Sei sulla pagina 1di 16

MUSICA ARTI OZIO

SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE IL MANIFESTO

SABATO 7 GENNAIO 2012 ANNO 15 N. 1

(2)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

REGISTA

di LUCA CELADA
NEW ORLEANS

Fuori, la periferia di New Orleans cuoce in una afa pastosa; il cielo ha il colore del piombo. I condizonatori, al massimo, grondano acqua ma riescono a malapena a mantenere nel cavernoso teatro di posa, un clima simile a un brodo denso. Sar anche per la piscina, circondata di riflettori che occupa gran parte del vano. Nellacqua si muovono una mezza dozzina di sommozzatori con luci e cineprese subacque e ora si tuffa, completamente vestito, anche Sylvester Stallone. C da girare la scena della fuga fra le pallottole dalla palafitta nel bayou che di li a poco salter in aria. Una scena clou cio di Bullet to the Head un poliziottesco ironico adattato dalle graphic novel Le Tueur di Alexis Nolent, con una sceneggiatura di Alessandro Camon e in cui Stallone un killer della mala costretto dalle circostanze a collaborare controvoglia con un giovane detective per dar la caccia a un capomafia. Un film che ha rischiato a pi riprese di non vedere la luce, soprattutto in seguito alle differenze creative fra Stallone, intramontabile star con una carriera al quinto decennio, e il regista esordiente Wayne Kramer, questultimo, non soprendentemente, il perdente nel diverbio. stato Sly Stallone a chiedere che il progetto venisse in seguito affidato a Walter Hill, un regista coetaneo con cui negli anni ha rischiato a pi riprese di collaborare senza che i progetti si concretizzassero. Dopo il primo Rocky, ricorda lattore. ricevetti una valanga di offerte, fra cui Driver di Walter. Ma allepoca non capii quel copione cos minimalista e invece

WALTER HILL Un sergente


incallito di cinema
decisi di fare F.I.S.T. con Jewison. Fu uno sbaglio. Qualche anno dopo si present loccasione di 48 Ore e commisi il secondo sbaglio di non accettare nemmeno quella volta. Era ora di rimediare. Col film di Eddie Murphy e Nick Nolte, questo Bullet sembrerebbe sulla carta avere qualcosa in comune essendo imperniato sullincongruo rapporto fra i due protagonisti, colleghi per forza. La ragione, forse, per cui Stallone si rivolto a Hill, (oltre al fatto che il produttore, Joel Silver, era stato un assistente in Guerrieri della Notte). Hill non firmava un film da Undisputed, che risale al 2002. Da allora il regista, collaboratore di John Huston, sceneggiatore di Getaway per Sam Peckimpah, produttore della serie Alien e regista di Guerrieri della Notte e Southern Comfort si occupato di televisione firmando la miniserie western Broken Trail con Greta Scacchi, Robert Duvall e Thomas Hayden Church e lavorando come consulente alla serie, sempre western ma iperrealista della HBO, Deadwood. Un curriculum di cinema maschile, popolato di duri, lottatori e perdenti nella vena come ha dichirataro lui stesso di Robert Aldrich, Anthony Mann, Don Siegel, Howard Hawks, Sam Fuller. E non soprende allora che Stallone labbia riesumato dal prematuro e ingrato dimenticatoio cui lavava relegato Hollywood. Per essere un grande allenatore, prosegue lattore a proposito di Hill, non necessario essere stato un gran giocatore. Cercavo qualcuno dalla giusta sensibilit e soprattutto che potesse capire istintivamente un personaggio come questo che ha conosciuto il successo, ha perduto tutto e lotta per tornare. Hollywood notoria per stroncare prematuramente le carriere soprattutto di chi ha il difetto di essere troppo anziano. Io invece credo che lesperienza non abbia prezzo e ritengo che Walter sia un vecchio sergente incallito, come me. Abbiamo entrambi visto una buona dose di battaglie, fatto i nostri errori e ora sappiamo quello che funziona. Dietro alla cinepresa con un occhio attento ai monitor Hill, ha effettivamente laspetto di un regista la cui calma e filosofia derivano anche dal pelo sullo stomaco necessario per

sopravvivere a Hollywood. Guardate, dice, sono situazioni spiacevoli ma succede spessisimo. Se dovessi dirvi tutte le volte che toccato a me venire rimosso da un mio film sarebbe un elenco di decine di film. Sono amico del regista originale e lo stimo ma ho subito accettato specialmente per lopportunit di lavorare con Stallone che trovo la persona perfetta per questo materiale. Ho sempre sostentuto che 48 Ore non era un buddy-picture ma piuttosto il contrario, un film anti-buddy. Il film stato spesso imitato ma di solito sbagliando questo elemento. Lidea che i due protagonisti sono il contrario di compari. Come in questo film che non un dramma realista ma una narrativa compressa, una storia del tutto inverosimile ma si spera anche in qualche modo divertente e coinvolgente. Non so mai dire quanto sia originale un idea, di solito c sempre qualche antecedente. Non credo ci sia stato un film simile prodotto negli ultimi anni ma variazioni sul tema sicuramente si. Lo definirei il pesce fuor dacqua o due opposti messi insieme ed antico come il teatro greco e convenzionale come una commediaa di Neil Simon. La nostra semplicemente una ultima variazione. A proposito di variazioni molti hanno ravvisato in Drive, presentato questanno a Cannes, una marcata somiglianza al suo The Driver. Non ho visto quel film ma se per caso qualcuno stato influenzato da qualcosa che ho fatto 35 anni fa, lo considero un complimento, perfettamente legittimo. Innanzitutto sono io il primo a dire che le storie originali non esistono. Siamo tutti post-omerici, tutti interconnessi e sulle spalle di chi ci ha preceduto, credo sia sbagliata lidea che essere creativi significhi essere straordinariamente originali. Fammi vedere un film e ti dir quali lhanno preceduto; quando ero pi giovane si sottolineava spesso il mio nesso con Peckimpah con cui avevo lavorato, oggi questo si scrive meno, semmai si citano altri registi. Io mi limito a dire che tutto corretto, sciocco presumere di non essere influenzati da altri. Peckimpah era ovviamente influenzato da Kurosawa, Kurosawa da John Ford, Ford da D.W. Griffith e Griffith da Charles Dickens. Non mi metto in quella catena dico semplicemente che siamo tutti connessi. Dove si collocherebbe allora? Di solito vengo definito un regista dazione. Naturalmente amo i film di genere ma credo anche che sia necessario contribuire elementi originali, sovvertire la formula in qualche maniera. finito il tempo dei film di genere che sono semplicemente fedeli alle regole tradizionali; quelle storie sono state raccontate e riraccontate molto bene; ora lavoriamo in una Hollywood post-classica e siamo tenuti a fare di pi, portare al pubblico delle letture non tradizionali. Hollywood e? ancora il centro del cinema americano? Hollywood molto cambiata dai tempi in cui ho cominciato io, ma gi allora era cambiata molto dai tempi in cui avevano cominciato gli anziani dei miei tempi. Detto questo chiaro che sono sempre alla ricerca di giovani perch il mantra di puntare sempre al pubblico giovanile. Negli anni 70 in genere un regista aveva pi controllo, difficile generalizzare e ogni film un caso a parte, ma direi che il sistema non aveva la struttura commerciale che c oggi e questo significava pi libert soprattutto nella scelta degli argomenti. Oggi quasi impossibile girare un dramma senza in qualche modo doverlo vendere ai ragazzi. Lultimo mio film risale ormai al 2002, Undisputed. Da allora mi sono occupato di un paio di grandi progetti televisivi, non che non abbia continuato a cercare di far film, ci sono stati divesi progetti indie che alla fine non hanno quagliato anche se ci siamo andati vicini. Forse mi rimasta la reputazione di regista da studio. Come trova lavorare con Sylvester Stallone? Dopo queste settimane al lavoro quotidiano con lui mi sento di dire che come attore sia molto bravo che

Siamo tutti post-omerici, tutti sulle spalle di chi ci ha preceduto. Io ero spesso collegato a Peckimpah che era influenzato da Kurosawa...

molto sottovalutato. pi di un bravo attore una star e lo da 35 anni. I bravi attori sono rari ma le vere stelle sono uniche. Il cinema ha centanni e se dovessimo fare una lista di perosnaggi iconici di quel secolo, come Mary Pickford o John Wayne, Gary Cooper, Jack Nicholson, Paul Newman, Steve McQueen, Stallone uno di questi, se l guadagnato. Lui e il pubblico hanno una grande vicendevole infatuazione, una delle figure pi riconoscuute sul pianeta. E i registi amano le star; raccontiamo storie attraverso gli attori e un attore che riesca a comunicare con un numero enorme di persone un dono per ogni regista. Lui la chiama un sergente incallito del cinema che vuol dire? S insomma non siamo principianti nessuno dei due. Ho girato il mio primo film (LEroe della Strada con Charles Bronson ndr) proprio qui a New Orleans nellautunno del 74, lui oltre alla carriera di attore ha diretto anche 10 film. Io sono nato come sceneggiatore, ho anche prodotto diversi film anche se non proprio il mio forte. Credo che ogni regista porti con s tracce della propria esperienza nel cinema; un regista che stato scenografo in qualche modo rimarr sempre un po scenografo. Sly in fondo un attore e anche nel suo approccio alla regia fondamentalmente rimane tale: un attore che ha deciso di scrivere e di dirigere. Per quanto mi riguarda ero e sono uno scrittore. un po che siamo in giro tutti e due e quindi ci apprezziamo a vicenda, leperienza crea una sorta di intesa. un tipo che mi piace molto, un buon tifoso e gli piace girare un film, il processo: venire sul set, il trucco, lazione Lei ha affermato che sotto sotto i suoi film sono tutti western. Cosa intende? La metafora del western forse ormai un po logora ma quello che intendevo che un film richiede una certa separazione dalla realt. I miei film pi creativamente riusciti sono quelli che hanno costruito un loro mondo interiore. Sono delle astrazioni, dal concetto teatrale che finiscono per esser una sorta di dibattito sul proprio universo morale. E questo trovo sia vero di molti western; in un western pi apparente perch sono film storici, o comunque in costume anche se chiaramente come tutti sanno il west del cinema lontano un milione di miglia da quello che era il vero west americano. Allo stesso tempo non disedgna la commedia? Sono un grande ammiratore di Buster Keaton, uno che diceva che nelle commedie bisogna prima crere il personaggio poi metterlo in una situazione e lasciare che la combinazione produca il buffo, senza intenzionalmente a far ridere. la situazione che deve essere buffa. Il modo in cui tutti ci dibattiamo nelle nostre vite buffo in un certo senso teatrale.

BIOGRAFIA
Nato in California nel 1942, dopo studi di storia alla Michigan University inizia a lavorare nel cinema come aiuto regista di Peter Yates e sceneggiatore di film epocali come: Il caso Thomas Crown, Bullit, Getaway, Lagente speciale Mackintosh, Detective Harper acqua alla gola. Il suo esordio alla regia Leroe della strada (75). Autentico fan di John Wayne, rifiuta di dirigerlo ne Il Pistolero per non vederlo morire in un film. Diventa famoso con Driver limprendibile (78) e con I guerrieri della notte (79). I cavalieri dalle lunghe ombre un western, omaggio al suo maestro Sam Peckimpah, segue nell81 I guerrieri della palude silenziosa. Scrive la sceneggiatura di Aliens scontro finale e dirige Danko con Arnold Schwarzenegger (88), Johnny il bello con Mickey Rourke (89), Ancora 48 ore (90) con Eddie Murphy e Nick Nolte, I trasgressori, Geronimo, Wild Bill e varie serie tv. Nel 2000 ha diretto Supernova con lo pseudonimo di Thomas Lee, nel 2002 ha scritto e diretto Undisputed. con Wesley Snipes. La sua intensa attivit di produttore comprende i film della serie Alien, Alien la clonazione, Aliens vs predator (1 e 2) . Il suo Bullet on the Heads con Sylvester Stallone e Christian Slater ora in postproduzione ed in fase di produzione il nuovo film, St Vincent.

Nella foto, ritratto del regista Walter Hill

ALIAS 7 GENNAIO 2012

(3)

GAME DESIGNER

GERENZA

KEN LEVINE
La cotruzione di un mondo coerente in tutti i dettagli il segreto di un buon videogioco: cos trasforma le utopie del sogno americano in incubi
di FEDERICO ERCOLE

Il Manifesto direttore responsabile: Norma Rangeri vicedirettore: Angelo Mastrandrea Ritratto di Ken Levine e immagine da Bioshock Infinite Alias a cura di Roberto Silvestri Francesco Adinolfi (Ultrasuoni), Matteo Patrono (Ultrasport) con Massimo De Feo, Roberto Peciola, Silvana Silvestri redazione: via A. Bargoni, 8 00153 - Roma Info: ULTRAVISTA e ULTRASUONI fax 0668719573 tel. 0668719549 e 0668719545 email: redazione@ilmanifesto.it web: http://www.ilmanifesto.it impaginazione: ab&c - Roma tel. 0668308613 ricerca iconografica: il manifesto concessionaria di pubblicit: Poster Pubblicit s.r.l. sede legale: via A. Bargoni, 8 tel. 0668896911 fax 0658179764 e-mail: poster@poster-pr.it sede Milano viale Gran Sasso 2 20131 Milano tel. 02 4953339.2.3.4 fax 02 49533395 tariffe in euro delle inserzioni pubblicitarie: Pagina 30.450,00 (320 x 455) Mezza pagina 16.800,00 (319 x 198) Colonna 11.085,00 (104 x 452) Piede di pagina 7.058,00 (320 x 85) Quadrotto 2.578,00 (104 x 85) posizioni speciali: Finestra prima pagina 4.100,00 (65 x 88) IV copertina 46.437,00 (320 x 455) stampa: LITOSUD Srl via Carlo Pesenti 130, Roma LITOSUD Srl via Aldo Moro 4 20060 Pessano con Bornago (Mi) diffusione e contabilit, rivendite e abbonamenti: REDS Rete Europea distribuzione e servizi: viale Bastioni Michelangelo 5/a 00192 Roma tel. 0639745482 Fax. 0639762130 abbonamento ad Alias: euro 70,00 annuale versamenti sul c/cn.708016 intestato a Il Manifesto via A. Bargoni, 8 00153 Roma specificando la causale

renderla convincente, che ci sia stato un tempo in cui negli Stati Uniti tutto fosse perfetto e non ci fosse nessun problema, in cui ci fosse armonia tra persone e architettura. Che ci sia stato davvero un tempo, durante il passaggio tra il XIX e il XX secolo, in cui ogni cosa era bella e eccezionale. Un tempo che in realt non mai esistito. Sembra che gli uccelli abbiano un ruolo determinante in Bioshock Infinite, la loro presenza cos rilevante che ci ricorda qualcosa di The Birds di Hitchcock. Quando si vuole ricreare un ambiente, sia esso sottomarino o aereo, dobbiamo sfruttare ogni immagine disponibile che sia connessa ad essi. E quando pensiamo al cielo dobbiamo chiederci: chi abita il cielo? Nel primo Bioshock vedevamo tanti pesci di ogni tipo muoversi allesterno e Big Daddy appare proprio come qualcosa che appartiene al fondo del mare, con la sua tuta che rimanda a quella di un palombaro. Quindi per quello che riguarda la citt dei cieli, Columbia, abbiamo disegnato molti uccelli. C questa creatura, il Song Bird, che appare come un volatile strano e gigantesco. Un mio amico mi disse che se Big Daddy sembra un dio degli abissi il Song Bird deve essere come il dio dei cieli. Questidea mi ha colpito profondamente e ci ho messo un anno per elaborarla e realizzarla nella sua forma conclusiva. Qual il suo rapporto con il cinema? Sono sempre stato un appassionato di cinema. Sono stato fortunato perch i miei genitori, fin da quando ero piccolo, mi hanno portato a vedere grandi film. Per esempio ho visto Il Padrino di Coppola quando avevo circa sette anni. Ho visto Apocalypse Now, i film di Kubrick...Sono opere che mi hanno davvero ispirato e che amo molto. Sono stato anche influenzato da Star Trek. Amo alcuni lungometraggi, soprattutto i primi, dei fratelli Coen e Il Crocevia della Morte uno dei miei film preferiti in assoluto. Guardare molto cinema mi fa capire quanto sia diverso dai videogiochi, anche se ci sono momenti unici e rari in cui questi si assomigliano. I videogiochi mi ricordano di pi i serial, non solo perch condividono lo stesso luogo, la televisione. Inoltre, come nei videogame, le serie raccontano storie molto lunghe. Adoro programmi come Mad Men, Breaking Bad, i Soprano. Mi piace che possiedano tutto il tempo necessario per narrare delle storie. Gioca con i videogame? Certamente! E li amo davvero. Se non fosse cos, visto che sono il mio lavoro, sarebbe come se fossi un regista che non va al cinema o che non lo ama. Ci vuole passione per fare bene le cose. Adesso sto giocando a Skyrim, splendido, ma sta creando una specie di buco nella mia vita. davvero un mondo alternativo. Ho finito Uncharted 3 e Gears of War 3, entrambi notevoli. Dark Souls? I colleghi del mio studio lo adorano. Lho provato ma davvero difficile, continuavo a morire. Per mi attrae e credo che durante le vacanze natalizie mi ci applicher come merita. Cosa ne pensa del mondo contemporaneo? Sono influenzato dalle mie letture. Studio la storia, leggo tanti libri che analizzano criticamente il passato. Per questo del presente poco mi sorprende: la storia si ripete. Lo vedete anche da quello che successo nel vostro paese. Non possiamo prevedere il futuro, ma importante riflettere sul passato per evitare il ripresentarsi di grandi errori.

BIOGRAFIA
Ken Levine nato il primo settembre del 1966 in New Jersey, Stati Uniti. Dopo essersi trasferito a Los Angeles per iniziare una carriera nel cinema - ha scritto due sceneggiature entrato nel mondo dei videogiochi con i Looking Glass Studios dove ha lavorato con Doug Church al leggendario Thief: The Dark Project. Nel 1997 Levine lascia la Looking Glass per fondare la sua attuale compagnia, la Irrational Games, per cui crea System Shock 2, che nel 1999 acclamato dalla critica. Dopo anni di lavorazione nel 2007 esce Bioshock, universalmente riconosciuto come un capolavoro che ridefinisce larte di raccontare una storia nei videogame e vincitore di numerosi prestigiosi premi. Per il successo di Bioshock il sito Gameinformer nomina Levine narratore del decennio. Dopo Bioshock 2, che ci riporta nella citt subacquea di Rapture del primo episodio, Levine ha lavorato a Bioshock Infinite che varia set e linea temporale dei primi due episodi per trasportarci nel 1912, in una citt sospesa nel cielo chiamata Columbia, ovvero il nome alternativo e femminile degli Stati Uniti e creata per essere un esempio della grandezza e perfezione americana. Bioshock Infinite uscir nel corso del 2012. (f.e.)

Bioshock Infinite il terzo episodio di una serie unica dove visioni, racconto, storia, architettura e simbolismo offrono unesperienza di gioco che fa leva sul pensiero critico e sulletica di chi la vive. Dalle profondit degli abissi dei primi due episodi allalto dei cieli, dalla metropoli sottomarina metafora del fallimento del capitalismo e dellindividualismo, ad una citt celeste che rimanda alleccezionalismo americano, unottimistica e iper-nazionalista corrente di pensiero che sfior lAmerica del Nord tra la fine dellottocento e linizio del novecento. Anche a Columbia, lambiziosa metropoli volante in cui si svolge Bioshock Infinite, le cose vanno storte, come nella subacquea Rapture. Non sarebbe un gioco di Ken Levine se le utopie del sogno americano non degenerassero in incubi terrificanti quanto memorabili e appassionanti da giocare. Ken Levine, maestro e filosofo dei videogame, ha risposto ad alcune nostre domande. Cosa ci pu dire a proposito dellarte di raccontare una storia nei videogiochi? Quello che davvero importante in un videogioco per narrare una storia creare prima di tutto un mondo coerente. Possediamo strumenti diversi da altre forme darte, come musica e letteratura, che usano parole e suoni. Noi dobbiamo, e possiamo farlo molto bene, costruire un mondo complesso e dettagliato, inventare un universo fondato sulla visione che avviluppi il giocatore, coinvolgendolo dentro di esso. Se non cogliamo questopportunit, se non usiamo lambiente del gioco per raccontare una storia, non possiamo che fallire. Sarebbe come trascurare uno dei maggiori punti di forza offerti dai videogame. In Bioshock abbiamo fatto in modo che si possa apprendere la maggior parte dellintreccio narrativo soltanto guardandosi attorno e perlustrando gli scenari. Quando ci si muove dentro Rapture, la citt sottomarina del primo e del secondo episodio, ci sono momenti in cui, solo con losservazione, sembra di essere dentro la mente contorta del miliardario Andrew Ryan, che lha creata, vengono immediatamente trasmessi i concetti e le utopie che sono le fondamenta del nostro racconto. Anche Columbia, la metropoli aerea di Bioshock Infinite, appare subito come lespressione di unidea, il simbolo di quella tensione alliperbole, la spinta verso leccezionale, che inebri gli Stati Uniti verso la fine dell800. Larchitettura un elemento molto importante nei giochi di Bioshock, vi siete ispirati a stili o correnti esistenti? Il nostro art director, Nate Wells, un osservatore molto attento degli elementi architettonici. Guidava un gruppo di persone incaricate, ad esempio, di osservare e studiare le maniglie dei portoni di un edificio. Abbiamo estrapolato numerosi dettagli dalla realt. Credo che molti videogiochi falliscano nel raccontare una storia proprio perch non colgono lopportunit di trarre ispirazione dal mondo che ci circonda, non dobbiamo dimenticarci che se narriamo una vicenda la maggior parte di essa scaturisce proprio dallo spazio fisico

e reale in cui questa concepita. Nel primo Bioshock abbiamo cercato di evitare limpressione di muoverci in un tempo e in un luogo che non sono esistiti veramente, anche se si tratta di una realt alternativa a quella della fine degli anni sessanta in America, cos idealizzai la citt di New York come lho vissuta nella mia infanzia, quando mi recavo al Rockfeller Center e restavo ad ammirare, quasi in trance, le sue architetture. Con Bioshock Infinite abbiamo voluto restituire lidea, e

Columbia, metropoli celeste

In copertina una scena da This Girl Friday (1940) di Howard Hawks con Cary Grant e Rosalind Russell

(4)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

ARTISTA E FILMMAKER

ROBERT BREER
(A cura di Gianluca Pulsoni)

BIOGRAFIA
Robert Breer (Detroit 1926, Tucson 2011), artista e regista tra i fondatori dellavanguardia americana, inizia a usare la macchina da presa a Parigi dove si trasfer dopo essersi diplomato in pittura a Stanford. Il suo primo film Form Phases (52) stato girato in 16mm. Images by images formato da 240 immagini una diversa dallaltra e, congiungendo linizio con la fine, pu essere vista allinfinito. Lidea scoprire sempre diverse dimensioni visuali e cancellare ogni elemento psicologico e narrativo, nella stessa direzione artistica presa da Stan Brakhage e Gregory Markopoulos. Dal 56 la sua produzione prende forma con linee dipinte che assumono divertenti e inaspettate soluzioni: A man and his dog out for ait (57), Inner and outer space (60), Blazes (61) con cento figure diverse in 4 mila fotogrammi, First Fight (64). Dal 63 al 69 sviluppa un linguaggio sempre pi complesso. 69 appunto un film come un punto di arrivo della sua tecnica. Della sua produzione di sculture parla come di disegni, opere fluttuanti o, come i rug, tappeti in movimento. stato il primo artista i cui film siano stati esposti nelle gallerie darte. Nell87 ha ricevuto dallAmerican Film Institute il Maya Deren Award.

L11 Agosto di questanno moriva lo statunitese Robert Breer. Artista e filmmaker, allopera tra gli Stati Uniti e la vecchia Europa (Parigi), dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, in un momento storico che ha dato le basi a molte delle trasformazioni culturali ed estetiche che tuttora viviamo. Come per tutti i veri innovatori, per Breer parlano le opere e nello specifico, i film: Recreation (1956); Jamestown Baloos (1957); Blazes (1961); 69 (1969) e tante altre gemme di cinema sperimentale. Era radicale nel suo lavoro, come ha raccontato Pip Chodorov nel suo bellissimo Free Radicals, tra le ultime testimonianze in ordine di tempo che si hanno di lui. Allo stesso Chodorov, tra i primi a segnalarne la scomparsa sul forum di autori sperimentali, FrameWorks (a questo link si va al necrologio, https://mailman-mail5.webfaction.c om/pipermail/frameworks/2011-Au gust/004842.html), dobbiamo il regalo che qui di seguito si offre, una sua intervista del 2003 a Breer. Il testo desunto da una registrazione audiovideo, la trascrizione stata poi soggetta, per motivi di spazio, a una riduzione significativa, mantenendo per intatto il senso di tutto il discorso. Ovviamente, a Pip Chodorov vanno i pi sentiti ringraziamenti.

di PIP CHODOROV

Quando sei arrivato a Parigi, avevi gi studiato arte? Ho studiato arte a Stanford. Sono stato cacciato per il fatto di fare quadri astratti, in quel periodo i professori l erano comunisti. Arnautov era stato lassistente di Diego Riviera; Mandelowitz, laltro artista insegnante, era un pittore vicino al realismo sociale e ce nera poi un terzo che era un pittore realista. Ci portarono a San Francisco dove vidi una mostra di Mondrian che mi cambi totalmente, cos che al ritorno dipinsi un quadro astratto. Fu trovato poggiato contro il muro in unaula. A tutti fu domandato chi lavesse realizzato e io, timidamente, alzai la mano. Arnautov allora mi invit nel suo ufficio, sedetti e mi disse che non avrebbe potuto insegnarmi se avessi continuato in quel modo; la stessa cosa me la ripeterono gli altri insegnanti cos che io, effettivamente, dovetti abbandonare tutti i loro corsi. Conoscevo allora il sopraintendente del dipartimento darte della facolt umanistica e lui venne a conoscenza del mio caso. Mi offr uno spazio; quello era poi il mio ultimo anno e lui mi disse che tutto quello che dovevo fare era dipingere. Poi io dovetti iscrivermi ad un altro corso in cui non ero molto portato. Ad ogni modo, il resto del tempo lo passai solamente dipingendo. Mi laureai a met anno perch ero stato fuori con lesercito e poi ritornai. Ricevetti un telegramma in cui si diceva che avevo vinto il premio annuale di pittura di Stanford, un riconoscimento molto generoso. Il tutto ammontava a centocinquanta dollari. Un amico mi disse che sarei potuto arrivare a Parigi con quella cifra, su una nave per studenti, ci avrei impiegato dieci giorni. Avevo la laurea e non sapevo cosa avrei poi fatto, pensavo di trasferirmi a New York e lui mi disse, allora vieni con me, andremo a Parigi. Ero stato nellesercito per due anni, avevo un GI bill1 cos che una volta arrivato mi sarei arruolato. Era la primavera del 1949 e dieci giorni pi tardi ero gi al porto di Cherbourg. Fu un grande shock vedere i danni della guerra: ero stato nellesercito ma non oltreoceano e quella fu la mia prima cognizione della guerra, una

Scomparso l11 agosto 2011, Breer ricordato da Pip Chodorov nel suo Free Radicals con una delle ultime interviste rilasciate, come sempre inaspettate, dense e divertenti come i suoi film
esperienza devastante. Prendemmo allora un treno per Parigi e sulla strada vedemmo tutte quelle citt della Normandia che erano state colpite e distrutte. Fu terribile. Perch sei rimasto a Parigi? Allinizio, non sapevo davvero cosa fare. Noi stavamo in quello che ora la Gare DOrsay, io avevo una stanza in un enorme hotel. Ricordo una volta che stavamo mangiando quando un tizio entr vestito da clown. Era un altro GI, ci parlammo e lui ci raccont di Montparnasse e, siccome io non sapevo davvero dove fosse la scena artistica parigina decidemmo alla fine di andarci. Poi per lamico con cui ero segu la scia di altri Statunitensi che conoscevo, entr a lavorare alla ECA, dedita alla cooperazione e amministrazione economica e alla ricostruzione per il processo di pace. Quella banca aveva una reputazione assai migliore di qualunque altra ai giorni nostri. Andai cos da solo a Montparnasse e quel giorno mi registrai presso un hotel in rue de la Grande Chaumire e, con lo stipendio dal mio GI bill, mi iscrissi allAccademia Grande Chaumire. Mio Dio, ero abbagliato da Parigi. LAmerica era il Paese moralista dove mangi male e io ero arrivato in un altro Paese dove Ossip Zadkine, un artista franco-rumeno. Una volta mi disse che avevo bisogno di lavorare sullanatomia e che avrei dovuto studiare nel pomeriggio degli stampi in gesso della statuaria greca, per poi successivamente realizzare il relativo modello pittorico. Non volevo seguire questa prassi, ero stato al college per quattro anni a dipingere modelli e pensavo che la mia conoscenza dellanatomia umana fosse dannatamente buona, cos dissi che non potevo, perch ero occupato nel pomeriggio. Al che mi domand: cosa fai nel pomeriggio? E io dissi, be, dipingo. A quel punto lui: be, non puoi farlo devi decidere, dipingerai o farai lo scultore. Non puoi essere entrambi. E cos decisi, lasciai la sua classe in men che non si dica. Altre persone che conobbi furono Man Ray e il suo sodale, Marchel Duchamp. Col primo avevo molte amicizie in comune, cos organizzai una serata dove gli mostrai i miei film e lui mostr a me i suoi e, ovviamente, mi ritrovai imbarazzato a costatare che molta della mia ricerca lui laveva gi superata: era chiaro a prescindere che fosse un precursore. Duchamp lo presuasi a venire da me a vedere un mio film che misi nervosamente nel

proiettore e mostrai sotto sopra cos che poi dovetti scusarmi. Lui, comunque, era molto gentile, mentre Man Ray era pi burbero e musone. Furono dunque loro i primi pionieri, cos come Vasarely, con cui passai molto tempo assieme. Assieme, nel 1955, misero su una mostra alla Denise Ren per la quale, dato che allora il film non era considerato come forma darte accettabile, feci un piccolo libro di immagini che se sfogliate velocemente producevano lillusione di movimento. A quel tempo eri considerato pi un pittore o un filmmaker? Probabilmente non ero considerato un pittore. Avevo molti quadri esposti in un paio di mostre. Denise Ren rimase comunque impressionata e interessata dopo che feci Form Phases 4, ma in quel momento, era il 1954, ruppi con lei, poi mi sposai ed ebbi cambiamenti radicali nella mia vita. Capit una personale dei miei quadri al museo di Bruxelles dove pure mostrai Form Phases 4 per la prima volta e, per quello che potrei dire, nessuno era molto interessato ai quadri, ma il film ebbe una grande accoglienza. Venni recensito dal critico cinematografico Paul Devais e il film fu mostrato in un programma assieme ad Aurora di Murnau, furono messi insieme in un piccolo catalogo con una recensione. Improvvisamente, ero sulla pista e per un lungo periodo successivo, ebbi questa carriera schizofrenica. Decisi allora che avrei fatto di pi. Una volta compresa a pieno la meccanica filmica, cominciai a chiedermi come radicalizzarla ed

invece per 50 centesimi potevi mangiare piatti incredibili, e altro fatto scioccante vedere le persone baciarsi per strada durante il giorno. Dopo essere stato l un anno fui preso dalla galleria Denise Ren dove conobbi artisti di ogni nazionalit. Io ero lunico statunitense l e il messaggio che cera, fare arte astratta, sembrava il futuro. Ho incontrato anche persone come Arp e Le Corbusier e da tutti ero considerato la giovane mascotte americana. Dopo un po lasciai la Grande Chaumire e andai a stare nellhotel dallaltra parte della strada. E inoltre, per capriccio, mi iscrissi in unaltra scuola per studiare scultura con

Un pioniere delle immagini

cos che sono arrivato ai primi lavori come Form Phases 1&2 nel 1952 e Recreation, qualche anno dopo. A quel tempo pensavo che la maggior parte dellanimazione fosse di bassa qualit, ma poi scoprii eccezioni come Emil Cohl. Venni paragonato a lui da qualcuno. Devo supporre che iniziai a fare film perch li vedevo, e questo certo dopo il primo astratto di Hans Richter, la prima volta che un artista si cimentava col materiale filmico come fosse pittura. Lui, Viking Eggeling e tutte queste persone erano veri artisti e provarono a fare film, in un modo o nellaltro. In passato ho dipinto tele astratte, cercando laccordo di forme geometriche ispirate da Mondrian, per esprimere qualcosa che avesse forza plastica e qualit emozionali senza alcun rimando al mondo esterno e a quel punto, con tutte quelle composizioni, cominciai a interrogrami se ce ne fosse stata una realmente superiore allaltra e se forse la quantit di queste suggerisse possibilit di variazioni in qualche modo continue. Cos pensai che il modo per saperlo fosse farne il libro gi menzionato, unendo immagini astratte che sembravano come i miei dipinti e poi decidendo di vedere se registrare il tutto in un film, evitando nello stile chi maveva preceduto, perch speravo anche di venirne fuori con qualcosa di nuovo ma probabilmente, essendo pigro per ricerche e quantaltro, cominciai a fare questi primi film non con la giusta cura. E cos pensai che forse s, non era giusto che io facessi allo stesso tempo film e quadri. Persino John Cage lo diceva: devi dedicarti al futuro. Persino con tutto il suo anarchismo ebbe questa sensazione. Era abbastanza nellaria e avrei perci preso quella via. Filmare. Avevo una mezza idea di come essere radicale con i film, cominciai a pensare a come attaccare la regolare continuit della registrazione del movimento, verificare cosa sarebbe successo, dato che non c di solito un cambiamento dimmagini 24 volte al secondo tale da rompere totalmente il flusso piuttosto che renderlo pi facile. Insomma, era un esperimento alla cieca nello spirito di una sperimentazione, fare qualcosa di diverso dall apparato e dalla sua necessit narrativa. Cos feci il film in loop cambiando deliberatamente il tipo di immagine 24 volte al secondo e il loop stesso era praticamente lungo abbastanza per passare attraverso il proiettore e ripetersi. Era di 10 piedi e le 24 volte al secondo avrebbero quindi comportato 240 fotogrammi differenti. Cos ci volle del lavoro per filmare 240 fotogrammi, ognuno radicalmente differente dal precedente. Ecco, Recreation. Dicci di pi. La base di tutto era il cambiamento radicale fra fotogrammi; allo stesso tempo venni anche a conoscenza

ALIAS 7 GENNAIO 2012

(5)

ATTORE
che c in un intervallo di tempo una evoluzione del film che il risultato di qualcuno che sta di fronte allo schermo per una certa durata, cominciando a vedere cose che non aveva visto la prima volta, come se ci fosse una naturale evoluzione della forma. Tutto questo era forse soggettivo, in quanto relativo allo spettatore, perci cominciai a pensare a come anticipare la cosa, anche creando una struttura ritmica, un torrente di immagini nella forma di piccoli episodi; carta sgualcita che gradualmente si apre, facendo scaturire da l unaltra animazione continua: abbastanza per impostare un contrasto con un materiale dimpatto, cos che non si bruciasse tutto da s. Ero perlomeno capace di sviluppare una struttura nattativa penso alla condensazione del ritmo col contenuto e il contenuto, in dosi maggiori o minori, dipendeva da come lo sentivo al riguardo. Questo divenne il mio stile personale nel quale pensavo che avrei potuto esprimermi in modi differenti. Come fu percepito? Quando fu proiettato? Be, la prima volta che mostrai Recreation in un cine-club a Parigi ero con Agns Varda e il suo Opra Mouffle, il suo genere di film, girato in rue Mouffetard dove cera un mercato e lei mescol quello con le immagini della sua gravidanza e cos via. un film poetico pi convenzionale del mio: lei lo mostr e io mostrai Recreation. Lei fu accolta molto caldamente, il mio film caus un bel po di sbigottimento. La gente mi accus di rovinare la vista e cose del genere. Per il direttore del cine-club pens che il mio lavoro fosse tuttavia interessante e mi chiese di mostrare i miei film in un altro cine-club, al festival annuale del sindacato delle poste. Cos ci andai. Cerano 500 postini e un grande auditorium, dove mostravano allo stesso tempo regolari filmini 8mm delle loro vacanze. Sai, molti di loro erano del tipo home movies e quel direttore pens che i miei film li avrebbero svegliati un po. Mi mandarono sul palco, spiegai cosa stavo facendo e poi mostrai Recreation e Jamestown Baloos. Ora, in Jamestown ho preso in giro Napoleone, cos che quando il film fin e mi invitarono di nuovo sul palco, venne fuori che mi dovetti difendere perch attaccato dal pubblico per non avevo mostrato alcun rispetto nei confronti del personaggio storico; allo stesso tempo, quando mostrai il film al night club di Pierre Prvert e suo fratello, La Fontaine des Quatre Saisons, nei quartieri residenziali, allentrata trovai una figura in compensato di Napoleone che stava con la mano, invece che nella camicia, infilata nei pantaloni. Era chiaro, la maggior parte dei Francesi, patriottici o no, potevano prendersi gioco di Napoleone, ma a me non era permesso. Mia moglie fu anche guardata in cagnesco dalle mogli presenti e io venni considerato un inaccettabile americano, radicale e arrogante. Quella fu la ricezione del film. Ma sai, in seguito poco a poco venne accettato. Certo, c da dire che poche cose sembravano come i miei film a quel tempo. Molte volte mi hanno pure dato la responsabilit dellorigine dei jump cuts, qualche volta in modo positivo, altre in modo negativo, ma con questo inizi in assoluto un nuovo modo di fare film. Ricordo per esempio quei fratelli comici, gli Smothers, che assunsero un tale per fare un film di fotogrammi singoli e ci misero su della musica tremenda, trattando lintera cosa come uno scherzo, indirizzato a un pubblico di massa, rendendomi molto infelice per un uso del genere delle mie intuizioni; oppure un giovane professionista nellanimazione, che nel tempo libero con una 35mm filmava mucchi di fotogrammi discontinui, che si fece ricevere dal direttore di un cinema di Montparnasse dove passavano miei film per mostrargli il suo lavoro e sapere se avrebbe potuto essere proiettato, essendo simile al mio. Il direttore gli disse, Perch dovrei mostrarlo? Breer lha gi fatto e le sue opere sono divertenti!. Il poveretto allora venne da me, lo presi a simpatia. In ogni caso, non ho mai voluto essere considerato importante, ho provato Nella pagina a sinistra: una delle sculture fluttuanti che Robert Breer inizi a creare negli anni 60. Sotto, un suo recente ritratto.

NINETTO DAVOLI
di GABRIELLE LUCANTONIO

solo a sviluppare uno stile espressivo, per me stesso. Quando vennero i galleggianti e le sculture? Sentivo che solo una galleria darte fosse il posto dove potevo essere capito. Nei cinema le nostre cose non sarebbero state mostrate eccetto che dopo mezzanotte tanto che allora mi legai a Jonas Mekas, allAnthology Film Archives. Rimaneva per il fatto che volevo entrare nelle gallerie darte, non volevo essere ostacolato nel fare film. E lidea delle sculture che si muovono lentamente fu una di quelle cose dove per me, tutto si un. Come mettevi in relazione i film veloci con le sculture? Velocizzando lanimazione e rendendo le sculture pi lente? Il mio progetto come artista rompere lordine con un movimento lento o apparentemente stabile, verso una totale libert di movimento per sfidare leffetto attuale di un immaginario dato a priori. Lintera idea era quella davere sculture che non solo venissero fuori dalle loro basi di cemento ma anche che fossero ben piantate a terra e che iniziassero a muoversi da s. Questo mi sembrava un grande, eroico passo avanti dalla nascita delle presentazioni fisse, verso un limite ambiguo della pratica che mi interessava. La stessa cosa in senso opposto coi film, lavorando contro la coerente evoluzione dellimmagine in movimento che non offre nessuna curva costruttiva allo sviluppo visuale. Perci, in un caso dovevo spezzare molto rapidamente i movimenti regolari in relazione al contorno; in un altro invece, una immagine fissa doveva svilupparsi lentamente, come fosse stata statica fino a che uno non lavesse riguardata ancora e con reazione sorpresa, avesse visto quanto fosse effettivamente libera. Sembrano vie opposte lun laltra, ma entrambe servono la stessa funzione: assumere il dato e gettarlo via. Volevo essere radicale in modo molto cosciente. Sembra che in quel periodo le persone collaboravano molto di pi tra loro. Fu cos? Sembrava cos. Quando arrivai a Parigi, la scena Pop Art stava iniziando e io mi vedevo con tutti gli artisti Pop bench non ne facessi parte e non ne sarei diventato uno. Non vivevo in America e mi piaceva questo e quando per esempio cera in giro la pittura astratta di un Donald Judd dicevo, bene, stato gi fatto 20 anni fa e lui lha scoperta solo ora. Cera molto sciovinismo fra gli Americani e io sentivo che avevo visto e fatto tutto quello. Per mi capivo con Bob Rauchenberg e collaborai con lui e questo cambi molto del mio comportamento, inoltre Kurt Schwhitters era il mio eroe e conobbi poi altri artisti europei, altri pittori, e immaginai che questo andare indietro avrebbe riportato tutti verso la pittura Dada, cio al periodo di Arp. Perch fare ancora quello? Ma non fui abbastanza veritiero nella mia visione dinsieme dato che la Pop Art era qualcosa di necessario per gli Stati Uniti e tutti loro, gli artisti Pop, divennero miei amici, anche se non ho mai compreso la loro arte. Perch no? La Pop Art? Perch appunto la sentivo vicina al Dadaismo e lo dissi ai Dadaisti che conoscevo, gli artisti Fluxus. Alla fine poi, alcuni come Don Judd e Vasarely erano andati nel loro lavoro verso unarte pi astratta, ma la mia idea di trasformare in film lastrazione che loro stavano scoprendo era vista come qualcosa di non pertinente con ci che volevano fare. SEGUE A PAGINA 6

Un ritratto di Ninetto Davoli

Ninetto Davoli una leggenda del cinema italiano. Il 2011 ci ha permesso di ritrovarlo a teatro in Albergo rosso di Pierpaolo Palladino, con una regia di Federico Vigorito, prima al Teatro Roma nella capitale poi al teatro Moderno di Latina. Riprender questo spettacolo dal 31 gennaio al 19 febbraio 2012 al teatro della Cometa a Roma. L'anno appena trascorso ci ha anche permesso di rivederlo a cinema in Tutti al mare di Matteo Cerami. Evochiamo con lui alcuni punti della sua carriera: A che punto il cinema degli anni sessanta e settanta diverso da quello che si realizza oggi ? E' palese. Nel senso che prima c'erano Pasolini, Fellini, Antonioni, Citti, Bertolucci e molti altri ancora. C'erano soprattutto dei registi di grandissima qualit. Oggi, ce ne sono pochi. Probabilmente, non gli si d la possibilit di esprimersi al meglio. Un Pasolini o un Fellini oggi non avrebbe sicuramente potuto realizzare i film che ammiriamo ancora. Prima si faceva un racconto realistico, adesso si fa un cinema di comodo, convenzionale. Chi ama un certo tipo di cinema, non attratto da quello che si fa oggi. Quale film di Pasolini preferisce? Ho un debole per il mio primo film con lui Uccellacci e Uccellini (1966). Anche se avevo fatto un'apparizione nel Vangelo secondo Matteo nel 1964. Pasolini mi ha permesso di esordire davvero come coprotagonista in un film, insieme a Tot, che era uno dei miei idoli. Non volevo farlo, non mi sentivo all'altezza. Per Pasolini mi disse che il mio lavoro sarebbe stato soprattutto di andare in giro con Tot e che per questo mi avrebbero pagato due milioni di lire! Mi pagavano per passeggiare con Tot? Mi sembrava una cosa talmente assurda. Ovviamente ho accettato. Avevo l'impressione di vivere in un sogno che diventava realt. Ho poi ritrovato Tot in Che cosa sono le nuvole?, un episodio di Capriccio allitaliana (1967). C'era in quel film una poesia estrema, meravigliosa. Tot mi diceva che avevo un bel viso d'attore, ma che dovevo studiare. Ci siamo rivisti in La terra vista dalla Luna, un episodio del film collettivo Le streghe (1967). E poi, tra i film di Pasolini, nei quali non ho recitato, c' La ricotta (1963), che considero un capolavoro assoluto. Lei simboleggiava lo spirito delle borgate romane nel cinema di Pasolini... Pasolini ha incontrato Franco Citti a Roma che gli ha fatto conoscere la borgata romana. Pierpaolo stato sedotto da questo mondo e ha realizzato Accattone (1961) e Mamma Roma (1962). Poi anch'io l'ho conosciuto. In me ha trovato una guida, una persona giusta, come lo erano Franco e soprattutto Sergio Citti. Diciamo che stato uno scambio di culture. All'epoca, si poteva creare un racconto realista, la vita che si poteva rappresentare era diversa. C'erano personaggi come il mio, Ninetto, che era un ragazzo innocente, furbacchione, simpatico, gioioso... E attraverso noi che Pasolini ha restituito lo spirito delle borgate romane. Ci vivevamo tutti come in una grande famiglia, tutti conoscevano tutti. Si lasciavano le chiavi sulla porta, non c'erano problemi. Adesso, non si pu pi fare, troppo pericoloso. All'epoca, si sentivano i profumi delle cose, dei piatti che cucinavano i vicini di casa. C'era armonia, c'era gioia... Il suo personaggio si ritrovava

BIOGRAFIA
Ninetto Davoli, all'anagrafe Giovanni Davoli, nato a San Pietro a Maida (Catanzaro) l'11 ottobre 1948. Scoperto da Pierpaolo Pasolini, ha girato con lui Uccellaci e uccellini (1966), l'episodio La Terre vista dalla Luna di Le streghe (1967), Edipo Re (1967), l'episodio Che cosa sono le nuvole? di Capriccio all'italiana (1968), Teorema (1968), l'episodio La sequenza del fiore di carta di Amore e rabbia (1969), Porcile (1969), Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972) e Il fiore delle mille e una notte (1974). Al di fuori di Pasolini, ha lavorato con molti registi come Bernardo Bertolucci in Partner (1968), Giuliano Montaldo in L'Agnese va a morire (1976), Carlo Lizzani in Requiescant (1966), Elio Petri in Le buone notizie (1979) o Marco Martani in Cemento armato (2007). Ha realizzato un lungo sodalizio con Sergio Citti, dal 1970 al 1996 (Ostia, Storie scellerate, Casotto, Il minestrone (che doveva intitolarsi La fame ma la Rai censur il titolo come troppo depressivo), l'episodio I Ladri di Sogni e bisogni e I magi randagi). Specializzato in ruoli brillanti, Davoli ottiene ottimi risultati in ruoli drammatici come in Uno su due (2006) di Eugenio Capuccio. Senza dimenticare una celebre pubblicit di biscotti negli anni 70.

LEGGENDE IL RITORNO

amarezza. Ha lavorato in un musical trasmesso in Rai nel 1979, con musiche scritte da Antonello Venditti, Addaven (quer giorno e quella sera), dove lei cantava pure... Si, a dire il vero, avevo gi cantato in una serie di spot pubblicitari, Le canzoni alla Gigetto, che sono andati in onda dal 1972 al 1983... Sono stonato ma mi piace. Quando mi hanno contattato per fare questo musical, nel quale avrei dovuto cantare, ho subito detto: Ma io non so cantare!. Mi hanno insegnato fino a dove arrivare con le note, con la voce. Ho studiato. Il giorno dell'incisione poi andata bene. Lei ha fatto anche molto teatro. Ho lavorato dai miei esordi con i pi grandi. Ho avuto la fortuna di esordire a teatro con Carmelo Bene e Luca Ronconi. Due mostri sacri. Nel 2011, ho lavorato in L'Albergo rosso di Pierpaolo Palladino e lo riprender a febbraio. Si svolge a Roma nel 1936, quando Mussolini spian Spina di Borgo per costruire Via della Conciliazione. C'erano delle persone che ci vivevano e ci lavoravano, improvvisamente vennero sbarracate e tante famiglie si ritrovarono a disagio, non avendo pi casa n lavoro. Mi diverto a fare teatro. C' un rapporto diretto con il pubblico e ogni sera un debutto. Nel 2011 uscito nelle sale Tutti al mare di Matteo Cerami, che molti critici hanno paragonato a Casotto (1977) di Sergio Citti... Probabilmente perch lei era nei due film ed entrambi si svolgono al mare, l'estate, in un capannone... La gente ha ovviamente paragonato i due film, ma i due mondi rappresentati sono completamente diversi. Le spiagge degli anni settanta non hanno nulla a che vedere con quelle attuali. Adesso c' l'extracomunitario che non era presente prima. Oggi, tutto falso e il film di Cerami lascia un retrogusto amaro che laltro non aveva.

La leggerezza delle borgate non esiste pi


Una carriera tra cinema e teatro, da Pasolini a Carmelo Bene. Pierpaolo mi offr due milioni per passeggiare con Tot, il mio idolo. Che assurdit...
anche in film che non erano di Pasolini. Spesso era utilizzato come un caratterista... Adesso il caratterista non esiste pi. Adesso o sei il protagonista o fai una piccola parte. Ma non ci sono pi neppure gli attori che potrebbero diventarlo. Nel cinema che si fa oggi, non possibile. Prima in ogni scena c'era un'atmosfera particolare, tutti i personaggi erano costruiti. Se una cosa non veniva bene, si rifaceva, ancora e ancora, fino alla perfezione. Oggi, la prima buona. Il cinema e la televisione sono diventati delle industrie. L'arte non esiste pi. Si fa un film in tre settimane, mentre una volta si giravano in sette, otto o dieci settimane. Adesso devono fare il prodotto, devono affrettarsi, perch sanno quando andr in onda ancora prima di realizzare il film. I personaggi che lei impersonava in quegli anni non sarebbero pi proponibili oggi? Il Ninetto che esisteva allora, al cinema, non pu pi esistere. Oggi i ragazzi che abitano nelle borgate romane non sono pi innocenti, gioiosi e spiritosi. Questo mondo completamente cambiato. Adesso hanno una specie di autodifesa. Sono aggressivi, cupi, non sono simpatici, stanno sempre sulla difensiva, ma questo non fa parte davvero del loro carattere. E' la vita che li ha portati a diventare cos, non colpa loro. Non hanno pi la leggerezza e la semplicit che aveva allora il tipo che rappresentavo io. Il consumismo ha portato a questo. Pasolini in un certo modo lo aveva previsto.... Ho un po' ripreso questo personaggio, ma invecchiato, nel film di Eugenio Cappuccio Uno Su due (2006). Ho vinto diversi premi, come attore non protagonista: il Ciak d'oro, il Nastro d'argento e sono stato nominato ai David di Donatello. Mi hanno dato il premio L.A.R.A. - Libera Associazione Rappresentanti di Artisti come migliore attore alla Festa del cinema di Roma, dove il film stato presentato. Il mio personaggio era una specie di Ninetto maturato, che era dolce ma con un tocco di nostalgia e di

(6)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

BREER DA PAGINA 5

ATTORE

TONI SERVILLO
Cos accaddero spesso situazioni buffe in cui miei film tipo 69 venivano ben recensiti sui giornali di critica cinematografica, ma non nelle pagine di riviste darte. Ricordo poi che Oldenberg e io lavorammo su un film assieme e lui volle inserirci le mie sculture in movimento. Voleva delle basi per un uovo fritto cos da muoverlo sul pavimento e io mi sentivo come fossi stato assunto perch era, in quel tempo, un artista di grande successo e non volevo essere assorbito da qualcosa che lui avrebbe trasformato in un semplice espediente. Ecco quindi, nella scena dellarte conoscevo tutti questi celebri artisti Pop. Ero pure con una buona, costosa galleria, ma loro non potevano vendere la mia roba: troppo fragile e non sembrava proprio integrata, in quella scena. Ebbi comunque alcune buone critiche e dellattenzione. Al MoMa fin un mio grande galleggiante, nel 1970, dopo la fiera mondiale che facemmo in Giappone. Era in compagnia piuttosto buona; con Picasso, Goethe, Mir e Henry Moore. Le mie sculture moventi sarebbero andate in giro. Ero qualcuno, ma quel tipo di arte era marginale comparata a quella Pop e commercialmente, non feci fortuna nel modo in cui quegli artisti la fecero, diventando multimilionari come Oldenberg e compagnia. Solo ora finalmente sto ottenendo del riconoscimento. Sono lontano dal diventare un multimilionario, ma la mia attivit nei film e nella scultura si sta unendo e mi sono permesso di fare entrambe le cose ed essere la stessa persona e, finalmente, ho vissuto abbastanza a lungo per farlo accadere. Tutto questo sembra la ripetizione di quello che visse il mio vecchio, troppo davanguardia per il suo tempo. Lui invent lAriflow Chrysler nel 1928. La Chrysler Corporation aveva giusto cominciato ad esistere e lui era uno dei tre ingegneri della Chrysler automobile. La sua ispirazione venne fuori un giorno guidando fino a una spiaggia dove stavamo lestate in Michigan: mise fuori dal finestrino la mano e inizi a giocare col vento che soffiava e cap quanto avesse effetto sulla sua mano; vide tre corvi vicini in volo e come fossero aerodinamici e graziosi nel vento. Quei tre corvi gli sembrarono come aeroplani che atterravano su un campo, aeroplani militari e questa cosa lo fece realmente interessare alla aerodinamicit delle auto. Appena approfond ulteriormente la cosa, intu che lautomobile convenzionale era pi aerodinamica andando indietro che in avanti: la mise in una galleria del vento per provarlo e convinse Walter Chrysler a collaudare la costruzione di quellauto estremamente radicale e aerodinamica. Usc nel 1934, 35 e 36, ma le prime auto, sebbene stupende per laspetto ingegneristico, non furono pronte per la produzione finale perch erano a telaio monoscocca, cos dovettero rivedere delle cose. Quelle prime auto avevano difetti spettacolari, mancanze e qualsiasi altra cosa tanto che il feedback con tutte le compagnie rivali fu che quelle auto erano sperimentali, non serie. La classe media ci credette e non le compr, ma a ottantanni, prima di morire, il mio vecchio ebbe la rivincita, avendo scoperto un Airflow club da cui ancora ora ricevo il loro bollettino ogni mese, con proprietari fanatici di queste vecchie auto degli anni 30 rispolverate per ogni raduno. Lui comunque mantenne il lavoro alla Chrysler, ma fu messo ai margini per il fallimento di quel modello. Ecco, immagino allora che o si respingono i propri genitori o provi a connetterti in qualche modo con loro e la tua origine. La mia origine coinvolge loro, assieme agli artisti davanguardia che hanno fatto film; inoltre, mi piace lidea di un certo tipo di continuit con il cambiamento radicale, cos ho provato ad avere il meglio da entrambi quei mondi. (traduzione di Gianluca Pulsoni).
di ALBERTO CASTELLANO

Ritratto di Toni Servillo

PERSONAGGI UN SUCCESSO LUNGO TRENTANNI

Toni Servillo in questo momento non solo uno degli attori italiani della sua generazione pi richiesti e apprezzati dal pubblico e dalla critica, ma anche un artista in qualche modo emblematico di quelle potenzialit dello spettacolo nazionale, risorse recitative, duttilit multimediale, rigore professionale riconducibili a un modello americano ma anche francese per restare in Europa spesso da noi citato e invidiato. Il suo percorso artistico infatti un po paradigmatico della possibilit che esiste anche in Italia di fare cinema, teatro, televisione, radio, reading e altro con la stessa intensit, lo stesso rigore, le stesse opzioni morali, insomma di ritagliarsi da attore una cifra quasi autoriale se si accoppiano come nel caso di Servillo talento e lucidit di sguardo, doti naturali e studio costante, caratteristiche espressive e scelte coraggiose, entusiasmo inesauribile e impegno civile, grande tecnica e tensione morale. Si pu senza svendersi o meglio vendere lanima (artistica) al ricatto televisivo, alle fiction ruffiane di moda, al cinema commerciale pi sbracato. Dalla sua amata Caserta (ma nato ad Afragola) dove si formato artisticamente quando da giovane muoveva i primi passi con il Teatro Studio, Servillo oggi proiettato in una dimensione che lo vede girare con i suoi spettacoli i teatri di mezza Europa e i suoi film venduti allestero e partecipare a Festival internazionali. E nella sua amata Caserta rimasto a vivere con la famiglia andando controcorrente rispetto al clich del divo allitaliana che deve vivere a Roma. Anche quando si parla del lavoro dell/sullattore, di modello recitativo, di pratica attoriale, lesperienza di Servillo sfugge a qualsiasi rigida griglia teorica, perch lui in realt oscilla tra Stanislavskij e Brecht, tra lattore classico che interpreta Molire e Goldoni e lasciuttezza e lessenzialit di Eduardo, il suo unico, dichiarato modello di riferimento, tra la trasformazione fisica e la voglia di abbandonarsi alla forza della parola poetica, si muove con disinvoltura tra ladesione psicofisica ai personaggi cinematografici che lhanno reso popolare (il Tony Pisapia di Luomo in pi, il Titta Di Girolamo di Le conseguenze dellamore, lAndreotti di Il Divo, il Gorbaciof dellomonimo film su tutti) e leffetto straniante del finto direttore dorchestra (coscienza critica) delladorniano Sconcerto. In questo periodo Servillo si divide freneticamente tra set, palcoscenici e postazioni per letture poetiche ma non per questo perde la tranquillit nella conversazione e lequilibrio nellesposizione di concetti artistici e morali, lequilibrio di un attore di grande spessore intellettuale, unico (almeno nel panorama italiano contemporaneo) per come sa sposare successo e qualit, feeling con un pubblico ampio e coerenza di percorso. Da Morte di un matematico napoletano del 1992 a Il gioiellino uscito questanno, tu hai girato poco meno di 20 film in un arco di 20 anni. Una bella media

Una questione di stile


Venti film in venti anni, una intensa attivit teatrale, la regia di opere: lattore pi premiato del nuovo cinema italiano ora sul set di Anghelopoulos che lo folgor con La recita

considerando la tua intensa attivit teatrale. S, negli ultimi anni ho lavorato molto nel cinema, nel 2010 sono usciti addirittura quattro film dei quali sono protagonista. Per ora riesco a dividermi tra cinema e teatro senza penalizzare nessuna delle due forme espressive. In questo periodo, ad esempio, sto portando ancora in giro Sconcerto, il 15 di novembre ho debuttato a Napoli con il recital poetico Toni Servillo legge Napoli nel quale leggo brani di poeti e scrittori di ieri e di oggi (Viviani, Eduardo, Russo, Di Giacomo, Moscato, Borrelli, De Giovanni, Montesano) che ho portato in giro per lItalia, ho da poco finito di girare un film e a dicembre ho cominciato una nuova avventura cinematografica. Di quali film si tratta? stato il figlio, il primo film diretto da Daniele Cipr da solo, cio senza Maresco. Protagonista della storia tratta dal romanzo dello scrittore palermitano Roberto Alajmo, la famiglia Ciraulo, la classica famiglia allargata di poveri cristi che vivono in condizioni di grande disagio. Il capofamiglia Nicola, interpretato da me, ha due figli di 8 e 20 anni e si arrangia raccogliendo e vendendo ferro vecchio abbandonato in fabbriche dismesse. Un giorno in seguito a un incidente con un tram nelle strade del centro, la sua bambina resta uccisa e dopo qualche tempo luomo scopre che lo stato risarcisce con ingenti somme le famiglie vittime di omicidi anche colposi e cos la famiglia si trova improvvisamente a vivere una condizione di benessere. Da questo momento il film racconta la metamorfosi di questo nucleo e in particolare mette a fuoco la miseria della ricchezza. Tra qualche mese poi avr il piacere e lonore di girare un film con un grande maestro come Anghelopulos il quale dopo aver visto Il Divo, mi ha cercato per propormi il ruolo del protagonista nel suo nuovo film ambientato in Grecia. Il regista greco, si sa, ha sempre avuto un buon rapporto con il cinema italiano sia in termini di coproduzioni che per la scelta di alcuni attori come Mastroianni e Volont. Ci siamo incontrati sul set di Cipr in Puglia e ci siamo subito intesi per un rapporto professionale. Sono stato ad Atene per incontrare i colleghi greci e per conoscere i luoghi del set che saranno prevalentemente il porto del Pireo. Al centro della storia c il conflittuale rapporto tra un uomo che vive con limmigrazione clandestina e sua figlia appassionata di teatro che frequenta una compagnia della citt che sta provando Lopera da tre soldi di Brecht. C insomma un conflitto culturale e generazionale che naturalmente anche uno spaccato del dramma economico che la Grecia sta vivendo, ci sono anche molte scene di massa. Lavorare con Anghelopulos un gratificante riconoscimento artistico. Sicuramente, per me poi ha un sapore particolare perch non avrei mai immaginato da giovane che un giorno sarei stato scelto da uno dei miei autori preferiti. 30 anni fa nella prima fase di Teatri Uniti vedevo e studiavo con Mario Martone e Angelo Curti La recita, un capolavoro che allepoca folgor parecchi intellettuali e uomini di cinema e teatro. Per me anche il riconoscimento di una scelta culturale precisa, di un percorso artistico ed esistenziale al tempo stesso, che affonda le radici proprio in quellesperienza culturale di gruppo che simpose per la rottura di certi schemi obsoleti e per loriginalit di unangolazione interdisciplinare, eravamo animati da una curiosit a 360 gradi per il cinema, il teatro, le arti figurative, la scrittura che affrontavamo con la teoria e la pratica. Esordire quindi nel cinema con Morte di un matematico napoletano, che fu anche lesordio cinematografico di Martone, con un grande del teatro

BIOGRAFIA
Regista e attore campano, Toni Servillo nato ad Afragola nel 1959, fratello del musicista e cantante Peppe Servillo, leader della Piccola Orchestra Avion Travel. Fonda il Teatro Studio di Caserta e nell86 si avvicina al gruppo Falso Movimento e quindi al regista Mario Martone, con il quale d vita ai Teatri Uniti. E a Martone deve il suo debutto cinematografico nel 92 con Morte di un matematico napoletano al quale seguiranno Rasoi, Teatro di guerra e Noi credevamo. Continua comunque a preferire il teatro partecipando a spettacoli come Ha da pass 'a nuttata e L'impero della ghisa, entrambi di Leo de Berardinis, incanta il pubblico con Sabato, domenica e luned (2005) di Eduardo, passa al Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller. Con Antonio Capuano nei Vesuviani e in Luna Rossa, protagonista con Paolo Sorrentino per L'uomo in pi, Le conseguenze dell'amore, Il divo, Gomorra di Matteo Garrone, Lascia perdere, Johnny! di Fabrizio Bentivoglio, Gorbaciof di Stefano Incerti, Una vita tranquilla di Claudio Cupellini, Il gioiellino di Andrea Molaioli dopo La ragazza del lago. Ha diretto numerose opere liriche come Il marito disperato di Cimarosa, il Fidelio di Beethoven per il San Carlo di Napoli e Boris Godunov di Musorgskij per il Sao Carlos di Lisbona.

ALIAS 7 GENNAIO 2012

(7)

REGISTA

MOURAD BEN CHEIKH


come Carlo Cecchi fu quindi per me un passaggio naturale dal palcoscenico allo schermo. Quellesperienza formativa fece si che noi tutti potessimo rimanere fedeli a un proprio stile. Che cos per te lo stile? Lo stile per me la capacit che ha un artista di veicolare una posizione morale chiara. Non mi sono mai sentito un prestatore dopera, un attore per tutte le stagioni, non ho mai separato la prestazione attoriale dalla tensione etico-politica e sotto questo aspetto i miei modelli sono stati Volont e Eduardo. Per questo non ho mai voluto fare televisione, anche in fiction decenti, film o serie, per le quali pure ho avuto tante proposte. chiaro che sono scelte radicali, estreme che spesso ti possono relegare in una nicchia, ma quando come nel mio caso si ha anche la fortuna di accoppiare qualit e popolarit, messaggio etico e riconoscibilit immediata si possono raggiungere pubblici diversi. E questo lideale. A parte Martone con il quale hai lavorato molto nei primi anni 90 per poi farti dirigere di nuovo nel recente Noi credevamo, lautore al quale devi sicuramente molto Paolo Sorrentino, anche perch grazi ai suoi film sei diventato uno dei volti pi popolari del cinema italiano. Non c dubbio. I film che ho fatto con lui, Luomo in pi, Le conseguenze dellamore e Il Divo, hanno auto un grande successo di pubblico e di critica e sono stati accolti con entusiasmo nelle sale e nei Festival di mezzo mondo. Con Paolo si creato subito un rapporto speciale, una sintonia intellettuale e artistica particolare, unalchimia sul set che vantano solo alcuni binomi regista-attore storici nel cinema. Quando lavoro con Paolo sento come principio sottile il fatto che il regista quasi mi mandi avanti, a testimoniare zone che lui non riesce ad esprimere proprio per il ruolo che ricopre, che quello di essere e rimanere nascosto. Quando mi stato proposto di portare in televisione Sabato, domenica e luned del quale sono stato interprete e regista a teatro, ho voluto che fosse diretto da Sorrentino che ha fatto un lavoro egregio. Dopo il mezzo televisivo il tuo teatro ora incontra anche quello cinematografico con 394, il documentario su Trilogia della villeggiatura di Goldoni che hai messo in scena con successo. Il documentario di Massimiliano Pacifico prodotto da Teatri Uniti e dal Piccolo Teatro di Milano, presentato al Torino Film Festival, ricostruisce le tappe della lunga tourne dello spettacolo che tocca, tra le tante citt, Berlino, Mosca, Parigi, New York, Madrid, Istanbul. Non solo un film sul teatro, sugli attori, sulla recitazione, ma anche il vivace racconto di unesperienza speciale, attraverso un confronto intenso e talvolta divertente con luoghi, culture e stili di vita diversi. Quali sono i tuoi autori e attori preferiti? Amo molto alcuni maestri dellEst come Tarkovskij, Kieslowski, Sokurov e poi Rossellini, De Sica, Truffaut. Come attori ce ne sono tanti ma su tutti De Niro e Al Pacino. LItalia di oggi messa abbastanza male. Nel campo dello spettacolo e della cultura poi la situazione drammatica. Sono reduce da Sarajevo dove ho fatto Sconcerto con lorchestra sinfonica locale. Mi hanno raccontato che durante i quattro anni di assedio gli orchestrali non hanno mai saltato una prova, non hanno mai chiuso i teatri e la Biblioteca centrale. Il nostro paese non in guerra ma lo scenario culturale peggiore. Si continuano ad aprire centri commerciali e multiplex e a chiudere le vecchie sale, i piccoli teatri e i luoghi della cultura.

Andato via dallItalia che ormai cammina allindietro, torna nel suo paese ricco di fermenti da registrare come una delle pi importanti sfide
di CHIARA ORGANTINI

Ritratto di Mourad Ben Cheikh

capito che tra tutti i partiti progressisti il Pole democratique moderniste rischiava di non portare allassemblea neppure un costituente Dal mio collegio, infatti, venuto fuori lunico rappresentate del Pdm allassemblea. Giorni fa, sul quotidiano La Stampa, una stagista tunisina presso Women e-News, Hajer Naili, ha raccontato le sue preoccupazioni in merito allaffermarsi alle prossime elezioni legislative del partito Ennahda, paventando la perdita di alcuni diritti delle donne acquisiti con il Codice dello statuto personale tunisino del 1956: laborto e il divorzio, per esempio. In sostanza, c il rischio di una perdita della laicit che ha fatto della Tunisia uno dei paesi pi occidentalizzati, quanto a diritti e consuetudini, tra i paesi nordafricani musulmani? Occorre sicuramente essere vigili e poi, occorre anche riconoscere che non esiste una laicit assoluta, alla francese. In queste ore in cui lassemblea costituente tunisina ha iniziato i suoi lavori si discute gi se togliere la parola islam dal I articolo della Costituzione, proprio in funzione della paura di cui parla Hajer Naili. Uno stato religioso, una teocrazia, non ha bisogno della parola per fondare il suo diritto sulla religione o la sharia, come uno stato laico non risolverebbe il problema del pericolo religioso stralciando dalla costituzione la parola islam. La democrazia un gioco in cui si rilancia pi di una volta: non bastano le elezioni, conta cosa fai fare o impedisci di fare a quegli eletti. Le donne rivestono un ruolo importante nel suo Plus jamais peur: lavvocato Radhia Nasraoui, la blogger Lina Ben Mhenni, la moglie del terzo protagonista, il giornalista Karem Charif. Che ruolo hanno le donne in Tunisia? La paura di cui parlava Hajer Naili comprensibile ma pu essere annullata dalla loro sola forza. Le donne in Tunisia, come si vede anche nel documentario, sono il pilastro del paese, forse molto pi che in altri paesi mediterranei. Lavorano, decidono e vengono rispettate per questo. E quando non riescono a contare un danno per tutto il paese. Lina Ben Mhenni, ad esempio, che ho incontrato prima e dopo le elezioni, ha deciso di non votare. Le ho detto che ha fatto male e doppiamente: in quanto donna che non si fatta valere con il voto e in quanto cittadina che ha sostenuto la rivoluzione. Lurna elettorale, se continueremo a partecipare agli appuntamenti di voto, si trasformer nellurna funeraria del regime di Ben Al. La fine del regime sar sancita solo con lelezione di un nuovo governo. Cosa si aspetta nei prossimi mesi in Tunisia, vedendo anche quanto accade nei paesi vicini, dove la rivoluzione non altrettanto conclusa? Il problema non sar solo riuscire a votare e far votare. Esiste, ossimoricamente parlando, un vuoto identitario. Ed un vuoto che coinvolge tutto il mondo. E gli occidentali lo sentiranno di pi dopo che sar passata la tempesta della crisi mondiale. In Tunisia, la vittoria allassemblea costituente di Ennahda, come anche il buon riscontro dei Fratelli musulmani in Egitto, testimonia la stessa difficolt: gli islamisti forniscono risposte ideologiche alle persone nellillusione che questo possa colmare il vuoto identitario. Tutto quel che sta accadendo ci costringe a ripensarci. La malattia del mondo come la malattia di Lina: prodotta dal suo stesso corpo. E pu imprigionarci.

Ha lasciato lItalia nel 2005 dopo avervi vissuto a lungo, in aperto contrasto con il suo produttore-protettore Fandango che gli rifiut un ottimo soggetto cinematografico perch riteneva il suo sguardo da regista troppo televisivo. Mourad Ben Cheikh, allepoca autore di reportage per il programma Rai, Sfide, oggi regista del documentario sulla rivolta in Tunisia Plus jamais peur gi a Cannes , approdato con il suo ultimo lavoro allInternational Film Festival India di Goa, conclusosi il 3 dicembre, ed stato ospite al Dubai International Film Festival. A poco pi di un mese dalle elezioni tunisine nellera post-Ben Al, Ben Cheick, che incontriamo al MedFilm Festival, torna a fare il punto sulla situazione nel suo paese e non solo. Tutto ebbe inizio quando la Fandango le rifiut quella sceneggiatura che riteneva a dir poco ottima.. Quellepisodio mi si offr per riflettere sullItalia. Il disagio non era solo per il rifiuto, poco convincente, da parte del produttore con cui avevo lavorato per anni, ma per la situazione paradossale che si viveva: la pigrizia degli italiani aveva offerto il fianco alle soluzioni chiavi in mano. Berlusconi, il non eleggibile, non solo continuava a illudere tutti ed a stare al potere ma la gente, lopposizione, la maggior parte della classe politica italiana aveva smesso di creare alternative, di opporsi, di avere coraggio; esattamente come mancava di coraggio la Fandango. Con le proteste degli ultimi mesi e la contestazione sotto il Quirinale al momento delle dimissioni di Berlusconi, non crede che gli italiani abbiano smesso di essere pigri? C un detto in Tunisia che dice: Se vai sempre allindietro, ad un certo punto la schiena dellasino finisce. Questo quello che successo a voi: avete semplicemente finito la schiena. E lei intanto ha passato gli ultimi anni in Tunisia, assistendo al crollo di un regime grazie ad una delle rivolte pi decisive della primavera araba.. Quel poco che potevo fare nel mio paese, quando decisi di tornare in Tunisia, sarebbe stato comunque pi utile di tutto quello che potevo fare in Italia, anche se cera ancora la dittatura nel 2005 e, ad attendermi al mio ritorno, cera gi un inetto funzionario del governo che aveva tentato di estorcere informazioni da mia madre. Dallanno del mio rientro al gennaio scorso, quando Ben Al fuggito dalla Tunisia grazie alla rivolta, non c stato un crescendo, un evolversi, la percezione che qualcosa stesse cambiando. Nessuno ha mai capito, anticipando le cose, che stesse per iniziare un nuovo corso, il quale intendiamoci una rivoluzione appena iniziata. Ma le elezioni tunisine per eleggere i rappresentanti

IL DOCUMENTARIO PLUS JAMAIS PEUR

Dalla Tunisia per dire ad alta voce mai pi paura


dellassemblea costituente dimostrano che il paese ha gi compiuto dei passi importanti verso la democrazia. Pochi giorni fa, lex ministro dellinterno del regime di Ben Al ha dichiarato in unaudizione pubblica che il grande fratello che spiava i tunisini e creava il clima di terrore proprio come raccontato da una dei protagonisti di Plus jamais peur (lavvocato Radhia Nasraoui, ndr) era, in realt, composto da diverse entit, con diverse funzioni e dislocato in pi sedi. In sostanza esistevano almeno tre grandi fratelli ed uno era allinterno della sede dellex partito di governo. Direi che questo uno dei primi passi verso la democrazia: la conoscenza di come il potere controllava i cittadini. Dalle elezioni di ottobre emersa la vittoria del partito di ispirazione islamista, Ennahda. Come la valuta? Per cinquantanni, anche prima di Ben Al, la Tunisia rimasta bloccata dentro la stessa immagine: unidentica fotografia che raccontava le forze al potere, immutabili. Ennahda stato un partito messo al bando sotto il regime di Ben Al, ed normale che alla prima consultazione popolare irrompesse sulla scena politica. Un po come la Democrazia Cristiana sotto il fascismo e poi vincitrice delle prime elezioni del dopoguerra italiano. Ennahda per ha modificato la sua fisionomia per rendersi pi appetibile agli elettori, tanto da definirsi partito di sola ispirazione religiosa, quando invece chiara la matrice islamista. La vittoria di un partito come Ennahda si spiega con la disunione tra i partiti di sinistra al momento delle elezioni: Ettakatol, il PdP (Partito progressista democratico), il Pdm (Pole democratique moderniste). Essi hanno svolto una compagna elettorale solo a favore dei gi convinti, mentre Ennahda ha pescato tra tutti, ampliando la propria base. E ora, dopo non aver dialogato tra loro, i partiti di sinistra non dialogano neppure con Ennahda: n per una politica comune n per la spartizione delle poltrone. Forse un bene che non partecipino alla spartizione del potere.. Quando ti ritiri dal gioco democratico in ogni caso un disastro. Poco importa a cosa ti sottrai, importante invece che non ci sia chiusura. Lei per chi ha votato? Non glielo dir. Dir soltanto che ho deciso la mattina stessa quando ho

BIOGRAFIA
Nato il 29 gennaio 1964 a Tunisi. Dopo aver frequentato lIstituto dArte a Tunisi e lUniversit a Bologna, nel 97 realizza i documentari La memoria sognata e Il cinema dei paesi arabi, registi a confronto. Nel 98 dirige quindici episodi per Fondeq el-ghalla, dal 99 al 2001 diversi reportage per Sfide (Rai3), nel 2002 spot pubblicitari. Il suo primo cortometraggio del 2003, Le Ptre des toiles premio al Festival di Cartagine (migliore sceneggiatura), nel 2004 la serie Storia nel Mediterraneo, nel 2007 Mare Nostrum, nel 2008 Djenn e Bobo-Dioulasso per Al Jazeera. Nel 2011 Plus jamais peur sulla rivoluzione tunisina presentato in proiezione speciale a Cannes.

(8)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

GRAPHIC NOVELIST

SABRINA JONES
di MATTEO GUARNACCIA

In pagina: le illustrazioni di Isadora e il ritratto di Sabrina Jones

In unaltra epoca Sabrina Jones, sarebbe stata una blues(wo)man, una battagliera agit prop sulle strade dAmerica, magari a fianco di Joe Hill e Emma Goldman. Oggi, lei non canta n arringa le masse, ma ha trovato un mezzo altrettanto efficace per fare propaganda radicale: la narrazione a fumetti. Una bella prova della sua verve comunicativa Isadora Duncan, una biografia disegnata, dedicata alla celebre pioniera della danza moderna, pubblicata in questi giorni dalla NdA Press. Qual il tuo background artistico? Quando studiavo belle arti, lelezione di Reagan mi ha segnato. Quellevento segnava la fine di unera di liberalismo progressista in cui ero cresciuta e in cui speravo di continuare a vivere da adulta. Ho iniziato ad aggiungere elementi politici ai miei dipinti, poi mi sono avvicinata ad altri artisti impegnati politicamente che cercavano di resistere alla svolta a destra in atto nel paese. Il mio lavoro con le Carnival Knowledge, un gruppo di artiste femministe, attir lattenzione dellanimatore della rivista World War 3, Seth Tobocman. Sono passata dalla pittura ai comics - credo di essere un caso unico - perch una rivista di fumetti sentiva il bisogno di aggiungere un punto di vista femminista ai suoi contenuti! Come mai hai scelto di raccontare una figura come Isadora? Lei stata una delle mie prime eroine femministe. Ho scoperto le sue memorie tra i libri di mia nonna. Mi ha colpito la sua ambizione smisurata, il suo modo di intendere larte senza compromessi, il suo rifiuto di venir limitata sia come artista che si esprimeva attraverso la danza, sia come donna. La cosa pi stupefacente il suo rifiuto del matrimonio. Questo le ha dato la libert di portare avanti la sua ricerca artistica e di amare. Quanto Isadora era un personaggio costruito e quanto lei ne era cosciente? Certo, Isadora ha creato un personaggio che riflettesse i suoi ideali. Ma questo non significa che lei non fosse autentica in quello che faceva. Lei credeva cos fermamente nella sua mitologia da renderla reale. Impersonava la liberazione che voleva promuovere. O per metterla in modo pi cinico, la sua promozione della libert era un modo per razionalizzare i suoi desideri. Lei ha creato il suo personaggio di nuova donna, un essere allo stesso tempo forte e romantico, creatore e musa. Anche se ha tratto ispirazione e goduto di appoggi in Europa, era cosciente di rappresentare la Nuova Donna americana, e considerava questa figura come una delle cose che lAmerica poteva offrire al mondo, in quanto giovane nazione capace di cambiamenti dinamici. Ironicamente il suo lavoro ha trovato un pubblico pi ricettivo nelle sofisticate sale da concerto europee che nella sua terra natale. Considerata l'esperienza di Isadora, come giudichi l'impegno sociale/politico di una celebrity? Le celebrities e i personaggi della cultura possono fare qualcosa che la politica da sola non pu fare. Possono cambiare la cultura, mentre la politica non riesce ad andare oltre lattitudine culturale del proprio tempo. Isadora era due volte allavanguardia. Era la cheerleader di cause radicali come il nascente sistema sovietico, o per la campagna per la liberazione di Sacco e Vanzetti. Laltro aspetto, in cui forse ha avuto pi successo, quello di aver incarnato una vita di liberazione personale. Qualcuno potrebbe aggrottare la fronte di fronte ad alcuni suoi commportamenti autoindulgenti. Eppure mentre pasteggiava a champagne, riusciva a

Dalla pittura al fumetto, la scenografa del Saturday Night Live e la biografia di unartista che cambi limmagine della donna americana
sedurre le sue amicizie benestanti per farsi sponsorizzare le scuole gratuite per bambini poveri. Alle critiche amava rispondere con una frase di Walt Withman: Mi contraddico? Ebbene s, mi contraddico!. In che cosa pensi sia stata diversa da donne simbolo della sua epoca come Mata Hari, Bella Otero, Clo de Mrode? Oltre al suo ruolo simbolico, Isadora ha lasciato una chiara eredit nella danza moderna. Quello che allora sembrava un semplice interludio, scenografico e stuzzicante, con lei divenuto un veicolo per drammi, passioni e idee. La nomea, ben

BIOGRAFIA
Sabrina Jones nata e cresciuta a Philadelphia. Si trasferisce a New York negli anni ottanta per studiare pittura al Pratt Institute. Preoccupata per gli attacchi contro laborto e i diritti delle donne innescati dallascesa di Ronald Reagan, si unisce al gruppo di artiste femministe Carnival Knowledge. E qui che la nota il direttore della rivista underground World War 3 Illustrated, Seth Tobocman, che le propone di disegnare una striscia di fumetti dedicata alluniverso femminile. Negli anni novanta Sabrina fonda Girltalk, unantologia di comics autobiografici sulle donne, quindi nel 2005 d alle stampe Wobbies! A graphic history of the industrial workers of the world, un fumetto storico incentrato sul mondo del lavoro. Seguono negli anni altri libri illustrati come Mixed Signals fino al successo di Isadora Duncan, a Graphic Biography pubblicato in America nel 2008. Pittrice, scrittrice e illustratrice, Sabrina lavora da sempre anche come scenografa a teatro, al cinema e in televisione (Saturday Night Live). Vive a Brooklyn con lo scrittore Steve Stern e due gatti.

Isadora, la ragazzaccia che rivoluzion la danza

ALIAS 7 GENNAIO 2012

(9)

BAND LEADER

PENGUIN CAFE
meritata, di ragazzaccia giramondo non pu cancellare il fatto che lei stata unartista seria, capace di rivoluzionare la sua forma darte offrendo spunti che le generazioni successive hanno saputo elaborare, vedi Martha Graham o Mark Morris. Come spieghi l'avversione di Isadora per i ritmi negroidi del jazz e per le danze ispirate da quei ritmi? Come mai non si mai interessata alla liberazione del corpo espressa dall'arte afroamericana? Questo uno dei suoi limiti. Il limite della sua modernit, il non aver saputo riconoscere il significato della cultura afroamericana. A sua discolpa va detto che il fiorire della scena culturale di Harlem, era appena agli inizi quando lei mor. Certo c un innegabile tono razzista nel suo rifiuto del jazz ma dobbiamo considerare la questione estetica del periodo in cui viveva. La sensibilit di Isadora era olistica e cercava di integrare la natura con gli ideali classici, mentre il jazz celebrava la frammentazione e le dissonanze della vita urbana moderna. In un certo senso erano gli ideali del liberty contrapposti al cubismo. Per quanto riguarda il sesso, non rifiutava affatto lerotismo, lo considerava unimportante espressione della vita e dellamore. Non apprezzava il fatto che i ballerini di jazz riducessero il sesso ad una mera faccenda fisica, lei voleva elevarlo ad un livello spirituale, come nelle celebrazioni in onore di Dioniso che erano allorigine del teatro e della danza greci. Qual l'eredit di Isadora per le donne di oggi? stata una pioniera in molte scelte che oggi sono ritenute scontate, come vestirsi con abiti comodi, aver figli al di fuori del matrimonio. Qualcuno lo aveva fatto prima di lei, ma Isadora mostrava alle altre donne che potevano rivendicare con orgoglio e senza vergogna le loro scelte. Le ballerine del suo tempo spesso erano delle mantenute, una casta di prostitute per le classi alte. Lei ha scelto i suoi amanti spinta solo da una pulsione romantica, spesso erano artisti spiantati, pi poveri di lei. Sembra che insegnare la danza al popolo sia stato un obiettivo comune a molte donne progressiste agli inizi del 900; hai mai sentito parlare di Giuseppina Morlacchi, una ballerina della Scala, amica di Buffalo Bill che, dopo una vita avventurosa tra Europa e Stati Uniti, apr una scuola gratuita per operaie nel Massachussets? No, ma mi sembra unottima storia da illustrare. Lidea di offrire cultura alla classe lavoratrice era parte del movimento Settlement di New York. Da giovane, Eleanor Roosevelt insegnava danza alle immigrate del Lower East Side. Negli Usa offriamo programmi gratuiti di istruzione artistica solo ai bambini di certe comunit, e il loro finanziamento sempre problematico, perch leducazione pubblica da noi mirata solo ad aumentare il punteggio nei test. Qualsiasi altra cosa considerata una frivolezza. Isadora considerava larte e la bellezza come cose fondamentali per lumanit e quindi un diritto per tutti. Com cambiato il puritanesimo della societ americana dai tempi di Isadora? Esteriormente sembra che tutto sia cambiato. Le immagini sessuali sono ovunque, servono a vendere qualsiasi cosa. I bambini si vestono e parlano con unatttudine pi apertamente sessuale, grazie alla pubblicit, ai media e allindustria della moda. Eppure gran parte degli americani pretende che i nostri politici conducano la loro vita secondo valori familiari tradizionali. I repubblicani usano questioni morali come laborto e il matrimonio gay come cortina fumogena per centralizzare il potere e arricchire le lite corporative. Spesso puritanesimo sinonimo di repressione sessuale, ma porta in s anche uneredit di idealismo vitale per la creativit. Lethos che porta a creare una citt su una collina vivo oggi come lo era ai tempi di Isadora. Lei andata troppo avanti per lAmerica e ha dovuto emigrare anche se le sue motivazioni sono le stesse di ogni sognatore americano. Cosa pensi del movimento Occupy Wall Street? la cosa pi promettente dallelezione di Obama. un grande movimento di base e non penso che ci deluder cos in fretta come ha fatto lui. Nelluso della creativit e nello stile, mi ricorda un po Act-Up, che negli anni 90 con la sua conoscenza dei media ha trasformato la protesta e ottenuto risultati tangibili. Occupy ancora pi ambizioso e capillare. Come anima liberal ho avuto la sfortuna di diventare grande allalba di unera conservatrice, e sono invidiosa di questi ragazzi che stanno crescendo sullonda di questa sacrosanta ribellione. Amo la sua non violenza, le costruzioni comunitarie, i cerchi di tamburi, le danzatrici dipinte col seno nudo, l esuberanza nelle improvvisazioni. Per tutta la mia vita da adulta, ho visto i ricchi diventare ancora pi ricchi e la classe media e i poveri avere sempre meno, ma se lo dicevi in giro ti si creava il vuoto intorno. La nazione yuppie ha trionfato quando ha convinto gli americani ad identificarsi con la gente che li stava derubando. Occupy Wall Street ha sollevato il velo e i ragazzini non ci credono pi. Lavori per Saturday Night Live I miei fumetti sono artistici, politici e non commerciali, quindi per vivere faccio la scenografa. Lavoro con una squadra di una dozzina di artisti, per tv, cinema o teatro. Saturday Night Live una vacanza da ogni decisione creativa, eseguo quello che mi viene richesto. Disegnare un lavoro che ti tiene isolata nel tuo studio, quindi lavorare con altre persone in tv salutare per la mia vita sociale.

MUSICA IL GRUPPO HA DA POCO PUBBLICATO LALBUM A MATTER OF LIFE

Il caos esotico del pinguino


Arthur Jeffes porta avanti la magnifica e svaporata storia dellOrchestra, inventata nel 1977 da suo padre Simon. Tra mondi sonori colorati e feste alle pendici del Monte Amiata
di GUIDO FESTINESE

quasi ogni pezzo potrebbe sembrare di pugno di suo padre. Ci spiega quand che un pezzo in fieri diventa un pezzo adatto alla Penguin Cafe? Credo di aver gi detto di un piacevole caos che sembra dar colore a ogni cosa che facciamo. Stessa cosa quando si scrive: mi piace che le cose si propongano da sole mentre stiamo suonando tuttaltro. A volte questione di mesi di lavoro, a volte nascono gi finiti. Un pezzo da Penguin se impossibile incasellarlo in un genere. Tornerete a suonare in Italia? Beh, allinizio andata cos. E poi sono venuto a Roma da piccolissimo, ad ascoltare la Penguin che suonava nel giardino di un bellissimo palazzo nobiliare decaduto. A Milano abbiamo suonato nel 2009, ed stato il primo concerto fuori dallInghilterra, almeno ufficialmente... La musica di suo padre Simon rivela un talento visionario e pionieristico, anni prima della cosiddetta world music. Ora per basta un click su Internet, e puoi trovare di tutto. Eppure la musica della Penguin ancora straordinariamente fresca. Sono daccordo. La cosa bella nella musica di mio padre che prendeva idee musicali da un altrove esotico e le esplorava, ma con lintento di creare emozioni musicali, non geografiche. Questa una delle ragioni della freschezza. Quali sono i suoi dischi da isola deserta, a parte la smisurata collezione di suo padre? Professor Longhair, Wim Mertens e Philip Glass. Non mi stancano mai. Ha gi scritto nuovo materiale? Il prossimo disco uscir a nome Sundog, io al piano e Oli Langforsd al violino. In un certo senso Sundog il banco di prova per nuove musiche della Penguin Cafe, un posto per sperimentare idee per il Cafe senza metterne in pericolo il delicato equilibrio. Qual la musica pi pinguinesca che abbia ascoltato di recente? Pubblicit e colonne sonore usano musiche in cui linfluenza di mio padre molto evidente, oppure appena evidente, ma comunque reale. Mi piacciono entrambe, non nominer nessuno per non creare imbarazzi! Sente mai il peso del nome Penguin Cafe? La libert il rovescio della medaglia della cautela. spesso istinto, ma so davvero quando qualcosa sbagliato. Quindi: libert in quei limiti. E diventa una cosa bellissima.

Il tutto nacque come una visione, all'inizio degli anni Settanta: un caff dove tutto strano ma incredibilmente confortevole, e un'orchestra di pinguini suona una musica impossibile da classificare ma curiosamente familiare. La visione di Simon Jeffes, scomparso nel 1997 dopo ventiquattro anni di Penguin Cafe Orchestra ora nelle mani del figlio Arthur. C' un nuovo disco, A Matter of Life, e la voglia consapevole di portare avanti la svaporata, magnifica storia dell'orchestrapinguina. Quando ha deciso che sarebbe diventato anche lei musicista? Non lho deciso, ma esattamente nel senso che non ho deciso di essere neppure qualcosa daltro. Nel momento in cui abbiamo, pi o meno per caso, iniziato questa avventura della nuova Penguin Cafe

ho scoperto che era molto pi divertente e realizzante di qualsiasi altra cosa avessi fatto prima. A quel punto, capirete, avevo poca scelta! Perch ha accorciato il nome in Penguin Cafe? Uh, questo stato un tormento per tanto tempo. Abbiamo iniziato come Musica dal Penguin Cafe, ma era troppo lungo, e la gente comunque continuava a chiamarci Penguin Cafe Orchestra. Alla fine m venuto in mente che chiamarci Penguin Cafe era un buon modo per comunicare che non siamo esattamente quelli, ma che siamo musicisti sinceramente attaccati alle idee scaturite dallenergia creativa di mio padre. Quindi: non nominare il gruppo originario, ma solo il cuore concettuale dellidea. Sperando che abbia un senso! Come s posto rispetto al problema di trovare musicisti

adatti al suono penguin? stato molto naturale e simpaticamente caotico. Nel 2008 arrivata la richiesta di alcuni amici che vivono alle pendici del Monte Amiata in Toscana di fare qualcosa per il loro piccolo festival, m venuto in mente di suonare qualche pezzo di mio padre. E a quel punto un sacco di gente ci ha chiesto di suonare alle loro feste di Natale, a Londra! Cos il fiocco di neve diventato valanga. Si potrebbe quindi dire che le origini del nuovo capitolo Penguin sono italiane... Ascoltando A Matter of Life

In alto la Penguin Cafe, sotto il leader della formazione inglese Arthur Jeffes, figlio di Simon, fondatore della storica Penguin Cafe Orchestra

Isadora Duncan stata una pioniera del femminismo, prima di lei le ballerine erano delle prostitute. Ho scoperto le sue memorie tra i libri di mia nonna

BIOGRAFIA
Penguin Cafe Orchestra pubblic il primo disco nel 1976, lo stesso anno in cui si formava in Inghilterra l'antitesi secca al rock paludato e imbolsito, i Clash. Loro nulla sapevano (come i punk rocker!) di note ingessate e magniloquenti, ma non per questo cercavano conforto in brani da tre-accordi-tre, secondo lo spirito di quella che poi sarebbe stata venduta come l'autenticit del rock. Penguin Cafe Orchestra fu, da subito, la creatura ineffabile, complessa e ribelle di Simon Jeffes. Un musicista classico stufo di regole rigide e pentagrammi fossili, da un lato, e di facili ovviet da rock senza spessore, dall'altro. Primo concerto importante nel 1977, a supporto dei teutonici Kraftwerk, praticamente l'antitesi del Caff Pinguinesco, e poi via, con una carriera riassunta in otto dischi di studio, il primo prodotto da Brian Eno, un paio di lavori dal vivo, centinaia di concerti fatti di grazia e svaporatezza fuori da ogni tempo reale. Simon Jeffes se n' andato nel 1997. Il testimone l'ha raccolto, circa dieci anni dopo, il figlio Arthur, polistrumentista, cresciuto letteralmente avvolto nel suono Penguin. Allo scorcio del 2011 il nuovo disco, A Matter of Life: in copertina un bambino che abbraccia un pinguino. (g.fe.)

(10)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

FOTOGRAFO

KENRO IZU
di MANUELA DE LEONARDIS

LUCCA PASSAGE THROUGH ASIA

Lucca, 26 novembre 2011. Fotografie silenziose inquadrano luoghi che sfidano il tempo. Monumenti creati dalluomo per dare senso al quotidiano. La celebrazione del divino passa attraverso la monumentalit terrena, che affermazione delluomo stesso, del suo ingegno, delle sue doti creative, della sfida di gravit. E dalla fine degli anni Settanta che Kenro Izu (Osaka 1949, vive a New York) porta avanti la ricerca che ha chiamato Sacred Places. Un work in progress che coniuga la professione di fotografo alla passione di viaggiatore. Ospite donore del Lucca Photo Fest 2011, Izu si muove con discrezione tra le fotografie della mostra Passage through Asia nelle sale affrescate di Palazzo Ducale (fino al 29 gennaio 2012). Un percorso che inizia con limmagine della piramide a gradoni di Saqqara, scattata nel 79 durante il suo primo viaggio in Egitto, per procedere sulle rive del Gange, in mezzo alla sabbia morbida della Siria e della Giordania, nella giungla della Cambogia, nel paesaggio lunare di Kailash in Tibet. In Giappone ho fotografato i templi buddisti - spiega lui - ma sono molto disturbato da come molti dei luoghi pi famosi siano diventati turistici, quindi fonte di business, mettendo in secondo piano laspetto legato alla sacralit. Per questo ho iniziato ad interessarmi ai luoghi di culto shintoisti, religione precedente a quella buddista. Si trovano in zone diverse del paese, soprattutto in montagna. Per il momento sto facendo una ricerca, con lidea di andare per un anno a fotografarli. Lei inizia a studiare fotografia a Iwakuni nel 1963, proseguendo gli studi alla Nihon University di Tokyo. Cosa lha spinto a scegliere la professione di fotografo? Quando ero studente universitario, guardando alcune riviste americane che parlavano dello scenario newyorkese della fotografia, mi ha colpito il fatto che diversamente dal Giappone di allora, dove cera solo la fotografia di ritratto, quella commerciale e il fotogiornalismo, si parlasse del concetto di fotografia come forma darte. Cos ho iniziato ad interessarmi a questa nuova visione. Nello stesso tempo ho deciso che volevo vedere con i miei occhi il dipartimento di fotografia del MoMa, che era stato inaugurato con la mostra Family of Man di Steichen, e visitare gallerie esclusivamente dedicate alla fotografia, come la Witkin Gallery, la Light Gallery. Era tutto nuovo per me, cos ho interrotto gli studi e sono andato a New York. Pensavo di rimanerci per due o tre mesi, ma era tutto cos eccitante per un ragazzo di ventanni che da allora vivo ancora l. A New York trova subito lavoro come assistente nello studio del fotografo Ken Morrie, poi come fotografo di moda, prima di aprire il suo studio nel 1974. Quali erano per un fotografo le potenzialit di New York rispetto a Tokyo? Cera una totale apertura nei confronti della fotografia, mentre allora a Tokyo le porte per accedere alla professione di fotografo erano molto strette e canoniche. A New York tutti potevano avere uno spazio pi o meno grande. Io ero un giovane giapponese che parlava pochissimo linglese, ma sono comunque riuscito ad avere il mio piccolo spazio per poter crescere e dimostrare quello che sapevo fare. Se oggi sono un fotografo che espone nei musei anche grazie alle opportunit che New York mi ha dato in quegli anni. Ad esempio, la mia prima fotografia fu capita da Howard Greenberg, quando vide il mio lavoro in occasione del premio per una residenza al Woodstock Photography Center. Qualche mese dopo Greenberg mi chiam chiedendomi di fare una mostra nella sua nuova galleria, ma avevo una sola fotografia!

La sacralit del mondo in uno scatto. Da Saqqara a Kailash


E nato a Osaka, vive a New York, viaggia ovunque alla ricerca di luoghi che sfidino il tempo. In una piramide egizia o nel tempio di Angkor Wat, ci che sacro la mia personale visione del luogo
BIOGRAFIA
Kenro Izu (Osaka 1949). Nel 1970 si trasferisce a New York dove apre il suo studio nel 1974. Lavora nel campo della fotografia pubblicitaria soprattutto di gioielli e oggetti preziosi. Nel 79, dopo il primo viaggio in Egitto, ha inizio la serie Sacred Places. Nel 95 crea lorganizzazione no-profit Friends Without A Border http://www.fwab.org/ che nel 99 apre lAngkor Hospital for Children, ospedale pediatrico in cui sono stati curati gratuitamente, fino ad oggi, 650mila bambini. Nel 2004 consegue il Lucie Awards Visionary Photographer e con Passage through Asia il Lucca Photo Award 2011. Tra le sue ultime pubblicazioni: Kenro Izu: A Thirty Year Retrospective (Nazraeli Press 2009), Bhutan sacred within (Nazraeli Press 2007), Kenro Izu: Blue (Howard Greenberg Gallery 2004), Passage to Angkor (Channel Photographic 2003), Sacred Places (Arena Editions 2001), Light over sacred places of Asia (KMoPA 2001), Kenro Izu: Still Life (Arena Editions 1998). dallatmosfera misteriosa mi fece capire quale fosse il tipo di ricerca che mi interessava fare, ovvero la vita millenaria delle pietre. Mi orient verso il mio futuro di fotografo. C un che di romanticamente anacronistico nellessere un fotografo-viaggiatore che ha attraversato il mondo alla ricerca di luoghi legati alla spiritualit con dei tempi pi diluiti rispetto allidea del viaggio usa-e-getta. Lei inoltre pubblica i suoi appunti di viaggio insieme alla fotografie e utilizza il pesante banco ottico di grande formato (35x50) con negativi su lastra da stampare a contatto... Se pensiamo a fotografi del XIX secolo come Francis Frith e Samuel Bourne, che giravano per luoghi in cui sono stato anche io e si dovevano caricare pesanti attrezzature con le lastre di vetro che dovevano sensibilizzare in camera oscura, per poi scattare le immagini immediatamente, allora io sono moderno! Ho una grande ammirazione per quei fotografi-esploratori ottocenteschi che osservavano e documentavano la realt. Il movente era la curiosit di andare a scoprire luoghi nuovi. Oggi, invece, lapproccio completamente diverso. Personalmente non condivido il fatto che tutti i fotografi si considerino artisti. La fotografia pu essere strumento di denuncia e di impegno umanitario. Nel 1993 visitando il tempio di Angkor, in Cambogia, vedendo da vicino la realt dei tantissimi bambini sfigurati dalle mine, decise di fondare unorganizzazione no-profit, Friends without a Border, che nel 1999 ha aperto lAngkor Hospital for Children... La prima cosa che ho visto e che mi ha scioccato, sono stati i bambini vittime delle mine antiuomo. Mine che, semmai, dovrebbero stare nei campi di battaglia, invece tutti i villaggi in Cambogia ne sono disseminati, come lo anche il sito di Angkor Wat, simbolo della nazione, raffigurato persino nella bandiera. Cos lanno successivo, quando sono tornato l, ho chiesto alla mia guida di portarmi nellospedale locale per vedere che tipo di attrezzature avevano per curare i bambini. Ma non esisteva alcun reparto di pediatria, perch tutti i medici erano stati uccisi da Pol Pot, e quelli che si erano salvati erano scappati in Francia o in altri paesi. Mentre ero in ospedale e parlavo col padre di una malata, la bambina morta davanti ai miei occhi. La famiglia non aveva i soldi per curarla: avevano impiegato due giorni per arrivare in ospedale, pagando un camion per il trasporto ma poich non avevano altri soldi, il dottore non laveva neanche voluta visitare. Anche io sono un padre e mia figlia, allora, aveva dieci anni, la stessa et di quella bambina. Come pu un padre vedere sua figlia morire, perch non ha i soldi per pagare lospedale? Pensa che si possa parlare di meditazione in relazione alla sua opera? Sembra, infatti, che lo scatto sia sempre preceduto da una sorta di profondo raccoglimento, che le permette di avere una visione ordinata in cui non c traccia di imprevisto. Sono buddista, ma non sono praticante. Non mi dedico alla meditazione, perch non mi piace alcun aspetto formale della religione. E vero, per, che quando vedo il soggetto per la prima volta, mi fermo e faccio il vuoto nei miei pensieri, mi concentro per cercare di diventare sensibile alla pi piccola variazione che ci pu essere nella natura: la brezza del vento, lombra di una nuvola che arriva E come per gli uccelli che se ne stanno tranquilli su un albero e poi, un momento dopo, anche se apparentemente non succede nulla, volano via. Magari c un pericolo, oppure semplicemente quello il momento di partire. Per me lo stesso, alcune volte mi viene la pelle doca, un istante in cui colgo un qualcosa di speciale. Quello il momento dello scatto. Questo

Mi disse che non cera problema, perch occorreva almeno un anno per aprire lo spazio, avrei dovuto fare 15/20 foto e lui mi avrebbe dato una parete. Fu la mia prima esposizione. Il suo lavoro affronta principalmente tre tematiche: i luoghi sacri immersi nella natura, lo still-life umano e la fotografia pubblicitaria - specializzato in gioielli - che quella che, probabilmente, le consente di avere la libert di portare avanti la sua ricerca nei due campi precedenti. Come riesce a conciliare questi generi cos diversi? Il tema dei luoghi sacri nella natura e quello dello still-life umano per me appartengono allo stesso tema, sono espressioni della vita. Che sia la vita di milioni di anni delle pietre di una piramide, quella di una settimana di un fiore o di cinquantanni, o magari ottanta, di un uomo lo stesso. La fotografia di gioielli, che eseguo su commissione, uno strumento per finanziare i miei progetti. Questo mi permette di viaggiare, andando in Egitto, in Scozia, nellIsola di Pasqua... Ora posso esporre i miei lavori e vendere le mie fotografie, ma allinizio stata una forma dinvestimento su me stesso. C un grandissimo rigore nel suo sguardo e una forma quasi maniacale di perfezionismo, mi riferisco al suo primo viaggio in Egitto, nel 1979, durante il quale scatt con la Leica circa mille negativi su pellicola 35mm, ma rimase soddisfatto solo di una fotografia, quella che inquadra la piramide di Saqqara. Non mi considero un perfezionista, anche se sono in molti a pensarlo, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tecnici della fotografia. Basta chiedere a mia moglie, per capire che non lo sono! Non mi piace avere un solo punto di vista, piuttosto preferisco essere aperto a quello degli altri, in particolare al lavoro dei giovani artisti, che mi permette di crescere. Limmagine di Saqqara non importante solo perch fu lunica fotografia a piacermi. Quella foto

Due fotografie di Kenro Izu dalla mostra Passage through Asia (Indonesia e, in alto, Tailandia. Sopra il fotografo ritratto da Manuela De Leonardis

ALIAS 7 GENNAIO 2012

(11)

REGISTA
approccio mi permette di far diventare ogni luogo il mio luogo, altrimenti non avrebbe senso andare a fotografare le piramidi, Stonehenge o Angkor Wat. Monumenti che sono stati gi fotografati da tutti, inclusi i pi grandi maestri della fotografia, e continuano ad essere fotografati. E questo il significato di Sacred Places. Ci che sacro non la sacralit in generale, ma la mia personale visione del luogo. Una volta che sente il momento, quanto tempo intercorre tra linquadratura e lo scatto? Pu avvenire molto velocemente in un tempo di quindici minuti, che quello che mi occorre per montare tutta lattrezzatura. Ma spesso passano alcuni giorni, come nel caso della fotografia di Machu Picchu. Monto il treppiedi e posso trascorrere anche unintera giornata senza che succeda nulla, allora prendo le misure e mi segno il punto esatto in cui va messo il treppiedi e me ne vado a dormire. Torno il giorno dopo, sto l dallalba al tramonto, seduto accanto allapparecchio, mangio e aspetto che la composizione sia perfetta, e magari solo il terzo giorno scatto la fotografia. Parliamo della tecnica di stampa al platino e palladio, di cui un grande esperto, procedimento in cui lemulsione viene stesa direttamente sulla carta. Questo tipo di stampa opaca riesce a rendere in maniera straordinaria le varie sfumature dei toni, lasciando affiorare tutti i dettagli dellimmagine in maniera molto morbida. E stato proprio vedendo una stampa al platino di Paul Strand, nel 1983, che ha deciso di mettere in pratica questa tecnica ordinando un apparecchio realizzato dalla Deardoff. Quali sono le potenzialit e i limiti della stampa al platino e palladio? Le potenzialit sono sicuramente che la stampa al platino e palladio ha una gamma infinita di toni, ed il miglior modo per rappresentare la sacralit dei luoghi che fotografo. Per me come se questa sacralit si depositasse sulla pellicola nel momento in cui ho preso la foto. Se si proietta limmagine, ingrandendola, dal negativo alla carta passa tutta laria di New York. Invece fare una stampa a contatto da un negativo grande, significa che la sacralit che c sulla pellicola si trasferisce direttamente sulla carta, senza che cambi nulla. Quanto alla difficolt di una tecnica come questa, che non posso fotografare listante, perch non c il tempo di farlo. Uno svantaggio che, in realt, voglio trasformare nellopposto, nel senso che visto che tutto il materiale molto costoso e ingombrante, per un viaggio posso portare con me solo un centinaio di lastre. Ogni scatto, perci, straordinariamente prezioso. Devo studiare molto bene il soggetto, quindi questo processo molto lento mi porta ad essere molto pi selettivo.
di ELFI REITER

DUAN MAKAVEJEV
Si diverte a parlare del suo cinema, come un tempo si divertiva a farlo: Dusan Makavejev, 79 anni, era ospite per qualche giorno dellsterreichisches Filmmuseum nel mese di aprile 2011 per la prima retrospettiva completa della sua opera mai vista prima in Austria. Per loccasione listituzione austriaca ha fatto restaurare alcuni titoli in pessime condizioni, soprattutto alcuni dei primi cortometraggi, che si sono potuti ammirare nei loro colori originali (in particolare Slikovoica pcelara, che in italiano significa Album dellapicoltore, dove grazie alle immagini dipinte sulle arnie si rivisita in modo originale la storia antica delle terre balcaniche). Tre titoli invece erano stati curati personalmente dal suo autore con laggiunta di nuove musiche di Zoran Simjanovic, tra cui il primo che aveva suscitato scandalo a Belgrado, Somenicima ne treba verovati ossia Non ti fidare dei monumenti (1958), dove lerotismo fa a gara col culto delle personalit politiche. Prontamente censurato, come Parada girato quattro anni dopo. Vedere i suoi primi lavori realizzati a partire dal 1955 secondo il classico iter di un cineasta in un paese a regime socialista (dai corti si passava ai documentari per poi entrare nella produzione di film di finzione), fa comprendere le radici del suo humour nero ma anche della grande capacit di analisi della societ politica contemporanea. I suoi film, visti col senno del poi, bench ambientati in situazioni e tempi ben determinati, quella della guerra fredda e della sua fine, emanano tuttora profondit di spirito e feroci analisi dei comportamenti umani a largo raggio. A partire dal pi famoso (e meno visto forse) WR-I misteri dellorganismo, film saggio, collage, commedia nera, musical, documentario realizzato nel 1971, in cui il tema si fa linguaggio, il privato si fa pubblico, il pubblico si fa politica, nel pieno rispetto della liberazione sessuale in atto negli anni sessanta poggiando sulle teorie di Wilhelm Reich, egli stesso perseguito dal nazismo prima e dal maccartismo poi, una volta emigrato negli Usa. Il film sprizza energia in tutte le direzioni culminando nel parallelo tra i regimi dittatoriali in virt di un altro parallelo (pi generale) tra potere e virilit, sottolineato dal magnifico collage sonoro-musicale a firma di Bojana Marjian, sua compagna di lavoro e di vita. Non stupisce se lallora capo dello stato jugoslavo Tito lo censur e mand il suo autore ai lavori forzati allestero, come ama dire lo stesso Makavejev che dal 1972 visse in giro per il mondo per riuscire a realizzare i successivi non meno sarcastici in co-produzione internazionale: Sweet Movie, Montenegro Tango, Coca-Cola Kid, per citare i pi noti, indagando rispettivamente ancora il mondo del sesso, della repressione sessuale e degli emigrati e infine quello delle multinazionali liberiste, non venendo mai meno al suo spirito anarchico, creando satire mordenti e oltrepassando liberamente qualsiasi schema di riferimento cinematografico. Di fatto non ho mai smesso di fare documentari, evidenziando la realt per far riflettere sulla realt, ha precisato Makavejev durante la presentazione a Vienna, dove lo abbiamo incontrato parlando soprattutto del primo periodo a Belgrado. Bandito per tanti anni dalla Jugoslavia, quali furono le impressioni, o meglio i ricordi, una volta tornato dopo il 1988, anno in cui le fu annullato il divieto di entrare nel suo paese natale? Pu sembrare strano ma i ricordi che pi mi assalivano erano molto pi indietro nel tempo: mi vedevo ragazzino che si aggirava nelle strade del quartiere dove abitavamo nel periodo della seconda guerra mondiale. Quando si usciva dai rifugi poteva capitare di vedere scenari che oggi si direbbero da film horror:

BIOGRAFIA
Nato a Belgrado il 1 ottobre del 1932, Dusan Makavejev, dopo la laurea in psicologia diventa un esponente di spicco del cinema nero tra liberazione sessuale e critica ai risvolti autoritari e burocratici del suo paese, gi censurato a partire dai suoi documentari Non bisogna credere ai monumenti e La parata e con film come L'uomo non un uccello (1965), Un affare di cuore (1967), Verginit indifesa (1968) premio della giuria a Berlino, un vero maestro nellassemblare materiali diversi con risultati beffardi. Diventa uno dei pi conosciuti autori jugoslavi della sua generazione anche grazie a W.R. I misteri dell'organismo (1971), il film proibito in Jugoslavia che segue le tracce di Wilhelm Reich. Ha vissuto e insegnato allestero (Usa, Svezia) e ha realizzato con produzioni internazionali film come Sweet Movie - Dolce film (1974), Montenegro Tango (1881) sulla repressione sessuale, Coca Cola Kid (1985 girato in Australia). Torna in Europa nell88 con Manifesto (produzione Usa) e arriva in Germania per girare un film sul Muro, ma il Muro cade e nasce Il gorilla fa il bagno a mezzanotte (1992). Hole in the Soul del 94, documentario prodotto dalla Bbc una riflessione sulla dissoluzione della Jugoslavia e la sua vita da apolide.

Dusan Makavejev a Vienna in occasione della retrospettiva che gli ha dedicato lsterreichisches Filmmuseum nellaprile 2011

CINEMA EROS DA BELGRADO

Il geniale maestro del lato oscuro


persone smembrate, i cui pezzi erano seminati per terra. Poteva capitare che passando si scorgeva un braccio sul terreno, una mano, e ora che ci ripenso, quelle immagini si erano talmente iscritte nella mia memoria che pi tardi, quando avevo cominciato a fare i miei film, vi erano entrati a far parte come elementi scenici. Spesso mi si chiedeva il significato di ci che si presentava come assurdo o grottesco, ma erano reminiscenze del mio passato. Come si fa a dimenticare tali violenze? Le avevo inserite in alcune scene di miei film senza rendermi conto che si imponevano direttamente dal mio vissuto di allora Il motivo per cui fu bandito era lormai mitico WR-I misteri dellorganismo del 1971. Vista limpopolarit delle teorie sulla liberazione sessuale di Wilhelm Reich, dove aveva trovato il suo libro? In biblioteca, alluniversit, cera una sezione dedicata al marxismo dialettico e la psicanalisi, e l lho trovato. Credo di essere stato lunico ad averlo letto. Ricordo che cera una introduzione scritta da un segretario del partito, successivamente morto in un ospedale psichiatrico. Mi avevano molto incuriosito e stimolato gli scritti di Reich, e una volta saputo che lui fu costretto a emigrare negli Usa avevo deciso di seguirne le tracce con un documentario. Cercavo altri testi, anche di Erich Fromm nelle biblioteche americane ma li avevano gi tolti dagli scaffali in seguito allepurazione dei testi libertari negli anni cinquanta. Uno dei motivi era forse che ci vivevano soltanto cattolici irlandesi e inglesi capaci di leggere unicamente identificandovisi e quindi si erano spaventati davanti a un immaginario sessuale. E coshanno fatto? Hanno bruciato ben sei tomi di preziosi scritti di Reich! Ci pu raccontare qualcosa delle attivit al Kinoklub di Belgrado, fucina della nouvelle vague jugoslava negli anni sessanta meglio nota come onda nera? Lavevamo creato in un gruppo di studenti universitari, tutti amanti del cinema per guardare i film che ci piacevano e fare noi stessi i nostri primi esperimenti pratici molto underground. Invitammo Henri Langlois della Cinmathque Franaise che ci portava alcuni film clandestinamente che noi vedevamo altrettanto clandestinamente nel corso di proiezioni notturne attorno alle quali si erano sempre alimentate interessantissime discussioni su cinema e politica. Erano i tempi doro a Belgrado, quelli! Parliamo un po di quei corti, in

cui sintravvede lampio paradigma della dimensione grottesca che regnava nel mondo superburocratico della ex Jugoslavia socialista di Tito, ivi descritto con grande sense of humour e ironia. Ho sempre pensato che fare cinema in fondo un gioco: si gioca coi personaggi, con la storia, con le scene scritte nella sceneggiatura in cui ho da sempre inserito gli elementi che via via si presentavano nelle giornate delle riprese, cambiando scene, montaggio e musiche. In Pecat (t.l. Timbro) per esempio un uomo morto si ricorda di tutti i timbri di cui aveva bisogno nel corso della sua vita, e in Pedagoska bajka (t.l. fiaba educativa) ho ripreso la storia di Biancaneve facendone la prima versione socialista, appellandomi a ci che aveva scritto il giovane Marx: i diversi filosofi hanno solo interpretato il mondo, limportante cambiarlo. Un punto fermo, quello di stimolare il cambiamento, che fa da perno centrale a molti altri film a seguire, sin dai corti come Parada e Sto je to radnicki sovjet (t.l. Che cos un consiglio aziendale?), in cui si individuano parecchie note critico-sovversive acute e ben metaforizzate nei confronti del regime censorio. Della parata tipica del Primo Maggio ho voluto mostrare il fuori campo per cogliere il tipico spirito fuori campo, mentre nel secondo ho semplicemente raccontato ci che si voleva che facessero i consigli aziendali: lottare per i diritti degli operai. In Dole plotovi (t.l. Abbasso gli steccati) vediamo i bambini giocare dentro i cortili delle case chiuse da muri, una veduta dallalto sottolinea quella divisione angosciante, finch scatta in loro lo stimolo per oltrepassarli. Una visione del futuro crollo del muro pi simbolico, quello di Berlino? interessante che questo film girato per unassociazione a favore di spazi di gioco allinterno dei vari blocchi di case popolari susciti le pi diverse interpretazioni. Ricordo che al festival

Rappresentante del cinema nero jugoslavo dei 60, con la specialit di toccare gli argomenti pi censurati, dal sesso alla burocrazia
di Oberhausen il pubblico era in delirio per questo piccolo film, a mio avviso molto ingenuo, in cui loro invece avevano visto un saggio visivo contro i mostri architettonici che andavano imponendosi un po ovunque negli anni sessanta. Certo, in ogni film ci sono elementi visionari, spesso involontari, ma mi diverto a dire che lo sapevo Nuovi progetti? Per ora rifletto molto sul linguaggio cinematografico. Un film fatto principalmente di cut (i tagli di montaggio), di 24 fotogrammi di luce e 24 fotogrammi di buio, per cui un lungometraggio che dura pi o meno due ore ci fa passare ben unora al buio! Quel tempo passato al buio serve a elaborare nel nostro cervello tutte le informazioni visive ricevute nel tempo di luce, e al contempo si entra in contatto anche con il nostro buio, con tutte quelle parti dark della nostra anima. Ora invece, con le nuove tecnologie c un fluire ininterrotto di pixel nelle versioni digitali, non c pi il buio che si alterna alla luce, bens una continua informazione. Il silenzio visivo non c e quindi viene a mancare il tempo necessario per elaborare tutto ci che si incamera. Col risultato che non si ricorda nulla! Vorrei vorrei brevettare questa intuizione.

(12)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

ATTORE

LEO GULLOTTA
di ALDO COLONNA

Questa intervista durata ore. Iniziata fuori dal ristorante dove c'eravamo dati appuntamento (il 19 marzo 2011), continuata durante il pranzo e terminata durante la passeggiata che ne seguita. A parte la piacevolezza dell'incontro con un amico, l'intervista stata contenuta per ovvi motivi di spazio, nulla togliendo per alla sua consistenza. Leo Gullotta, le origini. Come sei diventato attore? Per caso, per curiosit. Ultimo di sei figli, mio padre pasticciere, mia madre casalinga, ho avuto la fortuna di aver avuto dei genitori che mi hanno fatto studiare. Un equilibrio familiare eccellente, cresciuto con principi saldi, quelli di rispettare gli altri, di ascoltare le ragioni degli altri, di non dare mai giudizi affrettati n inutili, con diritti e doveri. Sono un ex-insegnante di disegno e storia dell'arte che non ha mai praticato. Ero un ragazzino curioso e per un insieme di circostanze strane, ed anche incredibili, mi sono trovato gi a 14 anni ad essere un attore professionista dello Stabile di Catania. Ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada quel meraviglioso socialista che stato Mario Giusti, il direttore. Mi sono trovato a lavorare con dei grandi come Turi Ferro e Salvo Randone. Poi ci sarebbero stati gli incontri con Sciascia e Camilleri. Per 10 anni ho fatto fino a 9 commedie l'anno, protagonista e co-protagonista. Ho imparato cos' la disciplina, il rigore, ho imparato a spaziare con ogni tipo di testo. Ho fatto i cine-panettoni ed il cinema d'autore, ho fatto la radio e film che hanno raccontato la memoria. Hai mai avuto un punto di riferimento, cominciando la carriera, un attore di cinema o di teatro che ti ha insegnato molto, anche indirettamente? Non posso non pensare agli inizi e a quanto ho imparato da Turi Ferro e Randone; soprattutto da adolescenti si come spugne ed io ho assorbito acqua da questi maestri. Ma debbo ricordare un incontro che mi ha cambiato: quello con Giuseppe Fava, un poeta che ha pagato con la vita la sua lotta alla mafia. Ricordo di lui, tra le moltissime altre cose, quello che era una specie di manifesto. Se non si disposti a lottare che senso ha essere vivi?. Secondo te, qual il pi grande attore di teatro di tutti i tempi? Non si pu fare una classifica. Il parterre cos ricco che finiremmo per fare torto a qualcuno se esprimessimo un solo nome. Qual la pice che meriterebbe di restare in una teca ideale, per i posteri, come scrittura e come rappresentazione? Come avrai capito, sono contrario alle categorie. Anche in questo caso debbo risponderti che non posso fare un solo titolo. Mi vien fatto per di pensare ai classici, in generale: Pirandello, Shakespeare. Sto parlando di autori che hanno costruito storie e drammi tali da diventare immortali. Sto parlando di scrittori che conoscevano i tempi del teatro, sapevano come introdurre una battuta, come introdurre un personaggio. Sai, se stessimo tutto il giorno a parlarne uscirebbe fuori una lista infinita che cozzerebbe comunque, ancora una volta, contro il criterio di unicit. Qual la situazione del teatro oggi? Quella di tagli indiscriminati, di non attenzione per la cultura da parte di chi ci governa perch sostanzialmente coloro che ci governano sono degli ignoranti. Sarebbe il momento di ribellarsi, con la storia che abbiamo alle spalle, a questa specie di diktat che disprezza la cultura.

doppiaggio una grande scuola, non affatto un lavoro secondario, al contrario estremamente arricchente, ti mette alla prova. Non solo sono riconoscente a questa esperienza ma addirittura sostengo che dovrebbe far parte del bagaglio di ogni attore. Cabarettista, doppiatore, imitatore, attore di teatro, attore di cinema. Qual' il genere che pi ti si confa? Sar banale ma come chiedere a una mamma qual' il figlio che le piace di pi. Ti posso dire che l'approccio il medesimo: ti accosti ad ogni esperienza artistica sempre con grande professionalit. E questo atteggiamento rende importante ciascuna di queste esperienze. L'esperienza artistica cui sei in assoluto pi legato? Sicuramente Scugnizzi di Nanni Loy che parlava di disagio giovanile, di carcere minorile, di droga, un film amatissimo dal pubblico. Lavorare con Nanni era un grandissimo piacere. Come uomo, come regista. Era coinvolgente non solo con gli attori ma anche con il macchinista, l'elettricista, le maestranze tutte. C'era in lui il desiderio di condividere il progetto con la troupe intera. Un'altra esperienza irripetibile rimane per me Nuovo cinema Paradiso, vissuta in questo paesino della Sicilia in cima a un cocuzzolo per oltre tre mesi. Permettimi di fare qui un omaggio a Cannavale indicato con abitudine tutta italiota buon caratterista: che minchiata! Ci sono buoni attori e cattivi attori. Fu quella comunque un'esperienza irripetibile. Emozionante fu la lavorazione di Un uomo per bene sul caso Tortora. Ho attraversato e vissuto sulla mia pelle l'ingiustizia che ebbe a patire Enzo: avere a che fare quasi quotidianamente con le figlie fu lancinante. Che cosa vuol dire oggi essere comunisti? Lotta per l'acquisizione dei diritti, per il consolidamento della democrazia, per la difesa della libert: cose che appartengono alla filosofia comunista ma, pi propriamente, alla Storia. Che poi la Storia cambi un altro discorso. Ci sono valori irripetibili che altri indirizzi politici hanno dismesso. Oggi si fa molta fatica a parlare di diritti e di doveri. Sono stato tra quelli che portarono la CGIL a Catania e ne sono orgoglioso. Essere comunista nel mio personale Dna. Non so se ha ancora un senso esserlo, sicuramente essere comunisti vuol dire essere persone perbene. Se in questo paese fossimo di nuovo costretti alla macchia, a tornare sulle montagne, saresti anche tu della partita? Senza alcun dubbio. Sar sempre della partita. Sono tutt'oggi un uomo incazzato ma libero. Ti rende libero, ad esempio, il fatto di non volere pagamenti in nero. Anche se questa sembra oggi un'idea un po' dmod. Oggi - e lo sai meglio di me visto il lavoro che fai - ci tocca vivere in un sultanato ma ci che peggio che tutti, o la maggior parte, fanno finta di non vedere. Io ho sempre pagato di persona, anche la mia libert sessuale. Vedi all'orizzonte un personaggio politico dell'opposizione che possa impersonare meglio il ruolo di leader della riscossa? O non esiste? S, e ci credo anche, sto parlando di Niki Vendola. Rappresenta tutto ci che un uomo politico dovrebbe avere. A differenza dei vecchi nomi e dei vecchi balletti. Come ti raffronti con la recente immigrazione forzata dai paesi del Maghreb? Questo un Paese che ha scarsa memoria. Io che ti parlo sono stato un immigrato, o emigrante. Mi sono spostato laddove c'erano maggiori possibilit. La cosa che pi mi fa schifo respingere persone prima

ancora di conoscerle, senza sapere ad esempio se hanno i requisisti o meno per l'asilo politico. Questa la politica della Lega che tende a dividere pi che ad unire. Sei credente? Qual la tua posizione sul crocifisso esposto negli uffici pubblici? Non sono credente anche se ho un enorme rispetto per chi lo . I simboli religiosi appartengano a chi crede. Mi pare ovvio che spazi comuni, abitati da tutti, non possano riportarne alcuno e non mi riferisco solo al crocifisso. Quali sono, secondo te, le armi per combattere le mafie? Stando in prima fila come fa Don Ciotti, ad esempio, e con lui moltissime altre persone impegnate e magari meno note. E come si pu non ricordare Falcone e Borsellino, Livatino, ancora Giuseppe Fava, tutte persone che hanno perso la vita per la causa di cui avevano fatto una ragione di vita. Si combatte con la verit, non con la finzione, non come coloro che su fatti cos eclatanti che scardinano dalle radici la convivenza civile hanno avuto tentennamenti. Mi parli un momento dello scherzo becero della tigre a Scherzi a Parte? Uno scherzo e come tale andava preso. E fu ricordato non per lo scherzo in s, ma per il cinismo che lo aveva concepito. La tigre era completamente rincoglionita, iniezionata. Non lo seppi subito, me lo fecero sapere quando videro che stavo per svenire. Ti lasciano in un'isola deserta. Quali sono i tre libri che porteresti con te? E i tre film, qualora avessi anche un lettore dvd? I Vicer di De Roberto; Il piccolo Principe di Saint-Exupry e poi titoli di saggistica... ma no, pensandoci bene porterei i romanzi di Camilleri perch Camilleri recupera un linguaggio, ci trovi il piacere del racconto e le note di questa terra antica fatta di meticciamenti dovuti alle invasioni. Venendo alla domanda sui film, mi consenti di portare degli autori al posto di titoli specifici? Bene. Primo Orson Welles perch ha inventato un linguaggio cinematografico; secondo Francesco Rosi per il suo prepotente impegno, terzo Lubitsch, il padre della commedia. Adozione di figli da parte di una coppia omosessuale. Che ne pensi? Tutto il bene possibile. A parte la pruderie della Chiesa e dei benpensanti penso a dei bambini che cercano un affetto perch qualcuno glielo ha tolto. Penso che il bambino non faccia differenze di genere quanto all'affetto che gli pu venire da un umano. Magari quello stesso bambino stato maltrattato e abbandonato o, peggio, molestato da una donna. Che musica ascolti? E, in un ipotetico isolamento sull'isola, quali brani -classica e leggerasalveresti? A me piace tutta la musica. Amo molto il jazz, amo molto le melodie, le grandi orchestre degli anni Venti e Trenta, mi piace molto Frank Sinatra. Tu porti sempre l'esempio dell'isola deserta, fammi pensare...va be', le canzoni cantate da Mina che ha due palle grosse come una casa anche per le scelte di vita che ha fatto; Rossini sicuramente; poi sicuramente Mozart e Bach. Regalami un ricordo finale. L'arena che frequentavo da bambinetto dove non mi volevano far entrare appunto perch ero piccolo e allora mi mettevo la giacchetta del pigiama per sembrare pi ometto. L'arena dove ho visto Ben Hur, I 10 Comandamenti, dove ho visto cos'era il colore assistendo alla visione della Maja Desnuda con una indimenticabile Ava Gardner.

UNA STELLA CARRIERA TRA CINEMA E TEATRO

Un comunista della scena


Sono un ex insegnante di storia dellarte che non ha mai praticato ma ho contribuito a portare la Cgil a Catania e ho sempre pagato di persona la mia libert sessuale. Punto su Niki Vendola
BIOGRAFIA
Leo Gullotta nasce a Catania nel 1946. La sua prima fiction televisiva fu Mastro don Gesualdo nel 64. Anni dopo far parte della Compagnia del Bagaglino con la storica macchietta della signora Leonida. Non rinnega partecipazioni a pellicole di intrattenimento popolare portate in auge da Edwige Fenech ma Caf Express di Nanni Loy (1980) la svolta della sua carriera, seguito da Spaghetti House a fianco di Nino Manfredi e Mi manda Picone (1983, Nastro d'Argento come miglior attore non protagonista) in un vero e proprio sodalizio con il regista di Candid kamera. Il camorrista dell'esordiente Tornatore, Un uomo perbene, Vajont e Nuovo Cinema Paradiso sono lesuccessive delle tappe di un cursus honorum sterminato. Cabarettista, doppiatore, imitatore, interprete di pubblicit, Gullotta ha da sempre alternato partecipazioni a film d'evasione con quelli d'autore e di forte impegno sociale. Attore eclettico e di grande eleganza si distingue per una lunga militanza teatrale, interprete raffinato del teatro pirandelliano. Nel 2010 gli stato conferito il Premio Flaiano come miglior attore teatrale; stesso premio gli era stato riconosciuto nel '95 come miglior attore televisivo. Non ha mai fatto mistero della sua militanza politica al fianco di Rifondazione Comunista e contro Berlusconi. (a.c.) Perch cosi difficile, per un autore esordiente, emergere? Sai, negli anni '50 e '60 sono sorti molti autori italiani, allora giovani. Oggi - ma non conosco ovviamente tutti i singoli casi - molti autori scrivono per raccontarsi e non per raccontare. Un discorso solipsista quasi. Ti sembrer una storia obsoleta ma moltissimi classici sembrano scritti ieri, la loro attualit di tutta evidenza. E i teatri sono pieni di giovani. Hai doppiato Joe Pesci e Roman Polanski. Pochi sanno che hai doppiato anche il mammut Manny della saga dell'Era glaciale. E' stata un'esperienza divertente? Assolutamente s! Quella del

ALIAS 7 GENNAIO 2012

(13)

JAZZISTA

AB BAARS
MUSICA UNA CARRIERA LUNGA VENTANNI

Il sassofonista e clarinettista olandese ha pubblicato un cofanetto con cinque album che raccolgono loriginale percorso sonoro del suo trio

Radicalismo in perfetto equilibrio


Tre immagini del sassofonista olandese Ab Baars, in basso con il trio che porta il suo nome jazz olandese? Credo di s, anche perch lavoro ancora con Melgenberg, con Han Bennink, Marteen Altena che, a suo tempo, avevano suonato con gente come Dexter Gordon, Eric Dolphy, Anthony Braxton o Lucky Thompson. Ogni volta che mi esibisco con loro come se mi dessero un po della loro storia e per me anche un modo per sviluppare le loro idee musicali. Olandese, nonostante una parentesi italiana S, io e la mia compagna abbiamo abitato a Roma per un anno e mezzo nel 1999, poi siamo ancora tornati nella capitale e ad Anzio, per affittare una casetta per qualche mese e vivere in Italia la dolce vita imparando per strada, prendendo lezioni dal popolo.
di GUIDO MICHELONE

20 Years 1991-2011 il titolo di un cofanetto (cinque cd) che, prodotto dalla Wig Label di Amsterdam, raccoglie lintera discografia di una band olandese formata da Ab Baars (sassofoni, clarinetto), Wilbert De Joode (contrabbasso), Martin Van Duynhoiven (batteria): 3900 Carol Court (1992), A Free Step (1999), Songs (2001), Party at The Bimhuis (2003), Gawky Stride (2011) sono i titoli di un percorso originale, coerente, rigoroso che in breve proietta il mini-ensemble nel radicalismo europeo della ricerca sonora, con i Paesi Bassi ferventi protagonisti sin dagli anni Sessanta. Ab nato nel 1955 nella piccola Brunette, formatosi musicalmente ad Eindhoven e a Rotterdam artista poliedrico in grado di spaziare da Duke Ellington a James Carter, verso continue sperimentazioni, come egli stesso spiega in perfetto italiano, premettendo che il manifesto il suo giornale preferito... Scelta coraggiosa pubblicare un cofanetto di cinque album di free jazz... per festeggiare i ventanni del Trio e perch era impossibile acquistare tre dei cinque dischi, ormai fuori catalogo. Qui si tratta di lanciare uno sguardo storico ma anche esprimere qualcosa di nuovo: nel cofanetto infatti c un cd inedito con registrazioni recenti per far ascoltare un ulteriore sviluppo del trio. In cosa consiste questo sviluppo? Siamo pi liberi, abbiamo trovato un equilibrio, tre musicisti, tre voci strumentali, tre modi di suonare per sviluppare unidea su temi che ho scritto io oppure che risultano libere improvvisazioni. Allinizio, ventanni fa, era molto pi difficile spiegare a Wilbert e Martin le mie idee sui brani che componevo, idee che erano rivoluzionarie anche per me. Ma tra parlare, suonare, provare abbiamo via via trovato un colore, una lingua su cui proseguire, anche grazie ai grandi musicisti ospitati come Roswell Rudd, Steve Lacy, Misha Mengelberg, i chitarristi degli Ex, quartetti classici e molti altri ancora. Grazie a loro sono nate lingue e colori molto particolari. Ti senti, in tal modo, un continuatore della moderna scena

Cosa prevale nel sound dellAb Baars Trio? Senza dubbio limprovvisazione. Ma per me importante scrivere brani, comporli in una maniera in cui si lascia molta libert ai musicisti; lho appreso da Mengelberg, che ha sempre composto brani cortissimi, quasi senza fine, molto aperti; e questo cerco di fare anche per il mio trio. Dico sempre che sarebbe possibile scrivere la musica su una cartolina, ossia molto chiara e corta. Perch hai optato per un trio pianoless? Forse dopo aver sentito il bel trio di John Carter con John Lindberg al contrabbasso e Eric Watson alla batteria, ma in precedenza avevo ascoltato gli storici ellep di Sonny Rollins in trio Way Out West, Freedom Suite, Live at Village Vanguard; ti dico che c una libert in questa combinazione molto differente da quella in quartetto, perch senza piano c pi spazio: un suono molto classico il mio trio e con soli tre jazzisti c appunto posto per tutti. Altre fonti ispirative? Ornette Coleman ha scritto cose molto interessanti sul suonare senza piano, parlando della libert. Senza piano non ci sono strumenti con accordi e per lui era fondamentale fuggire dalla musica tradizionalista. Com la situazione musicale oggi in Olanda? Ora c una grande crisi, perch il governo di destra, con un partito xenofobo, ha deciso di tagliare il sistema di sussidi per tutta larte, con la scusa che non sarebbe importante e che dobbiamo risparmiare; e quindi chiudono i rubinetti a musei e orchestre. C un taglio di duecento milioni di euro per le arti: il sistema dei sussidi era iniziato negli anni Sessanta con il jazz di Breuker e Mengelberg, i quali avevano capito limportanza di relazionarsi al sistema politico per potersi dedicare seriamente alle musiche davanguardia. Anche i jazz club stanno chiudendo perch non hanno abbastanza soldi; per loro non possibile programmare solo free jazz, ma devono fare anche musica popolare, meno avventurosa. In Olanda per musicisti, scrittori, ballerini, coreografi, pittori era possibile avere uno stipendio per quattro anni, un sussidio fisso, con la

BIOGRAFIA
Ab Baars, tra i massimi rappresentanti del nuovo jazz olandese, nasce a Magrette nel 1955 e a soli quindici anni si mette in luce come sassofonista della Philips March Band di Eindhoven. Dal 1976 al 1981 approfondisce lo studio dello strumento con il maestro Leo Van Oostyrom al Conservatorio di Rotterdam e nel 1989, dal Ministero della Cultura, ottiene una borsa di studio per lavorare a Los Angeles con il compositore e polistrumentista John Carter. Il 13 aprile 1991 esordisce con il Trio al Bimhuis di Amsterdam e da allora diventa un referente fondamentale per le musiche improvvisate anche con il Duo Baars-Henneman e nella ICP Orchestra. Dal 2005, dopo il sax tenore e il clarinetto, Baars impara a suonare il shakuhachi (flauto di bamb giapponese) sotto la guida di Kees Kort, Christopher Blasdel e Takeo Yamashiro. Tantissime le collaborazioni prestigiose con esponenti del jazz, del rock, dellavanguardia internazionale: lo stesso John Carter, Anthony Braxton, Franois Houle, George Lewis, Michael Moore, Sunny Murray, Cecil Taylor, Roger Turner, Ken Vandermark, Veryan Weston, Michiyo Yagi, il gruppo rock dei Sonic Youth, i poeti H.C. ten Berge e Diane Rgimbald, e la Katie Ducks Magpie Company per la danza. (g.mic.)

possibilit di sviluppare molte idee, e questo lhanno tagliato; adesso quasi impossibile lavorare per quattro anni a un progetto senza soldi; lo pu fare la Royal Concertgebouw Orchestra, ma per piccole situazioni o per i gruppi pi sperimentali veramente arduo. Anche nelle scuole pubbliche sono state tagliate le lezioni di musica, i concerti per bambini e le visite ai musei; un grande scandalo! Chiudiamo almeno in bellezza: tuoi progetti futuri? Un lavoro chiamato Invisible Blow, espressione del gergo pugilistico, dove ogni boxeur ha paura dellinvisibile inaspettato blow perch andrebbe kappa: la boxe come metafora della vita.

(14)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

REGISTA

TOSHI FIJIWARA
di MATTEO BOSCAROL

Ritratto di Toshi Fushjiwara

GIAPPONE NO MANS ZONE

Toshifumi Fujiwara un regista giapponese attivo nel campo del documentario. Nato a Yokohama, cresciuto fra Tokyo e Parigi, ha studiato a Los Angeles. Anche nella sua produzione filmica ha continuato ad incrociare culture e spazi diversi, fin dal suo esordio Independence (2001) o nei successivi We Can't Go Home Again (Berlinale 2006 e premio CinemAvvenire a Pesaro nel 2006) e Fence (2008). Il suo ultimo lavoro, No Man's Zone, uno dei documentari pi interessanti, almeno fra quelli usciti fino ad ora, che riflettono sul disastro che ha colpito il Giappone lo scorso 11 marzo. Un documentario che partendo dalle immagini girate dentro i 20 km attorno alla centrale nucleare di Fukushima, si sviluppa come un'intelligente riflessione sull'(assenza) di significato che le immagini di distruzione hanno ormai assunto nella societ contemporanea. Cos infatti si apre il documentario, che sar presente quest'anno alla Berlinale. Le immagini di distruzione sono sempre molto difficili da digerire, quando ce le troviamo davanti ci disperiamo per trovare un indizio che ci aiuti a capire, a decodificare e a misurare la grandezza del danno, forse come scusa per coprire la nostra segreta fascinazione per tali immagini. Diventano degli stimolanti, spesso consumate come droga, oggi siamo semplicemente diventati dipendenti da tutte le immagini di distruzione. In questi ultimi dieci mesi, il disastro che ha colpito il Giappone ha dato il l alla realizzazione di molti documentari. No Man's Zone un saggio visivo sull'impatto che le immagini di distruzione hanno nella societ contemporanea? S ma qualcosa che naturalmente era dentro di me ben prima del disastro e che maturato lentamente. Vedendo il film si percepisce quasi la presenza di due documentari compresenti, uno con il materiale grezzo delle immagini e delle interviste fatte sul luogo, l'altro pi riflessivo e formato dalla narrazione e dal frame filosofico che fin dalle prime scene apre il suo lavoro. Abbiamo provato a creare due livelli di proposito, una delle ragioni che il film una coproduzione franco-nipponica con regista e cameraman giapponesi ma montaggio francese. Quindi ho pensato, perch non avere due livelli in modo da incorporare una certa distanza nel contesto del filmato? In origine avevamo pensato ad una voce francese per la narrazione ed il testo era assai differente da quello che poi abbiamo scelto, doveva essere pi una sorta di fiction, le parole scambiate attraverso e-mail dal regista giapponese e da una donna francese. Per far questo abbiamo collaborato con degli scrittori francesi ma non sono riusciti a rendere bene ci che volevo, doveva essere una presa di posizione critica anche verso l'atteggiamento francese, ma invece ne venuto fuori qualcosa di disgustosamente colonialista. Ho deciso allora di riscrivere completamente la narrazione. In questo modo il documentario pu funzionare ed assumere una posizione critica anche verso il pubblico non giapponese. Se la copertura mediatica giapponese pu essere aspramente criticata, altrettanto vero che quella internazionale, in certi casi, ha brillato per disinformazione, specialmente quella italiana poi, la peggiore di tutte... Questo in qualche modo vero anche per il Giappone, pensi che il

Dipendenza da distruzione
Il disastro nucleare di Fukushima rivissuto attraverso un documentario che indaga il rapporto tra immagini e tragedia. Da Tokyo tutti vogliono guardare ma nessuno si sente responsabile
movimento anti-nucleare nipponico si sta rivelando essere contro la gente di Fukushima... Nel film c' una scena in cui la videocamera segue un'anziana signora che passeggia e parla nel suo giardino. Mi ha fatto venire in mente Heta Buraku di Shinsuke Ogawa. Grazie per il complimento, se cos dipende forse dal fatto che il mio cameraman, Kato Takanobu, ha lavorato con la Ogawa Pro ed stato uno dei suoi ultimi collaboratori. stato importante averlo con me perch avendo lavorato e vissuto con Ogawa a Yamagata (prefettura che si trova a nord-est di Fukushima) sapeva molto bene come filmare i campi di riso e altri dettagli della vita di campagna. Nella stessa scena attraverso i ricordi della signora si percepisce un senso del tempo pi ampio, cicli storici e naturali che si spingono fino al periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Direi ancora pi indietro nel tempo, uno dei ricordi della signora riguarda infatti il periodo in cui la zona era rinomata per la produzione della seta. Questo ci porta quindi a prima della guerra, quando la produzione della seta era la prima esportazione del Giappone. Di solito in questo tipo di documentari si tende a focalizzare l'attenzione sulle immagini di distruzione, quello che abbiamo provato a suggerire con il nostro lavoro che ci che stato distrutto e ci che le persone hanno perso qualcosa di molto pi importante. Che cosa l'ha spinta ad andare a filmare nella no man's zone ad appena un mese dal disastro? Ero disgustato dal modo in cui le immagini televisive venivano presentate. La tv non ci mostrava come le persone del posto erano solite vivere, non dava loro la possibilit di comunicare davvero.

modo possibile. stato molto importante anche il fatto di aver avuto un ottimo montaggio, opera della francese Isabelle Ingold. E la voce della narrazione della compagna di Atom Egoyan, Arsine Khanjian... La sua voce incredibile, lei armena ma cresciuta in Libano e le sue lingue madri sono l'arabo ed il francese, poi per diciasettenne si trasferita in Qubec. Mi piace la sua voce perch non completamente madrelingua inglese (la narrazione in inglese) e quindi non facile identificare la nazionalit della sua voce. partito con il suo cameraman ed un assistente, vero? S, in queste occasioni sempre meglio essere in pochi anche sapendo il disturbo che le troupe televisive recano ovunque... Come hanno reagito le persone che ha incontrato? Non vestendo nessun tipo di protezione, maschere o tute protettive varie, la gente del luogo si comportata come insito nella loro tradizione sempre molto ospitale, in modo estremamente gentile come avrebbe fatto verso qualunque altro visitatore. In pi non siamo andati in giro a fare stupide domande del tipo: cosa ne pensi di questo? Qual la tua opinione di quest' altro?. La problematica di come avvicinare le persone afflitte dai disastri un punto cruciale dell'arte documentaria. Durante l'ultimo Yamagata Documentary Film Festival c' stato un dibattito proprio su questo. Cero anch'io al dibattito. Penso che il problema pi grosso in questi documentari sia che si focalizzano sulla figura del regista che visita queste zone e non necessariamente sulle persone e sui luoghi in questione. Il problema generale che molti registi sono andati nel Tohoku ma hanno realizzato dei film sul loro stato confusionale e sul loro panico mentale, dimenticando di fare dei documentari sui danni del terremoto e sulle persone direttamente colpite dalla tragedia. Sono troppo concentrati e inconsciamente ossessionati da loro stessi. Allo stesso tempo ho notato che addirittura il pubblico qui a Tokyo, vedendo come i registi stessi siano confusi, trova un certo conforto nel guardare questo tipo di lavori. Trovo questa tendenza assai problematica nel suo essere troppo masturbatoria: ci si dimentica la funzione originale del cinema, quella cio di essere qualcosa di aperto atto a creare legami e connessioni. In simili circostanze dovremmo essere dei mezzi per creare un ponte fra coloro che sono colpiti dalla tragedia e noi che non lo siamo. Questa una delle ragioni per cui abbiamo provato a realizzare No Man's Zone come un testo filmico aperto, invece di condividere le esperienze personali del regista, volevamo piuttosto che fosse l'opera stessa a porre delle domande dirette al pubblico. Naturalmente avendo il mio cameraman lavorato con Ogawa e avendo girato io stesso un lavoro su Tsuchimoto sono stato influenzato da una diversa generazione di documentaristi, in qualche modo ho saltato la generazione del private documentary. Come Kawase Naomi per esempio Ammiro Kawase ed i suoi lavori, lei fa parte pi o meno della mia generazione ma noi due facciamo due cose diverse e va bene cos. Si potrebbe dire che realizzo dei documentari come negli anni sessanta, eccetto che non c' pi politica al loro interno, le politiche di sinistra si sono completamente e

rapidamente disintegrate dopo i settanta. Lei pensa che il disastro dell'11 marzo cambier qualcosa nel cinema? Secondo me dovrebbe ma non ho visto ancora dei grandi cambiamenti. Per c' da dire che sono passati solo 9 mesi. La cosa sicura che dobbiamo cercare di fare qualcosa di diverso da quello che stavamo facendo prima. In verit prima del terremoto stavo lavorando ad un altro film ma ora non sono sicuro che valga la pena di completarlo, qualcosa che riguarda il Giappone prima dell'11 marzo... un periodo diverso, in qualche modo come un periodo post-bellico. Dovremmo considerare l'11 marzo importante quanto il 15 agosto 1945 (data del discorso radiofonico con cui l'imperatore Hirohito comunicava la resa del Giappone, ndr). Alcuni mesi fa Sion Sono mi disse che nella tragedia il disastro ha portato qualcosa di positivo, perch ha improvvisamente scoperchiato moltissime problematiche che affliggono la societ giapponese. Ne un esempio il rapporto fra campagna e metropoli, cio fra Tohoku e Tokyo. Non potrei essere pi d'accordo, qui a Tokyo noi viviamo come dei parassiti alle spalle delle zone del nord. In No Man's Zone viene ripetuto molte volte che le centrali nucleari nel Tohoku sono presenti da quarant'anni e ci che ancora pi grave che anche adesso a 9 mesi dal terremoto la gente di Tokyo non vuole ammettere che noi siamo i veri responsabili. Anche ora (l'intervista stata condotta durante il periodo natalizio) qui nella capitale come se non fosse successo nulla. Durante il TokyoFilmEx una signora di Fukushima presente fra il pubblico rimasta sorpresa quando, dopo aver visto il film, ha camminato fuori dal teatro nelle strade illuminate a pieno regime con le decorazioni natalizie. Ci pu dire qualcosa sulla musica che ha usato? composta e suonata da un musicista di free jazz americano che da anni vive in Francia, Barre Phillips con cui avevo gi lavorato in passato. Lo abbiamo scelto perch musicista non giapponese, uno dei migliori in circolazione, e anche perch non eccessivamente caro e neanche troppo commerciale. La cosa curiosa che ha registrato la musica in una cappella cattolica del sud della Francia e in No Man's Zone ci sono molti elementi tradizionali giapponesi con immagini di Budda e piccole divinit, mi sembra una cosa interessante. In questo modo la musica e anche la narrazione possono forse suggerire qualcosa di universale, anche per questo non ho voluto fare io la parte narrata ma darla a qualcun altro, altrimenti sarebbe diventato un documentario sulla mia esperienza. Ma questo incidente nucleare pone delle enormi e tremende domande a tutti noi e alla nostra civilit, su come ci relazioniamo con la natura e con l'universo e come percepiamo la nostra vita. In realt dobbiamo pensare anche agli aspetti filosofici e addirittura a quelli religiosi di tutto ci. Verso la fine del film viene detto che il Giappone, avendo adottato la civilt occidentale, ha accettato la sua idea secondo la quale la natura esiste per noi, per servire gli essere umani. Questo in realt un concetto molto cristiano, nemmeno giudaico o islamico: una fede particolare del cristianesimo dire che Dio ha creato tutto per noi.

BIOGRAFIA
nato il 23 luglio 1970 a Yokohama (Giappone), cresciuto e ha studiato a Tokio, a Parigi (dal 77 all81) a Los Angeles ((1992-1993). Ha studiato alla Waseda University e allUniversity Southerm of California, ha lavorato come critico cinematografico fino al 1995. Ha diretto il suo primo documentario, Independence: Around the Film Kedma, a Film by Amos Gitai nel 2002, con Amos Gitai e il direttore della fotografia Giorgos Arvanitis. Il suo film sperimentale We Cant Go Home Again stato premiato a Berlino nel 2006. No Mans Zone documenta il disastro che ha colpito il Giappone a marzo 2011. montatore, direttore della fotografia e spesso anche produttore dei suoi film. stato interprete di We Cant Go Home Again (2006), La pluie des prunes (2007), Inju, la bte dans l'ombre (2008).

La vita lass cos diversa da quella dei giornalisti e per di pi le immagini erano presentate senza un decente lavoro di montaggio. Una delle mie intenzioni era quindi quella di realizzare un film che fosse nettamente diverso da quello che di solito viene mostrato in televisione, girato frettolosamente e nervosamente con una videocamera a mano. Girare nel modo pi pulito possibile stata una delle mie priorit, per questo quando possibile abbiamo sempre usato un treppiedi. Gia da prima odiavo molti documentari contemporanei perch le loro riprese non sono belle e sono girati senza cura, cos anche se abbiamo girato in soli dieci giorni abbiamo provato a farlo nel miglior

ALIAS 7 GENNAIO 2012

(15)

COMPOSITORE

FRANCESCO DE MASI
BIOGRAFIA
di GABRIELLE LUCANTONIO

Nella foto grande il compositore Francesco De Masi. In alto a sinistra la locandina del film Arizona Colt, in basso a destra Franco e Ciccio in Per un pugno nellocchio

Francesco De Masi nato a Roma l'11 gennaio 1930 ed morto nella stessa citt il 6 novembre 2005. Nel 1955, dopo aver frequentato con successo le pi importanti orchestre italiane e internazionali, ha iniziato a comporre per il cinema. La sua carriera lo ha portato ad affrontare tutti i generi cinematografici, dal film storico ai polizieschi, dagli spaghetti western ai documentari, ai film d'autore. Ha lavorato con registi del calibro di Sergio Citti, Folco Quilici, Mikls Jancs, Mauro Bolognini, Vatroslav Mimica, Michele Lupo, Enzo G. Castellari, Riccardo Freda, Camillo Mastrocinque, Fernando Cerchio, Mario Cajano, Lucio Fulci, Steve Carver e tanti altri. Nel 1968, De Masi ha vinto la rassegna per giovani direttori d'orchestra indetta dalla Rai e da allora ha svolto anche un'intensa attivit concertistica. Dal 1973 ha insegnato esercitazioni orchestrali al conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, poi direzione d'orchestra al conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Ha registrato numerosi dischi con musiche di Luigi Boccherini, Mozart, Honegger, Chausson, Beethoven, Ciakovskj, Carl Nielsen e di tanti altri grandi compositori della storia della musica.... (g.lu.)

Quando lavorano alle colonne sonore, molti realizzano prima tutti i temi collegati a un personaggio e poi quelli collegati a un altro, senza considerare l'ordine del racconto. Il maestro Lavagnino voleva che si scrivessero i diversi brani, dal brano numero 1 fino al numero 39 o 45 (o quanti servivano nel film), seguendo l'ordine cronologico del film. Bisognava ricordarsi quali sonorit si erano lasciate nel brano precedente, in modo da riprendere consequenzialmente. Bisognava dare una coerenza narrativa alla musica, tenendo anche conto dei diversi rumori che c'erano nel film. Questo raccontava Francesco De Masi in un'intervista concessa alla televisione spagnola inserita in un documentario alla sua memoria realizzato dal figlio Filippo (il film non ha ancora un titolo, ma sar abbinato all'ultimo cd della serie sulle soundtrack western di De Masi, pubblicata dalla Beat Records). Una professionalit e un modo di lavorare che si ritrovano nelle oltre 300 colonne sonore composte durante la sua lunga carriera. Ma andiamo per ordine: Francesco de Masi era nato a Roma l'11 Gennaio del 1930, dopo la maturit classica aveva studiato composizione al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli con Achille Longo, e il corno, sotto la guida di Domenico Ceccarossi. Secondo il suo unico figlio, Filippo: Mio padre ha cominciato la sua carriera di musicista suonando il corno in una banda. Perch il corno e non un qualsiasi altro strumento? A lui sarebbe piaciuto il pianoforte (...) ma al momento di entrare in conservatorio era gi grandicello, e lo studio del piano richiede moltissimi anni, troppi. Achille Longo, suo zio, gli sugger di intraprendere gli studi, pi brevi, di uno strumento a fiato. Dopo aver frequentato le pi importanti orchestre italiane e internazionali (ha lavorato a lungo con la prestigiosa orchestra Scarlatti di Napoli) ed essere diventato il primo esecutore di corno jazz nella storia della musica, si dedicato alla direzione d'orchestra, perfezionandosi all'Accademia Chigiana di Siena. Ma non si accontentato e ha voluto imparare anche altre tecniche musicali. Stimolato da una gigantesca volont di emergere, utilizzando i soldi guadagnati con la Scarlatti, and a Siena per seguire il corso del pi grande compositore di musica per film: Angelo Francesco Lavagnino. Quest'ultimo not subito che pap aveva una marcia in pi e poco dopo lo assunse come assistente personale, racconta Filippo. Mi ha offerto di essere il suo assistente e di essere il responsabile delle musiche della Astra cinematografica. Bisognava

MUSICA NELLA SUA CARRIERA OLTRE TRECENTO SOUNDTRACK

Anatomia di un western
Il figlio dellartista scomparso nel 2005, Filippo, ha realizzato un film sulla figura del padre. Sar abbinato allultimo cd che la Beat Records ha dedicato alla sue moltissime colonne sonore

realizzare le musiche di una decina di documentari e Lavagnino non aveva il tempo per farle Sono quindi stato incaricato di comporre quele colonne sonore. Tra questi c'era Gauguin (1957) di Folco Quilici, che, presentato alla Mostra del cinema di Venezia, fu molto gradito dai critici. Cosi quando Quilici prepar Dagli

Appennini alle Ande, mi chiese di scriverne la musica, e mi port con lui in Argentina perch mi documentassi sulla cultura musicale locale... Da l ho iniziato a lavorare regolarmente per il cinema, sosteneva Francesco De Masi nella gi citata intervista per la televisione spagnola. Collaborer, tra tanti altri, con registi del calibro di Sergio Citti (Ostia nel 1970, Storie scellerate nel 1973, Mortacci nel 1989, Fratella e sorello nel 2004), Michele Lupo (La vendetta di Spartacus nel 1964, Arizona Colt nel 1966, Concerto per una pistola solista nel 1970), Lucio Fulci (Lo squartatore di New York nel 1982) o Enzo G. Castellari ( Vado, l'ammazzo e torno nel 1967, Ammazzali tutti e torna solo nel 1968, Ettore lo fusto nel 1972 ). De Masi stato uno dei pi prolifici compositori di musiche per i cosiddetti spaghetti western, ma mentre molti dei suoi colleghi preferirono seguire la scia di Ennio Morricone, egli riusc a ritagliarsi una propria identit, avendo infatti realizzato le sue prime colonne sonore per film western ancor prima dell'avvento di C'era una volta il west, nel 1968. Ho scritto le musiche dei due primi western realizzati in Italia. Mi sono ispirato allo stile musicale dei film western americani, alle colonne sonore composte da Dimitri Tiomkin (Duello al sole per King Vidor o Mezzogiorno di fuoco per Fred Zinneman). Non ha niente a che vedere con quelle dei film di Leone. In fondo al mio sentire ci sono sempre state le sonorit dell'epopea del film western americano, ebbe a dichiarare una volta lo stesso De Masi. Ma le sue soundtrack per gli spaghetti western non erano solo questo. Amava aggiungere ad alcuni temi anche un tocco pop, e questo soprattutto quando collaborava con il cantante Raoul, famoso per il suo lavoro in film come Quindici forche per un assassino (1968) di Nunzio Malasomma o Il momento di uccidere (1968) di Giuliano Carmineo. Nel 1968, De Masi ha vinto la rassegna per giovani direttori d'orchestra indetta dalla Rai e da allora ha svolto anche un'intensa attivit concertistica. Dal 1973 ha insegnato esercitazioni orchestrali al conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, poi direzione d'orchestra al conservatorio di Santa Cecilia a Roma. morto a Roma il 6 novembre del 2005 all'et di 75 anni.

(16)

ALIAS 7 GENNAIO 2012

POETESSA

ALDA MERINI
di BEATRICE CASSINA

UN INCONTRO PASSIONE, POETICA, MISTICISMO, CARNALIT

Lo scorso 21 marzo (giorno che sarebbe stato il suo ottantesimo compleanno) stata inaugurata a Milano, in via Magolfa 32, la nuova casa-replica di Alda Merini. Elegantemente e forse un po asetticamente chiamata Casa Museo, non regala tuttavia la possibilit di respirare latmosfera della vera casa di Ripa di porta Ticinese, in cui la poetessa scriveva, fumava, intratteneva gli amici suonando un pezzo di Traviata. No, proprio no. Le case sono lanima di chi le abita, gli specchi di chi le vive e consuma, di chi le coccola e, anche, le tratta male, le rompe e poi le aggiusta. Oggi la casa di Alda Merini proprio non c pi, anche se il suo ricordo resta sicuramente nelle sue parole, nei suoi scritti e anche nelle immagini di alcuni film documentario. Dalla poetessa milanese, che viveva nel minuscolo bilocale sui Navigli, (ottenuto grazie alla legge Bacchelli), il disordine era sovrano e a volte, diceva lei stessa, i portacenere non servivano perch le sigarette poteva spegnerle sul pavimento in graniglia. Di fianco al suo fido compagno, il pianoforte, sul tavolo cerano sempre ritagli di giornale e regali di amici e ammiratori, da una sciarpa di seta a un sacchetto di castagne che spesso lei stessa, a sua volta, regalava a nuovi visitatori e ammiratori e ammiratrici. Cerano, in quella casa, le sue unghie laccate di un rosso sempre un po rovinato, cera il suo rossetto sgargiante, i suoi tanti umori, a volte allegri, altre volte infastiditi e insofferenti. Lo si capiva subito, di che umore era, perch, forse senza volerlo, era sempre trasparente. Nel giugno 2004 eravamo andati a trovarla e in questo modo si era raccontata. Con gli occhi illuminati da un sorriso malinconico, apre la porta di casa mentre si sistema i capelli con una mano. Le labbra dipinte di rosso si accendono sulla pelle chiara, che ricorda quella di unantica bambola di ceramica. Nel caldo pomeriggio destate indossa una vestaglia chiara e leggera. Alda Merini vive in Ripa di porta Ticinese a Milano. Sulla porta del piccolo bilocale il suo nome appare in piccolo, per lasciare spazio alla targa di ottone con cui ricorda lamico e confidente Vanni Scheiwiller, luomo che vol troppo alto. Il corridoio dentrata stretto. A sinistra la camera da letto, di fronte una cucina strettissima, a destra un minuscolo soggiorno in cui la luce entra da ununica e piccola finestra. Sul tavolo di legno scuro sono appoggiati regali, riviste, ritagli, una borsa di tante mode fa che oggi torna nelle vetrine dei negozi. Un piccolo frigorifero abbandonato di fianco al pianoforte Bentley. Il disordine coerente, quasi fosse disegnato e preparato su misura da un grande architetto. Non ci sono libri alle pareti. Li ho regalati tutti non ci stavano. Campeggiano invece sui muri le sue foto, la sua vita, poster di Tot e Marlon Brando, di Catherine Hepburn in Vacanze Romane. Ho sempre sognato essere come lei. Prendere la Vespa, e girare libera per la citt. Essere nessuno, dice con voce un po sognante. La verit, e forse i disagi che stanno dietro queste parole, sono difficili da immaginare. Ma le labbra si piegano in un sorriso soddisfatto. Sembra voler dire che, a quella libert, ancora non ha rinunciato. Discussa, raccontata in mille modi diversi attraverso lenti di sguardi e opinioni che si completano e contraddicono di continuo, la settantatreenne poetessa, amata da Salvatore Quasimodo e Giorgio Manganelli, premiata a Roma, nel dicembre 2003, dal Presidente della Repubblica con la Medaglia dOro, e proposta per il Premio Nobel dal Pen Club nel 2001, ha una voce morbida ma sempre ferma e sicura. Nonostante abbia passato molti anni in manicomio, una donna di grande

Il mio nome nessuno


Incontrata nella sua vera casa di Ripa di Porta Ticinese, nel giugno del 2004, tra pianoforte amici e doni, torna con la sua sorridente presenza a rammentare il calore della scrittura
FILMOGRAFIA
Alda Merini stata una sorta di musa per molti artisti e, nei suoi ultimi anni di vita, a lei sono stati dedicati cortometraggi e film. Cosimo Damiano Damato, Alda Merini Una Donna Sul Palcoscenico (prodotto da Angelo Tumminelli), un film documentario presentato a Venezia (Giornate degli Autori) proprio nel 2009 lanno della sua scomparsa. Damato lha raccontata attraverso le sue parole, risate, i tanti toni di voce e passione. Lha seguita in quella piccola abitazione di Ripa di Porta Ticinese, seduta intorno a quel tavolo, su quella sedia. Quella sulla sinistra, contro il muro. Nel documentario canta, legge e scherza, diventa triste, torna a sorridere. Alcuni brani sono letti da Mariangela Melato e, questa intervista, sarebbe stata la sua ultima. Lo scorso anno, in ricordo del primo anniversario dalla sua scomparsa, lamico Arnoldo Mondadori ha pubblicato con Frassinelli il libro e Dvd Eternamente Vivo, una testimonianza che spiega il suo intuito poetico: Prima della scrittura hanno valore le mie mani, i miei occhi, il mio cuore e persino la mia disperazione, e quando scrivo tutto gi compiuto, il mio corpo ha gi scritto la sua apologia e persino il mio tradimento. Nel 2007 Simone Cristicchi, indagando il mondo della follia, aveva prodotto, con la regia di Alberto Puliafito, Dallaltra parte del Cancello. (b.c.)

forza, immensamente allegra e arrabbiata, piena di contraddizioni, geniale, lucida e acuta, generosa di gesti che rappresentano grandi doni: cos la descrivono alcuni dei suoi amici gli editori Arnoldo Mondadori (Frassinelli - pronipote delleditore omonimo) e Alberto Casiraghi, il giornalista Vittorio Borelli, Monsignor Gianfranco Ravasi (prefetto della Biblioteca Ambrosiana, oggi arcivescovo e presidente del Pontificio Consiglio della Cultura). Gi, i suoi doni. Doni particolarissimi. Dal 1951, quando due sue liriche venivano inserite dal futuro amico Vanni Scheiwiller nel volume Poetesse del Novecento su suggerimento di Eugenio Montale e Luisa Spaziani, ha scritto e pubblicato moltissimo. Ma esiste anche una poetica silenziosa che non arriver mai nelle librerie o nelle biblioteche, e rester gelosamente conservata in un cassetto della scrivania di qualche amico. Regala poesie perch ha bisogno di dare. Nessuno purtroppo riuscir mai a conoscere e quantificare la sua produzione, racconta Alberto Casiraghi editore di Pulcinoelefante. E, mentre Vittorio Borelli ricorda quando, rispondendo al telefono, la voce di Alda Merini gli chiedeva se poteva dettargli una poesia dedicata a sua moglie, Monsignor Ravasi riconosce in lei la

rarissima dimostrazione della felicit nel dare. Semplice e imprendibile, sempre riuscita a colorare la vita con lottimismo. Ci pu sempre essere un problema pi grande Io sono stata in manicomio, come posso preoccuparmi?. Era stata internata a soli sedici anni presso la clinica Villa Turro. A trentaquattro entrava nel manicomio Paolo Pini, da cui sarebbe definitivamente uscita nel 1972, a quarantun anni. Periodi alterni di lucidit e follia, si sarebbero protratti fino al 1979. Reduce da unoperazione al femore destro, e camminando con il bastone, prima di sedersi sulla sedia di fianco al pianoforte, chiede di poter mostrare, orgogliosa, la cicatrice, fiera che i medici si siano compiaciuti della rapida guarigione. come un ricamo, no?, dice ridendo. Mentre Lina Wertmller sta pensando a un film sulla sua vita da un po, e qualche importante editore ha ripetutamente mostrato linteresse per unautobiografia, lei resta dubbiosa. Poi si ferma con lo sguardo pensieroso e, mentre le mani dallo smalto rovinato giocano come sempre con un grande anello dalle mille perline luccicanti, aggiunge un po ironica: Forse quando avr un po di tempo. Il primo testo nel quale racconta in prosa brani della sua vita fu, nel 1985, L'altra verit - Diario di una diversa.

Lesperienza dellinternamento assume qui toni di devastante realismo, ma una vera autobiografia non mai stata scritta. stata una vita complessa, non facilmente trasferibile su fogli di carta in prosa. Raccontarla sarebbe come limitare e frenare unesistenza che non si mai fermata, rischiando di perdere le tante sue voci, contraddizioni, meraviglie, sofferenze. E, quella vita, del resto, gi raccontata nelle poesie. Nonostante il dolore per la separazione dalle quattro figlie nei suoi anni di manicomio, i 46 elettroshock, una vita ricca di amori e di abbandoni, riesce comunque a sorridere. La vita stata buona con me. Ho avuto buoni compagni, buoni mariti. Ho incontrato persone generose. Ha imparato a scaldare il gelo del suo dolore, della sua solitudine e della sua malattia con la scrittura. Da sola vivo bene. Non mi manca nulla. E, anche in manicomio, alla fine, sono stata bene. Non ero nessuno. Quando mi hanno chiesto perch non avevo detto che scrivevo dice abbozzando una risata - ho risposto: Non sono mica matta!. La poesia era tutta mia. Scrivere era il rifugio segreto, unico luogo nel quale sentirsi protetta. Cos infatti aveva scritto in La volpe e il sipario (1997): La mia poesia alacre come il fuoco, / trascorre tra le

mie dita come un rosario. / Non prego perch sono un poeta della sventura / che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore, / sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida, / sono il poeta che canta e non trova parole, / sono la paglia arida sopra cui batte il suono, / sono la ninna nanna che fa piangere i figli, / sono la vanagloria che si lascia cadere, / il manto di metallo di una lunga preghiera / del passato cordoglio che non vede la luce. Poesia, necessaria e naturale come il respiro. Mi fanno ridere quelli che si stupiscono che uno scriva, solo perch loro non sono capaci. Quelli che dicono che non possono scrivere neanche tre righe Io dico: meno male!, e sbuffa, con un tono che sfiora linsofferenza. Le poesie nascono in primo luogo da una necessit. Se canti il tuo amore, il tuo dolore, non lo fai certo per qualcun altro. Lo fai per te stessa. Il poeta lunico che sente in modo vero, canta lamore e lo innalza. La forza della poesia persuasione. Passando le mani nella collana di corallo rosa, aggiunge, con una voce che sembra non aver bisogno di essere ascoltata: la poesia un accadimento, ispirazione della realt. Quando bussa come gli amici, come qualcuno a cui vuoi molto bene. Sei felice e, anche se stanca, se la poesia bussa, devi lasciarla parlare. Quando allora si presenta alla porta, Alda Merini risponde e, da quelle chiamate che rasentano il mistico, nascono le sue liriche. Lattimo della creazione istantaneo, quasi inatteso. Non mi metto mica a tavolino e decido che: adesso scrivo una poesia. Arriva e basta!. A volte scrive, a volte alza il telefono. Spesso - ha raccontato Arnoldo Mondadori - mi chiama e dal suo respiro capisco che deve dettarmi una poesia. Ovunque io sia, devo essere pronto con una penna in mano. Dopo un silenzio interrotto solo da un respiro carico di emozione, dice scrivi. Ci sono momenti in cui Alda sembra un fiume in piena, un medium poetico attraverso cui deve passare una voce misteriosa. Condivide con me momenti al limite del mistico. I suoi libri nascono cos. Monsignor Ravasi, che ha scritto le introduzioni per tre suoi libri - Corpo damore, Magnificat e il Poema della Croce -, parla infatti di quel linguaggio poetico e mistico tipico di Santa Teresa dAvila. Alda Merini usa, per parlare dellesperienza religiosa, le sfumature delleros, della sensualit, dellinnamoramento. La sua grande produttivit poetica si genera nel rapporto magico con limmagine di Maria, a cui si ispira moltissimo. Si identificava con Maria - spiega il religioso - come donna, madre e vergine, attratta dallaspetto di freschezza che appartiene alla verginit. E veste il dolore, come Maria si veste dei panni del Cristo sofferente. Le immagini religiose di Maria e Cristo appartengono alla sua ricerca poetica di donna, mistica, poetessa. Proprio nella perenne ricerca di una sua personale religiosit, si rivolta a monsignor Ravasi. Il desiderio di ricostruire i suoi orizzonti spirituali lha portata da me. Ci siamo visti solo un paio di volte, ma c stata da subito una bellissima amicizia, una ricerca che ci avvicina, un legame affidato a percorsi paralleli. Aveva bisogno non tanto e non solo di un ecclesiastico, ma di una guida. Viveva in una dimensione di ascesi e di rigore teologico e ideologico. Aveva, forse ha sempre avuto, paura di pronunciare eresie ma nella sua grande libert di espressione riuscita a mantenere una grande devozione. Molti lhanno definita geniale. Spegnendo la sigaretta per terra, dice che spesso lo fa anche sul materasso. Sorridendo, ricorda il lavoro con Milva, che ha cantato, nel disco Sono nata il 21 a primavera (Nar International), le poesie dal libro Terra Santa, scritto nel 1979 e che ha vinto il premio Librex Montale nel 1993. Milva ha una voce superba, ha cominciato a dire, ma poi sera subito interrotta con unaltra risata, ricordando la prima volta che la cantante le aveva fatto visita. In casa cera un buon profumo. Milva mi ha chiesto a cosa fosse dovuto. Avevo lavato i pavimenti con il Vermouth!. Alda Merini ha un particolare humor, scanzonato, ironico, distaccato e, con Arnoldo

Ritratto di Alda Merini

Mondadori, sta pensando a un libro umoristico. Alda ha sempre avuto un lato comico e surreale veramente straordinario. Si prende in giro, abbattendo qualsiasi cosa per poi ricostruirla. Ma deve essere innamorata e nutrire le sue creazioni con la passione. Ha un fuoco vivo dentro di s ed come se avesse sempre ventanni. una magica commistione di Eros, passione, poetica, misticismo e carnalit. Quando non ha amore su cui investire, comincia a spegnersi. Ogni giorno le visite di amici o di semplici ammiratori le portano un po dellamore di cui ha bisogno. Nonostante a volte si lamenti di essere stanca e non avere voglia di vedere nessuno, gli amici e gli altri rappresentano un elemento di passione fondamentale nella sua vita. Carlo delle Piane, arrivato un pomeriggio dautunno con amici comuni, dopo avere cantato e suonato con lei, laveva salutata ringraziandola e dicendole che era da molto tempo che sperava di incontrarla. Un sorriso sereno di bimba le si disegnato sulle labbra. Accendendo una nuova sigaretta, mentre si alza per cercare una Coca Cola in frigorifero, risponde al telefono. Un amico lavvisa che oggi, su un quotidiano, uscita una pagina tutta dedicata a lei. Tenta di mascherare la soddisfazione, ma non ci riesce. Forse perch poetessa, forse perch semplicemente Alda Merini, ma ha sicuramente il dono di amplificare ogni sensazione: felicit, gioia, amore, dolore, anche la rabbia, raggiungono i picchi pi alti. Camaleontica, trasforma invettive in risate, litigi o semplici interviste in musica al pianoforte. A volte cambia discorso con assoluta naturalezza, quasi che frammenti di ricordi che non vogliono perdersi conquistassero la sua attenzione. caleidoscopio, costante nellassoluta mutevolezza. Credo che una sua caratteristica sia una sorta di meta-razionalit. Alda Merini sta al di sopra delle trame della logica formale, mette in crisi la razionalit e ne utilizza gli stessi tasselli per costruire una nuova grammatica e articolare un nuovo discorso, spiega monsignor Ravasi. A volte sembra dura, a volte si protegge. Non ha mai apprezzato intrusioni nella sua vita privata. Forse qualcuno gliele aveva gi imposte in passato. Limportante che si senta a suo agio e si fidi del suo interlocutore. Sembra restia nellaffrontare la sua relazione con Quasimodo, ma poi ne parla come una giovane studentessa parla di un grande maestro, per il quale ha sempre nutrito molto rispetto. Si andava da Quasimodo per far conoscere i propri versi, per avere un giudizio estetico. Se poi la giovane era molto attraente., e lascia che le parole si spengano in un silenzio singolarmente esplicito. A Quasimodo daveva dedicato le due liriche ne Il volume del Canto e qui, meglio che altrove, trova spazio il racconto di un amore unito alla condivisione della ricerca poetica. Padre che fosti a me, grande poeta, bene ricordo la tua cetra viva e le tue dita bianche affusolate che varcavano il solco del mio seno. E io ricordo tutto, le bufere i venti aperti e quella confusione che trovava la nostra poesia. Parlavamo il linguaggio dei poeti casto, accorato senza delusioni o eravamo delusi di noi stessi poveri, confinati nello spazio come astronauti sulla stessa luna Gli occhi si allontanano in silenziosi ricordi. Ora devo riposare, ha detto con fermezza, quasi avesse bisogno di stare sola e pensare ad altro. Mentre la saluto, mi chiede se posso portarle un caff dal bar sotto casa. E anche quel giornale. S, quello che oggi le ha dedicato una pagina intera. Mi vuole dare i soldi, e mi mette in mano 50 Euro. Chiede: Basteranno?.

Potrebbero piacerti anche