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Filippo Borgeaud

La coppia sacro/profano
La coppia sacro/profano, intesa come strumento concettuale, che consente di isolare alcuni fenomeni permettendo cos la loro analisi nel contesto di una storia delle religioni, appare come il frutto di una genesi recente, databile a partire dalla comparsa del testo di Durkheim su La proibizione dellincesto e le sue origini (1898). Il presente studio cerca di dimostrare da dove essa venga e come sia stata accettata cos rapidamente (e per molto tempo senza critica) [come un qualcosa di evidente] nel campo delle ricerche fenomenologico-teologiche e delle indagini che si considerano di eredit sociologica. *** [Saltando dovutamente lintroduzione, tanto inutile quanto ampollosa] Come disciplina accademica, la storia delle religioni emerge, a partire dal 1870 prima in terra protestante, in un clima di secolarizzazione, i cui ideali, eredit della Rivoluzione, condurranno la Francia, ad esempio, a laicizzare la scuola tra il 1881 e il 1886, prima di realizzare la separazione delle Chiese e dello Stato (1905). Allestremit di questo movimento si osserva la volont di laicizzare le Facolt di Teologia: in Olanda o a Ginevra, ad esempio, viene garantito un approccio storico e critico. Nel 1879 una cattedra di Storia comparata delle religioni viene istituita al College de France, annunciando la creazione nel 1886 della Scuola pratica degli alti studi religiosi (concepita come facolt di teologia laica, storica e comparatista). Questa ricerca fu aiutata dal pieno sviluppo di due discipline nuove: la linguistica comparata (attraverso Max Muller) interessata sia allo sviluppo dellorientalismo, sia al progetto di costituire un corpus dei grandi testi sacri dellumanit; e letno-antropologia (di cui, tra gli altri esponenti, troviamo Robertson Smith e Sir James Frazer). Considerata dal punto di vista della storia del suo sviluppo, la storia delle religioni pu, dunque pretendere di contribuire a chiarire il dibattito sulla genesi e le metamorfosi del sacro nel XX secolo. Questa storia, questo sviluppo, in quel che concerne gli usi della nozione di sacro, non sono in effetti dei fenomeni confinati ai laboratori accademici. La ricezione, immediatamente, tocca una pluralit di discipline e riguarda un progetto di civilizzazione, influenzato dalle nuove reinterpretazioni che gli si d del concetto rousseauista di religione civile fino alla III Repubblica. Il dibattito considerato punto di partenza, che si instaura accademicamente alla fine del XIX sec. intorno alla questione delle origini della religione, trabocca largamente il contesto delle specializzazioni. Lemersione del nostro oggetto (lopposizione sacro/profano) si effettua su un terreno gi solcato ovunque: si tratta n pi n meno di quello in cui si trova deposto, alla fine del XIX sec, la questione delle origini, quella dei primi stadi dellevoluzione che conduce il selvaggio (o primitivo) alla civilt. Su questo sfondo, attraversato da poco dalla orda primitiva di Darwin, la questione del sacro compare come quella delle origini della religione: prima di Dio, prima degli di, ma fondamento del contratto sociale, indissociabile dal legame comunitario, che cosa sarebbe potuto essere loggetto del sentimento religioso? Le risposte avanzate dallora, da Tylor ad Eliade, tramite Durkheim e Otto, ci sembrano, in questo modo, variazioni dello stesso tema, quello del sacro, concepito come il sagrato del tempio (cit. Otto). Ci pone un problema di vocabolario. Il sacro, in latino ci che appartiene al campo (mbito) degli di; in questo senso sacer si oppone a profanus, inteso come ci che stato estratto (ritirato) dal tempio, ci che stato reso per lutilizzo umano. Lopposizione, infatti, analoga a quella che i Romani stabiliscono tra il pubblico e il privato. In latino, non c posto per un qualsiasi sagrato se non tra i due contesti [pubblico e privato, ndt+. Si o dentro o fuori. Non c, tra lambito del privato e quello degli di e dei sacerdoti, uno 1

spazio intermedio di religione civile. In una citt che ignora la trascendenza assoluta del divino, il profano non potrebbe in effetti esistere come spazio autonomo, distinto per natura da uno spazio sacro. Non esistono che delle persone, delle cose, dei luoghi e dei tempi che sono oggetto di scrupoli pi o meno intensi, e che sembrano potere momentaneamente (e ritualmente) sottrarsi alla loro appartenenza primaria e incontestata, dimora esclusivamente divina. La religione concepita come una negoziazione tra gli di e i rappresentanti della citt [umana], destinata a mantenere i primi a debita distanza, a sminuire le loro temibili pretese. Il cittadino deve poter respirare e muoversi pi o meno liberamente in uno spazio marcato dalla legge e dalle istituzioni, ma beninteso che si tratta sempre di libert una precaria. Per luomo dellAntichit classica, la civilt unacquisizione fragile, una concessione sempre revocabile. Laggettivo francese sacro *sacr+ non deriva direttamente dal latino sacer. Esso , infatti, il participio passato del verbo consacrare *sacrer+, che corrisponde al latino sacrare (derivato esso stesso da sacer). Laggettivo sacr, che corrisponde al latino sacratus ( e non a sacer!) designa dunque ci che fatto oggetto di consacrazione. In francese, come in inglese, inteso nel senso cristiano, che non ha pi molto a che vedere con lopposizione latina pre-cristiana sacer/profanus. Laggettivo profano, pur senza perdere il suo senso tecnico e religioso, stato usato sempre pi spesso in senso metaforico, finendo per designare lignorante rapportato allesperto, il non-iniziato rapportato alliniziato, nel campo della creazione artistica. Il profano era diventato colui che si trova allesterno dal laboratorio, un laboratorio che, in questo contesto, occupa il posto anticamente riservato al tempio o al luogo dei misteri. Il riferimento pi evidente in Orazio: odi profanum volgus et arceo, sento il volgo ignorante e lo tengo a distanza. Questo uso ha dominato la modernit, fino allintervento di Durkheim e della sua scuola, anche se si pu riscontrare un residuo del senso originario del termine nel suo uso ecclesiale, dove il verbo profanare designa lazione di rimuovere un oggetto dallo spazio del santuario, farlo passare dal mondo degli di a quello degli uomini. Prima di guadagnare lo stato di un sostantivo in grado di designare una categoria di fenomeni rilevanti dellantropologia religiosa (il sacro), la parola sacro rimasto pi spesso un semplice aggettivo, designante una qualit rilevante di una categoria generalmente intesa come santit. Ci rinvia esplicitamente, nella tradizione cristiana, ai precetti di santit dellAntico Testamento (Levitico): Siate santi, perch Io, Yhwh vostro Dio, sono santo (= qadosh, in ebraico), che nella Vulgata latina diventa: Sancti estote, quia Ego sanctum sum, Dominus Deus vester. La santit, qui, designa sia la perfezione per adeguamento al modello divino (concepito sotto i tratti di un dio esclusivo, geloso) sia la separazione dagli impuri (gli altri, i politeisti), separazione sanzionata tramite lAlleanza e le Tavole della Legge. Nel Nuovo Testamento, in Matteo, questo precetto diventa talvolta (nel Discorso della montagna): Sarete perfetti come il Padre vostro celeste perfetto; talvolta (nella prima lettera di Paolo): Sarete santi perch io sono santo; o ancora (nella prima lettera di Giovanni): Chiunque ha questa speranza in Lui (il Padre) si rende puro come Ges puro. Sottolineiamo che al termine santo (sanctus), eredit della Vulgata che traduce lebraico qadosh (nel greco dei Settanta hgios) corrisponde a ben tre termini dellAntico Testamento greco: ileios (= perfezione), hgios (= santit) e hagns (= purezza). Il latino conserva solo perfectus e sanctus, ma evita sacer. Ci significa che anche se appare dai nostri studi una categoria detta del sacro, ben necessario che si realizzi un processo di distinzione, allinterno di ci che continuiamo a intendere come santit. E necessario, in un certo senso, che il sacro fugga dalla santit cristianamente concepita come una forma di perfezione che rinvia allunicit e alla trascendenza divina. Che viene a occupare, in rapporto alla santit, il 2

posto del sagrato. La difficolt di tradurre il tedesco heilige che unisce ancora in una sola parola le potenzialit sia del sacro che della santit, colpa di un vocabolo alternativo, illustra la realt.

R. Smith La religione dei Semiti, 1889 Testimone delle origini di questo processo il lavoro di Robertson Smith: una miniera molto rapidamente sfruttata da lettori privilegiati e attenti (Frazer, Durkheim, Freud) che ne diffonderanno, ben aldil del circolo degli iniziati, le tesi principali. In particolare, dapprincipio, unipotesi rivoluzionaria concernente le origini dellistituzione sacrificale, di cui la forma pi arcaica sar quella della messa a morte e della consumazione, da parte del clan, dellanimale totemico: un rito di comunione, destinato a rinnovare il legame sociale condividendo il sangue dellantenato, concepito sotto le specie del suo rappresentante animale. Un solo esempio osservato, molto fragile, quello che riporta lo pseudo - San Nilo nel V sec. Si trattava della sopravvivenza provvidenziale di unistituzione preistorica, sotto i tratti di un rito pre-islamico praticato dalle popolazioni barbare, il cui territorio si estendeva dallArabia al Sinai. La descrizione che ne dona Smith merita dessere citata:
Il cammello scelto come vittima legato su un altare rudimentale di pietre sovrapposte, e avendo, il capo del gruppo, condotto tre volte i fedeli attorno laltare in una processione solenne accompagnata da canti, infligge ad esso il primo colpo, mentre le ultime parole dellinno sono ancora sulle labbra della congregazione, e in tutta fretta beve una parte del sangue che sgorga. Al suo seguito, tutta lassemblea si precipita sulla vittima, tagliando con le spade dei morsi di carne palpitante e la divorano cruda con una rapidit cos selvaggia che nel breve intervallo che separa il levarsi della stella del giorno [del mattino, ndt], che segna lora in cui deve cominciare il servizio, e la scomparsa dei suoi raggi davanti al sole nascente, lintero cammello, corpo e ossa, peli, sangue e interiora, si trova divorato. Il significato evidente di ci che la vittima doveva essere divorata prima che la sua vita avesse lasciato il sangue e la carne ancora caldi, - la carne cruda chiamata carne viva in ebreo e in siriaco e che cos ogni partecipante alla cerimonia doveva assorbire (nel senso pi letterale possibile) in se stesso una parte della vittima. Vediamo come un tale rito esprima, in maniera tanto pi vincolante di un pasto ordinario, linstaurazione o la conferma di un legame di vita comune tra i fedeli stessi e, dopo che il sangue ha macchiato laltare, anche tra i fedeli e il loro dio.

Tale appare il solo esempio, mai osservato, di un sacrificio di comunione totemica. Ancora, esso rapportato in unopera di finzione edificante indirizzata a dei lettori naf (= ingenui) e devessere constatato, con G. Foucart (1912), che il povero cammello di san Nilo non merita di portare sul suo dorso il peso delle origini di una parte della storia delle religioni. Lontano dal costituire un indice privilegiato della preistoria del sacrificio eucaristico, questunica testimonianza nasce, al contrario, come frutto di un fantasma cristiano, un miraggio che si forma in relazione allUltima Cena, nel desiderio di opporre alla santit dei monaci del Sinai, una terrificante pratica sacrificale dei barbari, che si suppone sia sorta, precisamente, come espediente (o strumento, ndt) dei martiri: noto, infatti, che il raid di questi barbari e il massacro dei monaci che fa da oggetto al racconto da cui tratta la descrizione di questo rito, non corrispondano ad alcuna realt storica. Visto come un lontano antenato del sacrificio cristiano, il pasto della comunione totemica si rivela essere solo un richiamo epistemologico, un miraggio erudito che oggi ci sembra risibile, ma la cui efficacia, fino a Freud e oltre, fa pensare a quella, pi recente, della ripartizione trifunzionale Dumziliana che, ha dato origine a innumerevoli indagini e speculazioni. Nel sistema di R. Smith, uno degli elementi essenziali il proibito che si accompagna allanimale totemico. La consumazione di questo animale dona al rituale un aspetto di trasgressione collettiva, con la 3

condivisione della colpa. Il legame sociale si trova cos fondato su un crimine condiviso. Questidea, che Smith non sviluppa, ma che sar destinata a un importante avvenire (ben presto indipendente dal totemismo) lo fonda sulla nozione stessa di proibito, cos come lha definita: In tutti i popoli primitivi dice la libert, in s assoluta, dellutilizzo umano delle cose naturali, si trova di fatto limitata da un sistema di restrizioni che dettano delle regole di santit. Il rispetto di queste regole primitive, a cui Smith, come Frazer, d il nome polinesiano di tabu, nasce dal timore delle punizioni soprannaturali. Sceglie di assegnare a queste intuizioni primitive il nome di tabu, per ben distinguerle dagli sviluppi ulteriori dellidea di santit nelle religioni avanzate. Il tabu dei selvaggi, infatti, contrariamente alla nozione evoluta di santit, unisce in una sola entit originale ci che pi tardi sar distinta in contaminazione (impurit) da un lato, e santit dallaltro. Questo carattere paradossale del tabu, quando lo si considera in maniera retrospettiva, sembra annunciare sia la nozione psichiatrica di ambivalenza elaborata da Bleuler (1910) sia il concetto di coincidentia oppositorum introdotto da Rudolf Otto, nel suo libro Das Heilige (1917) e destinato a divenire una matrice [pilastro, ndt] della disciplina. La definizione di R. Smith, che riflette una prospettiva accademicamente antropologica e cristianamente protestante, si spiega dal fatto che ci troviamo, a questo punto, in una fase di transizione (e dunque di discriminazione) tra ci che risulterebbe della magia (caratterizzata dalla paura di un potere sconosciuto ed ostile, una forza soprannaturale il cui contatto produrrebbe una contaminazione a sua volta contagiosa) e la religione (caratterizzata da regole di santit la cui causa sarebbe il rispetto verso gli di). Per Smith tutti i tabu sono ispirati dal timore del soprannaturale, ma c una grande differenza morale col prendere delle precauzioni per rispettare le prerogative di un dio amichevole. La prima attitudine, aberrazione selvaggia, rileva superstizione magica, la seconda contiene in germe i princpi dellordine morale e del progresso sociale, fondato sulla sanzione del dio della comunit. I divieti, la restrizioni porterebbero indifferentemente allorigine sia del santo che dellimpuro; la rottura dei divieti che provoca in un caso come nellaltro, dei pericoli soprannaturali. Che essi siano (teoricamente) rapportati al santo o allimpuro, i divieti hanno (praticamente) le stesse conseguenze sulla vita ordinaria delluomo. La sola differenza interviene, di fatto, sul piano di unintenzionalit che finisce per riferire gli uni e non gli altri, a degli di. La santit, cos, fuggirebbe lambivalenza rivelata dal tabu. Si pu intuire nel cuore del sistema di R. Smith, il desiderio di mantenere a buona distanza la vera religione, la nostra, da ci che rivelarono, in abbondanza, gli studi sul campo della prima antropologia religiosa, che, alla fine del XIX sec diffusero in Europa, a partire dalla Polinesia, lAmerica dei Pellerossa o della Melanesia tutta una serie di concetti incantatori, che esercitavano il loro fascino sullEuropa borghese: si trattava di nozioni ti tabu, di totem, di orenda, di manit e mana, che vennero ad aggiungersi ai feticci e agli altri antenati africani gi conosciuti. Alla preoccupazione di proteggere lintegrit della religione, sotto la copertura dellevoluzionismo, pu essersi mischiato strettamente un altro desiderio gi evocato, quello di eliminare alla religione, cos purificata, ogni decisione sul mondo; allora un progetto di laicizzazione verso cui sottende lindagine sulle origini. In questi due poli, il ventaglio di posizioni ideologiche possibili molto ampio.

E. Durkheim Le forme elementari della vita religiosa, 1912 E a tal proposito, in questo contesto e in questo clima che conviene situare la famosa definizione che Durkheim propone della religione: Una religione un sistema solidale di credenze e di pratiche relative a delle cose sacre, sarebbe a dire separate, vietate; credenze e pratiche che uniscono in una stessa 4

comunit morale, chiamata Chiesa, tutti quelli che vi aderiscono. E noto che questa definizione sia stata formulata a sostegno di un progetto di religione civile, il sacro in Durkheim autorizza (fondandola) la pratica laica del sociale. Si pu parlare, a proposito della sociologia che si crea allora, di profetismo istituzionale. La parola Chiesa (con la maiuscola) che interviene in questa definizione, rinvia in effetti allaspetto eminentemente collettivo (condiviso) sia della pratica che delloggetto al quale si indirizza il culto (il dio la societ stessa!). A questa definizione fa eco una pagina non meno famosa: Verr un giorno in cui le nostre societ conosceranno di nuovo delle ore di effervescenza creatrice, durante le quali sorgeranno nuove idee, si libereranno nuove formule che fungeranno, per un periodo, da guida per lumanit; e queste ore, una volta vissute, gli uomini sperimenteranno spontaneamente il bisogno di riviverle di tanto in tanto col pensiero, cio di conservarne il ricordo tramite le feste che ne ravvivano regolarmente i frutti (...) Non ci sono vangeli che siano immortali e non c ragione di credere che lumanit sia ormai incapace di concepirne di nuovi. La prima edizione delle Forme elementari risale al 1912. Ci sar da fare un lungo lavoro per stabilire le tappe che conducono Durkheim allanalisi della religione. [Segue descrizione della vita accademica di Durkheim, facilmente reperibile su Wikipedia, tsk] Solo nel 1895 trova il modo di approcciarsi allo studio della religione sociologicamente, grazie anche alla lettura del lavoro di Smith. Successivamente diventa difficile distinguere il suo lavoro da quello dei discepoli Hubert e Mauss. La prima formulazione dellopposizione della sfera del sacro con quella del profano dovuta a Durkheim e al suo famoso studio La proibizione dellincesto e le sue origini. La si ritrova in uno sviluppo della nozione del tabu, nozione che rinvia essa stessa allaspetto religioso del totemismo. Ispirandosi a R. Smith e a Frazer, Durkheim presenta il tabu come una forma distituzione che si trova alla base di tutte le religioni primitive e, in un certo senso, di tutte le religioni. I divieti, i tabu hanno la funzione di separare due sfere nellintenzione di prevenire i pericolosi effetti di una contaminazione magica. La prima sfera, la si intuisce, non pone problemi. In un certo senso non importa chi o cosa. Che ne , allora, del secondo, introdotto da Durkheim come una cosa o una categoria di cose, in cui si suppone risieda un principio soprannaturale? Questa seconda sfera appare dapprima come quella in cui si confondono il potere (i capi [leaders, ndt]) e la religione (i sacerdoti, il culto, gli di): Cos, severamente vietato a un uomo del volgo di toccare sia un sacerdote, sia un capo, che uno strumento di culto. Perch in questi soggetti dlite abita un dio, una forza talmente superiore a quelle umane che un uomo ordinario non toccarli senza riceverne uno choc terribile; una tale potenza supera a tal punto la sua che essa non pu rivelarsi a lui senza spezzarlo. E cos che il divino, dal fatto stesso di essere separato dal volgare, sembra dotato di un potere pericoloso; ma si potrebbe dire che, dal canto suo, il volgare si tiene a debita distanza dal divino perch sembra dotato di una contagiosit superiore. La contagiosit appare cos sia causa che effetto, e non si pu sapere chi tra le due (la repulsione del volgo o la decisione di mantenersi a distanza dal divino) sia la prima. Si pu dire, in termini Freudiani, che Durkheim non distingue lanalista dallanalizzante. Quello che interessa e rende il suo discorso affascinante levidenza [prova] della contagiosit e delle paure che sono legate a questo strano carattere delloggetto tabu: sono necessari dei contenitori scelti per accogliere tali energie. Se esse passano a un soggetto la cui natura mediocre non prepara a un tale ruolo, praticheranno delle vere e proprie devastazioni. Avendo reperito questevidenza *prova+, egli pu tornare al tema propriamente detto del suo studio, la proibizione dellincesto considerato nella sua forma pi primitiva, lesogamia che il risultato di un tabu totemico: Vediamo il rapporto esistente tra il divieto e lesogamia. Questultima ugualmente un divieto di contatto: ci che proibisce lapproccio sessuale tra donne e 5

uomini dello stesso clan. I due sessi devono evitarsi con la stessa attenzione con cui il sacro fugge il profano, e viceversa; e ogni infrazione alla regola solleva un sentimento di orrore che non differisce per natura da quello che si attribuisce alla violazione di un tabu. Lanno seguente, nello studio intitolato Sulla definizione dei fenomeni religiosi, la vasta categoria di cose sacre diventa loggetto principale, fondamentale di tutte le ricerche sulla vita religiosa. Un oggetto pi antico e pi vasto, pi importante del credere agli di. Questa categoria, detta del sacro, si distingue da quella del profano nella misura in cui costituita dal lavoro collettivo della tradizione. Non essendo creazioni individuali, le rappresentazioni (collettive, ndt) di ordine religioso sono oggetto di un rispetto particolare; in esse si sente qualcosa di augusto che le separa. La maniera speciale tramite cui impariamo a conoscerle le separa da ci che conosciamo tramite i processi ordinari delle rappresentazioni empiriche. Ecco da dove viene la divisione delle cose in sacre e profane, che alla base di tutte le organizzazioni religiose. Definite come quello di cui la societ stessa ha elaborato la rappresentazione, le cose sacre si oppongono alle cose profane come lo spirituale al temporale: ci torner in un linguaggio simbolico a esprimere la dualit dellindividuale e del sociale, della psicologia propriamente detta e della sociologia.

Hubert e Mauss - Saggio sulla funzione e la natura del sacrificio La definizione di Durkheim precede immediatamente nella seconda edizione de Lanne sociologique il Saggio sulla funzione e la natura del sacrificio in cui Hubert e Mauss giungono alla conclusione che il sacrificio stabilisca una comunicazione tra il mondo sacro e quello profano tramite lintermediazione di una vittima, cio di una cosa distrutta nel corso della cerimonia. Questa comunicazione, le cui modalit rituali (in particolare la consacrazione tramite la distruzione) sembrano creare uno dei due termini (il sacro, ndt), sarebbe voluta dal profano, che vede nel sacro (il termine creato dal rito) la fonte della sua stessa esistenza. Si potrebbe parlare, ancora, di un meccanismo di effetto del reale (la cui funzione dare agli uomini limpressione che esso descriva il mondo reale, cit. Wikipedia, ndt). Si tratta, infatti, di unoblazione (offerta, ndt) particolare. Come il dono, il sacrifico presuppone una gi stabilita distinzione tra il mondo dellofficiante e quello del destinatario del rito (in generale un dio), ma il sacrificio si distingue dal dono nellesigere la distruzione della vittima; ci ha per effetto lintensificarsi dellaspetto della rinuncia (abbandono di un oggetto prezioso, abnegazione), fino al punto di mobilizzare, mettere in gioco le energie religiose pi forti, soggette ad attuare devastazioni. La pratica pericolosa, nella misura in cui pretende di stabilire una continuit tra due sfere normalmente separate, e tenute a debita distanza luna dallaltra: quella del religioso (del sacro, degli di) e il campo profano al quale appartiene il sacrificante. La vittima, sulla quale sono concentrate le energie create con le fasi preliminari del rito (le consacrazioni successive), messa a morte perch queste energie, liberate, scappano le une verso gli esseri del mondo sacro, le altre verso gli esseri del mondo profano. La serie di stati che la vittima attraversa, potrebbe dunque essere rappresentata da una curva: essa si eleva a un grado massimo di religiosit nel quale non resta che un istante, e dal quale discende progressivamente. Al cuore del sacrificio, c dunque confusione, per un instante, tra il sacrificante, la vittima e il dio. Il capitolo finale del Saggio consacrato al sacrificio del dio stesso, un sacrificio in cui si uccide il dio che crea il sacrificio. Riprendendo letteralmente alcune espressioni usate da Durkheim a proposito del tabu e della contagiosit, Hubert e Mauss insistono sul pericolo di questatto, che mette in moto forze temibili e nelle quali la vittima, in definitiva, non che un sostituto del sacrificante: Se il sacrificante simpegnasse nel sacrificio fino alla fine, vi troverebbe la morte e non la vita. La vittima lo sostituisce. Essa sola penetra nella sfera pericolosa del sacrificio, vi 6

soccombe, ed l per soccombervi. Il sacrificante resta al riparo: gli di prendono [la vittima] al posto di prendere lui. Il sacrificio secondo Hubert e Mauss, appare al termine di una lunga evoluzione. Lelaborazione di un siffatto rito presuppone in effetti che gli di si siano gi distinti dal totem, che essi abbiano gi acquisito la forma di spiriti pressoch puri, pi o meno personali. Era necessario che le cose sacre si fossero definitivamente separate dal profano. A partire da qui, si giunge direttamente alla definizione della religione come amministrazione del sacro, formulata da Henri Hubert nella sua importante introduzione alla traduzione francese del Manuale di storia delle religioni dellolandese Chantepie La Saussaye, nel 1904. Lautorit di questo manuale, insieme allinfluenza della scuola sociologica francese, spiega le stupefacente facilit con la quale lopposizione sacro/profano (tutta nuova) sera gi imposta, molto prima di Caillois e di Eliade, come un fondamento evidente di ogni approccio al fenomeno religioso. Ma si preparano nuove metamorfosi, che attingono dalle considerazioni di Robertson Smith sullassenza di distinzione originale tra il santo e limpuro. Nelle forme elementari, Durkheim afferma che uno dei maggiori servigi che R. Smith ha reso alla scienza delle religioni quello daver messo in luce lambiguit della nozione del sacro. Il campo che fa fronte al profano [ergo il sacro, ndt], in effetti, appare come quello delle opposizioni e dei capovolgimenti. Le forze religiose sono tanto positive, benefiche, buone, tanto negative, temibili, malvagie. Suscitano sia il rispetto e lamore, sia lorrore e il timore. Tutta la vita religiosa gravita attorno a questi due poli opposti, che si rivelano, entrambi, dello stesso e unico universo, quello del sacro. I sentimenti che suscita non differiscono per natura: C dellorrore nel sentimento religioso, soprattutto quando molto intenso, e il timore che ispirano le potenze maligne ha, in genere, un qualche carattere reverenziale. Il puro e limpuro non sono, dunque, due generi separati, ma due variet dello stesso genere che comprende tutte le cose sacre. Ci sono due tipi di sacro, uno fasto laltro nefasto, e non vero che tra le due forme opposte non ci sia soluzione di continuit, anzi uno stesso oggetto pu passare dalluna allaltra senza cambiare natura. Con del puro si fa dellimpuro, e viceversa. E nella possibilit di queste trasmutazioni che consiste lambiguit del sacro. Durkheim pensa di trovare la causa di questa ambiguit (rivelata ma non spiegata da Smith) nellorigine stessa delle rappresentazioni collettive che ne costituiscono il campo di manifestazione. La vita sociale, a partire dalla quale vengono edificate le rappresentazioni mitologiche, passa necessariamente tramite degli stati di euforia e di disforia collettivi. Sono dunque le colorazioni contrastate [diverse sfumature, ndt] delleffervescenza collettiva, secondo la diversit delle circostanze della vita sociale, che causeranno la formazione di rappresentazioni religiose dai caratteri ambigui.

S. Freud Totem e tabu, 1912 In Totem e tabu Freud pretende di rispondere, un anno dopo la comparsa delle Forme elementari, ad alcune questioni tralasciate dagli antropologi. Ha letto attentamente lo studio di Durkheim sulla proibizione dellincesto, e cos anche il Saggio sul sacrificio di Hubert e Mauss. Una grande referenza, dal titolo fino alle ultime pagine, va, tuttavia, al Frazer di Totemismo ed esogamia, del quale saluta il genio e lerudizione, ma al quale rimprovera di non aver compreso esattamente il rapporto che esiste tra i due termini della sua indagine molto ricca: il totem e il tabu (dunque lesogamia). Frazer, come anche Durkheim, si mostra incapace di rispondere definitivamente alla questione: perch la proibizione dellincesto? Nella prospettiva di Freud, questimpossibilit dovuta a un rifiuto di affrontare (col pretesto di accontentarsi dellosservazione e della descrizione) la domanda fondamentale: da dove vengono, una volta per tutte, i 7

divieti, fonti ultime della religione? E nota la sua risposta: I tabu sarebbero dei divieti molti antichi, imposti un giorno dallesterno a una generazione di uomini primitivi, e cio senza dubbio inculcati brutalmente a quella, dalla generazione anteriore. Il divieto che in s non ha niente di spontaneo o innato, che non consustanziale alla natura umana, riporta, tuttavia, necessariamente, ai pi antichi e intensi desideri, sarebbe a dire, per il ragazzo (Edipo), il desiderio di uccidere il padre e di unirsi alla madre. Ci che gli rivela la sua esperienza analitica, sul piano dellontogenesi, Freud lo rapporta a ci che gli insegna, sul piano filogenetico, lantropologia della sua epoca, ridotta per loccasione (a fine libro) a due apporti particolarmente leggendari, come lorda primitiva di Darwin e il sacrificio totemico di Smith. Operando la sintesi di questi tre dati [esperienza analitica, Darwin e Smith, ndt], pu, infine, rivelare il grande avvenimento che ha segnato linizio della civilt e che dallora non cessa di tormentare lumanit, un avvenimento allorigine di tutte le religioni successive, le quali apparirebbero come reazioni, come soluzioni proposte a un problema unico. Quello che pone la coalizione e la rivolta dei fratelli isolati dallorda, che tornano insieme per uccidere e mangiare il padre (istanza del divieto, ostacolo al potere e alla soddisfazione sessuale, ma nello stesso tempo oggetto di tenerezza e ammirazione). Dopo lomicidio quello che riemerge necessariamente (dato che nessuno dei figli pu prendere il posto del padre, essendo stato, lassassinio, collettivo) la tenerezza, sottoforma di pentimento e di senso di colpa. Il misfatto allora rinnegato, dichiarando vietata la messa a morte del totem (sostituto del padre) e rinunciando alle donne del clan, divenute libere (esogamia). E cos che, mossi dal senso di colpa, creano i due tabu fondamentali del totemismo (che non potevano che concordare coi due desideri repressi del complesso di Edipo). Nella scena del sacrificio totemico, istituito come risultato di questa crisi, il padre compare due volte: come dio, e come vittima (lanimale totemico). Questa doppia presenza segna il trionfo finale del padre, al quale il sacrificio offre riparazione dellinfamia perpetrata, nellatto stesso che perpetua il ricordo di questo misfatto. Il sacrificio (tramite la condivisione di un crimine collettivo) diventa cos fondamento della societ. Al cuore del sacrificio, e come suo principio, Freud pone la nozione di trasgressione e quella di ambivalenza, per la quale rinvia esplicitamente a E. Bleuler, ma del quale avr potuto mostrare la designazione, dallo sviluppo di R. Smith sul santo e limpuro, o quello di Durkheim sullambiguit del sacro (il sacro fasto o nefasto, il puro e limpuro). Contrariamente a Durkheim, per il quale lambiguit (e dunque anche la ricchezza, il fascino) del sacro si oppone alla pallida univocit del profano, Freud non distingue le due categorie (sacro/profano, ndt). Il suo romanzo delle origini, che si potrebbe qualificare come finzione sperimentale, poggia in effetti su unaltra opposizione, quella del conscio e linconscio, del desiderio e il divieto. Nel suo laboratorio, lo psicologico (dominio dellindividuo e del profano per Durkheim) si ricongiunge al sociologico, lontogenesi alla filogenesi. Ci che Freud avvia, dal nostro punto di vista, la rivalorizzazione del soggetto come terreno di osservazione legittimo nel quadro di una indagine sullorigine della religione. Un soggetto caratterizzato dallambivalenza dei sentimenti, e dal desiderio di trasgressione. Considerato da questangolo, il contributo di Totem e tabu alla riflessione sul sacro fu certamente pi determinante, nel campo delle scienze religiose, rispetto a ci che lasciano intendere i sarcasmi occasionali che turbano, a malapena, un silenzio quasi generale.

R. Otto - Il sacro, 1917 Con questo libro che vuole ignorare del tutto Freud e Durkheim, il sacro simpone nel campo degli studi religiosi come un campo danalisi privilegiato dellesperienza soggettiva. Lapproccio proposto da Otto, dispirazione sia mistica che neo-kantiana, non avrebbe certamente conosciuto un tale successo se il suo autore non avesse, paradossalmente, apportato lacqua al mulino eretto da Durkheim e i suoi discepoli. Al contrario anche linfluenza di questi ultimi che si fa sentire, molto presto, sulla ricezione dellopera di 8

Otto. Dalla traduzione italiana realizzata da Ernesto Bonaiuti nel 1926, Das Heilige si vuole in effetti tradurre, senza esitazioni con Il sacro, e verosimilmente non sarebbe stato il caso trentanni prima. Lopera ha un sottotitolo, che ne definisce il programma: Lelemento non razionale nellidea di divino e la sua relazione col razionale. Lidea di Otto che i predicati con laiuto dei quali la filosofia e la teologia si sforzano di esprimere dio sono inevitabilmente inadeguati, nella misura in cui si rapportano a unentit che fugge alla loro razionalit. Questi predicati, o attributi, mirano a una realt inaccessibile per loro, a causa della loro stessa essenza; la religione non si esaurisce nei suoi enunciati razionali. Tuttavia, lontana dallessere ridotta al silenzio, lesperienza religiosa, quella mistica in particolare, notevolmente eloquente. Per conseguenza, secondo Otto, conviene guardare alle espressioni religiose meno elaborate, le pi primitive, le pi prossime allesperienza bruta ed immediata. Si incontra ci che egli chiama il numinoso, un elemento specifico di questa categoria della percezione che, nelle vecchie tradizioni, e designato da termini come qadosh, hagios e sanctus: vi si percepisce immediatamente qualcosa che pi dellelevazione allinfinito degli attributi abituali o razionali di dio (bont, bellezza, ecc), un surplus di cui noi abbiamo il sentimento (sensus numinis) e che si tratta di considerare. Invitiamo il lettore a fissare la sua attenzione al momento in cui ha sentito unemozione religiosa profonda e, per quanto possibile, esclusivamente religiosa. Se egli non capace o non conosce quel momento, lo preghiamo di fermare qui la sua lettura. Il numinoso si lascia percepire, al livello pi primitivo, attraverso un sentimento di terrore che una reazione affettiva, emotiva, allincontro con una presenza esteriore misterioso ma reale, che rivela lestrema finitezza, la nullit del soggetto. Il sentirsi nulla di fronte a questo totalmente altro, d a questesperienza una tonalit di mysterium tremendum, di mistero che suscita terrore. Nella mitologia vetero-testamentaria [Antico testamento, ndt], ci si esprime descrivendo lira di Yhwh. Dal terrore del tremendum, e dellumilt che esso implica, si passa in tutta naturalezza allidea dellinaccessibilit assoluta e della potenza di questo totalmente altro, della sua maestosit. Da qui, si sfocia sulla sorpresa, lo stupore, il fascino, lammirazione e il rapimento. Divenuto mysterium fascinans, dopo essere stato riconosciuto come tremendum, il numinoso rivela il suo carattere paradossale, che spinge gli specialisti a elaborare una teologia del prodigioso [inoui], un vero assalto alla logica naturale ingaggiato da parte della logica della coincidentia oppositorum (coincidenza degli opposti). Disposizione originale dello spirito stesso, da localizzare in ci che i mistici chiamano gli abissi dellanima, il sacro analizzato, in Otto, come una categoria a priori. La sua scoperta, o piuttosto la sua esperienza, sarebbe sorta come una strana novit nellanima dellumanit primitiva, una novit da cui procede tutto lo sviluppo storico della religione. Si tratterebbe di un sentimento che, rinviando alla trascendenza divina, non si esplicherebbe nella storia, ma che, invece, nellesplicarsi, determinerebbe levoluzione di una storia del sentimento religioso. Il sacro fa dunque da oggetto di un primo approccio, metastorico e comparatista (indifferente ai contesti culturali), prima di divenire il motivo conduttore di un esame cristiano centrico dellevoluzione storica dellumanit. In effetti, nei termini di Otto bisogna ammettere che allorigine dellevoluzione che costituisce la storia delle religioni, esistano alcune cose strane che la precedono, come un sagrato e che, pi tardi, esercitino ancora una profonda influenza su essa. Lanalisi di Otto ha per oggetto specifico questo sagrato che sembra fuggire ai tempi. Situato in qualche punto tra il profano e il fanum, questo sar il luogo proprio del sacro. Agente simultaneo di repulsione e seduzione, rivelatore di una realt discordante, ma infinitamente pi ricca e pi profonda degli enunciati della ragione, il sacro di Rudolph Otto non poteva mancare di piacere a coloro che, discesi dalla scuola di Durkheim e Mauss, avranno ritenuto che alluniverso borghese della banalit quotidiana faccia fronte un mondo incantato di forze temibili e fondatrici. Mentre in Durkheim il sacro appariva come il prodotto delleffervescenza collettiva, ma come garante di una pratica civile, pacifica 9

e legittimamente borghese, ecco venire, parallelo a quello della spiritualit mistica, il tempo del sacro di trasgressione (espressione di Caillois). Un sacro che non pi il prodotto ma la causa, lorigine, il motore stesso delleffervescenza. Al mondo freddo e insipido del profano (quello della sopravvalutazione del legame sociale e della societ di consumo), promessa allindividuo una fuga collettiva, in direzione, non di Dio (come in Otto), ma di una realt ultima, quella del sacrificio inteso come festa della spesa e della consumazione. Al non essere borghese viene a contrapporsi il sacro.

Caillois - Luomo e il sacro, 1939 Ricordiamo che Luomo e il sacro di Caillois, sfociava in questa frase finale: Anche la verit permanente del sacro risiede simultaneamente nel fascino dellinferno e nellorrore della caduta. Molto pi di unenigmatica e sontuosa formulazione dellambivalenza costitutiva del sacro, questa frase vuole dire che la festa moderna per eccellenza, lo spazio dincandescenza e di parossismo costitutivo del sacro, si rivela oggi essere la guerra, e non come ci si potrebbe ingenuamente attendere, le vacanze, intese come il congedo pagato, acquisto tutto recente delle lotte socialiste, ma che rinvia lindividuo a stesso, nel vuoto e lassenza, lontano da ogni esuberanza (Caillois dixit). Ritorno al caos primitivo, la festa guerriera, equivalente moderna dei grandi raduni del clan dei cingolati, avrebbe la funzione di rigenerare, ringiovanire (ritemprare) il mondo, lordine e lequilibrio sociale minacciati dallusura e dallinvecchiamento. Troviamo, in Caillois, la trasformazione di un motivo (che si vorrebbe oggi desueto) formulato da Frazer e gi sfruttato in altri casi (come nei rituali di fine anno) dal giovane Dumzil del Festino dellimmortalit (1924) e del Problema dei centauri (1929). Per meglio apprezzare il percorso che conduce dalle Forme elementari a questa presa di posizione che emana dai lavori del College de sociologie (fondato nel 1937 da Caillois, Bataille e Leiris), sarebbe necessario prendere in considerazione linsieme del periodo tra le due guerre. Sarebbe necessario seguire in particolare il percorso di Marcel Mauss, che conduce dal sacrificio al dono e alla spesa (con la sua analisi famosa del potlash della Colombia britannica). Sarebbe necessario aver presente, ancora, la ricezione di Nietzsche e di Heidegger nel campo della storia delle religioni. Tutto ci, per, impossibile da esporre in questo lavoro. Il sacro, nella sua opposizione al profano, ci apparso come un puro prodotto della scuola sociologica francese. Sorge alla fine del XIX sec. per occupare il posto che, in questi grandi raduni dei primitivi, dei moderni e dei laici, corrisponde a quello della santit giudaico-cristiana. Come ci che costituirebbe il legame sociale, in assenza di Rivelazione o di Alleanza. Emergendo (in Durkheim) in un progetto di religione civile e di morale repubblicana, il sacro vedeva il suo destino programmato in funzione di una valorizzazione del profano, prima di trovarsi scartato da questultimo al punto da sembrare incompatibile con lui, e di opporsi a lui come lessere al non-essere, il senso al non-senso e, infine, il mito alla storia. Su questultimo punto conviene evocare lesempio di Eliade. Un esempio istruttivo nella misura in cui egli ci porta a constatare un fenomeno sorprendente e inspiegabile, ossia il recupero del sacro, da Otto a Van der Leeuw, poi Eliade e oltre, tramite una corrente di pensiero esplicitamente religioso e non pi sociologico n etno-antropologico. Infatti a che punto siamo oggi? Il sacro, il profano, non appaiono pi come dei concetti operatori, n per gli antropologi, n per gli storici vicini allantropologia: essi sembrano sopravvivere per gli eredi della fenomenologia religiosa. Questa, nata nelle officine teologiche, potr essere definita, in gran parte, come unimpresa di recupero del sacro. 10

M. Eliade Trattato di storia delle religioni Lopera di Eliade, da questo punto di vista sintomatica. E costruita sul postulato che lessere e il senso fuggano al tempo, e che il sacro sia da ricercare sul piano degli archetipi, aldiqu della diversit profana dei contesti culturali. Eliade fa della comparazione uno strumento molto libero rispetto alla storia, ma indispensabile per la costruzione di ci che chiama unontologia arcaica, di fatto una teologia di tutte le religioni, a uso e comprensione dei soli storici delle religioni, una sorta di meta-teologia che fugga la storia. Riflesso mutilato e limitato dellarchetipo, ogni enunciato religioso storico sar (si suppone) in grado di portare la sua pietra per ledificazione di questa meta-teologia. La comparazione di tutti gli enunciati permetter di ricostruire delle forme plenarie, di cui linsieme disegner una morfologia del sacro, sottotitolo dato da Eliade al Trattato di storia delle religioni, comparso a Parigi nel 1949. Il sacro si opporrebbe cos al profano, come il mito (discorso arcaico) si opporrebbe alla storia, sarebbe a dire, in definitiva, in una maniera analoga a quella in cui la Storia sacra, dei tempi di Racine, si opponeva ancora alla storia profana. Eliade, cos, opera un formidabile passo indietro metodologico, una retromarcia che poteva far passare inosservata (come generalmente fece) la ricchezza giubilante della sua erudizione e lelegante leggerezza della sua scrittura.

Caillois - Eliade Nella Prefazione allUomo e il sacro, Caillois aveva annunciato ci che doveva divenire la conseguenza reale dellindagine scientifica, in una sorta di avvertimento (indirizzato a chi studia per scrivere) contro la sua stessa fatica, caratterizzato da un uso temerario della comparazione. Dopo aver dichiarato che in fondo, del sacro in generale, la sola cosa che si pu affermare validamente contenuto nella definizione stessa del termine: ci che si oppone al profano, egli riconosce la complessit labirintica dei fatti, una situazione che condanna la sua indagine a sfociare in soluzioni che non sono valide che per la media dei fatti, alla quale nessun singolo fatto corrisponde esattamente. Avanza allora la formula seguente, in cui ci far piacere riscoprire il sottotitolo dato dieci anni pi tardi da Eliade al Trattato, ma in un senso del tutto diverso: Non potendo approcciare lo studio dellinesauribile morfologia del sacro, ho dovuto tentare di scriverne la sintassi. La morfologia del sacro, per Caillois, avrebbe infatti presupposto una moltitudine di monografie sul rapporto del sacro al profano in ogni societ. Occorrerebbero diverse vite scrive.

Conclusioni Un aneddoto tratto da Tristi tropici, per concludere. Lvi-Strauss, in Amazzonia, colpito dalla disinvoltura con cui i Bororo mischiano alcune attivit, la cui confusione, per un Europeo, potrebbe sembrare scandalosa. Le credenze spirituali e le abitudini quotidiane si mescolano strettamente e non sembra che gli indigeni si accorgano di passare da un sistema a un altro. Questa sfrontatezza a faccia a faccia col soprannaturale mi ha stupito tanto pi che il mio solo contatto con la religione risale ad uninfanzia gi da non credente, quando durante la prima guerra mondiale abitavo da mio nonno, rabbino di Versailles. La casa, adiacente alla sinagoga, era a questa collegata da un lungo corridoio interno dove non ci si cimentava senzangoscia e che formava, da solo, una frontiera invalicabile tra il mondo profano e quello al quale mancava precisamente quel calore umano, che stato una condizione preliminare alla sua percezione come sacro. 11

Il lavoro di diverse vite annunciato da Caillois s trasformato, poi, in un lavoro collettivo. E alcune delle monografie augurate sono oggi disponibili. Ci si dimenticati per strada, come meritava e come aveva annunciato lo stupore di Lvi-Strauss, lopposizione sacro/profano. I fatti si sono rivelati davvero troppo complessi per lasciarsi bloccare in una tale eredit. Ma la comparazione si dimostrata fruttuosa, a un livello molto pi profondo. Si tratta di un altro episodio, che trova anchesso origine nelle speculazioni sul totem e il tabu, e che conduce, come si sa, in direzione di riflessioni di antropologia culturale e cognitiva, collocando il divieto al centro della problematica dellidentit e delle procedure di classificazione.

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