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Il

capitolo, il coraggio di essere protagonisti nel territorio


Sicuramente i pi coraggiosi sono coloro che hanno la visione pi chiara di ci che li aspetta, cos della gioia come del pericolo, e tuttavia l'affrontano. (Tucidide)

Avere voce in Capitolo Ogni volta che in Monastero si deve deliberare qualcosa di importante tutti i fratelli sono convocati a Consiglio (R.B. 3,1).
Quando si parla di Capitoli Rituali ci si riferisce allabitudine presente negli Ordini monastici di riunirsi per leggere, dopo la preghiera, un Capitolo della Regola dellOrdine e il luogo in cui i monaci erano soliti riunirsi per la lettura veniva indicato con il termine di Sala del Capitolo. Quando i monaci di Citeaux istituiscono il Capitolo Generale danno vita ad organismo elettivo in grado di discutere, interpretare, modificare, abrogare, proporre ed approvare le Leggi dellOrdine. Credo che il detto avere voce in capitolo derivi proprio da questa tradizione: per i monaci partecipare al Capitolo era un diritto che andava esercitato con grande responsabilit e che richiedeva una preparazione adeguata. In genere il Capitolo si riuniva su questioni che, per la loro importanza, chiamavano in causa il contributo di ogni membro della comunit perch spesso proprio al pi giovane che il Signore rivela la soluzione migliore (R.B. 3, 3). Questa breve digressione etimologica pu essere utile anche per esplorare il senso e le potenzialit del Capitolo per la comunit del Clan. Nel Regolamento di branca lo definiamo come un processo di conoscenza che permette di arrivare a giudizi di valore sui quali fondare le scelte di vita personali e delle comunit e mi sembra che il parallelismo con le comunit monastiche sia chiaro. Il primo risultato educativo di un Capitolo ben costruito dovrebbe essere quindi quello di indurre i rover e le scolte allesercizio del pensiero: tradiremmo una missione se non ci impegnassimo a far

pensare i giovani: a costo della impopolarit, a costo di dover andare contro tutto un modo comune e diffuso di sentire e di ragionare. () Le riflessioni sul roverismo raccolte da Don Andrea Ghetti in unepoca che pu sembrare lontana risuonano oggi in tutta la loro attualit; nel tempo che stiamo vivendo pi che mai necessario che i giovani prendano coscienza dell'epoca in cui Dio li ha posti, del volto della propria terra, dell'istanze operanti nel proprio secolo. Per educarli ad accettare o a respingere, a distruggere o a edificare, dopo aver lungamente meditato. (Al Ritmo dei Passi). Dai boschi alla citt Il rover e la scolta si muovono nella lettura del contesto con la tecnica dello scouting (osservare dedurre agire) appresa nei boschi e trasferita alla citt. Luomo dei boschi sa esplorare tutti i sentieri, anche quelli che lo portano a camminare tra le questioni aperte del mondo che lo circonda per individuare tracce che lo aiutino a comprendere, interpretare e progettare il cambiamento. In questo territorio di caccia il momento dellosservazione pu risultare particolarmente impegnativo; bisogna avere uno sguardo che sa andare in profondit, che non si lascia offuscare da interpretazioni banali o che sa cogliere anche i dettagli e le sfumature. Dopo aver esplorato il territorio con lo stile dellascolto e dellincontro che caratterizza il nostro modo di fare strada i membri del clan sono chiamati alla fatica della deduzione; in questo caso dedurre significa trarre alcune conclusioni e soprattutto prendere una posizione rifiutando la convinzione diffusa secondo cui la sospensione del giudizio sintomo di tolleranza e libert di pensiero. I membri di un Clan devono frequentare abitualmente la Sala del Capitolo, confrontarsi con la Regola dento cui la Comunit si riconosce e formulare con coraggio giudizi di valore. Ma poi bisogna uscire dalla Sala e tornare sulla strada, per trasformare questo patrimonio di pensiero in energia rivolta al cambiamento. A questo punto il Clan diventa un soggetto politico, una comunit che ha in mente un modello di uomo e di societ e agisce per contribuire a realizzarli: credo che lintero processo della realizzazione di un capitolo porti con s enormi opportunit di educazione al coraggio; il coraggio di individuare le questioni che meritano la nostra attenzione, il nostro impegno e la nostra fatica, il coraggio di esprimere un giudizio e di dire pubblicamente che non tutto ha lo stesso valore, il coraggio di rimettersi in strada e di progettare e realizzare il cambiamento. Se poi il tema del Coraggio viene affrontato in un capitolo nazionale, mi pare che quella che si apre davanti a noi sia una strada davvero mai battuta; le pareti

della sala del capitolo si dilatano, il nostro tetto diventa il cielo e il nostro pavimento la strada. Ci vuole un bel Coraggio Sempre dal Regolamento: La conclusione di un Capitolo pu essere loccasione per integrare la Carta di Clan; pu rendere consapevoli di nuovi impegni e nuove strade che si aprono innanzi. Si conclude con azioni concrete, come ad esempio di informazione, sensibilizzazione, servizio sul territorio. Dove ci pu portare allora un Capitolo nazionale? Come cambieranno i nostri ragazzi, le loro comunit, la branca, lAssociazione, il territorio in cui queste sentinelle di positivit libereranno la loro energia? Quanto bene si potr realizzare muovendo passi di coraggio per far emergere le esperienze di coraggio disseminate sul territorio sotto la coltre della pigrizia e dellindifferenza collettive? Ci vuole un bel Coraggio il coraggio bello di chi applica la virt della fortezza (che non ha niente a che vedere con la temerariet) alla difesa dei propri ideali e alla costruzione del bene comune. I rover e le scolte crescono nellesercizio di questa virt e hanno proprio quel bel coraggio che ci vuole: Ci vuole coraggio. Ci vuole il coraggio fisico acquisito nel riassestare di notte la tenda strappata da un vento furioso. Ci vuole il coraggio di chi sa infondere sicurezza al suo gruppo nella ricerca con la nebbia di un sentiero smarrito in montagna. Ci vuole il coraggio di chi nellhyke solitario si sente piccolo e accetta di chiedere laiuto degli altri. Ci vuole il coraggio di chi in una discussione della sua comunit si rende conto di esprimere una posizione avversata da tutti, ma la esprime lo stesso, ritenendola ragionevole. Ci vuole il coraggio di chi si lanciato generosamente in un servizio che un filo al di sopra delle sue possibilit e non per questo si tira indietro. Questo coraggio, acquisito per gioco nellavventura dello scautismo, quello che ci permetter di gettarci con gratuit nellavventura dello Stato. I carri per lOregon aspettano.
(Ho ripreso questo bel testo da un articolo di Franco La Ferla pubblicato nel primo numero del 1990 di R/S Servire e riproposto in un Dossier proposto dal Centro Documentazione che raccoglie anche altre riflessioni su questo tema e che mi pare un ottimo strumento per continuare a ragionarci. )

Lo chiediamo ai giovani Da vecchia capo e quadro innamorato dellAssociazione non posso fare a meno di leggere in questo pezzo di strada che la Branca R/S sta per cominciare unopportunit straordinaria per tutti noi. Sono sempre stata convinta che tutto quello che come capi

abbiamo da dire al nostro territorio, dalle comunit locali al Paese, passa attraverso i volti e le voci dei nostri ragazzi. Sapremo alimentare la loro energia, ponendoci per primi come testimoni credibili di scelte coraggiose? Sapremo trasmettere la passione per il mondo che vogliamo costruire? Secondo Padre M.D. Forestier, autore di Scoutismo, strada di libert, leducazione delluomo deve essere orientata verso il rinnovamento del mondo anche se non sempre facile immaginare il mondo che vogliamo fare. Non si tratta di definirlo o di segnarne le tappe. Nessuno di noi potrebbe profetizzare le strutture di domani. Invece dipende da noi avere un certo atteggiamento di fronte allavvenire, e davanti a un mondo incessantemente da rifare. Si tratta di rinnovare sempre la nostra riserva di indignazione dinnanzi alla ingiustizia e di amore per la citt da costruire. Questo atteggiamento comporta uno sguardo che guarda molto lontano, che deve essere accompagnato da una volont di fare sin dora cose che incomincino a modificare il mondo, a guarirlo, a sistemarlo. E primordiale, per abituare i giovani a preoccuparsi della sistemazione delle citt, far loro trovare sin dora delle imprese alla loro portata che vadano nella direzione di quello che vogliamo cambiare. Credo allora che il cammino di questo Capitolo serva a noi capi per ricordarci che lo scautismo un modo meraviglioso di vivere e di salvare il mondo e concludo questa raccolta di idee sparse attingendo ancora ai pensieri di Don Andrea Ghetti: Per salvare il mondo attuale - che nonostante tutti i suoi difetti sentiamo d'amare perch nostro e a noi vicino - occorre un gesto di donazione totale e generosa. Lo chiediamo ai giovani. Paola Fedato

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