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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FIRENZE

F A C O L T A D I A G R A R I A

CORSO DI LAUREA IN
SCIENZE AGRARIE PER LA SICUREZZA ALIMENTARE E AMBIENTALE NEI TROPICI (Classe 20 classe delle lauree in scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali)

USO SOSTENIBILE DELLE RISORSE FORESTALI: UN ESEMPIO DI FORMAZIONE PRESSO ALCUNE COMUNITA DELLANGOLA MERIDIONALE

Relatore: Chiar.mo Prof.: Bruschi Piero _______________________________

Correlatore:Dott. Mancini Matteo _______________________________ Tesi di laurea di: Franchi Lorenzo ___________________________

A.A. 2010/2011

Non ereditiamo il mondo dai nostri padri, ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli. (proverbio dei Nativi Americani)

La terra ha abbastanza risorse per i bisogni di tutti, ma non per lavidit di alcuni. (Mohandas Karamchand Gandhi)

INDICE
Capitolo I: Introduzione 1.1 Descrizione progetto 1.2 Foresta e biodiversit Capitolo II: Area di studio 2.1 Angola: generalit 2.2 Cenni storici 2.3 Municipio di Bibala 2.3.1 Geomorfologia 2.3.2 Clima 2.3.3 Idrografia 2.3.4 Suoli 2.3.5 Vegetazione 2.4 Le comunit e i gruppi linguistici 2.4.1 Economia delle comunit 2.4.2 Produzione di carbone vegetale e degradazione della foresta Capitolo III: Obiettivi Capitolo IV: Materiali e Metodi 4.1 Partecipatory Rural Appraisal (P.R.A.) 4.2 Metodologia di formazione Capitolo V: Risultati e discussione 5.1 Buone pratiche di gestione forestale p. 1 p. 1 p. 3 p. 6 p. 6 p. 7 p. 9 p. 10 p. 10 p. 11 p. 12 p. 12 p. 15 p. 17 p. 18 p. 22 p. 23 p. 24 p. 27 p. 29 p. 29

5.2 Vivai comunitari 5.3 Valorizzazione dei NTFPs Capitolo VI: Conclusioni Ringraziamenti
Bibliografia

p. 33 p. 36 p. 39 p. 41
p. 42

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi nato e si sviluppato dal tirocinio pratico-applicativo che ho svolto in Angola nel periodo Luglio-Settembre 2010. Le attivit praticate, che saranno descritte nei capitoli seguenti, rientrano allinterno del progetto Diminuio da vulnerabilidade alimentar e ambiental da Provincia de Namibe FOOD/2007/145-942, promosso dalla ONG italiana COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti) e finanziato dallUnione Europea.

1.1 DESCRIZIONE PROGETTO


Il COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti) una ONG nata in Italia nel 1983, che opera nel sud del mondo, in Italia e in Europa per il dialogo interculturale, lo sviluppo equo e sostenibile, i diritti umani, la pace e la giustizia tra i popoli e, ad oggi, impegnata nella realizzazione di oltre 100 progetti in circa 30 paesi nel mondo1. La sua attivit in Angola iniziata nel 1985 a sostegno dei profughi angolani, in fuga dalla trentennale guerra civile che ha colpito il paese. Nel corso del triennio 2007-2010, lorganizzazione ha promosso il progetto di "Diminuio da vulnerabilidade alimentar e ambiental da Provincia de Namibe FOOD/2007/145-942, che interviene nellambito della sicurezza alimentare, dello sviluppo socio-economico locale e dellempowerment della societ angolana, stremata dal lungo conflitto. I maggiori beneficiari del progetto sono le fasce pi disagiate, quali donne, giovani, bambini, piccoli produttori e famiglie della societ rurale, nel rispetto del legame esistente tra la necessit di ricostruzione delle infrastrutture distrutte, la formazione delle risorse umane, la tutela delle risorse naturali, la riduzione della povert e il ruolo che i gruppi di associazione di base giocano in questi contesti socialmente destrutturati. La ONG COSPE collabora con numerosi partner locali, quali organizzazioni non governative angolane, (il COSPE membro del CONGA-Coordinamento delle ONG in Angola), gruppi di base presenti a livello dei villaggi rurali e partner istituzionali, tra i quali il Ministrio da Agricultura e Desenvolvimento Rural (MINADER) e gli istituti
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http://www.cospe.it/cospe/old/chisiamo.php?i=cs1

decentrati sul territorio ad esso correlati: Instituto Desenvolvimento Agricola (IDA) e Instituto Desenvolvimento Florestal (IDF), il Ministro da Assistncia e Reinsero Social, lInstituto Nacional de Formao Profissional (INAFOP). Il progetto del COSPE coinvolge i municipi della Provincia di Namibe su 3 settori differenti: 1. agricoltura: allo scopo di appoggiare listituzione di associazioni di agricoltori (associaoes de agricoltors) la cui produzione, ottenuta dal lavoro in campi comunitari (lavras comunitarias), sar in parte destinata allauto-consumo e in parte venduta presso i mercati, al fine di generare reddito. Lattivit stata favorita dalla realizzazione di pozzi dacqua (44 in totale) per aumentare le disponibilit idriche a favore dellattivit agricola, soprattutto durante la stagione secca. Inoltre, sono stati realizzati alcuni vivai sperimentali per la produzione di specie ortive, fruttifere e foraggere destinate alla commercializzazione.

2. apicoltura: con attivit di formazione destinate a promuovere la produzione e commercializzazione di miele, nonch il suo consumo presso le comunit, al fine di migliorare la condizione nutrizionale e socio-economiche delle famiglie rurali. 3. forestale: con lintenzione di promuovere listituzione di associazioni di carbonai (associaoes de carvoeiros), opportunamente formati da tecnici esterni per dare loro consapevolezza dellimportanza delluso sostenibile delle risorse forestali. Queste associazioni, previo rilascio di una specifica concessione da parte dellIDF (Instituto de Desenvolvimento Florestal de Angola), potranno fabbricare e vendere legalmente carbone solo se la loro attivit sar ritenuta in linea con le norme di buona gestione delle risorse forestali. In ambito forestale previsto anche la realizzazione di unindagine etnobotanica, volta a individuare e conoscere gli usi tradizionali dei prodotti forestali non legnosi (NTFPs) presenti nel territorio oggetto di studio e importanti per la sussistenza delle famiglie rurali. Per alcuni di questi, potrebbe in futuro essere previsto un processo di domesticazione e limmissione sul mercato

formale, quali prodotti generatori di reddito alternativo e, quindi, in grado di migliorare le condizioni socio-economiche delle comunit locali.

Il lavoro della presente tesi si incentrato soprattutto sul settore forestale e solo in piccola parte su quello dellagricoltura, mentre non stato trattato il settore dellapicoltura.

1.2 FORESTA E BIODIVERSITA


Come ampiamente noto, le foreste rivestono un importantissimo ruolo ecologico per la loro azione sull'atmosfera: soprattutto, abbassano i livelli di CO2, prodotta in quantit massicce dallattivit umana. Limportanza delle foreste, per, non si riduce solo a questa fondamentale attivit, infatti: attraverso le radici trattengono grandi quantit dacqua, permettendo alle falde di mantenersi alte, facilitando, di conseguenza, la ricerca di acqua potabile per luomo e per gli altri animali; aumentano laccumulo di sostanza organica nel suolo e, sempre mediante le radici, mantengono la struttura, la porosit e la permeabilit del terreno, riducendo al minimo i rischi di erosione e di successiva desertificazione, fenomeni spesso consequenziali la deforestazione; forniscono legname e altri prodotti, quali i NTFPs (Non Timber Forest Products), che creano introiti di oltre 270 miliardi di dollari lanno, rappresentando una basilare fonte di reddito per oltre un miliardo e mezzo di persone al mondo2 sono gli ecosistemi pi complessi e ricchi della Terra, capaci di offre riparo, cibo e acqua a un enorme numero di specie animali e vegetali, contribuendo in maniera significativa alla tutela della biodiversit. Le sole foreste tropicali, infatti, ospitano pi di due terzi delle specie animali e vegetali conosciute3. Tale biodiversit rappresenta la ricchezza della vita sulla Terra, costituisce insieme il substrato e il risultato dei processi evolutivi e viene generalmente studiata a tre livelli: livello genetico, livello di specie e livello di ecosistema. Con il summit mondiale del 1992 a Rio de Janeiro viene adottata la Convenzione sulla Diversit Biologica (CBD, Convention on Biological Diversity) che riconosce limportanza globale a tutti i livelli
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http://www.idis.cittadellascienza.it/?p=22117 http://www.wwf.it/client/render.aspx?root=859

della biodiversit quale risorsa comune dellumanit. Larticolo 2 della convenzione definisce infatti la biodiversit come la variabilit fra tutti gli organismi viventi, inclusi ovviamente, quelli del sottosuolo, dellaria, gli ecosistemi acquatici, terrestri e marini ed i complessi ecologici dei quali loro sono parte; questa include la diversit allinterno di specie, tra specie ed ecosistemi.4 Tutti questi "servizi" assicurati dalle foreste sono talmente preziosi e indispensabili che, come scrive Jared Diamond nel suo libro "Collasso", molte societ antiche si sono addirittura estinte a causa di una deforestazione insostenibile.

Le foreste tropicali coprono una superficie di quasi 4 miliardi di ettari, cio oltre il 30% delle terre emerse, ma appena il 12,7% di queste (479 milioni di ettari) protetto. Le cifre diffuse dallOrganizzazione per lAlimentazione e lAgricoltura (FAO) nel novembre del 2005 segnalano la perdita di 13 milioni di ettari di foreste naturali ogni anno, che corrisponde a una scomparsa di 25 ettari (ovvero 36 campi di calcio) al minuto e di pi di 50 specie viventi al giorno5. Per quanto riguarda lAngola si pu ricavare un dato significativo dal rapporto della FAO Global Forest Resources Assessment 2010 (Valutazione delle Risorse Forestali Mondiali 2010), che rappresenta lo studio pi attendibile ed esaustivo finora realizzato sullo stato delle risorse forestali del pianeta. Secondo tale rapporto, tra il 1990 e il 2010 larea occupata da foreste si ridotta da 60.976.000 ettari a 58.480.000 ettari, con una perdita di suolo forestale maggiore del 4% in soli 20 anni. Sebbene il tasso di deforestazione non sia altissimo, il problema principale rappresentato dagli effetti del fenomeno stesso, quali erosione del suolo, diffusione della desertificazione e della salinizzazione6. Luso sostenibile delle risorse forestali, oltre a garantire la conservazione delle stesse, pu contribuire significativamente allo sviluppo sostenibile e alleliminazione della povert, soprattutto tramite la partecipazione attiva delle popolazioni locali alla sua gestione. Per tali motivi la salvaguardia delle foreste e le questioni ambientali suscitano oggi lattenzione dei massimi esponenti politici del mondo che, al fine di sensibilizzare lopinione pubblica sulla questione, promuovono iniziative a livello mondiale; cos ha fatto lONU, proclamando il 2010 Anno Internazionale della biodiversit e il 2011
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http://www.cbd.int/ http://www.wwf.it/client/render.aspx?root=859 6 http://www.salvaleforeste.it/201006221091/angola-foreste.html

Anno Internazionale delle Foreste, al fine di orientare lo sviluppo in modo diverso e sostenibile. Eduardo Rojas, Vice Direttore Generale della FAO, del Dipartimento Foreste, ha affermato che: "Nel corso dell'Anno Internazionale delle Foreste sar importante riuscire a mettere in evidenza il rapporto che esiste tra le persone e le foreste ed i benefici che possono derivare quando le foreste sono gestite dalle popolazioni locali in modo sostenibile ed innovativo".

CAPITOLO 2: AREA DI STUDIO


2.1 ANGOLA: GENERALITA
LAngola uno Stato dell'Africa sud-occidentale, con capitale Luanda, che confina a nord e a nord-est con la Repubblica Democratica del Congo, a est con lo Zambia, a sud con la Namibia e a ovest bagnata dall'Oceano Atlantico e che comprende, inoltre, la piccola enclave di Cabinda, situata circa 30 km a nord del confine con la Repubblica Democratica del Congo (Fig. 1). Per la vasta estensione territoriale, 1.246.700 km2 dallEquatore al Tropico del Capricorno, il paese mostra una notevole diversit climatica e vegetazionale, anche se, nonostante una superficie cos ampia e la degli ultimi anni, la popolazione attualmente di soli 18.056.072 abitanti7 (stima 2012).

Figura 1: mappa dell'Angola (fonte: www.c6angola.wordpress.com)

sito ufficiale CIA, Factbook - Angola

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2.2 CENNI STORICI


Le prime notizie storiche dellAngola risalgono allanno 1000 e descrivono il paese come unarea popolata da etnie di lingua bantu dedite allagricoltura, alluso di attrezzi in ferro e al commercio delle eccedenze produttive. Inoltre, si riporta la presenza di due regni, quello Kongo e quello Mbundu, localizzati rispettivamente a nord e a sud del paese. I portoghesi arrivarono in Angola nel 1476, attraverso una spedizione guidata da Diogo Co, e nel 1482 costruiscono alcuni fortini sulla costa settentrionale, inserendosi nel regno del Kongo. Nel 1574 i coloni avviarono loccupazione della zona costiera, per opera di Paulo Dias de Novais, includendo le citt di Luanda e Benguela. Nonostante le fiorenti risorse del paese, la politica coloniale portoghese si concentr soprattutto nel commercio degli schiavi, destinati a lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero a So Tom-Principe e in Brasile, tanto che l'Angola stata il pi grande serbatoio di schiavi nella storia del fenomeno. Lo schiavismo termin soltanto nel XIX secolo, sostituito da un lavoro coatto a basso prezzo. Lo sviluppo economico del paese nella seconda met del XIX secolo si collega all'arrivo di importanti correnti migratorie e allo sviluppo della linea ferroviaria di Benguela. Sotto la dittatura di Caetano e di Salazar, il malcontento aumenta e le richieste indipendentiste delle colonie lusofone trovano risposta nella sola trasformazione da colonie a Province d'Oltremare. Nel 1956 nasce l'MPLA (Movimento Popolare per la Liberazione dell'Angola) e successivamente il Fronte Nazionale di Liberazione Angolano (FLNA) e l' Unione Nazionale per lIndipendenza Totale dellAngola (UNITA) guidata da Jonas Malheiro Savimbi, movimenti che combattono contro i portoghesi, rimanendo per divisi fra loro. Un colpo di stato in Portogallo, nel 1974, pone termine al governo militare e anche agli interventi portoghesi in Angola e l'11 novembre 1975 ufficialmente dichiarata lindipendenza, in una situazione di guerra civile tra MPLA e gli altri 2 movimenti nazionalisti, FLNA e UNITA. Agostinho Neto (MPLA) diventa il Primo Presidente e alla sua morte, nel 1979, lo sostituisce Jos Eduardo dos Santos, tuttora in carica. Per anni il movimento filo-occidentale UNITA (appoggiato da Usa e Sud Africa) combatte contro quello filo-sovietico MPLA (appoggiato da URSS e Cuba), in una

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guerra continuata incessantemente fino al 1989, quando Cuba ritira i propri soldati dal paese. Altrettanto fanno tutti gli altri paesi che hanno appoggiato l'una o l'altra fazione politica. Nel 1991 lONU stipula gli Accordi di Bicesse, che portano, nel 1992, alle prime elezioni politiche, vinte dal MPLA, risultato rifiutato dallUNITA, che riprende la guerra con pi violenza. Nel 1994 firmato il Protocollo di Lusaka, che porta a un fittizio governo di unit nazionale. Nel 1998 riprendono gli scontri e l'ONU ritira il contingente di pace (1999). Il 22 febbraio 2002 Savimbi, il leader storico dell'UNITA, ucciso dai militari governativi e il 4 aprile 2002 firmata a Luanda la pace tra le Forze Armate Angolane (FAA), decretando la definitiva vittoria del MPLA. Nel periodo post-bellico avviene la trasformazione economica. Si passa da uneconomia di stampo comunista a uneconomia di mercato e in questo momento il paese sta vivendo una fortissima crescita economica, soprattutto legata allo sfruttamento delle sue migliori risorse, quali petrolio, pesca e minerali, soprattutto diamanti. La stabilit politica e le preziose risorse del paese incoraggiano gli investimenti stranieri, favoriti, oltretutto, da una politica fiscale favorevole. LAngola divenuta, oramai stabilmente, il primo maggior produttore di petrolio del continente africano (seguito da Libia e Nigeria), con una produzione che quadruplicata negli ultimi venti anni e che rappresenta la principale voce di esportazione del paese, raggiungendo una crescita del PIL tra le pi elevate dellAfrica (del 15,5 % nel 2005, del 27,9 % nel 2006 e del 7,4 % nel 2010). Si rileva, per, che la maggior parte del benessere ottenuto da tali attivit economiche concentrato nelle mani di una ristretta lite. Infatti, nonostante lattuale crescita economica, lAngola rimane un paese molto arretrato dal punto di vista delle infrastrutture. Non ancora presente una rete di collegamenti adeguati che permetta la circolazione di persone e merci, specialmente nella parte meridionale, inoltre, le scuole e gli ospedali sono ancora insufficienti per servire tutta la popolazione e nella parte sudoccidentale del paese sono ancora presenti zone minate, che impediscono lutilizzo di alcuni territori8.

sito ufficiale Ambasciata Angolana

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2.3 MUNICIPIO DI BIBALA


Secondo la suddivisione amministrativa, lAngola costituita da 18 Province, a loro volta ripartite in Municipi e Comuni; mentre nelle aree rurali la struttura amministrativa villaggio. Larea di studio si trova nel Municipio di Bibala, nella Provincia di Namibe, situata nel litorale sud dellAngola. La provincia confina con quella di Benguela a nord, con la Provincia di Huila a est ed delimitata dal fiume Cunene a sud, che delinea il confine con la Namibia, e dallOceano Atlantico a ovest. Il Municipio di Bibala uno dei cinque municipi della Provincia, con una superficie di 7.612 km rappresenta il 13,3 % della superficie della provincia e dista 168 km dalla citt di Namibe. Confina a nord con il Municipio di Camacuio, a est con la Provincia di Huila, in coincidenza con il bordo della scarpata della catena montuosa di Serra da Chela, a sud con il Municipio di Virei e a ovest con il Municipio di Namibe (Fig. 2). La popolazione stimata dallAmministrazione di Bibala di 206.426 abitanti e la sua densit di 27 persone per km. Tali dati demografici devono essere accettati con estrema cautela poich non esistono stime precise da censimento nazionale, infatti, lAngola lunico paese al mondo che non ha realizzato un censimento della popolazione negli ultimi 30 anni (Mancini M., 2009).
Figura 2: cartina della Provincia di Namibe

rappresentata

dal

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2.3.1. GEOMORFOLOGIA
Dal punto di vista geomorfologico la

Provincia di Namibe caratterizzata da cinque zone distinte. Procedendo dallinterno verso la costa, si incontrano: una zona montana, con quote superiori ai 1100 m s.l.m., una zona di transizione, con quote comprese tra 700 m e 1100 m s.l.m., unarea centrale, con quote comprese tra 250 m e 700 m, una zona pianeggiante costiera ed una zona litorale, con quote inferiore a 100 m s.l.m. (Fig. 3). Larea di studio localizzata tra la zona montana, caratterizzata dal massiccio roccioso della Serra da Chela, e, procedendo verso ovest, quella di transizione, dove si incontrano rilievi isolati.
Figura 3: carta altimetrica della Provincia di Namibe

2.3.2. CLIMA
La Provincia di Namibe si trova tra il 13 e il 17 parallelo a sud dellequatore. La fredda Corrente del Benguela e il massiccio roccioso della Serra da Chela sono gli elementi ambientali che pi influenzano il clima, determinando un abbassamento delle temperature rispetto a quelle attese in relazione alla latitudine. La temperatura dellarea di studio, trovandosi a una distanza di circa 120 km dallOceano Atlantico, risulta maggiormente influenzata dallaltitudine della catena montuosa della Serra da Chela (700-1000 m s.l.m.),.con una media di circa 22 C e valori pi bassi nel mese luglio e pi alti nel mese di novembre. Per quanto riguarda landamento, pluviometrico si distinguono due stagioni principali: una secca, da maggio a ottobre, e una piovosa, da novembre ad aprile, in cui si concentrano tutte le scarse e irregolari precipitazioni annuali, con valori di 300-600 mm/anno (Fig. 4).

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Andamento termo-pluviometrico
160 140 120 100 80 60 40 20 0 g f m a m g l a s o n d C mm

Figura 4: andamento termo-pluviometrico in Angola (Grandvaux Barbosa, 1970)

Secondo la classificazione climatica proposta da Kppen Geiger, larea di studio situata a ridosso delle zone9: - Bsh: clima arido, tipico delle latitudini subtropicali e del clima dei deserti tropicali, con evaporazione potenziale che supera, in media, le precipitazioni nel corso dellanno e tale assenza di eccedenza idrica fa assumere carattere stagionale ai corsi d'acqua. - Cwb: climi temperati delle medie latitudini, nei quali possibile distinguere una stagione estiva, con temperature superiori ai 25C e precipitazioni irregolari (300-600 mm) e una invernale, secca e con temperature medie di 15C.

2.3.3 IDROGRAFIA
Il fiume principale della Provincia di Namibe il Cunene, che lunico a regime permanente, anche se molto variabile. Nellarea di studio, come nel resto della Provincia, quasi tutti i fiumi sono a regime torrentizio, prosciugandosi anche del tutto durante la stagione secca.

http://it.wikipedia.org/wiki/Classificazione_dei_climi_di_Koppen

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2.3.4 SUOLI
Per la descrizione dei suoli dellarea di studio si fa riferimento alla classificazione proposta da Alberto Castanheira Diniz (1998), che descrive per larea in esame suoli generalmente poco evoluti, con frequenti affioramenti rocciosi, del tipo: - fersialitici tropicali, tipici delle regioni a clima semi-arido, con tessitura media o grossolana e frazione fina costituita da argilla fersialitica; - paraferralitici, evoluti a maggiore regime di umidit, con argille caoliniche o fersialitiche, ossidi di ferro e alluminio.

2.3.5 VEGETAZIONE

Per una descrizione dettagliata della flora della Provincia di Namibe si rimanda al lavoro Caracteristicas mesologicas de Angola (Castanheira Diniz, 1973). La vegetazione dellarea di studio appartiene allecosistema definito mopane, una boscaglia secca dominata dalla presenza di Colophospermum mopane (mutuate nel dialetto locale), specie arborea appartenente alla famiglia delle Fabaceae e sottofamiglia delle Caesalpinoideae. Spostandosi nella zona prossima alla citt di Bibala e proseguendo da l verso l'altopiano di Lubango tale boscaglia trova il suo limite climatico poich eventi piovosi di maggiore intensit permettono a specie come la Brachystegia tamarindoides e Brachystegia spiciformis di insediarsi. Queste ultime, infatti, caratterizzano il miombo, una formazione forestale caducifoglia, dominata da Caesalpinoideae e tipica di aree contraddistinte da suoli poco fertili e un clima fortemente stagionale, con piovosit superiore rispetto a quelle delle aree in cui domina il mopane (Osbourne, 2000). La presenza di Brachystegia spp. e Colophospermum mopane indica che larea di studio coincide con la zona di transizione tra le due forme vegetazionali precedentemente descritte. La vegetazione di tutta larea di studio, comunque, fortemente influenzata da una spiccata aridit, soprattutto nella stagione secca, durante la quale lo strato inferiore erbaceo e arbustivo pu scomparire completamente.

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Temperatura e umidit della Provincia di Namibe sono i fattori che pi influenzano la vegetazione, imprimendo forme di adattamento xerofitico, come foglie caduche, di ridotte dimensioni e aspetto spinescente. Laridit massima si incontra in prossimit del Deserto del Namib, nella zona sud-ovest della provincia, dove si osservano dune di sabbia praticamente prive di vita nella zona costiera e steppa desertica nella zona pi interna, caratterizzata soprattutto dalla presenza della famosa pianta endemica Welwitschia mirabilis (Fig. 5 e 6).

Figure 5 e 6: esemplari di Welwitschia mirabilis, Parque Nacional do Iona, Namibe, Angola

Il Municipio di Bibala caratterizzato dai seguenti tipi di vegetazione: comunit arborate di Adansonia digitata, Sterculia spp. e Commiphora spp.: in corrispondenza di suoli fersialitici, sia con aspetto di savana arbustiva sia come foresta densa secca. Oltre allAdansonia digitata (Fig. 7), Commiphora africana e C. mollis e Sterculia setigera, sono presenti diverse specie dei generi Combretum spp. e Terminalia spp. e specie Spirostachys africana. In alcune zone larea acquista un aspetto di fitta macchia spinosa dovuta alla concentrazione di Dichrostachis cinerea, frequentemente associata a specie arbustive.
Figura 7: esemplare di baobab o mukua (Adansonia digitata), Municipio de Bibala, Namibe, Angola

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Formazioni di Colophospermum mopane con Spirostachys africana: formazione chiamata anche comunit di mutuate, che si sviluppa su unestesa superficie in cui il Colophospermum mopane (Fig. 8) la specie dominante. Sono frequentemente presenti anche specie, quali Spirostachys africana, Peltophorum africanum, Sclerocarya birrea e alcune specie dei generi Commiphora e Acacia. In zone pi umide, come ai margini dei corsi dacqua o in aree dove la falda freatica relativamente poco profonda, si ritrovano anche specie arboree di dimensioni pi grandi, come Adansonia digitata, Afzelia cuanensis e Ficus spp. La copertura erbacea di tipo savanoide, dominata da graminacee.

Figura 8: boscaglia di mutuate (Colophospermum mopane)

Comunit steppica di Colophospermum mopane: in continuazione con la zona precedente, dirigendosi verso la costa e caratterizzata da un clima pi arido. La steppa di mutuate ricopre una superficie

estesa piana e

rocciosa, dove

Colophospermum mopane rimane la specie dominante, anche se di dimensioni minori rispetto agli esemplari dellarea pi interna. Sono presenti anche varie specie di Acacia e in corrispondenza dei pendii scoscesi delle colline, in genere molto pietrose, si osservano specie del genere Euphorbia (Fig. 9).
Figura 9: esemplare di Euphorbia subsalsa Hiern

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Steppa di arbusti e suffrutici: procedendo verso ovest, in prossimit della costa, le condizioni ecologiche diventano avverse per la comunit steppica di mutuate e lascia posto a una vegetazione steppica arbustiva dominata dal genere Acacia. Altri arbusti presenti sono: Boscia macrophylla, Balanites angolensis, Ximenia americana (Fig. 10) e Salvadora persica e, in corrispondenza di affioramenti rocciosi, Pachipodium lealii, Hoodia parviflora, Terminalia prunoides, Aloe littoralis (Fig.11) e specie del genere Euphorbia.

Figura 10: frutto maturo di Ximenia americana, Municipio de Bibala, Namibe, Angola

Figura 11: esemplare di Aloe litoralis, Municipio de Bibala, Namibe, Angola

2.4 LE COMUNITA E I GRUPPI LINGUISTICI


Lattivit di formazione finalizzata a promuovere la gestione sostenibile delle risorse forestali stata svolta presso sette comunit del Municipio di Bibala: Munhengo, Assuno 1, Assunao 2, Katuvo, Haukulu, Garganta e Rio dAreia. Tutte queste comunit sono dislocate lungo la strada, di circa 65 km, che va dalla citt di Bibala al bivio con la EN 208 Namibe Lubango, che rappresenta la principale via di fabbricazione e commercio del carbone vegetale, fatta eccezione per lultima di queste, situata lungo la strada che conduce dalla citt di Bibala al Municipio di Lola (Fig. 12).

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Figura 12: immagine satellitare dellarea di studio e delle comunit coinvolte nel progetto (fonte: Google Earth)

La popolazione dellAngola prevalentemente di origini Bantu, con unimportante immissione degli Herero dalla Namibia nella zona meridionale. Nellarea di Bibala, la popolazione costituita da circa 17 gruppi e sottogruppi etnolinguistici, con prevalenza, nelle comunit in cui sono state svolte le formazioni, del gruppo Mucubal e dei sotto-gruppi Mumwila e Ndendelengo. Generalmente ogni comunit costituita da poche decine di famiglie, anche se il dato piuttosto incerto a causa dellinadeguatezza dei mezzi di controllo delle nascite, dei decessi o dei movimenti delle persone allinterno del Municipio a disposizione delle autorit amministrative e tradizionali. Inoltre, nella foresta vivono nuclei familiari che non hanno alcun tipo di contatto con le suddette autorit amministrative e/o locali. Fatta eccezione per la citt di Bibala, in cui gli abitanti vivono in modeste case prevalentemente di eredit coloniale, la popolazione rurale vive in piccoli villaggi chiamati kimbu, dislocati nella boscaglia, ognuno dei quali a sua volta costituito da 34 capanne adibite al ricovero del bestiame, allimmagazzinamento delle scorte alimentari e allalloggio dei membri della famiglia. (Fig. 13)

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Figura 13: kimbu della comunit di Assunao

Ogni comunit e villaggio sono rappresentati ufficialmente da autorit pubbliche e leader tradizionali, quali il regidore, cui fanno seguito il soba e infine il seculo. Queste figure, soprattutto i soba, si sono rivelate fondamentali ai fini del lavoro di campo, poich sono stati veri e propri moderatori delle proprie comunit, in grado di riunirle e di tradurre dal portoghese alla lingua locale.

2.4.1 ECONOMIA DELLE COMUNITA


La principale attivit economica delle comunit del Municipio di Bibala lagropastorizia di sussistenza, con allevamenti bovini e caprini allo stato brado (Fig. 14), il cui possesso rappresenta uno status symbol, quale riserva economica, piuttosto che una risorsa alimentare, di polli, soprattutto destinati allauto-consumo, e raramente di suini. Inoltre, in tutte le comunit sono raccolti (soprattutto dalle donne) numerosi prodotti forestali spontanei, utilizzati tradizionalmente per molteplici scopi: alimentare, medicinale, cosmetico, rituale, ecc. Lattivit agricola non si avvantaggia di input energetici, quali meccanizzazione o fertilizzazione, e le colture principali sono: mais o milho (Zea mays), sorgo o massambala (Sorghum vulgare), miglio o massango (Pennisetem thyphoides) e feijo macunde (Vigna unguiculata).

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Prima della costruzione dei pozzi dacqua, realizzati durante il progetto del COSPE, lagricoltura era non irrigua, legata alle precipitazioni stagionali. Durante la stagione invernale, molto lunga e completamente secca, lacqua rappresenta il principale fattore limitante la vita delle comunit, poich impedisce la pratica agricola e rende difficile il reperimento di frutti silvestri in quantit sufficiente al sostentamento delle famiglie rurali o in zone abbastanza vicine per la raccolta. Le difficolt nel soddisfare i fabbisogni nutrizionali, spingono la popolazione rurale a intensificare la produzione di carbone vegetale, altra fondamentale attivit economica di sussistenza, poich il prodotto finalizzato alla vendita e, quindi, a generare reddito utile per lacquisto di beni di prima necessit.

Figura 14: allevamento di bovini allo stato brado, comunit di Katuvo

2.4.2 PRODUZIONE DI CARBONE VEGETALE E DEGRADAZIONE DELLA FORESTA


La produzione di carbone vegetale la principale attivit economica di sussistenza dopo lagro-pastorizia, nonostante rappresenti un lavoro che permette alle famiglie rurali di generare reddito quando le piogge sono insufficienti allesercizio della pratica agricola. Durante questi periodi lintera famiglia partecipa alla produzione e alla vendita di carbone, ma, dalle indagini effettuate in campo, emersa linsoddisfazione della quasi totalit degli abitanti del Municipio di Bibala nel praticare tale attivit, molto faticosa e

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poco redditizia, e il desiderio degli stessi di individuare attivit in grado di generare forme alternative di reddito. (Fig. 15)

Figura 15: forno tradizionale per la produzione di carbone vegetale

La produzione e la commercializzazione del carbone sono legali solo in due specifiche aree del municipio; nel resto del territorio sono formalmente illegali, anche se tollerate dalle autorit di competenza, consapevoli del fatto che il carbone rappresenta lunica possibilit di guadagno per moltissime famiglie povere e che i mezzi a loro disposizione sono spesso insufficienti e inadeguati al controllo di unarea cos vasta. In tali condizioni si ha cognizione del fatto che la sola repressione del fenomeno non rappresenta la soluzione al problema. Inoltre, i rischi maggiori, derivano dallattivit delle persone esterne alle comunit, i cui unici interessi sono la rapidit di produzione e il guadagno finale. Questi lasciano spesso ampie aree della foresta completamente devastate. (Mancini M., 2009)

La specie arborea maggiormente utilizzata per la produzione di carbone vegetale il Colophospermum mopane, localmente conosciuto con il nome di mutuate, che, quale specie dominante, d il nome alla formazione vegetale caratterizzante lintera area: mata de mutuate (Castanheira Diniz A., 1998). Si tratta di una Fabacea Cesalpinioidea, molto diffusa nellAfrica meridionale e facilmente riconoscibile per le caratteristiche foglie composte a forma di farfalla. (Figure 16 e 17)

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Figure 16 e 17: Colophospermum mopane e particolare della foglia

In condizioni pedo-climatiche ottimali la specie raggiunge i 20 metri di altezza e costruisce una copertura vegetale piuttosto densa. Al contrario, in condizioni pedoclimatiche non ottimali, mantiene un aspetto arbustivo, con unaltezza che raramente supera i 3 metri e con individui distanti anche 3-6 metri luno dallaltro. La specie mostra un lento accrescimento, ma buone capacit di rigenerazione a seguito del taglio, grazie allemissione di polloni che consentono pi utilizzi dalla stessa pianta e che contribuiscono a rallentare il rischio di desertificazione dellarea. Il legno del Colophospermum mopane duro e possiede una caratteristica colorazione rosso-brunastra. Gli esemplari con 25-30 cm di DAP (diametro ad altezza del petto) sono quasi sempre secchi e cavi allinterno, caratteristica ricercata e apprezzata dai produttori di carbone in quanto consente al legno di bruciare con maggiore facilit. Queste caratteristiche rendono il mutuate la specie preferita dalle popolazioni locali, anche perch non esistono nella zona altre specie altrettanto idonee alla produzione di carbone vegetale. Poche di esse raggiungono dimensioni sufficienti per il taglio e nessunaltra produce un carbone altrettanto compatto, pesante e di lunga durevolezza. I produttori di carbone intervistati affermano che, in situazioni di forte pressione umana, (tali da rendere insufficiente il solo utilizzo del mutuate, possono essere utilizzate altre specie, anche se meno adatte, quali: mupapa (Spirostachys africana Sond.), muhaina (Terminalia prunoides M. A. Lawson), mukondo (Acacia Senegal var. rostrata Brenan), mupapu (Grewia monticola Sond.) e mupanda (Brachystegia spiciformis Benth.). (Mancini, 2009).

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Quando lo sfruttamento diviene eccessivo, si formano zone prive di copertura arborea, soggette allerosione e, di conseguenza, alla desertificazione (Fig. 18). Queste aree sono caratterizzate da scarsa o assente copertura vegetale e da rocce affioranti. Le aree in cui la foresta risulta degradata sono sempre di pi e sempre pi estese, soprattutto a causa di pratiche di taglio casuali, non sostenibili e dannose. I fabbricanti di carbone tendono ad effettuare i tagli nelle zone prossime al proprio villaggio, senza seguire alcuna regola o principio di gestione forestale e cos facendo contribuiscono alla degradazione del patrimonio silvestre, dal quale dipendono le loro stesse vite.

Figura 18: foresta degradata a causa della forte pressione umana

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CAPITOLO 3: OBIETTIVI
Lobiettivo generale del progetto in cui stato inserito questo lavoro di tesi quello di sensibilizzare la popolazione locale nei confronti della tutela e della conservazione del patrimonio forestale del Municipio di Bibala, senza dimenticare che le foreste rappresentano una risorsa fondamentale per leconomia delle comunit.

Gli obiettivi specifici del presente lavoro sono i seguenti:

studio e applicazione in campo di una metodologia di formazione adatta alle peculiarit dei beneficiari e al contesto nel quale si operato; formulazione di alcune semplici buone pratiche di gestione delle risorse forestali da proporre alle comunit coinvolte, al fine di limitare il formarsi e lestendersi di aree degradate;

individuazione e valorizzazione di attivit economiche alternative e sostenibili, in grado di generare e/o incrementare il reddito per le comunit del Municipio di Bibala.

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CAPITOLO 4: MATERIALI E METODI


Il lavoro iniziale stato svolto da mediatori del Cospe e da tecnici esterni, tra i quali il Dott. Matteo Mancini e la Dott.ssa Valeria Urso, affiancati, nel corso delle missioni precedenti, da partner locali, in primo luogo i tecnici dellInstituto Desenvolvimento Florestal (IDF). Attraverso unanalisi preliminare e un confronto continuo tra le parti, stata individuata larea di studio e sono state scelte le comunit da coinvolgere nel progetto. I criteri che hanno portato alla scelta dellarea di studio sono stati: intensit della pressione umana sullecosistema forestale, in relazione alla produzione di carbone vegetale; posizione geografica dellarea in relazione alle vie di accesso alla foresta e alle vie di commercializzazione del carbone. (Mancini M., 2009) Per le ragioni di cui sopra, stata scelta larea adiacente alla strada, lunga circa 65 km, che collega la citt di Bibala al bivio con la EN 208 Namibe-Lubango. Tale area rappresenta la principale zona di produzione e commercializzazione di carbone vegetale destinato alla citt di Namibe. I produttori di carbone accedono piuttosto facilmente alla foresta per costruire i tradizionali forni necessari alla produzione di carbone e la strada principale, quando in buone condizioni, agevola il trasporto del prodotto finito. Inoltre, la linea ferroviaria Namibe Lubango, che attraversa completamente larea in esame, rappresenta un ulteriore via per il commercio locale di carbone.

La scelta delle comunit nelle quali proporre il lavoro stata guidata soprattutto dalla disponibilit e dallavallo dei soba, i leader tradizionali. Normalmente le scelte del soba influenzano fortemente le rispettive comunit e quando la loro leadership riconosciuta la comunit si mostra pi disponibile e sensibile alle proposte di collaborazione e implementazione dei progetti. Per tali ragioni stato fondamentale contattare i soba dellarea di studio, ai quali sono stati spiegati gli obiettivi del progetto ed stata chiesta lopportunit di incontrare i membri delle comunit di appartenenza.

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Le comunit coinvolte nel progetto promosso dallONG COSPE sono: Munhengo, Assuno, Katuvo, Haukulu, Garganta e Rio dAreia e solo in un caso (comunit in prossimit del Desvio con EN 208) non stata concessa la disponibilit da parte del soba e quindi della comunit. Sono stati, inoltre, presi contatti con alcuni animatori locali o mobilizzatori, che fungono da collegamento tra le proprie comunit e i tecnici del COSPE, allo scopo di sollecitare le stesse e organizzarle in funzione delle attivit da svolgere. Gli animatori locali sono: Manuel Pitaco, per le comunit di Garganta e Haukulu; Francisco Joo, per le comunit di Assuno e Katuvo; Antonio dos Santos, per la comunit di Munhengo; Ferdinando, per la comunit di Rio de Areia. Poich gli abitanti delle comunit sono, non solo i beneficiari del progetto, ma gli unici veri conoscitori dellarea nella quale vivono, il dialogo e la collaborazione sono elementi imprescindibili per svolgere un lavoro efficace. A tal proposito, il progetto si avvalso dellutilizzo del metodo di indagine della Partecipatory Rural Appraisal.

4.1 Partecipatory Rural Appraisal (P.R.A.)


Il Partecipatory Rural Appraisal (o Diagnostico Rurale Partecipativo) un approccio utilizzato dalle ONG e da altri enti impegnati nello sviluppo e nella cooperazione internazionale, che mira a incorporare la conoscenza e le opinioni della popolazione rurale locale nella pianificazione e nella gestione di progetti e programmi di sviluppo. Le radici delle tecniche del Participatory Rural Appraisal derivano dai metodi educativi proposti da Paulo Freire, pedagogista brasiliano e influente teorico delleducazione critica. Il concetto di approccio partecipativo, conosciuto anche come bottom-up, , per, stato
messo a punto da Robert Chambers (1983-1987), professore presso lInstitute of Development Studies (IDS). Questultimo ha influenzato fortemente lo sviluppo delle metodologie riguardanti la progettazione partecipata, soprattutto a favore dello sviluppo delle zone rurali e in difesa delle fasce di popolazione pi povere.

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Lo stesso Robert Chambers sostiene che questo metodo deve molto al lavoro di Freire e sottolinea come: i popoli poveri e sfruttati possono e dovrebbero essere resi capaci di analizzare la loro stessa realt. Il diagnostico partecipativo rurale un insieme di approcci e metodi che permettono alle popolazioni locali di condividere e analizzare le loro conoscenze e i loro costumi (Chambers 1992). Il P.R.A., elaborato negli anni novanta da Robert Chambers per raccogliere dati di diversa natura dalle popolazioni rurali in tempi brevi e con costi contenuti, pone al centro del sistema di indagine la comunit stessa, che, riconosciuta come la detentrice del sapere tradizionale, diventa sia la beneficiaria che la protagonista del processo di sviluppo. Le figure chiavi che collaborano durante tale approccio sono: linformatore, membro della comunit locale; il ricercatore del progetto di sviluppo; il mobilizzatore, intermediario tra le due figure precedenti, che ha la funzione, oltre che di tradurre il dialetto locale nella lingua ufficiale del paese e viceversa, anche di far fronte a diverse esigenze pratiche e organizzative, rendendo cos possibile il confronto tra le parti. Affinch la raccolta di informazioni sia possibile e proficua, necessario che si crei un rapporto di fiducia tra gli informatori locali e i ricercatori esterni, di diversa provenienza culturale, cos da permettere un confronto privo di condizionamenti, imbarazzo e/o diffidenza. Le informazioni sono utili ai fini per dellindagine

raccolte

mezzo di questionari pi o meno strutturati (Fig. 19). Trattasi di elenchi di domande formulate

secondo gli obiettivi della ricerca. A tali domande non corrispondono risposte giuste o sbagliate, ma lasciato ampio spazio allintervistato per descrivere la propria conoscenza circa laspetto affrontato dal quesito.
Figura 19: Partecipatory Rural Approach: esempio di indagine tramite questionario, comunit di Rio de Areia

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Cos facendo, linformatore riesce a sentirsi maggiormente a proprio agio e a far emergere aspetti e questioni che sarebbero trascurati adottando schemi pi rigidi. La fase finale del P.R.A. prevede, durante una riunione alla quale chiamata a partecipare lintera comunit, la condivisione e lanalisi dei dati ottenuti dal ricercatore, attraverso la quale si mette in evidenza la ricchezza delle conoscenza possedute dalla comunit. Gli obiettivi di questa metodologia sono diversi e possono essere cos elencati: coinvolgere attivamente i beneficiari in tutte le fasi del ciclo di progetto (analisi, pianificazione, implementazione, valutazione), in quanto considerati i protagonisti del processo di sviluppo; mettere a disposizione della popolazione locale tecniche di analisi rapida, cos che la stessa popolazione possa esprimere le proprie necessit ed elaborare le proprie strategie, che scaturiscono dalla visione della ricerca come azione partecipata; il ruolo dell'esperto non quello di estrarre informazioni per la pianificazione esterna, ma quello di facilitarne il flusso delle stesse, in modo da consentire alla popolazione beneficiaria di produrre il sapere necessario ai fini della produzione e implementazione del progetto di sviluppo; lapproccio deve essere sempre preliminare a un progetto e non un esercizio puramente di ricerca ed concettualmente sbagliato utilizzare questo metodo per legittimare azioni gi decise o effettuate.10

Nel nostro caso questo tipo di approccio stato fondamentale per comprendere le problematiche e le potenzialit dellarea di studio. A seguito di tale approccio, stato rilevato il problema relativo alla produzione di carbone e sono state gettate le basi per unapprofondita ricerca etnobotanica, finalizzata allindividuazione di prodotti da inserire nel mercato formale per generare reddito (valorizzazione dei NTFPs).

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http://www.seminiamoperlafrica.it/sviluppo-rurale-e-partecipazione-il-nostro-metodo/

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4.2 METODOLOGIA DI FORMAZIONE


La maggior parte del lavoro stata svolta assieme al Dott. Matteo Mancini, che partecipa al progetto COSPE sin dal suo inizio e che ha gi affrontato problematiche simili a quelle in esame in Mozambico. Lo scopo delle formazioni sensibilizzare e informare tutta la comunit circa limportanza della tutela del patrimonio forestale, offrendo consigli, materiali e metodi che permettano un miglioramento delle condizioni di vita. Da un punto di vista pratico il primo obiettivo che ci siamo posti stato lo studio, la formulazione e lapplicazione in campo di una metodologia di formazione adatta al particolare contesto in cui ci siamo trovati a operare. La maggior parte degli abitanti delle comunit molto vivace e curiosa, ma solo una minima parte di loro alfabetizzata e parla il portoghese, lingua ufficiale in Angola. Questi fattori rendono molto difficile lo svolgimento delle formazioni, in quanto: la necessit di un intermediario, che traduca durante gli incontri con i membri delle comunit, impedisce il dialogo diretto con ogni singola persona e implica spesso momenti di confusione, di incomprensione e di distrazione; non sempre i concetti da esprimere sono estremamente semplificabili e di rapida comprensione; senza un continuo utilizzo di esempi pratici la maggior parte dei concetti non vengono assimilati, anche se da noi sono considerati elementari e basilari.

Inoltre, non sempre si pu fare affidamento sulla completa collaborazione e partecipazione dei membri delle comunit beneficiarie del progetto, che, per ragioni di diversa natura, possono mostrarsi distratti o non presentarsi agli incontri organizzati. Per ovviare ad alcuni dei problemi di cui sopra, sono state stabilite alcune semplici linee guida per attuare le formazioni, di seguito elencate: 1. fissare lappuntamento (tramite lautorit locale) nelle prime ore del mattino, dando qualche giorno di preavviso a colui che delegato in maniera da poter riunire i membri della comunit interessati a partecipare alla formazione ed avere il maggior numero di persone possibile;

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2. esprimere i concetti principali in modo chiaro, semplice e pratico, parlando lentamente e assicurandosi che i concetti espressi siano abbastanza chiari ai diretti interessati, i quali possono interagire ponendo domande o esprimendo pareri e suggerimenti; 3. tenere sempre ben chiaro ai membri delle comunit il concetto di essere i principali beneficiari del progetto, sottolineando limportanza di ascoltare attentamente le formazioni e agire di conseguenza, per raggiungere i risultati desiderati; 4. motivare i partecipanti, sottolineando gli aspetti difficili della loro condizione attuale e dimostrando come e quanto potrebbe migliorare la loro condizione attraverso il lavoro da attuare; 5. fornire esempi pratici per semplificare qualsiasi concetto teorico e facilitarne la comprensione; 6. stimolare linteresse e ricercare lattenzione dei partecipanti per evitare momenti di distrazione e di confusione. (Figure 20 e 21)

Figure 20 e 21: esempi di formazioni presso le comunit di Assunao e di Haukulu

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CAPITOLO 5: RISULTATI E DISCUSSIONE


Nel periodo Luglio-Agosto 2010 sono state effettuate 14 formazioni, due per ogni comunit (la comunit di Assunao stata divisa in due gruppi perch troppo numerosa). Durante le prime formazioni sono state proposte a tutte le comunit le cosiddette boas praticas florestais, cio buone pratiche di gestione delle risorse forestali, relative soprattutto alla produzione di carbone vegetale. Durante le seconde formazioni stato verificato lapprendimento delle nozioni delineate nelle formazioni precedenti e sono state proposte alcune alternative economiche utili al miglioramento del reddito delle famiglie interessate, quali: la creazione di vivai comunitari nei quali produrre piante fruttifere, foraggere, forestali, utili sia per lagricoltura comunitaria che per leventuale commercio; la valorizzazione di prodotti forestali non legnosi (NTFPs), individuati a seguito di unindagine etnobotanica, svoltasi in contemporanea al lavoro descritto nel presente elaborato.

5.1 BUONE PRATICHE DI GESTIONE FORESTALE


La produzione di carbone vegetale, come stato gi descritto in precedenza, rappresenta unalternativa allagricoltura in condizioni di emergenza, ovvero quando le insufficienti risorse idriche non la rendono praticabile. Questa attivit molto faticosa, e non altrettanto redditizia, viene praticata in modo non sostenibile e senza alcuna regola di gestione delle risorse forestali che, naturalmente, non sono illimitate. Tale circostanza ha portato ad una situazione allarmante e critica, tanto che gli stessi produttori di carbone, durante le interviste preliminari, sostenevano di doversi spostare anche diversi chilometri per trovare aree in cui il Colophospermum mopane fosse abbondante e di dimensioni adeguate. Per sensibilizzare la popolazione locale nei confronti della salvaguardia delle foreste e della loro biodiversit e per rendere sostenibile tale produzione di carbone, sono state

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proposte alle comunit coinvolte nel progetto alcune semplici regole di corretta gestione delle risorse forestali:

1) non tagliare pi legna di quanto la foresta stessa non ne produca (questa quantit stata calcolata dai tecnici del Cospe e dalle autorit locali nelle missioni successive, tramite un inventario forestale, e corrisponde a 32,4 m3/anno distribuiti su unarea di 57 ha, circa 70-85 sacchi di carbone prodotti in maniera sostenibile); 2) tagliare solo alberi adulti, cio con diametro maggiore di 20 cm allaltezza del petto, in caso di piante nate da seme. Il mutuate impiega circa 30 anni per raggiungere queste dimensioni. Per facilitare la misurazione possiamo considerare che le dita della mano di un uomo adulto che afferra il tronco non devono toccarsi;

3) In caso di polloni nati da un albero precedentemente tagliato si possono tagliare solo quelli con diametro maggiore di 15 cm;

4) Tagliare solo un pollone per pianta, lasciando sviluppare gli altri;

5) Tagliare il tronco pi in basso possibile per assicurare la riproduzione agamica. Precedentemente il tronco veniva tagliato piuttosto in alto, a 50-80 cm dal suolo, e questo fatto comportava una scarsa vitalit dei polloni, che risultavano deboli e di piccole dimensioni. Per facilitare questa operazione consigliabile lutilizzo di seghe a due mani;

6) Lasciare una distanza di almeno 10 metri (o passi lunghi se non si dispone di un metro) tra un albero tagliato e un altro per non scoprire il suolo e facilitare la germinazione dei semi di nuove piante;

7) Non tagliare assolutamente nessuna pianta laddove il suolo poco profondo e si vedono rocce affioranti per non compromettere definitivamente il suolo stesso.

Come descritto nella metodologia di formazione, una delle difficolt principali da affrontare durante il lavoro di formazione risiede nella comunicazione con gli abitanti

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delle comunit, la maggior parte dei quali analfabeta o non parla la lingua portoghese. Risulta oggettivamente difficile rendere accessibili e di facile comprensione concetti e termini tecnici di qualsiasi disciplina. Generalmente questo ostacolo viene superato attraverso la realizzazione di disegni e illustrazioni, o attraverso lutilizzo di esempi metaforici relativi alla vita quotidiana della comunit. Nel nostro caso abbiamo deciso di utilizzare dimostrazioni pratiche e semplici esempi, legati alla vita e allesperienza dei partecipanti, che hanno facilitato molto la comprensione. Inoltre le regole sono state adattate alla mancanza di strumenti tecnici riscontrata in questo contesto rurale. Ad esempio i 10 metri possono essere sostituiti indicativamente da 10 passi lunghi, e un diametro di 20 cm stato paragonato approssimativamente al diametro formato dallunione delle mani di un uomo adulto che fa il gesto di afferrare il tronco. La seguente tabella (Fig. 22) riassume e illustra le regole, gli esempi, lapproccio metodologico e le attivit pratiche proposte durante le formazioni:

REGOLE DI BUONA GESTIONE FORESTALE

ESEMPIO UTILIZZATO

ATTIVITA PRATICA Invitare i partecipanti ad afferrare gli alberi allaltezza del petto. Se il tronco pu essere afferrato la pianta beb, se le dita invece non si toccano la pianta gi adulta e pu essere tagliata.

Se abbattiamo una pianta piccola Non tagliare alberi come uccidere un beb. Per questo o polloni con DAP motivo dobbiamo tagliare solo gli alberi minore di 15-20 grandi e ben sviluppati, che sono adulti cm ed hanno gi generato nuove vite.

Quando tagliamo soltanto un pollone assicuriamo la prosecuzione della vita Tagliare solo un della pianta, in quanto i polloni che pollone per pianta, rimangono e che adesso sono piccoli lasciando potranno essere utilizzati in futuro dai sviluppare gli altri nostri figli e nipoti. Abbattere contemporaneamente tutti i polloni come togliere risorse ai nostri figli

Misurare con le mani tutti i polloni e scegliere per il taglio solo quello di diametro maggiore, sempre che rientri nei parametri della regola precedente.

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Tagliare il tronco pi in basso possibile per assicurare la riproduzione agamica

Osservando un tronco tagliato molto in alto si nota come i suoi polloni siano fragili e destinati a cadere col vento. Questa pianta non potr essere sfruttata; stiamo quindi sottraendo risorse ai nostri successori. Dobbiamo assicurare la presenza di un numero sufficiente di alberi adulti (madri e padri) nella nostra foresta ad una distanza minima necessaria alla riproduzione e che garantisca la nascita di molti figli. Per raggiungere unarea non degradata dobbiamo gi percorrere molti chilometri. Se continuiamo a sfruttare le aree degradate non rimarr pi niente per i nostri figli.

Ricercare un albero tagliato in alto e discutere dello stadio dei suoi polloni. Fare unesperienza di taglio il pi possibile vicino al suolo. Un partecipante invitato a scegliere pi di una pianta da abbattere; si contano i passi tra la pianta gi abbattuta e la successiva e si stabilisce se il taglio possa essere effettuato o meno. Camminando nella foresta si mostrano ai partecipanti le aree fortemente degradate che non dovranno essere sfruttate nei successivi anni, per permettere la riforestazione naturale.

Lasciare una distanza di almeno 10 metri tra un albero tagliato e un altro Non tagliare assolutamente nessuna pianta laddove il suolo poco profondo e si vedono rocce affioranti

Fig. 22: tabella riassuntiva delle buone pratiche di gestione forestale, degli esempi e delle attivit proposte

molto importante sottolineare che durante tutte le giornate di formazione abbiamo voluto ribadire pi volte ai partecipanti linterconnessione esistente tra il compromesso che le comunit devono accettare, rispettando le regole di gestione forestale, e la futura possibilit di utilizzare pompe per estrarre acqua dai pozzi scavati dal Cospe per coltivare nei campi e per creare i vivai comunitari. Viene quindi stabilito che le comunit non deleghino a nessun altro il controllo di tali regole; tutti gli abitanti devono incaricarsi di denunciare infrazioni e abusi eventualmente commessi da persone estranee o appartenenti alla comunit. Naturalmente non si pu pretendere che la collettivit rinunci o limiti la sua unica attivit di sostentamento, oltre lagricoltura, senza che ci siano garanzie di alternative economiche che permettano una vita degna. Si rende quindi necessaria la proposta di valide alternative che garantiscano: sicurezza alimentare: garantita dal maggior consumo di frutta e verdura, attraverso la creazione di vivai e di campi comunitari, irrigati tramite i pozzi scavati appositamente;

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generazione di reddito: tramite la vendita dei prodotti coltivati e delle piantine presenti nei vivai e tramite la valorizzazione dei prodotti locali, appartenenti alla categoria dei No Timber Forest Products.

5.2 VIVAI COMUNITARI


Durante il secondo turno di formazione, dopo aver verificato lapprendimento delle buone pratiche di gestione forestale, abbiamo introdotto nelle comunit il concetto di vivaio comunitario. Un vivaio comunitario una struttura che appartiene a tutta la popolazione, i cui obiettivi principali sono di propagare le piante e di sostenerne la crescita nei primi mesi di vita. Queste piantine, siano esse da frutta o foraggere, saranno poi trapiantate nei campi comunitari per lutilizzazione diretta, oppure vendute per ricavare denaro. Per questo motivo il lavoro degli operatori dei vivai comunitari molto importante. (Fig. 23)

Figura 23: vivaio dellIDF, Municipio de Bibala

Oltre a rendere consapevoli i partecipanti circa limportanza e lutilit dei vivai, abbiamo proposto una semplice guida pratica per gli operatori dei vivai, che spieghi passo dopo passo le attivit da svolgere. 1) Innanzitutto fondamentale conoscere le sementi che saranno piantate, per gestire al meglio il trapianto e leventuale commercializzazione delle piantine.

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2) Il passo successivo preparare un buon terreno dove le piantine possano svilupparsi senza problemi. Per arricchire il terreno possibile utilizzare sterco di vacca, risorsa sempre disponibile per le comunit che possiedono molti animali. Come noto, lo sterco fresco molto caldo e pu bruciare le giovani piantine; per questo motivo necessario prepararlo bene. sufficiente fare un monte di sterco di circa un metro e mezzo di altezza e mescolarlo con molta terra: la proporzione terra-sterco deve essere circa di 2:1. Per ottenere un letame di buona qualit necessario che la terra utilizzata non sia eccessivamente sabbiosa, ma che contenga anche un po di argilla. Ogni giorno il monte deve essere bagnato e mescolato e deve rimanere ombreggiato, allinterno di una piccola struttura appositamente creata per questo lavoro. La miscela sar pronta quando risulter molto scura e non puzzer pi di escrementi, bens avr un buon odore di terra bagnata. Normalmente questa pratica richiede circa 20-30 giorni. Porre i semi direttamente nei sacchetti di plastica comporta un grandissimo spreco di tempo, di spazio, di suolo e di acqua; inoltre quando le sementi non riescono a germinare, restiamo per molto tempo con decine di sacchetti vuoti che occupano spazio e che non sappiamo come utilizzare. Per questo motivo necessario utilizzare un accorgimento per la semina che permetta di non sprecare sementi, acqua e suolo, risorse molto preziose che scarseggiano nella nostra area di studio. 3) Tale accorgimento rappresentato dalla costruzione di un piccolo semenzaio, metaforicamente descritto alle popolazioni locali come il nido dei beb. (Fig. 24)

Figura 24: esempio di semenzaio

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I vantaggi di concentrare le giovani piantine in uno spazio ridotto sono: maggior controllo delle piantine che stanno nascendo; maggior facilit di irrigazione; risparmio di acqua; risparmio di terreno e di letame; ottimizzazione dellutilizzo delle sementi, che in semenzaio hanno maggiore probabilit di germinare.

Per costruire un semenzaio non serve nessuno strumento speciale; basta marcare lo spazio nel terreno e arricchire il suolo con lo sterco che abbiamo preparato, rigirando e mescolando bene la terra. Le dimensioni possono essere varie, a seconda delle esigenze, e nel nostro caso pu bastare una superficie di 1x3 metri. A questo punto, scavando piccolissimi solchi paralleli possiamo distribuire le nostre sementi. importante che il semenzaio stia sempre allombra perch il sole diretto pu uccidere le piantine rapidamente. 4) Quando queste raggiungono i 10-15 cm di altezza possiamo trapiantarle nei sacchetti normalmente utilizzati che costituiranno il vivaio vero e proprio. Questa operazione molto delicata perch le piante sono molto giovani e le loro radici non sono ben sviluppate. Per questo necessario bagnare bene la terra prima del trapianto e, con laiuto di una piccola pala, tirare via la pianta delicatamente lasciando la terra che circonda le radici. 5) Quando le nostre piantine hanno passato circa un mese in semenzaio e circa tre mesi nei sacchetti sono pronte per il trapianto finale o per la vendita. Per trapiantare correttamente le piantine necessario scavare un buco nel terreno un po pi grande delle dimensioni del sacchetto, togliere la plastica con molta attenzione e porre la piantina nel terreno, assieme alla terra intorno alle radici. Dopo di che, utilizzando altra terra, si deve finire di tappare il buco e pressare bene con i piedi attorno alla piantina. Infine, nei primi mesi dopo il trapianto, si deve irrigare le piante tutti i giorni, almeno fino allarrivo della stagione piovosa. Le specie che pi si prestano ad essere piantate nel contesto in cui ci troviamo sono: mango (Mangifera indica) goiaba (Psidium guajava) limone (Citrus limon) 39

arancio (Citrus sinensis) mandarino (Citrus reticulata o Citrus tangerina) banano (Musa sp.)

5.3 VALORIZZAZIONE DEI NTFPs


Contemporaneamente al presente lavoro, stata svolta unindagine etnobotanica, condotta attraverso interviste semi-strutturate alle popolazioni locali, finalizzata allindividuazione di prodotti locali forestali non legnosi da valorizzare.
Lo studio etnobotanico il risultato dellincontro di conoscenza locale e conoscenza accademica e si pone come obiettivo, non soltanto di raccogliere, studiare e comparare le conoscenze locali, ma anche di valorizzarle, incentivandone la loro gestione sostenibile (Bruschi, 2005).

Nel campo delletnobotanica rientra lo studio dei prodotti forestali non legnosi.
Il termine No Timber Forest Products o prodotti forestali non legnosi indica quelle risorse naturali raccolte allinterno della foresta, fatta eccezione per lutilizzo industriale del legno. Nel 1999 la FAO li defin per la prima volta come beni di origine biologica non legnosi, provenienti da foreste, altre superfici forestali ed alberi fuori foresta.

Inizialmente considerati come prodotti forestali secondari o accessori, attualmente stanno acquistando sempre pi valore, in quanto si sta affermando, con convinzione crescente, il loro valore anche in chiave nutrizionale, economica, socio-culturale ed ecologica. Nei paesi in via di sviluppo, i NTFPs acquistano un ruolo fondamentale per la
sicurezza alimentare, in quanto, il problema della mancanza di alimenti spesso riconducibile a problematiche di accesso al cibo, piuttosto che a problemi di offerta.

Valorizzare lagro-biodiversit locale, riconoscere il potenziale dei NTFPs e il patrimonio ambientale e culturale come risorsa non solo economica, ma anche ecologica e sociale, ha lobiettivo di sensibilizzare gli esseri umani sullimportanza della foresta, inducendo a una sua migliore gestione. La crescente necessit di sostenibilit individua nelluso comunitario delle risorse forestali, la gestione pi efficiente per la salvaguardia delle risorse stesse, considerando

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che, coloro che dipendono dalla foresta per la loro sopravvivenza mostrano pi sensibilit nel preservarla.
Il mercato globale dei NTFPs, nel quale si possono ritrovare bamb, funghi, animali selvaggi, frutti e tuberi spontanei, miele, piante medicinali, fibre, gomme e resine, stato recentemente stimato approssimativamente in 11 miliardi US$ per anno (UNEP, FAO, UNFF 2009).

Lutilizzo dei NTFPs in Angola disciplinato da apposite leggi in campo forestale, con le quali si sancisce il diritto alluso delle suddette risorse forestali di sussistenza da parte delle comunit rurali per fini alimentari, medicinali, di abitazione, energetici e culturali e si regolamenta la concessione di specifiche licenze per produzioni e commercializzazioni di particolare interesse. I NTFPs comprendono una sorprendente variet di prodotti, utilizzati in moltissimi campi differenti. Di seguito sono riportati alcuni esempi relativi alle categorie duso dei NTFPs incontrati nellarea di studio: USO MEDICINALE: disturbi dellapparato digerente, dolori dei bambini, intossicazioni e avvelenamenti, disturbi alle vie respiratorie, disturbi in ambito sessuale o riproduttivo, traumi, gravidanze e parti, malaria, febbre gialla, ecc.; USO ALIMENTARE: frutta fresca, tuberi, bevande, animali, ecc.; USO AGRO-PASTORALE: foraggi, sementi commestibili, ecc.; USO DOMESTICO: combustibili, detergenti, cosmetici, ecc.; USO ARTIGIANALE: strumenti vari; USO VETERINARIO: disturbi vari del bestiame; USO MAGICO-RITUALE: prodotti propiziatori o che allontanino le avversit.

Nellambito di un progetto di sicurezza alimentare la conoscenza delle specie pi utilizzate dalle popolazioni locali rappresenta un importantissima risorsa, che permette di identificare i prodotti che possiedono differenti potenzialit scarsamente utilizzate. Attraverso le interviste possibile identificare quali prodotti presenti nellarea di studio meritano di essere studiati e analizzati con maggiore attenzione.

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Nel nostro caso, un esempio particolare potrebbe essere rappresentato dal cosiddetto Olo de Mumpeck. L Olo de Mumpeck, prodotto attraverso un lungo processo di preparazione che prevede lessiccamento, la molitura e la tostatura delle sementi di Ximenia americana, rientra nella categoria duso domestico. (Fig. 25) Questo olio cosmetico molto importante nelleconomia delle comunit, ma le sue propriet emollienti e nutritive per la cura della pelle e dei capelli, potrebbero essere sfruttate maggiormente. Il prodotto gi ampiamente conosciuto in Angola e venduto al mercato informale per 300-1000 kuanza al litro (circa 3-10 euro). Migliorando le tecniche produttive e promuovendo il commercio di questo prodotto ( e di altri NTFPs) in grandi quantit sarebbe possibile aumentare il reddito delle comunit, allo scopo di limitarne la vulnerabilit alimentare ed economica.

Figura 25: produzione tradizionale dell Olo de Mumpeck

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CAPITOLO 6: CONCLUSIONI
La sicurezza alimentare e il miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti delle comunit coinvolte nel progetto dipendono strettamente dalla tutela e dalla conservazione della foresta nella quale vivono. La produzione di carbone vegetale, se non regolamentata, non sostenibile e provoca danni gravi allecosistema, quali la degradazione della foresta e la successiva desertificazione di vaste aree del territorio. Considerata la recente tendenza a livello mondiale e africano di favorire la gestione partecipativa della foresta, non pi sufficiente, n ammissibile, uno scenario che vede demandato il controllo delle foreste alle autorit locali attraverso una politica di sorveglianza e repressione. Inoltre le difficile condizioni economiche e logistiche delle istituzioni angolane rendono la sorveglianza inapplicabile, senza considerare i macroscopici fenomeni di corruzione a vari livelli. (Mancini M., 2011) In un simile contesto abbiamo deciso di effettuare attivit di formazione per sensibilizzare le popolazioni locali circa limportanza della tutela della foresta e per fornire loro le cosiddette buone pratiche di gestione forestale, allo scopo di rendere pi sostenibile la produzione di carbone vegetale. Lapproccio partecipativo si rivelato fondamentale per conoscere le problematiche dellarea di studio, le esigenze e la cultura delle comunit e per superare la naturale diffidenza iniziale. Le persone coinvolte si sono mostrate molto interessate al progetto ed hanno partecipato alle formazioni con passione e vivacit. Utilizzare esempi di facile comprensione stato importantissimo perch in molti casi una semplice metafora ha permesso di far capire concetti anche piuttosto complessi. Allo stesso modo, lo svolgimento di attivit pratiche ha fatto s che i partecipanti sperimentassero immediatamente e direttamente le nostre proposte, e che il ricordo delle attivit stesse agevolasse la memorizzazione delle nozioni acquisite. Lattuale forma delle concessioni amministrative ammesse dalle istituzioni provinciali dovrebbe essere completamente rielaborata: ad oggi, un cittadino che ottiene la licenza autorizzato a produrre carbone in una particolare zona per il proprio profitto personale, senza dover rispettare le buone pratiche di gestione forestale. Sarebbe pi appropriato accordare piccole concessioni comunitarie in linea con il piano di gestione forestale, 43

cosicch tutti gli abitanti godano dei benefici di tale attivit senza causare gravi danni allambiente. In questo modo le comunit assumono diretta responsabilit sulla tutela e la gestione delle risorse forestali. Dalle interviste preliminari, inoltre, emerso che lattivit di produzione e commercializzazione del carbone vegetale molto faticosa e poco redditizia, e la maggior parte delle persone intervistate ha dichiarato che abbandonerebbe volentieri questo lavoro. Per questo motivo la proposta di alternative economiche e produttive sostenibili, che rallentino il degrado della foresta, stata accolta con grande entusiasmo. Per quanto riguarda la valorizzazione dei NTFPs, necessario prima di tutto individuare quelli che possiedono un potenziale commerciale di interesse. E questo il caso, ad esempio, dellolio di mumpeke che, sebbene gi commercializzato a livello internazionale da imprese Sud Africane (Phytotrade), potrebbe trovare una sua nicchia nel mercato dellequo-solidale e/o del Fair Trade. A questo proposito, sono in corso analisi chimiche dellolio prodotto a Bibala per individuare le eventuali differenze dagli altri oli di produzione Sud-Africana e la rispondenza agli standards internazionali in modo da consentirne la vendita anche sui mercati europei oltre che nazionali. Di pari passo, occorre individuare alcune strategie che assicurino che le comunit coinvolte siano i principali e pi diretti beneficiari di tale operazione. Prima di immettere i prodotti sul mercato opportuno impedirne la possibile appropriazione intellettuale da parte delle grandi imprese, soprattutto per quanto riguarda i prodotti cosmetici o medicinali, creando un marchio che ne permetta il riconoscimento e che ne tuteli i diritti di produzione. In conclusione, la sensibilizzazione e la responsabilizzazione delle comunit verso la tutela della foresta, la creazione di fonti alternative di reddito, la conservazione e la valorizzazione delle conoscenze tradizionali, sono elementi fondamentali affinch le generazioni future possano beneficiare dei prodotti e dei servizi offerti dalla foresta.

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Ringraziamenti
Al Prof. Piero Bruschi, relatore della presente tesi di Laurea, che mi ha permesso di svolgere questo affascinante lavoro, introducendomi alle meraviglie e alle problematiche dellAfrica e in particolare dellAngola, e aiutandomi durante la scrittura della tesi stessa.

Al Dott. Matteo Mancini, correlatore di questa tesi e carissimo amico, che mi ha inserito nel progetto e mi ha guidato col suo carisma e la sua professionalit nelle difficolt incontrate durante il tirocinio.
AllONG Cospe, per il supporto logistico datomi durante tutta la mia permanenza in Angola, in particolare al Dott. Matteo Tonini per la sua disponibilit e ospitalit, e a tutto lo staff locale, che mi ha accolto come se avessi sempre fatto parte della loro famiglia: Guto, Pedro, Adriano, Tio Venncio, Calembela, Tia Delfina, Tio Nando, Faustino, Joo.

Alla Dott.ssa Valeria Urso, compagnia di viaggio, amica ed esempio di passione e dedizione al proprio lavoro, che mi ha fatto conoscere ed amare le comunit locali e che mi ha dato un grandissimo aiuto nella redazione della presente tesi.

A David Solazzo e Lisa Angeli, compagni di viaggio e cari amici con cui ho condiviso momenti indimenticabili, che grazie al loro lavoro hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto.

Alla mia famiglia, che mi sempre rimasta vicina, che mi ha sempre sostenuto nelle mie passioni e nelle mie scelte e che mi ha fornito gli strumenti, materiali e non, per inseguire i miei sogni.

A tutti i miei fantastici amici, che con il loro amore ed il loro affetto mi guidano in ogni momento della mia vita, perch senza di loro niente avrebbe senso. A tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro.

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