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Introduzione

Il problema
Ho un po esitato a scrivere questo libro. Non soltanto infat-
ti esso riproduce sostanzialmente le lezioni da me tenute tra
lottobre e il novembre del :cc; presso lIstituto di studi fi-
losofici di Napoli e conserva quindi il carattere essenzial-
mente didattico di quelle lezioni, che non avevano pretese di
particolare originalit scientifica; ma alcune almeno delle af-
fermazioni in esso contenute erano gi presenti in miei libri e
articoli precedenti sul Ges storico e la natura dei vangeli, in
particolare nel fortunato saggio su La verit dei Vangeli. Ge-
s di Nazaret tra storia e fede, pi volte ristampato dalledito-
re Carocci. Il lettore che conosce quelle pubblicazioni non
potr perci non avvertire lesistenza di alcune ripetizioni ri-
spetto a quanto avevo gi scritto. E tuttavia ho ritenuto op-
portuno scrivere il libro, e scriverlo proprio su questo tema
specifico. questo, infatti, a mio parere il vero problema che
sta dietro tutte le pubblicazioni su Ges che si sono susse-
guite negli ultimi anni a ritmo vertiginoso e hanno ottenuto
anche grande successo di pubblico. Il famoso Codice da Vin-
ci di Dan Brown, che stato uno dei pi clamorosi casi lette-
rari degli ultimi anni, indubbiamente era anzitutto un thriller
abilmente confezionato, ma non aveva anche lo scopo di in-
sinuare che accanto alla tradizione su Ges trasmessa dal cri-
stianesimo ufficiale esiste unaltra, e ben diversa, tradizio-
ne che la Chiesa ha provveduto a tenere nascosta per secoli?
,
E perch la pubblicazione del Vangelo di Giuda ha suscitato
tanto scalpore se non per il sospetto (abilmente alimentato
dallincredibile battage pubblicitario) che accanto allinter-
pretazione della vicenda di Ges contenuta nei vangeli cano-
nici ne esisteva unaltra del tutto opposta, che aveva per au-
tore proprio quel disgraziato apostolo condannato per sem-
pre come il traditore per antonomasia? Ma anche il testo, cer-
tamente pi sobrio e scientificamente fondato, di Corrado
Augias e Mauro Pesce Inchiesta su Ges, che pure ha ottenu-
to in Italia un successo tanto grande quanto imprevisto, sug-
gerisce almeno il dubbio che i vangeli canonici abbiano com-
pletamente trasformato limmagine storica reale di Ges, e
che esista dunque un altro Ges, il Ges ebreo, che del tut-
to diverso da quello dei vangeli cristiani. Ma daltra parte
questi libri non avrebbero avuto tanto successo, e non sareb-
bero probabilmente neppure apparsi, se non ci fosse oggi nel-
lindagine su Ges un orientamento scientifico che, muoven-
do dalla convinzione dellesistenza di una pluralit di inter-
pretazioni della figura di Ges nel cristianesimo delle origini
e della parzialit quindi di quella, teologicamente orientata,
che offerta dai vangeli canonici, ritiene di dover scavare un
fossato enorme tra la figura storica di Ges e linterpretazio-
ne datane da questi vangeli. Non parlo di quelle ricerche su
Ges, purtroppo anchesse abbastanza frequenti, che, prive
di qualunque fondamento scientifico, si muovono allinsegna
del pi puro sensazionalismo (e giungono a volte fino ad af-
fermare che Ges non neppure esistito). Parlo invece di un
orientamento di studi che si presenta con indubbia seriet
scientifica. Quella che oggi si definisce spesso genericamente
la terza ricerca (third Quest) sul Ges storico (dopo quella
del protestantesimo liberale del XIX secolo e quella degli al-
lievi di Rudolf Bultmann del XX), ma che in realt pi pro-
priamente lorientamento che in questa indagine appare og-
gi dominante, soprattutto negli Stati Uniti dAmerica (e an-
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cor pi dominante appare attraverso i mezzi di informazione
di massa), e che, rispetto alle prime due, ha il merito indub-
bio di essere una ricerca schiettamente storica, non teologica,
e quindi non confessionale, caratterizzata infatti proprio
dalla divaricazione che pone tra il Ges ebreo e i vangeli cri-
stiani. a questa ricerca in effetti (polemicamente qualifica-
ta come neo-liberale, ma considerata comunque un serio in-
terlocutore) che vuole opporsi in maniera particolare il libro
di James D. G. Dunn su La memoria di Ges da poco appar-
so in Italia, che partendo dallassunto metodologico che non
abbiamo altro accesso alla figura di Ges se non attraverso i
ricordi di lui che si trovano nei vangeli (canonici), nega ap-
punto decisamente lesistenza di quel fossato. Ed su questo
specifico orientamento scientifico della ricerca attuale su Ge-
s che le posizioni dottrinali della Chiesa cattolica e di una
certa cultura laica si contrappongono quindi in maniera fron-
tale, in una valutazione dei rapporti tra il Ges storico e il Cri-
sto dei vangeli che non potrebbe essere pi distante. a que-
sto orientamento della ricerca che si oppone per esempio in
maniera decisa il libro di Joseph Ratzinger (oggi Benedetto
XVI) su Ges di Nazaret, che precisamente il tentativo di rea-
gire a questa divaricazione totale tra il Ges storico e il Cri-
sto dei vangeli per rassicurare invece i fedeli cattolici che il
vero Ges storico proprio quello dei vangeli canonici (un
tentativo per, questo di Ratzinger, teologico assai pi che
storico, che identificando il Ges storico nel Cristo dei van-
geli rischia anzi di negare qualunque validit alla ricerca sto-
rica, ricadendo in una lettura pre-critica dei testi). Mentre
proprio fondandosi su quella ricerca (in modo tuttavia non
solo particolarmente supponente, ma anche gravemente uni-
laterale, e quindi ancor pi acritico) che Paolo Flores dAr-
cais ha ritenuto di poter ribattere sulla rivista MicroMega
alle conclusioni del libro del papa. Una lettura (confessiona-
le) sostanzialmente pre-critica e una lettura (anticlericale) de-
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cisamente ideologica dei vangeli si contrappongono cos nel-
lindagine sul Ges storico senza alcuna possibilit di dialo-
go. E impongono pi che mai una valutazione critica dei te-
sti in nostro possesso che, sforzandosi di non essere ideologi-
ca, non torni tuttavia ad essere ingenua.
Questo libro affronta quindi laltra faccia del problema
indicato nel saggio sulla verit dei vangeli, ne mette in rilievo
laspetto che, per quanto anche l gi presente, era meno sot-
tolineato. Se infatti La verit dei Vangeli nasceva dal bisogno,
sentito allora come particolarmente urgente, di ricordare al
comune lettore che i vangeli canonici di Matteo, Marco, Lu-
ca e Giovanni, pur avendo la loro base storica nella vicenda
di Ges di Nazaret, sono fondamentalmente testi teologici,
prodotti della fede dei discepoli in Cristo risorto, destinati es-
senzialmente allannuncio (al krygma, come dicono gli stu-
diosi), e non era quindi una indagine sul Ges storico ma una
riflessione sulla natura dei vangeli, questo libro nasce invece
dal bisogno, divenuto nel frattempo altrettanto se non pi ur-
gente, di ricordare che limmagine del Cristo dei vangeli e di
Paolo, pur essendo indiscutibilmente una immagine di fede,
saldamente fondata sulla figura storica di Ges. E si pre-
senta quindi realmente come una riflessione non soltanto sul-
la natura dei vangeli, ma anche sul Ges storico.
Una precisazione devo fare per immediatamente riguar-
do al titolo. Ponendo la domanda il cristianesimo ha tradito
Ges?, non intendo riferirmi al cristianesimo e alla Chiesa
attuali. Che la Chiesa, quella cattolica in particolare, oltre ad
aver dato vita nella sua storia a movimenti e istituzioni di
grande valore spirituale e civile, abbia molte volte tradito Ge-
s cos evidente che non ha bisogno di essere provato. Ba-
sti pensare alle crociate, allinquisizione, alla conquista del
nuovo mondo, alle guerre di religione o, pi recentemente, al
sostegno ai regimi totalitari e al discutibile rapporto col de-
naro. Che limponente apparato dottrinale elaborato dal cri-
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stianesimo nei secoli, pur suscitando la pi grande ammira-
zione per quello che appare come lenorme sforzo della tra-
dizione cristiana di comprendere meglio il mistero del suo
fondatore, si discosti spesso dallessenzialit della genuina
tradizione evangelica altrettanto evidente. Quante sono le
convinzioni diffuse nel popolo cristiano che non hanno alcun
fondamento in questa tradizione e potrebbero quindi cadere
tranquillamente senza scandalo, anzi con sicuro vantaggio
per la stessa fede? del tutto comprensibile quindi che la cul-
tura laica sottolinei insistentemente le debolezze del cristia-
nesimo, e in particolare della Chiesa cattolica, e che dalle co-
lonne della Repubblica un giornalista attento ai problemi
religiosi odierni come Corrado Augias richiami per esempio
la Chiesa alla semplicit dellinsegnamento morale di Ges; o
che da quelle di MicroMega un filosofo come Paolo Flores
dArcais neghi lesistenza di qualunque continuit tra linse-
gnamento di Ges e quello dei concili ecumenici; o persino
che un noto matematico come Piergiorgio Odifreddi, dopo
avere spiegato Perch non possiamo essere cristiani, aggiunga
anche e meno che mai cattolici, anche se non pu non appari-
re singolare che, mentre nessuno studioso serio della Bibbia
si metterebbe a discutere di giornalismo, di filosofia e di ma-
tematica, questi autori ritengano di poter parlare tranquilla-
mente di Antico e Nuovo Testamento (larticolo di Flores
dArcais una ricostruzione puntigliosa della storia delle ori-
gini del cristianesimo o, come preferisce lautore, dei diversi
cristianesimi, fatta appoggiandosi in maniera acritica a una
letteratura assolutamente parziale, e fortemente unilaterale,
mentre il libro di Odifreddi in gran parte un commento al-
lAntico e al Nuovo Testamento fatto senza alcun senso sto-
rico e senza la minima cognizione dei processi di formazione
e dei criteri di interpretazione dei testi). Ma al di l di questo
problema, certamente grave, delle infedelt delle Chiese cri-
stiane al loro fondatore, ce ne un altro ancora pi serio: i te-
INTRODUZIONE
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sti che costituiscono il fondamento della fede cristiana, e cio
i testi che formano il Nuovo Testamento, quindi principal-
mente i quattro vangeli e le lettere di Paolo, sono rimasti so-
stanzialmente fedeli allinsegnamento di Ges o ne costitui-
scono una evidente deformazione, diciamo pure un sostan-
ziale tradimento? Perch nella storia del cristianesimo esiste
una cesura profonda, di cui i comuni fedeli, soprattutto cat-
tolici, non tengono quasi mai conto: e questa cesura deter-
minata precisamente dallesistenza di un canone del Nuovo
Testamento, di un insieme cio di testi che costituiscono la
norma fondante della religione cristiana cui il cristianesimo e
la Chiesa devono fare continuamente riferimento perch ad
essi sono interamente sottoposti. Questo infatti significa in
concreto che la tradizione e il magistero ecclesiastici rappre-
sentano certamente, come ho detto, lo sforzo della Chiesa di
comprendere sempre meglio la figura e linsegnamento di
Ges, traendo da essi tutte le possibili conseguenze teoriche
e pratiche, ma non hanno lo stesso valore dottrinale del Nuo-
vo Testamento, che ne costituisce la fonte essenziale e la cri-
tica perenne. La domanda decisiva non perci: il cristiane-
simo (o la Chiesa) ha tradito Ges? (come anche Mauro Pe-
sce a p. o di Inchiesta su Ges legittimamente sostiene), ma:
i vangeli e Paolo hanno tradito Ges? Ed evidentemente
una domanda particolarmente inquietante, sul piano della fe-
de come sul piano della storia. Perch una risposta afferma-
tiva significa n pi n meno che il cristianesimo, e intendo
quindi non il cristianesimo attuale, ma il cristianesimo del
Nuovo Testamento, non ha veramente il suo fondamento in
Ges di Nazaret.
La domanda, anche se posta oggi in termini particolar-
mente radicali, non per del tutto nuova. Per quanto ri-
guarda Paolo, stata gi posta molte volte, e dagli stessi stu-
diosi cristiani, prima dal grande storico del cristianesimo di
Tubinga Ferdinand Christian Baur, poi, in modo del tutto
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particolare, dai rappresentanti della cosiddetta teologia libe-
rale del XIX secolo e degli inizi del XX. Se il suo pi famoso
esponente, Adolf von Harnack, distinguendo in maniera net-
ta la religione di Ges, che secondo il celebre storico consi-
ste in un grande messaggio etico che annuncia solo la volont
misericordiosa del Padre, dalla religione su Ges, che gi con
Paolo comincia a costruire limponente edificio dogmatico
della fede nella divinit del Figlio; se Harnack, dicevo, gi in-
dividua in Paolo lautore principale della svolta, ma ricono-
sce ancora che Paolo tuttavia, tra i seguaci di Ges, colui
che ha meglio compreso linsegnamento del maestro, un al-
tro grande esponente della teologia liberale, di cui dovr par-
lare ancora, William Wrede, invece categorico: facendo del
cristianesimo una religione della redenzione, e vedendo nel-
la morte e risurrezione di Cristo il fondamento di questa re-
ligione, Paolo ha talmente trasformato loriginario messaggio
morale del maestro da poter essere considerato legittima-
mente il secondo, ma in realt il vero, fondatore del cristia-
nesimo. Una posizione questultima che anche un certo
ebraismo tradizionale, per esempio con Joseph Klausner, in-
teramente condivide. E la fede cristiana ha sempre infatti
istintivamente distinto tra Ges e Paolo, facendo riferimento
ora pi alluno (i comuni fedeli, soprattutto cattolici) ora pi
allaltro (i teologi, soprattutto protestanti). Ma, riscoprendo
le proprie radici ideologiche nel terreno illuministico ancora
precedente alla teologia liberale, la cosiddetta terza ricerca
sul Ges storico, oggi dominante, come ho detto, negli Stati
Uniti, ma diffusa anche in Europa e in Italia ( indubbia-
mente ad essa che si ispira, o comunque pu avvicinarsi, lIn-
chiesta su Ges di Augias e Pesce), ha esteso la domanda an-
che ai vangeli. Per quello che da alcuni considerato come il
suo iniziatore, Ed Parish Sanders, autore nel :,, di un libro
su Ges e il giudaismo che anche in Italia ha riscosso un no-
tevole, e in gran parte immeritato, successo, Ges, come mo-
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stra soprattutto la sua polemica contro il tempio e il sacerdo-
zio, era un profeta ebreo che non ha mai pensato di dover
rompere con il giudaismo, ma che al contrario sperava nella
restaurazione di Israele e ha visto miseramente fallire questa
sua speranza. Sono stati quindi i suoi discepoli che hanno co-
struito il messaggio di redenzione universale contenuto nei
vangeli e provocato la rottura insanabile col giudaismo. E per
Burton L. Mack, John Dominic Crossan, Marcus J. Borg e
Paula Fredriksen, come in genere per il famigerato Jesus Se-
minar americano, Ges era un contadino socialmente rivolu-
zionario (paragonabile eventualmente a un filosofo cinico),
che non attribuiva alcun ruolo messianico alla sua persona.
Sono stati i suoi seguaci a trasformare il suo messaggio socia-
le in un annuncio di salvezza spirituale fondato sulla sua per-
sona. E in Italia per un pubblico pi ampio Corrado Augias
ha propagandato a pi riprese (soprattutto dalle pagine del-
la Repubblica) limmagine della trasformazione dottrinale,
da parte dei vangeli canonici, di un originario messaggio mo-
rale di Ges estremamente semplice. questo perci lo-
rientamento scientifico con il quale appare oggi necessario
confrontarsi.
Questo richiede per un ulteriore chiarimento. Il tenta-
tivo, da parte mia, di rispondere alla domanda del libro,
prendendo posizione nei confronti di questa ricerca, oltre al
rischio, come ho detto, di ripetere cose gi scritte, ne con-
tiene, come facile capire, anche un altro, pi sottile: quel-
lo di porsi su un piano che non semplicemente storico, ma
teologico, di apparire come una difesa confessionale della re-
ligione cristiana, di essere quindi in sostanza apologetico e di
rivolgersi soltanto a un pubblico di credenti. Che a mio pa-
rere il limite evidente del libro, per quanto bello e ricco di
spiritualit, di Ratzinger. Pur pienamente consapevole che la
lettura della vicenda di Ges fatta dai vangeli canonici una
lettura teologica, non storica, fatta quindi a partire dalla fe-
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de in Ges come Messia e Figlio di Dio, e che, non posse-
dendo noi in pratica altro accesso alla figura di Ges se non
attraverso questi stessi vangeli, il recupero della figura stori-
ca di Ges estremamente difficile, se non impossibile, vor-
rei tuttavia rispondere alla domanda, per quanto nelle mie
capacit e per quanto realmente possibile, ponendomi sol-
tanto sul piano storico: ricordando quindi rapidamente co-
me, e cio su quali basi, si svolto il processo storico che ha
portato alla redazione dei vangeli canonici e alla teologia di
Paolo, senza pronunciarmi sulla sua legittimit teologica,
senza pretendere quindi di rispondere alla domanda, certa-
mente ancor pi decisiva, se questo processo sia lunico teo-
logicamente legittimo. E indico subito quella che sar la li-
nea della mia esposizione.
Come ho gi suggerito sopra, la contrapposizione tra Ge-
s e i vangeli o, come comunemente si dice, tra il Ges stori-
co e il Cristo dei vangeli, che nella terza ricerca tende a di-
ventare quasi un luogo comune, ha in realt la sua origine, e
trova il suo fondamento, nella comparsa del cosiddetto me-
todo storico-critico di interpretazione dei vangeli avvenuta
sostanzialmente con lilluminismo. Lattendibilit dellimma-
gine di Ges fornita dai vangeli canonici non stata messa in
effetti seriamente in dubbio fino alla fine del secolo XVIII. In
assenza di un metodo storico-critico che ne ponesse in di-
scussione lo statuto particolare, i vangeli, scritti, si riteneva,
subito dopo la morte di Ges da discepoli che ne conosceva-
no bene la vicenda storica, due di loro anzi (Matteo e Gio-
vanni) appartenenti al gruppo ristretto dei dodici apostoli,
sembravano avere tutti i requisiti per essere considerati una
cronaca sostanzialmente fedele delle vicende di Ges. Ma,
con lavvento del metodo storico, che ha sottoposto i vange-
li allo stesso esame critico di ogni altro testo letterario, in
realt oggi sappiamo che i vangeli canonici non sono stati
scritti subito dopo la morte di Ges, ma con ogni probabilit
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negli anni che vanno dal ;c al :cc, almeno quaranta anni
quindi dopo quella morte. E i loro autori ci sono sconosciu-
ti. Molto difficilmente in particolare i vangeli di Matteo e di
Giovanni risalgono proprio agli apostoli con questo nome.
Non quindi su questi dati esteriori (quella che in un inge-
nuo sforzo apologetico spesso si invoca come la testimonian-
za oculare degli autori dei vangeli) che pu fondarsi la credi-
bilit della loro presentazione. E il metodo storico-critico, la
consapevolezza quindi che i vangeli sono testi umani, che
vanno letti con spirito critico e con senso storico, esige che
questa credibilit venga provata in altro modo, probabil-
mente anzi su un altro piano.
A dire il vero, il dubbio sullattendibilit dei vangeli (in
realt la contestazione aperta dellattendibilit dei vangeli)
stato sollevato fin dallantichit. E le ragioni per sollevarlo so-
no state indicate con grande chiarezza gi nel III secolo d.C.
dal filosofo neoplatonico Porfirio, discepolo del grande Plo-
tino. In due frammenti della sua accuratissima opera Contro
i cristiani (composta da ben quindici libri e fondata su una
reale comprensione della Scrittura, non come il rozzo e pro-
vocatorio pamphlet di Piergiorgio Odifreddi!) Porfirio, infat-
ti, una volta afferma che gli evangelisti non sono gli storici,
ma gli inventori della storia di Ges, unaltra volta afferma
che il loro racconto non contiene storia, ma poesia. Sono gi
indicati in questo modo i due approcci critici ai vangeli che
ricorreranno in tutta la storia posteriore della loro interpre-
tazione: quello che fa dei vangeli una invenzione dei discepoli
e quello che fa di essi un racconto poetico. Ma lo sviluppo si-
stematico e coerente di queste idee si avuto soltanto a par-
tire dal secolo XVIII e ha i suoi grandi esponenti in Hermann
Samuel Reimarus e David Friedrich Strauss.
Che cosa sostenne, infatti, Reimarus in quella sua grande
Apologia degli adoratori razionali di Dio scritta nella seconda
met del XVIII secolo, ma da lui tenuta accuratamente nasco-
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sta, e in particolare in quel famoso settimo frammento Sullo
scopo di Ges e dei suoi discepoli che, intuendone la forza di-
rompente, il filosofo Lessing pubblic anonimo nel :;;?
Una cosa semplicissima: che, essendo Ges un ebreo ed es-
sendo i suoi ascoltatori degli ebrei, il regno di Dio di cui Ge-
s annunciava la venuta non poteva essere altro che il regno
di Israele di cui parlavano i profeti, e il Messia che egli pre-
tendeva di essere non poteva essere altri che il liberatore di
Israele atteso dai Giudei. Ges non era quindi che uno dei
tanti pretendenti messianici che promettevano ai Giudei la li-
bert dal dominio romano. Solo il fallimento della sua mis-
sione, dovuto alle iniziative da lui prese in Gerusalemme con-
tro il tempio e il sacerdozio, ha indotto i suoi discepoli a tra-
sformarne il messaggio. Quando infatti Ges fu messo a mor-
te, i discepoli, ricordando che nella Scrittura era contenuta
anche unaltra tradizione messianica (quella del Libro di Da-
niele), relativa a un essere celeste (il Figlio delluomo) che sa-
rebbe apparso alla fine dei tempi, trafugarono dal sepolcro il
cadavere di Ges, affermarono che egli era risuscitato e ne fe-
cero il redentore spirituale del mondo. Ges era dunque un
profeta ebreo che sognava la libert di Israele e soltanto i van-
geli ne hanno fatto il redentore del mondo. Erano posti in tal
modo i due elementi fondamentali di ogni successiva indagi-
ne sulla figura di Ges: il carattere ebreo come elemento fon-
damentale per comprendere la spiritualit di Ges e la tra-
sformazione della sua figura operata dai vangeli dopo la sua
morte. Una cosa infatti il Cristo dei vangeli, che il Cristo
della fede, e una cosa il Ges storico, il Ges della storia.
Reimarus non era un ateo, ma un illuminista che propu-
gnava una religiosit puramente razionale. Respingeva perci
gli elementi soprannaturali presenti nei vangeli come sempli-
ce invenzione degli evangelisti. Strauss era invece un teologo,
il cui problema fondamentale era: che cosa ha realmente a
che fare la fede cristiana con la storia? Si fonda la fede ne-
INTRODUZIONE
:,
cessariamente sulla storia, e quindi sullattendibilit dei fatti
narrati dai vangeli? E nella celebre Vita di Ges pubblicata
nel :,, rispondeva di no. I vangeli infatti non contengono la
storia di Ges, ma la testimonianza della fede dei discepoli. I
discepoli non hanno voluto raccontare la vita di Ges, ma
hanno voluto esprimere la fede che essi avevano nella sua per-
sona. Questa fede daltra parte essi non lhanno espressa nel
linguaggio della storiografia, ma nel linguaggio della poesia
(Strauss in realt dice, poco felicemente, del mito, e questa
sar una delle ragioni principali dellaspra reazione al suo li-
bro). Ed essendo ebrei, lhanno espressa facendo ricorso co-
stante alle tradizioni contenute nella Scrittura ebraica, e in
particolare alle profezie messianiche contenute nella Scrittu-
ra. Hanno cio ricordato, e riletto, la vita di Ges di cui era-
no stati testimoni alla luce della Scrittura. cos che sorta
la storia messianica di Ges narrata in maniera poetica dai
vangeli. Era posto in tal modo laltro, e forse ancora pi de-
cisivo, problema della ricerca su Ges e i vangeli: il linguag-
gio, e quindi il racconto, dei vangeli non appartiene alla sto-
riografia, ma alla poesia. Il che tuttavia, aggiunge Strauss a
differenza di Reimarus (Strauss non infatti un illuminista,
ma un idealista), non toglie nulla alla verit dei vangeli. Le af-
fermazioni (Strauss dice le idee) dei vangeli, lincarnazione
di Dio, la risurrezione di Ges, sono entrate infatti nella sto-
ria, sono diventate quindi storia e restano verit eterne, an-
che se non hanno fondamento in un fatto storico e non pos-
sono quindi essere provate come verit storiche.
Quali sono le pi immediate conseguenze che scaturisco-
no da queste impostazioni, con le quali non soltanto il cre-
dente, ma anche lo storico, deve necessariamente confron-
tarsi? Una prima conseguenza evidentemente il dubbio che
i vangeli abbiano riportato fedelmente linsegnamento, e la fi-
gura stessa, di Ges. Come ho gi suggerito sopra, la convin-
zione diffusa tra i non credenti, ma condivisa spesso anche da
IL CRISTIANESIMO HA TRADITO GES?
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credenti, infatti questa: Ges stato certamente un grande
profeta e maestro ebreo, che ha predicato una morale di al-
tissimo valore che, per quanto a volte troppo utopistica, su-
scita ancora oggi la pi viva ammirazione; sono stati per i
vangeli e Paolo, e quindi i discepoli e seguaci, che ne hanno
fatto il Messia e il Figlio di Dio. La Chiesa, daltra parte, non
ha conservato tutti i vangeli esistenti nellantichit. Ha elimi-
nato i vangeli troppo legati al giudaismo e troppo ostili al go-
verno romano e ha conservato soltanto i vangeli che noi defi-
niamo canonici. In Italia, come dicevo prima, la posizione
propagandata tenacemente, e in forme diverse, da Corrado
Augias. Ed anche la risposta che su MicroMega ha dato
Paolo Flores dArcais al Ges di Nazaret di Ratzinger. Si ma-
nifestano cos i due problemi che caratterizzano lodierna ri-
cerca sulla figura di Ges: la trasformazione che limmagine
di Ges ha indubbiamente ricevuto da parte dei vangeli, il
rapporto quindi che c tra i vangeli cristiani e il Ges ebreo,
e la parzialit altrettanto indiscutibile dellimmagine di Ges
contenuta nei vangeli canonici, il rapporto quindi che c tra
vangeli canonici e vangeli apocrifi. Problemi che non sono
tuttavia, lo ripeto, della sola pubblicistica, ma investono an-
che la ricerca scientifica, che a partire da essi pone in parti-
colare alcune domande. La condanna del giudaismo che tro-
viamo nei vangeli canonici era gi nella predicazione di Ges
o fa la sua comparsa soltanto nei vangeli? E quella dei vangeli
canonici daltra parte lunica immagine attendibile di Ges
o dobbiamo far ricorso anche ai vangeli apocrifi? Una lar-
ghissima corrente di studi sul Ges storico ritiene infatti che
il conflitto violento con i farisei, e pi in generale con i Giu-
dei, di cui parlano i vangeli canonici, non sia affatto presente
nella predicazione di Ges, ebreo osservante, negli anni tren-
ta, ma sia sorto soltanto pi tardi, nella comunit dei suoi di-
scepoli, dopo la caduta di Gerusalemme nel ;c. E siano stati
quindi gli evangelisti a proiettare nella vicenda storica di Ge-
INTRODUZIONE
::
s una situazione che era invece del loro tempo. E il canone
del Nuovo Testamento del quale ho parlato prima, cui ap-
partengono nellordine i vangeli di Matteo, Marco, Luca e
Giovanni, il frutto di una scelta teologica della Chiesa, che
esprime quindi le posizioni assunte col passare del tempo dal-
la Chiesa, ma non garantisce in alcun modo lattendibilit sto-
rica di quei vangeli. Perch allora, volendo ritrovare limma-
gine reale, che limmagine storica, di Ges, non dovremmo
far ricorso anche ai vangeli apocrifi di Tommaso, di Pietro o
di Maria (di Magdala)? O addirittura di Giuda?
Sono questi i problemi che dobbiamo affrontare nel pro-
sieguo del lavoro. E il primo non pu che essere quello del
carattere e dellattendibilit delle fonti a nostra disposizione.
IL CRISTIANESIMO HA TRADITO GES?
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