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Signor Presidente, oggi mi sono vergognata per lo stato della democrazia nel nostro Paese.

Mentre Lei era all'interno della stazione Tiburtina con l'ingegner Moretti per celebrare l'inaugurazione del nuovo scalo io ero fuori con le mamme dei ragazzi e dei bambini morti nella strage del 29 giugno 2009, "placcati" da uno schieramento di forze di polizia armati di casco, scudo, manganello e alcuni anche di armi spara lacrimogeni che ci impedivano l'accesso, respingendoci con la forza. I familiari delle vittime erano "armati" delle foto dei loro cari, tragicamente scomparsi tra atroci sofferenze, e volevano manifestare pacificamente davanti alla stazione. Farli passare era un atto di umana comprensione e soprattutto un atto di intelligenza che avrebbe tacitato ogni esasperazione. Ho implorato le forze dell'ordine di accompagnarci, garantivo io per loro come senatrice della Repubblica. Ho implorato anche il Questore di Roma che ha temporeggiato fino a concedere il permesso di avvicinarsi alla stazione quando tutto era finito. Sono davvero dispiaciuta, signor Presidente di essere stata considerata alla stregua di un tifoso facinoroso. Mi sono sentita umiliata e offesa prima di tutto come cittadina di Viareggio, poi come madre e come Senatrice della Repubblica. Pensavo che la mia parola, la mia dignit contassero qualcosa. Una brutta storia, questa. Gestita male dalle forze dell'ordine, inqualificabile sotto l'aspetto etico e morale. Colgo l'occasione, signor Presidente, per rinnovarLe la richiesta di un incontro con lei e con i familiari delle vittime della strage di Viareggio. E sono certa che la Sua comprensione e la Sua disponibilit non lasceranno cadere nel nulla il mio accorato appello. La saluto cordialmente, Manuela Granaiola senatrice del Pd

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