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ALBERTO CASTI

Estate Giapponese
cronaca di una vacanza nel Paese del Sol Levante

Sbarco a Tokyo

6 agosto 2010

a prima cosa che colpisce quando i vagoni dellAccess Express escono allo scoperto e attraversano verdi campi coltivati del Giappone per condurci dall'aeroporto a Ueno, l'altezza degli alberi. La vegetazione qui davvero rigogliosa. La seconda e la terza sono la pulizia di ogni centimetro di citt (compresi i bagni pubblici) e la gentilezza dei giapponesi che ci aiutano spontaneamente a raggiungere l'hotel, fornendo indicazioni puntuali o accompagnandoci a tratti in prima persona. Che siano ben disposti verso il prossimo non c' dubbio. Ma neanche si fidano tanto: alla dogana, prima di uscire dall'aeroporto ci sono stati scansionati i passaporti e rilevate le impronte digitali, appena superata questa soglia due agenti di polizia ci hanno chiesto nuovamente il passaporto e posto qualche domanda sulle motivazioni del viaggio. Lasciato finalmente alle spalle il posto di blocco, fatta una curva verso l'uscita e chiusa una grande porta a vetri, un altro agente si avvicinato chiedendo il passaporto... ancora?! gli chiedo in inglese altri agenti ci hanno appena chiesto le stesse cose.... Lui con fare estremamente riverente, si inchina, sorride e chiede scu a: Sumimasen, harigat, Sumimasen..... Questa vacanza l'ho intrapresa con una sana leggerezza. Seguo Roberta che ha un interesse culturale legato alla tesi di laurea che sta scrivendo, oltre che una passione di vecchia data per le tradizioni nipponiche. Ho viaggiato a pi riprese in Oriente e non sono mai stato particolarmente attratto da questo arcipelago del Pacifico. Ma gi sento che sar una bella avventura. Il caldo si fa sentire rispetto allItalia. Di gradi ce ne sono due, tre in pi. Vedremo i prossimi giorni. Lhotel che avevamo prenotato da Roma il Sutton Place e si trova a circa 500 metri dalla stazione di Ueno. La stanza molto piccola: un bagno, un letto matrimoniale e una finestra che affaccia su una sopraelevata. Non il massimo, ma una volta in branda si sta bene. Poi ci sono un sacco di optional come il condizionatore, la tazza del cesso con scalda-tavola e bid a spruzzino automatico incorporato, lo specchio del bagno con sistema di anti-appannamento. Scarsa invece la scelta dei programmi televisivi ampliabile eventualmente con lacquisto di una apposita card. Il costo della stanza, considerato medio, di circa 100 euro a notte. Qui la vita cara, si sa. Dopo le prime 24 ore di permanenza ecco cosa ritengo utile appuntare come promemoria: raccapezzarsi tra le strade della citt o in metropolitana quasi impossibile perch non esistono indicazioni
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(neanche quelle stradali), n numeri civici e quel poco che c quasi esclusivamente scritto con ideogrammi. Fortunatamente, come si diceva, si incontra sempre qualcuno disposto ad aiutare; la guida a sinistra cos anche nei marciapiedi e nelle piste ciclabili sconsigliabile tenere la destra; tutti i piccoli ristoranti offrono pi o meno le stesse cose in tipico stile orientale. Molto rari i men con traduzione, cos come camerieri che parlano inglese; il sole tramonta alle 19 e dalle 5 di mattina alle 18 alto e picchia da morire; nei locali consentito fumare, passeggiando per strada teoricamente no, ma la regola viene spesso disattesa; accessi wi-fi liberi e internet point sono praticamente inesistenti. J

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Afa tra le strade della Capitale

7 agosto 2010

a mattina cominciata molto presto. Ci siamo svegliati alle 5,30 un po tramortiti. Dopo avere fatto colazione in hotel con caff e brioche, siamo andati al mercato del pesce di Tsukiji che pare sia uno dei pi grandi del mondo. Le aspettative sono state in parte tradite. Si tratta infatti di un mercato allingrosso di molluschi strani e pesci invece piuttosto comuni. I banchi sono moltissimi ma probabilmente il grosso dello smercio avviene poco dopo lalba, quando i carichi dei pescherecci vengono sbarcati e cominciano le aste. suggestivo vedere che grandi tonni surgelati vengono tagliati in tranci e singole porzioni con seghe elettriche da falegname. Evidentemente il pescato viene congelato gi nelle stive delle navi e poi consegnato al mercato in grossi blocchi da trattare. Viene da sperare che il sushi che vendono ai ristoranti non derivi da queste grandi prede crionizzate. A circa un chilometro dal mercato c il parco Hama-rikyu. Una piccola oasi di verde, con laghetto e canali, vicino al quartiere di Ginza dove svettano grattacieli e abbondano enormi negozi di moda. Dopo una lunga passeggiata, minata da un sole implacabile e dal gracchaire delle cicale e degli enormi corvi che popolano la metropoli, ci concediamo il piacere di un t in una casupola in stile tradizionale situata in una piccola isola allinterno del parco. Quindi ci incamminiamo faticosamente nel dedalo urbano alla ricerca del Sony bulding, roccaforte dellelettronica dellomonimo marchio nipponico. Ma siamo troppo stanchi e nonostante tutto poco interessati: ci fermiamo al secondo piano per poi tornare mestamente a Ueno. Pranziamo in una taverna colorata nella zona turistica del quartiere in un insieme di bancarelle che sorge alla base della linea ferroviaria. Tornati in hotel ci mettiamo a riposare... Per 3,5 ore! La sera visitiamo la Tokyo tower, pacchianata in perfetto stile giapponese: la copia della Tour Effeil, ma pi alta di 9 metri. La vista notturna dallalto svela un formicaio luminoso in costante attivit. Torniamo a Ueno dove ceniamo in un pub tra spiedini di manzo e pollo e prima di tornare in hotel ci fermiamo in un supermarket per comprare qualche frutto e yogurt utili ad equilibrare una dieta fatta per ora solo di carne, spaghetti e brodini cipollosi vari. J
Tokyo: parco di Hama-rikyu

Dieta giapponese, dieta forzata

8 agosto 2010

on me ne intendo di metabolismo, ma ormai evidente il rapporto tra la quantit di cibo assunta nellultimo pasto della giornata e le ore di sonno che si riescono a dormire nella notte successiva, direttamente proporzionale. vero che le ore di siesta di ieri pomeriggio sono stante senza dubbio troppe, vero anche che dormire sopra una sopraelevata con una finestra chiusa male non concilia il sonno, fatto sta che la scorsa notte siamo andati a dormire alluna di notte e alle 3,30 mi sono trovato nel letto con gli occhi sbarrati nel buio. Lintero corso della giornata successiva stato dunque minato da un inevitabile incedere da zombi tra il giardiano zoologico di Tokyo (il pi antico del Giappone) e una serata presso il quartiere di Asakusa dove si fatta visita a un tempio non differente da quelli gi visti in Oriente negli anni passati, bancarelle di biscotti, cianfrusaglie per turisti e un ristorante raggiunto rantolando verso le 19 dove siano stati costretti, data la carenza di opzioni, a mangiare una insipida minestra di verdure e riso e delle mini fettine di pancetta alla brace. Ogni tavolo aveva il suo barbecue a gas e ogni cliente si dilettava a farlo fiammeggiare cuocendovi ogni genere di carne: fegatelli, cartilagine, interiora, trippa, fette di lardo... Anche ieri sera a Ueno del resto il destino non era stato pi magnanimo: avevamo chiesto una porzione di mixed vegetables e ci hanno portato una tazzina (la quantit paragonabile a quella di una piccola coppa di gelato) di sottili filamenti di bamboo, forse carote, germogli di soia e chiss cosaltro affogati in una salsa agrognola... Avavamo chiesto una porzione di spiedini di manzo e ci hanno portano uno spiedino con tre straccetti di tre centrimetri per tre di carne semi cruda; avevamo chiesto una porzione di spiedini di pollo e ci stato presentato uno spiedino delle stesse dimensioni del precedente con tre palle di carne macinata (in questo caso piuttosto buona). La cena finiva l, bagnata da un paio di birre che almeno hanno fatto volume. Andando avanti di questo passo non stupisce che la notte ci si svegli e si aspetti con trepidazione lora della colazione. Al ristorante si potrebbe aumentare la quantit delle portate, certo. Non fosse che le zuppe che ogni tanto scegliamo sono costituite per l80 per cento di acqua che gonfia e illude dopo averle trangugiate dessere satolli: una sensazione che ahim svanisce poco dopo essere usciti dal ristorante. C anche da considerare che se con quattro scemate partono 20 euro, per un pasto degno di questo nome in due ce ne vogliono 50/60, il che, ogni giorno per due volte al giorno, davvero uno schiaffo alla povert. Ammesso che poi uno riesca davvero a
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cibarsi di tali pietanze con questa frequenza. Purtroppo qui a Tokyo non abbiamo trovato ancora alcuna sorta di take-away: sembra che non esistano bancarelle come in Vietnam o in Thailandia, n la possibilit di gustare panini, sandwich o altri che non siano di Mac Donalds o simili. Confidiamo nei prossimi giorni, nel sushi e al pi tardi nella tradizione di Kyoto dove andremo tra un paio di giorni. Anche la notte tra il 7 e l8, nonostante si siano chiusi gli occhi alle 21 mi riserva dunque tre ore di veglia accompagnate dal costante gorgoglio dello stomaco. Per ora ho fortunatamente qualcosa da leggere e mi consola lidea che probabilmente perder finalmente un po di peso in eccesso! J
Tokyo

Neon, maxi schermi e Hard Rock Caf


9 agosto 2010

giardini del palazzo imperiale di Tokyo li abbiamo raggiunti attivando il Railway Pass, abbonamento di circa 400 euro acquistabile solo allestero, una "promozione" evidentemente esclusiva per i turisti che consente di girare su una particolare linea di treni, la JR, senza costi aggiuntivi. incredibile la cura che i giapponesi investono nel gestire gli spazi verdi. Il palazzo imperiale lo si apprezza per questo. Di per s la struttura inaccessibile poich ancora resistenza dellimperatore, ancora in carica anche se oggi i suoi poteri sono fortunatamente limitati. Il resto della giornata lo trascorriamo tra le vie pi movimentate del centro. In particolare a Shinjuku dove lo stereotipo del Giappone iper tecnologizzato si concretizza in un insieme confuso di insegne, neon, maxi schermi, suoni e migliaia di persone per le strade. I giovani vestono in modo il pi delle volte stravagante, uomini e donne piuttosto formali e solo molto raramente in abiti tradizionali; eccentrici i tagli di capelli dei ragazzi cos come labbondare di ciglia e unghie finte. In tutto il nostro via vai non manca un salto causale nel red disctrict della citt e un pasto gradevole in un ristorante vicino alla stazione principale di Tokyo, dove gustiamo una bella tazzona di spaghetti con alghe e cipolla e una pi piccola con riso e tempura di pollo per Rob. Stanchi di queste continue messe alla prova dei nostri stomaci, la sera, dopo un breve riposino in hotel, ci concediamo il lusso velato da una buona dose di tristezza, di un cheeseburger allHard Rock caf... alla fine il pasto alleggerir le nostre tasche di ben 40 euro. Allanima della birra e panino! Fortunatamente domani si cambia aria e si parte per Kyoto. J

Kyoto e lostrica

10 agosto 2010

arrivata loccasione di sfruttare a pieno il nostro abbonamento alla JR per la tratta che da Tokio ci condurr a Kyoto. La sveglia ha suonato alle 6,30 e dopo una veloce colazione ci siamo trovati alla stazione centrale della Capitale giapponese. Avevamo prenotato per lo Shinkanzen, il treno super veloce della JR, delle 8,30, ma corri corri siamo arrivati alla stazione proprio mentre stava per partire quello delle 8,03 e ci siamo imbarcati. La trasferta di 3 ore passata in fretta. Ho finito il mio libro (e ora?!). Arriviamo a Kyoto e ormai piuttosto pratici della metropolitana giapponese riusciamo raggiungere lhotel con discreta facilit. Si tratta di un hotel di classe prenotato in extremis sempre per la mancanza di altre risorse dallItalia. In altre parole, o questo o niente. Va bene faremo i "ricconi" ancora qualche giorno. Il caldo asfissiante, si arranca sotto un sole potente e si suda terribilmente. Spendiamo le ore che dobbiamo attendere per le 14, orario previsto per il check-in, in un mercato coperto e con aria condizionata, scovato a pochi passi dove cibo e artigianato sono messi in bella mostra con una cura tale da fare invidia ad architetti e arredatori. Sti giapponesi sono davvero dei maniaci: non esistono n qui, n aTokio scritte sui muri, le strade sono immacolate, i marciapiedi sono anche piste ciclabili (il che non davvero sempre molto comodo per il turista). Sembra tutto esagerato, maniacale... O piuttosto la dimostrazione che lordine e la civilt non sono cos impossibili da ottenere? La raccolta dei rifiuti differenziata e i camioncini che di tanto in tanto si vedono passare (ma mai allopera) sono lucidati come una Rolls Royce. Non ci sono auto parcheggiate per le strade e gli autobus quando sono fermi al semaforo spengono il motore per ridurre evidentemente consumi ed emissioni. Al supermercato non si vendono piatti e bicchieri di plastica, ma solo di carta... Insomma piccole cose che fanno tanto e che, inutile dirlo, in Italia non possiamo che sognare. La passeggiata al mercato si conclude con un gesto folle, il mio, di mettere alla prova stomaco e palato. In queste bancarelle il pesce non emana odore sgradevole. freschissimo, spesso a tranci con le carni morbide allaria, invitanti che verrebbe voglia di prenderlo a morsi. Cos di fronte a un banco che prepara ostriche cedo alla tentazione. Due birre (una per Rob) e unostrica. C un vecchio che le apre in continuazione, una dopo laltra e una lunga fila di clienti che si leccano i baffi. Scopro per con una certa delusione che le ostriche qui le cuociono. Una met del guscio col mollusco dentro viene posta su una griglia, cotta, quindi servita con una esile fettina di limone e due bacEstate Giapponese 7

chette. Esito, poi accetto la sfida. Il sapore buono ma la consistenza che un misto tra purea e cartilagine non esaltante...non riuscirei a mangiarne unaltra, va bene cos. A fianco a noi due ragazze giapponesi stanno mangiando dei pesciolini fritti come quelli della nostra paranza... Pettoruto esagero: ne prendo una porzione! Arriva poco dopo. Li giro, li osservo e noto che, per quanto siano lunghi solo una decina di centimetri, questi piccoli branchiati non sono stati puliti. Mi cimento con le bacchette mentre la proprietaria della locanda, dal banco immediatamente di fronte a me, mi osserva con sguardo severo e divertito. Sorridendo mi fa un gesto eloquente a significare che vanno mangiati cos come sono, dalla testa alla pinna caudale, tutti in un boccone. Merda... Che faccio? Provo, sia mai che si offende o che pensi che noi occidentali non abbiamo la stoffa... Hum, buoni fino alla testa, poi un sapore pi forte, troppo forte e concentrato, esplode nel palato. Sai che c? Li mangio come dico io, senza interiora e senza testa... Vedi un po... Cos va meglio. Una lunga siesta in hotel prelude una passeggiata serale e una scelta drastica: di fronte a teste di pesce, brodaglie con tuorli duovo galleggianti e frattaglie varie, decidiamo di fare spesa al supermarket e goderci una succulente cena a base di toast con pomodoro e Philadelphia e yogurt con cereali. Ricca anche la scorta di vettovaglie per la colazione fai-da-te che godremo comodamente in camera. J

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Tra i verde dei templi e le tazze di Sak


11 agosto 2010

inkakuji e Ginkakuji sono due templi a Kyoto immersi nel verde di giardini e boschi curati con una dedizione tale da sembrare giganteschi presepi. Laghetti con le carpe enormi e di tutti i colori che sguazzano liberamente e si avvicinano come cagnolini affamati quando ci si sporge dal margine, scalinate in roccia scolpita, cascatine, piccole isole sulle quali sorgono pagode, templi e casupole un tempo adibite alla cerimonia del te, creano insieme una dimensione zen dellambiente con la natura che si esprime rigogliosa, governata per dalla mano sapiente delluomo. Tutto sembra casuale, ma nulla lo . Lo si vede dal muschio che fa da sottobosco, cos come da ruscelli artificiali dove il fluire dellacqua rompe un silenzio quasi solenne. Mentre frotte di visitatori affannati dal seguire percorsi che per raggiungere entrambi i templi risultano piuttosto tortuosi, danno sfogo alla loro furia fotografica, addetti in tenuta da giardiniere lavorano chini estirpando una ad una le piantine che crescono spontanee, ma che evidentemente non sono contemplate nel disegno che regola questi ambienti. Sembra incredibile che su cos vaste distese di foresta non ci sia neanche un sasso posto l per caso. La dottrina che regola questo genere darte andrebbe capita anzich giudicata un eccesso come invece di primo acchito verrebbe da fare; in particolare a me, estasiato dalle foreste tropicali, che trovo belle proprio perch inestricabili. I due templi sono tra le principali attrazioni di Kyoto. Kinkakuji si caratterizza per essere per due piani interamente ricoperto doro, Ginkakuji pi tradizionale nellaspetto, ma collocato in un contesto urbano che per il suo ruscello costeggiato dallalberato "sentiero della filosofia" pi a valle, ammalia e non pu lasciare indifferenti. Originario del 1220 Kinkakuji il tempio centrale di un villaggio destinato alla meditazione. Nel 1950 il padiglione dorato stato bruciato da un giovane monaco che ossessionato da questo tempio gli diede fuoco distruggendolo. La sua storia stata anche oggetto di un romanzo del celebre scrittore Mishima. Quello che possibile visitare oggi non dunque che una fedele riproduzione. I giardini circostanti invece sono esattamente come erano centinaia di anni fa. I due templi sono distanti tra loro diverse decine di chilometri. Per girovagare questa volta abbiano usato la linea del bus, con 500 yen si pu fare un abbonamento giornaliero che consente di scorrazzare liberamente in superficie e gustarsi il panorama della bellissima citt, mescolanza di moderno e antico in una formula che non stona, ma conquista. Tornati in stanza si dorme la solita ora poi decidiamo di usufruire dei
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bagni termali che offre lhotel. Lingresso separato per uomini e donne. La regola vorrebbe che si facciano nudi in una vasca comune. Scendiamo quindi vestiti con i kimono forniti dallalbergo e ci salutiamo allingresso delle rispettive vasche. Entro e sono solo. Non ho idea di come comportarmi. Mi spoglio, ma i vestiti e le ciabatte dove li metto? Fortunatamente un addetto dellhotel che entra proprio in quel momento mi spiega a gesti che posso riporre tutti i miei indumenti in uno degli armadietti, quindi accedere ai bagni termali calzando la chiave a mo di bracciale. Mi guardo intorno e continuo a chiedermi se la mia nudit non susciter lo sdegno di altri eventuali ospiti. Mentre sono li che mi guardo intorno entra un omuncolo grassottello che in quattro e quattrotto comincia a spogliarsi. Potrei stare li a guardare "come si fa" non fosse che questa mia attenzione, temo, potrebbe essere fraintesa. Cosi torno in camera prendo un asciugamano, infilo il costume e torno gi. Apro la porta che separa lo spogliatoio dal bagno idromassaggio con passo deciso e trovo il tizio di prima chiappe allaria che si toletta in una delle quattro postazioni provviste di sediola in plastica, doccia e saponi vari. Finita labluzione si infila nella vasca. Non mi resta che imitarlo. Tolgo il costume e mi siedo l dove si saranno poggiate altre centinaia di chiappe nude, mi lavo e finalmente accedo alla vasca. Non si pu dire che questa condivisione sia unesperienza esaltante, ma progressivamente mi rilasso. Mi vengono in mente i bagni turchi di Istanbul... Tuttaltra storia, ma anche qui non male con le vetrate che affacciano su un rigoglioso giardino zen. Il tizio esce si rinfresca, poi rientra e infine si congeda. Faccio lo stesso ma con tempi molto pi diradati. Per un po mi godo la vasca tutto solo. Quando finalmente decido di uscire ho la pressione sotto i piedi. Idem Roberta che trovo fuori e che pur avendo avuto per tutto il tempo la vasca tutta per s, in acqua c stata molto meno. La passeggiata che segue a un tramezzino consumato in uno dei tanti coffee store modello Starbucks, ci conduce di fronte a un bellissimo ristorante tradizionale con cucina a vista. Il cuoco giovane e particolarmente amichevole (pi con Roberta che con me, sto maledetto) ci invita a entrare anche solo per bere qualcosa. Fosse la volta buona che riusciamo a bere del buon Sak? Appena entrati le cameriere cinguettanti ci fanno capire in un inglese stentato che di li a unora il locale chiuder. Va bene, no prob. Quindi ci invitano a sedere al banco (tipo sushi bar) di fronte alla cucina. Avevamo visto da fuori che cerano ospiti seduti in alto, in una bella mansarda, cosi chiediamo che ci diano un tavolo li. Il panico: le cameriere confabulano, ci girano intorno, prendono tempo. Comincio a spazientirmi. Dopo qualche minuto ci invitano a seguirle e ci portano ai
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piedi della scala che conduce in mansarda dove c una stanza isolata, una sorta di priv... Roberta si affaccia e sbotta in una gran risata. Mentre loro si guardano luna laltra, insiste che ci facciano salire su. Stessa scena: confabulano, ci girano intorno, prendono tempo. Poi finalmente una di loro ci chiede di togliere le scarpe e di seguirla al piano di sopra. Lambiente delizioso e arredato con semplicit e cura. Seduti a terra ci apprestiamo a ordinare: sak per due, il migliore, quello che costa 9 euro. Roberta prova a chiedere in inglese se hanno qualche nocciolina per ammortizzare la botta alcolica. La cameriera immobilizzata a bocca socchiusa emette un "aaaah", seguito da un "humm" e ancora un "ohhh", mentre gli occhi cercano suggerimenti dal tavolo, dalle pareti, dal tetto... Poi esordisce con un "beans"... Come beans? Che ci volete portare i piselli bolliti o peggio crudi?! Tagliamo corto: solo due sak che ci vengono serviti freddi e per giunta in due grandi bicchieri, manco fosse acqua. Ma dove sono i piccoli calici e la bottiglietta che siamo abituati a vedere nei ristoranti di Roma? Morale della favola io trangugio la schifezza quasi per intero, Roberta dopo averne bevuto un po e temendo che gli avventori si offendano, fa grandi sorsate che a pi riprese va a sputare in bagno: "Sta monnezza ve la bevete voi..." ed io naturalmente. 18 euro spesi bene. Non c che dire! J Dritte per la metropolitana e gli autobus in Giappone Raccapezzarsi con la metropolitana in principio pu risultate complicato in realt non poi cos difficile. Basta fermarsi alle biglietterie elettroniche (ci sono solo quelle) e individuare il percorso che si intende attraversare dalla stazione di partenza (generalmente indicata in rosso) a quella di arrivo. Ad ogni stazione corrisponde un numero che limporto che bisogna pagare per la tratta che si intende percorrere. Quindi si inseriscono le monete (o i contanti) e si prelevano biglietti (ed eventuale resto) che verranno inseriti nellapposito settore dei tornelli. fondamentale conservare i biglietti che alluscita dovranno nuovamente essere inseriti e questa volta lasciati, nei tornelli. Se si sbagliato limporto il tornello si blocca impedendo luscita ed necessario corrispondere la differenza allimpiegato della stazione di guardia. Con gli autobus ancora pi semplice: si sale a bordo e prima di scendere si paga allautista inserendo la quota (la tariffa indicata a chiare lettere in un display o in un cartello sopra lo specchietto retrovisore) in un apposito macchinario conta monete o inserendovi la tessera di abbonamento. Una conveniente card giornaliera pu essere acquistata anche direttamente dallautista.
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Wi-fi assenti, Geishe pure


12 agosto 2010

A svegliarci stato lo scroscio di una pioggia tropicale sospinta da venti cosi forti da essere abbattuta in traiettoria quasi orizzontale sulle finestre della nostra stanza malgrado fossero coperte da unampia balconata. Con molta calma ci prepariamo il caff grazie al termos in dotazione e gustiamo una ricca colazione a base di macedonia di pesca e banana, yogurt, latte con cereali e biscottini al cioccolato. come essere in campeggio in una stanza da 155 euro a notte! Si potrebbe andare al museo dei manga o a quello di arte tradizionale giapponese che sono per altro qui vicino allhotel. Prima per passiamo a un internet point dove con 4,5 euro riusciamo a scaricare qualche foto, mandare un paio di e-mail e ricaricare il cellulare che abbiamo scoperto essere lunico strumento valido per comunicare con i rispettivi famigliari. Non mi va gi che esistano cosi poche wi-fi libere, cos pochi internet e a cosi caro prezzo poi... Eppure cos. In Vietnam e in Thailadia bastava avere uno Smart phone per comunicare con Skype da qualsiasi punto della citt, inviare messaggi di posta elettronica, consultare liberamente pagine web... Qui siamo tagliati fuori da tutto, anche in un hotel come il nostro che si atteggia in tutto ad essere di una certa levatura. Le connessioni che posso effettuare dal mio fedele iPhone le si paga, salatissime, perci siamo costretti a limitare i consumi. A pochi passi dallinternet point della Fedex Kincos saltiamo sulle scale mobili che conducono alla grande libreria di Karasuma street nella vana speranza che io possa trovare qualche titolo in italiano che mi accompagni in questo resto di vacanza. Esco con in borsa "thirst of love" un romanzo in inglese di Mishima... La vedo dura, ma non resta che tentare. Le differenze dei tempi sonno-veglia tra me e Roberta del resto mi lasciano molto tempo per leggere e riempire le pagine di questo diario. Osservarla imbalsamata mentre beatamente vaga una, due ore pi di me nel mondo dei sogni non mi turba. Piuttosto fa comodo ad entrambi. Guidati dalla fame abbandoniamo per ora lidea dei musei e passeggiamo lungo Sijo Dori, via commerciale di Kyoto fino al ponte che attraversa il fiume Kamu e ci troviamo per caso a Ponto Cho, una delle zone pi belle della citt tra quelle finora viste. Si tratta di una stradina che corre lungo la riva occidentale del fiume e che si caratterizza per la forma tradizionale delle strutture che vi si affacciano, tutte rigorosamente in legno, su uno o due piani, con tetti a spiovente e piccole verande che danno sulla strada imbellettate da lanterne, campaEstate Giapponese 12

nellini e curatissime composizioni floreali. Un tempo erano case, oggi sono ristoranti che nella maggiore parte dei casi si prolungano nella parte posteriore in immense piattaforme a palafitta con tavoli fino allargine del fiume. Nelle vie limitrofe abbondano invece locali per adulti con spettacoli os di ragazze giapponesi evidentemente destinate anche ad altre mansioni. Tutto ci stona con il pudore di facciata e lordine dei giapponesi e soprattutto con la bellezza di queste vie che evocano una sensazione di pace e serenit e poco si adattano al clamore e alla fatiscenza dei bordelli. Pare che la sera a Ponto-cho sia possibile di tanto in tanto veder passare delle geishe, le maestre nellarte di intrattenere ed incantare uomini facoltosi larte del canto, della danza, della musica, della poesia e delloratoria, affinate in anni di studi duro tirocinio. I loro abiti tradizionali che le fanno sembrare un confetto, le loro pettinature dalle forme articolate, i visi coperti di cerone bianco, sono tra le icone del Giappone o per lo meno tasselli fondamentali che ne disegnano quellimmagine collettiva che si ha allestero. Le Geishe non sono prostitute, ma tra gli ultimi brandelli di una cultura tradizionale che si perde nel tempo. Pare che in tutto il Giappone non ve ne siano ormai poco pi che un migliaio. Evidentemente la prostituzione, quella vera, attrae di pi gli uomini moderni di quanto faccia un certo tipo di arte. La passeggiata serale che segue lormai convenzionale ora di riposo, ci riporta dunque a queste latitudini. Nei vicoli bui ora si staglia la luce vibrante delle lanterne e dei neon e i profumi di cucinato si diffondono nellaria in un misto pungente di essenze spesso contrastanti. Molti i camerieri sulle verande che invitano i visitatori ad entrare, diversi i giapponesi che scorrazzano in abiti tradizionali, ma delle Geishe nessuna traccia. La macchina fotografica di Roberta resta a bocca asciutta.Torniamo in hotel a gustare una meritata cena a base di baguette con pomodori e cetrioli... Col proposito pero di tornare presto a sperimentare la cucina tradizionale! J

Il tempio di Kinkakuji

Da Ian e Sybilla

14 agosto 2010

bbiamo lasciato il sontuoso albergo del centro, ci siamo trasferiti in un bed and breakfast nella parte Nord di Higashiyama (lampio quadrato centrale di Kyoto) e sembra che abbiamo cambiato citt. Lalloggio molto gradevole, una vera e propria casa giapponese gestita da una coppia simpatica e premurosa, lui, Ian, canadese, lei, Sybilla, austriaca che parla per altro un perfetto italiano. La stanza in stile tradizionale con tatami in stuoia e futon, piccoli materassi pieghevoli, anche piuttosto comodi, che quando in disuso possono essere comodamente riposti nellarmadio. Condividiamo il piano superiore e il bagno con una famiglia di italiani padani, logorroici e un po chiassosi che cerchiamo il pi possibile di evitare. Un po trogloditi, ma meglio - ci consoliamo - che con la puzza sotto il naso. Al piano di sotto, dove alloggiano Ian e Sybilla, abbiamo a disposizione un altro bagno con due docce e la cucina dove la mattina ci viene servita unabbondante colazione in stile occidentale. Ian, sui 50, una fonte inesauribile di informazioni turistiche e culturali. Sybilla altrettanto simpatica, ma meno riservata del compagno, ama chiacchierare e nei primi due giorni di permanenza ci svela che: la loro figlia Juno in realt nata da un precedente matrimonio di lui con una giapponese, che ha 43 anni, che ha vissuto gran parte della sua vita in Oriente, che Ian in Giappone da 20 anni e parla il giapponese, mentre lei qui solo da tre e non spiccica una parola e che pensano in giorno o lalto di trasferirsi e fare business in unaltra localit asiatica, forse la Thailandia... In pi ci fornisce indicazioni utili per effettuare interessanti escursioni nei dintorni della citt e per pasteggiare nei ristoranti della zona a poco prezzo. La prima giornata la trascorriamo in questo bel quartiere in cui ha anche sede luniversit di Kyoto. In linea teorica come se fossimo a casa, a S. Lorenzo: ci sono simpatici e colorati localini, studenti che girano a piedi e in bicicletta, ma sul frastuono e il baccano di Roma prevale sempre il cicaleccio o il gracchiare di qualche grande corvo di passaggio. Fa molto caldo in questi giorni e lidea di avventurarsi nelle grandi vie del centro non ci esalta. Prendiamo un panino e uninsalata da asporto, (incredibile ma vero, finalmente vegetali!) in una bakery e in un supermarket e ce li andiamo a gustare in un bosco stupendo e rigoglioso che si sviluppa tutto intorno al quartiere. Oltre a nugolo di zanzare inferocite, avvistiamo anche un piccolo animale tra le fronde: io ci vedo una nottola, Roberta uno scoiattolo. Il bed and breakfast dispone di wi-di e passo diverso tempo a mandare e-mail.
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Finalmente per altro potremo liberamente utilizzare Skype. La giornata scorre dunque tranquilla senza colpi di scena. Facciamo un bucato in una lavanderia a gettoni, beviamo una birra in un locale sgranocchiando fiori di loto fritti e dopo una bella doccia rigenerante andiamo a cena in un ristorante che prepara piatti tipici di Okinawa: pietanze deliziose arricchite da una vasta quantit di erbe capaci di creare inaspettate, ma assolutamente gradevoli armonie nel palato. Era ora! A conclusione del pasto mi scolo anche una generosa dose di sak caldo, tanto da finire in branda con una piacevole sensazione di stordimento. Questo posto ci piace davvero molto, altro che Hotel a cinque stelle... Ci viene voglia di restare e cos faremo per le prossime quattro notti. J
ne Kibu Mijaji ma

Mijajima

I cervi e il wurstel di Nara

13 agosto 2010

immagine iper-tecnologizzata delle ferrovie nipponiche perde qualche colpo quando saliamo sul "Rapid" della Jr Railways, un piccolo treno, comunque dignitoso, che in circa 45 minuti ci conduce nella citt di Nara. Prima capitale stabile del Giappone, a eccezione della stazione, Nara una cittadina da sogno fatta di vicoli stretti, piccole case e negozi di artigianato. come un paese incantato, fuori dal tempo. Una tela con abbondanti sfumature di verde. La sua attrazione principale infatti il Nara-koen, limmenso parco che circonda la citt in cui cervi e cerbiatti scorrazzano liberamente lasciandosi accarezzare dai visitatori: unesperienza davvero indimenticabile che da sola vale la trasferta! Poi proprio in questarea ci sono alcuni tra i pi bei templi dei dintorni di Kyoto attorniati da laghetti con carpe colorate e tartarughe. Anche queste sembrano avere stretto un patto di amicizia con luomo e fanno ressa lungo largine non appena qualcuno si avvicina nella speranza che venga gettato loro del cibo. In uno di questi laghetti incontriamo un bambino seduto sullargine che si diverte a nutrire tartarughe e pesci lanciandogli delle patatine. Il vecchio che gli sta accanto, probabilmente il nonno, vede che la cosa ci diverte e ci offre una manciata di questo "mangime" che gli animali acquatici sembrano gradire. Ringraziamo e anche noi per un attimo torniamo bambini. Per girare tutti i templi del parco ci vorrebbero giorni. La nostra attenzione si concentra cos sullunica vera attrazione dellarea, il Todai-ji Daibutsu-den che vanta il primato dessere ledificio in legno pi grande del mondo. Al suo interno siede un magnifico buddha di bronzo alto 16 metri. Il portale attraverso il quale si accede al tempio gigantesco progetto da due guardiani di legno anchessi di dimensioni enormi. Leggiamo sulla guida che queste statue sono state realizzate nel XIII secolo dallo scultore Unkei e che sono tra le pi belle di tutto il Giappone. Facciamo foto, passeggiamo ma non linteresse storico quello che ci muove, piuttosto latmosfera rarefatta e i silenzi di questa piccola Heidelberg giapponese. Fuori dal tempio tra le bancarelle di cibi, dolcetti e gadget c un tizio vestito da monaco con una tunica grigia posta su un arioso vestito nero. Sembra assorto in preghiera e recita una litania. Da sotto il cappello cola un rivolo di sudore che arriva a formare un gocciolio costante sul mento. Mi soffermo a osservarlo: ha una ciotola in mano e gli occhi chiusi. Mi fa una pena cane e aggiungo una monetina alle poche che gli tintinnano in mano. Lui apre gli occhi, si avvicina con
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fare mistico e comincia a girare un sonaglio intorno alla mia figura mentre recita chiss quale formula benefica; una preghiera per lo straniero? Sembra davvero preso, quasi in trance. Una volta concluso il rapido rito mi guarda, fa un gesto come a volermi a fianco a s e sorridendo dice "foto", "foto"... Non c pi religione, proprio il caso di dirlo. Gli sorrido, faccio un cenno di diniego e me ne vado. I morsi della fame si fanno sentire e cedo alla tentazione di un wrstel tra i tanti esposti in una bancarella. Un bel wrstel in Giappone con 30 gradi e 99 per cento di umidit, proprio quel che ci vuole! Basta un morso per capire che dietro quella scorza di cuoio rovente si nasconde tutto fuorch il contenuto del tradizionale salsicciotto tedesco. Pazienza, mi dico, lo butto. Peccato che in Giappone non esistono secchi dellimmondizia e se ti cade qualcosa per terra ti tagliano le mani. Cosi iniziamo a camminare attraverso il parco di Nara in 3, io, Roberta e il nostro amico wrstel. Ci vogliono circa 10 minuti perch si riesca a trovate un cestino per i rifiuti di plastica. Finalmente posso liberarmi del vassoio di polistirolo nel quale me lhanno servito... Ma il wrstel infilzato nel suo spiedo di legno mi resta in mano. Cammina, cammina la simbiosi diventa sempre pi evidente, ormai lo utilizzo anche per indicare le strade! Siamo esausti e ci sediamo allombra di un albero bevendo un po di acqua. Sono trascorsi 25 minuti da quando ci siamo incamminati alla ricerca di un cestito per lumido. Non esiste. Ma i giapponesi se non gli piace qualcosa che fanno? La mangiano lo stesso? Considerando quello che offrono al ristorane viene piuttosto da pensare che qualcosa che non gli piaccia non esista proprio! Fatto sta che lidea di riprendere il treno con lamico unto si senape e ketchup non ci sembra il massimo. Io e Roberta ci guardiamo negli occhi e decidiamo di compiere il gesto estremo. Piantiamo lo spiedino nel terreno, lo lasciamo in pasto alle formiche e ce la diamo a gambe levate. La cena, dopo un salto al mercato, un ottimo spiedino di pesce crudo e una birra in un Irish pub dove (da non crederci) c la wi-fi, sar ancora una volta un panino in hotel. J

Cerbiatti a Nara

I ristorani sulle rapide di Kibune

15 agosto 2010

ra le cose da vedere che ci aveva suggerito Sybilla c un mercato di artigianato che viene allestito attorno a un tempio a pochi passi dal bed and breakfast e una gita a Kibune, localit di montagna a mezzora di treno da qui. Cominciamo con landare al mercato chiedendoci dove metteremo tutte le cose che compreremo. La nostra eccessiva dose di aspettative viene per presto disattesa. Il mercato non affatto interessante, piuttosto una serie di bancarelle con cianfrusaglie inutili. In pi questa mattina piove e il caldo davvero asfissiante. La massima prevista di 35 gradi, ma lumidit che uccide. Si suda in continuazione e non c vento. Molti dei locali hanno un piccolo asciugamano sempre a portata di mano, avvolto attorno alla fronte o poggiato sulle spalle a tamponare la costante fuoriuscita di liquidi. Anche io ne ho comprato uno a Nara, ma continuo a dimenticarlo a casa e vado in giro camuffando aria di normalit mentre grondo da sotto il cappello come se mi avessero tirato una secchiata dacqua. una condizione che sfianca e a cui non ci si abitua mai. Bevo per 200 yen un bicchiere che immagino essere una fresca bevanda al miele. Luomo che lo serve estrae un misurino di sciroppo giallo da un vaso e lo diluisce con acqua fresca. Lo assaggio, gradevole, leggermente aspro, ma tutto fuorch miele. Chiss. Ci concediamo un po di fresco seduti nel tatami del tempio mentre un monaco intona una preghiera ritmata da un tamburo e una coppia di europei avvizziti recita la parte del religioso meditabondo, improvvisando prostrazione e inchini; riti che qui nessuno sembra n conoscere, n praticare. Piuttosto il giapponese tipo entra nel tempio, getta due monetine in una apposita cassetta, fa un veloce saluto a mani giunte e se proprio in vena accende un incenso. Dopodich se ne va... Arranchiamo verso casa mentre la pioggia cede il posto a un sole pallido, ma inclemente. Una doccia e partiamo di nuovo alla volta di Kibune. Il piccoli accaldati vagoni scorrazzano cigolanti tra campi di riso che si alternano a siti industriali. Come in molte della nostre altre scorribande siamo gli unici occidentali a perdita docchio tra la folla di turisti giapponesi. La penultima fermata la nostra. La stazione in mezzo al nulla tra montagne con alberi alti come palazzi. un bosco fittissimo quello che ci circonda dal quale non sorprenderebbe veder sbucare un orso come quelli visti allo zoo di Tokyo. La strada che dobbiamo percorrere in asfalto, attraversata costantemente da automobili e pullman. La destinazione un villaggio che si sviluppa su un fiume e i suoi celebri ristorantini a palafitta poggiaEstate Giapponese 18

ti sul piccolo corso dacqua. Ian e Sybilla ci hanno consigliato lultimo locale, molto simpatico, dicono, per il modo in cui servono i piatti e pi abbordabile nei prezzi. La passeggiata davvero molto suggestiva, ma i 2,5 km in salita da percorrere lasciano il segno. Malgrado quei 3-4 gradi di differenza rispetto alla citt arriviamo a destinazione dopo circa unora, sudati dalla cute della testa ai talloni. Una carovana di turisti giapponesi si assiepa divertita ai ristoranti, ride e rumoreggia. Ma il villaggio dov? Non esiste: tutto qui. La solita pacchianata made in Japan di un luogo gradevole trasformato a parco giochi per turisti. Noi osserviamo un po attoniti e un po spaventati dai men che in pi di un caso arrivano a superare anche i 100 yen a persona. Il posto consigliato dai nostri ospiti come gli altri, gradevole alla vista, con tavolini su palafitte sotto cui scroscia lacqua. La differenza nella modalit con la quale vengono serviti i piatti appunto: i clienti sono seduti faccia al fiume. Davanti a loro su un grande bamboo aperto in due a mo di vaschetta, scorre dellacqua che trasporta a intervalli ciuffi di spaghetti. Fluttuano seguendo la corrente come meduse fino alle bacchette del cliente che al volo le acchiappa, le intinge in una ciotola con questa o quella salsetta e le divora avidamente. Va bene tutto, curioso il sistema, ma chiedere a degli italiani di mangiare spaghetti inzuppati nellacqua fredda davvero troppo. Ci accontentiamo di un gelato semi-dolce al te verde e ci incamminiamo nuovamente lungo la tortuosa strada che ci riporta al treno. I due consigli di Ian e Sybilla si sono rivelati insomma due mezze puttanate, senza considerare lestrema fatica fisica che hanno comportato. Ma ci siamo divertiti lo stesso. La sera siamo troppo stanchi per sperimentare, pecchiamo di poca originalit e torniamo al ristorante Goya a gustare altre specialit di Okinawa, annaffiate da un ottimo cocktail asprigno dallignota formula. J

Kibune

Luci e Ombre di Hiroshima

16 agosto 2010

a destinazione del giorno Hiroshima che con i treni super veloci della JR, gli Shinkanzen, raggiungiamo in circa unora e mezza di viaggio. Nella citt che il 6 agosto del 1945 fu rasa al suolo dellesplosione del primo ordigno nucleare, fa ancora pi caldo che a Kyoto. Decidiamo di dirottare per lisola di Miyajima. Meglio trascorrere la giornata al mare, piuttosto che girovagare per le vie del centro sotto il sole cocente. Un tram ci porta in prossimit del porto in mezzora e un traghetto della JR Ferries, sulla sponda opposta del canale che separa Miajima dalla terraferma. Sono due giorni che indossiamo costumi da bagno nella speranza di concederci un tuffo in acque dolci o salate, ma anche questa volta dovremo rinunciare. Questa piccola isola montagnosa colorata da una fitta boscaglia, si caratterizza per un grande "tori", la porta dei templi scintoisti, immerso nelle acque di una delle sue baie. Limmagine, frequente tra quelle che compaiono nei cataloghi dalle agenzie di viaggio, piuttosto suggestiva. Lo sono meno i negozi sul lungo mare, solito brulicare di turisti tra banchi di cianfrusaglie senza alcuna utilit. Anche qui come a Nara ci sono per i cervi a intrattenere i visitatori facendosi accarezzare, "posando" con loro per qualche foto, ma anche inseguendoli per centinaia di metri, come successo a noi, ipnotizzati dai nostri gelati. Ho scatenato lilarit di un folto numero di persone e diversi scatti di macchina fotografica cercando di sfuggire al pi insistente di questi cornuti mentre tentavo invano di gustare la mia fresca pallina alla pesca. Quasi fosse una strategia, dopo un interminabile tira e molla stato il cervo a condurmi tra i suoi "compari" dove sono stato accerchiato e addirittura strattonato per la maglietta. Hai voglia a schivare, a prenderli per le corna o a stringerli il muso in una mano per spostargli la testa... Alla fine il domatore stato domato e la cialda del mio cono finita nelle loro fauci. Sorte analoga toccata a Roberta nonostante si fosse rifugiata sulle scale di un tempietto, anche se lei, ingozzandosi e sbrodolandosi abbondantemente, riuscita a finire il suo gelato. Toccatele tutto, ma non i dolci! Il cielo terso ci ha regalato la luce giusta per qualche foto. Il villaggio, nonostante la conversione a meta turistica molto bello, con selciati e ponticelli, pagode e lembi di spiaggia chiara. Peccato che con larretrare dellacqua dovuto alla bassa marea, emerga il fondo algoso e maleodorante; decisamente poco invitante anche per mettere i piedi
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a mollo. Qualche altra foto al Tori e ci accorgiamo che sono ormai le 16. Dobbiamo correre a Hiroschima per visitare il Museo commemorativo della Pace. La corsa frenetica e dopo aver preso traghetto e trenino, un tram ci lascia a pochi metri dalla Cupola della bomba atomica. lunico resto conservato (al tempo sede del Centro espositivo nazionale) della devastazione della bomba oltre che il riferimento geografico dellepicentro dellesplosione. Nel 1996 stato dichiarato patrimonio dellumanit dallUnesco. Lemozione forte, pari a quella che mi capitato di provare in visita ai campi di sterminio di Dachau, al museo ebraico di Berlino, o al War Museum di Saigon, in Vietnam. Lennesima traccia della follia omicida che aleggia nella storia degli uomini. Il Museo commemorativo della pace, dove trafelati riusciamo ad entrare unora e mezza prima della chiusura, racconta il dramma di quellevento con abbondante documentazione storica. Gli Usa decisero in accordo con Inghilterra e Russia di concludere la Guerra contro il Giappone, quindi la Seconda Guerra Mondiale, facendo esplodere al 600 metri daltezza, nel cielo di Hiroshima, la prima bomba atomica. Un plastico mostra la citt come era alle ore 8,14 un altro come diventata un minuto dopo, alle 8,15: un deserto dal quale emergeva solo, e per chiss quale miracolo, lo scheletro del Centro espositivo di cui sopra. La deflagrazione e londa durto che ne seguita hanno ucciso sul colpo tutte le persone che si trovavano nel raggio di un chilometro dallepicentro. Il vento termico che ne scaturito ha fuso le rotaie dei treni, sciolto il vetro delle finestre, disintegrato parti intere di edifici. Chi riuscito a sopravvivere allimpatto rimasto mutilato, con brandelli di pelle ciondolanti, intere parti del corpo carbonizzate, chino a vomitare sostanze nere, a chiedere acqua o a chiamare il nome dei propri cari. Di alcuni di coloro che scomparvero in un lampo, attraversati dai raggi radioattivi emessi dallordigno nucleare, rimasta una macchia impressa su muri e scalinate, come unombra. Al museo c un esempio, un pezzo di scalinata con una macchia pi scura dove qualcuno era evidentemente seduto aspettando che aprisse un ufficio. Invece passato lEnola Gay. Altri civili che al momento dellimpatto si trovavano pi distante, hanno manifestato nel tempo i segni della contaminazione: prima vomito, diarrea, poi piaghe viola su tutto il corpo, lacerazioni, leucemie e infine la morte. Anche a distanza di decine di anni. Un caso che fece eco in tutto il mondo nel 1955 fu quello di una bambina sopravvissuta allesplosione. Sadako Sasaki, questo il suo nome, aveva 11 anni quando scopr di essere malata di leucemia e si convinse che se fosse riuscita a realizzare 1000 gru di carta, sarebbe
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guarita. Purtoppo non ci riusc. Furono i suoi compagni di classe a completare lopera e ancora oggi un monumento, sempre nel parco della pace, raccoglie migliaia di origami provenienti da tutto il mondo. In tutto i decessi diretti in seguito alla bomba atomica sono stati circa 200.000. Ad oggi non stato dimostrato alcun caso di contaminazione per le generazioni successive a quelle colpite dalla radioattivit. Fortunatamente, temendo imminenti bombardamenti, tutti i bambini dei grandi centri urbani erano stati fatti sfollare dal Governo giapponese nelle campagne. Sono stati loro, i cosiddetti "orfani dellatomica" i primi a tornare a Hiroshima ed a loro e a chi li ha aiutati, che si deve la rinascita di questa citt che oggi nulla ha da invidiare ad altre metropoli giapponesi. Nel silenzio che accompagna la nostra uscita dal museo il sole sta tramontando. Sediamo un istante su una panchina, le diverse tonalit di verde del parco infondono un inatteso senso di pace. Mi sento fortunato. Qualcuno dei residenti fa un po di jogging, altri passeggiano in bicicletta o portano a spasso il cane. Uno stormo di anatre solca il cielo in formazione, mentre genitori affaticati da una giornata a spasso, tornano ai treni con i bambini addormentati tra le braccia. bello che tutto ci accada qui, nel parco della Pace di Hiroshima. Ci avviamo anche noi verso la stazione per tornare a Kyoto. J
La Cupola di Hiroshima

Con le bici ad Arashiyama

17 agosto 2010

ultima giornata nei dintorni di Kyoto la trascorriamo a Arashiyama villaggio che sorge sulle rive del fiume Hozu e che raggiungiamo con un autobus della linea urbana e un simpatico trenino a due carrozze. Borbottando si inoltra nelle boscaglie su binari rossi di ruggine. Il panorama sempre lo stesso, piccoli insediamenti urbani si alternano a coltivazioni di riso. Un tempo Arashiyama era un villaggio di pescatori, oggi un quartiere residenziale di Kyoto e se possibile ancora pi ordinato, verde, pulito e accogliente del centro della citt. Pochi passi fuori dalla stazione noleggiamo due biciclette. vero che fa un caldo bestiale, ma almeno pedalando si gode del vento generato dal movimento delle due ruote. La prima meta una ombreggiata e celebre foresta di bamboo: un canneto fittissimo dove trova spazio solo qualche ragnatela. Su alcuni bamboo appaiono scritte incise a tre quattro metri daltezza. La leggenda narra che un tempo in questi boschi un tempo si nascondevano demoni e samurai, ma difficile credere che siano stati loro a lasciare sigle e cuoricini. Pi probabile che quei geroglifici da trogloditi siano stati eseguiti da turisti con poca fantasia quando le piante erano pi piccole. Attraversiamo lHozu percorrendo un grande ponte sotto il quale alcuni pescatori lanciano reti stando a immersi fino alla vita. Bambini sguazzano allegramente in prossimit delle piccole cascate artificiali dove la profondit minore. Verso linterno le acque del fiume sono pi calme. Sembra quasi un lago. Coppie di giovani gironzolano con barche a remi noleggiate lungo la riva, altri turisti si fanno traghettare da lunghe lance in vetroresina. Nei lunghi tratti la propulsione di queste barche collettive a remi. Quando ci si avvicina alla costa un marinaio si porta invece a prua e puntando un lungo bamboo nel fondo si muove pi lentamente sondando la profondit e al tempo stesso frenando quando occorre. Pranziamo con una gradevole zuppa a base di carne e grandi spaghetti in un locanda dallaspetto tradizionale. Non facile cibarsi di queste pietanze con le bacchette perch sono intrise di brodo e scivolano. Bisogna essere molto rapidi: afferrare uno o di questi spaghetti laghi circa mezzo centimetro e lunghi 30, avvicinare la testa alla ciotola quindi tirare su avidamente affinch non scivolino anche dalle labbra. I giapponesi succhiano emettendo un rumore che farebbe trasalire anche un pastore sardo (con tutto il rispetto per i miei antenati). Ma lo stesso in tutti o paesi orientali e probabilmente lunico metodo valido per separare adeguatamente i lunghi filamenti di carboidraEstate Giapponese 23

ti dalla brodaglia. Per noi difficile seguire lesempio dei commensali con gli occhi a mandorla, aspirando lo spaghetto si muove come una serpe a cui si pesta la coda, spargendo brodo su tavolo e indumenti. Meglio procedere con cautela, mangiare lentamente e senza produrre inquietanti rumori. Ripercorriamo un tratto della strada che costeggia il fiume con lobiettivo di mettere almeno i piedi a bagno. Sybilla ci aveva detto che qui loro usano concedersi qualche nuotata di tanto in tanto. Lacqua non fredda, ma il fondo melmoso non la rende particolarmente invitante. Un po di refrigerio agli alluci pi che sufficiente. Restituiamo le biciclette e ritorniamo a casa dove abbiamo appuntamento con la lavanderia a gettoni. Per lavaggio e asciugatura occorrono 50 minuti: 30 lavaggio, 10 prima asciugatura, 10 seconda asciugatura. Lasciamo magliette, mutande e calzoncini nei cestelli roteanti e aspettiamo sorseggiando una birra in un risto-bar a pochi passi. Roberta parla in giapponese con il giovanissimo cameriere cercando di ordinare delle patate fritte. Il tipo cade un po dalle nuvole poi sembra avere capito e poco dopo ci porta una ciotolina di una cucchiaiata di simil-insalata russa. Buona, non c che dire, ma oltre ad essere proprio pochina, non esattamente quel che avevamo in mente. Ci guardiamo rassegnati, ma poco dopo arriva un piattone con delle lunghe fette di verdura dalla pelle scura che sembrano patate cotte, troppo cotte, in forno. Il primo era solo il cocktail di benvenuto! Ne assaggiamo una: niente male, sanno un po di castagna... Che siano patate dolci? Ci avventiamo sul piatto famelici mentre il cameriere torna trafelato con una confezione di miele. Se lera dimenticato. Ci fa segno di spargerlo sopra abbondantemente. Ci si prova con una, due fettine. Fingiamo di gradire e lui si allontana soddisfatto. Restiamo soli al tavolo. Ci guardiamo con aria di intesa: Roberta agguanta il salino ed io rispondo con un deciso gesto di assenso. Altro patate al miele... Famo alla burina va, che meglio! Dopo cena ci aspettano le valigie. Domani si parte per Kinosaki! J

Arashiyama e il suo fiume

Kinosaki e Takeno

18,19, 20 agosto 2010

li ultimi giorni di vacanza li trascorriamo a Kinosaki, a Nord di Kyoto che raggiungiamo con due ore di treno. una localit rinomata per gli onsen, i bagni termali. In pi si trova a pochi minuti di treno dalla costa. Lidea di trascorrere qualche giorno in totale relax, niente pi grandi trasferte giornaliere e, se possibile, qualche ora in spiaggia e pelle salata. Il primo giorno lo dedichiamo prevalentemente alla trasferta e ad ambientarci alla piccola cittadina. Lhotel si chiama Onishiya, ha le fattezze di una ryokan (casa tradizionale), con grande tatami, futon e particolari cuscini contenenti delle palline che lentamente, e forse per disperazione, ho imparato ad apprezzare solo lultima notte. La stanza molto grande, con soluzioni estremamente "zen", ossia essenziali, minimaliste ma non per questo poco funzionali. C tutto frigo, termos per t o caff, insomma tutto loccorrente per passare tre giorni senza scocciature. Peccato che la nostra stanza sia confinate con la cucina per il servizio in camera e la mattina sia un costante spentolare e passare di carrelli con stoviglie scampanellanti. Potremo farci cambiare dalloggio, ma progressivamente ci facciamo lorecchio. Tutto ci ha in effetti anche qualcosa di esotico. I dipendenti dellhotel sono stucchevolmente servizievoli. Ogni volta che si passa salutano con linchino recitando la solita litania che un insieme di ringraziamenti e auguri di buona giornata. Avevamo letto sulla guida che lhotel era un po distante dal centro del paese, ma quando siamo scesi dal treno non abbiamo avuto modo di renderci conto della distanza perch cera un pulmino a prelevare noi ed altri visitatori. Inoltre tra i servizi offerti dallalbergo cera anche il trasporto in citt. Bastava scendere, chiedere dessere portati a spasso e subito un autista si presentava sullattenti a condurre gli ospiti dove volevano. Per il ritorno bastava telefonare e lui di nuovo si precipitava a recuperarli. Insomma tutto lasciva intendere che saremmo stati qualche giorno isolati dal mondo. Solo di ritorno dal ristorante la prima sera abbiamo capito che la distanza era avvero poca, dieci minuti a piedi. E il paese? Altro non era che un minuscolo agglomerato di bellissime case tradizionali attraversato da canali e ponti. UnAmsterdam dOriente in miniatura. Di giorno il silenzio era interrotto dalle cicale e dallo stridulo richiamo di grandi rapaci, forse falchi, forse aquile, che pescavano nel piccolo corso dacqua; di sera il cicaleccio cedeva il passo agli zoccoli di legno delle decine di visitatori che uscivano dai bagni termali indosEstate Giapponese 25

sando gli yukata, kimono tradizionali. Anche noi avemmo potuto girare per la citt in questa uniforme fornita quotidianamente dallhotel, ma abbiamo avuto il buon gusto di evitare di scimmiottare costumi tradizionali che poco ci appartengono. Le cene le abbiamo godute per tre sere di seguito al Daiko Shoten, una sorta di grande osteria di pesce trovata per caso, passeggiando in una delle quattro vie del centro. La scelta in ogni caso non era molta. I turisti che optano per questa destinazione di solito pagano un pacchetto tutto compreso con bagni termali e hotel a pensione completa. I locali dove si mangia sono quindi sempre piuttosto deserti. In particolare di sera. Alle 21- 21,30 tutto un chiudersi di serrande. Quando siamo entrati al Daiko Shoten la prima volta siamo rimasti un po spiazzati. I piatti erano illustrati in grandi fotografie esposte ovunque, ma era difficile decifrarne il contenuto. Pesce in tutte le salse: crudo, fritto, stufato, secco... Polpi e calamari, molluschi, granchi, alghe fritte, crude, in brodo... Abbiamo mangiato discreti fritti di pesce, vongole in brodo, un gustoso riso con i granchi (che sono la specialit della zona), tempura di verdure e calamari e un ottimo sashimi. I polpi tenuti in vasca venivano sezionati su ordinazione: "un tentacolo al 2", "un altro al 5" e del povero animale, vivo, restava progressivamente meno. Una pratica che garantisce freschezza al prodotto, ma che crudelt! Lho scoperto al momento di pagare il conto quando nellacquario ho potuto osservare uno di questi cefalopodi mutilato. Povera bestia. Il mare lo abbiamo finalmente visto da vicino e goduto prima a Takeno, distante da Kinosaki otto minuti di treno, poi a Amanodashifate per il quale sono state necessarie invece un paio dore di trasferta. Takeno un villaggio di pescatori ancora non assalito dal turismo. Ha un porticciolo e una bella spiaggia chiara con acqua limpida e calda. Poca gente in spiaggia. Noi, come sempre pi spesso capitato in questa vacanza, siamo gli unici occidentali. Sul litorale la spiaggia libera. Alcuni capannoni in legno offrono ristoro, docce e riparo nelle ore pi calde. Anche noi ne approfittiamo per una birra e un pacchetto di patatine. Latmosfera molto rilassata, spartana. Ci sono famiglie con neonati, coppie giovani e anziani: chi parla, chi sonnecchia. Qualcuno lo si vede arrivare a mani vuote e poi tornare verso la spiaggia con un vassoio e due ciotole ricolme di zuppa bollente. Qui nessuno sa nuotare. Adulti e bambini utilizzano ciambelle colorate per luna e per laltra fascia det e se per caso qualcuno, come ho fatto io, si concede una nuotata in un per altro approssimativo stile
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libero, lo osservano come fosse un super eroe. La spiaggia di Takeno coincide anche con la linea di confine tra il territorio dei gabbiani appostati sui tripodi posti a circa 300 metri dalla riva a frangere le onde, e quello delle aquile che volano in cerchio come avvoltoi sulla spiaggia per poi tornare poi a svettare sulle verdi colline che circondano la baia. Lo spettacolo naturale qui intorno davvero impressionante. Peccato avere perso tutto quel tempo a Tokyo... Amanodashifate a unora e mezza di viaggio da Kinosaki, ci andiamo il giorno successivo, il 20 agosto. Occorrono due cambi di treno. Il secondo non della JR ma di una linea privata. Il servizio scade immediatamente e a bordo di questi due vagoni che procedono a rilento tra paesaggi rurali mozzafiato, cosi verdi e ordinati da sembrare la Svizzera, ma (guarda un po) si muore di caldo. Anche questa volta siamo gli unici ghai jin (stranieri) a bordo. Vista labitudine dei i giapponesi di dormire sui mezzi pubblici, su questo trenino della Ktr un minuto prima di fermarsi in stazione suona una fastidiosissima sveglia che tuttavia non sembra sortire alcun effetto sulla narcolessia nipponica. Amanodashifate un delizioso paese diviso da una lingua di sabbia di 3,5 chilometri coperta da una rigogliosa pineta. Sono le ore pi calde del giorno e piuttosto che percorrerle a piedi preferiamo noleggiare due biciclette. Pedalare allombra dei pinini inalando abbondante profumo di resina e accompagnati dalle solite, instancabili cicale, una sensazione che da sola vale la trasferta. Alla fine del lungo percorso si accede a una piccola spiaggia dove decidiamo di fermarci. Ci siamo noi, una famiglia di francesi e una di giapponesi. Sulla spiaggia sono attrezzati capanni deserti per ripararsi dal sole e docce a forma di pino che si mimetizzano nel bosco. In acqua sono ancorate tre piccole piattaforme galleggianti dalle quali ci si pu tuffare o dove semplicemente si pu seder e pendere il sole. Mi esibisco in qualche acrobazia poi ci gustiamo birra e patatine sotto il sole cullati dal beccheggio di questi grandi galleggianti. Domani comincia il grande rientro con scalo a Osaka dove staremo una notte e di qui a Tokyo. Penso che a parte gli affetti mi aspetta un paese pi ostile, disorganizzato e brutto di questo. Ma non vale la pena rovinare questi ultimi istanti. Mi lascio carezzare dai raggi solari e respiro a pieni polmoni. Goodbye Japan, anzi, arrivederci! J

La spiaggia di Takeno

Tenda di un negozio a Kyoto

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