Il mare è sempre stato nella vita umana uno spazio fondamentale e integrante, ma si è anche rivelato insidioso e pericoloso. Fu a causa di questi problemi che la navigazione nel XVI secolo era molto limitata poiché erano colonizzate ed esplorate solo alcuni tratti limitati rispetto all’enormità del mare. “Beninteso, gli spazi marittimi debbono essere misurati alla scala degli uomini, altrimenti la loro storia non sarebbe affatto comprensibile, né pensabile.” Con questa affermazione Braudel ci mette di fronte a due realtà che, seppure siano in stretto contatto, talvolta si contrastano, stiamo parlando del rapporto tra uomo e mare. In primo luogo Braudel compara l’enormità del mare alla piccolezza dell’uomo e successivamente spiega come il mare sia, seppure considerato maggiormente in ambito geografico, un elemento fondamentale per la storiografia, poiché è una realtà che sta a condizionare la vita, gli usi e la cultura di un popolo. Su spazi enormi il mare giaceva deserto e si animava soltanto lungo le coste che per qualsiasi navigatore erano il simbolo di speranza e sicurezza, poiché era verso la costa dove la nave si sarebbe avviata in caso di tempesta e nel caso fossero finite le provviste a bordo. La costa svolgeva anche il compito di percorso tracciato, come una comune strada, ma in questo caso tracciava la rotta davanti alle navi di qualsiasi tipo esse fossero. E’ così che navigavano i principi e i potenti sulle loro lussuose imbarcazioni, da una città del litorale all’altra, dando origine a feste, visite e ricevimenti. Pure le flotte da guerra viaggiavano e si scontravano solo in vista delle coste. La nave perdeva di vista la costa solo eccezionalmente, quando è spinta al largo da un fortunale o quando segue rotte particolari, ne può essere un esempio “navigare per le isole”, come quando una nave deve raggiungere dalla Spagna l’Italia, probabilmente sosterà alle Baleari e la Sardegna. “Nel Gennaio 1571 il galeone veneziano Foscarini e Penighetto, proveniente da Candia, si trova, al di là di Corfù, in , mezzo alla nebbia ed è costretto ad avanzare alla cieca senza vedere la terra: ed ecco l’equipaggio in preda alla disperazione.” Dalla citazione offertaci da Braudel si capisce come in quel periodo la gente vedeva il mare: come un luogo sinistro e pericoloso tanto che la paura della popolazione ha dato vita a leggende e proverbi che riguardavano le mostruose creature o i malanni che si potevano trovare nell’oscurità e nelle profondità marine. Cita infatti un popolare proverbio Greco: “Chi doppia il Capo Malia deve dimenticare la patria.” Il continuo passaggio dalle navi in vicinanza alle coste ha sviluppato il pedaggio deciso dai possessori di parte della costa, come il principe di Monaco e il duca di Savoia, essi pretendevano di far pagare alle navi il semplice costeggiare le loro rive e in cambio avrebbero offerto la loro protezione. Iniziarono dunque a svilupparsi commercialmente ed economicamente dei tratti di costa che erano ritenuti più sicuri da mercanti e viaggiatori e per questo erano più trafficati. Ma bastava un semplice agguato per troncare o impedire il viavai del navigazione costiera. I vascelli non navigavano in alto mare non a causa di ignoranze tecniche, poiché i marinai erano pratici nell’usare l’astrolabio: uno strumento utilizzato per consultare la posizione delle stelle rispetto alla nave, e già da molto tempo si servivano della bussola. Anzi questi oggetti strumenti, seppure lievemente alcuni marinai a solcare le Colonne d’Ercole. “Navi mediterranee hanno raggiunto direttamente il Nuovo Mondo: così la Pèlerine di Marsiglia, che nel 1531 si spinse sino in Brasile e ne ritornò, per farsi poi catturare, a Màlaga, da navi portoghesi.” Questa documentazione ci testimonia che la navigazione esterna al Mediterraneo si è avviata poco dopo ai periodi di confusione che seguirono la scoperta dell’America. Il Mediterraneo è sempre stato protagonista dell’antica navigazione, poiché la costa è sempre in vista e, anche se è bassa, costituisce un riparo, contro i venti violenti pronti a scatenarsi, specialmente quelli provenienti da terra. La ricca vita commerciale sulla costa ha dato origine a rifugi e zone di sosta in golfi e baie: i porti. Il porto vicino è un rifugio contro il corsaro che insegue e quando si è agli estremi si getta la nave sulla costa e l’equipaggio può salvarsi a terra. “Nel 1654 Tavernier sfuggiva a un corsaro nel golfo di Hyères. Ebbe la fortuna che si salvò anche la nave.” La maggior parte delle volte il porto è anche un mercato costiero dove si effettuano vendite e questa sua funzione ha originato il periplo: una serie di vendite, di acquisti, di scambi di piazza in piazza, disposti in un circuito, nell’arco di alcune settimane o di alcuni mesi il carico di una nave cambia sovente di natura. Infatti le navi che effettuavano questa pratica sono quasi bazar ambulanti, gli scali sono altrettante occasioni per vendere, comperare, rivendere, scambiare, senza contare gli altri piaceri della terra ferma e senza parlare del rifornimento di viveri, d’acqua e anche di legna. Ogni tappa mercantile ha segnato la nascita di un villaggio, con regolarità, i porti sono a un giorno di mare gli uni dagli altri e nascono, non sulle foci dei fiumi, rese quasi sempre inservibili dalle sabbie, ma utilizzano le coste riparate dai golfi. “Capita talora che sulle coste del retroterra poco popolato, come quelle dell’Africa del Nord, dell’Egitto e della Tunisia, il porto esista, raduno di battelli e di pescatori con il suo indispensabile rifornimento d’acqua, senza che nelle vicinanze sia cresciuta la città terrestre.” Stazze e congiunture delle navi Le navi nel Mediterraneo si catalogano con nomi, stazze, carichi e itinerari. Per presentare come devono essere le navi per affrontare alcune esigenze Braudel ci propone 5 regole principali: 1. “La navigazione, in Mediterraneo, non differisce assolutamente da quella dell’Oceano.” Con questa prima regola Braudel intende dire che, seppure ci siano differenti pratiche e tempi di viaggio, lo strumento usato è lo stesso, il natante in legno mosso dai venti ha dei limiti per quanto riguarda: la velocità, la grandezza, la numerosità dell’equipaggio e la superficie di velatura. Un’altra testimonianza che considera questa regola è che non c’è nessuna nuova nave apparsa sull’Oceano di cui non si trovino campioni in Mediterraneo. 2. “In Atlantico, come nel Mare Interno, i piccoli tonnellaggi hanno sempre una parte maggioritaria, schiacciante.” Con questa dichiarazione si mette in risalto come fossero comuni le piccole imbarcazioni come galee e caravelle, esse caricavano rapidamente e lasciavano il porto al primo soffio di vento inoltre non richiedevano molta manutenzione nè un equipaggio numeroso, essendo di stazza minore. Attraverso queste piccole navi, al di sotto delle 100 e 50 tonnellate, il Mediterraneo, e perfino parte dell’Oceano, erano luoghi molto animati. 3. “Bisogna rassegnarsi, una volta per tutte, a conoscere male le stazze del secolo XVI” Questa regola sta a spiegare l’ambiguità dei documenti che sono giunti fino a noi che non danno dati precisi sulla stazza e sul valore medio di navi in circolazione durante il XVI secolo. Braudel, attraverso specifiche statistiche di archivi spagnoli ha approssimato la stazza media a 75 tonnellate. Comunque le stazze indicate nei documenti moderni non sono mai precise, poiché gli esperti le stimavano dalle misure del bastimento. Talvolta capitava che lo stesso battello, sui documenti, cambiasse stazza da porto in porto, a causa di imprecisioni nella misura. 4. “Le testimonianze più numerose riguardano le navi grosse e grossissime.” Degli enormi galeoni, seppure fossero meno presenti delle piccole imbarcazioni, le testimonianze li catalogano da 1000 a 2000 tonnellate. Spesso questi enormi battelli erano preferibili, gli spagnoli difficilmente avrebbero affidato un carico a una nave bretone di 30 tonnellate, spesso i carichi comprendevano un’enorme quantità di merce e era d’abitudine occupare uno o due galeoni piuttosto che una trentina di caravelle. 5. “Il problema, se si vogliono ottenere delle medie, o tendervi, e così scorgere i quadri d’insieme, sta nel situare esattamente queste grosse stazze.” Braudel ci propone vantaggi e svantaggi dei grossi tonnellaggi: a) le stazze primato non hanno seguito una progressione continua ; b) le grosse navi sono legate alle lunghe distanze in possesso degli stati, delle città e i dei ricchi armatori; c) i grossi cargos sono legati alle merci pesanti, voluminose, dal prezzo basso, esse permettono un buon mercato; d) prima delle innovazioni apportate dall’artiglieria navale,pure le grosse navi,sono molto esposte ai saccheggi da parte dei pirati, infatti hanno a bordo un equipaggio molto numeroso, non composto soltanto da marinai, ma anche da soldati, frombolieri e arcieri. Le navi grosse restano sempre al servizio dei ricchi; e) i grossi tonnellaggi comunque non erano abbastanza per eliminare la concorrenza delle piccole imbarcazioni; f) capitava spesso che le grosse navi si aggiudicassro tutti i trasporti poiché erano favorite e le decisioni erano prese in precedenza dagli amministratori del porto. Ma se questo non accadeva, una schiera di navi medie iniziavano a prendere il controllo sui traffici. “Queste rivincite del piccolo tonnellagio sembrano quasi sempre sotto il segno di un largo incremento degli scambi.” E’ sfavorevole usare solo grosse navi, è sicuramente meglio accompagnare piccole navi ai grandi velieri. Grosse stazze e successi dei piccoli tonnellagi Nel XV secolo, il Mediterraneo ha vissuto un periodo di prosperità delle grosse stazze. Questo fatto mette in risalto alcune città, come Genova, che era tra le prime nella corsa al tonnellaggio, dato che si era specializzata nei trasporti pesanti. In altre città, come a Venezia questo sviluppo arrivò in ritardo, poiché essa aveva un sistema basato sulle galere da mercato, quando le galere da battaglia non erano impegnate in uno scontro, venivano utilizzate dai Veneziani come navi da carico. Comunque esse occupano la categoria di navi leggere, dato che stazzano soltanto dalle 200 alle 250 tonnellate e venivano utilizzate per trasportare merci pregiate: spezie, sete, vini e stoffe di lusso. I Veneziani, se avevano da trasportare un carico pregiato, lo avrebbero sicuramente suddiviso tra diverse galere da mercato, cosicchè, in caso di assalti da parte dei pirati, era minore il rischio di perderlo tutto, così sarebbe accaduto se la merce fosse stata imbarcata su un unico grande galeone. Inoltre nel caso il carico fosse stato non molto pregiato e in grande quantità, come il cotone grezzo, i Veneziani possedevano delle grosse navi, le cocche, in grado di difendersi contro un attacco corsaro. “Nell’Agosto 1490, una nave catalana di 2800 botte (ossia 1400 tonnellate circa) dà la caccia alle galere di Barberia che si rifugiano nel porto di Siracusa.” Questa testimonianza mostra come un galeone, seppure attaccato da una piccola flotta di navi, era in grado di difendersi e a fare dileguare le imbarcazioni corsare. Tra il XV e il XVI secolo ci fu tuttavia una diminuzione dei grossi velieri e un largo aumento delle stazze minori, poiché nel 1451 venne emanata a Venezia una delineazione senatoriale che segnalò che i viaggi di Siria e Catalogna potevano essere effettuati solo da piccoli battelli. In Mediterraneo si moltiplicarono inoltre le navi provenienti dall’atlantico, trionfarono le sottili e leggere caravelle, anche se la differenza tra le due categorie è enorme, per esempio: “Nel 1498, quattro navi caricano a Anversa 9000 quintali di merci; 28 caravelle solo 1150.” Le caravelle, viste come un segno di speranza, con la loro presenza, portarono un’enorme trasformazione nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico.