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SALTO NEL VUOTO

di Carlo Luciani

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Al di sotto di quelle piccole nuvole bianche che nel cielo tropicale riscaldato dal focoso sole di mezzogiorno lottano invano per non dissolversi, al di sotto di quei raggi bollenti che illuminano e riscaldano mari azzurri e spiagge dorate, al di sotto di quegli albatros che eleganti volteggiano nella calda aria, talvolta tuffandosi nellacqua cristallina per risalirne trattenendo col becco un succulento bottino che si dibatte nellestremo tentativo di sfuggire al suo destino di preda, o talvolta atterrando sul bagnasciuga colmo di bagnanti che distrattamente dimenticano tozzi di pane o altro, proprio l, a qualche metro di distanza, sorge un bar che, data lora, si sta velocemente riempiendo di gambe che sorreggono pance desiderose di cibo. Piccolo, quadrato, di legno scuro, dal profumo che lo circonda facile intuire la presenza di una cucina, e un naso attento potrebbe riconoscere pasta col pesce. Una decina di tavolini stanno sistemati orizzontalmente al bancone, dietro il quale una signora dalla carnagione scura, senza ombra di dubbio autoctona, prende le ordinazioni su fogli bianchi che poi impila in un chiodo sul muro. E sul fianco, sul tavolo pi vicino al banco, due uomini discutono. Uno biondo, capelli lunghi, i vestiti, bianchi la sera prima e ora macchiati e insabbiati, tradiscono unallegra nottata. Dimostra sui quarantanni e la sua pelle abbronzata, scura dal sole, tipica degli uomini di mare. Ma labbigliamento, in particolare la camicia bianca aperta sul biondo petto villoso, tradisce un certo gusto tipico non di chi solca i mari ma piuttosto le piste da ballo dei numerosi locali della costa. Ettore Tartini, questo il suo nome, gesticolava animatamente, come del resto gli accadeva sempre; un atteggiamento che tradiva chiaramente la sua nazionalit. Ma un paio di occhi osservatori e due orecchie ascoltatrici avrebbero potuto intuire la sua provenienza anche dal tono di voce abbastanza alto e da quei capelli biondi che, sebbene radi in cima alla testa, erano stati lasciati crescere lunghi e ricci fino alle spalle, per raccoglierli poi in un codino di dubbio gusto. Da qualche giorno, forse in un eccesso di maturit o in un tentativo di dimostrarla, aveva deciso di lasciarsi crescere i baffi, e ora una leggera peluria bionda prosperava tra il labbro superiore e le narici. Una grossa e luccicante collana doro gli cadeva sul petto, appesantita da un ciondolo raffigurante un cerchio e una freccia, il simbolo della mascolinit. Fino a una decina danni prima si sarebbe vestito cos solo per carnevale. Ma da qualche tempo sentiva di dover dare una scossa alla sua vita, uscire dal torpore nel quale era precipitato. Cos non aveva trovato altra soluzione che quellabbigliamento da grezzo tamarro, era convinto che la grossezza della collana e degli anelli, che numerosi sfoggiava alle dita, gli dessero unaria molto pi rispettabile dei suoi vecchi, dimessi abiti che gli ricordavano il passato, ormai perduto per sempre. E proprio gli anelli della mano destra, grossi come noci, spezzarono il silenzio che si era formato fra i due uomini quando Ettore afferr il bicchiere dal tavolo, facendolo tintinnare. - Questo rum squisito disse al suo interlocutore fa parte della mia riserva personale, me lo procura un contadino che aiutai quando mi stabilii qui a Blanco Paraiso. Davvero non ne vuole assaggiare? Luomo dinanzi a lui rifiut con un gentile ma deciso gesto della mano. - Non sono abituato ai superalcolici spieg tanto meno a mezzogiorno e con questo caldo. Ettore rise di gusto. - Questa buona! Il rum la migliore medicina dei Caraibi! Un paio di bicchieri di questo e tutti i mali, fisici e non, svaniscono. In effetti, pur essendo solo mezzogiorno, quel giorno Ettore era gi brillo. Lo si poteva desumere, come del resto aveva fatto il suo ospite, dai gesti talvolta rallentati, talvolta troppo veloci, dalla posizione che a poco a poco assumeva sulla sedia, abbandonandosi fino ad arrivare col mento sul tavolo. Allora era costretto a sollevarsi per poi, pian piano, ricominciare a scendere. - Almeno una birra insist. Poi: - Rosa, porta una birra allamico, per piacere url alla donna che stava al banco. - Lasci, vado io disse luomo alzandosi la signora indaffarata. 131 132

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Ettore lo guard coprire quei cinque passi che lo separavano dal bancone. Nonostante la stazza, arrivava senza dubbio a cento chili, ben distribuiti, per. Unandatura decisa e dinoccolata non dimostrava i suoi cinquantanni, la pelle del viso invece tradiva pi di qualche segno di vecchiaia, sembrava quasi fosse stato rifatto. Il suo abbigliamento aveva turbato Ettore, quando, qualche ora prima, in spiaggia, se lera trovato davanti. Un gessato scuro, decisamente inadatto per quelle latitudini, lo rendeva impeccabile ai suoi occhi appena aperti alla luce dopo una notte di festa e bagordi. Lo aveva svegliato, questo signore, chiedendogli in italiano se serviva una mano. La sensazione che prov, a prima vista, fu di disagio, e non sapeva ancora spiegarsi il perch. Forse perch gli sembrava di averlo gi visto da qualche parte, quel signore, o forse perch gli aveva parlato in italiano. Ma un fortissimo mal di testa gli aveva impedito di proseguire nei suoi ragionamenti. Ora che lo poteva osservare con un po di tranquillit e lucidit in pi gli ricordava il tipico riccastro in cerca delle ultime avventure che in Italia sarebbero costate troppo. Si erano conosciuti in spiaggia qualche minuto prima. Ettore era reduce da una festa in spiaggia e l aveva dormito, sdraiato su una duna. Aveva bevuto troppo e non era stato in grado di trascinarsi fino a casa. Sembrava un alcolizzato, quella mattina, ma lui si definiva festaiolo e quel posto, Blanco Paraiso, gli era piaciuto proprio per laria di festa che aveva respirato fin dal primo giorno in cui vi mise piede. - Serve aiuto? gli aveva domandato, mentre cercava di svegliarsi, quel signore. Era contento ci fosse qualcuno ad aiutarlo, non si sentiva per niente in forma. Lo aiut ad alzarsi e insieme andarono al Tamarindo, il bar di Ettore, a far colazione. Ettore che, ancora infastidito dalla luminosa e tagliente luce delle dieci, aveva avuto una strana sensazione di presagio, una vaga inquietudine lo aveva percorso mentre, fianco a fianco, arrivavano al bar. Cos, nonostante lora e la festa della sera prima, decise di cominciare la giornata con due bicchieri di rum, o moriva o resuscitava. La colazione dei campioni esclam scuotendo violentemente la testa con gli occhi chiusi e spalancando poi la bocca una volta che il liquido si era sparso nel suo stomaco vuoto alla salute signor - Landi rispose laltro Pietro Landi. - Piacere Ettore disse tendendo la mano. - Bello, questo posto, suo? domand laltro con noncuranza. Lho aperto tre anni fa, fu unoccasione. Era il mio sogno, un bar in riva al mare dove cucinare italiano. La fortuna mi ha aiutato. - E raro sentir parlare di fortuna sentenzi il Landi perlomeno in Italia. - Da che citt? - Milano, ma ho abitato anche a Torino e a Roma. Diciamo che non mi piace fermarmi. - Avevo notato laccento torinese, sono originario del Piemonte. Io invece mi sono fermato qui prosegu Ettore con gli occhi fissi nel vuoto e lespressione improvvisamente pensierosa doveva essere il paradiso, come dice il nome stesso, ma si rivelato un qualunque luogo del mondo, solo con un clima caldo. Ci non toglie che qui sto benissimo. Poi cal il silenzio. Ettore rimase con gli occhi fissi sul pavimento mentre il Landi lo studiava, pensando a quanto fosse ridotto male per trovarsi in quello stato disastrato a quellora. Improvvisamente Ettore sobbalz. Guard lospite e annunci: - E ora di pranzo vediamo cosha cucinato Rosa, una cuoca fantastica, le mani pi delicate dei Caraibi. Adoro queste capacit! Si alz ed entr nel bar. Quando ne usc, raggiante per il menu, scopr che laltro se nera andato. In bagno riflett poi, le sigarette e laccendino del suo ospite erano ancora sul tavolo. Cammin lungo il bancone e fece un cenno a un ragazzo con i dreadlocks che stava fissando le funi reggenti il telone che forniva lombra ai clienti del bar. Appena il ragazzo lo vide si diresse verso di lui e si scambiarono qualche parola. Poi Ettore lo conged con una pacca sulla spalla. Girandosi incroci il suo ospite che, tornando dal bagno, aveva evidentemente assistito alla scena. - Lui il tuttofare spieg Ettore si chiama Jim. lasso della manutenzione. C tanta brava gente da queste parti continu. Quando sono arrivato, tre anni fa, qui era il deserto, cera solo un piccolo villaggio concluse sedendosi nuovamente al tavolo e servendosi, visto il vuoto nel bicchiere. Fin la bottiglia. Poi si volt notando due ragazze sulla spiaggia, url una amichevole battuta e una delle due rise, salutandolo con la mano. - Anche le ragazze sono splendide, non solo il clima sentenzi. - Come mai ha scelto questo posto? Ettore lo guard e scoppi in una risata ubriaca. - E me lo domanda? continuando a ridere e ad ammiccare nei confronti delle ragazze. Ma not che laltro, nonostante gli occhiali da sole, non era riuscito a nascondere un moto di stizza alla presa in giro. 131 132

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Non volevo risultare offensivo, mi scusi, che qui vede insomma, io sono arrivato qui da una situazione difficile, ho vissuto i momenti pi belli della mia vita per poi provare quelli pi amari e disgustosi. Eppure sono innamorato della gentilezza e cortesia di questo luogo e di questa gente. In pi c una promessa, unimportante promessa. Ed Ettore Tartini le promesse le mantiene concluse enfaticamente, mettendosi la mano sinistra sul petto, accorgendosi solo dopo qualche istante di essersi confuso. - Non sono affari miei, ma mi sembra ci stia andando gi forte con la bibita. - Non ci faccia caso, adesso mangiamo e tutto passa. Poi guard il Landi e not: - Ma sa che lei ha un qualcosa che, come dire, ispira fiducia? Voglio dire, quelle sensazioni a pelle, quelle che subito, dentro di noi, ci dicono se potersi fidare o no. Capisce cosa intendo? Non so se mi sono spiegato bene. Capisco bene rispose laltro sorridendo sono contento di questo. Vede, nella mia vita ho avuto raramente dei nemici, devessere proprio per questo motivo. - Ma lei che ci fa qui? - Beh, vacanza ovviamente rispose sorridendo e allo stesso tempo pensando a quanto fosse ubriaco. - Vacanza vacanza o per, diciamo cos, sport? - Non capisco. - S, sport estremi, da fare orizzontalmente con un partner aggiunse Ettore con un lascivo sorriso. - Io non ho mai pagato una donna perch venisse con me rispose rabbioso il Landi, poggiando i palmi delle mani sul tavolo e mai pagher. Lei, piuttosto, mi sembra il classico tipo di affascinatore di donne facili. Ettore not la permalosit, incass e cambi discorso: - Le piace il rombo ai ferri? Oggi la cucina propone il re delloceano. Anche perch, a dire la verit, non c altro, il mio bar funziona cos, un paio di piatti ma fatti bene, da leccarsi i baffi. - Accetto rispose il Landi, lasciando che la rabbia sbollisse. - Oggi non cucino io ma il pesce sar squisito lo stesso, si fidi. - Se lo cuciner la signora ne sono sicuro rispose con galanteria il suo ospite. Poi continu: - Mi stava dicendo che lei arrivato qui tre anni fa, come mai ha lasciato lItalia? - E chi le dice che ho lasciato lItalia? rispose pronto Ettore. - Visto che lei italiano immagino sia partito da l. - Gi, e infatti ha ragione. una storia lunga, comunque, molto lunga fin, rabbuiandosi. - Se vuole raccontarla io ho un sacco di tempo, non si preoccupi. - E chi le dice che voglio raccontarla? Potrebbero anche essere affari miei concluse Ettore scontroso. - Lei ha la tipica espressione di chi vuole raccontare ma non ci riesce, pur sapendo che dopo si sentirebbe decisamente meglio - rispose laltro, imperturbabile sotto gli occhiali da sole. Ettore lo fiss a lungo. Nel suo cervello annebbiato si alternavano miliardi di pensieri. Perch fidarsi? Chi costui? In qualche secondo, si trov a pensare al loro incontro, da dovera uscito quello strano personaggio? E perch quegli occhiali neri lo turbavano? Fin dal primo momento aveva avuto la sensazione di aver gi conosciuto una simile persona, ma non riusciva a inquadrare il momento e il luogo precisi. Pu anche darsi che io lo scambi per qualcuno che gli somiglia, ogni tanto mi capita. Ma nel profondo del suo animo qualcosa gli faceva credere che non era cos, era qualcosaltro che lui non riusciva a mettere a fuoco. Chiss, si disse, forse senza aperitivo sarei pi lucido. Ma sapeva di doversi fidare del suo intuito. Troppe volte lo aveva salvato per poterlo mettere da parte ora. In quel momento odiava quella sensazione di ricordo non ricordo, odiava non avere sotto controllo le cose. - Vede, lei mi sta chiedendo uno sforzo fuori dal comune. Non ho mai raccontato a nessuno la mia avventura, e sono sempre stato bene. Perch dovrei cambiare proprio oggi e proprio con lei? Chi ? Non si deve preoccupare, era solo per fare due chiacchiere. Parlare fa sempre bene. - Non ne sono cos sicuro. - Dipende dal tema della storia butt l il Landi. Ettore poggi le mani sui braccioli della sedia, si sporse in avanti e disse: - Io non ho nulla da nascondere, se questo che vuole dire, e in ogni caso potrei anche decidere per il s. Sempre se lei ha tempo aggiunse come le ho detto una storia lunga. - Mi piacciono le storie lunghe, in pi la sua sembra anche sordida, allettante. - Senta, non mi faccia perdere lispirazione con le sue baggianate sbott Ettore. Il Landi lo interruppe, infastidito pi che altro dallalito dellaltro, sfiatava a due centimetri dal suo viso: - Lei ubriaco, lasci perdere, so come siete fatti, prima i fumi dellalcol vi rendono loquaci, poi vi passano e lindomani non ricordate nemmeno il viso del vostro ospite. Fece per alzarsi ma Ettore, con una rapidit che stup anche il Landi, lo afferr per il polso, lo fiss con gli occhi ridotti a due fessure e, a voce bassa, mormor: Io sar ubriaco ma so quel che dico. E quello che mi successo lo so solo io. Quindi decido io, a prescindere da tutto e tutti, se aprirmi oppure no. 131 132

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La tensione al tavolo non era passata inosservata. Qualche astante li stava fissando, soprattutto la gente del posto, not il Landi. Che decise di scendere a miti consigli. Sebbene odiasse ogni momento di pi Ettore, la storia segreta lo affascinava, voleva conoscerla. - Daccordo, mi lasci adesso disse sedendosi nuovamente sono tutto orecchi. Mi ha messo il nervoso, ho bisogno di bere qualcosa rispose Ettore alzandosi e dirigendosi verso il banco. Il Landi lo osserv, imponendosi di restare calmo. Quelli come Ettore li avrebbe rinchiusi tutti, dal primo allultimo. Uno come lui gli aveva rovinato la vita. E ora andava a prendere ancora da bere. Strinse i pugni sotto il tavolo. Ripens alla splendida vita a cui era destinato, ricchezza, fascino, popolarit. Non aveva potuto avere nulla di tutto questo, nulla. E tutto per colpa di un tipo come quello l che, guardalo!, aggrappato al banco salta da un ginocchio allaltro per potersi reggere in piedi. Chiss come ha fatto i soldi. Sicuramente rubandoli, e ora qui a goderseli senza aver fatto un cazzo nella vita. Esattamente quello che sarebbe dovuto accadere a lui se qualcuno non si fosse messo di mezzo. Si messo su il bar pensava osservando Ettore parlare con Rosa che annuiva ora fa i soldi, tromba e si alcolizza. Gentaglia. Da spazzare via. Ma dovette concludere i suoi ragionamenti, il bellimbusto stava tornando, una bottiglia di rum piena in mano. - Ne finiranno almeno due di queste, prima che la storia sia finita disse Ettore col sorriso. Sembrava aver recuperato il buon umore, osserv il suo ospite in silenzio. Poi cominci: - Non sono sicuro che lei mi stia simpatico, ciononostante sento il bisogno di raccontarle tutto, chiss, forse il motivo sono i suoi occhiali da sole, mi inquietano. Ma la avverto, se inizio lei deve assolutamente restare fino alla fine, questo me lo deve promettere. Ci fu un momento di silenzio, lunico tavolo silenzioso tra festosi scoppi di risa. - Se solo questo daccordo.

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Ettore prese una sigaretta, la accese e soffiando il fumo come se dovesse iniziare unimportante lezione alluniversit esord: - Era la sera del 21 gennaio 200., e io avevo 24 anni. Eravamo a casa del Peti, a Mondov, sulle langhe piemontesi. Peti era il soprannome, dovuto sia al suo cognome, Peticcioli, sia alla sua straordinaria capacit di espellere aria malsana dal sedere. Bisognava sentire che roba, un portento della natura quanto a rumore. Ma era dopo il momento pi terribile, quando la puzza aggrediva tutti e lui cominciava a ridere beato. Ecco, questo listante in cui cominciato tutto. Stavamo a casa sua, abitava con i suoi, suo padre era un imprenditore che aveva molti affari, l in Piemonte. Il Peti era figlio unico, ma non per questo insopportabile. Era viziato, aveva tutte le possibilit del mondo, talvolta faceva i capricci, ma sempre stato una persona umile, pronta ad aiutare gli amici. E soprattutto era sempre pronto ad aprire le porte di casa per una serata in compagnia. Eravamo in quattro quella sera, il menu era Play Station e canne, fuori era freddo e noi combattevamo anche cos linverno. Fatto sta che il Peti ne tir una delle sue e dopo trenta secondi si scaten linferno. Mi lanciai ad aprire le finestre e rimasi con i gomiti sul davanzale a guardare la strada boccheggiando. Nonostante fossero ricchi, i suoi non si erano mai costruiti una villetta come la maggior parte di loro fanno, suo padre insisteva a voler vivere nella vecchia casa dovera nato, in un quartiere popolare vicino al centro citt. Era un piccolo agglomerato di casette anni sessanta, ognuna col suo ritaglio di giardino. La stanza dove ci trovavamo dava sulla strada e l mi affacciai. Quella era una sera freddissima, ma laria gelida fu benefattrice verso il mio cervello imbottito di canne e partite. Soprattutto verso i miei occhi e mi fece notare un movimento sulla strada. Mi voltai e vidi una ragazza che camminava sul marciapiede a passo spedito. La guardai e non distolsi pi lo sguardo. Era bellissima. Ettore si ferm, lo sguardo perso indietro negli anni. Ancora adesso gli piaceva rivolgere il pensiero a quel momento, quando la vide per la prima volta. E ogni volta non riusciva a ricordare le fattezze di quel viso se non fugacemente, come sempre accade, aveva notato, con i volti dei propri cari. Eppure il tuffo al cuore e allo stomaco che provava erano inequivocabili, era tuttora innamorato. Osserv il suo interlocutore, lo guardava, in attesa. Fin il bicchiere e se ne vers un altro. Poi continu: - Era vestita con un impermeabile nero, e nonostante il cappuccio alzato riuscii per un attimo a scorgerne il volto, illuminato da un lampione. Quasi avessi i raggi x intuii i capelli neri e la pelle liscia e vellutata, il corpo sinuoso nascosto da quel lungo pezzo di lana. La guardai passare davanti alla finestra, col capo chino per proteggersi dal freddo. Avrei voluto parlarle, fermarla, sapere come si chiamava, cosa faceva, io le avrei spiegato tutto di me. Eppure non feci nulla. Poi un grido nella stanza mi distolse dai miei pensieri e cattur anche lattenzione della ragazza che si volt. Fu proprio in quel secondo in cui si incrociarono i nostri sguardi che capii che era gi stato tutto scritto. Non so se riesco a spiegarmi bene, quellocchiata racchiudeva in s pi di mille parole. Quando lei si gir verso la finestra ebbi un attimo di timore, quasi mi nascondevo. Ma fortunatamente rimasi. E lei mi vide. Dur meno di un secondo eppure pi di unocchiata normale, capisce cosa intendo? Era come se fossimo gi daccordo, il nostro amore era gi iniziato. Ero sicuro che, come il mio, anche il suo cuore in quel momento era in tumulto. O forse me lo immaginavo io, in quellistante lungo mezzora. Poi, arrivata allincrocio, lei gir langolo e la persi di vista. La mia serata era finita. Quando torn la normalit, dopo la scorreggia del Peti, gli domandai immediatamente che fosse quella ragazza, se la conosceva. Cominciarono a prendermi in giro. 131 132

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- Non passato nessuno, la scorreggia che ti ha dato alla testa! - Ma chi dici? domandava il Peti, le canne gli creavano confusione. - E passata adesso, una ragazza bellissima, capelli neri, abita qui in giro, ha girato langolo. - Boh, non lo so - In giro a questora sar stata la mamma del Peti disse Germano, un compagno di facolt del padrone di casa la pi economica da queste parti! Peticcioli si gir furente, odiava che sua mamma fosse oggetto di scherno. - Ti sbatto fuori dalla finestra, ma prima ti spezzo le dita e ti infilo una penna su per il culo, cos la verifica di domani potrai scriverla solo in un modo. - Smettetela mi interposi voglio sapere chi . - Se la vedo col chiaro magari la riconosco. - Io lho gi riconosciuta, te lho detto continu Germano. Un pugno gli arriv sulla spalla, proprio sul nervo, che lo fece sedere e zittire. Era normale fra loro. - Allora rimango qui finch non la rivedo dissi. - Sai che non c problema per me, basta che non mi rompi di notte e non ci provi con mia madre. Rimanemmo l un altro po, a ridere e a farci la pasta di mezzanotte. Quando tutti se ne andarono Peti si mise a fare la ninna canna. - Forse ho capito di chi parli, abita qui da poco se lei disse credo sia albanese o comunque dellEst concluse. - Era bellissima, cacchio, davvero bella. C stato un secondo in cui ci siamo guardati e allo stesso tempo parlati. - E cosa vi siete detti? chiese sorridendo. - Hai capito cosa intendo. Devo parlarle, devo conoscerla. - Magari abita qui con due fratelli enormi, Milos e Boris, che ti fanno un culo cos appena la tocchi, poi ti tocca sposartela. - Che imbecille che sei. - Mai quanto te che rimani qui solo per la speranza di rivedere una tipa vista in pieno buio. Comunque non c nessun problema se resti, anzi. Ero seduto sul divano, mi sdraiai con la testa sul bracciolo e mi fermai a osservare il Peti. Per lui non cera mai nessun problema, era per questo che potevo definirlo uno dei miei migliori amici. Allinizio della nostra amicizia pensavo che il suo modo di vedere il mondo fosse dovuto alla sua famiglia, quando si hanno i soldi per forza non ci sono problemi. Poi mi resi conto che davvero lui non si faceva mai turbare da nulla, aveva sempre una soluzione per tutto. Lho sempre ritenuto una persona intelligente, con un gran difetto per, la poca voglia di sbattersi per avere le cose, qui s la famiglia laveva intaccato. Ma forse ora meglio se le descrivo la mia situazione. Come le ho detto avevo 25 anni a quel tempo, e se il Peti studiava ancora alluniversit, io avevo mollato da un paio danni. Mi era sempre piaciuto viaggiare, cosicch facevo la stagione sulla costa ligure o toscana e con i soldi guadagnati partivo per fare ritorno solo quando erano finiti. A quellepoca ero tornato da poco dal Cile e dal Per. Abitavo coi miei , mi vedevano davvero poco, qualche mese in primavera, ma mi sopportavano, erano dei grandi i miei vecchi. Poveretti, avevano dovuto sopportare una disgrazia immensa, la perdita di mio fratello, pi grande di me, qualche anno prima. Ma questo argomento non centra con la nostra storia. Per quanto mi riguardava, stavano arrivando i primi dubbi, mica posso fare questa vita per sempre, mi dicevo. Ma nemmeno riuscivo a decidermi sul da farsi. Sono ancora giovane, pensavo, posso continuare finch arriver la grande occasione. Che per non arrivava, da qualche anno laspettavo invano. Sicch cominciava a insinuarsi nella mia testa il dubbio che sarei dovuto uscire da solo da questa situazione. Vede questo bar? Ecco, su quel divano, a casa del Peti, pensavo proprio a questo, a quanto bello sarebbe stato aprire un bar in riva al mare. E se lavessimo aperto in due, magari io e il Peti, sarebbe stato formidabile. Ma un paio di mesi addietro, quando gliene avevo parlato, la sua risposta era stata quella che mi aspettavo: Bella idea, ma sei sicuro di voler andare dallaltra parte del mondo? Possiamo aprirlo qui, lo troviamo dove vogliamo il posto. Ero certo che non sarebbe mai partito. Cos restavo con la mia bella idea in testa, ma con il timore che da solo sarebbe stata davvero dura. Soprattutto mi mancava il capitale iniziale. Diciamo che col Peticcioli questo sarebbe stato un problema in meno, affrontare i problemi in due pi semplice, soprattutto se si hanno le spalle coperte. Per cui fumammo e mi addormentai sul divano.

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Quando mi svegliai erano le otto, Peti dormiva ancora, i suoi genitori erano usciti. Mi precipitai in strada e andai al bar a bere un caff nella speranza di vederla. Inutilmente. Quando il mio amico si svegli disse che doveva studiare per un esame. Ma bast uno sguardo per togliergli la voglia, prendemmo le moto e andammo a disegnare traiettorie sinuose sulle collinose strade delle langhe. Era una tipica, bella giornata di gennaio, fredda ma limpida, ideale per i bei paesaggi, almeno fino al calar del sole. Mi piaceva correre in moto, soprattutto attraverso quelle magnifiche colline. Non erano mezzi potenti, erano due 125 da enduro, le avevamo comprate quando ancora andavamo a scuola, fin da allora preferivamo i bei paesaggi alla velocit. Conoscevamo una miriade di luoghi nascosti, quelle colline le giravamo ormai da dieci anni, sia a piedi che in moto. Guidare mi donava tranquillit, quando il mio sedere poggiava in sella il cervello si rilassava, una parte di esso pensava a correre sulla strada, laltra volteggiava e faceva invece correre la fantasia. Pensavo al mio futuro, a quello che avrei potuto fare con un po di soldi. Ma io non ero capace di risparmiare, appena possedevo qualche euro lo spendevo con facilit disarmante, alcune sere tornavo a casa col portafogli vuoto e non sapevo ricostruire la fuoriuscita di tutte le banconote che avevo portato con me. Sicch la fiducia nelle mie capacit imprenditoriali era abbastanza bassa, capisce? Nel pomeriggio ci fermammo in un bar a bere una birra. - Allora Ettore, questestate fai la stagione? mi chiese il Peti. Come ogni anno, il prossimo viaggio sar in Centro America. Dicono che con pochi soldi si vive da nababbi per mesi. - Non pensi che sarebbe ora di fermarti? Intendo dire, ti trovi un lavoro normale e ti stabilisci qui, sai cosa potremmo creare insieme? Lo guardai, era placidamente seduto con la birra davanti e il sorriso stampato sulle labbra. Limmagine della beatitudine. - Potessi essere tranquillo come te! Ma come fai? Non hai domande, dubbi, richieste sulla tua vita futura? E perch dovrei? Sto per laurearmi e i miei mi hanno promesso una casa come regalo se riesco a superare il 100. - Fai schifo! esclamai ti regalano una casa? C gente che vive in affitto da una vita e tu ti ritroverai con un tetto tutto tuo sopra la testa senza nemmeno raggiungere il massimo dei voti? Ma ti rendi conto della tua fortuna? A maggior ragione dovresti prendere loccasione e venire con me in un viaggio, scopriresti il piacere di nuove sensazioni, di nuove lingue, la straordinaria bellezza dellessere sempre in movimento, del doversi continuamente adattare. - Preferisco la normalit, Ettore, preferisco stabilirmi in un luogo che conosco, in cui posso muovermi con sicurezza proprio perch so dove andare e dove no. Lo sai che sono cos, lunica cosa che mi dispiace veramente che io e te saremmo una coppia formidabile. - E allora parti con me. - Ho paura dellignoto, Ettore. - E che per te pi comodo restare dove ci sono i tuoi. - Non essere cattivo con me solo perch preferisco restare qui. - Non ti sto giudicando. Mi fai un po incazzare perch rinunci a prescindere, non siamo mai stati in viaggio insieme, non puoi giudicare una cosa se non lhai mai provata. - Ma so che ho paura, so che probabilmente rovinerei la vacanza anche a te con le mie lamentele e timori. Andammo avanti cos per un poco, ciascuno a cercare di convincere laltro a fare qualcosa che non gli andava. Era un gioco che facevamo spesso, fra noi. Poi, successe limpensabile. Eravamo usciti per fumare una sigaretta, battevamo i denti dal freddo ma la voglia di nicotina ci rendeva invulnerabili. Stavamo pensando che bisognava tornare, erano le quattro e il buio si stava avvicinando a grandi passi. Pass la corriera diretta a Torino e si ferm per smontare e poi raccogliere i passeggeri alla fermata davanti al bar. E in quel momento la vidi! Era seduta negli ultimi posti, seminascosta da una di quelle tendine che tanto rompono le scatole quando mentre si viaggia. Lei si stava svogliatamente guardando intorno e fu inevitabile che incrociassimo gli sguardi. Stavolta la vidi molto meglio. Aveva i capelli neri, lisci, lunghi fino alle spalle. Ma ci che colpiva erano i suoi occhi, grandi, luminosi, espressivi. Restai imbambolato, il cuore che sembrava essere entrato in una centrifuga. Resistemmo entrambi allo sguardo. Stavamo nuovamente parlando silenziosamente. Ma lautobus aveva finito il suo lavoro, chiuse cinicamente le porte su di noi e lo sbuffo della partenza fece terminare quel magico momento. 131 132

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- Vado a pagare e partiamo dissi al Peti, che stava tornando dal bagno seguiamo quel pullman. - Ma ne ho appena ordinate altre due rispose indicando i bicchieri vuoti. - Lasciale l, c lei su quel pullman, lho vista. Seguiamola, magari riesco a parlarle. Prendemmo le moto e ci mettemmo alle costole della corriera. Dopo cinque minuti lavevamo raggiunta. Cominciai a suonare il clacson, magari lei incuriosita avrebbe guardato. Ma non fu cos, lunico risultato fu che lautista, infastidito dai suoni insistenti, cominci a dare colpetti di freno per farci desistere. E io desistei, ci accodammo fino al centro di Mondov, dove finalmente lei scese. Era bellissima! Di una bellezza disarmante. Non stava andando a casa, era la fermata del centro. Parcheggiammo le moto e continuammo a seguirla. Lei non si era mai girata, non ci aveva ancora notato. Mentre camminavamo sotto i portici della citt mi chiedevo come tentare lapprocccio. Deve saper, caro Landi, che io non sono mai stato bravo in queste cose, rompere il ghiaccio non la mia specialit. Con una bellezza del genere a maggior ragione. Se avessi sbagliato avrei potuto perderla per sempre. Ma quando alzai lo sguardo era sparita. - Dov finita? chiesi al Peti. - Non so, stavo guardando quel negozio di mutande. - Cazzo, labbiamo persa, che imbecille che sono! - Vedrai che la becchiamo, sicuramente entrata in uno di questi negozi. In effetti attorno a noi cerano solo botteghe di abbigliamento, lesca perfetta per una donna, pensai. Ma mi sbagliavo di grosso! Mentre con fare leggermente furtivo buttavamo locchio nei negozi alla sua ricerca sentii una voce dietro di noi. - Sono qui, inutile che cerchiate l dentro. Mi voltai di scatto e lei era l. Figura di merda, pensai. Il Peti scoppi a ridere come un matto. Io mi sentivo un cretino con lo stomaco contratto. - Cercavate me, vero? Prima il clacson, adesso mi seguite. Che vi ho fatto? Non era propriamente incazzata, ma risentita s, decisamente. - Chiedilo a lui disse il Peti fra le risate lui il capo in questo momento. Non sapevo che fare, la guardavo e non mi muovevo, le parole nel mio cervello erano in totale confusione, si mescolavano e sapevo che se avessi parlato non sarei stato molto comprensibile. Io suonavo allautobus perch ci facesse spazio borbottai e ora siamo in cerca di un paio di mutande per me. dissi guardando il negozio Anzi per lui conclusi accorgendomi della sola lingerie femminile in vetrina. Sembr accennare un sorriso. Ma poi torn lespressione accigliata con cui ci aveva accolto. E con ragione. - E vero, ti stavamo seguendo ammisi ma tutta colpa mia. Il fatto che quando si vede unopera darte si resta sbigottiti e si fanno cose strane per rivederla ancora. C gente che torna in continuazione a Lourdes per rivedere la Gioconda. Lei mi guard con disgusto. Il Peti era scoppiato nuovamente in una grassa risata. - Casomai il Louvre puntualizz lui scompisciandosi. Lei mi guard come se fossi lultimo degli alcolizzati o il primo dei tossici. - Credo che sar meglio se ciascuno di noi va per la sua strada, vero? propose lei. No! Cio, voglio dire, se hai da fare anche s, altrimenti si potrebbe andare a bere qualcosa insieme, oppure potrei mostrarti la fontana che ho restaurato in centro, oppure Ma il Peti mi prese per il braccio. - E appena andata via, non te ne sei accorto? Si stava allontanando. Presi il coraggio a due mani e la raggiunsi: - Scusa, non mi sono comportato come un vero gentleman, ma posso avere almeno lonore di conoscere il tuo nome? Mi osserv per qualche secondo, sempre senza lombra di un sorriso. - Tamara sospir. E si allontan. Piacere, Ettore le dissi di rimando, guardandola allontanarsi. Mi ricordo che notai le gambe un po storte, come quelle dei calciatori. Ma un sedere di tutto rispetto. Poi, per, fatto qualche passo si blocc, si volt e aggiunse: - Ettore un nome che non mi piace, penso che questo dica tutto, vero? Restai senza parole. Mi aveva rifiutato, senza alcuna grazia. Persino il Peti era rimasto allibito. - Ne ha carattere, vero? fu il suo commento. Io non dissi nulla, ero incazzato nero, stava montando la rabbia, mi sentivo sbeffeggiato, e senza alcun motivo. Certo non ceravamo comportati da signori, ma non ritenevo giusto questo nostro trattamento. 131 132

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Fin che andammo a cenare a casa del Peti, chiamammo gli altri e facemmo nuovamente serata. Ebbi problemi ad addormentarmi quella sera, non potevo fare a meno di pensare allincontro di qualche ora prima. Una cosa era certa, signor Landi, mi stavo innamorando, se gi non era accaduto. E la cosa apriva degli sconvolgimenti nella mia vita. Fino a quella sera avevo pensato che una donna, o una ragazza, ti impediscono di essere libero, ti costringono a pensare per due. In quegli anni le mie relazioni non erano mai durate pi di un paio di mesi, non volevo, altrimenti non avrei pi potuto fare la vita che mi piaceva, cio viaggiare. Ma ora le cose stavano sotto una luce diversa. Mi rendevo conto che tutto quello che avevo pensato fino a quel momento si sgretolava, per Tamara era possibile che io cambiassi, quella ragazza mi piaceva proprio. Aveva degli occhi affascinanti, freddi come il ghiaccio, ma incredibilmente accesi e vitali, vedevo la passionalit nelle sue iridi. Lunica cosa che stonava in lei era la sua freddezza nei miei confronti. Ero sicuro, da come ceravamo guardati la prima volta, che ci fosse complicit tra noi. Ma forse mi stavo immaginando tutto, il mio ottimismo stava probabilmente esagerando come spesso accade. O forse era come diceva Peti, per qualche oscuro motivo non poteva mostrarsi gentile con me, qualcuno glielo impediva. Questa motivazione mi piaceva gi di pi. Gi, qualcuno le impediva di avere rapporti con me. Come ultimo pensiero del giorno giurai a me stesso che avrei conosciuto Tamara e tutta la sua persona.

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Appena Ettore fin di parlare arriv Rosa con un gran vassoio fumante. - Eccolo qui, ci sono anche le patate. - Sono sicuro che sar squisito disse il Landi, cortese. Ettore stava in silenzio, sebbene avesse vuotato il suo mezzo bicchiere di rum aveva ancora la gola arsa dal troppo parlare. E mentre Rosa sfilettava il pesce, Ettore teneva gli occhi fissi sul tavolino accanto, ma non per guardarlo veramente, era distratto dai suoi stessi ricordi. - Per il momento una storia molto interessante lo interruppe il suo ospite. Senza conoscere linizio non potrebbe capire rispose Ettore pensieroso a tutto c un inizio, basta trovarlo. Quando c un inizio c anche una fine sentenzi il Landi con un sorriso che non piacque molto a Ettore. Quel tipo cominciava a dargli seriamente sui nervi. Ma non poteva fare altro che continuare la sua storia. Dopo il pesce, per, si disse. Come si conviene quando il piatto squisito, i due restarono in silenzio fino allultimo boccone. Poi Ettore url a Rosa: - Quando cucini cos ti adoro! La donna si limit a guardarlo e a sorridere compiaciuta. - E la sua compagna? domand il Landi. Non ho pi una compagna da tempo rispose senza sorriso Ettore ma ci non toglie che le mie soddisfazioni me le tolgo lo stesso. - Qui le ragazze sono molto belle, non dico da togliere il fiato ma quasi. - E non ancora iniziata la stagione turistica, l si se ne vedono delle belle, in tutti i sensi! - La mia esperienza, per, insegna che le donne meglio lasciarle perdere. Sbaglia, la donna un essere superiore, senza di lei per noi sarebbe finita, addio emozioni. Tutti ci soffrono, anche luomo pi potente del mondo. Sanno sempre sorprenderci, siamo noi che quando cresciamo smettiamo di voler giocare. - O forse il contrario. Comunque io non sono mai stato fortunato con loro, per questo la sua storia mi sta affascinando. Gi, la storia disse Ettore scuotendosi dal torpore nel quale stava sprofondando accompagnato per mano dal rombo che si trovava a lottare coi succhi gastrici del suo stomaco. Prese un'altra sorsata dal bicchiere. Il Landi lo osserv. Era quasi giunto alla fine della bottiglia. Sommata ai bicchieri precedenti significava che quelluomo aveva bevuto un litro di rum in mezza giornata. Ci lo faceva ben sperare. Ora di sera sarebbe crollato e lui sarebbe stato libero. Poi Ettore lo distolse dalle riflessioni ricominciando il racconto.

Passarono alcuni giorni e arriv febbraio. Tamara sembrava sparita, n io n tantomeno il Peti la vedemmo pi. Ormai ero in pianta stabile a casa sua, ma non serviva a nulla. Cos mi misi il cuore in pace, si dice che bisogna battere il ferro quando caldo, ma io avevo paura di scottarmi. Come se non bastasse, ogni qualvolta ripensavo al nostro incontro montava lira per come ci eravamo lasciati. Sicch stavo cercando di dimenticarla. Finch una notte la sognai, anzi, ci sognai. In unisola, al caldo di una spiaggia tropicale, nuotavamo, mangiavamo, ridevamo, ma non facevamo lamore. Forse era un segno, mi dissi la mattina, da sogno a segno cambia solo una vocale, ora di conoscersi. Cos feci mente locale su quello che conoscevo di lei. Non era molto. Sapevo che si chiamava Tamara, che, dato laccento, era straniera e che forse prendeva il pullman tutti i giorni. Decisi di partire da l. 131 132

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Non sbagliai. Un giorno inforcai la moto e andai al bar dove lavevamo incrociata. Era met febbraio e proprio durante quel percorso mi accorsi che linverno era verso la fine. Le piante erano ancora spoglie, ma allestremit dei rami andavano formandosi quei piccoli proiettili che nel giro di un mese sarebbero diventati gemme. Il cuore cominciava a riempirsi di ardore, la bella stagione significava vita anche per me, non solo per le piante. Anche le giornate si erano allungate. Quando arriv il bus mi resi conto che era ancora chiaro, mentre venti giorni prima il sole era gi tramontato. E dentro il bus lei cera. Stavolta non mi feci vedere. Appena il pullman ripart mi misi allinseguimento. Quel giorno non scese in centro ma vicino a casa. La seguii e finalmente scoprii dove abitava. Era venerd pomeriggio e lintento era quello di invitarla il giorno dopo. Ma la tensione mi paralizz e non successe nulla, mi limitai a comportarmi come uno psicopatico e a scoprire il suo portone. Mi sentivo un perfetto coglione. Il fatto che nella mia testa facevo mille sogni, avevo immaginato almeno quaranta modi per attaccare bottone, ma al momento decisivo mi si erano istantaneamente cancellati, il cervello si era svuotato e trasformato in un inutile ammasso di materia grigia. Tornai direttamente a casa rimuginando se non fosse il caso di lasciar perdere, fra poco sarebbe cominciata la stagione e cominciavo ad avere bisogno di soldi, le riserve stavano finendo. Fortunatamente lindomani avrei aiutato un amico che aveva una ditta di traslochi e qualcosa avrei guadagnato. Ancora non sapevo che la svolta era dietro langolo. Infatti quel pomeriggio di sabato la mia vita cambi per sempre. Ci trovavamo, io, Marco e Denis, i titolari della ditta, appena fuori Mondov, vicino alla zona commerciale e dovevamo sbaraccare un appartamento che sembrava un reliquiario. Nei mobili erano stipati centinaia di oggetti, appese ai muri decine di mensole cariche di statuine e scatole di tutti i tipi sembravano dover cadere da un momento allaltro. Impiegammo mezza giornata ad inscatolare, assieme alla proprietaria dellappartamento, una donna di sessantanni anni appena rimasta orfana, quellimmane montagna di cianfrusaglie. Ci spieg che la madre collezionava da ventanni qualsiasi oggetto di metallo che le passasse per le mani, soprattutto scatole. Una volta terminato cominciammo a far scendere i mobili, tramite una carrucola elettrica, dalla terrazza. Erano sei piani di discesa. Marco e Denis, i ragazzi che aiutavo, rimasero sulla terrazza ad assicurare i carichi sulla pedana di discesa, io dovevo controllare proprio la discesa degli oggetti col telecomando, pulsante rosso stop, pulsante verde salita e discesa. Il camion scoperto era parcheggiato proprio sotto largano cosicch tutto atterrasse senza fatica. Non era difficile, sistemai tutti i mobili, la cucina e i letti. Ma quando fu la volta degli scatoloni successe lirreparabile, il destino, o la fortuna, o comunque si chiami, decise di aiutarmi. Cos, mentre facevo scendere gli scatoloni, in tutto circa una trentina di secondi, mi guardai intorno. E quando vidi Tamara che, in bicicletta, si dirigeva verso di noi, restai imbambolato a guardarla. Lei gir la testa e mi vide. Mi ricordo che le sorrisi, le feci un cenno. Lei mi guard, poi alz la mano e mi url qualcosa. Io ebbi appena il tempo di gioire per quello che avevo equivocato come un saluto prima di venire travolto dagli scatoloni che ormai, arrivati sul camion, si erano rovesciati, visto che la pedana si era inclinata su un lato della testiera. Avevo scordato di togliere il dito dal pulsante verde. Sentii un fragore tremendo, poi un gran dolore alla testa, centinaia di scatolette e statuine di metallo finivano prima su di me poi sullasfalto. Non mi feci praticamente nulla, ma il frastuono rese spettacolare la scena. Appena dissepolto la prima cosa che vidi fu il volto di Tamara. Sorrideva, in fondo lo spettacolo doveva essere stato divertente. - Cosa mi tocca fare per farmi notare dissi massaggiandomi la testa alla ricerca di qualche bernoccolo. Le spar immediatamente il sorriso. - Mi sentivo meglio quando sorridevi notai. - Mi sembra che tu non ti sia fatto male mi rispose spero non sia colpa mia. No, del tuo fascino, che per nascondi molto bene azzardai alzandomi e tastando i punti che mi dolevano. Ma non sentii la sua risposta, erano arrivati gli altri due, avevano visto lultima parte della scena dalla terrazza e stavano ancora ridendo. Tamara fece per risalire in bici. La fermai. - Solo un bicchiere dacqua. Anche naturale va bene proposi. Lei mi guard, soppes la risposta qualche secondo. 131 132

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- Va bene rispose, lasciandomi stupefatto. Ci sedemmo ad un tavolino del bar accanto, gli avventori mi guardavano divertiti. - Sono diventato una celebrit oggi pomeriggio scherzai. - Io invece la brava infermiera aggiunse Tamara sicuro di non esserti fatto male? - Ci vuole ben altro per fermare Ettore Tartini. Mi era sempre piaciuto il mio nome per esteso, mi dava una sensazione di importanza. - E il tuo nome? Che buffo. Era la prima volta che qualcuno trattava cos il mio nome. Mi seccai e mi venne in mente una risposta sul suo, di nome, ma mi trattenni. - Puoi dirlo che da voi Tamara un nome da puttana. Mi lasci interdetto ancora una volta. Sapeva leggere nel pensiero! Glielo dissi. - Talvolta non avete molta fantasia fu la sua risposta eppoi pi facile intuire i cattivi pensieri che quelli belli. - Difficile che possano venire brutti pensieri con te. - Non credere. - Invece credo. - Io in nulla. - Io nei sogni. - Fanno solo male, servono solo a fuggire dalla realt. - Ma non sono nocivi per la salute. - Per quella cerebrale s. Apprezzai la sua propriet di linguaggio. - Parli bene italiano. Prima mi hai fatto capire di essere straniera. - Linflessione rimane sempre, anche se studio e parlo la tua lingua da cinque anni. - Dove lhai imparata? - A scuola, come tutti voi. - Mi sa che per, al contrario di me, avevi bei voti. Sorrise. - Avevo bei voti. Ho finito lanno scorso il liceo linguistico. - Quanti anni hai? - 21. Ho perso un anno. - Sembri pi grande. - In certe situazioni bisogna crescere in fretta. Tu invece dimostri meno dei tuoi 25. Mi sorprese. E dalla gustosa risata che si fece credo me lo si leggesse in faccia. - Hai un buon amico mi spieg. - Sei andata dal Peti? - Ieri sera, dopo che mi avevi seguito. Ti vuole bene. - E un caro amico. E cos ieri ti sei accorta di me, ora mi sento ancora pi coglione. E non mi hai detto niente. Sei sorprendente. - E tu uno sfaticato. I tuoi colleghi ti aspettano. Avevo dimenticato il trasloco. Non sono colleghi, non il mio lavoro, li sto solo aiutando, le mie riserve aurifere stanno finendo. Mi piacerebbe raccontartelo con calma. Magari stasera, se non hai da fare. - Non sono sicura. - Se mi lasci il tuo numero ti chiamo pi tardi. - No, ti cercher io. - Dopo la spesa? Stavolta fu lei a guardarmi sorpresa. - Lho immaginato. Se tu mi cerchi io mi far trovare. - Non mi piacciono le cose facili. - Allora mi nascondo. - Ma nemmeno quelle troppo difficili. - In ogni caso sono una persona troppo importante per passare inosservata. Sorrise. Solo allora notai che quando sorrideva il suo volto cambiava completamente espressione, le infossature le scavavano le guance e gli occhi, quei grandi occhi, si riducevano a due fessure anchesse sorridenti. Non era luminoso, era sfavillante. Ne sarei rimasto innamorato per sempre. Tanto pi che era raro vederlo, in lei prevaleva sempre unespressione seria, talvolta proprio contratta. - Ciao mi salut salendo sulla bici. Poi part. Non avevo pi nulla da dire. Mi avrebbe cercato lei. 131 132

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E cos fu. Ma non quella sera stessa, che passai assieme al Peti. Me la trovai, uscendo, davanti al portone di casa, il mattino seguente. - Che significa? le chiesi. - Solo tu puoi seguire gli altri? Non risposi. Ero bloccato. Avevo intenzione di andare a correre, ero vestito con pantaloni corti e felpa. Sa, Landi, a quellepoca non facevo sport, ma da bambino e da ragazzo avevo sempre praticato qualcosa sicch sentivo il bisogno di tenermi in forma. Inoltre, con la vita sregolata che conducevo un po di attivit fisica non poteva nuocermi. In seguito avrei benedetto questi miei piccoli allenamenti artigianali, ma ci arriveremo a tempo debito. Cos quella mattina non andai a correre. Andammo a far colazione poi, essendo una bella giornata, proposi un giro in moto. Accett di buon grado. Fu una giornata felice, spensierata, ormai si coglieva nellaria la briosit della primavera in arrivo. Non ci annoiammo mai, avevamo sempre la parola pronta. Ma anche i momenti di silenzio non tradivano quella tensione facilmente avvertibile tra due persone quando il discorso cade ed entrambi non riescono a raccoglierlo. Parlammo molto di noi. Delle nostre volont e delle nostre speranze. Eravamo nellet in cui si riesce a travolgere il mondo con lesuberanza e la vitalit che infiammano i giovani cuori. Aveva una gran forza danimo. Era partita dal suo paese, il Kosovo, sei anni prima, per raggiungere il padre, uno dei primi immigrati anni 90 che dopo cinque anni e mille fatiche era riuscito ad ottenere un regolare permesso di soggiorno. In Italia aveva frequentato le superiori ed ora era italiana a tutti gli effetti. Aveva rinunciato alluniversit per andare a lavorare ed aiutare la sua famiglia a crescere altri due figli, lei era la pi grande. Lavorava da quasi un anno, mi disse, faceva la cuoca in una fattoria-agriturismo della zona. Ettore si interruppe improvvisamente. Invece il suo ospite, fino a quel momento comodo sulla sedia, si stava ora sollevando su di essa, con le mani sui poggioli, per raddrizzare la schiena. Una volta sistemato, Ettore continu imperturbabile. - Quando la incrociammo in corriera stava proprio tornando da l. Quando glielo chiesi non mi disse se il suo lavoro le piaceva, solo corrug lievemente la fronte. Allora tocc a me raccontarle tutta la mia vita, a grandi linee ovviamente, i viaggi, le idee, le speranze. - Devessere meraviglioso viaggiare mi disse. - Solo vedendo e conoscendo posti nuovi si pu apprezzare la moltitudine di sfaccettature di cui ricco il mondo spiegai notare come gli usi e i costumi dei popoli in fondo si somiglino tutti, magari in un luogo vietata una cosa permessa invece in un altro, ma le dinamiche sono sempre le stesse, e sotto ogni decisione c sempre una motivazione. Logica. Ho imparato che quando ti viene data una spiegazione tortuosa e illogica allora stanno cercando di fregarti. In ogni caso hai ragione tu, viaggiare una cosa meravigliosa. Mi chiese di raccontarle qualche avventura. Mai prima, nella mia vita, mi era capitato di provare un piacere tanto grande nel narrare a qualcuno le mie avventure, tanto che quando guardammo lora e ci accorgemmo che erano le sette ebbimo un sussulto. Sia per lo stupore del tempo passato sia e soprattutto perch ci aspettavano venti km di colline col gelo di fine febbraio. La accompagnai a casa, davanti al portone eravamo intirizziti. per sdrammatizzare le dissi che mi ricordava la piccola fiammiferaia. - Con la differenza che io non ho nemmeno un fiammifero obiett. Mi buttai. - Posso provare a scaldarti io col mio cuore che arde di passione azzardai ridendo, e sperando di non aver precipitato le cose. Lei si avvicin fin quasi a sfiorarmi, il profumo della sua pelle penetrava nitido nelle mie narici. - La passione una gran cosa, non bisogna sprecarla quando dopo ce ne sar maggior bisogno e mi diede un bacio sulla guancia. Ciao continu a presto, spero. Spar dietro il portone, e con lei svan il magico e interminabile momento di felicit che avevo vissuto quel giorno. A letto, pi tardi, riflettei sulle sue parole, non capivo se erano un segnale positivo o negativo. O neutro, peggio ancora. Non riuscivo a togliermi la sua immagine dalla testa. Mi rendevo conto ogni secondo di pi che Tamara mi aveva stregato. Passai in rassegna tutta la giornata, alla ricerca di conferme sulla positivit della situazione, ma faticai a trovarne, ogni episodio poteva essere letto sotto entrambi i punti di vista, positivo ma anche negativo. 131 132

Nome Autore Vaffanculo, fu la risposta, devi dormire.

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In quel momento Ettore e il Landi erano rimasti gli unici clienti del bar, i turisti con la pancia piena erano tornati sul bagnasciuga ad arrostirsi. Il Landi attendeva la continuazione della storia. Era impaziente e gli interessava sempre pi. Il Tartini si era scusato per andare in bagno. Con tutto il rum che ha in corpo, pensava con disprezzo il Landi, pu incendiare il cesso. Non poteva crederci, nel giro di due ore si era scolato una bottiglia intera e una volta alzato dalla sedia non aveva dato grossi segni di cedimento come invece ci si poteva attendere. Ma la seconda gli avrebbe dato il colpo di grazia, ne era certo. Ancora pi certo ne fu quando lo vide uscire dal bagno, sorridente, beato e, infine, barcollante. Ettore si diresse verso Jim tornato dalla pausa pranzo. - Tutto a posto, senor Ettore. - Vieni un secondo con me lo chiam dietro al bar Miguelito in giro? - E andato alla spiaggia della Costina con gli altri ragazzi. - Riesci a chiamarlo? Ho un lavoro per loro, pi o meno verso le otto di stasera. - Certo senor. - Comincia a far troppo caldo, dai una mano a Rosa a caricare il ghiaccio. - Il suo ospite si lamenta del caldo? domand con un sorriso sarcastico Jim. - Diciamo che non gli sono molto simpatico, eppure devo raccontargli una storia. - La sua storia, a quanto ho capito. A noi del villaggio non lha mai narrata. - Non era il momento giusto, Jim, ogni cosa a suo tempo. - Non ho nessuna intenzione di entrare in fatti personali, senor, ma oggi lei diverso, si sta incupendo. - Sto pensando, diverso. Non ti preoccupare, questa giornata unulteriore occasione per arricchire la mia vita. - Non la capisco, del resto sempre difficile comprendere le sue decisioni. - Resta qui in giro, per favore, avr sicuramente bisogno di te oggi. Torn al tavolo con un succo ghiacciato per il suo ospite, che nel frattempo si sventolava con la carta delle bevande e dei gelati. - Scusi, ho dovuto sistemare un paio di faccende. - Immagino che lei abbia molto lavoro, qui disse il Landi con un sorriso ironico molto da fare! Ettore non rispose. Lo guard negli occhi. Poteva leggere ci che laltro stava pensando. E cio quanto il Landi lo odiava! Era certo che, allaccenno delle faccende, lo avrebbe strangolato. Cosa ne sapeva quello l dei problemi, pensava con disprezzo il suo ospite. Lunico suo problema era avere una bottiglia di riserva continuava il Landi nellasua cieca rabbia non uscire di galera al pi presto per evitare di rimanere ucciso o, peggio ancora, sverginato, non trovare un lavoro dignitoso una volta uscito, non essere continuamente rifiutato dalle donne per laspetto grottesco. Se solo avesse avuto i soldi che gli erano stati rubati se ne sarebbe comprata una diversa ogni sera. Non avrebbe dovuto sopportare umiliazioni quotidiane, non si sarebbe trovato a dover lavorare in mezzo a albanesi o marocchini, o peggio ancora, rumeni. E questo qui si era innamorato e stava male per una povera kosovara. A stento tratteneva la rabbia, solo il pensiero della conclusione della storia gli dava la forza per resistere. Constat quanto era cambiato negli anni; da giovane, prima che accadesse tutto, ad un tipo cos gli aveva gi fatto saltare i denti da un pezzo. 131 132

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Ma Ettore ricominci, col tono sognante di chi ricorda i bei momenti passati. - Finalmente arriv il venerd seguente, non lavevo vista per tutta la settimana. La aspettai al varco, sul davanzale del Peti. Non sembrava felice di vedermi. Era scossa. Come le avevo detto, eravamo al piano terra, cos scavalcai e uscii in strada. Lei attravers e cambi marciapiede. Non capivo, ma non volevo essere trattato ancora a pesci in faccia, lorgoglio me lo impediva. La raggiunsi, le agguantai il braccio e la girai, forse con troppa veemenza. - Lasciami, che cazzo vuoi? mi aggred. Aveva le lacrime. Lasciai la presa. - Se possibile aiutarti. - No decisa. - A volte le donne piangono per niente le dissi, irritato. Mi arriv uno schiaffo sulla guancia sinistra. Uno schiaffo notevole. Mi guard con vero e proprio odio, poi riprese a camminare. Continuai a seguirla, ci avvicinavamo al suo portone, non doveva entrare. Pensavo che la battuta potesse trattenerla ma evidentemente mi sbagliavo. Poi lei si gir: - Vuoi lasciarmi in pace? Non ho voglia di parlare n di stare con nessuno. Lasciami. Eppoi sto piangendo per niente aggiunse piano. - Volevo che reagissi, lho detto per quello. Forse per te io non sono nessuno, ma tu per me no. - Mi devi dimenticare. - Non ci penso proprio. Perch dimenticare i bei momenti? - Perch faccio del male. Sono sicura di questo. meglio per te se mi stai lontano, te lassicuro. - Io posso solo stare vicino a te, almeno finch non mi spieghi cosa sta succedendo. - La felicit effimera. - Ma va presa al volo, se te la lasci scappare sar solo un rimpianto in pi in punto di morte. - Non capisci, ho le mie idee, le mie esperienze, non sono stupida, il mio cervello in grado di elaborarle. - Io invece sono stupido e non capisco perch mi rifiuti in malo modo. Ci fu un attimo di silenzio. Poi ripresi: - Anzi, lo so, tu pensi che io voglia solo farmi una storia di una sera, tanto sei straniera. Poi me ne parto per la stagione e chi s visto s visto. No, cara mia, voglio solo farti sorridere. - Il sorriso lho perso anni fa. - E anni dopo lhai ritrovato. Ascoltami, se non ti lanci non raggiungi nulla. - Ci vuole la volont per lanciarsi. - Oppure qualcuno che te la tiri fuori, questa volont. Mi avvicinai e le diedi un bacio sulle labbra. Fui velocissimo. - La felicit effimera solo quando la si guarda con gli occhi del presente aggiunsi staccandomi da lei. Feci per allontanarmi ma mi disse: - Se mi aspetti, mi faccio una doccia e arrivo. Era il 21 marzo, primo giorno di primavera del mitico 200..

Quel fine settimana i miei erano via e il sabato organizzai una serata delle nostre. Eravamo in quindici, compresa Tamara. La sera prima era finita tra baci ed effusioni, ma senza sesso. Fu Tamara a deciderlo, ma devo dire che nemmeno io intendevo finire a letto quella sera, anche se detta cos sembra un po la storia della volpe e delluva. Ma quel sabato successe una cosa strana. Io, dopo aver cucinato, ero sempre vicino a lei, avevo perfino rinunciato a un paio di partite, il Peti aveva portato la consolle per attaccarla al televisore dei miei. Sembrava andare tutto per il meglio, sebben fossimo un poco a disagio, tutti ci guardavano con occhi curiosi, chiedendosi se stavamo insieme oppure no. Io non avrei saputo cosa rispondere, la nostra situazione era ingarbugliata tra un voglio e non voglio, bisognava che le cose facessero il loro corso. Ma quando Tiziano chiese se avevamo sentito la notizia della tipa rinchiusa per quasi tutta la vita dal padre, che oltretutto ne aveva abusato tanto da avere due figliastri, Tamara si chiuse decisamente in s stessa. Tutti gli altri intervennero, Fabiana, la ragazza di Tiziano, era la pi accesa, chiedeva, in casi come questi, la pena di morte, noi donne siamo sempre perseguitate, sia fisicamente che psicologicamente, diceva da vera femminista convinta. - Beh disse il Peti scherzando quel tipo era fuori, per se una va in giro con la minigonna un po se la cerca. 131 132

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- Quelli come te vanno evirati ai quattordici anni continu a inveire Fabiana, che quando si parlava di diritti femminili non riusciva pi a distinguere tra il serio e il faceto la violenza sulle donne va perseguitata, sempre e comunque. Il problema vostro che non riuscite a tenere a bada luccello, quando vi diventa duro vi arriva fino al cervello, disturbandolo. La discussione andava avanti tra mille battute, eravamo tutti su di giri, ma io non la seguii con particolare interesse. Osservavo Tamara che, sullangolo del divano, sembrava volersi allontanare da quei discorsi. Guardava tutti quelli che parlavano, fissandoli con attenzione mentre parlavano. - Mai una volta che una donna mi violenti si sent ad un certo punto. - Non si scherza su queste cose intervenne Sabrina smettetela, state esagerando. Allimprovviso si intromise Tamara: - Il vero guaio non tanto la violenza in s, quanto quello che rimane dopo, un uomo libero e una donna prigioniera dei suoi fantasmi. Credo ci voglia molta forza danimo per tornare ad una vita normale. In pi, ragazzi, una donna violentata una donna in meno per voi, passa molto tempo prima che si esponga nuovamente. Cal il silenzio, per la prima volta nella serata Tamara aveva parlato. In un lampo capii perch la sera prima era stata cos decisa nel suo rifiuto. Quella ragazza nascondeva mille segreti ed esperienze, mi attirava sempre di pi anche per questo. Chi fa una partita? url il Peti rompendo cos quel silenzio carico di significati e tu, Ettore, fai una canna. Non riuscii pi a togliermi la sensazione di disagio che mi permeava. Davvero era come pensavo, Tamara aveva subito qualche violenza? Prima o poi lavrei saputo.

- Ho scelto questo posto perch caldo, e io odio il freddo spieg ettore al suo ospite. Infatti quegli ultimi giorni di marzo passarono felici e spensierati, le giornate si allungavano sensibilmente e il cielo si accendeva di un azzurro sempre pi vivo, che cancellava il bianco opprimente dellinverno. Sugli alberi, negli arbusti, nei cespugli si potevano notare, sempre pi numerose, le gemme pronte a sbocciare in unesplosione di colori, colori che accoglievano il risveglio dei cuori degli uomini e degli animali dopo il lungo sonno invernale. Quasi ogni giorno, se le condizioni atmosferiche lo consentivano, andavo a raggiungerla alla fattoria dove lavorava e insieme facevamo ritorno in citt. Mi parlava raramente delle sue giornate, pensavo che il suo lavoro le fosse pesante. Scoprii circa un mese dopo cosa generava la sua inquietudine. Era un sabato assolato ma non caldo, e con la moto eravamo sulle langhe. Ci trovavamo nei pressi del fiume Tanaro, conoscevo qualche accesso e li feci a mia volta conoscere anche a Tamara. Quel giorno mi spieg molte cose di lei. - Tesoro mi disse ora che tu conosca la mia storia. - Ti ascolto, sar una storia bellissima. - Nacqui in Kosovo e l vissi fino a 15 anni. Mio padre venne qui da voi quando io ne avevo 10, la guerra era appena finita e lui ne approfitt. Visti i risultati ebbe ragione. Abitava in un paese presso Milano e aveva trovato un posto da muratore. Devi sapere che in Kosovo praticamente chiunque sa costruire una casa, dopo anni di bombardamenti, amici e nemici, lo impari per forza se vuoi dare un futuro alla tua famiglia. Vissi un anno a Milano, e fu terribile. Non riuscivo ad ambientarmi, erano i primi anni in cui la lega da quelle parti faceva man bassa di voti e il clima attorno a noi extracomunitari cominciava a farsi pesante. A scuola mi and abbastanza bene, ma non perch fossi riconosciuta come persona capace, bens come figa. Piacere agli altri valeva pi che studiare e ottenere bei voti e passare talvolta i compiti ai miei compagni. Altri ragazzi stranieri non furono cos fortunati, specialmente quelli di colore. Ma mi rendevo conto che se i ragazzi italiani si comportavano in maniera strafottente con noi, la responsabilit era delle loro famiglie che instillavano in loro la paura del diverso, accendendo cos lodio e la poca stima nei nostri confronti. Quante volte mi sono sentita trattata da puttana. Abbass la testa, poi, passato quellattimo di incertezza, riprese largomento. - Quattro anni fa ci trasferimmo da queste parti e solo da sei mesi viviamo nel condominio attuale. Qui si sta bene, una realt pi piccola e siamo maggiormente a contatto con gli altri abitanti italiani, cosicch possono rendersi conto di potersi fidare di noi. Per pesante vivere dovendo rendere conto a tutti delle proprie azioni, siamo consci del fatto che appena avviene un furto, o un delitto, noi stranieri siamo sempre i primi sospettati. In ogni caso, qui si sta decisamente meglio che a Milano. - Ti credo, hai conosciuto me! - Stupido! I guai sono cominciati con il lavoro in fattoria. 131 132

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- Mi ero reso conto che qualcosa laggi non andava. Qui Ettore blocc il racconto. Improvvisamente il suo ospite si era alzato per dirigersi in bagno. Probabilmente si svuota per poter ascoltare meglio, la storia entra nel vivo, pens Ettore. Che cominci a riflettere sul Landi. Quel tipo lo inquietava, non riusciva a entrarci in sintonia. Non che la cosa gli dispiacesse, solo non comprendeva questo slancio di apertura nei suoi confronti, non comprendeva perch sentisse il bisogno di raccontargli la storia della sua partenza dallItalia. O forse lo sapeva ma ancora non voleva svelare la verit nemmeno a s stesso. Quel tipo era lontano anni luce dal suo modo di vedere il mondo, eppure gli si confidava. Sorrise. A un occhio attento non sfuggivano i particolari. Chiam Rosa. - Preparami unaltra bottiglia per favore, prevedo tempi lunghi. - Lo stesso di prima? - Sempre quello, ho bisogno di restare lucido. Rosa sorrise. Lo conosceva da due anni, ma gi gli si era affezionata abbastanza da capire che odiava le scocciature, che lhombre hector sapeva essere deciso ma detestava doverlo essere, che era un gran simpaticone ma conservava sempre nel volto e negli occhi unindelebile patina di malinconia. Le piaceva lavorare l, raramente cera tensione. Anche la sera, quando gli animi scaldati da litri di alcol rischiavano di infiammarsi, Ettore interveniva e aveva sempre una parola per tutti, era sempre pronta una bottiglia in pi per stemperare gli animi, credeva nel chiodo scaccia chiodo. Da quando era arrivato l a Blanco Paraiso, in quel lembo di spiaggia le cose erano cambiate notevolmente. Era un piccolo paese a pochissimi km da La Tortuga, la capitale, praticamente ne era la periferia. I turisti stavano in citt, a Blanco Paraiso andavano solo a spiaggiarsi. Poi Ettore apr il bar e le cose cambiarono, i turisti cominciarono a fermarsi anche dopo il tramonto, nei paesi limitrofi cominciava si sparse la voce di un divertente locale sulla spiaggia poco lontano, e ora era un luogo di ritrovo rinomato e ricercato, non tanto nella sostanza quanto dalle persone, che sapevano di potersi divertire senza eccessi. Pi o meno. Ricordava solo una sera in cui aveva avuto paura. Ettore aveva organizzato un contest di surf e per tutto il fine settimana il bar era stato occupato da giovani e muscolosi surfisti, ricordava con piacere Rosa. Ma dove ci sono i surfisti ci sono anche belle ragazze, e l dove sincontrano belle ragazze e alcol si forma una miscela esplosiva pronta ad infiammarsi al minimo sfrigolio. E fu cos che una di loro, ubriaca e contesa da due giovanotti alti due metri, sbronzi anchessi, ebbe unalzata dingegno, per decidere chi doveva essere il prescelto, i due dovevano superare un prova di coraggio. Che consisteva nellinfilare una mano nellacquario dei pirana, regalato a Ettore da un cliente fisso, il dentista del paese, che laveva ricevuto come dono di natale da una ditta farmaceutica. Costui amava gli animali e se ne era liberato dandolo a Ettore. Quella sera era presente pure lui e, vedendo la scena, decise di intervenire. Ma lo slancio lo port a colpire inavvertitamente la ragazza contesa a cui nel frattempo era arrivato lhamburger che aveva ordinato e che cadde nellacquario. Fu un attimo, due dei cinque pesci attaccarono lhamburger, gli altri tre la mano appena immersa del malcapitato, che non dimostr particolare coraggio cominciando a urlare a squarciagola per il bar saltellando e scuotendo freneticamente la mano per liberarsi delle piccole belve. Lamico non trov nulla di meglio che scagliarsi contro il dentista, mortificato per laccaduto. Ma i suoi due amici, molto meno dispiaciuti e molto pi ubriachi di lui, lo soccorsero scatenando una rissa che dur cinque minuti, prima che Ettore riuscisse a tranquillizzare tutti con le parole giuste: - Se vi fermate offro da bere a tutti! Lei se lera proprio vista brutta, le sembrava di vivere uno di quei film western in cui il saloon veniva distrutto in un batter docchio. Per fortuna, dopo il bicchiere offerto, Ettore chiuse e mand tutti a casa, Rosa compresa. Che si domandava quale dei due giovanotti sarebbe stato scelto come pi coraggioso. Il giorno dopo seppe che avevano vinto entrambi. Con Ettore il paese si era ingrandito, e coinvolgendo i bambini e i ragazzi del paese aveva costruito, proprio vicino al bar, un campo da calcio e uno di beach volley nei quali spesso venivano organizzati tornei. Insomma, era benvoluto l a Blanco Paraiso perch non era un turista chiassoso e nemmeno un cercatore di gnocca, semplicemente aveva portato sorrisi e divertimento, gli ingredienti principali per la buona riuscita di un sodalizio. Ma per quanto fosse una fucina di idee e quindi sempre al centro di nuove proposte, si sapeva ben poco di lui, della sua vita passata, sotto quel punto di vista era molto reticente. Nessuno gli aveva mai domandato nulla, ma nemmeno lui si era mai lasciato sfuggire qualche frammento o ricordo, tutti lo conoscevano come Ettore litaliano dalla divertente tristezza, soprannome dovuto alla sua espressione facciale, soprattutto per gli occhi. Ora Rosa lo guardava mentre, stravaccato sulla sedia, col solito gesto prendeva una sigaretta, la sbatteva due volte sul tavolo per impaccarla e infine laccendeva. Il suo ospite era tornato e mentre lei preparava la bottiglia, Ettore riprese il racconto. 131 132

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- Come le stavo dicendo quella fattoria non le piaceva. Per, prima di proseguire, forse meglio chiarire la mia relazione con Tamara. Fra noi non era successo nulla. - Mi scusi linterruppe il Landi vuol dire che lei e lalbanese non eravate andati a letto assieme? Ettore guard laltro, furente. Non tanto per lappellativo su Tamara, quanto per il disprezzo che usciva da quelle parole, per il fastidio che aveva provato nel suo animo alludire quella vigliacca espressione, che metteva un popolo intero su un gradino inferiore. - S rispose Ettore controllandosi voglio dire proprio questo. - Impossibile, quelle l la danno a tutti, con tutto il rispetto per la sua Tamara. - Ma Tamara era gi italiana, se questo che intende gli diede corda Ettore sforzandosi sempre pi di restare calmo, ancora un attimo e questi discorsi lavrebbero fatto saltare come una pentola a pressione. - Intendo disse il Landi abbassando la voce e sporgendosi verso Ettore che le donne di quei popoli l ce lhanno nel sangue di darla facile, di essere un po puttane, questione di genetica. - Dicono che anche il Q.I. di una persona sia genetico, suo padre dove lavorava? Il Landi sembr preso alla sprovvista. - In aveva un panificio rispose in fretta, quasi improvvisando, venne da pensare a Ettore. - Pensavo il politico. Ettore aveva ben poca stima nei politici italiani. - Non capisco. - Appunto. Ma proseguiamo nella nostra storia, lasciamo perdere discorsi che non centrano. Comunque no continu non eravamo andati a letto insieme, se vuol saperlo, ed era Tamara a volerlo. Avevo capito che non cerano in gioco vocazioni strane o motivi religiosi, era una sua scelta, dovuta a una causa molto forte, che non chiedevo per paura di poter toccare tasti dolenti. Da quando ceravamo conosciuti avevamo passato insieme la maggior parte del nostro tempo libero. Eravamo vicini a Pasqua, allepoca, quindi erano passati pi o meno venti giorni dal nostro primo incontro serio. Mi rendevo conto che io avevo bisogno di lei, avevo bisogno di passare il tempo con lei, la sua bellezza non mi stancava mai, i miei occhi non erano mai sazi di quella splendida visione. Allo stesso tempo ero attratto dalla sua espressione sempre seria, guardinga, quando riuscivo a farla sorridere, o meglio ancora, a ridere, mi si apriva il cuore dinanzi a quei denti perfettamente allineati e bianchi, leggevo nel fondo pi fondo dei suoi occhi il divertimento che riuscivo a darle, anche solo per un secondo, prima che i suoi bui pensieri tornassero a rannuvolarle lanimo. Per lei era diverso, mi spieg che le piacevo, ma una parte di lei diceva di non fidarsi. Non si fidava di nessuno, per questo la sua reazione la prima volta che ci conobbimo. Le piacevo ma non mi voleva. Fortunatamente ebbe la meglio la sua parte sana e anche lei, come me, passava il tempo per non pensare, per divertirsi con una persona che le piaceva. Amava poco stare in mezzo alla gente sebbene fosse abbastanza sciolta quando capitava, quindi la maggior parte del nostro tempo la passavamo soli, ogni tanto scattava qualche bacio, ma nulla pi, mi accorgevo che ai miei abbracci si irrigidiva. La mia curiosit fu soddisfatta proprio quel giorno. - La odio quella fattoria mi disse. - Non ti piace il tuo lavoro? Oh s, cucinare mi piace da morire, lambiente che mi opprime mi disse scurendosi sempre pi in volto. Capii che eravamo giunti ad una meta importante. - Stare in mezzo al verde non devessere molto opprimente. - Non fare lo stupido, hai capito cosa intendo. Non sono i miei colleghi, il figlio del padrone lo stronzo che non mi lascia in pace, un vero figlio di puttana. Proprio cos lo apostrof rimarc Ettore guardando negli occhi il Landi, che non fece alcuna mossa. - La fattoria bellissima, soprattutto enorme continu lei possiedono tutta una collina, con pascoli e vigne. Il proprietario il signor Barbera, mai cognome fu pi azzeccato, ma ormai comincia a essere anziano e il figlio sta prendendo in mano lazienda. Il problema che il classico figlio di pap. orribile, ha la faccia asimmetrica, le orecchie a sventola e una terribile e invasiva acne che gli devasta il viso, sembra che la natura abbia deciso di donargli una bruttezza pari alla sua crudelt. - Crudelt una parola forte la interruppi. - Non puoi capire certe scene, se non le vivi. Quel tipo crudele, gode nel far soffrire le persone, glielo leggi negli occhi. Ma solo con i sottoposti. Appena arriva il padre diventa un mansueto agnellino, per questo lo odiamo tutti. Ma ultimamente nemmeno il padre riesce pi ad avere ascendente su di lui. 131 132

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La madre inutile, mi han detto che preda di un esaurimento nervoso, sempre chiusa in camera con uninfermiera che la controlla giorno e notte, ti credo che abbia fatto quella fine con quei due. Perch nemmeno il padre uno stinco di santo, ma almeno conosce il termine rispetto. Suo figlio no, pi di qualche volta prese a calci il cane del custode della fattoria, che lavora l da trentanni, solo per il gusto di vedere la faccia del vecchio, che non pu reagire. Per darti unidea, quando arrivi in quel posto ti sembra di uscire dalla realt e tornare al feudalesimo o al tempo dei latifondisti, quando il padrone aveva diritto di vita e di morte sui suoi contadini. Con la differenza che quel figlio di puttana di Giovanni, il figlio, ci prova gusto nella sofferenza degli altri, specialmente dei pi deboli. - Perch come sempre pi facile prendersela con i deboli. - La mia disgrazia che il destino ha voluto che nella mia vita la mia parte fosse sempre quella disse Tamara, avvicinandosi e prendendomi la mano. Mi guardava negli occhi. La baciai. - Ora ci sono io, sei passata dalla parte dei forti. - Lo vorrei pensare ma non posso, ho solo ventanni e ho visto cose che voi conoscete solo in parte, ve le ha filtrate la televisione. I miei ultimi dieci anni sono stati un accumulo di esperienze negative, di emozioni sgradevoli. Tamara, considerala finita quellepoca, si pu cambiare quello che il destino ha deciso per la nostra esistenza, perlomeno ci si pu provare. Mi abbracci. - Tu sei ottimista? mi chiese. - Penso di s, chiunque voglia andare avanti nella vita deve esserlo, credo. - Ecco, io no, eppure vado avanti lo stesso, come lo spieghi? Perch il mio destino questo, sono sicura che anche fra noi due finir, magari mi renderai felice, ma sono sicura che succeder qualcosa che roviner tutto. Mi lasci interdetto, aveva parlato con una tale convinzione e rassegnazione che non riuscii a far altro che stringerla a me. Sentii che faceva un profondo respiro. Per quanto ancora resisterai senza far lamore con me? mi chiese Non molto continu e per quanto tempo ancora io potr restare vicino a te sapendo che non ti do una cosa importante per la vita di una coppia? Si liber dellabbraccio e mi guard negli occhi, sistemandosi i capelli dietro lorecchio, un gesto che adoravo in lei. Amore comprendere e sopportare le risposi, pensando a una frase deffetto, in quel momento ero mentalmente disorganizzato. Sorrise. - Lamore una cosa difficile, non bisogna parlarne con leggerezza. - So solo che quello che provo per te una sensazione nuova e coinvolgente, per quello la chiamo amore. - Anche io provo una sensazione nuova e coinvolgente, e per questo ho paura. - Non vuoi provare belle sensazioni. - Le belle sensazioni sono destinate a finire, dopo resta solo il ricordo. - Ma se un fuoco viene sempre rifornito di combustibile non si spegne. - Tu parli di fuoco e guarda caso lacqua lelemento pi presente in natura. - Ma anche quello che ci dona la vita, oltre alla nostra mamma. - La mamma mormor. Poi alz la testa, mi guard negli occhi, mi prese il viso tra le mani e mi baci. Fu il bacio pi bello tra noi che io ricordi, ne sentii lintensit fino al midollo spinale, mai brivido mi arriv cos in profondit. Poi prese a raccontare il suo ricordo pi terribile. - Un giorno, durante la guerra, arrivarono dei soldati, serbi credo, ad occupare il nostro paese. Fummo fatti radunare tutti in piazza, ci dissero che quello diventava uno dei loro quartieri generali, per quello non distruggevano il paese. Ma noi dovevamo servirli in tutto e per tutto. Preparavamo il cibo, lavavamo uniformi, vestiti e biancheria nemica, ma non succedeva nulla di terribile, al contrario di altri paesi. Poi una sera, un sabato sera, sentimmo bussare alla porta. Per noi vigeva il coprifuoco, eravamo in cucina e ci spaventammo. Entrarono cinque soldati serbi urlando e schiamazzando, erano ubriachi e avevano fame. Mia madre si alz e and verso i fornelli. Uno di loro la afferr per i capelli e disse che non avevano fame di cibo. Allora mio padre si lev prontamente in piedi e fu immediatamente circondato da due che col calcio del fucile lo colpirono al ventre. Cadde a terra e fu tempestato di calci. Avevo sette anni allepoca, mio fratello due e gi dormiva nella culla in quella stanza. Ma i colpi lo svegliarono e, forse perch anche a quellet si percepisce la tensione, cominci a piangere. Il soldato che teneva mia madre per i capelli le ordin di farlo smettere, ma lui non ne voleva sapere. In quel momento ebbi paura, nonostante fossi una bambina avevo percepito lodio che quegli uomini provavano nei nostri confronti, per la prima volta nella mia vita pensai alla morte come a una presenza indelebile nella vita delluomo. 131 132

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Mio padre era a terra, rantolante, perdeva sangue dal viso e dalla bocca, mia madre piangeva e mio fratello strillava, solo io ero immobile e sentivo che bisognava fare qualcosa altrimenti sarebbe potuto succedere lirreparabile. Presi in braccio mio fratello e andai nellaltra stanza, la stanza da letto dei miei. Mi sedetti, aspettando che se ne andassero. Non so quanto tempo rimasi su quel materasso, immobile, le mani strette fra loro in grembo. Ricordo solo le risate sguaiate di quegli uomini, e poi le urla, le implorazioni, i gemiti, le mutande di mia mamma che volarono davanti alla porta della stanza dove mi trovavo, mio padre che a un tratto cerca di urlare lasciatela stare, bastardi, il rumore di un fucile che viene caricato e mia madre che supplica No! Sono qui, fate quello che volete. Per tutto quel tempo io restai seduta sul letto nella stessa posizione, cullando mio fratello e tentando di non ascoltare. Sapevo cosa stava succedendo. A quel punto Tamara mi si butt addosso, sprofond la testa nel mio petto e cominci a singhiozzare. - Non lho mai raccontato a nessuno mi disse fra i singulti. Le accarezzavo i capelli, presuntuosamente pensando di comprendere tutto, e glieli baciavo, lei intanto restava con la testa sul mio petto. - Ora capisci? mi chiese staccandosi da me e guardandomi mentre col polsino della felpa si asciugava una lacrima. - Ora capisco che questo Giovanni della fattoria sta risvegliando in te brutti ricordi. - Ci prova con me, insistentemente, trattandomi come una puttana. Ma io in lui rivedo gli stessi occhi di quei soldati. - Lo sistemo io. - Non scherzare. Ai torti non si risponde con altri torti. - Sei troppo filosofica. Anzi, sei poco filoso e tanto fica! Ritrov il sorriso. - Possibile che per te sia sempre tutto uno scherzo? - Perch io sono uno scherzo della natura! - No, tu sei dolce. - Passerei le ore con te senza annoiarmi mai. - Prima o poi ti capiterebbe. - Sono sicuro di no. Troppo forte il sentimento che produci in me. - Ora sai perch sono cos fredda. - Ora so che devo scaldarti e renderti felice. Quel giorno, signor Landi, tornai a casa e non potei fare a meno di riflettere su quella ragazza che meritava molto di pi di quello che aveva, insieme avremmo potuto scalare il mondo, mi sentivo invincibile e carico di un entusiasmo che pensavo di aver perduto negli ultimi tempi. Ma nella mia testa era tutto nebuloso. Ancora non sapevo cosa aveva in serbo per me il destino.

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Dieci giorni dopo la mia vita cambi riprese Ettore. Come le avevo detto avevo ormai finito i risparmi, era tempo di partire per la stagione. Ma quellanno non ne avevo nessuna voglia, volevo e dovevo stare vicino a Tamara. Quindi bisognava cercare un buon impiego da quelle parti, ma non avevo idea di dove iniziare, solitamente facevo il bagnino nelle spiagge toscane o liguri, ma mi rendevo conto che non era la professione pi ricercata fra le colline. Un fine settimana lo trascorremmo a Torino. Era un regalo per Tamara, avevo prenotato una stanza in un piccolo hotel della citt, per la prima volta saremmo rimasti insieme tutta la notte. Lei non aveva mai visitato la citt della Mole, cos decisi di farle questa sorpresa. Durante la cena il discorso vert sulla fattoria e mi disse che stavano cercando un nuovo giardiniere, il vecchio ormai non ce la faceva pi. In quellanno e mezzo che gli restava per arrivare alla pensione avrebbe insegnato a qualcuno la professione. - Potrei venire io esclamai. - Non se ne parla rispose secca Tamara non te lho detto per questo. - Staremmo ancora pi vicino. - Non posso portarti a lavorare in un posto di merda come quello. Perch? In fondo sono solo otto ore della nostra vita da far passare il pi in fretta possibile. In pi, secondo me, il giardiniere un lavoro che mi piace. - Ma non l, te lho detto. un inferno, non ti ci porto. - Dai, non essere cos intransigente. Ci posso provare, se poi non mi piace me ne vado, non serve che tu dica nulla a loro, mi presento io domani. Tamara rimase in silenzio, capivo che sarebbe piaciuto anche a lei, ma non aveva il coraggio di chiedermelo direttamente. Se lo viene a sapere il Peti dissi finita. Pensa cosa si potrebbe fare, una coltivazione di maria immensa. Deciso, domani vado l. - Possibile che pensi solo a queste cose? mi chiese ridendo Tamara ti ho detto che un inferno e tu pensi alla coltivazione che potrai fare. Sei un pazzo, me ne accorgo ogni giorno di pi. - Siamo due pazzi, ricordalo. - Due bei pazzi. - Su quello non c dubbio. - E anche simpatici. - E spigliati. - E decisi. - E innamorati. Ci fermammo, potevamo proseguire per ore. La mattina dopo mi presentai alla fattoria. Si trovava in un posto fantastico, ad almeno due km dalla strada normale e dallultima casa. Ci si doveva inerpicare su un sentiero sterrato, quelli con la striscia verde derba nel mezzo, attraverso vigneti, cespugli di robinia, rovi e quantaltro. Era stretta, ai lati correva un piccolo fossato. Allultima curva apparve la casa, un vecchio podere ben tenuto, e i silos per il vino. Alcune bestie, che interpretai come pecore, erano al pascolo. Mi fermai davanti allingresso. Vecchie lampade ad olio erano appese in cima ad un cancello, che a sua volta presentava delle cime aguzze che ricordavano le decorazioni dei guelfi. Aveva ragione Tamara, mi aspettavo che da un momento allaltro uscisse un cavaliere corazzato diretto a salvare qualche povera fanciulla. Entrai, FATTORIA AGRITURISMO BARBERA annunciava un cartello allingresso. Parcheggiai la moto e mi diressi verso quelli che sembravano uffici. Tuttintorno si respirava il tipico odore delle fattorie, quel miscuglio di sterco, paglia, fieno e profumi di piante selvatiche che non aggredisce il naso ma vi entra con garbo e dopo cinque minuti gi lo si scordato. Mi trovai davanti a un ingresso sottolineato da due colonnine laterali su cui erano posate due aquile di pietra con le ali spiegate. Mi bloccai, perplesso. Ma la porta era quella giusta. 131 132

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Erano molto organizzati, cera perfino una segretaria. Anziana, pensai, sui cinquantacinque, doveva saperne di questo posto. Mi rivolsi a lei e nel giro di due minuti ero a colloquio col giardiniere. - Che ne sai di piante? mi chiese come prima cosa il vecchio. Non potevo rispondergli che ne sapevo abbastanza solo su un tipo. - Abbastanza da non far morire quelle di casa. - Qui non si parla solo di piante da ornamento ma anche di vigne. - Mi piace il vino. - Per berlo buono ci vuole una buona vite. - Allora voglio imparare da chi ne sa. - Ce lhai davanti. Era un sessantino, il vecchio, ma sprizzava energia e simpatia, non capivo perch dicesse di non farcela pi. - Si comincia domani mi disse. - Ma per domani previsto un tempo bruttissimo provai ad obiettare. - K-way e attrezzi, non ci si ferma mai. Lindomani mattina ero l, sotto il primo, caldo sole di maggio. Avevo scordato il cappello e il vecchio, presumo apposta, mi fece lavorare tutto il giorno in mezzo al giardino, ben lontano dallombra. - Le uova, se le lasci al sole, si cuociono e si rovinano mi disse la sera mi raccomando per domani. Da quel giorno portai sempre il cappello. A quel punto Ettore si interruppe e domand al Landi: - Anche qui comincia a far seriamente caldo, non trova? - Il tetto e laggiunta del telone sono provvidenziali. Del resto sono le quattro. - Di gi? Passa il tempo, bisogna proseguire. Tre giorni dopo conobbi Giovanni. Era davvero brutto come laveva descritto Tamara, forsanche di pi aggiunse Ettore versandosi da bere. Il suo ospite lo guardava, si era tolto il cappello per detergersi il sudore dalla fronte. E lui non beve, pens con un sorriso Ettore, ormai certo dei pensieri dellospite. - Bere con questo caldo le pu far male disse laltro, quasi leggesse nel pensiero. - Limportante avere sempre la situazione sotto controllo rispose Ettore guardando il suo ospite. - La lucidit potrebbe aiutarla di pi. Ma non voglio intromettermi nei suoi affari. - Ecco bravo. Come stavo dicendo era davvero brutto. - Ho capito! sbott improvvisamente il Landi non serve ripeterlo, vada avanti. Ettore sorrise sotto i baffi, sebbene ancora corti. Devo dire che con lui, per come lho conosciuto in seguito, madre natura stata molto generosa in crudelt, ma molto parsimoniosa in bellezza e soprattutto in intelligenza aggiunse quindi con rabbia. Al mio terzo giorno stavo lavorando con Alfredo, il giardiniere, quando Giovanni si present col suo Pajero, se li ricorda i fuoristrada? Mi disse di lasciare il lavoro e mi fece salire in macchina. - Tu sei quello nuovo, vero? Ti porto a fare il giro della fattoria. - Piacere, Ettore. - Non me ne frega un cazzo del tuo nome, tu sei un sottoposto e basta. Devi solo lavorare, non rompere i coglioni e fare quello che ti dico. - A me hanno detto che devo fare quello che dice il signor Barbera, suo padre. Inchiod bruscamente, dovetti puntarmi con le mani sul cruscotto per non fracassarmi i denti. - Sono io che comando qui, ormai, mio padre alla fine. Quindi fai quello che ti dico e non avrai problemi. Mi parlava con il viso a cinque centimetri dal mio, la fiatella allaglio sparata con rabbia dalla sua bocca entrava nelle mie narici, solleticandole negativamente. - Daccordo. - Bene, questo terreno che stiamo attraversando tutto mio, tutta la collina mia. Qui pascolano i cavalli e le pecore, non ti riguarda, il tuo compito quello di tenere in ordine le piante del giardino davanti alla casa e di curarti di tutte le vigne e le piante da frutto nei campi. Alfredo ti spiegher che per muoverti potrai usare una vecchia moto senza la targa, se non ci sai andare peggio per te, ti arrangerai con le tue gambe. - Ci so andare in moto. - E tua quella parcheggiata in giardino? - S. - Per il resto si mangia a mezzogiorno, ma tu in questi sei mesi ti dovrai arrangiare, sei in prova. - Non mi sembra molto giusto, cosa cambia un piatto in pi? Cambia. Innanzitutto un costo, inoltre serve a farti capire bene chi comanda da queste parti, potrei anche decidere di non darti il pranzo per sempre. Scoppi in una risata, nel frattempo mi guardava. Non sapevo come reagire, ero a disagio. Non per le minacce che proferiva, ma perch mi rendevo conto di aver a che fare con un coglione patentato. Ci voleva pazienza. - Allora hai capito bene? Si arriva alle otto e si finisce alle cinque, per i primi sei mesi sarai in nero poi si vedr, si potrebbe cominciare con un part-time fasullo, ma ne parleremo. Ora scendi e torna da Alfonso. 131 132

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- Ma da qui sar un km. - Regola numero uno: arrangiati. Scoppi in un nuovo fragoroso scoppio di risa e mi fece smontare dallauto. Non potevo tagliare in mezzo ai prati, due giorni prima aveva piovuto tutto il pomeriggio e cerano sicuri trenta centimetri di fango, ero costretto a seguire la strada. Arrivai alle sei, gli altri erano partiti tutti, non cera pi nessuno. Ma il capanno degli attrezzi era ancora aperto. Alfredo stava armeggiando con qualcosa che non vedevo, mi dava le spalle. - Non vai a casa? gli domandai. Non rispose. Entrai, dovevo recuperare il mio zaino. - Come mai non sei ancora andato via? ridomandai. - Potrei chiedere a te la stessa cosa. - Ho bisogno di lavorare. Si volt, in mano teneva quella che sembrava una vecchia forbice arrugginita. Quando sono arrivato qui, quarantanni fa, il signor Barbera mi diede queste forbici e davanti a un cespuglio di rose selvatiche mi disse: Sono sicuro che quando torno questo cespuglio sar perfettamente sagomato. Era la prima volta che prendevo in mano le forbici da giardiniere, cercai di fare del mio meglio, ma sono sicuro che il risultato fu abbastanza disastroso. Quando torn osserv a lungo il cespuglio. E potato malissimo, ma si capisce che ci hai messo impegno. Imparerai in fretta. Gli chiesi come aveva fatto a capire che mi ero impegnato. Perch hai la camicia tutta sudata, significa che sei stato a lungo sotto il sole. Inoltre, ho osservato tutto da quella collina, concluse. Invece il mese scorso arrivato un apprendista stalliere, un ragazzo moldavo di sedici anni. Come compito del primo giorno Giovanni gli diede da spalare tutto il letame e sistemarlo nel fienile, sopra la botola che, una volta aperta, avrebbe fatto cadere tutto il suo maleodorante carico sul cassone del trattore parcheggiato in corrispondenza. Il giovane lavor tutto il giorno, alle cinque meno cinque si present Giovanni. Cominci a urlare che il lavoro era stato eseguito malissimo, che lui in met tempo sarebbe riuscito a spalare il doppio, che era un incapace e via discorrendo. Poi ordin al giovane, completamente terrorizzato, di guardare sotto la botola per notare lerrore che aveva fatto. Appena fu sotto, Giovanni azion il congegno per lapertura e fece cadere il letame in testa al ragazzo che si ritrov completamente ricoperto di merda di cavallo. Noi assistevamo impotenti, per lennesima volta eravamo testimoni di una scena del genere, erano le cinque e volevamo solo tornare a casa. Giovanni lo lasci l, a rifare tutto il lavoro, per tutta la notte. Aveva parlato con lo sguardo sempre fisso sulle forbici, malinconicamente. Poi si alz, prese la giacca e fece per uscire. - Alfredo lo chiamai per questo che te ne vai? Io sono come queste forbici, vecchio e arrugginito. Ricorda il mio consiglio, vattene al pi presto. Sei giovane e hai ben altre possibilit. - Ho le mie ragioni per restare qui. - Non lo metto in dubbio, ma qui ti spezzeranno lanimo. - Non lavorer qui per sempre, me ne andr lontano, con la mia ragazza. - Lo spero tanto. Per te. Se ne and lasciandomi solo in quellimmenso spazio verde, il sole delle sei e mezza non faceva male agli occhi, era proprio davanti a me, sopra il cocuzzolo della collina. In fondo c un bel panorama e penso di avere abbastanza capacit di sopportazione. Non sapevo quanto mi sbagliavo.

I giorni di maggio passavano velocemente, con la mia mansione riuscivo a vedere Tamara di nascosto almeno due volte al giorno. Facevo finta di controllare il prato davanti alle cucine, e se lei poteva usciva fumavamo una sigaretta insieme, poi ognuno tornava ai suoi lavori. Mi ritenevo fortunato, con Giovanni mi incrociavo poco, quindi raramente avevo a che fare con lui. La maggior parte del tempo la passavo con Alfredo, mi spiegava i trucchi e i segreti di tutte le piante, mi rendevo conto ogni giorno di pi della fortuna che avevo ad essere lallievo di unenciclopedia vivente. Insegnava con la passione, non con la tecnica, sosteneva che una pianta un essere vivente e come tale si comporta, quindi come tale noi dobbiamo occuparcene. Da sempre ci si pone il quesito se le piante provano emozioni. Io, nonostante quarantanni di lavoro, non posso rispondere a questa domanda, ma nel dubbio mi son sempre comportato con loro come se le provassero. Ne fui contento perch anchio, quando avevo coltivato col Peti, la pensavo allo stesso modo. E a proposito di coltivazione, avevo cominciato a perlustrare la zona alla ricerca di un posto ottimale dove sistemare qualche pianta. Il Peti si era procurato i semi, a me toccava trovare il posto e badare alle figliole. 131 132

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Cos alle cinque prendevo la moto della fattoria e con la scusa di dover familiarizzare con i luoghi mi gettavo in lunghe e accurate perlustrazioni. La collina era immensa e, cosa importantissima, si trovava in una zona decisamente isolata. Per giungere al giogo si attraversavano pascoli racchiusi tra boschi secolari di roverella, pini silvestri, noccioli e, ovviamente, vitigni. Ci trovavamo in pieno Roero, non so se ha presente, nellAlta Langa. Il paesaggio, dalla cima della collina, era spettacolare, predominava il colore verde, da qualsiasi parte mi girassi, un vero paradiso. Il sole di maggio, a quellora, era ancora alto e scaldava, mi sedevo su una pietra e restavo a contemplare le macchie bianche dei bovini al pascolo, placidi e ignari del proprio destino. Assieme a loro, ma in quantit minore, le pecore dal pelo lungo, tipiche della zona, venivano radunate dai pastori per tornare allovile. Era dal loro latte che nella fattoria producevano e vendevano la robiola, la toma e altri formaggi del luogo. Sul versante della collina opposto a quello dove si trovava la casa si stendevano filari immensi di viti, alternati anchessi da boschi. A circa due km in linea daria, verso est, si intuiva il percorso del Tanaro, il mio fiume preferito. La propriet arrivava fino a l. Ma gli ultimi cinquecento metri erano incolti, selvaggi. Una foresta impenetrabile di rovi, robinie, edere e quantaltre piante invasive stonava con il resto del paesaggio, perfettamente allineato e pulito. Un giorno vi andai in moto e potei notare quanto fosse impenetrabile. Era unarea non troppo estesa e immaginai che finisse proprio sulle sponde del Tanaro. Successivamente Alfredo mi spieg che quarantanni prima il vecchio Barbera, il padre di Giovanni, fece allestire quella zona per coltivare more per la moglie che ne era ghiotta. Da quellepoca, per ordine del vecchio che voleva una coltivazione selvatica, nessuno vi mise mano n piede, tutti dovevano tenersi alla larga da l, pena il licenziamento, solo lui e la moglie potevano visitarlo e raccogliere i frutti. Mentre raccontava, una strana luce percorse gli occhi di Alfredo. Solo in seguito, per, avrei compreso. Dopo una quindicina di giorni potevo dire di conoscere abbastanza bene la tenuta e, quando non tornavamo a casa immediatamente, prendevo Tamara e in moto le illustravo i luoghi pi suggestivi che avevo scoperto, fumavamo una canna, parlavamo e ci baciavamo. Il mio stato danimo, in quei giorni, non era per dei migliori. Da qualche giorno provavo una sgradevole sensazione di incompiutezza, normalmente avrei dovuto essere sulla costa a salvare vite in spiaggia o a servire piatti di pesce a stomaci affamati, invece mi ritrovavo ancora a casa. Mi ronzavano nel cervello le parole di avvertimento di Alfredo, fino a quando avrei lavorato l? Quando mi ero proposto pensavo solo a star vicino a Tamara, ora per subentravano altre riflessioni, a cosa mi serviva lavorare l? Qualera lo scopo? Effettivamente l non albergava il mio futuro, nella mia testa lidea era unaltra. Un giorno ne parlai a Tamara: - Sai qual il mio sogno? Aprire un bar in spiaggia, ma non una cosa ricercata, un bar semplice che dia cibo e bevande e soprattutto divertimento. A me per primo, poi ai clienti. Lideale sarebbe in un posto caldo. - Sono sicura che verrebbe benissimo. - Solo se ci sarai tu. - Io sono troppo timida per stare in un bar. - Ma sai cucinare benissimo. La mia idea quella di fare due piatti al giorno, due ma squisiti. - In un posto caldo? Ovvio, ti piace linverno, forse? Io ai primi freddi devo subito pensare a coprirmi la pancia, altrimenti marmellata di marroni per tutti! - Fai schifo! - Mi piace come lo dici le risposi, lascivo. - Quando mi parli cos mi fai ancora pi schifo. - Limportante suscitare emozioni. - Tu sei un maestro per quelle negative. - Ora sei troppo severa. - Ho detto in quelle negative, non esclude le altre. - Ora va meglio. - No, va meglio se mi dai un bacio mi disse avvicinando la sua bocca alla mia. Ma ancora non conoscevo i suoi sogni.

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Tanto era incantevole lambiente esterno della fattoria, tanto era inquietante allinterno, la paura regnava sempre sovrana. Venni a sapere che, prima che quel pessimo personaggio di Giovanni cominciasse a prendere in mano le redini dellazienda, quello era un ambiente piuttosto sereno dove si lavorava con la necessaria tranquillit; il vecchio Barbera era duro ma giusto, mi dissero quasi tutti coloro che avevano lavorato alle sue dipendenze. Notai che gli anziani, chiamiamoli cos, erano tutti italiani, i pi giovani stranieri. - Ormai cos mi disse un giorno Lorenzo, uno dei due pastori, mentre ci cambiavamo alla fine della giornata sono pochi gli italiani che vogliono fare un lavoro cos duro. Immagina, il sabato escono, trovano una figa e cosa le dicono, faccio il contadino? No, ormai questi sono lavori per quelli come noi che abbiamo cinquantanni e ci manca poco alla pensione, oppure per schiavi. E se trovi uno come Giovanni diventi uno schiavo perfetto. Met dei ragazzi sono come te, assunti in nero, sottopagati e sfruttati. A loro va bene, piuttosto che niente meglio piuttosto, e a Giovanni va benissimo. Col vecchio Barbera tutti avevamo il pasto garantito, si lavorava sodo, lui era il capo ma sapeva essere giusto con noi. - Ma non dice nulla al figlio? chiesi. - Non riesce pi a tenerlo si intromise Sandro, lo stalliere laltra sera stavano litigando e a momenti Giovanni gli mette le mani addosso. Sta invecchiando in fretta e si rende conto che quella testa vuota roviner tutto ci che di buono era riuscito a costruire negli anni. Tutto questo terreno lha comprato lui subito dopo la guerra grazie a uneredit, non cera nulla qui intorno, e ora guarda cosa ha creato. - Sai che ha firmato? lo interruppe Lorenzo. - No! - Me lhan detto in cucina oggi pomeriggio, pare sia notizia sicura. Tutti si voltarono, anche i ragazzi. Non capivo cosa significasse quella notizia. - Ora cha tutto in mano il figlio mi spieg Lorenzo sai cosa vuol dire?. - Posso immaginarlo. - No, non immagini, troppo poco tempo che sei qui. Se solo provi a chiedere a loro concluse indicando i ragazzi stranieri. E un uomo di merda disse uno di loro, Sergij mi pare si chiamasse. Giovanni ce laveva particolarmente con lui, probabilmente perch le ragazze della cucina apprezzavano molto il suo modo di fare, molto sovietico ma allo stesso tempo rispettoso e quindi sempre moderno, al contrario di quellaltro buzzurro. - Ci tratta di merda continu noi dimostriamo buona volont e lui ci sputa addosso. una merda! termin con disprezzo. - E sempre cos, mio padre era emigrato in Belgio e li trattavano come animali. Ora tocca a loro, gli schiavi degli italiani. Solo che una guerra fra poveri, anche la stragrande maggioranza di noi italiani schiava ma ci fanno credere di no e noi, vedendo sti poveracci e le loro misere condizioni, ci caschiamo, come dei coglioni. E ce lhanno anche detto. Chi aveva parlato era laltro pastore, un signore anziano con dei lunghi capelli bianchi sempre sporchi di paglia e di altri tesori dellovile. Era un solitario, era raro parlasse, lo chiamavano il muto . Io sono italiano disse uno dei ragazzi con un lieve accento dellest, mostrando la carta didentit eppure sono e rester sempre uno straniero. - Spera per i tuoi figli gli rispose il muto con un sorriso di pessimistica complicit. Questo discorso mi colp, portandomi a riflettere sulla condizione di Tamara. Lungo la strada, in moto, le chiesi se aveva conosciuto il vecchio Barbera. - S, una brava persona, in fondo. - Oggi ne parlavano bene, in spogliatoio. - E stato lui ad assumermi. Mi chiese se sapevo cucinare e quando gli risposi di s mi disse di preparare una pasta e fagioli. Fui fortunata, uno dei miei piatti preferiti. Dopo mangiato mi fece i complimenti e iniziai immediatamente. - Sono curioso di conoscerlo, devessere una persona allantica. 131 132

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- Bravo, proprio una persona allantica. Corre voce che addirittura abbia nascosto tutti i suoi averi nella collina, sotterrandoli da qualche parte. Sorrisi. Nel frattempo ci eravamo fermati al bar del parco con una bella birra davanti. - Sottoterra? Ma esistono le banche. - Mi hanno raccontato che una quarantina danni fa rapinarono la sua banca e da quel giorno, nonostante lassicurazione labbia ripagato, decise di ricorrere ai vecchi metodi, pare che in piena notte abbia preso pala e piccone e, aiutato da sua moglie, sotterr tutta la sua fortuna. Ora solo lui conosce il segreto, la moglie malata e Giovanni, pur essendo al corrente della storia, ignora il luogo preciso. Forse sono solo chiacchiere e leggende, ma conoscendo il vecchio probabile sia una storia vera. - Quindi pu essere che talvolta noi camminiamo sopra milioni di euro? - Beh, s. - Soprattutto io che sono giardiniere. Pensa te! Scoprendo il luogo, potremmo diventare ricchissimi in un colpo solo. Tamara sorrise. - In teoria s, per il Barbera una vecchia volpe, sicuramente avr escogitato qualche sistema di difesa. - Sotto il canile, allora. Al Barbera piaceva la caccia, teneva tre setter in una grande gabbia, separati da tutti gli altri bastardini che giravano liberi per lo sconfinato, per loro, territorio. - Ci hanno gi provato, nulla da fare. Le cuoche, molto pi anziane di me, mi hanno raccontato un paio di aneddoti. Il primo a tentare fu un aiuto pastore, ma fu scoperto e cacciato. Poi fu la volta di un falegname, che per due mesi aveva lavorato in fattoria. Pensava di aver scoperto il nascondiglio, il grande ulivo davanti alla casa, cos una notte di temporale si mise a scavare. Il vecchio se ne accorse quasi subito, si dice che dorma pochissimo e che resti sveglio per sorvegliare la collina, ma lo lasci scavare. Quando la buca fu abbastanza profonda, con le sue tre guardie blocc il ladro, lo fece entrare nella buca e lo ricopr fino al collo, lasciandogli fuori solo la testa. Tutti capirono il messaggio, quella testa sporgente in mezzo al cortile aveva tentato il furto. Rest l fino a sera, senzacqua n cibo. - Uau, come gli Apaches. - Che? - Una trib pellerossa, trattavano cos i prigionieri con la differenza che loro li lasciavano agli avvoltoi. un vero duro il vecchio, non vedo lora di conoscerlo! Sarebbe successo presto.

Erano le quattro a Blanco Paraiso. Il cielo completamente terso, il caldo opprimente, ma non sotto il telone e i banani del bar di Ettore. - In fondo comment il Landi quel Giovanni non era una cos brutta persona. Ettore lo fulmin con lo sguardo. - Voglio dire continu quei pezzenti di extracomunitari vanno trattati come faceva lui. Non mi guardi cos, io non sono razzista, solo molto realista. Quelli l arrivano da noi e coshanno? Niente. Cosa fanno allora? Rubano. Lo farei anchio nelle loro condizioni. Lunica differenza che sarebbe la mia ultima carta, prima penserei a cercarmi un lavoro. Loro no, come prima scelta rubare, poi lavorare. Cos chi gli d un lavoro li tratta male perch sa che sono dei ladri. - Non avevo mai visto la faccenda sotto questo punto di vista. - Mi creda, forse lei da tanto che manca dallItalia, ma le assicuro che ormai un disastro. Ladri, puttane e spacciatori, questo arriva nei barconi. Solo ogni tanto qualche onesto lavoratore, anche l non riescono a essere perfetti! esclam il Landi, ridendo fragorosamente per la battuta. Not essere lunico, Ettore restava serio. Immagino che questi discorsi facciano male ad un animo hippie come il suo, ma sono la verit pi assoluta. Se loro sono poveri da sempre e noi no ci sar un perch e questo perch si chiama intelligenza. - Lasci stare lo interruppe Ettore devo andare in cesso. - Lalcol stimola la vescica. - E certe persone lintestino rispose alzandosi. Il Landi lo osservava, gustandosi il momento. Era pure un comunista, quellEttore. O comunque uno di quelli l, visto che adesso faceva vecchio parlare dei comunisti. Fannulloni, li chiamava lui. Li combatteva, in prima linea. In Italia, dopo essere di nuovo riuscito a mettere via una piccola fortuna, grazie al pap e agli agganci giusti al posto giusto al momento giusto, Mitica Italia! pens in quel momento, aveva messo su una banda di cinque elementi, ma con lintenzione di accrescersi, che organizzava spedizioni punitive contro gli 131 132

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extracomunitari con mazze, bastoni, talvolta molotov. Erano nel giusto, combattevano i criminali e chi entrava in Italia senza documenti lo era. Nello stesso tempo davano un esempio a tutti. Provava una straordinaria sensazione di onnipotenza ad ogni azione, la mazza da baseball era il suo attrezzo preferito, leggero ma efficace. Era un lavoro semplice, si trattava di uscire a notte fonda, imbattersi in un qualche poveraccio che dormiva allaperto e riempirlo di botte, se reagiva lanciargli una molotov e filmare la torcia umana. Solo una cosa gli dispiaceva, non averla avuta lui questidea geniale, laveva copiata da un politico, il suo eroe, di cui per, pensa te, non ricordava il nome. Si guard intorno, meditando Questi sono negri bravi, se ne stanno a casa loro e non rompono i coglioni. Allimprovviso si accese una musica sudamericana. Il Landi si volt verso il banco e vide Ettore che accennava qualche passo di danza con Rosa. Gli parve che lei lo guardasse in modo strano, quasi a chiedergli cosa ci facesse l e quando se sarebbe andato. Sorrise educatamente, nonostante tutta quella finzione del bravo signore educato gli pesasse moltissimo. Ettore gli face cenno di ballare ma lui neg. Non gli piaceva farsi vedere da un pubblico diverso dal suo, non si sentiva sicuro. Ettore lasci la presa di Rosa e torn al tavolo. - Non le piace ballare, ma che italiano ? - Mi piace, ma non con questa musica. - Capisco. - Cosa intende? - Che questa musica da negri. Il Landi esplose in una grassa risata. - Prima ho colto nel segno, eh? Ma lasciamo perdere questi discorsi, continui la storia, mi pare di capire che ora inizia la parte avvincente. - Come le stavo raccontando, qualche giorno dopo conobbi il Barbera. Quel giorno, nonostante fosse fine maggio, cera un tempo pessimo, per tutto il giorno grossi nuvoloni grigi e scuri avevano sorvolato le nostre teste, senza mai minacciare pioggia. Ovviamente, alle cinque meno cinque si alz un vento terribile, violento e freddo, e le nuvole cominciarono ad ammassarsi e a girare vorticosamente. Tutti scapparono in fretta e furia, Tamara compresa, ma io ero in moto e restai da solo ad aspettare che finisse il temporale. Mi riparai sotto il portico del lato lungo della casa, quello dove si trovava lufficio. Che si apr e ne spunt un omino vestito alla maniera contadina, con grossi calzoni marroni e un maglione verde, evidentemente per coprirsi dal vento. Non si era accorto di me, avevo capito immediatamente di chi si trattava. Me lero immaginato pi alto, invece quel metro e sessanta scarso era riuscito a costruire quel piccolo paradiso. Rammentai le parole di Sandro, il vecchio sapeva che il figlio avrebbe rovinato tutto, e provai a immaginare i pensieri di quelluomo ora che guardava la sua propriet attraverso la pioggia. Ma evidentemente non stava pensando a quello perch si gir e mi vide. Eravamo a dieci metri di distanza, mi si avvicin. - Che ci fai qui? Chi sei? - Piacere, Ettore, sono il nuovo giardiniere. Poi cap. - E tua la moto? - Sto aspettando che spiova. - Vieni dentro, un po pi caldo. Entrammo nel suo ufficio, una stanza dai colori molto caldi, bisogna riconoscere che aveva buon gusto. Alla luce lo osservai un po meglio. Dimostrava un po meno dei suoi 65 anni e le occhiaie scavate e le rughe della fronte facevano capire che quelluomo nella sua vita ne aveva passate delle belle. Mi fece cenno di sedermi su una poltrona. Notai che mancavano le sedie, cerano solo poltrone. - E allora, nuovo giardiniere, come ti sembra la fattoria? esord accendendo una sigaretta, cosa che feci anchio visto che si poteva. - Lavoro qui da un mese e devo dire che la trovo affascinante, ho anche avuto la fortuna di cominciare nella stagione giusta. - Decisamente, questa esplosione di colori primaverili mi scioglie il cuore ogni anno come se fosse la prima volta. Qual la tua stagione preferita? - Proprio questa. - Perch? - Perch tutto rinasce, gli animali, le piante, noi stessi. - Sei giovane e hai la speranza nel cuore. Un giorno capirai che in primavera non rinasce un bel niente, le disgrazie capitano anche nelle belle stagioni. - Forse per si reagisce meglio. - Qual stata la tua disgrazia pi grande, figliolo? Restai interdetto. - In realt non mi interessa mi disse, sempre in piedi e guardando dalla finestra mi bastano le mie, di disgrazie. 131 132

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- Forse dovrebbe pensarci di meno. Si volt furioso. - Che ne sai tu? Sai qualcosa, forse? - Non serve arrabbiarsi gli dissi alzandomi Forse meglio se me ne vado. - Scusa, sono nervoso. Sono appena arrivato e forse non sono affari miei, ma ho sentito che ha lasciato tutto in mano a suo figlio, sono queste le sue preoccupazioni? azzardai. Sorrise. Mi guard a lungo, in silenzio. - Che vuoi fare, tu, nella vita? - Il mio sogno aprire un bar in spiaggia, possibilmente in un paese caldo. - Quindi lontano dallItalia. - E dallEuropa, probabilmente. - Dovrai abbandonare tutto. - Per conoscer le mie capacit. Vada come vada, bene o male, almeno ci avr provato. Voglio avere meno rimpianti possibile quando la morte verr a prendermi. Ho paura della morte, meno rimpianti avr e pi sar possibile sorriderle nel momento estremo. - Hai le idee chiare. - Per nulla, sono proprio nebulose, a dir la verit. Ma pian piano mi accorgo che prendono forma. - Quanti anni hai? - 25. - Dieci in meno di mio figlio, e possiedi uno spirito guerriero che a lui manca completamente. Forse colpa mia, non lho saputo educare bene. - Probabilmente vero. Mi guard, dubbioso e perplesso. Anche adesso lo sta difendendo continuai d la colpa a s stesso, in realt sono convinto che ciascuno di noi conosce benissimo le conseguenze dei propri comportamenti e ne pienamente responsabile. - Cosa ne pensi di Giovanni? - Non una bella domanda, lei suo padre. - Fuori piove e gi conosco la tua risposta. - Posso dire che non mi simpatico. Invece ho sentito parlare molto bene di lei. - Mi sono sempre considerato una persona fortunata disse guardando e poi dirigendosi verso due enormi foto appese alle pareti - avvicinati, guarda queste foto. Quella in bianco e nero stata scattata il giorno in cui ho acquistato questa propriet. Quella a colori cinque anni fa. Tutte le differenze le ho apportate io con laiuto di molti contadini, e ne sono fiero. Io osservavo le due foto, cogliendo i notevoli cambiamento. Sostanzialmente riguardavano le coltivazioni, nella seconda foto erano molto pi numerose e ordinate. La casa invece era stata semplicemente restaurata e ampliata, notai che anche il nostro capanno era stato costruito in epoca successiva. Mi piaceva il gioco delle differenze, anche sulla Settimana Enigmistica lo risolvevo sempre. - Ora che Giovanni gestir tutto sono preoccupato mi distolse dalle mie riflessioni il vecchio Barbera non ci sa fare con le persone. - Per nulla, glielo assicuro. - Io non posso farci pi nulla, ormai lui il capo. Ma tu che ci fai in questo posto, perch lavori qui? - Non lo so bene nemmeno io risposi, stando attento a non parlare di Tamara, avevamo deciso di tenere segreta la nostra storia al lavoro solitamente facevo la stagione per poi investire i soldi in viaggi, ma questanno ho cambiato idea. Per non sono sicuro di aver fatto la scelta giusta, ho un sacco di dubbi, mi sa che si sta avvicinando ogni giorno di pi il momento dellimpresa utopica. Manca solo il coraggio di fare quel passetto verso lignoto. - Fallo ora che ne hai la forza e lentusiasmo perch caleranno inesorabilmente anno dopo anno. - Se lei ha costruito tutto questo non credo. - Mi piaceva, la campagna sempre stata la mia passione. Se la tua la spiaggia vacci, non farai alcuna fatica. Pensai che aveva ragione. Riguardai le fotografie, quasi a cercare in quello che lui aveva fatto la forza per reagire pure io a questa fase di stallo della mia vita. A quella seconda occhiata mi sentii stranamente inquieto, qualcosa che non riuscivo a mettere a fuoco mi aveva colpito. - Ha smesso di piovere annunci con voce solenne il Barbera e sta anche uscendo il sole. Approfittane e parti. Cos feci. Lungo la strada guidai piano, mi chiedevo il perch di quella sensazione di inquietudine, qualcosa nella foto mi aveva colpito. Ma pi ci pensavo e pi mi sfuggiva il particolare. Talvolta sembravo riuscire a vederlo, ma quando stava per diventare nitido si allontanava, nascondendosi nuovamente. 131 132

Nome Autore Eppure mi rendevo conto che era una cosa probabilmente importante. Ci rinunciai, mi sarebbe tornato in mente in seguito, mi dissi.

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- Io adoro il mare, devessere perch sono cresciuto in collina disse Ettore al Landi stendendo un braccio in direzione dellOceano appena ne ho la possibilit vado ad ammirarlo, come quel giorno a Genova. Credo sia dovuto alla linea dellorizzonte, in collina e in montagna non si vede e viene a mancare la speranza nellignoto, in qualcosa di meglio l dove non si arriva a vedere. Era domenica, io e Tamara stavamo facendo lultima passeggiata di quel fine settimana genovese. Arrivati il giorno prima, avevamo passato tutta la sera in camera, avevamo persino mangiato l. Quella notte dormimmo insieme, in una pensione fatiscente vicina al porto, molto affascinante dal mio punto di vista, orribile dal suo. Effettivamente molte facce da galera usavano il marciapiede sottostante le nostre finestre per vendere tutto ci che era illegale. Sporgendomi per osservare, vidi un gruppo di persone, bianche e di colore, che servivano ragazzi di tutte le et, probabilmente vendevano fumo o coca, o tutte due. Poi uno di loro mi vide e mi indic agli altri, immediatamente richiusi le finestre. Da sotto cominciarono a urlarmi di tutto, ora non le ripeto le parole perch ininfluente, ma bast perch Tamara esplodesse. - Che posto di merda! - Costa poco, per. E poi non ci fanno niente sti qui. - Non mi piace lo stesso. - Che fai, la viziata? - Sai che non sopporto quando mi dai della viziata. Io non so nemmeno cosa vuol dire esserlo. - Allora ti puoi adattare a questo posto. - Hai voglia di litigare? - Tu, forse. - Senti, ti ho semplicemente detto che questo un posto di merda, e siccome una cosa oggettiva, non mi puoi rompere i coglioni. - Ma siccome lho scelto io significa che ho scelto un posto di merda. - Infatti! Ma ti da fastidio ammettere di aver sbagliato. - Non ho sbagliato, ho solamente scelto male. - Vabb, hai scelto male. - E tu sei viziata perch non ti va bene. Prese una scarpa e me la scagli contro. Colp in pieno il sopracciglio, rimasta la cicatrice, vede? Ettore col dito indic un segno lungo circa un centimetro, proprio sopra locchio destro Cominciai a sanguinare ovunque, segnai la strada fino al bagno, in quel momento ,con tutto quel liquido rosso sparso ovunque, la stanza si adattava perfettamente al contesto esterno. Tamara disse Oddio e mi port in bagno, entrai nella vasca a sciacquarmi. Quando smise di sanguinare, mezzora dopo, mi guardai allo specchio. Servivano dei punti, ma ero troppo codardo per correre in ospedale. Talvolta quando mi specchio la mattina mi pento ancora di quella scelta. Ma non in quel momento, perch Tamara mi abbracci e con una sincera stretta mi trasmise tutto il suo dispiacere. Era raro che fosse lei ad abbracciare per prima, mi godetti appieno quel morbido frangente. Poi ci stendemmo a letto. Mi chiese scusa. - E stata colpa mia, ti ho provocato - risposi. - Sei un po stronzo a volte. - Mi si illuminano gli occhi quando ti vedo arrabbiata, mi eccita un sacco. - Sei ancora eccitato? - No, devo farti arrabbiare di nuovo. - Non ci provare, la prossima volta miro pi in basso. - Ma cos rimani senza gioco. - Giochino, vorrai dire esclam ridendo di vera allegria e buttando la testa allindietro, i suoi capelli scuri rimasero sospesi. Non risposi, restai a guardarla in tutta la sua luminosa curvatura dal seno al mento. Poi lei si rizz e le dissi: - Ti amo. - Sss, ci sono cose che non vanno dette. 131 132

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- Dal primo momento, da quel davanzale. - Quella sera avevo perso il pullman precedente, fu un caso che passassi di l a quellora. - Il caso, la casualit, senza di loro la vita sarebbe davvero noiosa. - Tu ci credi nellamore? - Cosa ti viene in mente adesso? - Che cos lamore? - Sei tu. - Risposta sbagliata, siamo noi. - Voglio passare tutto il mio tempo con te. - Non possibile. - Ma io lo voglio lo stesso. Voglio regalarti viaggi, conoscenze, emozioni. - Me le stai gi facendo provare. - Non abbastanza, non sar mai abbastanza, voglio che tu sia la donna pi felice del mondo, la regina del mondo. - Per ora mi accontenterei di essere una principessa. - Sul pisello? - S, ma non il tuo. - Lo sapevo, hai un altro. - Ci sei solo tu. - Dimostramelo. Anche in questo caso, e sempre per decenza, non le racconto la dimostrazione. Ma non facemmo lamore, non era ancora il momento. Pi tardi, stesi sul letto sfatto ma ancora vestiti e legati in uno stretto e morbido abbraccio, pensavo alla nostra condizione, a quello che il futuro poteva riservarci. Mi accorsi con una punta di perplessa meraviglia che stavo pensando per due. - Dobbiamo partire le dissi. - Per dove, tesoro? - Non lo so, da qualche parte. - Ancora con quellidea? - S, quando sono felice mi si presenta sempre davanti agli occhi, evidentemente mi sorride. - Come facciamo? Con che soldi? - Lo so, ne abbiamo gi parlato. - Per, anche solo pensarci mi fa sentire meglio mi annunci con un sospiro. - Vieni qui, abbracciami forte, voglio sentirti. - Cos mi senti? - S, amore, tu sei il mio amore. A quelle parole il mio corpo si blocc. Mi irrigidii. - Coshai detto? - Che sei il mio amore, che c di strano? mi chiese, preoccupata. Ma io avevo capito. Ora sapevo. - Coshai? chiese Tamara liberandosi e girandosi a guardarmi, turbata. Stai bene? Mi si era materializzato quel dettaglio che da qualche giorno mi sfuggiva. Chiaro come il sole. - Le more! dissi Sei speciale! le urlai abbracciandola e saltando sul letto. Mi vuoi spiegare qualcosa, brutto imbecille che non sei altro? mi rimprover dopo che nella foga le avevo pestato un piede. Se vero che il vecchio ha sepolto il suo patrimonio le annunciai, frenetico forse, anzi, quasi sicuramente, ho scoperto il nascondiglio. Il roveto! Ecco quello che avevo notato ma non riuscivo a mettere a fuoco. Il roveto! ripetei, sempre saltando sul letto. - Il roveto? Dove ci sono le more? Ecco cosa mancava nella prima foto e invece cera nella seconda! Quand che il vecchio ritir i soldi dalla banca a causa della rapina? - Circa quarantanni fa. - E circa quarantanni fa inizi a coltivare il roveto. Personalmente. Quel luogo inavvicinabile per tutti. - Perch una qualit speciale, ci ha spiegato, in pi ha paura che gliele rubiamo. - Ma perch ha deciso di metterlo in quella posizione, te lo sei mai chiesta? Se ci pensi strategica. - Non conosco bene la zona, sono sempre in cucina, lunica volta che ci sono andata mi ci hai portato tu. Gi, mi ero sempre chiesto perch non laveva messo sotto casa, ora capisco. Dai tre lati scoperti impossibile accedervi, si viene sicuramente visti, il quarto lato invece riparato naturalmente dal fiume. - Secondo me ti stai immaginando tutto. - Pu essere, ma pu anche essere che abbia ragione. - Non pensarci, vieni qui a coprirmi di carezze. 131 132

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Quella notte non riuscii a dormire, sebbene fosse unidea assurda e ci fosse mezza possibilit su un milione che avessi ragione, qualcosa nel mio modesto cervellino mi diceva che dovevo continuare a crederci, che dovevo scavare, in tutti i sensi.

Pi ci pensavo e pi mi dicevo di aver ragione, di aver visto giusto, di aver avuto lintuizione regina; Tamara non era daccordo, diceva che stavo vaneggiando e dovevo tornare coi piedi per terra. Ma il pensiero di quel tesoro mi stava ossessionando. Terribilmente ossessionando, io lo vedevo, me lo immaginavo, lo sognavo addirittura di notte, si rende conto, signor Landi? - La capisco benissimo. Ma come faceva a essere cos sicuro del nascondiglio? Possibile che il figlio non ci avesse mai pensato? - Glielho detto disse Ettore guardando lospite con un sorriso il figlio era un cretino, non ci sarebbe mai arrivato. - Sicuro? Magari stava aspettando il momento propizio. - Non credo, conoscendolo sono sicuro che, una volta entrato in possesso dei soldi, si sarebbe dato alla pazza gioia dilapidando la fortuna. Il Landi non ci vide pi: - Lei invece avrebbe saputo cosa farsene? esplose, alzandosi e alzando anche il tono di voce, fino a quel momento pacato Anche lei si sarebbe dato al divertimento pi sfrenato, cosa le fa pensare che la sua scelta sarebbe stata la migliore? Ettore si stup per lo sfogo, rest allibito e la sbronza non lo aiut certo a dissimulare la reazione. - Mi sono lasciato trasportare un po troppo si scus subito il Landi tornando a sedere che davvero mi difficile pensare come lei. Se i soldi erano di quel Giovanni a lui dovevano restare e a lui toccava spenderli come meglio credeva, non pensa? Sono perfettamente daccordo, per deve convenire che non giusto che ad avere i soldi debbano essere sempre le teste di cazzo. Il Landi sbatt violentemente il pugno sul tavolo. Lira gli aveva nuovamente agguantato lanimo. - Continuo a ripeterle che lei non pu giudicare le fortune degli altri. - Devo pensare a me stesso. - Esatto, gli altri penseranno a loro stessi. - E sar un mondo di individualisti. - Emb? Pi la gente si fa i cazzi suoi e meglio si sta. - Allora deve sentire la continuazione della storia disse Ettore con calma. Come le stavo dicendo quei soldi diventarono un vero e proprio tormento, persino Tamara mi rimproverava di pensarci troppo. Per ed Ettore si sporse verso il Landi lei sarebbe riuscito a vivere sapendo di camminare e lavorare a diretto contatto con una fortuna? Pi volte, in quei giorni, scoprii che la mia mente, invece di tranquillizzarsi e pensare ad una vita normale, abbozzava piani di avvicinamento al roveto, mi spingeva ad andare dalle parti di quella zona selvaggia, cos, giusto per dare unocchiata. Deve capire che per me si trattava di un gioco. Lo scopo? Rubare un intero patrimonio. Cos mi immaginavo di scavare una galleria, di passare di soppiatto in mezzo al roveto, con le spine che mi graffiavano la carne delle gambe e delle braccia e del viso, dove poi sarebbe rimasta una cicatrice in ricordo del mio gesto. Immaginavo i luoghi dove potevamo fuggire io e Tamara, luoghi esotici, luoghi caldi, ma anche freddi, con tutti quei soldi avremmo potuto girare il mondo, senza fermarci mai, alla ricerca della felicit, della nostra felicit. Avremmo potuto decidere giorno per giorno il nostro futuro, nulla si sarebbe interposto fra noi e la nostra spensieratezza, nulla avrebbe potuto intaccare il nostro amore, perch noi due insieme potevamo costruire qualsiasi cosa, lo sentivo dentro di me. Purtroppo, quando la mente tornava al quotidiano, queste mie fantasie si scontravano inevitabilmente con la realt, con le mille domande che si affannavano a trovare una risposta nel mio cervello. Era davvero quello il nascondiglio? E se s, come avvicinarsi senza essere scoperti? E l in mezzo, dove cercare? Ma soprattutto, Tamara era daccordo con me? Non trovavo le risposte, o forse non volevo trovarle, era un modo per tenermi tranquillo, perch dopo la rivelazione di quelle due foto non ero pi io, me lo diceva pure Tamara. Ma non potevo farci nulla, la mia fantasia vinceva sempre, mi portava in alto, in volo, a sognare. Finch un giorno Alfredo accese una luce nel mio tormentato buio. Mi pare fosse inizio giugno o gi di l perch faceva un bel caldo. Per tutta la mattina lavorammo ai vigneti proprio a ridosso del roseto, una vera tortura per me, dovevo controllare le viti e invece mi sorprendevo spesso con lo sguardo immerso in quelloceano di spine. 131 132

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Quando fu lora della pausa pranzo salimmo sul giogo e, stesi allombra di una quercia secolare, mangiammo un panino osservando il panorama della fattoria. Alfredo mi guardava mentre addentava il suo panino, ma non ci feci caso, stavo osservando il mio assillo, il roveto, era pi forte di me. Con Alfredo, sebbene ci conoscessimo da poco, eravamo riusciti a costruire un buon rapporto, era un responsabile capace e organizzato, nella sua semplicit. Spesso si mangiava assieme, cos cera loccasione di far quattro chiacchiere. Capii che era affascinato dalla vita dei viaggiatori, mi aveva raccontato di essere uscito solo due volte dallItalia, entrambe con sua moglie, la prima per recarsi in pellegrinaggio a Santiago de Compostela, la seconda per il matrimonio della figlia con un francese a Nantes. Probabilmente erano i miei viaggi a rendermi particolarmente simpatico ai suoi occhi. Ma quel giorno Alfredo mi stup e mi prese in contropiede, facendomi capire quanto fosse sveglio quelluomo ormai prossimo alla pensione. Cosa ci trovi di interessante in quellintricato ammasso di spine? mi chiese allimprovviso. Senza motivo, e fu molto eloquente per me, mi sentii come i bambini che vengono sorpresi con le mani nel vaso delle caramelle. - Come? domandai cercando di prendere tempo per pensare. - Ho notato che da qualche giorno guardi sempre il roveto continu, girando lo sguardo alla sua destra, fintamente disinteressato. - Dici? No, non c nulla di interessante laggi. - Ti sbagli di grosso. Non sapevo che dire, che gli prendeva ad Alfredo? Poi si gir verso di me, e avvicinandosi mi disse sottovoce: Ho fatto una scommessa con me stesso, ma lho persa a causa tua, ti avevo sopravvalutato. Mi ero chiesto quanto ci avresti messo a scoprirlo e ti avevo dato un mese, un mese e mezzo. Invece tu ce ne hai messi quasi due. - Di che stai parlando? continuai nella mia incredulit, falsa fino al midollo. - Hai capito benissimo. Sei un ragazzo sveglio, Ettore, ce la puoi fare. Non credevo alle mie orecchie, Alfredo mi stava suggerendo di tentare il colpo. Sempre che di questo stessimo parlando, lui evitava in ogni modo di essere preciso. - Ci ha gi provato qualcun altro? buttai l. - S, ma sempre nel posto sbagliato. Del resto a nessuno verrebbe in mente di cercare l. - A me e a te s, a quanto pare. Siamo i giardinieri, giriamo tutto il giorno per questo ambiente, a meno di non essere completamente imbecilli prima o poi lo si capisce. - Quanto ci hai messo tu? - Conosco il segreto di quel posto da dieci anni. - Perch non ci hai mai provato? A 50 anni? Rischiare di perdere tutto? No, ho aspettato, sapevo che prima o poi quello che avevo scoperto sarebbe venuto utile ad altri. - Ma ci sar una fortuna! - Certo, ma mi ritengo pi fortunato io. Sono in salute, sposato con una moglie che amo e che mi ama e fra un anno e mezzo sar in pensione. No, non fa per me. Ma tu hai la vita davanti, e sei un romantico, lho capito dal primo momento che sei arrivato. Mi sei simpatico, sei un bravo ragazzo, magari un po pi di voglia di lavorare non ti farebbe male, ma sei onesto, non ti sei mai approfittato di me. - Tu dici che si pu fare? Poi mi venne in mente che mi stavo allargando un po troppo, perch tutti questi complimenti? Cominciavo gi a non fidarmi delle persone. - Certo, con un po di organizzazione pu riuscire. - E chi mi dice che in realt non sei daccordo con loro? Che forse mi stai spiando? Scusa, ma in questo posto la diffidenza dobbligo. Per questo ti spingo a farlo, ruba tutto e lasciali in braghe di tela, questa gente non merita altro. Poi vattene, abbandona questo luogo e vai a viverti la vita altrove, non inquinarti lanimo da queste parti. - E a te cosa te ne viene? - La soddisfazione di aver fatto qualcosa per rovinarli. - Ma mi hai detto che il vecchio era una brava persona. - Ma da qualche giorno tutto quello che ruberai di Giovanni, non ci avevi pensato? Queste parole cambiavano tutta la prospettiva. Era vero, avrei derubato un furfante, un farabutto, uno che quei soldi non se li meritava, mi sarei sentito meno colpevole, una volta riuscito il piano. Se riusciva. Ma il dialogo con Alfredo aveva aperto nuovi scenari. Avevo avuto la conferma dei miei sospetti e, soprattutto, era possibile il furto. Mi scoprii sotto una luce diversa. Per la prima volta non ero solo nei miei piani, mi veniva automatico pensare anche a Tamara. Se tutto questo fosse accaduto lanno precedente, probabilmente avrei messo in atto il mio piano da solo, ora sentivo il bisogno di coinvolgere Tamara. 131 132

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E se lei avesse rifiutato non sono sicuro, ancoroggi, che avrei proseguito nella mia idea. Questo pensiero mi turbava, era evidente che linnamoramento per Tamara era ormai totale. Ma anche la mia coscienza era messa a dura prova. Non sono mai stato uno stinco di santo, ma per la prima volta nella mia vita mi trovavo ad avere la possibilit di infrangere le regole per ottenere una fortuna. Era diverso dal rubare le caramelle o andarsene da un locale senza aver pagato, qui si trattava di premeditazione, quindi di elaborare un piano e metterlo in pratica, significava trasformarsi in ladri professionisti. Ci che pi mi spaventava, riflettendoci, era che una volta fatto il colpo saremmo dovuti sparire per sempre e chiss quando avremmo potuto fare ritorno in Italia, rivedere i nostri cari, i nostri amici, bisognava dare un taglio netto per non essere scoperti. Cos mi resi conto che nessuno doveva conoscere il mio piano, neppure le persone pi vicine a me dovevano conoscere la verit. Chiss se Tamara sar disposta a questi sacrifici, mi chiedevo. Cos mi trovavo a viaggiare sullorlo di un burrone, restando dovero non cadevo, ma buttandosi la nostra vita forse sarebbe migliorata. Oltre a questo cera il piacere del gioco, mi sentivo leroe di un film, con la sola differenza che in un film la sceneggiatura era gi stata scritta; in questo caso ero io lo sceneggiatore e chiss se avrei avuto la forza e la possibilit di portare a termine la mia avventura. Cos restavo a crogiolarmi nel possibile pensiero della rapina senza per decidermi a fare il passo decisivo, che in quel caso era parlarne seriamente con Tamara. Ma la classica goccia che fa traboccare il vaso stava arrivando, ancora non lo sapevo ma aveva le fattezze di Giovanni.

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Eravamo in quellepoca dellanno in cui le giornate sembrano non finire mai e il caldo aumenta giorno dopo giorno. Il paesaggio delle colline cambiava, da verde lussureggiante, almeno fino a una settimana prima, si trasformava in giallo, il sole bruciava e seccava lerba e le piante. Nel giro di qualche giorno quel colore, tipico dei quadri di Van Gogh, sarebbe diventato predominante, segnando cos lingresso nella stagione calda, lestate. Tre giorni dopo la mia conversazione con Alfredo, Giovanni ci convoc, dopo le cinque ovviamente, nellufficio che fino a poco tempo prima era del padre. Allorch mi trovai nella stanza mi torn alla mente il colloquio col vecchio Barbera nel giorno di pioggia, e la sua idea del figlio. Pi guardavo Giovanni, vestito con un paio di jeans da lavoro e una camicia da boscaiolo stile Canada e pi compativo quel poveruomo, costretto a cedere lattivit di una vita nelle mani di un incompetente che probabilmente avrebbe rovinato tutto. Giovanni ci invit a sedere. - Sar breve esord devo comunicarvi un paio di decisioni dellazienda, quindi mie. Siamo in un difficile periodo economico, ci sono pochi soldi. Di conseguenza dobbiamo ridurre le spese, a partire da voi. Voi lavoratori costate troppo, lo Stato pretende troppe tasse da me e quindi sono costretto a licenziare alcuni di voi. - Ora, signor Landi, deve sapere che a me non importava granch di queste decisioni dal punto di vista lavorativo, ma mettevano a rischio il mio piano. Le espressioni di quasi tutti i miei colleghi erano invece un misto di attesa e terrore. Giovanni prosegu. - Ci ho pensato tanto e questa la geniale idea: met di voi, i pi giovani e italiani resteranno alle nostre dipendenze, gli stranieri in nero. - E noi anziani? domand Alfredo. - Avete sei mesi di tempo da ora per trovarvi un nuovo lavoro, questo il preavviso che devo darvi per legge. - Non puoi fare questo esclam Alfredo fra un anno e mezzo vado in pensione e con me anche loro due indicando i due pastori chi ci vuole a questa et? Lasciaci qui ancora un anno e mezzo, poi ce ne andiamo. Giovanni sorrise. E proprio questa la faccia che volevo vedervi fare. Siete stati bene con mio padre, anche troppo, ora di cambiare. Non me ne frega nulla della vostra pensione, non un problema mio, ne ho gi abbastanza. Questo deciso, signori, pi avanti sar pi preciso. A proposito stava uscendo e si volt verso di noi aumenteranno le ore di lavoro ma non gli stipendi, mi ero dimenticato di avvisarvi. E usc ridendo. Noi restammo l, vedevo langoscia nei volti di Alfredo e dei pastori. - Una carognata fu lunico commento di Lorenzo. I ragazzi stranieri cominciarono a parlare fra loro, notai che si erano formati tre gruppi, Alfredo e gli altri due, vicini i ragazzi italiani e gli stranieri, tra cui anche Tamara. E poi io. Ad un tratto Alfredo alz lo sguardo e cerc il mio. Vidi rabbia, disgusto, odio, pena, sorpresa; ma tanto bast a farmi prendere una decisione. Me lo stava chiedendo silenziosamente. Io invece stavo pensando al perch una persona possa essere cos malvagia, la risata finale mi aveva inquietato moltissimo, sembrava uno di quei cattivi dei fumetti o dei film, ha presente? - Beh disse il Landi anchio sono imprenditore e posso capire, le difficolt finanziarie portano a gesti estremi. Del resto senza limprenditore non esisterebbero gli operai. - Anche senza gli operai non esisterebbe limprenditore, da solo non potrebbe mandare avanti unazienda rispose Ettore. - Con lunica differenza continu il Landi che limprenditore rischia i suoi soldi, loperaio no. - Per gli operai, pur aiutandolo, otterranno comunque meno soldi, in proporzione. - E tutta una questione di rischio, caro mio, io rischio e io ottengo di pi. Loperaio non rischia e ottiene di meno. - Ma loperaio non sarebbe operaio se avesse le possibilit economiche per aprire unazienda. - La smetta con sti discorsi pseudo - comunisti, ne ho gi sentiti troppi intim il Landi con una smorfia che esprimeva noia e, se non sbaglio, anche lei un imprenditore concluse sardonico. - Che fa, cambia discorso? 131 132

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- Io resto dellavviso che quel Giovanni ha fatto bene, a quel tempo gli extracomunitari si accontentavano di un pezzo di pane e lui ne ha approfittato per risparmiare, unottima scelta, lavrebbe fatta qualsiasi buon imprenditore. E tenga presente che faceva un bene alla societ, almeno quelle persone sarebbero rimaste in fattoria a lavorare invece che a rubare o a spacciare per la strada. Poi not lespressione di Ettore. Scusi, mi ero dimenticato che a quel tempo lei stava con la Kosovara. Ettore fece uno sforzo sovrumano per non rovesciare il tavolo sulla pancia del Landi e poi saltarci sopra, ma qualcosa in quelle parole lo aveva colpito, lannebbiamento dellalcol per gli impediva di metterlo a fuoco. Si ripromise di pensarci in seguito. - Vada pure avanti lo esort il Landi eravamo arrivati che - Me lo ricordo doveravamo lo blocc violentemente Ettore. Poi prosegu. - E cos quella sera parlai seriamente a Tamara del mio progetto. Allinizio non ne volle sapere, era contraria a priori perch diceva che per quanto fosse giusto moralmente, restava comunque un furto. Lei non voleva averci a che fare, che ci andassi io da solo, mi disse, ma sapevo che lavrei persa. Era per unoccasione imperdibile. Ancora adesso, quando ripenso a quei momenti, non mi riconosco, il mio lato istintivo stava vincendo nettamente la lotta con quello razionale. Pur essendone conscio, evitavo di riflettere sui rischi di tutta la faccenda, per me esisteva solo la possibilit di un furto da film, di un futuro felice con la donna che amavo e la possibilit di vendicarmi su un personaggio che tante ingiustizie creava. E cos insistei a lungo finch ottenni la promessa che ci avrebbe pensato a mente fredda. Fortunatamente per me, Giovanni mi diede un inaspettato aiuto. Un paio di mattine dopo, infatti, assistei a una scena disgustosa e che mi port a conoscere il vero odio. Stavo fumando una sigaretta vicino alla cucina, aspettando il momento propizio per salutare Tamara. Erano allincirca le undici, improvvisamente spunt Giovanni, avvicinandosi a grandi passi. Entr in cucina senza vedermi, ero riparato da una siepe. Mi accostai alle finestre e lo vidi mentre passava in rassegna i fornelli, interessato pi alle cuoche che alle pietanze. Schiaffeggi un paio di culi finch arriv a Tamara. La cinse da dietro e le diede un colpo col bacino. Lei si scost, ma lui le afferr le braccia e la strinse a s, cercando di baciarla. Non ci vidi pi, senza pensare entrai in cucina. Scoppi il panico, le cuoche mi incitarono ad uscire, Giovanni liber la presa e Tamara corse da me. - Lascia perdere mi disse spingendomi vattene. - E tu che cazzo ci fai qui, non hai da lavorare? mi apostrof Giovanni. Poi si rese conto della situazione. - E il tuo uomo? chiese rivolto a Tamara. - S risposi io, ma non mi lasci terminare. - Sei cos preso male da prenderti una kosovara? Pronunciate da quellessere orribile, quelle parole ebbero leffetto di una scintilla in una raffineria. Parla uno che per trombare deve probabilmente pagare il doppio del normale, dal momento che nemmeno una kosovara ti lascia avvicinare dissi andando verso di lui. Fu un errore madornale, Giovanni arross di rabbia e, senza che me ne accorgessi, prese la pentola del sugo bollente e me la scagli contro. Riuscii ad evitare il grosso, ma una parte fin sulla spalla, ustionandomi. Urlai e, nonostante il dolore mi avventai su di lui. Proprio in quel momento entr suo padre, attirato probabilmente dal mio urlo, a separarci. Non volle sapere cosa fosse successo, semplicemente mi ordin di andare a curarmi. Ribollivo di rabbia, non tanto per lustione, ma per la prepotenza di quel bestione senza cervello. Fu mentre mi allontanavo che presi la definitiva decisione. Con o senza Tamara avrei tentato il furto, costasse quel che costasse dovevo vendicarmi e dare una lezione a quellimbecille. E quella sera Tamara mi venne incontro. Giunse a casa senza preavviso, cosa che non aveva mai fatto. Io ero a letto con unabbondante fasciatura sulla spalla. Quando entr nemmeno mi salut. - Dimmi quando e sar pronta mi disse. - Vieni qui. Si avvicin e si sedette sul bordo del letto. - Lo fa da tanto? Non disse nulla, ma lessi nei suoi occhi la verit - Quella merda sospirai non si pu uccidere come meriterebbe, ma gli daremo una lezione memorabile. - Ho paura, Ettore, e se va male? - Non pu andare male, siamo noi due, la coppia infallibile. Sorrise.

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- Sono convinto ci sia una giustizia da qualche parte continuai e ora ci sta guardando. Ma dobbiamo fare in fretta, abbiamo poco tempo, fra poco suo padre gli sveler il nascondiglio e sicuramente lui trasferir i soldi. E non so per quanto ancora lavorer l, dopo lultima scena. - Grazie per oggi, anche dalle mie colleghe. - Vedrai, rideranno tutti come matti, appena sapranno cosabbiamo fatto. Ma Tamara a quelle parole si incup. - Stavo pensando proprio a questo, se noi rubiamo tutto il patrimonio lazienda chiuder e tutti i lavoratori verranno licenziati. Non credo saranno cos contenti. Io non ci avevo pensato, per molti di loro restare senza stipendio anche per un solo giorno significava rivedere tutta la propria economia mensile. Avevo fatto i conti solo con la mia vita, senza pensare alle conseguenze di quella degli altri. - Prendi me continu Tamara - se resto senza stipendio per una settimana soltanto non arrivo a fine mese e devo chiedere aiuto ai miei fratelli. Le due cuoche hanno due figli a carico, qui in Italia. - A questo non avevo pensato, in effetti. Non smetter mai di ammirare la tua sensibilit. Non questione di sensibilit, Ettore, credo sia solidariet. Quando il tuo paese diventa povero le persone povere tendono ad aiutarsi di pi, lho notato a casa. - Forse perch tu hai dovuto sopportare queste esperienze e sofferenze che sei pi sensibile di me. Tamara mi guard. - Le sofferenze sono brutte per chiunque, tutto sta nel dove uscir lo spermatozoo che ti generer. Io sono nata in Kosovo negli anni 80 e ho dovuto vivere le mie sofferenze; tu sei nato in Italia e hai vissuto le tue. Se io ti raccontassi le mie tu conosceresti, ma non arriveresti a comprendere appieno, cos come succederebbe a me se fossi tu a raccontare, sono esperienze troppo intime che hanno avuto significato solo per noi stessi. Limportante che siamo insieme a parlarne e ad amarci. - Per le tue sono state pi pesanti delle mie. - Non vuol dire nulla, tutto dipende da come uno le vive e le elabora. Mi accorsi che i dubbi di Tamara stavano frenando il mio entusiasmo. - Ascolta, Tamara, io mi rendo conto che per loro sar difficile, ma sar difficile anche se resteranno con quellaguzzino, cosa ti sembra meglio? Liberarsene e cercare un altro lavoro o continuare a soffrire le angherie di Giovanni? Andr tutto bene, fidati, un giorno ti ringrazieranno per avergli dato lopportunit di sciogliere i legami con quel posto. Hai visto cosha fatto ad Alfredo e gli altri? Quando Alfredo mi ha guardato ho letto nei suoi occhi unimplorazione, provaci Ettore, diceva. Glielo dobbiamo, Tamara, a lui e a tutti gli altri. Non disse nulla, solo mi scrut negli occhi. - Sei sicuro di quello che vuoi fare? - S, ma non sono sicuro che riuscir, bisogna mettersi subito al lavoro. - Ettore, hai pensato alle conseguenze? - Certo, saremo ricchi, felici e insieme per tutta la vita! - Cretino, perderemo tutto, i nostri genitori, i nostri amici, le nostre cose, chiss quando potremo tornare in Italia disse preoccupata. Fuggiremo in uno stato dove non c lestradizione, poi aspetteremo che riducano ancora i tempi di prescrizione ed fatta sorridendo al pensiero della giustizia italiana di quei tempi. Mi guard con odio. Io osservai la delicatezza delle lentiggini che risaltavano sulle sue gote rosse dalla rabbia. - Cosa ti devo dire? provai ad aggiungere Ogni scelta ha un prezzo, la nostra migliorer la nostra vita e quindi costa tanto. - Sai cosa penso? Che per te sia solo un gioco, in qualunque modo finisca tu ti stai divertendo, stai vivendo la tua avventura. - E se anche fosse? Tamara, ci ho pensato anchio a quelle conseguenze, ma non mi interessano, io mi sto divertendo e per la prima volta nella mia vita ho la possibilit di fare unazione fuori dal normale che nel migliore dei casi mi dar la felicit, anche solo per la soddisfazione di averci provato. Non ci guadagno solamente i soldi, c anche la vendetta, il gusto della sfida, dellavventura, come dici tu. Ma di una cosa sono sicuro: riuscir, riuscir perch ci sei tu e perch lo faccio per te. - Caro, io sono preoccupata, te lo dico subito, non sono sicura di dirti di s. Dalle rughe che si formarono sulla sua fronte capii che mi ero corrucciato in volto. E cos arriv la domanda che tanto temevo. - Se io ti dicessi di no, tu lo faresti anche senza di me? Una miriade di pensieri diversi e contrastanti mi attraversarono la scatola cranica, scontrandosi ed evitandosi. Dalla mia risposta dipendeva gran parte del nostro futuro. Cos optai per la sincerit. - Certo, senza alcun dubbio. Rimase a osservarmi, imperturbabile, in silenzio.

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- E ti aspetterei nel paese dove ci saremo dati appuntamento per raggiungermi aggiunsi con un sorriso. Non voglio costringerti a far nulla contro la tua volont, lo sai, posso fare tutto da solo e poi mi raggiungi, questa la mia idea. Da te voglio solo lapprovazione, nientaltro. - Mi hai messo alla prova? - In un certo senso s. - Mi sento stupida. - Tu non sei stupida. - S, perch voglio venire con te quando tu hai gi pensato a come lasciarmi fuori per proteggermi. - Vedi, tesoro, non mi ero mai sentito cos, ogni giorno, fin da quando mi sveglio sento ladrenalina che scorre nelle vene, come posso rinunciare a questoccasione? Far tutto da solo cos tu non dovrai fuggire e mi raggiungerai da cittadina onesta. Perfetto, no? - No, voglio essere al tuo fianco, sar la nostra prima esperienza forte insieme, voglio seguirti sempre. - Questa era la risposta che volevo, cara, perch io voglio stare sempre insieme a te. Quella sera non tornammo a casa, prendemmo una stanza in una pensione in un paese vicino e, per la prima volta da quando ci conoscevamo, dormimmo nudi e abbracciati per tutta la notte.

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Il sole calava sul mare, Ettore adorava guardarlo scomparire, inghiottito dallorizzonte. Ma era ancora presto, e osservare il sole direttamente, senza occhiali da sole, gli fece volgere repentinamente lo sguardo, ormai inevitabilmente disturbato da un lampo nero che vagava nel suo campo visivo, saettando e valzereggiando, non abbastanza per da impedirgli di vedere spiaggiofili di vario genere che, prima di tornare in citt, si stavano riversando nel suo bar desiderosi di rinfrescarsi la gola con una bevanda fredda. Anche il campo da calcio si riempiva progressivamente di bambini e ragazzi pronti a sfidarsi con tutto lentusiasmo della loro et. Ettore li osservava, da qualche tempo rimpiangeva che il destino gli avesse negato la gioia di avere dei figli, era convinto che sarebbe stato un buon padre. - Lei ha figli? domand al Landi che stava guardando lora. Le cinque e trenta. - No rispose asciutto. - Non ne vuole parlare? - Non mi sono mai posto il problema di averne. - Non nemmeno sposato? - Lo sono stato rispose il Landi volgendo lo sguardo verso lorizzonte marino ma ho conosciuto anche la trafila del divorzio. - Mi spiace. Per i figli voglio dire. Devono essere una vera gioia per un genitore. - A dir la verit io li ho sempre visti come un peso, una difficolt in pi in un rapporto di coppia. La discussione venne troncata da un urlo. - Hector, soy aqui. I due uomini si voltarono, Ettore aveva riconosciuto quella voce di bambino. - Miguelito, siete tornati? - S, Hector, stiamo andando a giocare a calcio. - Miguel, vieni qui, ti presento el senor Landi. - Piacere disse il ragazzo. O forse bambino, pens il Landi, sapendo che da quelle parti dimostravano pi della loro et. - Mi ha detto Jim che mi cercavi, Hector. - S, devo chiedere un piacere a te e ai tuoi amici. Improvvisamente al campo di calcio scoppi il putiferio, i ragazzi cominciarono a litigare. - Scusi disse Ettore al Landi devo andare a vedere che succede. Ma alzandosi inciamp col piede sulla gamba del tavolino e croll rovinosamente in avanti, trascinando con s il tavolo e tutto il suo contenuto. Miguelito scoppi in una grassa risata e si pieg con le mani sulle ginocchia, il resto degli avventori osservarono la scena con divertito distacco, per una volta tanto non toccava a loro rimediare una figuraccia. Il Landi si vergogn per Ettore, in quel momento il suo pi grande desiderio era essere lontano km da quel disgraziato di un alcolizzato. Lunica fortuna era che i suoi amici non potevano vederlo e quindi giudicarlo. Nel frattempo Ettore, alquanto barcollante, si era alzato con un gran sorriso e, aiutato da Miguelito, si stava allontanando. Arrivati al campo di calcio, Ettore entr e fece da paciere tra gli animi surriscaldati dei ragazzi. Gli piaceva stare l in mezzo, solitamente lui faceva larbitro-giocatore nelle partite. - Oggi ci arbitri? domand uno di loro. - Non posso, sono con un amico. venuto da lontano, non posso trascurarlo. A proposito, Miguelito, vieni qui che ti spiego una cosa. Il Landi nel frattempo attendeva, sempre pi insofferente. Ordin a Rosa un succo per s e unaltra bottiglia di rum per Ettore. Sar contento lui e sar contento io pens fra s. Si godeva quel momento di calma e tranquillit, per quanto glielo permettessero la confusione di voci e risa che lo circondavano. Ettore torn, riuscendo a schivare senza danni persone e tavolini. Si sedette massaggiandosi la spalla sinistra. - Una bella botta comment il Landi. - Sono abituato, non un problema! Vedo che ha ordinato unaltra bottiglia, sono fiero di lei. - Sapevo di farle un piacere. - Glielha portata Rosa? - Certo. - Gran donna esclam Ettore. 131 132

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Nonostante la confusione Rosa lo sent e si gir. Si strizzarono locchio a vicenda, il Landi non pot non notare la complicit fra i due e una punta dinvidia lo colse, non gli era mai riuscito, in tutta la sua vita, di raggiungere un simile grado di complicit con un essere umano. Eppure dentro il suo cuore lo avrebbe tanto desiderato. Si accorse che si stava abbandonando a facili romanticismi e decise di darci un taglio netto: - Eravamo arrivati che lei e Tamara avevate concluso di mettere in pratica il vostro piano. - Ah s, vero, complimenti per la memoria. Ma ha visto Miguelito? E un ragazzino fantastico, conosciuto quando sono arrivato qui. In modo piuttosto poco ortodosso, a dire la verit, visto che tent di rapinarmi. Il Landi osservava Ettore, interrogativamente. Ma quello prosegu. - Lui e la sua banda provenivano da La Tortuga, la citt qui vicino, e qui cercavano vacanzieri da ripulire. Con me, per, capitarono male, quella sera non avevo nemmeno un soldo, me li ero bevuti tutti. Mi circondarono, in un vicolo buio, in tre con il coltello in mano. - Dacci i soldi mi intimarono. - Non ne ho, bambini. Non avevo ancora capito bene in chi mi ero imbattuto. - Non siamo bambini, e tu hai i soldi. - Io sono triste, ragazzi, e me li sono bevuti tutti replicai. Si avvicinarono, minacciosi. Sebbene fossero davvero bambini, nei loro occhi non cera nulla, n paura, n divertimento, n senso di colpa. Mi spaventai, pensai che per loro accoltellarmi non significava nulla se non togliere di mezzo un turista qualsiasi. Svuotai le tasche, esibendo la desertificazione avvenuta al loro interno durante la serata. - A casa ne avrai, andiamoci mi ordinarono. - Va bene, ma mettete via i coltelli, mi fanno impressione. I tre si guardarono e io, approfittando di quel loro attimo di disattenzione, fui rapidissimo e afferrai proprio Miguelito. Gli tolsi larma, lo feci cadere e gliela puntai al collo, salendogli sopra in modo da bloccarlo. Non dur pi di due secondi. I suoi amici ora erano spaventati, si notava benissimo. E ora che facciamo? domandai Ti rendi conto rivolgendomi a Miguelito che potrei ucciderti in questo istante? Non rispose, voleva sembrare coraggioso ma lo sentivo tremare, sotto di me. - Come ti chiami? gli chiesi. - Miguelito rispose, cercando di sfoggiare la voce pi sicura che poteva per quelloccasione. Lo ammiravo, aveva un gran sangue freddo. - Caro Miguelito, che devo fare con voi? O vi uccido, cos non avr pi rogne con voi, o vi lascio liberi, ma prima o poi ci rincontreremo. Che fare? Che terribile dilemma, forse meglio scegliere la prima ipotesi. Impugnai saldamente il coltello e feci il gesto di alzarlo. Gli altri due urlarono No!, poi scapparono. - C solidariet fra voi, vedo feci notare al mio piccolo prigioniero. - E la regola rispose Miguelito chi cos stupido da farsi beccare viene lasciato al suo destino. - Io, invece, i miei amici li ho sempre aiutati. Ma forse loro non sono tuoi amici. - Sono la mia banda, io sono il capo. - Lo eri, visto che fra cinque minuti sarai morto gli risposi, fingendo crudelt. Ora era spaventato veramente, ma resisteva, non mi chiedeva di lasciarlo andare. - Non hai paura di morire? proseguii. La morte la conosco da quando ho cinque anni, non c problema. Nella mia vita una presenza costante. Lo capivo, in tutti quegli anni avevo visto le condizioni dei bambini in quei paesi, e non potevo che essere daccordo con lui. - Non potrai pi giocare continuai n ridere e scherzare. - Non lho mai fatto. - Per potresti farlo, tempo ne avresti. - Sbrigati, uccidimi o liberami. Non ne poteva pi. - Facciamo un patto. Io ho intenzione di stabilirmi qui, per un po. Ma ho delle idee che sono incompatibili con la vostra presenza. Come facciamo? Era una domanda retorica, avevo gi deciso tutto. - Facciamo cos, io ti libero e voi lascerete in pace non solo me, ma anche i turisti. Ti va? Ci pens un attimo. - Equivale a morire, noi viviamo di rapine. - Da oggi non pi. Avete due scelte, o cambiate voi, oppure cambiate citt. - Ma tu chi sei? 131 132

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- Uno che non ha voglia di perdere tempo con queste stupidaggini, voglio stabilirmi qui e non avere rogne, semplice. Aveva capito di aver perso. - Daccordo, ci sto. Misi il coltello in tasca e lo liberai. Cominci a correre a perdifiato e si volt a guardarmi una sola volta. Non seppi pi nulla di loro fino allestate successiva, quando furono richiamati dallarrivo dei turisti. Ma ebbero una brutta sorpresa quando mi videro al bar. Lavevo appena preso in gestione, e stavo cominciando a costruire il campetto qui dietro. Molti bambini del posto gi mi conoscevano e le mamme sapevano che quando venivano a giocare vicino al bar erano sicuri, li controllavo io, talvolta dal locale, poco distante, talvolta giocando con loro. Mi piaceva osservare Miguelito e la sua banda che, da lontano, ci guardavano divertirci. Era troppo anche per i loro animi induriti da anni di vita di strada. Giorno dopo giorno tendevano ad avvicinarsi sempre pi, io li guardavo ma non intervenivo, volevo che fossero loro a venire da me. Cos, un giorno, fu proprio Miguelito, in qualit di capo, a chiedermi se potevano aiutarci nella costruzione del campetto. Da allora, che io sappia, non hanno pi toccato unarma, e sono diventati i piccoli aiutanti di Jim e Rosa, loro ci aiutano e noi procuriamo loro due pasti al giorno e un ricovero per la notte. Devo dire che sono molto soddisfatto di questo, anche se sono sicuro che Tamara avrebbe fatto di meglio. In ogni caso, ora Miguelito uno dei miei pi fidati collaboratori. Ma torniamo a noi e alla nostra storia. Da quella sera con Tamara la mia vita era cambiata definitivamente, il piano prese il sopravvento su tutto. Ero giunto alla conclusione che lunico lato da cui potevo entrare nel roveto era quello del fiume. Perci il sabato mattina seguente, alle sei, dopo una serata col Peti e gli altri, mi recai da solo sulla sponda opposta a quella del roveto. Era lalba, e la rugiada, nonostante il mio sforzo di alzare i piedi, mi bagn tutta la punta delle scarpe nel tragitto fino alla riva. La trovai senza difficolt, conoscevo bene quei posti. Il problema era attraversare il fiume, che in quel punto, facendo il calcolo, arrivava a circa met busto, ma scendeva velocemente, la corrente poteva travolgermi. Mi sedetti su un sasso sulla riva, mi feci una canna e, fumandola, elaborai il piano definitivo. incredibile come il nostro cervello, se sollecitato positivamente, risponda prontamente e con estrema sicurezza. Il solo pensiero di me e Tamara felici con tutti i soldi cre un disegno che io considerai perfetto. Mi servivano solo due informazioni fondamentali, una me lavrebbe data il Peti, laltra, molto pi delicata, forse la conosceva Alfredo. Telefonai cos al Peti, sperando che non fosse gi a letto. Invece mi rispose la sua voce insonnolita. - Ho bisogno del tuo computer gli dissi adesso arrivo. - Ma cosa Avevo gi riattaccato e infilato il casco. Dieci minuti ed ero a casa sua. - Ti pare il momento? - Mi serve assolutamente il tuo computer. - Non potevi aspettare oggi pomeriggio? - No, ora dissi entrando e togliendomi la giacca. - Mi spieghi? - Prima il computer. Mi assal un pensiero. Non avevo pensato che piombare a quellora in casa altrui avrebbe comportato delle spiegazioni. Era uno sbaglio, mi ero lasciato trasportare dalle emozioni. Non potevo spiegare nulla, il piano doveva restare segreto. Per il Peti era il mio migliore amico, non potevo tenergli nascosto il mio tumulto. Cazzo, pensai, aveva ragione Tamara, bisogna pensare a tutto. Ma lui era il Peti, e cos decisi di spiegargli tutto. - Non sei normale fu il suo commento quella tipa ti ha tolto quel poco di cervello che ti ritrovavi. - Non ti rendi conto? Scapperemo, e saremo felici per tutta la vita. Mentre pronunciavo quelle parole avevo lesatta sensazione che non mi capisse affatto. Ma mi sbagliavo. - Quello che stai facendo giusto, anche se tecnicamente un furto. Mio padre dice sempre: Se non ci fossimo noi ricchi non esisterebbero i ladri. Ma lui sempre stato una brava persona, in fondo, e non gli mai successo nulla. Se tu hai preso questa decisione devi portarla fino in fondo. Sai, sapevo che sarebbe successo, non pensavo cos presto, ma lo sapevo. E sono fiero di te concluse. Queste parole, dette da un ragazzo che dalla vita aveva avuto tutto senza difficolt, quasi mi commossero, ma non potevo darlo a vedere. Lo abbracciai, poi andammo al computer e seppi quello che dovevo sapere. 131 132

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Beata la tecnologia e i ricchi che possono permettersela, la risoluzione del computer del Peti era altissima e precisissima. Quando feci per andarmene il Peti mi ferm. - E lultima volta che ci vediamo? Mi si strinse il cuore, per la prima volta toccavo con mano quelle conseguenze che mi si erano prospettate solo nella mia immaginazione. Allora domandai al Peti, nonostante conoscessi gi la risposta: - Vuoi unirti? Sei il benvenuto, sarei contentissimo. - Perch mi fai delle domande di cui conosci gi la risposta? - Perch non bisogna mai smettere di sognare e di sperare. - Bisogna anche cominciare, e io non lho mai fatto, mi sempre stato impedito. Tu sei quello che avrei sempre voluto essere, per questo spero che vi vada tutto bene. Ci abbracciammo. - Non detto che non ci sentiremo pi. Ti far sapere dove siamo e ci verrai a trovare. - Sai cosa mi dispiace, oltre alla tua partenza? Le piante, col tuo lavoro le avresti accudite meglio che una figlia. Sorrisi. - Ti spiego dove sono, puoi raggiungerle anche senza entrare in fattoria. - Sarebbe stato pi bello fumarle in due, ma va bene lo stesso. Glielo spiegai e gli disegnai una mappa. Purtroppo ancora non sapevamo che non le avrebbe mai fumate, quelle piante, sarebbero servite a ben altro.

Il giorno seguente, il luned, parlai con Alfredo. Le giornate stavano diventando molto calde, luglio si avvicinava con il suo sole caldo e le giornate lunghe, binomio perfetto per la buona riuscita del piano. Durante la mattinata mi fu spiegata parte delle informazioni che desideravo. Da Alfredo venni a sapere che il vecchio Barbera aveva sistemato lentrata sul lato scoperto, quello pi lungo che dava sulla fattoria. Il perimetro del roveto era rettangolare, i lati corti davano sulla parte scoperta, quella visibile dallagriturismo, per intenderci, i due lunghi davano uno sul lato scoperto, laltro sul fiume. Io avevo deciso di entrare da questo, sebbene fosse impenetrabile, anche alla vista. - Fai bene mi spieg Alfredo lunico tuo accesso possibile quello. - Lho perlustrato ieri mattina, sar molto complicato. - E lunica via, dovrai farti largo fra i rovi. - Ci ho gi pensato, tutto a posto. - Quando entrerai? - Mercoled o gioved notte. Tu sai se sono effettivamente sepolti, i soldi, o sistemati diversamente? Te lo spiego perch dal satellite, col computer di un amico, ho visto che l in mezzo c una specie di costruzione. - Mi dispiace, non ne ho idea, non te lo so proprio dire. Cos questa storia della costruzione? - L in mezzo c una specie di capanna, magari sono custoditi l. - Pu darsi, in ogni caso sappi che dovresti trovare anche i libri mastri di questi quarantanni. Ti ammiro, Ettore, avessi ventanni di meno sarei con te. - Mi farebbe molto comodo, un complice. Ma anche cos sei pi che utile. Sai cosa ho pensato? Prima di andarmene ti lascio un po di soldi in un luogo che possiamo concordare adesso, anche tu ci devi guadagnare da questa storia. - No, lascia perdere, tienili e goditeli tutti. - Almeno quelli per coprire i contributi di questanno e mezzo, cos vai diretto in pensione. Sorrise, poi mi pose una mano sulla spalla. - Sei un caro ragazzo, fidati che il vecchio, qui, riuscir a cavarsela in ogni caso. - Per qualche ragione non vuoi sporcarti le mani con questi soldi. Lo faccio per mia moglie, non approverebbe. Nella nostra vita ci siamo sempre arrangiati, ne verremo fuori anche stavolta, ne abbiamo passate di peggio. - Lhai gi detto, come vuoi tu. Ma cos mi fai sentire sporco e illegale. - Non avere rimorsi, fallo e basta. Sono certo che quando sarai ricco e al sicuro non ci penserai pi, la tua coscienza verr placata dai divertimenti che potrai concederti. Io sono vecchio, non ho pi il coraggio per queste cose, ma ho lesperienza per aiutarti fin dove possibile. Gli strinsi la mano, era una brava persona. Finito di lavorare andai a casa, feci una doccia e passai a prendere Tamara. Dovevamo comprare il necessario per attuare il piano. Era deciso, avremmo agito nella notte tra mercoled e gioved, lo sapevamo solo noi. 131 132

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La sera di marted, ventiquattrore al colpo, la passammo con i rispettivi genitori, poi uscii e andai dal Peti. Ma non mi diressi subito da lui, feci un lungo giro, dovevo schiarirmi le idee. Nemmeno a farlo apposta a cena i miei mi avevano chiesto cosa pensavo di fare della mia vita, E ora che metti la testa a posto affermarono entrambi. Dissi che pensavo di partire lindomani per le ferie e che ci avrei riflettuto, per la prima volta nella mia vita stavo mentendo loro, e non fu facile. Erano sempre stati dei bravi genitori, con loro non ero mai dovuto ricorrere a una bugia, erano riusciti a comprendermi persino durante ladolescenza, il periodo pi turbolento nella vita di un essere umano. Quella sera mi sentii scusi il termine una vera merda dovevo riflettere e convincermi di essere sulla strada giusta. Mi assalirono i primi dubbi, ero davvero sicuro di quello che volevo fare? Mi accorsi che in quellistante, per la prima volta, stavo pensando seriamente alle conseguenze della mia impresa. Prima o poi sarebbero venuti a conoscenza del mio gesto, sarebbe stato un duro colpo per loro che mi avevano educato per essere un bravo cittadino del mondo. A loro non sarebbe interessato nulla del carattere di Giovanni, ai loro occhi sarei diventato un ladro e basta, ne ero sicuro, avrebbero cominciato a chiedersi dove avevano sbagliato, perch se avevo compiuto quel gesto doveva per forza essere causa loro. E fu allora che mi resi conto della cosa pi terribile. Deve sapere che io a quel tempo ero figlio unico, mio fratello, di quattro anni pi grande, era mancato in un incidente stradale, cinque anni addietro un camion laveva travolto mentre si recava al lavoro in bici. Sarebbero rimasti senza figli, uno strappato dal destino e laltro dal suo stesso egoismo. Senza riuscire a trattenerle, dai miei occhi sgorgarono due piccole lacrime che per non arrivarono a rigarmi le guance. Con un gesto secco della mano le asciugai, e assieme a loro speravo si dissipassero anche i dubbi. Ma non fu cos, nella mia testa si accalcavano mille incertezze e insicurezze che rischiavano di minare seriamente il mio entusiasmo fin l genuino e incrollabile. Dovevo stare attento a non lasciarmi intaccare lanimo. E cos mi diressi, davvero per lultima volta, dal Peti, sperando di cancellare e dimenticare momentaneamente queste maledette preoccupazioni.

Il giorno dopo non andai a lavorare, dovevo organizzare la logistica. Tamara invece si comport normalmente, ci saremmo visti alle cinque. Il piano era semplice, ma allo stesso tempo complesso. Mi recai sul Tanaro, sulla riva dirimpetto al roveto e mi misi in costume come un bagnante in cerca di solitudine e tranquillit. Nessuno mi aveva visto, era fondamentale. In quella stagione si riesce a guadare il fiume senza problemi e riuscii a raggiungere un piccolo isolotto equidistante dalle rive. Per quella notte sarebbe stato il nostro quartiere generale, non aveva una grande estensione, ma una volta in mezzo alla vegetazione si era invisibili. Nascosi uno dei due zaini che mi ero portato appresso, mi accertai che fosse quello giusto, quello con gli attrezzi per il furto, perch, conoscendomi, ero in grado di confonderli e la sera mi sarei ritrovato una sgradita sorpresa. A quel punto rientrai in acqua e mi lasciai trasportare dalla corrente cinquecento metri pi in basso, dove sapevo esserci un piccolo arcipelago che si sviluppava longitudinalmente al fiume. La fortuna del Tanaro, e mia in quel momento, che cambia conformazione ogni anno, sicch non d punti di riferimento. Scelsi lisolotto pi nascosto, accostai e uscii dallacqua. Ero congelato, per fortuna quella notte avremmo avuto un canotto per compiere il tragitto. Piantai la tenda che ci avrebbe dato rifugio per un paio di giorni. Lidea era quella di nascondersi per tre o quattro giorni, attendendo che si calmassero le acque per poi uscire e fuggire. Immaginavo che i Barbera avrebbero chiamato la polizia o i carabinieri, bisognava far credere loro che eravamo fuggiti quella stessa notte. Per confondere meglio tutti quanti, la sera prima avevo prenotato, in un internet point, due biglietti aerei per lOlanda, due biglietti ferroviari per Dresda e una macchina a noleggio a Torino, pagando tutto con la mia posta pay. Non ci avrebbero messo molto a scoprire che non avevamo usato nulla di tutto quello, ma forse la confusione ci avrebbe aiutato a guadagnare tempo. Allinterno della tenda depositai lo zaino che conteneva i viveri e tutto il necessario per sopravvivere una settimana. Poi uscii e guardai il cielo. Sereno. Le previsioni chiamavano bel tempo per tutta la settimana successiva. Inspirai a fondo e trattenni il respiro. Tutto era pronto, mancava solo Tamara. Il cuore gi mi batteva a mille, immaginavo ladrenalina che si sarebbe scatenata nel mio corpo dandomi quella splendida sensazione di iperattivit che mi avvolgeva. Cominciai a immaginare il futuro che ci aspettava. Ma in quel momento stranamente non ci riuscii, il pericolo che stavamo per correre cominci a farsi strada nella mia testa. E se ci avessero scoperti? Saremmo finiti in prigione entrambi, magari non per molto, ma ci saremmo finiti. Mi rifiutai di pensare oltre ma era impossibile, vedevo il volto di Tamara sconvolto, quello di mia madre in lacrime, quello comprensivo del Peti, mi immaginavo la cella, la vergogna dei miei conoscenti nellincrociarmi una volta libero. In quel momento pensai che la pena di morte era 131 132

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davvero inutile, chi compie un reato deve per forza essere ottimista. Io, nonostante sapessi a cosa andavo incontro in caso di malriuscita del piano, non ci pensavo, o forse rifiutavo una simile eventualit. Il pensiero della felicit futura aveva una forza tale da spingermi allestremo passo, a fregarmene anche della mia coscienza. Capii che in quel preciso istante lonest innata in ciascuno di noi e che i miei genitori avevano aiutato ad accrescere mi stava parlando, un ultimo tentativo per indurmi a tornare sui miei passi. Mi stavo rendendo pienamente conto dellenormit della mia decisione, delle conseguenze che si sarebbero scatenate, e per la prima volta ebbi realmente paura. Non mi riconoscevo, era davvero Ettore quello che aveva deciso e organizzato quellazione? Mi voltai verso la tenda, e la guardai con occhi diversi. Il fatto che fosse piantata significava che mi ero gi messo in moto, che avevo alzato il piede per iniziare quel passo che ci avrebbe fatto cadere nel vuoto. Stava a noi riuscire a cadere in piedi senza farci male. Ripensai agli ultimi sette mesi che avevano sconvolto la mai vita, dissipato le mie poche certezze, innestato nuovi dubbi. Come avevo fatto ad arrivare a quel punto? E vero, ero sempre stato una testa calda e talvolta mi ero cacciato in grossi pasticci, ma sempre nellincoscienza dellet, sempre nello slancio di un avventato e scriteriato istante. Ora invece avevo pianificato tutto, si trattava di premeditazione, cerano un ragionamento e delle scelte sotto ogni decisione. Mi accorsi che avevo pi paura di me stesso, di quello che ero diventato che non delle conseguenze negative in caso di insuccesso. Sarei qui se quella sera il Peti non avesse scoreggiato e non avessi visto e conosciuto Tamara? No, ora sarei a fare la stagione. Allora colpa di Tamara? No, sono io che ho preso le mie decisioni, odio che qualcuno mi spinga a far qualcosa, voglio essere responsabile delle mie azioni, Tamara non centra nulla. E se Giovanni non fosse cos stronzo? Probabilmente ora sarei ad aiutare Alfredo. Allora colpa di Giovanni? No, lui mi ha solo portato alle estreme conseguenze, attenuando i sensi di colpa. Gira e rigira tornavo sempre a me, alla mia responsabilit. Ettore, sentii dire da una voce nella mia testa, sei sullisolotto che ti fornir un rifugio nei prossimi, difficili giorni, non devi perderti in inutili esami di coscienza, porta avanti la tua idea fino in fondo, la tua possibilit, non ne capiteranno pi. A parlare era il famoso cattivo diavoletto che tutti noi possediamo, quello con le orecchie a punta, il vestito rosso, il forcone in mano e il diabolico, affascinante sorrisetto sul volto. Ancora una volta, nella mia vita, mi feci sedurre e convincere da quel pestifero ma seducente personaggio.

Ettore si ferm, aveva notato lo sguardo rapito del Landi e cap che qualcosa alle sue spalle lo attirava. Si volt e vide Ramona, unanimemente considerata la ragazza pi bella del paese, che si stava avvicinando al loro tavolo. Quando camminava Ramona attirava a s tutti gli sguardi, anche quelli femminili, colmi di invidiosa ammirazione. Era alta sul metro e ottanta, ma ci che pi colpiva erano le sue gambe perfette, i seni prorompenti e la giovane pelle venticinquenne, oltre al viso principesco e allo sguardo magnetico. In paese correva voce che lei ed Ettore fossero stati amanti per qualche mese, me nessuno dei due aveva mai confermato o smentito, lunica cosa certa era che i due erano molto amici. - Hola, Hector lo salut. - Ciao Ramona fece Ettore alzandosi barcollante. Ramona sorrise. - Sei ubriaco? Dopo ieri sera? - Diciamo che non ho mai smesso. - Bella festa, ieri, peccato che sono dovuta andar via presto. Per Ramona, presto significava come minimo le cinque e mezzo, diceva sempre che andarsene da una festa prima dellalba era come non avervi partecipato. - A proposito, ti presento el senor Landi, italiano come me. - Encantado farfugli lui, senza staccarle gli occhi di dosso. - Rischia di diventare cieco, signor Landi lo ammon Ettore. Laltro si riscosse e lo guard con odio, non sopportava essere messo in cattiva luce. - Sono ammirato dalla sua bellezza aggiunse il Landi, troppo cerimonioso. Lei non lo bad minimamente. - E tutto pronto per stasera? chiese invece rivolgendosi a Ettore. - Manca ancora qualche dettaglio, ma fra poco arriva Jim e gli spiego tutto. Deve sapere, signor Landi, che stasera la festa del patrono, tutto il mondo paese, quindi ci saranno grandi festeggiamenti. In effetti il Landi aveva notato sulle strade, sulle porte dei negozi, sul campanile della chiesa, luci e festoni innegabilmente legati a qualche festosa ricorrenza. - Ci vediamo qui alle nove, Ramona, ora devo finire un racconto. - Vado a bere qualcosa. - Non esagerare. - Hai gli occhi delle grandi occasioni. 131 132

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- E tu il vestito. - Stasera c festa. - Devi sedurre qualcuno? - S, ma lui lo sa gi. - Troppo facile, anche se per te sempre troppo facile. - Non credere, c chi mi tiene testa. - Impossibile, sei troppo bella. - Mai fidarsi di chi fa troppi complimenti. - Dipende dallo scopo. - O da chi li fa. - Conosco uno che fa un sacco di complimenti e le donne impazziscono per lui. - Conosco uno che fa un sacco di complimenti ma non capisco dove vuole arrivare. - Forse non dove credi tu. - Allora ci capisco ancora meno. - Probabilmente presto lo scoprirai. - Spero. A dopo, tesoro. Arrivederci anche a lei concluse con un cenno al Landi. Che ancora rimaneva incantato a guardarla. - Che pezzo di fi - Ehi, ehi, ehi, mia amica, e come ha sentito le piacciono s i complimenti, ma quelli galanti. A proposito, stasera c la festa del patrono, ovviamente invitato anche lei, se desidera rimanere. Ettore butt locchio allorologio, doveva sbrigarsi, erano le sei meno un quarto. - Torniamo a noi, al nostro racconto. Scusi, non mi ricordo pi, doveravamo arrivati? Mamma mia, che mal di testa. - Ci credo, con tutto quello che ha bevuto! - Che c, non le va? Si figuri disse il Landi con un gran sorriso di soddisfatto compiacimento mi stava dicendo che sullisolotto lei dava ascolto al diavoletto. Ah s. Dunque, attesi Tamara per tutta la giornata. Alle cinque e un quarto, puntuale, arriv allappuntamento, il solito bar lungo la strada. Quando, dietro la curva, comparve lautobus che trasportava il mio amore, ordinai due birre, volevo festeggiare con un brindisi. Ma non appena scese capii che per il brindisi ci sarebbe voluto qualche minuto. - Che c? le chiesi, il suo volto era una maschera di odio. - Giovanni. Stamattina mi ha toccato, Il tuo damerino oggi non c, cos, ha paura di me dopo lultima volta? mi ha detto nellorecchio. Io sono scoppiata a piangere ma lui mi ha rincorso e urlato di tutto, non sto qui a ripetertelo. Non ci vidi pi, avrei voluto salire in moto e andare a dargli una lezione. Con le donne e con i pi deboli, se la prendeva quello, ancora oggi mi prudono le mani a pensarci. Io non ero e non sono mai stato un violento, eppure quellessere l riusciva a farmici diventare. Poi per comparve il diavoletto, con unespressione soddisfatta che diceva visto che hai fatto la scelta giusta?, e mi calmai. Spiegai a Tamara che era tutto pronto, - E tu, sei pronta? le domandai. Non rispose, rest a guardarmi con i suoi grandi occhioni fissi sul mio viso come sempre faceva quando la risposta era delicata. - S, amore, sono pronta. - Allora un brindisi. E non pensare pi a quellenergumeno. Mi dispiace solo che non potremo vedere la sua faccia, domani. - Per vedremo le nostre - Felici e sorridenti. - Speriamo. Io so una cosa, caro, che con te verrei ovunque. - Cara, io so che con te possiamo conquistare il mondo. - E allora diamoci da fare, che aspettiamo? - Il tramonto, la notte ci protegger. - Vieni qui, abbracciami e stringimi forte. In quellabbraccio cerano tutta la nostra forza e tutta la nostra paura. Ma saremmo andati avanti comunque.

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Quando il sole cal e loscurit si fece fitta entrammo in azione. Lultimo autobus della sera ci port a qualche centinaio di metri dalla sponda da cui saremmo partiti, dovevamo muoverci con i mezzi pubblici, la moto lavevo nascosta per la fuga vera e propria. Durante il viaggio restammo in completo silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri. Arrivammo al Tanaro, Tamara controll lorologio, le dieci. Solo la luna ci era testimone. Ci spogliammo ed entrammo in acqua, il tutto in estremo silenzio, si udiva solo lo sciacquio dellacqua gelida che le nostre gambe spostavano passo dopo passo. Giunti sullisolotto ci asciugammo e gonfiammo il canotto. Qualche giorno prima avevo controllato che non fosse bucato, poi lavevo dipinto di nero. Alle due entrai in azione. Baciai Tamara, un bacio che mi spinse ad andare e mi infuse fiducia. Dovevo convincermi di essere nel giusto. Ricordo ancora la trasformazione che fece il mio animo quando, con lacqua alla cintola, il freddo lo svegli, ricordando a me stesso ci che stavo per fare e, soprattutto, che dovevo stare allerta. Gli occhi si erano ormai abituati alloscurit, le orecchie pronte a cogliere ogni minimo rumore. Giunsi sulla sponda del roveto, aprii lo zaino ed estrassi la pila, la forbice e il coltello per farmi largo fra i rovi. Secondo un mio calcolo il nascondiglio si trovava a un centinaio di metri da dove mi trovavo, mi aspettava un lavoro lungo e intenso. Nonostante il caldo, indossai una tuta che avevo provveduto a foderare con uno strato di gommapiuma per difendermi dalle spine, fu un vero inferno. Lunica cosa buona era che le zanzare non potevano mangiarmi. Affrontai un intrico di rami spinosi spaventosamente folto e fitto. Mi ci volle unora e mezza di intenso lavoro, sudavo peggio che in una sauna e pesavo il doppio a causa della gommapiuma intrisa di sudore. Per evitare troppo lavoro tagliavo i rami pi bassi in modo da formare una specie di galleria che percorrevo strisciando e inginocchiandomi per terra. E ad un tratto, dopo un deciso colpo di forbice, notai unombra, immobile. Mi fermai ad osservare. Era la costruzione che avevo visto dal computer del Peti, un tuffo al cuore sconvolse il mio equilibrio sanguigno. Ero arrivato. Notai che tuttintorno al capanno di legno, perch di quello si trattava, di un semplice capanno di legno, lo spazio era libero, qualcuno lo teneva curato. Mi alzai in piedi e girai intorno alla costruzione finch trovai quello che cercavo. La porta. Chiusa con tre lucchetti, grossi ma non abbastanza per me. Evidentemente il Barbera riteneva quel posto abbastanza sicuro da risparmiare sulla sicurezza. Estrassi dallo zaino il trapano a batteria, montai la punta da quattro, e, infilandola nella serratura, li feci saltare tutti e tre con facilit estrema. Sorridendo trionfante tra me e me provai ad aprire la porta. Non si mosse di un millimetro. Spinsi e tirai, ma non cera nulla da fare, sembrava sprangata. Non riuscivo a capire il perch. Il capanno non aveva finestre, sicch non potevo nemmeno vedere che cosa la bloccava. Sopraffatto dallansia e dalla rabbia presi a tempestarla di calci e spallate, ma facevo troppo rumore. In compenso sentii che una specie di cornice sul perimetro ne impediva lapertura, ma la porta al centro dava su uno spazio vuoto. Nuovamente sorrisi trionfante, ma stavolta a ragione, avevo portato con me una fresa applicabile al trapano. E, mentre senza alcuna difficolt la fresa tagliava il legno facendomi capire che nel giro di un minuto sarei stato allinterno, mi diedi del genio per la mia previdenza,. Stavo ascoltando il frastuono del trapano che contrastava sensibilmente con il silenzio della notte, quando mi parve di udire un rumore allinterno. Istintivamente mi bloccai, fiutando il pericolo. Poi pi nulla. Forse mi ero sbagliato. 131 132

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Attesi un paio di minuti, ma niente si fece sentire. Ricominciai il lavoro, ormai ero alla fine, avevo creato unapertura dal basso verso lalto di circa mezzo metro, sicch per entrare dovetti chinarmi sulle ginocchia. Quando fui dentro non credetti ai miei occhi. In mezzo alla stanza, alla rinfusa, si trovavano cinque grandi casse di legno e altrettante borse da tennis. Queste ultime erano bellissime, alcune risalivano agli anni settanta e avevano delle fantasie curiose e ridicole. Mi avvicinai. E fu allora che capii che il rumore che avevo sentito non me lo ero sognato. Sentii un ringhio davanti a me e fui improvvisamente assalito da un cane, un rottweiler. Era rimasto acquattato, nascosto dalle borse e dalloscurit. Non cavevo minimamente pensato a questa eventualit, come potevo? Cerc di azzannarmi alla gola, io balzai di lato, lo evitai ma inciampai su un filo allaltezza delle caviglie. Un fischio assordante, e fastidiosamente continuo, squarci e alter il silenzio della notte. Evidentemente era una specie di allarme casalingo. Per terra, con il cane girato verso di me, ringhiando e abbaiando come un ossesso, non sapevo che fare. Nella caduta mi era scivolato di mano il trapano, lo vedevo a un metro da me. Ma se mi fossi mosso il cane mi avrebbe assalito. Dovevo in qualche modo uscire da quella drammatica situazione e trovare i soldi. Lallarme continuava a suonare, imperterrito. Allora mi alzai e, ancora adesso non so con che coraggio feci quello che ho fatto, esortai la belva azzannarmi apposta lavambraccio sinistro protetto dalla gommapiuma. Non sentii dolore, appena mi ebbe bloccato sollevai il braccio col cane attaccato e gli infilai due dita della mano destra negli occhi. Lui si liber, io riuscii ad afferrare il trapano e lo colpii alla gola, al torace, ovunque. Ero terrorizzato e le forze mi si erano centuplicate. Lasciai il cane a rantolare in terra, dovevo trovare i soldi e portarli via prima che arrivasse qualcuno. Una terribile e spaventosa frenesia mi prese, le mani, le ginocchia, tutto il mio corpo era scosso da fremiti di paura ed eccitazione. Affannosamente aprii le borse, ma nonostante fossero piene di soldi, il sangue per un secondo smise di scorrere. Lire! Lire e non euro! Tutte le borse che aprivo erano piene di lire! Poi un rumore alla mia destra mi fece sussultare e alzai il trapano, manco fosse una pistola. Dalla porta intravvidi unombra che stava per entrare. Mi accoccolai, pronto ad aggredirla, in quel momento la necessit di farla franca vinceva su qualsiasi principio, mi rifiutavo di aver perso. Ma quando entr tirai un sospiro di sollievo, era Tamara. - Che succede, cos sto casino? domand, la voce rotta dalla preoccupazione. Quando risposi ebbi difficolt a riconoscere la mia, di voce, tremava ma aveva un tono perentorio e un suono che usciva dal profondo del mio corpo. - Per sbaglio ho attivato lallarme, credo. Dobbiamo aprire queste casse dissi mettendomi al lavoro con la fresa le borse sono piene di lire. Ma le casse no! Appena feci saltare il primo coperchio li vidi! Erano piene di euro, di biglietti verdi da cento euro! Sistemati in barattoli di vetro, quelli con la guarnizione rotonda in gomma arancione, per capirci. Esultammo e ci abbracciammo, poi mi accorsi che Tamara era stata un genio, aveva con s i tre zaini da montagna da riempire coi biglietti. Credo ci mettemmo trenta secondi ad aprire le casse restanti e a svuotare i vasi negli zaini. Nellultima trovai dei libri, probabilmente i libri mastri di cui mi aveva parlato Alfredo. Presi tutto e uscimmo, ma prima diedi unocchiata al cane. Era morto, non si muoveva pi. Ma proprio in quel momento mi accorsi che non me ne fregava assolutamente nulla e per un attimo ebbi paura di me stesso, e di quello che sarei potuto diventare. Poi udimmo delle voci, urlavano. - Svelta dissi a Tamara, spingendola nel cunicolo fra i rovi dobbiamo scappare. Evidentemente la strada dallaltra parte era molto pi agevole, sentivo le voci avvicinarsi sensibilmente. Poi, dei latrati. Mi spaventarono, avevano dei cani, per cercarci. Senza mai fermarmi entrai nel fiume, mi arrestai nel mezzo e mi feci lanciare le borse da Tamara, io poi le scagliavo dallaltra parte. 131 132

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Fummo perfetti, Tamara mi raggiunse sullaltra sponda, misi il canotto in acqua, lo riempii con gli zaini e partimmo, lasciandoci trasportare dalla corrente. Tempismo perfetto, due cani e tre uomini, a cui poco dopo se ne aggiunse un altro, si affacciarono sulla sponda del roveto, ma eravamo gi troppo lontani perch ci potessero scorgere. Ma la fortuna non era dalla nostra. Un improvviso schianto sul fondo del gommone ci fece sobbalzare e cambiare traiettoria, allontanandoci dallisolotto che avrebbe dovuto fornirci rifugio. Ma non bastava, il canotto si era lacerato, uno squarcio sul fondo ci sorrideva beffardo e il peso degli zaini li trascinava verso lacqua. - Aiutami a tenerli urlai a Tamara. Ma era tardi, uno era gi immerso per met. - Dobbiamo fermarci mi rispose. La corrente ci stava spingendo verso la sponda, quella per dal lato del roveto e degli uomini che ci cercavano. - Lanciali sulla riva! le dissi. Ci riuscimmo, avevamo salvato il nostro preziosissimo carico, ma noi eravamo ancora in mezzo al fiume. - Aggrappati a me le presi la mano andiamo anche noi. - Il canotto, lo scopriranno. - Non importa, salviamoci noi, prima. Giunti a riva la risalimmo fino agli zaini. - Svelta, dobbiamo rientrare in acqua. - Sei pazzo? - E lunico modo per confondere i cani, altrimenti ci metteranno un attimo a trovarci. In effetti i latrati si avvicinavano, era questione di minuti. Ma gli zaini cominciavano a essere fastidiosi. - Io non ce la faccio mi disse Tamara. - Dai, un ultimo sforzo. - Davvero, Ettore, non ce la faccio. Gi, per tornare allisolotto con la tenda e i viveri bisognava risalire la corrente, anche per me era estremamente faticoso. - Merda imprecai merda! - Lascia perdere, pensiamo ad uscirne sani e salvi. Aveva ragione, dovevo pensare ma i latrati dei cani mi agghiacciavano, ero completamente terrorizzato. Il mio piano faceva acqua, in tutti i sensi. Poi vidi un tronco adagiato sulla riva. Lo toccai e si mosse. Lo trascinammo fino a metterlo in acqua, vi feci salire Tamara e le indicai lisolotto che doveva raggiungere. - Arrivo anchio. Aspettai che approdasse, diedi unultima occhiata alle mie spalle, non si vedeva ancora nessuno, e mi tuffai. In quei momenti ringraziai la mia voglia di tenermi in forma, probabilmente senza allenamento sarei affogato in quei concitati istanti, il peso dei due zaini inzuppati dacqua sulle spalle era insopportabile. Arrivai a riva, stremato. Vomitai per la fatica e lo spavento mentre mi trascinavo al coperto in mezzo agli arbusti. Poi svenni. Mi svegli Tamara qualche minuto dopo. - Sono sulla riva, li vedo. In effetti stavano perlustrando la zona dove ci eravamo fermati. Potevamo sentire le loro voci. - Sono entrati in acqua qui, i cani hanno perso le tracce. - Maledizione. Siete degli incapaci, perch cazzo vi paghiamo? Riconobbi lo stile di Giovanni, cera anche lui. Mi dispiacqui di non riuscire a distinguerne il volto. - Dobbiamo trovarli continu hanno rubato tutto, tutto! - Non sono distanti, con quel peso non possono andare veloci. - Non me ne frega un cazzo, trovateli! Si divisero, solo Giovanni rest sulla riva, a scrutare laltra sponda. Strinsi la mano di Tamara. Nonostante fossimo nascosti sentivo la nostra paura, era tangibile. Penseranno che abbiamo guadato il fiume, non verr in mente a nessuno di cercarci qui le dissi, cercando di infondere coraggio a me pi che a lei. - Ne sono sicura mi rispose. In effetti poco dopo Giovanni si allontan. Era ormai lalba, e dopo poco, con la luce, sarebbe scattata la caccia grossa. Cominciai a sentirmi molto meno sicuro di qualche ora prima, tutti gli imprevisti avevano complicato la nostra fuga. Feci mente locale e potei arrivare a un solo punto. 131 132

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- Non abbiamo niente, a parte una fortuna in denaro frusciante le comunicai I vestiti, i viveri, lacqua, tutto sullaltro isolotto. - Anche lacqua? domand preoccupata. - S, sar dura oggi. Ci aspettava una giornata di luglio sotto il sole e senzacqua, almeno fino a sera, quando finalmente avrei potuto tentare di recuperare qualcosa. - Non importa, caro, ci baceremo tutto il giorno, ti piace il programma? Sorrisi, non troppo convinto. - Che ti succede? mi chiese Sei tu che devi scoppiare dentusiasmo, non io. Aveva ragione, dovevo riprendermi. - Un grande generale insistette non si arrende mai, perch sa di aver fatto la scelta giusta per arrivare alla vittoria. Aveva di nuovo ragione, la guerra era appena iniziata, e nessuno aveva vinto la prima battaglia. Inoltre mi venne in mente che avevo tralasciato una cosa importante, perch il piano, gi duramente provato, potesse ancora funzionare. - Devo allontanarmi mezzoretta annunciai a Tamara devo fare una cosa. - No, non lasciarmi qui, non adesso. - Devo andare di l e arrivare alla fermata dellautobus, se i cani non troveranno le nostre tracce capiranno che siamo ancora qui. Mi rendevo conto che per lei non era per niente facile restare l dopo i concitati momenti trascorsi, ma non potevamo abbandonare gli zaini. - Vengo con te mi disse hai visto che me la cavo. - Ma non possiamo lasciar soli i soldi. - E se anche rimango? Cosa potrei fare da sola? Ci pensai, come al solito mi superava in brillantezza. - Va bene, vieni. Le spiegai come dovevamo procedere. Il gioco continuava, insieme.

Durante quella camminata invidiai tantissimo i felini e la loro silenziosa capacit di muoversi, molteplici fruscii e scricchiolii sottoboschivi accompagnavano i nostri passi. Arrivammo alla fermata senza problemi, il difficile venne al ritorno, eravamo costretti a compiere il percorso a ritroso in modo che per i cani le nostre tracce finissero alla fermata. Ma gli uomini di Giovanni erano arrivati alla strada, li vidi un po pi in basso, si avvicinavano a bordo di un SUV. Guardai lora, le cinque meno cinque, il primo autobus per Torino era passato da venticinque minuti. - Corriamo dissi a Tamara dobbiamo rientrare nel bosco prima che quella macchina arrivi. Il buio ci coprir ancora per mezzora, alle cinque e trenta bisogna essere sullisolotto. Tamara era gi avanti, io mi attardai un attimo, volevo capire chi erano quegli uomini. Le feci cenno di proseguire e mi acquattai dietro un cespuglio, pronto a scappare. Riconobbi le divise in lontananza, una nota ditta di vigilanza privata del luogo. Mi allontanai definitivamente, raggiunsi Tamara e quando arrivammo al nostro rifugio era lalba, e il cinguettio degli uccelli si mescolava al latrare dei cani. Fu una giornata terribile, la vegetazione dellisolotto, bassa e spontanea, ci regalava pochissima ombra, il caldo e il sole furono insopportabili. E insopportabile era anche ci che non accadeva. Avevo riflettuto a lungo su cosa sarebbe successo dopo il furto, ma nulla di tutto quello che avevo previsto avveniva. Mi aspettavo pattuglie di polizia e carabinieri a perlustrare le sponde del fiume, elicotteri sopra le nostre teste, notizie alla radio. S, signor Landi, perch mi ero munito di una radiolina portatile per conoscere le notizie che, per quanto filtrate dalla polizia, sarebbero state pur sempre informazioni utili. Invece nulla, I barbera non si erano rivolti alle forze dellordine. - Meglio per noi fu il commento di Tamara quando le esposi le mie riflessioni. - Vuol dire che hanno qualcosa da nascondere, ma cosa? mi domandavo. - Forse non vogliono che la polizia entri in fattoria, potrebbero scoprire tutte le irregolarit con i dipendenti. - Non credo, dovrebbero essere pi importanti i soldi. - A proposito, non meglio se mettiamo ad asciugare quelli bagnati? Ci eravamo dimenticati di loro, del nostro obiettivo. La paura e la preoccupazione erano ancora troppo forti nei nostri cuori per poterci rallegrare. Aprimmo gli zaini. 131 132

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Quello trasportato da Tamara era asciutto, visto che laveva appoggiato sul tronco, i miei invece avevano disegnato due enormi cerchi scuri e bagnati sullargilla doverano appoggiati. Li aprimmo. Erano pieni zeppi di verdi banconote da cento euro. Fu solo allora che ci guardammo e, per la prima volta in quelle ore, cominciammo a ridere, a ridere come dei pazzi, dapprima solo abbozzando un sorriso, poi cominciando a sbellicarci, appoggiando le mani alle ginocchia fino a scivolare a terra. Una evidente reazione nervosa a tutti i timori sopportati nella notte e una dichiarazione di vittoria dopo la prima battaglia. Li rovesciammo al suolo, la visione di tutte quelle mazzette da cento sparpagliate ci lasci ancor pi senza parole. Se ce lavessimo fatta, saremmo stati a posto per tutta la vita. Li sistemammo in file ordinate e Tamara apr il terzo zaino. Vi infil le mani, poi le braccia fino ad arrivare a toccare le banconote con le spalle. Assunse unespressione interrogativa e cominci a darsi da fare per estrarre qualcosa dal fondo. I libri contabili. - Forse sono questi che non vogliono vengano ritrovati sugger. Era probabile, pensai. Ci sedemmo e passammo le ore successive a cercare di interpretare tutte le cifre e le sigle con cui erano compilati. Di tutti e cinque i libri non riuscimmo a decifrare un granch, non ci capivamo nulla. - Sono solo un peso inutile, lasciamoli qui disse lei. - No, potrebbero servirci. - A cosa? Non capiamo nulla. - Per potremmo scambiarli, la nostra fuga in cambio di quelli. - E secondo te Giovanni ci lascer fuggire? Impossibile, il suo orgoglio glielo impedisce. No, Ettore, ascoltami, lasciamo perdere, evitiamo qualsiasi contatto e scappiamo quando sar il momento opportuno. Che spero arrivi presto aggiunse. In effetti erano le due del pomeriggio e la fame, ma soprattutto la sete, non ci davano tregua. Mai come in quel giorno ho sognato una bella birra fresca e frizzante scendere nella mia gola. Quasi a riprovare quelle emozioni, Ettore fin in un sorso il fondo della bottiglia, chiedendo a Rosa di portargliene unaltra. Il Landi lo guardava, allibito. - Lo so, la quarta disse Ettore che aveva notato lespressione dellospite ma non ci faccia caso, oggi una giornata speciale e io lalcol lo reggo bene. Talmente bene che, quando tent di aprire la bottiglia, questa gli scivol dalle mani e rotol per tutto il tavolino senza per cadere in terra, il Landi, con un prontissimo riflesso, la prese al volo proprio sul bordo del tavolo. Bravissimo fece Ettore con voce incrinata dallalcol bravissimo. Un applauso al nostro giocoliere disse poi ad alta voce, sollevando le braccia in segno di trionfo e indicando il Landi. Questi si schern col braccio, odiava essere al centro dellattenzione in quelle situazioni. Ettore cominciava a lanciare i primi segnali di sbornia seria, leuforia galoppava in lui. - Lasci perdere, prosegua con la storia, mi piace sempre pi lo esort il Landi. - Gi, la storia. Allora cosa dicevamo? Ah s, lisolotto, i soldi. Non aveva chiamato la polizia, strano, no? Ah s, i libri. Il Landi lo guardava mentre blaterava parole senza senso, sembrava non reggere pi al rum. Avrebbe dato qualsiasi cosa, in quel momento, per potersi alzare, girargli alle spalle e sbattergli la testa sul tavolo, con violenza, due, tre, quattro volte, poi gli avrebbe voltato la testa allins tirandolo per i capelli e sputato in faccia. O forse si sarebbe limitato a gettarlo a terra e prenderlo a calci, sullo stomaco e in viso, fino a renderlo irriconoscibile. Ma dallaltro lato doveva aver pazienza, ancora un po. Poi la storia sarebbe finita, e allora lalcol avrebbe giocato un ruolo decisivo per la vittoria. Doveva solo pazientare. Nel frattempo Ettore aveva ripreso il racconto. - Quando arriv il tramonto, verso le nove, eravamo esausti, non vedevamo lora di recuperare le nostre scorte. Nel pomeriggio per quattro volte erano passati i vigilantes sulle sponde, da quello che riuscimmo a udire pareva che il nostro piano avesse funzionato, i cani avevano perso le nostre tracce. - Io glielho detto diceva una di quelle voci hanno preso il primo autobus e sono partiti. - Ma secondo te sono stati il ragazzo e la ragazza come ha detto Giovanni? - Beh, strano che oggi manchino proprio loro due. Inoltre lui era giardiniere, era sempre a contatto con il roveto. - Posso dirti una cosa? Per me potrebbero anche scappare, aver fottuto quegli stronzi dei Barbera li rende simpatici, gli sta bene a quelli l. 131 132

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Io e Tamara sorridemmo a quelle parole, attenuavano il nostro inutile senso di colpa. - Sai che il capo ha scoperto che a nome del ragazzo erano stati prenotati dei biglietti aerei e ferroviari? Ormai, sono ai Caraibi, a godersi sole mare e tranquillit, te lo dico io! Dunque il piano per il momento funzionava, Tamara per farmelo capire mi strinse la mano mentre, distesi dietro gli arbusti dellisolotto, ascoltavamo queste buone notizie. Cos, con il cuore colmo di speranza, alle dieci mi alleai al buio e mi avviai a raggiungere le nostre scorte. Decisi di camminare in acqua, per ingannare i cani, e vicino alle sponde, cos avrei faticato di meno. Salutai Tamara e partii, in unora al massimo sarei andato e tornato, le assicurai. In effetti arrivai senza problemi sullisolotto, sebbene si trovasse a un cinquecento metri dal nostro quartier generale, pi del doppio di quanto ricordassi. Recuperai lo zaino, lo misi in spalla e partii, sempre con i piedi nel fiume. Mentre sciabordavo nellacqua, ascoltavo i rumori della notte, i pioppi che frusciavano ad ogni minimo alito di vento, rapaci notturni che tradivano gutturalmente la loro presenza. I suoni, nelloscurit, si propagavano a lungo. Poi, improvvisamente, un trillo che non centrava nulla. Un telefonino. - Dimmi, pap. Giovanni! A sinistra, sulla riva, a qualche decina di metri da me! Evidentemente nessuno dei due aveva notato la presenza dellaltro. Mi immobilizzai allistante e, come i gatti quando vengono sorpresi da un rumore, anchio tenni sollevata la gamba che aveva interrotto la sua falcata. Il cuore mi batteva a mille, dovevo decidere in fretta che fare. Ancora nulla, pap continu la voce di Giovanni ma sono sicuro che sono ancora qui, non sono andati via. Mi stava sorprendendo, in quella situazione si dimostrava pi intelligente di tutti gli altri, forse il pensiero dei soldi svaniti risvegliava in lui un ingegno sopito. Intanto non potevo muovermi, se avessi fatto un solo rumore sarebbe finito tutto. Decisi di distendermi sul letto del fiume in modo che con laiuto della corrente mi sarei spostato nel mezzo per poi lasciarmi scivolare via. Ma attesi il pi possibile, mi interessava, quella telefonata. Non possiamo chiamare gli sbirri, pap, farebbero troppe domande, per non parlare dei libri mastri stava dicendo Giovanni se finiscono nelle loro mani chiudiamo. No, loro due per fortuna non possono conoscere tutto questo, ma non possiamo rischiare che quei libri finiscano nelle mani sbagliate. Dunque pensavo noi possedevamo una ricchezza. Ma se anche li avessimo portati agli sbirri chiss quanto tempo sarebbe passato prima che li decifrassero e prendessero provvedimenti, avremmo fatto in tempo a diventare concime per il Tanaro. No, non era questa la strada giusta per uscire dalla situazione. - Stanotte non torno continu lidiota star qui in giro, sento che sono ancora qui. No, lascia perdere pap, tu resta pure l, basto io per loro due. S, lo so che hanno preso i biglietti, ma secondo me stata una mossa per confonderci, loro sono ancora qui, ti dico, ne sono sicuro! Concluse la telefonata e sbuff. Cominciai a sentire dei passi. Veniva verso il fiume, dovevo nascondermi. Lacqua, fredda, mi arrivava alle cosce, le caviglie e le ginocchia mi dolevano fastidiosamente e lo zaino era un serio problema. Dovevo liberarmene, nel giro di qualche secondo Giovanni sarebbe stato sulla sponda e mi avrebbe scorto. Lo feci scivolare via dalla schiena e dovetti liberarlo in acqua, appena in tempo per non essere scorto. Tenevo emersa solo la testa e pian piano mi facevo spostare dalla corrente in mezzo al fiume. Ormai lo zaino era andato, non lo vedevo pi, e con lui se nera andata la nostra preziosa riserva di acqua potabile. Ci aspettava, se fossi riuscito ad uscire da questa situazione, unaltra giornata sotto il sole senza idratazione. Ma i problemi andavano risolti uno per volta, e mi rendevo conto che la nostra era una circostanza ridicola, ci trovavamo a una quindicina di metri e nessuno dei due riusciva a scorgere laltro, Giovanni era sparito dalla mia visuale. Ma non potevo muovermi, magari era entrato in acqua poco pi avanti e spostandomi gli sarei finito addosso. E cominciavano i crampi alle gambe, lacqua gelata stava mettendo a dura prova i miei tessuti e le mie articolazioni. A complicare il tutto cera anche il pensiero di Tamara, era sola e le avevo detto che sarei tornato entro breve. Chiss se avrebbe fatto la cosa giusta, e cio aspettato nonostante le mille preoccupazioni per il mio ritardo. Poi notai di nuovo Giovanni, era uscito allo scoperto. Gli arbusti sulla riva me ne impedivano la vista appena si allontanava di un metro, ma ora, sulla riva, era visibile e stava scrutando il fiume. Immersi la testa, tenendomi con una mano su un sasso nel fondo. 131 132

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Sembrava che Giovanni sentisse la mia presenza, non si staccava da quel luogo nonostante avesse ettari da perlustrare. Mi resi conto che quel tizio aveva una sola qualit, fiutare i soldi, tipico dei truffatori. Quando riemersi, con la testa che mi scoppiava per la mancanza dossigeno e la gelida temperatura che attanagliava le tempie, Giovanni non cera pi. Ma non sapevo dove fosse, non potevo muovermi, mi ripetei. Mi resi conto che se la situazione fosse andata avanti a lungo non avrei resistito, dovevo spostarmi da l e uscire dallacqua. Da cinque minuti ormai, per riscaldarmi, ero costretto a battere i denti. Cos presi in mano la situazione, mi staccai dal sasso e, spingendomi con i piedi, mi spostai verso il centro del fiume. Toccavo il fondo e la corrente, non impetuosa, mi permetteva di decidere la rotta. Miracolosamente, e senza far rumore, arrivai al primo isolotto, mi aggrappai a un cespuglio e mi trascinai sulla terra solida. Appena uscito mille aghi pungenti assalirono le mie gambe, il sangue si stava riscaldando. Mi distesi al riparo della vegetazione, esausto e preoccupato. Non avevo lorologio, altra leggerezza, e secondo i miei calcoli mancava meno di unora allalba, il limite entro il quale non avrei pi potuto muovermi. Ero terrorizzato, ma per Tamara. Per la prima volta consideravo nella giusta dimensione le conseguenze del mio gesto, della mia decisione. Avevo coinvolto Tamara, era stato giusto? Per carit, era stata una scelta sua, indipendente, quella di accompagnarmi, ma era stato giusto proporglielo, sapendo quali fossero i nostri sentimenti? In fondo un suo no sarebbe stata una possibilit remota, ero stato io il motore di tutto. Dovevo smettere di pensarci, a Tamara, con lei nella testa i miei pensieri non potevano essere liberi di trovare una soluzione. Ero troppo stanco, continuavo a battere i denti e tremare per il freddo. Nonostante la temperatura fosse sui venti gradi, lumidit mi impediva di asciugarmi e provare quel po di sollievo che mi avrebbe permesso di ragionare. Mi abbandonai, disteso, con la testa sulle braccia conserte sul suolo. Credo di aver dormito, qualche minuto, non di pi. Quando mi svegliai e alzai il capo, il cielo attorno a me non era pi scuro, qualche sfumatura di azzurro chiaro lo stava invadendo, preannunciando limminente alba. Il pensiero and in automatico al dolcetto dAlba, un vino rosso di pregevole fattura che si produceva anche in fattoria. Avevo assolutamente bisogno di liquidi. E come me anche Tamara. Ma non dovevo pensarci. Cominciai allora a mettere a fuoco le colline che mi circondavano, poi la mia posizione, il mio nascondiglio. Non potei fare a meno di pensare ai partigiani, che in quelle colline avevano contribuito alla causa della libert dItalia. A scuola ci avevano fatto leggere Il partigiano Johnny, Fenoglio aveva ambientato il libro proprio nei luoghi dove io e Tamara vivevamo da fuggiaschi, da sole ventiquattrore, per giunta. Che diversit di motivazioni. Sessantanni prima delle persone, dei civili che avevano scelto di abbandonare la vita civile per combattere in montagna, avevano perso la vita, senza che nessuno glielo chiedesse, semplicemente per degli ideali. Sessantanni dopo, negli stessi luoghi, un ragazzo e una ragazza dovevano nascondersi per evitare di essere scoperti dopo un furto. In fondo erano anni differenti, generazioni differenti mi dissi. Sebbene il sacrificio dei primi permettesse il mio. Se lItalia non fosse stata liberata noi non ci saremmo trovati in quella situazione, a lottare per dei soldi non nostri invece di ideali. Forse il progresso non quello che normalmente viene inteso. O forse il progresso non coincide con levoluzione. O forse sono riflessioni che vanno risolte pi avanti mi dissi, era lalba e dovevo sbrigarmi e trovare un modo per tornare da Tamara. Mi spostai strisciando sul letto a sud dellisolotto, tentando inutilmente di scorgere il nostro quartier generale. Era nascosto, il fiume faceva una curva a destra impedendomene la vista. Buttai gli occhi al cielo e al suo azzurro sempre pi intenso. Ora o mai pi, dovevo tornare da lei, rassicurarla e assicurarmi che fosse ancora l, che non le fosse saltato in mente di venirmi a cercare per aiutarmi. Lo zaino era perso, perlomeno ero libero di muovermi. Il pensiero di gettarmi in acqua mi blocc, anche se solo per una frazione di secondo. Poi mi resi conto che non ero in gita, buttarsi era un obbligo. Le gambe protestarono al contatto col liquido, ma la forza di volont le vinse, obbligandomi anche a immergere il busto. Ma prima di partire mi accorsi di un piccolo canneto. 131 132

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Vediamo se funziona come nei fumetti mi dissi. Presi una canna, ne tagliai le estremit e mi immersi con la testa, usandola come cannuccia. Come su Tex, un ottimo boccaglio naturale. Riuscendo a restare sottacqua ed estraendo il mio attrezzo di tanto in tanto, per respirare, riuscii ad arrivare al nostro isolotto. Emersi e con rapidit mi inoltrai alla ricerca di Tamara. La trovai seduta nella stessa posizione di quando lavevo lasciata. Mi vide. - Dove cazzo sei stato? - Scusa, sono - Una merda, ecco cosa sei! esplose, mostrando rabbia, non disperazione. - Cazzo, ho avuto dei problemi le risposi risentito. Non mi aspettavo questa accoglienza. - E lo zaino dov? Lo sapevo, meglio affrontarle subito le cose. - Ho dovuto abbandonarlo. - Con lacqua? Col cibo? E adesso? Esplosi. - Sai cosa cazzo ho fatto l in mezzo? Sono stato due ore con le gambe a mollo, cera Giovanni. Sono stato costretto a lasciare lo zaino, a nascondermi in mezzo al fiume le urlai rabbioso. - E io? mi interruppe Io dovevo restare qui, ad aspettarti? Unora al massimo, poi torno, mi avevi detto urlando pure lei. - Ma qui non siamo in centro a Mondov, stiamo scappando. - Per il tuo piano? Funziona bene il tuo piano! - Tu lhai accettato! - E quindi posso sopportare tutti i tuoi errori? No, caro mio, siamo in due e da adesso si agisce in due. - Va bene, ma tu non puoi accusarmi di essere stato via troppo tempo. Ti posso accusare di tutto, dov lacqua? Nel tuo piano cera, io mi sono fidata e ora rischiamo la disidratazione. Complimenti. - Non sempre i piani possono funzionare. - Mi sono fidata di un approssimativo. Non ci vidi pi. Mi avvicinai a lei, i nervi tesi allo spasimo. Non so cosa mi prese, ma il mio cervello impart lordine di un ceffone, non violento, per. Il gesto fu violento. Restai con la mano e il braccia a mezzaria. Ci che di pi sbagliato potevo fare lavevo fatto. Me ne vergognai immediatamente. Ma per certi gesti sempre troppo tardi. Lei non aveva girato la testa, aveva sempre sostenuto il mio sguardo. Nel suo non cera cattiveria, solo pura e semplice determinazione. Abbassai il braccio. Poi la testa. Lei si gir e in silenzio and a sedersi vicino a un cespuglio, lontano da me ma con il viso in mostra. Due occhiaie erano spuntate a segnarne gli occhi, ma pi di tutto impressionavano le labbra, screpolate e secche. Mi sedetti anchio, esausto, i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani. Non era giusto. Avevo messo in conto che quei giorni di fuga sarebbero stati difficili, che la tensione sarebbe salita a mille. Ma mai avrei immaginato tutto questo. Tamara mi osservava, quasi a mettere a nudo le mie incapacit, lo leggevo nel suo sguardo. E tutto ci aumentava la mia irritazione, fino a trasformarla in ira, unira che mai avevo provato e conosciuto in tutta la mia vita. Intanto il sole e il calore aumentavano proporzionalmente alla tensione, da un paio dore non ci parlavamo, ma soprattutto non prendevo iniziative per risolvere la difficile situazione in cui ci eravamo cacciati. In cui io ci avevo cacciato, riflettevo. Tamara ogni tanto si alzava e si chinava dietro un cespuglio. Poi tornava, sempre tenendo lo sguardo fisso su di me. Io invece ero immobile, non vedevo vie duscita oltre la sopportazione. Avevo una sete tremenda. Improvvisamente lei, con la sua voce, tagli e ruppe la tensione. - Beh, che pensi di fare? - E tu? risposi, gi contrariato per il tono di voce. Mi rendevo conto che se fosse dipeso da me il dialogo sarebbe stato gi finito. - Non rispondere a una domanda con unaltra domanda. Che si fa? Ho sete disse perentoria. - Ce la teniamo, almeno fino a stasera. Poi fuggiamo fu la mia risposta. 131 132

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- E dove? Perlustrano ovunque, conosci qualche strada invisibile? - Col sarcasmo non si va da nessuna parte. - Nemmeno con lapprossimazione. - Gli imprevisti sono ovunque. - Allora perch tirarmi uno schiaffo? Per la prima volta notai unincrinatura nella sua voce. La guardai, un raggio di sole le illuminava la parte sinistra, rendendo i capelli scuri di un marrone dorato, e accarezzava locchio sinistro abbastanza da illuminare liride verde. Mi accorsi di quanto era bella, proprio come la prima sera in cui lavevo vista per la prima volta, quando quel lampione aveva messo in risalto i suoi lineamenti dolci e spigolosi allo stesso tempo, facendomene innamorare allistante. Feci per avvicinarmi, ma lei mi blocc con un gesto della mano. - Perch mi hai coinvolto in tutto questo? mi chiese. - Perch ti volevo con me. - Perch sei egoista, siccome il Peti non veniva allora hai detto Ma s, chiediamo a Tamara, tanto quella dice di s. - Io volevo stare con te, godermi questi soldi con te. - Tu volevi compagnia, non volevi stare solo, avresti avuto paura. - Io volevo te, Tamara, te e nessun altro. Piuttosto da solo, pensavo quando mi chiedevo se coinvolgerti o no. - E tu ci avresti anche pensato? - S, a lungo anche. - Tamara stupida, sono riuscito a carpirle la fiducia, fatta. Questo hai pensato. - Tamara diversa da tutte le altre, ho pensato. Tamara sta un gradino sopra a tutte, ho pensato. Tamara intelligente, ha voglia di sognare. Questo ho pensato. Ma forse sbagliavo. E per la prima volta nella giornata Tamara abbass lo sguardo. Poi si gir e si avvi mestamente verso un cespuglio. Sentivo che eravamo al limite, non si poteva andare oltre. La guardai chinarsi ed estrarre qualcosa dal cespuglio. E restai senza parole. Lo zaino con i viveri era davanti a me! Il suo sguardo e la susseguente risata mi fecero capire di aver assunto unespressione comica e ridicola. - Lho recuperato mentre passava, stupidone, sono stata brava? - Allora hai recitato fino ad adesso? - Ti ricordi quando ho deciso di venire con te in questimpresa? - Mi hai messo alla prova? - Bello, vero? S, ti ho messo alla prova, come tu hai fatto con me. - E com andata? Si avvicin a me, mi abbracci e ci baciammo. E per la prima volta nella nostra vita, proprio su quellisolotto, stesi sulla nuda terra, facemmo lamore.

Poi, sdraiati, le chiesi scusa per lo schiaffo. - Mi dispiace, caro, ma con tutto lamore che ho per te quel gesto non potr mai dimenticarlo. Era sincera. La abbracciai, dormimmo di un sonno caldo e riposante come mai mi era successo in tutta la mia vita.

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- Finalmente si tromba esplose il Landi alzando le braccia al cielo ce ne ha messo, di tempo! Ettore lo guardava perplesso. - Quanto c voluto? Due mesi, tre mesi? Per una Kosovara? e riesplose in una sonora risata I miei pi sinceri complimenti aggiunse, in tono beffardo. Ettore lo guardava con un misto dodio e compassione, sembrava che la sbronza gli impedisse di reagire. Il Landi se ne accorse e continu: - Comera? Voglio dire, era una bella porca? Perch dicono che da quelle parti sono porcelline, sanno fare lavoretti niente male. Ettore scatt, alzandosi afferr il Landi per il bavero. Poi ricord, allent la presa e torn a sedersi. - Non so che ragazze abbia conosciuto lei, Tamara non era una di quelle, in ogni caso. - Ne dubito butt l il Landi, facendosi serio in volto e accennando ad alzarsi. - Conobbi un tipo, una volta inizi Ettore che a furia di andare a puttane ormai conosceva tutte quelle della sua citt. Decise allora di sconfinare nel paese vicino, ma la prima sera ebbe una sgradita sorpresa. In quel luogo battevano solo i viados. Ma quando se ne accorse fu troppo tardi, per due settimane non riusc a stare seduto a lungo. Il Landi sorrise, per nulla colpito. E solo questione desperienza, come in una fattoria, basta scegliere gli animali migliori. Mi scusi aggiunse mi ero alzato per fare una telefonata. Mentre si allontanava componendo il numero, Ettore si rese conto di aver reagito in modo sbagliato. Guard lora, le sette e mezza. Vide Jim saettare fra i tavoli. Lo chiam e parlott con lui. Dopo pochi minuti Miguelito era l. - Tutto a posto, senor Hector, stasera vinciamo noi. - Lo spero, so di potermi fidare di voi. - Abbiamo vinto tutti i tornei con te allenatore, non ti preoccupare. Ci siamo tutti, la festa del patrono, stasera. Sei un vero capo concluse avevi ragione su quegli strani uomini, ce ne siamo accorti tutti. Ettore vide tutta la squadra di bambini e ragazzi e li abbracci con lo sguardo, ricevendone in cambio un gran sorriso. Se solo Tamara fosse qui si scopr a pensare. Poi un tipo gli fece un cenno, al quale rispose. Si alz, traballando, e si diresse verso la spiaggia, l dove stavano seduti tre ragazzi. Hola Hector lo salut quello che lo aveva chiamato, un giovane con il pizzetto incolto e un gran cappello di lana a strisce gialle, nere e verdi todo bien? - Tutto bene rispose Ettore sedendosi con loro. - Quand che ci fai suonare ancora? chiese ancora il tipo. - Presto, non ti preoccupare. Oggi non serata. concluse. - Mi fate ridere, voi bianchi, siete sempre preoccupati rispose con una risata cappello. - Le preoccupazioni ci fanno sentire vivi. - E vi portano alla tomba. - Lo dici in una canzone. - Allora le hai ascoltate! - Certo, mi hai dato il disco, che dovevo fare? - Avete sentito, hombres? Le ha ascoltate. Hai sentito che artisti? - Col flauto a pelle suonereste meglio. Il tipo si accigli, scherzosamente. - Non scherzare col metallo, fratello. - Cosa vorresti fare? Il ragazzo si allontan di qualche passo, armeggi nello zainetto che portava con s ed estrasse un plettro. 131 132

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- Suonare, Hector, suonare tutta la notte, ecco cosa vogliamo esclam il giovane sollevando le braccia al cielo. - Allora andate a prendere gli strumenti disse Ettore alzandosi stasera festa, suonerete per il patrono, tutta la notte. Viva Hector senti echeggiare alle sue spalle mentre si allontanava, col cervello in piena funzione dopo la canna. Andr tutto bene, Ettore, la serata funzioner, si disse avvicinandosi al tavolino e guardando Rosa al banco. Era indaffarata, tanti clienti, troppi per una persona, affollavano il banco. Cambi direzione e and al bar, doveva darle una mano. Gett unocchiata al Landi, era ancora al telefono, sembrava il classico dirigente quando impartisce ordini. Sorrise compiaciuto, il suo ospite da un lato lo irritava, dallaltro lo faceva scompisciare dalle risate. Ma non era ancora giunto il momento, bisognava aiutare Rosa. - Lascia stare gli disse lei chiama Jim, piuttosto. - Ti aiuto io. - No, risolvi le tue questioni, prima. Guarda, ha finito la telefonata. Il Landi aveva appena richiuso e si guardava intorno, aveva notato la mancanza di Ettore al tavolo. - Sono qui lo chiam ora vengo al tavolo. Scambi altre due parole con Rosa, avvis Jim e torn dal suo ospite. - Mi scusi, ci sono sempre un sacco di complicazioni quando bisogna organizzare una serata si scus Ettore, ben sapendo leffetto che quelle parole avrebbero avuto sul suo ospite. - Lo immagino rispose infatti il Landi, sarcastico. - Questa la serata del patrono. - Me lha gi detto. Continui con la storia, piuttosto. - La festa del patrono importante prosegu Ettore incurante delle parole dellaltro il primo anno che il paese ne organizza una di queste dimensioni, e il mio bar stato scelto come luogo di ritrovo. Tutto deve funzionare al meglio. - Credevo che lei non fosse un imprenditore. - Infatti. Non ci guadagno nulla, io. - Ah no? E le bevande? E il cibo? domand ridendo il Landi. Poi aggiunse: Siete tutti uguali, voi comunisti. Anzi no, ex-comunisti e ora imprenditori. Mi fate schifo si infervor improvvisamente prima a parlare di diritti, a metter bombe, e ora su unisola, a godervi soldi che arrivano chiss da dove, a fare gli imprenditori con le persone che noi sfruttavamo anni fa, a quanto dicevate voi. comodo, vero? Se ne accorge adesso di quanto sia comodo pagare poco e ottenere tanto? Lasci stare, so gi cosa mi risponder, che lei ha investito qui per dare una possibilit a questa gente. Tutte balle, tutte stronzate! - Se ha finito gli disse Ettore, serafico continuerei con la storia. Era riuscito ad ottenere una reazione, il Landi ora sembrava pi sicuro di s.

- E proprio vero che a stomaco pieno si ragiona meglio esord Ettore nel proseguio del suo racconto avevamo mangiato e bevuto a saziet e ci sentivamo decisamente pi sicuri, in quel momento. Proprio come aveva detto, Giovanni si fece vedere sulle sponde pi volte, con la vigilanza e i cani. - Non ne posso pi, tesoro quand che ci muoveremo? mi chiese Tamara - Stanotte le risposi, togliendo il braccio da sotto le sue spalle, eravamo ancora abbracciati. - Come facciamo ad andarcene? Ci ho pensato. Riempiremo gli zaini piccoli, il pi possibile, saranno il nostro bagaglio a mano. Ora costruir una specie di zattera, solo per loro e i nostri vestiti. La faremo scendere per un paio di chilometri poi prenderemo la sponda, arriveremo alla fermata, ci cambieremo gli abiti e saliremo in autobus. Una volta arrivati allaeroporto dovremo solo stare attenti al nostro bagaglio a mano. Sar preziosissimo conclusi con un sorriso - Sei sicuro? - Non ti preoccupare, cara, andr tutto bene. - Se solo avessimo una canna sospir lei ora sarei pi tranquilla. - Coshai detto? le domandai, quasi aggredendola. - Stai tranquillo mi rimprover. - Le canne? Coshai detto? - Se ci fosse una canna ora saremmo pi tranquilli, non credi? - Sei un genio esclamai saltellando di gioia lho sempre pensato, sei un genio. Mi guardava, stupita e incredula. 131 132

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Le piante le suggerii nel campo di Giovanni ci sono venti piante, basta avvisare la polizia e lo arrestano, seduta stante. Tamara continuava a guardarmi, incredula. - Ora vado a telefonare, se mi credono e arrivano entro oggi siamo salvi. - Eh no, caro mio, vengo con te. Era giusto. La baciai e ci avviammo. La fortuna stava con noi, la cabina, come ricordavo, si trovava ancora alla fermata dellautobus, quella dove ci eravamo recati due sere prima per confondere le nostre tracce. Riuscimmo ad arrivarci in tutta tranquillit e ad essere abbastanza convincenti, ci spacciammo per vicini che odiavano lo spaccio Ettore rise al gioco di parole, al contrario del Landi e riuscimmo a tornare al nostro posto, il tutto senza complicazioni. Erano le due del pomeriggio. Alle quattro sentimmo in lontananza un insistito latrare di cani. Proveniva da lontano, dalla fattoria. Alle sette ascoltammo il notiziario alla radio. La prima notizia annunciava che la famiglia Barbera, proprietaria di una nota fattoria delle Langhe, era stata arrestata per coltivazione illegale di marijuana. Lipotesi di reato era che lunico figlio, ora responsabile dellazienda, aveva deciso di coltivare la droga per aumentare i profitti delagriturismo. Esultammo, ci baciammo e facemmo di nuovo lamore. Eravamo liberi, nessuno ci avrebbe dato la caccia, a meno che Giovanni non si fosse deciso a raccontare la verit. Cosa che fece, il giorno dopo, ma troppo tardi. Il seguito delle notizie lo conoscemmo in Thailandia, una settimana dopo. La polizia aveva ricevuto, in un pacco spedito delle poste di Malpensa, i libri mastri della fattoria sotto inchiesta per coltivazione di marijuana, dai quali aveva rilevato numerose irregolarit, sia fiscali che nella gestione del personale. Tutti i beni della famiglia Barbera erano stati confiscati, in attesa di riscontri. Gli indagati restavano in carcere, custodia cautelare, lazienda era stata momentaneamente chiusa, gli impiegati e gli operai godevano dei benefici sindacali, anche quelli assunti in nero. Sembrava che la notizia avesse assunto carattere nazionale proprio per le condizioni dei lavoratori. I Barbera, stando alla loro tesi difensiva, erano stati incastrati da due presunti ex dipendenti, al momento irreperibili. Ma i loro appelli di innocenza restarono inascoltati. Non potemmo che sorridere, dinanzi a queste notizie, lette allombra di una palma e in compagnia di un cocktail thailandese. I soldi erano gi stati depositati in banca, in un paradiso fiscale, e noi avevamo previsto un giro del mondo in tutti gi stati dove non era stato stipulato un trattato di estradizione con lItalia.

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Furono tre anni di passione e amore. Girammo il mondo, concentrandoci sul Sud America, il nostro sogno. Non sto qui a enumerarle le numerose nazioni che visitammo, aprimmo i nostri occhi al mondo. Potevamo spendere cifre inusuali per noi, non ne eravamo abituati. Nel primo anno dormimmo in tutti gli hotel pi lussuosi dei luoghi dove capitavamo, conoscemmo persone incredibili, dai missionari ai criminali incalliti, fuggiti come noi dal loro paese. Spesso ci domandavamo se avevamo fatto la scelta giusta. Poi, guardandoci intorno, qualsiasi fosse la scenografia che ci ospitava, rispondevamo affermativamente, senza parole perch bastava uno sguardo. Ma un giorno capii che Tamara si stava stancando di quella vita da ricchi vagabondi. - Quand che costruiamo qualcosa? mi domand un giorno a bruciapelo, allombra di una frasca, dopo pranzo, su una montagna in Cile. - Cosa vuoi costruire? le chiesi. - Un posto dove le persone stiano in concordia fra loro. - Nulla, hai detto esclamai. Si pu fare, hai visto che posti abbiamo visitato e conosciuto? Il Kosovo New York in confronto. Sarebbe bello creare uno spazio dove le persone possano incontrarsi sapendo che entrano con unidea e nessuno cercher di convincerle del contrario, dove i bambini possano divertirsi fra loro senza timidezze, i ragazzi possano esprimere la loro tensione e creativit. - Praticamente il paradiso commentai scherzoso, sorseggiando erva mate comodamente disteso. - Guardati, sei l, spaparanzato, senza obiettivi. Hai ventotto anni, mettiamo che vivi fino a settanta, cosa farai nei restanti quarantadue? Nulla, come finora? mi rimprover scherzosamente. Si insinu in me il dubbio di dover fare qualcosa di positivo. Ma non sapevo cosa, a me stava benissimo di bighellonare per il mondo. - Con i soldi altrui? intervenne, scontroso, il Landi. Tamara and avanti per un paio di mesi con la sua idea continu Ettore senza curarsene nel frattempo eravamo arrivati in Brasile, in un paese sul Rio delle Amazzoni, presso Belm. Un luogo meraviglioso che ogni giorno esploravo, meravigliandomi in continuazione per le bellezze naturali che continuamente scoprivo, potevo perlustrare ambienti fluviali e marini, dipendeva solo dalla direzione che prendevo al mattino quando uscivo di casa. Ero per solo nelle esplorazioni, da qualche giorno Tamara usciva la mattina presto, quando ancora dormivo, per rientrarne solo a tarda sera. Quando le chiedevo spiegazioni, la sua risposta era: - Vieni con me e vedrai. Ma lalzarmi dal letto a quellora mi faceva passare ogni curiosit. Sicch restavo a vegetare, in quel posto dove la natura dominava aveva un senso, mi dicevo scherzando. Ero convinto che prima o poi Tamara mi avrebbe spiegato tutto. Ma non avevo fatto i conti con il carattere e lorgoglio di quella splendida ragazza. Non mi raccont mai nulla, e una mattina fui costretto, dopo che lei era uscita a seguirla. Non volevo darle soddisfazione. Ci che scoprii mi fece vergognare di me stesso. Tamara era diventata una volontaria di unassociazione del luogo che aiutava bambini e indigenti. Quando mi vide, in quella spiaggia, circondata dai bambini, mi chiam a giocare con loro. Pi tardi mi spieg che una mattina, un mese prima, era andata in spiaggia e, vedendo dei bambini in riva al mare, si era avvicinata, cominciando a giocare con loro. Che a loro volta, a mezzogiorno, la portarono nella sede dellassociazione, cantandone le lodi alla responsabile. Divenne una volontaria, poteva permetterselo. Ettore, ora mi sento viva, sto facendo qualcosa di buono. Che ne dici di fare una donazione allassociazione? Accettai, di buon grado. Il Landi storse la bocca. - Soldi buttati, quella gente li usa e basta. Senza investirlo, quel denaro inutile. - Parla limprenditore sorrise Ettore. 131 132

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- Parla uno che i soldi li sa usare. Cominciai a frequentare anchio lassociazione continu Ettore ma Tamara iniziava ad esagerare. Usciva il mattino prestissimo, andava a fare il bucato agli anziani infermi, a cucinare, insomma, non la vedevo mai. - Non sei mai con me, cara, mi manchi le dissi una sera, a letto. - Ora siamo insieme mi rispose. - Ma solo per dormire, io ti vorrei con me anche durante il giorno. - Ma io sto bene cos. - Io no, siamo ricchi, possiamo dedicarci tutto il tempo che vogliamo. Ma forse a te non interessa. - A me interessa, come interessa a te. Ma non voglio restare ferma, devo muovermi. - Allora senti la mia idea. Apriamo un bar, un locale frequentabile da anziani, bambini, gente di tutte le et, a seconda dellorario. Intorno costruiamo un parco con giostre, animali, spazi enormi e di libero accesso. - Anche dei campi da calcio e da basket sugger. - E anche da hockey su ghiaccio, se vuoi, possiamo permettercelo. Rise e mi baci. - Ma qui non possiamo mi disse un posto fin troppo turistico e saturo. - Lo troveremo. Partimmo, alla ricerca del nostro Eldorado. Ma, ripensandoci ora, forse era meglio fermarsi l doveravamo si incup Ettore. Il Landi lo not, e not che anche il giorno si stava incupendo, la notte si stava avvicinando a grandi falcate. Ci trovavamo in Ecuador, era il ventotto di giugno prosegu Ettore, con unespressione sempre pi cupa. - Come oggi fece notare il Landi. - Gi, come oggi conferm mesto Avevamo cenato in una trattoria di Quito, la capitale. Durante la notte, in albergo, Tamara accus dolori addominali, sempre pi forti. La portai in ospedale, fu ricoverata durgenza. Restai con lei per tutta la giornata, era assistita amorevolmente da tutti. - Guarir, non ti preoccupare mi diceva. Io non sapevo che pensare, per me era uninfluenza intestinale. Ero sempre nella sua stanza accanto al suo letto. Ci trovavamo nella miglior clinica ecuadoregna. Ma, minuto dopo minuto, la situazione peggiorava, Tamara perdeva secondo dopo secondo il suo colorito, che diventava sempre pi sul giallastro. Chiedevo notizie e tutti mi rassicuravano. Per la prima volta consideravo la salute come un nemico. Avevamo superato ostacoli insormontabili, affrontato difficolt a prima vista insuperabili, e ora, in questo edificio bianco e asettico, le nostre speranze erano appese a un filo, in tutti i sensi. Provai a immaginarmi la vita senza Tamara. Per lei avevo costruito un piano, insieme avevamo abbandonato la nostra vita precedente per costruirne unaltra, pi lontano, pi felice, solo per noi due. Se lei fosse morta tutto questo sarebbe precipitato nel vuoto, assieme a me e alle nostre speranze di felicit. - So a cosa stai pensando mi disse ad un tratto, con un filo di voce. - Tamara! esclamai. - Non ti lascer, caro, saremo sempre insieme. - Sempre. Io ti amo. Alz faticosamente il braccio per posarmi delicatamente lindice sulle labbra. - Certe cose non si dicono, tesoro, bastano i gesti. E tu ne hai fatti tanti per me afferm, stringendomi nuovamente la mano. Era gelata. - Te la scaldo io le dissi. - Tu mi scaldi il cuore, me lhai scaldato da subito, da quella gelida serata di gennaio. - Pensa a quanto te lo scalder ancora, invece. - E dove saremo? - In riva al mare, nella casa vicina al nostro locale. - Distesi o seduti? - Distesi, su un asciugamano tutto blu. - Il mio colore preferito. - E stiamo guardando le stelle. - Che mese ? - Luglio. - Fa caldo. - Ma c una brezza leggera, e la tua pelle fresca. - Allora tu che fai? - Ti abbraccio, voglio passarti il mio calore. 131 132

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- E le stelle? Le stelle ci guardano e sorridono, siamo belli e loro sono contente di farci compagnia. Ad un tratto vediamo anche una stella cadente. - Io ho gi espresso un desiderio. - Anchio. Che di quei momenti ce ne siano a migliaia nella nostra vita. Mi sorrise, faticosamente. - Ce ne saranno, tesoro cercai di rassicurarla. Poi proseguii. - Eh s, perch dopo, su quella spiaggia, ti costruir una barca, bellissima e coloratissima, che quando si vedr fra le onde tutti sapranno che la donna pi bella del mondo sta navigando. E poi ti costruir una reggia sulle colline, perch in quel posto le colline scendono verdeggiando, lasciando solo la striscia gialla della sabbia tra loro e il mare. Ma fui costretto a fermarmi. Stavo parlando per nulla. Erano le due del pomeriggio, e Tamara aveva perso conoscenza. Alle sette, le macchine da cui dipendeva, con un sibilo continuo e fastidioso che ancora adesso odio, annunciarono la sua morte. Io ancora le tenevo la mano, nel momento supremo mi parve addirittura di sentire lultimo fiotto di sangue faticosamente pompato da un cuore in estrema difficolt. Ero disperato. Mai, da quando lavevo conosciuta, avevo considerato questa eventualit. Ero solo. A Quito. Con un sacco di soldi da spendere e un sacco di speranze andate in fumo, che annullavano il valore di quei soldi. Tutto ci che avevamo fatto era finito, miseramente. Trascorsi un anno terribile, permeato di incubi e paure. Non sapevo che fare, vagavo da un paese allaltro, sbronzandomi qua e l. Tentavo di dimenticare, nel modo pi semplice che luomo conosca. - Una donna si dimentica facilmente intervenne il Landi. E fu allora che Ettore si alz lanciando con violenza la sedia alle sue spalle. - Lei non vuol capire url al Landi, impassibile in quel frangente io Tamara lamavo! Capisco benissimo, lei si era fatto infinocchiare da una figa dellEst rispose laltro caricando di disprezzo le sue parole. Ettore fece volare unaltra sedia. - Caro Landi, lei non pu proprio sapere cosho passato io, ora glielo spiego. Il Landi si alz, una persona ubriaca come Ettore ingestibile, pensava, si stava mettendo sulla difensiva. Ma si rese immediatamente conto che le intenzioni di Ettore non erano bellicose. Era semplicemente un ubriacone disperato, in quel momento, un disperato che rivangava ricordi spiacevoli. - E stato il destino continuava Ettore urlando bastardo il destino! Urlava, e nel frattempo lacrime copiose inondavano le sue guance. - Io lamavo, era la donna della mia vita! continuava imperterrito Perch il destino cos tremendo? E se esiste un Dio, perch cos crudele? La mia vita, senza lei, non ha pi senso. Sembrava che Ettore non si rendesse conto, o forse s, ma non gliene fregava nulla, che le sue urla avevano attirato lattenzione dellintero locale, Rosa compresa. - Stia calmo gli ripeteva il Landi sta dando spettacolo. - Che cazzo me ne frega a me continuava Ettore ora che tutti sappiano che Ettore Tartini stato colpito dal destino nei suoi pi profondi sentimenti. Si sedette, esausto. Sperava che la scena madre fosse riuscita ad hoc.

Tutto il bar li stava guardando, e il Landi ne era notevolmente infastidito. - Continui la storia e si calmi, la prego quasi lo supplicava. - La storia. La storia triste! continuava Ettore nella sua litania. Le lacrime rigavano il suo viso. - Arrivai qui prosegu finalmente pi calmo e mi stabilii. Decisi che qui avrei coronato i sogni di Tamara. Il Landi lo guardava, carico dodio. - Tamara voleva un luogo ma le ho spiegato che cosa voleva, secondo lei sono riuscito a realizzarlo? domand Ettore alzando lo sguardo, ora sicuro, sullospite. 131 132

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Il Landi si guard intorno a lungo poi, ancora nascosto dagli occhiali da sole, rispose: - Lei non ha fatto un bel niente, non erano soldi suoi. Ettore lo fiss, nella sua testa, nonostante il suo piano, cera confusione e doveva mettere ordine. - Perch dice questo? A lei che gliene frega? - Perch, nonostante la sua sia una bella storia, io sto dalla parte dei perdenti, stavolta. - Non avevo dubbi, lei il classico tipo che sta sempre dalla parte sbagliata, signor Landi disse Ettore o devo chiamarti Giovanni? aggiunse trionfante. Il Landi rest in silenzio, la sua bocca disegn un sorriso crudele e beffardo. - Quando lha capito? chiese dopo un paio di minuti che i loro sguardi si sostenevano. - Stamattina, dopo il primo bicchiere di rum. E nonostante la sua plastica facciale, o sbaglio? Il Landi gli lanci un altro sorriso, stavolta malizioso e ironico. - Addirittura? - Gi. Fin da subito mi sembrato strano incontrare un italiano sulla spiaggia, o meglio, incontrare uno che subito mi parla italiano. Complimenti, allora. Sono due anni che sono sulle sue tracce e solo una settimana fa ho avuto la conferma che era lei colui che cercavo. - Ma durante la storia, infatti, ho sempre messo in dubbio la sua intelligenza. Il Landi, o meglio, Giovanni, si rabbui. - Non scherzare col fuoco, caro Ettore, ti ho in pugno. - Ho i miei seri dubbi. - E invece no rispose sicuro laltro li vedi quegli uomini agli angoli del perimetro del bar? Sono armati e ti tengono sotto tiro. - Li vedo, ma non mi tengono sotto tiro. Giovanni rise di gusto, ma quando si guard intorno la sua espressione cambi. I suoi uomini erano al posto stabilito, ma seduti e disarmati, ciascuno circondato da tre bambini dal fare minaccioso. Miguelito ed Ettore si lanciarono uno sguardo dintesa, il piano era riuscito, per il momento. Devi sapere inizi Ettore passando al pi sbrigativo e meno cerimonioso tu che quando arrivai, questo era un sobborgo povero della citt. Tutto quello che vedi lho praticamente costruito io. Io sono lallenatore della squadra di calcio e basket, e quelli sono i miei atleti. Te lho detto, lo dovevo a Tamara. Questo era un paese di quattro baracche e nulla pi, stata praticamente lei a costruirlo, tramite me. Giovanni era disorientato. Non sapeva pi che fare. Ti ricordi il dialogo di qualche ora fa con Miguelito? incalz Ettore Avevo notato quegli strani personaggi che, seduti strategicamente ai tre angoli del bar, non bevevano e non guardavano le ragazze. Troppo strano, mi hanno insospettito. Poi ho fatto due pi due e, come vedo, non avevo sbagliato. Evidentemente la tua telefonata serviva a metterli in guardia. A proposito, consiglia loro di stare tranquilli, Miguelito e gli altri non hanno dimenticato il loro passato. Giovanni restava in silenzio, le sue labbra disegnavano un sorriso arcaico. Tamara aveva chiesto un posto dove tutti potessero esprimersi e vivere la vita liberamente e io lho costruito. Per lei concluse Ettore. Ma Giovanni si era ripreso. - Aspetta a cantare vittoria. Non hai vinto, caro Ettore, c una pistola puntata su di te. Sotto il tavolo. Effettivamente Giovanni teneva entrambe le mani sotto il tavolo. - Lascia perdere, troppo tardi, troppi anni sono passati disse Ettore, quasi con spossatezza. - La vendetta un piatto che va servito freddo, dicono. Alzati, senza insospettire nessuno. Ettore obbed. - E adesso? domand. - Usciamo dal bar e andiamo verso la mia macchina, nel parcheggio al campetto di calcio. Proprio quello che ho costruito per Tamara e per i bambini disse Ettore, sospirando e alzandosi verso luscita. - Quello che hai costruito con i miei soldi si inalber Giovanni non dire stronzate. Dove sono il resto dei soldi? Ettore si blocc, guard lavversario e cominci a ridere, di gusto. - Che c da ridere? Rivoglio i miei soldi! - Guardati attorno. - E allora? - Tutti i tuoi soldi sono qui attorno. La scuola, lospedale, le strade, il bar, questi sono i tuoi soldi. Giovanni si girava attorno, guardava gli edifici, poi Ettore, poi gli edifici. - Non dire stronzate, dove sono i soldi? - Sono finiti disse ancora ridendo Ettore o meglio, sono stati investiti tutti per ampliare questo paese. - Non vero, li hai nascosti urlava Giovanni, la pistola bene in vista, adesso. Ora gli astanti si allontanavano, lasciando campo libero ai due. 131 132

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Solo i bambini restavano al loro posto, avevano disarmato e tenevano sotto tiro, con le loro stesse armi, gli scagnozzi di Giovanni, che non osavano muoversi. Caro Giovanni, mi dispiace che tu non possa capire. Tutto questo lho fatto per Tamara. Sono andato contro i miei principi, ho rubato, ho trascinato con me la donna che amavo e che morta con me nel coronamento del sogno. Glielo dovevo. - Tu, a quella puttana, non dovevi nulla esplose Giovanni, puntando la pistola alla testa di Ettore. I bambini, Rosa e Jim, gli astanti, tutti ebbero un brivido, in quel momento, la tensione andava aumentando. Ma rimasero immobili, seguivano gli ordini di Ettore che faceva chiari cenni di calma e tranquillit. - La vedi questa gente? chiese Ettore, calmo, indicando il pubblico La maggior parte di loro sta con me. - Perch cammini dritto? gli domand Giovanni Non sei ubriaco? Si rendeva conto, dagli sguardi che lo circondavano, di essere solo, in quel momento. Sei proprio stupido! Le bottiglie le ha riempite Rosa, su mio ordine. Un terzo rum, il resto acqua, non hai notato il colore smorto? - Allora, anche - Anche le scene di ubriachezza erano false. Sono un bravo attore? Del resto concluse ridendo di gusto tra Ettore e attore c solo una lettera di differenza, sono attento a queste cose. Giovanni capiva di essere in trappola, invece di sorprendere era stato sorpreso. E fu velocissimo. Afferr Ettore e gli pass il braccio sotto il collo, la pistola alla tempia. - Fermi tutti! url questo un affare fra noi due, e noi due ce lo risolveremo. Diglielo anche tu, Ettore. Che vuoi fare? disse lui, preoccupato. Questo non laveva messo in conto, pensava sarebbe stato tutto pi semplice. Andare via di qui e ammazzarti come un cane! cominci a sbraitare quanto ti meriti per avermi rovinato la vita. - Te la sei rovinata tu! - Sono io che mi sono rubato il patrimonio? Per un attimo la furia ebbe il sopravvento e col calcio della pistola colp Ettore sulla fronte. Miguelito fece per alzarsi. - Resta l gli grid Ettore tutto a posto. Dal sopracciglio un rivolo di sangue si faceva strada zigzagando sulla sua guancia. - Suvvia disse al suoimprovvisato aguzzino lascia perdere, stai rovinando la festa del patrono. Giovanni non ci vide pi e gli sferr un altro colpo alla testa. Ettore non perse conoscenza, ma un dolore lancinante prese possesso di met del suo cervello. - Pagherai per quello che hai fatto, i ladri vanno uccisi gli url Giovanni. - Ma io ho rubato a un pezzo di merda toss Ettore non a dei poveracci. - Un furto un furto, cazzo, tu stesso hai detto che sei andato contro i tuoi principi. - Non mi costato nulla, non dopo come ci hai trattati! Ora anche Ettore urlava. - Erano cazzi miei! Tu non hai e non avevi nessun diritto di rubarmi i soldi, se non ti andavo bene me lo venivi a dire in faccia, codardo che non sei altro. - Cos avresti potuto licenziarmi e goderti il tuo potere. No, caro mio, saperti sofferente per la rapina mi dava molta pi soddisfazione. Ma non c solo quello, brutto ladro bastardo. Io sono stato in galera, per delle piante che non avevo piantato io. Cinque anni, hai capito? Cinque anni della mia vita passati in mezzo a detenuti comuni, a pulire cessi, a sognare donne che non avrei potuto avere, a combattere per la mia dignit. Ettore rise. Cinque anni ti sei fatto. Per niente, oltretutto! Io e Tamara siamo stati due geni! Ma anche Giovanni rise: E io sono contento perch quella puttana morta, lasciandoti solo come un cane gli rispose guardandolo dritto negli occhi, uno sguardo carico dodio, di ferocia e di scherno che fece scattare Ettore. Che gli assest, o meglio, prov ad assestargli un calcio in mezzo alle gambe con il tallone, ma la mossa non riusc, scivol e Giovanni lo trattenne per il collo. Cominci a stringere. - Riprovaci gli sussurr allorecchio e ti faccio fuori qui, davanti a tutti. Ora andiamo alla mia macchina. - No! esclam Ettore sussultando andiamo con la mia continu con la voce soffocata dalla pressione del braccio di Giovanni. Quel bestione era decisamente pi forte di lui. - E perch con la tua? Che altro scherzetto hai preparato? No, caro, si va con la mia. - No! insisteva Ettore, scalciando con le gambe e i piedi per impedire di essere trascinato alla macchina. Per convincerlo e portarlo a pi miti consigli, Giovanni lo colp nuovamente alla testa, aprendogli una ferita anche sullaltro sopracciglio. - Con queste ferite sarai pi affascinante allinferno comment. 131 132

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Ettore faticava per mantenere la concentrazione, questultima botta lo aveva tramortito, troppi colori sgargianti saettavano davanti ai suoi occhi. Non oppose pi resistenza fino alla macchina. - Sali! gli ordin Giovanni, liberandolo dalla presa. - Ascolta, anche per il tuo bene, andiamo con la mia. - Sali! ripet laltro, impassibile. Ettore fece il giro della macchina, sempre seguito dallocchio nero della canna della pistola. Guard verso il bar. Miguelito lo osservava trepidante, i grandi occhi marroni ne tradivano la tensione, non laveva mai visto cos, nemmeno prima della partita che valeva la finale contro i primi in classifica. Teneva ancora il fucile in mano. Ettore non pot fare a mano di pensare che ancora una volta, a causa sua, delle persone si trovavano coinvolte in faccende a loro completamente estranee. Guard anche Rosa, immobile al banco. Gli parve strano, lei era sempre affaccendata, anche quando non cera nessuno da servire o il bar era vuoto Rosa era sempre in movimento. Anche lei lo guard, e gli sorrise sinceramente come sempre aveva fatto lui con lei. Poi un gesto a sinistra richiam la sua attenzione, con la coda dellocchio vide una mano e ud la voce di Jim: - Per i festeggiamenti tutto a posto! - Non hanno ancora capito che li faranno senza di te, i festeggiamenti disse Giovanni forza, sali! Ettore invece aveva capito. Io non sono solo disse entrando in auto, lasciando la porta aperta io non sono come te. Tu hai seminato odio intorno a te, avevi la possibilit di capire, ma lhai gettata al vento. Ora pagherai per questo. Ne riparleremo quando sar davanti a te, con la pistola carica in mano rispose Giovanni e chiudi quella porta! concluse, impugnando la chiave. Ma, quando la infil e la gir, Ettore era gi balzato fuori, cercando di allontanarsi il pi possibile. Conoscendo Jim, ex artificiere dei ribelli, era certo che avesse abbondato col tritolo. Giovanni ebbe appena il tempo di vedere il suo avversario gettarsi fuori dallauto. Poi unesplosione squarci il buio del campetto, illuminando i canestri e le porte. Ettore fu scagliato a un paio di metri di distanza. Il fragore risvegli tutti dagli attimi di passione e paura che avevano provato. Jim accorse verso Ettore, anche Miguelito sarebbe voluto andare con lui ma non poteva, doveva eseguire gli ordini del senor Hector. Ma quando si accorse che non si alzava, si lanci verso lamico. E lo vide supino, il codino, evidentemente per lo spostamento daria, gli cadeva sulla testa invece che sulla nuca e la faccia sprofondava nel suolo. Tutti si chinarono, nellatmosfera aleggiava un silenzio surreale. Finch, e furono sorrisi di gioia per tutti, Ettore si mosse, alzando la testa e muovendo una mano, il pollice alzato. Stava bene. E proprio in quel preciso istante i fuochi dartificio per il patrono cominciarono a solcare e ad attraversare il cielo, disegnando scie luminose e congedandosi con allegre e sonore esplosioni. La festa del patrono era cominciata. - Stasera offro tutto io! annunci Ettore, alzandosi e controllando che tutte le parti del suo corpo fossero al loro posto Da domani una nuova vita comincer. La gente esultava, unallegria pirotecnica aveva invaso tutti. Si diressero verso il bar. Solo Miguelito rimase ad osservare, immobile e incantato, la macchina in fiamme. Era saltata per aria, capovolgendosi nella caduta. Quelle ruote sollevate avevano risvegliato in lui un ricordo fino a quel momento sopito nei meandri del suo magazzino dei ricordi. Proprio come quella sera quando, a La Tortuga, lui e Juan, il suo migliore amico, avevano tentato di rapinare un passante. Ma questi, sfuggito al tentato furto, aveva chiamato la polizia. Erano fuggiti, inseguiti dai lampeggianti e dal rombo di unauto. Da cui ad un tratto spararono. Fu cos che mor Juan. Quando ud lurlo di dolore dellamico il cuore di Miguelito si strinse fino a diventare piccolo come un fagiolo, strizzando gran parte della sua ingenua et. Poi lo vide cadere. E quei bastardi dei poliziotti, non contenti, gli passarono sopra con lauto, due volte. Poi ripresero linseguimento. Dovevano essere gli squadroni della morte, aveva pensato con terrore Miguelito correndo a perdifiato. E quando era ormai convinto di essere stato raggiunto, ud uno schianto. Lauto si era ribaltata, aveva colpito un cassonetto e poi unaltra macchina, incendiandosi e capovolgendosi. 131 132

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Era un quartiere povero quello, dove tutti si facevano gli affari propri. Miguelito si ferm e si avvicin cautamente alla macchina dei poliziotti. Quello che guidava era ancora vivo, incastrato tra la porta e il tetto, il fuoco ormai lo lambiva. Allungava una mano, chiedendo disperatamente aiuto con le urla e con gli occhi. Miguelito gli si avvicin fino a quando fu troppo caldo. Allora si sedette sullasfalto e lo guard morire come era morto il suo amico. Fiss negli occhi il poliziotto, finch le fiamme e il calore divennero insopportabili. Non provava alcun sentimento. In quel preciso istante aveva avuto la percezione del suo futuro, che quella sarebbe stata la sua vita, non vedeva speranza. Invece, l a Blanco Paraiso, la sua giovane vita era cambiata, aveva conosciuto. E oggi quel fuoco risvegliava in lui emozioni che da tempo non provava, si era perfino dimenticato di Juan. Decise che avrebbe dovuto raccontare al Senor Hector le loro avventure di un tempo. Cos si volt e corse anche lui al bar, nuovamente acceso e carico di luminosa allegria.

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