come operai, bens come teorici del socialismo, come i Proudhon ed i Weitling. Come si vede Lenin ritiene che la teoria rivoluzionaria elaborata da un gruppo sociale autonomo, gli intellettuali, il quale d vita alla socialdemocrazia e permea dallesterno le masse della teoria socialista (identica la posizione di Kautsky (citata alla p. 353, che Lenin trova profondamente giusta). La fusione tra movimento operaio ed intellettuali socialisti vista come subordinazione del primo ai secondi, che lo guidano ed illuminano monopolizzando la coscienza. sintomatico che Lenin citi a proprio sostegno Kautsky, ma non trovi alcuna sicura pezza dappoggio nelle opere mature di Marx ed Engels. Lunico passo di Engels chegli cita (a p. 342) concerne limportanza della coscienza rivoluzionaria ma non certo il suo carattere esterno alla classe e in essa importato. 38 LENIN, Che fare?, op. cit., pp. 389-390. 39 Si gi notato che la coscienza tradeunionista implica solo le lotte politiche per quelle riforme che migliorino le condizioni di vendita della forza lavoro (leggi sui minimi salariali, le assunzioni, lorario, ecc.).
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Antonio Carlo Inutile dire, poi, che il partito non esaurisce la sua funzione uno actu: non esiste una coscienza metastorica data una volta per tutte; proprio per questo Lenin insiste sulla necessit di un forte partito centralizzato, fondato sul potere di dieci teste forti, che eserciti una costante azione di guida, educazione e politicizzazione delle masse nel corso della lotta; esso deve esistere appunto per svolgere questa funzione continua di direzione e coscientizzazione delle masse.40 Inoltre non da credere che il carattere poco democratico di siffatto modello di organizzazione derivi, per il Lenin del 1902, solo dalla situazione russa (lillegalit cui era costretta la socialdemocrazia); ci ha il suo peso (che il rivoluzionario rileva) ma in realt Lenin ritiene che lapplicazione del principio democratico sia cosa molto relativa nella societ attuale.41 Egli qui si riferisce alla societ capitalistica in generale e non solo alla Russia, come risulta dal richiamo alle opere dei Webb e di Kautsky sui movimenti operai inglese e tedesco. In sostanza il senso del discorso di Lenin il seguente : il controllo diretto degli operai e la democrazia di base non eliminano la necessit del funzionario specializzato (il parlamentare, il giornalista, lesperto di assicurazioni nei sindacati, secondo gli esempi di Lenin), il quale, se vero che lapplicazione del principio democratico molto relativa, dovr avere una notevole sfera di autonomia rispetto alla base.42 In una simile visione il proletariato finisce con lessere oggetto e non soggetto della storia (come anche altri hanno notato prima di me). In genere i leninisti c.d. ortodossi vanno in bestia quando si fa loro notare questo. Tuttavia non ci vuol molto per capire che questa la conseguenza obbligata del discorso di Lenin. In effetti se una classe non capace di elaborare da s la propria coscienza e la propria organizzazione rivoluzionarie, ma deve chiederle in prestito ad altre classi, essa evidentemente subalterna di queste e non pu, quindi, essere il soggetto che edificher il nuovo ordine ma solo uno strumento, necessario se si vuole, in mano ad altri. classe rivoluzionaria in senso pieno solo quella classe che organizza e dirige il processo rivoluzionario e non chi vi partecipa in maniera subalterna. In ragione di ci i fondatori del materialismo storico (ed anche lo stesso Lenin, in altra sede, Trockij e Mao) hanno pi volte sottolineato che la piccola e media borghesia non possono essere considerate classi fondamentalmente rivoluzionarie poich, per la posizione che occupano nella societ, oscillano tra proletariato e borghesia. Esse possono tuttavia essere egemonizzate dal primo e prendere parte alla rivoluzione socialista, ma solo al seguito del proletariato, che liberando se stesso libera anche quelle. In sostanza solo il proletariato una classe veramente rivoluzionaria ed autonoma.43 Nello schema del Che fare?, invece, il proletariato di fatto assimilato alla piccola e media borghesia. Esso non ha capacit rivoluzionarie autonome e tende spontaneamente a fare del tradeunionismo (ad accettare, cio, il dominio della borghesia finch non arrivano gli intellettuali che lo organizzano e lo dirigono). In questo schema le classi fondamentali sono la borghesia da una parte e gli intellettuali rivoluzionari dallaltra (ma possono essi considerarsi classe?).44 Al centro vi sono tanto la piccola e media borghesia quanto il proletariato, che oscilla tra il tradeunionismo subalterno alla borghesia e la coscienza rivoluzionaria che gli donata dagli intellettuali.
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LENIN, Che fare?, op. cit., pp. 417 segg. e pp. 426 segg. LENIN, Che fare?, op. cit., p. 444. 42 Questo lunico modo logico per interpretare il brano di Lenin indicato nella nota che precede. 43 Cfr. la formulazione classica del Manifesto del partito comunista, Roma, 1964 p. 72. 44 In termini marxiani questo gruppo del tutto estraneo alla produzione non pu considerarsi classe.

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Lenin sul Partito Certo Lenin ammette che il proletariato potenzialmente ed istintivamente rivoluzionario;45 ma sta di fatto che queste capacit rimangono puramente potenziali finch gli intellettuali, portatori di coscienza ed organizzazione, non le traducano in realt.

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LENIN, Che fare?, op. cit., pp. 345 segg. e pp. 368 segg.

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Antonio Carlo

Le tesi del Che fare? ed il marxismo

Le tesi del Che fare? contrastano senza dubbio con il marxismo o almeno con le tesi di Marx ed Engels pi mature (dal 1845 in poi). Nella Miseria della filosofia Marx scrive: Come gli economisti sono i rappresentanti scientifici della classe borghese cosi i socialisti ed i comunisti sono i teorici della classe proletaria. Finch il proletariato non ancora sufficientemente sviluppato da costituirsi in classe, finch, di conseguenza, la lotta stessa del proletariato contro la borghesia non ha ancora un carattere politico... questi teorici non sono che utopisti... Ma nella misura in cui la storia marcia e con essa la lotta del proletariato si delinea pi nettamente, non hanno pi bisogno di cercare la scienza nel loro spirito, non hanno che da rendersi conto di quello che accade sotto i loro occhi e da esprimerlo.46 Il teorico, dunque, per Marx non trasforma il proletariato da tradeunionista in rivoluzionario, determinando cosi una situazione rivoluzionaria che prima non esisteva,47 ma ha la funzione molto pi modesta (ancorch importante) di chiarire il processo delle lotte rivoluzionarie effettivamente in corso. Ancora nel 1880, pochi anni prima della morte, Marx scrive: essi solo [gli operai] e non dei salvatori provvidenziali possono applicare energici rimedi alle miserie sociali di cui soffrono.48 chiaro che se egli avesse ritenuto che gli operai abbandonati a se stessi erano destinati a rimanere schiavi ed a fare al massimo del tradeunionismo (il quale al di fuori del collegamento con la lotta politica non certo un rimedio energico neanche per Marx)49 non avrebbe potuto scrivere cose di questo genere ed avrebbe dovuto fare appello ai salvatori provvidenziali (del tipo degli intellettuali del Che fare?).
K., MARX, Miseria della filosofia, Roma, 1968, p. 162. Il corsivo mio. Su ci v. anche L. BASSO, Lelio, Introduzione agli Scritti politici di LUXEMBURG, Rosa, Roma, 1967, p. 107. Certo il chiarire teoricamente un movimento in atto ed i suoi fini cosa importante che pu, a volte, agevolarne il successo in maniera decisiva. Ma nessuna teoria pu creare o trasformare un movimento riformista in rivoluzionario. I movimenti rivoluzionari possono nascere solo dalle contraddizioni della realt e non dalle teorie. Senza movimento rivoluzionario nessuna teoria rivoluzionaria, il caso di dire rovesciando Lenin. Scrive a tal proposito Marx (Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Roma, 1962, p. 114): Una classe nella quale si concentrano gli interessi rivoluzionari della societ non appena si sollevata trova immediatamente nella sua stessa situazione il contenuto ed il materiale della propria attivit rivoluzionaria: abbattere nemici, prendere le misure imposte dalle necessit stesse della lotta. Le conseguenze delle sue proprie azioni la spingono avanti. Essa non inizia indagini teoriche sui suoi compiti. Marx forse qui un poco eccessivo poich la funzione indubbia dei teorici (anche se nei limiti del brano della Miseria della filosofia dianzi citato) sembra qui del tutto trascurato. Il brano, per, ribadisce proprio con il suo tono drastico come il movimento rivoluzionario non possa essere creato da alcuna indagine teorica sui compiti delle classi rivoluzionarie. 48 K. MARX, Scritti inediti di economia politica, Roma, 1963, p. 189. 49 K. MARX, Salario, prezzo e profitto, Roma, 1966, p. 109: proprio questa necessit di unazione politica generale che ci fornisce la prova che nella lotta puramente economica il capitale il pi forte.
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Lenin sul Partito Questa frase di Marx, poi, non fa che corrispondere alla celeberrima asserzione contenuta allinizio degli statuti della I Internazionale: Lemancipazione della classe operaia deve essere opera della classe operaia stessa.50 Ma, tornando alla Miseria della filosofia, nel punto in cui Marx parla dello sviluppo della classe operaia in classe per s (cio in classe rivoluzionaria) ci dato leggere: Nella lotta di cui non abbiamo segnalato che qualche fase, questa massa si unisce, si costituisce in classe per s. Gli interessi che difende diventano interessi di classe. Ma ogni lotta di classe lotta politica.51 Qui Marx si riferisce allesperienza della classe operaia inglese, che con la costituzione delle Trade Unions e del movimento politico Cartista si andava elevando a classe per s. Ora noto che questo processo storico avvenne al di fuori della tutela degli intellettuali socialisti borghesi e Marx stesso lo rimarca notando come essi svolgessero una funzione, non rivoluzionaria, invitando la classe operaia (che faceva, per, orecchie da mercante) a non associarsi nei partiti e nei sindacati.52 Inoltre il movimento operaio inglese non fu, almeno fino al 1847, solo un movimento economico; il cartismo, infatti, (che ebbe un poderoso sviluppo di massa) poneva rivendicazioni politiche ben precise quali la conquista integrale dei diritti politici e una costituzione integralmente democratica (cosa nel 1840 altamente rivoluzionaria nella semi-aristocratica Inghilterra) che non possono rientrare nel concetto leniniano di politica tradeunionista, poich per Lenin la lotta per le libert ed i diritti politici nei paesi in cui essi manchino lotta tipicamente socialdemocratica in quanto conquistando i diritti politici integrali la classe operaia pu sviluppare sino in fondo la sua lotta.53 Engels, dal canto suo, nel libro sullInghilterra54 valuta la scissione tra elementi borghesi ed operai avvenuta nel seno dello schieramento democratico inglese come espressione delle posizioni politiche di classe, autonome da tutta la borghesia, che il proletariato ha acquistato.55 E quanto alla fusione auspicata tra Cartismo e socialismo, ritiene che essa non avverr certo per lazione di una lite intellettuale esterna alla classe operaia: Laccostamento al socialismo non pu mancare soprattutto se la prossima crisi, al pi tardi nel 1847, ma probabilmente gi lanno prossimo, seguir lattuale congiuntura favorevole dellindustria e del commercio, e che superer di gran lunga tutte le precedenti per violenza e furore, con la miseria che porter con s spinger gli operai sempre pi ad usare rimedi sociali anzich politici. Gli operai imporranno la loro Carta come naturale, ma fino a quel momento chiariranno ancora a se stessi parecchie cose su ci che potranno ottenere con la Carta56 [cio con la conquista completa dei diritti politici].
K. MARX, Statuti generali dell'Associazione internazionale degli operai, in MARX-ENGELS, Opere scelte, Roma, 1966, p. 763. K. MARX, Miseria della filosofia, op. cit., p. 214. 52 K. MARX, op. ult. cit., pp. 212 e 213: I socialisti vogliono che gli operai lascino stare la vecchia societ per poter meglio entrare nella societ nuova che hanno preparato per loro con tanta preveggenza. 53 Cfr. LENIN, Progetto e spiegazione, op. cit., p. 108. Ma il concetto ripetuto varie volte, da Lenin, in diverse occasioni. 54 F. ENGELS, La situazione della classe operaia in Inghilterra, Roma, 1955. 55 F. ENGELS, La situazione della classe operaia in Inghilterra, op. cit., p. 252. 56 ENGELS, Friedrich, La situazione della classe operaia in Inghilterra, op. cit., p. 253.
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Antonio Carlo Si pu certo imputare ad Engels un certo ottimismo meccanicistico; ma egli riconosce ormai lautonomia del Cartismo dalla borghesia ed auspica la sua fusione con il socialismo;57 solo che tale fusione non vista come derivata dallazione di una lite estranea al proletariato (che gi col Cartismo si reso politicamente autonomo dalla borghesia secondo Engels), ma dallo sviluppo dei fatti: in particolare la crisi del 1847 dovrebbe portare gli operai a chiarire a se stessi luso sociale (eversivo) dei diritti politici acquisiti e, quindi, determinare la confluenza di cartismo e socialismo su una comune base rivoluzionaria. Certo Engels ammette una qualche influenza dell'agitazione socialista sui cartisti ma si tratta senza dubbio di uninfluenza secondaria se vero che i socialisti sono assai miti e pacifici, riconoscono che le condizioni esistenti, pur essendo cattive sono giustificate, in quanto essi rigettano ogni altra via che non sia quella della persuasione pubblica. In pari tempo sono cos astratti che, nella forma attuale dei loro principi, non realizzerebbero mai questa persuasione pubblica.58 Marx due anni dopo loder, come si visto, la decisione degli operai inglesi di respingere le suggestioni utopiche dei socialisti per mettersi sulla strada della lotta di classe reale.59 Negli scritti sulle lotte di classe in Francia, poi la capacit rivoluzionaria autonoma e spontanea del proletariato verr vista esplicarsi senza alcuna direzione centralizzata ed esterna.60 Tutto questo indubbiamente contrasta con le asserzioni di Lenin, secondo il quale le masse, senza una direzione esterna di intellettuali che portino loro coscienza ed organizzazione, non vanno al di l della lotta economica e del tradeunionismo.

F. ENGELS, La situazione della classe operaia in Inghilterra, op. cit., pp. 253 segg. bene per precisare che la fusione tra cartisti e socialisti non era vista alla maniera di Lenin e cio: socialisti = teorici rivoluzionari e cartisti = movimento operaio tradeunionista. Essa invece era vista come la fusione tra due ali di un movimento politico il cui fine obbiettivo era il rivolgimento delle strutture capitalistiche inglesi. I cartisti, infatti, come si notato, erano per Engels gi al di l di ogni confine politico borghese; le loro richieste poi avrebbero causato unautentica rivoluzione politica in Inghilterra, preludio ad una loro azione sociale (op. cit., pp. 246 e 253). Quanto ai socialisti, essi erano ben lungi, per Engels, dallessere degli autentici portatori della teoria rivoluzionaria, malati come erano di intellettualismo e utopismo. Potevano diventarlo e potevano superare le loro scorie solo con il contatto diretto con il movimento operaio. Sul Cartismo cfr. da ultimo A. L MORTON e G. TATE, Storia del movimento operaio inglese, Roma, 1961, pp. 78 segg. e 89 segg. 58 F. ENGELS, La situazione della classe operaia in Inghilterra, op. cit., p. 10 e pp. 253-254. 59 K. MARX, Miseria della filosofia, op. cit., pp. 211 segg. 60 K. MARX, Le lotte di classe, op. cit., p. 138: noto con che valore e genialit senza esempio gli operai, senza capi, senza un piano comune, senza mezzi, per la maggior parte senzarmi, tennero in scacco per cinque giorni lesercito, la Guardia Mobile, la Guardia Nazionale di Parigi e la Guardia Nazionale accorsa dalle Province. Questa lotta fu una lotta per la conservazione o la distruzione dellordine borghese. A questo punto bene, per, precisare che noi non contestiamo affatto limportanza dellorganizzazione, della coscienza e delle avanguardie. Ci che vogliamo chiarire che a) le masse abbandonate a se stesse non rimangono nel tradeunionismo (perlomeno, non necessariamente) poich raggiungono molto spesso una spontaneit rivoluzionaria; b) la coscienza e lorganizzazione possono nascere solo sul terreno della lotta di classe e non essere importate idealisticamente dall'esterno; c) lavanguardia a sua volta interna e non esterna alla classe e non pu istituzionalizzarsi a priori in un ente depositario della sua coscienza per diritto storico. Essa ha un livello di coscienza pi elevato, in genere, delle masse, ma non ha il monopolio della stessa e soprattutto non infallibile; d) in conseguenza di ci reale avanguardia rivoluzionaria quel gruppo che in un determinato momento storico riesce ad indicare la giusta linea alle masse ed a conquistarle (senza costrizione palese o manipolazione occulta) ad essa e sa altres correggere i propri errori alla luce delle indicazioni delle masse stesse.
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Lenin sul Partito

Le incongruenze logiche e storiche del Che fare?

Linteresse per il marxismo nellimpero zarista cominci a svilupparsi verso la fine degli anni 60 e linizio degli anni 70 del XIX secolo. Le ragioni di questo interesse non vanno ricercate nello sviluppo inevitabile del pensiero puro rifugiatosi nella testa di qualche intellettuale, ma in avvenimenti come la Comune di Parigi (che non nacque nella sfera del pensiero puro) che destarono profonda impressione in Russia61 sulla base di determinate condizioni storiche interne. Queste condizioni erano date dal delinearsi preciso delle prime strutture capitalistiche (ancorch non dominanti) nella economia russa e dalle prime lotte del nascente proletariato.62 La Russia imboccava, dunque, la strada dellEuropa (seppure in ritardo) e cio la strada della lotta di classe fra borghesi e proletari. , dunque, questa interazione di fattori storico-sociali connessi alla realt russa che sollecita linteresse per il marxismo, espressione e conseguenza a livello teorico della lotta di classe rivoluzionaria ed internazionale del proletariato.63 Proprio per questo si ha in questi anni un carteggio piuttosto fitto tra Marx ed Engels da una parte ed intellettuali e riviste russi dallaltra. Il tema ricorrente in queste lettere in genere lo stesso: seguir la Russia la via dellOccidente? Molti intellettuali ed operai64 cominciano a dare una risposta affermativa a tale quesito ed il marxismo comincia a diffondersi in Russia.65 Come si vede, dunque, anche in Russia il diffondersi del marxismo dovuto a fattori storicosociali, e materiali, precisi e non ad uno sviluppo naturale ed inevitabile del pensiero. Ma nel Che fare? esiste un altro punto quanto mai oscuro, e cio le ragioni per cui gli intellettuali, che hanno elaborato la coscienza di classe del proletariato, gliene facciano dono. Kautsky dice che questo passaggio di coscienza avviene quando le condizioni obbiettive lo permettono ( quale chiarezza!) e Lenin se la cava citando Kautsky.66 Ben diverso il modo con cui Marx ed Engels esaminano il fenomeno del passaggio degli ideologi borghesi al proletariato: Infine [citiamo dal Manifesto] nei periodi in cui la lotta di classe si avvicina al momento decisivo il processo di dissolvimento in seno alla classe dominante, in seno a tutta la vecchia
Su questo punto cfr. U. CERRONI, Le origini del socialismo in Russia, Roma 1965, p. 86. U. CERRONI, Le origini del socialismo in Russia, op. cit., pp. 72 segg. e pp. 77 segg. 63 In quellepoca cominciano a verificarsi, con le prime lotte di classe e laffiorare delle prime disfunzioni capitalistiche (la prima crisi industriale del 1873) alcune adesioni di intellettuali ma anche di operai al marxismo. Su ci cfr. CERRONI, Umberto, Le origini del socialismo in Russia, op. cit., p. 108. 64 V. K. MARX, e F. ENGELS, India, Cina, Russia, op. cit., pp. 234 segg., 237 segg., 245 segg., 250 segg., 257 segg. 65 La loro intuizione alla prova dei fatti risulta giusta. La Russia, anche se in ritardo e con molti squilibri si era messa sulla strada di uno sviluppo capitalistico senza il quale le rivoluzioni del 1905 e 1917 ed i Soviet operai sarebbero impensabili. 66 LENIN, Che fare?, op. cit., p 353.
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Antonio Carlo societ, assume un carattere cos violento, cos aspro, che una piccola parte della classe dominante si stacca da essa per unirsi alla classe rivoluzionaria, a quella classe che ha lavvenire nelle sue mani. Perci come gi da tempo una parte della nobilt pass alla borghesia, cos ora una parte della borghesia passa al proletariato e segnatamente una parte degli ideologi borghesi che sono giunti a comprendere teoricamente il movimento storico nel suo insieme.67 Il discorso di Marx ed Engels chiarissimo: vi sono degli ideologi che in una situazione di crisi rivoluzionaria (per la pressione del proletariato) si rendono conto di far parte di una classe spacciata e passano dalla parte della classe progressiva. Questo tutto. Ora, per, un simile processo di mobilit sociale non pu spiegarsi certo con una contestazione di tipo tradeunionista. Marx sa bene che questo tipo di lotta non genera crisi rivoluzionarie e lessenzialit del momento politico-partitico, da questo punto di vista, presente in tutto il Manifesto. Appare chiaro, dunque, che il momento in cui la lotta di classe si sta per avvicinare al suo culmine ed in cui la vecchia societ si disfa in maniera aspra e violenta non pu che essere un momento di contestazione gi politico-rivoluzionaria del proletariato, come risulta anche dal richiamo al paragone storico borghesia-aristocrazia. Ci ulteriormente provato da quanto Marx aveva affermato lanno prima sui teorici della rivoluzione (siano essi di origine borghese o proletari), che non fanno che registrare un movimento rivoluzionario in atto al di fuori delle loro teste.68 Questo modo di impostare la questione da parte di Marx ed Engels lunico coerente con i principi del materialismo storico, anche se lasserzione del Manifesto va adattata alle singole situazioni storiche. In Russia, ad esempio, il passaggio di nuclei di intellettuali dalla borghesia al proletariato non avvenne, almeno nella fase iniziale, per la pressione insostenibile del proletariato russo (nel 1870 le lotte di classe erano solo in una fase iniziale) ma per lesempio rivoluzionario del proletariato europeo (I Internazionale, Comune) che mostr ad essi, che si rendevano conto ormai dellineluttabile sviluppo del capitalismo in Russia, come anche l lavvenire sarebbe stato del proletariato; anche in questo caso, dunque, la teoria si sviluppa in relazione ad un movimento storico-politico e rivoluzionario esistente e non come conseguenza dello sviluppo naturale ed inevitabile del pensiero. Se, ora, torniamo a Lenin e Kautsky, vaghiamo nel buio: da una parte vi una classe (il proletariato) che abbandonata a se stessa non capace di alcuna azione rivoluzionaria (ma solo sindacale); dallaltra vi la borghesia che, non essendo contestata in maniera rivoluzionaria, pi che mai saldamente al potere. A questo punto alcuni ideologi borghesi69 si staccano dalla loro classe e portano la coscienza rivoluzionaria al proletariato: come e perch questo processo avvenga e quali ne siano le ragioni non ci detto. I settori pi intelligenti della borghesia distruggono la propria classe (ed i propri privilegi) attraverso il proletariato che essi trasformano da inerte massa, solo istintivamente e potenzialmente eversiva, in coorte di rivoluzionari.
K. MARX, e F. ENGELS, Manifesto, op. cit., pp. 71-72. K. MARX, Miseria della- filosofia, op. cit., p. 162. Vedi anche K. MARX, e F. ENGELS, Manifesto del Partito Comunista., op. cit., p. 77. 69 LENIN, Che fare?, op. cit., pp. 346 segg.
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Lenin sul Partito Ma non tutto, nella concezione di Lenin lintellettuale non passa al proletariato (come sostengono invece Marx ed Engels). Anzi se , eccezionalmente, operaio si separa dalla sua classe perch aderisce e milita nel partito in veste di politico (cio di intellettuale). La lotta di classe del proletariato viene diretta da elementi che si sono staccati dalla borghesia ma non hanno aderito al proletariato. A questo punto le tesi di Lenin e Kautsky sembrano anticipare addirittura la utopica teorizzazione di Karl Mannheim, secondo il quale esisterebbe nella societ un gruppo sociale indipendente (gli intellettuali) che svolgerebbe la edificante funzione di avvocato della umanit dolente, nonch del Vero e del Giusto.70 Lidealismo volgare di simili asserzioni cosi evidente che non il caso neanche di polemizzarvi; ci che strano che mentre certi marxisti se la prendono ferocemente con queste tesi di Mannheim, il Che fare?, invece, diventato (almeno per la maggior parte di essi) unopera altamente scientifica. Daltro canto la storia del movimento operaio abbonda di esempi che smentiscono le tesi del Che fare?. Abbiamo gi fatto cenno alle esperienze del movimento Cartista ed agli avvenimenti del 1848-49 in Francia. Quanto alla storia pi recente, tre anni dopo il Che fare? il movimento operaio russo con lesperienza dei Soviet (su cui ritorneremo) dimostr la sua autonoma capacit rivoluzionaria. noto infatti che i bolscevichi furono in un primo tempo estranei e ostili a questo fenomeno creato spontaneamente71 dalle masse, una parte delle quali era senza dubbio estranea allinfluenza (anche in-diretta) della socialdemocrazia. Ed anche gli operai bolscevichi che vi aderirono lo fecero a titolo personale, dato latteggiamento del partito ostile ai Soviet. Questi organi, senza dubbio rivoluzionari, furono opera delle masse, che indicarono la via della rivoluzione al partito.72

K. MANNHEIM, Ideologia e utopia, Bologna, 1965, pp. 154 segg. Su questo limite di fondo delle tesi di LeninKautsky insistono Basso (nella cit. Introduzione agli Scritti politici della Luxemburg) e Amodio (op. cit., pp. 8 segg.) nonch Rossanda (Partito e classe ne Il Manifesto, 1969, n. 4, pp. 43 segg.). 71 Sul carattere spontaneo dei Soviet non vi dubbio. Cfr. P. BROU, op. cit., pp. 84 segg.; R. SCHLESINGER, op. cit., pp. 69 segg.; L. TROCKIJ, Millenovecentocinque, Milano, 1948, pp. 130 segg.; E.H. CARR, La rivoluzione bolscevica, Torino, 1964, pp. 49; VOLIN, La rivoluzione sconosciuta, Napoli, 1950, pp. 33 segg.; I. DEUTSCHER, Il profeta armato, Milano, 1965, p. 171; A.A.V.V., Lenin, cit., p. 86. Il carattere spontaneo dei Soviet fu ammesso anche da Lenin, come vedremo nel prossimo paragrafo. 72 Lenin nella citata lettera alla Novaja Zizn (I nostri compiti ed il Soviet, op. cit., p. 12) sostiene che questi organismi sono stati creati da tutto il proletariato, anche da quello non socialdemocratico, che per costituiva una minoranza. Qui Lenin indora la pillola per i suoi compagni di corrente, poich gli iscritti alla socialdemocrazia erano pochissimi e per met menscevichi; e quanto ai simpatizzanti, indubbio che i bolscevichi furono, per un lungo periodo, in posizione marginale nell'ambito dei Soviet (tranne in quello di Mosca). Ci si verific di nuovo, come notissimo, nella rivoluzione del 1917 (almeno nei primi mesi dellesperienza sovietica), segno evidente che nella prima fase dellesperienza sovietica essi non ne furono alla testa; aderirono, anzi, ad essa quando gi i Soviet erano allapogeo della potenza. comunque significativo che qui Lenin riconosca anche al proletariato non socialdemocratico (minoritario per Lenin) il merito di aver creato spontaneamente un organismo rivoluzionario senza la mediazione di un partito. dunque meschino il tentativo dello storico ultra-bolscevico Schlesinger, il quale da una parte afferma che i bolscevichi furono i veri leader dei Soviet (mentre per contro furono gli ultimi arrivati e rimarranno dei comprimari anche nei primi mesi del 1917) e dallaltro, nella stessa pagina (op. cit., pp. 68-69) afferma lindipendenza dei Soviet sia dai bolscevichi che dai menscevichi su questioni di fondo come la legge delle 8 ore. N questa lunica contraddizione di Schlesinger, il quale fa di tutto per sminuire il ruolo dei Soviet dicendo che erano organismi per ottenere miglioramenti economici, e daltro canto, sempre nella stessa pagina, nota en passant che essi disponevano di milizie dirette da un comitato militare rivoluzionario i cui intenti erano indicati nella intestazione. Come tradeunionismo era decisamente molto particolare! Lenin, dal canto suo, nelAprile del 1917 sosteneva che bisognava lanciare la parola dordine tutto il potere ai Soviet malgrado che i bolscevichi fossero in netta minoranza in essi. Soltanto nel giugno del 1917 i bolscevichi conquistarono la maggioranza nella sezione operaia del Soviet di Pietrogrado, centro della Rivoluzione; ma rimanevano minoranza nellintero Soviet. Nei centri
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Antonio Carlo Analogo discorso pu farsi per i consigli di operai e contadini sorti in Spagna nel 1936 al di fuori dell'imbeccata di qualsivoglia direzione rivoluzionaria (peraltro mancante).73 Lo stesso pu dirsi per le masse operaie e contadine cinesi, che additarono nel 1926-27 al partito la via di una possibile rivoluzione vittoriosa in contrasto con la politica di appendice del Kuomintang perseguita, si pu dire fin dallorigine, dal P.C.C. sotto la guida della III Internazionale.74 Lo stesso ancora pu dirsi per i fatti di Francia del 1936 e del 1968, dove le direzioni rivoluzionarie dei partiti hanno dato cos bella prova di s davanti al tradeunionismo delle masse.75

minori lo spostamento in loro favore era pi lento. Cfr. L. TROCKIJ, Storia della rivoluzione bolscevica, Milano, 1964, pp. 454 segg. 73 Su ci cfr. P. BROU e E. TEMINE, La rivoluzione e la guerra di Spagna, Milano, 1962, pp. 126 segg; K. KORSCH, La collettivizzazione in Spagna, in Giovane Critica, n. 20, pp. 81 segg. 74 Su ci v. H. ISAACS, Il dramma della rivoluzione cinese (1925-27), Milano, 1967. 75 Sui fatti di Francia del 1968 condividiamo in pieno le tesi di S. BOLOGNA e V. DAGHINI (Maggio 68 in Francia, in Quaderni piacentini, n. 35, pp. 2 segg.), riprese anche da M. CACCIARI, (La comune di Maggio, in Contropiano, n. 2, 1968, pp. 455 segg.). Da ultimi cfr. L. HUBERMANN e P. SWEEZY, Riflessioni sul maggio Francese, in Monthly Review, ed. it. 1968, n. 10, pp. 1 segg. Sul 1936 cfr. lottimo libro di D. GUERIN, Front populaire, revolution manqu, Paris, 1963.

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Lenin sul Partito

La polemica sul Che fare? nella socialdemocrazia

Il libro di Lenin non suscit sulle prime grosse polemiche, almeno nellambito del gruppo iskrista. Tuttavia nel 1903, nel corso del II Congresso socialdemocratico russo si deline, come noto, la scissione tra bolscevichi e menscevichi. Questa rottura, a prima vista ispirata da questioni statutarie di secondordine, in realt corrispondeva ad una diversa visione del partito allinterno del gruppo iskrista. Se vero, infatti, che in tutto il gruppo si voleva la sconfitta delleconomicismo e la rapida organizzazione di un partito politico vero e proprio (esistente solo sulla carta dal 1898) anche vero che una parte degli iskristi aveva come modello i partiti di massa socialdemocratici occidentali, particolarmente adatti alla lotta parlamentare ed elettorale. In sostanza ci si voleva preparare per il post-assolutismo e per le lotte parlamentari ed elettorali che poi sarebbero venute. A questa prospettiva legalitaria e parlamentarista (Martov) si contrapponeva la prospettiva elitario-rivoluzionaria di Lenin. Una volta avvenuta la rottura i menscevichi ritennero opportuno far risalire le cause della rottura alle posizioni teoriche del Che fare?, in un primo tempo non attaccate poich coincidenti con il loro obbiettivo (del 1902) di sconfiggere gli economisti. Dopo la scissione la posizione di Lenin si fece sempre pi difficile : la sua maggioranza era assai ristretta ed i principali dirigenti del partito (Martov, Potresov, V. Zasulich, Axelrod, il giovane Trockij e poi anche Plechanov) erano contro di lui; Kautsky, da cui Lenin doveva attendersi aiuto (non si era richiamato nel Che fare? proprio alle tesi del tedesco?) si schiera contro di lui ed addirittura non pubblica larticolo di Lenin in risposta alla Luxemburg,76 la quale aveva condotto un attacco a fondo contro Lenin. Tutta la socialdemocrazia internazionale in sostanza con i menscevichi, come ebbe a riconoscere amaramente Lenin in una lettera del 1905.77 In una simile situazione, sotto un fuoco di fila di attacchi logico che Lenin ripieghi e sfumi le sue tesi che hanno snidato un vespaio e lo hanno messo in una situazione di difficolt estrema. Nel 1904, allattacco di Axelrod, che gli rinfaccia come gli intellettuali borghesi siano un gruppo sociale infido, Lenin risponde che ci senzaltro vero e che la centralizzazione burocratica del partito necessaria per tenere sotto controllo questi elementi infidi proprio da parte del proletariato, il quale, peraltro, gi abituato dalla vita di fabbrica alla centralizzazione.78 In questo contesto il partito non pi visto come una coorte di intellettuali che guida il proletariato ma come lavanguardia del proletariato stesso, che si difende con il burocratismo79 dagli inLENIN, Un passo avanti due e due passi indietro. Risposta a Rosa Luxemburg, in LENIN, Opere, vol. VII, Roma, 1959, pp. 460 segg. 77 LENIN, Lettera a Krasikov, in LENIN, Opere, vol. XXXIV, op. cit., p. 243. Cfr. anche p. 241, dove Lenin si lagna per latteggiamento infame di Kautsky. 78 LENIN, Un passo avanti e due passi indietro. Risposta a Rosa Luxemburg, in Opere scelte, Roma, 1965, pp. 286 segg. 79 LENIN, op. ult. cit., pp. 297 segg. Certo qui Lenin usa il termine burocraticamente in maniera traslata; ma in re76

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Antonio Carlo tellettuali anarcoidi provenienti dalla piccola borghesia, non pi visti come i salvatori del proletariato (cui portano la coscienza e lorganizzazione rivoluzionaria) ma come elementi infidi ed estranei.80 A questo punto interviene nella polemica Rosa Luxemburg, che accusa Lenin di centralismo burocratico e di paternalismo nei confronti delle masse: Del tutto diverse [scrive Rosa] sono le condizioni dellazione socialdemocratica, questa sorge storicamente dalla lotta di classe elementare. Si muove in questa contraddizione dialettica che da un lato lesercito proletario si recluta solo nel corso stesso della lotta e dallaltro che ancora soltanto nella lotta che ne chiarisce a se stesso gli scopi. Organizzazione, chiarificazione e lotta non sono qui momenti divisi meccanicamente ed anche temporalmente separati, come in un movimento blanquista, ma sono facce diverse di un medesimo processo.81 Le posizioni della Luxemburg sono senza dubbio analoghe a quelle di Marx ed Engels, precedentemente enucleate (almeno nel senso che la teoria nasce allinterno del processo della lotta operaia e si diffonde in relazione ad essa) e sono anche conformi allesperienza storica.82 La sua critica a Lenin ci pare centratissima cosi come del tutto esatto il suo avvicinamento di Lenin a Blanqui. Certo Lenin si differenzia dal grande rivoluzionario francese perch ritiene che il partito debba avere un costante contatto con le masse (per quanto questo contatto sia piuttosto paternalistico nel Che fare?). Ma in una cosa i due pensatori concordano: nel fatto cio di considerare la coscienza e lorganizzazione come precedenti temporalmente la lotta delle masse, in cui appunto confluiscono gi belle e pronte. La risposta di Lenin allattacco di Rosa quanto mai imbarazzata e perplessa (come ben nota Amodio). Il rivoluzionario russo non affronta le questioni di principio sollevate dalla Luxemburg, e si difende dallaccusa di blanquismo occupandosi di questioni statutarie e di problemi marginali della vita della socialdemocrazia russa (senza cio toccare il tema di fondo sollevato da Rosa e, cio il carattere della coscienza e della organizzazione). Ora se si tiene presente che gi nella poalt egli vuoi dire che una forma organizzativa molto centralizzata e fondata su un forte vincolo di disciplina formale propria della socialdemocrazia. In seguito, per, lo stesso Lenin riconoscer come vedremo la necessit di dare al partito, in nuove condizioni storiche, maggiore elasticit. Ci implica che lultracentralizzazione formale non la forma organizzativa tipica della socialdemocrazia ma solo una delle forme possibili; e che lorganizzazione deve adeguarsi al processo storico, come sosteneva Rosa Luxemburg, alle cui tesi Lenin, riconoscendo nel 1905-1906 il carattere transitorio e relativo (rispetto al movimento storico) dellorganizzazione socialdemocratica, si avviciner notevolmente (Cfr. su ci anche P. FROEILICH, Rosa Luxemburg, Paris, 1965, p. 120). 80 C qui un ritorno di Lenin alla opinione sugli intellettuali espressa nel 1907. bene precisare per che anche in questo lavoro, come noter la Luxemburg, lorganizzazione vista come una realt rigida che confluisce bella e fatta nella lotta operaia senza porsi problemi di adeguamento ad essa ed alle esigenze delle masse il che conteneva i pericoli che Rosa Luxemburg segnaler. 81 R. LUXEMBURG, Scritti politici, op. cit., p. 222. 82 necessario precisare, per, che spesso la Luxemburg sembra ritenere (cosa questa rilevata in particolare da Lukcs) che il processo storico cosi come crea i problemi crea anche organicamente le soluzioni, il che meccanicistico. Si noti poi che il movimento non si sviluppa contemporaneamente con la teoria ma la precede nel tempo (i Soviet sono una ipotesi tipica in questo senso) sicch la teoria un po sfasata rispetto allinizio del movimento ( lessere sociale che determina la coscienza) per noi, in sostanza, la teoria nasce dal movimento (un po dopo il suo inizio per) ed anche lorganizzazione si sviluppa nel movimento (mentre, anche per il Lenin dellultima opera qui considerata, essa lo precede confluendovi bella e fatta), ovviamente, per, lo sbocco positivo del processo non mai garantito a priori come si gi notato ( possibile, mai dovuto).

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Lenin sul Partito lemica con Axelrod Lenin aveva sostanzialmente fatto dei passi indietro sul problema della coscienza esterna e del carattere intellettualistico del partito, ci si rende conto che il suo silenzio sintomatico: egli, cio, non intende pi difendere apertamente le tesi estreme del Che fare? Non solo, ma Lenin, correggendo il tiro delle sue precedenti argomentazioni contro Axelrod, non difende pi neanche il burocratismo come forma propria ed organica della socialdemocrazia, ma cerca di dimostrare come non sia affatto vero che nel partito vi sia il predominio assoluto e burocratico del comitato centrale sui comitati locali e sul congresso. Tuttavia Lenin in precedenza aveva puntato nettamente sul dominio delle dieci teste forti, ai cui ordini dettagliati devono piegarsi i comitati locali;83 ed inoltre aveva ribadito il carattere molto relativo della democrazia nelle organizzazioni proletarie anche in paesi non autocratici come la Russia.84 chiaro, quindi, che qui egli tenta di correggere il tiro. Ancora: nel luglio 1905 Lenin scrive Due Tattiche, uno dei suoi lavori pi noti. Nelle ultime pagine del lavoro egli si pone il problema del rapporto dirigenza-masse nella fase della rivoluzione ed afferma che il compito del dirigente quello di fare da battistrada allattivit spontanea rivoluzionaria delle masse.85 La locuzione attivit spontanea rivoluzionaria delle masse, nel contesto del Che fare?, sarebbe stata impensabile: lattivit spontanea pu essere solo tradeunionista. Ora, per, davanti al dispiegarsi della creativit rivoluzionaria autonoma delle masse in Russia dopo il gennaio-febbraio 1905 sarebbe un errore, o forse una follia, continuare a sostenere le tesi del 1902. Lenin comincia a rendersene conto anche se la sua svolta per ora accennata in maniera disorganica ed implicita. Inoltre in Russia la pressione spontanea delle masse cresce continuamente: nellottobre sorgono i primi Soviet, cui i bolscevichi non partecipano, essendo essi organismi apartitici di massa. Lenin ora a Stoccolma, dove lo raggiungono in maniera frammentaria le notizie sul fenomeno sovietico. Dal suo esilio svedese egli scrive al giornale bolscevico Novaja Zizn perch il partito e la frazione bolscevica aderiscano ai Soviet: la svolta.

Su ci vedi anche E. H. CARR, op. cit., p. 23. LENIN, Che fare?, op. cit., p. 444. 85 LENIN, Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica, in LENIN, Opere scelte, op. cit., p. 399.
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Il 1905 e la svolta di Lenin

Lenin si rendeva perfettamente conto della novit delle sue tesi. Nella prima parte della citata lettera, infatti, egli avverte i lettori bolscevichi per ben due volte che, senza dubbio, le sue tesi potranno destare stupore86 ma egli deve per onest esporre le sue idee sino in fondo. Inoltre nello stesso luogo egli nota di sfuggita che il Che fare? stato scritto in un momento storico ormai radicalmente mutato (Lenin riprender questo tema nel corso del 1907).87 Ci premesso Lenin chiarisce che, a suo avviso, i Soviet creati spontaneamente da tutto il proletariato (una parte del quale non influenzata dalla socialdemocrazia)88 sono organi rivoluzionari (il proletariato dunque andato, da solo, ben oltre il tradeunionismo) non meno indispensabili del partito e che essi anzi sono lembrione del governo rivoluzionario provvisorio.89 Sarebbe assurdo chiedere a questi organi di aderire a priori ai principi della socialdemocrazia; deve essere invece questa ad aderire ai Soviet, cercando in quella sede di portare avanti le proprie tesi in continua dialettica con le altre componenti rivoluzionarie cui i Soviet devono essere aperti. Lenin cos conclude: Noi siamo con il popolo rivoluzionario, sottoporremo al suo giudizio ogni nostro atto, ogni nostra decisione, poggeremo interamente ed esclusivamente sulla libera iniziativa che scaturisce dalle stesse masse lavoratrici.90 In queste tesi non vi pi nulla delle vecchie posizioni del Che fare?. Lenin inoltre avverte che, forse, le sue tesi sono troppo avventate (poich basate su dati di seconda mano) e lascia, perci, i redattori liberi di pubblicare o meno la lettera. Il giornale bolscevico, che conformemente alla frazione aveva tenuto un atteggiamento in linea col Che fare?, e quindi contrario alladesione ai Soviet (in quanto organi spontanei e apartitici), non pubblic la lettera, che venne alla luce solo nel 1940. Tuttavia essa produsse il suo effetto, poich alla fine la direttiva leniniana fu accettata dalla frazione bolscevica. Quanto a Lenin, nel corso del 1906 e del 1907 egli ribad il carattere rivoluzionario delle organizzazioni sovietiche e la capacit del le masse di elevarsi spontaneamente al livello rivoluzionario. Nel corso del 1906 egli, facendo il bilancio dellesperienza sovietica, scrive:

LENIN, I nostri compiti ed i Soviet, op. cit., pp. 11 e 13. LENIN, op. ult. cit., p. 12. 88 Lenin precisa che i Soviet sono nati da scioperi, diretti da tutto il proletariato, compresi i settori non socialdemocratici. Il carattere spontaneo di questi organismi non posto in dubbio. 89 LENIN, op. cit., pp. 15 segg. 90 LENIN, op. cit., p. 18.
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Lenin sul Partito Non una qualche teoria, non gli appelli di qualcuno, non la dottrina di un partito, ma la forza delle cose ha condotto questi organi apartitici di massa alla convinzione della necessit dell'insurrezione ed ha fatto di questi organi gli organi dellinsurrezione.91 Come si vede la forza delle cose stata capita dalle masse senza la mediazione di nessun partito: i Soviet sono gli organi ( sorti spontaneamente) della insurrezione rivoluzionaria contro l'autocrazia. Due mesi dopo Lenin ribadir ancora tale giudizio: Senza lintervento delle organizzazioni la lotta proletaria rivoluzionaria di massa era passata dallo sciopero allinsurrezione. In ci sta la pi grande conquista storica dellinsurrezione del 1905 e, al pari di tutte le conquiste precedenti, essa cost gravi sacrifici. Il movimento sorto dallo sciopero generale politico si era elevato ad un grado superiore. () Noi dirigenti del proletariato socialdemocratico eravamo nel dicembre simili ad un generale che avesse schierato i suoi reggimenti in modo cos assurdo da impedire alla maggior parte delle sue truppe di partecipare attivamente alla battaglia. Le masse operaie cercavano direttive per azioni energiche di massa e non le trovavano.92 chiaro che qui si delinea una netta frattura tra ci che in Due tattiche definito come lattivit spontanea rivoluzionaria delle masse e linsipienza della direzione: ci che mancata non stata certo lattivit spontanea rivoluzionaria delle masse, ma la dirigenza. In altri termini, mentre nel Che fare? la dirigenza che indica alle masse spontaneamente tradeunioniste la via della rivoluzione, qui sono (sia obbiettivamente che nel giudizio di Lenin) le masse spontaneamente rivoluzionarie ad indicare la via della rivoluzione alla dirigenza, che se non fa del tradeunionismo certo non allaltezza dei compiti. In conclusione, nel periodo 1905-1906 si manifesta, sotto la poderosa spinta degli avvenimenti russi, un ripensamento radicale in Lenin. Gli elementi di fondo della sua nuova posizione sono: a) il partito non monopolizza la coscienza rivoluzionaria delle masse, che hanno una loro autonoma capacit rivoluzionaria, capace di attuarsi anche senza lintervento del partito dallesterno (anzi, in alcuni casi, come i Soviet, sono le masse e precedere il partito). Tra partito e masse vi solo, di regola, una differenza di livelli di coscienza; b) in conseguenza di ci i Soviet, organi apartitici e spontanei non sono meno importanti del partito e sono lembrione del nuovo potere rivoluzionario. La socialdemocrazia deve aderire ad essi senza escludere le altre componenti rivoluzionarie n pretendere che i Soviet aderiscano in linea di principio alla socialdemocrazia; c) nei Soviet il partito non pu prevaricare burocraticamente sulle masse ma deve accettare una libera dialettica, sottoporsi continua-mente al giudizio delle masse e fondarsi sulla libera iniziativa dei lavoratori.93
LENIN, Lo scioglimento della Duma e i compiti del proletariato, in LENIN, La rivoluzione del 1905, vol. I, Roma, 1949, p. 253. A p. 255 dato leggere ancora: Nessuna organizzazione di partito potr armare le masse. Al contrario lo spirito organizzativo delle masse raggruppate nei piccoli gruppi volanti di combattimento, agevoler immensamente, al momento dellazione, la soluzione del problema di procacciarsi armi. Lo scritto del luglio 1906. 92 LENIN, Gli insegnamenti dellinsurrezione di Mosca, in LENIN, Opere scelte, op. cit., pp. 436-437. Questo scritto dellagosto 1906. 93 Nel Che fare? (pp. 436 e segg.) si erano designati come demagoghi coloro i quali si appellano alla mano callosa del proletariato contro il prepotere delle dirigenze.
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Antonio Carlo Contestualmente cambia anche latteggiamento di Lenin nei confronti della lotta economica, che viene riconosciuta come lelemento davvero fondamentale e determinante, almeno nei momenti rivoluzionari, per lacquisizione della coscienza di classe.94 Anche per ci che concerne lorganizzazione e la composizione interna del partito le posizioni mutano: Lenin sostiene ora una struttura elastica e democratica di esso95 e sollecita una massiccia entrata di operai nelle sue file, al fine di trasformare in vita concreta i grigi schemi degli intellettuali.96 Nei comitati del partito, infine, Lenin auspica che per ogni intellettuale vi siano almeno alcune centinaia di operai.97 Come si vede la svolta radicale a tutti i livelli: teorico, politico, sindacale, organizzativo.

Cfr. LENIN, Progetti di risoluzione per il V congresso del P.S.D.O.R., in LENIN, Opere, vol. XII, Roma, 1965, p. 128, dove, a proposito dei grandi scioperi economici, dato leggere: Tutta la storia della rivoluzione russa dimostra che tutte le potenti riprese del movimento rivoluzionario sono sorte unicamente sul terreno di simili movimenti economici di massa. Ancora nel 1917 (LENIN, Rapporto sulla rivoluzione del 1905, in LENIN, Opere scelte, op. cit., p. 690), alla vigilia della nuova ondata rivoluzionaria, Lenin ribadir, sia pure cautamente, il giudizio del 1907, sostenendo che solo la lotta per i miglioramenti economici immediati riesce a scuotere gli strati arretrati delle masse sfruttate ed a trasformarli in un esercito di combattenti politici, almeno in un periodo rivoluzionario. 95 LENIN, Dodici anni, op. cit., p. 92, e quello cit. alla nota seg. 96 LENIN, Sulla riorganizzazione del partito, in LENIN, La rivoluzione del 1905, op. cit., vol. I, pp. 328 segg. e 332 segg. Qui, chiaramente, gli operai sono visti come qualcosa di diverso dagli intellettuali e cio come proletari in senso pieno, nel Che fare?, invece, si era parlato solo di intellettuali di origine operaia ormai distaccati dalla loro classe ed equiparati agli altri. 97 LENIN, op. ult. cit., p. 330 nota 2. Gi al III congresso della socialdemocrazia russa (aprile 1905), tenuto mentre in Russia cresceva londata rivoluzionaria, Lenin aveva s sostenuto una prima proletarizzazione del partito, auspicando che nei comitati vi fossero otto operai contro due intellettuali. Ai letterati la cosa non piacque (cfr. L. AMODIO, op. cit., p. 11).
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Lenin sul Partito

Il consuntivo della svolta leniniana. La sostanziale ritrattazione delle tesi del Che fare?
Nel corso del 1907 il riflusso della rivoluzione fallita comincia a manifestarsi in tutta la sua ampiezza. In questo periodo Lenin pubblica una serie di scritti assai interessanti sul rapporto avanguardia-masse. Innanzi tutto, come si notato, nel corso del 1905-1906 c stata nel partito una svolta organizzativa tendente chiaramente a dargli una netta fisionomia proletaria ed a trasformarlo da organizzazione di rivoluzionari di professione a carattere ristretto e cospirativo, in organizzazione strettamente integrata alla classe. Questo fenomeno viene favorito da alcuni fattori, ed in particolare dalla stanchezza e dal riflusso della rivoluzione, che Lenin rileva gi varie volte nel corso del 190798 e del 1908.99 Nel corso di questa fase di riflusso, infatti, gli intellettuali di origine borghese si allontanano dal partito, mentre ad esso rimangono saldamente ancorati gli elementi autenticamente proletari, che crescono in numero assoluto ed in proporzione. Il carattere infido ed oscillante della piccola borghesia intellettuale viene cos, nei fatti, ulteriormente provato ed esso contrasta in maniera stridente e con la creativit delle masse proletarie del periodo 1905-1906 e con lemergere, pur nella fase di riflusso, di nuovi militanti operai. In questo contesto deve collocarsi lo scritto di Lenin Dodici anni, pubblicato verso la met del 1907 come prefazione ad una raccolta di scritti del periodo 1895-1907. Esso quasi integralmente dedicato al Che fare?, rispetto al quale Lenin assume ora una serie di posizioni che rendono definitiva e chiarificano ulteriormente la svolta degli anni precedenti: Lerrore fondamentale in cui incorrono coloro che attualmente polemizzano col Che fare? sta nel fatto che questo scritto viene completamente staccato dal suo nesso con una situazione storica determinata, con un periodo determinato ed oggi da tempo trascorso dello sviluppo del nostro partito Che fare? un compendio della tattica iskrista e della politica iskrista degli anni 1901 e 1902. Ripeto: un compendio n pi n meno. () Ed anche al II Congresso non pensavo neppure ad elevare in particolar modo le mie formulazioni, date nel Che fare?, a qualcosa di programmatico che costituisse particolari principi.100 In precedenza, nella stessa pagina, Lenin ha chiarito che lepoca dei circoli ristretti e settari finita e se ne apre unaltra di carattere democratico-proletario anche dal punto di vista organizzativo. In
LENIN, Rivoluzione e controrivoluzione, in LENIN, Opere, vol. XIII, op. cit., p. 100. LENIN, Lettera a Ronsthein (gennaio 1908), in LENIN, Opere, Vol. XXXIV, op. cit., p. 290; e Lettera a Gorkji (novembre 1908), ibidem, p. 293. In queste due lettere Lenin allude al fatto che nella fase di riflusso ed inconseguenza di essa gli intellettuali si squagliano mentre gli operai si dedicano con maggiore energia alla causa () Tutto ci meraviglioso (). 100 LENIN, Dodici anni, op. cit., p. 89 e p. 94.
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Antonio Carlo sostanza, oltre ad ammettere di aver usato a volte espressioni () formulate in maniera non del tutto felice o non del tutto precisa a proposito del nesso spontaneit-coscienza,101, Lenin nega recisamente che si debba attribuire al Che fare? il carattere di teoria generale del partito e dellorganizzazione. Esso non generalizzabile neanche in relazione allesperienza russa, ma riguarda la tattica perseguita dalla socialdemocrazia pi avanzata tra il 1901 e la rivoluzione del 1905. Inoltre Lenin fa notare come egli abbia sottolineato pi volte, proprio in quellopera che solo quando esiste una classe oggettivamente rivoluzionaria e che spontaneamente si leva alla lotta ha un senso lorganizzazione. Questa classe la classe operaia il cui fior fiore ha creato la socialdemocrazia.102 Il ruolo positivo assolto dagli iskristi, in questo contesto, stato solo quello di centralizzare lattivit dei circoli socialdemocratici, attraverso la costituzione di un centro estero sottratto ai rischi delle repressioni zariste.103 Ma linterpretazione autentica del Che fare?, proposta da Lenin, non ci lascia per nulla convinti: indubbio che egli sia stato influenzato in quello scritto, da una situazione tipicamente russa (e noi lo abbiamo rilevato); ma altres indubbio che nel Che fare? la necessit di sconfiggere leconomicismo legittimata a livello di teoria e di principi generali, esigenza questa molto sentita in unepoca in cui la lotta al revisionismo e la difesa di quella che era considerata lortodossia facevano s che si sconfinasse facilmente dalla tattica alla strategia ed ai principi. Non a caso Lenin, nel Che fare?, paragona leconomicismo al revisionismo104 e legittima la propria posizione con un richiamo (di completa adesione) a Kautsky, custode ufficiale della ortodossia, il quale affronta lo stesso problema (nesso spontaneit-coscienza) non al livello di tattica e di situazione particolare russa, bens al livello dei principi (in sostanza Lenin applica alla realt russa i principi generali di Kautsky, che accetta perch gli servono per mettere a tacere gli economicisti). N vero, come Lenin scrive nel 1907, che nel 1902 egli sosteneva che il partito creato dal fior fiore del proletariato; nel Che fare? invece egli aveva trovato profondamente giusta laffermazione generale e di principio di Kautsky, secondo cui la teoria e lorganizzazione di partito socialdemocratica, elaborata da intellettuali estranei al proletariato, introduce dallesterno la coscienza nelle masse, di particolare in Lenin cera solo la sfumatura degli intellettuali di origine operaia, che, per, vengono sempre considerati come intellettuali e non come operai. A noi pare realistico, piuttosto, che Lenin, nel periodo 1904-1907, in seguito ai profondi mutamenti storici della lotta di classe in Russia (lascesa dei Soviet), si sia reso conto dellinsostenibilit di principio delle tesi del Che fare? e della necessit di un ripiegamento. Tuttavia, ragioni di tattica interna di partito (non dare spago ai menscevichi ed alle loro accuse di intellettualismo) gli impediscono una revisione aperta delle sue tesi, sicch, attraverso una interpretazione chiarificatrice, egli ribadisce da una parte la validit della tattica sostenuta nel Che fare? (ed appoggiata senza riserve, in un primo tempo, anche dai menscevichi), dallaltra toglie al lavoro ogni portata generale e di principio, relegandolo in una fase del tutto superata della storia della socialdemocrazia russa.
LENIN, op. cit., p. 94. LENIN, op. cit., p. 91. 103 LENIN, op. cit., pp. 92-93. 104 LENIN, Che fare?, op. cit., p. 375. Il paragone con il revisionismo fatto pi volte da Lenin in quellepoca. evidente anche dal fatto che Lenin poneva il problema a livello tra principi generali opposti ed il principio del carattere esterno della coscienza era considerato anche da lui come il principio della socialdemocrazia ortodossa la cui validit sarebbe stata provata da tutta la storia del movimento operaio.
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Lenin sul Partito Una cosa comunque chiara ed estremamente rilevante: nel 1907 Lenin non disposto a sostenere come affermazioni di principio le tesi del Che fare?. Egli assume in questo periodo alcuni atteggiamenti a prima vista un po contraddittori sul rapporto avanguardia-masse. Infatti, in polemica con i menscevichi, riafferma che solo il proletariato socialdemocratico veramente cosciente105 (posizione, questa, pericolosa, anche se non del tutto identica a quella del Che fare? poich non si parla di coscienza esterna). Tuttavia tale asserzione, inserita nel suo reale contesto (polemica contro un certo operaismo deteriore dei menscevichi), solo una sbavatura polemica (non rare in Lenin). Infatti, nellarticolo successivo, che sviluppa e conclude la polemica, egli esprime una valutazione complessiva dellesperienza dei Soviet (organi rivoluzionari si noti di tutto il proletariato) che riprende il suo giudizio del 1905 e gi preconizza almeno in parte la tesi del 1917, tutto il potere ai Soviet: Di fatto i Soviet dei deputati operai e simili organismi furono organi dellinsurrezione Il loro sorgere non fu una commedia ma una gloriosa impresa del proletariato solo quando linsurrezione era in ascesa. Quando esiste una nuova ripresa della lotta, quando questa passa a tale fase simili organismi sono naturalmente inevitabili e da augurare ma il loro sviluppo storico deve consistere () nella trasformazione degli organi embrionali del potere rivoluzionario (e i Soviet dei deputati operai e contadini) in organi centrali del potere rivoluzionario vittorioso, in un governo rivoluzionario provvisorio.106 Lintero periodo che va dal 1907 al 1917 non ci sembra segua alcuna modificazione fondamentale nel pensiero di Lenin, rispetto alle posizioni or ora richiamate sul rapporto avanguardia-masse, tanto pi che egli non avr a scrivere in maniera sistematica sul tema, n si occuper pi a fondo dei Soviet. Nel gennaio del 1917, proprio alla vigilia della nuova tempesta rivoluzionaria, egli tiene una conferenza, in cui ribadisce in sostanza il rilievo dei Soviet nella rivoluzione del 1905 (anche se con qualche cautela): Nel fuoco della lotta si form una organizzazione di massa originale: i celebri Soviet dei deputati operai, assemblee dei delegati di tutte le fabbriche. In alcune citt della Russia questi Soviet dei deputati operai andarono sempre pi assumendo la funzione di governo rivoluzionario provvisorio, la funzione di organi e dirigenti dellinsurrezione.107 Il carattere rivoluzionario dei Soviet viene dunque ancora una volta ribadito da Lenin proprio alla vigilia del loro risorgere.

LENIN, I bellicosi intellettuali contro la supremazia dellintellettualit, in LENIN, Opere, vol. XII, op. cit., p. 288. LENIN, Iroso smarrimento, in LENIN, Opere, vol. XII, op. cit., p. 302. 107 LENIN, Rapporto, op. cit., p. 696.
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Antonio Carlo

Lenin nel 1917. I Soviet e Stato e Rivoluzione

Poche settimane dopo la conferenza suaccennata, la Rivoluzione, nata da unazione spontanea ed inaspettata delle masse,108 rovescia lautocrazia ed i Soviet risorgono. Lenin, che ha compreso in pieno lenorme portata del fatto, tempesta di lettere i bolscevichi, dal suo esilio svizzero. Nella seconda di queste lettere egli lancia la celebre parola dordine Tutto il potere ai Soviet,109 in un momento in cui i bolscevichi erano nei Soviet una sparuta minoranza. Evidentemente Lenin auspica che nei Soviet linfluenza del partito cresca; ma ci pu derivare solo dalla sua saggezza e dalla sua capacit politica di conquistare le masse sovietiche. Come nel 1905, egli non richiede che i Soviet accettino in linea di principio il programma socialdemocratico bolscevico e ritiene che tutto il potere debba passare immediatamente ad essi, senza che al partito venga rivendicato alcun privilegio istituzionale. In questo contesto il partito solo un elemento del sistema sovietico, e pu aumentare di peso e di influenza solo conquistando politicamente il libero consenso delle masse, ma non arrogandosi in linea di principio il diritto storico di guidarle ed illuminarle. Nel corso del 1917 Lenin ribadir limportanza fondamentale, per la Rivoluzione, dei Soviet prodotti dalla creativit delle masse.110 Ma il documento di gran lunga pi importante del 1917
Su ci vedi la splendida analisi di L. TROCKJI, La rivoluzione bolscevica, op. cit., pp. 122 segg.: () stabilito che la rivoluzione di febbraio fu scatenata da elementi di base che superarono la resistenza delle loro stesse organizzazioni rivoluzionarie e che liniziativa fu presa spontaneamente da un settore del proletariato oppresso e sfruttato pi di tutti gli altri i lavoratori tessili (). Nessuno, proprio nessuno, nei circoli rivoluzionari pensava, il 23 febbraio, che la tempesta era vicina. La rivoluzione di febbraio fu forse l'unica delle rivoluzioni spontanee vincenti. Trockij, per la verit, (op. cit., pp. 170 segg.) cerca di sminuire limportanza del carattere spontaneo del moto, ammesso in un primo tempo, asserendo che senza lesperienza rivoluzionaria del 1905 e senza la presenza di operai rivoluzionari di formazione bolscevica, il febbraio 1917 sarebbe stato impensabile: in sostanza, il partito, tramite i suoi militanti avrebbe guidato indirettamente le masse. In verit, per, la prova della preminenza dei bolscevichi nel movimento non fornita da Trockij ed indubbio che esistevano elementi rivoluzionari portati alla lotta di piazza contro lautocrazia anche al di fuori di loro (anarchici, socialrivoluzionari, socialdemocratici non bolscevichi come allora era lo stesso Trockij). Inoltre una rivoluzione organizzata e diretta da un partito quando esiste unorganizzazione centralizzata che decida, diriga e pianifichi la lotta, il che nel nostro caso non avvenne. Se organizzazione vi fu in quei giorni essa fu una organizzazione non centralizzata ma locale e settoriale (via per via, casa per casa), unorganizzazione non istituzionale e fluida, di cui non rest traccia e soprattutto unorganizzazione non egemonizzata dal programma di nessun partito. Se alcuni bolscevichi ebbero parte in questi organismi transitori che organizzarono localmente la lotta, lo fecero a titolo personale e non come membri di un partito che in quei giorni, come gli altri partiti era paralizzato e sorpassato dagli eventi. In situazioni storiche di questo genere indubbio che lelemento dominante liniziativa (spontanea) dal basso e non lorganizzazione (che rimane embrionale, settoriale e fluida) e tantomeno quella partitica. Fenomeni di questo tipo non erano nuovi: gi Marx aveva notato il carattere spontaneo della rivoluzione del 1848 (Le lotte di classe in Francia, op. cit., p. 138). 109 LENIN, Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale (Tesi di aprile), in LENIN, Opere scelte, op. cit., p. 715. 110 Formalmente nel 1917 liniziativa di ricostituire il Soviet di Pietroburgo fu presa, assai tempestivamente, dai menscevichi. Ma indubbio che, data la situazione, le masse avrebbero ricreato comunque i Soviet, da esse prodotti prontamente nel 1905 e di cui era certo vivo il ricordo tanto pi che lidea di ricostituire i Soviet fu manifestata
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Lenin sul Partito Stato e Rivoluzione, in cui Lenin ipotizza una dittatura del proletariato nella quale non attribuita al partito nessuna posizione di privilegio politico ed il proletariato direttamente e continuamente nomina, revoca, controlla coloro che sono chiamati ad amministrare lo Stato e che sono immediatamente responsabili verso esso.111 Lenin nellenucleare questo schema si ispira esplicitamente, come noto, alla Comune. Sebbene lavanguardia reale del proletariato (la corrente marxista) fosse assente dallesperienza della Comune, gi Marx ed Engels non avevano esitato un momento a riconoscere in esso il primo caso storico di dittatura proletaria. Certo essi criticarono le indecisioni e la mancanza di centralizzazione della Comune: tuttavia non risulta in alcun modo che essi vedessero la soluzione del problema nel dominio istituzionalizzato, in essa, di una minoranza partitica, unica portatrice della coscienza. Ad esempio Marx, scrivendo a Kugelmann,112 sostiene che il Comitato centrale si dimise troppo presto, a favore della Comune in senso stretto. Ora senza dubbio il Comitato centrale era un organo pi centralizzato e pi adatto alle rapide decisioni della guerra civile, ma non era certo lespressione istituzionale di un solo partito autodefinitosi avanguardia per diritto storico.113 Ci che Marx ed Engels avevano auspicato era semplicemente una organizzazione, che pur essendo espressa da tutte le componenti proletarie, avesse i poteri per prendere le decisioni rapide ed esecutive che il regime transitorio della guerra civile imponeva. Lenin non si distacca da questo punto di vista e le sue previsioni ricalcano in pieno lo schema della Comune parigina;114 n, inoltre la parola dordine i bolscevichi devono prendere il potere del settembre 1917 contrasta con la nostra tesi poich Lenin, nella lettera in cui lancia questa parola dordine, specifica che ormai i bolscevichi sono la testa dellapparato sovietico di cui interpretano le esigenze ed in questa qualit che devono prendere il potere. Non vi qui rottura, ma continuit, con le tesi di aprile, n il Soviet qui visto (n lo sar nella prima fase della dittatura)
spontaneamente dagli operai fin dal secondo giorno di lotta (v. L. FOA, I Soviet e lottobre, in Il manifesto, a. 1970, n. 1, p. 57), i menscevichi, quindi, agivano sotto la spinta (nata spontaneamente) delle masse. Lesperimento dei Soviet si estese rapidamente sotto la spinta delle masse che vedevano in essi i propri organismi rivoluzionari e ne davano uninterpretazione assai poco menscevica. Era quindi nel giusto, Lenin, allorch nel 1917 (La rivoluzione d'ottobre, Roma, 1956, p. 243) ribadiva che la creativit delle masse aveva prodotto i Soviet (senza i quali le sorti della rivoluzione russa sarebbero state disperate) e che i menscevichi avevano fatto di tutto per sabotarli. 111 LENIN, Stato e rivoluzione (con lo studio preparatorio sul marxismo e lo stato), Roma, 1963, pp. 58 segg. 112 K. MARX, Lettere a Kugelmann, op. cit., p. 140. 113 Su ci cfr. O. LISSAGARAY, Storia della Comune, Roma, 1962, pp. 101 segg. 114 Di recente Stato e rivoluzione stato oggetto di un violento attacco da parte di Daniel Gurin (Lanarchismo dalla dottrina allazione, Roma, 1969, pp. 92 segg.) articolato sostanzialmente in tre punti: a) Lenin identificherebbe lo StatoComune con lo Stato borghese senza borghesia; b) il fatto che il processo di estinzione di questo Stato sia lento non depone bene per le intenzioni di Lenin; c) i Soviet, organi della democrazia proletaria, avrebbero dovuto essere, secondo la concezione leniniana, guidati istituzionalmente dal partito bolscevico. Il primo argomento lascia di stucco: nelle traduzioni italiane di Stato e rivoluzione non ho trovato la definizione della dittatura proletaria come Stato borghese senza borghesia ed altres noto che Lenin, proprio in questo lavoro, conduce una polemica feroce contro Kautsky, che pretendeva di utilizzare lo Stato borghese a fini proletari, sostenendo che invece occorre creare un nuovo apparato statale funzionale ed omogeneo agli interessi del proletariato ed ispirato ai principi dello Stato-Comune. Il secondo argomento fragilissimo: il processo di estinzione dello Stato comprende tutta unepoca storica caratterizzata da unacuta lotta di classe (interna ed internazionale). In questo contesto il proletariato ha bisogno del suo Stato e non sono ammissibili scorciatoie volontaristiche. E veniamo allultimo rilievo: il rapporto partito-soviet. Qui Gurin commette lerrore di leggere il Lenin del 1917 sulla base di ci che Lenin scrisse e fece nel 1919-1920, in un contesto storico che, come vedremo, era mutato in maniera profondissima. In Stato e rivoluzione, invece, non c nulla che tenda a fare dei bolscevichi unavanguardia istituzionale per diritto storico, unavanguardia privilegiata e staccata dalle masse che governi in nome di esse e per conto proprio dietro il paravento dei Soviet. Ci avverr ed emergeranno nuove posizioni teoriche ma in un prosieguo di tempo e, come vedremo, sotto la spinta di fatti nuovi.

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Antonio Carlo come uno strumento del partito,115 ancora, poi, nella polemica con Kautsky del 1918 la centralit dei Soviet (e non del partito) nellambito della dittatura del proletariato (vista ancora come dittatura di tutto il proletariato) ribadita ulteriormente.116 Anche agli inizi del 1919 Lenin ribadisce ancora i concetti-cardine sopraindicati, nellimportantissimo (per noi) discorso al II Congresso dei sindacati (gennaio 1919): E invece proprio oggi, in particolare dopo la rivoluzione politica che ha dato il potere al proletariato, i sindacati in quanto sono lorganizzazione di classe pi vasta del proletariato devono svolgere effettivamente una grande funzione, debbono occupare un posto centrale nella politica, devono diventare in un certo senso il principale organo politico () Ecco il motivo per cui nel momento nel quale il potere passato nelle mani del proletariato i sindacati sono tenuti ad assumere sempre pi la funzione di artefici nella politica della classe operaia, la funzione di organizzazioni di classe chiamate a sostituire la vecchia classe degli sfruttatori, a rovesciare tutte le vecchie tradizioni ed i vecchi pregiudizi della vecchia societ, la quale per bocca di uno scienziato cos diceva al proletariato: tu gestisci la tua economia che alla politica ci penser il partito degli elementi borghesi. () Al riguardo i sindacati devono riflettere su una delle sentenze pi profonde e pi note dei fondatori del comunismo moderno: quella per cui quanto pi ampio e pi profondo il rivolgimento prodottosi nella societ, tanto pi alto deve essere il numero degli uomini che realizzano questa rivoluzione, che sono gli artefici di questa rivoluzione nel senso vero della parola. () Ebbene la rivoluzione socialista pu essere realizzata solo con la partecipazione pratica, attiva e diretta di decine di milioni di uomini alla gestione dello Stato.117 Da questi brani risulta, a luce meridiana, che il partito non pu e non deve monopolizzare il potere e che si pone la necessit immediata di un ampliamento del potere alla base, altrimenti il socialismo non pu realizzarsi n, quindi, sopravvivere la dittatura proletaria. Il socialismo pu realizzarsi solo con la partecipazione attiva e diretta delle masse alle decisioni dello Stato di cui devono essere le artefici in senso pieno. Nessun potere istituzionalizzato separato dalle masse di una ristretta avanguardia. Certo Lenin dice anche, nella stessa occasione: Si pone oggi il compito pi alto ed importante, quello di educare le masse a gestire lo Stato non per mezzo dei libri, dei comizi e dei corsi, ma per mezzo dellesperienza facendo in modo che lo strato davanguardia che il proletariato ha espresso dal suo seno, affidandogli lincarico di comandare ed organizzare sia sempre pi costituito nei vari campi da nuovi strati di operai, affinch al suo posto subentrino decine di nuovi strati di operai.118

In senso contrario v. L. FOA, op. cit., p. 60, che, per, ci sembra forzi la lettera del discorso di Lenin (v. LENIN, Opere scelte cit., p. 845) che parla di apparato sovietico per la presa del potere, ma in un momento in cui i bolscevichi ne sono parte integrante e ne hanno conquistato la guida (senza prevaricazioni burocratiche), siamo ben lungi cio da una strumentalizzazione esterna dei Soviet. 116 LENIN, La dittatura proletaria ed il rinnegato Kautsky, in LENIN, Opere scelte, op. cit., pp. 1149 segg. 117 LENIN, Rapporto al congresso dei sindacati di tutta la Russia, in LENIN, Opere, vol. XXVIII, Roma, 1967, pp. 424, 425 (il corsivo mio), 432. noto che questa funzione dei sindacati doveva esplicarsi allinterno del sistema dei Soviet. 118 LENIN, Rapporto al congresso dei sindacati di tutta la Russia, op. cit., p. 432.
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Lenin sul Partito evidente, per, che il potere di questa avanguardia (non necessariamente solo partitica) espressa dal proletariato (e non esterna) visto come un potere affatto transitorio che bisogna fare in modo che cominci subito ad estinguersi (la statizzazione dei sindacati mirava appunto a questo); e soprattutto considerato un potere non originario ed istituzionale dellavanguardia, ma derivante da un mandato delle masse e che, quindi, si fondava e poteva sussistere solo con il consenso e la fiducia delle masse. Daltro canto ci corrispondeva a quella che era la prima fase del potere sovietico: le masse conferivano liberamente il potere di governare ad alcuni loro eletti (per lo pi bolscevichi) con un atto di scelta libera che presupponeva, nelle drammatiche condizioni storiche del 1917-1918, un elevato grado di coscienza. Inoltre, bene precisarlo, proprio nel brano citato Lenin nota come lunica forma vera e completa di educazione politica delle masse si fondi sullesperienza sempre pi diretta del potere e non sui libri, i comizi e le circolari pi o meno illuminate dei funzionari di partito. innegabile, e lo ammettono gli stessi storici borghesi, 119 che dopo il 1917 Lenin ed i bolscevichi fecero di tutto per rendere realmente esecutiva la parola dordine Tutto il potere ai Soviet. Il discorso di Lenin dei primi del 1919 lultimo grande sforzo in questo senso. Sappiamo adesso che quello sforzo fall, ma ci non certo da attribuirsi ad una legge michelsiana della inevitabilit della sclerosi burocratica nei partiti e nelle organizzazioni collettive in genere, come sostiene Carr.120 Fin quando i Soviet affondarono le radici in un proletariato cosciente furono un organismo vivo ed autentico della dittatura proletaria. Man mano che la loro base di massa si estingueva (e vedremo perch ci accadde) essi si burocratizzavano. Fu il venir meno del proletariato russo come classe, infine, che determin il venir meno della democrazia proletaria.121

E. H. CARR, op. cit., p. 214. Tra le testimonianze proletarie di quegli anni cfr. V. SERGE, Lanno primo della rivoluzione russa, Torino, 1967; A. ROSMER, A Mosca al tempo di Lenin, Firenze, 1953. 120 Cos E. H. CARR, op. cit., pp. 215 segg. La teoria delle lites di cui fu creatore G. MOSCA (v. La classe politica, Bari, 1966) venne applicata da Michels ai partiti (La sociologia del partito politico, Bologna, 1966). Le tesi di Michels provocarono, tra le altre, le critiche di Gramsci, Lukcs, Bucharin (di cui v. La thorie du materialisme historique, Paris, 1967, pp. 335 segg.). Non questa la sede per unapprofondita analisi del problema. Ci limitiamo ad osservare che Michels generalizza arbitrariamente le caratteristiche del partito socialdemocratico tedesco (e di quelli modellati sulla sua struttura). 121 Preferiamo questa interpretazione a quella sostenuta da diversi autori e di recente, per esempio, da Basso (Neocapitalismo e sinistra europea, Bari, 1969, pp. 20 segg.), secondo cui la degenerazione burocratica fu dovuta allarretratezza russa ed alla conseguente debolezza del proletariato. In realt il proletariato russo (che era allepoca il pi concentrato del mondo) dette prova della sua forza e della sua maturit attraverso lesperienza dei Soviet del 1905 e del 1917, che lo posero allavanguardia del proletariato mondiale. Nulla prova che il proletariato russo, dopo il 1917, avesse perduto queste capacit eccezionali, fino a che non sopravvenne una vera e propria dispersione e liquidazione di esso.
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Antonio Carlo

La Svolta Burocratica del 1919-1920

Nel corso del 1918 cominciarono a delinearsi i primi segni di una degenerazione burocratica della rivoluzione sovietica. In ci tuttavia non vi era nulla di sorprendente, poich era normale che il vecchio mondo, le vecchie abitudini, la vecchia mentalit cercassero di avvelenare il mondo nuovo che sorgeva.122 Queste tendenze retrograde che costituivano soprattutto tendenze residue, sarebbero state certo vinte se non fossero sopraggiunti una serie di fenomeni tali da rilanciarle. Innanzi tutto il dissennato atteggiamento dei menscevichi e dei socialrivoluzionari di sinistra costrinse i bolscevichi ad assumersi da soli, attraverso una durissima lotta, la direzione politica del proletariato. Daltro canto, e ci era molto pi grave, i sindacati ed i Soviet andavano burocratizzandosi (per le ragioni che vedremo), eliminando cosi la possibilit di una reale dialettica partito-classe. Le ragioni di questa ossificazione burocratica va cercata nelle condizioni storiche in cui oper la dittatura proletaria nel 1919-1928 e che si delineavano gi nella seconda met del 1918. La guerra civile e lintervento straniero causarono un crollo completo della produzione industriale che nel 1920 era il 13% di quella ante-guerra. In conseguenza di ci il meraviglioso proletariato industriale del 1917 era sociologicamente quasi del tutto scomparso e si era ridotto a poche centinaia di migliaia di individui stremati dalla guerra civile.123 Ancora: gli elementi di avanguardia del proletariato o erano morti in guerra oppure erano stati assorbiti nella macchina burocratica ed erano separati dal contatto con le masse sui luoghi di lavoro e nella produzione. La necessit, poi, di fare appello ai funzionari ed ai tecnici dellantico regime per sviluppare o quanto meno sostenere la produzione, immetteva nei centri vitali dello Stato e delleconomia una massa di elementi corrotti, con il loro bagaglio di abitudini e di ambizioni borghesi. N daltra parte si poteva, in questa situazione fare capo alle masse contadine in prevalenza semi-proletarie: ci non tanto per una loro impermeabilit al socialismo o per un loro naturale carattere infido, ma perch nella realt storica russa la socialdemocrazia non ebbe mai, debole e divisa comera, la forza di egemonizzare nel contempo citt e campagne. Essa, sviluppatasi, per evidenti ragioni obbiettive, con decenni di ritardo rispetto al movimento contadino, rimase isolata nelle citt e lasci le campagne ai vari movimenti populisti, che peraltro vi si erano gi saldamente impiantati quando muoveva i primi passi. Nella situazione russa, dunque, i contadini erano una massa estranea al Socialismo e profondamente influenzata da decenni di propaganda narodnika e piccolo-borghese, sicch essi non potevano essere che un alleato infido ed oscillante del proletariato urbano, da conquistare al socialismo con un lavoro lento, difficile, contraddittorio e di lungo periodo.
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Cfr. V. SERGE, op. cit., pp. 340 segg. Su ci cfr. per tutti P. BROU, op. cit., pp. 172 segg.

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Lenin sul Partito Il processo di burocratizzazione, per, andava avanti a passi da gigante n il proletariato urbano (stremato in questa fase) poteva assumersi un simile compito. Si cre, quindi, questa situazione: il partito fu separato per un lungo periodo dalle enormi masse di contadini e non poteva pi poggiarsi sul debole o quasi inesistente proletariato urbano; in sostanza rimase isolato del tutto dal paese. In una simile situazione e fra enormi difficolt economiche e militari realizzare lo Stato-Comune era veramente impossibile. Accadde cosi che, quando la classe operaia russa risorse e fu in grado, per il suo peso nella societ, di riprenderne il controllo, esisteva gi in Russia un regime burocratico solido ed ossificato. Da questo stato di cose si poteva uscire solo con uno sfondamento della rivoluzione in Occidente, che liberasse la Russia da questa situazione insostenibile inserendola in una federazione socialista europea. Storicamente una vittoria della rivoluzione in Europa era possibile. Ma essa, per un complesso di circostanze che qui non dato esaminare, non venne; e nel 1921 fu evidente il riflusso generale dellondata proletaria anche in Europa. Questa situazione tragica, che gi cominciava a delinearsi nel 1918, si svilupp con moto accelerato e progressivo nel corso dellanno seguente ed influenz sia le posizioni dei bolscevichi sia il pensiero di Lenin. Il momento di svolta teorica si colloca due mesi dopo il secondo Congresso dei sindacati del gennaio 1919. La situazione precipitava di giorno in giorno e nel marzo del 1919, allVIII Congresso del partito, venne approvata una risoluzione in cui si afferma che Il Partito comunista russo deve acquistare lesclusivo predominio politico nei Soviet ed il pratico controllo di tutto il loro lavoro.124La giustificazione teorica di tale svolta era nel fatto che il partito comunista, come avanguardia, deve dirigere istituzionalmente la dittatura del proletariato. Si possono delineare, in verit, due concezioni di avanguardia: secondo luna lavanguardia indica la strada alle masse (in un continuo rapporto dialettico con esse e tenendo conto delle loro esigenze ed indicazioni che spesso, come prova lesperienza dei Soviet, possono essere pi esatte delle opinioni di un qualche comitato centrale) e cerca di convincerle in caso di disaccordo ma non prevarica su di esse; secondo laltra, lavanguardia ha la funzione istituzionale ed inalienabile di guidare le masse, per cui, se si ha disaccordo, sono le masse a doversi piegare, volenti o nolenti, alla loro guida. Nel Lenin della Lettera alla Novaja Zizn del 1905 o di Stato e rivoluzione, ed in genere nei bolscevichi del 1917 dominava il primo concetto di avanguardia; allVIII Congresso comincia, per, a delinearsi la seconda di queste concezioni, con tutti i pericoli in essa insiti. In particolare, laccento che si pone sul concetto di guida e controllo esclusivo e completo della dittatura proletaria da parte del Partito comunista pu legittimarsi solo sullipotesi che lavanguardia per diritto storico veda sempre prima e meglio delle masse. Quanto al programma del partito del 1919, esso ribadiva ancora la propria adesione ai principi dello Stato-Comune,125 che evidentemente erano duri a morire; ma chiaro che in quel contesto storico, quando ormai si accettava che i Soviet diventassero una forma di democrazia guidata, certe dichiarazioni di principio non avevano senso alcuno.

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Su ci cfr. E. H. CARR, op. cit., p. 214. Cfr. sempre E. H. CARR, op. cit., p. 241 segg.

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Antonio Carlo Sempre nel marzo del 1919 Lenin ebbe a notare con rammarico che i Soviet, nati per essere organi di tutta la classe, di fatto esprimevano innaturalmente il potere di una ristretta avanguardia.126 Tuttavia dalla notazione di una realt di fatto spiacevole ma inevitabile si passer rapidamente, nel corso del 1919-1920, ad una serie di asserzioni che tendono a razionalizzare la situazione. Se i bolscevichi non avessero fatto questo, se essi non avessero cio riconosciuto che la dittatura proletaria in Russia sidentificava oramai con il loro potere, avrebbero dovuto riconoscere la validit delle critiche socialdemocratiche da una parte ed anarchiche dallaltra, con le conseguenze politiche che si possono ben immaginare. Anche allinterno del movimento comunista, del resto, comincia a delinearsi una tendenza di sinistra, ampiamente influenzata dal pensiero della Luxemburg (tranne che in Italia) che attacca il potere dei capi. In verit essa mira piuttosto a colpire il burocratismo e lopportunismo di quegli ex-socialdemocratici che formano la destra del movimento comunista. Di fatto, per, le loro critiche colpiscono anche i comunisti russi, sicch mentre queste posizioni critiche contavano, forse, sullappoggio di Lenin, finiranno con il subire proprio da Lenin, prima e durante il II Congresso, una formidabile tirata di orecchie. L'estremismo malattia infantile del comunismo venne scritto da Lenin in polemica con questa sinistra (e, per ragioni diverse, anche con la sinistra italiana). In questopera, la tematica estremamente seria della sinistra comunista viene ridotta a follia anarcoide, mentre la necessit di una forte centralizzazione del potere nella guida delle masse viene ribadita con dei toni che ricordano le dieci teste forti del Che fare?.127 In realt, per confutare le tesi di Lenin bastava richiamarsi al Lenin anarcoide di Stato e Rivoluzione e del discorso al II Congresso dei sindacati, che aveva posto laccento, come si visto, sulla partecipazione diretta, continua e massiccia dei lavoratori (con o senza partito) al potere e sul fatto che nessuna avanguardia (nessuna testa abile e forte) pu sostituire questo elemento essenziale alla costruzione del socialismo. La polemica, come era immaginabile, continu nel corso del II Congresso dellInternazionale, dove Lenin, alle domande di Tanner (tedesco) e McLaine (inglese) sulla natura della dittatura del proletariato, risponde seccamente che non pu esservi dubbio sulla sua coincidenza sostanziale con quella del partito, poich nellera del capitalismo solo una minoranza degli operai (quelli aderenti al partito) pu raggiungere la coscienza di classe; 128 Stalin noter alcuni anni dopo che qui Lenin ha parlato di una coincidenza sostanziale ma non esclusiva, chiaro, per, che in sostanza significa
Su ci cfr. M. LEWIN, Le dernier combat de Lenine, Paris, 1967, p. 22 che cita questo brano di Lenin: I Soviet, che erano per natura degli organi di governo per mezzo dei lavoratori (corsivo di Lenin), non sono in effetti che degli organi di governo per i lavoratori attraverso il settore pi avanzato del proletariato, ma non attraverso le masse lavoratrici. Questa situazione, per il Lenin del marzo 1919, va ancora contro la natura dei Soviet ed , quindi, una soluzione di ripiego. Pi avanti nel tempo, per, la necessit di respingere le critiche degli anarchici, dei socialdemocratici ed anche di certi comunisti di sinistra porter Lenin ed i bolscevichi a giustificare il loro potere come proletario ed a sostenere che la situazione anomala della Russia rispondeva al modello naturale di dittatura proletaria. 127 V. LENIN, Lestremismo malattia infantile del comunismo (aprile-maggio 1920), in LENIN, Opere scelte, op. cit., pp. 1399 segg. In particolare a p. 1401, il partito visto come il nocciolo duro del proletariato, che lotta contro le infiltrazioni piccolo-borghesi che lo minacciano da tutte le parti. Le masse proletarie sono viste come qualcosa di estremamente corruttibile, tenute saldamente sotto tutela da parte di unavanguardia di ferro, che gode della fiducia della parte onesta della classe. 128 LENIN, La funzione del partito comunista, in LInternazionale comunista, op. cit., pp. 283 segg.; v. anche pp. 244-245 dove Lenin accenna ambiguamente ai rapporti partito-masse-soviet. Fu questa ambiguit che caus presumibilmente la domanda di Tanner e McLaine e la secca risposta di Lenin.
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Lenin sul Partito per lessenziale e per ci che realmente conta sicch il distinguo assai sottile di Stalin lascia il tempo che trova. 129 In tale contesto, poi, il potere di guida dellavanguardia non un potere controllato e revocabile dalle masse: revoca e controllo implicano coscienza; e se gli operai veramente coscienti sono solo i comunisti, come nota Lenin in questa occasione, ad essi spetta il potere politico a titolo originario. In altri termini, lavanguardia gestisce la dittatura proletaria perch ha il monopolio della coscienza e non per volont e scelta delle masse. altres logico che in un simile contesto i Soviet, i Sindacati ecc. finiscano col diventare strumenti passivi di esecuzione (cinghie di trasmissione) nelle mani del partito che, in sostanza, esercita la dittatura. Lenin certo non rispolvera le tesi del Che fare? sullavanguardia esterna e la funzione degli intellettuali. Dove, per, si parla di unavanguardia interna che monopolizza la coscienza, si crea una frattura che alla lunga muta gradualmente tale formazione in avanguardia esterna. Nel corso del II Congresso, dunque, si fa largo una tendenza burocratica, che tende a rappresentare lesperienza russa come modello da imitare, almeno nelle linee di fondo, da parte degli altri partiti e delle altre correnti comuniste, le cui riserve sono messe a tacere con uno stile apodittico ed autoritario che gi anticipa lera di Stalin.130 La degenerazione burocratica interna influenza anche i rapporti esterni con le altre componenti della III Internazionale.

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V. STALIN, Questioni di leninismo, op. cit., pp. 148 segg. Ci avvenne anche nei confronti della sinistra italiana (Bordiga), che non era certo contraria allultracentralismo, ma era contraria al parlamentarismo (ancorch rivoluzionario). Non possiamo qui entrare in particolari; ma chi oggi rilegga i documenti di quella polemica (vedi O preparazione rivoluzionaria o preparazione elettorale. Documenti raccolti dal Partito comunista internazionalista di Bordiga, Milano, 1968, in part. pp. 36 segg.) rimane colpito dalla seriet degli argomenti di Bordiga (cui Lenin, nellEstremismo, non rende certo giustizia) e dal modo autoritario, scolastico e spesso apertamente capzioso delle repliche bolsceviche e di Lenin.

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Lenin sul Partito

Il Tentativo di Sintesi degli Ultimi Anni. La Lotta alla Burocrazia

Non bisogna credere per che la tendenza alla burocratizzazione si fosse ormai affermata in maniera completa e definitiva. I bolscevichi erano pur sempre dirigenti legati in maniera profonda alle masse ed al loro destino da decenni di lotte. Sicch, mentre da una parte teorizzavano la dittatura del partito, erano preoccupati, dallaltra, per il processo di burocratizzazione che si sviluppava. In altri termini, essi volevano le cause di certi fenomeni, ma la gravit degli effetti burocratici che ne derivavano non potevano essere pacificamente accettati; spesso, almeno in un primo tempo, nelle fasi di transizione, si accettano certe premesse e si cerca di mitigarne gli effetti naturali. Fu cos che Lenin, abile mediatore di opposte esigenze, tent nel corso del 1921-1923 di porre un argine alla marea burocratica, senza per mettere in discussione il principio, ormai operante di fatto, della dittatura del partito. In sostanza il problema era questo: dato che la dittatura del proletariato e quella del partito coincidevano, bisognava trovare un contrappeso reale al potere del partito per impedire che si burocratizzasse. Questa esigenza, per, entrava in conflitto con la premessa, poich solo negando che la dittatura del proletariato coincidesse con quella del partito si poteva realizzare lesigenza stessa del contrappeso esterno al partito ma interno al proletariato ed in grado di frenare i processi di burocratizzazione. Inoltre, per quanto si visto, allinterno del quadro russo ed in mancanza della rivoluzione in Occidente il processo burocratico era irreversibile. Anche un abilissimo mediatore come Lenin, quindi, era destinato ad urtare contro un condizionamento storico insuperabile. Il tentativo pi serio di affrontare il problema compiuto da Lenin con larticolo Sui Sindacati, dellinizio del 1922. Egli ribadisce innanzi tutto il carattere preminente del partito.131 Quindi sostiene che i sindacati sono il meccanismo di trasmissione partito-masse.132 Questa celebre espressione, per lo pi attribuita a Stalin, usata invece per la prima volta da Lenin e segna certo una svolta radicale rispetto al discorso del gennaio 1919. Lenin chiarisce anche che i sindacati devono di fendere gli operai dalle degenerazioni burocratiche del loro Stato e devono essere scuola di comunismo. Tuttavia, se vero quello che Lenin ha sostenuto nel 1919, che cio le masse si educano solo nella gestione diretta ed attiva del potere, sostenendo

LENIN, Sui Sindacati, in LENIN, Opere scelte, op. cit., p. 1682: I Sindacati devono essere i collaboratori pi attivi ed indispensabili del potere statale, che diretto in tutto il suo lavoro politico ed economico dallavanguardia cosciente della classe operaia, dal partito comunista. 132 LENIN, op. cit., p. 1685.
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Lenin sul Partito ora che il potere, durante la fase di transizione, spetta al partito, egli compie una chiara parabola involutiva.133 Rimane il compito (certo importante ma non paragonabile a quelli preconizzati nel 1919) di lottare contro la burocratizzazione dello Stato; ma evidente, per, che nella misura in cui partito e Stato134 tendono a confondersi ed i sindacati diventano sempre pi una cinghia di trasmissione nelle mani del partito (anzi dello Stato-partito) la realizzazione di una tale funzione da parte loro appare del tutto improbabile. Lenin stesso, del resto, si rende conto della contraddizione e dice, concludendo larticolo, che i compiti dei sindacati sono contraddittori e che bisogna trovare il momento di mediazione tra la fase della cinghia di trasmissione e quella della lotta contro il burocratismo nello Stato (che, invece, sembrerebbe richiedere una certa indipendenza). Il modo concreto, per, di realizzare questa mediazione non in realt indicato (Lenin accenna, a onor del vero, ad un ricorso alla III internazionale in caso di conflitto ma anche nellInternazionale il peso dei bolscevichi era, ormai, preponderante sicch il rimedio appariva aleatorio), n, francamente, data la situazione storica e le premesse teoriche dellarticolo poteva esserlo. Sicch larticolo di Lenin si conclude di fatto con un problema irrisolto e con un punto interrogativo.135 Negli ultimi anni della sua vita Lenin segue con costante preoccupazione linsorgere del fenomeno burocratico; egli, per, si rifiuta di analizzarlo in profondit, come nota molto bene Moshe Lewin,136 pur disponendo, aggiungiamo noi, di alcuni ottimi strumenti di analisi come il 18 brumaio marxiano, che con le dovute specificazioni storiche potevano applicarsi alla Russia tra il 1920 ed il 1928-1929.137 Tuttavia mettendosi su questa strada si correva il rischio di arrivare alla conclusione che il potere proletario in Russia agonizzava e che non poteva rivitalizzarsi senza la rivoluzione mondiale (o almeno europea). Lenin avverte tutto questo e punta disperatamente sulla rivoluzione in Occidente (o quanto meno in Oriente, a cui il suo sguardo si volge proprio nel suo ultimo scritto).138 Egli lotta dunque contro gli effetti della burocrazia, cercando di comprimerli e mitigarli; ma evita di spingere sino in
LENIN, op. cit., p. 1683. Qui Lenin si sofferma a lungo sulleducazione delle masse intesa in senso tecnico (impartire certe nozioni); ma esse non partecipano realmente alledificazione delleconomia statale (cui pure Lenin dice che devono partecipare) elevando solo la loro educazione tecnica. Quanto al potere dei rappresentanti sindacali negli organi centrali del piano, esso pur sempre il potere di collaboratori dello Stato, diretto in tutto il suo lavoro economico e politico dal partito. 134 Se i sindacati sono la cinghia di trasmissione del partito, che a sua volta il vertice del potere statale, essi diventano fatalmente gli organi di trasmissione delle esigenze dello stato-partito: in questo contesto il compito della lotta alla burocrazia appare assai difficile da realizzare. Notiamo qui, per inciso, che le nostre critiche a Lenin riguardano il rapporto partito-sindacato nella fase della dittatura proletaria, non in quella del dominio borghese, dove i problemi sono ben diversi. Per ci che concerne la dittatura proletaria ed i sindacati le posizioni pi avanzate sembrano a noi quelle del Lenin del Secondo Congresso dei Sindacati, dove egli parlava di statizzazione dei sindacati (in un certo contesto e con certe funzioni) ma non di cinghie di trasmissione. bene precisare che per noi il discorso di Lenin al II Congresso dei Sindacati non ha tanto rilievo per il ruolo che si vuole assegnare ai Sindacati (la loro funzione ed il loro permanere nella societ socialista sono da discutere in larga misura, anche se la tesi burocratica della cinghia va respinta) ma per laccento posto sulla necessit che le masse partecipino in maniera diretta e attiva al potere. 135 LENIN, op. cit., p. 1686. 136 M. LEWIN, op. cit., pp. 126 segg. 137 Tale periodizzazione risponde alla nostra convinzione che solo dopo quella data la burocrazia diviene una vera e propria classe, in URSS. 138 LENIN, Meglio meno ma meglio, in LENIN, Opere scelte, op. cit., p. 1825.
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Antonio Carlo fondo unanalisi la cui conclusione potrebbe essere una dichiarazione di morte prematura del potere sovietico e della Rivoluzione dottobre. Indicativi sono gli ultimi scritti. La celebre postilla al testamento, con cui chiede la destituzione di Stalin,139 che gli sembra essere tra i principali responsabili del fenomeno, non poteva certo invertire la rotta : Stalin era lagente di forze storiche enormemente pi grandi di lui; un altro al suo posto avrebbe portato, forse, uno stile di lavoro meno orientale e brutale, ma le cose nella sostanza non sarebbero mutate. Meglio meno ma meglio, lultimo scritto di Lenin, si occupa ancora del problema; ma lo fa sempre al livello di effetti e non di cause, soprattutto ragionando in termini di efficienza.140 Si ha addirittura la sensazione che Lenin critichi la burocrazia dallinterno, rimproverandole gli eccessi e gli abusi. Ma egli non contesta pi il fatto che esiste un potere burocratico estraniato dalle masse ed a loro contrapposto. Non solo: nello stesso articolo Lenin sottolinea la necessit di fondere gli organi dello stato con quelli del partito ove ci sia giustificato dalla funzionalit.141 I suoi ultimi anni, in conclusione, si muovono in una tragica contraddizione: lottare contro la burocrazia in un contesto russo allinterno del quale la lotta perdente, teorizzare lidentit tra dittatura del proletariato e dittatura del partito e riconoscere nel contempo che allinterno di questa dittatura il partito e lo stato devono trovare dei contrappesi che ne impediscano la degenerazione il che comporterebbe, come conseguenza, solo che il partito non possa identificarsi, in sostanza, col potere proletario e con lo Stato (o meglio con i suoi organi direttivi). Lultima parola di Lenin sul rapporto avanguardiamasse nella fase della dittatura proletaria un travagliatissimo punto interrogativo.

Su ci e sul testamento in genere cfr. M. LEWIN, op. cit., pp. 85 segg. V. LENIN, op. cit., p. 1820. 141 V. LENIN, op. cit., pp. 1822 segg.
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Lenin sul Partito

Conclusioni e Premesse

A questo punto si possono tirare le somme. indubbio che nel pensiero di Marx ed Engels il problema del passaggio da classe in s a classe per s (e dunque il problema del rapporto avanguardia-masse) irrisolto. In vari punti essi notano e registrano questo processo ma lo descrivono a livello fenomenologico senza chiarirne i nessi interni.142 Il discorso di Lenin su questo punto non presenta una, bens una serie di posizioni quanto mai complesse e contraddittorie. Ritornare a Lenin, si dice oggi da parte delle pi diverse formazioni di nuova sinistra. Ma a quale Lenin? Il Lenin economicista dei primi anni, il Lenin intellettualistico del periodo 18991903, il Lenin del periodo tra il 1905 ed il gennaio 1919, il Lenin burocratico del 1919-1920, il Lenin travagliato degli ultimi anni? Certo per noi il Lenin pi autentico quello del periodo tra le due rivoluzioni, il Lenin della lettera alla Novaja Zizn, di Stato e Rivoluzione, del discorso al II Congresso dei sindacati, il Lenin insomma che fu protagonista di due grandi rivoluzioni. La sua grandezza, per, consiste essenzialmente nellaver capito la centralit del fenomeno sovietico e di aver imposto questa linea al partito nel novembre 1905 e nellaprile 1917. La parola dordine tutto il potere ai Soviet (ed anche le posizioni del 1905-1907) rappresenta il superamento del Che fare? e del suo intellettualismo, e con ci il vertice pi alto raggiunto dalla creativit rivoluzionaria di Lenin. Se, per, cercassimo in Lenin unanalisi di fondo della genesi dei Soviet, del modo cio in cui le grandi masse hanno partorito questa esperienza gigantesca, del lento processo molecolare e sotterraneo che poi esplode in superficie in un salto di qualit, rimarremmo delusi. In generale, anche in Lenin il problema del rapporto avanguardia-masse irrisolto, a meno di non voler tornare, con un assurdo dogmatismo, alle tesi idealistiche del Che fare?, superate dalla storia e relegate dallo stesso Lenin nell'ambito di una fase transitoria della tattica socialdemocratica. Davanti alla nuova sinistra non vi sono, dunque, problemi di recupero o di ritorno, ma di autonoma elaborazione. Questo saggio vuole essere solo una premessa storica allo studio del rapporto avanguardia-masse. Essa ci pare comunque indispensabile, poich fare giustizia di un assurdo dogmatismo leninista (in cui Lenin letto, di solito, con gli occhiali di Stalin) uno dei modi concreti di progredire.

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Su questo punto si insistito parecchio da parte del gruppo che fa capo alla rivista Classe e Stato. Cfr. F. STAME, Contraddizione e rivoluzione, in Classe e Stato, n. 4, pp. 3 segg.; M. SALVATI, Il Capitalismo dei Monopoli, in Classe e Stato, n. 5, pp. 71 segg.

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Antonio Carlo

Appendice I. Louis Althusser tra Hegel e la Teoria delle lites

La teoria leniniana della coscienza esterna stata di recente riproposta da Louis Althusser nellambito di un sistema sostanzialmente idealistico e cripto-hegeliano.143 Questultima affermazione pu sembrare audace partendo Althusser proprio da una critica feroce di Hegel144 che riprende i temi anti-hegeliani felicemente sviluppati in Italia da Della Volpe e dalla sua scuola.145 Althusser afferma che Marx non ha semplicemente rovesciato la dialettica di Hegel poich la dialettica di Marx ha delle strutture totalmente differenti (e non solo rimesse in piedi) da quella di Hegel. In particolare Althusser osserva che in Hegel lo Spirito tutto ed ogni fenomeno , in realt, il riflesso passivo dello Spirito, il rovesciamento di questa dialettica ci d leconomicismo (tipico della II Internazionale) che riduceva tutto a mero riflesso del fattore economico (lo Spirito rovesciato o mascherato).146 In Marx, invece, i vari livelli sovrastrutturali hanno una loro specificit e autonomia, seppur relativa. Egli scrive: Il Capitale ci d i principi necessari per porre questo problema definendo, in rapporto al modo di produzione capitalistico, le diverse forme di individualit richieste e prodotte da questo modo di produzione, secondo le funzioni di cui gli individui sono portatori (Trager) nella divisione del lavoro, ai diversi livelli della struttura.147
Di Althusser v. Per Marx, Roma, 1967; Per un concetto di Storia, in Critica Marxista, 1966, n. 1. pp. 110 segg.; L. ALTHUSSER e E. BALIBAR, Leggere il Capitale, Milano, 1968; L. ALTHUSSER, Lenin et la philosophie, Paris, 1969; v. anche i saggi di J. RANCIRE e G. MACHERAY non tradotti nella edizione italiana, in Lire Le Capital, vol. I, Paris, 1967 pp. 93 segg e 213 segg. Gli scritti di Althusser e della sua scuola hanno destato alcuni consensi e moltissime critiche in Italia e Francia: v. N. POULANZAS, Vers une thorie marxiste, in Les Temps modernes, n. 240, pp. 1952 segg.; R. PARIS, En deca du Marxisme, ibidem, p. 1983, N. POUILLON, Du ct de chez Marx, ibidem 2003; GLUKESMANN, Un Structuralisme ventriloque, ivi n. 250, pp. 1557 segg.; TEXIER, Un Marx ou deux?, ivi n. 254, pp. 106 segg.; S. KARSZ, Dprs Althusser, in Aletheia, n. 6, pp. 232 segg.; G. LEFEVRE, Sur un interpretation du Marxisme, in Lhomme et la societ, n. 4, pp. 3 segg.; J. SEMPRUM, Economie politique et philosophie dans le Grundrisse de Marx, ivi n. 7, pp. 57 segg.; GOLDMANN, Lideologie Allemande et les Thses sur Feuerbach, ibidem, pp. 37 segg.; P. GEORGE, Lire Althusser, in Les temps modernes, n. 275, pp. 1921 segg.; v. anche per la Francia i numeri 5 e 11 della rivista Esprit (Nuova serie) dedicata agli strutturalismi. In Italia le tesi di Althusser sono state criticate in particolare da: G. VACCA, Althusser Materialismo storico e Materialismo dialettico, in Rinascita, n. 34 del 1968, pp. 21 segg.; F. FERGNANI, Marxismo senza luomo, in Il corpo, n. 6-7, pp. 465 segg.; L. SCALIA, Sulla societ (e sulle ideologie) della reificazione, in Giovane critica, n. 17, pp. 34 segg. Un atteggiamento in certa misura filo-Athusser ha assunto Luporini nelle sue introduzioni a Per Marx (trad. it. cit.) ed allultima edizione dellIdeologia Tedesca. 144 ALTHUSSER, Per Marx, op. cit., pp. 69 segg. 145 V. ad es. G. DELLA VOLPE, Rousseau e Marx, Roma, 1964, pp. 137 segg. 146 L. ALTHUSSER, op. ult., cit., pp. 88 segg. 147 L. ALTHUSSER, Per un concetto di storia, op. cit., pp. 135.
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Lenin sul Partito Per Althusser, dunque, luomo viene in rilievo solo come supporto di una determinata struttura, come portatore passivo della funzione che una certa struttura richiede ed impone. Ora qui il filosofo francese cade proprio in quella che la caratteristica di fondo dellhegelismo e cio il rovesciamento soggetto-predicato cosi apertamente criticato da Feuerbach e dal giovane Marx.148 Come Hegel separa lintelligenza dalluomo e lattribuisce ad un ente astratto (lo Spirito) che perci diventa una cosa reale di cui gli uomini sono il predicato (riflesso), cosi Althusser separa dalluomo149 la funzione che egli esplica nella struttura (funzione che uno dei predicati delluomo) e la trasforma nellelemento unico ed essenziale della personalit umana che il semplice supporto di questa funzione che assorbita ( parte) dalla struttura stessa. Ci spieghiamo meglio: quel particolare uomo denominato operaio viene, in questo contesto, in rilievo solo come produttore di merci e di plusvalore e, cio, come supporto passivo del capitale e non pi come rivoluzionario negatore della struttura stessa. La struttura, dunque, assorbe e plasma luomo che ne diventa un riflesso passivo. Si detto, per, da parte di Andr Gluksman che luomo non enuncia ma denuncia una struttura,150 e per Marx la classe operaia non solo forza-lavoro che produce plusvalore, altrimenti non si capirebbe da chi debba esser fatta la rivoluzione e chi sia destinato ad espropriare gli espropriatori.151 Storicamente, poi, nel crollo delle strutture capitalistiche in Russia i Soviet operai (in cui gli operai non erano occupati a produrre merci) ebbero, pare, una loro qualche funzione152 (o Althusser oserebbe negarlo ed in base a che?). Althusser, dunque, partito da una critica acharne (e giustificata) di Hegel arriva (ironia della sorte!) a conclusioni cripto-hegeliane: al panlogismo di Hegel si sostituisce il pan-strutturalismo di Althusser laddove al movimento dello Spirito puro ed indifferenziato sostituito il movimento autonomo e reificato di un complesso di strutture e sovrastrutture articolate. Questo complesso gioca nei confronti delluomo la stessa funzione dello Spirito puro hegeliano, quella cio di nullificarlo. chiaro, per, che a questo punto il filosofo francese si trova in una situazione disperata: se luomo non ha una funzione attiva chi che fa saltare le strutture? Le soluzioni possibili sono due: o un ritorno alla teoria revisionista del crollo spontaneo oppure il ritorno alla teoria idealistico-volontaristica di Kautsky e del Lenin del 1902 sulle lites esterne, che portano la coscienza al proletariato passivo venditore di forza-lavoro.
Non un caso se le opere giovanili di Marx sono cosi indigeste ad Althusser (per una critica della scissione Marx giovane-Marx maturo v. i saggi di Texier, Semprum e Goldmann citati alla nota 1). Ovviamente stato giustamente notato che nelle opere giovanili vi siano spesso residui (e non solo di linguaggio) idealistici, ma si tratta, appunto, di residui. 149 chiaro che qui non parliamo di un uomo astratto bens di categorie di uomini concreti (operai, capitalisti, lavoratori improduttivi, ecc.). 150 A. GLUKSMANN, op. cit., p. 1596. 151 Su questo punto v. retro par. 5; nel Capitale non vi nulla che contraddica alle originarie posizioni di Marx e che non attribuisca alla classe operaia una funzione attiva nellespropriazione degli espropriati (chi la farebbe se no?). Su questo punto la tesi di Althusser del tutto indimostrata. 152 Althusser accenna fuggevolmente ai Soviet (Per Marx, op. cit., p. 78) ma, ripetiamo, si tratta di un accenno fuggevolissimo: per lui condizione determinante soggettiva del successo della rivoluzione fu il partito (Per Marx, op. cit., p. 79). Al Soviet, quindi, non riconosciuta autonomia ed originalit rispetto al partito (e ci del tutto apoditticamente); quanto alla visione che Althusser ha del partito v. infra nel testo.
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Antonio Carlo La prima di queste teorie , per, troppo screditata, soprattutto per un membro del P.C.F. e per un comunista ( ortodosso) come Althusser; rimane la teoria delle lites legittimata a livello di ortodossia dal nome prestigioso di Lenin.153 A proposito di queste teorie osserva giustamente Gabel: Prigioniero di un universo in cui lo spazio ha preso il posto della durata, luomo del mondo reificato non pu concepire la storia in quanto espressione di creativit e spontaneit. Per a questa coscienza dellimmediatezza il fatto innegabile del cambiamento si impone come una catastrofe, un cambiamento brusco proveniente dallesterno che esclude qualsiasi mediazione (). Vista in questa prospettiva la storia appare come la funzione di una azione demiurgica. Una forza esterna (Dio, leroe, il partito) vi prevale ().154 In altri termini una piccola lite di rivoluzionari teorici (cio possessori di una teoria che hanno appreso per puro amore del Sapere sic)155 fa irruzione in questo universo pietrificato e lo fa saltare. Abbiamo gi criticato le tesi elitarie ed il loro idealismo e non dobbiamo, qui, ripeterci; vogliamo per chiarire oltre al rapporto tra il cripto-hegelismo di Althusser ed il suo volontarismo elitario, anche il significato sociale delle tesi di Althusser. Althusser , come si sa, un autorevole esponente del P.C.F.: la sua posizione e la sua teorizzazione corrisponde, in sostanza, alla idealizzazione del rapporto paternalistico istaurato tra la direzione del P.C.F. (e diremmo di ogni partito stalinista e neo-stalinista) vista come portatrice e depositaria della teoria e della coscienza rivoluzionaria e le masse di operai (dentro e fuori il partito) viste come un branco di meri venditori di forza-lavoro atta a produrre plusvalore; Althusser , dunque, il miglior teorico dello stalinismo che, denunziato a parole, sopravvive nella prassi, nella teoria e nellorganizzazione.156 Lideologia di Althusser non stata accolta molto benevolmente dai compagni francesi poich questa ideologia contiene (come tutte le ideologie, anche le pi mistificate) un germe di verit ancorch distorta e capovolta, e la verit in questione proprio quel rapporto paV. L. ALTHUSSER, Loggetto del Capitale, in L. ALTHUSSER, Leggere il capitale, op. cit., pp. 148 segg. A proposito del passaggio degli intellettuali al proletariato notiamo per inciso che il brano di Marx ed Engels del Manifesto a suo tempo citato non va interpretato in maniera gretta e meccanica. Pu ben darsi cio che in un paese la lotta di classe ristagni eppure alcuni intellettuali passano al proletariato come avvenne in Russia (negli anni 70 del XIX secolo) oppure in Europa occidentale (1963-1966). Ora, per, in quei casi (lo si gi notato per la Russia) se mancava una pressione nazionale massiccia del proletariato esisteva, per, tutta una esperienza storica (recente) di lotte rivoluzionarie che dimostrava come il proletariato era la classe del futuro sicch i riflussi erano da ritenersi momentanei. Analogamente avvenuto in Europa per i giovani intellettuali studenti dal 1963 in poi; il poderoso sviluppo della lotta di classe nei paesi sottosviluppati, la rivoluzione cubana (a 90 km. dalle coste USA!), la guerra nel Vietnam, ecc. hanno dimostrato a questi giovani non inquadrati in organismi burocratici ed opportunisti (partiti e sindacati di sinistra) come gli operai (che si sono mossi pi lentamente proprio per questo condizionamento), che limperialismo si fondava su contraddizioni esplosive ed insolubili, di qui il loro passaggio dalla parte della lotta di classe internazionale e la loro radicalizzazione. Preferiamo ancora questa spiegazione classica ed in linea col Manifesto che non spiegazioni fondate sul carattere originariamente proletario dello studente che si troverebbe gi come studente nellambito del proletariato a cui, quindi, non dovrebbe passare. Su ci, anche G. BACKAUS, Urgenza dellorganizzazione, in Quaderni piacentini, n. 37, pp. 125 segg. in nota. 154 J. GABEL, La falsa coscienza, Bari, 1967, p. 146. 155 L. ALTHUSSER, op. ult., cit., p. 149: per Althusser ideologica (nel senso spregiativo di Marx) ogni teoria che prescinda dalla conoscenza per la conoscenza. Sulla critica del preteso carattere neutro e disinteressato delle scienze sociali v. tra gli altri, L. GOLDMANN, Scienze umane e filosofia, Milano, pp. 21 segg. e 61 segg. 156 Almeno per ci che concerne lorganizzazione delle masse ed il rapporto paternalistico con le stesse esiste una indubbia continuit tra lo stalinismo ed il post-(neo)-stalinismo, anche se oggi il rapporto pi paternalistico e meno scopertamente autoritario.
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Lenin sul Partito ternalistico con le masse che il P.C.F. ha praticato e pratica ma che non ama teorizzare, almeno adesso. Ci che ora conviene al P.C.F., che mira pi che mai ad un inserimento in una futura maggioranza popolare post-gaullista la teorizzazione di un umanesimo borghese (di fatto) che faciliti lincontro con i socialdemocratici, i radicali e le forze sociali che essi rappresentano, un umanesimo che permetta anche una cauta critica da destra, ed assai generica, degli errori burocratici compiuti nellEst Europeo.157 A tal uopo l'umanesimo volgare di un Garaudy (che in questo periodo ha accelerato i tempi ed andato troppo a destra cadendo in disgrazia) molto pi adatto del rigido e conseguentissimo anti-umanesimo di Althusser, una teoria, peraltro aperta a pericolose (per il P.C.F. attuale) interpretazioni eversivo-volontaristiche neo-leniniste ed obiettivamente chiusa al dialogo con lumanesimo ed i valori borghesi adesso dominanti ( nel che siamo pienamente concordi con Althusser).158 Come spesso accade, e qui Hegel ha ragione, un'epoca storica raggiunge coscienza di s nella sua fase di tramonto. Althusser, teorico dello stalinismo ormai declinante, teorico di unepoca di apparente ristagno della lotta di classe in cui sembrava veramente, almeno ad unosservazione superficiale, che il lavoratore altro non fosse se non un produttore di plusvalore, d alle stampe le sue opere proprio mentre si addensa sulla Francia la grande tempesta del maggio 1968 in cui la classe operaia ha dimostrato che la produzione del plusvalore non la sua sola funzione ed in cui la dirigenza del P.C.F. ha dato cosi bella prova di s.

Naturalmente non siamo contrari ad una interpretazione umanistico-rivoluzionaria di Marx (in questo senso alcuni spunti di Della Volpe sono indicativi); siamo, per, contrari ad appiattire il marxismo in un generico umanesimo cripto-liberale. 158 Indubbiamente lintellettualismo elitario di Althusser si colloca allinterno del confine borghese. Ora per sia la borghesia sia i partiti di sinistra come il P.C.F. hanno bisogno per il loro dialogo dei vecchi schemi dellumanesimo borghese: ci spiega come la teoria di Althusser pur fondandosi (come ogni teoria) nella realt storica non abbia incontrato i consensi n dei compagni n della intellettualit borghese.
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Antonio Carlo

Appendice II. Messa a punto critica sul problema del partito nei confronti dei trockisti

uscito di recente un volumetto dei trockisti dedicato al problema del partito159 in cui essi ribadiscono, anche se con alcune critiche marginali, le tesi di Lenin. A prima vista, in verit, il dissenso a Lenin sembrerebbe pi ampio dal momento che i trockisti non accettano la tesi estrema della coscienza esterna e notano come lo stesso Lenin nel suo scritto Dodici anni mitig le sue posizioni asserendo che lorganizzazione dei rivoluzionari di professione non ha senso se non in relazione ad una classe rivoluzionaria in lotta.160 Tuttavia i trockisti non valutano a fondo la portata dello scritto leniniano il quale, come si visto, arriva a considerare lesperienza del 1901-1905 come un fatto transitorio connesso alla storia ed ai problemi specifici del movimento operaio russo in un suo momento particolare e non derivante da principi generali, e, quindi, essi non colgono la portata profondissima della svolta leniniana del 1905-1907.161 Anche sul problema delle avanguardie esterne le tesi dei seguaci della IV Internazionale finiscono, malgrado lapparente dissenso, con il pervenire a conclusioni pratiche analoghe al Che fare?. Infatti i trockisti, anche se negano il carattere esterno della coscienza, asseriscono che la classe nel suo complesso non pu elevarsi alla coscienza stessa tranne un gruppo ristretto di elementi interni di avanguardia, i quali pervengono alla coscienza perch lesperienza della lotta di classe porta gli elementi pi avanzati, pi intelligenti, pi rivoluzionari della classe operaia alle conclusioni marxiste.162 Lasciamo andare per il momento il carattere del tutto indimostrato ed indeterminato di questa asserzione. In questa sede ci basta rilevare che se il monopolio della coscienza appartiene ad una ristretta avanguardia dalle notevoli dimensioni craniche mentre la massa bruta ne sostanzialmente estranea, accadr fatalmente che si creer un rapporto autoritario e paternalistico tra lavanguardia (ancorch interna) che monopolizza la coscienza, e le masse le quali, essendone prive, non potranno che diventare un oggetto nelle mani della direzione, unica depositaria della teoria che finir di fatto col diventare avanguardia esterna. Vero che i trockisti insistono sulla necessit di legare lavanguardia alle masse; ma se il legame avviene sulla base dei principi sopraindicati esso sar della stessa natura del legame che unisce il pastore al gregge; mentre il socialismo pu essere opera cosciente e autonoma della
SEZIONE ITALIANA DELLA IV INTERNAZIONALE, Il partito rivoluzionario: un problema aperto, Roma, 1968. Op. cit., p. 50. 161 Su ci v. retro. 162 SEZIONE ITALIANA DELLA IV INTERNAZIONALE, Il partito rivoluzionario: un problema aperto, op. cit., p. 50.
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Lenin sul Partito classe operaia e delle forze ad essa alleate non certo di un gregge di pecore o di qualche pastore illuminato. Non convince inoltre la critica dei trockisti al mao-spontaneismo (cos essi lo chiamano) della U.I.C.M.L. francese. Non vogliamo qui difendere questa organizzazione che, per, ha svolto, pur con errori, la sua parte nei fatti di Francia (e non certo al livello del neo-attore Cohn-Bendit); tuttavia i maoisti francesi hanno avuto il grosso merito di capire che la teoria leninista del Che fare? superata. A questa tesi, assolutamente corretta, i trockisti francesi hanno risposto che la classe operaia non pu diventare dominante dal punto di vista ideologico prima della presa del potere, sicch solo una avanguardia, ancorch legata alle masse, pu avere una salda coscienza proletaria; tutti i discorsi, quindi, su un movimento di massa autocosciente (in cui cio la coscienza, ancorch con diversi livelli, non sia monopolio di una piccola avanguardia) sarebbero assurde utopie.163 chiaro, per, che i trockisti francesi hanno una visione statica e non dialettica del problema: certo la decadenza indubbia della borghesia non le impedisce di avere una sua ideologia ancora dominante ed il proletariato, quindi, non pu, prima della presa del potere, imporre le sue vedute in maniera stabile, continua, duratura; tuttavia il dominio ideologico della borghesia non si realizza in maniera meccanica, ma viene continuamente messo alla prova (e spesso messo in crisi) dalle tensioni strutturali e sovrastrutturali del sistema. In altri termini durante la crisi economica del 1929 sarebbe stato pericoloso per un apologeta del capitalismo sostenere le sue tesi in un quartiere operaio di Chicago o Detroit, cosi come oggi un vietnamita di Saigon difficilmente crederebbe al pi abile dei persuasori occulti che decanta la grandezza della democrazia liberale incarnata dagli USA. Lo stesso esperimento dei Soviet, poi, di cui Trockij fu assertore e promotore, si fondava sul presupposto di unampia coscienza anticapitalistica di massa, coscienza estrinsecata dalle masse in lotta fuori, ed in alcuni casi contro, i partiti (alludiamo al primitivo atteggiamento dei bolscevichi a suo tempo analizzato). Tutto ci significa che esistono momenti di tensione (politica, economica, sociale) in cui lideologia dominante entra in crisi e si diffonde una coscienza di massa anticapitalistica nel proletariato che a volte, come nel caso dei Soviet, assume forme elevatissime. A questo punto subentra a ristabilire lequilibrio un nuovo elemento di carattere sovrastrutturale: la forza repressiva dello Stato, che permette alla borghesia di riprendere fiato e di ristabilire, sullonda del riflusso del movimento di massa, anche il suo dominio ideologico. Se ci esatto chiaro che il compito dei rivoluzionari quello di chiarire, sulla base di analisi storiche concrete e specifiche, i processi ed i meccanismi attraverso i quali lideologia dominante entra in crisi ed possibile fare un discorso di massa.164 Solo cosi possibile legare lavanguardia alle masse sulla base di un rapporto che non sia di monopolio-esclusione dalla coscienza, ma un rapporto di tipo sovietico, dialettico e non meccanico, analogo a quello ipotizzato da Lenin nella lettera alla Novaja Zizn; solo cosi possibile evitare un rapporto paternalistico con le masse, rapporto che, una volta preso il potere, degenera fatalmente poich non si visto mai che una lite di privilegiati, che abbia il potere politico, vi rinunci spontaneamente. Indubbiamente questi periodi di crisi della ideologia dominante hanno carattere transitorio (ma a volte possono protrarsi per mesi ed anni) e se non si risolvono nella presa del potere portano ad
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SEZIONE ITALIANA DELLA IV INTERNAZIONALE, Il partito rivoluzionario: un problema aperto, op. cit., pp. 72 segg. Di questo problema ci occuperemo (in relazione alla situazione italiana) in un prossimo lavoro.

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Antonio Carlo un ricostituirsi del predominio borghese a tutti i livelli. Tuttavia essi esistono, tendono a moltiplicarsi, rappresentano un pericolo reale per la borghesia e sono, inoltre, loccasione storica perch il discorso anticapitalistico diventi discorso di masse coscienti senza di che lavanzata verso il socialismo diventa unillusione. Unultima notazione: i trockisti adducono a sostegno della loro tesi il riflusso operaio in Francia dopo il maggio-giugno 1968. Ora, per, se il riflusso indubbiamente vi fu non contestabile che la classe abbia posto spontaneamente (senza cio nessuna imbeccata di avanguardie esterne o anche interne) il problema dellabbattimento del capitalismo con una forza da decenni sconosciuta in Occidente. Chi in questo frangente venne a mancare furono le avanguardie, dapprima sorprese dalla tempesta spontanea delle masse e dalla loro elevatissima spinta anticapitalista, e poi incapaci di inserirsi creativamente nel movimento, organizzandolo, guidandolo e dando ad esso uno sbocco positivo. Non dunque lo scarso spirito anticapitalistico delle masse (che dimostrarono di averne a iosa) ma la mancanza di avanguardie interne di massa o la loro insipienza fu la causa del fallimento e del riflusso. Molto pi lealmente Lenin riconosceva nel 1906 linsipienza delle direzioni incapaci di guidare le masse in occasione dellinsurrezione di Mosca. Evidentemente egli non era abituato a scaricare il peso delle sue autocritiche sulla schiena delle masse. Non cos i trockisti francesi, i quali nel far ricadere il peso delle loro insufficienze sulle masse non sono secondi neanche ai loro eterni gemelli-nemici: gli stalinisti.165 La superficialit dei trockisti , per, indice di una posizione ben precisa: se lavanguardia interna (sic) ha il monopolio della coscienza essa non pu sbagliare e chi sbaglia sono le masse, anche se questa avanguardia si fatta sorprendere del tutto impreparata dalla lotta della classe (il che non controverso). Non viene in mente a costoro che proprio un atteggiamento teorico di questo genere (che ovviamente si traduce in una pratica omologa) il quale pu essere sintetizzato cos: Operai, essendo i portatori della Vostra coscienza, vi diciamo quello che dovete fare, sia tale da spingere di corsa la classe operaia nelle braccia delle vecchie organizzazioni opportuniste.

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Sulle insufficienze delle c.d. avanguardie, sorprese dai fatti di maggio del tutto impreparate, insufficienze che perdurano, v. G. LONGOBARDI e M. CACCIARI, Sindacato e classe nel maggio, in Contropiano, n. 1, 1969, pp. 239 segg. e p. 254; LA VOIE, Lavanguardia resta da organizzare, in Giovane critica, n. 20, pp. 42 segg., ov unottima critica dei trockisti francesi e di Rouge.

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Lenin sul Partito

Appendice III. Il Prof. Milliband e le Tesi del Che fare?. Alcune Precisazioni

Abbiamo in precedenza accennato al fatto che a partire dal 1845, almeno, le posizioni di Marx ed Engels sul problema del passaggio da classe in s a classe per s si consolidino su una serie di tesi assolutamente incompatibili con il Che fare?. Questa opinione per, deve adesso essere verificata alla luce di unopera di notevole valore del prof. Milliband, in cui le tesi di Lenin sono state rispolverate alla luce di un brano del Capitale in cui si legge: Man mano che la produzione capitalistica procede si sviluppa una classe operaia che per educazione, tradizione, abitudine riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione () la silenziosa coazione dei rapporti economici appone il suggello al dominio del capitalista sulloperaio.166 Di qui, secondo Milliband, lincapacit del proletariato di superare da solo il tradeunionismo.167 In realt, come si visto, gli operai pi volte hanno superato, contro le loro direzioni, la barriera delleconomicismo ed il brano di Marx non legittima minimamente lopinione di Milliband. Considerato a s ed isolato dal contesto, il brano sembrerebbe dire che la classe operaia condannata inesorabilmente ad essere una massa gelatinosa e passiva (Marx qui non allude neanche alla possibilit di salvezze esterne del tipo del Che fare?) il che nel contesto del Capitale e di tutta lopera di Marx assurdo168 ed ancora pi assurdo nel contesto di un capitolo come questo, che si conclude con una esaltazione della capacit rivoluzionaria autonoma del proletariato: () ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre pi si ingrossa ed disciplinata, unita ed organizzata dallo stesso meccanismo del pro-cesso di produzione capitalistico.169 Il monopolio del capitale diventa un vincolo del modo di produzione che sbocciato insieme ad esso e sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico, ed esso viene spezzato. Suona lultima ora della propriet capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati.170 Ad una analisi superficiale questi due brani, collocati nello stesso capitolo, sembrerebbero una. contraddizione inspiegabile: nel primo la classe operaia vista come massa passiva, nel secondo
K. MARX, Il capitale, vol. I, Roma, 1964, p. 800. R. MILLIBAND, Lo stato nella societ capitalistica, Bari, 1970, p. 305. 168 Ovviamente nellambito del pensiero di un autore possono esservi contraddizioni e noi stessi le abbiamo notate in Lenin spiegandole con la diversa origine ed il diverso momento storico che alla base dei singoli testi. Qui, invece, il testo unitario e la contraddizione, ove accettata, sarebbe assurda ed inspiegabile: noto, per, che quando un criterio interpretativo ci permette di spiegare agevolmente un testo collegandone le varie parti ed analizzandole alla luce delle opinioni di fondo dellautore, bisogna utilizzarlo. Nella specie il criterio seguito ci sembra che abbia questi requisiti (v. infra nel testo). 169 Corsivo mio. 170 K. MARX, Il capitale, vol. I, op. cit., pp. 825-826.
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Antonio Carlo come forza rivoluzionaria la cui organizzazione sorge dal sistema economico stesso e non dalla benevola donazione esterna di qualche intellettuale. La cosa, per, si spiega tenendo conto del fatto che Marx un pensatore dialettico che analizza le tendenze mutevoli e rovesciabili171 della realt: nel secondo brano, riferendosi ad una situazione rivoluzionaria caratterizzata dalla ribellione del proletariato, Marx pone in luce la forza organizzata e rivoluzionaria della classe, nel primo invece, egli si riferisce evidentemente alla situazione normale di stasi relativa della lotta di classe, situazione in cui lelemento dominante laccettazione del sistema da parte della classe (salvo improvvisi conflitti di carattere sporadico o comunque dentro il sistema). Il passaggio dalla prima alla seconda fase , in sostanza, il passaggio da classe in s (incosciente) a classe per s (cosciente), passaggio che, inutile dire, non dato una volta per tutte essendosi verificate situazioni in cui la classe dopo aver attinto elevati gradi di coscienza ripiombata allo stato precedente, non essendo riuscita ad approfittare della crisi sociale del sistema (qui il termine crisi non allude solo alle crisi economiche) che, quindi, ha ristabilito la sua egemonia. Nel Capitale, come nelle altre opere di Marx (ed Engels) questa fase del passaggio appena abbozzata e spesso esso ricondotto in maniera troppo esclusiva ed immediata alla crisi economica.172 Nel Manifesto invece sono enucleate in maniera un po pi articolata (anche se con un certo ottimismo agitatorio dovuto al momento storico) le tendenze che spingono il proletariato ad acquisire coscienza della sua posizione (concentrazione industriale, sviluppo delle comunicazioni, crisi e sfruttamento, ecc.) ed a favorire la crisi rivoluzionaria.173 Nelle lettere a Kugelmann la funzione del partito, anche come stimolo di vasti settori arretrati delle masse, posta in rilievo, senza per questo nulla concedere alla tesi di un avanguardia esterna e/o monopolizzatrice infallibile della coscienza di classe.174 In tutti questi brani le posizioni di Marx ed Engels non sono certo sufficienti (a risolvere il problema), esse abbisognano di sviluppi, integrazioni, critiche, coordinamenti ecc.; tuttavia mai, dalle opere della maturit giovanile, che datano dal 1845 (ci sia permesso di dire cos) a quelle della maturit tarda, Marx o Engels hanno mostrato tendenze verso posizioni pre-leniniste su questo punto. Le posizioni teoriche dei comunisti si legge nel Manifesto non poggiano affatto sopra idee, sopra principi che sono stati inventati o scoperti da questo o quel rinnovatore del mondo. Esse sono espressioni generali dei rapporti effettivi di una lotta di classe che gi esiste, di un movimento storico che si svolge sotto i nostri occhi. Ma ogni lotta di classe una lotta politica.175 Oltre trenta anni dopo nella Inchiesta operaia citata si inviter la classe operaia a diffidare dei salvatori provvidenziali (sinonimo dei rinnovatori del mondo di trenta e pi anni prima) ed a contare sulle sue forze (per la propria emancipazione); per oltre trenta anni la polemica conSu questo punto v. MAO-TSE-TUNG, Sulla contraddizione, in MAO-TSE-TUNG, Opere scelte, vol. I, Roma, 1955, pp. 419 segg. Ovviamente il pensiero di Mao non va recepito acriticamente ma su questo punto (le tendenze della realt, sono, per il materialismo storico, mutevoli e rovesciabili), credo che ci sia una vasta unanimit. 172 K. MARX, Le Lotte di Classe, op. cit., p. 286 testo e nota. 173 K. MARX e F. ENGELS, Il Manifesto, op. cit., pp. 69-70; v. anche MARX, Karl, Il Capitale, vol. I, op. cit., pp. 825-826. 174 K. MARX, Lettere a Kugelmann, op. cit., p. 117. In certi momenti, per, pu, senza dubbio accadere che la coscienza di classe rimanga isolata in ristretti strati della classe, solo, per, estendendo la coscienza al di l di questi limiti si pu promuovere la rivoluzione. Unavanguardia isolata dalla massa rimane strozzata, o comunque pu promuovere solo esperimenti di tipo litario e, quindi, antisocialisti. 175 K. MARX e F. ENGELS, Il Manifesto, op. cit., p. 77. Ovviamente come si accennava il grado di intensit di tale lotta variabile: dalle esplosioni generalizzate si passa a lunghi periodi di stasi (sia pure inframmezzati anche questi da esplosioni locali o settoriali) in cui la lotta contenuta nei margini del sistema.
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Lenin sul Partito tro coloro i quali vedono il socialismo non come un portato della lotta di classe autonoma del proletariato (lotta gi politica prima dellintervento della teoria) ma come lespressione del pensiero di rinnovatori del mondo e salvatori provvidenziali, una costante del marxismo. Vedere invece nella teoria rivoluzionaria qualcosa di esterno alla classe che nasce dallo sviluppo naturale ed inevitabile del pensiero implica, come si cercato di provare, un ritorno alle tesi dei salvatori provvidenziali, un regresso dalla scienza allutopia, dal materialismo allidealismo. Certo il proletariato esposto alla pressione ideologica della classe dominante, come il prof. Milliband ha documentato in maniera analitica e puntuale, tuttavia esso ha provato di potersi sollevare in maniera poderosa ed autonoma, senza, cio, imbeccate esterne la cui natura deleteria ed intrinsecamente paternalistica abbiamo cercato di provare. Ripetiamo: il problema attuale non quello di sottrarre il proletariato al dominio del capitale per sottoporlo a quello di una lite esterna e perci burocratica (sappiamo bene che tipo di socialismo pu nascere da ci) ma quello di studiare gli embrioni di organizzazione politica autonoma del proletariato sorti nellultimo secolo e poi scomparsi, per ricercarne le cause e le possibilit di ripetizione e di generalizzazione nel capitalismo avanzato, nonch i rapporti che queste forme di organizzazione (soviet ed esperimenti similari) debbono istaurare col partito, visto anche esso come elemento interno alla classe. In questo contesto il ritorno al Che fare? non serve a nulla, o meglio serve solo a dare per risolto un problema che in realt allordine del giorno da oltre un secolo e che permane tuttora irrisolto.

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