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IL CAPITALE

LIBRO I
SEZIONE V
LA PRODUZIONE DEL PLUSVALORE ASSOLUTO E DEL PLUSVALORE RELATIVO

CAPITOLO 14
PLUSVALORE ASSOLUTO E PLUSVALORE RELATIVO

Il processo lavorativo stato considerato in un primo tempo (vedi capitolo quinto) astrattamente, indipendentemente dalle sue forme storiche, come processo che si svolge fra uomo e natura. Vi si diceva: Se si considera lintero processo lavorativo dal punto di vista del suo risultato, mezzo di lavoro e oggetto di lavoro si presentano entrambi come mezzi di produzione, e il lavoro stesso si presenta come lavoro produttivo. E con la nota sette si completava: Questa definizione del lavoro produttivo, come risulta dal punto di vista del processo lavorativo semplice, non affatto sufficiente per il processo di produzione capitalistico . Ora dobbiamo svolgere ulteriormente questo argomento. Finch il processo lavorativo mero processo individuale, lo stesso lavoratore riunisce in s tutte le funzioni che pi tardi si separano. Nellappropriazione individuale di oggetti dati in natura per gli scopi della sua vita, il lavoratore controlla se stesso. Pi tardi, egli viene controllato. Luomo singolo non pu operare sulla natura senza mettere in attivit i propri muscoli, sotto il controllo del proprio cervello. Come nellorganismo naturale mente e braccio sono connessi, cos il processo lavorativo riunisce lavoro intellettuale e lavoro manuale. Pi tardi, questi si scindono fino allantagonismo e allostilit. Il prodotto si trasforma in genere da prodotto immediato del produttore individuale in prodotto sociale, prodotto comune di un lavoratore complessivo, cio di un personale da lavoro combinato, le cui membra hanno una parte pi grande o pi piccola nel maneggio delloggetto del lavoro. Quindi col carattere cooperativo del processo lavorativo si amplia necessariamente il concetto del lavoro produttivo e del veicolo di esso, cio del lavoratore produttivo. Ormai per lavorare produttivamente non pi necessario por mano personalmente al lavoro, sufficiente essere organo del lavoratore complessivo e compiere una qualsiasi delle sue funzioni subordinate. La sopra citata definizione originaria del lavoro produttivo che dedotta dalla natura della produzione materiale stessa, rimane sempre vera per il
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lavoratore complessivo, considerato nel suo complesso. Ma non vale pi per ogni suo membro, singolarmente preso. Ma dallaltra parte il concetto del lavoro produttivo si restringe. La produzione capitalistica non soltanto produzione di merce, essenzialmente produzione di plusvalore. Loperaio non produce per s, ma per il capitale. Quindi non basta pi che loperaio produca in genere. Deve produrre plusvalore. produttivo solo quelloperaio che produce plusvalore per il capitalista, ossia che serve allautovalorizzazione del capitale. Se ci permesso scegliere un esempio fuori della sfera della produzione materiale, un maestro di scuola lavoratore produttivo se non si limita a lavorare le teste dei bambini, ma se si logora dal lavoro per arricchire limprenditore della scuola. Che questi abbia investito il suo denaro in una fabbrica distruzione invece che in una fabbrica di salsicce, non cambia nulla nella relazione. Il concetto di operaio produttivo non implica dunque affatto soltanto una relazione fra attivit ed effetto utile, fra operaio e prodotto del lavoro, ma implica anche un rapporto di produzione specificamente sociale, di origine storica, che imprime alloperaio il marchio di mezzo diretto di valorizzazione del capitale. Dunque, esser operaio produttivo non una fortuna ma una disgrazia. Nel quarto libro di questopera, che tratter la storia della teoria, si vedr pi da vicino come leconomia politica classica abbia da sempre fatto della produzione di plusvalore la caratteristica decisiva delloperaio produttivo. E quindi la sua definizione delloperaio produttivo varia col variare della sua concezione della natura del plusvalore. Cos i fisiocratici dichiarano che solo il lavoro agricolo produttivo, perch esso soltanto fornisce un plusvalore. Ma il fatto che per i fisiocratici il plusvalore esiste esclusivamente nella forma di rendita fondiaria. Prolungamento della giornata lavorativa oltre il punto fino al quale loperaio avrebbe prodotto soltanto un equivalente del valore della sua forza-lavoro, e appropriazione di questo pluslavoro da parte del capitale: ecco la produzione del plusvalore assoluto. Essa costituisce il fondamento generale del sistema capitalistico e il punto di partenza della produzione del plusvalore relativo. In questa, la giornata lavorativa divisa dal principio in due parti: lavoro necessario e pluslavoro. Per prolungare il pluslavoro, il lavoro necessario viene accorciato con metodi che servono a produrre in meno tempo lequivalente del salario. Per la produzione del plusvalore assoluto si tratta soltanto della lunghezza della giornata lavorativa; la produzione del plusvalore relativo rivoluziona da cima a fondo i processi tecnici del lavoro e i raggruppamenti sociali. Dunque la produzione del plusvalore relativo presuppone un modo di produzione specificamente capitalistico che a sua volta sorge e viene elaborato spontaneamente, coi suoi metodi, coi suoi mezzi e le sue condizioni, solo sulla base della sussunzione formale del lavoro sotto il capitale. Al posto della sussunzione formale del lavoro sotto il capitale subentra quella reale. Sar sufficiente fare un semplice cenno delle forme ibride nelle quali il pluslavoro non viene estorto al produttore mediante coazione diretta, n ancora sopravvenuta la subordinazione formale del produttore stesso al capitale. Qui il capitale non si ancora impadronito immediatamente del processo lavorativo. Accanto ai produttori indipendenti che esercitano il loro mestiere di artigiani o di agricoltori con lantichissimo sistema tradizionale, si presenta lusuraio oppure il mercante, il capitale usurario o il capitale mercantile, che li munge parassitariamente. Il predominio di questa forma di sfruttamento in una societ esclude il modo di produzione capitalistico, al quale per pu servire di transizione, come nel tardo Medioevo. Infine, come mostra lesempio del lavoro domestico moderno, qua e l certe forme ibride vengono riprodotte sullo sfondo della grande industria, sia pure con fisionomia completamente alterata.
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Se per la produzione del plusvalore assoluto sufficiente la semplice sussunzione formale del lavoro sotto il capitale, se per esempio sufficiente che artigiani i quali prima lavoravano per se stessi o anche come garzoni di un maestro artigiano, ora passino come operai salariati sotto il controllo diretto del capitalista, si visto daltra parte come i metodi per la produzione del plusvalore relativo siano insieme metodi per la produzione del plusvalore assoluto. Anzi, il prolungamento smisurato della giornata lavorativa si presentato come produzione peculiarissima della grande industria. In genere, il modo di produzione specificamente capitalistico cessa di essere semplice mezzo per la produzione del plusvalore relativo appena si impadronito di una intera branca di produzione, e ancor pi appena si impadronito di tutte le branche decisive della produzione. A questo punto diventa forma generale, socialmente dominante, del processo di produzione; continua ad operare ancora come metodo particolare per la produzione del plusvalore relativo, in primo luogo, solo in quanto si impadronisce di industrie fino a quel momento subordinate al capitale solo formalmente, cio solo nel pro pagarsi; in secondo luogo, in quanto industrie che gi lhanno accettato, vengono continuamente rivoluzionate dal variare dei metodi di produzione. Da un certo punto di vista la differenza fra plusvalore assoluto e plusvalore relativo sembra, in genere, illusoria. Il plusvalore relativo assoluto perch comporta un prolungamento assoluto della giornata lavorativa al di l del tempo di lavoro necessario per lesistenza delloperaio stesso. Il plusvalore assoluto relativo, perch comporta uno sviluppo della produttivit del lavoro che permette di limitare il tempo di lavoro necessario ad una parte della giornata lavorativa. Ma se si tiene presente il movimento del plusvalore, questa parvenza di identit scompare. Appena il modo di produzione capitalistico, una volta per tutte, si insediato ed divenuto modo di produzione generale, la differenza fra plusvalore assoluto e plusvalore relativo si fa sentire, appena si tratta di far salire il saggio del plusvalore in genere. A questo punto, presupponendo che la forza-lavoro venga pagata al suo valore, ci troviamo davanti alla alternativa: data la forza produttiva del lavoro e il suo grado normale di intensit, il saggio del plusvalore si pu far salire soltanto mediante il prolungamento assoluto della giornata lavorativa; daltra parte, dato il limite della giornata lavorativa, il saggio del plusvalore si pu far salire soltanto mediante la variazione relativa della grandezza delle parti costitutive di essa, lavoro necessario e pluslavoro, il che presuppone, qualora il salario non debba scendere al di sotto del valore della forza-lavoro, una variazione della produttivit o intensit del lavoro. Se il lavoratore ha bisogno di tutto il suo tempo per produrre i mezzi di sussistenza necessari alla conservazione di se stesso e della sua specie, non gli rimane tempo per lavorare gratuitamente per terze persone. Senza un certo grado di produttivit del lavoro, niente tempo disponibile di quel tipo per il lavoratore, senza questo tempo eccedente niente pluslavoro e quindi niente capitalisti, ma anche niente padroni di schiavi, niente baroni feudali: in una parola, niente classe dei grandi proprietari1. Cos si pu parlare di una base naturale del plusvalore, ma sola nel senso generalissimo che nessun ostacolo naturale assoluto pu trattenere una persona dal rimuovere da s e dal caricare su di unaltra il lavoro necessario per la propria esistenza; come per esempio non c nessun ostacolo naturale assoluto che trattenga luno dalladoprar la carne dellaltro come nutrimentola . A questa produttivit naturale e spontanea del lavoro non si deve connettere nessuna idea mistica, come accaduto talvolta. Solo da quando gli uomini si sono tirati fuori col lavoro dai loro primi stati animali, cio solo da quando il loro lavoro stesso ha gi raggiunto un certo grado di socialit, nascono rapporti nei quali il pluslavoro delluno diventa condizione di esistenza dellaltro. Agli inizi della civilt le forze produttive acquisite del lavoro sono esigue; ma esigui sono anche i bisogni, che si
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sviluppano con lo svilupparsi dei mezzi per soddisfarli, e per mezzo di questi. Inoltre in quegli inizi la proporzione delle parti della societ che vivono del lavoro altrui minima, quasi invisibile, di fronte alla massa dei produttori diretti. Col progredire della forza produttiva sociale del lavoro questa proporzione cresce tanto in assoluto che relativamente2 Il rapporto capitalistico nasce del resto su di un terreno economico che il prodotto di un lungo processo di sviluppo. La produttivit esistente del lavoro che costituisce la base di partenza di quel rapporto capitalistico, non dono della natura, ma di una storia che abbraccia migliaia di secoli. Se prescindiamo dalla configurazione pi o meno sviluppata della produzione sociale, la produttivit del lavoro rimane legata a condizioni naturali che sono tutte riconducibili alla natura del luomo stesso, come la razza, ecc., e alla natura che lo circonda. Le condizioni naturali esterne si dividono dal punto di vista economico in due grandi classi: ricchezza naturale di mezzi di sussistenza, cio fertilit del suolo, acque pescose, ecc., e ricchezza naturale di mezzi di lavoro, come cascate dacqua sempre vive, fiumi navigabili, legname, metalli, carbone, ecc. Agli inizi della civilt il primo di questi due tipi di ricchezza naturale quello decisivo; in un grado di sviluppo pi elevato, il secondo. Si confronti per esempio lInghilterra con lIndia o, nel mondo antico, Atene e Corinto coi paesi rivieraschi del Mar Nero. Quanto pi basso il numero dei bisogni naturali da soddisfare assolutamente, quanto maggiore la fertilit naturale del suolo e quanto pi favorevole il clima, tanto minore il tempo di lavoro necessario per la conservazione e la riproduzione del produttore. E tanto maggiore pu essere quindi leccedenza del suo lavoro per altri sul suo lavoro per se stesso. Cos gi Diodoro osserva a proposito degli antichi egiziani: Allevano i figlioli con s piccola ed agevole spesa, che appena quasi credibile; con ci sia cosa che gli nutriscono con radici di giunchi ed altre radiche, le quali usano di cuocere sotto la cenere o le danno loro per cibo insieme con cavoli o di radiche parte cotte e parte arrostite al fuoco, e parte crude; ed usano il pi del tempo della vita loro dandare (perch quivi laria cos temperata) scalzi, e nudi. E tutta la spesa che fanno i padri ne fanciulli per fino a tanto che non sono pervenuti in et, non passa venti dramme. E quindi nasce che lEgitto avanza di numero di genti tutte le altre nazioni, e perci da loro sono state fatte opere molte, e di molta magnificenza3 . Per le grandi costruzioni dellantico Egitto sono dovute meno al volume della sua popolazione che al fatto che essa era disponibile in grandi proporzioni. Come loperaio individuale pu fornire tanto pi pluslavoro quanto minore il suo tempo di lavoro necessario, cos, quanto minore la parte della popolazione operaia richiesta per la produzione dei mezzi di sussistenza necessari, tanto maggiore la parte della popolazione operaia disponibile per altro lavoro. Una volta presa come presupposto la produzione capitalistica, eguali rimanendo per ogni altro verso le circostanze, e data la lunghezza della giornata lavorativa, la grandezza del pluslavoro varier con le condizioni naturali del lavoro, e in particolare anche con la fertilit del suolo. Per di qui non consegue affatto linverso, che il suolo pi fertile sia il pi adatto per lo sviluppo del modo di produzione capitalistico, il quale presuppone il dominio delluomo sulla natura. Una natura troppo prodiga tiene luomo per mano come si tiene un bambino con le dande , e non fa dello sviluppo delluomo stesso una necessit
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naturale4 . La madrepatria del capitale non il clima tropicale con la sua vegetazione lussureggiante, ma la zona temperata. Non la fertilit assoluta del suolo ma la sua differenziazione, la molteplicit dei suoi prodotti naturali, quel che costituisce la base naturale della divisione sociale del lavoro e che sprona luomo a moltiplicare i propri bisogni, le proprie capacit, i propri mezzi di lavoro e i propri modi di lavorare, con il variare delle circostanze naturali in mezzo alle quali egli dimora. Nella storia dellindustria la parte pi decisiva rappresentata dalla necessit di controllare socialmente una forza naturale, e quindi di economizzarla, appropriarsela per la prima volta o addomesticarla su larga scala, mediante opere della mano umana. Cos la regolazione delle acque in Egitto5 , Lombardia, Olanda, ecc. oppure in India, Persia, ecc., dove la irrigazione per mezzo di canali artificiali apporta al suolo non soltanto lacqua indispensabile, ma anche, contemporaneamente, con i depositi di fango che lacqua trascina con s dalle montagne, il concime minerale. Il segreto della fioritura industriale della Spagna e della Sicilia sotto la dominazione araba fu la canalizzazione6. Le condizioni naturali favorevoli forniscono sempre soltanto la possibilit, mai la realt del pluslavoro e quindi del plusvalore e del plusprodotto. Le differenti condizioni naturali del lavoro fan s che la stessa quantit di lavoro soddisfi differenti masse di bisogni in differenti paesi7 , cio che il tempo necessario di lavoro sia differente in circostanze altrimenti analoghe. Sul pluslavoro le differenti condizioni naturali di lavoro influiscono soltanto come limite naturale, cio influiscono mediante la determinazione del punto in cui pu cominciare il lavoro per altri. Questo limite naturale arretra nella stessa misura in cui avanza lindustria. Nel bel mezzo della societ europea occidentale, dove loperaio soltanto col pluslavoro si compera il permesso di lavorare per la propria esistenza, ci si immagina facilmente che fornire un plusprodotto sia una qualit innata del lavoro umano 8 . Ma si prenda per esempio labitante delle isole orientali dellArcipelago asiatico, dove il sago cresce selvatico nella foresta. Quando gli indigeni, praticando un foro nellalbero, si sono convinti che il midollo maturo, il tronco viene abbattuto, diviso in vari pezzi, il midollo viene staccato, mescolato con acqua e filtrato: ed gi farina di sago completamente utilizzabile. Dordinario, un albero rende trecento libbre e pu darne anche da cinque cento a seicento. Dunque in quelle isole si va nella foresta e ci si taglia il proprio pane, come da noi ci si taglia la legna da ardere9 Poniamo che uno di questi taglia pane dellAsia orientale abbia bisogno di dodici ore lavorative alla settimana per soddisfare tutti i suoi bisogni. Quel che il favore della natura gli d direttamente, molto tempo libero. Per fargli adoprare questo tempo libero in maniera produttiva per s, necessaria tutta una serie di circostanze storiche, per farglielo spendere in pluslavoro per persone estranee, necessaria una costrizione esterna. Se venisse introdotta la produzione capitalistica, quel bravuomo dovrebbe forse lavorare sei giorni alla settimana, per appropriare a se stesso il prodotto di una sola giornata lavorativa. Il favore della natura non spiega perch ora egli lavori sei giorni alla settimana ossia perch fornisca cinque giornate di pluslavoro: esso spiega soltanto perch il suo tempo di lavoro necessario limitato a una giornata lavorativa alla settimana. Ma in nessun caso il suo plusprodotto deriverebbe da una occulta qualit innata del lavoro umano. Come le forze produttive del lavoro storicamente sviluppate, cio sociali, cos anche le forze produttive naturali del lavoro si presentano come forze produttive del capitale al quale il lavoro viene incorporato. Il Ricardo non si preoccupa mai dellorigine del plusvalore. Lo considera come cosa inerente al modo di produzione capitalistico che ai suoi occhi la forma naturale della produzione sociale. Dove parla della produttivit del lavoro, egli non cerca nel lavoro la
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causa della esistenza del plusvalore, ma soltanto la causa che determina la grandezza del plusvalore. Invece la sua scuola ha proclamato ad alta voce che la forza produttiva del lavoro la causa originaria del profitto (leggasi: del plusvalore). In ogni caso, un progresso nei confronti dei mercantilisti che per parte loro deducono dallo scambio, cio dalla vendita dei prodotti al di sopra del loro valore, leccedenza del prezzo dei prodotti stessi sui loro costi di produzione. Tuttavia neppure la scuola del Ricardo aveva risolto il problema, ma laveva soltanto aggirato. In realt era giusto listinto di questi economisti borghesi, i quali sentivano che era molto pericoloso approfondire troppo lo scottante problema dellorigine del plusvalore. Ma che cosa dovremmo dire quando, mezzo secolo dopo il Ricardo, il signor John Stuart Mill constata solennemente la propria superiorit sui mercantilisti ripetendo malamente gli sciocchi sotterfugi dei primi volgarizzatori del Ricardo? Il Mill dice: La causa del profitto che il lavoro produce pi di quanto richiesto per il suo sostentamento . Fin qui sempre soltanto la vecchia canzone, ma il Mill vuole aggiungere anche qual cosa di suo: Ossia, per variare la forma del teorema: la ragione per cui il capitale fornisce un profitto che nutrimento, vestiti, materie prime e mezzi di lavoro durano pi a lungo del tempo richiesto per produrli . Qui il Mill scambia la durata del tempo di lavoro con la durata dei prodotti dei tempo di lavoro. Secondo questopinione un fornaio, i cui prodotti durano solo un giorno, non potrebbe mai trarre dai suoi salariati lo stesso profitto che trae un costruttore di macchine, i cui prodotti durano ventanni e pi. Certo, se i nidi degli uccelli non resistessero per un tempo pi lungo di quello richiesto per la loro costruzione, gli uccelli dovrebbero fare a meno dei nidi. Una volta stabilita questa verit fondamentale, il Mill stabilisce la propria superiorit sui mercantilisti: Vediamo dunque che il profitto nasce non dallincidente dello scambio, ma dalla forza produttiva del lavoro; il profitto complessivo di un paese sempre determinato dalla forza produttiva del lavoro, tanto che si verifichi uno scambio o meno. Se non ci fosse nessuna divisione delle occupazioni, non ci sarebbe n compera n vendita, ma il profitto ci sarebbe pur sempre . Qui dunque lo scambio, la compera e la vendita, che sono le condizioni generali della produzione capitalistica, diventano un puro e semplice incidente, e c pur sempre profitto, senza compera n vendita della forza-lavoro! Inoltre: Se il complesso degli operai di un paese produce il venti per cento oltre la somma dei loro salari, i profitti saranno del venti per cento, qualunque sia la situazione dei prezzi delle merci. Ci , da una parte, una tautologia proprio ben riuscita, poich, se gli operai producono per i loro capitalisti un plusvalore del venti per cento, i profitti staranno al salario complessivo degli operai come venti a cento. Dallaltra parte, assolutamente falso che i profitti saranno del venti per cento. Debbono essere sempre minori, perch i profitti vengono calcolati sulla somma totale del capitale anticipato. Per esempio abbia il capitalista anticipato cinquecento sterline, delle quali quattrocento in mezzi di produzione, cento in salario; sia il saggio del plusvalore, secondo lipotesi, del venti per cento, il saggio del profitto sar nel rapporto di venti a cinquecento, cio del quattro e non del venti per cento. Segue uno splendido saggio del come il Mill tratti le differenti forme storiche della produzione sociale: Presuppongo dappertutto lo stato di cose attuale che, con poche eccezioni, regna dappertutto* cio presuppongo che il capitalista faccia tutti gli anticipi, compresa la rimunerazione delloperaio . Strana illusione ottica, veder dappertutto uno stato di cose che fino a questo momento regna solo in via eccezionale in alcune parti dellorbe terracqueo. Ma andiamo avanti. Il Mill tanto generoso da concedere: non una necessit assoluta che sia cos . Al contrario. Loperaio potrebbe aspettare anche il
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pagamento dellintero ammontare del suo salario fino a che il lavoro completamente finito, se avesse i mezzi necessari per il suo sostentamento durante lintervallo. Ma in questo caso egli sarebbe fino a un certo punto un capitalista, che investirebbe capitale nellimpresa, e fornirebbe una parte dei fondi necessari per farla andare avanti . Il Mill avrebbe anche potuto dire, alla stessa maniera, che loperaio il quale anticipa a se stesso non sol tanto i mezzi di sussistenza, ma anche i mezzi di lavoro, in realt il salariato di se stesso. O anche che il contadino americano lo schiavo di se stesso, il quale sgobba solo per se stesso invece che per un padrone estraneo. Dopo averci spiegato con tanta chiarezza che la produzione capitalistica, anche se non esistesse, tuttavia esisterebbe sempre, il Mill ora abbastanza conseguente da dimostrarci che la produzione capitalistica non esiste neppure quando esiste: E perfino nel caso precedente (quando il capitalista anticipa al salariato tutti i suoi mezzi di sussistenza) loperaio pu essere considerato sotto la stessa prospettiva (cio come capitalista). Poich, cedendo loperaio il suo lavoro ai di sotto del prezzo di mercato (!), egli pu essere considerato come se anticipasse la differenza (?) al suo imprenditore ecc.9a . Nella realt effettuale loperaio anticipa gratuitamente al capitalista il proprio lavoro durante una settimana, ecc., per ricevere alla fine della settimana, ecc., il prezzo di mercato del suo lavoro; e questo, secondo il Mill, fa di lui un capitalista! Nella piattezza della pianura anche i mucchi di terra sembrano colline; si misuri la piattezza della nostra odierna borghesia con il calibro dei suoi grandi intelletti.

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AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del I libro del Capitale che viene qui riportato NON UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche: 1 negli esempi numerici, per facilitare la lettura, sono state cambiate le unit di misura e le grandezze; 2 diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle ed in grafici; 3 in alcuni esempi numerici le cifre decimali indicate sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica stata indicata ponendovi a fianco un apice (). Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro () invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha travisato il pensiero dellAutore, avvertiamo invece il lettore che il testo assolutamente fedele al pensiero originale e che ci siamo permessi di introdurre alcune varianti per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unit di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficolt e di facilitarne cos la lettura o lo studio. In altre parti si invece mantenuto le unit di misura e monetarie inglesi originali perch la lettura non creava problemi di comprensione e per ragioni di fedelt storica. Ci facciamo altres carico dellosservazione che Engels ha formulato nelle considerazioni supplementari poste allinizio del III Libro,laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il pi possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in questultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema stato criticato; si pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare lautenticit del testo alla comodit del lettore. Ma non in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx pu pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterit le sue scoperte scientifiche nella piena integrit della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perch dovevo considerare ci una manomissione leredit di un uomo di statura cos superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealt. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non pu o non vuole leggere, che gi per il primo Libro si data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene per questa gente perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche.
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Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici fughe dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficolt presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno strappo alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti avendo altres cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo strappo eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo originale, dispone di diverse edizioni in varie lingue. Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni: Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Delio Cantimori; Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Delio Cantimori; Il capitale, Edizione integrale - I mammut Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato: http://www.marxists.org/xlang/marx.htm

NOTE

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1 La stessa esistenza dei padroni-capitalisti come classe distinta dipende dalla produttivit del lavoro
(RAMSAY, An Essay on the Distribution ecc., p. 206). Se il lavoro di ogni uomo fosse sufficiente solo ad assicurargli il suo nutrimento, non ci potrebbe essere propriet (RAVENSTONE, Thoughts on the Funding System ecc., p. 14). Secondo recenti calcoli, nelle sole parti della terra gi esplorate vivono per lo meno ancora, quattro milioni di cannibali.
1a

2 Fra gli indiani selvaggi dAmerica, quasi tutto del lavoratore. Novantanove parti su cento sono da mettere sul conto del lavoro. In Inghilterra loperaio non ha forse neppure i due terzi (The Advantages of the East India Trade ecc., pp. 72, 73). 3 DIODORO SICULO , Storia universale, tomo I, Roma 1793, p.97 (Libro I, parte I, cap. 80) 4 La prima (la ricchezza naturale), nobilissima e vantaggiosa com, toglie al popolo ogni preoccupazione, lo rende orgoglioso e dedito a ogni eccesso, mentre la seconda impone vigilanza, sapere, arti e politica (Englands Treasure by Foreign Trade, or the Balance of our Foreign Trade is the rule of our Treasure. Written by Thomas Mun, of London, merchant, and now published for the common good by his son John Mun. Londra, 1669, pp. 181, 182). Inoltre, non posso concepire maggiore maledizione per un popolo nel suo complesso che lesser gettato su un pezzo di terra dove i prodotti per la sussistenza e per il nutrimento fossero in gran misura spontanei e il clima richiedesse o permettesse poca cura per il vestiario e per labitazione...; ci pu essere un estremo dallaltra parte. Un terreno incapace di produrre, quando lavorato, cattivo quanto un terreno che produce in abbondanza senza lavoro (An Inquiry into the Present High Prices ecc., Londra, 1767, p. 10). 5 La necessit di calcolare i periodi delle piene del Nilo ha creato la astronomia egiziana e con questa il dominio della casta sacerdotale come direttrice dellagricoltura. Il solstizio il momento dellanno nel quale il Nilo comincia a crescere, e quello che gli egiziani hanno dovuto osservare con la maggior attenzione... Era questo anno tropico quello che essi dovevano stabilire, per avere una direttiva nelle loro operazioni agricole. Quindi dovettero cercare nel cielo un segno visibile del suo ritorno (CUVIER, Discours sur les rvolutions de la surface du globe, ed. Hoefer, Parigi, 1863, p. 141). 6 Una delle basi materiali del potere dello Stato sui piccoli organismi produttivi, non connessi fra loro, era in India la regolamentazione dellafflusso delle acque. I dominatori maomettani dellIndia avevano capito ci meglio dei loro successori inglesi. Ricorderemo soltanto la carestia del 1866 che cost la Vita a pi di un milione di ind nel distretto di Orissa, governatorato del Bengala 7 Non ci sono due paesi che forniscano, con la stessa abbondanza e con la stessa quantit di lavoro, lo stesso numero di cose necessarie alla vita. I bisogni degli uomini crescono con il rigore del clima nel quale vivono e diminuiscono con la sua mitezza; di conseguenza la proporzione dellindustria che gli abitanti dei diversi paesi sono obbligati per necessit a mettere in atto, non pu essere la stessa; e il grado di variazione non pu esser accertato altro che mediante i gradi del caldo e del freddo. Dal che si pu trarre questa conclusione generale: che la quantit di lavoro richiesta per un certo numero di persone massima nei climi freddi, minima nei climi caldi; poich nei primi gli uomini non solo hanno bisogno di pi vestiti, ma anche la terra ha bisogno di maggiore coltivazione che negli ultimi (An Essay on the Governing Causes of the Natural Rate of Interest, Londra, 1750, p. 59). Lautore di questo scritto anonimo che ha fatto epoca J. Massie. Lo Hume ne ha tratto la sua teoria dellinteresse. 8 Ogni lavoro deve (sembra che la cosa faccia parte dei droits et devoirs du citoyen) lasciare un eccedente (PROUDHON, Philosophie de la Misre, Parigi, 1846 p. 73).

9 F. SCHOUW, Die Erde, die Pflanze und der Mensch, 2. ed., Lipsia, 1854, p. 148.
J. S. MILL, Principles of Political Economy, Londra, 1868, pp. 252-253 passim [Libro I, cap. XV, par. 5]. (I passi sopra Citati sono tradotti secondo la traduzione francese del Capitale. F. E.). [La presente traduzione ha tenuto conto tanto del testo inglese com citato nella traduzione Moore-Aveling, quanto del testo citato nella traduzione Roy e del testo tradotto nelledizione tedesca. N.d.T.].
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* In questo punto, come Marx indica in una lettera del 20 novembre 1878 a N. F. Danielson, il traduttore russo del Capitale, si deve inserire la frase dove gli operai e i capitalisti sono classi separate . La citazione era

incompleta. Marx continua: Le due proposizioni seguenti cio Strana illusione ottica, vedere dappertutto uno stato di cose che fino a questo momento regna solo in via eccezionale in alcune parti dellorbe terracqueo! Ma andiamo avanti devono essere cancellate e la proposizione che segue devessere letta cos: Il signor Mill tanto generoso da credere che non sia una necessit assoluta che sia cos, anche nei sistema economico nei quale gli operai e i capitalisti sono classi separate Che losservazione da cancellare non valga per la frase in questione del Mill, non le toglie naturalmente il suo significato generale. (Red. IMEL.) Aggiunta del traduttore. Nelledizione del Capitale delle Opere di K. Marx e F. Engels a cura dellInstitut fr Marxismus-Leninismus beim ZK der Sed, voi. 23, Berlino, 1962, questa nota presentata come segue: Nella sua lettera a N. F. Danielson del 28 novembre 1878 Marx proponeva la seguente formulazione di questo capoverso: Segue un brillante saggio di come il Mill tratta le differenti forme storiche della produzione sociale. Egli dice: Presuppongo dappertutto lo stato presente delle cose, che regna dappertutto, a meno di poche eccezioni, dove operai e capitalisti si contrappongono gli uni agli altri come classi; vale a dire che il capitalista fa tutti gli anticipi, compreso il pagamento delloperaio. Il signor Mill tanto generoso da credere che non sia una necessit assoluta che le cose stiano cos perfino nel sistema economico nei quale operai e capitalisti si contrappongono come classi . Cfr. anche la traduzione inglese Moore-Aveling a cura di Dona Torr, Londra, 1946, p. 812. K. Marx e F. Engels a cura dellInstitut fr Marxismus-Leninismus beim ZK der Sed, voi. 23, Berlino, 1962, questa nota presentata come segue: Nella sua lettera a N. F. Danielson del 28 novembre 1878 Marx proponeva la seguente formulazione di questo capoverso: Segue un brillante saggio di come il Mill tratta le differenti forme storiche della produzione sociale. Egli dice: Presuppongo dappertutto lo stato presente delle cose, che regna dappertutto, a meno di poche eccezioni, dove operai e capitalisti si contrappongono gli uni agli altri come classi; vale a dire che il capitalista fa tutti gli anticipi, compreso il pagamento delloperaio. Il signor Mill tanto generoso da credere che non sia una necessit assoluta che le cose stiano cos perfino nel sistema economico nei quale operai e capitalisti si contrappongono come classi . Cfr. anche la traduzione inglese Moore-Aveling a cura di Dona Torr, Londra, 1946, p. 812.

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