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La cattiva proposta politica.

In un editoriale sul Corriere della Sera Sergio Romano ha scritto: " In tempi di crisi economiche e forte conflittualit politica la zona intermedia si ristretta e le soluzioni pi radicali, di destra o di sinistra, esercitano una maggiore attrazione. Potremmo consolarci pensando che i vincitori saranno costretti a tenere conto de lla realt e ad annacquare i loro programmi. Nessuno oggi, nemmeno il presidente d egli Stati Uniti, pu fare una politica economica che prescinda da una pluralit di incontrollabili fattori esterni, dal futuro delleuro a quello del sistema politic o cinese. Ma un governo che non mantiene le promesse elettorali avr leffetto, sopr attutto in questo momento, di esasperare le delusioni degli elettori che a quell e promesse avevano creduto e di alimentare i movimenti dellanti-politica, oggi pr esenti in tutti i Paesi occidentali. Abbiamo gi una grave crisi delleconomia e cor riamo il rischio di avere domani, di questo passo, una crisi peggiore: quella de lla democrazia". Romano qui pone in evidenza un tema importante. La proposta e la propaganda poli tiche possono danneggiare durevolmente il processo democratico, possono contribu ire a determinare la crisi della democrazia liberale rappresentativa. Ma il danno si verifica non, come sembra sostenere l editorialista del Corriere , per la radicalit delle soluzioni proposte o semplicemente quando le promesse el ettorali non vengono mantenute. Bisogna essere ben consapevoli del ruolo e delle possibilit della democrazia rappresentativa. Il fondamento di tale democrazia re sta il principio enunciato da Pericle nell Atene democratica, poi ripreso e teo rizzato da Karl Popper nella Societ aperta e i suoi nemici : "Bench soltanto pochi siano in grado di dar vita a una politica, noi siamo tutti in grado di giudicar la". Non tutti possiamo governare, ma tutti possiamo giudicare chi governa. In una democrazia liberale efficiente l elettorato non pu e non deve contribuire a formulare la politica futura. E invece giudice della politica realizzata, co ntribuisce a manutenere tale democrazia mandando a casa i cattivi governi senza spargimento di sangue. "Dar vita a una buona politica" vuol dire fronteggiare ri schi ed eventi imprevisti, prendere misure impopolari, compiere scelte che presu ppongono conoscenze non diffuse, tener conto della complessit dei problemi e dell e normali conseguenze impreviste degli atti di governo. Un governo democratico n on pu e non deve essere vincolato dalle promesse elettorali. La sua democraticit s i esprime nella soggezione al giudizio popolare successivo. Neppure la radicalit della proposta politica di per s pone a rischio la libera dem ocrazia. Semmai si rivelano pericolosi i piani troppo estesi, per questo non con trollabili e insuscettibili di ripensamenti e correzioni di rotta efficaci. Bast i pensare a uno dei principali problemi che affliggono le democrazie occidentali contemporanee: quello di un welfare costoso, insostenibile e deresponsabilizzan te. Il professor Maurizio Ferrera, uno dei migliori esperti italiani di comparazione dei welfare, nel 2011 sul Corriere della Sera ha scritto: "I diritti sono una cosa seria, ma proprio per questo bisogna riconoscere che no n sono tutti uguali. Alcuni (quelli civili e politici) tutelano libert e facolt de i cittadini e sulla loro certezza non si pu transigere. I diritti sociali sono di versi: conferiscono spettanze, ossia titoli a partecipare alla spartizione del b ilancio pubblico, che a sua volta dipende dal gettito fiscale e dal funzionament o dell economia. Dato che al mondo non esistono pasti gratis, i diritti sociali non possono essere considerati come delle garanzie immodificabili nel tempo. Il loro contenuto deve essere programmaticamente commisurato alle dimensioni della torta di cui si dispone e all andamento dell economia e della demografia. Purtroppo il welfare italiano stato costruito ignorando questa elementare verit".

Lo stesso Ferrera, sempre sul Corriere, gi nel 2004, con lungimiranza ed esamina ndo il welfare cinese ha osservato che: "Se vero che il fiume dello sviluppo economico porter il welfare state anche in A sia, non detto per che si tratti di un welfare all europea. Non detto, in altre parole, che le economie asiatiche vedano in futuro esaurirsi il proprio vantaggi o comparativo sotto questo profilo. Ci che sta emergendo in Corea, Taiwan e Singa pore un sistema diverso dal nostro, molto pi strettamente integrato con il mercat o, tanto che la letteratura specialistica ha coniato il nuovo termine di welfare state produttivistico. Tre sono gli ingredienti principali di questo modello: pri orit all istruzione e alla formazione; regolazione pubblica (ad esempio, obbligo di assicurazione medica o previdenziale), ma fornitura di prestazioni da parte di soggetti privati, tramite i canali del mercato; copertura gratuita solo per i pi poveri. Anche la Cina sembra avviata in queste direzioni: in molti settori st ato ad esempio recentemente introdotto l obbligo di copertura sanitaria, ma att raverso forme assicurative semi-private. La scelta di una via produttivistica al w elfare ha in parte motivazioni ideologico-culturali: l influenza dell etica co nfuciana, la tradizione del paternalismo autoritario, oggi gli entusiasmi iperli beristi. In parte si tratta per di motivazioni prettamente economiche: a differen za dei Paesi europei, che hanno storicamente costruito il welfare all interno d i economie protette verso l esterno, i Paesi asiatici devono incamminarsi verso la protezione sociale in un mondo di scambi e competizione globali". Esiste una stretta correlazione tra struttura del welfare e attitudine alla cres cita di un sistema paese. Un buon governo di fronte a una profonda crisi struttu rale del welfare deve proporre e intraprendere riforme radicali. Se si sottraess e a questo dovere compromettendo le possibilit di crescita del sistema porrebbe a rischio la democrazia stessa. Dunque quando la proposta politica diventa cattiva, quando danneggia il processo democratico? Quando contribuisce a rendere durevolmente cattiva la domanda poli tica, quando diseduca l elettore, lo spinge a non accettare la complessit e la g lobalit dei problemi, ingenera la convinzione che possano esistere pasti gratis, fuorvia il giudizio sui problemi della finanza pubblica nascondendo i suoi aspet ti strutturali insieme pi semplici ed importanti, quando insomma contribuisce a r idurre la capacit dell elettore di manutenere la democrazia valutando la condott a dei governi che si sottopongono al suo giudizio. Una proposta politica moderat amente demagogica pu insomma fare pi danni di una proposta saggiamente e responsab ilmente radicale. Carlo Rossi http://chiarodiluna-karl.blogspot.it/2012/08/la-cattiva-proposta-politica.html

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