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I fantasmi dellantropologia*

di Michele Parodi**

Lidentit si costruisce, come noto, su un rapporto dialettico tra interno ed esterno, si costruisce su una differenza, nello spazio instabile tra noi e gli altri, sui margini mutevoli di una frontiera (U. Fabietti, Lidentit etnica). su questo confine che nascono e proliferano una molteplicit di fenomeni complessi e variabili: storie di sincretismo culturale, di metamorfosi identitaria, di scambio economico, insieme a forme di segregazione, sfruttamento, manipolazione, ribellione ed espulsione. Tali fenomeni rivelano presenze paradossali in cui convivono strategie eterogenee. Manifestazioni ambigue in cui ci che appare il sintomo di un discorso traslato: terreno scivoloso fatto di apparenze, desideri, proiezioni, fantasmi. Scena immaginaria allo stesso tempo molto concreta, in cui il soggetto sia egli lantropologo e il colonizzatore, ma anche il nativo e il colonizzato o lo straniero, figure paradigmatiche che qui cercheremo di esplorare presente come protagonista e come osservatore. La ricerca antropologica si dedicata allo studio dellalterit. Non poteva che cadere nei tranelli che si nascondono nelle trame vischiose di unattivit costantemente esposta al rischio della frontiera. Laltro, catturato nelle reti di attribuzioni delletnografo, si spesso dissolto in rappresentazioni caricaturali, svelando i dispositivi di un dominio nascosto dietro una relazione tra uomini che si pretendeva osservazione (R. Benedce, Trance e possessione in Africa). Dalla convivenza con i limiti delle identit, e da una difficile autocritica nata una configurazione indeterminata della pratica antropologica, nella quale linvisibile (una metodologia senza metodo) tenta di parlare con linvisibile (i fantasmi che si nascondono dietro le nostre certezze, i pregiudizi dellantropologo e dei suoi interlocutori). Nel tentativo di scoprire la complessit e lintreccio di queste figure spettrali, il nostro discorso si dipaner dalle prime esibizioni dellaltro, iniziazioni allalterit spesso gi cariche di conseguenze e presagi, dove il contatto con laltro avviene a distanza. Iniziazioni, dove un insieme sconnesso di aneddoti e frammenti del mondo reale, cose non viste di persona, ma sentite per una lunga trafila di intermediari, fornisce la base di un discorso privo di un referente pi concreto. su questi piani, su queste mediazioni che si creano invenzioni narrative che immaginando il passato e il futuro progettano nuove identit private e collettive. Attivit mimetiche dove lincontro e lintimit con laltro, in quanto unilaterale, produce strane proliferazioni: scene ricomposte a piacimento, feticci in potere dei propri artefici. Si imita laltro rappresentandolo o appropriandosi delle sue rappresentazioni. Contatti a distanza Nelle trasmissioni televisive globalizzate che raggiungono le localit pi remote, cos come nelle rappresentazioni europee, molto pi antiche, dei selvaggi delle americhe, prendono vita creature non pienamente visibili, oggetti damore malleabili perpetuamente disponibili nella forma mediata o immaginaria, fantasmi di luoghi lontani che spettatori e utenti diversi usano nei contesti specifici della loro ricezione.
* Testo pubblicato in OT / Orbis Tertius, n. 1, a cura di Matteo Bonazzi e Francesco Cappa, Ed. Mimesis. ** Universit degli Studi di Milano Bicocca.

Scene immaginarie intimamente collegate al desiderio e al contempo alla sua negazione (il divieto), luogo di processi difensivi per lo pi primitivi, come la proiezione e lidentificazione e la conversione nellopposto. Ci nondimeno, tattiche, strategie, risorse pragmatiche con cui affrontare la realt di conflitti concreti e quotidiani. Il luogo dellaltro assente si configura come spazio polemico propizio dove sviluppare offensive indirette a bersagli vicini, proiettando sullaltro lontano un contenuto che, al contrario, si intende trasmettere nel luogo pi prossimo della propria esperienza. In questo campo retorico e sintomatico, laltro diviene il campione innocente di una contesa locale pi oggettivo in quanto neutrale. Cos, le visioni mediatiche delloccidente contemporaneo, nellimmaginazione migratoria di molti giovani che abitano le zone periferiche del sistema e dei flussi globali, funzionano come risorse simboliche con cui criticare legemonia tradizionale delle istituzioni locali1. Astuzie opportuniste non molto diverse da quelle della borghesia intellettuale nella Francia del XVIII secolo, dove linvenzione del buon selvaggio era una risorsa politica importante nella disputa di potere con laristocrazia nobiliare ed ecclesiastica. Esempi che illustrano principi strutturali che sopravvivono, al di l delle epoche e dei luoghi, nelle pratiche discorsive dei protagonisti di conflitti asimmetrici, prendendo forme a noi consuete o esotiche. I riti di possessione e i rituali divinatori presentano una logica simile: lo spirito invocato per enunciare ci che altrimenti non si potrebbe rivelare. Lindividuo posseduto parla con la voce di un altro: fantasmi, voci di un diverso sistema di riferimento. Il messaggio a volte pu essere criptato in modo che anche il destinatario sia esentato da una assunzione senza mediazioni del suo senso. Si tratta di strategie comunicative che allo stesso tempo configurano un culto religioso, un rituale terapeutico, un discorso politico e una pratica di resistenza culturale (Beneduce, op. cit.). Le medicine magico religiose e lo sciamanismo trasformano la malattia (sociale, psicologica e incorporata), in quanto assenza di comunicazione, in struttura di comunicazione guidata dal linguaggio degli dei. Anche i culti del cargo della Melanesia forniscono un esempio di questa dialettica. Le navi mercantili che agli inizi del XX secolo arrivavano cariche di merci nei porti delle isole dellarcipelago, provenivano da regioni sconosciute ai melanesiani. Ai loro occhi i coloni europei che abitavano le isole si impossessavano magicamente di questi beni scambiandoli con denaro. Secondo Worsley (La tromba suoner, 1957), il processo con cui avevano origine i culti del cargo presentava delle fasi tipiche. In un primo tempo gli europei erano trattati come spiriti propizi che apportavano doni, antenati mitici tornati a vivere con il loro popolo. Gli indigeni ben presto si accorgevano che per accedere a questi doni, al contrario dei bianchi, erano costretti a compiere un lavoro reale e gravoso. Per ottenere gli oggetti senza fatica gli indigeni tentavano allora di scoprire il sapere segreto dei bianchi. Il depositario di questo sapere sembrava essere la religione cristiana, perci gli indigeni si convertivano nelle missioni. Dopo qualche anno sorgeva il malcontento e la disillusione poich la fede non procurava alcuna ricompensa materiale. Infine i nuovi proseliti si allontanavano dalle missioni creando i propri culti millenaristi sulla base di un insieme sincretico di dogmi cristiani e indigeni. Un profeta annunciava il rovesciamento completo dellordine sociale: arriveranno dei liberatori portando con s dei beni materiali fortemente desiderati dalla popolazione. Per prepararsi al grande giorno i seguaci del culto si organizzavano creando nuove insegne, nuovi vestiti, nuovi codici morali o legali. Fabbricando aree di atterraggio, ricoveri e
Per una analisi del contesto africano vedi ad esempio Deborah Durham, Youth and the social imagination in Africa, Anthropological Quarterly, 73(3), 2000. 2
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magazzini per accogliere le merci. Immagini, copie della potenza occidentale. Simulacri con cui accogliere i fantasmi della grande nave guidata dagli spiriti dei morti ancestrali2. Se in Voltaire e Rousseau lidealizzazione del selvaggio rappresenta unevasione e una soluzione posta sul terreno politico-sociale inerente al mondo occidentale, i culti del cargo ugualmente risolvono un problema politico indigeno usando i magici messaggeri della civilt occidentale per immaginare una rigenerazione del mondo. Tentativo di modificare lenigmatico ordine sociale introdotto dai bianchi organizzando forme di resistenza apparentemente regressive e fittizie, ma al contrario capaci alle volte di generare movimenti politici in grado di fare e rifare la storia nazionale di questi arcipelaghi. Ma leuropeo nel contesto coloniale, come vedremo pi avanti, rivela una configurazione pi oscura, presente e assente al medesimo tempo, minaccia prossima e quotidiana la cui potenza si iscrive in territori lontani e misteriosi.

Faith47, Africa del Sud 2002 Proiezioni Se laltro assente buono da pensare per fronteggiare una contesa interna, allo stesso tempo, performativamente, questa mossa polemica fa ricadere su di esso la responsabilit dellaffermazione. Tecnica millenaria di lanciare il sasso e nascondere la mano. Strategia che assegnando la colpa a colui che non pu replicare contiene implicitamente altre inversioni. Laltro assente, vittima eternamente disponibile, fantasma infinitamente trapassabile, diviene oggetto di una pratica persecutoria che prefigura e prepara la possibilit compiuta di un incontro e di una conquista. Lo stesso linguaggio che aveva raffigurato la grazia incontaminata dellindigeno del Brasile o delle Antille pu diventare allora tagliente come una ghigliottina. Non a caso, un altro francese, Montesquieu, tra i protagonisti dellesecuzione sommaria del nero dellAfrica. Nello Spirito delle leggi, afferma senza esitazioni: impensabile per noi supporre che essi siano uomini, perch, se li supponessimo tali, si potrebbe cominciare a credere che noi stessi non siamo cristiani (De lesprit des lois, 1748). La bocca che bacia il selvaggio delle americhe qui la stessa che nega lumanit del negro, tramutandolo in una figura deforme capace delle peggiori atrocit. Il fantasma delle barbarie che si sul punto di rendere possibili proiettato sulle future vittime. Profezia che parla dei suoi autori (gli ideologi europei), pi che dei soggetti a cui
Le culture melanesiane associano la morte ad un viaggio al di la del mare. I culti del cargo profetizzano il ritorno delle anime dei morti da oltre lorizzonte sulla grande nave. 3
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attribuisce una violenza selvaggia. In questa operazione si realizza un doppio disconoscimento: dellaltro, sottomesso e occultato dal meccanismo proiettivo, e del proprio s, che nelle rappresentazioni dellaltro non sa riconoscersi. Il dubbio ancora vago, circa lorigine di queste immagini, affiora per proprio nelle ambivalenze dei testi degli utopisti-romanzieri francesi, o nei generi intimamente ibridi dei romanzi di Aphra Behn e di Daniel Defoe, dove realt e finzione, attendibilit e sensazionalismo convivono, come in Robinson Crusoe, nelle strane forme di memorie ispirate a fatti realmente accaduti ma raccontate da falsi testimoni. Dubbi, inquietudini che domanderanno ai colonizzatori, dopo lassoggettamento delle popolazioni indigene, continue prove della imparzialit e giustizia delle proprie illusioni. lo specchio coloniale, di cui parla Michael Taussig (M. Taussig, Cultura del terrore spazio di morte), che riflette sui colonizzatori la propria immagine. Ci che l'ideologia coloniale attribuisce all'altro il riflesso degli atti che essa consente e genera. Proiezioni di un rimosso fatale che scavalcando astutamente i meccanismi difensivi che regolano linconscio politico occidentale, incarnandosi in un oggetto (il selvaggio), pu, imitando la sua creazione (le barbarie del selvaggio), realizzarsi integralmente. Strane corrispondenze legano la violenza dei colonizzatori a quella dei sovrani locali in Africa equatoriale. Lefferatezza di entrambi sembra erompere dalla paura, da fraintendimenti preoccupati carichi di nervosismo e da un potere assoluto che freneticamente cerca di nascondere la propria origine e la propria inefficacia. Nel 1897, fu massacrata una missione di spionaggio ordinata dal Console britannico del Niger Coast Protectorate James R. Phillips allo scopo di sondare le forze militari del re del Benin. Una spedizione punitiva fu rapidamente inviata con lobiettivo di saccheggiare e radere al suolo la capitale del regno. Entrando nella citt le truppe coloniali si trovarono di fronte ad uno spettacolo raccapricciante: un grande numero di corpi di schiavi e prigionieri sacrificati. Estremo tentativo organizzato dalla corte dellOba e dai suoi sacerdoti di proteggersi dalla potenza incontrollabile e minacciosa delle forze coloniali. Tale spettacolo divenne il soggetto di molti reportage nei giornali dellepoca e Great Benin fu proclamata the City of Blood. Dieci anni pi tardi la pubblicazione delle foto della citt assicurarono che le memorie di tale evento rimanessero vive molto a lungo nei ricordi dei lettori inglesi, giustificando altre azioni punitive e altre atrocit. Nel 1909 Sir Ralph Moor, uno dei principali sostenitori dellintervento armato contro lOba del Benin, negli anni del saccheggio Commander of the Niger Coast Protectorate Force e successivamente High Commissioner for Southern Nigeria, si suicid allet di 49 anni nella sua casa di Londra.3 Incontri asimmetrici la figura dello straniero che meglio rappresenta lambiguit dellincontro. Secondo Simmel (Soziologie, 1908) lo straniero colui che a differenza del viandante oggi viene e domani resta. Colui che entra in contatto sociale permanente (o perlomeno di lunga durata) con un gruppo a cui non appartiene dallinizio e in cui introduce caratteristiche che gli sono estranee. Lo straniero vicino e lontano: incluso spazialmente nei confini da cui non pu essere escluso gratuitamente, al medesimo tempo, in quanto isolato in una posizione marginale, estromesso dalle posizioni tradizionali pi importanti. Lo straniero come il povero, come tutta una variet di nemici interni, un elemento del gruppo, ma la posizione che assume come suo membro effettivo coinvolge una sospetta relazione esterna/frontale (id.). Lo straniero occupa a volte i luoghi del comando, come giudice super partes, perfino come sovrano, ma sempre in una condizione di subordinazione, dove lautorit che gli assegnata pu
Per una analisi critica di questo episodio vedi Home R., City of Blood Revisited. A New Look at the Benin Expedition of 1897, Rex Collings, Londra, 1982. 4
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essere ad ogni momento revocata. Molti racconti, a met strada tra mitologia e storia, narrano in Africa sub-sahariana simili eventi: lintronazione di uno straniero e la sua successiva uccisione. Lassemblea degli anziani, dei sacerdoti, la societ stessa (P. Clastres), nelle cerimonie di successione, metter a morte il re outsider. Il capo prigioniero del gruppo, ancora in vita e nellesercizio delle proprie funzioni, sar sacrificato ritualmente (di principio), affermando la supremazia del potere sullevento e sullindividuo (sulla malattia, sulla morte, sulla sconfitta, sul semplice decadere delle forze del re). Allo stesso tempo la violenza del sovrano dispotico ad essere espulsa in queste pratiche rituali, assegnando implicitamente al fuori al divino (al re sacro), o allesterno spaziale (al re alieno) il male necessario incarnato dal tiranno (M. Aug, Pouvoirs de vie, pouvoirs de mort). Lo straniero vive cos una situazione precaria in cui la sua valorizzazione come mediatore con lesterno nasconde la possibilit latente dellinversione di questa relazione: lo straniero, come lodierno immigrato, integrato nel sociale in modo che dallinterno sia possibile la sua espulsione come vittima. Capro espiatorio allevato in seno ad una comunit, lo straniero, in questo senso, un morto vivente, figura liminare anchessa spettrale. Germe che deve essere immesso nella societ per attivare le sue difese latenti e saldare la coesione del gruppo secondo una pratica omeopatica di protezione. Lo straniero immunizza il corpo sociale contro i pericoli di una destrutturazione interna e i rischi di una aggressione dallesterno. Come le immagini esotiche del buon selvaggio, lo straniero diviene qui mediatore non dellinterno con lesterno, ma dellinterno con linterno medesimo.4 Ci che qui diventa spettrale per non pi una mera rappresentazione di per s, nella plasticit dei significati, sempre sfuggente ma un corpo e un soggetto vivo, incluso in un mondo di rapporti concreti, che cos perde una parte della sua sostanza. Ciclicamente avviene la mattanza: piccoli o grandi genocidi, espulsioni in massa, criminalizzazione generalizzata del diverso. Poi lentamente il di fuori e linsolito vengono reintrodotti a basse dosi nel gruppo. Tali fenomeni si realizzano a partire da una fondamentale asimmetria di potere. Beneduce, riferendosi al complesso insieme di attese e reciproci malintesi che si generano nei rapporti con lalterit, parla di coercizione mimetica (Beneduce, op. cit.). del resto una radicale sproporzione di forze che permette altre manifestazioni patologiche. Decisiva non solo la posizione eccentrica dello straniero, ma la sua forza o la sua debolezza economica e militare, e ladeguatezza del suo capitale culturale nel contesto del suo approdo. Cos capita che il nativo rispetto al colonizzatore goda di una condizione simile a quella, pi attuale, dellimmigrato clandestino rispetto agli abitanti e alle istituzioni dei paesi in cui sbarca. Anche la terminologia qui si complica e diventa ambigua. Se laltro, straniero o nativo, genera un effetto di rispecchiamento nel gruppo a cui si oppone e che incontra lo stimola a riconoscere il carattere etnocentrico del proprio sguardo e prospetta la possibilit di un cambiamento pu anche diventare il banco di prova dove il gruppo in grado di sperimentare la propria potenza e i propri limiti. Esperienza, questultima, creativa e dialettica nel caso la resistenza di ci che esterno costringa ad una mediazione, ad un confronto e quindi ad uno scambio. Ma quando le forze in campo sono radicalmente squilibrate la relazione si irrigidisce in una totalit chiusa e solitaria. Al pi forte consentito imporre su una realt resa docile il segno di una volont assoluta che naturalizza i risultati della sua applicazione.

Per un approfondimento teorico ed etnografico vedi Lorenzo dAngelo, Bisogna difendere la metropoli milanese. Biopolitica di uno sgombero, Achab, n. 8, 2006. 5

Prendiamo come esempio la condizione del colono africano descritta da Mbembe (Mbembe, Postcolonialism)5. La colonia anzitutto un labirinto di forze in azione dove luso della violenza demandato a persone in carne ed ossa, e giustificato da un vero e proprio immaginario (202-203): una cultura, una prassi sociale che fa del suddito della colonia non molto pi di una semplice parvenza. Ma il colono ha anche un corpo che il colonizzatore pu prendere, molestare, rinchiudere. Egli pu costringere il nativo ai lavori forzati, imporgli tasse o farne carne da cannone, pu requisirlo per servire i cibi in tavola, prenderlo a spintoni, stenderlo sulla schiena o sul fianco, fustigarlo, renderlo esausto, impiccarlo in pubblico (218). Il nativo, prosegue Mbembe, colui che rende possibile il costituirsi del colonizzatore come soggetto per eccellenza Per poter esistere, il colonizzatore, ha bisogno costante del nativo, inteso come animale grazie al quale alimentare la propria coscienza di s. Da un lato si appropria del potere di tratteggiare il reale come vuoto o irreale; dallaltro, della forza di far s che ogni cosa rappresentata o rappresentabile sia possibile e realizzabile (220). Il nativo conferma al colonizzatore la sua capacit di agire ai tropici, territorio ostile in cui la sua presenza continuamente vacilla. Febbricitante, spossato, soggetto a nausea, dolori reumatici, tremiti, dissenteria, il colonizzatore, non meno del nativo schiavizzato, una sorta di zombi: di lui non si pu dire se ancora vivo o morto. Lo smarrimento di cui preda, lincertezza della sua condizione, lo costringono a produrre continuamente le prove della sua esistenza. Lo spaesamento dello straniero qui si accoppia allonnipotenza del colonizzatore, favorendo forme di regressione in cui il proprio s e quello dellaltro tornano a confondersi. Come il bambino che costruisce e distrugge castelli di sabbia, e realizza in questa operazione un intimo piacere, cos il colonizzatore nelle sue attivit frenetiche soddisfa un bisogno fondamentale. La convivenza quotidiana con ci che gli si oppone come incomprensibile, non agibile, incontrollabile, rende necessario al colonizzatore in Africa dotarsi di surrogati, semioggetti, specie di enti transizionali manipolabili a piacimento, ma dotati, allo stesso tempo, di vita propria. Persa la certezza quotidiana e rassicurante dei propri riferimenti culturali e sociali, il colonizzatore vive una condizione di frustrazione generalizzata che attenua formulando nuove illusioni: ibridi, tra realt e immaginazione, in grado di porre una resistenza, sostanze su cui possibile operare. Il contesto della colonia propizio. Il colonizzatore sviluppa una soggettivit priva di limiti, assoluta, che tuttavia per sperimentare tale assoluto, deve costantemente manifestarlo a se stessa creando, distruggendo e desiderando la cosa e lanimale che ha precedentemente chiamato ad esistere (Mbembe: 222). Queste pratiche mortifere sono costantemente esibite dal colonizzatore ai suoi complici, in un gioco di specchi in cui il superiore conferma allinferiore in grado (e viceversa) la legittimit e la naturalezza delle azioni irragionevoli che entrambi propagano nella colonia. Modelli di intimit del colonizzatore con il nativo e del colonizzatore con il colonizzatore caratteristici dei rapporti che si generano quando lincontro con lalterit avviene senza mediazioni e senza reciprocit. Il colonizzatore delle zone pi inospitali dellAfrica equatoriale ad un certo punto torner in patria, cos ritrovando la meritata pace interiore (seppur a volte percorsa da incubi), o infine morir prematuramente sul campo di questa guerra fantastica, ma il colono e lo schiavo, al contrario, perdureranno indefinitamente nella loro condizione allucinatoria, almeno fino a quando, fuggitivi nella foresta, nei quilombos6, liberati da forme consentite di emancipazione e socializzazione, troveranno altri compagni con cui
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Le citazioni che seguono sono prese dalla traduzione italiana: Postcolonialismo, Meltemi, 2005. Comunit di schiavi fuggiti nel Brasile coloniale. 6

ricostruire una societ e preparare, nel segreto, la rivolta, o, complici dei loro aguzzini, sperimenteranno nuove forme di ascesa sociale. Lo statuto spettrale del colono africano, la coscienza della sua esistenza fantasmatica inscritta nella memoria incorporata nei traumi della colonizzazione e del lavoro forzato, sembra prolungarsi nellafrica post-coloniale. Dopo la fine della colonia i fantasmi non svaniscono, anzi si moltiplicano in una variet di forme. Leconomia liberale che sostituisce il regime coloniale non meno incomprensibile e aleatoria della violenza coloniale. Del resto il dominio coloniale perdura nella post-colonia attraverso forme di controllo indiretto che usano opportuni mediatori politici, economici e militari collusi con gli agenti dei paesi occidentali, per mantenere lo status quo. Come nei culti del cargo, per spiegare limprovvisa ricchezza di alcuni e lestrema povert dei molti, la variabilit delirante dei prezzi e dei salari, si ricorre agli spiriti e alle accuse di stregoneria. Fantasmi, zombi, figure esili e inconsistenti tornano cos a popolare le strade ora asfaltate delle citt e i sentieri delle campagne africane. Una infinit di varianti regionali raccontano la medesima storia: un uomo, per mezzo degli incantesimi realizzati da un vicino, da un bianco, a volte da un parente, derubato della sua identit, ipnotizzato e obbligato a lavorare durante la notte per il suo artefice. A volte ucciso e trasformato in uno zombi. A volte di giorno riprende coscienza, lo si riconosce camminare confuso, esausto alle prime luci dellalba, part-time zombi (Comaroff & Comaroff, Occult economies and the violence of abstraction). A volte riposto in un guardaroba, avvolto in un lenzuolo in attesa di essere usato nellora opportuna. La notte trasportato in invisibili piantagioni sul Monte Kupe 7 o in campi di lavoro in Europa dove unarmata virtuale di operai fantasma alimenta con la propria linfa vitale leconomia occulta e immorale dellOccidente (Geschiere, Sorcellerie et Politique en Afric La Viande des autres).

Panni Stesi, foto di Lorenzo DAngelo, Area dismessa della Falk di Sesto San Giovanni, Milano 2006. Immagine questultima non molto lontana dalla realt. I controlli alle frontiere, le sempre pi restrittive leggi sullimmigrazione, le procedure di catalogazione, i censimenti, le statistiche, i procedimenti polizieschi di espulsione e le pratiche burocratiche di regolarizzazione di coloro che sostano allinterno di uno Stato senza regolare permesso di soggiorno, sono le moderne tecnologie di controllo e manipolazione attraverso cui gli stati-nazione europei riproducono in patria le antiche tecniche della colonia (cfr. dAngelo, Negare lovviet. Identit, violenza e razzismo).
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Monte del Camerun. 7

il corpo migrante a fornire ora la sostanza duttile su cui imprimere i segni di una soggettivit che nellincertezza del mondo postmoderno e globalizzato afferma cos una residuale e flebile capacit di agire. Per il clandestino o il rifugiato non vi cittadinanza possibile, ma una situazione di anomia che ricorda quella dei moderni campi profughi. Il clandestino vive in un limbo, in un paradossale non luogo temporaneo permanente (Bauman, Lyquid Love). Altri fantasmi si animano nelle periferie delle citt dellOccidente, trovando rifugio nelle fabbriche abbandonate, nelle aree dismesse, capannoni spettrali, presagi, residui di una potenza mostruosa che avanza sorda alle sue vibrazioni. Figure evanescenti che incontrano qui arcaici fantasmi di operai di altre generazioni, divorati da macchine antropofaghe. Preti di frontiera, missionari postmoderni, raggiungono questi territori abbandonati da Dio, mettendo in scena altre forme di manipolazione, caritatevoli e pietose. Meta-fantasmi Fino ad ora abbiamo preso in esame relazioni duali. Nella perfezione esclusiva del rapporto tra due, lesistenza di ogni membro della coppia conseguenza diretta dellesistenza dellaltro. Nessuno pu abbandonare la diade senza distruggerla. Di qui lintimit, la chiusura difensiva e la dipendenza reciproca che caratterizzano la sua condizione. Ogni terzo elemento invadente, disturbando la pura e immediata (nonmediata) reciprocit della coppia (Simmel, op. cit.). Sia il colono che il colonizzato, sia il servo che il padrone, non possono esistere luno senza laltro. difficile liberarsi da questo tipo di relazioni senza generare un conflitto drammatico, a volte tragico. Come evitare, allora, il punto di rottura che minaccia le relazioni duali? Altre forme fantasmatiche si generano da questo problema. Prendiamo ad esempio levoluzione del razzismo e dellantirazzismo in Brasile. Nei paesi dominati durante il periodo coloniale, e per un certo intervallo di tempo anche oltre lindipendenza, da una economia schiavista, la problematica razziale, dopo labolizione della schiavit (avvenuta in Brasile nel 1888), diventa una questione cruciale. Nel Brasile e negli Stati Uniti di fine Ottocento, il negro non pu essere idealizzato facilmente come lindio o lindiano nord americano, il quale, immerso nella foresta o confinato nelle riserve, escluso dal mondo delle relazioni quotidiane della citt e dei campi, trasformato, senza troppi problemi, in puro oggetto di contemplazione esotica. Negli Stati Uniti tutto un sistema burocratico segregazionista organizzato per far fronte a tale difficolt. Paradossalmente, la discriminazione razziale dei neri, in un paese che fonda la propria costituzione su principi egualitari, mantenuta legalmente fino ai primi anni Sessanta. In Brasile, dove una societ fortemente gerarchizzata, patriarcale e domestica, aveva consentito relazioni tra signori e schiavi molto pi intime una particolare ambivalenza tra un dominio pervasivo e brutale e una certa cordialit nellesercitare lautorit, insieme a forme di meticciato tra coloni europei e donne di colore (Freyre, Casa-Grande & Senzala8) meccanismi pi raffinati consentono di superare le inquietudini che sorgono in seguito allabolizione. Il fantasma si modifica. Dalle forme esangui dellaltro schiavizzato che ora torna alla luce, resuscitato, almeno apparentemente, dal suo stato di semi-uomo o di mezza-libert si sposta subdolamente e si installa nelle relazioni di dominazione, che cos perdurano e si riproducono in forme meno visibili. Il fantasma diviene meta-fantasma, assume cio un carattere metamorfico pi complesso, contaminando il livello pi sottile dei discorsi e delle relazioni, che divengono spettrali. In questo territorio, il dominio che in precedenza, applicandosi a esseri inferiori era del tutto visibile, oggetto di studi e dibattiti eruditi che valutavano la sua efficacia e le sue possibilit, il giusto dosaggio dei castighi e delle
Casa-Grande e Senzala sono labitazione del fazendeiro e gli alloggiamenti destinati agli schiavi nel Brasile coloniale. 8
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cure necessarie a riprodurre lo schiavo assume forme di camaleonte che mutano costantemente. Lo schiavo liberato diventa il soggetto di una situazione di doppio vincolo, di convivio/rigetto, che perpetua una condizione schizofrenogenica in cui ogni replica alle ingiunzioni del legame pu realizzarsi solo indirettamente (Bateson, Verso unecologia della mente). Si nega il dominio mascherandolo in forme di tolleranza. Questa liberalit paternalista per limitata dalle strutture burocratiche e dai regimi discorsivi legittimi (organizzati dagli intellettuali e dalle istituzioni della cultura), alle sfere del decoro sociale, del folclore, della religione, della vita sessuale. Anche il negro, in una sorta di organizzazione dellentusiasmo, ad un certo punto potr pubblicamente affermare la sua umanit e il subalterno le ricchezze della sua cultura. Ma per entrambi diviene pi difficile analizzare linganno di cui si vittima. Il dominio prende le sembianze di un inquietante Ianus a due facce, che mostra un volto condiscendente di fronte ad ogni critica. Ma basta distogliere lo sguardo dal suo sorriso cordiale perch con un rapido dietrofront egli rivolga la sua faccia oscura e aggressiva. Il negro liberato, abbandonato alla propria sorte in una societ di classe, privo dei mezzi materiali con cui affrontare uneconomia competitiva, disoccupato o obbligato ad accettare volontariamente i lavori pi degradanti e mal pagati, percepisce la violenza disarticolata di cui oggetto nel proprio corpo, nella depressione, nelle angosce che in lui proliferano mostrando una presenza che per egli non riesce pi a toccare. Fantasma, creatura invisibile che non sa dove colpire. A partire dal governo populista di Vargas (1937-1940), una certa mobilit sociale consentita alle comunit nere brasiliane. Casi di ascensione sociale di alcuni membri di questi gruppi, individualmente, conferiscono legittimit al mito della democracia racial9. Nascondendo il processo di isolamento dei neri in quanto gruppo, si creano degli ostacoli politici alla mobilitazione collettiva. Ci che scompare non il nero in assoluto, ma il nero come gruppo organizzabile in un movimento di resistenza (H. M. B. Bomeny, Paraiso tropical).10 Prende forma una situazione paradossale in cui le accuse di razzismo (anti-razzismo) servono pi alloppressore che alloppresso. Ogni reazione al dominio diventa sospetta. La protesta, la critica divengono sintomi di irresponsabilit, irrazionalit, inferiorit. Non avendo pi degli oggetti reali su cui fare presa, n uno status su cui costruire un capitale sociale spendibile, gradualmente scompaiono o si manifestano in forme disorganizzate. Le alternative sono il cinismo e le arguzie di chi ha imparato a vivere di espedienti (il celebre malandro cantato nelle samba dei primi anni trenta), lautismo politico e la religione, o una iper-eccitabilit che esplode senza preavviso, colpendo bersagli aleatori, in forme sporadiche inefficaci, facilmente controllabili. Parallelamente, si origina tutta una serie di mediatori simbolici che, come in epoca schiavista il mulatto liberato, intervengono ad addolcire lasprezza dei rapporti razziali e dei rapporti di classe fino a confondere tutte le carte in tavola. Se prima dellabolizione della schiavit, il nero africano in Brasile invisibile, dopo la fase di passaggio in cui per un momento emerge alla luce nei discorsi razzisti delle prime decadi del 900 in quanto degenerato e causa di degenerazione , torna a vivere unesistenza incerta. Al suo posto prende forma nei discorsi eruditi, nella propaganda politica e quindi nel senso comune con la mistura appropriata di bianco, nero e indio e di tutti i modelli intermedi il tipo brasileiro. Tipo che sar esoticamente moreno: di carnagione marrone chiara, di classe media, dotato di un corpo senza difetti, sempre giovane. Votato ad un futuro radioso. Fantasma di bellezza e intraprendenza. Tipo ideale che
9 Mito della pacifica convivenza e uguaglianza sociale, nel Brasile, delle tre razze fondatrici del paese: africana, indigena ed europea. 10 I primi germi di una formazione politica nera furono interdetti e cooptati da Vargas nel 1937.

permette, alle differenti classi sociali e ai differenti gruppi di colore, di interpretare positivamente la propria posizione, almeno come utopia da realizzare nel futuro, occultando le relazioni che esprimono il campo pi generale della struttura sociale brasiliana (R. DaMatta, Relativizando). Linvenzione di un terzo irreale consente di neutralizzare il potenziale esplosivo di un confronto duale. In verit, nel lungo periodo che si protrae durante il lento processo di modernizzazione delle istituzioni politiche e delle strutture produttive brasiliane, non si verifica una semplice mescolanza di tutti i tipi razziali11, ma qualcosa di pi sottile. Da un lato, si assiste al graduale sbiancamento (branqueamento) del mulatto istruito in genere figlio legittimo di un padre bianco benestante , che tender a scegliere di preferenza una sposa meno scura di lui. Dallaltro al relativo annerimento e alla sostanziale marginalizzazione del nero (preto) e del mulatto meno dotato di risorse economiche e culturali, entrambi discriminati, soprattutto nel Sud del paese, lungo una irregolare linea del colore mossa dalla rivalit con le classi inferiori degli europei di recente immigrazione12. Ci che, sotto il velo della democracia racial, affonda ancora una volta nel rimosso dellinconscio nazionale brasiliano il razzismo che persiste indisturbato nelle categorie percettive, nelle forme di valutazione e classificazione, nelle strutture cognitive incorporate nei processi di socializzazione che fanno s che ognuno sappia, volente o meno, qual il suo posto nella societ: violenza simbolica (Bourdieu) iscritta negli sguardi, nelle precedenze, nelle ingiunzioni, nelle battute spiritose e quindi nelle procedure di selezione del personale e nella definizione dei salari e delle mansioni. Cos, alla fine di una storia punteggiata da brevi fasi di accelerato sviluppo industriale e pi lunghi periodi di recessione e declino, ciclici momenti di ribollimento sociale e repressione autoritaria, e politiche neoliberiste di aggiustamento strutturale pi o meno corrotte, le maggiori citt brasiliane, ad un certo punto, si dividono nei quartieri fortezza dei bianchi, eredi dei capitali coloniali, e nei ghetti-favelas di negri, pardos, meticci, nero chiaro, nero scuro ecc., ex-schiavi, ed ex-proletari (allineamento perfetto di gerarchia di classe e stratificazione razziale). Con tutto ci il razzismo in Brasile sembra non esistere. Solo a partire dalla fine degli anni 70, con la cosiddetta abertura della dittatura militare brasiliana (1964-1985), un nuovo movimento negro organizzato, insieme ai lavori teorici di alcuni sociologi e antropologi, ha contribuito a decostruire il mito della democracia racial. I giovani marginali delle metropoli brasiliane, per, continuano a morire, in disperati tentativi di rapina, a causa di liti interne ai bairros delle periferie, nelle zone franche del traffico della droga, in improvvisi momenti di follia, oppure giustiziati sommariamente da gruppi mercenari armati (Caldeira & Holston, Democracy and Violence in Brazil). Situazione complicata in cui lesclusione e limpoverimento sono prodotti da pi ragioni concomitanti: forme sottili di razzismo a cui si sommano i risultati di un decennio (gli anni 90) di politiche neoliberiste di riforma del welfare. I bisogni di protezione e impiego degli abitanti delle favelas, disattesi dallo stato e dalleconomia ufficiale, trovano una risposta nel traffico della droga che cos viene ad assumere un ruolo sociale che legittima il suo potere e ingrossa le sue file. La complessit di questa logica mista ridotta nel dibattito politico e giornalistico alla sua faccia delinquenziale. Qui emerge lultima e pi recente mutazione del fantasma. Un
Con il termine razziale mi riferisco qui ad un modello classificatorio basato sulla discriminazione di tratti fisici dellaspetto della persona attribuiti ad una supposta origine storico-geografica. Cfr. il lavoro pionieristico di Oracy Nogueira, Preconceito racial de marca e preconceito racial de origem: sugesto de um quadro de referncia para a interpretao do material sobre relaes raciais no Brasil (1955). 12 A partire dalla fine dell800 sono stimati tra 5 e 7 milioni gli immigrati europei in Brasile. Per una discussione sintetica dei fattori storici e regionali del razzismo in brasile vedi: E. Telles, Racial Distance and Region in Brazil, Latin American Research Review, v. 8, n. 2, 1993. 10
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disagio nella sua essenza tipicamente economico e culturale (una lunga storia di discriminazione razziale e di classe) occultato attraverso la sua trasformazione in problema di ordine pubblico. In alternativa, sono gli stessi leader dei movimenti negri, separando la discriminazione di classe dalla discriminazione razziale, la sola ad essere enfatizzata nei media e dallindustria culturale, a dividere il fronte delle lotte di rivendicazione di diritti, occultando ideologicamente la reale posta in gioca a cui aspirano i gruppi di base. In Europa sono le Banlieu francesi a manifestare, in modalit meno cruente, una logica simile (Wacquant, L'etat incendiaire face aux banlieues en feu). Se in America Latina, dove colonia/post-colonia e metropoli convivono in forme ambigue e alterne, i fantasmi dei sistemi di assoggettamento presentano oggi configurazioni ancora parzialmente visibili, nel centro del dominio che il loro funzionamento assume la forma perfetta. Nella metropoli, in Occidente e nelle sue mutazioni asiatiche, le risorse accumulate nella fase primitiva del capitale esigono dalloperaio, dal tecnico, dal giovane impiegato par-time, un surplus di collaborazione: lumanesimo della merce prende a proprio carico gli svaghi e lumanit del lavoratore (Guy Debord, La Socit du Spectacle, tesi 43), mascherando premurosamente il dominio nelle vesti del consumo. La fabbricazione ininterrotta di pseudo-bisogni riduce tutti allunico pseudo-bisogno del mantenimento della produzione (id.).

Dogh, Itatiba, Brasile 2004. I fantasmi dellantropologia I fantasmi, di cui abbiamo tracciato levoluzione e le metamorfosi, hanno percorso anche la storia e le pratiche della ricerca antropologica. Il cosiddetto antropologo in poltrona della fine dell800 raccontava di luoghi e persone che non aveva mai visto. Confortevolmente accomodato nel suo studio, elaborava sistematicamente testi eruditi sulla base di un vasto corpo di note raccolte da una variet di informatori: esploratori, missionari, amministratori coloniali, commercianti raffinata tecnica di invenzione disciplinata, dotto assemblaggio di collezioni di dati strappati ad una realt ben pi oscura. Ma anche il pi moderno antropologo partecipante, di ritorno dai suoi viaggi esotici, impegnato nella scrittura di una monografia etnografica, garantiva con differenti tecniche retoriche (il presente etnografico, loccultamento della presenza sul campo degli agenti occidentali e di primitive forme di globalizzazione e conflitto) la dissimulazione della complessit dellincontro, negando la prossimit, la coevit, implicata dai vincoli conoscitivi della ricerca etnografica. del resto la condizione di spaesamento, intrinseca alla vita sul campo, ad aver determinato negli etnografi forme di comportamento dissociate dai contesti dello loro
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ricerche. Come il dominio coloniale, anche lindagine antropologica si svolge lontano dai propri affetti, esclusi per lunghi periodi di tempo da molte delle abitudini quotidiane che organizzano la vita ordinaria. Si pu resistere anche per anni a questa condizione spaesante, guidati da una forza di volont allenata ad una lotta senza fine per non perdersi d'animo. Nel campo si manifestano tutti i dispositivi di controllo e disciplinamento del s. Il lavoro metodico e sistematico consente di resistere alla pericolosa attrazione della frontiera. La personalit etica, sorvegliata, viene realizzata incessantemente mediante il lavoro: un credo deliberato, una fedelt assoluta a certi aspetti delle convenzioni (J. Clifford, I frutti puri impazziscono. Etnografia, letteratura e arte nel secolo XX). Cos, anche sul campo, spesso laltro scompare. Appare come oggetto di studio, ma non come uomo con cui condividere la comune condizione di essere-nel-mondo, e limpegno gravoso di decidere e pro-gettare la propria esistenza. Quando il nazismo porta gli orrori della colonia nelle citt europee, quando il guerrigliero nelle lotte di indipendenza in Africa o in Asia prende le armi e infligge i primi colpi alla vanit occidentale, quando infine il nativo prende la parola e restituisce alletnografo unimmagine distorta da una prospettiva diversa da altri schemi, altre gestalt con cui organizzare il mondo , qualcosa per muta profondamente. Nella torre di avorio delluomo occidentale cominciano a formarsi crepe sempre pi penetranti e le inquietudini impercettibili del colonizzatore si diffondono su tutti i piani della cultura. Come abbiamo visto, altri meccanismi e altri fantasmi, qualitativamente pi raffinati di quelli della colonia, saranno inventati affinch le posizioni di potere possano rimanere sostanzialmente invariate. Tutto cambi senza che nulla cambi. Lantropologia, che dellalterit ha fatto il suo campo di studio, di fronte allo svelarsi di un simile spettacolo, vacilla. Di fronte a crepe diventate cos gravi, lintera disciplina, ad un certo punto, entra in una fase di ostinata e ciclica autocritica. A partire dalla fine degli anni sessanta sono riconosciuti e vagliati attentamente i legami tra antropologia, colonialismo e imperialismo, sia al livello delle connivenze dirette degli antropologi con le amministrazioni coloniali, sia al livello delle retoriche e degli stili letterari inscritti nelle monografie etnografiche, complici nel costruire la diversit come universo conoscibile e quindi amministrabile. Cosa venuto fuori dal ribollire del conseguente processo di ripensamento dei modi, degli oggetti e delle pratiche delle ricerche di campo? Dalla revisione delle forme di scrittura e dei livelli di autocoscienza che ha coinvolto buona parte degli antropologi pi attenti del panorama internazionale? Dopo una fase di smarrimento collettivo una molteplicit di contributi andata organizzandosi in senso interdisciplinare, accogliendo le voci dei nuovi ricercatori provenienti dal Sud del mondo. Lattenzione degli antropologi si rivolta ai complessi intrecci tra le pratiche simboliche e i sistemi di potere, tra i processi di invenzione e riproduzione delle espressioni culturali e delle identit e i dispositivi di controllo e le forme di resistenza contro egemoniche (studi subalterni, antropologia del colonialismo, antropologia femminista, ecc.). Lo sguardo antropologico riflessivamente si curvato su se stesso riscrivendo una storia critica della disciplina, al medesimo tempo rivolgendo il proprio interesse ai contesti e ai presupposti della produzione del suo sapere e del sapere scientifico e tecnico di altre discipline occidentali (antropologia medica, etno-estetica, antropologia dello sviluppo, antropologia dei media). Sia da un punto di vista teorico che metodologico, una sorta di meta-fantasmi sembra per essersi riprodotta anche nelle maglie di questi approcci variegati. Le nuove pratiche etnografiche ispirate al dialogismo e alla negoziazione sembrano collocarsi in ultima istanza allinterno del grande ventre del liberalismo occidentale. A livello teorico una specie di canone postcoloniale, politicamente connotato dal terzomondismo liberale e dallibridismo riformista si installato allinterno delle istituzioni e degli apparati
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culturali dellOccidente: accademia, editoria, media (Ania Loomba, Colonialism/Postcolonialism). Linsistenza sulle categorie di meticciamento, fusione, partecipazione, condivisione, conversazione, rivela linvenzione di nuovi artifici teorici ed etnografici con cui penetrare, pi dolcemente, allinterno delle culture, occultando ancora una volta i presupposti asimmetrici che governano lincontro antropologico. Quali strategie restano a disposizione per fare della disciplina una pratica in grado di contrastare i fantasmi che riproducono costantemente forme di assoggettamento e di alienazione? Roberto Malighetti, intervistato da Pietro Meloni, afferma la necessit di dire cose fruibili senza abdicare alle articolazioni del pensiero antropologico, alla sua vocazione critica e analitica, capace di mostrare il complesso gioco delle differenze: la rilevanza si gioca sullo scarto con i linguaggi dominanti, sulla capacit di mostrare modalit alternative di vedere e forse anche di organizzare il mondo13. Sicuramente non sul rapporto di forze che si pu sostenere il ruolo critico della ricerca antropologica. Come diceva anche Baudrillard, con la differenza che bisogna attaccare (Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte). Nel modo in cui i graffiti dei neri e portoricani delle metropoli americane nella notte prendono forma sui vagoni dei treni e dei metr e alle prime luci dellalba esportano il ghetto in tutte le arterie della citt, invadono la citt bianca e rivelano che questa il vero ghetto (id.), i graffiti dellantropologia risultano pi efficaci quando riescono a sfuggire ad un discorso facilmente organizzabile, segnalando, con circostanziate ricognizioni, le voci e gli spostamenti delle forze in campo, la dinamica delle posizioni e i presupposti che plasmano di volta in volta le strategie egemoniche (Manoukian, Considerazioni inattuali14). Forse non servono pi diligenti monografie di centinaia di pagine (a chi sono mai servite?), ma una proliferazione di testi sintetici, solidamente strutturati e documentati, testi in movimento, collettivi, fluidi, interrelati, non fini a se stessi, ma in grado di viaggiare, e segnare dei colpi penetrando nel tessuto dei poteri pervasivamente inscritti nelle disposizioni, nei corpi, nei propri desideri e nel proprio sapere. I frutti pi fecondi di una ricerca di campo prolungata sono le decine di intuizioni etnografiche che spesso non trovano posto nel rigore di una tesi scientificamente e convenzionalmente controllata. Bisogna trovare i luoghi dove dare vita a queste idee, sia a casa, negli spazi dellaccademia e della vita politica, sia nei territori dove si radicano le ricerche di campo. Tattiche di guerriglia molto elaborate, al medesimo tempo simili ai gesti situazionisti e ai graffiti fantasma che i giovani adolescenti insistentemente riproducono, incompresi, nelle nostre citt. Nomi di battaglia nel cuore della metropoli e nelle sue periferie, tattiche che riterritorializzano lo spazio urbano in posti collettivi, ridando vita ai muri, alle strade, ai quartieri (Baudrillard, op. cit.)

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Intervista pubblicata in Antropologie , 18/06/2006. Introduzione in Colonialismo, Annuario di Antropologia, n. 2, 2002. 13

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