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SUNTO MACROECONOMIA

1) ELEMENTI DI CONTABILITA NAZIONALE


INTRODUZIONE La Contabilit Nazionale il modo per misurare in modo sistematico le grandezze aggregate della produzione e della domanda di beni e servizi di uneconomia, riferite ad un determinato periodo. Tutti i valori sono misurati in valore (ad es. in euro) e non in termini fisici. La Contabilit Nazionale elaborata dallISTAT, mentre la Banca dItalia fornisce una serie di dati monetari e finanziari di complemento. La Contabilit Nazionale italiana si inserisce in uno schema generale condiviso dai paesi dellUnione Europea; LEurostat, cio lUfficio statistico dellUnione Europea, sovrintende alle corrette applicazione delle norme contabili. I fenomeni inclusi nei conti nazionali sono: La produzione di beni e servizi La distribuzione del reddito tra i partecipanti alla produzione Lutilizzo del reddito da parte dei suoi precettori La domanda di beni e servizi a vari scopi Non si includono i fenomeni di redistribuzione del reddito, cio il pagamento di persone fisiche per motivi diversi da quelli della partecipazione alla produzione (es. i regali tra persone). Inoltre non si includono le transizioni degli strumenti finanziari (es. azioni e obbligazioni) n contratti di indebitamenti o prestiti. Gli operatori da noi considerati sono quattro: Le famiglie, cio le persone fisiche che percepiscono redditi di varia natura e che spendono questi redditi in consumo Le imprese, cio persone giuridiche o ditte individuali che producono beni o servizi sostenendo costi e cedendo i prodotti ad altri utilizzatori Lo Stato che preleva risorse da tasse e contributi e fornisce servizi Il resto del mondo (o Estero), cio linsieme dei soggetti non residenti che compra dai residenti (esportazioni da parte dei residenti) e vende ai residenti (importazioni da parte dei residenti).

Come in ogni metodologia contabile ogni transazione implica sia il trasferimento del bene o servizio, sia il pagamento che scaturisce da questo trasferimento. LA CONTABILITA INTERSETTORIALE Si consideri per semplicit uneconomia chiusa (senza scambi con lestero). Si pensi al sistema produttivo come formato da imprese raggruppate in settori (es. settore agrario, settore chimico, settore dei trasporti). Lattivit dei settori pu essere contabilizzata dal punto di vista dei costi (cio gli acquisti necessari alla produzione), oppure dal punto di vista delle vendite (cio le vendite che i settori produttivi effettuano a altri soggetti). Si noti che non tutto ci che prodotto riesce ad essere venduto, la domanda dei beni pu essere superiore o inferiore allofferta, per la Contabilit Nazionale prevede una serie di conti che hanno la caratteristica di quadrare, cio di prevedere per definizione luguaglianza dai due lati del conto. In particolare le imprese possono attingere alle scorte se lofferta inferiore alla domanda, oppure depositare in magazzino se lofferta superiore alla domanda. Le variazioni dellammontare delle merci in magazzino prendono il nome di variazione delle scorte e si indicano con S, chiaramente questo avr segno negativo in caso di diminuzione delle scorte (cio domanda superiore allofferta) e un segno positivo in caso di aumento delle scorte (cio offerta superiore alla domanda). Cos baster includere la variazione delle scorte nel conto domanda/offerta per vedere che i due lati del conto sono sempre uguali per definizione. Per convenzione la variazione delle scorte considerata un elemento della domanda (per cos dire il magazzino si comporta come un soggetto che domanda beni alla produzione, ma pu anche esprimere una domanda negativa cio unofferta). Si deve distinguere tra flussi e stock. Un flusso un ammontare ch scorre durante lanno e alla fine dellanno scomparso. Uno stock invece misurabile solo in riferimento ad un istante (per es. alla mezzanotte del 31/12 viene misurata la consistenza dello stock e confrontata con quella dellanno precedente). Per capirsi: lacqua ch esce dal rubinetto un flusso, il livello della vasca uno stock. Cos la variazione di uno stock tra linizio e la fine di un periodo trae origine da un flusso avvenuto in quel periodo.

Nello schema della contabilit intersettoriale si considerano tutte le imprese raggruppate in 3 grandi settori: Agricoltura (A), Industria (I) e Servizi (S). Nello schema i termini X (maiuscolo) che sono alla fine di ogni riga o colonna rappresentano il valore della produzione totale dei diversi settori e dellintera economia. La produzione pu essere valutata a prezzi di mercato (cio i prezzi che le imprese effettivamente incassano dagli acquirenti); oppure ai prezzi base (cio al netto delle imposte come lIVA). Da ora in poi useremo i prezzi di mercato. Ogni colonna dello schema sono i costi sostenuti dal settore: ci sono i costi intermedi, indicati con x (minuscolo), cio i costi per acquistare da altri settori produttivi i beni e i servizi utilizzati per produrre i propri prodotti; poi ci sono i costi dovuti al pagamento di redditi alle persone fisiche o giuridiche che partecipano alla produzione, la somma di questi redditi chiamata Valore Aggiunto (indicato con VA), che infatti la differenza tra il valore della produzione e il totale dei costi intermedi (cio una sorta di aggiunta di valore ai beni e servizi intermedi per ottenere il valore della produzione). Si noti che i costi intermedi includono solo i flussi (cio relativi allanno) e non i beni durevoli o stock (cio linvestimento). Nello schema, essendo solo tre i settori produttivi, ogni settore acquista solo tre tipi di beni o servizi intermedi. Per esempio lagricoltura acquista xAA, xIA, xSA, cio acquista da se stessa, dallindustria e dai servizi, dunque il primo suffisso il settore fornitore, mentre il secondo il settore acquirente. Lungo ogni colonna sulla quarta riga (Totale) c il totale dei costi intermedi di ogni settore: per esempio il simbolo x=>A indica che lagricoltura il settore acquirente, cio il settore che sostiene tutti quei costi intermedi. La somma dei costi intermedi pi il valore aggiunto costituisce per definizione il valore della produzione X. Per esempio per lagricoltura vale xAA + xIA + xSA + VAA = x=>A + VAA = XA. Cosa analoga vale per gli altri settori. Ogni riga dello schema si riferisce invece alle vendite effettuate da un settore. Innanzitutto ogni settore vende beni o servizi intermedi agli altri settori produttivi delleconomia, affinch questi effettuino le proprie produzioni. Per esempio lagricoltura vende ai settori produttivi, inclusa se stessa, le tre somme x AA, xAI, xAS e il totale delle vendite dellagricoltura a scopo intermedio indicato con il simbolo XA=>. Ma oltre a ci lagricoltura vende anche ad altri utilizzatori, cio agli utilizzatori finali, contrapposti a quelli intermedi. Cio i beni e i servizi finali sono quelli disponibili dopo aver dedotto luso di beni e servizi intermedi necessari alla produzione stessa. Nello schema (essendo uneconomia chiusa) gli utilizzi finali sono solo i Consumi Finali (CF), gli Investimenti Fissi (IF) e la variazione delle scorte (S). Ecco allora che si capisce che gli investimenti che durano pi di un periodo vengono catalogati tra gli acquisti finali (e non tra gli intermedi). Infatti questo tipo di beni non serve, se non in piccola parte, per la produzione corrente dei settori; serve invece per provvedere ai bisogni produttivi futuri dei settori. Si osservi che lungo la medesima riga si trovano beni o servizi omogenei: ad esempio sulla prima riga sono registrate le vendite di beni agricoli. Il fatto che ci sia zero nella posizione degli investimenti della prima riga implica che nessuno acquista beni agricoli per farne dellinvestimento; infatti i beni utilizzati come beni durevoli sono tipicamente beni industriali. Invece l dove i beni sono acquistati a scopo di investimento (ad es. IFI) non si dice chi effettui tali acquisti: potrebbe essere unimpresa industriale, unimpresa di servizi, lo stato o anche una famiglia. Si noti che lunica forma di investimento che la Contabilit attribuisce alle famiglie lacquisto di unabitazione nuova, in quanto il passaggio di propriet da una famiglia ad unaltra di unabitazione gi esistenze non costituisce investimento per linsieme delle famiglie. Infine chiaro che i servizi per la loro natura immateriale non possono essere accumulati, quindi non possono essere acquistati a scopo di investimento o di variazione delle scorte: cos si spiega perch tali valori sono pari a zero sulla riga dei servizi. Ci dobbiamo ora occupare delluguaglianza contabile tra domanda e offerta dei prodotti. Lofferta misurata dal valore della produzione X di quel settore, mentre i diversi tipi di domanda sono catalogati sulla corrispondente riga. Si consideri per esempio la seconda riga, quella riferita ai beni industriali, per avere equilibrio economico deve risultare soddisfatta luguaglianza: (xIA + xII + xIA) + CFI + IFI + SI = XI. Questa identit ci dice che il valore della produzione pari al totale delle vendite, cio della domanda inclusiva della variazione delle scorte. Analogo discorso vale per gli altri settori produttivi.

Il Valore Aggiunto ai prezzi di mercato di ogni settore si compone in gran parte dei redditi distribuiti alle persone fisiche o giuridiche che partecipano alla produzione. Il primo tipo di redditi sono Redditi da lavoro dipendente, il secondo il Risultato lordo di gestione. Si dovr poi tenere conto anche delle Imposte indirette versate dalle imprese. I redditi da lavoro dipendente costituiscono le spese che le imprese effettuano per il fatto di avere lavoratori dipendenti (sono anche detti costi del lavoro). Essi possono essere scomposti in due parti: 1. Le Retribuzioni lorde del lavoro dipendente (lorde perch al lordo dellimposizione diretta: imposte sui redditi dei dipendenti e parte dei contributi sociali a carico dei lavoratori) 2. I Contributi sociali a carico delle imprese (contributi sociali a carico delle imprese dovuti per il fatto di impiegare del lavoro dipendente). I contributi sociali complessivi servono principalmente a garantire ai dipendenti le assicurazioni contro infortuni, malattie ecc. e le pensioni. In Italia, ad esempio, la paga netta percepita da un lavoratore circa il 50% di quanto il lavoratore costa allimpresa (cio la paga lorda). La seconda grande voce del Valore Aggiunto il Risultato lordo di gestione: si tratta di tutti i redditi diversi da quelli da lavoro dipendente (redditi da lavoro autonomo, i dividendi distribuiti alla propriet, gli interessi pagati ai finanziatori ecc.). Tutti questi redditi vanno considerati inclusivi delle imposte dirette e dei contributi a loro carico. Laggettivo lordo dovuto al fatto che le imprese utilizzano beni capitali fissi che nel tempo si usurano e perdono valore; per questa ragione, al fine di mantenere invariata la capacit produttiva dei produttori, occorrerebbe ogni anno destinare una quota del risultato di gestione per rimpiazzare la parte dei capitali che si logorata: questa quota si chiama ammortamento. Allora si parla di risultato lordo di gestione in quanto si incorporano anche gli ammortamenti (invece se possibile lo scorporo si parla di risultato netto di gestione). Quindi in Contabilit nazionale laggettivo lordo usato in due sensi diversi a seconda che si riferisca alle retribuzioni del lavoro dipendente oppure al risultato di gestione. Infine si deve ricordare che a carico delle imprese rimangono anche le Imposte indirette sui loro prodotti, che devono essere comunque pagate traendo le risorse dal valore aggiunto. Le imposte indirette, al contrario di quelle dirette, non sono caricate su qualche persona ben individuata, bens su unattivit economica (per es. produzione o vendita). Un esempio di imposta indiretta lIVA (Imposta sul Valore Aggiunto) che si chiama cos appunto perch calcolata come percentuale del valore aggiunto delle imprese. Si osservi che dal punto di vista dellesborso di risorse proprie, lIVA non costituisce un aggravio netto per le casse delle imprese (infatti le imprese versano allerario in caso di debiti verso questo, ma lo fanno proprio in quanto lhanno incassata dai loro clienti in misura maggiore di quanto ne hanno pagata ai fornitori). Quindi il vero pagatore dellIva sono quei soggetti che non hanno diritto di detrarla, cio lo Stato e le famiglie. Per lo Stato si tratta per semplicemente di una partita di giro: le amministrazioni pubbliche pagano IVA sui loro acquisti, IVA che poi rientra per altre vie nelle casse dello stato. Quindi i veri pagatori finali dellIVA sono le famiglie. Quindi in Italia lIVA risulta come una imposta sul consumo. La somma dei Redditi da lavoro dipendente e del Risultato lordo di gestione costituisce il Valore aggiunto ai prezzi base; laggiunta delle Imposte indirette d infine luogo al Valore aggiunto ai prezzi di mercato.

La voce CF (consumi finali) comprende due categorie: i consumi delle famiglie (o spesa delle famiglie) che sono le vere e proprie decisioni di consumo da parte delle persone fisiche private; le spese delle amministrazioni pubbliche che includono solo le spese connesse con la produzione dei servizi generali prodotti dalle amministrazioni pubbliche (difesa, giustizia, sanit, istruzione), infatti questa voce esclude gli investimenti pubblici. Cos per convenzione il valore dei servizi generali delle pubbliche amministrazioni misurato in Contabilit nazionale proprio come somma dei costi intermedi e del pagamento del personale delle amministrazioni pubbliche. Inoltre poich questi esborsi vanno a vantaggio soprattutto delle persone fisiche, sono inclusi tra i consumi finali. La voce Investimenti Fissi (IF) sono gli Investimenti Fissi Lordi in quanto includono anche il fenomeno degli ammortamenti. Se possibile calcolare separatamente tali ammortamenti si parler di Investimenti Fissi Netti. chiaro che solo la parte netta degli Investimenti Fissi contribuisce allallargamento dello stock di capitale degli operatori nazionali. La somma degli Investimenti Fissi Lordi e della Variazione delle scorte chiamata Investimenti Lordi (si noti che scompare laggettivo fissi). DALLA CONTABILITA INTERSETTORIALE ALLA CONTABILITA DEL REDDITO Si aggregano tutti i settori produttivi in un unico settore delleconomia nazionale, cio si considera leconomia nazionale come un singolo settore che produce un singolo prodotto. Accade cos che le tre righe dello schema precedente diventano ununica riga: si hanno cos singole voci aggregate di vendite intermedie, di consumi finali, di investimenti fissi, di variazione delle scorte e di produzione. Le tre colonne diventano ununica colonna: si hanno singole voci aggregate di costi intermedi, di valore aggiunto e di produzione.

Avendo aggregato tra loro tutti i settori scompaiono ovviamente i suffissi. Cos avremo dunque le seguenti identit valide per tutto il sistema economico: x + CF + IF + S = X x + VA = X La prima uguaglianza afferma che la somma delle domande a scopo intermedio e di quelle finali, inclusa la variazione delle scorte, uguale al valore complessivo della produzione X. La seconda dice che la somma dei costi intermedi pi il valore aggiunto uguale anchessa al valore della produzione delleconomia X. Allora si potr scrivere: x + CF + IF + S = x + VA, semplificando: VA = CF + IF + S cio il valore aggiunto aggregato (ai prezzi di mercato) uguale al valore aggregato delle vendite di beni e servizi finali. Questa lidentit fondamentale. La somma delle vendite finali CF + IF + S costituisce la parte delloutput delleconomia che disponibile per gli usi diversi da quelli intermedi: questi ultimi sono quelli strettamente necessari per sostenere la produzione corrente. Poich il termine produzione gi stato utilizzato per indicare la produzione totale (inclusiva della parte venduta a scopi intermedi), per evitare confusioni il termine usato per questa nuova nozione di output sar Prodotto. Quindi il prodotto di uneconomia chiusa pari alla somma CF + IF + S. Anche il prodotto ha la caratteristica di includere i beni venduti a scopo di ammortamento: si chiamer dunque Prodotto Lordo (PL). Dunque la precedente identit fondamentale diventa VA = PL. Poich VA linsieme dei redditi lordi pagati dalle imprese per il compenso delle persone fisiche e giuridiche che hanno partecipato alla produzione (pi le imposte indirette) allora ragionevole chiamarlo Reddito (Y). Sar un Reddito lordo poich il risultato di gestione, che una sua componente, anchesso al lordo degli ammortamenti. Quindi lidentit fondamentale della Contabilit nazionale diventa Y = PL, cio il reddito lordo contabilmente identico al prodotto lordo. 5

Si noti che: Lidentit contabile fondamentale vale solo per il sistema economico aggregato, non vale per ogni settore separatamente. Infatti vi sono settori ad alto valore aggiunto ma che rendono poco agli usi finali (es. lagricoltura) e viceversa (es. il settore energetico) Il prodotto lordo PL il valore della produzione finale delleconomia, cio lofferta di beni e servizi finali. Dallaltra parte le voci CF + IF + S rappresentano la domanda dei beni e servizi finali. Ma nella Contabilit nazionale lofferta uguale alla domanda. Quindi lidentit tra reddito e prodotto pu essere riscritta come identit tra reddito, che misura lofferta, e domanda finale, cio Y = CF + IF + S. Tale identit tra offerta e domanda vale solo nella Contabilit nazionale, cio vera solo se la domanda finale include la variazione delle scorte. Sommando IF e S si ottiene gli Investimenti Lordi (IL). Quindi lidentit fondamentale diventa: Y = CF + IL cio il reddito uguale ai consumi finali pi gli investimenti lordi. Questa identit anche chiamata Conto di equilibrio delle risorse e degli impieghi di uneconomia chiusa: Y sono le risorse, cio lofferta; CF + IL sono gli impieghi, cio la domanda. ENTRATE E USCITE PUBBLICHE Si ricordi che la domanda finale include, sia nei consumi sia negli investimenti, domanda di beni e servizi da parte dello Stato, cio la spesa corrente delle amministrazioni pubbliche e gli investimenti pubblici. Inoltre nel valore aggiunto appaiono prelievi che lo stato effettua a carico dei privati. Per quanto riguarda le entrate pubbliche esse comprendono imposte dirette, imposte indirette e contributi sociali (e altre voci minori che ora non consideriamo). Le imposte dirette sono quelle che gravano su persone fisiche o giuridiche per il fatto che esse hanno patrimoni o redditi. Le pi note imposte sui redditi sono IRPEF, IRES, IRAP. Le principali imposte di tipo patrimoniale (definite non sulla base di un reddito, che un flusso, ma sulla base di un patrimonio o ricchezza, che sono stock) sono ICI, Imposta sulle successioni e sulle donazioni. Le imposte indirette sono quelle che gravano su atti economici come la produzione e il consumo: ad esempio IVA o lImposta di registro. Dei contributi sociali si gi parlato. Quindi le entrate tributarie sono la somma delle imposte dirette e indirette, senza includere i contribuiti sociali. Quindi la pressione tributaria sar il rapporto tra le entrate tributarie e il reddito lordo; invece per pressione fiscale si intende il rapporto tra tutte le entrate pubbliche e il reddito lordo. Per quanto riguarda le uscite pubbliche si tratta di spese delle amministrazioni pubbliche (costi intermedi e personale per la produzione di servizi generali) e degli investimenti pubblici (detti anche spese in conto capitale). Inoltre tra le uscite pubbliche si devono anche considerare quelle previdenziali e assistenziali. Infine tra le uscite pubbliche sono calcolati anche gli interessi, che vengono pagati ai detentori dei titoli di debito pubblico. La differenza tra tutte le entrate pubbliche e tutte le uscite pubbliche prende il nome di saldo del bilancio pubblico. Quando i saldi del bilancio pubblico presentano segno negativo, cio quando le uscite superano le entrate, si parla di disavanzo o deficit pubblico. Il deficit di per s nominato senza il suo segno (ovvero implicitamente negativo), quindi si ha deficit = -saldo di bilancio. CASO GENERALE: UNECONOMIA APERTA Se si considerano anche scambi con lestero si parla di economia aperta. Gli scambi con lestero possono riguardare anche stock (ad esempio immobili o titoli finanziari), ma per il momento si considerano solo scambi di beni e servizi (cio flussi). Gli scambi con lestero sono transizioni tra residenti e non residenti. La residenza si basa sulla permanenza sul territorio di uneconomia nazionale. Quando le registrazioni sono su base interna, cio considerando tutte le attivit produttive e tutte le forme di domanda che avvengono in una nazione, le corrispondenti grandezze si chiamano appunto interne (includono, ad esempio, quindi, anche le operazioni dovute a turisti stranieri sul territorio nazionale). Quando si vuole invece passare a 6

valutare le stesse grandezze con riferimento ai residenti, o come si dice su base nazionale, esse si chiamano nazionali. Lo scopo del primo tipo di valutazione di misurare lattivit economica che si verifica sul territorio geografico; lo scopo del secondo tipo valutare i redditi e la capacit di spesa dei soggetti economici che sono residenti. Si considerino ad esempio i consumi finali: se essi rilevano anche i consumi verificatisi sul territorio, anche da parte dei turisti stranieri, si chiameranno consumi finali interni; se invece considerano solo i consumi dei residenti, escludendo quelli dei turisti stranieri ma includendo quelli dei residenti quando si trovano allestero, parleremo di consumi finali nazionali. La stessa cosa vale per il reddito o il prodotto: cos avremo il reddito interno lordo o il prodotto interno lordo (PIL). Invece a livello di residenti avremo il prodotto nazionale lordo o il reddito nazionale lordo. Le vendite di beni e servizi verso lestero sono le esportazioni e si indicano con X. Gli acquisti di beni e servizi dallestero sono invece le importazioni e si indicano con Z. Le esportazioni sono una domanda di beni finali prodotti dalle imprese che operano allinterno delleconomia: quella domanda espressa da operatori non residenti, che si aggiunge a quella degli operatori interni (consumi finali e investimenti lordi). Invece le importazioni costituiscono risorse prodotte allestero e rese disponibili per gli usi allinterno della nostra economia: esse si aggiungono allora sul lato dellofferta al reddito prodotto internamente dalle imprese, per formare il totale delle risorse disponibili per gli usi finali. Allora il conto di equilibrio delle risorse e degli impieghi di uneconomia aperta agli scambi internazionali sar: Y + Z = CF + IL + X in cui a sinistra abbiamo lofferta di beni e servizi e a destra la domanda degli stessi. Considerando questa identit su base interna si ha che gli acquisti effettuati da nostri residenti mentre sono allestero sono da considerarsi come importazioni: infatti sono acquisti esteri da parte di nostri residenti. Da unottica invece su base nazionale gli acquisti allestero dei nostri connazionali devono essere considerati consumi, per occorre eliminare i consumi dei turisti stranieri che sono come esportazioni. Allora pensando alle importazioni come a una sorta di domanda negativa si avr: Y = CF + IL + X Z. GRANDEZZE NOMINALI, INFLAZIONI E GRANDEZZE REALI Come gi detto tutte le grandezze sono espresse in valore e non in quantit. Quindi si dovr avere un comune metro di misura, che quello monetario. Cio gli statistici nazionali devono valutare il valore in euro di ogni singola merce prodotta e domandata: questo valore sar il prodotto tra la quantit e il prezzo unitario. Sommando tutti questi valori si ottiene il PIL aggregato. Accade per, poich le grandezze della contabilit sono espresse in valore, che un loro incremento da un anno a un altro, non sia necessariamente sintomo di un aumento dei livelli di attivit. Infatti potrebbe essere che sia solo aumentato il prezzo oppure solo la quantit. Il fenomeno per cui i prezzi aumentano nel tempo si chiama inflazione, che viene misurata tramite il tasso di inflazione, cio la percentuale di aumento dei prezzi da un anno ad un altro. Ogni singola merce subisce un suo tasso di inflazione, quindi per mettere in relazione tutti i tassi di inflazione si usa un tasso di inflazione medio. Quando una grandezza misurata come prodotto tra la sua quantit e il suo prezzo dellanno in corso, si dice che quella grandezza espressa a prezzi correnti, oppure in termini nominali. Prendiamo ad esempio la benzina. Sia Q0 la quantit di benzina consumata nellanno zero, sia Q1 la quantit consumata nellanno uno, sia P0 il prezzo vigente nellanno zero e P1 il prezzo dellanno uno. Chiamato il tasso di inflazione della benzina (cio laumento percentuale del suo prezzo) si avr per definizione: P1 = P0 (1 + ) e cio P0 = P1 /(1+). Il termine (1+) viene chiamato indice del prezzo della benzina, o anche deflattore, nel senso che dividendo il prezzo P1 per il deflattore si ottiene il prezzo P0 dellanno precedente. In un certo senso si eliminata linflazione in quanto si riportato il prezzo dellanno 1 al prezzo dellanno 0. Analogamente se chiamiamo g il tasso di crescita della quantit consumata di benzina, avremo: Q1 = Q0(1+g). Dalle espressioni precedenti segue che la relazione tra i valori nominali del consumo di benzina dei due anni pu essere espressa come Q1P1 = Q0(1+g)P0(1+). Se allora conosciamo i valori nominali del consumo di benzina nei due anni e conosciamo il tasso di inflazione della benzina, possiamo calcolare il tasso di crescita della quantit consumata. 7

Infatti dividendo lespressione Q1P1 = Q0(1+g)P0(1+) per Q0P0 otteniamo (Q1P1)/(Q0P0) = (1+g)(1+), allora (1+g) = [(Q1P1)/(Q0P0)+/(1+) da cui otteniamo g = *(Q1P1)/(Q0P0)+/(1+) 1 Il termine [(Q1P1)/(Q0P0)+ lindice di incremento nominale del consumo di benzina. Deflazionando (cio dividendo) tale incremento nominale per il deflattore di benzina (1+) otteniamo il termine (1+g) che invece chiamato indice di quantit. Alla fine abbiamo ottenuto il tasso di crescita g della quantit consumata di benzina. Il altri termini conoscendo la crescita del consumo di benzina in termini nominali e il suo tasso di inflazione possiamo calcolare la crescita del consumo di benzina in termini cosiddetti reali, cio in termini di quantit: quindi si deflazionato la crescita del consumo di benzina. Se ad esempio i valori a prezzi correnti nei due anni del consumo di benzina sono rispettivamente 200 e 210. Allora lindice di incremento nominale dato da 210/200 = 1,05. Quindi il tasso di incremento nominale stato 1,05 1 = 0,5, ovvero il 5%. Se inoltre sappiamo che il tasso di inflazione della benzina stato il 2,5%, cio il deflattore 1,025, si pu ottenere il tasso di crescita della quantit consumata: [210/200]/(1,025) 1 = 1.05/1,025 1 = 1,0244 1 = 0,0244 = 2,44%. In realt se i tassi di incremento nominale e di inflazione non sono molto elevati pi semplice calcolare il tasso di crescita della quantit come semplice differenza tra il tasso di incremento nominale e il tasso di inflazione, bench sia solo unapprossimazione. Nellesercizio precedente avremmo ottenuto 5% - 2,5% = 2,5% che infatti vicino a 2,44%. Inoltre conoscendo il valore nominale della grandezza nel secondo anno e dividendolo per il deflattore, ovvero (Q1P1)/(1+) = Q1[P1/(1+)+ = Q1P0 si ha la quantit dellanno uno moltiplicata per il prezzo dellanno zero. In questo caso si dice che la grandezza valutata ai prezzi dellanno zero. Se tutta una serie di dati annuali di una certa grandezza valutata ai prezzi di un medesimo anno, per esempio quello iniziale, si dice che quella serie valutata a prezzi costanti dellanno iniziale (contrapposto a prezzi correnti), o anche valutata in termini reali (anzich nominali). questa la valutazione che indica le variazioni nel tempo di una grandezza depurandole dalle variazioni dei prezzi e considerando, dunque, le sole variazioni di quantit. Questi calcoli possono essere applicati a tutte le grandezze macroeconomiche, come il PIL: basta dividere il valore nominale di un qualsiasi anno per il deflattore medio del PIL (1 + tasso di inflazione medio) di quellanno, ottenendo cos il PIL di tale anno valutato ai prezzi del primo. Ad esempio il PIL italiano nel 2006 stato 1480 miliardi di euro, mentre nel 2007 stato 1536 miliardi di euro. Quindi lincremento nominale tra i due anni stato 1536/1470 = 1,037, cio il tasso di crescita nominale stato il 3,7%. Sappiamo inoltre che il tasso ufficiale di inflazione medio tra 2006 e 2007 stato il 2,3%, cio il deflattore stato 1,023. Quindi per calcolare il tasso di crescita reale del PIL si deve calcolare: [1,037/1,023] 1 = 1.014 = 1,4%. Si ricordi che lo stesso risultato si poteva allincirca ottenere semplicemente facendo 3,7% - 2.3% = 1,4%. Quindi il tasso di crescita reale del PIL italiano tra 2006 e 2007 stato circa 1,4%. Inoltre possiamo calcolare il PIL italiano del 2007 ai prezzi del 2006, cio a prezzi costanti dividendo il valore nominale per il deflattore: 1536/1,023 = 1501 miliardi di euro circa. Il tasso di crescita reale, cio a prezzi costanti tra 2006 e 2007 si pu anche calcolare a partire dal rapporto tra 1501 (PIL 2007 ai prezzi del 2006) e 1480 (PIL 2006 ai prezzi del 2007), ovvero 1501/1480 1= 0,014 = 1,4% (cio lo stesso risultato di prima ma ottenuto con un altro metodo).

2) DOMANDA E REDDITO DI EQUILIBRIO IN UNECONOMIA SEMPLICE


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IL PRINCIPIO DELLA DOMANDA EFFETTIVA Si passa ora alla teoria macroeconomica. La variazione delle scorte (che nella contabilit nazionale aveva aiutato a far s che la domanda fosse uguale allofferta) un segnale che qualcosa non va. Limpresa ha prodotto troppo o troppo poco rispetto alla domanda intenzionale, cio quella effettivamente espressa dagli utilizzatori: non c equilibrio tra offerta e domanda intenzionale di beni e servizi. Chiamiamo domanda aggregata (DA) il totale della domanda intenzionale (cio al netto della variazione delle scorte) che le imprese devono soddisfare. Ricordando che il reddito Y rappresenta il valore dellofferta, cio beni finali prodotti, la condizione di equilibrio tra offerta e domanda sar: Y = DA. Se questa uguaglianza soddisfatta allora la variazione delle scorte sar pari a zero. Ma se tale identit non soddisfatta si pu avere eccesso di domanda se Y < DA, oppure eccesso di offerta se Y > DA. Chiamiamo mercato dei beni il luogo dove si confronta la domanda aggregata e lofferta aggregata di beni.

Se vogliamo rappresentare questa situazione utilizzando un grafico che riporti sugli assi il reddito e la domanda aggregata, le possibili posizioni di equilibrio Y = DA saranno tutti i punti sulla bisettrice. Il punto A infatti un punto di equilibrio. Invece il punto B essendo sopra la bisettrice avr DA > Y quindi rappresenta un eccesso di domanda. Viceversa un punto come C, che sotto la bisettrice, avr DA < Y, quindi rappresenta un eccesso di offerta. Per studiare come il sistema reagisca agli squilibri ci riferiremo alla teoria macroeconomica di Keynes (anni 30 del 900). La teoria precedente, quella che Keynes definiva classica, riteneva che il sistema avesse una sola posizione di equilibrio, ovvero quella che corrispondeva alla piena occupazione, cio il caso in cui tutte le imprese assumono tutti i lavoratori disposti a lavorare. Il livello di occupazione si determina considerando i fenomeni della produzione e delluso del lavoro da parte delle imprese. Per questa ragione la teoria classica anche chiamata offertista, nel senso che si accontenta di studiare il lato dellofferta dei beni. Infatti di fronte ad aumenti o diminuzioni della domanda dei beni, le imprese vorrebbero modificare luso di lavoro, ma non possono perch il sistema sta gi operando in piena occupazione. Allora gli effetti temporanei delle variazioni esogene di domanda si scaricheranno su variazioni dei prezzi dei beni e/o di salario. Per tra gli anni 20 e gli anni 30 si verificarono elevati livelli di disoccupazione e la teoria classica non sapeva spiegarsi questo fenomeno. Infatti la teoria classica riteneva correttamente che le imprese nel produrre distribuiscano redditi pari al valore dei beni finali prodotti, e credeva anche (scorrettamente) che il reddito distribuito si traducesse sempre interamente in domanda. Una parte del reddito distribuito finisce 9

in consumo delle famiglie, una parte per rimane non spesa (risparmio) e secondo i classici si dovrebbe tradurre interamente in investimento da parte delle imprese. Keynes aveva lopinione che in realt non fosse vero che i risparmi si traducessero automaticamente in investimenti, perch queste due grandezze derivano da comportamenti indipendenti di imprenditori separati (le famiglie le imprese). Se il reddito (cio lofferta) aumenta, il consumo e il risparmio delle famiglie aumentano. Ma non detto che gli investimenti delle imprese aumentino a sufficienza per compensare laumento del risparmio delle famiglie: la domanda potrebbe essere inferiore allofferta. Se invece accadesse che aumenti la domanda senza un preventivo aumento di reddito avremmo un eccesso di domanda. Allora pu accadere che le imprese producano di pi o di meno rispetto al livello della domanda aggregata di beni. Cos le imprese avranno variazioni indesiderate di scorte e reagiranno aumentando la produzione in caso di eccesso di domanda e diminuendola in caso di eccesso di offerta. Allora poich loccupazione tendenzialmente oscilla assieme alla produzione, pu essere a livelli inferiori rispetto alla piena occupazione. Secondo Keynes non vero che la domanda dipenda meccanicamente dallofferta, n che questultima sia fissata dalle imprese al livello di piena occupazione. Semmai vero il contrario: le imprese per decidere quanto produrre, guardano a quale il livello di domanda, e il livello di occupazione dipende poi da quanto le imprese hanno deciso di produrre. Lidea che le imprese adeguino lofferta alla domanda aggregata chiamata da Keynes principio della domanda effettiva. La nozione domanda effettiva equivalente a domanda aggregata: la domanda espressa intenzionalmente dagli operatori delleconomia, al netto cio della variazione delle scorte, che costituisce domanda solo per la contabilit nazionale e non per la macroeconomia. Dalla pozione di squilibrio le imprese adottano politiche di produzione che riportano allequilibrio: 1. Se c eccesso di domanda: Y < DA => Y aumenta => Y = DA 2. Se c eccesso di offerta: Y > DA => Y diminuisce => Y = DA

Stando cos le cose non detto che le imprese producano sempre al livello di piena occupazione, come pretendevano i classici. Perch ci accada occorre che il sistema economico esprima un livello di domanda effettiva (intenzionale) pari al reddito di piena occupazione. In assenza di ci non c alcun processo spontaneo che spinga il reddito di equilibrio verso la posizione di piena occupazione. LA CONDIZONE DI EQUILIBRIO IN DIVERSI TIPI DI ECONOMIA Abbiamo finora considerato la domanda come una voce singola (aggregata appunto), ma sappiamo che la domanda di beni e servizi finali si compone di diverse voci. Si ricordi che la macroeconomia vuole spiegare cosa accade in seguito alle scelte dei grandi operatori (famiglie, imprese, stato, resto del mondo). 10

Definizione delle grandezze rilevanti per il sistema economico: Y C Reddito Consumo (delle famiglie) Investimento (privato) Spesa pubblica Tassazione Misura lofferta di beni e servizi finali prodotti dalle imprese interne: ovvero quello che in contabilit nazionale chiamato PIL La spesa delle famiglie residenti per lacquisto di beni di consumo; include gli eventuali consumi effettuati allestero dai residenti, esclude gli eventuali consumi effettuati dai non residenti sul territorio nazionale Lacquisto di beni durevoli per la produzione da parte di imprese private; include, anche se si tratta di livelli modesti, lacquisto di abitazioni nuove da parte delle famiglie; esclude gli investimenti pubblici (strade, scuole ecc) Le spese correnti dello stato per la fornitura di servizi, pi gli investimenti pubblici; esclude la spesa per trasferimenti (previdenza, assistenza ecc.) Tutte le somme che lo stato preleva, a titoli di imposta o contributo, dai redditi dei privati; include il totale dei trasferimenti dallo stato ai privati (con segno negativo) Il reddito al netto della tassazione: YD = Y T; si noti che include i trasferimenti da stato a privati (come detto nella riga sopra) L a parte del reddito disponibile non spesa per consumi: S = YD C Lacquisto, da parte di non residenti, di beni e servizi prodotti allinterno; include i consumi dei turisti stranieri sul territorio nazionale Lacquisto, da parte di residenti, di beni e servizi prodotti allestero, esclude i consumi allestero dei residenti

G T

YD S X Z

Reddito disponibile (delle famiglie) Risparmio Esportazioni Importazioni

Abbiamo detto che lequilibrio del mercato dei beni richiede che la domanda effettiva sia pari allofferta, cio al reddito prodotto. Alcune delle voci della tabella non costituiscono domanda rivolta alle imprese, ma costituiscono, per cos dire, unassenza di domanda. Queste sono: il Risparmio, cio la parte del reddito disponibile non spesa in consumi; la Tassazione, che va a diminuire il reddito disponibile per i privati e quindi la loro capacit di spesa; le Importazioni, che sono domanda di beni prodotti allestero. Si possono avere tre tipi principali di economia: 1. Economia chiusa senza intervento pubblico Y=C+I 2. Economia chiusa con intervento pubblico Y=C+I+G 3. Economia aperta con intervento pubblico Y=C+I+G+XZ LA FUNZIONE DI CONSUMO Se la domanda aggregata (DA) data, fissato un qualsiasi livello di questa, il reddito vi si deve adeguare per realizzare lequilibrio sul mercato dei beni. Per non tutta la domanda aggregata pu essere considerata data al variare del reddito: una quota importante della domanda aggregata, il consumo, dipende a sua volta dal reddito. Se il reddito aggregato delle famiglie aumenta, allora anche il consumo aggregato aumenta. Si noti che un aumento del reddito aggregato include anche il caso di persone che prima non ricevevano reddito e ora lo ricevono (per il fatto di aver trovato unoccupazione). Per il momento invece consideriamo dato linvestimento. La relazione tra reddito e consumo dunque crescente, si chiama funzione del consumo ed del tipo C = C0 + bY

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Come si vede la funzione del consumo possiede un intercetta C0, la cui interpretazione che quando il reddito pari a zero, esiste comunque un livello minimo ed essenziale di consumo, pari appunto a C0. Ma lintercetta della funzione pu essere anche interpretata in un altro modo: il consumo aggregato pu anche dipendere da variabili diverse dal reddito (ad es. ricchezza, risparmi passati, tasso di interesse ecc.), ma ora analizzeremo solo gli effetti del reddito sul consumo, prendendo come dati i movimenti di ricchezza (che uno stock, mentre il reddito un flusso) e il tasso di interesse. Importante anche il coefficiente angolare b, che misura la variazione del consumo in seguito ad un aumento unitario del reddito. b sempre inferiore a 1 perch se, ad esempio, il reddito di una famiglia aumenta di cento euro, molto probabile che il suo consumo aumenti di meno di cento: la parte residua viene risparmiata. b viene chiamata propensione marginale al consumo. Lintercetta C0 invece detta consumo autonomo, in quanto non dipende dal reddito. La parte di consumo che invece aumenta al crescere del reddito detta consumo indotto. Allora per analogia gli investimenti, che stiamo considerando come dati, sono investimenti autonomi. Pi in generale la funzione di consumo si divide quindi in una parte detta domanda autonoma, cio C0 + I; e in una parte indotta, la domanda indotta che bY. IL REDDITO DI EQUILIBRIO In una semplice economia chiusa senza intervento pubblico la condizione di equilibrio data da Y = C + I (dove gli investimenti sono quelli intenzionali). Per non detto che il mercato dei beni sia sempre in equilibrio, tuttavia accettando il principio della domanda effettiva, esiste sempre una tendenza verso lequilibrio, perch le imprese adattano prontamente lofferta, cio il reddito, alla domanda aggregata. Dunque la domanda di equilibrio sempre tendenzialmente rispettata. La condizione di equilibrio pu essere espressa come Y = C0 + bY + I, si noti che il termine Y, cio il reddito, deve essere lo stesso sia a sinistra che a destra della relazione. In altri termini stiamo cercando un valore del reddito che rappresenta lofferta tale per cui la domanda aggregata indotta da quel reddito, sia proprio uguale allofferta, cio al reddito. Tale valore del reddito si chiama reddito di equilibrio. Matematicamente il reddito di equilibrio dato da: 1. Y = C0 + bY + I in cui il reddito lo stesso sia nella Y a destra che nella Y a sinistra 2. Y bY = C0 + I 3. Y(1 b) = C0 + I 4. Y* = 0 + I] si aggiunto lasterisco per ricordare che si tratta del reddito di equilibrio. Graficamente il reddito di equilibrio dato da:

Partendo dalla condizione di equilibrio Y = C0 + I + bY sappiamo che il lato destro la domanda aggregata, quindi possiamo scrivere DA = C0 + I + bY. Allora nel grafico la retta DA la domanda aggregata che dipende dal reddito, via consumo indotto. una retta in cui la variabile dipendente DA, quella indipendente Y, lintercetta (C0 + I) e il coefficiente angolare dato dalla propensione marginale al consumo b. Nel punto 12

in cui le due rette si intersecano troveremo lunico valore di equilibrio del reddito. Infatti solo in corrispondenza di Y* la domanda pari allofferta. Si osservi che il livello di equilibrio della domanda aggregata DA = Y* in ordinata, pu essere scomposto nella somma di due parti, come evidenziato dalla figura: la prima parte la domanda autonoma (C0 + I) che non dipende dal reddito; la seconda parte la domanda (consumo) indotta dal reddito di equilibrio (bY*). IL MOLTIPLICATORE KEYNESIANO Il principio della domanda effettiva afferma che se leconomia fosse fuori dal suo equilibrio Y*, allora lofferta cambierebbe per adeguarsi alla domanda. Per ora sappiamo che la domanda a sua volta dipende dal reddito: quindi assisteremo ad un processo di inseguimento da parte del reddito nei confronti della domanda. Quando la domanda varia, il reddito vi si adegua, ma tale variazione del reddito provoca unulteriore variazione di domanda per consumi. Per dimostrare che si raggiunger comunque un equilibrio si prenda ad esempio il caso dellaumento di una domanda autonoma, ad esempio per aumento di investimenti.

Questo aumento fa spostare verso lalto lintercetta da AUT1 (AUT perch misura la domanda autonoma) a AUT2. Dunque la curva di domanda aggregata si sposta da DA1 a DA2. Linclinazione della DA non muta, perch supponiamo che la propensione marginale al consumo b, non sia variata. Per questo spostamento si ha prima un reddito di equilibrio Y*1 e poi un reddito di equilibrio Y*2. Dunque accade che laumento degli investimenti da prima provoca un disequilibrio, cio un eccesso di domanda, ma la reazione delle imprese, che aumentano la produzione (cio il reddito), ristabilisce lequilibrio. chiaro che siccome linclinazione della retta DA inferiore a 1, mentre quella della bisettrice pari a 1, esister sempre unintersezione tra i due, cio un equilibrio. Avremmo avuto lo stesso grafico se ad aumentare fosse stato il consumo autonomo anzich linvestimento. Si nota dal disegno che laumento del reddito maggiore allaumento della domanda autonoma (OA > OB). Ci vuol dire che in seguito ad un aumento della domanda autonoma, leconomia effettivamente raggiunge un nuovo livello di equilibrio, ma che il reddito di equilibrio aumenta pi di quanto la domanda autonoma stessa si aumentata. Questo perch se ad esempio gli investimenti aumentano di 100 allora le imprese producono 100 in pi per soddisfare la domanda aggiuntiva. Ma maggior produzione significa maggior reddito e quindi, a sua volta, aumenta anche il consumo indotto. Il consumo indotto per generatore di nuova domanda, per cui le imprese dovranno soddisfare anche questa, incrementando ulteriormente la produzione. Insomma ad ogni aumento di reddito consegue un nuovo aumento di domanda, che a sua volta stimola nuovo reddito. Questo processo si fermer: supponiamo che la propensione marginale sia pari a 0.5 (infatti deve essere inferiore a 1). Ricordando che la propensione marginale al consumo misura quanto aumenta il consumo ogni volta che il reddito aumenta di un euro, si ha che dopo il primo aumento del reddito di 100, i consumi aumenteranno di 50 (infatti 100x0,5 = 50). Questa nuova domanda fa aumentare la produzione e il reddito di altri 50, che a sua volta far crescere il consumo di 25 (infatti

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50x0.5 = 25). Il processo continuer e il consumo aumenter di 12,5, poi di 6,25 ecc. ma ogni passo la met del precedente. Sommando tutti i termini 100 + 50 + 25 + 12,5 + 6,25 + si ha 200 ( una serie geometrica). Quindi abbiamo detto che se la domanda autonoma aumenta di un certo ammontare, allora il reddito di equilibrio aumenta di pi di quellammontare. Il rapporto tra aumento del reddito di equilibrio e aumento della domanda autonoma detto moltiplicatore, pi precisamente moltiplicatore keynesiano del mercato dei beni, che sar sempre maggiore di 1. Da una parte c una forma di domanda che dipende dal reddito, il consumo indotto e dallaltra parte il reddito dipende dalla domanda per il principio della domanda effettiva: questi due meccanismi si alimentano a vicenda, facendo s che il moltiplicatore sia maggiore di uno. Nel nostro esempio il moltiplicatore vale 200/100 = 2. facile capire che il valore del moltiplicatore dipende dal valore della propensione marginale al consumo: infatti tutti i passi che dobbiamo sommare per ottenere lincremento complessivo del reddito dipende da b. Quanto pi grande la propensione marginale al consumo, tanto pi grande il moltiplicatore. Il moltiplicatore si calcola risolvendo . Riassumendo: quando la domanda autonoma varia anche il reddito di equilibrio varia, e il rapporto tra le due variazioni dato dal moltiplicatore keynesiano. Allora ogni volta che conosciamo il moltiplicatore e lammontare della variazione della domanda autonoma, possiamo calcolare di quanto varier il reddito di equilibrio moltiplicando quella variazione per il moltiplicatore, che a sua volta pu essere calcolato conoscendo la propensione marginale al consumo. Ad esempio se la propensione marginale al consumo vale 0,75 allora il moltiplicatore vale 4. Allora se la domanda autonoma varia i 100, possiamo calcolare il reddito di equilibrio: 4x100 = 400. IL RISPARMIO Il risparmio (S) per definizione la parte del reddito non spesa per consumi: S = Y C. Allora considerando il risparmio si ha Y = C + S. Sappiamo che la condizione di equilibrio Y = C + I. Allora possiamo eguagliare le due relazioni: C + S = C + I, da cui otteniamo che S = I. Questa uguaglianza un ulteriore modo per esprimere la condizione di equilibrio: in uneconomia chiusa senza intervento pubblico, lequilibrio sul mercato dei beni si ha solo se il risparmio uguale allinvestimento. Quanto appena affermato non implica che il risparmio determini linvestimento. Infatti solo una volta noto il reddito possiamo calcolare quanto vale il consumo e dunque anche il reddito per differenza: dunque il risparmio dipende dal reddito. Ma il reddito, a sua volta, dipende dalla domanda autonoma dal moltiplicatore. Quindi, nota la propensione marginale al consumo, e dunque il moltiplicatore, se conosciamo quanto vale la domanda autonoma (consumo autonomo pi investimenti) sappiamo calcolare il reddito di equilibrio; a partire da questultimo valore possiamo poi, attraverso la funzione del consumo, calcolare il consumo nella posizione di equilibrio, e infine, per differenza rispetto al reddito, anche il risparmio di equilibrio. Ecco che in base al principio della domanda effettiva, prima dobbiamo conoscere a quanto ammonta la domanda autonoma, in particolare linvestimento, e solo dopo possiamo calcolare il risparmio. Consideriamo dato il consumo autonomo: se a partire da un equilibrio linvestimento varia, allora varia anche il reddito di equilibrio, di conseguenza varia anche il risparmio, in misura sufficiente a rendere di nuovo vera la condizione S = I. Perveniamo dunque alla conclusione che sono gli investimenti che, quando crescono o diminuiscono, fanno crescere o diminuire il reddito e dunque il risparmio. Allora il nesso causale I => S. Il sistema economico in grado di generare in modo endogeno un livello del risparmio che pari agli investimenti. Ma il risparmio non svolge solo un ruolo passivo, anzi a sua volta influenza leconomia: se ad esempio le famiglie decidono di risparmiare di pi ( una decisione autonoma delle famiglie, non dovuta ad un precedente aumento di reddito) allora si avr una diminuzione del consumo, ma poich il consumo fa parte della domanda aggregata, una diminuzione della domanda aggregata provoca una diminuzione del reddito. Dunque se il risparmio autonomo aumenta, allora il reddito diminuisce. Questo perch il risparmio S = Y C, ma C = C0 + bY. Allora si pu scrivere S = Y C0 bY, cio S = -C0 + (1 b)Y. Come si vede il risparmio una funzione lineare del reddito, con unintercetta negativa che costituisce il risparmio autonomo ( negativo in quanto corrisponde al risparmio che si ha con un reddito pari a zero), ma in corrispondenza di un reddito 14

nullo abbiamo un consumo autonomo positivo; allora per definizione il corrispondente risparmio deve essere negativo (zero meno il consumo autonomo positivo). La funzione inoltre ha un coefficiente angolare dato da uno meno la propensione marginale al consumo (questo coefficiente angolare la propensione marginale al risparmio). Infine laddendo (1 b)Y il risparmio indotto. Un aumento del risparmio autonomo allora dato da un aumento del termine -C0, che equivale ad una diminuzione del termine C0 (in quanto ha un meno davanti), cio una diminuzione del consumo autonomo. Questo fenomeno talvolta conosciuto come il paradosso del risparmio o paradosso della parsimonia, in quanto nellaccezione popolare il risparmio unattivit virtuosa, invece fa diminuire, a parit di altre cose, il reddito. Questo perch il risparmio una non domanda: se aumenta il risparmio, allora il consumo diminuisce, facendo diminuire il reddito per il principio della domanda effettiva.

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3) IL BILANCIO DELLO STATO E LECONOMIA


ENTRATE, SPESE E BILANCIO PUBBLICO Lo stato ha entrate ed uscite e quindi un suo bilancio. Le uscite, cio le spese dello stato per beni e servizi sono la spesa pubblica. Le spese di tipo redistributivo, come il pagamento di pensioni e sussidi, non sono contabilizzate allinterno della spesa pubblica in quanto sono trasferimenti, cio sono pagamenti ma non risultano da una prestazione lavorativa o da cessioni di beni al settore pubblico. I trasferimenti sono considerati voci negative delle entrate pubbliche (T). Le entrate pubbliche si compongono di movimenti da privato a stato (mediante tassazione) e da stato a privati (mediante trasferimenti). Quindi le entrate pubbliche vanno interpretate come entrate pubbliche nette. Tra le uscite pubbliche (G) ci sono dunque solo le spese per lacquisto di beni e servizi (incluso il pagamento di redditi ai dipendenti dello stato e alle spese per investimenti pubblici). Le entrate pubbliche nette sono formate dalle voci positive delle imposte dirette e indirette e dei contributi sociali, e dalle voci negative dei trasferimenti alle famiglie. Si ricordi che le imposte dirette sono quelle che si caricano sulle persone fisiche o giuridiche per il fatto che queste hanno redditi o ricchezze; le imposte indirette vengono caricate su qualche atto economico: produzione, consumo, scambi. Infine i contributi sociali sono prelievi obbligatori di certi enti pubblici per finanziare le assicurazioni sociali. Le imposte dirette sui redditi e i contributi sociali sono commisurati ai redditi distribuiti; le imposte indirette sono commisurate alla produzione o ai consumi. Dunque unimportante fetta delle entrate pubbliche dipende dal reddito. Le imposte di tipo patrimoniale sono, invece, autonome rispetto al reddito. Infine anche i trasferimenti non dipendono dal reddito nazionale. Dunque continuando a indicare con T lammontare delle entrate pubbliche nette (a volte chiamate per semplicit solo imposte o tassazione) si pu immaginare che esse abbiano una componente autonoma rispetto al reddito e una, invece, che vi dipende: cos da avere una relazione lineare del tipo T = T0 + tY, dove T0 la tassazione autonoma netta, mentre tY la tassazione indotta, cio dipendente dal reddito. Il parametro t l aliquota della tassazione (detta anche aliquota marginale), poich il coefficiente angolare della funzione della tassazione e indica lincremento della tassazione dovuto ad un aumento del reddito di un euro. Laliquota t sar ovviamente inferiore a 1: non si possono prelevare tasse di un ammontare maggiore del reddito. Nei sistemi di tassazione non ci sono aliquote costanti, ma aliquote crescenti per scaglioni di reddito: questo tipo di tassazione si dice progressiva. A livello macroeconomico per, quando il reddito cambia, laliquota media non varia di molto, perch se vero che aumentano i singoli redditi, anche vero che aumenta il numero di persone che guadagna un reddito pari al reddito medio preesistente (inoltre le variazioni del reddito nazionale da un anno allaltro sono modeste). Allora si ipotizza che laliquota t sia costante per variazioni non ampie di reddito. Ricordando che il saldo del bilancio pubblico sono le entrate diminuite delle uscite (T G) e il deficit pubblico invece G T, allora possiamo dire che il saldo del bilancio pubblico = T0+ tY G Il bilancio pubblico contiene componenti autonome e componenti indotte. La spesa pubblica una decisione autonoma del governo e la componente autonoma della tassazione T0 non dipende dal reddito corrente. Daltra parte il saldo del bilancio pubblico non dipende solo da decisioni proprie del governo, perch la tassazione indotta tY varia al variare del reddito, e le variazioni del reddito possono dipendere anche dalle decisioni di privati (variazioni degli investimenti o del consumo autonomo). Dunque il bilancio dello stato migliora quando il reddito aumenta. BILANCIO PUBBLICO E REDDITO DI EQUILIBRIO La spesa pubblica svolge il ruolo di domanda nel mercato dei beni: infatti sono acquisti diretti da parte delle amministrazioni pubbliche (incluso il pagamento di redditi ai dipendenti pubblici). Invece la tassazione T svolge un ruolo contrario, nel senso che ogni suo aumento fa diminuire la domanda. Infatti il reddito disponibile delle famiglie = Yd = Y T = Y T0 tY. Si ricordi che per ipotesi la tassazione autonoma include i trasferimenti ai privati (pensioni ecc.) cambiati di segno. Quindi dalla precedente espressione, quando si sottrae la tassazione autonoma dal reddito vuol dire che si sommano i trasferimenti alle famiglie. 16

Il reddito disponibile delle famiglie , allora, influenzato dal bilancio pubblico in due modi: diminuito dalla tassazione vera e propria, ma aumentato dai trasferimenti. La decisione di consumo da parte delle famiglie deve dipendere dal reddito effettivamente a disposizione dopo la tassazione, cio dal reddito disponibile. Il reddito nazionale Y continua ad indicare il pagamento lordo di redditi da parte delle imprese (il valore aggiunto ai prezzi di mercato, ovvero il PIL); il reddito disponibile invece al netto dei prelievi dello stato. Dunque si dovr immaginare una funzione del consumo pi generale, dove il consumo dipende dal reddito disponibile, cio dal reddito nazionale prodotto dalle imprese al netto della tassazione T (reddito Y meno tasse prelevate dai redditi delle famiglie, pi trasferimenti). Il consumo autonomo sar chiamato C0, mentre il consumo indotto sar bYd e vale b(Y T0 tY). Dunque la funzione del consumo sar C = C0 + b(Y T0 tY). Allora lintera domanda aggregata che sta sul lato destro della condizione di equilibrio sar DA = C0 + b(Y T0 tY) + I + G, e per avere equilibrio sul mercato dei beni occorre che DA sia uguale allofferta, cio al reddito Y. Allora si pu determinare il nuovo reddito di equilibrio in cui, questa volta, la componente autonoma include, oltre al consumo autonomo e allinvestimento, anche la spesa pubblica e, con segno negativo, la tassazione: il coefficiente angolare ancora positivo e inferiore a uno e dipende dalla propensione marginale al consumo, ma anche dallaliquota della tassazione. Matematicamente questo equilibrio si trova con: 1. Y = C0 + b(Y T0 tY) + I + G dove I primi tre addendi rappresentano il consumo delle famiglie 2. Y b(1 t)Y = C0 bT0 + I + G 3. Y[1 b(1 t)] = C0 bT0 + I + G 4. Y* = C0 bT0 + I + G] in cui il moltiplicatore ed maggiore di uno (perch il suo denominatore inferiore di uno). La domanda autonoma include, oltre a consumo autonomo e investimento, anche la spesa pubblica e la tassazione autonoma. Queste ultime due grandezze hanno, per, effetti opposti sulla domanda: un aumento della spesa pubblica costituisce un aumento della domanda di beni, mentre un aumento della tassazione induce una diminuzione della domanda di beni (via riduzione del reddito disponibile). Inoltre la presenza della tassazione indotta, e cio dellaliquota marginale t, fa s che per ogni euro di reddito prodotto dalle imprese, alle famiglie arrivi una somma pi piccola di quelleuro: dunque a parit di propensione marginale al consumo, la parte del reddito prodotto dalle imprese che si traduce in consumo delle famiglie inferiore rispetto a prima. Il processo di interazione tra domanda e reddito, che d luogo al moltiplicatore keynesiano, dipende dal fatto che a ogni singolo processo, una parte del nuovo reddito prodotto dalle imprese, si traduce in nuova domanda per consumi. Adesso a causa della tassazione questa quota inferiore rispetto a prima, quindi anche la somma totale di tutti i passi sar pi piccola. Allora per ogni dato aumento della domanda autonoma, il reddito di equilibrio ora aumenta meno di prima. In altri termini il moltiplicatore keynesiano inferiore rispetto a prima (infatti il denominatore del moltiplicatore prima era solo costituito da 1 b, invece ora 1 b + bt). Inoltre si noti che il moltiplicatore si riduce se laliquota t aumenta. Riassumendo si pu affermare che: 1. Se la tassazione aumenta (vuoi nella parte indotta dal reddito, vuoi nella parte autonoma), allora il reddito di equilibrio diminuisce. 2. Se la spesa pubblica o i trasferimenti alle famiglie aumentano, allora il reddito di equilibrio aumenta. Ma la tassazione costituisce entrata per il bilancio del settore pubblico, mentre la spesa pubblica e i trasferimenti sono uscite. Dunque un aumento delle entrate oppure una riduzione delle uscite fa diminuire il reddito di equilibrio (e viceversa): ne segue che un miglioramento del bilancio pubblico ha un effetto depressivo sul reddito, mentre un suo peggioramento (ovvero un aumento del deficit pubblico) ha un effetto espansivo sul reddito. Le manovre sul bilancio pubblico hanno dunque una duplice faccia: ogni aumento di spesa (o riduzione di tassazione) costituisce un peggioramento del deficit pubblico, ma allo stesso tempo costituisce uno stimolo allattivit privata, si tratta di maggior domanda rivolta direttamente alle imprese, oppure maggior reddito disponibile alle famiglie di coloro che lavorano nel settore pubblico. Allora quando il deficit pubblico aumenta, leconomia privata (famiglie e imprese), riceve dallo stato pi di quanto debba versare nelle casse pubbliche. 17

DEFICIT, DEBITO E TASSO DI INTERESSE Se il governo opera in deficit vuol dire che spende cifre superiori alle proprie entrate. Per fare cio il governo si deve indebitare e come ogni debito dovr essere restituito maggiorato di interessi. Il governo si indebita emettendo titoli, cio limpegno della restituzione del debito. Il mercato su cui vengono trattati i titoli al momento della loro emissione detto mercato primario dei titoli. Se alla scadenza il governo non ha risorse per la restituzione allora emetter nuovi titoli per ottenere il denaro necessario alla restituzione. Si deve sapere che un sottoscrittore di titoli non obbligato a tenere quei titoli sino alla loro scadenza, infatti esiste un mercato secondario dei titoli, la Borsa, sul quale si possono vendere titoli in possesso prima della scadenza, posto che si trovi chi li vuole comprare. Ci che conta per il governo il suo rapporto con i privati nel loro complesso: il fatto che i privati scambino titoli gi esistenti sul mercato secondario lascia invariato lindebitamento del governo. Ogni deficit annuo d luogo a nuovo indebitamento che va coperto con nuove emissioni di titoli. La somma di tutti gli indebitamenti degli anni passati costituisce lo stock complessivo del settore pubblico e i chiama debito pubblico. Siccome ad ogni nuovo indebitamento, cio deficit, il debito si incrementa pro tanto, allora vale la seguente relazione tra il debito dellanno t e quello dellanno prima: Debitot = Debitot-1 + Deficitt . Si noti che il debito uno stock mentre il deficit un flusso. Inoltre il debito pu diminuire in un anno e ci accade se il deficit di quellanno negativo (cio se c un surplus di bilancio). Un governo se opera in deficit, non solo non ha entrate sufficienti per restituire i debiti, ma non le ha neppure per pagare gli interessi annui: allora deve continuare a indebitarsi. Allora anche gli interessi, oltre le spese per servizi e investimenti pubblici, costituiscono spesa pubblica e contribuiscono a generare deficit. Il deficit pubblico pu essere diviso in due parti: la spesa pubblica primaria la spesa pubblica al netto di quella per interessi ( una spesa che il governo deve sostenere normalmente, anche se non avesse debito, poich si tratta dei suoi compiti istituzionali). Il deficit primario la spesa per interessi. Allora avremo: Deficitt = Deficit primariot + Interessit . Per semplicit si suppone che il deficit primario sia nullo. Il rischio del debito pubblico nasce quando i potenziali acquirenti cominciano ad avere timori sulla restituzione futura e non acquistano pi titoli, provocando panico finanziario. Si potrebbe pensare che per invogliare il pubblico ad acquistare titoli basti innalzare il tasso di interesse riconosciuto ai sottoscrittori: questo avviene nei momenti di sfiducia e questa parte di interesse aggiuntiva si chiama premio per il rischio. Ma con laumento del tasso di interesse aumenta ulteriormente il carico delle spese per interessi annui, e dunque il deficit e il debito. Ricordando lipotesi semplificatrice che il deficit primario sia zero, allora si ha che Deficitt = Interessit. Unendo le definizioni si ha Debitot = Debitot-1 + Interessit. Gli interessi sono il prodotto tra il debito preesistente e il tasso di interesse medio vigente nellanno t. Ad esempio: se il debito alla fine dellanno scorso 1000 e il tasso di interesse di questanno il 5%, allora durante lanno dovr pagare per interessi una somma pari a 5%x1000 = 0,05x1000 = 50. Allora in generale avremo Interessit = Debitot-1i. Unendo le espressioni otteniamo: Debitot = Debitot-1 + Debitot-1i = Debitot-1(1 + i). Dunque anche in assenza di deficit primario il debito pubblico si cumula nel tempo con un ritmo dato dal termine (1 + i). In effetti il tasso di interesse si pu interpretare come il tasso di crescita del capitale da restituire. Questa progressione del debito esponenziale, in assenza di correttivi, tende a crescere sempre pi velocemente. La crescita del debito pubblico per non va vista indipendentemente da altre variabili macroeconomiche. La capacit di restituzione del debito infatti dipende dallandamento delle entrate del soggetto debitore. Per quanto riguarda il governo, le entrate pubbliche dipendono dal reddito nazionale, essendo ad esso proporzionali. Quindi se il debito cresce, ci pu non costituire un grave problema se anche il reddito cresce a sufficienza: allora il debito pubblico va valutato in relazione al reddito. Daltra parte la disponibilit dei privati a detenere titoli del debito pubblico dipende a sua volta dalla loro ricchezza totale. Ora, bench la ricchezza non sia facile a misurarsi, si pu affermare che essa sia in qualche modo in relazione col reddito nazionale, almeno nel lungo periodo. Allora un buon indicatore della gravit del problema del debito pubblico il rapporto tra debito pubblico e reddito( o PIL). Infatti molto frequente sentir parlare del rapporto Debito/PIL. 18

Per definizione il reddito evolve ad una velocit che il tasso di crescita del reddito (g). La variazione percentuale del PIL, cio il suo tasso di crescita dallanno t 1 allanno t, infatti per definizione: g= = da cui g(PILt-1) = PILt PILt-1, ovvero g(PILt-1) + (PILt-1) = PILt, infine PILt = PILt-1 (1 + g). per misurare come cambia nel tempo il rapporto Debito/PIL si dovr tenere presente: = = ne segue che il rapporto debito/PIL cresce nel tempo se il tasso di interesse maggiore al tasso di crescita del reddito.

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4) LINVESTIMENTO E LEQUILIBRIO DEL MERCATO DEI BENI


LA TEORIA KEYNESIANA DELLINVESTIMENTO Sino ad ora gli investimenti sono stati considerati una variabile esogena. Ma gli investimenti sono una parte importante della domanda autonoma (assieme a consumo autonomo, spesa pubblica e tassazione autonoma) e conoscendo la domanda autonoma e il moltiplicatore si pu determinare lequilibrio sul mercato dei beni. Investimento significa acquisto, da parte delle imprese, di beni reali durevoli da utilizzarsi nella produzione (in questa voce anche incluso lacquisto di case nuove da parte delle famiglie). Nel linguaggio comune si definisce investimento anche lacquisto di titoli finanziari: invece in macroeconomia questa operazione non investimento, ma acquisto di titoli appunto. Allora per differenziare si pu dividere in investimento reale e investimento finanziario. La principale caratteristica dellinvestimento di essere unoperazione economica che implica un costo iniziale e d rendimenti (cio ricavi derivanti dalla produzione aggiuntiva dovuta al nuovo investimento) per pi periodi. I rendimenti futuri di un nuovo investimento dipendono dalla domanda futura dei beni prodotti dallimpresa che effettua quellinvestimento. Il fatto che linvestimento (macchinario, edificio o altro) perduri per pi periodi significa che, mentre il suo costo di acquisizione sostenuto solo allinizio, i rendimenti si verificheranno per pi periodi futuri. Ne seguono due implicazioni: 1. I rendimenti futuri non sono conosciuti con certezza, a differenza del costo iniziale di acquisizione 2. Per poter valutare i rendimenti e confrontarli con il costo iniziale, al fine di decidere se vale la pena effettuare linvestimento, occorre rendere tutte le grandezze omogenee dal punto di vista finanziario, cio attualizzare le grandezze future. Se le aspettative sulla domanda futura, e quindi sui profitti futuri, sono ottimistiche, le imprese sono incentivate a investire. Ma linvestimento a sua volta un elemento della domanda autonoma, e quindi, via il moltiplicatore, fa aumentare anche il reddito e i consumi, cio la domanda aggregata. In altri termini unaspettativa di domanda futura elevata fa aumentare di fatto la domanda gi a partire da oggi. Altrettanto pu accadere nellaltra direzione, cio verso il basso: aspettative pessimistiche sulla domanda tendono a far diminuire gli investimenti e dunque la domanda. Quindi vi una certa tendenza delle aspettative di auto-realizzarsi. Questo accade perch nel sistema vi incertezza e soprattutto interdipendenza: siccome gli operatori non hanno modo di conoscere il futuro, cercano di prendere le proprie decisioni guardando a ci che fanno gli altri. Linterdipendenza tra gli operatori duplice: da una parte vi un processo imitativo che fa propagare le opinioni da un operatore allaltro. Dallaltra parte vi una retroazione positiva: per via del moltiplicatore, quando molti operatori investono, molti altri vedono aumentare la domanda dei propri prodotti. Tale auto-alimentazione del processo fa s che la domanda di investimenti possa crescere o decrescere piuttosto rapidamente. allora difficile creare una teoria formale delle aspettative, che quindi saranno considerate esogene. Quanto allattualizzazione delle grandezze future: si ipotizzi che unimpresa consideri la possibilit di mettere in atto un certo progetto di investimento (per una durata di n anni) che comincer ad avere profitti a partire dallanno prossimo. Supponiamo che limpresa abbia gi formulato le sue aspettative di rendimento per tutti gli n periodi: queste aspettative saranno indicate con R1, R2, R3, , Rn. K sar invece il costo iniziale da sostenere oggi (K un valore certo). Sia dato un interesse i comunemente accettato oggi sui mercati finanziari. Siccome i rendimenti futuri vanno confrontati con il costo odierno per prendere una decisione oggi, occorre attualizzare i rendimenti futuri e confrontarli con il costo dellinvestimento che si progetta di sostenere oggi (chiaramente essendo K odierno, non va attualizzato). Ogni rendimento futuro va scontato alla data odierna dividendolo per (1 + i) elevato allesponente della distanza nel tempo di quel rendimento, ovvero: Chiaramente questo investimento sar effettuato solo se maggiore di K. Dopo questa valutazione, il totale degli investimenti intrapresi (cio solo quelli considerati convenienti), costituisce linvestimento macroeconomico I. Supponiamo che, dati il costo iniziale, i rendimenti attesi e il tasso di interesse, un certo progetto sia conveniente. Supponiamo ora che il tasso di interesse aumenti: risulta chiaro che sempre pi difficile che 20

laspettativa sia maggiore di K (infatti il tasso di interesse i al denominatore). Allora si pu affermare che i progetti di investimento vengono scartati man mano che il tasso di interesse cresce. Allora si pu affermare che linvestimento aggregato diminuisce quando aumenta il tasso di interesse (oppure aumenta quando il tasso diminuisce). Gli utilizzi delle risorse sono due: impegnarle in investimenti reali, cos da acquistare beni di investimento per effettuare produzione di beni e ottenere ricavi e profitti; darle a prestito sul mercato finanziario, cio acquistare titoli che danno come rendimento il tasso di interesse. ovvio che al crescere del tasso di interesse il secondo utilizzo diventa sempre pi attraente, e quindi linvestimento reale diminuisce. Ma questo risultato valido anche per imprese che per investire devono prendere a prestito le risorse necessarie: su quel prestito dovranno pagare gli interessi, allora man mano che il tasso di interesse aumenta, aumenta anche il costo di rimborso e linvestimento reale diventa sempre meno conveniente. Se invece le aspettative circa la domanda futura migliorano si ha che i progetti di investimento che erano convenienti lo sono ancora di pi e alcuni di quelli non convenienti possono diventarlo. Allora ne deduciamo che linvestimento aggregato delleconomia aumenta quando le aspettative delle imprese circa la domanda futura migliorano. Infatti gli investimenti aggregati sono una funzione crescente delle aspettative di domanda futura e funzione decrescente del tasso di interesse. LEQUILIBRIO DEL MERCATO DEI BENI E LA CURVA IS Lequilibrio del mercato dei beni si determina moltiplicando la domanda autonoma per il moltiplicatore keynesiano. Ora per sappiamo che date le aspettative sulla domanda futura, linvestimento (che parte della domanda autonoma), diminuisce allaumentare del tasso di interesse. Quindi possiamo affermare che esiste una relazione decrescente tra il tasso di interesse e il reddito di equilibrio: un aumento del tasso di interesse fa diminuire linvestimento, cosa che provoca una riduzione del reddito di equilibrio (e viceversa). Allora ad ogni valore diverso del tasso di interesse corrisponde un diverso livello del reddito di equilibrio. La curva che rappresenta tutte queste combinazioni tra tasso di interesse e reddito di equilibrio detta curva IS. Questo nome deriva dal fatto che la condizione di equilibrio sul mercato dei beni rappresentata dalla relazione I = S.

La curva IS decrescente in quanto al crescere del tasso di interesse il reddito di equilibrio diminuisce, in seguito alla diminuzione degli investimenti. Nella figura si vede che tutti i punti sulla retta sono situazioni di equilibrio, mentre punti come A e B non sono di equilibrio. Per esempio in B il tasso di interesse troppo alto, dato il reddito, per garantire un equilibrio: vi sono investimenti troppo bassi e quindi c un eccesso di offerta. Alternativamente si pu dire che vi un reddito troppo elevato, dato il tasso di interesse, allora concludiamo di nuovo che c un eccesso di offerta. Nel punto A accade il contrario e rappresenta una situazione di eccesso di domanda. 21

Quando il mercato dei beni non in equilibrio, per il principio della domanda effettiva, se c eccesso di domanda il reddito (lofferta) che aumenta per raggiungere il livello della domanda aggregata (freccia verso destra). Se invece c un eccesso di offerta il reddito diminuisce (freccia verso sinistra). Si ricordi che il reddito di equilibrio, dato il moltiplicatore, dipende anche da altre voci della domanda autonoma, come il consumo autonomo, la tassazione autonoma e la spesa pubblica. Quando una di queste voci si modifica anche il reddito di equilibrio si deve modificare, a parit del tasso di interesse e cio degli investimenti. Dunque una modificazione di una delle altre voci di domanda autonoma, cio una variazione del reddito a parit del tasso di interesse, provoca uno spostamento della curva IS, in quanto il reddito di equilibrio cambia senza che il tasso di interesse sia cambiato. Supponiamo per esempio che aumenti la spesa pubblica: allora il reddito aumenta di un certo ammontare pari alla variazione della spesa pubblica moltiplicata per il moltiplicatore. Ci avvenuto senza che il tasso di interesse variasse, per cui graficamente abbiamo uno spostamento della IS verso destra. Se aumenta il consumo autonomo, di nuovo la curva IS si sposta verso destra. Se invece aumenta la tassazione autonoma la IS si sposta verso sinistra perch c una riduzione del consumo autonomo. Si pu anche analizzare cosa accade quando mutano le aspettative delle imprese circa la domanda futura: questo fenomeno provoca, come sappiamo, un aumento degli investimenti a parit del tasso di interesse. Pertanto leffetto sulla IS di un miglioramento delle aspettative sar di nuovo uno spostamento verso destra, con un aumento del reddito di equilibrio (il contrario accadr quando peggiorano le aspettative). Allora per ogni diverso livello del tasso di interesse esiste un diverso livello di equilibrio di reddito. Tuttavia non si deve pensare che il tasso di interesse possa assumere qualunque valore arbitrario.

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5) IL MERCATO DELLA MONETA ED IL SUO EQUILIBRIO


CONCETTO DI MONETA Moneta tutto ci che viene accettato da chiunque nel sistema economico come mezzo di pagamento. Gli insiemi degli oggetti utilizzati come moneta, emessi e garantiti da unautorit pubblica, si chiama moneta legale o circolante. I sistemi monetari si basano sul cosiddetto carattere fiduciario: si accetta moneta da qualcuno poich a sua volta qualcuno la accetter da me. Allora da qui sorge limportanza di avere buone istituzioni che mantengano la fiducia nel sistema esistente. Ad esempio le banche centrali sono spesso impegnate ad evitare elevate inflazioni, cio aumenti dei prezzi di beni e servizi, che faranno perdere valore alla moneta. Inoltre per il pagamento di un debito si accetta la moneta legale, mentre non si accettano titoli (ad esempio i BOT) o beni durevoli (ad esempio case): infatti pur essendo entit trasformabili in moneta, queste trasformazioni prevedono pagamento di costi aggiuntivi e il loro valore varia nel tempo. Quindi la caratteristica della moneta di essere accettata da chiunque, perch non richiede costi di conversione e ha un valore piuttosto certo ( uno strumento finanziario piuttosto sicuro) si chiama liquidit. Tuttavia gli operatori non accettano solo moneta legale in pagamento dei loro crediti: infatti comune accettare assegni da banche private purch siano credibili (cio solo se esiste un deposito in conto corrente da cui il cliente pu prelevare senza preavviso e senza costi). Inoltre si accettano anche pagamenti tramite vari tipi di carte bancarie (che necessitano sempre di un conto corrente su cui appoggiarsi). Ne segue che un conto corrente essenziale per poter effettuare pagamenti credibili senza usare banconote. Si badi che non tutti i depositi che un cliente possa effettuare presso una banca costituiscono per lui liquidit (cio moneta); per esempio un deposito vincolato richiede che si preavvisi o si abbia unautorizzazione prima di ogni prelievo e tale prelievo implica dei costi. Un conto corrente pu essere costituito in due modi: 1. Da una parte un cliente pu depositare dei fondi liquidi (circolante o assegni) in quel conto; oppure il suoi datore di lavoro pu far pervenire i suoi compensi su quel conto. Di conseguenza il cliente pu prelevare o staccare assegni fino ad esaurimento dei suoi versamenti. 2. Dallaltra parte pu accadere che la banca conceda un fido (credito) ad un cliente che riscuote la sua fiducia. In questo secondo caso il cliente pu operare allo scoperto (ovviamente si pagano interessi sullo scoperto) Si osserva che nel caso del fido o del prestito il cliente pu disporre di liquidit senza aver preventivamente versato fondi liquidi sul suo conto. Questa liquidit gli stata messa a disposizione dalla sua banca, quindi anche le banche, in effetti, possono creare nuova moneta. Un fido infatti corrisponde a una disponibilit liquida non coperta da un precedente versamento monetario da parte del cliente. Allora esistono due forme di moneta: il circolante e i conti correnti dai quali si possono staccare assegni o effettuare pagamenti tramite carta di credito. La somma delle consistenze delle due forme di moneta esistenti in ogni momento costituisce il totale della moneta esistente in quel momento. Poich spesso i conti correnti vengono chiamati depositi si utilizzer questa terminologia, pur sapendo che i conti correnti costituiti per fido o prestito non hanno alle spalle un versamento (cio un deposito) da parte del cliente. CARATTERISTICHE DELLA MONETA La moneta mezzo di scambio, fondo di valore e unit di conto: 1. La propriet di essere mezzo di scambio specifica della sola moneta. Solo in casi eccezionali altri oggetti vengono usati al posto della moneta in pagamento di un debito. 2. Che la moneta sia un fondo di valore significa che essa mantiene il suo valore, cio pu trasferire ricchezza nel tempo e nello spazio. Tale caratteristica qualitativa posseduta da tutti gli stock presenti nelleconomia, reali o finanziari. Tutti gli altri stock diversi dalla moneta hanno un valore variabile nel tempo. Viceversa la moneta ha un valore piuttosto stabile: solo inflazioni elevate possono portare limiti a questa stabilit. Ma possono esistere limiti alla stabilit anche nello spazio: 23

per esempio la moneta di un certo paese A potrebbe non essere gradita ad altri paesi per il fatto che il paese A non riscuote, politicamente ed economicamente, la fiducia dei non residenti. 3. Dire che la moneta svolge la funzione di unit di conto significa dire che tutti i calcoli economici sono espressi in quellunit. Queste tre propriet della moneta costituiscono la sua caratteristica principale: la liquidit. MONETA, STOCK FINANZIARI E SPECULAZIONE Si ricordi che la moneta a livello macroeconomico costituisce uno stock. La sensibilit comune ci porta a pensare che le consistenze monetarie nei bilanci familiari costituiscano un flusso, perch ne entra un certo ammontare ogni mese, che poi viene speso lungo il mese dalla famiglia. Tuttavia la moneta il solo mezzo con cui lerogatore (per esempio unimpresa) paga il reddito al percettore (per esempio un dipendente). Ma non bisogna confondere il reddito con la moneta: per esempio se il reddito annuo di una famiglia 30000 euro ci non significa che si accumulino nel conto della famiglia 30000 euro in moneta. Ogni mese entra moneta per 2500 euro, moneta che poi defluisce per via delle spese effettuate. Inoltre bench possa apparire che per la famiglia la moneta sia un flusso (ne entra e poi ne esce), le cose cambiano quando si considera congiuntamente imprese e famiglie. Al momento della paga degli stipendi avviene un trasferimento di moneta dalle imprese alle famiglie. In seguito, quando le famiglie spendono per acquistare beni prodotti dalle imprese avviene un trasferimento al contrario. A livello di sistema la quantit di moneta presente nelleconomia rimasta invariata. La moneta va dunque pensata come uno stock. Si ricordi che il fatto che una grandezza sia uno stock non significa che essa non possa variare; significa semplicemente che possibile misurarne la consistenza in un dato istante. Al contrario per i flussi (come ad esempio il reddito) ha senso solo una misura lungo tutto un periodo di tempo; non esiste il reddito di un singolo istante. In particolare la moneta uno stock finanziario. Gli stock finanziari si contrappongono agli stock reali come abitazioni, impianti, terreni ecc. in quanto il valore dei primi non dipende dalle loro caratteristiche fisiche intrinseche. Piuttosto il valore degli stock finanziari dipende da sottostanti rapporti di fiducia tra gli operatori. Quasi tutti gli stock finanziari (come tutti gli stock) hanno la caratteristica di essere variabili nel tempo, usualmente in relazione al desiderio della collettivit di detenerlo. Quando molti soggetti vorrebbero comprarne e pochi venderne, il prezzo di mercato aumenta e ci costituisce un guadagno per i detentori di quel momento. Il contrario accade quando tutti vorrebbero vendere quegli stock e nessuno acquistarli: il suo prezzo di mercato diminuisce. Invece la moneta ha un valore stabile: addirittura per definizione la moneta il punto di riferimento per tutti i valori. Per la relativa stabilit della moneta (tranne casi eccezionali di inflazione) e la variabilit del prezzo degli altri stock si produce la speculazione. La speculazione lattivit che consiste nel tentativo di ottenere guadagni nel conto capitale sulle compravendite di stock: cio si cerca di comprare quando il prezzo ritenuto basso e di vendere quando il prezzo alto. Questa attivit ha come conseguenza che se una significativa parte degli operatori si convince che un certo stock, reale o finanziario, aumenter di prezzo in futuro, essi si precipitano oggi a comprarlo. Ma nel fare ci fanno aumentare gi il prezzo ora. Se questultimo aumento di prezzo convince altri operatori che quel prezzo ancora in fase di ascesa, e quindi conviene comprare quello stock, allora il prezzo sale ancor di pi. Il contrario accade quando ci si convince di una prossima discesa del prezzo. Dunque le operazioni sui mercati speculativi possono produrre importanti oscillazioni dei prezzi degli stock, indipendentemente da altri fenomeni che possono indurre prezzi alti o bassi. Quindi la cosa importante per uno speculatore non rimanere tra gli ultimi a credere che il prezzo continuer a scendere o salire. Non appena una quota significativa di speculatori si convince che la fase ascendente o discendente sta per finire, essi cominciano a vendere o comprare, facendo invertire la fase. Allora anche sui mercati finanziari (cos come per gli investimenti) le aspettative tendono ad auto-realizzarsi. Ci pu provocare una notevole instabilit dei prezzi degli stock. La compravendita di stock finanziari avviene sui mercati finanziari, cio le borse. Tali operazioni di compravendita sono scambi di titoli contro moneta. I diversi titoli finanziari esistenti e scambiati sui mercati finanziari sono stati emessi inizialmente da qualche operatore che aveva bisogno di moneta: quindi 24

costituiscono per lui un debito e invece sono un credito per chi li ha acquistati (potrebbero essere azioni, obbligazioni di varia natura o prestiti a breve termine). Si noti che lacquirente iniziale del titolo non obbligato a detenerlo per sempre. I mercati finanziari sono appunto il luogo dove i titoli gi esistenti possono essere scambiati prima della loro scadenza: per tale ragione si parla di mercati secondari, mentre i mercati primari sono quelli su cui si tratta di titoli di nuova emissione, cio il collocamento di prestiti. IL TASSO DI INTERESSE Se si ha carenza di moneta, ovviamente non la si pu acquistare con moneta. Chi ha bisogno di moneta la prende a prestito emettendo un titolo, cio un foglio con cui promette di restituire il prestito entro una certa data futura, e vende quel foglio, in cambio della moneta che vuole ottenere. Chi invece possiede titoli perch li ha comprati sui mercati secondari li pu rivendere, ovviamente senza limpegno a riacquistarli ad una certa data futura. I soggetti preferiscono avere scorte liquide piuttosto che avere ricchezza incorporata in stock non liquidi, titoli o altro. Infatti gli stock oltre a comportare costi per essere convertiti in liquidit, hanno anche una incertezza intrinseca relativamente al loro valore. Questo atteggiamento degli operatori verso la liquidit si chiama preferenza per la liquidit. Invece chi compra il titolo cedendo moneta, rinuncia a detenere della liquidit, per la quale per ha una certa preferenza. Dunque quando si acquista un titolo, privandosi della liquidit, non sufficiente ricevere un foglio il cui valore alla scadenza lo stesso della quantit di moneta ceduta: si pretende di ricevere in pi un compenso per la rinuncia alla liquidit. Questo qualcosa in pi linteresse. Poi si chiama tasso di interesse la somma che si pretende come interesse dopo un anno per aver prestato un euro, oltre ovviamente alla restituzione di quelleuro. Il tasso di interesse si esprime in forma percentuale. La moneta e i conti correnti sono liquidi quindi non pagano alcun interesse. Gli stock finanziari diversi dalla moneta, invece devono pagare un tasso di interesse annuo ai loro detentori per compensare la loro mancanza di liquidit. Il mercato su cui avvengono i prestiti a breve termine (cio entro lanno) si chiama appunto mercato monetario. Chiaramente il livello del tasso di interesse vigente in un certo momento dipende dalla domanda e dallofferta di liquidit presenti in quel momento sul mercato della moneta: il tasso di interesse infatti proprio il mezzo della liquidit e, come accade su tutti i mercati, il prezzo si muove a seconda di domanda e offerta. Il tasso di interesse cresce quando c eccesso di domanda di moneta sul mercato monetario e viceversa. Che ci sia molta domanda di moneta significa che una maggioranza di operatori preferisce essere su posizioni liquide, anzich detenere altri strumenti finanziari. Questo accade tipicamente quando molti degli operatori sono pessimisti circa il valore futuro degli altri strumenti finanziari, i titoli. Si noti che tutto ci vale se lofferta di moneta data, per cui il maggiore o minore desiderio della collettivit di detenere moneta si confronta con una disponibilit di essa complessivamente fissa. Se invece lofferta di moneta dovesse variare, anche questo fatto avrebbe effetti sul valore delleccesso di domanda di moneta e dunque sul livello del tasso di interesse. In sintesi, data la disponibilit di moneta in aggregato, in generale un tasso di interesse elevato associato a periodi di incertezza finanziaria. Dunque il tasso di interesse del mercato monetario variabile nel tempo in relazione alla domanda di moneta, che dipende a sua volta dagli umori del mercato, cio alla preferenza per la liquidit e dipende dalla quantit di moneta complessivamente disponibile. TASSO DI INTERESSE E PREZZO DEI TITOLI Il mercato monetario quello in cui si d e si prende a prestito moneta per un periodo breve, cio si scambia moneta contro titoli a breve: su tale mercato che si determina il tasso di interesse, a seconda di domanda e offerta di moneta a breve. Il mercato finanziario, invece, quello dove si scambia moneta contro titoli di pi lunga durata (azioni, obbligazioni, derivati ecc.). 25

Si ipotizzi che le aspettative sul prezzo futuro dei titoli siano esogene, allora la decisione di uno speculatore di detenere o meno titoli, in questa prospettiva, dipende principalmente dal prezzo corrente dei titoli, data laspettativa sul loro prezzo futuro. Si semplifichi, inoltre, supponendo che esista un solo tipo di titoli: si tratter dei cosiddetti titoli irredimibili e cedola fissa. Essi sono emessi ad una certa data ed hanno una durata infinita. Il possesso di questi titoli d il diritto di incassare una somma fissa ogni anno a titolo di interessi, somma che appunto la cedola (titoli come questi oggi sono piuttosto rari). Al momento della loro emissione il Tesoro ha dovuto promettere una cedola annua compatibile con il tasso di interesse a lungo termine allora vigente. Se per esempio il tasso di interesse era il 5%, la cedola doveva essere 5 euro per ogni taglio da 100 euro di valore del titolo, cio per ogni 100 euro versati dai sottoscrittori. Tuttavia il tasso di interesse del mercato monetario varia nel tempo, e pro tanto varia anche quello a lungo termine; dora in poi chiameremo tasso di interesse di mercato quello che si determina di periodo in periodo, a seconda di domanda e offerta dei prestiti. Se la cedola il 5% chi possiede il titolo (lacquirente iniziale o uno successivo) ha diritto a ricevere, per ogni taglio da 100 euro di valore di emissione, una cedola di 5 euro allanno per tutto il futuro. Ma se il tasso di interesse vigente sul mercato diventa il 4%, perch per esempio c maggiore fiducia da parte degli operatori o perch vi pi liquidit a disposizione di chi desidera prenderla a prestito, se il titolo costasse ancora 100, esso continuerebbe a rendere ancora il 5% (fissato allinizio), cio di pi di quanto rendono analoghe operazioni di prestito disponibili ora sul mercato. Dunque si deve realizzare la condizione di arbitraggio, la quale richiede che tutte le operazioni finanziarie dello stesso tipo diano lo stesso rendimento percentuale, cio il 4% che adesso in vigore sul mercato. Questo pu accadere perch: rendendo la cedola una percentuale maggiore del tasso di interesse vigente sul mercato, tutti correranno a comprare quel titolo. Ma lammontare di questi titoli limitato e chi gi li possiede non vuole certo venderli (essendo cos redditizi). Ecco che allora il prezzo del titolo comincia a crescere. Ora gli acquirenti sono addirittura disposti a pagare pi di 100 per venirne in possesso. Allora questo processo si fermer solo quando il prezzo sar tale che, una volta acquistato il titolo, la cedola annua di 5 euro costituisca il 4% della cifra pagata per acquistarlo. Allora se indichiamo con PB il prezzo di mercato del titolo, esso si ferma solo quando = 4% = 0,04, cio quando PB = = 125. Dunque se in un certo periodo il tasso di interesse il 4%, in quel periodo il prezzo di mercato di un titolo con cedola fissa pari a 5 deve essere 125. In modo del tutto analogo se il tasso di interesse monetario dovesse salire al 6%, per un titolo che rende solo 5 euro lanno, tutti vorranno venderlo e nessuno comprarlo sino al punto che in cui accade che = 83,3. Pi in generale se R la cedola fissa pagata ogni anno dal possesso del titolo, e i il tasso di interesse annuo di mercato, dovremo avere PB = . Al variare del tasso di interesse il prezzo di mercato del titolo varia: se il tasso di interesse aumenta allora il prezzo del titolo diminuisce, e viceversa. Gli operatori interessati al possesso di titoli per periodi lunghi sono chiamati cassettisti, il loro comportamento, cos come il comportamento di coloro che curano il loro interesse in borsa, fa s che la condizione PB = si realizzi molto in fretta sul mercato finanziario. Ma esistono altri tipi di operatori, gli speculatori, che hanno invece altri obiettivi. Unaspettativa di elevati prezzi futuri dei titoli equivale ad unaspettativa di bassi tassi di interesse futuri, e viceversa. Date tali aspettative, un rialzo del tasso di interesse odierno, che implica una diminuzione del prezzo odierno dei titoli, indica agli speculatori che ora di comprarli, per poter lucrare sulla differenza tra il prezzo odierno di acquisto, che si abbassato, e quello futuro atteso di vendita, che rimasto invariato. Quindi gli speculatori comprano titoli quando il tasso di interesse si innalza non perch rendano di pi. Anzi il fatto che il tasso di interesse di mercato si innalzi significa che i titoli a cedola fissa non sono pi convenienti per i cassettisti e allora il loro prezzo diminuisce perch costoro li vogliono vendere. Solo dopo che il prezzo dei titoli diminuito gli speculatori iniziano ad essere interessati al loro acquisto per ottenere un guadagno in conto capitale sulla possibile differenza di prezzo tra oggi e il futuro. In altri termini gli speculatori acquistano titoli non perch siano interessati ad incassare i relativi interessi, cosa per la quale bisogna attendere almeno un intero anno, ma perch sperano di lucrare un guadagno in conto capitale sulla differenza fra prezzo odierno di acquisto e prezzo futuro di vendita, cosa per la quale possono bastare pochi giorni. Si noti che da questo punto di vista gli speculatori compiono unattivit tendenzialmente stabilizzatrice. Quando infatti il tasso odierno di interesse sul mercato monetario si innalza, gli arbitraggisti o cassettisti 26

preferiscono vendere titoli, che rendono poco percentualmente, facendone abbassare il prezzo fino a che non vale la relazione PB = ; a questo punto, date le loro aspettative sul futuro, gli speculatori comprano titoli, sostenendone in qualche modo il prezzo. Si noti che questa attivit stabilizzatrice opera solo se le aspettative sul futuro degli speculatori sono date. LOFFERTA DI MONETA: BASE MONETARIA E MONETA Si ricordi che stiamo trattando leconomia dal punto di vista complessivo, cio la domanda e lofferta aggregate. Inoltre si ricordi che la moneta uno stock: lofferta di moneta non altro che lammontare complessivo di moneta che in un dato momento messo a disposizione del sistema dai soggetti che hanno titolo a emetterla , che come abbiamo visto in precedenza sono la banca centrale e le banche private. I soggetti diversi dal settore bancario sono chiamati pubblico non bancario, e includono le famiglie, le imprese e lo stato. Quindi il mercato della moneta pu essere visto come composto da due lati, il settore bancario e il pubblico non bancario, cio rispettivamente offerta e domanda. Sappiamo gi che il circolante lammontare della moneta legale in circolazione. Responsabile del circolante la banca centrale: se la banca centrale ritira dalla circolazione una certa quantit di banconote e la tiene nei suoi forzieri, questa quantit non fa pi parte del circolante, pur esistendo fisicamente. Si chiama poi base monetaria linsieme di tutte le attivit finanziarie che sono circolante oppure possono trasformarsi in circolante istantaneamente e senza costo. Quindi fa parte della base monetaria il circolante, cio le banconote in circolazione. Il circolante pu giacere presso le famiglie, le imprese, lo stato, o anche presso le banche private. In tutti questi casi circolante, ma non lo quando le banconote stiano nei forzieri della banca centrale per iniziativa della banca centrale stessa che ha deciso di ritirarle. Inoltre le banche private stesse possono di propria iniziativa depositare del circolante in conti correnti a loro intestati presso la banca centrale. In altri casi la banca centrale stessa che obbliga le banche a fare questi versamenti. I depositi delle banche private presso le banche centrali si chiamano riserve: possono essere riserve libere, se decise autonomamente dalle banche; oppure riserve obbligatorie, se la banca centrale che obbliga quelle private a detenerle. Entrambe servono per cautelarsi nel caso in cui un numero di clienti pi elevato del normale richieda contemporaneamente del circolante dai loro depositi. Le riserve non sono circolante, tuttavia le banche private possono richiedere le proprie riserve alla banca centrale nella forma di circolante. Quindi le riserve sono base monetaria nel senso che si possono trasformare istantaneamente e senza costo in circolante. Analogamente, le banche private possono chiedere dei prestiti di liquidit alla banca centrale: se questultima li concede, questa una nuova base monetaria. Allora abbiamo: Base monetaria = circolante + riserve presso la banca centrale. Il fatto che la base monetaria si chiami cos deriva dallessere garantita direttamente dalla banca centrale. Talora la base monetaria chiamata anche moneta ad alto potenziale. Le banche private non hanno, ovviamente, solo rapporti con la banca centrale, ma anche con i loro clienti. Le banche private svolgono sostanzialmente due attivit nei confronti dei loro clienti: possono fare loro dei prestiti oppure ricevere depositi in conto corrente. Il tasso che le banche fanno pagare sui prestiti ai clienti superiore al tasso che pagano ai depositanti: questultimo addirittura zero sui conti correnti. Inoltre il tasso sui prestiti ai clienti addirittura superiore a quello che le banche private devono pagare alla banca centrale quando chiedono ad essa dei prestiti. Ne segue che le banche private in generale tenderanno a impiegare in prestiti tutte le risorse utilizzabili a questo scopo, per rendere massimi i propri profitti. Sappiamo inoltre che nel momento in cui le banche fanno prestiti ai loro clienti, ci costituisce creazione di nuova moneta, che non base monetaria ma comunque accettata dal pubblico. Per capire quale lammontare massimo di nuova moneta che le banche private possono garantire (cio quanto possono prestare ai loro clienti), supponiamo che la banca centrale accordi alle banche private un certo ammontare BM di base monetaria. Su questa voce, garantita direttamente dalla banca centrale, le banche private non tengono riserve e possono prestare interamente tutta la somma a clienti. Quindi inizialmente la moneta presente nel sistema BM. Chi ha preso a prestito detiene la moneta in parte come circolante, e in parte come deposito presso una banca. Quindi una parte della moneta BM inizialmente esistente torna alle banche in forma di depositi. A questo punto le banche dovranno dedicare una parte dei nuovi depositi a riserva, ma il residuo lo potranno prestare a chi ne fa richiesta, sempre per massimizzare i 27

profitti da interessi. Una volta effettuata questa seconda tornata di prestiti, la moneta presente nel sistema sar maggiore dellammontare iniziale BM: infatti i nuovi prestiti costituiscono a tutti gli effetti nuova moneta per chi li ha ricevuti, e questa moneta stata creata dalle banche private. La nuova emissione di moneta da parte delle banche private avr la stessa sorte della precedente: una parte rimane al pubblico nella forma di circolante e una parte torner alle banche nella forma di depositi. Allora lofferta di moneta un multiplo della base monetaria. Questo multiplo maggiore di uno perch lammontare complessivo di moneta esistente nel sistema maggiore della sola base monetaria, visto che esiste anche la moneta creata dalla banche private nella forma di prestiti in conto corrente. Questo multiplo dipende dal comportamento delle banche private e dal pubblico non bancario. Se il pubblico vuole detenere la propria moneta in forma di circolante riduce i suoi depositi che sono fonte di nuovi prestiti: quindi le banche potranno creare meno moneta a parit di base monetaria ottenuta dalla banca centrale. Daltra parte, se le banche vogliono dedicare una maggior quota dei depositi a riserva, potranno prestare meno ai loro clienti, con effetto analogo al precedente. Si noti che la moneta complessivamente esistente nel sistema maggiore non solo del circolante presente, ma anche della base monetaria, cio della moneta direttamente garantita dalla banca centrale, ivi incluse le riserve delle banche. Questo significa che se tutti volessero improvvisamente venire in possesso del circolante che spetta loro, ci sarebbe impossibile. Supponiamo che siano dati gli usi del pubblico non bancario, su come allocare la moneta tra circolante e depositi, e lattitudine delle banche a detenere riserve. Allora la quantit di moneta esistente, cio lofferta di moneta, dipende unicamente dalla base monetaria, cio dalle scelte della banca centrale: lofferta di moneta proporzionale allemissione di base monetaria. Inoltre le variazioni di offerta di moneta sono proporzionali alle variazioni della base monetaria immessa nel sistema. LOFFERTA DI MONETA: FORMAZIONE DELLA BASE MONETARIA Lemissione di base monetaria latto della banca centrale di cedere nuovo circolante a qualche soggetto in cambio di qualche acquisto, oppure quello di concedere prestiti in conto corrente a qualcuno, conto corrente dal quale costui pu liberamente prelevare del circolante. Ma la cessione di prestiti, equivale formalmente allacquisto di titoli. Dunque lemissione, o il ritiro di base monetaria consiste in operazioni che la banca centrale effettua sui mercati finanziari: acquisti o vendite di titoli effettuati con altri operatori. Gli unici soggetti titolati ad avere rapporti con la banca centrale sono le banche private o lo stato. Ci sono tre principali canali (cio flussi) attraverso cui la base monetaria pu entrare o uscire dal sistema economico: il canale del Tesoro, il canale privato, il canale estero. 1. Il canale del Tesoro, quella parte del governo che si occupa di deliberare le spese e gestire il debito pubblico, consiste essenzialmente nellaccostare prestiti al governo. Fare prestiti al governo significa acquistare titoli pubblici di nuova emissione che servono a finanziare il deficit pubblico. La banca centrale pu, se lo ritiene, partecipare alle operazioni di collocamento dei titoli pubblici nella veste di sottoscrittore. Comunque la maggior parte delle banche centrali oggi non si presta pi ad acquistare incondizionatamente i titoli di nuova emissione del governo. Dunque questo canale poco rilevante. 2. Il canale privato invece molto rilevante. Ricordiamo che gli unici privati titolati a trattare con la banca centrale sono le banche private. La concessione di prestiti alle banche avviene sostanzialmente in due modi: apertura di credito in conto corrente a favore delle banche; oppure risconto di titoli. Questa seconda operazione consiste in un soggetto che possiede un titolo che per definizione non liquido. Quel soggetto ha per bisogno di liquidit subito. Il titolo ha una scadenza pi avanti nel tempo: dunque se quel titolo ha un valore nominale di 1000 euro, cio d diritto a 1000 euro a scadenza, chi lo compra oggi non disposto a pagarlo 1000 euro. Supponiamo che il titolo scada tra un anno e il tasso di interesse sia il 5% annuo: il suo valore attuale, cio quanto lacquirente disposto a pagare 1000/1,05, cio 952,4 euro circa. Loperazione con la quale un soggetto compra da un altro un titolo con scadenza futura si chiama sconto. Usualmente chi sconta titoli un soggetto specializzato come le banche. Ma anche le banche potrebbero avere bisogno di liquidit e desiderare di farsi scontare titoli in loro possesso, titoli che hanno gi 28

scontato ad alcuni clienti: tale operazione si chiama risconto e pu essere effettuata in particolare presso la banca centrale. In tal caso per non si tratta di trasferimento di liquidit da un privato ad un altro privato, bens di emissione di nuova base monetaria da parte della banca centrale a qualche soggetto. Sia le concessioni di prestiti, sia il riconto di titoli vengono concessi ad un tasso definito dalla banca centrale: tasso ufficiale di sconto (TUS). Poich il tasso ufficiale di sconto quello che le banche private devono pagare per ottenere la liquidit della banca centrale, esso anche la base su cui esse definiscono i tassi a loro volta praticati alla clientela di vario tipo, che saranno maggiori del TUS. Quindi un innalzamento del TUS provoca un innalzamento di tutti i tassi sui mercati. Altre forme di acquisto di titoli da parte della banca centrale possono essere lacquisto di titoli esistenti sul mercato secondario, incluso quelli pubblici: si noti che questo non un acquisto di titoli allemissione, quindi non un finanziamento al Tesoro, bens uno scambio di liquidit contro titoli. Comunque chi cede liquidit in cambio di titoli la banca centrale, si tratta ancora di immissione di base monetaria prima inesistente. La banca centrale pu anche decidere di ritirare base monetaria attraverso il canale privato: ci pu essere ottenuto vendendo titoli, quindi ritirando liquidit dal sistema, oppure chiedendo dei prestiti al sistema. Questo secondo tipo di operazioni si chiamano operazioni pronto contro termine: si ritira un certo ammontare di liquidit oggi per restituirlo a termine, con laggiunta degli interessi. 3. Infine rimane il canale estero. opportuno per ogni economia avere un certo ammontare di moneta estera (detta valuta estera). Questo per poter far fronte ai pagamenti delle transizioni con lestero. Pu accadere che la banca centrale abbia lobiettivo di tenere sotto controllo il prezzo della valuta, che si chiama tasso di cambio: il tasso di cambio di una valuta lammontare di moneta nazionale che serve per comprare ununit di quella valuta. Come accade in tutti i mercati un eccesso di domanda o di offerta delloggetto scambiato tende a far aumentare o diminuire il prezzo, che nel caso della valuta il tasso di cambio. Se per la banca centrale si impegna a tenere stabile il tasso di cambio (come accade nel cosiddetto regime a cambi fissi), in caso di eccesso di domanda di valuta, essa vende valuta al mercato; in caso di eccesso di offerta di valuta essa compra valuta sul mercato. Con questi interventi si stabilizza il tasso di cambio. Ma vendere o acquistare valuta unoperazione che avviene in cambio di moneta nazionale: poich queste operazioni sono effettuate dalla banca centrale, esse danno luogo a variazioni, in diminuzione o aumento, della base monetaria presente nel sistema. Si noti infine che la banca centrale pu controllare indirettamente la moneta presente nel sistema, anche a parit di base monetaria emessa. Questo obiettivo pu essere ottenuto cercando di agire sulla capacit delle banche private di concedere prestiti a fronte dei depositi da esse ricevuti. La banca centrale pu obbligare le banche a detenere una maggiore quantit di riserve (obbligatorie, appunto). In secondo luogo la banca centrale pu indurre le banche private a detenere pi riserve libere, cio pi conti correnti liberi presso la banca centrale stessa. Per fare ci sufficiente innalzare il tasso di sconto: le banche sono cos indotte a depositare di pi presso (o a prendere meno a prestito) la banca centrale. Leffetto sar che le banche potranno prestare meno ai loro clienti, cio creare meno moneta. LA DOMANDA DI MONETA La domanda di moneta, espressa dal pubblico non bancario, domanda di stock, cio domanda per trattenerla ora per eventuali usi futuri. Quindi la domanda di moneta non nasce al momento in cui un soggetto deve effettuare qualche pagamento: in quel momento il soggetto possiede gi la moneta. Il desiderio di detenere moneta deriva dal fatto che si prevede di dover effettuare di regola un certo ammontare di transizioni lungo un certo periodo. Nello stesso periodo avverranno anche degli incassi, ma non bastano per coprire i pagamenti visto lo sfasamento temporale di incassi e pagamenti (quindi necessario detenere sempre moneta liquida). Inoltre la moneta liquida sempre disponibile anche in caso di imprevisti. Dunque il pubblico non bancario vuole trattenere, cio domanda, scorte di moneta per le proprie transizioni. 29

Si noti che lammontare di scorte liquide per le transizioni previste in un dato periodo inferiore al valore di tutte quelle transizioni. Questo vero anche a livello dellintero sistema: una stessa banconota, o uno stesso assegno, sono in grado di saldare diverse transizioni: io pago il mio panettiere, che poi paga il suo fornitore di farina, che poi paga lagricoltore, che poi paga il venditore di sementi, che paga il venditore di aratri, che paga me che sono alle sue dipendenze ecc. Dunque per lintera economia lammontare di moneta necessario a finanziare tutte le transizioni in beni molto inferiore al valore di tutte le transizioni. Tuttavia ovvio che esiste una certa proporzionalit tra lammontare delle transizioni e le scorte monetarie che il pubblico decide di detenere. Siccome poi lammontare delle transizioni chiaramente proporzionale al reddito nazionale, possiamo concluder che la moneta richiesta per questi scopi proporzionale al reddito, con un coefficiente inferiore a uno. Chiamiamo domanda di moneta per le transizioni (o domanda di moneta transattiva) questo tipo di detenzione di moneta, ricordando che proporzionale al reddito. Si ricordi che le transazioni non sono lunico motivo per cui qualche soggetto voglia detenere moneta. Alcuni operatori detengono la loro ricchezza anche in forma finanziaria: gli speculatori vogliono operare sui mercati finanziari per lucrare le differenze tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita che si creano nel tempo, e quindi continuano a spostarsi tra moneta e titoli. Siccome vendere o comprare titoli significa domandare o offrire moneta, ecco che la domanda di moneta dipende anche dal comportamento degli speculatori. Continuando a considerare solo i titoli a lunga durata e a cedola fissa, gli speculatori comprano titoli quando il loro prezzo di mercato basso rispetto al futuro atteso, cio quando il tasso di interesse elevato rispetto al futuro atteso. Se invece il tasso di interesse si abbassa preferiscono vendere titoli. Daltra parte, vendere titoli equivalente a desiderare pi moneta, e viceversa. La moneta ottenuta dagli speculatori con la vendita dei titoli non viene da loro usata per altri scopi se non quello di attendere loccasione per acquistare nuovi titoli. Nella fase in cui il tasso di interesse basso gli speculatori domandano, cio trattengono moneta, vendendo titoli. Questo tipo di domanda di moneta si chiama domanda di moneta per usi speculativi. La domanda di moneta speculativa consiste solo nel tenere moneta oziosa in attesa di comprare titoli a prezzi minori in futuro: quindi una domanda di moneta diversa da quella per le transazioni. Si deve per osservare che le aspettative esistenti nel gruppo di speculatori non possono essere tutte tra loro uguali: se cos fosse non vi sarebbero transazioni sul mercato finanziario. Quindi affinch esistano transazioni occorre che le aspettative sul tasso di interesse futuro siano diverse tra gli operatori. La domanda di moneta per usi speculativi diminuisce al crescere del tasso di interesse e viceversa. Nella nostra analisi esistono solo motivi speculativi e motivi transattivi per detenere moneta, dunque lintera domanda macroeconomica sar: Domanda di moneta: domanda per usi transattivi + domanda per usi speculativi. La domanda complessiva di moneta cresce al crescere del reddito e diminuisce al crescere del tasso di interesse: infatti un aumento del reddito provoca un aumento della domanda transattiva, mentre un aumento del tasso di interesse provoca una diminuzione della domanda speculativa (in quanto si acquistano titoli e si fa uscire pi moneta). LEQUILIBRIO DEL MERCATO MONETARIO E LA CURVA LM Sul mercato monetario si confrontano domanda e offerta di liquidit. A livello macroeconomico, cio aggregato, la domanda di moneta espressa dal pubblico non bancario, famiglie, imprese e stato, mentre lofferta espressa dal sistema bancario, che include banca centrale e banche private. Ovviamente lequilibrio del mercato monetario significa domanda di moneta uguale a offerta di moneta: tutti gli operatori che desiderano moneta la possono trovare, e tutti coloro che la vogliono offrire trovano chi la desideri. Nel ragionamento che segue lofferta di moneta inizialmente considerata come una variabile esogena. La domanda di moneta, invece, dipende dal reddito e dal tasso di interesse. Lequilibrio monetario richiede allora che valga Offerta di moneta = domanda transattiva + domanda speculativa. 30

In questa espressione le uniche variabili rilevanti sono il reddito e il tasso di interesse, che determinano i livelli dei due tipi di domanda di moneta, mentre lofferta di moneta e gli altri parametri sono esogeni. Essendo la domanda composta da due parti, la sua uguaglianza con lofferta che data, pu avvenire in diverse maniere. Se per esempio lofferta di moneta 100, allora lequilibrio si pu realizzare quando domanda transattiva e domanda speculativa valgono entrambe 50, o quando una vale 60 e laltra 40 e infinite altre possibilit. Dunque a parit di offerta di moneta esistono diversi equilibri del mercato monetario, con configurazioni diverse del mercato della domanda: ovvero esistono diverse configurazioni del reddito e del tasso di interesse (che sono le variabili che influenzano i due tipi di domanda). Supponiamo di essere inizialmente in una situazione di equilibrio del mercato della moneta: il reddito e il tasso di interesse assumono, cio, valori tali che la domanda e lofferta di moneta sono tra loro uguali. Se per esempio il reddito aumenta, allora la domanda transattiva di moneta aumenta. Ora il mercato monetario non pi in equilibrio: vi un eccesso di domanda di moneta. Lunico modo per ristabilire lequilibrio che la domanda speculativa diminuisca per compensare laumento di quella transattiva; allora deve aumentare il tasso di interesse. Allora quando uno tra tasso di interesse e reddito aumenta, anche laltro deve aumentare per mantenere in equilibrio il mercato monetario. La relazione crescente tra reddito e tasso di interesse pu essere disegnata su un grafico con una curva che si chiama curva LM (per ricordare lequilibrio tra domanda di liquidit e offerta di moneta).

Il punto A appartiene alla curva LM, quindi un punto di equilibrio. La coppia di valori Y0 e i0 rappresenta il livello di reddito e di tasso di interesse che garantiscono luguaglianza tra la domanda totale, somma di quella speculativa e di quella transattiva, e lofferta di moneta. Anche B in equilibrio (si noti che infatti entrambe le variabili sono aumentate). Invece punti come C o D non sono punti di equilibrio. Il punto C ha in corrispondenza del livello del tasso di interesse i0, che induce un certo ammontare della domanda speculativa, un reddito Y1 che denota una domanda transattiva superiore allequilibrio. Dunque in C c un eccesso di domanda di moneta e cos accade a tutti i punti che giacciono sotto la LM, che possiamo descrivere come L>M. Viceversa in corrispondenza del punto D e di tutti i punti che giacciono sopra la curva LM il tasso di interesse i1 troppo alto per garantire lequilibrio con il reddito Y0. Allora c un eccesso di offerta di moneta determinato da troppa scarsa domanda per usi speculativi stante una certa domanda transattiva. Tutti questi punti possono essere descritti come M>L. Se il mercato della moneta non in equilibrio sicuro che lequilibrio si pu ristabilire. Prendiamo ad esempio un punto come C. In tal caso gli operatori, per essere indotti a privarsi di pi moneta, la cui domanda troppo vivace, pretendono un tasso di interesse pi alto. Nel frattempo coloro che desiderano moneta, che pochi vogliono offrire, accetteranno di pagare quel tasso pi alto. Sappiamo infatti che il tasso di interesse il prezzo della liquidit. Quindi in seguito a questo squilibrio il tasso di interesse aumenta, cos la domanda di moneta per usi speculativi diminuisce e diminuisce anche la domanda totale, cosicch il 31

mercato torna in equilibrio. Il contrario accadr per il punto D. Allora in casi di squilibrio di questo genere si hanno aggiustamenti in direzione verticale. Ma se lofferta di moneta (fino ad ora considerata fissa) variasse per decisione della banca centrale cambia la configurazione. Si ipotizzi un aumento dellofferta di moneta, se il tasso di interesse e il reddito continuano ad assumere i valori precedenti, il mercato della moneta non pi in equilibrio. Ci significa che la curva LM non passa pi per il punto della domanda di moneta che generava lequilibrio precedente. Per riportare allequilibrio occorre che anche la domanda aumenti. Ci accade solo se il reddito aumenta a parit del tasso di interesse (spostamento verso destra) o che il tasso di interesse diminuisca a parit di reddito (spostamento verso il basso) o che avvengano entrambi i movimenti. Allora la nuova curva LM deve essere pi in basso e pi a destra rispetto la precedente. Sappiamo per che ad aggiustarsi in caso di squilibri monetari il tasso di interesse e non il reddito: si tratta allora di un movimento della variabile posta sullasse verticale, quindi in seguito ad aumenti dellofferta di moneta la curva LM si sposta verso il basso. Allora in caso di diminuzioni di offerta di moneta la curva LM si sposter verso lalto. Supponiamo ora un alto caso: sempre a partire da un precedente equilibrio mutano le aspettative degli speculatori sul tasso di interesse futuro. Per esempio tutti si aspettano oggi un tasso futuro maggiore rispetto a quanto si aspettavano fino a ieri. Ci significa che essi attendono un prezzo futuro dei titoli inferiore a quanto si aspettassero fino a ieri: questo spinge parte degli speculatori a vendere titoli per evitare perdite in conto capitale, e cio a domandare pi moneta. Questo aumento esogeno della domanda di moneta per usi speculativi fa s che la domanda complessiva aumenti a parit di tutto il resto, in particolare del reddito e del tasso di interesse. Se per lofferta di moneta non variata ci troviamo in una situazione di eccesso di domanda di moneta. Allora il tasso di interesse dovr aumentare, cos gli speculatori richiederanno meno moneta (acquistando titoli) e il mercato torner in equilibrio. Dunque il nuovo punto di equilibrio si deve trovare pi in alto nel grafico, cio la nuova curva LM pi in alto di prima. Dal punto di vista grafico abbiamo una situazione simile a quella in cui la banca centrale fa ridurre lofferta di moneta. Si noti allora la somiglianza tra una diminuzione esogena dellofferta di moneta, provocata dalla banca centrale, e un aumento esogeno della sua domanda, causato da un maggior desiderio degli speculatori di liberarsi di moneta. Entrambe le circostanze provocano uno spostamento verso lalto della curva LM e un innalzamento del tasso odierno. Si osservi inoltre che lattesa di un certo movimento futuro di una variabile tende a produrre subito quel movimenti: infatti laspettativa di un maggior tasso di interesse futuro provoca uno spostamento della LM verso lalto e un innalzamento del tasso odierno.

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6) LEQUILIBRIO MACROECONOMICO IN UNECONOMIA CHIUSA


LO SCHEMA IS - LM Abbiamo visto che per il mercato dei beni il reddito di equilibrio dipende anche, via gli investimenti, dal tasso di interesse. Per il mercato della moneta, via la domanda di moneta transattiva, lequilibrio dipende anche dal reddito. Di conseguenza i due mercati sono tra loro interdipendenti. Studiando i due mercati simultaneamente si pu trovare lequilibrio generale. Si supponga che sia inizialmente in equilibrio il mercato dei beni ma non quello della moneta, che ha un eccesso di domanda. Il tasso di interesse tender a salire per riequilibrare il mercato. Ma mentre il mercato della moneta si riequilibra grazie allaumento del tasso di interesse, c anche una caduta degli investimenti che fa diminuire la domanda dei beni. Allora il reddito diminuisce per tenere in equilibrio il mercato dei beni. Ma questa diminuzione del reddito fa ridurre la domanda di moneta per le transazioni, quindi c un eccesso di offerta di moneta che fa riabbassare il tasso di interesse e rinizia il ciclo. Per verificare che si fermer questo processo e si arriver allequilibrio si disegnano le due curve nello stesso sistema di assi (per entrambe reddito e tasso di interesse).

Dove la curva IS (che rappresenta tutti i punti di equilibrio del mercato dei beni) incontra la curva LM (che rappresenta i punti di equilibrio per il mercato della moneta) ci sar lequilibrio generale, detto equilibrio macroeconomico interno, nel senso che si riferisce alle sole variabili interne delleconomia nazionale (si ricordi che stiamo valutando il caso di uneconomia chiusa). Il punto E rappresenta la situazione di equilibrio macroeconomico interno, ed ovviamente lunico possibile, perch due curve (una crescente e una decrescente) si incontrano in un solo punto. I punti diversi da e non sono in equilibrio, ad esempio sopra E c un eccesso di offerta di moneta perch siamo sopra la LM e c un eccesso di offerta dei beni perch siamo a destra della IS. Se ci troviamo in situazioni di squilibrio poich siamo al di fuori della LM (il mercato della moneta non in equilibrio) ci saranno reazioni stabilizzatrici del tasso di interesse e nel grafico ci saranno spostamenti verticali verso la curva LM. Se invece la condizione rappresentata da un punto fuori dalla IS (il mercato dei beni non in equilibrio) ci saranno reazioni stabilizzatrici del reddito e quindi spostamenti orizzontali verso la IS. Quindi se leconomia non in equilibrio varier il tasso di interesse per gli squilibri monetari e il reddito per gli squilibri del mercato dei beni (per il principio della domanda effettiva). Si parla di equilibrio stabile se qualche disturbo esterno sposta il sistema dal suo punto di equilibrio e poi il sistema torna in quella posizione.

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LE POLITICHE ECONOMICHE NELLO SCHEMA IS LM La banca centrale pu attuare delle politiche monetarie che richiedono modificazioni dellofferta di moneta. Invece il governo pu attuare delle politiche fiscali che modificano le voci del suo bilancio, cio la spesa pubblica e la tassazione. Le politiche economiche, sia monetarie sia fiscali, possono poi classificarsi in espansive e restrittive, cio potranno avere lo scopo di far aumentare o diminuire il reddito di equilibrio. Cominciamo con una politica monetaria espansiva (aumento dellofferta di moneta). Aumentando lofferta di moneta la curva LM si sposta verso il basso, poich si abbassa il tasso di interesse. Labbassamento del tasso di interesse per fa aumentare gli investimenti e dunque il reddito.

Supponiamo che inizialmente il reddito sia Y1 e il tasso di interesse sia i1. In seguito ad una espansione monetaria la curva LM1 si sposta verso il basso nella posizione LM2, perch il nuovo equilibrio monetario richiede, a parit di reddito, un tasso di interesse pi basso: con questa manovra infatti si creato un iniziale eccesso di offerta della moneta. Allora quando il tasso di interesse comincia a scendere, gli investimenti aumentano, facendo aumentare il reddito: si pu interpretare questo fenomeno come uno slittamento del punto di equilibrio del mercato dei beni lungo la IS verso il basso e a destra. Laumento del reddito fa poi crescere la domanda di moneta transattiva, cosa che si accoppia allaumento di domanda di moneta speculativa, provocato dalla discesa del tasso di interesse. Dunque aumenta la domanda complessiva di moneta, e, aumentando si approssima sempre di pi allofferta. La diminuzione del tasso e laumento del reddito continuano sino a che le due variabili assumono i valori Y2 e i2, che costituiscono lequilibrio finale. Ne segue che una politica monetaria espansiva ha leffetto di far crescere il reddito, e dunque loccupazione, attraverso una discesa del tasso di interesse che provoca aumento degli investimenti privati. Se invece si attua una politica fiscale espansiva, tramite un aumento della spesa pubblica decretato dal governo o una riduzione della tassazione, avremo lo stesso effetto grafico nei due casi se la riduzione sulla tassazione autonoma. Infatti sia laumento di spesa pubblica che il taglio di tassazione autonoma danno luogo ad un aumento di domanda autonoma, e la IS si sposta verso destra. Se invece la riduzione della tassazione avviene tramite un taglio dellaliquota fiscale, ci provoca un aumento del moltiplicatore keynesiano, e non della domanda autonoma: allora si pu dimostrare che non solo la IS si sposta verso destra, ma diviene anche pi orizzontale (ma tralasciamo questo secondo caso). La politica fiscale espansiva opera in modo autonomo e la IS trasla verso destra. Una manovra fiscale espansiva fa sicuramente aumentare il reddito: un aumento della domanda autonoma, via il moltiplicatore, si traduce in un aumento di reddito.

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Prima della manovra fiscale espansiva, lequilibrio macroeconomico si realizzava per i valori Y1 e i1 in corrispondenza dellintersezione della LM con la IS1. Lespansione fiscale fa spostare la curva verso destra fino a IS2. In seguito allaumento della spesa pubblica il reddito aumenta. Questo aumento per induce anche a un aumento della domanda per usi transattivi. Poich stiamo considerando data lofferta di moneta, si genera un eccesso di domanda sul mercato monetario, cos da provocare un rialzo del tasso di interesse. Questa crescita del tasso di interesse accompagnata ad un aumento del reddito pu essere visto come uno slittamento lungo la LM verso lalto e verso destra, sino a che non si raggiunge la nuova posizione di equilibrio generale. Un rialzo del tasso di interesse deprime per gli investimenti, che sono domanda autonoma come la spesa pubblica, quindi una volta che il sistema si posizionato nel nuovo equilibrio ci aspettiamo che il reddito sia aumentato meno di quanto sarebbe aumentato in assenza di retroazione del mercato monetario. Infatti laumento della spesa pubblica parzialmente compensato dalla contestuale riduzione degli investimenti. come se il tentativo di far aumentare la domanda attraverso unespansione fiscale, per esempio un aumento della spesa pubblica, fosse in parte vanificato da una contemporanea riduzione della domanda privata, gli investimenti. Questo fenomeno ha preso il nome di effetto di spiazzamento: quando la spesa pubblica entra sulla scena, butta fuori altrettanta spesa privata e leffetto finale sul reddito praticamente nullo.

Aumenta il tasso di interesse e c quindi una diminuzione della domanda privata. Ma la figura mostra che esiste un effetto netto positivo dellespansione fiscale sul reddito: infatti il nuovo reddito di equilibrio maggiore del precedente, pur avendo tenuto conto della contemporanea diminuzione degli investimenti. Pi precisamente lo spostamento orizzontale della curva IS verso destra, pari al tratto AC, misura di quanto aumenterebbe il reddito a seguito dellespansione fiscale, nel caso in cui il tasso di interesse rimanesse invariato (sarebbe la variazione del reddito data dal prodotto tra la variazione di spesa pubblica e moltiplicatore). Ma questi meccanismi provocano anche un aumento del tasso di interesse, e quindi una riduzione degli investimenti: allora il reddito di equilibrio aumenta solo di un ammontare pari ad AB. Il mancato aumento BC misura proprio leffetto spiazzamento. Finora abbiamo studiato il caso di effetti di politiche fiscali con politiche monetarie ferme. Per la banca centrale potrebbe decidere di intervenire sul mercato per rafforzare gli effetti della spesa pubblica (magari per aiutare il governo a stimolare reddito e occupazione). Supponiamo che dopo un aumento della spesa pubblica, la banca centrale attui unespansione monetaria sottoscrivendo titoli emessi dal governo o immettendo per altra via liquidit per aiutare il sistema a far fronte allaumento di reddito. In entrambi i casi la curva LM si sposta verso il basso (e anche verso destra). Se mentre si sposta la LM si sposta anche la IS, lequilibrio finale sar tale per cui il tasso di interesse non varier di molto e dunque leffetto spiazzamento sar modesto. Questo tipo di decisione da parte della banca centrale si chiama politica monetaria accomodante.

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7) LECONOMIA APERTA
INTRODUZIONE E DEFINIZIONI Ogni sistema economico effettua transizioni con il resto del mondo: acquisto e vendita di beni e servizi, cio flussi (inclusi i servizi di lavoro); e acquisto e vendita di stock reali (imprese, immobili, terreni) e stock finanziari (titoli). Il primo tipo di transizioni d luogo a quelle che vengono chiamate le partite correnti: esse registrano il valore dei beni o servizi acquistati e venduti. Il secondo tipo costituisce i movimenti di capitale, che registrano il valore dei fondi acquistati o venduti (al giorno doggi si tratta soprattutto di transazioni di stock finanziari). Si chiama saldo delle partite correnti la differenza tra le entrate e le uscite correnti avvenute in un certo periodo di tempo e si chiama saldo dei movimenti di capitale la differenza tra vendite e acquisti in conto capitale avvenuti in quel dato periodo di tempo. A fronte delle transazioni economiche descritte avvengono incassi e pagamenti che costituiscono i movimenti monetari (o valutari). Il conto che registra le transizioni con il resto del mondo si chiama bilancia dei pagamenti. La somma di tutte le transazioni economiche pi tutti i movimenti monetari deve dare identicamente un valore nullo. Inoltre ovvio che la somma dei saldi di partite correnti e di movimenti di capitale, cio della transazioni economiche, sempre pari in valore assoluto, e di segno opposto, alla loro contropartita valutaria, cio al saldo dei movimenti valutari. Tra le transazioni economiche che implicano un incasso troviamo: le vendite a non residenti di beni o servizi prodotti dalle imprese nazionali (inclusi i consumi nel nostro territorio dei non residenti), cio le esportazioni di beni e servizi, indicate con X; le prestazioni di servizi di lavoro a favore di imprese non residenti; gli interessi incassati dai residenti che hanno effettuato prestiti a non residenti; i trasferimenti unilaterali da non residenti a residenti; la vendita di stock reali o di titoli finanziari a non residenti, vale a dire gli afflussi di capitale. Per simmetria si identificano le operazioni che implicano un pagamento: importazioni di beni e servizi (inclusi i consumi allestero dei residenti), indicate con Z; redditi guadagnati da non residenti sul nostro territorio; interessi passivi (cio versati da residenti a non residenti); trasferimenti unilaterali da residenti a non residenti; acquisto di stock reali o titoli esteri. Tra le voci di partite correnti, quelle di gran lungo pi importanti sono le esportazioni e le importazioni di beni e servizi. Per quanto riguarda le transazioni in conto capitale le pi importanti sono le compravendite di titoli. Riassumendo: saldo delle partite correnti SPC = esportazioni importazioni = X- Z saldo dei movimenti di capitali MC = vendite acquisto di titoli saldo della bilancia dei pagamenti SBP = SPC + MC saldo dei movimenti valutari SMV = -SBP = -(SPC + MC) Essendoci monete diverse per diverse economie, chi incassa valuta estera in generale la rioffre in cambio di valuta nazionale. Se i residenti dellarea A effettuano acquisti nellarea B c un deflusso di valuta. Il residente di A pu far pervenire propria moneta a B, il quale la dovr convertire. Oppure pu accadere che il residente di A converta prima in moneta di B e poi paghi gi con la moneta di B. In entrambi i casi accade che qualche operatore offra moneta di A in cambio di moneta di B. Dunque unoperazione passiva di bilancia dei pagamenti per una certa economia A implica una domanda di valuta delleconomia B e una contestuale offerta di moneta delleconomia A. Il contrario accade per le esportazioni e le vendite di titoli per cui c unofferta di valuta estera contro moneta nazionale. Pu accadere che ci sia squilibrio nella bilancia dei pagamenti: per esempio un deficit della bilancia dei pagamenti , cio un valore negativo della somma dei suoi saldi di partite correnti e di movimenti di capitale, significa SBP<0, che implica SMV>0, che equivale a un deflusso di valuta estera: nelleconomia in questione si sta verificando un eccesso di domanda di valuta estera. Si comprende che le banche devono detenere riserve di valuta estera. Ne segue che nei casi in cui vi sia un deficit della bilancia dei pagamenti, cio c un eccesso di domanda di valuta estera, il sistema deve diminuire le proprie riserve (se la bilancia dei pagamenti in avanzo accade il contrario). 36

Allora solo erroneamente si pu pensare che un afflusso continuo di valuta estera sia un fattore positivo: infatti questi implica un deflusso continuo in unaltra economia. Per tale ragione il concetto di equilibrio pi ragionevole per la bilancia dei pagamenti che il saldo dei movimenti valutari sia nullo, ovvero il saldo della bilancia dei pagamenti sia anchesso nullo. Ricordando che SBP = SPC + MC si ha equilibrio con lestero se: Equilibrio della bilancia dei pagamenti : SPC + MC = 0 Si osservi che, poich la valuta estera deve per forza essere scambiata contro moneta nazionale, afflussi o deflussi netti di valuta implicano una tendenziale variazione della moneta nazionale in circolazione nel sistema. TASSO DI CAMBIO E MERCATO DELLA VALUTA Le operazioni con lestero determinano scambi tra moneta nazionale e valuta estera tramite il tasso di cambio. Il tasso di cambio pu essere certo per incerto se indica quante unit di moneta nazionale occorrono per acquistare una unit della valuta estera; oppure pu essere incerto per certo se indica quante unit di valuta estera occorrono per ottenere ununit di valuta nazionale. Il tasso di cambio certo per incerto dunque il prezzo della valuta estera in termini di moneta nazionale. Quando lammontare di moneta nazionale necessario per acquistare una unit di valuta estera aumenta si dice che la moneta nazionale si svaluta, ovvero che avviene una svalutazione. Nel caso contrario parliamo di rivalutazione della moneta. Dunque con la convenzione certo per incerto una svalutazione significa un aumento del tasso di cambio, e una rivalutazione equivale ad una diminuzione del tasso di cambio. Linsieme degli scambi tra moneta nazionale e valuta estera prende il nome di mercato della valuta. Su questo mercato se si verifica un eccesso di domanda di valuta estera il suo prezzo, il tasso di cambio, tende ad aumentare, cio la moneta nazionale si svaluta. Se invece si verifica un eccesso di offerta di valuta estera il tasso di cambio tende a diminuire e la moneta nazionale si rivaluta. Allora se la bilancia dei pagamenti ha saldo positivo implica che vi un flusso netto di valuta estera, si determina allora un eccesso di offerta di valuta estera, che sul mercato della stessa tende a provocare una rivalutazione della moneta nazionale, cio una diminuzione del tasso di cambio certo per incerto. Se invece c un saldo negativo della bilancia dei pagamenti avviene il contrario. Chiaramente se la bilancia dei pagamenti in equilibrio non vi sono tensioni e il tasso di cambio non varia. MERCATO DELLA VALUTA E BILANCIA DEI PAGAMENTI Una svalutazione della moneta nazionale implica che occorrono meno unit di valuta estera per acquistare ununit di valuta nazionale. Fermi restando i prezzi delle merci prodotte allinterno espressi in moneta nazionale, dopo una svalutazione queste merci nazionali costano meno di prima per i non residenti, cos si stimolano le esportazioni. Se invece c rivalutazione di moneta nazionale si stimolano le importazioni. Dallaltra parte una svalutazione di moneta nazionale le merci prodotte allestero diventano pi costose per la moneta nazionale, quindi diminuiscono le importazioni. Se invece c rivalutazione di moneta nazionale diminuiscono le esportazioni. Dunque si pu concludere che una svalutazione provoca un miglioramento del saldo delle partite correnti, cio della differenza tra esportazioni e importazioni, mentre una rivalutazione ne provoca un peggioramento. Ad esempio supponiamo che la bilancia dei pagamenti sia in deficit, cio gli incassi siano inferiori ai pagamenti. Ci sar un eccesso di domanda di valuta estera, da cui consegue una svalutazione nazionale. Ma una svalutazione provoca un aumento delle esportazioni e una diminuzione delle importazioni: dunque la bilancia delle partite correnti migliora, sino a quando lintera bilancia dei pagamenti non di nuovo in pareggio. Quindi avviene un processo automatico di ristabilizzazione tramite variazioni del tasso di cambio. Il contrario accade se c invece un surplus iniziale della bilancia dei pagamenti. Questo ragionamento ha tuttavia un limite, infatti le variazioni di importazioni e esportazioni riguardano le quantit, invece la bilancia dei pagamenti, in quanto documento contabile espressa in valore (usualmente in moneta nazionale). Ora in seguito ad una svalutazione e a parit di prezzi delle merci interne, il valore delle esportazioni, cio il prodotto tra quantit e prezzo, aumenta sicuramente (in quanto i prezzi non cambino e le quantit esportate aumentano). Sul lato delle importazioni invece accade che le quantit importate diminuiscono in seguito ad una svalutazione, ma nel frattempo proprio a 37

causa di questa svalutazione e a parit di prezzo in valuta estera, il loro prezzo in moneta nazionale aumenta. Dunque il valore delle importazioni in moneta nazionale potrebbe sia aumentare, sia diminuire: infatti il valore delle importazioni dato dal prodotto tra prezzo e quantit, in cui il primo aumenta e il secondo diminuisce, e a seconda delle loro variazioni si avranno risultati diversi. Sappiamo che il prodotto tra quantit e prezzo rimane invariato solo se lelasticit della domanda di importazioni al loro prezzo uguale a uno. Supponiamo che i prezzi dei beni interni delle diverse aree, espressi in termini delle rispettive monete, rimangano costanti. Allora il prezzo delle importazioni espresso in moneta nazionale dipende solo dal tasso di cambio: quanto varia il tasso di cambio, allora varia anche il prezzo dei beni importati. Dunque lelasticit delle importazioni al prezzo in lire equivale allelasticit delle importazioni al tasso di cambio. Se lelasticit delle importazioni al tasso di cambio minore di uno, cio se la variazione percentuale della quantit inferiore alla variazione percentuale del tasso di cambio, allora il valore delle importazioni aumenta in seguito alla svalutazione: infatti quando il tasso di cambio aumenta in seguito di una variazione percentuale, i prezzi unitari in moneta nazionale aumentano della stessa percentuale, ma le quantit importate diminuiscono di meno di quella percentuale: allora il prodotto tra prezzo e quantit aumenta. Se invece lelasticit delle importazioni al tasso di cambio maggiore o uguale a uno, cio se la variazione percentuale della quantit maggiore o uguale alla variazione percentuale del tasso di cambio, allora in seguito alla svalutazione il valore delle importazioni non aumenta perch il prezzo aumenta ma la quantit diminuisce di almeno altrettanto. Infatti in questo caso il valore delle esportazioni aumenta e quello delle importazioni non aumenta, cosicch la loro differenza aumenta. Nel primo caso, quello in cui lelasticit delle importazioni al tasso di cambio inferiore a uno, non si pu dire ancora nulla di definitivo: sia le importazioni, sia le esportazioni aumentano in valore, per cui la loro differenza non ha un andamento certo. Tuttavia si pu dimostrare che affinch una svalutazione migliori davvero la bilancia commerciale deve essere soddisfatta la cosiddetta condizione di Marshall-Lerner: la somma delle elasticit di importazioni ed esportazioni al tasso di cambio, prese in valore assoluto, deve essere maggiore di uno. Dunque se la condizione di Marshall-Lerner non fosse soddisfatta non sarebbe pi vero che una svalutazione assicura il riequilibrio di una bilancia dei pagamenti in deficit. TASSO DI CAMBIO E MOVIMENTI DI CAPITALE Lidea che la flessibilit dei tassi di cambio sia garanzia di riequilibrio automatico delle bilance dei pagamenti pone un altro problema: non vero che il tasso di cambio dipende solo dalla bilancia delle partite correnti e che influenzi solo quella. Infatti il saldo della bilancia dei pagamenti possiede anche il saldo dei movimenti di capitale. In primo luogo sappiamo che i movimenti di capitale sono operazioni che spesso puntano a guadagni in conto capitale, cio guadagni che dipendono da mutamenti del valore degli oggetti acquistati, e non dal loro rendimento in termini di cedole o interessi: si comprano oggi titoli di un certo paese e si spera che il loro prezzo aumenti in futuro. Facciamo un esempio: i Treasury Bonds (TB) del governo USA sono denominati in dollari e si possono acquistare solo in dollari. I non residenti in USA allora dovranno procurarsi dollari per comprare BT, viceversa un non residente USA che possiede BT e li vende ricever dollari che poi vorr convertire nella sua moneta. Dunque se il dollaro si svaluta rispetto alla moneta nazionale tra il momento in cui si acquistano e quello in cui si vendono i TB, allora il non residente che li ha comprati subisce una perdita dovuta alla variazione del tasso di cambio; il contrario accade se il dollaro si rivaluta. Allora la scelta di effettuare oggi transazioni internazionali in titoli dipende anche dal tasso di cambio odierno e da quello atteso per il futuro. Pertanto il saldo dei movimenti di capitale di una bilancia dei pagamenti risulta influenzato anche dai movimenti del tasso di cambio. In secondo luogo anche i movimenti di capitali danno luogo a domanda e offerta di valuta, che serve a saldare quei movimenti. Dunque forti movimenti di capitali internazionali provocano tensioni sui cambi: non detto che il meccanismo della flessibilit dei tassi di cambio sia sufficiente a tenere in equilibrio i conti con lestero. La svalutazione di una moneta potrebbe non essere sufficiente a ristabilire un equilibrio, specie se gli speculatori si convincono che uniniziale svalutazione si porter appresso unulteriore svalutazione. Questo il tipico fenomeno di auto-rafforzamento indotto dallattivit speculativa sui mercati finanziari: leffetto potrebbe essere una decisa instabilit dei tassi di cambio. Tale instabilit penalizza il 38

commercio reale tra aree economiche. Inoltre al giorno doggi i movimenti internazionali di capitale sono di un ammontare molto superiore del valore del commercio di beni e servizi. Dunque, se il regime di cambi di libera fluttuazione e se ci incentiva le speculazioni sulle variazioni future dei cambi, le conseguenti forti fluttuazioni dei tassi di cambio possono penalizzare di molto il commercio reale. Per questa ragione molte aree economiche tendono a garantire tassi di cambio relativamente stabili. Ma un regime di cambi stabili non pu durare se le aree economiche coinvolte sperimentano tassi di inflazione, cio tassi di crescita dei prezzi interni, stabilmente diversi tra loro. Infatti in queste circostanze i beni delle economie con inflazione maggiore diventano sempre pi costosi sui mercati internazionali, dato che i tassi di cambio sono fissi, per cui la domanda internazionale di quei beni si riduce. Alla lunga gli esportatori di queste economie cominceranno a premere per cercare di risollevare le loro sorti attraverso una svalutazione competitiva. In modo analogo difficile che i tassi di cambio rimangano stabili tra economie che hanno tassi di interesse tra loro stabilmente diversi. Infatti defluiranno continuamente capitali dalle aree con tassi di interesse minori a quelle con tassi di interesse maggiori: le prime avranno una bilancia dei pagamenti tendenzialmente in deficit e le seconde in surplus, per cui vi disequilibrio nei conti con lestero per entrambe le aree. Ne seguono continue tensioni sui tassi di cambio. Infine bisogna ricordare che tutti i tipi di speculazione finanziaria, inclusa quella internazionale, si fanno guidare dalle aspettative sul futuro, e non solo dai tassi di interesse correnti. Allora il mantenimento di cambi fissi molto impegnativo, ma porta molti vantaggi al commercio internazionale dei beni: in sua assenza gli eccessi della speculazione rendono incerte le operazioni reali. Per i cambi fissi non si possono imporre per decreto, essi si determinano infatti comunque sui mercati delle valute: gli eccessi di domanda di una valuta tendono a provocarne una rivalutazione e viceversa, e quindi inducono deviazioni della fissit dei cambi. Ci che occorre a stabilizzare i cambi, oltre a condizioni macroeconomiche non troppo difformi, una continua vigilanza e intervento da parte della autorit monetarie. IL MERCATO INTERNO DEI BENI DI UNECONOMIA APERTA Studiamo allora il bilancio delle partite correnti e le sue relazioni con il mercato interno dei beni, nellipotesi di cambi fissi, cominciando dalle importazioni. vero che le importazioni variano al variare dei prezzi dei prodotti da importare, ma per ipotesi stiamo escludendo variazioni di prezzi e di cambi: quindi le importazioni non subiscono influenze da questi fattori. Per le importazioni non sono indipendenti dagli andamenti di altre variabili delleconomia: lesigenza di importare dallestero dipende anche da quanto la nostra economia produce e domanda: esistono molte risorse che leconomia non produce, oppure beni che sono prodotti pi facilmente in altre economie. Ma la produzione e domanda interne alle economie sono rappresentate dal reddito: allora le importazioni dipendono dal reddito nazionale. Si pu affermare che le importazioni aumentano allaumentare del reddito nazionale. Per quanto riguarda invece le esportazioni, queste non sono altre che le importazioni del resto del mondo, dunque dipendono dal reddito del resto del mondo. Tuttavia possiamo ipotizzare che la nostra economia sia relativamente piccola rispetto al resto del mondo: ci che accade da noi non pu influenzare il reddito del resto del mondo. Ne segue che le esportazioni, dati i prezzi e i tassi di cambio, possono essere considerate esogene (perch indipendenti dalle nostre variabili macroeconomiche). Ricordiamo che in uneconomia aperta le importazioni sono sul lato dellofferta, mentre le esportazioni sono una voce di domanda di prodotti nazionali. In particolare le esportazioni, in quanto esogene, sono domanda autonoma. Le importazioni possono essere invece interpretate come una domanda negativa: quando esse aumentano, si riduce la domanda rivolta alle nostre imprese nazionali. Allora la condizione di equilibrio in un economia aperta sar: Y = C + I + G + X Z Le esportazioni, essendo domanda autonoma, stimolano positivamente leconomia: un loro aumento, tramite il moltiplicatore, fa aumentare il reddito dequilibrio. La domanda estera, dunque, influisce sulla produzione e loccupazione interne. Si ricordi che il moltiplicatore dipende dal fatto che in seguito ad un aumento della domanda autonoma, laumento di reddito prodotto dalle imprese per soddisfare questa maggiore domanda induce ulteriori aumenti di domanda (per consumo) rivolti alle imprese nazionali stesse. Alla fine il reddito aumenta pi di 39

quanto sia aumentata la domanda autonoma. Tuttavia, in uneconomia aperta, nella quale le importazioni dipendono positivamente dal reddito, ogni volta che il reddito aumenta s vero che la domanda indotta aumenta, ma una parte di questa maggior domanda viene ora rivolta alle imprese estere (importazioni) anzich a quelle nazionali. Ogni singolo passo del processo moltiplicativo adesso inferiore rispetto a prima, perch una quota minore del reddito prodotto dalle imprese nazionali si traduce in nuova domanda rivolta alle stesse imprese: una parte ora si disperde in domanda rivolta allestero. Per tale ragione il moltiplicatore di uneconomia aperta inferiore a quello di uneconomia chiusa che abbia la medesima propensione marginale al consumo e la medesima aliquota per la tassazione. Matematicamente si ha: 1. Y + Z = C + I + G + X in cui X = X0 (esportazioni autonome) e Z = Z0 + zY dove z la propensione marginale ad importare che dipende dal reddito. 2. Allora lequilibrio del mercato dei beni sar: Y + Z0 + zY = C0 + (1 t)bY bT0 + I(i) + G + X0 3. Y - (1 t)bY + zY = C0 bT0 + I(i) + G + X0 Z0 4. Y[1 (1 t)b + z] = C0 bT0 + I(i) + G + X0 Z0 5. Y* = [C0 bT0 + I(i) + G + X0 Z0] in cui il moltiplicatore del mercato dei beni in uneconomia aperta. Se dunque in uneconomia aperta si verifica qualche aumento di domanda autonoma, ci provoca sicuramente un aumento del reddito, questo aumento per inferiore a quello che si verificherebbe in uneconomia chiusa. Per la costituzione del moltiplicatore quando una domanda molto aperta agli scambi con lestero, nel senso che la dipendenza delle importazioni dal reddito elevata, gli eventuali tentativi delle autorit di stimolare lattivit interna si scontrano col fatto che la bilancia dei pagamenti viene deteriorata. Resta anche vero che uneconomia aperta agli scambi con lestero pu confidare, invece, nelle esportazioni come fonte di domanda: se le esportazioni aumentano il reddito aumenta per via del moltiplicatore, ma il conseguente aumento delle importazioni non crea problemi per la bilancia dei pagamenti, proprio perch nel frattempo stanno aumentando le esportazioni. Dunque in certe fasi uneconomia potrebbe preferire farsi tirare dalla domanda estera, cio attendere che siano le altre economie ad esprimere maggior domanda estera, anzich essere essa stessa a dar via ad unespansione interna. Ma supponiamo che anche le altre economie siano restie a stimolare la propria domanda interna per timore di un deterioramento della loro bilancia dei pagamenti: c il rischio che se tutti temono di essere i primi a espandere lattivit interna, nessuno si muova perch danneggerebbe la propria bilancia dei pagamenti, migliorando nel frattempo quella degli altri. Leconomia internazionale allora pu rimanere intrappolata in una fase di bassi livelli di attivit. Questo problema potrebbe essere risolto se tutti stimolassero contemporaneamente la propria attivit interna tramite un coordinamento internazionale delle politiche economiche. Tornando al mercato dei beni di uneconomia aperta, dal punto di vista qualitativo, ogni aumento di domanda autonoma provoca un aumento del reddito di equilibrio, bench in misura inferiore. Allora continua ad esistere una relazione decrescente tra tasso di interesse interno e reddito nazionale. Questa relazione si interpreta con la solita curva IS. Per quanto riguarda la LM di uneconomia aperta si deve considerare che il mercato della moneta quello della moneta nazionale. La domanda di moneta per transazioni sar ancora proporzionale al reddito. La domanda di moneta per usi speculativi continuer a dipendere dal tasso di interesse interno: se questo aumenta un maggior numero di speculatori domanda titoli nazionali. Per quanto riguarda gli speculatori nazionali, essi vogliono dunque detenere meno moneta nazionale. Ci non accade invece per gli speculatori esteri: se tali speculatori acquistano nostri titoli, essi di fatto non stanno cedendo nostra moneta nazionale che prima detenevano. Ne segue che la domanda di moneta nazionale per usi speculativi reagisce al tasso di interesse in modo uguale al caso di uneconomia chiusa (infatti influenzata solo dagli speculatori interni), cio ancora una funzione decrescente del tasso di interesse interno. Quindi anche la curva LM rimane la stessa. In conclusione lequilibrio sui due mercati (quello dei beni e quello della moneta) di uneconomia aperta, congiuntamente rappresenta la stessa situazione dellequilibrio interno (lo stesso schema IS-LM).

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LEQUILIBRIO ESTERNO DI UNECONOMIA CON CAMBI FISSI Lequilibrio della bilancia dei pagamenti (a volte detto equilibrio esterno) SBP = SPC + MC = 0. Sappiamo gi da cosa dipende il saldo delle partite correnti nellipotesi di cambi fissi: esso dipende solo dal reddito, nel senso che se il reddito aumenta anche le importazioni aumentano, mentre le esportazioni esogene rimangono costanti; dunque se il reddito aumenta il saldo delle partite correnti peggiora. Passiamo al saldo dei movimenti di capitale: supponiamo che i diversi speculatori internazionali abbiano aspettative date sui tassi dinteresse futuri delle diverse economie (ci non significa che tutti abbiano le stesse aspettative). Ne segue che se in una qualche economia il tasso di interesse odierno aumenta, cio il prezzo odierno dei titoli diminuisce, cresce il numero di coloro che si aspettano di poter ottenere un guadagno in conto capitale acquistando titoli di quelleconomia. Il rialzo odierno del tasso di interesse di uneconomia A fa aumentare il guadagno atteso di unoperazione di acquisto odierno di titoli in quelleconomia. Allora un maggior numero di operatori vorranno comprare titoli delleconomia A, cio in quelleconomia affluiranno pi capitali, che significa che il saldo dei movimenti di capitale di quelleconomia migliora. Pi correttamente il saldo dei movimenti di capitale migliora se il suo tasso di interesse aumenta relativamente a quello degli altri paesi. Ancora pi correttamente bisognerebbe dire che il saldo dei movimenti di capitale dipende dalla differenza che esiste nelle diverse economie tra i differenziali tra il loro tasso di interesse odierno e il loro tasso di interesse futuro atteso. In generale pi semplice considerare esogene le aspettative sui tassi futuri, cos ci che ha veramente rilevanza il tasso odierno. Inoltre, siccome il tasso di interesse estero non pu essere influenzato da ci che avviene nella nostra economia, anchesso pu essere considerato un dato esogeno. Possiamo allora supporre che il saldo dei movimenti di capitale dipenda solo dal tasso di interesse odierno. Si tratta di una relazione crescente: allaumentare del tasso interno, dati i tassi esteri e quelli futuri, il saldo dei movimenti di capitale migliora. Ricordiamo ora che la condizione di equilibrio dei conti con lestero SBP = 0, che porta ad affermare: Equilibrio esterno = X Z + MC = 0 Questa relazione di equilibrio ci informa che uneconomia pu avere un saldo nullo della bilancia dei pagamenti pur non avendo saldi non nulli delle due componenti, cio saldo delle partite correnti e quello dei movimenti di capitale. Nella relazione di equilibrio sono coinvolte due sole variabili, il reddito interno Y e il tasso di interesse i: infatti un aumento del reddito provoca un peggioramento del saldo delle partite correnti, mentre un aumento del tasso di interesse interno provoca un miglioramento del saldo dei movimenti di capitale. Tutte le altre grandezze che influenzano il saldo complessivo sono esogene o parametri. Dunque lequilibrio con lestero pu essere solo influenzato dalle due variabili macroeconomiche interne: reddito e tasso dinteresse. Abbiamo detto che la relazione di equilibrio soddisfatta quando X Z + MC = 0. Supponiamo che il reddito aumenti, questo fa peggiorare la bilancia delle partite correnti, e dunque la bilancia complessiva. Per tornare allequilibrio dovr migliorare il saldo dei movimenti di capitale. Perch ci avvenga occorre che il tasso di interesse aumenti. Allora si nota che i valori Y che garantiscono lequilibrio esterno sono tali che quando una variabile aumenta anche laltra deve aumentare. Graficamente avremo una curva crescente: la curva BB.

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Il punto A un punto di equilibrio esterno perch appartiene a BB. Il punto C non invece un punto di equilibrio esterno perch il reddito troppo basso per raggiungere un equilibrio, dato il valore i del tasso dinteresse. Ci significa che, dato un certo ammontare del saldo dei movimenti di capitale indotto dal tasso i, il saldo delle partite correnti troppo elevato (poich un reddito basso induce poche importazioni e quindi un avanzo di partite correnti). Per ottenere equilibrio esterno il reddito deve aumentare (cosa che provocherebbe un peggioramento del saldo delle partite correnti). Si deduce quindi che il punto C un punto di surplus della bilancia dei pagamenti, cos come lo sono tutti i punti sopra la curva BB. Viceversa il punto D e tutti i punti sotto la curva BB sono punti di deficit della bilancia dei pagamenti perch hanno un tasso di interesse troppo basso, dato il reddito. Dunque hanno un saldo dei movimenti di capitale troppo basso dato il saldo delle partite correnti attualmente esistente. Si noti che tutte le variabili diverse da reddito e tasso di interesse sono considerate esogene, ma una loro variazione sposterebbe comunque la curva: ad esempio un aumento esogeno delle esportazioni farebbe spostare la curva BB verso destra e/o verso il basso. Inoltre tutti i punti che stanno sulla stessa BB non sono equivalenti. ovvio che il punti della BB situati molto in alto e molto a destra implicano un livello del reddito (e verosimilmente anche delloccupazione) maggiore. Tuttavia accanto allelevato reddito (che implica un forte disavanzo delle partite correnti) deve esserci un elevato livello di tasso di interesse, che attragga molti movimenti di capitale. Ma questa configurazione potrebbe rilevarsi incompatibile con altri requisiti di buon funzionamento delleconomia: per esempio un elevato tasso di interesse potrebbe provocare un basso livello di investimenti privati. Viceversa un punto della BB situato in basso e a sinistra significa che leconomia ha un forte disavanzo di partite correnti, poich il reddito a un livello basso, e un forte disavanzo di movimenti di capitale, poich il tasso di interesse basso: anche queste condizioni potrebbero non essere soddisfacenti. Esiste un solo punto intermedio tale per cui entrambi i saldi, partite correnti e movimenti di capitali, sono pari a zero: questo un caso speciale e non particolarmente preferibile ad altri punti della BB. Tuttavia occorre ricordare che i punti in alto a destra implicano un disavanzo di partite correnti e un avanzo di movimenti di capitale (uneconomia che per lunghi periodi sperimenti un saldo positivo dei movimenti di capitale uneconomia che vede crescere nel tempo il proprio debito estero). Questo fatto come qualsiasi fenomeno che riguardi un debito, pu creare o meno problemi al debitore: dipende dagli umori dei suoi creditori e dalla loro fiducia verso il debitore. Poich abbiamo supposto cambi fissi, in caso di squilibrio dei conti con lestero, non possiamo supporre che lo squilibrio sia riassorbito da un aggiustamento dei tassi di cambio. Uno squilibrio della bilancia dei pagamenti di uneconomia induce uno squilibrio nel mercato della valuta: un deficit provoca un eccesso di domanda di valuta estera, mentre un surplus provoca un eccesso di offerta di valuta estera. Questi squilibri tendono ad alterare il tasso di cambio, ma la banca centrale impegnata a mantenerlo fisso: dunque lunico modo con cui essa pu contrastare le tensioni del mercato della valuta di bilanciare continuamente ogni eccesso di domanda e di offerta della valuta estera. Nel caso di eccesso di domanda di valuta estera la banca centrale deve immettere valuta estera sul mercato, vendendola in cambio di moneta nazionale; nel caso di eccesso di offerta di valuta estera la banca la ritira dal mercato comprandola in cambio di moneta nazionale. In tal modo il tasso di cambio viene stabilizzato. Bisogna per verificare se questi interventi della banca centrale per stabilizzare il tasso di cambio, riescano anche a sanare gli squilibri della bilancia dei pagamenti, che erano allorigine della catena di eventi che ha motivato gli interventi stessi. Se cos non fosse la banca centrale sarebbe costretta a immettere o ritirare valuta senza tregua. Invece cos non . Si consideri ad esempio il caso di un deficit della bilancia dei pagamenti, allora la banca centrale deve cedere valuta estera al mercato valutario, ritirando moneta nazionale. Per cos diminuisce la quantit di moneta offerta alleconomia e allora il tasso di interesse aumenta. Questo fatto provoca due conseguenze: da una parte gli investimenti, quindi il reddito, quindi le importazioni si riducono; dallaltra il saldo dei movimenti internazionali di capitali migliora. Entrambe queste conseguenze hanno un effetto positivo sul saldo complessivo della bilancia dei pagamenti: dunque liniziale deficit viene riassorbito. In conclusione lequilibrio esterno di uneconomia in cambi fissi si fonda su meccanismi sia di mercato, sia istituzionali, che garantiscono la stabilit dellequilibrio stesso.

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LEQUILIBRIO GENARALE CON CAMBI FISSI Le curve IS e LM consentono di studiare lequilibrio interno, cio lequilibrio dei mercati interni dei beni e della moneta; mentre la curva BB consente di studiare lequilibrio esterno. Considerando simultaneamente queste tre relazioni si pu trovare lo schema per uneconomia aperta di equilibrio macroeconomico generale. Ora due curve non parallele si incontrano sicuramente in un punto, ma tre curve si incontrano in punto solo se siamo molto fortunati. Allora si parte da una situazione di non equilibrio.

La situazione iniziale descritta dalle curve IS, LM0 e BB. Il punto A del disegno lequilibrio interno (intersezione tra IS e LM0) ma non in equilibrio anche con la bilancia dei pagamenti: esso sotto la BB, quindi la bilancia dei pagamenti in deficit. In questo caso, poich si crea un eccesso di valuta, la banca centrale si trova costretta a cedere valuta al mercato. Ma nel fare ci ritira moneta nazionale. Ci significa che lofferta di moneta, che una grandezza esogena, diminuisce, dunque la LM si sposta verso lalto fino a che non raggiunge la posizione LM*. A questo punto, con i valori Y* e i* leconomia in condizione di equilibrio interno, ma anche la bilancia dei pagamenti in equilibrio perch il punto E si trova sulla BB. Quindi E il punto di equilibrio generale. Analogo discorso si poteva fare se cera una situazione iniziale di surplus della bilancia dei pagamenti. LE POLITICHE ECONOMICHE CON CAMBI FISSI Pu darsi che lequilibrio generale dato dalla coppia Y*, i* sia insoddisfacente per le autorit. Per esempio pu darsi che il reddito di equilibrio non sia abbastanza elevato da garantire un livello di occupazione sufficientemente alto. Le politiche economiche sono di due tipi: politiche monetarie che consistono in modificazioni di offerte di moneta tese a influire sul tasso di interesse e indirettamente sugli investimenti privati; politiche fiscali, che consistono nella modulazione delle entrate e uscite del governo miranti ad influire direttamente sulla domanda aggregata. In uneconomia aperta in cambi fissi le politiche monetarie che agiscono attraverso il tasso di interesse non possono essere efficaci. In regime di cambi fissi la banca centrale riesce a stabilizzare il tasso di cambio solo rinunciando a controllare la quantit di moneta nazionale che di volta in volta in circolazione. Nello studio di uneconomia chiusa avevamo visto che la banca centrale poteva attuare delle politiche monetarie al fine di influenzare il tasso di interesse: avendo come obiettivo quello di controllare il tasso di interesse, lofferta di moneta si mostrava un utile strumento. Invece in uneconomia aperta con cambi fissi lobiettivo il tasso di cambio, mentre lo strumento resta lofferta di moneta: ma un solo strumento non pu perseguire due obiettivi contemporaneamente. Al contrario le politiche fiscali hanno efficacia anche in uneconomia aperta in cambi fissi, nel senso che influiscono sul livello di equilibrio generale del reddito. Un parametro molto importante che contribuisce a determinare linclinazione della curva BB la sensibilit dei movimenti internazionali di capitali al tasso di interesse interno. Immaginiamo che i movimenti di 43

capitale verso la nostra economia reagiscano poco quando il nostro tasso di interesse aumenta (per esempio perch nelle altre economie esistono vincoli amministrativi alluscita dei capitali). Allora se la nostra bilancia dei pagamenti in deficit, occorre che il tasso di interesse aumenti molto per stimolare unentrata di capitali sufficiente a riequilibrare il deficit. Ne segue che, siccome la variabile in ordinata quella che si deve muovere molto, la curva BB sar molto verticale. Al contrario quando la sensibilit dei capitali al tasso di interesse elevata la curva BB piuttosto orizzontale. Allora si hanno due casi: lespansione fiscale con bassa sensibilit dei capitali al tasso di interesse e quella con alta sensibilit.

Cominciamo a studiare gli effetti di una politica fiscale nel caso di bassa sensibilit. La curva BB sar piuttosto verticale. Leconomia inizialmente nella posizione di equilibrio E1. Se la spesa pubblica aumenta, la curva IS1 si sposta verso destra nella posizione IS2. Il nuovo equilibrio interno si situerebbe nel punto ED, che per una situazione di deficit della bilancia dei pagamenti. La banca centrale interverr con immissione di valuta estera e ritiro di moneta nazionale, la curva LM allora si sposta verso lalto, sino a raggiungere la posizione LM2. Il nuovo punto di equilibrio macroeconomico generale E2 e si vede che sia il reddito, sia il tasso di interesse sono aumentati rispetto a E1. Tuttavia si vede che il reddito di equilibrio non aumentato di molto (infatti lintervento della banca centrale per sanare il deficit provoca una contrazione del reddito). Questo fenomeno avviene perch laumento della spesa pubblica in uno schema IS-LM di solo equilibrio interno fa s aumentare il reddito, ma fa anche aumentare il tasso di interesse. Questi due fatti hanno influenze contrastanti sul saldo della bilancia dei pagamenti: laumento del reddito provoca un peggioramento delle partite correnti, laumento del tasso di interesse provoca un miglioramento del saldo dei capitali. Allora se la sensibilit dei movimenti di capitale al tasso di interesse bassa, come nel nostro ragionamento attuale, prevale il primo effetto e il saldo complessivo della bilancia dei pagamenti peggiora. Dunque la banca centrale interviene vendendo valuta estera, ritirando moneta nazionale e facendo alzare ulteriormente il tasso dinteresse, cosa che provoca una contrazione del reddito. In un certo senso una bassa sensibilit dei movimenti di capitale rafforza leffetto spiazzamento.

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In una situazione opposta (elevata sensibilit dei movimenti di capitale al tasso di interesse) si ha una curva BB piuttosto orizzontale. Il ragionamento analogo a prima (si noti che il punto di equilibrio solo interno conseguente allespansione fiscale si chiama ora Es, poich c surplus della bilancia dei pagamenti). Una elevata sensibilit dei movimenti di capitali internazionali al tasso di interesse significa che il tasso interno non pu divergere molto dal tasso estero, perch altrimenti si verificherebbero spostamenti troppo ingenti dei capitali da uneconomia ad unaltra. Inoltre dalla figura risulta chiaro che le politiche fiscali in grado di modificare il reddito avranno, per, effetti modesti sul tasso di interesse interno (infatti i tassi di interesse non possono divergere troppo tra le diverse economie: se il tasso di interesse estero rimane invariato, quello interno non pu variare di molto). CAMBI FLESSIBILI Per studiare lequilibrio macroeconomico generale in caso di cambi flessibili, in primo luogo trascureremo gli effetti che la variazione del tasso di cambio ha sul saldo dei movimenti di capitali. Il saldo di movimenti di capitali preferibile considerarlo solo come dipendente dal tasso di interesse odierno (e non anche dal tasso di cambio). In secondo luogo, tenuto conto che il saldo della bilancia dei pagamenti dipende comunque dal tasso di cambio, che ora variabile, via modificazioni del saldo delle partite correnti. Il saldo della partite correnti, cio, non dipende pi solo negativamente dal reddito interno, ma anche dal tasso di cambio. Allora la seconda ipotesi semplificatrice che siano soddisfatte le condizioni di Marshall-Lerner: una svalutazione della moneta nazionale, cio un aumento del tasso di cambio, provoca un miglioramento delle partite correnti, e quindi dellintera bilancia dei pagamenti (il contrario accade in seguito ad una rivalutazione). Accettate queste premesse si pu dire che eventuali squilibri dei conti con lestero vengono riassorbiti automaticamente da variazioni del tasso di cambio. Non occorre, allora, che la banca centrale effettui interventi stabilizzatori sul mercato della valuta, con conseguenti alterazioni dellofferta di moneta. Ci implica che, a differenza del caso dei cambi fissi, in uneconomia aperta in cambi flessibili non sono gli spostamenti della LM ad aggiustare in caso di squilibrio dei conti con lestero. Cos ci aspettiamo che la banca centrale torni a possedere una propria autonomia in termini di politiche monetarie. In effetti la flessibilit del tasso di cambio riduce i vincoli cui leconomia sottoposta, e dunque aumenta i gradi di libert a disposizione delle autorit di politica economica. Per quanto riguarda la curva LM, essa non si sposta in seguito a processi di aggiustamento dei conti con lestero, ma solo in seguito a deliberate politiche monetarie della banca centrale. Ci che invece si modifica il comportamento della IS e della BB: esse variano in seguito a variazioni del tasso di cambio. Per quanto riguarda la curva BB poniamo di essere inizialmente in una posizione di equilibrio con lestero. Il reddito e il tasso di interesse interni assumono rappresentati da qualche punto, diciamo A, sulla curva BB. Supponiamo che il tasso di cambio certo per incerto aumenti, cio che la moneta nazionale si svaluti, senza che reddito e tasso di interesse interni siano siano mutati. Il punto A che stavamo considerando non pu essere un punto di equilibrio esterno: infatti se il saldo di interesse resta invariato, il saldo dei movimenti di capitale fa altrettanto, e se il reddito resta invariato, altrettanto fanno le importazioni indotte dal reddito, cio il saldo delle partite correnti rimane invariato per la parte che dipende dal reddito. Tuttavia la parte la parte del saldo delle partite correnti che dipende dal tasso di cambio migliora, visto che per ipotesi sono soddisfatte le condizioni di Marshall-Lerner. Dunque il saldo complessivo della bilancia dei pagamenti ora positivo e non pi pari a zero. Rispetto al precedente punto A, occorre che il reddito e/o il tasso di interesse si modifichino in modo da far peggiorare i saldi che dipendono da loro quel tanto che basta per riportare in pareggio i conti con lestero. Occorre o che il redito aumenti (facendo peggiorare il saldo delle partite che dipende da esso), o che il tasso di interesse diminuisca (facendo peggiorare il saldo dei movimenti di capitale), o entrambe le cose. Dunque il nuovo punto di equilibrio deve essere pi a destra e/o pi in basso del precedente punto A. siccome, infine, la nuova curva BB deve includere tutti i nuovi punti di equilibrio, diciamo che si sposta verso il basso (e verso destra) in seguito ad aumenti del tasso di cambio.

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Ma al cambiare del tasso di cambio si sposta anche la curva IS. Si ricordi che la IS rappresenta lidea che allaumentare del tasso di interesse interno gli investimenti diminuiscono, e dunque il reddito di equilibrio diminuisce, via il moltiplicatore. La condizione di equilibrio sul mercato dei beni data dalla relazione Y = C + I G + X Z. come si vede, il saldo delle partite correnti (X Z), che potremmo chiamare esportazioni nette appare, sul lato della domanda aggregata. Ora siccome il saldo delle partite correnti migliora quando il tasso di cambio aumenta (svalutazione), la domanda aggregata di beni aumenta, e dunque il redito di equilibrio aumenta per il principio della domanda effettiva. Ci accade a parit del tasso di interesse interno: possiamo quindi dedurre che quando il tasso di cambio aumenta, la curva IS si sposta verso destra. Ora sappiamo cosa succede alle curve IS e BB al variare del tasso di cambio. Analizzando graficamente a partire da uniniziale situazione di disequilibrio in uneconomia in cambi flessibili, abbiamo:

Data la posizione della curva LM e la posizione iniziale della IS0, lequilibrio macroeconomico interno il punto A. In A per leconomia sperimenta un deficit della bilancia dei pagamenti, che genera un eccesso di domanda di valuta estera, che provoca un aumento del tasso di cambio (svalutazione). Come sopra, laumento del tasso di cambio provoca uno spostamento della BB verso il basso e della IS verso destra (mentre la LM rimane ferma). Il processo si fermer in corrispondenza del punto B. il nuovo punto di equilibrio chiaramente pi in alto e pi a destra del precedente, perch la curva LM crescente e la IS si sposta verso destra. Si noti che questo equilibrio sar sempre pi in alto e a destra del precedente indipendentemente dallinclinazione delle curva (e quindi indipendentemente dalla sensibilit dei movimenti di capitale al tasso di interesse interno). Dal punto di vista interpretativo accade che laumento del tasso di interesse contribuisce a migliorare il saldo della bilancia dei pagamenti attraverso un miglioramento di quello dei movimenti di capitale. Invece laumento del reddito tende a peggiorare un peggioramento delle partite correnti, ma questo peggioramento compensato dal miglioramento delle stesse indotte dallaumento del tasso di cambio. Quindi nel nuovo equilibrio generale anche i conti con lestero tornano in equilibrio. Consideriamo ora lefficacia delle politiche economiche interne in regime di cambi flessibili. Abbiamo gi detto che la politica monetaria torna ad avere uno spazio autonomo. La banca centrale, non dovendo pi preoccuparsi di stabilizzare il tasso di cambio, pu perseguire altri obiettivi, per esempio stabilizzare o modulare il tasso di interesse al fine di controllare il livello del reddito di equilibrio. Iniziamo a studiare gli effetti di una politica monetaria espansiva (per la politica restrittiva si ha un ragionamento simmetrico):

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Si osservi che le curve BB sono piuttosto orizzontali, infatti i movimenti di capitale sono piuttosto sensibili alle variazioni del tasso di interesse interno (il ragionamento in cui la BB piuttosto verticale di facile comprensione). Dunque bisogna attenderci che il tasso di interesse interno non possa variare molto da un equilibrio a un altro. Lequilibrio iniziale in A. Se la banca centrale espande lofferta di moneta, la curva LM trasla verso il basso in LM1. Il nuovo equilibrio interno in B, che , per, una posizione di deficit della bilancia dei pagamenti. Allora si verifica una svalutazione con cui la BB si muove verso il basso e la IS verso destra fino a che non si raggiunge lequilibrio generale in C. Se ne deduce che una politica monetaria in uneconomia aperta in cambi flessibili efficace. A differenza di una politica monetaria in uneconomia chiusa (in cui si faceva scendere il tasso di interesse per stimolare gli investimenti privati), in questo caso il reddito anche stimolato dallaumento delle esportazioni causato dalla svalutazione monetaria. Questo a maggior ragione vero se, come abbiamo ipotizzato, i movimenti internazionali di capitali sono molto sensibili al tasso di interesse interno, per cui il tasso stesso non pu scendere molto, e dunque non pu stimolare molto gli investimenti privati. In effetti nel nostro caso buona parte dellaumento del reddito di equilibrio dipende dal fatto che la IS subisce uno spostamento a destra, che significa che il saldo delle partite correnti (cio la domanda estera netta di beni nazionali) reagisce ampiamente alla svalutazione. Ma non possiamo attenderci che ci sia vero in generale. Passiamo ad una politica fiscale espansiva (una politica fiscale restrittiva sar chiaramente simmetrica a questo caso):

Nel disegno si ipotizzato che i movimenti internazionali di capitale siano molto sensibili al tasso di interesse interno (BB molto orizzontale). Inizialmente le curve si intersecano nel punto di equilibrio generale A. La manovra fiscale espansiva sposta la IS verso destra nella posizione IS1. Allora lequilibrio macroeconomico interno si realizza in B, dove IS1 interseca LM. In B siamo, per, in una situazione di surplus della bilancia dei pagamenti. Cos c un eccesso di offerta di valuta estera che mette in moto una rivalutazione della moneta nazionale, cio una discesa del tasso di cambio. Allora la BB si muove verso lalto fino a BB1 e la IS verso sinistra fino a IS2 (abbandono la precedente posizione IS1 raggiunta in seguito allespansione fiscale). La nuova intersezione che identifica lequilibrio generale sar in C. si nota che in questo caso lefficacia della politica fiscale appare limitata, in quanto il reddito aumenta meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare data lampiezza dellespansione fiscale stessa (da IS0 a IS1). La ragione di ci non tanto che la curva BB piuttosto orizzontale, quanto il fatto che la LM, pi inclinata della BB, piuttosto verticale. Ci significa che per mantenere in equilibrio il mercato della moneta nazionale, ogni aumento del reddito deve essere accompagnato da un aumento del tasso di interesse interno, con conseguente ampio surplus del saldo dei movimenti di capitale ch sono molto sensibili al tasso di interesse. La conseguente rivalutazione della moneta nazionale fa ridurre le esportazioni nette; ci si accompagna alla riduzione degli investimenti provocata dal rialzo del tasso di interesse. come se leffetto spiazzamento fosse enfatizzato dalla presenza di cambi flessibili. La banca centrale, non dovendo intervenire a sostegno del tasso di cambio, lascia invariata lofferta di moneta, cio lascia fluttuare il tasso di interesse interno, il cui aumento provoca gli effetti appena descritti. 47

Naturalmente anche qui la banca centrale potrebbe attuare una politica accomodante, con lobiettivo di assecondare una politica fiscale espansiva (ci permetterebbe di trovare lequilibrio generale senza dover passare da una bilancia commerciale in surplus, a causa di un surplus dei movimenti di capitale; inoltre il tasso di cambio risulterebbe pi stabilizzato non dovendo rivalutarsi). Per la banca centrale potrebbe voler perseguire altri obiettivi, diversi dal controllo del tasso di interesse e/o del tasso di cambio. Ad esempio potrebbe preferire tenere sotto controllo il tasso di inflazione e quindi non accomoder eccessivamente le politiche fiscali espansive dei governi. Ma questo stretto controllo del tasso di inflazione si traduce in una maggiore fluttuazione del tasso di interesse e del tasso di cambio. Quale delle due situazioni sia scelta dipender dalle preferenze delle autorit di politica economica.

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