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Facolt di Economia

Economia e Commercio
LESIGENZA DI UN SISTEMA FINANZIARIO STABILE:BASILEA 3

Relatore: MANGO Fabiomassimo

Candidato: MORRA Daniela

Anno Accademico 2010/2011


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INDICE :
INTRODUZIONE ....................................................................................... 5 LACCORDO DI BASILEA: PRINCIPI ED EVOLUZIONE STORICA ..................................................................................................... 7
1.1 Laccordo sul capitale delle banche: Basilea 1 ....................................................... 7 1.2 I limiti e il superamento dellAccordo: da Basilea 1 a Basilea 2......................... 12 1.3 Il nuovo impianto normativo: Basilea 2 ................................................................ 15 1.3.1 I tre pilastri dellAccordo ................................................................................... 16

LA CRISI FINANZIARIA DEL 2007 E I LIMITI DI BASILEA 2 .... 31


2.1 Levoluzione della crisi allesterno e allinterno del nostro Paese ...................... 31 2.1.1 Introduzione ....................................................................................................... 31 2.1.2 Le principali tappe della crisi ............................................................................. 32 2.1.3 Limpatto della crisi sul sistema bancario italiano ............................................. 37 2.2 Le criticit dellattuale impianto normativo (Basilea 2) ..................................... 42

LA RISPOSTA DEL COMITATO DI BASILEA ALLA CRISI FINANZIARIA: BASILEA 3 ................................................................... 50


3.1 Introduzione ............................................................................................................ 50 3.2 I provvedimenti microprudenziali ........................................................................ 52 3.2.1 Il patrimonio ....................................................................................................... 52 3.2.2La Liquidit ......................................................................................................... 56 3.2.3La disciplina di mercato ...................................................................................... 58 3.3 I provvedimenti macroprudenziali........................................................................ 59 3.3.1 Soluzioni per limitare la pro ciclicit ................................................................. 59 3.3.2 Rischio sistemico ............................................................................................... 62 3.4 Il probabile impatto di Basilea 3 in Italia ............................................................. 65

CONCLUSIONI ........................................................................................ 70 BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 72

Introduzione
Si potrebbe essere tentati di sostenere che la regolamentazione bancaria non necessaria e che anche in assenza di regole le banche gestiscano i lori rischi con prudenza e farebbero in modo di avere sempre riserve patrimoniali adeguate alle loro esposizioni. La storia ci insegna che inammissibile un mercato del credito senza alcuna regolamentazione e senza alcuna tutela della stabilit, si ricordi ad esempio lo scandalo della Banca Romana nel 1880. Inoltre, soprattutto con lo sviluppo dei mercati finanziari, gli istituti di credito sono in continua lotta per la sopravvivenza e alla continua ricerca di profitti, il che conduce spesso a porre in essere pratiche irregolari. In questo modo il sistema finanziario si trovato (e si trova tuttora) a dover affrontare sempre nuovi rischi e sempre pi complessi. In queste circostanze diventato di fondamentale importanza la coordinazione del sistema bancario, con lo scopo di stabilire sistemi di controllo e di vigilanza in grado di garantire la stabilit del sistema finanziario. Questa coordinazione ha avuto inizio nel 1988 con lAccordo del 1988 meglio noto come Basilea 1. Basilea 1 stato il primo tentativo di fissare uno standard internazionale con cui misurare ladeguatezza patrimoniale delle banche ed stato inoltre il primo importante risultato del Comitato di Basilea, che ha visto unite le Autorit di Vigilanza di dodici stati. Allinterno della prima parte del presente lavoro, largomento principale appunto levoluzione storica dellAccordo di Basilea dal 1988 al 2004, in cui entrato in vigore il quadro normativo ora vigente, conosciuto come Basilea 2, che andato a colmare le lacune della normativa precedente ed ha introdotto nuovi elementi da tenere in considerazione per garantire la stabilit del sistema ed evitare turbolenze. Nella seconda parte del lavoro, si affronter, nelle tappe principali, la crisi finanziaria che ha investito il mondo intero e che ha messo in luce gli aspetti critici della normativa, che non servita ad evitare la flessione di tutti i mercati e dunque che non stata in grado di garantire la stabilit del sistema economico in cui operano famiglie e imprese. La crisi ha dimostrato che nonostante le innovazioni impossibile disporre di uninformazione completa, attraverso la quale, prevedere uno scenario che si verificher in futuro. La crisi ha sicuramente anche reso evidente la difficolt di regolare un sistema globale con enormi differenze tra i vari Paesi e soprattutto in continuo cambiamento.

La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria, invece largomento oggetto della terza parte del lavoro. Il questultimo capitolo saranno evidenziate le nuove proposte del Comitato pubblicate il 17 dicembre del 2010, dopo un lungo periodo in cui il Comitato ha in un primo momento posto i documenti per la consultazione da parte di Paesi, banche centrale ed esperti, ha poi condotto uno studio sullimpatto quantitativo dei nuovi requisiti ed infine ha emanato le nuove regole, chiamate Basilea 3. Il Comitato ha cercato in questo modo di sopperire alle lacune precedenti e ha giocato danticipo su future turbolenze finanziarie che si potrebbero verificare e su ricadute nella crisi ancora attuale. infatti prevista nella nuova regolamentazione linserimento di un coefficiente che si attivi in momenti di massima espansione del credito e che poi potrebbe essere utilizzato nei momenti di crisi. In questultima parte sar preso in considerazione anche limpatto dei nuovi requisiti sia sul sistema bancario italiano, sia sulleconomia e sulle imprese.

Capitolo 1 LACCORDO DI BASILEA: PRINCIPI ED EVOLUZIONE STORICA


1.1 Laccordo sul capitale delle banche: Basilea 1 Prima del 1988, le autorit di vigilanza regolavano il patrimonio delle banche fissando un livello minimo per il rapporto tra il patrimonio e il totale delle attivit della banca. I rapporti presi in considerazione variavano da Paese a Paese, alcuni imposero i requisiti patrimoniali ad un livello superiore rispetto ad altri. Questo comport che, a livello internazionale, la concorrenza tra le banche non avvenisse in maniera corretta e uniforme poich le banche operanti in paesi con un requisito pi basso godevano di un vantaggio competitivo rispetto alle altre. Un altro problema era rappresentato dai contratti che venivano conclusi dalle banche che erano sempre pi complicati. Si stavano infatti sviluppando, sempre pi velocemente, gli scambi di interest rate swap1 e currency swap2 nel mercato Over the Counter3. Molti di questi nuovi contratti venivano registrati fuori bilancio, per cui non avevano effetto sul totale delle attivit ufficiali della banca e quindi, di conseguenza, sul livello di patrimonio minimo che dovevano avere. Apparve chiaro a questo punto che il complesso delle attivit non era pi un buon indicatore dei rischi che venivano presi dalle banche e che era necessario un metodo pi sofisticato per la determinazione del Capitale minimo necessario a fronteggiare il livello di rischio sopportato dalla banca4. Questi problemi indussero le autorit di Vigilanza di alcuni Paesi ( Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia, Svizzera) a costituire nel 1974 il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria. Questo Comitato si riuniva regolarmente a Basilea, in Svizzera, sotto il patronato della Banca per i Regolamenti Internazionali (BRI). Gli obiettivi principali del Comitato erano tre:
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Swap in cui si scambiano interessi, a tasso fisso e a tasso variabile, calcolati sulla base dello stesso capitale nozionale. (2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie,glossario). 2 Swap in cui si scambiano capitale e interessi denominati in una certa valuta con capitale e interessi denominati in unaltra valuta. (2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie,glossario). 3 Mercato fuori borsa in cui gli operatori concludono le negoziazioni per telefono. (2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie,glossario). 4 2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 158.

estendere la regolamentazione di vigilanza a tutte le istituzioni bancarie nel maggior numero possibile di paesi; rendere sempre pi efficace la regolamentazione di vigilanza bancaria, al fine di assicurare una certa stabilit al sistema; coordinare le autorit di vigilanza internazionali.

Il Comitato di Basilea,essendo un organismo meramente propositivo,non aveva il potere di emanare vere e proprie leggi o normative cogenti,ma le sue indicazioni venivano trasformate in direttive dagli organismi incaricati e successivamente recepite in legge dai vari Stati membri. Il primo importante risultato del Comitato fu un documento dal titolo Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali minimi . questo che venne chiamato L Accordo di Basilea del 1988 noto con il nome di Basilea 1. Laccordo di Basilea del 1988 stato il primo tentativo per fissare uno standard internazionale per la misurazione delladeguatezza del capitale delle banche. stato oggetto di molte critiche per la sua semplicit e la sua arbitrariet. In realt l Accordo stato un importantissimo passo avanti poich venne sottoscritto da tutti i dodici membri del Comitato di Basilea e spian la strada a importanti investimenti nella misurazione, comprensione e gestione dei rischi. L Accordo di Basilea definiva due standard per il riconoscimento delladeguatezza del patrimonio di una banca. Il primo era simile a quello in essere prima del 1988 : prescriveva che il rapporto tra patrimonio e il totale delle attivit non superasse il limite di 20. Il secondo standard introduceva quello che sarebbe diventato noto come rapporto di Cooke 5,da Peter Cooke, primo presidente del Comitato. Gran parte delle banche non ebbe problema ad adeguarsi al primo standard, fu il secondo che divenne il requisito-chiave imposto dalle autorit di vigilanza. L indicatore di riferimento il seguente:

2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 159-160.

Dove: PV = Patrimonio di Vigilanza; Ai = Attivit in e fuori bilancio RWi= Ponderazione per il rischio Nel calcolo del rapporto di Cooke venivano considerate sia le voci di bilancio sia le voci fuori bilancio. Entrambe contribuivano alla determinazione delle attivit ponderate per il rischio. Questo segnava un enorme passo in avanti per la corretta valutazione del patrimonio necessario a fronteggiare i rischi assunti rispetto ai tempi precedenti. Prima di proseguire nellanalisi dellapproccio normativo opportuno fare delle

precisazioni, prima di tutto con il termine Patrimonio di Vigilanza non deve intendersi solo il capitale in senso stretto ma una serie di elementi positivi e negativi, di qualit primaria e secondaria, presenti nel bilancio della banca. Il capitale non costituisce lunica posta del patrimonio di vigilanza ma una delle fonti principe per il suo utilizzo immediato a copertura in caso di perdite. Il patrimonio aveva due componenti : 1. Patrimonio di classe 1 (Tier 1 Capital) o patrimonio primario,formato dal capitale proprio in forma di azioni ordinarie(equity) e di azioni privilegiate irredimibili senza diritto di priorit cumulativo, cio le azioni privilegiate prive di scadenza che hanno diritto ai dividendi in base a un tasso prefissato,al netto dellavviamento. 2. Patrimonio di classe 2 (Tier 2 Capital) o patrimonio supplementare, formato da azioni privilegiate con diritto di priorit cumulabile, certi tipi di emissioni obbligazionarie a 99 anni e il debito subordinato a 5 anni o pi7. A proposito della rischiosit dellattivo (RW) si fa riferimento solo al rischio di credito che, chiaramente, non esaurisce lincognita a cui esposta unazienda bancaria.

2009, G. Manzelli, , Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2), Rivista Bancaria, Minerva Bancaria, n. 3, pag. 70. 7 2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 161.

In merito alle ponderazioni adottate, Basilea 1 prevedeva che ad ogni voce di bilancio venisse assegnato un coefficiente di rischio direttamente proporzionale alla rischiosit delloperazione. Basilea 1 prevedeva quattro classi standardizzate di pesi, graduate secondo criteri che non considerano la specifica situazione finanziaria del debitore. Lassegnazione dei prenditori alle diverse classi era decisa in funzione della natura della controparte ( impresa,stato,ecc) e della sua appartenenza ad una certa area geografica (Paesi dellarea dellOCSE,Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).8 La tabella riepiloga le classi e i coefficienti di ponderazione in discorso: Tabella n. 1: fattori di ponderazione per le attivit della banca Tipi di esposizione Cassa, crediti verso Banche centrali di Paesi OCSE; Titoli di governi di Paesi OCSE. Crediti verso Banche di Paesi OCSE, crediti verso Banche multilaterali di sviluppo, crediti verso enti del settore pubblico. Mutui ipotecari su immobili ad uso residenziale, facility per lemissione di titoli. Crediti verso imprese private, crediti verso banche centrali di Paesi non OCSE, partecipazioni in imprese private.
Fonte: Basel Commitee on Banking Supervision (1988).

Fattori di ponderazione 0%

20%

50%

100%

Ad esempio, un ente creditizio che avesse in portafoglio un credito di 80 verso una banca con sede in un Paese dellarea dellOCSE, dovrebbe detenere un presidio patrimoniale a fronte della posizione pari a 1.28 =(80x20%x8%). La dotazione obbligatoria minima sarebbe invece pari a 0=(80x0%x8%), laddove la medesima

esposizione fosse verso uno Stato Sovrano OCSE, sarebbe invece pari a 6.4=(80x100%x8%) nel caso in cui lesposizione fosse nei confronti di unimpresa privata.

2009, G. Manzelli, , Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2), Rivista Bancaria- Minerva Bancaria n. 3, pag. 69.

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LAccordo del 1988 rimasto in vigore per quasi due decenni. Inizialmente nellAccordo erano previsti solo metodi per regolare il rischio di credito, con il passare degli anni il Comitato ha integrato la normativa vigente. Nel 1995, il Comitato present una proposta per migliorare lAccordo. La proposta divenne nota come Emendamento del 1996, entr in vigore nel 1998. Lemendamento dispone che le istituzioni finanziarie detengano capitale anche a fronte del rischio di mercato, oltre che a fronte dei rischi creditizi. Lemendamento distingue tra portafoglio di negoziazione (trading book) e portafoglio bancario (banking book). Il banking book formato principalmente da prestiti e non viene di solito rivalutato per fini contabili o di gestione. Il trading book formato da una miriade di diversi strumenti (azioni, obbligazioni, swaps9, derivati esotici,..) e viene rivalutato con frequenza giornaliera.10 In base allEmendamento del 1996, i requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito previsti dallaccordo del 1988 continuavano a valere sia per le voci in bilancio sia per quelle fuori bilancio di entrambi i portafogli, fatta eccezione per le posizioni presenti nel trading book riguardanti azioni o obbligazioni negoziabili, valute e merci. Venivano per introdotti nuovi requisiti patrimoniali a fronte del rischio di mercato per tutte le voci del trading book. L Emendamento del 1996 tracciava le linee generali di un metodo standardizzato per la misurazione dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di mercato. Il metodo standardizzato considerava separatamente le obbligazioni, le azioni, le valute, le merci e le opzioni, senza tener conto delle correlazioni tra i diversi strumenti. Alle banche pi sofisticate, dotate di funzioni di risk management ben consolidate, fu consentito di adottare un metodo basato sui modelli interni per la determinazione dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di mercato. Il questi casi le banche dovevano calcolare il valore a rischio del trading book e trasformarlo nel market risk capital charge sulla base di una formula prevista dallEmendamento del 1996. Gran parte delle maggiori banche adott il metodo basato sui modelli interni perch consentiva di tener presente i benefici della diversificazione e comportava minori requisiti patrimoniali. Il valore a rischio utilizzato per il rischio di mercato definito come la perdita sul

Contratto per scambiarsi dei futuri flussi di cassa, secondo una formula predefinita.(2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, glossario. 10 2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 164.

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trading book che ci si pu aspettare di subire, in un periodo di 10 giorni, nell1 per cento dei casi11. Per quanto una simile struttura prudenziale possa sembrare particolarmente semplificata, lintroduzione del primo Accordo del 1988 ha avuto effetti positivi sul sistema finanziario internazionale, che, negli anni successivi, ha fatto registrare un notevole incremento nel livello di patrimonializzazione media nelle banche. Questo per effetti dei pregi di Basilea, tra i quali ricordiamo : laver posto il patrimonio di vigilanza come base del controllo prudenziale ( il capitale la grandezza di riferimento a cui guardare per valutare se lo sviluppo dellazienda coerente rispetto al rischio assunto); il tentativo di introdurre una forma di controllo prudenziale orientata al rischio; laver posto le basi per creare una disciplina comune a livello internazionale, in modo da favorire la concorrenza delle banche a livello globale.

1.2 I limiti e il superamento dellAccordo: da Basilea 1 a Basilea 2 Sebbene la normativa di Basilea del 1988 abbia esercitato effetti importanti sul livello si patrimonializzazione dei principali sistemi bancari, riducendo oltretutto gli svantaggi concorrenziali che derivavano dalla diversa severit delle regolamentazioni bancarie nazionali, non si pu dire che con il passare del tempo essa si sia rivelata sempre efficace, soprattutto per la sua rigidit. Gi dai primi anni 90 infatti, gli operatori cominciarono a sottolineare che, se da un lato il requisito di un adeguata disponibilit di capitale costituisce una garanzia per la solidit del sistema, dallaltro pur vero che ricondurre la determinazione del capitale necessario a costituire un cuscinetto contro potenziali perdite inattese ad una formula statica, che non tiene conto delle varie fasi congiunturali, ha costituito uno dei limiti principali della suddetta normativa. Linnovazione finanziaria degli ultimi anni, associata ai notevoli progressi nel campo delle metodologie di misurazione dei rischi, hanno messo in evidenza tutti i limiti dellattuale definizione dei requisiti patrimoniali; regole estremamente semplificate, che inizialmente hanno permesso la loro adozione da parte di oltre 100 Paesi del mondo,
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2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 164-166.

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non hanno consentito di tener conto in modo sufficientemente realistico dei vari rischi legati allattivit creditizia. Il particolare, le critiche mosse nei confronti dei contenuti dellAccordo del 1988 e i punti deboli del sistema, possono essere cos sintetizzati: il merito creditizio delle controparti, definito attraverso i coefficienti di ponderazione dellattivo bancario, non abbastanza articolato, in quanto viene attribuito lo stesso peso a banche, imprese o stati sovrani che presentano ovviamente rischi diversi; non viene tenuta in considerazione la struttura a termine del portafoglio crediti, per cui vengono parificati prestiti a breve, medio e lungo termine; le esigenze di diversificazione del portafoglio vengono completamente ignorate, per cui lo stesso requisito patrimoniale viene applicato a banche che, a parit di altre condizioni , sono caratterizzate da un portafoglio prestiti il cui grado di frazionamento pu essere estremamente diverso; la normativa non presenta una visione complessiva del rischio di credito e spinge a tenere separati il rischio di credito sullattivit di prestito (banking book) dal rischio specifico sullattivit di intermediazione (trading book);12 nel banking book non sono infine contemplati gli effetti della compensazione (netting) tra posizioni attive e passive riferite alla stessa controparte, attuabili con la negoziazione di strumenti di copertura come i crediti derivati. ( La parola netting si riferisce ad una clausola presente nei contratti negoziati sul mercato over the counter, secondo la quale una societ che risulta inadempiente su un contratto viene considerata inadempiente su tutti gli altri contratti conclusi con la stessa controparte. Il netting consente di ridurre il rischio di credito in modo significativo)13. La scelta di una ponderazione comune, senza distinzione del grado di rischiosit associato alla singola controparte, ha dato origine a fenomeni di moral hazard e adverse selection, cio a comportamenti devianti, lontani dallequilibrio cercato dallAccordo del 1988. In generale le banche hanno tentano di attuare comportamenti per aggirare i vincoli dettati dalle Autorit di Vigilanza, mediante la ricomposizione del portafoglio e la riallocazione delle attivit , in e fuori bilancio, in modo da far coincidere il pi possibile il capitale economico con il capitale regolamentare. Il altri termini, ad un dato
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2006, P. Leone, Gestione strategica del capitale in banca: teoria e prassi, pag. 235. 2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 162-163.

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ammontare di capitale regolamentare, le banche hanno cercato di associare un livello di rischio ben maggiore di quanto l Accordo consentisse di sostenere. Tale fenomeno, noto come arbitraggio regolamentare, si concretizzato attraverso la tecnica del cherrypicking e lutilizzo di strumenti finanziari innovativi. Il cherry-picking consiste nella cessione di attivit meno rischiose, il cui assorbimento di capitale regolamentare risulterebbe pi elevato rispetto a quello necessario a fronte dei rischi effettivi, ed il mantenimento o lacquisizione in portafoglio di quelle pi rischiose con profili di redditivit attesa pi elevata. Attraverso la cartolarizzazione e luso dei crediti derivati, le banche nel primo caso, hanno trasformato attivit liquide (come gli impieghi) in attivit prontamente smobilizzabili; nel secondo caso, hanno ceduto rischio di credito ad altre societ, al fine di migliorare la qualit del portafoglio. La tecnica dei crediti derivati, che pu assumere una molteplicit di forme pi o meno complesse, rappresenta per la banca una via per continuare a finanziare le controparti di migliore qualit (cio con rischio minore) senza incorrere in una ponderazione eccessiva rispetto alleffettivo fabbisogno di capitale.14 Il coefficiente dell8% stato fissato tenendo in considerazione i rischi derivanti da perdite di un portafoglio contenente sia crediti di buona qualit che quelli di bassa qualit. Tuttavia evidente che a causa dei comportamenti devianti delle banche il capitale regolamentare, calcolato secondo la normativa vigente, si discosta in misura notevole dal capitale effettivamente necessario a coprire eventuali perdite stimate da una metodologia che in modo pi appropriato tenga in considerazione i rischi. Il Comitato di Basilea dopo aver affrontato il tema relativo ai controlli e alla misurazione dei rischi di mercato e trascorsi ormai dieci anni dal primo Accordo, anni in cui larchitettura dei sistemi finanziari internazionali completamente cambiata, avviava, nel giugno del 1999, il lavoro per la stesura di un documento consultivo volto alla revisione del precedente Accordo, proponendo significative novit sia con riferimento alle tipologie di rischi considerati, che alle relative modalit di misurazione. Le regole approvate da tutti i membri del Comitato di Basilea sono state emanate nel giugno 2004 e aggiornate nel novembre 2005 ed entrata in vigore dal 1 gennaio 2007. I requisiti patrimoniali di Basilea 2 si applicano alle banche attive a livello internazionale. In Europa, tutte le banche, piccole o grandi, sono regolate secondo la

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2006, P. Leone, Gestione strategica del capitale in banca: teoria e prassi,pag. 236-237.

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normativa di mobiliare.15

Basilea 2, che viene applicata anche alle societ di intermediazione

Questo rappresenta un passo in avanti importante, poich segna il passaggio da una vigilanza di tipo amministrativo, cio orientata a realizzare lobiettivo originario di una regolamentazione uniforme a livello internazionale, ad un approccio maggiormente orientato al mercato, che si affidi in maniera crescente allattivit di vigilanza ispettiva delle varie autorit nazionali, unici soggetti in grado di conoscere a fondo le particolarit dei singoli sistemi bancari. Per verificare gli effetti sui requisiti patrimoniali derivanti dallapplicazione delle nuove regole, sono stati condotti diversi studi sullimpatto quantitativo (quantitative impact studies- QIS)16. Il comitato pone ora la sua attenzione allo sviluppo e allefficace implementazione delle tecniche di Risk Management allinterno delle organizzazioni aziendali, come punto di contatto tra la necessit di rispettare le esigenze di stabilit del sistema e le importanti esigenze di efficienza dei singoli intermediari finanziari e bancari. Ci comporta importanti innovazioni: sul piano della corporate governance e dellassetto strategico del capitale delle istituzioni finanziarie; della possibilit di gestire il rapporto capitale-rischio, incidendo sui diversi modelli di business perseguibili; dellimpulso ad adottare una maggiore trasparenza dellinformazione finanziaria verso il mercato e gli operatori; delle procedure e dei metodi per lassunzione, il controllo e la gestione dei rischi. 1.3 Il nuovo impianto normativo: Basilea 2 Con il New Capital Adeguacy Framework del giugno 1999, si avvia dunque un primo processo di revisione della regolamentazione sulladeguatezza patrimoniale. Il Nuovo Accordo presenta maggiore complessit rispetto a quello del 1988 in quanto richiede lapplicazione dei tre pilastri in cui si articola : 1) requisiti patrimoniali minimi;
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2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 167. 2009, G. Manzelli, Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2), Rivista Bancaria-Minerva Bancaria, n.3, pag. 73.

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2) attivit di supervisione sulladeguatezza del capitale delle banche (controllo prudenziale); 3) disciplina di mercato.17 NellAccordo si trovano elementi innovativi in merito alle ponderazioni, diverse dal 100% sui prestiti alle imprese private; si suggerisce ladozione di metodi di Internal Rating per il calcolo dei requisiti di capitale; vengono ampliate le categorie di rischi da assoggettare ai vincoli patrimoniali (lintroduzione del rischio operativo) e vengono introdotte nuove tecniche per la misurazione del rischio di credito. I principi dellAccordo mirano a garantire un miglior allineamento tra il capitale economico e il capitale regolamentare, al fine di evitare comportamenti opportunistici da parte delle banche attraverso alcuni principi di fondo tra cui una maggiore flessibilit, cio la possibilit per gli operatori di scegliere tra pi opzioni nella misurazione del capitale regolamentare rispetto al rischio di credito e una maggiore sensitivit al rischio, sebbene il rischio di credito mantenga unimportanza preponderante, altri fattori di rischio bancario vengono presi in considerazione. La misurazione inoltre resa maggiormente sensibile alla presenza di tecniche di attenuazione del rischio di credito. 1.3.1 I tre pilastri dellAccordo LAccordo, come detto, suddiviso in tre pilastri. Il primo si occupa di definire le metodologie che possono essere impiegate per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito. Il secondo pilastro, riconosce limportanza della supervisione e stabilisce i compiti delle Autorit di Vigilanza nazionali. Il terzo pilastro incoraggia un uso pi efficace della disciplina di mercato. Queste tre forme di controllo sono tra loro interdipendenti per raggiungere i suddetti obiettivi, nonostante il primo pilastro contenga il fulcro della nuova disciplina. Il primo pilastro quello che, pur con profondi cambiamenti, mantiene maggiori punti di contatto con Basilea 1. Le banche devono determinare lammontare dei requisiti patrimoniali minimi (l8%) rispetto a tre profili di rischio obbligatori: rischio di Credito;

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2006, P. Leone, Gestione strategica del capitale in banca: teoria e prassi, pag. 237.

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rischi di Mercato; rischio Operativo.

Il rischio di credito il pi importante ed uno di quelli che pu generare pi perdite. Il rischio di credito la possibilit che una variazione inattesa del merito creditizio di una controparte, nei confronti della quale esiste unesposizione, generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditoria18. Si ha quando un soggetto non adempie alle proprie obbligazioni, anche se non si riferisce solo allinsolvenza del creditore ma anche al deterioramento del merito creditizio. Il rischio di credito rappresentato dalla perdita inattesa, ovvero dalla variabilit dellevento dannoso intorno al suo valore atteso. Il rischio di mercato, che stato introdotto dallemendamento del 1996, consiste nel rischio connesso allattivit di negoziazione di valori mobiliari (trading book) legati a variazioni inattese di fattori di mercato quali : tasso dinteresse, tasso di cambio, rischio azionario. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, BRI, il rischio di mercato si scompone in: rischio generico, che corrisponde al rischio di tasso dinteresse. definito come la possibilit che lo sfavorevole andamento dei tassi sui mercati diminuisca il valore delle posizioni; rischio specifico, che coincide con la possibilit che il prezzo di un valore mobiliare diminuisca in seguito al deterioramento del merito creditizio dellemittente19. Il rischio operativo, introdotto per la prima volta in Basilea 2, pu essere considerato come rischio residuale e cio il rischio a cui esposta una banca oltre al rischio di credito e al rischio di mercato. Unaltra possibile definizione che il rischio operativo sia quello derivante da unoperativit corrente, questa definizione comprende anche il rischio di errori nelle procedure contabili, il rischio di disfunzioni nel sistema di pagamenti. Questa definizione per troppo restrittiva perch non include rischi importanti come ad esempio il rischio derivante da un trader infedele. Il rischio operativo quindi pi esteso e include sia rischi interni, derivanti dallinadeguatezza dei
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2001, A.Sironi, Il credito: evoluzione nei criteri di valutazione in Corporate e investment banking, pag. 142 19 2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag.165

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controlli, dalle frodi e dagli errori del personale, sia da rischi esterni derivanti da catastrofi naturali, rischi politici o di regolamentazione, rischi di attentati e cos via.20 Il vincolo patrimoniale della nuova proposta pu essere analiticamente espresso come segue: Dove: PV indica il Patrimonio di Vigilanza totale; PV rm e PV ro indica il Patrimonio di Vigilanza per fronteggiare rispettivamente il rischio di mercato e il rischio operativo; Pv rc il totale delle attivit ponderate al rischio di credito. Il fattore 12,5 consente di creare un legame numerico tra il calcolo del requisito patrimoniale per il rischio di credito e il requisito patrimoniale a fronte del rischio di mercato e operativo, determinato in modo diretto. Il requisito patrimoniale complessivo sar dato dalla semplice somma dellammontare riferito ad ogni singolo rischio. In particolare, se per il requisito patrimoniale a fronte del rischio di mercato Basilea 2 lascia immutata la normativa prevista nellemendamento del 1996, richiede alle banche di detenere patrimonio a fronte del rischio operativo a cui sono esposte. I metodi proposti dalle autorit di vigilanza sono attualmente tre: 1) metodo base; 2) metodo standardizzato; 3) metodo avanzato di misurazione. Il metodo usato dalla banca varia a seconda del grado di sofisticazione: 8%21

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2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag.237-240 2006, P. Leone, Gestione strategica del capitale in banca: teoria e prassi, pag. 240

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1) il metodo pi semplice quello di base. Secondo questo metodo il patrimonio della banca a fronte del rischio operativo deve essere pari al 15 per cento della media annua del margine dintermediazione rilevato negli ultimi tre esercizi; 2) il metodo standardizzato simile a quello di base, fatta eccezione per il fatto che lattivit della banca viene divisa in aree di business ed il requisito patrimoniale per ogni linea viene calcolato moltiplicando il margine dintermediazione per il fattore attribuito a quella linea; 3) il metodo avanzato prescrive che la banca utilizzi modelli interni per il calcolo delle perdite operative, che ad un livello di confidenza del 99,9 per cento, non verranno oltrepassate nel corso di un anno. Uno dei vantaggi di questo metodo che le banche possono vedersi riconosciute, a certe condizioni, le attenuazioni del rischio derivanti dallesistenza di eventuali polizze assicurative.22 Tabella n. 2: le linee di business e i relativi coefficienti nellapproccio standard:
LINEA DI BUSINESS Servizi finanziari per limpresa Negoziazione e vendita Servizi bancari al dettaglio Servizi bancari di tipo commerciale Servizi di pagamento e regolamento Gestioni patrimoniali Intermediazione al dettaglio
Fonte : 2006, Basel Committee on Banking Supervision

COEFFICIENTE 18% 18% 12% 15% 18% 12% 12%

Questi requisiti patrimoniali a fronte del rischio operativo sono stati introdotti dalle autorit di vigilanza poich ci si trova ad operare in ambienti sempre pi complessi e le banche sono esposte ad errori umani ed errori dei computer. Per quanto riguarda il rischio di credito, Basilea 2 prevede che le banche scelgano uno dei tre metodi seguenti per determinare il patrimonio di vigilanza: 1) il metodo standardizzato;
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2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag.168-176.

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2) il metodo Internal Rating Based Approach, (IRB di base); 3) il metodo Advanced Internal Rating- Based Approach (IRB avanzato).23 Il metodo standard per la determinazione dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito, ha mantenuto unimpostazione per alcuni aspetti simile a quella prevista nellAccordo originario del 1988. Tale metodologia viene di difetto applicata a tutte le banche vigilate, a meno che non avanzino formale richiesta per ottenere il riconoscimento allutilizzo dei modelli IRB. La quantificazione del requisito minimo per ogni singola posizione avviene attraverso il prodotto di tre fattori, lammontare dellesposizione, il relativo peso assegnatole e un coefficiente pari all8%. Rispetto a Basilea 1, il sistema di ponderazione fissato dal Comitato molto pi articolato e, soprattutto, tende ad un effettiva considerazione della rischiosit della controparte. Per quanto possibile infatti, la ponderazione dipende dalla valutazione del merito di credito del prenditore rilasciata da un soggetto professionale esterno, ovvero unagenzia di rating (cosiddette ECAI, ovvero External Credit Assessment Institution). Nel caso di crediti concessi a Stati Sovrani, il rating utilizzato quello delle agenzie che assicurano i crediti allesportazione (cosiddette ECA, ovvero Export Credit Agencies ). In considerazione della fondamentale importanza del giudizio attribuito dalle agenzie, previsto che le banche possano avvalersi delle sole valutazioni rilasciate da ECAI riconosciute dallautorit di vigilanza. Tale riconoscimento, che non appare come una valutazione di merito rilasciata sui giudizi attribuiti alle diverse controparti, si basa sulla verifica dei requisiti che riguardano la metodologia utilizzata (oggettivit, trasparenza, revisione periodica ed indipendenza) e le conseguenti valutazioni (credibilit e trasparenza). Per potersi avvalere dei suddetti giudizi, le banche devono inoltre comunicare formalmente alla Vigilanza i nominativi di quelle ECAI delle quali intendono utilizzare le valutazioni. Nel caso in cui di una controparte esistano i giudizi di due ECAI prescelte, lintermediario dovr applicare la ponderazione pi sfavorevole; nel caso in cui le ponderazioni fossero pi di due lintermediario dovr considerare le due ponderazioni pi basse e, tra queste, scegliere quella che richiede un fattore di
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27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia , titolo II, capitolo I.

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ponderazione pi elevato. In generale dunque le autorit di vigilanza si dovranno accertare che i soggetti vigilati non pongano in essere fenomeni opportunistici, cio non che considerino per ogni esposizione il giudizio pi favorevole (ovvero quello che comporta un requisito patrimoniale pi basso).24 La tabella di seguito riporta le ponderazioni scelte dal Comitato di Basilea per la determinazione del requisito patrimoniale per il rischio di credito nel metodo standard. Tabella n. 3: Coefficienti di ponderazione dellapproccio standard,valutatore Standard Poors.
AAA AAAAA+ AA AAA+ A ABBB+ BBB BBBBB+ BB BBB+ B B<BUnrated Scaduti

Ponderazioni (valori %)

Soggetti Sovrani Banche Banche residenza Imprese Retail Mutui Residenziali

0 20 20 20

20 50 50 50

50

100 100 100 100 150

150 100 150 150 50 150

150 100 150 100 150 150 100

75 35

Fonte: 2009, G. Manzelli, Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2),Rivista Bancaria-Minerva Bancaria, n.3, pag.100.

Con riferimento agli stati sovrani, viene meno la ponderazione nulla attribuita a tutti i membri dellOCSE, sostituita da pesi collegati con il rating assegnato. In particolare oscilla da una ponderazione pari a zero ad una pari a 150 in caso di rating inferiore a B-. Per quanto concerne le esposizioni verso le banche, la prima riferita alle singole banche, ha la stessa ponderazione delle esposizioni verso gli Stati Sovrani, la seconda classifica, invece, tutte le altre banche in relazione al Paese di appartenenza, peggiorando la valutazione di una classe rispetto al rating, da AAA a AA- e nella classe di rating da A+ a A-, mantenendo invariate le altre ponderazioni. Per le imprese viene meno la ponderazione fissa del 100% a favore di una ponderazione che va dal 20% al 150%, ma che in effetti potr essere applicata solo da quelle aziende di dimensioni rilevanti che sono effettivamente fornite di rating.( Si osserva che la
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27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia, Titolo II, capitolo I, pag. 8.

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maggior parte delle imprese italiane sono sprovviste di rating e sono destinate a mantenere una ponderazione pari al 100%). Lutilizzo del rating esterno non si applica in due categorie di esposizioni: prestiti retail e mutui residenziali. Per quanto riguarda il portafoglio retail la clientela al dettaglio non ha giudizi di merito ufficiali ed molto diversificata al suo interno, il Comitato di Basilea ha deciso di associare una ponderazione pari al 75% rispetto a quella di Basilea 1 che invece assegnava un coefficiente pari al 100%. Anche le esposizioni costituite da mutui residenziali godono di una ponderazione favorevole, in particolare se si tratta di crediti con ipoteca su immobile adibito a prima abitazione, il coefficiente sar del 35% invece del 50% di Basilea, mentre nel caso di altre tipologie di immobile viene lasciata alle autorit la discrezionalit di attribuire un coefficiente comunque non inferiore al 50 %25. Ultimo chiarimento va fatto sulle garanzie e sulle modalit con cui queste vengono riconosciute nel metodo standard. Unesposizione supportata da garanzie, reali o personali, permette alla banca di recuperare pi facilmente una parte o tutto il credito in caso di default del debitore. Per cui, nel momento in cui sono presenti determinati requisiti, il Comitato ha previsto una ponderazione favorevole per ridurre, a carico dellintermediario, il requisito patrimoniale. Nel metodo standardizzato sono previste due metodologie per la misurazione dellimpatto delle garanzie nelle esposizioni, lapproccio semplificato e quello integrale. Il primo applicabile soltanto ad una serie di garanzie reali finanziarie riprende il principio di sostituzione: per la quota di esposizione coperta da garanzia si applica la ponderazione pi favorevole. Nel metodo integrale, si considera direttamente lesposizione al netto della garanzia26. Nellambito del rischio di credito, la vera novit introdotta da Basilea 2 costituita dalla possibilit di utilizzare metodologie basate su modelli di rating interni (IRB) al fine di quantificare il requisito patrimoniale. Si tratta di una delega soggetta al vaglio delle autorit di vigilanza. Il calcolo del requisito nella metodologia IRB, in sintesi, avviene in questo modo: per ogni posizione la banca ha lonere di stimare alcuni parametri, il cui valore viene poi inserito in una formula di calcolo (cosiddetta Funzione

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2009,G. Manzelli, Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2), Rivista Bancaria-Minerva Bancaria, n.3,pag. 100-104. 26 2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie,pag. 170.

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Regolamentare) prestabilita dal Comitato che restituisce un requisito patrimoniale dellesposizione e spesso in termini percentuali. Il comitato ha individuato sette portafogli regolamentari tra cui ripartisce le diverse esposizioni. Sussistono alcune differenze nelle funzioni regolamentari riferite ai diversi portafogli, per tener conto delle caratteristiche degli stessi. Le diverse Classi di attivit nel dettaglio sono: esposizioni verso Amministrazioni Centrali e Banche Centrali, esposizioni verso Intermediari Vigilati; esposizioni verso Imprese; esposizioni al dettaglio; esposizioni in strumenti di capitali; posizioni verso la cartolarizzazione; altre attivit27.

I parametri che alimentano la funzione regolamentare sono: PD, la probabilit di default del debitore, ovvero la probabilit che il debitore entri in default entro un anno. Tale stima viene effettuata sulla base della media di lungo periodo dei tassi di default relativo ad un orizzonte temporale di 12 mesi. La PD usata dalle banche per calcolare i requisiti non sar quella attribuita individualmente ad un debitore, ma sar associata alla classe di rating in cui questo collocato; la perdita effettiva subita dalla banca in caso di fallimento di default del debitore (LGD Loss given default) ossia la quota di credito che la banca non recuperer in caso di fallimento del creditore. Espresso in termini percentuali, il rapporto tra la perdita a causa di default e limporto dellesposizione nel momento di default (EAD); esposizione del debitore al momento di default (EAD Exposure at default) corrisponde al valore di cassa delle esposizioni in bilancio, mentre per quelle
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2009,G. Manzelli, Il nuovo accordo sul capitale (Basilea2);Rivista Bancaria-Minerva Bancaria, n. 3, pag. 79.

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fuori bilancio lammontare determinato attraverso lapplicazione di un coefficiente di conversione (CCF, credit conversion factor) che rappresenta il rapporto tra la parte non utilizzata della linea di credito che si stima possa essere utilizzata in caso di default e la parte attualmente non utilizzata;28 la durata del finanziamento ( M Maturity) corrisponde alla scadenza della posizione ed esprime il rischio, soprattutto nel lungo termine, che il debitore subisca in peggioramento del rating. Elemento essenziale per la stima delle componenti di rischio la nozione di default, vi rientrano crediti scaduti o sconfinati, incagli, sofferenze e crediti ristrutturati. Nellambito del metodo IRB il Comitato ha previsto diverse metodologie che le banche possono scegliere a seconda del grado di sofisticazione ed di affidabilit dei propri sistemi di risk management. Esiste una versione base e una avanzata, come detto, la differenza sta nel numero di parametri che lintermediario tenuto a stimare: nel metodo di base utilizzano proprie stime di PD e valori regolamentari per gli altri parametri, nellavanzato le banche utilizzano le proprie stime di PD, LGD EAD e dove previsto di M. importante ora chiarire alcuni concetti prima di andare avanti:il concetto di sistema di rating. Per sistema di rating si intende linsieme strutturato e documentato delle metodologie, dei processi organizzativi e di controllo, delle modalit di organizzazione delle basi dati che consente la raccolta e lelaborazione delle informazioni rilevanti per la valutazione di informazioni sintetiche sulla rischiosit di una controparte e delle singole operazioni creditizie29. Attraverso il sistema di rating la banca attribuisce al creditore il grado interno di merito creditizio (rating) ordinando le controparti in base alla rischiosit e poi arriva ad una stima delle componenti di rischio. Il rating rappresenta la valutazione della capacit di un soggetto affidato o da affidare di onorare le obbligazioni contrattuali. Ad ogni classe di rating affidato una probabilit di default. Le esposizioni in default,come detto, sono crediti ristrutturati, incagli, sofferenze,

crediti scaduti o sconfinati. Tra i crediti scaduti rientrano quelli per cui il debitore in
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27/12/2006 Circolare 263 della Banca dItalia, Titolo II, capitolo I, pag. 46. 27/12/2006 Circolare 263 della Banca dItalia,Titolo II, capitolo I, pag. 50.

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ritardo su un obbligo creditizio verso la banca di oltre 180 giorni per crediti al dettaglio e quelli verso enti del settore pubblico verso soggetti residenti o con sede in Italia; oltre 180 giorni (fino al 31-12-2011) per i crediti verso imprese vantati, verso soggetti residenti o aventi sede in i Italia; oltre 90 giorni per gli altri30. E importante ora introdurre i concetti di perdita attesa (expected loss-EL) e inattesa (unexpected loss-UL). La prima non costituisce un elemento di rischiosit per la Banca poich il suo valore stimabile ex ante e lintermediario pu fare i dovuti accantonamenti, questa costituisce un costo che la banca provveder ad incorporare nelle politiche di pricing praticate alla clientela. Leffettiva componente di rischio invece la variabilit delle perdite intorno al loro valore atteso, ovvero la perdita inattesa. La UL viene coperta attraverso il Capitale. In formula: EL= PD x LGD x EAD31 Al fine di valutare ladeguatezza delle risorse patrimoniali rispetto ai rischi assunti dalle banche, questultime devono condurre prove di stress (stress test) 32relative ai portafogli delle esposizioni, queste comprendono una serie di metodologie che consentono di misurare la sensibilit di un portafoglio a variazioni estreme ma credibili di uno o pi fattori di rischio. Esse si dividono in analisi di sensitivit, che vengono usate per valutare ladeguatezza del capitale alla variazione di un solo fattore di rischio; analisi di scenario usate per simulare limpatto sulla dotazione patrimoniale di uno shock avverso che porti a una variazione contemporanea di pi fattori di rischio, in questa analisi vengono considerati sia scenari storici che ipotetici. La presenza di adeguate metodologie per realizzare prove di stress un requisito per lautorizzazione allutilizzo di rating interni per fini prudenziali. Inoltre i risultati degli stress test sono utili anche alla Banca dItalia per valutare la coerenza tra le risorse patrimoniali e i rischi che si potrebbero verificare in condizioni di mercato non normali. I risultati delle prove di stress costituiscono oggetto del controllo prudenziale, il secondo pilastro della normativa di Basilea 2.

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27/12/2006 Circolare 263 della Banca dItalia, Titolo II,capitolo I, pag. 51. 2009, G. Manzelli, Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2),Rivista Bancaria-Minerva Bancaria,n. 3,pag. 80. 32 27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia, Titolo II, capitolo I,pag. 83.

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Il controllo prudenziale svolto dalle autorit di vigilanza che devono assicurare che le banche abbiano una procedura atta a valutare ladeguatezza del patrimonio rispetto al rischio assunto e una strategia finalizzata al mantenimento del livello di patrimonio. Le autorit devono esaminare e valutare le procedure interne utilizzate dalle banche per determinare i requisiti patrimoniali, le strategie e la loro capacit di monitorare e assicurarne la conformit con i requisiti minimi obbligatori. Qualora le autorit non siano soddisfatte dei risultati del processo devono intraprendere appropriate misure prudenziali. compito delle autorit agire preventivamente per evitare che il patrimonio di vigilanza di una banca scenda al di sotto dei livelli minimi compatibili con il profilo di rischio e, in tal caso, devono esigere da parte della banca ladozione di misure per ripristinare le condizioni adeguate. Il processo di controllo prudenziale ( SRP- Supervisory Review Process) si articola in due fasi integrate: la prima rappresentata dal processo interno di determinazione delladeguatezza patrimoniale (ICAAP- Internal Capital Adequacy Assessment Process) e fa capo alle banche che effettuano un autonomo controllo della valutazione della propria adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica dei rischi assunti e delle strategie aziendali. La seconda consiste nel processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluatin Process- SREP)33. di competenza delle autorit di vigilanza che riesamina lICAAP, formula un giudizio complessivo sulla banca e, dove necessario, avvia misure correttive. Il processo ICAAP34 viene definito in piena autonomia dagli organi societari, essi ne assicurano lattuazione e ne promuovono laggiornamento al fine di assicurare la

continua rispondenza alle caratteristiche operative e al contesto strategico in cui opera la banca. Le banche illustrano alla Banca dItalia, annualmente, le caratteristiche fondamentali del processo di controllo , le esposizioni ai rischi e la determinazione del capitale ritenuto adeguato a fronteggiarli attraverso un resoconto restrutturato, cio unautovalutazione che evidenzia le aree di miglioramento, le eventuali carenze e le azioni correttive che intende avviare. LICAAP pu essere scomposto in quattro fasi:

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27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia, Titolo III,capitolo I, pag.1-3 27/12/2006, circolare della Banca dItalia, Titolo III,capitolo I, sezione II

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1) individuazione dei rischi da valutare: ogni banca effettua un autonoma e accurata identificazione dei rischi ai quali esposta in relazione allattivit svolta e al mercato di riferimento, oltre ai rischi di credito, di mercato e operativi, di concentrazione, di liquidit e di tasso dinteresse sul banking book; 2) misurazione dei singoli rischi e del relativo Capitale Interno: in questa seconda fase le banche valutano tutti i rischi a cui sono esposte. Per i rischi del primo pilastro (rischio di credito, di mercato e operativo) il metodo utilizzato quello dei sistemi regolamentari per il calcolo dei requisiti minimi patrimoniali. Per gli altri rischi vengono utilizzate metodologie particolari; 3) determinazione del Capitale Interno Complessivo: in questa terza fase le banche hanno comportamenti diversi secondo che siano banche appartenenti ad una classe piuttosto che ad unaltra. Le classi 2 e 3 determinano il capitale interno complessivo, cio, come detto prima, il capitale necessario a fronteggiare tutti rischi e fabbisogni di carattere strategico, secondo un approccio building block semplificato, che consiste nel sommare ai requisiti regolamentari a fronte del rischio di credito, di mercato e operativo leventuale capitale interno relativo agli altri rischi. La classe 1 invece, oltre a definire in piena autonomia le metodologie di misurazione pi adeguate per determinare il capitale interno relativo ad ogni singolo rischio, applicano soluzioni pi avanzate per laggregazione dei rischi. Le banche di questo gruppo devono documentare e spiegare con accuratezza: i fondamenti metodologici sottostanti a ipotesi diverse da quella di perfetta correlazione positiva tra i rischi, fornendo evidenza empirica della robustezza delle stesse, anche attraverso prove di stress; ogni altra metodologia di calcolo del capitale interno complessivo basata sulla simulazione di pi fattori di rischio.35 Le banche dovranno dare dimostrazione alla Banca dItalia della robustezza delle stime delle correlazioni, in particolare dell affidabilit delle serie storiche utilizzate e della stabilit dei dati considerati. 4) Determinazione del Capitale Complessivo e riconciliazione con il Patrimonio di Vigilanza, le banche dovranno essere in grado di dimostrare la conciliazione del

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27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia,Titolo III,capitolo I, pag.11-12.

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Capitale Complessivo con il Patrimonio di Vigilanza, in particolare, deve essere spiegato lutilizzo ai fini di copertura del Capitale Interno Complessivo di strumenti patrimoniali non computabili nel Patrimonio di Vigilanza.36 La determinazione del Capitale Interno Complessivo e del Capitale Complessivo avviene con cadenza annuale, anche se la valutazione delle esposizioni ai rischi avviene con cadenza pi ravvicinata in base ai metodi utilizzati e alle tipologie di rischi. La responsabilit del processo ICAAP rimessa agli organi societari. Il resoconto sul processo ICAAP consente alle autorit di vigilanza di effettuare una documentazione dellesposizione ai rischi e della determinazione del Capitale Interno Complessivo. Il resoconto viene inviato alla Banca dItalia insieme alle delibere sul processo ICAAP. Questo ha un duplice contenuto: uno di natura descrittiva, in cui si da conto dellarticolazione del processo, della misurazione e del controllo dei rischi ai quali la banca esposta e uno di natura valutativa del proprio processo interno di pianificazione patrimoniale, in cui vengono messi in luce gli aspetti e le aree problematiche in cui si intende intervenire. Lo SREP37 il processo con cui lautorit di vigilanza riesamina lICAAP, analizza il profilo di rischio della banca, valuta il sistema di governo aziendale, la struttura organizzativa e il sistema di controllo interno: verifica nel complesso losservanza delle regole prudenziali. Lo SREP, il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale, posto in essere dallAutorit di Vigilanza al fine di garantire lequilibrio gestionale. Nello SREP le Autorit devono assicurarsi che le banche e i gruppi bancari siano dotati di un patrimonio adeguato al livello di rischio assunto. Il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale si articola in 5 fasi: Analisi dellesposizione ai rischi e dei relativi sistemi di controllo; Verifica del rispetto delle regole prudenziali e dei requisiti patrimoniali minimi; Valutazione del procedimento per la stima del Capitale Interno Complessivo e verifica delladeguatezza del Capitale Complessivo rispetto al profilo di rischi della banca;
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27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia, Titolo III,capitolo I,pag.12. 27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia,Titolo III, capitolo I,sezione III.

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Attribuzione di un giudizio ad ogni singolo tipo di rischio e di un giudizio complessivo sulla situazione aziendale; Individuazione di eventuali interventi di vigilanza. Anche lo SREP risponde al principio di proporzionalit: cio lanalisi e il controllo delle attivit sono proporzionate alle dimensioni, ai profili di rischio e alla complessit operativa della banca.

Il processo di controllo prudenziale si rende conforme al principio di proporzionalit in base al quale i sistemi di governo societario, i processi di gestione dei rischi, il meccanismo di controllo interno e di determinazione del capitale per la copertura dei rischi devono essere proporzionati alle dimensioni e alle caratteristiche dellattivit svolta dalla banca. Il principio di proporzionalit si applica ai seguenti aspetti: 1) metodologie utilizzate per la misurazione dei rischi e la determinazione del Capitale Interno,ovvero il fabbisogno di capitale relativo a rischi e perdite inattese; 2) tipologie e caratteristiche degli stress test utilizzati; 3) trattamento delle correlazioni tra rischi e determinazione del Capitale Interno Complessivo,ovvero il capitale riferito a tutti i rischi e i fabbisogni di carattere strategico; 4) articolazione organizzativa dei sistemi di controllo dei rischi; 5) livello di approfondimento ed estensione della rendicontazione sullICAAP resa alla Banca dItalia. 38 Per la corretta applicazione del principio di proporzionalit, le banche sono suddivise in tre classi in base alle dimensioni e alla complessit operativa: CLASSE 1: banche e gruppi bancari autorizzati allutilizzo di sistemi IRB per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito;

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27/12/2006, Circolare 263 della Banca dItalia,Titolo III,capitolo I, pag. 6-7

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CLASSE 2: banche e gruppi bancari che utilizzano metodologie standardizzate con un attivo consolidato superiore a 3,5 miliardi di euro; CLASSE 3: banche e gruppi bancari che utilizzano metodologie standardizzate con un attivo consolidato inferiore a 3,5 miliardi di euro. Il terzo pilastro39 su cui si fonda Basilea 2 la disciplina di mercato. Il Comitato ha voluto con questo spingere le banche ad accrescere la trasparenza informativa nei confronti del mercato e dei suoi operatori. La maggiore trasparenza informativa richiesta in merito alle procedure con cui valutano i rischi e determinano il Capitale Interno Complessivo. Le banche sono quindi tenute a pubblicare regolarmente informazioni riguardanti: 1) la denominazione delle societ presenti nel gruppo bancario alle quali stata applicata Basilea 2 e il trattamento delle societ alle quali Basilea 2 non stata applicata; 2) informazioni sintetiche su termini e condizioni contrattuali relativi alle principali caratteristiche di tutti gli strumenti di capitale, specialmente nel caso di strumenti innovativi di capitale, complessi o ibridi;40 3) lammontare del patrimonio di classe 1, con lindicazione di tutte le componenti, lammontare complessivo del patrimonio di classe 2 e del patrimonio di classe 3; 4) i requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito, di mercato e operativo; 5) altre informazioni generali sui rischi a cui la banca esposta, sui metodi di valutazione utilizzati. responsabilit della banca assicurare la completezza, la correttezza e la veridicit delle informazioni pubblicate tramite il sito internet della banca, almeno una volta allanno o semestralmente per le banche autorizzate ad utilizzare sistemi interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali.

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27/12/2006,Circolare 263 della Banca dItalia, Titolo IV, capitolo I,pag. 1. 2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 179.

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Capitolo 2:

LA CRISI FINANZIARIA DEL 2007 E I LIMITI DI BASILEA 2


2.1 Levoluzione della crisi allesterno e allinterno del nostro Paese 2.1.1 Introduzione Nel 2007 iniziata una delle pi grandi crisi degli ultimi decenni, paragonabile solo alla prima fase della grande depressione degli anni trenta. Per cercare di capire quello che sta succedendo dal luglio 2007 ad oggi dobbiamo appurare che al momento tutti i mercati finanziari, sia a livello geografico che settoriale sono fortemente interconnessi e che quindi il problema che sorge in un qualsiasi punto del sistema si propaga facilmente in tutto il resto. Inoltre, si sottolinea come il capitalismo attuale si concentri di volta in volta su certe attivit specifiche: una volta si pu trattare delle materie prime, unaltra volta della borsa, poi del settore immobiliare, ecc.. Essi contribuiscono cos a fare aumentare i valori di tali beni oltre il ragionevole, cosa che avviene anche attraverso la

concentrazione del credito bancario in tali settori. Nei periodi di euforia non si vogliono vedere i rischi, e le banche in tale congiuntura alimentano oltre misura, con il credito, il boom speculativo (tutte le crisi nascono, in generale, da un eccessivo indebitamento di qualcuno, banche,governi,imprese o famiglie). Quando cambia la congiuntura, esse cercano di rientrare velocemente, tagliando il credito e aggravando la situazione del mercato. Questo avviene anche per una questione di moral hazard, dal momento che i depositi dei clienti godono in quasi tutti i paesi di qualche tutela pubblica, le banche non si curano troppo delle conseguenze delle loro azioni. Il fenomeno si innesca nei momenti di surplus di denaro, gli istituti investono anche verso soggetti molti rischiosi non curandosi del fatto che il rischio di insolvenze molto elevato. Questo quello che accaduto negli Stati Uniti con le difficolt del mercato immobiliare cosiddetto subprime41. La crisi iniziata a seguito di insolvenze su mutui con basso merito di credito (subprime) e si trasmessa in tempi rapidissimi, colpendo molti segmenti del mercato finanziario globale. Da principio ha interessato soprattutto le istituzioni finanziarie e ha avuto un fortissimo impatto sulla liquidit bancaria. Gli interventi posti
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Marzo 2009, intervento di S. Mieli,direttore Centrale per la Vigilanza Bancaria e finanziaria della Banca dItalia, La crisi finanziaria internazionale e le banche italiane, pag. 2.

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in essere dalle Banche Centrali hanno limitato i danni derivanti dal blocco dei mercati interbancari ma non bastano a ridare fiducia e a restituire un funzionamento adeguato al sistema finanziario. In Italia il sistema bancario pur risentendo delle turbolenze dei sistemi bancari esteri, ha resistito allimpatto della crisi, grazie ad un modello di intermediazione basato sulla raccolta al dettaglio e impieghi, piuttosto che su un elevata esposizione verso il settore privato delleconomia, come gli altri Paesi. La crisi a cui abbiamo assistito stata soltanto lultima di una lunga serie di crisi, possiamo ricordare soltanto quelle maggiori, quella del 1987 con il crollo del mercato di borsa, poi la crisi delle Savings & Loans e la stretta creditizia dei primi anni novanta, la crisi messicana e quella delle obbligazioni statunitensi del 1994, le crisi finanziarie asiatiche del 1997, la crisi russa, del Brasile, quella del settembre 2001 e infine quella della Enron del 200242. Verranno analizzate le principali tappe della crisi evidenziando le cause e gli effetti principali, ed verranno esaminati anche gli effetti di questa crisi sul sistema bancario italiano. 2.1.2 Le principali tappe della crisi Stiamo uscendo faticosamente da una crisi che ha travolto il sistema finanziario internazionale, si trasmessa alleconomia reale con pesanti ripercussioni sul mondo del lavoro. Crisi che per profondit e ampiezza stata una delle pi gravi della storia recente. Allinizio stata sottovalutata e considerata una fase ciclica che, in modo fisiologico, ha fatto seguito a pi di dieci anni di sviluppo. Tra il gennaio 2001 e il giugno 2004 il tasso di riferimento negli Usa, passato dal 6 per cento annuo all1 per cento, con conseguenze considerevoli sulla domanda interna e sulla possibilit di accesso al credito da parte delle famiglie americane, che hanno aumentato il proprio livello di indebitamento. Nel 2003 il presidente americano Bush ha firmato il Dream Development Act una legge che ha offerto sussidi alle famiglie per lacquisto della proprio casa. Nel 2004 leconomia americana si surriscaldata e per contenere linflazione la Fed, Federal Reserve Sistem, ha aumentato il tasso di riferimento (che nel 2006 arrivato a 5,25 per cento). Lincremento dei tassi a breve
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2010, A. Porteri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. 2.

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non ha influenzato i tassi a lungo termine e quindi i mutui. Lincremento dei surplus dei Paesi esportatori di materie prime, tra cui la Cina e il Giappone e laumento delle riserve delle banche centrali asiatiche ha contribuito alla crescita del risparmio a livello internazionale. Linterdipendenza tra i mercati ha fatto si che questa abbondanza di risparmi si canalizzasse verso gli Stati Uniti e gli altri Paesi industrializzati. I tassi dinteresse sugli impieghi del risparmio a lungo termine sono stati influenzati dallabbondanza del risparmio che si generato allesterno degli Usa e che ha alimentato il boom immobiliare seguente.43 Figura n. 1: Caratteristiche alla base della crisi finanziaria:

Fonte: marzo 2009, intervento di S. Mieli , La crisi finanziaria internazionale e le banche italiane, pag .19.

Quello che si innescato negli Stati Uniti stato un processo circolare ad opera delle banche e degli altri intermediari che seguivano un modello di business incentrato allo sfruttamento massimo del capitale, con elevata assunzione dei rischi e conseguente massimizzazione dei profitti. In particolare nei primi anni duemila laumento dei prezzi degli immobili e il conseguente aumento del valore delle attivit degli intermediari ha generato un surplus che stato investito in strumenti finanziari quali i CDO44, Collateralised Debt Obligations,che hanno fornito un rendimento elevato. Ne conseguito un afflusso di fondi che ha alimentato lofferta di mutui ipotecari sul mercato dei finanziamenti immobiliari, indirizzata sia a mutuanti con adeguate capacit di rimborso, sia a prenditori con ridotta capacit di rimborso e conseguente elevato rischio di credito (subprime mortage). Sono state introdotte innovazioni nei processi di concessione di finanziamenti: mutui garantiti da ipoteca di secondo grado, mutui
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2010, Antonio Portieri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. . Particolare tipologia di creata per ripartire il rischio di credito. I titoli appartenenti ad un dato portafoglio sono suddivisi in classi, ed ogni classe regolata diversamente per quanto riguarda lattribuzione delle insolvenze. (2010, John C. Hull, Risk management e istituzioni finanziarie, glossario).

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collegati allapprezzamento del valore dellimmobile costituito garanzia e pari alla differenza tra il valore di mercato dellimmobile e il debito residuo. stato aumentata anche la concessione dei mutui tramite internet da parte di intermediari non vigilati. Laumento del costo dei mutui a tasso variabile collegato con lincremento dei tassi a breve operato dalla Fed e le operazioni di reset con le quali nel 2006 i tassi sui mutui sono stati allineati ai tassi di mercato, ha provocato un notevole aumento delle insolvenze nel segmento subprime.45 Bisogna ricordare che i titoli normalmente disponibili sul mercato, buoni emessi dal tesoro o le obbligazioni ordinarie emesse da qualche societ, avevano un rendimento molto basso. Cos si sono trovati sul mercato molti operatori alla ricerca di rendimenti elevati e anche pronti a prendersi dei rischi notevoli per ottenerli. Hanno trovato risposta dai creatori di strumenti sempre pi innovativi e complessi, creati per offrire rendimenti maggiori, strumenti spesso dotati di un elevata leva finanziaria. Le societ di prestiti mobiliari a questo punto hanno teso a cartolarizzare i loro crediti verso i clienti subprime, cos come quelli verso la clientela normale, cio hanno incorporato in un titolo cedibile sul mercato i diritti derivanti da tale credito. In questa attivit, le societ hanno seguito quello che le banche ordinarie facevano gi da tempo: cartolarizzavano i loro crediti. Le banche in effetti ottenevano nuovi capitali prontamente disponibili allimpiego e nello stesso tempo riducevano in bilancio il livello dei crediti a rischio, ricevendo un migliore rating sul mercato, potendo cos ottenere dei soldi a tassi di interesse pi bassi. Trattandosi di titoli ad alto rischio, gli investimenti in prestiti ai clienti subprime fruttavano anche rendimenti elevati. I titoli derivati servivano sia ad annullare i rischi che a frazionarli in titoli complessi. Una volta collocati sul mercato i crediti verso i clienti subprime attraverso la loro cartolarizzazione, si potevano emettere ulteriormente i cosiddetti prodotti strutturati, che si creavano facendo a fette i titoli precedenti e creando titoli pi piccoli e con livello di rischio differente. Magari a ciascuna fetta si aggiungevano parti variabili di crediti spazzatura insieme con crediti di buona qualit, creando dei nuovi titoli secondo complessi modelli matematici sviluppati ai computer, dei quali alla fine nessuno era pi in grado di capirne la composizione e di stimarne il valore. Questi titolo hanno modificato il mercato finanziario internazionale perch da una parte hanno permesso alle banche di scaricare i rischi e dallaltra

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2010, Antonio Portieri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. 7.

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permettono agli investitori di specularci sopra46. In particolare gli istituti finanziari hanno convertito i prestiti concessi in mutui o titoli garantiti da attivit (asset backed Securities) per poi trasformarli successivamente in obbligazioni cartolarizzate

ricorrendo spesso a societ veicolo fuori bilancio, il che ha causato una massiccia espansione della leva finanziaria. Questo fenomeno ha reso i sistemi finanziari molto vulnerabili a variazioni ( anche modeste) del valore delle attivit. Il processo di cartolarizzazione ebbe una crescita notevole intorno agli anni 80, focalizzandosi in un primo momento solo sui mutui immobiliari per poi estendersi anche ad altri comparti del sistema finanziario degli Usa, come prestiti collegati alle carte di credito o allacquisto di autovetture. Questo sviluppo ha cambiato completamente il modello di gestione delle attivit degli intermediari finanziaria, al modello buy to hold si sostituito il modello originate to distribute47. Si passati da unottica di valorizzazione delle relazioni con la clientela a unottica di cessione dei propri crediti sul mercato. Questo modello ha confuso la relazione tra mutuatario e mutuante e ha distolto lattenzione dalla capacit del mutuatario di pagare il prestito. Un mutuante che sa fin dallinizio che vender per intero il rischio di inadempimento tramite un titolo assistito da garanzia ipotecaria (Mortgage Backed Security- MBS) o un titolo assistito da garanzia reale ( Collateralised Debt Obligations- CDO) non ha interesse a garantire elevati standard. In questo circuito operano in un primo momento solo le banche e poi si diffuso tra gli altri intermediari, che finanziano il settore immobiliare senza una dotazione patrimoniale adeguata. La cartolarizzazione ha trasformato il mutuo, tipica attivit illiquida, in uno strumento finanziario negoziabile. Sintetizzando, alla base della crisi scoppiata nel 2007 c stata la carenza nel processo di selezione del creditore nonch una profonda sottovalutazione dei rischi e la diffusione sul mercato di strumenti finanziari sempre pi complessi e rischiosi. La crisi partita dagli USA a livello immobiliare, in seguito ad insolvenze nei mutui subprime, diventata finanziaria perch, in parallelo, ha cominciato a traballare anche la fiducia sul mercato secondario, creato mediante la cartolarizzazione in titolo di debito. Dagli Stati Uniti allEuropa la crisi si trasmessa velocemente poich molti intermediari detenevano in portafoglio titoli del mercato subprime. La crisi diventata

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2010, A. Porteri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. 5-6. Marzo 2009, Intervento di S. Mieli, La crisi finanziaria internazionale e le banche italiane, pag. 3.

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catastrofica a livello globale poich questi titoli, ormai illiquidi, incedibile e di cui non si riusciva a determinare il valore, hanno infettato i bilanci degli istituti bancari del mondo intero. Alla fine del 2008 il fallimento della Lehman Brothers, una delle quattro grandi banche dinvestimento degli USA, ha segnato la fase pi acuta della crisi che si protratta fino a marzo 2009. Come ricorda Marco Onado: Luned 15 settembre 2008, Lehaman Brother, che il venerd vantava ancora di un rating positivo e un bilancio in cui comparivano 42 miliardi di dollari di riserve liquide, porta i libri in tribunale e chiede lavvio della procedura fallimentare.48 cresciuta sempre di pi la sfiducia tra le istituzioni finanziarie, gli investitori hanno percepito che le banche internazionali non avevano un livello di patrimonio adeguato a fronteggiare la situazione. Nel 2009 la crisi ha investito anche leconomia reale: la produzione industriale, si contratta a ritmi intensi fino al tracollo. Leccezionale calo delle esportazioni e quello seguente degli investimenti hanno portato ad una fortissima contrazione del PIL che nellaprile del 2009 ha toccato livelli del decennio precedente. La caduta della produzione ha iniziato a gravare pesantemente sulloccupazione49. Leconomia Italiana tra quelle che ha maggiormente risentito della recessione globale poich questultima ha determinato un crollo senza precedenti nelle esportazioni (meno 1,6 per cento rispetto al secondo trimestre del 2008) . Il PIL dellItalia, diminuito dell1,6 per cento nel secondo trimestre 2008, caduto del 2,0 nel terzo trimestre del 2008, riflettendo un forte calo degli investimenti delle imprese, la flessione delle esportazioni, una stagnazione dei consumi delle famiglie e landamento del reddito disponibile, compresso dai rincari delle materie prime. possibile che la spesa abbia anche risentito di un atteggiamento prudente delle famiglie che avrebbero rinviato le spese non urgenti.50 Un ruolo importante nella crisi stato svolto dalle politiche economiche poste in essere dalle Banche Centrali delle principali economie globali, che dallottobre 2008 hanno dato inizio alla riduzione dei tassi di policy portandoli a maggio 2009 a livelli storicamente bassi. Di fondamentale importanza stato anche lintervento dei Governi

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2009, M. Onado, I nodi al pettine, pag. 85. Aprile 2010, M. Caivano, L.Rodano e S. Siviero, Questioni di Economia e Finanza, pag. 10. 50 Gennaio 2009,Banca dItalia,Bollettino Economico n. 55, pag. 31-38.

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che tramite immissioni di liquidit, nazionalizzazione di alcune banche e interventi prudenziali hanno evitato fallimenti o paralisi del mercato bancario51. A partire dalla met del 2009 la crisi economica inizia a farsi meno intensa. Linasprirsi delle condizioni di concessione del credito si arrestano, anche il PIL torna a crescere, anche se a ritmi inferiori rispetto al periodo pre-crisi. Allo stesso tempo il mercato del lavoro che si fa sempre pi debole, loccupazione risulta inferiore di oltre tre punti percentuali rispetto al 2008. La crisi ha posto in evidenza il fatto che le scelte di gestione della banca non possono ignorare lequilibrio della struttura finanziaria e lequilibrio di tesoreria. La crisi maturata in un contesto caratterizzato dallassoluta prevalenza degli obiettivi economici, con una sottovalutazione dei due vincoli, ne derivato: da un lato leccessivo livello di leverage e dallaltro un grado di bilanciamento, tra le scadenze dellattivo e quelle del passivo, fuori controllo. Il tutto come conseguenza della sottovalutazione dei rischi di controparte, come fattori in grado di irrigidire i mercati della liquidit52. 2.1.3 Limpatto della crisi sul sistema bancario italiano Il sistema bancario italiano ha risentito in maniera meno intensa della crisi rispetto agli altri Paesi, tutto questo grazie ad un modello di intermediazione basato su uno stretto rapporto con la clientela, un sistema di protezione dei depositi adeguato e una vasta rete di sportelli che assicurano una raccolta stabile presso le famiglie italiane. Un altro fattore stato sicuramente la ridotta incidenza degli strumenti esposti alla crisi nei bilanci delle nostre banche. Dal confronto con i principali gruppi bancari europei emerso che le banche italiane sono state quelle con pi elevata incidenza del credito alla clientela sul totale dellattivo, mentre lattivit finanziaria stata residuale. Dai dati elaborati da ABI (Associazione Bancaria Italiana) di fine dicembre 2008, relativi a 29 gruppi bancari europei risultato che lattivo dei gruppi bancari italiani costituito dal 63 per cento da crediti verso la clientela e solo il 18 per cento da attivit finanziarie, mentre il dato medio europeo ha avuto valori come il 38 per cento di crediti e il 47 per cento di attivit finanziarie53.

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2009, A. Porteri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. 10. 2009, A. Porteri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. 10. 53 2009, A. Porteri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. 11.

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Un altro fattore che in Italia ha evitato il forte impatto della crisi stato sicuramente il ruolo svolto dalla Banca dItalia che ha sempre attribuito notevole importanza alla qualit del patrimonio, adottando metodi pi restrittivi in tema di strumenti ibridi di capitalizzazione. Si potuto affermare che il patrimonio delle banche italiane stato in media di qualit migliore rispetto a quello delle concorrenti europee. Lindebitamento del settore privato in Italia stato inferiore a quello osservato negli altri Paesi. Anche per le famiglie italiane i debiti finanziari hanno rappresentato una piccola percentuale del reddito disponibile. La concessione del credito in Italia diminuita lentamente nei primi mesi del 2008 (7,7 per cento ,dal 10,1 di dicembre 2007). La decelerazione dei prestiti in atto nel settore delle famiglie gi nei due anni precedenti, ha interessato anche il settore delle societ non finanziarie. Il credito alle imprese cresciuto di circa il 9 per cento nel 2008, contro il 13 per cento del 2007. La decelerazione ha riguardato in particolare le imprese delle costruzioni, colpite dalla flessione del mercato immobiliare. Il rallentamento del credito bancario ha colpito tutto il Paese ma in maniera particolare il Mezzogiorno, in questa area la decelerazione stata pi accentuata rispetto a quella registrata nel Centro-Nord. Le banche italiane partecipanti allindagine sul credito bancario nellarea delleuro (Bank Lending Survey) condotta dal gennaio 2007, che vedeva coinvolti i cinque principali gruppi bancari italiani, hanno rilevato un irrigidimento dei criteri adottati per la concessione del credito, il quale ha registrato un picco nellanno 2008 ed proseguito nellanno 2009 con intensit decrescente e si sostanzialmente interrotto nel 2010.54 Nel corso del 2009 i prestiti bancari, al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine, si sono ridotti dello 0,7 per cento. La diminuzione del volume dei finanziamenti bancari ha riguardato soprattutto le imprese (-3 per cento), stata pi accentuata tra quelle di maggiore dimensione e nel settore manifatturiero. Il rallentamento ha riflesso sia la bassa domanda di prestiti per linvestimento, sia una restrizione delle condizioni di offerta mentre il credito alle famiglie, pur rallentando, continuato a crescere.55 Nel corso di ottobre 2010 la dinamica del credito ha continuato a rafforzarsi, seppur modestamente. I prestiti al settore privato non finanziario sono aumentati al 5,1 per cento a novembre, contro il 3,5 per cento di agosto. Laccelerazione stata pi marcata
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Ottobre 2008,Banca dItalia,Bollettino Economico n. 54, pag. 32-37. Gennaio 2010,Banca dItalia, Bollettino Economico n. 59, pag. 32-35.

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per i prestiti alle societ non finanziarie (5,1 per cento di novembre dal 2,5 per cento di agosto) e, tra questultime, maggiore stata la ripresa per le imprese manifatturiere. Anche il credito alle famiglie per lacquisto di abitazioni cresciuto dal 3,6 per cento di agosto al 4,1 per cento di novembre.56 La qualit del credito ha risentito della prolungata debolezza del ciclo economico e ne risente tuttora. Gi nella seconda met del 2008 lincidenza delle nuove sofferenze sui prestiti complessivi aumentata dello 0,9 per cento, anche la consistenza delle partite incagliate (le esposizioni verso clienti in momentanea difficolt) in rapporto ai finanziamenti cresciuta di un punto percentuale rispetto ai sei mesi precedenti. A distanza di un anno proseguito il deterioramento della qualit degli attivi bancari. Nel 2009 il tasso di ingresso in sofferenza (il rapporto tra nuove sofferenze rettificate e prestiti complessivi) ha raggiunto il 2,2 per cento per il totale dei prestiti ai residenti e il 3,1 per cento per quelli alle imprese (contro rispettivamente 1,2 e 1,5 per cento dello stesso periodo dellanno 2008). aumentata la crescita dei prestiti nei confronti di clientela in temporanea difficolt. Nel terzo trimestre del 2010 il flusso di nuove sofferenze rimasto pressoch invariato rispetto allanno precedente. Sono migliorate lievemente i debiti verso clienti in sofferenza. I segnali di miglioramento hanno riguardato le famiglie e le imprese, anche se per questultime le quote di crediti in temporanea difficolt si sono mantenute elevate.57 Nel corso degli anni si fatta sempre pi accentuata la differenza tra le diverse categorie dimensionali di banche: proseguita sempre di pi la flessione del credito erogato dai primi cinque gruppi bancari italiani mentre i finanziamenti concessi dagli altri intermediari ha invece, seppur decelerando, continuato ad espandersi. Questo divario pu essere ricollegato allinasprimento, da parte dei cinque grandi gruppi bancari italiani, che hanno partecipano allindagine sul credito bancario Bank Leading Survey, delle condizioni per la concessione del credito; laccresciuta incidenza dei rischi derivante dalla crisi ha messo in evidenza la pi contenuta dotazione patrimoniale delle grandi banche e il loro livello di leva pi elevato, rispetto agli altri intermediari. Le banche di minore dimensione hanno mostrato inoltre una maggiore capacit di rispondere alle esigenze delle imprese. La concessione del credito,nei riguardi delle piccole medie imprese, andata oltre linformazione pubblica presente nei bilanci, arrivata a cogliere gli elementi di natura qualitativa ad elevato valore aggiunto come la
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Gennaio 2011, Banca dItalia,Bollettino Economico n. 63, pag. 34-37. Ottobre 2008, Gennaio 2010, Gennaio 2011,Banca dItalia, Bollettino Economico n. 54, n. 59, n. 63.

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formula imprenditoriale, i rapporti famiglia-impresa e le garanzie che ne sono derivano. Nelle banche di ridotta dimensione liter valutativo stato meno complesso ed stato pi facile apprezzare le prospettive future dellimpresa, elementi che invece non sono stati tenuti in considerazione dalla grandi banche che hanno basato liter valutativo esclusivamente sui bilanci.58 Un ruolo importante nel fronteggiare la crisi stato svolto dallautorit di vigilanza che ha applicato norme severe e una vigilanza prudente. Gi nellestate del 2007 la Banca dItalia ha provveduto con accertamenti mirati ad analizzare in modo pi dettagliato loperativit degli intermediari pi attivi nel comparto dei prodotti derivati. Sempre nello stesso periodo stata effettuata una rilevazione presso il sistema delle esposizioni nel comparto dei mutui subprime. stato chiesto agli intermediari di fornire valutazioni dei rischi di tutti gli ABS (asset backed Securities) e CDO (collateralized debt obligations). A settembre 2008 stata avviata una procedura di monitoraggio su base settimanale della liquidit dei principali gruppi bancari. Le tensioni sui mercati a seguito dellinnescarsi della crisi hanno accresciuto il rischio di liquidit sia per quanto

riguardava le fonti sia per quanto riguardava il costo delle provviste. Il monitoraggio ha permesso allautorit di vigilanza di conoscere, con cadenza regolare, la situazione di liquidit delle banche. I controlli interni sono stati rafforzati dopo il fallimento della Lehman Brothers nel settembre 2008. LItalia, dopo le ondate di crisi, ha predisposto delle misure per salvaguardare la stabilit finanziaria. Gli obiettivi che ha inteso raggiungere sono stati quelli di: proteggere i depositanti, sostenere la liquidit e la patrimonializzazione delle banche e rafforzare la capacit di finanziare lattivit produttiva. Le misure sono state introdotte prima come decreti, data lurgenza di intervenire sulla crisi, per poi essere convertiti in legge59: il decreto legge del 9 ottobre 2008, n. 155, convertito con modificazioni nella legge 4 dicembre 2008, n. 190, autorizzava il Ministero dellEconomia e delle Finanze a fornire, per tre anni, la garanzia integrativa dello Stato sui depositi bancari al dettaglio, rafforzando in tal modo il sistema di tutela dei depositanti

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2010, A.Portieri, La crisi, le banche e i mercati finanziari, pag. 14-16. Gennaio 2009, Banca dItalia,Bollettino Economico n. 55, pag. 32-33.

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nel nostro Paese, gi caratterizzato da un elevato livello di protezione. Erano previste inoltre misure di emergenza, quali il ricorso alle procedure di gestione delle crisi anche in caso di grave illiquidit della banca e una semplificazione della prestazione di finanziamenti da parte della Banca dItalia agli intermediari per far fronte a esigenze di liquidit. Larticolo 1 bis prevedeva tre strumenti a sostegno della liquidit bancaria. Fino al dicembre del 2009 il Ministero dellEconomia e delle Finanze poteva fornire la garanzia statale sulle nuove passivit delle banche italiane con durata residua compresa fra tre mesi e cinque anni e non computabili nel patrimonio di vigilanza dellemittente. Era prevista inoltre la possibilit di effettuare operazioni di scambio temporaneo (swap) di durata massima semestrale, rinnovabile, tra titoli di Stato e passivit bancarie di nuova emissione di importo non inferiore a 500 mila euro. Questo strumento si affiancava a quelli gi predisposti dalla Banca dItalia e consentiva alle banche di contare su titoli prontamente utilizzabili per ottenere liquidit; Il decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito nella legge numero 2 del 28 gennaio 2009, dava facolt al Ministero dellEconomia e delle Finanze di sottoscrivere, fino al 31 dicembre 2009, strumenti finanziari emessi da banche o capogruppo bancarie italiane quotate, computabili nel patrimonio di vigilanza. La Banca dItalia valutava il profilo patrimoniale della banca e le caratteristiche degli strumenti finanziari. Questa misura si rivolgeva a banche sane, al fine di rafforzarne la capacit di soddisfare la domanda di finanziamenti. Gli strumenti finanziari potevano essere riscattati dagli emittenti, purch a giudizio della Banca dItalia il riacquisto non pregiudicasse la solidit patrimoniale dellintermediario; gli emittenti potevano inoltre chiederne la conversione in azioni. Le banche che intendessero usufruire di questo intervento dovevano adottare un codice etico, in particolare per le politiche di remunerazione dei vertici aziendali, e garantire, sulla base di un protocollo di intenti, condizioni di finanziamento adeguate a famiglie e piccole e medie imprese.

Ha proseguito intanto il graduale adeguamento dei tassi praticati sui finanziamenti bancari alle precedenti diminuzioni dei tassi ufficiali. Dallagosto 2009 il costo dei prestiti calato notevolmente, in linea con le variazioni e i livelli dei tassi bancari registrati nellarea delleuro.

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Il Ministero dellEconomia e delle Finanze, lAssociazione Bancaria Italiana(ABI) e i rappresentanti delle imprese di tutti i settori economici hanno sottoscritto inoltre un accordo, in vigore dal 3 agosto 2009, tramite il quale si cercato di sostenere e aiutare le piccole e medie imprese nel periodo della crisi. Laccordo prevedeva la possibilit per le piccole e medie imprese che ne avessero fatto domanda, di sospendere fino a dodici mesi il pagamento della quota capitale delle rate di rimborso dei prestiti. Inoltre per attenuare le difficolt finanziarie generate dalla crisi: il 18 dicembre 2009 lAssociazione Bancaria Italiana e lAssociazione Consumatori hanno sottoscritto un accordo per la sospensione temporanea del rimborso delle rate di mutuo da parte delle famiglie colpite tra il 2009 e il 2010 da eventi negativi (la perdita del lavoro ne un esempio)60. Il credito bancario ha mostrato segni di ripresa dopo maggio 2009, lincremento riguarda finanziamenti alle imprese e anche quelli alle famiglie. Laccelerazione dei prestiti ha riflesso la ripresa dellattivit economica. Lattivit industriale che aveva collassato nel marzo del 2009, riducendosi del 25 per cento rispetto allanno prima, ha segnato una lenta ripresa, soprattutto nel settore dei beni di consumo non durevoli e intermedi. 2.2 Le criticit dellattuale impianto normativo (Basilea 2) Come si poteva facilmente prevedere lAutorit di vigilanza e le autorit politiche hanno messo in discussione il sistema di regolamentazione bancario, Basilea 2, ritenendola in parte la causa della crisi economica e finanziaria che ha colpito il mondo intero. Il sistema di regolamentazione prudenziale soffre sicuramente di alcuni punti deboli, che sono stati evidenziati dalla crisi, ma non sicuramente imputabile esclusivamente a Basilea la crisi, se non altro per il fatto che entrata in vigore a gennaio 2008, quando la crisi era ampiamente sviluppata.61 I punti deboli messi in luce a seguito della crisi, sono alla base delle proposte avanzate dal Comitato di Basilea nel dicembre del 2009 per la riforma del sistema di adeguatezza patrimoniale. Il Comitato ha pubblicato due documenti ai fini di consultazione, a dicembre 2009, questi documenti sono stati in seguito oggetto di uno studio dimpatto, finalizzato a valutare gli effetti quantitativi delle singole proposte avanzate sui bilanci delle banche. Queste

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Gennaio 2009, Banca dItalia, Bollettino Economico n. 55, pag. 33-34. 2010, Sironi A.,Economia e Management, Editoriale, pag. 4.

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proposte avanzate dal Comitato sono alla base della nuova architettura del sistema, comunemente gi chiamato Basilea 3, che entrer in vigore alla fine del 2012. Come sintetizzato dal Comitato di Basilea, i fattori alla base della crisi finanziaria diventata cos ampia, riguardano il settore bancario di molti Paesi che ha costruito una eccessiva leva finanziaria, ci stato accompagnato da una graduale erosione del livello e della qualit del capitale. Allo stesso tempo anche il fatto che molte banche hanno tenuto riserve di liquidit insufficienti ha contribuito. La crisi stata infine amplificata dal processo di deleveraging posto in essere dalle banche. Uno dei punti deboli venuto in risalto dalla crisi stato sicuramente la composizione del capitale delle banche. Lattuale schema normativo consente alle banche di computare nel patrimonio di vigilanza unampia gamma di strumenti ibridi e innovati- i quali non posseggono lo stesso valore, in termini di capacit di assorbire le perdite, delle forme pi tradizionali di patrimonio, come il capitale sociale versato e le riserve utili. Negli anni recenti molte banche hanno conseguito un aumento del proprio coefficiente patrimoniale mediante lemissione di strumenti ibridi e solo secondariamente con laumento di vero e proprio patrimonio. La spinta verso strumenti ibridi stata giustificata da diversi fattori : il vantaggio di natura fiscale, questi strumenti si qualificano come debito per le autorit fiscali e sono un costo fiscalmente deducibile e per il profilo rischio- rendimento che per alcuni di questi strumenti stato particolarmente gradito ad investitori che non hanno voluto investire nel capitale di rischio tradizionale delle banche.62 Prendendo spunto da questi problemi il Comitato di Basilea ha proposto di modificare la composizione del patrimonio di base, di migliorare la qualit degli strumenti che vengono computati nel patrimonio al fine di rafforzare la capacit delle banche internazionali di fronteggiare le perdite. Le proposte del Comitato sottolineano limportanza di una definizione della componente predominante del patrimonio di base (tier 1) che includa solo elementi con la pi forte capacit di assorbire le perdite. Lobiettivo quello di disegnare una normativa che sia coerente al suo interno e che sia in grado di raggiungere un equilibrio tra lobiettivo di ridurre i rischi di inabilit del sistema e quello di sostenere la crescita delleconomia. Al centro del futuro quadro prudenziale c lintervento sulla qualit degli strumenti finanziari che possono essere
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2010, Sironi A.,Economia e Management, Editoriale, pag. 4-5.

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inclusi nel patrimonio di vigilanza ma non solo, le proposte prevedono anche una pi adeguata calibrazione del peso di alcuni rischi e dunque, del patrimonio che le banche sono tenute ad avere per fronteggiarli. La crisi ha infatti mostrato come alcuni rischi (in modo particolare il rischio di mercato e di controparte), insiti in alcuni strumenti, sono stati ampiamente sottostimati. Gli strumenti individuati per prevenire gli eccessi che hanno contribuito a sviluppare la crisi sono i requisiti patrimoniali che tengano in considerazione il valore al rischio o le correlazioni tra attivit in condizioni di stress.63 Il secondo punto debole del sistema di Basilea 2 stato il forte impatto pro ciclico della normativa. Tale fenomeno legato alla tendenza dei requisiti patrimoniali della banca ad accentuare le fluttuazioni in dipendenza del ciclo economico. Ci collegato al fatto che i requisiti patrimoniali fondati sul rating tendono ad aumentare in corrispondenza delle fasi economiche di recessione, e, al contrario, tendono a diminuire nella fasi di crescita economica. Nella fase di recessione, il peggioramento delleconomia reale ha determinato un peggioramento della qualit del portafoglio prestiti di una banca, questultima stata costretta o a reperire nuove fonti di finanziamento sul mercato, per lasciare invariata lofferta di credito, o a contrarre lofferta di credito o a vendere le proprie attivit, accentuando la fase negativa delleconomia. Una delle proposte avanzate dal Comitato, e fortemente sostenuta dalla Banca dItalia, si basa sullapplicazione di un fattore scala che riflette le differenze tra le fasi recessive e quelle espansive. Lapplicazione di questo fattore garantirebbe che, allaumentare delle probabilit di default , lincremento del requisito minimo sia assorbito dai buffer accumulativi, evitando potenziali effetti indesiderati sullofferta di credito64. Unulteriore proposta avanzata dal Comitato quella della creazione di cuscinetti (buffer) destinati ad incrementarsi nelle fasi di crescita e a ridursi nelle fasi recessive. Questa sicuramente una misura volta ad introdurre una prospettiva macroprudenziale nellambito delle regolamentazione. Questo buffer dovrebbe essere integrato da un target ratio patrimoniale, uguale per tutte le banche in modo che esse siano dotate di un cuscinetto di capitale al di sopra del minimo regolamentare e che le politiche di distribuzione degli utili non determinino la contrazione alla base patrimoniale proprio allinsorgere della crisi. Unaltra proposta rivolta ad attribuire alle autorit di vigilanza
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Maggio 2010, intervento del Vice Direttore della Banca dItalia, G. Carosio, La riforma delle regole prudenziali , pag. 2. 64 2009, G. Manzelli, Il nuovo accordo sul capitale delle banche( Basilea 2), Rivista Bancaria-Minerva Bancaria, n. 3, pag. 81-82.

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maggiori poteri che consentano la promozione del patrimonio delle banche e laccumulazione di riserve da capitale nelle fasi di crescita economica, che possano poi essere smobilizzate nei periodi di recessione. Il Comitato si esprime a favore di una politica di accantonamenti anticiclici che consenta alle banche di calibrare i propri accantonamenti in vista di perdite attese e non sulle perdite effettivamente realizzate. Il problema resta quello della conciliazione tra una visione contabile, basata sulloggettivit, che permette laccantonamento solo dopo che la perdita si sia oggettivamente manifestata, e una visione prudenziale la quale vorrebbe che fosse fatto un accantonamento correlato alla perdita attesa. Una possibile soluzione a questo conflitto potrebbe essere la modifica dello IAS 39, in modo tale che tenga conto delle perdite attese mediante anche ladeguamento del tasso di attualizzazione65. Questo fenomeno insieme alleccessivo livello di leva finanziaria, che ha caratterizzato molte grandi banche internazionali, ha svolto un ruolo di rilievo nel corso della recente crisi. Leccessivo livello di leva finanziaria ha portato numerose istituzioni finanziarie, spinte dalla necessit di accrescere il proprio coefficiente patrimoniale, a ridurre gli attivi in misura rilevante. Durante le fasi pi acute delle crisi, il settore bancario stato costretto a ridurre il proprio rapporto di indebitamento con una velocit tale da aumentare le perdite, ridurre il capitale, contrarre lofferta di credito e amplificare il ribasso dei prezzi delle attivit finanziarie in portafoglio. Questo processo stato definito di deleveraging66. Facciamo un esempio per capire il motivo di come la crisi, che inizialmente sembrata limitata si trasformata in una catastrofe e il perch, alla fine, i governi di tutto il mondo sono dovuti intervenire, agendo sul lato del capitale, per evitare fallimenti a catena delle banche. Prendiamo ad esempio una banca con una leva finanziaria pari a 4, un attivo

(investimenti) di 80 , che ha finanziato con un capitale di 20 , indebitandosi di 60 .

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2010, A. Porteri, La crisi, le banche e mercati finanziari, pag. 17 e 23. 2010, A. Porteri, La crisi, le banche e mercati finanziari, pag 8.

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Stato Patrimoniale di una banca: Attivo Investimenti 80 Passivo Debito 60

Capitale 20 Leva: 80/20 = 4 Nel momento in cui si concretizza una perdita del 10 %, per ipotesi, la leva quasi raddoppia il suo valore: Stato patrimoniale di una banca: Attivo Investimenti 72 Passivo

Capitale 10 Leva: 72/10 = 7,2 Se la banca volesse tornare al livello di leva precedente e non avesse risorse di capitale (che durante la crisi sono state molto difficile da reperire) dovrebbe vendere attivit. Per tornare al livello di leva 4 la banca dovrebbe vendere quasi la met degli investimenti e liquidare la met dei debiti. Questo processo semplificato, nel momento in cui stato posto in essere dalle banche non stato cos semplice, poich vendendo le attivit, titoli e azioni, il loro valore sceso, pi questo valore sceso e pi sono le attivit che la banca si vista costretta a liquidare per ridurre lindebitamento. Questo stato il disastroso processo di deleveraging che ha caratterizzato la crisi finanziaria. tra le proposte del Comitato quella di introdurre un requisito massimo di leva finanziaria, il levarage ratio67, lintroduzione di questo strumento avrebbe duplice finalit: da un lato quella di contenere il livello di indebitamento nella fasi di crescita economica, dallaltro potrebbe rimediare alle eventuali carenze dei modelli interni di valutazione del rischio. Tale requisito sarebbe rappresentato dal rapporto minimo tra capitale di elevata qualit (tier 1) e totale dellattivo, comprensivo delle esposizioni fuori bilancio.
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Maggio 2010, Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, La riforma delle regole prudenziali, pag. 5-6.

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Laltro grande problema che le banche hanno affrontato nel corso della crisi finanziaria stata la gestione della liquidit68. La liquidit, la capacit della banca di far fronte tempestivamente ed economicamente alle uscite di cassa, fondamentale per lequilibrio di gestione di qualsiasi azienda, ma per le banche ha un rilievo cruciale perch esse producono moneta e, con i prestiti, creano potere dacquisto per il pubblico e questa attivit si fonda sulla fiducia della clientela e sulla capacit della banca di onorare i propri impegni. Il rischio di liquidit si riferisce alla probabilit di sfasamenti temporali tra entrate e uscite che possono compromettere la redditivit e la reputazione dellintermediario. Questo disallineamento delle scadenze stato senza dubbio al centro della recente crisi (come pure di molte altre crisi precedenti). La crisi finanziaria ha mostrato come il crollo della fiducia e il corrispondente aumento del rischio di controparte possano generare una caduta della liquidit dei mercati e provocare situazioni di elevata tensione per gli intermediari. Se prima della crisi i mercati delle attivit finanziarie godevano di una liquidit elevata e a costo contenuto, al modificarsi delle condizioni si assistito al veloce inaridirsi della stessa e il sistema bancario si trovato di fronte a gravi difficolt a livello operativo. Attualmente non esistono standard armonizzati a livello internazionale in tema di liquidit bancaria, il Comitato si proposto di intervenire a riguardo attraverso lintroduzione di due requisiti regolamentari: il primo volto a ridurre il rischio di raccolta a breve periodo, il Comitato richiede che le banche si dotino di un cuscinetto di attivit liquide in grado di coprire deflussi di cassa attesi in un orizzonte di 30 giorni, senza ricorrere al mercato, il secondo pi orientato a fronteggiare squilibri strutturali nella composizione per scadenze delle passivit e attivit di bilancio. 69 Nel corso della crisi molte sono state le istituzioni finanziarie salvate da interventi governativi poich si temeva che il loro fallimento avrebbe generato una crisi sistemica. Come osservato dal Comitato di Basilea, come la pro ciclicit ha amplificato gli shock nel tempo, lelevata interconnessione tra le banche e le altre istituzioni finanziarie ha favorito la trasmissione degli shock nello spazio. Il problema stato quindi di quelle banche che sono caratterizzate da un profilo di rischio sistemico, che per le dimensioni e il grado di interconnessione con gli altri istituti sono state di una rilevanza tale che il
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Maggio 2010, Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, La riforma delle regole prudenziali, pag.8-9. 2010, A.Sironi, Economia e Management, Editoriale, pag. 9-10. 69 Marzo 2010, Audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio ,Indagine conoscitiva sulle problematiche relative allapplicazione dellAccordo di Basilea 2.

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loro fallimento avrebbe conseguenze sullintero sistema. Partendo da questa considerazione il Comitato si posto come obiettivo quello di sviluppare sistemi che aiutino le autorit di vigilanza nazionali a misurare la rilevanza di ogni istituto in modo da ridurre le probabilit che crisi di singole istituzioni possano trasformarsi in crisi sistemiche70. Anche riguardo lutilizzo di rating esterni e limportanza che gli stata attribuita va fatta una riflessione. Le agenzie di rating che forniscono i giudizi agiscono nella massima competenza e professionalit, ci non toglie il fatto che ci dovrebbe

comunque essere sempre un giudizio autonomo da parte degli investitori. Un altro aspetto criticato delle agenzie di rating stato il modello economico, in particolare il fatto che questultime sono finanziate interamente dagli emittenti e non dagli utenti, il che costituisce una fonte di conflitti dinteresse. Una modifica che si potrebbe apportare, per superare il conflitto dovrebbe prevedere un modello in cui sia lutente finale, che utilizza il giudizio, ha finanziare la societ di rating. Queste svolgono un ruolo cardine allinterno dei mercati finanziari attuali, dovrebbero essere disciplinate in maniera da assicurare lindipendenza, lobiettivit e la massima qualit dei meriti creditizi da essi formulati. 71Al giorno doggi, la stabilit dei mercati finanziari dipende da un numero ridotto di agenzie, le cui opinioni si sono rivelate spesso errate. Il Comitato ha presentato una proposta di regolamentazione molto complessa, per quanto riguarda la concessione delle autorizzazioni e il sistema di vigilanza. Come abbiamo visto il quadro normativo di Basilea 2 necessita di un riesame approfondito per modificare le norme al fine di: aumentare gradualmente i requisiti patrimoniali minimi; ridurre la pro ciclicit; introdurre norme pi severe in materia di voci fuori bilancio; intensificare le norme sulla gestione della liquidit; rafforzare le norme sul controllo interno delle banche e la gestione dei rischi.

Un quadro normativo solido in materia prudenziale dovrebbe basarsi su regimi di vigilanza forti. Le autorit dovrebbero essere dotate di poteri che le permettano di intervenire qualora una banca abbia una gestione del rischio e un meccanismo di
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2010, A.Sironi, Economia e Management, Editoriale, pag. 10-11. 2010, A. Porteri, La crisi, le banche e mercati finanziari, pag. 6.

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controllo inadeguato nonch una scarsa solvibilit delle posizioni di liquidit. Dovrebbero esserci inoltre sistemi sanzionatori uniformi e severi. Attualmente nellUE non c niente di tutto ci, per cui sarebbe necessario introdurre maggiori mezzi per eliminare tali lacune. Altra criticit messa in luce dalla crisi riferita al regolamento dei mercati dei derivati. La semplificazione della maggior parte dei derivati negoziati fuori borsa, lo sviluppo di tecniche adeguate di riduzione dei rischi e ladozione di misure per promuovere la trasparenza darebbe un importante contributo al ripristino della fiducia del funzionamento di questo mercato. Anche la governance societaria, stata uno dei fallimenti pi evidenti della crisi attuale. chiaro che negli ultimi anni sono stati fatti notevoli passi in avanti in materia, ma lampante che tra le cause della crisi non possiamo non evidenziare linteresse degli istituti finanziari ad operare in una prospettiva di breve periodo, finalizzata a realizzare il massimo possibile a scapito di una prospettiva di lungo periodo, della prudenza e della qualit del credito. Nel contesto, sia investitori che azionisti sono stati abituati a premi sempre pi elevati, sono stati pochi i dirigenti che non si sono fatti travolgere nella competizione di massimizzazione, che intanto esponeva il sistema a rischi eccessivi.

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Capitolo 3

LA RISPOSTA DEL COMITATO DI BASILEA ALLA CRISI FINANZIARIA: BASILEA 3


3.1 Introduzione In seguito alla crisi finanziaria, che ha colpito lintero sistema dallestate del 2007, il Comitato di Basilea ha posto in essere un programma di riforma che, prendendo insegnamento dalla crisi, cerca di rafforzare le capacit del sistema bancario di assorbire shock derivanti da tensioni finanziarie ed economiche. La gravit della crisi stata ampliata da alcune debolezze presenti nel sistema, come uneccessiva leva finanziaria, un capitale inadeguato e di bassa qualit e insufficienti riserve di liquidit. La crisi stata amplificata da un processo pro-ciclico di deleveraging e dalle interconnessioni tra istituzioni finanziarie sistemicamente rilevanti. A seguito di numerosi incontri il Comitato di Basilea e il suo organo direttivo, il Gruppo dei Governatori e dei Capi della Vigilanza, hanno annunciato il 12 settembre un incremento dei requisiti minimi di adeguatezza patrimoniale e di liquidit. Queste riforme nellinsieme vengono comunemente chiamate : Basilea 372. Le nuove regole sono state oggetto di unampia consultazione, come anche le proposte di dicembre 2009 sul capitale e la liquidit, che hanno avuto pi di trecento commenti da parte di banche, governi, ambienti accademici e altri operatori che sono stati in seguito attentamente esaminati dal Comitato che ove opportuno ha proceduto a modificare alcuni punti. Le regole entreranno in vigore allinizio del 2013, stato previsto un lungo periodo transitorio in modo da favorire il graduale adeguamento delle strategie operative delle banche ai nuovi requisiti. Poich queste riforme sono destinate a trasformare il quadro regolamentare globale e a promuovere un sistema bancario pi robusto in grado di garantire la sua tenuta anche nelle fasi di tensione, il Comitato ha valutato con attenzione i potenziali effetti della normativa sia sul settore bancario che sulleconomia. Basilea 3, insieme alle evoluzioni compiute dallinizio della crisi del 2007 fanno parte di un programma ampio, coordinato dal Financial Stability Board73 teso a costruire un
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Settembre 2010,J. Caruana, Basilea 3: verso un sistema finanziario pi sicuro,pag. 1. Il Financial Stability Board (FSB), costituito nel 1999, riunisce regolarmente rappresentanti dei governi, delle banche centrali e delle autorit nazionali di vigilanza sulle istituzioni e sui mercati

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sistema finanziario pi sicuro. Tuttavia una migliore regolamentazione da sola non sufficiente a garantire la stabilit del sistema. La BRI ha sempre sostenuto che le politiche macroeconomiche, sia monetarie che fiscali svolgono un ruolo essenziale nella promozione della stabilit, come anche la disciplina di mercato: la crisi ha confermato limportanza di unadeguata vigilanza in grado di assicurare la piena attuazione delle politiche prudenziali, evitare il moral hazard della grandi banche, nonch favorire una gestione robusta del rischio e uninformativa adeguata74. importante sottolineare che nel 2009 il Comitato di Basilea ha raddoppiato le sue dimensioni, raggiungendo un totale di 27 giurisdizioni rappresentate da 44 banche centrali e autorit di vigilanza. La pi ampia rappresentanza ha rafforzato il Comitato come organismo di normazione internazionale. Le riforma potenziano la regolamentazione sia a livello microprudenziale, cio a livello di singole banche, contribuendo in tal modo a migliorare la resistenza del singoli istituti bancari nei periodi di stress, sia in ottica macroprudenziale, affrontando i rischi sistemici che possono accumularsi nel settore bancario75. Gli elementi fondamentali del nuovo schema sono: innalzamento della qualit del capitale regolamentare, per permettere alle banche di assorbire eventuali perdite; estensione della copertura dei rischi nello schema patrimoniale, in particolar modo per il portafoglio di negoziazione; requisiti patrimoniali minimi pi elevati, dal 2 al 4,5 per cento del livello minimo di capitale di qualit pi elevata e lintroduzione di un Capital Conservation Buffer; introduzione di un indice di leva finanziaria: Leverage Ratio; aumento degli standard del processo di controllo prudenziale e della trasparenza di mercato, rispettivamente nellambito del secondo e del terzo pilastro; introduzione di due standard di liquidit minimi, uno focalizzato in un ottica di breve periodo e uno di lungo periodo;

finanziari, di istituzioni finanziarie internazionali, di associazioni internazionali di autorit di regolamentazione e supervisione e di comitati di esperti di banche centrali. 74 Settembre 2010, J. Caruana, Basilea 3: verso un sistema finanziario pi sicuro,pag. 1. 75 Ottobre 2010, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20, pag.1-2.

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costituzione di un cuscinetto anticiclico, finalizzato a proteggere il settore bancario nei periodi di eccessiva espansione del credito.

Lobiettivo che il Comitato si propone di raggiungere con questa riforma quello di prevenire leccessiva assunzione dei rischi da parte delle banche e rendere il sistema finanziario pi solido. 3.2 I provvedimenti microprudenziali76 3.2.1 Il patrimonio Innanzitutto Basilea 3 avr come obiettivo quello di migliorare la qualit del patrimonio delle banche. Il sistema bancario mondiale si trovato ad affrontare la crisi con un livello di patrimonio di alta qualit insufficiente, ed essendo il patrimonio una fonte essenziale per garantire la stabilit degli intermediari, durante la crisi le banche non sono state in grado di fronteggiare le perdite, favorendo laumento di sfiducia tra gli acquirenti. Al contrario, livelli adeguati di capitale e una migliore qualit dello stesso, avrebbero aumentato le capacit delle banche di fronteggiare i rischi e sostenere imprese e famiglie nel momento del crollo. La crisi, come detto precedentemente, ha anche evidenziato la mancanza di una definizione uniforme di capitale, che non ha permesso agli operatori di valutare e di confrontare le qualit dei capitali nelle diverse istituzioni. A luglio 2010 il Comitato ha dato una definizione nuova di capitale. Una qualit superiore degli strumenti di capitale garantiscono una elevata capacit di assorbire le perdite, cio una garanzia sulla solidit delle banche nelle fasi di turbolenza. Questo stato un passo in avanti molto importante: prima di definire il livello di patrimonio il Comitato si preoccupato di darne una definizione che sia unica per tutti i Paesi. Il patrimonio di vigilanza sar formato da: 1. Tier 1 Capital, composto a sua volta dal Common Equity Tier 1 e ulteriori elementi di Tier 1 Capital; 2. Tier 2 Capital. Gli elementi elencati sono al netto degli adeguamenti normativi associati e sono soggetti alle seguenti limitazioni:

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Ottobre 2010, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20, pag. 4-6.

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Common Equity deve essere almeno pari al 4,5 per cento degli attivi ponderati per il rischio in ogni momento; Tier 1 Capital, deve essere almeno il 6 per cento del totale degli attivi ponderati per il rischio in ogni momento; Total Capital (ossia Tier 1 Capital pi Tier 2 Capital) deve essere almeno l8 per cento degli attivi ponderati per il rischio in ogni momento77.

Un elemento fondamentale la maggior importanza attribuita al Common Equity, vale a dire la componente di migliore qualit del patrimonio di una banca. In base alla normativa di Basilea 2 le banche sono invece tenute ad avere almeno la met del proprio patrimonio di vigilanza sotto forma di patrimonio di primo livello (Tier 1 Capital), la parte restante formata da voci con capacit di assorbimento delle perdite inferiore. Inoltre, met del patrimonio di primo livello deve essere costituito dal Common Equity , laltra met formata da strumenti sempre di alta qualit rispetto alle altre componenti del capitale, sebbene di qualit inferiore rispetto alle azioni ordinarie e agli utili non distribuiti. Il Common Equity sar composto da: 1. azioni ordinarie emesse dalla banca che soddisfano i criteri di classificazione come azioni ordinarie per scopi regolamentari; 2. scorte in eccedenza (sovrapprezzi di azioni) derivanti da emissioni di strumenti inclusi nel Common Equity Tier 1; 3. utili portati a nuovo; 4. azioni ordinarie emesse da societ controllate consolidate della banca e detenute da terzi che soddisfano i criteri di inclusione in Common Equity Tier 1; 5. adeguamenti normativi applicati nel calcolo del Tier 1 Common Equity. I dividendi vengono rimossi dal Common Equity Tier 1 in conformit ai principi contabili. Lo schema normativo nuovo pone maggiore rilevanza al Common Equity per aumentare la qualit. Le perdite su crediti e le svalutazioni sono imputate direttamente agli utili non distribuiti e fanno parte del Common Equity, anche le deduzioni regolamentari sono applicate direttamente al Common Equity e non al Tier 1 o Tier 2.

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Dicembre 2010, Il Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria, Basel III: a global frame work for more resilient banks anche banking system, pag. 12-13.

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Il Tier 1 Capital sar composto da: 1. strumenti finanziari emessi dalla banca che soddisfino i criteri di inclusione aggiuntivi Tier 1 Capital; 2. scorte eccedenti derivanti da emissioni di strumenti inclusi nel Tier 1 Capital; 3. strumenti emessi da societ consolidate della banca e detenuti da terzi che soddisfino i criteri di inclusione in Tier 1 Capital; 4. adeguamenti normativi aggiuntivi applicati nel calcolo del Tier 1 Capital. Il Tier 2 Capital sar composto da: 1. strumenti finanziari emessi dalla banca che soddisfino i criteri del Tier 2 Capital (non inclusi nel Tier 1 Capital); 2. scorte eccedenti derivanti da emissione di strumenti inclusi nel Tier 2; 3. strumenti emessi da societ consolidate della banca e detenuti da terzi che soddisfino i criteri del Tier 2 e non inclusi nel Tier 1; 4. alcuni fondi rischi su crediti; 5. adeguamenti normativi applicati nel calcolo del Tier 2. I nuovi standard saranno introdotti progressivamente a partire dal 2013, i requisiti minimi riferiti al Common Equity e al Tier 1 saranno portati rispettivamente al 3,5 e 4,5 per cento delle attivit ponderate per il rischio e verranno incrementati man mano fino ad arrivare ai nuovi livelli (4,5 per il Common Equity e 6.0 per il Tier 1) nel 2015.78 A potenziare il miglioramento apportato dalla nuova definizione di capitale ci saranno nuove regole per una migliore copertura dei rischi; lintroduzione di riserve precauzionali aggiuntive e requisiti patrimoniali pi elevati. Come abbiamo visto dalla crisi, necessario che la nuova normativa introduca regole che siano in grado di catturare tutti i rischi che non sono stati coperti correttamente generando ulteriori problemi. Proprio per questo il Comitato nel luglio 2009 ha introdotto modifiche volte a migliorare lammontare di capitale da detenere a fronte del portafoglio di negoziazione e di prodotti strutturati complessi, innalzando

consistentemente i requisiti minimi, ad esempio per le cartolarizzazioni complesse o a fronte di operazioni di cartolarizzazione. Lincremento del patrimonio di vigilanza per il
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Dicembre 2010, Il Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria, Basel III:a global frame work for more resilient banks anche banking system, pag.13-18.

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trading book un altro elemento essenziale del programma. Tra i cambiamenti troviamo un requisito per il VaR in condizioni di stress, un incremental risk charge (IRG) per i rischi di migrazione e di insolvenza. In questo modo le banche dovranno detenere capitale di molto superiore rispetto al precedente requisito, in linea con i rischi connessi ai portafogli di negoziazione delle banche. Il provvedimento sar introdotto alla fine del 2011. Si corretto in questo modo unimprecisione sulla determinazione dei requisiti per fronteggiare il rischio di trading book. Anche il rischio di controparte stato un rischio sottovalutato durante la crisi finanziaria, il Comitato ha proposto lintroduzione di requisiti patrimoniali pi alti e il miglioramento della gestione di tale rischio tramite lutilizzo di input in condizioni di stress che permettano di determinare il requisito patrimoniale a fronte del rischio di insolvenza della controparte e nuovi standard che consentano alla banca di proteggersi dal deterioramento del merito creditizio di una controparte. Nellinsieme il Comitato di Basilea prevede un innalzamento complessivo dei requisiti patrimoniali minimi per assicurare che le banche siano in grado di superare situazioni si stress come la crisi che abbiamo attraversato. Il Comitato a ritenuto necessario introdurre uno strumento aggiuntivo, che non dipende da modelli statistici complessi e che permette alle banche di tenere sotto controllo la leva finanziaria, che stata una della cause di fondo della crisi. Questo strumento il Leverage Ratio, che tiene in considerazione sia le posizioni in bilancio, sia quelle fuori bilancio che quelle in derivati. Questo strumento tarato per agire come misura complementare secondo le esigenze di capitale a rischio. Le finalit di questo strumento sono: 1. di limitare laccumulo di leva finanziaria nel settore bancario, evitando gli eccessivi processi di deleveraging che possono danneggiare il sistema finanziario e leconomia; 2. e rafforzare i requisiti per la copertura del rischio. Il periodo di monitoraggio di supervisione iniziato dal 1 gennaio 2011, il Comitato utilizzer questo periodo per sviluppare modelli per monitorare in modo costante le componenti alla base della definizione concordata e il rapporto che ne deriva. Il periodo di esecuzione inizier dal 1 gennaio 2013 fino al 1 gennaio 2017, durante questo
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periodo si tester un indice di leva minimo tier 1 Levarage Ratio del 3 per cento. Sulla base dei risultati del monitoraggio saranno effettuate, nella prima met del 2017, le ultime regolazioni per la definizione e la tarature del rapporto di leva al fine di migrare al primo pilastro dal 1 gennaio 201879. In ogni caso le banche dovranno dare adeguata informazione al pubblico a partire dal 2015.80 3.2.2La Liquidit81 La crisi ha evidenziato con quanta velocit e intensit possa manifestarsi il rischio di liquidit e gli effetti che questa ha provocato sulla stabilit degli intermediari e nellintero sistema. In considerazione di tutto ci, il Comitato, ha introdotto standard minimi globali per rafforzare la capacit delle banche di fronteggiare turbative nellaccesso al finanziamento e gestire squilibri delle scadenze. Il Comitato si prefissato di raggiungere due obiettivi distinti ma complementari. Il primo di promuovere la capacit di recupero a breve termine del profilo di liquidit di una banca garantendo che essa disponga di risorse sufficienti a sopravvivere in uno scenario di stress acuto della durata di trenta giorni. Il secondo obiettivo quello di incoraggiare la resistenza in un orizzonte temporale di pi lungo termine creando incentivi alla banca per finanziare le proprie attivit con fonti pi stabili di finanziamento. Le due regole proposte sono il Liquidity Coverage Ratio (LCR) con cui si richiede alle banche di mantenere uno stock di risorse liquide di elevata qualit necessarie ad affrontare una ipotetica fase di difficolt nella raccolta di fondi, della durate di trenta giorni, senza ricorrere al mercato o al rifinanziamento presso la Banca Centrale (lo scenario su cui sono stati costruiti gli indici la crisi finanziaria iniziata nel 2007). La seconda, Net Stable Funding Ratio (NSFR), un indicatore strutturale di pi lungo periodo legato con lesigenza delle Banche di evitare gli squilibri strutturali nelle composizione per scadenze delle attivit e delle passivit in bilancio. Questo indicatore fornir alle banche incentivi ad utilizzare fonti pi stabili per finanziarsi. Lindicatore richiede alle banche una quantit minima di fonti stabili di finanziamento rispetto al profilo di liquidit dellattivit nonch il potenziale per impegni fuori bilancio.
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Dicembre 2010, Il Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria, Basel III,a global frame work for more resilient banks anche banking system, pag. 63. 80 Novembre 2010, Audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag.4-5. 81 Ottobre 2010, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria,La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20; pag. 6.

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Lobiettivo quello di evitare il ricorso al finanziamento a breve termine durante i periodi di vivace liquidit del mercato82. Il Comitato intervenuto anche sulla gestione della liquidit infragiornaliera sviluppando una serie di parametri comuni da prendere in considerazione come tipologia di informazioni che le autorit dovrebbero avere . Per capire le esigenze di liquidit di una banca, esse dovrebbero valutare le scadenze contrattuali ed evidenziare eventuali disallineamenti. Altra tipologia di verifica quella di controllare la concentrazione dei finanziamenti , analisi che permette di valutare la probabilit con cui i rischi di liquidit potrebbero verificarsi nel caso in cui le fonti di finanziamento si ritirino. Le autorit dovrebbero anche avere informazioni sulla quantit di attivit non gravate da ipoteca che una banca potrebbe utilizzare come garanzia per un finanziamento ottenuto83. Lobiettivo del Comitato mira ad evitare squilibri nella gestione della liquidit che possano mettere a repentaglio sia il singolo intermediario che la stabilit dellintero sistema. Anche per la regolamentazione della liquidit il Comitato ha previsto un entrata in vigore graduale. Dopo una fase iniziale di osservazione, lindicatore LCR entrer in vigore dal 2015 e quello strutturale, NSFR, dal 2018. Queste regole andranno ad ampliare le linee guida gi pubblicate nel settembre del 2008: Principles for Sound Liquidity Risk Management and Supervision84. La pubblicazione articolata su 17 principi per gestire il rischio di liquidit, tratti dagli insegnamenti derivati dalla crisi. In questi principi evidenziata la necessit per la banca di avere: un processo per identificare, monitorare e misurare il rischio di liquidit; un procedimento per monitorare attivamente le esposizioni e le esigenze di finanziamento verso ciascun soggetto. La banca dovrebbe avere anche una strategia che fornisca unadeguata diversificazione delle fonti di finanziamento e delle scadenze; dovrebbe condurre prove di stress che includano scenari di breve e lungo periodo in modo da assicurare che in ogni momento sar in grado di tollerare il rischio; dovrebbe inoltre essere in possesso di un piano di finanziamento di emergenza che stabilisca le
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Dicembre 2010, Il Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria, Basel III,a global frame work for more resilient banks anche banking system, pag. 8-10. 83 Dicembre 2010, Il Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria, Basel III,a global frame work for more resilient banks anche banking system, pag. 8-10.
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Settembre 2008, BRI, Principles for Sound Liquidity Risk Management and Supervision.

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strategie da adottare

durante una situazione imprevista. Tra gli altri principi

sottolineata limportanza del ruolo degli organi di vigilanza che, nel caso in cui ritengano le capacit della banca inadeguate, possano suggerire le misure da adottare; ancora, nei principi, viene sottolineata limportanza della collaborazione tra i supervisori e le principali parti interessate. 3.2.3La disciplina di mercato La crisi ha mostrato anche linadeguatezza delle informazioni fornite da numerose banche riguardante la composizione del patrimonio di vigilanza e le esposizioni al rischio dellintermediario. Nel luglio del 2009, a seguito di queste carenze in materia informativa, il Comitato ha deciso di rivedere i principi alla base del terzo pilastro della normativa precedente, soprattutto per quanto riguarda le cartolarizzazioni e le sponsorizzazioni fuori bilancio.85 Entro la fine del 2011 le banche dovranno adeguarsi ai nuovi principi. Inoltre per migliorare la trasparenza e la disciplina di mercato il Comitato richiede alle banche di pubblicare tutti i componenti della base patrimoniale, tutte le deduzioni applicate e un confronto completo di adeguatezza con i conti finanziari. Le banche, dovranno inoltre dare informazione al pubblico, tramite il proprio sito internet, di tutte le condizioni e le caratteristiche riguardanti ogni strumento inserito nel patrimonio di vigilanza, oltre a mantenere le attuali disposizioni di rendere facilmente comprensibili al pubblico le principali caratteristiche degli strumenti di capitale. Il Comitato e il Financial Stability Board hanno proposto anche di inserire tra le informazioni da fornire al pubblico uninformativa riguardante le remunerazioni, per garantire chiarezza e trasparenza al mercato in materia di prassi retributive delle banche. Lomogeneit negli obblighi informativi potrebbe favorire la parit nelle condizioni concorrenziali, la divulgazione di queste informazioni non costituirebbe un onere eccessivo per le banche e non favorirebbe la divulgazione di dati sensibili o riservati, ma al contempo permetterebbe agli operatori di fare una valutazione sulle prassi di remunerazione delle banche. Queste proposte non sono ancora ufficiali, verranno poste in consultazione e breve86.

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Ottobre 2010, Il Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria:rapporto al G20, pag. 8. 86 Ottobre 2010, Il Comitato di Basilea, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20, pag.8.

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3.3 I provvedimenti macroprudenziali Come abbiamo visto prima, la risposta del Comitato non avr provvedimenti solo riguardo al singolo istituto, che come evidenziato dalla crisi recente non sono stati sufficienti a promuovere e mantenere la stabilit, ma avr una portata pi ampia volta a mitigare la pro ciclicit e a rafforzare le tenuta dellintero sistema bancario. Le iniziative del Comitato sono volte ad attenuare i rischi derivanti dallinterconnessione tra le banche mondiali con rilevanza sistemica, oltre alle problematiche legate alla liquidazione di banche nazionali e internazionali e al moral hazard legato ad istituzioni considerate troppo grandi per fallire (too big to fail).87 3.3.1 Soluzioni per limitare la pro ciclicit La tendenza dei requisiti patrimoniali della banca ad accentuare le fluttuazioni in dipendenza del ciclo economico, meglio conosciuto come limpatto pro ciclico della normativa di Basilea 2, stato sicuramente il fattore che pi si evidenziato con la turbolenza finanziaria partita dagli Usa nellestate del 2007. Il comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha cercato di contrastare questo impatto attraverso diversi strumenti: come lintroduzione di un livello massimo di leva finanziaria (leverage ratio) per contenere il livello massimo di indebitamento, che gi in anni precedenti ha creato non pochi problemi alle istituzioni bancarie, ma anche lintroduzione di un input da utilizzare in condizioni di stress per calcolare il Var e il rischio di controparte. Il Comitato ha elaborato anche altre proposte con cui ha cercato di conseguire un obiettivo macroprudenziale, dunque in un ottica pi ampia, cercando di proteggere il settore bancario da fasi di eccessiva espansione del credito. Questa proposta prevede la creazione di riserve di capitale a cui poter attingere nei periodi di tensione, cercando di ridurre leffetto pro ciclico. La prima novit introdotta dal Gruppo dei Governatori e dei Capi della vigilanza prevede che le banche debbano mantenere un Capital Conservation Buffer del valore pari al 2,5 per cento delle attivit ponderate al rischio, composto da Common EquityTier 1(CET1), cio da strumenti di qualit pi elevata in grado di garantire lassorbimento delle perdite nei periodi stress finanziario ed economico. Una banca che non sar in grado di rispettare questo requisito sar soggetta a vincoli automatici sulla distribuzione

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Ottobre 2010, Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria:rapporto al G20, pag. 9.

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degli utili o sul pagamento di bonus88, fino a quando non avr raggiunto il livello adeguato del cuscinetto di capitale aggiuntivo. Quando questo Capital Conservation Buffer diminuir, le banche potranno ricostruirlo attraverso una riduzione dei pagamenti dei dividendi oppure potranno decidere di raccogliere capitali nuovi. Il nuovo quadro normativo ridurr la discrezionalit della banca quando finir il buffer di capitale, lobiettivo quello di rendere le banche pi resistenti nei momenti in cui le condizioni ambientali sono avverse. Lattuazione delle regole per la conservazione del capitale a livello internazionale, aumenter la resistenza del settore a non entrare in recessione e fornir il meccanismo per la ricostruzione del capitale durante le fasi iniziali della ripresa economica. Mantenendo una porzione pi ampia di guadagni nel corso di una recessione si contribuisce a far si che il capitale rimanga a disposizione per sostenere le operazioni commerciali nei periodi di stress. Il Capital Conservation Buffer del 2.5 per cento, composto da Common Equity Tier 1, al di sopra del capitale regolamentare minimo. Saranno imposti dei vincoli di distribuzione alle banche con livelli di capitale inferiori a certi limiti. I vincoli imposti si riferiscono alle distribuzioni degli utili e non influenzano il funzionamento della banca. La tabella mostra i rapporti minimi di conservazione del capitale secondo livelli di Common Equity Tier 1: Tabella n. 4: Rapporti minimi di conservazione del capitale secondo i livelli di C.E.T.1 C.E.T.1 4.5-5.125 % >5.125-5.75% >5.75-6.375% >6.375-7% >7% Conservazione del capitale 100% 80% 60% 40% 0%

Fonte: dicembre 2010, Il Comitato di Basilea, Basel III: A global regulator frame work for more resilient banks and banking system, pag.56

Il Capital Conservation Buffer aumenter gradualmente dal 1 gennaio 2016 al 1 gennaio 2018 e avr pienamente efficacia dal 1 gennaio 2019. Dal 1 gennaio 2016 si inizier con 0,625 per cento delle attivit ponderate per il rischio e si aumenter di 0,625
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Novembre 2010, Audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra le banche e imprese, pag. 5.

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punti percentuali ogni anno, fino a raggiungere il livello finale del 2,5 per cento nel 2019.89 Le perdite subite nel settore bancario possono essere estremamente grandi quando la recessione preceduta da un periodo di eccessiva crescita del credito. Ci sottolinea limportanza nel settore bancario di costruire difese di capitale aggiuntivo nei periodi in cui i rischi di stress a livello di sistema sono sempre pi marcati. per questo che il Comitato ha introdotto un altro meccanismo che garantisca laccumulo di risorse di patrimonio nelle fasi di crescita eccessiva del credito, il buffer anticiclico di capitale, variabile dallo 0 al 2,5 per cento delle attivit ponderate per il rischio. Anchesso formato da strumenti di Common Equity Tier 1, ovvero di qualit primaria e in grado di assorbire pienamente le perdite. Lapplicazione di questo strumento dipender dalla situazione nazionale, avverrebbe solo in situazioni di surriscaldamento delleconomia. La richiesta dellattivazione di questo capitale aggiuntivo sarebbe determinata in base a criteri concordati a livello internazionale e annunciati dal mercato. Le autorit nazionali controlleranno la crescita del credito e altri indicatori che possano segnalare un accumulo di rischio a livello di sistema. Sulla base di tali valutazioni si porr in essere un requisito di buffer anticiclico, variabile, secondo il livello di rischio nel sistema. Le banche che non saranno in grado di soddisfare tale requisito, saranno soggette a restrizioni sulla distribuzione degli utili90. Questi strumenti implicheranno che in situazioni normali il requisito complessivo minimo delle banche non dovr scendere sotto all8 per cento e invece, in situazioni in cui leffetto prociclico sar particolarmente accentuato, questo requisito potr arrivare fino al 13 per cento. 91

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Dicembre 2010, Il Comitato di Basilea, Basel III: A global regulator frame work for more resilient banks and banking system , pag. 54-57. 90 Dicembre 2010, Il Comitato di Basilea, Basel III: A global regulator frame work for more resilient banks and -banking system , pag 57-60. 91 Novembre 2010, Audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra le banche e imprese, pag.5.

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Tabella n. 5: Calibrazione dello schema patrimoniale, requisiti patrimoniali e buffer (in percentuali)
Common equity (al netto delle deduzioni) Patrimonio di base (tier 1) Capitale totale

Minimo Capital conservation buffer Minimo pi Capital Conservation buffer Variazione del buffer anticiclico

4.5 2.5 7.0 0-2.5

6.0

8.0

8.5

10.5

Fonte: Settembre 2010, Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria

Il Comitato di Basilea ha pubblicato, nellestate del 2009, una serie di criteri informativi per lo IASB su questioni riguardanti gli accantonamenti e il fair value. Questi criteri hanno cercato di far coincidere la vigilanza prudenziale posta in essere dalle banche con i principi contabili internazionali, cercando di poter accantonare risorse a fronte di perdite attese e non soltanto a fronte di perdite realizzatesi concretamente. I principi hanno raccomandato di effettuare rettifiche di valore ai dati al fine di evitare errori nella rilevazione a conto economico sia iniziale che successiva, in situazioni caratterizzate da incertezze di valutazione. Il 30 giugno del 2010 il Comitato ha inviato allo IASB una lettera contenente lapproccio proposto in modo dettagliato, volto a modificare lo IAS 39. Il Comitato e lo IASB mantengono in materia contatti costanti. 92 3.3.2 Rischio sistemico Come ben sappiamo nel mercato la presenza di operatori sistematicamente rilevanti ha contribuito a rendere ancora pi gravi gli effetti della crisi finanziaria e ne ha complicato la gestione. Un operatore sistematicamente rilevante quando a causa della sua dimensione e del suo grado di interconnessione con gli altri istituti di unimportanza tale che il suo fallimento avrebbe conseguenze sullintero sistema. Le proposte che sono state avanzate dal Financial Stability Board e condivise dal Leaders del G20 al summit di Seul a novembre del 2010, hanno lobiettivo di creare un ambiente in cui le istituzioni sistematicamente rilevanti abbiano una maggiore capacit di

92

Ottobre 2010, Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20, pag. 10.

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assorbire perdite ingenti, lasciando alle autorit ampia discrezionalit nelle manovre e rendendo praticabile lopzione della loro liquidazione93. La liquidazione di una banca internazionale unoperazione molto complicata ed stata ancor di pi accentuata dalla crisi, poich questultima ha messo in luce delle lacune nelle tecniche di intervento per una liquidazione ordinata. Nel marzo 2010 il Comitato ha elaborato dei principi che hanno come obiettivo quello di migliorare la gestione e la liquidazione dei grandi istituti internazionali, garantendo una metodologia importante per fronteggiare il rischio sistemico e il problema di quegli istituti ritenuti troppo grandi per fallire.94 Le proposte del Comitato si fondano su quattro fondamenti: 1. ogni Paesi dovr dotarsi si un quadro istituzionale che consentir la liquidazione ordinata di un istituto sistematicamente rilevante, senza che sia necessario lintervento di finanziamenti con denaro pubblico e senza che ci abbia ripercussioni sul sistema globale. Anche la normativa dei singoli paesi dovr essere modificata favorendo la cooperazione internazionale; 2. gli istituti sistematicamente rilevanti, che operano su scala mondiale, dovranno avere la capacit di assorbire le perdite maggiore rispetto agli altri intermediari, attraverso requisiti prudenziali aggiunti. Numerosi sono gli strumenti di cui potranno servirsi: strumenti di debito automaticamente convertibili in capitale quando il coefficiente patrimoniale scender sotto una certa soglia di sicurezza (contingen capital); detrazioni del valore nominale del credito per alcuni creditori, in caso di crisi (bail-in), sulla base di specifiche clausole contrattuali; 3. lautorit di vigilanza delle istituzioni sistematicamente rilevanti, saranno dotate di poteri pi ampi, avranno risorse e poteri maggiori. In base allapplicazione del criterio di proporzionalit gli strumenti in mano alle autorit dovranno essere adeguati alla complessit delle istituzioni da vigilare; 4. lo scambio si strumenti derivati dovr avvenire su mercati regolamentati o su piattaforma automatizzate, con controparti centrali, sottoposte al controllo delle autorit e dotate di adeguati mezzi patrimoniali e organizzativi. Le informazioni

93

Novembre 2010, audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag. 6. 94 Ottobre 2010, Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20,pag. 11.

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relative agli scambi dovranno essere rivolte in centri di raccolta a cui le autorit di vigilanza potranno accedere anche per fini di politica economica.95 Attualmente il Comitato di Basilea sta elaborando una metodologia provvisoria con dati qualitativi e quantitativi che funga da supporto per la valutazione della rilevanza sistemica delle banca su scala mondiale.96 Il Comitato sta anche riesaminando la disciplina riguardante il portafoglio di negoziazione dei titoli, attualmente sta valutando la possibilit di eliminare o meno la distinzione tra portafoglio bancario e portafoglio di negoziazione, le tipologie di definizione di attivit di trading e il modo in cui i rischi legati al trading book, e pi in generale il rischio di mercato, dovranno trovare copertura nel patrimonio di vigilanza. Questo riesame sar completato per la fine del 2011.97 La riforma messa in atto dal Comitato di Basilea in risposta alla crisi finanziaria verr, come gi accennato, applicata gradualmente alle banche in modo da permettere alle stesse si adeguarsi ai nuovi principi, sicuramente pi severi rispetto ai precedenti, questo perch dallo studio di impatto quantitativo condotto dal Comitato emerso che a fine 2009 le grandi banche necessitavano di ingenti apporti di patrimonio per soddisfare i nuovi requisiti, al contrario delle banche di dimensioni inferiori, molto importanti per i finanziamenti alle piccole e medie imprese, che soddisfavano gi gli standard pi elevati. Durante la fase transitoria il Comitato monitorer limpatto della nuova regolamentazione e affronter, se necessario, eventuali effetti negativi. Il lungo periodo di transizione permetter alle banche di praticare politiche di accantonamento e aumenti di capitale, in modo da rispettare i nuovi standard e allo stesso tempo permetter alle banche di dare credito alleconomia. Lapplicazione avr inizio dal 1 gennaio 2013, successivamente i requisiti verranno incrementati di anno in anno, fino ad essere definitivi nel 2019. Nella tabella riportiamo la sintesi delle disposizioni:

95

Novembre 2010, audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag . 7. 96 Ottobre 2010, Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20, pag. 14. 97 Ottobre 2010, Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20, pag.14.

64

Tabella n. 6: Fasi di applicazione

2011
Indice di leva

2012 2013 2014 2015 2016


Fase di sperimentazione 1 gennaio 2013-1 gennaio 2017

2017

2018
Migrazione al primo pilastro

2019

Monitoraggio regolamentar e

Requisito minimo per il Common Equity Capital Conservation Buffer Requisito minimo per il Common Equity pi Capital Conservation Buffer Introduzione delle deduzioni dal CET1 Requisito minimo per il patrimonio di base (Tier 1) Requisito minimo per il Total Capital Requisito minimo per il Total Capital pi Capital Conservation Buffer Strumenti di capitale non pi computabili nel Tier 1 e Tier 2

3.5% 4.0% 4.5%

4.5%

4.5%

4.5%

4.5%

0.625% 1.25% 1.875% 2.5% 3.5% 4.0% 4.5% 5.125% 5.75% 6.375% 7.0%

20%

40%

60% 6.0%

80% 6.0%

100% 6.0%

100% 6.0%

4.5% 5.5% 6.0%

8.0% 8.0% 8.0%

8.0%

8.0%

8.0%

8.0%

8.0% 8.0% 8.0% 8.625% 9.25% 9.875% 10.5%

Esclusione su un arco di 10 anni a partire dal 1 gennaio 2013

Fonte: ottobre 2010, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria,La risposte del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria: rapporto al G20, allegato 1.

3.4 Il probabile impatto di Basilea 3 in Italia Come si pu facilmente immaginare le reazioni del mercato allintroduzione di requisiti pi severi sono state di segno opposto: da un lato le banche e le imprese hanno lamentato leccessiva severit delle regole, sottolineando i costi connessi con i requisiti pi elevati di capitale e le ripercussioni che questo avr sulleconomia reale, dallaltro lato c invece la critica di alcuni osservatori che ritengono che le proposte non siano abbastanza incisive.

65

Come avvenuto anche in occasione dellintroduzione del piano normativo di Basilea 2 il Comitato ha condotto uno studio sullimpatto (Quantitative Impact Study, QIS) delle nuove riforme, per valutare gli effetti delle proposte sui bilanci delle banche. La Banca dItalia ha partecipato a questo studio dimpatto coinvolgendo quasi il 75 per cento degli intermediari attivi del nostro Paese. Se la normativa fosse entrata in vigore dal 2009, i dati a livello mondiale hanno mostrato che le banche dei Paesi del G20 avrebbero avuto necessit di capitalizzarsi per un valore pari a 600 miliardi di euro, considerando un livello di Common Equity del 7 per cento, cio un livello di requisito minimo del 4.5 per cento e un Capital Conservation Buffer del 2.5 per cento. I gruppi italiani avrebbero avuto un fabbisogno di capitale di qualit primaria, per arrivare al 7 per cento, pari a 47 miliari di euro98. I risultati dello studio dimpatto (QIS) hanno mostrato un effetto rilevante: le banche dovranno infatti dotarsi di un patrimonio di vigilanza di qualit elevata, il che significa che gli strumenti di qualit inferiore dovranno essere sostituiti con strumenti di qualit con un grado di copertura delle perdite maggiore e dunque dovranno sostenere costi elevati. Anche sulle banche italiane limpatto sar consistente: le nostre banche hanno un livello di patrimonializzazione, che seppur in crescita, inferiore al livello medio di patrimonializzazione delle banche internazionali, anche per il fatto che queste hanno ricevuto sostegni pubblici durante la crisi. Tuttavia, grazie al sistema di business tradizionale su cui sono basate le nostre banche, cio un sistema fondato sullintermediazione creditizia a favore di famiglie e imprese, sul radicamento sul territorio e su una leva finanziaria contenuta, lallineamento ai nuovi requisiti sar meno oneroso rispetto ad altri intermediari. Il problema che dovr affrontare lItalia, sar quello riguardante le deduzioni delle partecipazioni in societ di assicurazione e delle attivit per imposte anticipate, a causa della nostra disciplina fiscale che impone limiti restrittivi in materia di svalutazione e perdite su crediti. Il regime fiscale italiano consente la deducibilit fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti solo entro certi limiti stringenti e ne permette il frazionamento su un arco temporale di diciotto anni. Il sistema genera attivit per imposte anticipate di valore molto alto. Nella progetto originario il Comitato ha proposto la completa deduzione di queste poste dal capitale delle banche, il che avrebbe

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2010, Banca dItalia, Nota di approfondimento, pag. 3.

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creato uno svantaggio competitivo per il nostro Paese. La proposta finale invece ha previsto la deducibilit di questi strumenti solo nella parte che eccede una certa soglia di capitale di qualit primaria.99 Le nuove modalit per il calcolo della attivit ponderate per il rischio non incideranno notevolmente, essendo il nostro sistema bancario basato sullintermediazione verso famiglie e imprese e non basato sullattivit di titoli e derivati. Quella che appare compressa invece la capacit di generare flussi di reddito. Questo riconducibile al fatto che, essendo le nostre banche basate su un modello di business tradizionale, il flusso di reddito ancorato fortemente al livello dei tassi dinteresse e alle perdite. Nel primo trimestre del 2010 il ROE sceso di un punto percentuale rispetto allo stesso periodo dellanno precedente, mentre per le banche europee si registrato un miglioramento della redditivit, differenza che si pu ricondurre ad un margine dinteresse in ripresa per lEuropa e ancora in flessione in Italia, poich qui le banche hanno risentito della riduzione dei volumi intermediati e dei tassi dinteresse. Inoltre continuano a gravare sullutile delle banche italiane le perdite su crediti che nel primo trimestre del 2010 hanno assorbito la met del risultato di gestione.100 Per quanto riguarda lo standard di liquidit, lItalia non dovrebbe incontrare particolari difficolt nelladeguamento alla nuova normativa. La Banca dItalia tramite lattivazione del monitoraggio settimanale ha migliorato le condizioni di liquidit delle banche italiane. comunque necessario che gli intermediari si dotino di scorte di attivit facilmente liquidabili. Lo studio sullimpatto quantitativo della nuova regolamentazione stato condotto anche sulleconomia, per valutare sia gli oneri delladeguamento che i benefici che deriveranno dal nuovo framework. Lo studio che stato condotto si concentrato sui costi di transizione che si dovranno sostenere nei prossimi otto anni, periodo di transizione in cui gradualmente le banche si dovranno adeguare alla nuova normativa. Secondo le analisi condotte laumento di un punto percentuale del rapporto di capitalizzazione, realizzato in quattro anni, produrrebbe nei prossimi quattro o cinque anni un tasso di crescita annuo del PIL inferiore dello 0.1 per cento rispetto al tasso di

99

Novembre 2010, audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag. 3,4,8. 100 Novembre 2010, audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag. 8-9.

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crescita che si sarebbe realizzato senza riforma. La stima tiene conto sia degli effetti di prezzo sia degli effetti di quantit.101 Gli effetti della riforma potrebbero indurci a pensare che non ci saranno molti benefici, soprattutto nel breve periodo, ma al contrario i benefici dellincremento dei requisiti si avranno nel medio- lungo periodo. La maggiore solidit del sistema finanziario ridurr infatti la possibilit di altre crisi finanziarie e la possibilit di ricadute negative sulla crescita economica, soprattutto su uneconomia che ancora molto debole. Il Comitato, data la grande difficolt nel quantificare gli effetti positivi della riforma, ha stimato, sulla base di dati empirici, che le gravi crisi si presentano una volta ogni 20-25 anni e che ridurre la possibilit che si verifichi una crisi, anche di un solo punto percentuale, comporterebbe un beneficio in termini di crescita del prodotto interno pari allo 0,6 per cento allanno. Ricordando che la caduta del PIL durante la crisi in Italia stata pari al 6 per cento102, questo nuovo framework comporterebbe una grande solidit per il sistema e anche una garanzia per tutti gli operatori che si trovano allinterno. Come ormai noto leconomia italiana si fonda sulle piccole e medie imprese, cio quelle imprese con meno di cinquanta lavoratori dipendenti. La crisi o comunque le problematiche che si abbattono su di esse si ripercuotono sulleconomia del nostro Paese. La crisi, che si abbattuta sullintero sistema globale dal 2007 e su tutto il sistema bancario, ha colpito doppiamente le PMI perch: da un lato esse si sono trovate ad operare in un economia in flessione, sono state di riflesso colpite dallimpoverimento delle famiglie e quindi da un repentino calo delle vendite; dallaltro lato si sono trovate in difficolt anche per il cattivo funzionamento del mercato del credito. Le banche, come ripetuto pi volte, hanno irrigidito sempre di pi i criteri per la concessione del credito generando, soprattutto nel nostro Paese, un blocco nel settore. Le imprese di minore dimensione hanno una forte dipendenza dalle banche rispetto a quella delle imprese medio-grandi, anche a causa del fatto che non hanno canali di finanziamento alternativi.

101

Novembre 2010, audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag.10. 102 Novembre 2010, audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag.10.

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Inoltre, secondo i dati della Centrale dei Bilanci, le imprese con meno di cinquanta addetti hanno uno struttura finanziaria relativamente fragile. Il loro grado di indebitamento risulta di molto pi elevato rispetto alle imprese di media dimensione (2 per cento in pi) e alle imprese di dimensione pi elevata (10 per cento in pi). Questi fattori potrebbero rendere molto pi difficile laccesso al credito con lentrata in vigore del nuovo framework di Basilea 3. Ci sono per fattori da considerare che potrebbero attenuare limpatto: in primo luogo, bisogna sottolineare che le PMI sono finanziate solo in piccola parte dai principali gruppi bancari, che subiranno il maggiore impatto della riforma, e sono invece maggiormente finanziate da banche di piccola e media dimensione. Questultime, dobbiamo evidenziare, sono gi in possesso dei livelli di patrimonio superiori richiesti dalle nuove regole. Questi intermediari hanno garantito, anche durante la crisi finanziari, il finanziamento alle imprese.103

103

Novembre 2010, audizione del Vice Direttore della Banca dItalia G. Carosio, Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese, pag. 12.

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Conclusioni
La vigilanza bancaria, come si anche dimostrato, fondamentale per garantire la stabilit dellintero sistema economico. Come detto, sin dal 1988, lobiettivo del Comitato di Basilea, che rappresenta tutte le pi grandi potenze economiche globali, stato quello di introdurre regole, uniformi, in grado di garantire la stabilit del sistema e di ridurre la probabilit che si ripetano gravi crisi, i cui effetti si ripercuotono sulle famiglie e sulle imprese. Gi una revisione alle regole era stata apportata a partire dal 1999, con lintroduzione di Basilea 2, cercando di sopperire alle lacune della precedente normativa, legate anche alla veloce e continua crescita del mercato. Il processo di riforma del sistema di adeguatezza patrimoniale continuato fino ai nostri giorni. Il Comitato di Basilea, in seguito alla crisi scoppiata nellestate del 2007, che ha evidenziato i principali punti di debolezza della normativa attualmente vigente, ha dato una risposta forte allesigenza di rendere il settore finanziario pi stabile. Le nuove proposte del Comitato pongono basi solide per rimediare alle criticit emerse durante la crisi. Lobiettivo indicato dai Leaders del G20 quello di cercare di ridurre i fattori di instabilit e di creare i presupposti, per gli operatori, per affrontare un eventuale turbolenza da una posizione di maggiore stabilit. Il Comitato intervenuto tramite laumento della qualit del Patrimonio di Vigilanza, il rafforzamento delle dotazioni iniziali per la copertura dei rischi, lintroduzione dellobbligo di accumulare risorse nelle fasi di espansione e lintroduzione di requisiti per contenere la liquidit. Le nuove regole, che entreranno in vigore dal 2013, saranno introdotte in modo graduale, al fine di dare agli intermediari il tempo di adeguarsi ai nuovi standard. Queste nuove misure, per quanto efficaci, presentano costi rilevanti per le banche. Occorre tuttavia evidenziare come le proposte non incideranno in maniera omogenea su tutti gli istituti bancari ma avranno un impatto maggiore sulle banche attualmente meno capitalizzate. La principale sfida che ci aspetta quella di assicurare il recepimento omogeneo delle nuove regole in tutti i Paesi, se cos non fosse, ne risulterebbero penalizzati gli operatori
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di Paesi tradizionalmente pi rigorosi. Buone regole da sole non sono sufficienti se non applicate in modo adeguato e con fermezza.

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Bibliografia
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