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Linsurrezione che viene

Da qualunque angolo
Da qualunque angolo lo si colga, il presente senza via duscita: non ha pi nemmeno la minore delle sue virt. A chi vorrebbe a tutti i costi sperare, toglie ogni sostegno. Coloro che pretendono di avere soluzioni, vengono subito smentiti. Una cosa si capita, che tutto non pu che andare di male in peggio. Il futuro non ha pi avvenire, la saggezza di unepoca che giunta, con la sua aria di estrema normalit, al livello di coscienza dei primi punk. Il cerchio della rappresentazione politica si chiude. Da sinistra a destra, lo stesso nulla che ostenta pose da potente o arie da verginella, gli stessi piazzisti che scambiano i loro discorsi in base alle ultime notizie. Chi va ancora a votare sembra non aver pi altra intenzione che di far esplodere le urne a forza di votare per pura protesta. Si comincia a capire che in effetti contro il voto stesso che si continua a votare. Niente di tutto ci che si propone sembra essere, neanche lontanamente, allaltezza della situazione. Nel loro stesso silenzio, le persone sembrano infinitamente pi adulte di tutti i burattini che si accapigliano per governarle. Qualunque chibani (pap in algerino ndt) di Belleville con il suo parlare pi saggio di qualunque nostro politico con tutti i suoi discorsi. Il coperchio della pentola sociale viene ermeticamente chiuso mentre allinterno la pressione non cessa di salire. Partito dallArgentina, lo spettro del Que se vayan todos! comincia davvero a ossessionare le classi dirigenti. Lincendio del novembre 2005 non ha pi smesso di allungare la sua ombra su tutte le coscienze. Questi primi fuochi di gioia sono il battesimo di un decennio pieno di promesse. Il racconto mediatico delle banlieues contro la Repubblica, pur non mancando di efficacia, manca di verit. Alcuni focolai sono arrivati fino ai centri cittadini, che sono stati sistematicamente attaccati. Vie intere di Barcellona hanno bruciato in solidariet, senza che nemmeno i loro abitanti ne sapessero qualcosa. E non nemmeno vero che il paese ha da allora cessato di bruciare. Si trova fra gli incendiari ogni specie di militante, il quale non mosso da altro che dallodio per la societ esistente, e non dallappartenenza di classe, di razza o di quartiere. Ci che inedito non risiede nel fatto che si tratta di una rivolta delle banlieues, cosa non pi nuova dal 1980, ma nella rottura delle sue vecchie forme. Gli incendiari non rendono pi conto a nessuno, n ai fratelli maggiori n allassociazione locale che dovrebbe gestire il ritorno alla normalit. Nessun SOS razzismo potr affondare le sue radici cancerose in questi eventi, ai quali possono fingere di porre termine solo la stanchezza, la falsificazione e lomert dei media. Tutta questa serie di colpi notturni, di attacchi anonimi, di distruzioni senza tante parole hanno avuto il merito di aprire al massimo la frattura tra la politica e il politico. Nessuno pu veramente negare la forza dellevidenza di questo movimento che non formula alcuna rivendicazione o messaggio se non di minaccia e che non ha per nulla a che fare con la politica. Bisogna essere ciechi per non vedere tutto ci che vi di puramente politico in questa ferma negazione della politica, o non conoscere pi nulla dei movimenti autonomi giovanili da trentanni. Gli incendiari hanno dato fuoco ai primi ninnoli di una societ che non merita pi riguardo dei monumenti di Parigi alla fine della Settimana di sangue (riferimento allepisodio finale della Comune di Parigi ndt). Non ci sar soluzione sociale per risolvere la situazione presente. Innanzitutto perch linsieme vago di ambienti, istituzioni, particelle individuali che viene chiamata per antifrasi societ priva di consistenza, poi perch non possiede pi un linguaggio dellesperienza comune. Non si condividono le ricchezze se non si condivide un linguaggio. Ai tempi dei Lumi, c voluto mezzo secolo di lotte per far passare la possibilit della Rivoluzione Francese, e un secolo di lotte sul lavoro per partorire un temibile Stato sociale. Le lotte sono il linguaggio con il quale si dice il nuovo ordine: ma non c niente di simile oggi. LEuropa un continente ridotto al verde che va a fare con prudenza la spesa da LIDL e viaggia low cost per poter poi viaggiare ancora. Nessuno tra i problemi che vengono formulati nel linguaggio sociale pu trovare una qualche risoluzione. La questione delle pensioni, quella della precariet, dei giovani e della loro violenza non possono che restare in sospeso,

finch riforme sempre pi eclatanti di quello che nascondono vengono gestite con metodi polizieschi. Non ci si far incantare tanto da lasciare che gli anziani siano spogliati in modo vile e abbandonati senza che nessuno dica niente. Chi ha preferito la strada del crimine, meno umiliante e pi proficua della salvaguardia delle apparenze sociali, non render le proprie armi, e la prigione non inculcher loro lamore per la societ. La rabbia gioiosa delle folle di pensionati non accetter supinamente i forti tagli alle pensioni, e non pu che entusiasmarsi davanti al rifiuto del lavoro della gran parte dei giovani. Per concludere, nessun reddito garantito stipulato allindomani di una quasi-sommossa potr porre le basi di un New Deal, di un nuovo patto, di una nuova pace sociale. Il sentimento sociale si dissolto. Per quanto riguarda le soluzioni, le modalit della repressione, e con questa la mappatura poliziesca del territorio, non cessano di aumentare. Il drone (areoplanino ultraleggero dotato di telecamera ndt) che il 14 luglio (2006 ndt) ha sorvegliato il Seine-Saint-Denis, delinea il futuro con colori pi vividi e onesti di tutte le nebbie umaniste. Che la polizia abbia avuto laccortezza di precisare che il drone non era armato, ci dice in modo piuttosto chiaro quale via hanno intrapreso. Il territorio verr ritagliato in zone sempre pi blindate. Le autostrade che scorrono ai confini di un quartiere sensibile innalzano un muro invisibile che separa questo dalla zona delle villette. Qualunque cosa ne pensino le anime buone repubblicane, la gestione dei quartieri per comunit notoriamente la pi efficace. Le zone metropolitane, i principali centri cittadini, condurranno a una diffusione sempre pi scaltra, sofisticata e sfolgorante delle loro strade illuminate. Queste faranno risplendere le loro luci per tutto il pianeta, mentre le pattuglie della BAC (brigade anti-criminalit ndt) e delle compagnie di sicurezza privata (riferimento alla polizia, ai soldati, ai servizi privati di sicurezza, alle ronde italiane ndt) si moltiplicheranno allinfinito, potendo beneficiare di una copertura giudiziaria sempre pi impudente. Limpasse del presente, visibile dappertutto, dappertutto negata. Mai come adesso tanti psicologi, sociologi e intellettuali se ne erano occupati, ciascuno nel proprio ordine del discorso, con risultati fallimentari. Basta ascoltare le canzoni doggi, il nulla della nuova canzone francese in cui la piccola borghesia analizza a fondo i suoi stati danimo e le dichiarazioni di guerra della mafia K1 Fry, per sapere che una coesistenza cesser presto, che una soluzione vicina. Questo libro firmato con il nome di un collettivo immaginario. I suoi redattori non ne sono gli autori. Questi si sono limitati a mettere un po dordine nei luoghi comuni, da quelli che si sentono ai tavolini dei bar a quelli dietro la porta chiusa delle camere da letto. Non hanno fatto altro che fissare le verit necessarie, quelle di cui la repressione mondiale riempie gli ospedali psichiatrici e le carceri; hanno trascritto il presente. Il privilegio di situazioni radicali che la precisione conduce con rigore logico alla rivoluzione. sufficiente scrivere ci che sotto gli occhi di tutti senza sfuggire allesito finale.

I AM WHAT I AM

I AM WHAT I AM I AM WHAT I AM. lultima offerta che il marketing fa al mondo, lo stadio ultimo dellevoluzione pubblicitaria, superiore, cos superiore rispetto a tutte le esortazioni da essere differente, da essere se stessa, e da bere Pepsi. Decenni di concetti per arrivare l, alla pura tautologia IO = IO. Lui nella sua palestra corre su un tapis roulant davanti allo specchio. Lei ritorna da lavoro al volante della sua Smart. Si stanno per incontrare? IO SONO CI CHE SONO. Il mio corpo mi appartiene. Io sono io, tu sei tu, e va male. Personalizzazione della massa, individualizzazione di tutte le condizioni, della vita, del lavoro, della sfortuna. Schizofrenia diffusa, depressione strisciante, atomizzazione in sottili particelle paranoiche, isteria del contatto. Pi voglio essere Io pi ho la sensazione di un vuoto, pi cerco di esprimermi pi mi consumo, pi mi rincorro pi mi sento stanco. Io ho, tu hai, noi abbiamo il nostro Io come un noioso sportello bancario. Noi siamo diventati i rappresentanti di noi stessi - in questo strano commercio, i garanti di un personalizzazione che ha tutta laria di essere unamputazione. Con questa goffaggine pi o meno mascherata ci assicuriamo solo la rovina. Nel frattempo mi organizzo: la ricerca del s, il mio blog, il mio appartamento, le ultime cazzate alla moda, la nostra storia insieme fanculo! Son tutte protesi perch si possa avere un Io! Se la societ non si trasformata in questa totale astrazione, stabilir un complesso di stampelle esistenziali che mi porger per permettermi di trascinarmi ancora, un insieme di debiti che avr contratto per pagare il prezzo della mia identit. Il disabile il modello del cittadino che viene. Non senza premonizioni che le associazioni che lo sfruttano ora rivendicano per lui il reddito desistenza.

I AM WHAT I AM Lingiunzione a essere qualcuno conserva lo stato patologico che rende questa societ necessaria. Lingiunzione a essere forte genera il malessere grazie al quale si mantiene, al punto che tutto sembra assumere un aspetto terapeutico, anche il lavoro e lamore. Tutti i come va? che ci si scambia in una giornata fanno pensare ad altrettanti termometri con i quali in una societ di malati ci si misura la febbre gli uni con gli altri. La socialit fatta di mille piccole cucce, di mille piccoli rifugi dove ci si tiene al caldo - che sempre meglio del freddo che fa fuori - dove tutto falso, perch non che un pretesto per riscaldarsi, dove non pu accadere nulla, perch si di nascosto occupati a tremare insieme dal freddo. Questa societ non potr che dirigersi ancora di pi, per la tensione di tutti gli atomi sociali, verso una guarigione illusoria. una diga che contiene un enorme volume di lacrime sempre sullorlo di riversarsi. I AM WHAT I AM. Un potere dominante non ha mai trovato una parola dordine pi insospettabile. Il mantenimento dellIo sullorlo di una rovina totale e di una debolezza cronica il segreto meglio nascosto dellordine attuale delle cose. LIo debole, depresso, giudice, astratto per essenza quel soggetto indefinitamente adattabile che richiede una produzione fondata sullinnovazione, il consumo accelerato delle tecnologie, la riforma costante delle regole sociali, la flessibilit generalizzata. nello stesso tempo il consumatore pi accanito e lIo pi produttivo, colui che si getta con il massimo di energia e di avidit sul progetto meno valido, per ritornare dopo al suo stato larvale dorigine. CI CHE SONO, allora? Attraversato fin dallinfanzia da flussi di latte, dodori, di storie, di suoni, daffetti, di filastrocche, di sostanze, di gesti, idee, dimpressioni, di sguardi, di canzoni e di abbuffate. Chi sono? Legato a luoghi, sofferenze, anziani, amici, amori, eventi, lingue, ricordi, tutte quelle cose che non sono Io. Tutto ci che mi tiene al mondo, i legami che mi costituiscono e le forze che mi compongono, non tessono unidentit, come mi esortano a brandirla, ma unesistenza, singolare, comune, viva, e da cui emerge qua e l, ogni tanto, quellessere che dice io. Il nostro sentirci inconsistenti non che la conseguenza di quello stupido credo della presenza dellIo e della poca cura che abbiamo per ci che facciamo.

I AM WHAT I AM, Shanghai Si prova una certa vertigine a veder troneggiare su un grattacielo di Shanghai I AM WHAT I AM della Reebok. LOccidente spinge dappertutto avanti, come il suo Cavallo di Troia favorito, questa penosa antinomia tra lIo e il mondo, lindividuo e il gruppo, attaccamento e libert. La libert non il gesto di disfarsi dei nostri affetti, ma la capacit pratica di agire su di loro, di animarli, di renderli solidi o di scioglierli. La famiglia non esiste come famiglia, cio come inferno, che per coloro che hanno rinunciato ad abbattere i legami nocivi, o non sanno come riuscirci. La libert di distaccarsi dalla famiglia da sempre il fantasma della libert. Non ci si sbarazza del nostro ostacolo senza perdere nello stesso tempo ci su cui le nostre forze potrebbero esercitarsi. I AM WHAT I AM, dunque, non una semplice menzogna, una semplice campagna pubblicitaria, ma una campagna militare, un grido di guerra lanciato contro tutte le esistenze, contro tutto ci che circola senza distinzioni, tutto ci che lega in modo invisibile, tutto ci che ostacola la desolazione totale, contro tutto ci che fa s che noi esistiamo e che il mondo non ha dappertutto assunto laspetto di unautostrada, di un parco dei divertimenti o di una citt nuova: noia pura, senza passione e ben ordinata, spazio vuoto, di ghiaccio, dove non passano che corpi numerati, automobiline, merci ideali. La Francia non la patria degli ansiolitici, il paradiso degli antidepressivi, la Mecca della nevrosi senza detenere nello stesso tempo il primato europeo per la produttivit oraria. La malattia, la fatica, la depressione, possono essere presi come i sintomi individuali di ci che fa guarire. Queste lavorano per mantenere lordine esistente, per il mio docile adattamento a buone norme, per la riforma delle stampelle; ottundono la mia capacit di fare scelte adeguate, conformi, produttive, e di cancellare ci che deve essere cancellato. Bisogna cambiare. Ma, prese come fatti, le mie debolezze possono cos condurmi allo smantellamento dellidea dellIo. Queste si trasformano in atti di resistenza nella guerra in corso. Diventano ribellione e centro denergia contro tutto ci che cospira a normalizzarci, ad amputarci. LIo non ci che in crisi in noi, ma la forma che cercano di imprimerci. Vogliono fare di noi degli Io ben delimitati, separati, classificabili e da censire per qualit, in breve controllabili, laddove noi siamo esistenze fra esistenze, singolarit fra nostri simili, carne vivente che tesse la carne viva del mondo. Contrariamente a ci che ci ripetono dallinfanzia, lintelligenza, non un saper adattarsi - o se questa unintelligenza, quella degli schiavi. Il nostro non adattarsi, la

nostra fatica non sono dei problemi che dal punto di vista di chi ci vuole sottomettere: indicano piuttosto un punto di partenza, un punto di connessione per nuovi concatenamenti. Fanno vedere un paesaggio pi sfilacciato, ma infinitamente pi condivisibile di tutte le fantasmagorie che questa societ ci racconta sul suo conto. Non ci hanno depresso, siamo in sciopero. Per chi si rifiuta di curarla, la depressione non uno stato fisso ma di passaggio, un muoversi, un passo verso la disaffezione politica. Da questo punto non possibile alcuna conciliazione se non con metodi sanitari e polizieschi. Questa societ non si fa remore di somministrare il Ritalin (farmaco anfetaminico in pastiglie che viene dato ai bambini disattenti e iperattivi ndt) ai bambini troppo vivaci, insieme a tutta quella lunga sfilza di farmaci che provocano dipendenza e con i quali pretende di guarire i problemi comportamentali dei bambini di tre anni. sempre la stessa idea dellIo che si sgretola.

Fare qualcosa un bisogno vitale


Un governo che dichiara lo stato demergenza contro ragazzini di quindici anni. Un paese che si rimette per la sua salute ai piedi di una squadra di calcio. Uno sbirro in un letto dospedale che si lamenta di essere stato vittima di violenza. Un prefetto che emana un decreto contro chi si costruisce delle capanne sugli alberi. A Chelles, due ragazzini di dieci anni accusati di aver dato fuoco a una ludoteca. Questepoca eccelle per i toni ridicoli in tutte quelle situazioni che sembrano sfuggirle di mano. E c anche da sottolineare che i media non risparmiano gli sforzi per soffocare nei registri del pianto e dellindignazione lo scoppio di risate che dovrebbe accogliere simili notizie. Unesplosione di risate: la risposta che viene data a tutte le gravi questioni che lattualit trova piacevole sollevare. Prendiamo la pi dibattuta: limmigrazione non un problema. Chi cresce ancora l dove nato? Chi abita l dove cresciuto? Chi lavora l dove abita? Chi vive l dove hanno vissuto i suoi vecchi? E di chi sono figli i giovani di questepoca, della tiv o dei loro genitori? La verit che (cittadini e non-cittadini) siamo stati strappati di peso dalle nostre radici, che non siamo pi di nessun luogo, e che da ci ne consegue, insieme a una incredibile inclinazione ai viaggi turistici, uninnegabile sofferenza. La nostra storia fatta di sradicamento, colonialismo, migrazioni, guerre, esili. questa storia che ha fatto di noi degli stranieri in questo mondo, degli ospiti nella nostra famiglia. Ci hanno espropriato della nostra lingua con linsegnamento della lingua nazionale, delle nostre canzoni con il variet, dei nostri affetti con la pornografia di massa, delle nostre citt con la polizia, dei nostri amici con le condizioni di lavoro. Si aggiunga a questo elenco limpegno deciso e continuo didentificazione da parte dello Stato che classifica, compara, disciplina e separa chi ancora giovane, che cancella di colpo la solidariet che gli sfugge di mano, sicch alla fine non resta che una cittadinanza come pura appartenenza, astratta e ideale, allo Stato. Il francese un espropriato, un miserabile. Il suo odio nei confronti degli stranieri si confonde con lodio che prova nel sentirsi come uno straniero. La sua gelosia e il suo terrore per i cits descrivono la rabbia che sente per tutto ci che ha perso. Non pu astenersi dallinvidiare quei quartieri detti di confine dove ancora resistono unipotesi di vita in comune, qualche legame fra le persone, una solidariet non di stato, uneconomia informale, una gestione del luogo che non ancora distaccata da chi ci vive. Siamo giunti a un punto di espropriazione in cui il solo modo di sentirsi francesi consiste nellinveire contro gli immigrati, contro chi manifestamente straniero come me. Gli immigrati detengono questa curiosa posizione di superiorit: se non ci fossero pi, non esisterebbero pi i francesi. La Francia un prodotto del suo sistema distruzione, e non viceversa. Viviamo in un paese fin troppo preso dallistruzione, dove il percorso universitario (nel testo: baccalaureato: ma, per motivi di traduzione, e per mantenere un ponte con lItalia, reinterpreto questo passo ndt) vissuto come un momento decisivo della propria vita. Cos, quando si andr in pensione, quarantanni dopo, si continuer a parlare di questo o quellesame, degli insuccessi e di come tutto ci ha avuto un certo peso nel formarsi di una carriera, nel resto della propria vita. In un secolo e mezzo il sistema distruzione riuscito a costruire un tipo di individuo nazionale, riconoscibile fra gli altri: persone che accettano la selezione e la competizione a patto che le condizioni di partenza siano le stesse, che credono che ognuno debba ricevere ricompense dalla vita - come se questa fosse un concorso secondo il suo merito, che chiedono ogni volta il permesso prima di fare qualcosa, che rispettano in religioso silenzio la cultura, le regole, i primi della classe. Anche la loro passione per i grandi intellettuali critici e i loro dubbi sul capitalismo sono impregnati di questo amore per listruzione. La costruzione di questo soggetto da parte dello Stato va crollando con la crisi del sistema scolastico. Il riemergere dopo ventanni della scuola e della cultura di strada in opposizione alla scuola di Stato e

alla sua cultura di cartone il pi duro colpo che luniversalismo francese abbia mai potuto subire. Su questo punto sono daccordo a priori la destra estrema e la sinistra massimalista. Il solo nome di Jules Ferry, ministro di Thiers durante la repressione della Comune e sostenitore del colonialismo, ci basta per nutrire qualche sospetto verso listituzione scolastica. Quanto a noi, dato che certi professori, che provengono da ci che viene chiamato comitato cittadino di vigilanza, vanno a piagnucolare al 20-Heures (programma tv dinformazione ndt) che la loro scuola stata distrutta, noi ci ricordiamo quante volte lo abbiamo davvero sperato. Sentiamo intellettuali di sinistra urlare contro la barbarie delle bande di giovani che chiamano da lontano i passanti, rubano alle bancarelle, incendiano automobili, giocano al gatto e al topo con la CRS (Compagnies Rpublicaines de Scurit, ndt), e ci viene in mente ci che si diceva dei giovani sbandati degli anni Sessanta, o, meglio, degli apache (vagabondi e ladri della Parigi di primo Novecento ndt) ai tempi della Belle poque: Circa il generico appellativo di apache - scrive un giudice del tribunale della Senna nel 1907 - si tratta di un termine che da qualche tempo si usa per indicare individui pericolosi, recidivi e pregiudicati, nemici della societ senza patria n famiglia che rifiutano ogni dovere, sempre pronti ai pi audaci colpi di mano, a ogni sorta di attentato contro persone e propriet. Queste bande che rifiutano il lavoro, prendono il nome del loro quartiere e affrontano la polizia sono lincubo del buon cittadino: incarnano tutto ci a cui questi ha rinunciato, tutta la gioia possibile alla quale non acceder mai. Viviamo in un paese in cui un ragazzino che vuole cantare come gli va viene rimproverato da qualcuno che gli urla basta, o farai piovere!, dove la repressione scolastica produce incessantemente generazioni di impiegati civilizzati. Laura persistente di Jacques Mesrine (celebre bandito francese ndt) tiene alla sua destrezza e alla sua audacia meno del fatto di aver cominciato a vendicarsi di ci di cui noi dovremmo vendicarci - o piuttosto di ci di cui noi dovremmo direttamente vendicarci, mentre continuiamo a rinviare, a tergiversare. Poich non c dubbio che con mille invisibili bassezze, con ogni sorta di maldicenza o con piccola meschinit e una velenosa buona educazione, il Francese non cessa di vendicarsi, sempre e contro tutto, dellannientamento al quale si rassegnato. ora che Sbeffeggia la polizia! prenda il posto di S, signor agente. In tal senso la limpida ostilit di certe bande mostra, in un modo un po meno morbido di altri, la terribile aria che si respira, la peggiore indole, un desiderio di distruzione salvifica da questo paese che si consuma. Definire societ linsieme di stranieri in mezzo al quale viviamo una tale usurpazione, che perfino i sociologi iniziano a modificare un concetto che stato a lungo un loro cavallo di battaglia. Ora preferiscono la metafora della rete per descrivere il modo in cui le solitudini cibernetiche si connettono, in cui si stringono deboli interazioni intorno a termini quali collega, contatto, amico, relazione o avventura. Si arriva lo stesso al punto in cui queste reti si ritrovano in un luogo, dove niente condiviso oltre i codici e dove nulla in gioco se non lincessante ridefinirsi di una identit. inutile descrivere nei dettagli tutto ci che sta agonizzando negli attuali rapporti sociali. Si dice che la famiglia risorge, come la vita di coppia. Ma la famiglia che rinasce non la stessa che era morta. Il suo rinvenire altro non che lapprofondimento della separazione dominante, un imbroglio, dato che la famiglia stessa diventa un trappola. Ognuno pu testimoniare le dosi di tristezza che condensano di anno in anno le feste di famiglia, gli ipocriti sorrisetti, la nausea di vedere tutti fingere a vuoto, questo sentirsi come davanti a un cadavere messo l, sul tavolo, dinnanzi al quale tutti fanno come se non si trattasse di niente. Flirt durante il divorzio, concubinaggi durante la riconciliazione, si percepisce linanit di un triste focolare di famiglia, ma a molti sembrerebbe ancora pi triste non potersi fare una famiglia. Non tanto il fatto che soffoca il valore della maternit o che ancora un patriarcato di

idioti; ma un immaturo abbandonarsi a una dipendenza da pecore, dove tutto gi stabilito, questo tempo di spensieratezza assoluta, che nessuno pu negare essere come una prigione, dove diventare autonomo significa aver trovato un padrone. Trovano nel legame biologico il pretesto per intaccare la nostra determinazione un po tosta e per farci rinunciare, dato che ci hanno visto crescere, alla nostra maturit come alle difficolt delladolescenza. Dobbiamo salvarci da questo logoramento. La vita di coppia lultimo stadio della grande crisi sociale: unoasi nel deserto. Ne vanno in cerca, con tutte le buone speranze dintimit, tutti quelli che hanno evidentemente prosciugato i rapporti sociali: calore, semplicit, verit - tutta una vita senza teatro n spettatori. Ma, passato lo stordimento amoroso, lintimit si spoglia del suo abito, vecchio e consunto: non altro che lennesima astrazione sociale, parla con il linguaggio dei giornali femminili e dei libri di psicologia, come una strategia di vita ipercodificata fino alla nausea. Non c pi verit qui che l, ma dappertutto la stessa menzogna, le stesse leggi dellestraniazione. E quando, per fortuna, si giunge alla verit, ci si appella a una divisione che smentisce la stessa forma della coppia. Ci per cui delle persone si amano anche ci che le rende amabili e ci che manda in rovina lutopia dellautismo a due. La crisi di tutte le forme sociali una gran bella occasione. Diventa per noi condizione di una sperimentazione di massa, inedita, di nuovi concatenamenti, di affetti rivoluzionari. La celebre dismissione parentale ci ha indotto a una prospettiva sul mondo, ci ha permesso un certo rigore e ci d lauspicio di una qualche bella rivolta. Con la fine della coppia, noi vogliamo dare a vita a intense forme di affetti collettivi, oggi, nel tempo in cui si sfrutta il sesso fino allestremo, in cui virilit e femminilit fanno parte dei vecchi costumi, in cui tre decenni di pornografia hanno risucchiato tutto il fascino della trasgressione e della liberazione sessuale. Ci che vi dincondizionato nei legami di parentela, noi contiamo di crearlo nellarmatura di una solidariet politica, impenetrabile allingerenza di Stato come un accampamento di nomadi. Non esiste sussidio sociale, che genitori e parenti sono costretti a versare ai loro figli proletarizzati, che non possa trasformarsi in una sorta di mecenatismo in favore della sovversione sociale. Diventare autonomo significa imparare a battersi per strada, occupare case vuote, non lavorare, amare follemente e rubare nei centri commerciali.

La vita, la salute, lamore sono precari, perch il lavoro dovrebbe sfuggire a questa legge?

Non c questione pi imbrogliata in Francia di quella del lavoro, non vi rapporto pi contorto di quello dei francesi con il lavoro. Andate in Andalusia, in Algeria, a Napoli: qui detestano lavorare; andate in Germania, negli Stati Uniti, in Giappone: qui adorano il lavoro. Le cose cambiano, vero: si chiamano otaku (chi sta sempre in casa, ndt) in Giappone, frohe Arbeitlose (chi sta bene senza far niente, ndt) in Germania, workaholics (sindrome da dipendenza dal lavoro, ndt) in Andalusia: non sono altro che delle rarit. In Francia, si disposti a tutto per fare la scalata sociale ma si convinti nel privato che nemmeno uno ce la fa. Non restano che dieci ore dalla sera al lavoro quando si distrutti, ma senza avere alcuno scrupolo a rubare del materiale dufficio o a prelevare dalle scorte della ditta dei pezzi di ricambio che, nel caso, si possono rivendere. I francesi detestano i padroni, ma vogliono a tutti i costi trovare un lavoro: avere un lavoro un onore e lavorare un segno di servilismo. In breve, ecco il quadro perfetto dellisteria: amare odiando e odiare amando. E ognuno sa quale stupore e quale smarrimento prendono listerico quando perde la sua vittima, il suo capo: la maggior parte delle volte, non si riprende pi. In questo paese fondamentalmente politico, il potere industriale ha sempre dipeso dal potere di Stato. Lamministrazione burocratica controlla da sempre e con sospetto lattivit economica. I grandi padroni che non provengono da quella lite di Stato del Poltecnico-ENA, sono i paria del mondo degli affari, dove si dice sottovoce che fanno un po pena. Bernard Tapie (politico, attore, presidente dellOlympique Marsiglia negli anni Novanta, condannato a due anni di prigione per corruzione nel mondo del calcio, ndt) il loro eroe tragico: prima adulato, poi in galera, ma sempre intoccabile. Che lui ricompaia adesso sulla scena non ha niente di incredibile. Lo si osserva come se fosse un mostro, il pubblico francese lo tiene a distanza da s e, per lo spettacolo di una cos affascinante infamia, si protegge dal suo contatto. Malgrado il grande bluff del 1980, il culto dellimpresa non ha mai colpito la Francia. Chiunque scriva un libro per criticarla ha il successo assicurato. I manager, i loro modi e la loro letteratura si pavoneggiano in pubblico, ma rimangono sempre bersaglio di grasse risate, disprezzo, sarcasmo. Limprenditore non fa parte della famiglia. Comunque, nella gerarchia del disprezzo, viene prima dello sbirro. Essere funzionario, al di l di tutto, vuol dire essere contro i golden boys e le privatizzazioni, e, per definizione, resta il buon lavoro. Si pu invidiare la ricchezza di quelli che non sono ricchi, ma non si pu invidiare il loro posto di lavoro. Sulla base di questa nevrosi, i governi che si sono via via succeduti hanno dichiarato guerra alla disoccupazione e hanno affermato di voler proseguire la battaglia del lavoro, mentre ex-quadri vivono lungo la Senna nelle tende da campeggio allestite dallassociazione Mdecins du Monde. Mentre la massiccia opera dellANPE (Agence nationale pour lemploi ndt) si affatica per far calare il numero dei disoccupati al di sotto dei due milioni affidandosi ai trucchi delle statistiche. Mentre RMI (reddito minimo di inserimento ndt) e il biz (un altro elemento del welfare? ndt) sono le sole garanzie, di fronte alla rassegnazione generale, contro il rischio imminente di unesplosione sociale. questa la psico-economia della Francia, in un paese in cui la stabilit politica si gioca sulla conservazione sulla finzione del lavoro. Non ci lasciamo fregare. Apparteniamo a una generazione che vive alla grande senza questa finzione. Che non pu contare su una pensione n sui diritti dei lavoratori e ancora meno sul diritto al lavoro. Che non la stessa generazione precaria su cui amano teorizzare le pi avanzate frange della sinistra radicale, perch ci che precario si definisce ancora in rapporto al mondo del lavoro, ovvero alla sua frammentazione. Ammettiamo la necessit di trovare denaro, non i mezzi con cui averlo, perch non possibile fare a meno del denaro; ma non ammettiamo la necessit di lavorare. Daltronde noi non

lavoriamo pi: noi ci facciamo le canne (gioco con il verbo taffer che significa sia lavorare sia fumare canne ndt). Limpresa non un luogo dove noi stiamo ma un posto di passaggio. Non siamo cinici, solo riluttanti a farci sfruttare. I discorsi sulla motivazione, la qualit, linvestimento personale ci lasciano indifferenti per lenorme disorientamento nella gestione delle risorse umane. Dicono che siamo delusi dallimpresa, che questa non stata leale con la generazione precedente, che ha distribuito licenziamenti in modo troppo drastico. Falso: si delusi quando si avuta qualche speranza; ma noi non abbiamo mai sperato nellimpresa: per noi resta ci che sempre stata, un imbroglio dai livelli di confort variabili. Rimpiangiamo solo quelli che, credendoci, sono caduti nellimbroglio. La confusione che circonda la questione del lavoro pu essere spiegata in questo modo: la nozione di lavoro concerne due dimensioni contraddittorie: sfruttamento e partecipazione. Sfruttamento della forza lavoro individuale e collettiva per lappropriazione privata o sociale del plusvalore; partecipazione a unimpresa comune attraverso i legami instaurati tra chi coopera nel mondo della produzione. Queste due dimensioni sono erroneamente confuse nella nozione di lavoro, il che dimostra lindifferenza dei lavoratori, in fin dei conti, alla retorica marxista, che nega la dimensione della partecipazione, come alla retorica manageriale, che nega la dimensione dello sfruttamento. Da ci, inoltre, lambiguit dei rapporti di produzione, allo stesso tempo disprezzati in quanto ci rendono estranei a quel che facciamo, e ben voluti da quella parte di noi che vi prende parte. Il disastro preannunciato: deriva da tutto ci che si dovuto distruggere e sradicare perch il lavoro finisse per apparire il solo modo di esistere. Il lavoro in s meno mostruoso di tutto il metodico saccheggio compiuto contro ci che gli estraneo: condivisione di quartieri, mestieri, villaggi, di lotta e di persone care; adesione a luoghi, persone, tempi di vita, modi di fare e di parlare. In ci consiste il paradosso di oggi: nellepoca stessa in cui il lavoro ha trionfato contro tutti gli altri modi di esistere, i lavoratori diventano superflui. I guadagni di produttivit, la delocalizzazione, la meccanizzazione, lautomazione e la contabilit della produzione hanno compiuto sviluppi tali da ridurre a quasi nulla la quantit di lavoro vivo necessario alla produzione di ogni sorta di merce. Viviamo nel paradosso di una societ di lavoratori senza lavoro, dove distrazione, consumo e tempo libero ci fanno sentire la mancanza di ci da cui dovrebbero distrarci. La miniera di Carmaux (paese nel sud della Francia, ndt), celebre sede di violenti scioperi, stata trasformata in un Parco Divertimenti: un polo per turismo sportivo, dove si pu fare skateboard o andare in bici, e che si segnala per un Museo della Miniera dove si simulano le emissioni di gas per la gioia dei villeggianti. Nellimpresa, il lavoro si divide in modo sempre pi evidente tra impiegati altamente qualificati per la ricerca, la progettazione, il controllo, il coordinamento, la comunicazione in rapporto ai nuovi processi di produzione informatizzati, e impiegati dequalificati alla manutenzione e alla sorveglianza. I primi sono poco numerosi, ben stipendiati e ricercati al punto che la minoranza che riesce a ingaggiarli non ha alcuna intenzione di lasciarseli pi scappare. Il loro lavoro e loro stessi sono in effetti presi in una morsa tremenda. Manager, scienziati, lobbysti (chi si occupa di relazioni tra privati e pubblica amministrazione ndt), ricercatori, programmatori, addetti allo sviluppo, consulenti, ingegneri non smettono letteralmente mai di lavorare. I loro stessi culi piatti aumentano la produttivit. Le imprese pi creative sono anche quelle dove le relazioni intime sono pi presenti, afferma un qualsiasi filosofo della DRH (Directeur des ressources humaines ndt). Chi collabora con limpresa - conferma quello della Daimler-Benz - parte del capitale dellimpresa. [...] Le loro motivazioni, le loro competenze, la loro capacit dinnovazione e la loro preoccupazione per i desideri dei clienti costituiscono la materia prima di servizi innovativi. [...] La loro attitudine e la loro competenza

sociale e passionale acquistano sempre pi rilievo nella valutazione del loro lavoro. [...] Il lavoro non sar pi valutato in numero di ore di presenza ma sulla base degli obiettivi raggiunti e della qualit dei risultati. Loro stessi diventano imprenditori. Linsieme delle mansioni che non possono essere delegate allautomazione formano una nebulosa di impieghi che non sono affidati alle macchine ma a qualsiasi persona - addetti alla manutenzione, magazzinieri, lavoratori alla catena di montaggio, stagionali ecc. Questa manodopera flessibile, indifferenziata, che passa da una mansione allaltra e non rimane mai per troppo tempo nella stessa impresa, non pu pi costituire una forza-lavoro, non mai al centro dei processi di produzione ma come polverizzata in una moltitudine dinterstizi, impiegata per tappare i buchi di quei passaggi che non possono essere meccanizzati. Il lavoratore interinale rappresenta questo operaio che non pi un operaio, che non ha pi un lavoro fisso, ma possiede competenze che vende per degli incarichi che gli vengono assegnati, e la cui ricerca del lavoro gi un lavoro. Accanto ai lavoratori effettivi, necessari al buon funzionamento della macchina, cresce una sempre pi vasta maggioranza, che certamente utile ai flussi di produzione ma non pi di tanto, e che sulla macchina fa pesare, con la sua inoperosit, il rischio di sabotaggio. La minaccia di una smobilitazione generale lo spettro che ossessiona lattuale sistema di produzione. Alla domanda Perch dunque lavorare?, nessuno risponde come su Libration quel tale che prendeva il reddito minimo dinserimento: Per il mio benessere, devo occuparmi di me stesso. Corriamo il rischio serio di trovare un impiego alla nostra smobilitazione. Questa vasta maggioranza va tenuta occupata, o va gestita; eppure non si trovato finora un metodo disciplinare migliore del sistema dei salari. Occorrer dunque proseguire lo smantellamento delle conquiste sociali, cos da ricondurre alla leva del salario i pi renitenti, quelli che si ritroveranno dinnanzi allalternativa, se crepare di fame o marcire in galera. Lesplosione del settore schiavista dei servizi alla persona deve continuare: donne delle pulizie, ristoranti, massaggi, assistenza a domicilio, prostituzione, servizi di cura, corsi personalizzati, terapie del divertimento, aiuti psicologici ecc. Il tutto accompagnato da unincessante rivalutazione delle norme di sicurezza, digiene, di comportamento, di cultura, da unaccelerazione della fugacit delle mode, le sole che assicurano la necessit di questi servizi. A Rouen, i perditempo hanno ceduto la piazza a un parchimetro umano: a chi sannoia per strada rilasciano un biglietto di sosta e gli danno in affitto, alloccorrenza, un ombrello in caso di cattivo tempo. Lordine del lavoro costituiva in passato lordine sociale. Levidenza della sua rovina lascia sgomenti alla sola idea di tutto ci che comporta. Il lavoro, oggi, non si ricollega tanto alla necessit economica di produrre merce, quanto alla necessit politica di produrre produttori e consumatori, di salvare in ogni modo lordine del lavoro. Produrre se stessi diventa sempre pi la prima occupazione in una societ dove la produzione divenuta senza oggetti: come un falegname che stato espropriato della sua bottega e che, come ultima risorsa, si mette a piallare se stesso. Da qui lo spettacolo di tutti quei giovani che si allenano a sorridere per il colloquio dassunzione, che si fanno sbiancare i denti per un avanzamento, che vanno nei locali notturni per stimolare lo spirito di squadra, che imparano linglese per rinforzare il loro curriculum, che divorziano o si sposano per ricaricarsi, che fanno stages in teatro per diventare leader o per il potenziamento personale per essere pi competitivi. Il potenziamento personale - afferma un qualunque guru - conduce a un maggiore controllo delle emozioni, a una migliore e pi aperta capacit relazionale, a una prontezza intellettuale pi calibrata, e dunque a una migliore performance economica. Il continuo affanno di coloro che, allenandosi a essere se stessi, attendono con impazienza di essere selezionati, sottolinea il tentativo di salvare lordine del lavoro con letica della mobilitazione. Essere

mobilitato significa porsi rispetto al lavoro non come attivit, bens come possibilit. Se il disoccupato che si toglie i suoi piercing, va al parrucchiere e fa dei progetti, lavora e svolge bene la sua impiegabilit, testimonia cos di essersi mobilitato. La mobilitazione questo lieve scollamento del rapporto con se stessi, questo piccolo sradicamento da ci che ci costituisce, questa condizione di estraneit a partire dalla quale lIo pu essere considerato come oggetto di lavoro, a partire dalla quale possibile vendere se stessi e non la propria forza-lavoro, essere remunerati non per quel che si fa ma per quel che si , per la nostra brava capacit di gestire i codici sociali, per la nostra abilit nelle relazioni, per il modo in cui sorridiamo o per il modo in cui ci presentiamo. la nuova norma sociale: la mobilitazione realizza il ricongiungimento dei due poli contraddittori del lavoro: partecipare allo sfruttamento, sfruttare questa partecipazione. Ognuno per s, idealmente, una piccola impresa, il suo padrone e il suo prodotto. Bisogna - che si lavori o meno - accumulare contatti, competenze, risorse, ovvero il capitale umano. Ogni minimo pretesto - il cancro, il terrorismo, un terremoto, gli SDF (sans domicile fixe ndt) - buono per ingiungere alla mobilitazione, e riassume la determinazione delle potenze dominanti a preservare lordine del lavoro, al di l della sua effettiva scomparsa. Il sistema di produzione contemporaneo dunque, da una parte, una gigantesca macchina che mobilita psichicamente e fisicamente, assorbe energia umana ormai in eccesso e, dallaltra parte, un dispositivo di selezione che garantisce la sopravvivenza a coloro che vi si conformano e lascia fuori tutte le persone a rischio, tutti coloro che incarnano un altro modo di impegnare la propria vita e che vi oppongono resistenza. Si fanno vivere i cadaveri, si lasciano morire i vivi: questa la funzione propriamente politica dellattuale sistema di produzione. Organizzarsi contro il lavoro, sabotare collettivamente il regime di mobilitazione, manifestare lesistenza di una vitalit e di una disciplina nella stessa mobilitazione un crimine che una civilt senza via di scampo non pu perdonarci; ma questo in effetti il solo modo di sopravvivere alla sua rovina.

Pi semplice, pi divertente, pi veloce, pi sicuro!


Non parliamo pi di citt e campagna, e certamente non parleremo di questa vecchia dicotomia. Ci che si estende intorno a noi non vi somiglia n da vicino n da lontano: una stratificazione urbana unica, senza forma n ordine, una distesa desolata, indefinibile, illimitata, un continuum omogeneo di sempre nuove zone residenziali museificate e di parchi naturali, di grandi concentrazioni

e di immense aziende agricole, di zone industriali e di lottizzazioni, di case rurali e di agriturismi alla moda: una metropoli. esistita una citt antica, poi medievale, quindi moderna; ma non esiste una citt metropolitana. Vi un unico livello, non tanto dal punto di vista geografico, quanto per la maglia delle sue reti. Proprio perch finita con lo scomparire, ora la citt diventata un feticcio, come la Storia. Le fabbriche di Lille diventano sale per spettacoli, il centro bretone di Havre patrimonio dellUnesco. A Pechino, gli hutong (vicoli dellantica citt ndt) che circondavano la Citt proibita sono stati distrutti e ricostruiti un po pi lontano da doverano, per il piacere dei turisti. A Troyes, si incollano graticci sulle facciate degli edifici in pietra, un pastiche che sembra richiamare le botteghe stile vittoriano di Disneyland. I centri storici, a lungo sedi turbolente, occupano saggiamente il loro posto nellorganigramma della metropoli. Si sono donati al turismo e allostentazione consumistica, sono le isole felici dello shopping e si conservano grazie a questi mercati, allestetica e anche grazie alla forza. La sdolcinatezza soffocante delle passeggiatine di Natale avviene grazie allaumento di vigili e di pattuglie di polizia. Il controllo sintegra a meraviglia con questo paesaggio di merci, insieme mostrano il loro volto autoritario. Si vive in questa mescolanza di musichette, manganelli telescopici, zucchero filato. ci che ci simmagina della sorveglianza poliziesca, lincantesimo! Il gusto di questa pseudo-autenticit, e del controllo che vi si associa, accompagna la piccola borghesia nel processo di colonizzazione dei quartieri popolari: la quale, essendo stata allontanata dai centri storici, va alla ricerca di una vita di quartiere, che di certo non potr trovare tra le villette: ma scacciando i poveri, gli immigrati con le loro macchine, facendo piazza pulita, estirpando i microbi, riesce a distruggere proprio ci di cui andava in cerca. Su un manifesto municipale, uno spazzino tende la mano a un vigile urbano: Montauban, casa nostra. La dignit che obbliga gli urbanisti a non parlare pi di citt - che loro stessi hanno contribuito a smantellare - ma di urbano, allo stesso modo li deve costringere a non parlare pi di campagna: al suo posto subentra un paesaggio da esibirsi a gente stressata e stanca, e che si pu benissimo mettere in scena ora che i paesani sono rimasti in pochi. Fa parte del marketing che opera sul territorio, dove tutto deve essere valorizzato o costituito in patrimonio. sempre lo stesso vuoto glaciale che riesce a raggiungere anche i paesini pi nascosti. La metropoli la morte simultanea della citt e della campagna, lincrocio in cui converge la classe media, lo spazio proprio della classe media, che, di emigrazione dalle campagne in periurbanizzazione, si distende indefinitamente. La cinica architettura contemporanea conviene alla messa in vetrina del territorio mondiale. Un liceo, un ospedale, una mediateca sono tante varianti di un unico tema: trasparenza, neutralit, uniformit - delle architetture, massicce e fluidi, che si riconoscono senza il bisogno di sapere che cosa contengono, e che potrebbero essere collocate bene qui come altrove, senza che il luogo abbia alcuna importanza. Che fare dei grattacieli duffici della Dfense (quartiere moderno di Parigi ndt), della Part Dieu (quartiere moderno di Lione ndt) o dellEuralille (quartiere moderno di Lille ndt)? Lespressione nuovo fiammante condensa tutto il loro destino. Un viaggiatore scozzese fu testimone del singolare splendore sprigionato dalle fiamme, vedendo lHotel de Ville a Parigi dopo che era stato incendiato dagli insorti nel maggio del 1871: () non avrei mai immaginato niente di cos meraviglioso; incredibile. I Comunardi sono dei brutti ceffi, non ne dubito; ma che artisti! E non hanno avuto coscienza della loro opera! () Ho visto le rovine di Amalfi bagnate dalle azzurre onde del Mediterraneo, le rovine dei templi di Tung-hoor nel Pendjab; ho visitato Roma e ho visto altro ancora: ma niente pu essere paragonato a ci che stasera ho avuto davanti ai miei occhi.

Nella maglia metropolitana rimane qualche frammento di citt e qualche residuo di campagna, sebbene relegati ai confini. Paradossalmente, i posti apparentemente meno vivibili sono i soli a essere ancora, in qualche modo, abitati. Un vecchio edificio decadente occupato sembrer sempre pi vivo di tutti quegli appartamenti con tutti i confort, dove non si fa altro che spostare mobili e perfezionare lambiente in attesa del prossimo trasloco. Nelle megalopoli, le bidonvilles sono gli ultimi luoghi vissuti, vivibili e, senza alcuna meraviglia, i luoghi pi mortali; sono il rovescio del decoro elettrico della metropoli. Le citt dormitorio nella banlieue a Nord di Parigi, dopo la partenza della piccola borghesia alla caccia di villette, ritornate alla vita grazie alla disoccupazione di massa, irradiano luce pi intensa di tutto il Quartiere Latino, sia per il linguaggio sia per il fuoco. Lincendio del novembre del 2005 non scaturito dallespropriazione del territorio, come si sempre detto, ma dal pieno possesso di questo. Si possono incendiare le vetture perch ci si rompe, ma anche per diffondere la sommossa per un mese, durante il quale periodo bisogna mantenere la polizia in scacco, occorre saper organizzarsi, disporre di complicit, conoscere il terreno alla perfezione, condividere un linguaggio e lo stesso nemico. I chilometri e le settimane non hanno impedito il propagarsi del fuoco. Ai primi focolai ne sono seguiti altri, l dove non se li aspettavano. Il rumore non si mette allascolto. La metropoli il terreno di un incessante conflitto a bassa intensit, di cui la presa di Bassora, di Mogadiscio o di Nablus rappresentano i punti culminanti. Per i militari, la citt fu a lungo un luogo da evitare o da assediare; la metropoli invece del tutto compatibile con la guerra. Il conflitto armato non che un momento della sua costante riconfigurazione. Le battaglie condotte dalle grandi potenze assomigliano a un lavoro poliziesco sempre da rifare - nei buchi neri della metropoli che sia in Burkina Faso, nel Bronx del Sud, a Kamagasaki (quartiere popolare di Osaka ndt), nel Chiapas o nella Corneuve (banlieue di Saint-Denis ndt). Le azioni non avvengono allo scopo di vincere, n per ripristinare lordine e la pace, ma per proseguire limpresa di sicurezza gi da sempre allopera: la guerra non pi un tempo isolabile, ma si articola in una serie di micro-operazioni, militari e di polizia, per garantire la sicurezza. Polizia ed esercito si adattano in parallelo e un passo dopo laltro; Un criminologo chiede ai reparti della CRS (Compagnies Rpublicaines de Scurit, ndt) di organizzarsi in piccole unit mobili e addestrate; listituzione militare, culla dei metodi disciplinari, rimette in causa la propria organizzazione gerarchica; un ufficiale della NATO applica, per il suo battaglione di granatieri, un metodo partecipativo per cui ciascuno coinvolto nellanalisi, nella preparazione, nellesecuzione e nella valutazione di unazione. Il piano discusso e ridiscusso per giorni nel corso delladdestramento e in base alle ultime informazioni ricevute () Niente vale quanto un piano definito tutti insieme, per aumentare adesione e motivazione. Le forze armate non solo si adattano alla metropoli, ma la modellano. Per esempio i militari israeliani, dopo la battaglia di Nablus, sono diventati architetti dinterni: costretti dalla guerriglia palestinese a non procedere lungo le strade, troppo pericolose, imparano ad avanzare in linea verticale e orizzontale allinterno dei palazzi, abbattendo pareti e soffitti per muoversi. Un ufficiale delle forze di difesa israeliane, diplomato in filosofia, spiega: Il nemico interpreta lo spazio in modo classico, tradizionale, per cui io mi rifiuto di seguire la sua interpretazione e di cadere in trappola () Voglio sorprenderlo! questa lessenza della guerra. Io devo vincere () Ecco: ho scelto il metodo di passare attraverso i muri Come un verme che procede mangiando ci che trova lungo il cammino. Lurbano il modo del conflitto piuttosto che il suo teatro. A tal proposito, ritornando dalla parte dellinsurrezione, si possono ricordare i consigli di Blanqui, il quale raccomanda ai futuri insorti di Parigi di accerchiare le case con le barricate innalzate lungo le strade per proteggere le proprie posizioni, di sfondare le pareti per creare passaggi di comunicazione, di abbattere le scale del

pianterreno e di aprire un varco nei soffitti per difendersi da eventuali attacchi, di abbattere le porte e di barricare le finestre, di fare di ogni piano una postazione di tiro. La metropoli non altro che un ammasso urbanizzato, lo scontro finale tra citt e campagna, un flusso di persone e di cose, una corrente che passa dappertutto attraverso una rete di fibre ottiche, di treni ad alta velocit, di satelliti, di videocamere di sorveglianza, senza che si arresti la corsa alla sua rovina, una corrente che ci mobilita, che vorrebbe trascinare tutto nella sua corsa senza speranza; dove linformazione, come una forza nemica, ci assale, dove non ci resta che correre, dove diventa difficile attendere, anche la prossima metro. La moltiplicazione dei mezzi di trasporto e di comunicazione ci strappa senza interruzione dal qui e dallora, con la tentazione di essere sempre altrove. Prendere un TGV o un RER (linee ad alta velocit ndt), un telefono, per essere gi l. Tutta questa mobilit non comporta che sradicamenti, isolamenti, esili: a tutti sembrerebbe insopportabile se non si trattasse di mobilit dello spazio privato, di una sorta di interno portatile. La bolla privata non scoppia, comincia a galleggiare: non siamo giunti alla fine del cocooning (atteggiamento di chi assillato dalla cura, dal decoro e dallarredamento della propria casa ndt), ma giusto alla sua messa in movimento. Da una stazione, da un centro commerciale, da una banca daffari, da un hotel allaltro, dappertutto la stessa estraneit cos banale, talmente risaputa che sembra un luogo familiare. Lo sfolgorio della metropoli consiste in questo instabile amalgama di ambienti cristallizzati, suscettibili di ricombinarsi allinfinito. I centri storici si offrono non come dei luoghi identici, ma come contenitori di ambienti originali nei quali ci muoviamo, scegliendone uno, lasciando laltro, secondo una sorta di shopping esistenziale tra stili diversi di bar, di gente, di design, sempre con il nostro ipod: Con il mio lettore mp3 mi sento padrone del mio mondo. Per sopravvivere alluniformit che ci circonda, lunica opzione ricostruirsi senza sosta il proprio mondo interiore come un bambino che rif dappertutto il suo rifugio; come Robinson, riprodurre il proprio universo da droghiere su di unisola deserta, posto che la nostra isola deserta la civilt in cui viviamo, dove in miliardi sbarchiamo senza sosta. Proprio a causa di questa architettura fatta di flussi, la metropoli tra gli ambienti umani il pi vulnerabile che sia mai esistito - flessibile e sottile, ma vulnerabile: unimprovvisa chiusura delle frontiere a causa di unepidemia dilagante, un venir meno di rifornimenti vitali, un blocco organizzato delle linee di comunicazione, e tutta la scenografia crolla, e non pi possibile mascherare scene violente di cui si ha sempre paura: il mondo non andrebbe di fretta se non procedesse costantemente sullorlo del precipizio. Si vorrebbe mettere la metropoli al riparo dalle proprie disfunzioni con strutture di rete, infrastrutture tecnologiche per nodi e per connessioni, con architetture decentralizzate. Internet deve resistere a un attacco nucleare. Il controllo permanente dei flussi dinformazione, di persone e di merci deve rendere sicura la mobilit metropolitana, il cibo, assicurare che non manchi mai nulla in uno stock di merci, che non ci siano mai biglietti falsi in circolazione o un terrorista sullaereo. Grazie a una pulce RFID (Radio Frequency IDentification ndt), un passaporto biometrico, una banca dati del DNA. Ma la metropoli produce i mezzi della sua stessa distruzione. Un esperto americano di sicurezza spiega che la disfatta in Iraq dovuta alla capacit della guerriglia di sfruttare al meglio i nuovi mezzi di comunicazione. Con la loro invasione, gli Stati Uniti non hanno importato la democrazia, ma piuttosto le reti informatiche: portano con s, tra le armi, anche quelle che li sconfiggono. La diffusione di telefonini e Internet point ha fornito alla guerriglia mezzi inediti per lorganizzazione e tali da renderla difficilmente attaccabile.

Ogni rete ha i suoi punti deboli, i suoi nodi che bisogna sabotare perch la circolazione si arresti, perch la ragnatela imploda. Lo ha dimostrato lultimo grande blackout in Europa (nel 2007 ndt): bastato un incidente su una linea di alta tensione per far calare la notte su buona parte del continente. Il primo gesto da compiersi perch possa scattare qualcosa nel bel mezzo della metropoli, per aprire a diverse possibilit, quello di arrestare il suo flusso continuo: lo hanno capito i ribelli tailandesi, che fanno saltare i tralicci dellelettricit; lo hanno compreso gli anti-CPE che hanno bloccato le universit per poi cercare di bloccare leconomia; ci che hanno fatto i dockers durante lo sciopero nellottobre del 2002 a sostegno di trecento lavoratori, e che hanno bloccato per dieci giorni le principali porte daccesso alla costa Ovest. Leconomia americana risultata talmente dipendente dalle relazioni con lAsia che il costo dei blocchi stato pari a un miliardo di euro al giorno. Con dieci miliardi si pu far traballare la pi grande potenza economica del mondo. Secondo alcuni esperti, se il movimento avesse tenuto i blocchi per un mese, avremmo assistito in anticipo al ritorno della recessione negli Stati Uniti e sarebbe stato un incubo per leconomia del sudest asiatico.

Meno beni, pi relazioni!


Trentanni di disoccupazione di massa, di crisi, di mezze crescite e vorrebbero ancora farci credere nelleconomia. Trentanni punteggiati, vero, da qualche spiraglio illusorio: il periodo 1981-1983, illusione che un governo di sinistra potesse agire in favore del popolo; il periodo degli anni della grana (1986-1989), nel quale saremmo dovuti diventare tutti ricchi, uomini daffari e operatori di Borsa; il periodo di Internet (1998-2001), nel quale avremmo tutti trovato un lavoro virtuale a forza di essere connessi, nel quale la Francia multicolore ma Una, multiculturale e colta, avrebbe vinto tutte le coppe del mondo. Ed eccoci qua: abbiamo finito la riserva dillusioni, abbiamo toccato il fondo, siamo rimasti a secco e allo scoperto.

Alla fine lo abbiamo capito: non leconomia che in crisi, leconomia che la crisi; non il lavoro che manca, il lavoro che in eccesso; dando il suo giusto peso alle cose, non la crisi bens la crescita che ci deprime. Ammettiamolo: la litania delle quotazioni di Borsa ci riguarda pressappoco quanto una messa in latino. Per nostra fortuna un certo numero di persone gi arrivata a questa conclusione. Non parliamo di tutti coloro che vivono di varie truffe, di ogni genere di traffico o che da dieci anni vivono con il reddito minimo dinserimento, di quelli che non sidentificano pi con il loro lavoro e che si riservano per il tempo libero, di quelli che vanno a lavorare senza poter fare nulla e di quelli che fanno un lavoro di tutto riposo, che fanno il minimo e ottengono il massimo. Lincredibile scollamento di massa che colpisce tutti questi soggetti alimentato dai pensionati e dalla cinica esplosione di manodopera flessibile. Non parliamo di loro, sebbene, in un modo o nellaltro, dovrebbero anchessi giungere alle stesse conclusioni. Stiamo parlando di tutti quei paesi, di continenti interi che hanno perduto la loro fede economica per aver visto passare il Boeing del FMI con il suo strascico di fallimenti e facendo un gran casino, per essere stati soltanto sfiorati dalla Banca Mondiale. Non si tratta della crisi di vocazione che leconomia dei paesi occidentali sopporta in modo fiacco, ma di un discredito duro e violento che questa religione e il suo clero ha subito in Guinea, in Russia, in Argentina, in Bolivia. Che ci fanno un migliaio di economisti del Fondo Monetario Internazionale in fondo al mare? - Un buon inizio (un bon dbut gioco di parole tra un buon inizio e un bon de-but un buon bersaglio ndt). Una battuta russa: due economisti sincontrano. Uno domanda allaltro: hai capito cos successo?, e laltro risponde: Ora te lo spiego. No - replica il primo - spiegare non difficile, anchio sono un economista. Quello che ti ho chiesto : tu hai capito?. Lo stesso clero ha fatto finta da un lato di entrare in dissidio e di criticare il dogma. Lultima corrente un po animata della scienza economica - corrente che si chiama (senza scherzi) economica non autistica (o post-autistica ndt) - vorrebbe dimostrare le usurpazioni, i raggiri, gli indici sofisticati di una scienza il cui unico ruolo tangibile consiste nellagitare lostensorio intorno alle elucubrazioni dei potenti, di adornare con un po di cerimonie i loro accorati appelli alla sottomissione e, infine, come proprio di ogni religione, di fornire spiegazioni. Perch la rovina generale cessa dessere sopportabile dal momento che appare per quello che : senza causa n ragion dessere. Il denaro non pi rispettato da nessuno, n da quelli che ne hanno n da quelli che non ne hanno. Il venti per cento dei giovani tedeschi, alla domanda cosa vogliono fare da grandi, ha risposto lartista. Il lavoro non pi sentito come un dono della condizione umana. Le imprese confessano di non sapere pi da dove tirare fuori il proprio valore. La cattiva reputazione del mercato avr avuto la meglio dopo un decennio, senza la smania e i vasti mezzi dei suoi apologeti. Il progresso diventato per il senso comune sinonimo di disastro. Tutto fugge nel mondo economico, come tutti fuggivano nellURSS ai tempi di Andropov (presidente dellURSS dal 1983 al 1984 ndt). Chi sa qualcosa degli ultimi anni dellURSS capir senza fatica cosa vogliono significare tutti gli appelli al decisionismo dei nostri dirigenti, tutte le parole al vento su un futuro di cui si perduta traccia, tutte queste professioni di fede per le riforme di non importa cosa - i primi cedimenti del Muro; il crollo del blocco socialista non ha determinato il trionfo del capitalismo, ma ha solamente attestato il fallimento di una delle sue forme. Infatti la fine dellURSS non stata provocata da un popolo in rivolta, ma dalla riconversione della nomeklatura. Proclamando la fine del socialismo, una parte della classe dirigente ha potuto innanzitutto affrancarsi di tutti quegli anacronistici doveri che la legavano al popolo: ha assunto il controllo privato di ci che gi controllava, ma per conto di tutti. Non regge (il socialismo ndt), finiamola con questa pagliacciata!, ha gridato loligarchia: a loro le materie prime, le infrastrutture industriali, il complesso militareindustriale, le banche, i locali notturni, a tutti gli altri miseria o emigrazione.

Come nessuno nellURSS credeva pi in Andropov, cos oggi nessuno crede pi nella Francia delle sale congressi, dei gruppi di lavoro, degli uffici. Non regge! urlano padroni e governanti, che non si prendono pi la briga di addolcire le dure leggi delleconomia, delocalizzano una fabbrica di notte per annunciare di prima mattina al personale la sua chiusura, e non esitano a inviare i GIGN (Groupe dIntervention de la Gendarmerie Nationale ndt) per far cessare uno sciopero - come hanno fatto alla SNCM (Socit Nationale Maritime Corse Mditerrane ndt) o lanno scorso a Rennes, poco prima che si occupasse un centro di smistamento. Tutta lattivit sanguinosa del potere attuale consiste da un lato nel gestire questa rovina e dallaltro lato di porre le basi di una nuova economia. Eppure eravamo ben disposti alleconomia: da molto tempo che ci educa, ci rende pacifici, ha fatto di noi dei soggetti, naturalmente produttivi, contenti di consumare, ed ecco che riemerge ci che ci eravamo sforzati di dimenticare: che leconomia una politica, e che questa politica, oggi, una politica di selezione nel mezzo di un insieme, di una massa di persone divenute superflue. Da Colbert (ministro della marina sotto Luigi XIV ndt) a De Gaulle, passando per Napoleone III, leconomia sempre stata, per lo Stato, una politica, cos come per la borghesia che ne trae profitto e per i proletari che la combattono. Solo questo particolare strato sociale intermedio, questo aggregato senza forza di quelli che non prendono mai posizione, la piccola borghesia, ha sempre creduto nel mito delleconomia come in una realt effettiva - sicch si preservata la sua neutralit. Piccoli commercianti, piccoli padroni, piccoli funzionari, impiegati, professori, giornalisti, intermediari di ogni sorta formano in Francia questa non-classe, questo amalgama sociale composto dalla massa di quelli che vorrebbero semplicemente trascorrere la loro piccola vita privata al di fuori della Storia e dei suoi tumulti. Questa palude per sua inclinazione lemblema della falsa coscienza, ben disposta, nel suo dormiveglia, a tenere gli occhi chiusi sulla guerra che fomenta rabbia intorno. Tutte le volte che in Francia si schierata, si segnalata per linvenzione di un nuovo capriccio: durante gli ultimi dieci anni c stato il movimento di ATTAC e la sua inverosimile Tobin Tax - per la cui regolazione hanno richiesto niente meno che un governo mondiale - la sua apologia delleconomia reale contro i mercati finanziari e la sua commovente nostalgia dello Stato. Questa commedia durata quel che doveva durare e si conclusa in una carnevalata: una bizzarria dopo laltra, come la de-crescita. Se ATTAC ha provato con i suoi corsi deducazione popolare di salvare leconomia come scienza, la de-crescita pretenderebbe di salvarla come morale: una sola alternativa possibile allapocalisse crescente, la de-crescita. Consumare e produrre meno, diventare gioiosamente parchi, mangiare biologico, andare in bicicletta, smettere di fumare, fare molta attenzione ai prodotti che si acquistano, accontentarsi dello stretto necessario - una volontaria semplicit: riscoprire la vera ricchezza con lo sbocciare di relazioni sociali gioviali in un mondo sano. non spremere troppo il nostro capitale naturale, muovere verso una economia sana, evitare il caos in nome della regolazione, non generare crisi sociale con il rischio di rimettere in causa la democrazia e lumanesimo: diventare economo. Ritornare alleconomia del Papa, agli anni doro della piccola borghesia, il 1950: Quando lindividuo diventa un buon economo, la propriet svolge perfettamente il suo ruolo e gli permette di essere felice nel proprio cortile privato al riparo da occhi indiscreti. Un grafico con un pullover eco-sostenibile beve un cocktail alla frutta con gli amici sulla terrazza di un caff etnico; sono eloquenti, cordiali, scherzano con moderazione, non fanno n troppo rumore n troppo silenzio, si guardano e si sorridono, un po beati: come sono civili! Poco dopo alcuni andranno a occuparsi del giardino di quartiere, mentre gli altri andranno a fare vasi di terracotta, pratica zen o un cortometraggio. Hanno in comune il buon sentimento di costituire una nuova umanit, la pi saggia, la pi raffinata, lultima; e hanno ragione. La Apple e la de-crescita hanno curiosamente le stesse idee sulla civilt del futuro: il ritorno alleconomia di un tempo per gli uni la nebbia necessaria dietro la quale avanza lidea degli altri, di un grande salto tecnologico in avanti. Di fatti nella Storia non c mai stato alcun ritorno indietro.

Lesortazione per un ritorno al passato non manifesta altro che una forma di coscienza del proprio tempo, e spesso non la meno moderna: la de-crescita non per caso il motto dei pubblicitari dissidenti della rivista Casseurs de pub (associazione contro il consumismo ndt); gli inventori della crescita zero - il club di Roma fondato nel 1972 - erano un gruppo di industriali e alti funzionari che si rifacevano a un rapporto dei tecnici del MIT. Non una convergenza fortuita: siscrive nella marcia forzata per trovare un sostituto nelleconomia. Il capitalismo ha disintegrato tutto ci che sussisteva delle relazioni sociali per il proprio profitto, e ora si lancia alla loro rimessa a nuovo sulle sue proprie basi: la sociabilit metropolitana attuale ne lincubatrice. Allo stesso modo, ha distrutto il mondo naturale e si lancia ora nella folla idea di ricostruirlo come tanti ambienti controllati, dotati di recinti adeguati. A questa nuova umanit corrisponde una nuova economia, che non vorrebbe pi essere un mondo separato dallesistenza ma il suo tessuto, che vorrebbe diventare la materia degli stessi rapporti umani; una nuova definizione di lavoro come lavoro di se stessi e di capitale come capitale umano; una nuova idea della produzione come produzione di beni di relazione, e dei consumatori come consumatori di situazione; e soprattutto una nuova idea di valore che comprende tutte le qualit delle persone. Questa bioeconomia in gestazione concepisce il pianeta come un sistema immobile da gestire, e pretende di porre le basi di una scienza che vorrebbe integrare tutti i parametri della vita. Una simile scienza potrebbe addirittura farci rimpiangere il bel tempo degli indici truccati con i quali si pretendeva di misurare il benessere di una popolazione sulla base della crescita del PIL, ma ai quali almeno nessuno prestava fede. Rivalorizzare gli aspetti non economici della vita una parola dordine della de-crescita e nello stesso tempo un programma per la riforma del capitale. Eco-villaggi, telecamere di videosorveglianza, spiritualit, biotecnologie e relazioni personali appartengono allo stesso paradigma civilizzatore in formazione, quello delleconomia totale che si auto-genera; la sua matrice intellettuale non altro che la cibernetica, la scienza dei sistemi, ovvero del controllo dei sistemi. Per imporre definitivamente leconomia, la sua etica del lavoro e dellavarizia, si dovuto internare ed eliminare tutta la fauna degli oziosi, dei mendicanti, degli stregoni, dei pazzi, dei goliardi e di altri poveri senza appartenenze, tutta unumanit che negava con la sua sola esistenza lordine dellinteresse e della morigeratezza. La nuova economia non simporr senza una simile selezione di soggetti e di zone adatte al cambiamento. Il caos tanto annunciato sar loccasione giusta o per questa o per la nostra vittoria su questo deprecabile progetto.

Lambiente una sfida per limpresa


Lecologia la scoperta del presente: dopo essere stata lasciata ai Verdi negli ultimi trentanni, dopo il tempo in cui si faceva un bel respiro la domenica e si prendeva una boccata daria necessaria per il luned, ora viene recuperata e invade lestate come una canzone di successo perch a dicembre ci sono venti gradi. Negli oceani, un quarto delle specie marine sono estinte, le altre non ne hanno ancora per molto. Allarme influenza aviaria: promettono di abbattere subito centinaia di migliaia di uccelli migratori. Il tasso di mercurio nel latte materno dieci volte superiore del livello autorizzato nel latte di mucca. Le labbra si gonfiano quando sgranocchio una mela - eppure lho presa al mercato: i pi semplici gesti diventano tossici, si muore a trentacinque anni di una lunga malattia di cui si avr cura come si ha cura di tutte le altre cose; bisogner tirare le somme dopo che si sar condotti al padiglione B del centro di cure palliative. Dobbiamo ammetterlo: tutta questa catastrofe che ci intrattiene in questo modo brutale, non ci tocca affatto. Almeno non dopo che ci ha colpiti con una delle sue prevedibili conseguenze. Forse ci riguarda, ma non ci tocca. Sta bene l, la catastrofe.

Non c un disastro ambientale: c un disastro che lambiente. Lambiente tutto ci che rimane alluomo quando ha perso tutto. Abitiamo un quartiere, una via, una valle, una guerra, un atelier, e non un ambiente; ci muoviamo in un mondo popolato di presenze, di pericoli, di amici, di nemici, di punti di vita e di punti di morte, di ogni sorta desistenza; in un mondo che ha una sua consistenza, che varia in base allintensit e alla qualit delle relazioni che noi stabiliamo con tutte queste forme desistenza, con tutti questi luoghi. Non ci siamo che noi, generazione dellespropriazione finale, esiliati dellultima ora - noi che veniamo al mondo in cubi di cemento armato, che cogliamo la frutta nei supermercati e origliamo la voce del mondo dalla televisione - a possedere un ambiente. Non ci siamo che noi ad assistere al nostro stesso annientamento come se si trattasse di un banale cambiamento datmosfera, a indignarci degli ultimi passi avanti del disastro e a redigere con pazienza lenciclopedia. Con il termine ambiente viene fissato un rapporto con il mondo basato sulla gestione, ovvero sullestraneit; un rapporto con il mondo tale che noi non sentiamo allo stesso modo i fruscii degli alberi, gli odori di frittura nelle case, lo scorrere delle acque, i vocii nei cortili di scuola o della umidit delle sere destate; un rapporto con il mondo in cui siamo io e il mio ambiente che mi circonda, ma senza mai definirmi. Siamo tutti diventati come dei vicini di casa in una riunione di un unico enorme condominio: difficile immaginarsi un inferno peggiore. A nessun luogo materiale si mai dato il nome dambiente, eccetto forse per la metropoli: voce metallica per gli annunci, linee del tram del XXI secolo, luci azzurrognole di lampioni che hanno la forma di fiammiferi giganti, attori falliti truccati da manichini, rotazione silenziosa di una videocamera di sorveglianza, lucido tintinnio della chiusura delle porte nella metro, delle casse del supermercato, dei badges di un ufficio, atmosfera elettronica di un cybercaff, spreco di schermi al plasma, strade veloci, latice. Mai scenario ha fatto cos a meno di esseri viventi che lo percorrono, mai luogo stato pi automatico, mai contesto stato pi indifferente e mai ha richiesto in cambio, perch vi si possa vivere, una tale indifferenza. Lambiente non altro che questo: un rapporto con il mondo proprio della metropoli, che si proietta su tutto ci che le sfugge. La situazione la seguente: i nostri padri si sono impegnati a distruggere il mondo, si vorrebbe adesso farci lavorare alla sua ricostruzione e farci credere che questo lavoro indispensabile. La morbosa eccitazione che anima giornalisti e pubblicitari a ogni nuova prova del riscaldamento climatico fa emergere il nuovo sorriso dacciaio del capitalismo verde, il quale viene annunciato dal 1970, che atteso al varco e che tarda ad arrivare. Ed eccola qui: lecologia, la soluzione alternativa, la salvezza del pianeta! Non c alcun dubbio: il fondo dellaria verde, lambiente sar il cardine delleconomia politica del XXI secolo. A ogni ondata di catastrofismo corrisponde unondata di soluzioni industriali. Linventore della bomba H, Edward Teller, suggerisce di polverizzare milioni di tonnellate di polvere metallica nella stratosfera per fermare il riscaldamento del pianeta. La NASA, delusa dal fatto di aver dovuto riporre la grande idea di uno scudo antimissile nel museo delle fantasmagorie della guerra fredda, promette di collocare oltre lorbita lunare uno specchio gigante per proteggerci dagli ormai funesti raggi solari. Altre visioni fantascientifiche: unumanit motorizzata che viaggia al bioetanolo da Sao Paulo a Stoccolma; un sogno come quello cerealicolo della Beauce (regione molto fertile a sudovest di Parigi, soprannominata granaio di Francia ndt), che non comporta altro che la conversione di tutte le terre arabili del pianeta in campi di soia e di barbabietole da zucchero; vetture ecologiche, energia propria, consigli per lambiente insieme allultima pubblicit di Chanel - e senza che ci sia nulla di male - sulle pagine di quotidiani e settimanali. Lambiente ha lincomparabile merito di essere il primo problema globale dellumanit, ovvero un problema al quale solo coloro che sono globalmente organizzati possono trovare una soluzione.

Sappiamo di chi si tratta: gruppi che dopo quasi un secolo sono lavanguardia del disastro e contano bene di restarci al basso prezzo di cambiare logo. Il fatto che lEDF (lectricit de France ndt) abbia la faccia tosta di sottoporci di nuovo il suo programma nucleare come nuova soluzione alla crisi energetica mondiale, ci dice quanto le nuove soluzioni assomigliano ai vecchi problemi. Dalle segreterie di Stato alle sale posteriori di caff alternativi, ogni preoccupazione si enuncia con le stesse parole, che sono del resto le stesse per ogni problema: bisogna mobilitarsi. Non per la ricostruzione, come nel dopoguerra, non per gli etiopi (nel 1984, durante il regime militare di Menghistu, una drammatica carestia caus decine di migliaia di vittime in Etiopia ndt), come negli anni Ottanta, non per il lavoro, come negli anni Novanta, ma per lambiente. Sanno parlare molto bene. Al Gore, lecologia alla Nicolas Hulot (giornalista e scrittore, presidente della Fondation Nicolas Hulot pour la nature et lhomme, candidato alle elezioni presidenziali nel 2007 ndt) e la decrescita sono al fianco delle immortali grandi anime della Repubblica, per ricoprire il ruolo di rianimatori del piccolo popolo della sinistra e dellidealismo dei giovani - che tutti ben conosciamo. Sbandierando lausterit volontaria, lavorano con misericordia per conformarci allo stato di emergenza ecologico in cui tra non molto vivremo. La coltre rotonda e appiccicosa dei loro sensi di colpa si abbatte sulle nostre spalle affaticate e vorrebbe spingerci a coltivare il nostro giardino, a fare la raccolta differenziata, a porre il marchio biologico ai resti del banchetto macabro nel e per il quale noi siamo stati viziati. Gestire luscita dal nucleare, le emissioni di CO2 nellatmosfera, i ghiacciai, gli uragani, le epidemie, la sovrappopolazione mondiale, lerosione dei suoli, le continue estinzioni di specie viventi tutto ci sar il nostro fardello. Tutti dovremmo cambiare il nostro stile di vita, si dice, se si vuole salvare il nostro meraviglioso modello di civilt: bisogna consumare di meno per poter ancora consumare; produrre biologico per poter ancora produrre; auto-costringersi per aver ancora obblighi. Ecco come la logica di questa civilt intende salvarsi dandosi, per giunta, delle arie da rottura storica; ecco come vorrebbero convincerci a partecipare alle grandi sfide che oggi lindustria deve affrontare. Stupidi come siamo, correremo subito in soccorso tra le braccia di coloro che hanno governato il saccheggio perch loro ci salvino dal disastro. Lecologia non diventa solo il riferimento di tutta leconomia, ma anche la nuova morale del Capitale. Lo stato di crisi interno al sistema e il rigore della selezione in corso sono tali che occorre rifarsi a un nuovo criterio in nome del quale operare queste selezioni. Di epoca in epoca, lidea della virt non mai stata altro che uninvenzione del vizio. Senza lecologia risulterebbe impossibile giustificare lesistenza oggigiorno di due industrie alimentari, una sana e biologica per i ricchi e i loro figli, laltra notoriamente tossica per la plebe e i suoi discendenti, promessi allobesit. La grassa borghesia non riuscirebbe a far passare come rispettabile il suo stile di vita, se i suoi pi recenti costumi non fossero scrupolosamente votati alla difesa dellambiente. Senza lecologia non ci sarebbe ancora abbastanza autorit per far tacere tutte le obiezioni contro un progresso fuori controllo. Il controllo delle fasi di produzione e distribuzione di un prodotto, la trasparenza, la certificazione, leco-tassa, ambienti protetti, polizia dellacqua: tutto ci lascia presagire lo stato deccezione ecologico che sannuncia. Tutto permesso a un potere che si fa consacrare dalla Natura, dalla salute, dal benessere. Una volta che la nuova cultura economica e della vita quotidiana sar passata di moda, anche le misure coercitive scompariranno. C bisogno di tutta la ridicola disinvoltura di un avventuriero del palcoscenico televisivo per sostenere una prospettiva cos agghiacciante, e per chiederci nello stesso tempo di vedere la malattia del pianeta per mobilizzarci e di essere adeguatamente anestetizzati per

assistere a tutto ci con dignit e in modo civile. Il controllo di s, che richiesto da tutti per negoziare loperazione di salvataggio alla quale il sistema si autocostringe, una sorta di bioascetismo. In nome dellecologia bisogner tirare la cinghia, come prima accadeva in nome delleconomia. La strada potr di certo trasformarsi in pista ciclabile, noi potremmo anche essere ad un livello tale da sentirci grati per un reddito garantito, ma al prezzo di una vita interamente terapeutica. Coloro che pretendono che lautocontrollo generalizzato ci risparmier da una dittatura ambientale, stanno mentendo: il primo spiana la strada alla seconda, e noi ci ritroveremo con entrambi. Fintantoch ci saranno lUomo e lAmbiente, ci sar la polizia tra loro. Rovesciamo il discorso ecologista: laddove parla di catastrofe per riferirsi agli scivolamenti dellattuale potere di gestione delle persone e delle cose, noi non vediamo che la catastrofe di questo sistema. La pi grande ondata di carestia conosciuta in passato coincide con unondata di siccit nel mondo, ma soprattutto con lapogeo del colonialismo. La distruzione del mondo contadino e delle loro pratiche alimentari ha determinato la scomparsa dei mezzi necessari per far fronte alla penuria. Non tanto la mancanza dacqua, quanto gli effetti della economia coloniale in piena espansione sono responsabili di milioni di cadaveri scheletrici in tutto il Sud del mondo. Ci che si presenta dappertutto come catastrofe ecologica non ha mai smesso dessere, in primo luogo, la manifestazione di un rapporto disastroso con il mondo. Il fatto di non abitare veramente nessun luogo ci rende vulnerabili alla minima scossa del sistema, al minimo imprevisto del clima. Quando nel 2004 si stava per scatenare lo tsunami, i turisti continuavano a giocare in acqua, gli accompagnatori e le guide delle isole si affrettavano per fuggire dalle coste seguendo il volo degli uccelli. Il paradosso attuale dellecologia che, con il pretesto di salvare la Terra, non salva che il fondamento dei comportamenti che lhanno violentata. In tempi di tranquillit, il funzionamento regolare del sistema nasconde il nostro stato, propriamente catastrofico, di espropriati: ci che si pu chiamare disastro non che la sospensione forzata di questo stato, uno di quei rari momenti in cui noi possiamo sentirci davvero presenti, in cui, contrariamente alle previsioni, si tocca il fondo delle riserve petrolifere, in cui si interrompono i flussi internazionali che tengono il ritmo della metropoli, in cui si percepisce linasprirsi di disordini sociali, in cui si toccano limbarbarimento, la minaccia per il mondo, la fine della civilt! Non importante quale perdita di controllo sia preferibile in tutti gli scenari di gestione della crisi; non conviene sondare i migliori consigli presso gli esperti in sviluppo sostenibile: nel dis-funzionamento e nel cortocircuito del sistema che emergono gli elementi logici per rispondere a ci che potrebbe cessare di essere un problema. Fra i firmatari del protocollo di Kyoto, i soli paesi che fino a oggi hanno adempiuto ai loro impegni sono, malgrado loro, Ucraina e Romania; la sperimentazione pi avanzata su scala mondiale nel settore dellagricoltura biologica si tiene dal 1989 a Cuba; lungo le piste africane, e non altrove, che la meccanica automobilistica stata elevata al rango di arte popolare: provate a indovinare come e perch accada tutto ci. Ci che rende auspicabile la crisi che durante la crisi lambiente cessa dessere ambiente. Noi siamo costretti a riallacciare un contatto, immediato e inevitabile, con ci che ci circonda, per ritrovare i segni della realt: non si tratta pi di paesaggio, panorama, teatro, ma di luoghi che abitiamo, che noi dobbiamo e possiamo conoscere. Non ci lasceremo defraudare di questi possibili effetti della catastrofe. L dove politici ed economisti sinterrogano platonicamente su come cambiare modo di agire senza chiudere bottega, noi non vediamo altra soluzione che quella di chiudere bottega al pi presto e di ripartire da ogni cedimento del sistema per acquisire nuove forze.

New Orleans, qualche giorno dopo il passaggio delluragano Katrina. In questa atmosfera dapocalissi, riprende la vita, ci si riorganizza. Dinnanzi allassenza dei poteri pubblici, pi indaffarati a pattugliare i quartieri turistici del Quartiere francese e a fare la guardia ai supermercati che a soccorrere gli abitanti poveri della citt, risorgono aspetti dimenticati. Malgrado il tentativo di sgomberare la zona, a volte usando la forza, malgrado la caccia al negro aperta per loccasione dalle forze di polizia, la maggior parte degli occupanti non ha voluto darsi per vinta. Per coloro che hanno rifiutato di essere deportati come rifugiati ambientali ai quattro angoli del paese, e per quelli che, un po dappertutto, hanno preferito ritrovarsi insieme in modo solidale dopo lappello di un vecchio militante delle Black Panther, riemerge la necessit dellautogestione. Nellarco di poche settimane hanno messo su la Common Ground Health Clinic: questo grande ospedale di campagna dispensa cure gratuite e servizi sempre migliori grazie allincessante afflusso di volontari. Da un anno la clinica pratica una quotidiana resistenza contro lobiettivo di raderla al suolo per liberare tutta quella parte della citt data in pasto agli imprenditori immobiliari. Cucina popolare, rifornimenti autonomi, medicina di strada, requisizioni selvagge, costruzione di abitazioni demergenza: tutto un sapere pratico accumulato lungo la vita e che ha trovato ora la possibilit di essere messo in atto, lontano dalle uniformi e dalle sirene. Chi ha conosciuto la vitalit dei quartieri poveri di New Orleans prima del disastro, la diffidenza nei confronti dello Stato che vi governava e la diffusa capacit di arrangiarsi, non si stupir del fatto che tutto ci era possibile. Chi, al contrario, si sente costretto nella quotidianit anemica e atrofizzata delle nostre vite isolate nei condomini, potrebbe dubitare che da lui possa trovarsi una determinazione simile. Riprendersi con questi gesti sepolti in anni di vita normalizzata lunica strada percorribile per non sprofondare insieme a questo mondo e perch possa finalmente venire il tempo delle vere passioni.

Qui si costruisce uno spazio civile


La prima carneficina mondiale (1914-1918), che ha permesso di sbarazzarsi dun colpo di una larga parte del proletariato di campagna e di citt, stata condotta in nome della libert, della democrazia e della civilt. verosimilmente in nome degli stessi valori che si prosegue dopo cinque anni (nel 2007; sette nel 2009 ndt), con omicidi mirati e operazioni speciali, la famosa guerra al terrorismo. Il confronto sembrerebbe possibile solo fino a questo punto, ma non cos: la civilt non pi una realt che si esporta agli indigeni senza altra possibilit di sviluppo; la libert non pi quella parola che si scrive sui muri, ed sempre seguita, come da unombra, dalla parola sicurezza; la democrazia, come a tutti evidente, si dissolta nelle diverse leggi deccezione - per esempio nella riabilitazione della tortura negli Stati Uniti o in Francia nella legge Perben II (legge per ladattamento della giustizia allevoluzione della criminalit, in vigore dal 10 marzo 2004 ndt). In un secolo, libert, democrazia e civilt sono stati ricondotti al livello di puri abbagli. Dora in poi tutto il lavoro dei politici consiste nel preparare le condizioni materiali e morali, simboliche e sociali, in cui le illusioni possono essere valide, nel configurare gli spazi in cui queste possano funzionare. Tutti i mezzi sono buoni a questo scopo, compresi i mezzi meno democratici, quelli meno civili e i migliori per mantenere lordine pubblico. Nel secolo scorso la democrazia ha regolarmente presieduto alla nascita del regime fascista e la civilt ha continuato a cantare lo sterminio con le opere di Wagner

o di Iron Miden: un giorno del 1929, la libert ha avuto il doppio volto di un banchiere che si getta dal balcone e di una famiglia di operai che muore di fame. Si detto in seguito - dopo il 1945 - che la manipolazione delle masse, lattivit dei servizi segreti, la restrizione delle libert pubbliche e la completa sovranit delle varie polizie sono dei mezzi necessari per assicurare la democrazia, la libert, la civilt. Al pi recente stadio di questa evoluzione, il primo sindaco socialista di Parigi che ha dato lultima mano alla pacificazione urbana risistemando con metodi polizieschi un quartiere popolare, ha pronunciato parole molto precise: Qui si costruisce uno spazio civile. Nulla da ribattere, tutto da distruggere. Rimanendo a questo livello generale, la questione della civilt non affatto una questione filosofica. Una civilt non unastrazione che ricade sulla vita, bens ci che regge, investe, colonizza lesistenza pi quotidiana e pi personale, ci che tiene insieme la dimensione pi intima e la pi generale. In Francia non si separa la civilt dallo Stato. Pi uno Stato forte e antico, meno sembra una superstruttura o lesoscheletro di una societ, pi si conforma ai singoli componenti del suo popolo. Lo Stato francese la trama che unisce i cittadini, laspetto della loro castrazione plurisecolare. Non ci si deve meravigliare del fatto che, a cominciare dai politici, tutto un insieme delirante come se fossimo in manicomio, che vediamo spesso nei politici lorigine di tutti i nostri mali, che ci piace incazzarci con loro e che proprio questa rabbia si trasformi in ovazione, con la quale li incoroniamo nostri governanti: perch non consideriamo la politica come un qualcosa di estraneo, ma come una parte di noi stessi; la vita di cui noi investiamo i politici la stessa che loro ci sottraggono. Se c uneccezione francese, questa emerge da qui: non c influenza nel mondo da parte della letteratura francese che non sia in qualche modo il frutto di questa amputazione. La letteratura in Francia lo spazio che stato sommamente accordato al divertimento dei castrati. la libert formale che stata concessa a coloro che se ne fregano della libert reale. Per questo uomini di Stato e uomini di lettere, gli uni vestendo volentieri labito degli altri, continuano a rivolgersi occhiolini dintesa. Per questo gli intellettuali alzano la voce quando valgono poco e falliscono sempre al momento decisivo, il solo che avrebbe dato un senso alla loro esistenza ma che li avrebbe anche fatto perdere la loro professione. Una tesi valida e difendibile sostiene che la letteratura moderna nata con Baudelaire, Heine e Flaubert come contraccolpo al massacro di Stato del 1848. Le forme letterarie moderne - spleen, ambivalenza, feticismo della forma e distacco morbido - sono emerse sul sangue degli insorti parigini e contro il silenzio che circonda il massacro. Il nevrotico affetto che i francesi ostentano verso la Repubblica - in nome della quale ogni bava ritrova la sua dignit e ogni infamia la sua nobile letteratura - prolunga sempre di pi la rimozione del sacrificio dei fondatori. Le giornate del giugno 1848 - millecinquecento morti negli scontri, ma migliaia di esecuzioni sommarie tra i prigionieri, lAssemblea accoglie la resa dellultima barricata al grido di Viva la Repubblica! - e la Settimana di sangue sono segni di una nascita che nessun chirurgo potr mai cancellare. Nel 1945, Kojve (filosofo e studioso di Hegel ndt) scriveva: Lideale politico ufficiale della Francia e dei francesi ancora oggi quello dello Stato-Nazione, della Repubblica unica e indivisibile. Ma del resto, nel profondo del suo animo, il paese si rende conto dellinsufficienza di questo ideale, dellanacronismo politico di unideale strettamente nazionale. Certo, questo sentimento non ancora giunto al livello di unidea chiara e distinta: il paese non pu e non vuole ancora formularlo in modo aperto. Daltronde, per la ragione stessa dello splendore senza pari del suo passato nazionale, particolarmente difficile per la Francia riconoscere in modo chiaro e di accettare in modo franco il fatto che si concluso il periodo nazionale della Storia e da ci tirare tutte le conseguenze. dura per un paese che ha fabbricato con cura larmatura ideologica del nazionalismo e

che ha esportato questa nel mondo intero, riconoscere che non si tratta pi che di un pezzo dantiquariato da riporre negli archivi della storia. La questione dello Stato francese e del suo funerale definisce ci che stato chiamato, dopo mezzo secolo, il malessere della Francia. Si nominata, con una certa moderatezza, alternanza, questo continuo tergiversare, il fatto che si passi di continuo da sinistra a destra poi da destra a sinistra, come la fase maniacale segue la fase depressiva e precede unennesima fase depressiva, come convivono in Francia il discorso pi critico contro lindividualismo e il cinismo pi bieco, una grande generosit e lossessione della folla. Dopo il 1945, questo malessere, che non si dissolto se non grazie al maggio Sessantotto e al suo fervore insurrezionale, si aggravato. finita lepoca degli Stati, delle nazioni, della repubblica: al paese che ha speso tutte le sue forze in nome di questi valori non resta che un pugno di mosche in mano. La bomba che ha lanciato Jospin con la semplice frase lo Stato non pu tutto ammette solo che, ora o tra non molto, lo Stato non pu pi niente. Il dubbio di essere stati imbrogliati si alimenta e ingigantisce: ci alla base della rabbia latente che monta. Il funerale dellepoca delle nazioni non ancora stato realizzato: questa basta a spiegare lanacronismo francese e le possibilit rivoluzionarie che tiene nascoste. Qualunque sia il risultato delle prossime elezioni presidenziali (quelle del 2007, vinte da Sarkozy ndt), non si pu non avvertire il segno della fine di tutte le illusioni di questo paese, non possibile non far scoppiare la bolla storica dentro la quale viviamo e che rende possibile situazioni come il movimento contro il CPE (contratto di primo impiego ndt), che viene visto come un cattivo segnale di ritorno agli anni Settanta. Di fatti i cittadini non vogliono queste elezioni: la Francia la lanterna rossa dellOccidente. LOccidente, oggi, un GI (Gouvernment Issue, gruppo hardcore punk degli anni Ottanta e soluzione governativa ndt) che si scaglia su Falluja a bordo di un carro Abraham M1 ascoltando hard rock a tutto volume; un turista perduto nel bel mezzo della Mongolia, abbandonato da tutti, e che tiene stretta la sua carta di credito come la sola ancora di salvezza; un manager che giura solo sul gioco del go (antico gioco cinese ndt); una ragazza alla ricerca della felicit tra vestiti, tipi e creme idratanti; un militante svizzero per i diritti delluomo che si reca ai quattro angoli del mondo per portare la sua solidariet a tutte le rivolte che sono state represse; uno spagnolo che se ne fotte della libert politica da quando gli hanno concesso la libert sessuale; un intenditore darte che suscita lammirazione stupita e presenta come lultima espressione del genio moderno un secolo dartisti che, dal surrealismo allAzionismo Viennese, facevano la gara a chi sputava meglio in faccia alla civilt; , infine, un esperto dinformatica che ha trovato nel buddismo una teoria realista della coscienza e una fisica delle particelle di cui andato in cerca, per trovare lispirazione per i lavori pi recenti, nella metafisica induista. LOccidente sopravvissuto a tutte le profezie che ne predicavano la fine con unabile stratagemma: come la borghesia ha negato se stessa in quanto classe in nome dellimborghesimento della societ, dalloperaio al nobile; come il capitale ha sacrificato se stesso in quanto rapporto di produzione per imporsi come rapporto sociale, divenendo cos capitale culturale, umano e finanziario; come il Cristianesimo ha sacrificato se stesso in quanto culto religioso per sopravvivere come sovrastruttura di affetti, come intimazione allumanit, alla compassione e allimpotenza: cos lOccidente ha sacrificato se stesso in quanto civilt particolare per imporsi come civilt universale. Possiamo riassumere loperazione in questo modo: unentit agonizzante sacrifica se stessa come contenuto per sopravvivere in quanto forma. Lindividuo si mette in salvo grazie alle tecniche spirituali di allenamento; il patriarcato attribuendo alla donna i peggiori attributi: volont, controllo

del s, insensibilit; la societ, ormai in frantumi, diffondendo come unepidemia la socialit e limportanza del divertimento. Queste sono tutte le grandi finzioni dellOccidente che possono tenersi in vita solo per via artificiale. Non c alcuno scontro delle civilt, ma solo una civilt in stato di morte clinica, per la quale si forniscono apparecchiature per tenerla artificialmente in vita, e che diffonde una particolare pestilenza nellatmosfera. Non possiede pi uno solo dei valori nei quali crede ancora, e ogni affermazione su questi ha leffetto di un atto presuntuoso, di una provocazione che bisogna attaccare, decostruire, e che riconduce sempre al dubbio iniziale. Limperialismo occidentale oggi quello del relativismo, del tuo punto di vista, dello sguardo sulle piccole cose, dove non c lotta contro le stupidit e le idiozie, da dove sufficiente guardare per credere ancora in qualche cosa e affermare che tutto ci che . il dogmatismo del modo di interrogarsi che strizza locchio con complicit a tutta lintellighenzia universitaria e intellettuale. Il postmoderno non affatto una critica radicale, tanto da nascondere un niente dietro il suo nome. Lo scandalo che risiedeva nelle negazioni un po rumorose, oggi risiede in unaffermazione senza paura. Non c ordine sociale che pu fondarsi in maniera durevole sul principio che niente vero. Di conseguenza, occorrono dei sostegni. Lapplicazione del concetto di sicurezza a luoghi e comportamenti manifesta il progetto dintegrazione delle persone, lordine ideale al quale non serve pi sottomettersi. Niente vero, non dice nulla del mondo, ma dice tutto dellidea occidentale di verit. La verit non un attributo delle persone o delle cose, ma della loro rappresentazione. Si dice vera una rappresentazione conforme allesperienza. La scienza in ultima istanza limpero della verifica universale. Ora, tutti i comportamenti umani, dai pi consueti ai pi imprevedibili, si basano su uno zoccolo duro delle certezze variamente definite, tutte le pratiche partono da un punto dove oggetti e rappresentazioni sono legate gli uni alle altre, dove fa il suo ingresso nella vita una dose di verit che sembrerebbe ignorare quella definita dallidea che ne ha lOccidente. Si pu parlare di vere persone, e lo si fa per prendere in giro i poveri di spirito: da qui, gli occidentali sono universalmente riconosciuti come colonizzatori, mentitori e ipocriti; da qui il loro desiderio di avere il loro vantaggio tecnologico - ma mai di essere, poich giustamente non possono che avere disprezzo per questa parola. Non possibile insegnare Sade, Nietzsche, Artaud nei licei senza distruggere questa nozione di verit. Tenere insieme tutte le certezze, disattivare volta per volta quelle che vengono meno: questo il lavoro delle intelligenze dOccidente. La polizia e la filosofia sono due sistemi convergenti ancorch distinti. Definito in questo modo, limpero del relativismo trova in ogni corrente - il dogmatismo vuoto, il marxismo-leninismo, il salafismo (corrente fondamentalista e conservatrice dellIslam ndt), il neonazismo - un avversario a sua misura, che, come lOccidente, confonde affermazioni e provocazioni. A questo livello, una contestazione strettamente sociale, che rifiuta di vedere che noi non siamo di fronte a una crisi sociale bens allestinzione di una civilt, si rende complice per il fatto di tenere in vita, in quanto tale, la societ stessa. ormai una strategia consueta quella di coloro che criticano la societ con la vana speranza di salvare la civilt. Abbiamo un cadavere che grava sulle nostre spalle e di cui non ci si sbarazza cos facilmente. Non ci interessa attendere la fine della civilt, laccertamento della sua morte clinica - tutte cose che interessano gli storici. Ormai dobbiamo prendere una decisione. I fatti sono ribaltabili, la decisione

politica. Decidere per la morte della civilt, essere responsabili di questo evento: solo con una simile decisione ci libereremo del peso di questo cadavere.

In strada!
Non sappiamo pi vedere da dove possa cominciare uninsurrezione. Sessantanni di pacificazione e senza sconvolgimenti storici, sessantanni di anestesia democratica e di gestione degli eventi hanno indebolito in noi una certa durezza nel modo di vedere la realt, la capacit di prendere posizione nella guerra in corso: per cominciare, innanzitutto, dobbiamo saper vedere le cose in un certo e preciso modo. Non basta indignarsi dellapprovazione di leggi incostituzionali come le leggi sulla Sicurezza; non serve a nulla protestare legalmente contro lo smantellamento di ogni legalit: bisogna subito organizzarsi. Non basta impegnarsi in questo o quel comitato di cittadini o nel casino dellestrema sinistra o nellultima associazione inventata: tutti i collettivi che pretendono di contestare lordine presente delle cose - listituzione, le maniere, il linguaggio, i burattini di Stato - e la stessa ambizione di fare una politica alternativa non hanno contribuito, finora, che alla sopravvivenza dello Stato stesso.

Non basta reagire alle notizie che si ricevono ogni giorno, ma bisogna saper leggere e decifrare in ogni atto dinformazione unoperazione di guerra, condotta con lo scopo di provocare un certo tipo di persone e di suscitare un certo tipo di reazione; e bisogna considerare che la sola informazione vera questoperazione, latto stesso di informare. Non si pu pi attendere - una schiarita, la rivoluzione, lapocalisse nucleare o una reazione sociale. una follia attendere ancora. La catastrofe non sar in ci che verr, ma ci che accade ora: ci troviamo ai margini e gi in pieno declino della civilt, ed da qui che dobbiamo ripartire. Non aspettare: questo il primo modo di fare propria la logica dellinsurrezione. Cominciamo a sentire qualcosa di strano nella voce dei nostri politici, un leggero tremolio di terrore dal quale non riescono pi a liberarsi. Chi governa, infatti, non fa altro che respingere, grazie anche ad altri mille sotterfugi, limmagine della folla che lo impicca; ogni atto di governo non altro che un modo per non perdere il controllo della popolazione. Partiamo da un punto di estremo isolamento, di massima impotenza; ma cominciamo a costruire solo quando intraprendiamo un processo insurrezionale. Niente sembrerebbe, ora, meno probabile che uninsurrezione; niente necessario, ora, quanto uninsurrezione.

Trovarsi
Cominciare da ci che si riconosce come vero, partire da qui. Un incontro, una scoperta, uno sciopero imponente, un terremoto: ogni evento produce una verit e altera il nostro modo di essere nel mondo. Al contrario, una constatazione che ci lascia indifferenti, che non ci turba e non ci muove a nulla, non affatto una verit. In ogni gesto, pratica, rapporto, situazione c una verit. Siamo abituati a evitare o a gestire i turbamenti propri di questepoca. Tutto ci pone un impegno: la sensazione di vivere nella menzogna ancora una verit, che non va abbandonata ma dalla quale dobbiamo ripartire. Una verit non un punto di vista sul mondo, ma ci che ci tiene uniti al mondo in modo irriducibile, non qualcosa che si possiede, ma ci che ci possiede: ci fa e disf, ci costituisce e destituisce come individui, ci allontana e avvicina a ci che la pu provare. Lindividuo solo, nel momento in cui la raggiunge, incontra altre persone che sente come suoi simili.

Tutto il processo insurrezionale parte da una verit sulla quale non si disposti a cedere. Lo si visto ad Amburgo, negli anni Ottanta, quando un piccolo gruppo di abitanti di una casa occupata ha deciso che, se proprio volevano cacciarli, allora dovevano passare sui loro corpi: il quartiere stato assediato da tank e elicotteri, si data battaglia nelle strade, si sono susseguite imponenti manifestazioni - e il sindaco, alla fine, ha ceduto. Georges Guingouin, il primo partigiano di Francia, non possedeva niente se non il netto rifiuto delloccupazione. Per il Partito Comunista era solo un pazzo che vive nei boschi; e infatti furono ventimila pazzi che vivevano nei boschi a liberare Limoges. Non tirarsi indietro davanti a tutte le amicizie di stampo politico. Abbiamo proposto unidea neutra dellamicizia, come pura affezione senza conseguenze. Ma ogni affinit tale in rapporto a una verit comune; allo stesso modo, ogni incontro tale in rapporto a una consapevolezza comune, anche quella della distruzione. Non possibile alcun legame innocente in questepoca, in cui tenere qualcosa e non demordere conduce certamente alla disoccupazione, in cui occorre mentire per lavorare e lavorare ancora, perch siano preservati gli strumenti della menzogna sociale. Se alcune persone giurassero di trarre ogni possibile conseguenza in ogni campo, avrebbero costruito un legame non meno politico di quei compagni che portano il lutto per protestare contro una multinazionale dellagroalimentare: ma anche loro muoveranno, presto o tardi, alla defezione della linea politica impartita e si uniranno alla lotta. I primi esponenti del movimento operaio si ritrovavano in bottega e poi in fabbrica, avevano nello sciopero lunico mezzo per contarsi e smascherare i crumiri, il rapporto salariale, che oppone il partito del Capitale e il partito del Lavoro, per tracciare linee di solidariet e di lotta su scala mondiale. Noi abbiamo lintero spazio sociale per ritrovarci, i quotidiani atteggiamenti dinsubordinazione per contarci e smascherare i crumiri, il rifiuto di questa civilt per tracciare linee di solidariet e di lotta su scala mondiale. Non attendere i gruppi, diffidare di tutti gli ambienti esistenti, divenire prima di tutto unorganizzazione. Non raro che si abbia ancora una certa fiducia, nel corso di una disaffezione continua, nei gruppi politici, sindacali, umanitari, nelle associazioni ecc; c sempre qualcuno, sincero e disperato, entusiasta e furbo, che ancora vi crede. Lattrazione per questi gruppi dovuta a una consistenza di facciata - hanno una storia, una sede, un nome, dei mezzi, un capo, una strategia e un discorso; ma non ne rimangono che gli scheletri di queste architetture e una certa pena, che si prova e che condensa il rispetto dovuto al loro storico passato. In ogni cosa e a ogni grado, innanzitutto della loro sopravvivenza in quanto gruppi che si preoccupano, e di nientaltro. I continui tradimenti hanno dunque sempre pi logorato lattaccamento della loro base. Certo, capita di incontrare qualche esponente stimabile; ma le promesse dellincontro non potranno realizzarsi che al di fuori del gruppo e, necessariamente, contro il gruppo. Ma ancora pi da temere sono gli ambienti, con la loro struttura flessibile, le loro parole e le loro gerarchie informali. Bisogna fuggire da tutti gli ambienti. Chi vi fa il suo accesso, come se si disponesse a neutralizzare ogni possibile verit. Gli ambienti letterari soffocano la verit dei libri, quelli libertari dellazione diretta, quelli scientifici servono a ricordare che le ricerche della scienza vanno messe in relazione alla societ, quelli sportivi per assegnare gli sport a seconda delle attitudini fisiche di ognuno. In particolare, bisogna diffidare degli ambienti culturali e di quelli militanti - i due ospizi in cui vengono a morire tutti i desideri di rivoluzione. Scopo degli ambienti culturali di scoprire le nuove

energie e di espropriare il senso di ci che queste producono; scopo degli ambienti militanti di sottrarre le energie rivolte allazione. Gli ambienti militanti estendono la loro trama su tutto il territorio francese e incrociano il cammino del divenire rivoluzionario. Non portano che il numero dei loro fallimenti e del senso di amarezza che ne rimane. Il deterioramento e la totale incapacit li ha resi inadatti ad afferrare le possibilit del presente. Parlano troppo, del resto, e cos facendo riempiono la loro passivit e si sentono perfino pi sicuri. Come vano attendere e sperare in qualche cosa, cos stupido sentirsi perfettamente sani nellinfermit. Non resta che lasciarli alla loro agonia. Tutti gli ambienti, dunque, sono contro-rivoluzionari, dato che il loro unico scopo quello di conservare la loro posizione. Istituirsi in comune. La comune un evento che accade quando delle persone si trovano, sintendono e decidono di proseguire insieme. La comune ci che forse si costituisce nel momento in cui diventa conveniente separarsi dalla societ. la gioia di rivedersi che sopravvive al suo rigido soffocamento. ci fa s che si dica noi e che d vita a una situazione. Ci che suona strano non che delle persone accordino e formino una comune, ma che questa rimanga fuori dalla societ. Ma perch le comuni non si moltiplicano ancora allinfinito? Se ne possono formare in ogni fabbrica, in ogni strada, in ogni villaggio, in ogni scuola: sar infine il regno dei comitati di base! Ogni comune in quanto tale accetta dessere ci che l dove , e in potenza una molteplicit di comuni possono sostituire le istituzioni sociali: la famiglia, la scuola, il sindacato, il club sportivo ecc. Le comuni non temono, al di l della loro attivit propriamente politica, di organizzarsi per la sopravvivenza materiale e morale di ognuno dei loro membri e di tutti i poveri che la circondano. Le comuni non si definiscono - come generalmente fanno i collettivi, da un dentro e un fuori, ma dalla densit delle linee che contengono, non dalle persone che le compongono, ma dallo spirito che le anima. Una comune si forma ogni qualvolta qualcuno, liberatosi dalla camicia di forza individuale, comincia a contare solo su se stesso e a misurare la sua forza sulla realt. Ogni sciopero selvaggio una comune, ogni casa collettivamente occupata su basi salde una comune, i comitati dazione del Sessantotto erano una comune come lo erano i villaggi di schiavi neri negli Stati Uniti, o ancora radio Alice a Bologna nel 1977. Ogni comune ha se stessa come base, risolve con agilit il problema dei bisogni da soddisfare e, come si libera dalla dipendenza economica, nello stesso tempo rompe con ogni sottomissione politica che degenererebbe in ambiente e provocherebbe la perdita di ogni contatto con le verit che la costituiscono. Abbiamo ora questa potenza della comune: non possiamo pi attendere n il numero n i mezzi, ancora meno il momento buono - che non arriver mai - per organizzarci.

Organizzarsi
Solo in pochi casi possiamo godere di impegni non troppo gravosi e, a dire il vero, bene perdere ancora pi tempo, anche se per continuare ad annoiarsi. Ma queste circostanze si segnalano per le misere condizioni di riposo e di lettura. Sappiamo che luomo vive cos poco da essere costretto a guadagnarsi da vivere, a dover dare il suo tempo per un po di esistenza sociale - del tempo personale per dellesistenza sociale: questo il lavoro e il mercato. Il tempo della comune fugge al tempo del lavoro, non segue pi questa linea, si muove in altre direzioni. Gruppi di piqueteros argentini si sono sostenuti collettivamente grazie a una specie di RMI (reddito minimo dinserimento ndt) argentino, erogato a condizione di qualche ora di lavoro: non hanno lavorato per queste ore, ma hanno messo in comune i loro guadagni, e si sono dotati di laboratori di vestiti, di un panificio, hanno definito insieme ci di cui avevano bisogno. Basta andare alla ricerca di un po di denaro per la comune perch nessuno debba pi guadagnarsi da vivere. Tutte le comuni sanno dove trovare soldi. Di possibilit ce ne sono molte: oltre al RMI,

sussidi, messa in malattia, borse di studio, i primi spillati simulando parti, gli altri con espedienti da escogitare ogni volta che cambia il sistema di controllo. Non ci interessa tutelare queste entrate, n dinstallarci in questi rifugi di fortuna o di preservarli come se si trattasse di privilegi per iniziati. Ci che importante coltivare e diffondere questa necessaria inclinazione alla frode, condividere i trucchi per ottenerli. Per le comuni, la questione del lavoro si pone solo in funzione del reddito desistenza; senza dimenticare tutto ci che, passando per diversi mestieri, formazione e buoni posti di lavoro, forniscono delle conoscenze utili. La comune desidera liberare per tutti pi tempo possibile - necessit che non si limita a un numero di ore non coperti dalla messa a salario. Il tempo libero non ci manda in vacanza: il tempo vacante, il tempo morto, il tempo vuoto e della paura del vuoto il tempo di lavoro. Non c pi un tempo da occupare, ma una liberazione di energia che nessun tempo pu contenere; linee che prendono e perdono forma, che noi possiamo seguire a piacere, fino in fondo, fino a vedere che sincrociano con altre. Saccheggiare, coltivare, fabbricare. I vecchi Mitteleuropei diventano rapinatori piuttosto che sorveglianti: gli impiegati dellEDF (lectricit de France ndt) si scambiano i modi per truccare i computer, il materiale rubare prodotti non siglati (in francese tomb du camion ndt) si vende dappertutto. Un mondo che si proclama cos apertamente cinico non poteva attendersi dai proletari che un po pi di lealt. In primo luogo, una comune non pu contare sulleternit di uno Stato sociale; in secondo luogo non pu vivere a lungo di furti al mercato, di atti di riappropriazione nei supermercati o, di notte, nei depositi della zona industriale, o di appropriazione delle sovvenzioni, o di truffe alle assicurazioni e di altri imbrogli, in breve: di saccheggio. Una comune, dunque, deve preoccuparsi di accrescere continuamente la capacit e lintesa della sua organizzazione. Che i macchinari, le fresatrici, le fotocopiatrici vendute al ribasso alla chiusura di una fabbrica saranno utilizzate per appoggiare qualche complotto contro il mercato, nulla parrebbe pi logico. La sensazione di unimminente catastrofe dappertutto cos vivo ai nostri giorni, che si fa fatica a enumerare tutte le sperimentazioni in corso nel campo edilizio, dellenergia, delle materie prime, dellillegalit o dellagricoltura. Si ha qui tuttun insieme di saperi e di tecniche che non attende altro che essere saccheggiato e strappato al suo imballaggio moralista, coagulato o ecologista. Ma questo insieme non che una parte di tutte le intuizioni, di tutto il saper-fare, di questa ingegnosit propria delle bidonville di cui dovremmo dar prova se pensiamo di ripopolare il deserto metropolitano e aprire a una via di mezzo per uninsurrezione. Come comunicare e muoversi in uninterruzione totale del flusso metropolitano? Come restaurare le culture alimentari delle zone rurali e fino al punto in cui potranno sopportare la densit di popolazione che si avr nei prossimi sessantanni? Come trasformare gli spazi cementificati in orti urbani, come ha fatto Cuba per poter sopportare lembargo americano dopo il crollo dellURSS? Formare e formarsi. Dopo che abbiamo usufruito di tutto il tempo libero concessosi dalla democrazia del mercato, che cosa ci rimane? Perch oggi possibile andare a fare jogging la domenica mattina? Che cosa unisce tutti i fanatici del karat, gli amanti del bricolage, della pesca o dellandare per funghi? Cosa, se non la necessit di riempire un ozio totale, di rimettere in sesto la propria forza-lavoro e la propria salute? La maggior parte del tempo libero potrebbe facilmente spogliarsi del suo carattere assurdo, e diventare altra cosa che tempo libero. La boxe non sempre stata riservata per le iniziative di

Tlthon o per dare ogni match in pasto al grande spettacolo: la Cina degli inizi del XX secolo, divisa fra coloni e contadini affamati da una siccit troppo lunga, ha visto centinaia di migliaia di poveri contadini organizzarsi intorno a innumerevoli club di boxe a cielo aperto per riappropriarsi di ci che i ricchi e i coloni li avevano espropriati. La rivolta dei boxer. Non sar mai troppo presto per apprendere e praticare ci che in tempi meno pacifici e meno prevedibili dovremmo esigere da noi stessi. La nostra dipendenza dalla metropoli - dalla medicina, dallagricoltura, dalla polizia - tale che, oggi, noi non potremmo attaccarla senza mettere in pericolo noi stessi. La consapevolezza non chiarita di questa vulnerabilit la causa dellautolimitazione spontanea dei movimenti e ci che fa temere la crisi e chiedere pi sicurezza. per questo che gli scioperi hanno barattato lorizzonte della rivoluzione con il ritorno alla normalit. La liberazione da tutto ci richiede un lungo, consistente e massiccio processo di apprendistato, di molteplici sperimentazioni. Si tratta di saper battersi, scassinare le serrature, curare bene sia le fratture che le angine, allestire una radio pirata, organizzarsi nelle strade, vedere giusto, ma anche raccogliere i saperi sparsi e costruire unagronomia di guerra, comprendere la biologia del plancton, la composizione dei suoli, studiare gli incroci tra le piante e anche ritrovare le intuizioni perdute, tutte le usanze, tutte le linee possibili che si collegano con il nostro centro immediato e i limiti oltre i quali ci consumiamo: ecco ci che ora e che per i prossimi giorni occorre conquistare per ottenere qualcosa di pi di una parte simbolica del nostro cibo e delle nostre responsabilit. Creare territori, moltiplicare le zone grigie. La maggior parte dei riformisti oggi concorda che, riguardo al peak oil (limite massimo di estrazione del petrolio ndt) e per ridurre le emissioni di gas serra, occorre rilocalizzare leconomia, favorire lapprovvigionamento regionale, i piccoli circuiti della distribuzione, rinunciare alla facilit delle importazioni estere, ecc. Ci che per dimenticano che il carattere principale del rilocalizzare in economia risiede nel fare in nero, nelleconomia informale; questa immediata misura ecologica di ri-localizzazione delleconomia non comporta altro che affrancarsi dal controllo dello Stato, o di sottomettersi a questo senza riserve. Il territorio oggi il risultato di lungimiranti operazioni di polizia, che consistita ora nel ricacciare la popolazione fuori dalla campagna, poi via dalle proprie strade, quindi fuori dai propri quartieri, e finalmente via dai cortili dei palazzi, nella folle speranza di contenere tutti entro le quattro mura private. Per noi, la questione del territorio non si pu porre nello stesso modo che per lo Stato. Non si tratta di tenerlo; ci che occorre fare addensare localmente le comuni, i flussi di relazione e la solidariet a un punto tale che il territorio diventi illeggibile, opaco a tutte le autorit. Non si tratta pi di occupare, ma di essere il territorio. Diverse pratiche fanno esistere un territorio - territorio di chi non ha nulla da fare o di chi rimane a guardare, dei giochi dinfanzia, degli innamorati o della sommossa, dei contadini, dellornitologo o del flaneur. La regola semplice: pi territori si sovrappongono su di una data zona, pi vi sar circolazione e meno il potere riuscir a tenerlo in pugno. Bistrot, tipografie, palestre, terreni aperti, piccoli librai, tetti degli edifici, cortei spontanei, kebabbari, garage possono allo stesso modo svincolarsi dalla loro funzione ufficiale per quel poco di complicit che possano trovare fra loro. Lauto-organizzazione locale, calcando in sovrimpressione la propria geografia sulla cartografia di Stato, la cancella, lannulla; e cos apre alla sua secessione. Viaggiare. Tracciare le nostre vie di comunicazione.

Un aspetto della comune non certamente quello di opporre alla metropoli e alla sua mobilit, delle recinzioni locali e il principio della lentezza. Il movimento in espansione delle istituzioni del comune deve raddoppiare sottoterra quello della metropoli. Non dovremmo rifiutare le possibilit di spostamento e di comunicazione offerte dalle infrastrutture del capitale, ma conoscerne i limiti. Basterebbe rimanere sufficientemente prudenti e calmi per poter accedervi con pi scioltezza, non lasciare tracce e costruire linee di comunicazione pi consistenti di tutte le mailing-list su internet. Il privilegio concesso a molti, che conferisce di poter circolare liberamente da un estremo allaltro del continente e senza troppi problemi, una carta che non bisogna trascurare per mettere la comunicazione le fonti della cospirazione. uno dei meriti della metropoli, quello di permettere ad americani, greci, messicani e tedeschi di ritrovarsi di nascosto a Parigi per il tempo di una discussione strategica. La continua comunicazione tra le comuni tra le altre cose ci che ci preserva dallimpantanarci nellinattivit. Ospitare compagni, tenersi al corrente di tutte le loro iniziative, riflettere sulle loro esperienze, acquisire le tecniche che loro hanno sviluppato - tutto ci vale molto di pi per una comune che degli sterili esami di coscienza a porte chiuse. Avremmo torto a sottovalutare ci che pu scaturire dalle nottate trascorse a confrontarci sulla guerra in corso. Abbattere, uno dopo laltro, tutti gli ostacoli. Come sappiamo, le strade pullulano di incivili. Tra ci che sono e ci che dovrebbero essere, c la forza centripeta di tutta la polizia, impegnata nella difesa dellordine costituito; e ci siamo noi, il movimento inverso, centrifugo. Non possiamo che rallegrarci, ogni volta che spuntano nuovi focolai, per la collera e il disordine. Non ci meraviglia pi il fatto che a ogni festa nazionale non si festeggia pi niente e che tutto giri sistematicamente male, ormai. La mobilia urbana nuova di zecca o in rovina - ma dove comincia e dove finisce? - materializza lesproprio della messa in comune, preserva nella sua negazione, non chiede che di ritornare a fare le brave persone. Osserviamo ci che ci circonda: ogni cosa attende la sua ora, sulla metropoli si diffonde unatmosfera nostalgica, come per delle persone sole tra le macerie. Con metodo e sistematicit, gli incivili confluiscono in ununica guerriglia diffusa, efficace, che ci rende movimenti dellingovernabile, che ci fa tornare alla nostra indisciplina originaria. Sembra incredibile che tra le diverse virt militari riconosciute ai partigiani debba figurare giustamente lindisciplina. Infatti, non si dovrebbe mai separare la rabbia dalla politica. Senza la prima, la seconda diventa mera comunicazione; e senza la seconda, la prima si disperde nelle urla. Parole come arrabbiati o esaltati non vengono mai pronunciate in politica senza un qualche tono di avvertimento. Secondo metodo, definiamo il sabotaggio secondo il principio seguente: un minimo di rischio nellazione, per un minimo di tempo e un massimo di danno provocato. Strategicamente, ci si ricorder che un ostacolo rovesciato ma non abbattuto - uno spazio liberato ma non abitato - subito sostituito da un altro ostacolo, pi resistente e pi difficile da attaccare. Inutile soffermarsi sulle tre tipologie di sabotaggio proprie del movimento operaio: rallentare il lavoro, fino allo sciopero selvaggio; scassare le macchine per ostacolare il mercato; diffondere il segreto commerciale. Estese alla dimensione della fabbrica sociale, i principi del sabotaggio si generalizzano dalla produzione alla circolazione. Linfrastruttura tecnica della metropoli vulnerabile: i flussi di trasporto di persone e di merci, i flussi dinformazione e di energia circolano in una rete di linee, fibre, canali, che possibile attaccare. Sabotare con qualche risultato la macchina sociale implica, oggi, riconquistare e reinventare i mezzi di interruzione delle reti metropolitane.

Come rendere inutilizzabile una linea del TGV (treno ad alta velocit ndt), una rete elettrica? Come trovare i punti deboli della rete informatica, come provocare interferenze sulle onde radio e oscurare il piccolo schermo? Per quel che riguarda gli ostacoli pi seri, sbagliato ritenere impossibile il loro abbattimento. come se dei prometei nascosti si riunissero per riappropriarsi del fuoco, fuori da ogni cieco volontarismo. Nel 356 a.C., Erostrato bruci il tempio dArtemide, una delle sette meraviglie del mondo. Nei nostri tempi di decadenza, quelli che oggi sono i templi hanno questo di vero: sono gi delle rovine. Annientare il nulla non affatto un triste bisogno. Lagire ritrova una nuova giovinezza. Tutto prende senso, tutto improvvisamente si ricollega, spazio, tempo, amicizia. Ci si appiglia a tutti i mezzi, se ne ritrova luso. Contro la miseria di questo tempo, prenderci tutto diventa il nostro compito - non senza ragione, lo confessiamo - lultimo miraggio collettivo. Niente pi visibilit. Tornare allanonimato e prepararsi allattacco. In una manifestazione, un sindacalista strappa la maschera di uno che sta distruggendo una vetrina: Diventa responsabile di ci che stai facendo, e non nasconderti. Essere visibili vuol dire essere allo scoperto e vulnerabili. Quando quelli di sinistra desiderano rendere visibili le loro cause - quella dei clochard, quella delle donne, quella dei migranti - allora, nella speranza di avere consensi, non fanno che lesatto contrario di quello che dovrebbero fare. Non rendersi visibili, ma piegare a nostro vantaggio lanonimato in cui possiamo praticare, per la cospirazione, lazione notturna o coi passamontagna, per articolare uninattaccabile posizione dattacco. Lincendio del novembre 2005 rappresenta un plausibile modello. Nessun leader, nessuna rivendicazione, nessuna organizzazione, ma parole, gesti, azione comune. Essere socialmente inesistente non una condizione umiliante, la fonte della drammatica mancanza di un riconoscimento - essere riconoscibile: perch? - ma, al contrario, la migliore condizione per la libert dagire. Non siglare i danni arrecati, non utilizzare che delle sigle false - per esempio linesistente BAFT (Brigata Tartara Anti-Sbirro - in francese Brigade Anti-Flic des Tarterts ndt) - un modo per preservare la propria libert. A questo punto, costruire un soggetto banlieue, autore delle sommosse del novembre 2005, la prima manovra che il regime compir. Vedere in faccia quelli che sono massa in questa societ pu aiutare a comprendere la gioia di non essere nessuno. Fuggire dalla visibilit. Ma una forza che si aggrega nellombra non potr mai pienamente evitarla. Bisogna respingere ogni nostra apparizione fino al momento opportuno. Pi tardi la visibilit ci scova, pi forti potr vederci. Quando saremo diventati visibili, vorr dire che giunto il nostro tempo: o saremo capaci di polverizzare il regno della visibilit, in breve tempo, o sar la visibilit a schiacciarci. Organizzare lautodifesa. Viviamo sotto occupazione, sotto unoccupazione poliziesca. Gli arresti dei migranti in strada, le vetture civetta della polizia che percorrono su e gi i viali, la pacificazione dei quartieri della metropoli con delle tecniche escogitate nelle colonie, le dichiarazioni del ministro degli Interni contro le bande degne della guerra dAlgeria - tutto ci lo possiamo vedere e ascoltare ogni giorno: e tutto ci basta perch, non volendo pi farci schiacciare, cominciamo a organizzare lautodifesa. Nella misura in cui singrandisce ed espande, una comune vede poco a poco le operazioni del potere prendere per bersaglio ci che la istituisce: questo contrattacco assume la forma delladdescamento,

del recupero e, in ultima istanza, della forza bruta. Lautodifesa deve essere per la comune unevidenza collettiva, sia pratica sia teorica. Proteggersi da un arresto, riunirsi subito contro un tentativo di espulsione o di sgombero, mettere al riparo uno dei nostri, non saranno cose secondarie nei tempi che verranno. Non possiamo che ricostruire incessantemente le nostre basi. Quando si cessa di denunciare la repressione, ecco che la si prepara di nuovo. Questo punto non cos semplice, dato che ci si attende dalla cittadinanza un surplus del lavoro poliziesco - dalla delazione allincarico occasionale nelle ronde cittadine - ecco che le forze di polizie si confondono nella folla. Il modello dellintervento di polizia buono per ogni circostanza, soprattutto in caso di sommossa, quello dello sbirro in borghese. Lefficacia dellintervento della polizia in occasione delle recenti manifestazioni contro il CPE stata possibile grazie a quei civili che si sono mescolati alla folla, in attesa di un incidente per uscire allo scoperto: gas lacrimogeni, manganelli, flash ball (arma letale attenuata a doppia canna caricata con proiettili di gomma ndt) intimazioni; il tutto coordinato con il servizio dordine dei sindacati. La sola possibilit della loro presenza sufficiente a gettare il sospetto su ogni manifestante - chi quello? - e a paralizzare lazione. Posto che una manifestazione non un mezzo per fare la conta ma per agire, necessario dotarci di qualche mezzo per smascherare i civili, per cacciarli e alloccorrenza far scappare coloro che questi tentano di arrestare. La polizia non invincibile nelle strade, ha semplicemente i mezzi per organizzarsi, infiltrarsi e testare nuove armi. Comparate a queste, le nostre armi sembreranno sempre rudimentali, montate alla meno peggio e spesso improvvisate sul posto. Non si deve pretendere di definire una rivalit in termini di potenza del fuoco, ma puntare a tenere a distanza, a capovolgere lattenzione, a esercitare una pressione psicologica o riuscire a forzare un passaggio e guadagnare terreno. Tutta linnovazione che viene sviluppata nei centri di preparazione alla guerriglia urbana della gendarmeria francese non pu essere mai sufficiente, e non lo sar mai, senza dubbio, per rispondere con prontezza a una molteplicit dinamica ed eterogenea che riesce a colpire da pi punti ogni volta, e che soprattutto si preoccupa sempre di mantenere liniziativa. Le comuni, vero, sono vulnerabili di fronte alla sorveglianza e alle indagini della polizia, della polizia scientifica e degli organismi dinformazione. Le ondate di arresti di anarchici in Italia e di eco-guerriglieri negli Stati Uniti sono state possibili grazie alle intercettazioni. La sorveglianza diventa pi dura con il prelievo del DNA e alimenta uno schedario sempre pi completo. Uno squatter di Barcellona stato trovato perch aveva lasciato le sue impronte digitali sui volantini che distribuiva. Gli apparati di cattura si perfezionano, sfruttano la biometria. E, una volta che verranno diffuse le carte didentit elettroniche, il nostro compito diventer ancora pi difficile. La Comune di Parigi aveva subito regolato il problema dellidentificazione: dando fuoco allHotel de Ville, gli incendiari distrussero larchivio di Stato. Resta, oggi, il problema di trovare i modi per distruggere i pi sofisticati mezzi di identificazione.

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