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INTERVENTO DI ALBERTO ZORATTI PRIMA PARTE Vorrei aprire la discussione partendo da esperienze concrete come il commercio equo, la finanza

etica e i gruppi d'acquisto solidale. In realt necessario precisare che queste esperienze concrete acquisiscono un'importanza soltanto se contestualizzate all'interno di un ambito molto pi ampio, se diventano strumenti per rispondere ad un meccanismo che ormai non funziona. Per parlare di economia solidale necessario partire da pi lontano, da un ragionamento che tra di noi spesso si fa ma che non si legge sui giornali ed il seguente: noi siamo gi in default, e non si tratta di un default economico e finanziario (almeno non per quanto riguarda il sistema Italia) bens di un default ecologico. Il 24 Settembre stato infatti dichiarato l' over shoot day: in quell'ipotetica campagna che vuole spiegare quante risorse consumiamo in un anno di quelle che la Terra ci rende biodisponibili in 365 giorni, queste ultime noi le abbiamo esaurite il 24 Settembre scorso. Noi siamo gi in default, stiamo gi consumando le risorse naturali in senso ampio (acqua, terra, aria che respiriamo), mangiando ci che avrebbero dovuto mangiare le generazioni che dovrebbero seguirci. Ci va contro il concetto di stesso di sviluppo sostenibile, ossia quello sviluppo che consente alle generazioni che verranno di usufruire degli stessi beni di cui usufruiamo noi. Ci fa comprendere come questo sistema economico e finanziario, che ha un nome ed un cognome, capitalista e neoliberista, non solo sviluppi al suo interno numerose contraddizioni che hanno condotto ad una crisi economica e finanziaria (cos come non la ricordiamo da 70 anni), ma ancor peggio mini la stabilit ecologica ed ecosistemica del pianeta. Ci molto pi grave poich un punto di non ritorno. Parlando infatti della crisi economica e finanziaria, una rinascita, una resurrezione dopo una fase di stallo sempre possibile; le conseguenze di una crisi a livello ecosistemico sono invece imprevedibili. Partendo da noi, persone che ogni giorno provano a costruire un'economia solidale, necessario fare i conti con tutto questo. Dobbiamo fare i conti con il fatto che l'organizzazione mondiale del commercio e il programma ambiente delle Nazioni Unite , in un rapporto di due anni fa ci dicono che, se la situazione dovesse continuare cos com' (e nulla fa presagire il contrario, visto che dal 2010 le emissioni a livello globale sono aumentate pi di quanto ci si aspettasse nella peggiore degli scenari), nel 2020 l'aumento della temperatura condurr ad un dimezzamento della produzione agricola nell'Africa Sud-Sahariana, ci non tanto e non soltanto in conseguenza del cambio di temperatura ma anche dei regimi poliometrici. C' qualcosa che sta cambiando, e questo interroga non soltanto questo sistema economico ma anche noi, dal punto di vista della reale efficacia delle nostre attivit. Le economie solidali sono cresciute moltissimo negli ultimi anni, e non parliamo soltanto del commercio solidale, che ormai diventato un refrain, e i cui fatturati sono ormai consolidati (una delle principali realt del commercio equo somma fatturati di circa 60 milioni di euro, con un centinaio di dipendenti, parliamo quindi di media impresa). Parliamo anche di finanza etica: banca etica infatti una delle pi importanti realt di finanza etica a livello internazionale ed europeo. D'altra parte abbiamo lo sviluppo sostenuto dei gruppi d'acquisto solidale, con una crescita quasi esponenziale (siamo arrivati a circa 700-800 gruppi d'acquisto, formalizzati a livello italiano, a centinaia di migliaia di persone coinvolte, e sono stime a ribasso). Tuttavia finch le economie solidali rimarranno un'opzione economica alternativa, ma soltanto circoscritta alle buone pratiche e alla responsabilit sociale dei singoli individui il cambiamento sar molto lento. I tempi geofisici sono molto pi veloci rispetto ai cambiamenti sociali; questo un problema che dovevamo porci ieri, e che non possiamo pensare di spostare ancora nel futuro, poich i cambiamenti non riguarderanno soltanto l'Africa Sud-sahariana. Ci che accaduto a Genova circa due settimane fa non soltanto conseguenza di una cementificazione e di una gestione delinquenziale di quei territori, che non stata applicata esclusivamente da una classe politica di

centro destra (da sottolineare che lo sviluppismo non legato soltanto alle politiche di centro destra), ma anche di una situazione portata all'estremo. Chiunque abbia studiato materie scientifiche sa dell'esistenza della bassa pressione del Golfo di Genova, che per non aveva mai condotto a tali devastazioni. Infatti soltanto negli ultimi anni stiamo riscontrando con questa intensit i cosiddetti flash flood, ossia le inondazioni improvvise (allerta due della protezione civile). Non pi possibile affermare, semmai qualcuno di noi lo avesse fatto, che quello dei cambiamenti climatici sia un problema dell'isola di Kiribati nel Pacifico: un problema nostro. Il fatto di inserire all'interno di una lettura globale, di un approccio politico le buone pratiche dell'economia solidale non significa che esse non siano adeguate. Non sono sufficienti ma sono necessarie: un primo livello di risposta rispetto a questo modello di sviluppo, che risponde ad una serie di questioni, con la creazione di una comunit aperta e di relazioni tra le persone, con i gruppi d'acquisto solidale e le comunit agricole di produzione che in Italia stanno cominciando a nascere. Vicino Pisa ce n' una che coinvolge ottanta famiglie, che condividono non soltanto gli acquisti dai produttori ma anche il lavoro sul campo, per cui in questo tipo di sperimentazione produttore e consumatore stanno diventando la stessa cosa. Esperienze come queste investono soprattutto nelle relazioni sociali (non in capitale sociale, ma in relazioni sociali), dando una chiara risposta ad un sistema atomizzante, che si basa sulla divisione delle persone, sull'individualismo e sulla competizione. La competizione esponenziale tra le imprese che riscontriamo sul mercato non altro che una strutturazione collettiva del nostro immaginario individuale. La prima risposta che le economie solidali danno quella di riscoprire la fiducia, ma non la fiducia nella moneta, la fiducia nelle persone (con tutte le conflittualit del caso, ma anche il conflitto pu diventare elemento di relazione). Questo un primo passo, ma ancora insufficiente, poich al momento interessa soltanto alcune comunit chiuse (in diverse zone del Nord ci sono gruppi d'acquisto che si rifanno ad un certo localismo, ma hanno poco di solidale). Il passaggio ulteriore dev'essere quello politico, che si interroghi su cosa possiamo fare come realt collettive che hanno scelto un altro tipo di economia, quella della trasparenza e delle relazioni chiare, che hanno capito l'importanza di considerare il prezzo non soltanto come un numero attaccato al prodotto ma come risultato di una filiera basata sulla collaborazione tra le persone; cercando di disarticolare un immaginario che ci hanno venduto fino a ieri, ossia che la trasparenza di una filiera si basa su un marchio (Galbani vuol dire fiducia.., a tal punto che nel 2009 si scoperto che usavano formaggi formaggi marci per fare i formaggini spalmabili). Si afferma inoltre che soltanto la provenienza geografica, ossia il fatto di essere locale, sia un elemento di valore aggiunto al prodotto; senza considerare che il termine locale, non unito e non connesso con la sostenibilit ambientale e sociale, una parola vuota. E' necessario mettere in discussione l'immaginario collettivo, dimostrare che le filiere non sono ci che ci hanno venduto fino ad oggi, ossia le grandi organizzazioni di categoria, quelle catene di produzione virtuose in cui tutte le componenti armonicamente producono, manipolano, elaborano e vendono; le filiere nel mercato convenzionale sono in realt l'esatta espressione del conflitto sociale. Infatti c' sempre qualcuno che controlla la filiera (piccola o grande che sia) e gli aspetti pi importanti della logistica, imponendo i prezzi ai produttori e ai consumatori; ci avviene sia nel piccolo con la grande distribuzione, che nel grande con le multinazionali. Quello che stanno soffrendo in questo momento i piccoli agricoltori e contadini italiani non diverso nelle cause e nelle modalit da quello che soffrono i piccoli produttori di caff nell'Africa Sud-Sahariana; sono diverse soltanto le conseguenze poich cambiano i contesti. In un sistema fortemente competitivo chi controlla il mercato, soprattutto il mercato di sbocco come il monopolio e il mercato di arrivo come il monopsonio, ossia un unico acquirente contro una pluralit di venditori, controlla tutto. SECONDA PARTE L'economia e i gas mettono in discussione questo immaginario. Il primo passaggio mettere in

discussione l'individualit, il secondo passaggio mettere in discussione i concetti che ci hanno inculcato in testa sino ad oggi. Siamo stati divisi in ruoli: la mattina lavoratore, il pomeriggio consumatore, la sera telespettatore. Noi siamo tutto questo, e quotidianamente abbiamo la sindrome del semaforo il quale, a seconda che tu stia in macchina o a piedi, ti mantiene fermo. L'economia solidale cerca di far superare anche questo ma purtroppo non sono molte le persone che utilizzano una filiera trasparente ed equa. A mio avviso c' una responsabilit che bisogna assumersi sia come organizzazione equa e solidale sia come semplici consumatori responsabili, che quella di pensare anche alle nostre azioni evitando cerchie ristrette di utenti. Il passaggio ulteriore dunque un passaggio politico, poich questo modello di sviluppo si costruito e radicato come conseguenza di scelte: i mercati non si producono da soli (come, con un'ulteriore menzogna, ci hanno insegnato); non sono ecosistemi ma conseguenze di scelte. Ci a cui siamo arrivati conseguenza di scelte politiche, e la politica non stata svuotata dall'economia (come spesso si sostiene); stata la politica che ha scelto di svuotarsi lasciando spazio all'economia, poich gli interessi tra le due sono molto stretti. Di fronte a questo scenario le economie solidali, nel loro tentativo generoso ed efficace di costruire un'altra economia, devono fare un ulteriore passo avanti: quello della politica, della sensibilizzazione, di rendersi protagoniste di una nova economia; e questo il punto di partenza, non di arrivo. Non possiamo pensare di cambiare il mondo soltanto attraverso la produzione biologica; noi siamo la societ civile ed abbiamo in mano due elementi tra loro complementari: l'azione politica e la forza di fare rete. Il sistema liberista si basa sul consenso, che rende complici gli attori sociali; noi con l'economia solidale dobbiamo costruire il dissenso, dimostrando attraverso la costruzione di una filiera ecosolidale che si pu superare l'individualismo liberista con un'alleanza commerciale ed economica tra produttore e consumatore. Ci sono molte esperienza nel mondo, nate dall'attuale crisi, che dimostrano come, attraverso la partecipazione e la democrazia diretta, sia possibile gestire in maniera positiva una citt. L'economia solidale una realt che assorbe molte energie, tuttavia possibile creare l'alternativa solo attraverso un percorso che si costruisce nei territori: partendo da questi, possibile ricostruire qualcosa di politicamente rilevante. TERZA PARTE Il punto di partenza questo: bisogna arrivare agli scenari internazionali attraverso una costruzione di reti adeguata, che porti autorevolezza e risposte sostanziali: cercare di rilocalizzare le produzioni, cercare di renderle trasparenti, capire che un'agricoltura sostenibile anche una risposta ai cambiamenti climatici (poich un'agricoltura sostenibile basata sullo sviluppo di una rete locale resistente ai cambiamenti climatici. Ci sono milioni di variet che durante il loro ciclo di crescita riescono a subire cambiamenti; a volte non riusciamo a renderci conto che le pratiche agricole sono sostanziali riguardo ai cambiamenti climatici, perch danno una risposta reale all'assorbimento della CO2. Mi auspico che il personale ed il politico diventino la stessa cosa e che ci si assuma la responsabit di quello che succede. La nostra responsabilit quella di avere una forte coerenza ed molto importante, nonostante i compromessi quotidiani che accettiamo, creare le condizioni per quelle comunit che possono fare altrettanto. E' importante farlo tutti insieme, sono momenti importanti da condividere ed fondamentale, oggi pi che mai, per la condivisione della politica e per capire che la Rievoluzione di cui parliamo o parte da tutti noi o impossibile che parta.

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