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Premessa:

Il concetto di totipotenza Nelle cellule vegetali, a differenza di ci che avviene in quelle animali, la separazione tra linea somatica e linea germinale molto tardiva. Inoltre, le cellule vegetali presentano un accrescimento numerico illimitato. Tali caratteristiche si possono condensare nella definizione di totipotenza, che caratterizza le cellule vegetali e che rende possibile coltivare tessuti vegetali, ma anche cellule, su substrato artificiale ed in ambiente controllato, permettendo la tecnica della coltura in vitro. Preparazione del substrato di coltura agarizzato La preparazione del substrato di crescita riveste unimportanza fondamentale in ogni fase in vitro del ciclo di propagazione. Per ogni specie e per ogni fase, infatti, vi uno specifico substrato. La scelta degli elementi che devono far parte del substrato deve essere accurata sia nel tipo che nella concentrazione. Per le specie gia conosciute esistono delle formulazioni che portano il nome dei loro scopritori (M&S 1962, L&S 1964), mentre per le nuove specie che devono essere micropropagate, si deve procedere empiricamente e mettere a punto un substrato adatto.Essenzialmente in un substrato di crescita bisogna considerare: la componente minerale (inorganica), costituita da: macroelementi:rappresentano i principali elementi indispensabili per la crescita delle piante e sono azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio, e zolfo. Le formulazioni con cui si possono utilizzare e le concentrazioni variano tra i vari substrati e dipendono dalla specie utilizzata. microelementi:sono presenti nei substrati in piccole quantit, sono metalli, e hanno notevole importanza poich svolgono un ruolo essenziale nei vari processi metabolici e fisiologici della pianta. I microelementi principali utilizzati per la micropropagazione sono ferro manganese, zinco, boro, rame, cobalto e molibdeno . Il ferro viene somministrato in forma di chelato per far si che resti in soluzione (FeEDTA). la componente organica, rappresentata essenzialmente da: 1)Carboidrati: bisogna considerare che nellambiente in vitro i germogli non riescono ad espletare la normale attivit di fotosintesi sia perch gli scambi gassosi sono ridotti per la presenza del film plastico che riveste il contenitore, quindi non riescono ad avere la giusta quantit di CO2, sia perch lintensit luminosa della camera di crescita molto bassa. Di conseguenza per ovviare ad una insufficiente attivit fotosintetica, si rende indispensabile la aggiunta al substrato di crescita del saccarosio, come sorgente energetica, in concentrazioni che oscillano intorno al 2-4%. La presenza di zucchero nel mezzo di coltura, pu essere rischioso da un punto di vista fitosanitario, creando un ambiente adatto per lo sviluppo di funghi e batteri. Oltre al saccarosio si possono somministrare altri zuccheri semplici come glucosio e fruttosio. 2) vitamine: svolgono, quando presenti, una funzione di cofattore della crescita entrando a far parte di diverse attivit cellulari. Le pi utilizzate sono tiamina (0,1-0,5 mg/l), mio-inositolo e biotina (0,1mg/l), acido nicotinico e piridossina. 3) regolatori della crescita: la presenza dei regolatori della crescita il fattore che caratterizza la diverse fasi del ciclo di propagazione. Sebbene nelle piante gli ormoni non abbiano unazione specifica, considerato che uno stesso effetto potrebbe essere stimolato da ormoni diversi, in alcune fasi la presenza di alcuni di essi influisce in maniera marcata sul tipo di risposta dei germogli. Nella micropropagazione gli ormoni pi utilizzati sono auxine, citochinine e gibberelline. La concentrazione e le combinazioni in cui vengono utilizzati variano notevolmente in funzione della specie vegetale e/o in relazione alle risposte che si desiderano. 4)agar: conferisce al substrato una consistenza gelatinosa; in questo modo possibile mantenere i germogli in posizione eretta; questi viene aggiunto al substrato prima dellautoclavazione a concentrazione di 5-7 g/l. Unico svantaggio che rallenta la diffusione dei nutrienti allinterno del substrato, quindi i germogli possono assorbire solo gli elementi presenti intorno alla loro base. Per questo motivo il rinnovo del substrato si rende necessario e frequente. Altra componente organica che talvolta viene usata nella micropropagazione la pectina che spesso aggiunta al mezzo di coltura per ridurre i fenomeni di vitrescenza.

Fasi della micropropagazione in vitro (o Meristematica)


Le fasi tipiche di una coltura in vitro sono: allevamento delle piante-madri in sanit (stadio 0); scelta del propagulo e sua disinfezione; prelievo dell'espianto e messa in coltura (stadio I); proliferazione degli espianti e loro moltiplicazione via sub-cultura (stadio II) radicazione degli espianti (stadio III); acclimatazione in serra (stadio IV).

Fase 0: Selezione e preparazione della pianta madre La scelta della pianta da cui prelevare il materiale o espianto di partenza importante per assicurare, a fine ciclo propagativo, una produzione di buona qualit. La pianta madre che pu essere allevata sia in serra che in campo deve rispondere allo standard varietale, deve essere indenne da patogeni (in particolare per i fruttiferi, esente da virus), deve essere vigorosa e non deve aver subito stress ambientali. Per ridurre il livello di contaminazione possono essere eseguiti trattamenti fitosanitari, mentre per incentivare la successiva crescita e proliferazione in vitro degli espianti utile somministrare dei fitoregolatori. In serra pi facile mantenere le piante sane perch si possono controllare i fattori che determinano lo sviluppo dei patogeni e quindi le infezioni. Di grande importanza il controllo della percentuale di umidit ambientale, che deve essere il pi basso possibile. Il materiale di partenza pu essere prelevato da piante in attiva crescita o dormienti a seconda della specie, dell'et e del metodo di coltura; deve essere comunque reattivo alla coltura in vitro quindi le gemme, se dormienti, vanno trattate, ad esempio con il freddo, per rimuovere la dormienza. Il comportamento della futura coltura di meristemi, come precedentemente sottolineato, influenzato da: la stagione di prelievo dell'espianto: le condizioni ambientali di temperatura e luce intensit e fotoperiodo) determinano nei tessuti della pianta un diverso contenuto di carboidrati di riserva, di proteine, ma soprattutto di ormoni; lo stato fisiologico della pianta madre: un apice vegetativo in attiva crescita si sviluppa in vitro pi rapidamente rispetto ad uno proveniente da una gemma, anche se pi difficile conseguire la sua sterilizzazione; let della pianta madre: per certe specie, prevalentemente forestali, indispensabile partire da materiale fisiologicamente giovane, poich l'adattabilit della pianta alla coltura in vitro viene spesso perduta con l'et. Al fine di ottenere un ringiovanimento del materiale di partenza si possono fare innesti su giovani semenzali, oppure si ricorre alla potatura di ringiovanimento. Fase 1: Organizzazione della coltura asettica Questa fase prevede la raccolta del materiale, la sua sterilizzazione, il prelievo e la messa in coltura. Raccolta del materiale La gemma formata dai meristemi dell'apice caulinare (gemma apicale) e dagli abbozzi fogliari,

all'ascella dei quali possono gi essere presenti gli abbozzi degli apici dei rami laterali (gemme ascellari o laterali). Zone meristematiche suscettibili (cio in grado di formare gemme) possono permanere o differenziarsi successivamente anche in altre posizioni, come sulle porzioni vecchie dei rami, sul fusto, sulle radici e persino sulle foglie, nel qual caso le relative gemme si dicono avventizie. Nelle gemme mediante le quali la pianta supera la stagione avversa (gemme ibernanti) gli abbozzi fogliari pi esterni si trasformano in organi di protezione (perule), mentre gli altri abbozzi fogliari pi interni rimangono invariati. I periodi migliori per prelevare gemme in riposo vegetativo sono l'autunno e la fine dell'inverno. Preferibilmente vanno prelevate gemme a legno (a cui non vanno assolutamente rimosse le perule), oppure gli apici vegetativi possono essere ottenuti anche da una gemma germogliata in vitro. Il materiale raccolto va conservato in sacchetti di plastica per evitare la disidratazione e, se conservato per pi giorni , va tenuto in frigorifero a 3- 4C. Sterilizzazione La sensibilit del materiale durante la fase di sterilizzazione influenzata dallo stadio di vegetazione. Un apice vegetativo di un germoglio in attiva di crescita infatti pi sensibile delle sottostanti gemme ascellari, che sono parzialmente lignificate. molto importante che l'agente sterilizzante entri in contatto con tutta la superficie dell'espianto, sopratutto se questo dotato esternamente di peli o/e cere. In alcuni casi la sterilizzazione di superficie non elimina contaminazioni interne di batteri patogeni o non patogeni. Se l'espianto contaminato riesce a sopravvivere manifesta comunque un rallentamento della crescita e della proliferazione. Stabilizzazione Gli espianti sterili, provenienti dalla fase precedente, vengono trasferiti in opportuni substrati di coltura. La grandezza degli espianti varia da meno di 1 mm a pochi centimetri: se derivano infatti da meristemi apicali, provenienti da gemme dormienti o in attivit, hanno una lunghezza compresa tra 0,1-1,5 mm, mentre se derivano da germogli la loro lunghezza compresa fra 1-3 cm. L'apice gemmario che viene prelevato contiene una zona di cellule in attivit di crescita ed alcuni primordi fogliari all'ascella dei quali si differenziano le gemme ascellari. Dalla crescita ed allungamento di questi abbozzi si ottiene il germoglio iniziale, pi o meno sviluppato, che prende il nome di rosetta. I fitoregolatori che vengono impiegati in questa fase e che favoriscono lo sviluppo degli espianti, sono gli stessi utilizzati durante la moltiplicazione e comprendono nella maggior parte dei casi, una auxina ed una citochinina; la loro concentrazione dipende dalla specie che si propaga e dal tipo di espianto . Fra le citochinine quella pi utilizzata la benzilamminopurina (BAP). Generalmente la concentrazione di citochinina impiegata per i meristemi 0,1 mq/l, mentre per i germogli apicali pari ad 1 mq/1. Le stesse concentrazioni vengono utilizzate per le auxine: acido 3-indolbutirrico (IBA), o meno frequentemente, acido naftalenacetico (NAA). Durante la fase di stabilizzazione sono importanti le condizioni di luce e temperatura presenti nella camera di crescita. Per la maggior parte delle specie il fotoperiodo di 16 ore e la temperatura compresa fra 23-27 C. La durata di questa fase di 3-6 settimane. La stabilizzazione spesso difficile e richiede particolari procedure, sopratutto per evitare la produzione di sostanze che impediscono lo sviluppo dell'espianto. Questi composti non sono stati ancora classificati chiaramente, spesso tuttavia sono tannini condensati o idrolizzabili, o altri composti fenolici, la cui biosintesi complessa, ma sembra comunque iniziare dall'acido scichimico. Sono naturalmente presenti nei vegetali, in quantit pi o meno abbondante a seconda dello stadio fenologico e dell'etdella pianta, come ad esempio la lignina. L'incremento della produzione di fenoli associata ad una diminuizione dell'accrescimento, della sintesi proteica e ad un'alta concentrazione di zuccheri. In generale la concentrazione dei polifenoli aumenta con l'et dei germogli. Nel castagno la

concentrazione di tannini bassa all'inizio del ciclo vegetativo, massima nel mese di maggio e a fine estate (prima dell'entrata in riposo), mentre minima nel periodo compreso fra gennaio e marzo. Poich la riuscita della crescita in vitro legata al momento del prelievo dell'espianto, nel pesco, per evitare una notevole produzione di tannini dopo il taglio, questo viene eseguito nel mese di giugno, quando i germogli sono in attiva crescita. In questo periodo minore la concentrazione di perossidasi e polifenolossidasi, mentre elevato il contenuto di auxine. Altri composti fenolici, contenuti sopratutto nel vacuolo, sono: flavonoidi, tannini idrolizzabili, acido caffeico. Tutte queste sostanze svolgono un ruolo importante perch favoriscono i processi di cicatrizzazione e sono, inoltre, un mezzo di difesa contro molti parassiti. I prodotti di ossidazione dei fenoli sono composti bruni, detti chinoni, tossici e che inibiscono l'attivit di alcuni enzimi rovocando il deperimento ed il graduale imbrunimento dell'espianto fino alla morte. L'ossidazione favorita, oltre che dall'aria, dalla presenza di enzimi quali perossidasi e polifenolossidasi e causa l'imbrunimento oltre che dei tessuti anche del substrato. Questo problema sentito sopratutto in alcune specie particolarmente ricche di sostanze polifenoliche, come ad esempio il noce, il castagno ed il pesco, limitanto l'utilizzazione della micropropagazione nei laboratori commerciali. Sono state sperimentate diverse tecniche per ridurre la produzione di queste sostanze da parte degli espianti coltivati in vitro.

Fase 2: Moltiplicazione o proliferazione In questa fase i singoli germogli ottenuti precedentemente vengono posti in opportuni substrati che favoriscono il loro rapido accrescimento e l'attivit delle gemme ascellari e/o avventizie, in modo tale che da ciascuna di esse si sviluppino altrettanti germogli in un periodo di tempo compreso fra 3-5 settimane a seconda delle specie e delle condizioni di coltura. I nuovi germogli possono essere: inviati direttamente alla successiva fase di radicazione; sottoposti ad una fase di allungamento per ottenere una maggiore uniformit dei germogli che vengono successivamente posti a radicare; nuovamente moltiplicati su un substrato fresco per ottenere altri (sub-coltura). In questo modo al termine di questa fase si pu ottenere un numero molto elevato di germogli. Se le condizioni di sviluppo dell'espianto non sono ottimali pu esistere anche il rischio di mutazioni, sopratutto per le specie che non hanno una buona stabilit genetica. Esperimenti eseguiti su Actinidia chinensis Pl. hanno evidenziato che questa specie adattabile alla coltura in vitro e non perde la capacit morfologica anche se mantenuta per un lungo periodo nella fase di moltiplicazione. Inoltre, nelle successive sub-colture, rimane inalterato il numero cromosomico e, quindi, l'actinidia dimostra anche una buona stabilit ed perci una specie rispondente alla micropropagazione. Se le tecniche di trapianto non sono eseguite correttamente, o se le condizioni di sterilit dell'ambiente o degli strumenti di lavoro non sono ottimali, si pu avere inquinamento della coltura da funghi o da batteri. Le contaminazioni da funghi sono facilmente identificabili per lo sviluppo di muffe, che si evidenziano dopo alcuni giorni. Pi difficile il riconoscimento delle infezioni batteriche, perch solo alcune si evidenziano precocemente con la formazione di colonie ben delimitate sulla superficie del terreno, o di intorbidamento diffuso del substrato. Le pi subdole si manifestano con aloni alla base dei germogli dopo 20 o pi giorni dalla messa in coltura, perci possibile diffondere la contaminazione alle successive sub-colture. Fase 3: Radicazione Come precedentemente accennato, la fase di radicazione pu essere preceduta da un periodo di 15-20 giorni, detto periodo di allungamento, in modo da ottenere germogli ben sviluppati: Il substrato utilizzato lo stesso della fase 2, ma con una concentrazione molto ridotta di citochinine ed una pi

elevata di acido giberellico, in modo da evitare l'attivit delle gemme ascellari ma favorire l'allungamento dei germogli. Successivamente ha inizio la fase di radicazione vera e propria. Nel processo rizogeno si possono distinguere tre fasi: fase di induzione (4 giorni), durante la quale non si osservano variazioni istologiche; fase iniziatrice o di differenziazione (4-6giorno), una cellula parenchimatica comincia a modificarsi aumentando il proprio volume; fase di attivit meristematica. Nella seconda fase diminuisce la concentrazione di perossidasi e conseguentemente aumenta il livello di auxine endogene. La radicazione influenzata dalla concentrazione degli elementi minerali e dello zucchero, dalla presenza di carbone attivo, dalla natura del substrato, dal tipo di auxina, dalla sua concentrazione e dalla interazione con le altre sostanze ormonali e non presenti nel terreno di coltura. Fra i fattori fisici e ambientali che influenzano il radicamento rivestono notevole importanza l'intensit luminosa ed il fotoperiodo. Per quanto riguarda la composizione minerale del substrato di radicazione, ad esempio nel melo, la concentrazione dei macro-elementi viene dimezzata. Tra gli ormoni vengono utilizzate soltanto le auxine in concentrazione variabile a seconda della specie micropropagata e del metodo di somministrazione agli espianti. I germogli possono infatti restare in un substrato contenente acido 3- indolbutirrico, acido naftalenacetico o acido indolacetico per tutto il periodo necessario alla emissione delle radici, oppure essere trasferiti dopo circa una settimana (quindi al termine della fase di induzione alla radicazione) in un mezzo di coltura privo di acido 3-indolbutirrico. La rizogenesi possibile limitando il contatto dei germogli con le auxine ad una sola settimana perch queste svolgono una azione favorevole nell'indurre il processo di radicazione, ma inibiscono l'accrescimento delle radici neo-formate. Ci dimostrato dalle percentuali di radicazione che si ottengono in Actinidia chinensis immergendo i germogli in una soluzione di acido 3-indolbutirrico (19mg/l) per un breve periodo di tempo e coltivandoli poi in un substrato privo di auxina, oppure utilizzando per tutta la fase di radicazione un terreno di coltura contenente 1mg/l di acido 3-indolbutirrico, che rispettivamente sono pari al 75% ed al 37,5%. Un altro metodo per favorire l'emissione delle radici l'immersione della parte basale dei germogli (1 cm circa) in una soluzione contenente acido 3-indolbutirrico ed il successivo trasferimento dei germogli in un substrato privo di auxine per l'emissione delle radici. Sempre nel castagno, si consegue una ottima radicazione lasciando immersi i germogli per un tempo variabile fra 2-15 minuti a seconda della concentrazione di auxina (rispettivamente 1-0,5 mg/l). La rizogenesi influenzata negativamente dalla presenza di tannini e altre sostanze fenoliche. Sopratutto nelle specie dove la produzione di questi composti notevole, per favorire l'emissione delle radici al substrato si aggiunge carbone attivo, che assorbe anche altre sostanze tossiche. Gli effetti positivi del carbone presente nel mezzo di coltura sono stati evidenziati sia sull'accrescimento in vitro che sulla successiva fase di radicazione dei germogli di Sequoia giganteum. Un'altra tecnica che favorisce la radicazione dei germogli l'eziolamento degli stessi per 1-2 settimane all'inizio della fase di radicazione. Nel melo si ottengono risultati positivi mantenendo gli espianti al buio per 4-7 giorni. Il mantenimento al buio del materiale vegetale ed il carbone attivo hanno un effetto sinergico sulla radicazione. Mantenendo infatti germogli di melo al buio per 8 giorni in un substrato contenente sia acido 3-indolbutirrico che carbone si ottiene una percentuale di radicazione pari all'86,2% mentre in assenza di carbone questa percentuale scende al 65%. Tuttavia durante il periodo di eziolamento bene che nel substrato non sia presente il carbone attivo perch pu assorbire l'acido 3-indolbutirrico. Come supporto fisico per i germogli possono essere impiegati substrati agarizzati, terreni liquidi, torba, vermiculite e agriperlite. Questa fase ha una durata di 3-5 settimane e l'emissione di radici funzionali si pu rilevare dalla formazione di nuove foglie. Fase 4: Ambientamento o Acclimatamento l'ultima fase della micropropagazione: le piantine vengono trasferite dalla camera di accrescimento alla serra quando presentano un apparato radicale sufficiente a garantire l'attecchimento "in vivo". L'ambientamento si distingue in due stadi: attecchimento delle piantine nel nuovo substrato di trapianto; ambientamento vero e proprio alle condizioni della serra e del campo.

Il primo stadio si favorisce mantenendo umidit e temperatura simili a quelle in vitro. Dopo alcuni giorni, se gli apici mostrano attivit di crescita, inizia il secondo stadio durante il quale temperatura e umidit vengono portate lentamente a quelle naturali. L'ambientamento reso difficile dalle caratteristiche dei tessuti in vitro cresciuti in un ambiente caratterizzato da temperatura uniforme, umidit elevata e costante. Per permettere ai diversi organi di riacquistare la normale attivit, l'acclimatamento deve quindi essere graduale. Il livello di umidit del substrato di trapianto rappresenta un fattore importante sia per l'accrescimento delle radici che per un eventuale attacco di patogeni; perci devono essere impiegati substrati capaci di assicurare una sufficiente permeabilit ed areazione del mezzo e contemporaneamente trattenere una quantit soddisfacente di acqua. I componenti del terriccio pi comunemente utilizzati sono: torba, sabbia e perlite, in rapporti diversi a seconda delle esigenze delle specie. Attualmente vengono sperimentate anche schiume sintetiche inerti. Per avere unumidit atmosferica simile a quella dei vasi di coltura pu essere impiegato un sistema di spray che incrementa gradualmente gli intervalli di erogazione dellacqua. Con questo metodo si raggiunge spesso un livello di umidit del substrato eccessivo che pu causare asfissia radicale. Perci preferibile l'impiego di tunnel di plastica posti sopra i bancali, nei quali l'elevato livello di umidit assicurato dalla evaporazione dell'acqua contenuta nel terreno. La luce e la temperatura vanno mantenute allo stesso livello della fase precedente. Tuttavia le diverse tecniche presentano vantaggi e svantaggi in base ai costi delle strutture ed al fabbisogno di umidit e temperatura delle singole specie. L'ambientamento determina delle variazioni della struttura e della funzionalit de tessuti. La pianta coltivata in vitro presenta, infatti, un metabolismo diverso rispetto ad una pianta cresciuta in condizioni normali: essenzialmente eterotrofa poich per il suo accrescimento utilizza il saccarosio presente nel substrato di crescita e fissa solo piccole concentrazioni da anidride carbonica. Uno dei primi problemi incontrati dalle piante ex vitro l'eccessiva perdita di acqua. Per favorire il graduale aumento dello spessore del mesofillo e la riduzione degli spazi intercellulari e quindi evitare stress di trapianto, la pianta va inizialmente mantenuta in condizioni il pi possibile vicine a quelle della camera di crescita. In alcune specie le radici formate su substrato agarizzato non presentano un capillizio radicale e muoiono dopo il trapianto ma se ne sviluppano altre ex novo che assicurano la sopravvivenza della pianta. Prove eseguite su Acacia koa hanno evidenziato che le radici sviluppatesi su substrato liquido presentano invece peli radicali ed un sufficiente sistema vascolare. Se la radicazione avvenuta in un substrato agarizzato, le piantine vanno sciacquate in acqua per eliminare residui del mezzo di coltura che favoriscono lo sviluppo di batteri e funghi patogeni. Vantaggi e svantaggi della micropropagazione I vantaggi principali della micropropagazione possono essere cosi riassunti: 1) produzione di un gran numero di piante,utilizzando anche solo una pianta madre, con un notevole risparmio nel mantenimento delle stesse; 2) garantire luniformit genetica delle nuove piante rispetto alla pianta madre; 3) ottenimento di un gran numero piantine in uno spazio ristretto; 4) riprodurre piante virus esenti; 5) pu costituire un utile strumento per la conservazione del germoplasma di una specie, cio di quei genotipi che per vari motivi non sono pi utilizzati , ma depositari di caratteri genetici molto importanti, conservabili in vitro ed in uno spazio limitato; 6) possibilit di propagare specie a basso potenziale rizogeno e quindi difficilmente moltiplicabili con le tecniche pi tradizionali (talea, propaggine, margotta). Gli svantaggi derivanti dalla propagazione in vitro sono rappresentati essenzialmente: alti costi per le attrezzature richieste; richiesta di personale qualificato e specializzato vista lesigenza di lavorare in ambiente asettico e controllato; rischi di ottenere variazioni genetiche non controllabili nel materiale di propagazione; diffusione di patogeni che se non sono subito individuati possono causare problemi molto seri.

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