Sei sulla pagina 1di 2

Fahima che sognava di non portare il velo

Lui, Ahmed Azzad, egiziano, 36 anni, un avvocato. Lei, Fahima Rabie Katri, saudita di nascita ma arrivata dallEgitto, 27 anni, una traduttrice indipendente che presta la sua consulenza anche in Questura e Tribunale. Hanno una figlia di quattro anni, Ponsy, e vivono al terzo piano, scala C, di un appartamento di propriet, in via Flumendosa 34. Dopo la tragedia, i vicini li descriveranno come due persone distinte, gentili, ma non affabili che conducevano una vita appartata. E, si scoprir, con molti segreti. Di questa storia il maxi-condominio sorto a due passi da via Palmanova, non conserva memoria. Il vecchio portiere, Fiorenzo, andato in pensione qualche settimana fa lasciando il posto a un giovane e cortese maghrebino che conferma quel che gi si intuisce scorrendo il centinaio di cognomi sui citofoni delle cinque scale delledificio: S, ci sono molti stranieri qui. E molti sono gli appartamenti in vendita. Non quelli del terzo piano della scala C, tutti occupati. Proprio come allora quando lavvocato alle sei e mezza del mattino varcava il portone per recarsi al lavoro. A due passi la stazione Crescenzago del metr e, dietro una stenta aiuola, il capolinea della 56 per piazzale Loreto, una tavola fredda, linternet point, unautoscuola, la parrucchiera aperta anche dagosto. Sono gli spazi in cui si muove la coppia senza che nessuno la noti anche se si sa che, in realt, lavvocato, fa il giardiniere e per questo esce cos presto la mattina. E in Italia dai primi anni Novanta e in quellappartamento, terzo piano, scala C, viveva con un gruppo di connazionali. Quando, cinque anni dopo, dallEgitto era giunta sua moglie, da buon padre di famiglia la casa laveva comprata e l era nata sua figlia. Dal portone di via Flumendosa 34, Fahima esce qualche ora dopo, sempre con qualche volume sotto il braccio, il volto velato come le impone la tradizione islamica. Una scena che si ripete ogni giorno interrotta dalle poche parole scambiate con i vicini quando cera da dare una mano per trasportare il passeggino della piccola Ponsy. Come uninquilina ricorda di aver fatto solo qualche giorno fa, quando ha incontrato sulle scale Ahmed. Glielo hanno chiesto i poliziotti perch, la mattina di venerd 13 luglio 2001, hanno dovuto sfondare la porta di quellappartamento, terzo piano , scala C. E hanno trovato il corpo senza vita di Fahima: distesa sul divano, completamente vestita e coperta da un lenzuolo. Ahmed e Ponsy sono scomparsi. Fahima morta da qualche giorno e il lezzo dolciastro della decomposizione aveva convinto il portinaio a dare lallarme. Troppo a lungo restata sotto quel sudario

perch lautopsia possa chiarire come sia morta, ma, per tutti, la cosa pi importante diventa ritrovare Ponsy e seguire le tracce di Ahmed. Con la sottile inquietudine di trovarsi di fronte a un delitto quando nella via si comincia a raccontare di come quella giovane donna stesse cambiando: Da qualche giorno non portava pi il velo; S, la mattina la vedevo uscire col viso truccato; E stata qui, nel mio negozio di parrucchiera: aveva i capelli ricci e se li voleva lisci. E la sua giornata non era fatta solo di traduzioni e atti giudiziari: luned era al Teatro di Verdura, sul palco, fra gli interpreti di Tagheire AlAlam della Compagnia International Theatre du Monde di Parigi. Con lei c Ahmed ricordano gli amici che con lei collaborano alla rivista multietnica Alien redatta dallassociazione Dialogo. Per loro Fahima Rabie Katri semplicemente Wafaa, ma Azzad non suo marito, ma suo zio: Wafaa ci aveva sempre detto di abitare nellappartamento a fianco dello zio. Ci aveva anche raccontato di essere stata sposata una volta e che il suo ex marito, il padre di Ponsy, vive in Egitto. Un altro mistero che solo Ahmed sa sciogliere quando, sabato, si presenta ai carabinieri di Monza. E lui lomicida: Fahima stata soffocata proprio quel luned notte dopo un violento litigio; Ahmed, furioso, era uscito di casa e vi era tornato, dopo aver affidato Ponsy ad amici, solo mercoled quando si era reso conto di quanto aveva fatto. Ai militari Azzad non sa spiegare il perch, ma conferma di essere lo zio di Fahima che i familiari avevano ripudiata dopo la scoperta della sua gravidanza. Avevano pensato di mandarla lontano, da quel parente che pareva essersi ben inserito in Italia e che avrebbe protetto quella cattiva ragazza. Ma non era stato capace di farlo, non come gli si chiedeva: Non sono un fondamentalista ripeteva ai carabinieri Sono abituato allo stile di vita occidentale. Che stava per divenendo anche quello di Fahima, fino ad arrivare, negli ultimi giorni di vita, a togliere il velo che usava per coprirsi i capelli. Unostentazione che, evidentemente, era divenuta insopportabile suggerendo ai quotidiani un titolo che si sarebbe tristemente replicato negli anni: Uccisa perch tradiva lIslam. Quando lanno si chiude, sono 18 gli omicidi consumati in citt, 11 le donne uccise: tutti casi risolti in pochi giorni se non immediatamente nei quali gli assassini erano mariti, familiari, fidanzati respinti, conoscenti pronti a colpire negli ambienti domestici in quel femminicidio che non certo esclusiva dellIslam. Ahmed Azzad, l11 maggio 2002, stato condannato con rito abbreviato riconoscendogli le attenuanti generiche a 14 anni di carcere. Per i giudici limputato aveva stravolto il clima familiare, assumendo il ruolo di padre-padrone. Fahima si era salvata dalla tradizione che non le perdonava di essere una ragazza madre, non dal rigore che alla sua vita voleva imporre lo zio abituato allo stile di vita occidentale. (la Repubblica Milano, 14 agosto 2012)

Potrebbero piacerti anche