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Luovo e la citt

E ormai un artificio abusato quello di ricorrere alla categoria degli ultimi per riferirsi agli appartenenti ai vari sottogeneri di povert e disagio. Ma solo di recente, in occasione della cosiddetta emergenza freddo, questo termine - ultimi - ha preso un volto nelle parole di una persona amata: Lavorate con gli ultimi, mi diceva - con gli stranieri, perch quelli non li vuole nessuno. Cos una consapevolezza nuova mi abita oggi, davanti a questo uovo natalizio e al compito di esplicitarne i significati riposti. Luovo assediato da stranieri. Nei loro tratti, nelle posture dobbiamo cercare i segni di unadorazione ben diversa da quella dei pastori inginocchiati. Nei loro occhi un mondo che non sa di presepio. Il gesto estetico dellartista ci costringe a seguire linterpretazione per vie inconsuete, come devessere. Ecco, dunque, davanti a noi una sacra rappresentazione, che cercher di leggere come una rappresentazione del sacro. Al centro un uovo che nasce da un ceppo. Il ceppo, questo vecchio tronco, le cui origini sono iscritte in codici indecifrabili nelle sue pieghe pi nascoste come ledificio antico dellumanit, del quale scorgiamo solo un breve tratto e, precisamente, quello in cui noi stessi siamo immersi, come in un fiume. Un germoglio spunter dal tronco di Iesse, un virgulto germoglier dalle sue radici (Is 11,1). E unimmagine della speranza, che uno dei pi paradossali moti dellanimo. Di pi: quasi irrazionale, tanto da collocarsi nella sfera della volont, pi che in quella dellintelletto. Loggetto del nostro sperare, infatti, v al di l di quanto sia plausibile e razionale prevedere: supra intellectum existens

(Tommaso, Summ. Th. II, II, q. 18, a. 1, ad prim.). E unirragionevole azzardo, che, per sua natura, resta in piedi solo a patto che il futuro resti indecifrabile. Si spera che luovo incessantemente deposto dallumanit si schiuda e che niente o nessuno lo schiacci. Luovo il germoglio (nzr in ebraico, da cui nazoreo o nazareno), il testimone di una fragilit sconvolgente, che una generazione passa allaltra, mentre la storia si fa, mentre il ceppo dellumanit si ingrossa. La nostra strategia evolutiva, in fondo, primitiva: consiste nel deporre uova con pertinacia. Cos luovo, col suo guscio sottile, il muro che opponiamo al nulla. E la paura che tutto se ne vada irrimediabilmente nel caos che informa ogni paura particolare. Ma noi abbiamo imparato ad esorcizzare le paure del presente passando il testimone alle generazione futura. E faremo in tempo, con questa educazione, con questa cultura, ad insegnarle a fare altrettanto con quelli che verranno dopo. Ma ci sono, forse, alternative? Vi sono state epoche nelle quali sembrava possibile escogitare il pharmacon contro il nulla o il caos o la malattia o la povert (nomi dello stesso dolore e della stessa morte). Erano le epoche illuministiche: il 700 europeo; la rivoluzione socialista; il solidarismo cristiano; le costituzioni post belliche. Gli illuminismi sono illuminati in quanto vivono un chiarimento (Enklarung) di prospettiva. La realt, o la storia, sembravano illuminarsi dallinterno. Era pensabile, allora, che dal presente si ricavassero i modelli per modellare un futuro secondo ragione. Ma poi una generazione trasmette allaltra lo stesso fardello di bisogni e paure. Non un progresso lineare verso orizzonti sempre pi benevoli e comprensivi, ma piuttosto una serie di cicli alla fine di ciascuno dei quali non resta alcun modello cui potersi affidare. Lunica luce che scardina il buio alla fine di un ciclo una spinta cieca, irrazionale, speranzosa. Un uovo deposto senza sapere se sopravvivr. Due scene, nel Vangelo di Luca, segnano i limiti della vicenda di Cristo. La loro somiglianza impressionante. Eppure una sta allinizio, nel Natale, laltra alla fine, nella Morte: Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia (Lc 2, 7); Lo depose dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia (Lc 23, 53). Stessi gesti, stessa sequenza, stessa intensit di emozioni per un uomo che nasce ed uno che muore. Luovo ci rammenta che il ciclo fatto per chiudersi. Che solo questo suo partire dalle scene permette alla storia di avanzare, di sviluppare i suoi immensi movimenti migratori. Di cercare il proprio senso. Al centro della storia, dunque, luovo. Ed una storia fatta di volti, come quelli che lo attorniano. Stranieri. Gente che viene da fuori le mura (extra moenia): una definizione che non ha nulla a che fare con la pelle degli altri, la religione degli altri, il loro sesso o la loro morale. Ha a che fare con noi, se proprio noi ci sentiamo assediati, abitanti in pericolo di una decadente citt. Non ci sono stranieri, senza mura. E se lo straniero pericoloso, allora sono le mura ad esserlo. E tutto un modo di concepire la civilt ad esserlo. Lo il nostro stesso

modo di vivere. E ancora una volta si tratta dellillusione che dal presente, da quello che abbiamo, da quello che ci sembra di possedere di diritto, possiamo trarre il farmaco, la medicina che traghetti noi, soli fortunati, nel futuro. Escludendo gli altri. Chiudendo le porte della citt. Facendo calare sui loro volti la pietra pesante del sepolcro. Ma luovo qui per smascherare linganno di un progresso spensierato e inarrestabile. A lui va ladorazione degli ultimi, di quelli che, costretti, hanno fatto del rischio un habitus e per questo sono pi vicini alla verit.

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