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Dirò; d'Orlando in un medesmo tratto


cosa non detta in prosa mai, né; in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d'uom che sì; saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m'ha fatto,
che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà; però; tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.

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Piacciavi, generosa Erculea prole,
ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
e darvi sol può; l'umil servo vostro.
CANTO PRIMO Quel ch'io vi debbo, posso di parole
pagare in parte e d'opera d'inchiostro;
1 né; che poco io vi dia da imputar sono,
Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, che quanto io posso dar, tutto vi dono.
le cortesie, l'audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori 4
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, Voi sentirete fra i più; degni eroi,
seguendo l'ire e i giovenil furori che nominar con laude m'apparecchio,
d'Agramante lor re, che si diè; vanto ricordar quel Ruggier, che fu di voi
di vendicar la morte di Troiano e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio.
sopra re Carlo imperator romano. L'alto valore e' chiari gesti suoi

1
vi farò; udir, se voi mi date orecchio, Quella che dagli esperi ai liti eoi
e vostri alti pensieri cedino un poco, avea difesa con sì; lunga guerra,
sì; che tra lor miei versi abbiano loco. or tolta gli è; fra tanti amici suoi,
senza spada adoprar, ne la sua terra.
5 Il savio imperator, ch'estinguer volse
Orlando, che gran tempo innamorato un grave incendio, fu che gli la tolse.
fu de la bella Angelica, e per lei
in India, in Media, in Tartaria lasciato 8
avea infiniti ed immortal trofei, Nata pochi dì; inanzi era una gara
in Ponente con essa era tornato, tra il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo,
dove sotto i gran monti Pirenei che entrambi avean per la bellezza rara
con la gente di Francia e de Lamagna d'amoroso disio l'animo caldo.
re Carlo era attendato alla campagna, Carlo, che non avea tal lite cara,
che gli rendea l'aiuto lor men saldo,
6 questa donzella, che la causa n'era,
per far al re Marsilio e al re Agramante tolse, e diè; in mano al duca di Bavera;
battersi ancor del folle ardir la guancia,
d'aver condotto, l'un, d'Africa quante 9
genti erano atte a portar spada e lancia; in premio promettendola a quel d'essi,
l'altro, d'aver spinta la Spagna inante ch'in quel conflitto, in quella gran giornata,
a destruzion del bel regno di Francia. degl'infideli più; copia uccidessi,
E così; Orlando arrivò; quivi a punto: e di sua man prestasse opra più; grata.
ma tosto si pentì; d'esservi giunto: Contrari ai voti poi furo i successi;
ch'in fuga andò; la gente battezzata,
7 e con molti altri fu 'l duca prigione,
Che vi fu tolta la sua donna poi: e restò; abbandonato il padiglione.
ecco il giudicio uman come spesso erra!

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10 l'angelico sembiante e quel bel volto
Dove, poi che rimase la donzella ch'all'amorose reti il tenea involto.
ch'esser dovea del vincitor mercede,
inanzi al caso era salita in sella, 13
e quando bisognò; le spalle diede, La donna il palafreno a dietro volta,
presaga che quel giorno esser rubella e per la selva a tutta briglia il caccia;
dovea Fortuna alla cristiana fede: né; per la rara più; che per la folta,
entrò; in un bosco, e ne la stretta via la più; sicura e miglior via procaccia:
rincontrò; un cavallier ch'a piè; venì;a. ma pallida, tremando, e di sé; tolta,
lascia cura al destrier che la via faccia.
11 Di sù; di giù;, ne l'alta selva fiera
Indosso la corazza, l'elmo in testa, tanto girò;, che venne a una riviera.
la spada al fianco, e in braccio avea lo scudo;
e più; leggier correa per la foresta, 14
ch'al pallio rosso il villan mezzo ignudo. Su la riviera Ferraù; trovosse
Timida pastorella mai sì; presta di sudor pieno e tutto polveroso.
non volse piede inanzi a serpe crudo, Da la battaglia dianzi lo rimosse
come Angelica tosto il freno torse, un gran disio di bere e di riposo;
che del guerrier, ch'a piè; venì;a, s'accorse. e poi, mal grado suo, quivi fermosse,
perché;, de l'acqua ingordo e frettoloso,
12 l'elmo nel fiume si lasciò; cadere,
Era costui quel paladin gagliardo, né; l'avea potuto anco riavere.
figliuol d'Amon, signor di Montalbano,
a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo 15
per strano caso uscito era di mano. Quanto potea più; forte, ne veniva
Come alla donna egli drizzò; lo sguardo, gridando la donzella ispaventata.
riconobbe, quantunque di lontano, A quella voce salta in su la riva

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il Saracino, e nel viso la guata; Poi che s'affaticar gran pezzo invano
e la conosce subito ch'arriva, i dui guerrier per por l'un l'altro sotto,
ben che di timor pallida e turbata, quando non meno era con l'arme in mano
e sien più; dì; che non n'udì; novella, questo di quel, né; quel di questo dotto;
che senza dubbio ell'è; Angelica bella. fu primiero il signor di Montalbano,
ch'al cavallier di Spagna fece motto,
16 sì; come quel ch'ha nel cuor tanto fuoco,
E perché; era cortese, e n'avea forse che tutto n'arde e non ritrova loco.
non men de' dui cugini il petto caldo,
l'aiuto che potea tutto le porse, 19
pur come avesse l'elmo, ardito e baldo: Disse al pagan: - Me sol creduto avrai,
trasse la spada, e minacciando corse e pur avrai te meco ancora offeso:
dove poco di lui temea Rinaldo. se questo avvien perché; i fulgenti rai
Più; volte s'eran già; non pur veduti, del nuovo sol t'abbino il petto acceso,
m'al paragon de l'arme conosciuti. di farmi qui tardar che guadagno hai?
che quando ancor tu m'abbi morto o preso,
17 non però; tua la bella donna fia;
Cominciar quivi una crudel battaglia, che, mentre noi tardiam, se ne va via.
come a piè; si trovar, coi brandi ignudi:
non che le piastre e la minuta maglia, 20
ma ai colpi lor non reggerian gl'incudi. Quanto fia meglio, amandola tu ancora,
Or, mentre l'un con l'altro si travaglia, che tu le venga a traversar la strada,
bisogna al palafren che 'l passo studi; a ritenerla e farle far dimora,
che quanto può; menar de le calcagna, prima che più; lontana se ne vada!
colei lo caccia al bosco e alla campagna. Come l'avremo in potestate, allora
di chi esser de' si provi con la spada:
18 non so altrimenti, dopo un lungo affanno,

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che possa riuscirci altro che danno. - si messero ad arbitrio di fortuna,
Rinaldo a questa, il Saracino a quella.
21 Pel bosco Ferraù; molto s'avvolse,
Al pagan la proposta non dispiacque: e ritrovossi al fine onde si tolse.
così; fu differita la tenzone;
e tal tregua tra lor subito nacque, 24
sì; l'odio e l'ira va in oblivione, Pur si ritrova ancor su la rivera,
che 'l pagano al partir da le fresche acque là; dove l'elmo gli cascò; ne l'onde.
non lasciò; a piedi il buon figliuol d'Amone: Poi che la donna ritrovar non spera,
con preghi invita, ed al fin toglie in groppa, per aver l'elmo che 'l fiume gli asconde,
e per l'orme d'Angelica galoppa. in quella parte onde caduto gli era
discende ne l'estreme umide sponde:
22 ma quello era sì; fitto ne la sabbia,
Oh gran bontà; de' cavallieri antiqui! che molto avrà; da far prima che l'abbia.
Eran rivali, eran di fé; diversi,
e si sentian degli aspri colpi iniqui 25
per tutta la persona anco dolersi; Con un gran ramo d'albero rimondo,
e pur per selve oscure e calli obliqui di ch'avea fatto una pertica lunga,
insieme van senza sospetto aversi. tenta il fiume e ricerca sino al fondo,
Da quattro sproni il destrier punto arriva né; loco lascia ove non batta e punga.
ove una strada in due si dipartiva. Mentre con la maggior stizza del mondo
tanto l'indugio suo quivi prolunga,
23 vede di mezzo il fiume un cavalliero
E come quei che non sapean se l'una insino al petto uscir, d'aspetto fiero.
o l'altra via facesse la donzella
(però; che senza differenza alcuna 26
apparia in amendue l'orma novella), Era, fuor che la testa, tutto armato,

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ed avea un elmo ne la destra mano:
avea il medesimo elmo che cercato 29
da Ferraù; fu lungamente invano. All'apparir che fece all'improvviso
A Ferraù; parlò; come adirato, de l'acqua l'ombra, ogni pelo arricciossi,
e disse: - Ah mancator di fé;, marano! e scolorossi al Saracino il viso;
perché; di lasciar l'elmo anche t'aggrevi, la voce, ch'era per uscir, fermossi.
che render già; gran tempo mi dovevi? Udendo poi da l'Argalia, ch'ucciso
quivi avea già; (che l'Argalia nomossi)
27 la rotta fede così; improverarse,
Ricordati, pagan, quando uccidesti di scorno e d'ira dentro e di fuor arse.
d'Angelica il fratel (che son quell'io),
dietro all'altr'arme tu mi promettesti 30
gittar fra pochi dì; l'elmo nel rio. Né; tempo avendo a pensar altra scusa,
Or se Fortuna (quel che non volesti e conoscendo ben che 'l ver gli disse,
far tu) pone ad effetto il voler mio, restò; senza risposta a bocca chiusa;
non ti turbare; e se turbar ti dé;i, ma la vergogna il cor sì; gli trafisse,
turbati che di fé; mancato sei. che giurò; per la vita di Lanfusa
non voler mai ch'altro elmo lo coprisse,
28 se non quel buono che già; in Aspramonte
Ma se desir pur hai d'un elmo fino, trasse dal capo Orlando al fiero Almonte.
trovane un altro, ed abbil con più; onore;
un tal ne porta Orlando paladino, 31
un tal Rinaldo, e forse anco migliore: E servò; meglio questo giuramento,
l'un fu d'Almonte, e l'altro di Mambrino: che non avea quell'altro fatto prima.
acquista un di quei dui col tuo valore; Quindi si parte tanto malcontento,
e questo, ch'hai già; di lasciarmi detto, che molti giorni poi si rode e lima.
farai bene a lasciarmi con effetto. - Sol di cercare è; il paladino intento

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di qua di là;, dove trovarlo stima. alla madre veduta abbia la gola
Altra ventura al buon Rinaldo accade, stringer dal pardo, o aprirle 'l fianco o 'l petto,
che da costui tenea diverse strade. di selva in selva dal crudel s'invola,
e di paura trema e di sospetto:
32 ad ogni sterpo che passando tocca,
Non molto va Rinaldo, che si vede esser si crede all'empia fera in bocca.
saltare inanzi il suo destrier feroce:
- Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede! 35
che l'esser senza te troppo mi nuoce. - Quel dì; e la notte a mezzo l'altro giorno
Per questo il destrier sordo, a lui non riede s'andò; aggirando, e non sapeva dove.
anzi più; se ne va sempre veloce. Trovossi al fin in un boschetto adorno,
Segue Rinaldo, e d'ira si distrugge: che lievemente la fresca aura muove.
ma seguitiamo Angelica che fugge. Duo chiari rivi, mormorando intorno,
sempre l'erbe vi fan tenere e nuove;
33 e rendea ad ascoltar dolce concento,
Fugge tra selve spaventose e scure, rotto tra picciol sassi, il correr lento.
per lochi inabitati, ermi e selvaggi.
Il mover de le frondi e di verzure, 36
che di cerri sentia, d'olmi e di faggi, Quivi parendo a lei d'esser sicura
fatto le avea con subite paure e lontana a Rinaldo mille miglia,
trovar di qua di là; strani viaggi; da la via stanca e da l'estiva arsura,
ch'ad ogni ombra veduta o in monte o in valle, di riposare alquanto si consiglia:
temea Rinaldo aver sempre alle spalle. tra' fiori smonta, e lascia alla pastura
andare il palafren senza la briglia;
34 e quel va errando intorno alle chiare onde,
Qual pargoletta o damma o capriuola, che di fresca erba avean piene le sponde.
che tra le fronde del natio boschetto

7
37 e in un suo gran pensier tanto penè;tra,
Ecco non lungi un bel cespuglio vede che par cangiato in insensibil pietra.
di prun fioriti e di vermiglie rose,
che de le liquide onde al specchio siede, 40
chiuso dal sol fra l'alte querce ombrose; Pensoso più; d'un'ora a capo basso
così; voto nel mezzo, che concede stette, Signore, il cavallier dolente;
fresca stanza fra l'ombre più; nascose: poi cominciò; con suono afflitto e lasso
e la foglia coi rami in modo è; mista, a lamentarsi sì; soavemente,
che 'l sol non v'entra, non che minor vista. ch'avrebbe di pietà; spezzato un sasso,
una tigre crudel fatta clemente.
38 Sospirante piangea, tal ch'un ruscello
Dentro letto vi fan tenere erbette, parean le guance, e 'l petto un Mongibello.
ch'invitano a posar chi s'appresenta.
La bella donna in mezzo a quel si mette, 41
ivi si corca ed ivi s'addormenta. - Pensier (dicea) che 'l cor m'agghiacci ed ardi,
Ma non per lungo spazio così; stette, e causi il duol che sempre il rode e lima,
che un calpestio le par che venir senta: che debbo far, poi ch'io son giunto tardi,
cheta si leva e appresso alla riviera e ch'altri a corre il frutto è; andato prima?
vede ch'armato un cavallier giunt'era. a pena avuto io n'ho parole e sguardi,
ed altri n'ha tutta la spoglia opima.
39 Se non ne tocca a me frutto né; fiore,
Se gli è; amico o nemico non comprende: perché; affligger per lei mi vuo' più; il core?
tema e speranza il dubbio cor le scuote;
e di quella aventura il fine attende, 42
né; pur d'un sol sospir l'aria percuote. La verginella è; simile alla rosa,
Il cavalliero in riva al fiume scende ch'in bel giardin su la nativa spina
sopra l'un braccio a riposar le gote; mentre sola e sicura si riposa,

8
né; gregge né; pastor se le avvicina; Se mi domanda alcun chi costui sia,
l'aura soave e l'alba rugiadosa, che versa sopra il rio lacrime tante,
l'acqua, la terra al suo favor s'inchina: io dirò; ch'egli è; il re di Circassia,
gioveni vaghi e donne inamorate quel d'amor travagliato Sacripante;
amano averne e seni e tempie ornate. io dirò; ancor, che di sua pena ria
sia prima e sola causa essere amante,
43 è; pur un degli amanti di costei:
Ma non sì; tosto dal materno stelo e ben riconosciuto fu da lei.
rimossa viene e dal suo ceppo verde,
che quanto avea dagli uomini e dal cielo 46
favor, grazia e bellezza, tutto perde. Appresso ove il sol cade, per suo amore
La vergine che 'l fior, di che più; zelo venuto era dal capo d'Oriente;
che de' begli occhi e de la vita aver de', che seppe in India con suo gran dolore,
lascia altrui corre, il pregio ch'avea inanti come ella Orlando sequitò; in Ponente:
perde nel cor di tutti gli altri amanti. poi seppe in Francia che l'imperatore
sequestrata l'avea da l'altra gente,
44 per darla all'un de' duo che contra il Moro
Sia Vile agli altri, e da quel solo amata più; quel giorno aiutasse i Gigli d'oro.
a cui di sé; fece sì; larga copia.
Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata! 47
trionfan gli altri, e ne moro io d'inopia. Stato era in campo, e inteso avea di quella
Dunque esser può; che non mi sia più; grata? rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo:
dunque io posso lasciar mia vita propia? cercò; vestigio d'Angelica bella,
Ah più; tosto oggi manchino i dì; miei, né; potuto avea ancora ritrovarlo.
ch'io viva più;, s'amar non debbo lei! - Questa è; dunque la trista e ria novella
che d'amorosa doglia fa penarlo,
45 affligger, lamentare, e dir parole

9
che di pietà; potrian fermare il sole. Se questa occasione or se l'invola,
non troverà; mai più; scorta sì; fida;
48 ch'a lunga prova conosciuto inante
Mentre costui così; s'affligge e duole, s'avea quel re fedel sopra ogni amante.
e fa degli occhi suoi tepida fonte,
e dice queste e molte altre parole, 51
che non mi par bisogno esser racconte; Ma non però; disegna de l'affanno
l'aventurosa sua fortuna vuole che lo distrugge alleggierir chi l'ama,
ch'alle orecchie d'Angelica sian conte: e ristorar d'ogni passato danno
e così; quel ne viene a un'ora, a un punto, con quel piacer ch'ogni amator più; brama:
ch'in mille anni o mai più; non è; raggiunto. ma alcuna fizione, alcuno inganno
di tenerlo in speranza ordisce e trama;
49 tanto ch'a quel bisogno se ne serva,
Con molta attenzion la bella donna poi torni all'uso suo dura e proterva.
al pianto, alle parole, al modo attende
di colui ch'in amarla non assonna; 52
né; questo è; il primo dì; ch'ella l'intende: E fuor di quel cespuglio oscuro e cieco
ma dura e fredda più; d'una colonna, fa di sé; bella ed improvvisa mostra,
ad averne pietà; non però; scende, come di selva o fuor d'ombroso speco
come colei c'ha tutto il mondo a sdegno, Diana in scena o Citerea si mostra;
e non le par ch'alcun sia di lei degno. e dice all'apparir: - Pace sia teco;
teco difenda Dio la fama nostra,
50 e non comporti, contra ogni ragione,
Pur tra quei boschi il ritrovarsi sola ch'abbi di me sì; falsa opinione. -
le fa pensar di tor costui per guida;
che chi ne l'acqua sta fin alla gola 53
ben è; ostinato se mercé; non grida. Non mai con tanto gaudio o stupor tanto

10
levò; gli occhi al figliuolo alcuna madre,
ch'avea per morto sospirato e pianto, 56
poi che senza esso udì; tornar le squadre; Forse era ver, ma non però; credibile
con quanto gaudio il Saracin, con quanto a chi del senso suo fosse signore;
stupor l'alta presenza e le leggiadre ma parve facilmente a lui possibile,
maniere, e il vero angelico sembiante, ch'era perduto in via più; grave errore.
improviso apparir si vide inante. Quel che l'uom vede, Amor gli fa invisibiIe,
e l'invisibil fa vedere Amore.
54 Questo creduto fu; che 'l miser suole
Pieno di dolce e d'amoroso affetto, dar facile credenza a quel che vuole.
alla sua donna, alla sua diva corse,
che con le braccia al collo il tenne stretto, 57
quel ch'al Catai non avria fatto forse. - Se mal si seppe il cavallier d'Anglante
Al patrio regno, al suo natio ricetto, pigliar per sua sciocchezza il tempo buono,
seco avendo costui, l'animo torse: il danno se ne avrà;; che da qui inante
subito in lei s'avviva la speranza nol chiamerà; Fortuna a sì; gran dono
di tosto riveder sua ricca stanza. (tra sé; tacito parla Sacripante):
ma io per imitarlo già; non sono,
55 che lasci tanto ben che m'è; concesso,
Ella gli rende conto pienamente e ch'a doler poi m'abbia di me stesso.
dal giorno che mandato fu da lei
a domandar soccorso in Oriente 58
al re de' Sericani e Nabatei; Corrò; la fresca e matutina rosa,
e come Orlando la guardò; sovente che, tardando, stagion perder potria.
da morte, da disnor, da casi rei: So ben ch'a donna non si può; far cosa
e che 'l fior virginal così; avea salvo, che più; soave e più; piacevol sia,
come se lo portò; del materno alvo. ancor che se ne mostri disdegnosa,

11
e talor mesta e flebil se ne stia: Quel che di lui non stimo già; che vaglia
non starò; per repulsa o finto sdegno, un grano meno, e ne fa paragone,
ch'io non adombri e incarni il mio disegno. - l'orgogliose minacce a mezzo taglia,
sprona a un tempo, e la lancia in resta pone.
59 Sacripante ritorna con tempesta,
Così; dice egli; e mentre s'apparecchia e corronsi a ferir testa per testa.
al dolce assalto, un gran rumor che suona
dal vicin bosco gl'intruona l'orecchia, 62
sì; che mal grado l'impresa abbandona: Non si vanno i leoni o i tori in salto
e si pon l'elmo (ch'avea usanza vecchia a dar di petto, ad accozzar sì; crudi,
di portar sempre armata la persona), sì; come i duo guerrieri al fiero assalto,
viene al destriero e gli ripon la briglia, che parimente si passar li scudi.
rimonta in sella e la sua lancia piglia. Fe' lo scontro tremar dal basso all'alto
l'erbose valli insino ai poggi ignudi;
60 e ben giovò; che fur buoni e perfetti
Ecco pel bosco un cavallier venire, gli osberghi sì;, che lor salvaro i petti.
il cui sembiante è; d'uom gagliardo e fiero:
candido come nieve è; il suo vestire, 63
un bianco pennoncello ha per cimiero. Già; non fero i cavalli un correr torto,
Re Sacripante, che non può; patire anzi cozzaro a guisa di montoni:
che quel con l'importuno suo sentiero quel del guerrier pagan morì; di corto,
gli abbia interrotto il gran piacer ch'avea, ch'era vivendo in numero de' buoni:
con vista il guarda disdegnosa e rea. quell'altro cadde ancor, ma fu risorto
tosto ch'al fianco si sentì; gli sproni.
61 Quel del re saracin restò; disteso
Come è; più; appresso, lo sfida a battaglia; adosso al suo signor con tutto il peso.
che crede ben fargli votar l'arcione.

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64 Muto restava, mi cred'io, se quella
L'incognito campion che restò; ritto, non gli rendea la voce e la favella.
e vide l'altro col cavallo in terra,
stimando avere assai di quel conflitto, 67
non si curò; di rinovar la guerra; - Deh! (diss'ella) signor, non vi rincresca!
ma dove per la selva è; il camin dritto, che del cader non è; la colpa vostra,
correndo a tutta briglia si disserra; ma del cavallo, a cui riposo ed esca
e prima che di briga esca il pagano, meglio si convenia che nuova giostra.
un miglio o poco meno è; già; lontano. Né; perciò; quel guerrier sua gloria accresca
che d'esser stato il perditor dimostra:
65 così;, per quel ch'io me ne sappia, stimo,
Qual istordito e stupido aratore, quando a lasciare il campo è; stato primo. -
poi ch'è; passato il fulmine, si leva
di là; dove l'altissimo fragore 68
appresso ai morti buoi steso l'aveva; Mentre costei conforta il Saracino,
che mira senza fronde e senza onore ecco col corno e con la tasca al fianco,
il pin che di lontan veder soleva: galoppando venir sopra un ronzino
tal si levò; il pagano a piè; rimaso, un messagger che parea afflitto e stanco;
Angelica presente al duro caso. che come a Sacripante fu vicino,
gli domandò; se con un scudo bianco
66 e con un bianco pennoncello in testa
Sospira e geme, non perché; l'annoi vide un guerrier passar per la foresta.
che piede o braccio s'abbi rotto o mosso,
ma per vergogna sola, onde a' dì; suoi 69
né; pria né; dopo il viso ebbe sì; rosso: Rispose Sacripante: - Come vedi,
e più;, ch'oltre il cader, sua donna poi m'ha qui abbattuto, e se ne parte or ora;
fu che gli tolse il gran peso d'adosso. e perch'io sappia chi m'ha messo a piedi,

13
fa che per nome io lo conosca ancora. - Non furo iti due miglia, che sonare
Ed egli a lui: - Di quel che tu mi chiedi odon la selva che li cinge intorno,
io ti satisfarò; senza dimora: con tal rumore e strepito, che pare
tu dei saper che ti levò; di sella che triemi la foresta d'ogn'intorno;
l'alto valor d'una gentil donzella. e poco dopo un gran destrier n'appare,
d'oro guernito e riccamente adorno,
70 che salta macchie e rivi, ed a fracasso
Ella è; gagliarda ed è; più; bella molto; arbori mena e ciò; che vieta il passo.
né; il suo famoso nome anco t'ascondo:
fu Bradamante quella che t'ha tolto 73
quanto onor mai tu guadagnasti al mondo. - - Se l'intricati rami e l'aer fosco,
Poi ch'ebbe così; detto, a freno sciolto (disse la donna) agli occhi non contende,
il Saracin lasciò; poco giocondo, Baiardo è; quel destrier ch'in mezzo il bosco
che non sa che si dica o che si faccia, con tal rumor la chiusa via si fende.
tutto avvampato di vergogna in faccia. Questo è; certo Baiardo, io 'l riconosco:
deh, come ben nostro bisogno intende!
71 ch'un sol ronzin per dui saria mal atto,
Poi che gran pezzo al caso intervenuto e ne viene egli a satisfarci ratto. -
ebbe pensato invano, e finalmente
si trovò; da una femina abbattuto, 74
che pensandovi più;, più; dolor sente; Smonta il Circasso ed al destrier s'accosta,
montò; l'altro destrier, tacito e muto: e si pensava dar di mano al freno.
e senza far parola, chetamente Colle groppe il destrier gli fa risposta,
tolse Angelica in groppa, e differilla che fu presto al girar come un baleno;
a più; lieto uso, a stanza più; tranquilla. ma non arriva dove i calci apposta:
misero il cavallier se giungea a pieno!
72 che nei calci tal possa avea il cavallo,

14
ch'avria spezzato un monte di metallo. Più; che sua vita l'ama egli e desira;
l'odia e fugge ella più; che gru falcone.
75 Già; fu ch'esso odiò; lei più; che la morte;
Indi va mansueto alla donzella, ella amò; lui: or han cangiato sorte.
con umile sembiante e gesto umano,
come intorno al padrone il can saltella, 78
che sia duo giorni o tre stato lontano. E questo hanno causato due fontane
Baiardo ancora avea memoria d'ella, che di diverso effetto hanno liquore,
ch'in Albracca il servia già; di sua mano ambe in Ardenna, e non sono lontane:
nel tempo che da lei tanto era amato d'amoroso disio l'una empie il core;
Rinaldo, allor crudele, allor ingrato. chi bee de l'altra, senza amor rimane,
e volge tutto in ghiaccio il primo ardore.
76 Rinaldo gustò; d'una, e amor lo strugge;
Con la sinistra man prende la briglia, Angelica de l'altra, e l'odia e fugge.
con l'altra tocca e palpa il collo e 'l petto:
quel destrier, ch'avea ingegno a maraviglia, 79
a lei, come un agnel, si fa suggetto. Quel liquor di secreto venen misto,
Intanto Sacripante il tempo piglia: che muta in odio l'amorosa cura,
monta Baiardo e l'urta e lo tien stretto. fa che la donna che Rinaldo ha visto,
Del ronzin disgravato la donzella nei sereni occhi subito s'oscura;
lascia la groppa, e si ripone in sella. e con voce tremante e viso tristo
supplica Sacripante e lo scongiura
77 che quel guerrier più; appresso non attenda,
Poi rivolgendo a caso gli occhi, mira ma ch'insieme con lei la fuga prenda.
venir sonando d'arme un gran pedone.
Tutta s'avvampa di dispetto e d'ira, 80
che conosce il figliuol del duca Amone. - Son dunque (disse il Saracino), sono

15
dunque in sì; poco credito con vui, il discorde voler ch'in duo cor miri?
che mi stimiate inutile e non buono Gir non mi lasci al facil guado e chiaro,
da potervi difender da costui? e nel più; cieco e maggior fondo tiri:
Le battaglie d'Albracca già; vi sono da chi disia il mio amor tu mi richiami,
di mente uscite, e la notte ch'io fui e chi m'ha in odio vuoi ch'adori ed ami.
per la salute vostra, solo e nudo,
contra Agricane e tutto il campo, scudo? - 2
Fai ch'a Rinaldo Angelica par bella,
81 quando esso a lei brutto e spiacevol pare:
Non risponde ella, e non sa che si faccia, quando le parea bello e l'amava ella,
perché; Rinaldo ormai l'è; troppo appresso, egli odiò; lei quanto si può; più; odiare.
che da lontan al Saracin minaccia, Ora s'affligge indarno e si flagella;
come vide il cavallo e conobbe esso, così; renduto ben gli è; pare a pare:
e riconohbe l'angelica faccia ella l'ha in odio, e l'odio è; di tal sorte,
che l'amoroso incendio in cor gli ha messo. che piu tosto che lui vorria la morte.
Quel che seguì; tra questi duo superbi
vo' che per l'altro canto si riserbi. 3
Rinaldo al Saracin con molto orgoglio
gridò;: - Scendi, ladron, del mio cavallo!
Che mi sia tolto il mio, patir non soglio,
CANTO SECONDO ma ben fo, a chi lo vuol, caro costallo:
e levar questa donna anco ti voglio;
che sarebbe a lasciartela gran fallo.
1 Sì; perfetto destrier, donna sì; degna
Ingiustissimo Amor, perché; sì; raro a un ladron non mi par che si convegna. -
corrispondenti fai nostri desiri?
onde, perfido, avvien che t'è; sì; caro 4

16
- Tu te ne menti che ladrone io sia farlo a voluntà; sua muover mai passo.
(rispose il Saracin non meno altiero):
chi dicesse a te ladro, lo diria 7
(quanto io n'odo per fama) più; con vero. Quando crede cacciarlo, egli s'arresta;
La pruova or si vedrà;, chi di noi sia E se tener lo vuole, o corre o trotta:
più; degno de la donna e del destriero; poi sotto il petto si caccia la testa,
ben che, quanto a lei, teco io mi convegna giuoca di schiene, e mena calci in frotta.
che non è; cosa al mondo altra sì; degna. - Vedendo il Saracin ch'a domar questa
bestia superba era mal tempo allotta,
5 ferma le man sul primo arcione e s'alza,
Come soglion talor duo can mordenti, e dal sinistro fianco in piede sbalza.
o per invidia o per altro odio mossi,
avicinarsi digrignando i denti, 8
con occhi bieci e più; che bracia rossi; Sciolto che fu il pagan con leggier salto
indi a' morsi venir, di rabbia ardenti, da l'ostinata furia di Baiardo,
con aspri ringhi e ribuffati dossi: si vide cominciar ben degno assalto
così; alle spade e dai gridi e da l'onte d'un par di cavallier tanto gagliardo.
venne il Circasso e quel di Chiaramonte. Suona l'un brando e l'altro, or basso or alto:
il martel di Vulcano era più; tardo
6 ne la spelunca affumicata, dove
A piedi è; l'un, l'altro a cavallo: or quale battea all'incude i folgori di Giove.
credete ch'abbia il Saracin vantaggio?
Né; ve n'ha però; alcun; che così; vale 9
forse ancor men ch'uno inesperto paggio; Fanno or con lunghi, ora con finti e scarsi
che 'l destrier per istinto naturale colpi veder che mastri son del giuoco:
non volea fare al suo signore oltraggio: or li vedi ire altieri, or rannicchiarsi,
né; con man né; con spron potea il Circasso ora coprirsi, ora mostrarsi un poco,

17
ora crescer inanzi, ora ritrarsi, lo caccia per un aspro e stretto calle:
ribatter colpi e spesso lor dar loco, e spesso il viso smorto a dietro volta;
girarsi intorno; e donde l'uno cede, che le par che Rinaldo abbia alle spalle.
l'altro aver posto immantinente il piede. Fuggendo non avea fatto via molta,
che scontrò; un eremita in una valle,
10 ch'avea lunga la barba a mezzo il petto,
Ecco Rinaldo con la spada adosso devoto e venerabile d'aspetto.
a Sacripante tutto s'abbandona;
e quel porge lo scudo, ch'era d'osso, 13
con la piastra d'acciar temprata e buona. Dagli anni e dal digiuno attenuato,
Taglial Fusberta, ancor che molto grosso: sopra un lento asinel se ne veniva;
ne geme la foresta e ne risuona. e parea, più; ch'alcun fosse mai stato,
L'osso e l'acciar ne va che par di ghiaccio, di coscienza scrupolosa e schiva.
e lascia al Saracin stordito il braccio. Come egli vide il viso delicato
de la donzella che sopra gli arriva,
11 debil quantunque e mal gagliarda fosse,
Quando vide la timida donzella tutta per carità; se gli commosse.
dal fiero colpo uscir tanta ruina,
per gran timor cangiò; la faccia bella, 14
qual il reo ch'al supplicio s'avvicina; La donna al fraticel chiede la via
né; le par che vi sia da tardar, s'ella che la conduca ad un porto di mare,
non vuol di quel Rinaldo esser rapina, perché; levar di Francia si vorria,
di quel Rinaldo ch'ella tanto odiava, per non udir Rinaldo nominare.
quanto esso lei miseramente amava. Il frate, che sapea negromanzia,
non cessa la donzella confortare
12 che presto la trarrà; d'ogni periglio;
Volta il cavallo, e ne la selva folta ed ad una sua tasca diè; di piglio.

18
non son più; lungi, a seguir lor vestigi;
15 che s'in Parigi Orlando la può; avere,
Trassene un libro, e mostrò; grande effetto; non ve la lascia mai più; rivedere. -
che legger non finì; la prima faccia,
ch'uscir fa un spirto in forma di valletto, 18
e gli commanda quanto vuol ch'el faccia. Veduto avreste i cavallier turbarsi
Quel se ne va, da la scrittura astretto, a quel annunzio, e mesti e sbigottiti,
dove i dui cavallieri a faccia a faccia senza occhi e senza mente nominarsi,
eran nel bosco, e non stavano al rezzo; che gli avesse il rival così; scherniti;
fra' quali entrò; con grande audacia in mezzo. ma il buon Rinaldo al suo cavallo trarsi
con sospir che parean del fuoco usciti,
16 e giurar per isdegno e per furore,
- Per cortesia (disse), un di voi mi mostre, se giungea Orlando, di cavargli il core.
quando anco uccida l'altro, che gli vaglia:
che merto avrete alle fatiche vostre, 19
finita che tra voi sia la battaglia, E dove aspetta il suo Baiardo, passa,
se 'l conte Orlando, senza liti o giostre, e sopra vi si lancia, e via galoppa,
e senza pur aver rotta una maglia, né; al cavallier, ch'a piè; nel bosco lassa,
verso Parigi mena la donzella pur dice a Dio, non che lo 'nviti in groppa.
che v'ha condotti a questa pugna fella? L'animoso cavallo urta e fracassa,
punto dal suo signor, ciò; ch'egli 'ntoppa:
17 non ponno fosse o fiumi o sassi o spine
Vicino un miglio ho ritrovato Orlando far che dal corso il corridor decline.
che ne va con Angelica a Parigi,
di voi ridendo insieme, e motteggiando 20
che senza frutto alcun siate in litigi. Signor, non voglio che vi paia strano
Il meglio forse vi sarebbe, or quando se Rinaldo or sì; tosto il destrier piglia,

19
che già; più; giorni ha seguitato invano, 23
né; gli ha possuto mai toccar la briglia. Ora al demonio che mostrò; a Rinaldo
Fece il destrier, ch'avea intelletto umano, de la donzella li falsi vestigi,
non per vizio seguirsi tante miglia, credette Baiardo anco, e stette saldo
ma per guidar dove la donna giva, e mansueto ai soliti servigi.
il suo signor, da chi bramar l'udiva. Rinaldo il caccia, d'ira e d'amor caldo,
a tutta briglia, e sempre invêr Parigi;
21 e vola tanto col disio, che lento,
Quando ella si fuggì; dal padiglione, non ch'un destrier, ma gli parrebbe il vento.
la vide ed appostolla il buon destriero,
che si trovava aver voto l'arcione, 24
però; che n'era sceso il cavalliero La notte a pena di seguir rimane,
per combatter di par con un barone, per affrontarsi col signor d'Anglante:
che men di lui non era in arme fiero; tanto ha creduto alle parole vane
poi ne seguitò; l'orme di lontano, del messagger del cauto negromante.
bramoso porla al suo signore in mano. Non cessa cavalcar sera e dimane,
che si vede apparir la terra avante,
22 dove re Carlo, rotto e mal condutto,
Bramoso di ritrarlo ove fosse ella, con le reliquie sue s'era ridutto:
per la gran selva inanzi se gli messe;
né; lo volea lasciar montare in sella, 25
perché; ad altro camin non lo volgesse. e perché; dal re d'Africa battaglia
Per lui trovò; Rinaldo la donzella ed assedio s'aspetta, usa gran cura
una e due volte, e mai non gli successe; a raccor buona gente e vettovaglia,
che fu da Ferraù; prima impedito, far cavamenti e riparar le mura.
poi dal Circasso, come avete udito. Ciò; ch'a difesa spera che gli vaglia,
senza gran diferir, tutto procura:

20
pensa mandare in Inghilterra, e trarne e gran procella minacciar parea.
gente onde possa un novo campo farne: Il Vento si sdegnò;, che da l'altiero
sprezzar si vide; e con tempesta rea
26 sollevò; il mar intorno, e con tal rabbia,
che vuole uscir di nuovo alla campagna, che gli mandò; a bagnar sino alla gabbia.
e ritentar la sorte de la guerra.
Spaccia Rinaldo subito in Bretagna, 29
Bretagna che fu poi detta Inghilterra. Calano tosto i marinari accorti
Ben de l'andata il paladin si lagna: le maggior vele, e pensano dar volta,
non ch'abbia così; in odio quella terra; e ritornar ne li medesmi porti
ma perché; Carlo il manda allora allora, donde in mal punto avean la nave sciolta.
né; pur lo lascia un giorno far dimora. - Non convien (dice il Vento) ch'io comporti
tanta licenza che v'avete tolta; -
27 e soffia e grida e naufragio minaccia,
Rinaldo mai di ciò; non fece meno s'altrove van, che dove egli li caccia.
volentier cosa; poi che fu distolto
di gir cercando il bel viso sereno 30
che gli avea il cor di mezzo il petto tolto: Or a poppa, or all'orza hann'il crudele,
ma, per ubidir Carlo, nondimeno che mai non cessa, e vien più; ognor crescendo:
a quella via si fu subito volto, essi di qua di là; con umil vele
ed a Calesse in poche ore trovossi; vansi aggirando, e l'alto mar scorrendo.
e giunto, il dì; medesimo imbarcossi. Ma perché; varie fila a varie tele
uopo mi son, che tutte ordire intendo,
28 lascio Rinaldo e l'agitata prua,
Contra la voluntà; d'ogni nocchiero, e torno a dir di Bradamante sua.
pel gran desir che di tornare avea,
entrò; nel mar ch'era turbato e fiero, 31

21
Io parlo di quella inclita donzella, tanto che giunse ad una bella fonte.
per cui re Sacripante in terra giacque,
che di questo signor degna sorella, 34
del duca Amone e di Beatrice nacque. La fonte discorrea per mezzo un prato,
La gran possanza e il molto ardir di quella d'arbori antiqui e di bell'ombre adorno,
non meno a Carlo e a tutta Francia piacque Ch'i viandanti col mormorio grato
(che più; d'un paragon ne vide saldo), a ber invita e a far seco soggiorno:
che 'l lodato valor del buon Rinaldo. un culto monticel dal manco lato
le difende il calor del mezzo giorno.
32 Quivi, come i begli occhi prima torse,
La donna amata fu da un cavalliero d'un cavallier la giovane s'accorse;
che d'Africa passò; col re Agramante,
che partorì; del seme di Ruggiero 35
la disperata figlia di Agolante: d'un cavallier, ch'all'ombra d'un boschetto,
e costei, che né; d'orso né; di fiero nel margin verde e bianco e rosso e giallo
leone uscì;, non sdegnò; tal amante; sedea pensoso, tacito e soletto
ben che concesso, fuor che vedersi una sopra quel chiaro e liquido cristallo.
volta e parlarsi, non ha lor Fortuna. Lo scudo non lontan pende e l'elmetto
dal faggio, ove legato era il cavallo;
33 ed avea gli occhi molli e 'l viso basso,
Quindi cercando Bradamante gì;a e si mostrava addolorato e lasso.
l'amante suo, ch'avea nome dal padre,
così; sicura senza compagnia, 36
come avesse in sua guardia mille squadre: Questo disir, ch'a tutti sta nel core,
e fatto ch'ebbe al re di Circassia de' fatti altrui sempre cercar novella,
battere il volto dell'antiqua madre, fece a quel cavallier del suo dolore
traversò; un bosco, e dopo il bosco un monte, la cagion domandar da la donzella.

22
Egli l'aperse e tutta mostrò; fuore, il misero pulcin presso alla chioccia,
dal cortese parlar mosso di quella, che di sua inavvertenza poi si duole,
e dal sembiante altier, ch'al primo sguardo e invan gli grida, e invan dietro gli croccia.
gli sembrò; di guerrier molto gagliardo. Io non posso seguir un uom che vole,
chiuso tra' monti, a piè; d'un'erta roccia:
37 stanco ho il destrier, che muta a pena i passi
E cominciò;: - Signor, io conducea ne l'aspre vie de' faticosi sassi.
pedoni e cavallieri, e venì;a in campo
là; dove Carlo Marsilio attendea, 40
perch'al scender del monte avesse inciampo; Ma, come quel che men curato avrei
e una giovane bella meco avea, vedermi trar di mezzo il petto il core,
del cui fervido amor nel petto avampo: lasciai lor via seguir quegli altri miei,
e ritrovai presso a Rodonna armato senza mia guida e senza alcun rettore:
un che frenava un gran destriero alato. per li scoscesi poggi e manco rei
presi la via che mi mostrava Amore,
38 e dove mi parea che quel rapace
Tosto che 'l ladro, o sia mortale, o sia portassi il mio conforto e la mia pace.
una de l'infernali anime orrende,
vede la bella e cara donna mia; 41
come falcon che per ferir discende, Sei giorni me n'andai matina e sera
cala e poggia in un atimo, e tra via per balze e per pendici orride e strane,
getta le mani, e lei smarrita prende. dove non via, dove sentier non era,
Ancor non m'era accorto de l'assalto, dove né; segno di vestigie umane;
che de la donna io senti' il grido in alto. poi giunsi in una valle inculta e fiera,
di ripe cinta e spaventose tane,
39 che nel mezzo s'un sasso avea un castello
Così; il rapace nibio furar suole forte e ben posto, a maraviglia bello.

23
poi che l'ali non ha da gir là; suso.
42 Erto è; quel sasso sì;, tale è; il castello,
Da lungi par che come fiamma lustri, che non vi può; salir chi non è; augello.
né; sia di terra cotta, né; di marmi.
Come più; m'avicino ai muri illustri, 45
l'opra più; bella e più; mirabil parmi. Mentre io tardava quivi, ecco venire
E seppi poi, come i demoni industri, duo cavallier ch'avean per guida un nano,
da suffumigi tratti e sacri carmi, che la speranza aggiunsero al desire;
tutto d'acciaio avean cinto il bel loco, ma ben fu la speranza e il desir vano.
temprato all'onda ed allo stigio foco. Ambi erano guerrier di sommo ardire:
era Gradasso l'un, re sericano;
43 era l'altro Ruggier, giovene forte,
Di sì; forbito acciar luce ogni torre, pregiato assai ne l'africana corte.
che non vi può; né; ruggine né; macchia.
Tutto il paese giorno e notte scorre, 46
E poi là; dentro il rio ladron s'immacchia. - Vengon (mi disse il nano) per far pruova
Cosa non ha ripar che voglia torre: di lor virtù; col sir di quel castello,
sol dietro invan se li bestemia e gracchia. che per via strana, inusitata e nuova
Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene, cavalca armato il quadrupede augello. -
che di mai ricovrar lascio ogni spene. - Deh, signor (diss'io lor), pietà; vi muova
del duro caso mio spietato e fello!
44 Quando, come ho speranza, voi vinciate,
Ah lasso! che poss'io più; che mirare vi prego la mia donna mi rendiate. -
la rocca lungi, ove il mio ben m'è; chiuso?
come la volpe, che 'l figlio gridare 47
nel nido oda de l'aquila di giuso, E come mi fu tolta lor narrai,
s'aggira intorno, e non sa che si fare, con lacrime affermando il dolor mio.

24
Quei, lor mercé;, mi proferiro assai, 50
e giù; calaro il poggio alpestre e rio. Quando gli parve poi, volse il destriero,
Di lontan la battaglia io riguardai, che chiuse i vanni e venne a terra a piombo,
pregando per la lor vittoria Dio. come casca dal ciel falcon maniero
Era sotto il castel tanto di piano, che levar veggia l'anitra o il colombo.
quanto in due volte si può; trar con mano. Con la lancia arrestata il cavalliero
l'aria fendendo vien d'orribil rombo.
48 Gradasso a pena del calar s'avede,
Poi che fur giunti a piè; de l'alta rocca, che se lo sente addosso e che lo fiede.
l'uno e l' altro volea combatter prima;
pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca, 51
o pur che non ne fe' Ruggier più; stima. Sopra Gradasso il mago l'asta roppe;
Quel Serican si pone il corno a bocca: ferì; Gradasso il vento e l'aria vana:
rimbomba il sasso e la fortezza in cima. per questo il volator non interroppe
Ecco apparire il cavalliero armato il batter l'ale, e quindi s'allontana.
fuor de la porta, e sul cavallo alato. Il grave scontro fa chinar le groppe
sul verde prato alla gagliarda alfana.
49 Gradasso avea una alfana, la più; bella
Cominciò; a poco a poco indi a levarse, e la miglior che mai portasse sella.
come suol far la peregrina grue,
che corre prima, e poi vediamo alzarse 52
alla terra vicina un braccio o due; Sin alle stelle il volator trascorse;
e quando tutte sono all'aria sparse, indi girossi e tornò; in fretta al basso,
velocissime mostra l'ale sue. e percosse Ruggier che non s'accorse,
Sì; ad alto il negromante batte l'ale, Ruggier che tutto intento era a Gradasso.
ch'a tanta altezza a pena aquila sale. Ruggier del grave colpo si distorse,
e 'l suo destrier più; rinculò; d'un passo;

25
e quando si voltò; per lui ferire, di tenerlo nascosto in quella veste;
da sé; lontano il vide al ciel salire. ch'immantinente che lo mostra aperto,
forza è;, ch'il mira, abbarbagliato reste,
53 e cada come corpo morto cade,
Or su Gradasso, or su Ruggier percote e venga al negromante in potestade.
ne la fronte, nel petto e ne la schiena,
e le botte di quei lascia ognor vote, 56
perché; è; sì; presto, che si vede a pena. Splende lo scudo a guisa di piropo,
Girando va con spaziose rote, e luce altra non è; tanto lucente.
e quando all'uno accenna, all'altro mena: Cadere in terra allo splendor fu d'uopo
all'uno e all'altro sì; gli occhi abbarbaglia, con gli occhi abbacinati, e senza mente.
che non ponno veder donde gli assaglia. Perdei da lungi anch'io li sensi, e dopo
gran spazio mi riebbi finalmente;
54 né; più; i guerrier né; più; vidi quel nano,
Fra duo guerrieri in terra ed uno in cielo ma vò;to il campo, e scuro il monte e il piano.
la battaglia durò; sino a quella ora,
che spiegando pel mondo oscuro velo, 57
tutte le belle cose discolora. Pensai per questo che l'incantatore
Fu quel ch'io dico, e non v'aggiungo un pelo: avesse amendui colti a un tratto insieme,
io 'l vidi, i' 'l so: né; m'assicuro ancora e tolto per virtù; de lo splendore
di dirlo altrui; che questa maraviglia la libertade a loro, e a me la speme.
al falso più; ch'al ver si rassimiglia. Così; a quel loco, che chiudea il mio core,
dissi, partendo, le parole estreme.
55 Or giudicate s'altra pena ria,
D'un bel drappo di seta avea coperto che causi Amor, può; pareggiar la mia. -
lo scudo in braccio il cavallier celeste.
Come avesse, non so, tanto sofferto 58

26
Ritornò; il cavallier nel primo duolo, se fortuna non m'è; troppo nemica. -
fatta che n'ebbe la cagion palese.
Questo era il conte Pinabel, figliuolo 61
d'Anselmo d'Altaripa, maganzese; Rispose il cavallier: - Tu vò;i ch'io passi
che tra sua gente scelerata, solo di nuovo i monti, e mostriti la via?
leale esser non volse né; cortese, A me molto non è; perdere i passi,
ma ne li vizi abominandi e brutti perduta avendo ogni altra cosa mia;
non pur gli altri adeguò;, ma passò; tutti. ma tu per balze e ruinosi sassi
cerchi entrar in pregione; e così; sia.
59 Non hai di che dolerti di me, poi
La bella donna con diverso aspetto ch'io tel predico, e tu pur gir vi vò;i. -
stette ascoltando il Maganzese cheta;
che come prima di Ruggier fu detto, 62
nel viso si mostrò; più; che mai lieta: Così; dice egli, e torna al suo destriero,
ma quando sentì; poi ch'era in distretto, e di quella animosa si fa guida,
turbossi tutta d'amorosa pieta; che si mette a periglio per Ruggiero,
né; per una o due volte contentosse che la pigli quel mago o che la ancida.
che ritornato a replicar le fosse. In questo, ecco alle spalle il messaggero,
ch': - Aspetta, aspetta! - a tutta voce grida,
60 il messagger da chi il Circasso intese
E poi ch'al fin le parve esserne chiara, che costei fu ch'all'erba lo distese.
gli disse: - Cavallier, datti riposo,
che ben può; la mia giunta esserti cara, 63
parerti questo giorno aventuroso. A Bradamante il messagger novella
Andiam pur tosto a quella stanza avara, di Mompolier e di Narbona porta,
che sì; ricco tesor ci tiene ascoso; ch'alzato gli stendardi di Castella
né; spesa sarà; invan questa fatica, avean, con tutto il lito d'Acquamorta;

27
e che Marsilia, non v'essendo quella parve contento rimanere e cheto.
che la dovea guardar, mal si conforta, Indi girò; la briglia al suo viaggio,
e consiglio e soccorso le domanda con Pinabel che non ne parve lieto;
per questo messo, e se le raccomanda. che seppe esser costei di quel lignaggio
che tanto ha in odio in publico e in secreto:
64 e già; s'avisa le future angosce,
Questa cittade, e intorno a molte miglia se lui per maganzese ella conosce.
ciò; che fra Varo e Rodano al mar siede,
avea l'imperator dato alla figlia 67
del duca Amon, in ch'avea speme e fede; Tra casa di Maganza e di Chiarmonte
però; che 'l suo valor con maraviglia era odio antico e inimicizia intensa;
riguardar suol, quando armeggiar la vede. e più; volte s'avean rotta la fronte,
Or, com'io dico, a domandar aiuto e sparso di lor sangue copia immensa:
quel messo da Marsilia era venuto. e però; nel suo cor l'iniquo conte
tradir l'incauta giovane si pensa;
65 o, come prima commodo gli accada,
Tra sì; e no la giovane suspesa, lasciarla sola, e trovar altra strada.
di voler ritornar dubita un poco:
quinci l'onore e il debito le pesa, 68
quindi l'incalza l'amoroso foco. E tanto gli occupò; la fantasia
Fermasi al fin di seguitar l'impresa, il nativo odio, il dubbio e la paura,
e trar Ruggier de l'incantato loco; ch'inavedutamente uscì; di via:
e quando sua virtù; non possa tanto, e ritrovossi in una selva oscura,
almen restargli prigioniera a canto. che nel mezzo avea un monte che finia
la nuda cima in una pietra dura;
66 e la figlia del duca di Dordona
E fece iscusa tal, che quel messaggio gli è; sempre dietro, e mai non l'abandona.

28
la donna, che da lungi il seguitava
69 (perché; perderne l'orme si temea),
Come si vide il Maganzese al bosco, alla spelonca gli sopragiungea.
pensò; tôrsi la donna da le spalle.
Disse: - Prima che 'l ciel torni più; fosco, 72
verso un albergo è; meglio farsi il calle. Poi che si vide il traditore uscire,
Oltra quel monte, s'io lo riconosco, quel ch'avea prima disegnato, invano,
siede un ricco castel giù; ne la valle. o da sé; torla, o di farla morire,
Tu qui m'aspetta; che dal nudo scoglio nuovo argumento imaginossi e strano.
certificar con gli occhi me ne voglio. - Le si fe' incontra, e su la fe' salire
là; dove il monte era forato e vano;
70 e le disse ch'avea visto nel fondo
Così; dicendo, alla cima superna una donzelIa di viso giocondo.
del solitario monte il destrier caccia,
mirando pur s'alcuna via discerna, 73
come lei possa tor da la sua traccia. Ch'a' bei sembianti ed alla ricca vesta
Ecco nel sasso truova una caverna, esser parea di non ignobil grado;
che si profonda più; di trenta braccia. ma quanto più; potea turbata e mesta,
Tagliato a picchi ed a scarpelli il sasso mostrava esservi chiusa suo mal grado:
scende giù; al dritto, ed ha una porta al basso. e per saper la condizion di questa,
ch'avea già; cominciato a entrar nel guado;
71 e ch'era uscito de l'interna grotta
Nel fondo avea una porta ampla e capace, un che dentro a furor l'avea ridotta.
ch'in maggior stanza largo adito dava;
e fuor n'uscì;a splendor, come di face 74
ch'ardesse in mezzo alla montana cava. Bradamante, che come era animosa,
Mentre quivi il fellon suspeso tace, così; mal cauta, a Pinabel diè; fede;

29
e d'aiutar la donna, disiosa,
si pensa come por colà; giù; il piede. CANTO TERZO
Ecco d'un olmo alla cima frondosa
volgendo gli occhi, un lungo ramo vede;
e con la spada quel subito tronca, 1
e lo declina giù; ne la spelonca. Chi mi darà; la voce e le parole
convenienti a sì; nobil suggetto?
75 chi l'ale al verso presterà;, che vole
Dove è; tagliato, in man lo raccomanda tanto ch'arrivi all'alto mio concetto?
a Pinabello, e poscia a quel s'apprende: Molto maggior di quel furor che suole,
prima giù; i piedi ne la tana manda, ben or convien che mi riscaldi il petto;
e su le braccia tutta si suspende. che questa parte al mio signor si debbe,
Sorride Pinabello, e le domanda che canta gli avi onde l'origin ebbe:
come ella salti; e le man apre e stende,
dicendole: - Qui fosser teco insieme 2
tutti li tuoi, ch'io ne spegnessi il seme! - Di cui fra tutti li signori illustri,
dal ciel sortiti a governar la terra,
76 non vedi, o Febo, che 'l gran mondo lustri,
Non come volse Pinabello avvenne più; gloriosa stirpe o in pace o in guerra;
de l'innocente giovane la sorte; né; che sua nobiltade abbia più; lustri
perché;, giù; diroccando a ferir venne servata, e servarà; (s'in me non erra
prima nel fondo il ramo saldo e forte. quel profetico lume che m'ispiri)
Ben si spezzò;, ma tanto la sostenne, fin che d'intorno al polo il ciel s'aggiri.
che 'l suo favor la liberò; da morte.
Giacque stordita la donzella alquanto, 3
come io vi seguirò; ne l'altro canto. E volendone a pien dicer gli onori,
bisogna non la mia, ma quella cetra

30
con che tu dopo i gigantei furori 6
rendesti grazia al regnator dell'etra. Lascià;n costui, che mentre all'altrui vita
S'istrumenti avrò; mai da te migliori, ordisce inganno, il suo morir procura;
atti a sculpire in così; degna pietra, e torniamo alla donna che, tradita,
in queste belle imagini disegno quasi ebbe a un tempo e morte e sepoltura.
porre ogni mia fatica, ogni mio ingegno. Poi ch'ella si levò; tutta stordita,
ch'avea percosso in su la pietra dura,
4 dentro la porta andò;, ch'adito dava
Levando intanto queste prime rudi ne la seconda assai più; larga cava.
scaglie n'andrò; con lo scarpello inetto:
forse ch'ancor con più; solerti studi 7
poi ridurrò; questo lavor perfetto. La stanza, quadra e spaziosa, pare
Ma ritorniano a quello, a cui né; scudi una devota e venerabil chiesa,
potran né; usberghi assicurare il petto: che su colonne alabastrine e rare
parlo di Pinabello di Maganza, con bella architettura era suspesa.
che d'uccider la donna ebbe speranza. Surgea nel mezzo un ben locato altare,
ch'avea dinanzi una lampada accesa;
5 e quella di splendente e chiaro foco
Il traditor pensò; che la donzella rendea gran lume all'uno e all'altro loco.
fosse ne l'alto precipizio morta;
e con pallida faccia lasciò; quella 8
trista e per lui contaminata porta, Di devota umiltà; la donna tocca,
e tornò; presto a rimontar in sella: come si vide in loco sacro e pio,
e come quel ch'avea l'anima torta, incominciò; col core e con la bocca,
per giunger colpa a colpa e fallo a fallo, inginocchiata, a mandar prieghi a Dio.
di Bradamante ne menò; il cavallo. Un picciol uscio intanto stride e crocca,
ch'era all'incontro, onde una donna uscì;o

31
discinta e scalza, e sciolte avea le chiome, secondo che sarà; corvo o colomba.
che la donzella salutò; per nome. Vive la voce; e come chiara emerga,
udir potrai dalla marmorea tomba,
9 che le passate e le future cose
E disse: - O generosa Bradamante, a chi gli domandò;, sempre rispose.
non giunta qui senza voler divino,
di te più; giorni m'ha predetto inante 12
il profetico spirto di Merlino, Più; giorni son ch'in questo cimiterio
che visitar le sue reliquie sante venni di remotissimo paese,
dovevi per insolito camino: perché; circa il mio studio alto misterio
e qui son stata acciò; ch'io ti riveli mi facesse Merlin meglio palese:
quel c'han di te già; statuito i cieli. e perché; ebbi vederti desiderio,
poi ci son stata oltre il disegno un mese;
10 che Merlin, che 'l ver sempre mi predisse,
Questa è; l'antiqua e memorabil grotta termine al venir tuo questo dì; fisse. -
ch'edificò; Merlino, il savio mago
che forse ricordare odi talotta, 13
dove ingannollo la Donna del Lago. Stassi d'Amon la sbigottita figlia
Il sepolcro è; qui giù;, dove corrotta tacita e fissa al ragionar di questa;
giace la carne sua; dove egli, vago ed ha sì; pieno il cor di maraviglia,
di sodisfare a lei, che glil suase, che non sa s'ella dorme o s'ella è; desta:
vivo corcossi, e morto ci rimase. e con rimesse e vergognose ciglia
(come quella che tutta era modesta)
11 rispose: - Di che merito son io,
Col corpo morto il vivo spirto alberga, ch'antiveggian profeti il venir mio? -
sin ch'oda il suon de l'angelica tromba
che dal ciel lo bandisca o che ve l'erga, 14

32
E lieta de l'insolita avventura, che onorar deve Italia e tutto il mondo.
dietro alla Maga subito fu mossa,
che la condusse a quella sepoltura 17
che chiudea di Merlin l'anima e l'ossa. L'antiquo sangue che venne da Troia,
Era quell'arca d'una pietra dura, per li duo miglior rivi in te commisto,
lucida e tersa, e come fiamma rossa; produrrà; l'ornamento, il fior, la gioia
tal ch'alla stanza, ben che di sol priva, d'ogni lignaggio ch'abbia il sol mai visto
dava splendore il lume che n'usciva. tra l'Indo e 'l Tago e 'l Nilo e la Danoia,
tra quanto è; 'n mezzo Antartico e Calisto.
15 Ne la progenie tua con sommi onori
O che natura sia d'alcuni marmi saran marchesi, duci e imperatori.
che muovin l'ombre a guisa di facelle,
o forza pur di suffumigi e carmi 18
e segni impressi all'osservate stelle I capitani e i cavallier robusti
(come più; questo verisimil parmi), quindi usciran, che col ferro e col senno
discopria lo splendor più; cose belle ricuperar tutti gli onor vetusti
e di scoltura e di color, ch'intorno de l'arme invitte alla sua Italia denno.
il venerabil luogo aveano adorno. Quindi terran lo scettro i signor giusti,
che, come il savio Augusto e Numa fenno,
16 sotto il benigno e buon governo loro
A pena ha Bradamante da la soglia ritorneran la prima età; de l'oro.
levato il piè; ne la secreta cella,
che 'l vivo spirto da la morta spoglia 19
con chiarissima voce le favella: Acciò; dunque il voler del ciel si metta
- Favorisca Fortuna ogni tua voglia, in effetto per te, che di Ruggiero
o casta e nobilissima donzella, t'ha per moglier fin da principio eletta,
del cui ventre uscirà; il seme fecondo segue animosamente il tuo sentiero;

33
che cosa non sarà; che s'intrometta che gente intorno al sacro cerchio ingrossa;
da poterti turbar questo pensiero, ma, come vuole entrar, la via l'è; tronca,
sì; che non mandi al primo assalto in terra come lo cinga intorno muro e fossa.
quel rio ladron ch'ogni tuo ben ti serra. - In quella stanza, ove la bella conca
in sé; chiudea del gran profeta l'ossa,
20 entravan l'ombre, poi ch'avean tre volte
Tacque Merlino avendo così; detto, fatto d'intorno lor debite volte.
ed agio all'opre de la Maga diede,
ch'a Bradamante dimostrar l'aspetto 23
si preparava di ciascun suo erede. - Se i nomi e i gesti di ciascun vo' dirti
Avea di spirti un gran numero eletto, (dicea l'incantatrice a Bradamante),
non so se da l'Inferno o da qual sede, di questi ch'or per gl'incantati spirti,
e tutti quelli in un luogo raccolti prima che nati sien, ci sono avante,
sotto abiti diversi e vari volti. non so veder quando abbia da espedirti;
che non basta una notte a cose tante:
21 sì; ch'io te ne verrò; scegliendo alcuno,
Poi la donzella a sé; richiama in chiesa, secondo il tempo, e che sarà; oportuno.
là; dove prima avea tirato un cerchio
che la potea capir tutta distesa, 24
ed avea un palmo ancora di superchio. Vedi quel primo che ti rassimiglia
E perché; da li spirti non sia offesa, ne' bei sembianti e nel giocondo aspetto:
le fa d'un gran pentacolo coperchio; capo in Italia fia di tua famiglia,
e le dice che taccia e stia a mirarla: del seme di Ruggiero in te concetto.
poi scioglie il libro, e coi demoni parla. Veder del sangue di Pontier vermiglia
per mano di costui la terra aspetto,
22 e vendicato il tradimento e il torto
Eccovi fuor de la prima spelonca, contra quei che gli avranno il padre morto.

34
ai superbi Roman l'orgoglio emunga,
25 che 'l terzo Otone e il pontefice tolga
Per opra di costui sarà; deserto de le man loro, e 'l grave assedio sciolga.
il re de' Longobardi Desiderio:
d'Este e di Calaon per questo merto 28
il bel dominio avrà; dal sommo Imperio. Vedi Folco, che par ch'al suo germano,
Quel che gli è; dietro, è; il tuo nipote Uberto, ciò; che in Italia avea, tutto abbi dato,
onor de l'arme e del paese esperio: e vada a possedere indi lontano
per costui contra Barbari difesa in mezzo agli Alamanni un gran ducato;
più; d'una volta fia la santa Chiesa. e dia alla casa di Sansogna mano,
che caduta sarà; tutta da un lato;
26 e per la linea de la madre, erede,
Vedi qui Alberto, invitto capitano con la progenie sua la terrà; in piede.
ch'ornerà; di trofei tanti delubri:
Ugo il figlio è; con lui, che di Milano 29
farà; l'acquisto, e spiegherà; i colubri. Questo ch'or a nui viene è; il secondo Azzo,
Azzo è; quell'altro, a cui resterà; in mano di cortesia più; che di guerre amico,
dopo il fratello, il regno degli Insubri. tra dui figli, Bertoldo ed Albertazzo.
Ecco Albertazzo, il cui savio consiglio Vinto da l'un sarà; il secondo Enrico,
torrà; d'Italia Beringario e il figlio; e del sangue tedesco orribil guazzo
Parma vedrà; per tutto il campo aprico:
27 de l'altro la contessa gloriosa,
e sarà; degno a cui Cesare Otone saggia e casta Matilde, sarà; sposa.
Alda sua figlia, in matrimonio aggiunga.
Vedi un altro Ugo: oh bella successione, 30
che dal patrio valor non si dislunga! Virtù; il farà; di tal connubio degno;
Costui sarà;, che per giusta cagione ch'a quella età; non poca laude estimo

35
quasi di mezza Italia in dote il regno, 33
e la nipote aver d'Enrico primo. Ezellino, immanissimo tiranno,
Ecco di quel Bertoldo il caro pegno, che fia creduto figlio del demonio,
Rinaldo tuo, ch'avrà; l'onor opimo farà;, troncando i sudditi, tal danno,
d'aver la Chiesa de le man riscossa e distruggendo il bel paese ausonio,
de l'empio Federico Barbarossa. che pietosi apo lui stati saranno
Mario, Silla, Neron, Caio ed Antonio.
31 E Federico imperator secondo
Ecco un altro Azzo, ed è; quel che Verona fia per questo Azzo rotto e messo al fondo.
avrà; in poter col suo bel tenitorio;
e sarà; detto marchese d'Ancona 34
dal quarto Otone e dal secondo Onorio. Terrà; costui con più; felice scettro
Lungo sarà; s'io mostro ogni persona la bella terra che siede sul fiume,
del sangue tuo, ch'avrà; del consistorio dove chiamò; con lacrimoso plettro
il confalone, e s'io narro ogni impresa Febo il figliuol ch'avea mal retto il lume,
vinta da lor per la romana Chiesa. quando fu pianto il fabuloso elettro,
e Cigno si vestì; di bianche piume;
32 e questa di mille oblighi mercede
Obizzo vedi e Folco, altri Azzi, altri Ughi, gli donerà; l'Apostolica sede.
ambi gli Enrichi, il figlio al padre a canto;
duo Guelfi, di quai l'uno Umbria soggiughi, 35
e vesta di Spoleti il ducal manto. Dove lascio il fratel Aldrobandino?
Ecco che 'l sangue e le gran piaghe asciughi che per dar al pontefice soccorso
d'Italia afflitta, e volga in riso il pianto: contra Oton quarto e il campo ghibellino
di costui parlo (e mostrolle Azzo quinto) che sarà; presso al Campidoglio corso,
onde Ezellin fia rotto, preso, estinto. ed avrà; preso ogni luogo vicino,
e posto agli Umbri e alli Piceni il morso;

36
né; potendo prestargli aiuto senza Morte o Fortuna invidiosa e ria.
molto tesor, ne chiederà; a Fiorenza; Udirne il duol fin qui da Napoli aggio,
dove del padre allor statico fia.
36 Or Obizzo ne vien, che giovinetto
e non avendo gioie o miglior pegni, dopo l'avo sarà; principe eletto.
per sicurtà; daralle il frate in mano.
Spiegherà; i suoi vittoriosi segni, 39
e romperà; l'esercito germano; Al bel dominio accrescerà; costui
in seggio riporrà; la Chiesa, e degni Reggio giocondo, e Modona feroce.
darà; supplici ai conti di Celano; Tal sarà; il suo valor, che signor lui
ed al servizio del sommo Pastore domanderanno i populi a una voce.
finirà; gli anni suoi nel più; bel fiore. Vedi Azzo sesto, un de' figliuoli sui,
confalonier de la cristiana croce:
37 avrà; il ducato d'Andria con la figlia
Ed Azzo, il suo fratel, lascierà; erede del secondo re Carlo di Siciglia.
del dominio d'Ancona e di Pisauro,
d'ogni città; che da Troento siede 40
tra il mare e l'Apennin fin all'Isauro, Vedi in un bello ed amichevol groppo
e di grandezza d'animo e di fede, de li principi illustri l'eccellenza:
e di virtù;, miglior che gemme ed auro: Obizzo, Aldrobandin, Nicolò; zoppo,
che dona e tolle ogn'altro ben Fortuna; Alberto, d'amor pieno e di clemenza.
sol in virtù; non ha possanza alcuna. Io tacerò;, per non tenerti troppo,
come al bel regno aggiungeran Favenza,
38 e con maggior fermezza Adria, che valse
Vedi Rinaldo, in cui non minor raggio da sé; nomar l'indomite acque salse;
splenderà; di valor, pur che non sia
a tanta esaltazion del bel lignaggio 41

37
Come la terra, il cui produr di rose e del dominio e de la vita ria.
le diè; piacevol nome in greche voci,
e la città; ch'in mezzo alle piscose 44
paludi, del Po teme ambe le foci, Avrà; il bel regno poi sempre augumento
dove abitan le genti disiose senza torcer mai piè; dal camin dritto;
che 'l mar si turbi e sieno i venti atroci. né; ad alcuno farà; mai nocumento,
Taccio d'Argenta, di Lugo e di mille da cui prima non sia d'ingiuria afflitto:
altre castella e populose ville. ed è; per questo il gran Motor contento
che non gli sia alcun termine prescritto:
42 ma duri prosperando in meglio sempre,
Ve' Nicolò;, che tenero fanciullo fin che si volga il ciel ne le sue tempre.
il popul crea signor de la sua terra,
e di Tideo fa il pensier vano e nullo, 45
che contra lui le civil arme afferra. Vedi Leonello, e vedi il primo duce,
Sarà; di questo il pueril trastullo fama de la sua età;, l'inclito Borso,
sudar nel ferro e travagliarsi in guerra; che siede in pace, e più; trionfo adduce
e da lo studio del tempo primiero di quanti in altrui terre abbino corso.
il fior riuscirà; d'ogni guerriero. Chiuderà; Marte ove non veggia luce,
e stringerà; al Furor le mani al dorso.
43 Di questo signor splendido ogni intento
Farà; de' suoi ribelli uscire a voto sarà; che 'l popul suo viva contento.
ogni disegno, e lor tornare in danno;
ed ogni stratagema avrà; sì; noto, 46
che sarà; duro il poter fargli inganno. Ercole or vien, ch'al suo vicin rinfaccia,
Tardi di questo s'avedrà; il terzo Oto, col piè; mezzo arso e con quei debol passi,
e di Reggio e di Parma aspro tiranno, come a Budrio col petto e con la faccia
che da costui spogliato a un tempo fia il campo volto in fuga gli fermassi;

38
non perché; in premio poi guerra gli faccia, aligero Leon terrà; difesa;
né;, per cacciarlo, fin nel Barco passi. non perché;, quando la gallica face
Questo è; il signor, di cui non so esplicarme per tutto avrà; la bella Italia accesa,
se fia maggior la gloria o in pace o in arme. si starà; sola col suo stato in pace,
e dal timore e dai tributi illesa:
47 non sì; per questi ed altri benefici
Terran Pugliesi, Calabri e Lucani saran sue genti ad Ercol debitrici:
de' gesti di costui lunga memoria,
là; dove avrà; dal Re de' Catalani 50
di pugna singular la prima gloria; quanto che darà; lor l'inclita prole,
e nome tra gl'invitti capitani il giusto Alfonso e Ippolito benigno,
s'acquisterà; con più; d'una vittoria: che saran quai l'antiqua fama suole
avrà; per sua virtù; la signoria, narrar de' figli del Tindareo cigno,
più; di trenta anni a lui debita pria. ch'alternamente si privan del sole
per trar l'un l'altro de l'aer maligno.
48 Sarà; ciascuno d'essi e pronto e forte
E quanto più; aver obligo si possa l'altro salvar con sua perpetua morte.
a principe, sua terra avrà; a costui;
non perché; fia de le paludi mossa 51
tra campi fertilissimi da lui; Il grande amor di questa bella coppia
non perché; la farà; con muro e fossa renderà; il popul suo via più; sicuro,
meglio capace a' cittadini sui, che se, per opra di Vulcan, di doppia
e l'ornarà; di templi e di palagi, cinta di ferro avesse intorno il muro.
di piazze, di teatri e di mille agi; Alfonso è; quel che col saper accoppia
sì; la bontà;, ch'al secolo futuro
49 la gente crederà; che sia dal cielo
non perché; dagli artigli de l'audace tornata Astrea dove può; il caldo e il gielo.

39
non fia, dal minor fante al capitano,
52 che del racquisto e del presidio ucciso
A grande uopo gli fia l'esser prudente, a Roma riportar possa l'aviso.
e di valore assimigliarsi al padre;
che si ritroverà;, con poca gente, 55
da un lato aver le veneziane squadre, Costui sarà;, col senno e con la lancia,
colei dall'altro, che più; giustamente ch'avrà; l'onor, nei campi di Romagna,
non so se devrà; dir matrigna o madre; d'aver dato all'esercito di Francia
ma se per madre, a lui poco più; pia, la gran vittoria contra Iulio e Spagna.
che Medea ai figli o Progne stata sia. Nuoteranno i destrier fin alla pancia
nel sangue uman per tutta la campagna;
53 ch'a sepelire il popul verrà; manco
E quante volte uscirà; giorno o notte tedesco, ispano, greco, italo, e franco.
col suo popul fedel fuor de la terra,
tante sconfitte e memorabil rotte 56
darà; a' nimici o per acqua o per terra. Quel ch'in pontificale abito imprime
Le genti di Romagna mal condotte, del purpureo capel la sacra chioma,
contra i vicini e lor già; amici, in guerra, è; il liberal, magnanimo, sublime,
se n'avedranno, insanguinando il suolo gran cardinal de la Chiesa di Roma
che serra il Po, Santerno e Zanniolo. Ippolito, ch'a prose, a versi, a rime
darà; materia eterna in ogni idioma;
54 la cui fiorita età; vuole il ciel iusto
Nei medesmi confini anco saprallo ch'abbia un Maron, come un altro ebbe Augusto.
del gran Pastore il mercenario Ispano,
che gli avrà; dopo con poco intervallo 57
la Bastì;a tolta, e morto il castellano, Adornerà; la sua progenie bella,
quando l'avrà; già; preso; e per tal fallo come orna il sol la machina del mondo

40
molto più; de la luna e d'ogni stella; 60
ch'ogn'altro lume a lui sempre è; secondo. Così; con voluntà; de la donzella
Costui con pochi a piedi e meno in sella la dotta incantatrice il libro chiuse.
veggio uscir mesto, e poi tornar iocondo; Tutti gli spirti allora ne la cella
che quindici galee mena captive, spariro in fretta, ove eran l'ossa chiuse.
oltra mill'altri legni alle sue rive. Qui Bradamante, poi che la favella
le fu concessa usar, la bocca schiuse,
58 e domandò;: - Chi son li dua sì; tristi,
Vedi poi l'uno e l'altro Sigismondo. che tra Ippolito e Alfonso abbiamo visti?
Vedi d'Alfonso i cinque figli cari,
alla cui fama ostar, che di sé; il mondo 61
non empia, i monti non potran né; i mari: Veniano sospirando, e gli occhi bassi
gener del re di Francia, Ercol secondo parean tener d'ogni baldanza privi;
è; l'un; quest'altro (acciò; tutti gl'impari) e gir lontan da loro io vedea i passi
Ippolito è;, che non con minor raggio dei frati sì;, che ne pareano schivi. -
che 'l zio, risplenderà; nel suo lignaggio; Parve ch'a tal domanda si cangiassi
la maga in viso, e fe' degli occhi rivi,
59 e gridò;: - Ah sfortunati, a quanta pena
Francesco, il terzo; Alfonsi gli altri dui lungo istigar d'uomini rei vi mena!
ambi son detti. Or, come io dissi prima,
s'ho da mostrarti ogni tuo ramo, il cui 62
valor la stirpe sua tanto sublima, O bona prole, o degna d'Ercol buono,
bisognerà; che si rischiari e abbui non vinca il lor fallir vostra bontade:
più; volte prima il ciel, ch'io te li esprima: di vostro sangue i miseri pur sono;
e sarà; tempo ormai, quando ti piaccia, qui ceda la iustizia alla pietade. -
ch'io dia licenza all'ombre e ch'io mi taccia. - Indi soggiunse con più; basso suono:
- Di ciò; dirti più; inanzi non accade.

41
Statti col dolce in bocca; e non ti doglia saliron balze e traversar torrenti.
ch'amareggiare al fin non te la voglia. E perché; men l'andar fosse noioso,
di piacevoli e bei ragionamenti,
63 di quel che fu più; conferir soave,
Tosto che spunti in ciel la prima luce, l'aspro camin facean parer men grave:
piglierai meco la più; dritta via
ch'al lucente castel d'acciai' conduce, 66
dove Ruggier vive in altrui balì;a. di quali era però; la maggior parte,
Io tanto ti sarò; compagna e duce, ch'a Bradamante vien la dotta maga
che tu sia fuor de l'aspra selva ria: mostrando con che astuzia e con qual arte
t'insegnerò;, poi che saren sul mare, proceder de', se di Ruggiero è; vaga.
sì; ben la via, che non potresti errare. - - Se tu fossi (dicea) Pallade o Marte,
e conducessi gente alla tua paga
64 più; che non ha il re Carlo e il re Agramante,
Quivi l'audace giovane rimase non dureresti contra il negromante;
tutta la notte, e gran pezzo ne spese
a parlar con Merlin, che le suase 67
rendersi tosto al suo Ruggier cortese. che oltre che d'acciar murata sia
Lasciò; di poi le sotterranee case, la rocca inespugnabile, e tant'alta;
che di nuovo splendor l'aria s'accese, oltre che 'l suo destrier si faccia via
per un camin gran spazio oscuro e cieco, per mezzo l'aria, ove galoppa e salta;
avendo la spirtal femmina seco. ha lo scudo mortal, che come pria
si scopre, il suo splendor sì; gli occhi assalta,
65 la vista tolle, e tanto occupa i sensi,
E riusciro in un burrone ascoso che come morto rimaner conviensi.
tra monti inaccessibili alle genti;
e tutto 'l dì; senza pigliar riposo 68

42
E se forse ti pensi che ti vaglia a cui Ruggiero è; più; d'ogn'altro a core.
combattendo tener serrati gli occhi,
come potrai saper ne la battaglia 71
quando ti schivi, o l'avversario tocchi? Ma perché; il tuo Ruggiero a te sol abbia,
Ma per fuggire il lume ch'abbarbaglia, e non al re Agramante, ad obligarsi
e gli altri incanti di colui far sciocchi, che tratto sia de l'incantata gabbia,
ti mostrerò; un rimedio, una via presta; t'insegnerò; il rimedio che de' usarsi.
né; altra in tutto 'l mondo è; se non questa. Tu te n'andrai tre dì; lungo la sabbia
del mar, ch'è; oramai presso a dimostrarsi;
69 il terzo giorno in un albergo teco
Il re Agramante d'Africa uno annello, arriverà; costui c'ha l'annel seco.
che fu rubato in India a una regina,
ha dato a un suo baron detto Brunello, 72
che poche miglia inanzi ne camina; La sua statura, acciò; tu lo conosca,
di tal virtù;, che chi nel dito ha quello, non è; sei palmi, ed ha il capo ricciuto;
contra il mal degl'incanti ha medicina. le chiome ha nere, ed ha la pelle fosca;
Sa de furti e d'inganni Brunel, quanto pallido il viso, oltre il dover barbuto;
colui, che tien Ruggier, sappia d'incanto. gli occhi gonfiati e guardatura losca;
schiacciato il naso, e ne le ciglia irsuto:
70 l'abito, acciò; ch'io lo dipinga intero,
Questo Brunel sì; pratico e sì; astuto, è; stretto e corto, e sembra di corriero.
come io ti dico, è; dal suo re mandato
acciò; che col suo ingegno e con l'aiuto 73
di questo annello, in tal cose provato, Con esso lui t'accaderà; soggetto
di quella rocca dove è; ritenuto, di ragionar di quell'incanti strani:
traggia Ruggier, che così; s'è; vantato, mostra d'aver, come tu avra' in effetto,
ed ha così; promesso al suo signore, disio che 'l mago sia teco alle mani;

43
ma non mostrar che ti sia stato detto di cui la forma avea sculpita in mente:
di quel suo annel che fa gl'incanti vani. onde ne viene, ove ne va, gli chiede;
Egli t'offerirà; mostrar la via quel le risponde, e d'ogni cosa mente.
fin alla rocca e farti compagnia. La donna, già; prevista, non gli cede
in dir menzogne, e simula ugualmente
74 e patria e stirpe e setta e nome e sesso;
Tu gli va dietro: e come t'avicini e gli volta alle man pur gli occhi spesso.
a quella rocca sì; ch'ella si scopra,
dà;gli la morte; né; pietà; t'inchini 77
che tu non metta il mio consiglio in opra. Gli va gli occhi alle man spesso voltando,
Né; far ch'egli il pensier tuo s'indovini, in dubbio sempre esser da lui rubata;
e ch'abbia tempo che l'annel lo copra; né; lo lascia venir troppo accostando,
perché; ti spariria dagli occhi, tosto di sua condizion bene informata.
ch'in bocca il sacro annel s'avesse posto. - Stavano insieme in questa guisa, quando
l'orecchia da un rumor lor fu intruonata.
75 Poi vi dirò;, Signor, che ne fu causa,
Così; parlando, giunsero sul mare, ch'avrò; fatto al cantar debita pausa.
dove presso a Bordea mette Garonna.
Quivi, non senza alquanto lagrimare,
si dipartì; l'una da l'altra donna. CANTO QUARTO
La figliuola d'Amon, che per slegare
di prigione il suo amante non assonna,
caminò; tanto, che venne una sera 1
ad uno albergo, ove Brunel prim'era. Quantunque il simular sia le più; volte
ripreso, e dia di mala mente indici,
76 si trova pur in molte cose e molte
Conosce ella Brunel come lo vede, aver fatti evidenti benefici,

44
e danni e biasmi e morti aver già; tolte; e chi a finestre e chi fuor ne la via,
che non conversiam sempre con gli amici tener levati al ciel gli occhi e le ciglia,
in questa assai più; oscura che serena come l'ecclisse o la cometa sia.
vita mortal, tutta d'invidia piena. Vede la donna un'alta maraviglia,
che di leggier creduta non saria:
2 vede passar un gran destriero alato,
Se, dopo lunga prova, a gran fatica che porta in aria un cavalliero armato.
trovar si può; chi ti sia amico vero,
ed a chi senza alcun sospetto dica 5
e discoperto mostri il tuo pensiero; Grandi eran l'ale e di color diverso,
che de' far di Ruggier la bella amica e vi sedea nel mezzo un cavalliero,
con quel Brunel non puro e non sincero, di ferro armato luminoso e terso;
ma tutto simulato e tutto finto, e vêr ponente avea dritto il sentiero.
come la maga le l'avea dipinto? Calossi, e fu tra le montagne immerso:
e, come dicea l'oste (e dicea il vero),
3 quel era un negromante, e facea spesso
Simula anch'ella; e così; far conviene quel varco, or più; da lungi, or più; da presso.
con esso lui di finzioni padre;
e, come io dissi, spesso ella gli tiene 6
gli occhi alle man, ch'eran rapaci e ladre. Volando, talor s'alza ne le stelle,
Ecco all'orecchie un gran rumor lor viene. e poi quasi talor la terra rade;
Disse la donna: - O gloriosa Madre, e ne porta con lui tutte le belle
o Re del ciel, che cosa sarà; questa? - donne che trova per quelle contrade:
E dove era il rumor si trovò; presta. talmente che le misere donzelle
ch'abbino o aver si credano beltade
4 (come affatto costui tutte le invole)
E vede l'oste e tutta la famiglia, non escon fuor sì; che le veggia il sole.

45
né; chiarì; più;, per non pagarne il fio.
7 - Grato mi fia (disse ella) il venir tuo; -
- Egli sul Pireneo tiene un castello volendo dir ch'indi l'annel fia suo.
(narrava l'oste) fatto per incanto,
tutto d'acciaio, e sì; lucente e bello, 10
ch'altro al mondo non è; mirabil tanto. Quel ch'era utile a dir disse; e quel tacque,
Già; molti cavallier sono iti a quello, che nuocer le potea col Saracino.
e nessun del ritorno si dà; vanto: Avea l'oste un destrier ch'a costei piacque,
sì; ch'io penso, signore, e temo forte, ch'era buon da battaglia e da camino:
o che sian presi, o sian condotti a morte. - comperollo e partissi come nacque
del bel giorno seguente il matutino.
8 Prese la via per una stretta valle,
La donna il tutto ascolta, e le ne giova, con Brunello ora inanzi, ora alle spalle.
credendo far, come farà; per certo,
con l'annello mirabile tal prova, 11
che ne fia il mago e il suo castel deserto; Di monte in monte e d'uno in altro bosco
e dice a l'oste: - Or un de' tuoi mi trova, giunsero ove l'altezza di Pirene
che più; di me sia del viaggio esperto; può; dimostrar, se non è; l'aer fosco,
ch'io non posso durar: tanto ho il cor vago e Francia e Spagna e due diverse arene,
di far battaglia contro a questo mago. - come Apennin scopre il mar schiavo e il tosco
del giogo onde a Camaldoli si viene.
9 Quindi per aspro e faticoso calle
- Non ti mancherà; guida (le rispose si discendea ne la profonda valle.
Brunello allora), e ne verrò; teco io:
meco ho la strada in scritto, ed altre cose 12
che ti faran piacere il venir mio. - Vi sorge in mezzo un sasso che la cima
Volse dir de l'annel; ma non l'espose, d'un bel muro d'acciar tutta si fascia;

46
e quella tanto inverso il ciel sublima, 15
che quanto ha intorno, inferior si lascia. Né; per lacrime, gemiti o lamenti
Non faccia, chi non vola, andarvi stima; che facesse Brunel, lo volse sciorre.
che spesa indarno vi saria ogni ambascia. Smontò; de la montagna a passi lenti,
Brunel disse: - Ecco dove prigionieri tanto che fu nel pian sotto la torre.
il mago tien le donne e i cavallieri. - E perché; alla battaglia s'appresenti
il negromante, al corno suo ricorre:
13 e dopo il suon, con minacciose grida
Da quattro canti era tagliato, e tale lo chiama al campo, ed alla pugna 'l sfida.
che parea dritto a fil de la sinopia.
Da nessun lato né; sentier né; scale 16
v'eran, che di salir facesser copia: Non stette molto a uscir fuor de la porta
e ben appar che d'animal ch'abbia ale l'incantator, ch'udì; 'l suono e la voce.
sia quella stanza nido e tana propia. L'alato corridor per l'aria il porta
Quivi la donna esser conosce l'ora contra costei, che sembra uomo feroce.
di tor l'annello, e far che Brunel mora. La donna da principio si conforta;
che vede che colui poco le nuoce:
14 non porta lancia né; spada né; mazza,
Ma le par atto vile a insaguinarsi ch'a forar l'abbia o romper la corazza.
d'un uom senza arme e di sì; ignobil sorte;
che ben potrà; posseditrice farsi 17
del ricco annello, e lui non porre a morte. Da la sinistra sol lo scudo avea,
Brunel non avea mente a riguardarsi; tutto coperto di seta vermiglia;
sì; ch'ella il prese, e lo legò; ben forte ne la man destra un libro, onde facea
ad uno abete ch'alta avea la cima: nascer, leggendo, l'alta maraviglia:
ma di dito l'annel gli trasse prima. che la lancia talor correr parea,
e fatto avea a più; d'un batter le ciglia;

47
talor parea ferir con mazza o stocco, che per l'annel non può; vedere in fallo.
e lontano era, e non avea alcun tocco. Più; colpi tuttavia diserra al vento,
e quinci e quindi spinge il suo cavallo;
18 e si dibatte e si travaglia tutta,
Non è; finto il destrier, ma naturale, come era, inanzi che venisse, istrutta.
ch'una giumenta generò; d'un Grifo:
simile al padre avea la piuma e l'ale, 21
li piedi anteriori, il capo e il grifo; E poi che esercitata si fu alquanto
in tutte l'altre membra parea quale sopra il destrier, smontar volse anco a piede,
era la madre, e chiamasi ippogrifo; per poter meglio al fin venir di quanto
che nei monti Rifei vengon, ma rari, la cauta maga istruzion le diede.
molto di là; dagli aghiacciati mari. Il mago vien per far l'estremo incanto;
che del fatto ripar né; sa né; crede:
19 scuopre lo scudo, e certo si prosume
Quivi per forza lo tirò; d'incanto; farla cader con l'incantato lume.
e poi che l'ebbe, ad altro non attese,
e con studio e fatica operò; tanto, 22
ch'a sella e briglia il cavalcò; in un mese: Potea così; scoprirlo al primo tratto,
così; ch'in terra e in aria e in ogni canto senza tenere i cavallieri a bada;
lo facea volteggiar senza contese. ma gli piacea veder qualche bel tratto
Non finzion d'incanto, come il resto, di correr l'asta o di girar la spada:
ma vero e natural si vedea questo. come si vede ch'all'astuto gatto
scherzar col topo alcuna volta aggrada;
20 e poi che quel piacer gli viene a noia,
Del mago ogn'altra cosa era figmento, dargli di morso, e al fin voler che muoia.
che comparir facea pel rosso il giallo;
ma con la donna non fu di momento, 23

48
Dico che 'l mago al gatto, e gli altri al topo il libro che facea tutta la guerra:
s'assimigliar ne le battaglie dianzi;
ma non s'assimigliar già; così;, dopo 26
che con l'annel si fe' la donna inanzi. e con una catena ne correa,
Attenta e fissa stava a quel ch'era uopo, che solea portar cinta a simil uso;
acciò; che nulla seco il mago avanzi; perché; non men legar colei credea,
e come vide che lo scudo aperse, che per adietro altri legare era uso.
chiuse gli occhi, e lasciò; quivi caderse. La donna in terra posto già; l'avea:
se quel non si difese, io ben l'escuso;
24 che troppo era la cosa differente
Non che il fulgor del lucido metallo, tra un debol vecchio e lei tanto possente.
come soleva agli altri, a lei nocesse;
ma così; fece acciò; che dal cavallo 27
contra sé; il vano incantator scendesse: Disegnando levargli ella la testa,
né; parte andò; del suo disegno in fallo; alza la man vittoriosa in fretta;
che tosto ch'ella il capo in terra messe, ma poi che 'l viso mira, il colpo arresta,
accelerando il volator le penne, quasi sdegnando sì; bassa vendetta:
con larghe ruote in terra a por si venne. un venerabil vecchio in faccia mesta
vede esser quel ch'ella ha giunto alla stretta,
25 che mostra al viso crespo e al pelo bianco,
Lascia all'arcion lo scudo, che già; posto età; di settanta anni o poco manco.
avea ne la coperta, e a piè; discende
verso la donna che, come reposto 28
lupo alla macchia il capriolo, attende. - Tommi la vita, giovene, per Dio, -
Senza più; indugio ella si leva tosto dicea il vecchio pien d'ira e di dispetto;
che l'ha vicino, e ben stretto lo prende. ma quella a torla avea sì; il cor restio,
Avea lasciato quel misero in terra come quel di lasciarla avria diletto.

49
La donna di sapere ebbe disio per tenervi Ruggier sicuramente,
chi fosse il negromante, ed a che effetto che preso fu da me, come sperai
edificasse in quel luogo selvaggio che fossi oggi tu preso similmente;
la rocca, e faccia a tutto il mondo oltraggio. e donne e cavallier, che tu vedrai,
poi ci ho ridotti, ed altra nobil gente,
29 acciò; che quando a voglia sua non esca,
- Né; per maligna intenzione, ahi lasso! avendo compagnia, men gli rincresca.
(disse piangendo il vecchio incantatore)
feci la bella rocca in cima al sasso, 32
né; per avidità; son rubatore; Pur ch'uscir di là; su non si domande,
ma per ritrar sol dall'estremo passo d'ogn'altro gaudio lor cura mi tocca;
un cavallier gentil, mi mosse amore, che quanto averne da tutte le bande
che, come il ciel mi mostra, in tempo breve si può; del mondo, è; tutto in quella rocca:
morir cristiano a tradimento deve. suoni, canti, vestir, giuochi, vivande,
quanto può; cor pensar, può; chieder bocca.
30 Ben seminato avea, ben cogliea il frutto;
Non vede il sol tra questo e il polo austrino ma tu sei giunto a disturbarmi il tutto.
un giovene sì; bello e sì; prestante:
Ruggiero ha nome, il qual da piccolino 33
da me nutrito fu, ch'io sono Atlante. Deh, se non hai del viso il cor men bello,
Disio d'onore e suo fiero destino non impedir il mio consiglio onesto!
l'han tratto in Francia dietro al re Agramante; Piglia lo scudo (ch'io tel dono) e quello
ed io, che l'amai sempre più; che figlio, destrier che va per l'aria così; presto;
lo cerco trar di Francia e di periglio. e non t'impacciar oltra nel castello,
o tranne uno o duo amici, e lascia il resto;
31 o tranne tutti gli altri, e più; non chero,
La bella rocca solo edificai se non che tu mi lasci il mio Ruggiero.

50
a tutti i tuoi prigioni apri le porte. -
34 Così; dice la donna, e tuttavia
E se disposto sei volermel torre, il mago preso incontra al sasso invia.
deh, prima almen che tu 'l rimeni in Francia,
piacciati questa afflitta anima sciorre 37
de la sua scorza ormai pntrida e rancia! - Legato de la sua propria catena
Rispose la donzella: - Lui vo' porre andava Atlante, e la donzella appresso,
in libertà;: tu, se sai, gracchia e ciancia; che così; ancor se ne fidava a pena,
né; mi offerir di dar lo scudo in dono, ben che in vista parea tutto rimesso.
o quel destrier, che miei, non più; tuoi sono: Non molti passi dietro se la mena,
ch'a piè; del monte han ritrovato il fesso,
35 e li scaglioni onde si monta in giro,
né; s'anco stesse a te di torre e darli, fin ch'alla porta del castel saliro.
mi parrebbe che 'l cambio convenisse.
Tu di' che Ruggier tieni per vietarli 38
il male influsso di sue stelle fisse. Di su la soglia Atlante un sasso tolle,
O che non puoi saperlo, o non schivarli, di caratteri e strani segni isculto.
sappiendol, ciò; che 'l ciel di lui prescrisse: Sotto, vasi vi son, che chiamano olle,
ma se 'l mal tuo, c'hai sì; vicin, non vedi, che fuman sempre, e dentro han foco occulto.
peggio l'altrui c'ha da venir prevedi. L'incantator le spezza; e a un tratto il colle
riman deserto, inospite ed inculto;
36 né; muro appar né; torre in alcun lato,
Non pregar ch'io t'uccida, ch'i tuoi preghi come se mai castel non vi sia stato.
sariano indarno; e se pur vuoi la morte,
ancor che tutto il mondo dar la nieghi, 39
da sé; la può; aver sempre animo forte. Sbrigossi de la donna il mago alora,
Ma pria che l'alma da la carne sleghi, come fa spesso il tordo da la ragna;

51
e con lui sparve il suo castello a un'ora, 42
e lasciò; in libertà; quella compagna. Or che quivi la vede, e sa ben ch'ella
Le donne e i cavallier si trovar fuora è; stata sola la sua redentrice,
de le superbe stanze alla campagna: di tanto gaudio ha pieno il cor, che appella
e furon di lor molte a chi ne dolse; sé; fortunato ed unico felice.
che tal franchezza un gran piacer lor tolse. Scesero il monte, e dismontaro in quella
valle, ove fu la donna vincitrice,
40 e dove l'ippogrifo trovaro anco,
Quivi è; Gradasso, quivi è; Sacripante, ch'avea lo scudo, ma coperto, al fianco.
quivi è; Prasildo, il nobil cavalliero
che con Rinaldo venne di Levante, 43
e seco Iroldo, il par d'amici vero. La donna va per prenderlo nel freno:
Al fin trovò; la bella Bradamante e quel l'aspetta fin che se gli accosta;
quivi il desiderato suo Ruggiero, poi spiega l'ale per l'aer sereno,
che, poi che n'ebbe certa conoscenza, e si ripon non lungi a mezza costa.
le fe' buona e gratissima accoglienza; Ella lo segue: e quel né; più; né; meno
si leva in aria, e non troppo si scosta;
41 come fa la cornacchia in secca arena,
come a colei che più; che gli occhi sui, che dietro il cane or qua or là; si mena.
più; che 'l suo cor, più; che la propria vita
Ruggiero amò; dal dì; ch'essa per lui 44
si trasse l'elmo, onde ne fu ferita. Ruggier, Gradasso, Sacripante, e tutti
Lungo sarebbe a dir come, e da cui, quei cavallier che scesi erano insieme,
e quanto ne la selva aspra e romita chi di sù;, chi di giù;, si son ridutti
si cercar poi la notte e il giorno chiaro; dove che torni il volatore han speme.
né;, se non qui, mai più; si ritrovaro. Quel, poi che gli altri invano ebbe condutti
più; volte e sopra le cime supreme

52
e negli umidi fondi tra quei sassi, per lungo spazio al sentimento vero.
presso a Ruggiero al fin ritenne i passi. Ciò; che già; inteso avea di Ganimede
ch'al ciel fu assunto dal paterno impero,
45 dubita assai che non accada a quello,
E questa opera fu del vecchio Atlante, non men gentil di Ganimede e bello.
di cui non cessa la pietosa voglia
di trar Rugier del gran periglio instante: 48
di ciò; sol pensa e di ciò; solo ha doglia. Con gli occhi fissi al ciel lo segue quanto
Però; gli manda or l'ippogrifo avante, basta il veder; ma poi che si dilegua
perché; d'Europa con questa arte il toglia. sì;, che la vista non può; correr tanto,
Ruggier lo piglia, e seco pensa trarlo; lascia che sempre l'animo lo segua.
ma quel s'arretra, e non vuol seguitarlo. Tuttavia con sospir, gemito e pianto
non ha, né; vuol aver pace né; triegua.
46 Poi che Ruggier di vista se le tolse,
Or di Frontin quel animoso smonta al buon destrier Frontin gli occhi rivolse:
(Frontino era nomato il suo destriero),
e sopra quel che va per l'aria monta, 49
e con li spron gli adizza il core altiero. e si deliberò; di non lasciarlo,
Quel corre alquanto, ed indi i piedi ponta, che fosse in preda a chi venisse prima;
e sale inverso il ciel, via più; leggiero ma di condurlo seco e di poi darlo
che 'l girifalco, a cui lieva il capello al suo signor, ch'anco veder pur stima.
il mastro a tempo, e fa veder l'augello. Poggia l'augel, né; può; Ruggier frenarlo:
di sotto rimaner vede ogni cima
47 ed abbassarsi in guisa, che non scorge
La bella donna, che sì; in alto vede dove è; piano il terren né; dove sorge.
e con tanto periglio il suo Ruggiero,
resta attonita in modo, che non riede 50

53
Poi che sì; ad alto vien, ch'un picciol punto Lancillotto, Galasso, Artù; e Galvano,
lo può; stimar chi da la terra il mira,
prende la via verso ove cade a punto 53
il sol, quando col Granchio si raggira, ed altri cavallieri e de la nuova
e per l'aria ne va come legno unto e de la vecchia Tavola famosi:
a cui nel mar propizio vento spira. restano ancor di più; d'una lor pruova
Lasciamlo andar, che farà; buon camino, li monumenti e li trofei pomposi.
e torniamo a Rinaldo paladino. L'arme Rinaldo e il suo Baiardo truova,
e tosto si fa por nei liti ombrosi,
51 ed al nochier comanda che si spicche
Rinaldo l'altro e l'altro giorno scorse, e lo vada aspettar a Beroicche.
spinto dal vento, un gran spazio di mare,
quando a ponente e quando contra l'Orse, 54
che notte e dì; non cessa mai soffiare. Senza scudiero e senza compagnia
Sopra la Scozia ultimamente sorse, va il cavallier per quella selva immensa,
dove la selva Calidonia appare, facendo or una ed or un'altra via,
che spesso fra gli antiqui ombrosi cerri dove più; aver strane aventure pensa.
s'ode sonar di bellicosi ferri. Capitò; il primo giorno a una badia,
che buona parte del suo aver dispensa
52 in onorar nel suo cenobio adorno
Vanno per quella i cavallieri erranti, le donne i cavallier che vanno attorno.
incliti in arme, di tutta Bretagna,
e de' prossimi luoghi e de' distanti, 55
di Francia, di Norvegia e de Lamagna. Bella accoglienza i monachi e l'abbate
Chi non ha gran valor, non vada inanti; fero a Rinaldo, il qual domandò; loro
che dove cerca onor, morte guadagna. (non prima già; che con vivande grate
Gran cose in essa già; fece Tristano, avesse avuto il ventre amplo ristoro)

54
come dai cavallier sien ritrovate (forse per odio più; che per ragione)
spesso aventure per quel tenitoro, averla a mezza notte ritrovata
dove si possa in qualche fatto eggregio trarr'un suo amante a sé; sopra un verrone.
l'uom dimostrar, se merta biasmo o pregio. Per le leggi del regno condannata
al foco fia, se non truova campione
56 che fra un mese, oggimai presso a finire,
Risposongli ch'errando in quelli boschi, l'iniquo accusator faccia mentire.
trovar potria strane aventure e molte:
ma come i luoghi, i fatti ancor son foschi; 59
che non se n'ha notizia le più; volte. L'aspra legge di Scozia, empia e severa,
- Cerca (diceano) andar dove conoschi vuol ch'ogni donna, e di ciascuna sorte,
che l'opre tue non restino sepolte, ch'ad uomo si giunga, e non gli sia mogliera,
acciò; dietro al periglio e alla fatica s'accusata ne viene, abbia la morte.
segua la fama, e il debito ne dica. Né; riparar si può; ch'ella non pera,
quando per lei non venga un guerrier forte
57 che tolga la difesa, e che sostegna
E se del tuo valor cerchi far prova, che sia innocente e di morire indegna.
t'è; preparata la più; degna impresa
che ne l'antiqua etade o ne la nova 60
giamai da cavallier sia stata presa. Il re, dolente per Ginevra bella
La figlia del re nostro or si ritrova (che così; nominata è; la sua figlia),
bisognosa d'aiuto e di difesa ha publicato per città; e castella,
contra un baron che Lurcanio si chiama, che s'alcun la difesa di lei piglia,
che tor le cerca e la vita e la fama. e che l'estingua la calunnia fella
(pur che sia nato di nobil famiglia),
58 l'avrà; per moglie, ed uno stato, quale
Questo Lurcanio al padre l'ha accusata fia convenevol dote a donna tale.

55
e maladetto chi la può; patire!
61 Debitamente muore una crudele,
Ma se fra un mese alcun per lei non viene, non chi dà; vita al suo amator fedele.
o venendo non vince, sarà; uccisa.
Simile impresa meglio ti conviene, 64
ch'andar pei boschi errando a questa guisa: Sia vero o falso che Ginevra tolto
oltre ch'onor e fama te n'aviene s'abbia il suo amante, io non riguardo a questo:
ch'in eterno da te non fia divisa, d'averlo fatto la loderei molto,
guadagni il fior di quante belle donne quando non fosse stato manifesto.
da l'Indo sono all'Atlantee colonne; Ho in sua difesa ogni pensier rivolto:
datemi pur un che mi guidi presto,
62 e dove sia l'accusator mi mene;
e una ricchezza appresso, ed uno stato ch'io spero in Dio Ginevra trar di pene.
che sempre far ti può; viver contento;
e la grazia del re, se suscitato 65
per te gli fia il suo onor, che è; quasi spento. Non vo' già; dir ch'ella non l'abbia fatto;
Poi per cavalleria tu se' ubligato che nol sappiendo, il falso dir potrei:
a vendicar di tanto tradimento dirò; ben che non de' per simil atto
costei, che per commune opinione, punizion cadere alcuna in lei;
di vera pudicizia è; un paragone. - e dirò; che fu ingiusto o che fu matto
chi fece prima gli statuti rei;
63 e come iniqui rivocar si denno,
Pensò; Rinaldo alquanto, e poi rispose: e nuova legge far con miglior senno.
- Una donzella dunque dè;' morire
perché; lasciò; sfogar ne l'amorose 66
sue braccia al suo amator tanto desire? S'un medesimo ardor, s'un disir pare
Sia maladetto chi tal legge pose, inchina e sforza l'uno e l'altro sesso

56
a quel suave fin d'amor, che pare 69
all'ignorante vulgo un grave eccesso; Avean, cercando abbreviar camino,
perché; si de' punir donna o biasmare, lasciato pel sentier la maggior via;
che con uno o più; d'uno abbia commesso quando un gran pianto udir sonar vicino,
quel che l'uom fa con quante n'ha appetito, che la foresta d'ogn'intorno empì;a.
e lodato ne va, non che impunito? Baiardo spinse l'un, l'altro il ronzino
verso una valle, onde quel grido uscì;a:
67 e fra dui mascalzoni una donzella
Son fatti in questa legge disuguale vider, che di lontan parea assai bella;
veramente alle donne espressi torti;
e spero in Dio mostrar che gli è; gran male 70
che tanto lungamente si comporti. - ma lacrimosa e addolorata quanto
Rinaldo ebbe il consenso universale, donna o donzella o mai persona fosse.
che fur gli antiqui ingiusti e male accorti, Le sono dui col ferro nudo a canto,
che consentiro a così; iniqua legge, per farle far l'erbe di sangue rosse.
e mal fa il re, che può;, né; la corregge. Ella con preghi differendo alquanto
giva il morir, sin che pietà; si mosse.
68 Venne Rinaldo; e come se n'accorse,
Poi che la luce candida e vermiglia con alti gridi e gran minacce accorse.
de l'altro giorno aperse l'emispero,
Rinaldo l'arme e il suo Baiardo piglia, 71
e di quella badia tolle un scudiero, Voltaro i malandrin tosto le spalle,
che con lui viene a molte leghe e miglia, che 'l soccorso lontan vider venire,
sempre nel bosco orribilmente fiero, e se appiattar ne la profonda valle.
verso la terra ove la lite nuova Il paladin non li curò; seguire:
de la donzella de' venir in pruova. venne a la donna, e qual gran colpa dà;lle
tanta punizion, cerca d'udire;

57
e per tempo avanzar, fa allo scudiero 2
levarla in groppa, e torna al suo sentiero. Ch'abominevol peste, che Megera
è; venuta a turbar gli umani petti?
72 che si sente il marito e la mogliera
E cavalcando poi meglio la guata sempre garrir d'ingiuriosi detti,
molto esser bella e di maniere accorte, stracciar la faccia e far livida e nera,
ancor che fosse tutta spaventata bagnar di pianto i geniali letti;
per la paura ch'ebbe de la morte. e non di pianto sol, ma alcuna volta
Poi ch'ella fu di nuovo domandata di sangue gli ha bagnati l'ira stolta.
chi l'avea tratta a sì; infelice sorte,
incominciò; con umil voce a dire 3
quel ch'io vo' all'altro canto differire. Parmi non sol gran mal, ma che l'uom faccia
contra natura e sia di Dio ribello,
che s'induce a percuotere la faccia
CANTO QUINTO di bella donna, o romperle un capello:
ma chi le dà; veneno, o chi le caccia
l'alma del corpo con laccio o coltello,
1 ch'uomo sia quel non crederò; in eterno,
Tutti gli altri animai che sono in terra, ma in vista umana uno spirto de l'inferno.
o che vivon quieti e stanno in pace,
o se vengono a rissa e si fan guerra, 4
alla femina il maschio non la face: Cotali esser doveano i duo ladroni
l'orsa con l'orso al bosco sicura erra, che Rinaldo cacciò; da la donzella,
la leonessa appresso il leon giace; da lor condotta in quei scuri valloni
col lupo vive la lupa sicura, perché; non se n'udisse più; novella.
né; la iuvenca ha del torel paura. Io lasciai ch'ella render le cagioni
s'apparechiava di sua sorte fella

58
al paladin, che le fu buono amico: buon luogo in corte ed onorato tenni.
or, seguendo l'istoria, così; dico. Crudele Amore, al mio stato invidendo,
fe' che seguace, ahi lassa! gli divenni:
5 fe' d'ogni cavallier, d'ogni donzello
La donna incominciò;: - Tu intenderai parermi il duca d'Albania più; bello.
la maggior crudeltade e la più; espressa,
ch'in Tebe e in Argo o ch'in Micene mai, 8
o in loco più; crudel fosse commessa. Perché; egli mostrò; amarmi più; che molto,
E se rotando il sole i chiari rai, io ad amar lui con tutto il cor mi mossi.
qui men ch'all'altre region s'appressa, Ben s'ode il ragionar, si vede il volto,
credo ch'a noi malvolentieri arrivi, ma dentro il petto mal giudicar possi.
perché; veder sì; crudel gente schivi. Credendo, amando, non cessai che tolto
l'ebbi nel letto, e non guardai ch'io fossi
6 di tutte le real camere in quella
Ch'agli nemici gli uomini sien crudi, che più; secreta avea Ginevra bella;
in ogni età; se n'è; veduto esempio;
ma dar la morte a chi procuri e studi 9
il tuo ben sempre, è; troppo ingiusto ed empio. dove tenea le sue cose più; care,
E acciò; che meglio il vero io ti denudi, e dove le più; volte ella dormia.
perché; costor volessero far scempio Si può; di quella in s'un verrone entrare,
degli anni verdi miei contra ragione, che fuor del muro al discoperto uscì;a.
ti dirò; da principio ogni cagione. Io facea il mio amator quivi montare;
e la scala di corde onde salia
7 io stessa dal verron giù; gli mandai
Voglio che sappi, signor mio, ch'essendo qual volta meco aver lo desiai:
tenera ancora, alli servigi venni
de la figlia del re, con cui crescendo, 10

59
che tante volte ve lo fei venire, chiedermi aiuto in questo nuovo amore.
quante Ginevra me ne diede l'agio,
che solea mutar letto, or per fuggire 13
il tempo ardente, or il brumal malvagio. Ben mi dicea ch'uguale al mio non era,
Non fu veduto d'alcun mai salire; né; vero amor quel ch'egli avea a costei;
però; che quella parte del palagio ma simulando esserne acceso, spera
risponde verso alcune case rotte, celebrarne i legitimi imenei.
dove nessun mai passa o giorno o notte. Dal re ottenerla fia cosa leggiera,
qualor vi sia la volontà; di lei;
11 che di sangue e di stato in tutto il regno
Continuò; per molti giorni e mesi non era, dopo il re, di lu' il più; degno.
tra noi secreto l'amoroso gioco:
sempre crebbe l'amore; e sì; m'accesi, 14
che tutta dentro io mi sentia di foco: Mi persuade, se per opra mia
e cieca ne fui sì;, ch'io non compresi potesse al suo signor genero farsi
ch'egli fingeva molto, e amava poco; (che veder posso che se n'alzeria
ancor che li suo' inganni discoperti a quanto presso al re possa uomo alzarsi),
esser doveanmi a mille segni certi. che me n'avria buon merto, e non saria
mai tanto beneficio per scordarsi;
12 e ch'alla moglie e ch'ad ogni altro inante
Dopo alcun dì; si mostrò; nuovo amante mi porrebbe egli in sempre essermi amante.
de la bella Ginevra. Io non so appunto
s'allora cominciasse, o pur inante 15
de l'amor mio, n'avesse il cor già; punto. Io, ch'era tutta a satisfargli intenta,
Vedi s'in me venuto era arrogante, né; seppi o volsi contradirgli mai,
s'imperio nel mio cor s'aveva assunto; e sol quei giorni io mi vidi contenta,
che mi scoperse, e non ebbe rossore ch'averlo compiaciuto mi trovai;

60
piglio l'occasion che s'appresenta quel cavallier chiamato Ariodante,
di parlar d'esso e di lodarlo assai; per esser valoroso a maraviglia;
ed ogni industria adopro, ogni fatica, ma più;, ch'ella sapea che l'era amante.
per far del mio amator Ginevra amica. Né; Vesuvio, né; il monte di Siciglia,
né; Troia avampò; mai di fiamme tante,
16 quanto ella conoscea che per suo amore
Feci col core e con l'effetto tutto Ariodante ardea per tutto il core.
quel che far si poteva, e sallo Idio;
né; con Ginevra mai potei far frutto, 19
ch'io le ponessi in grazia il duca mio: L'amar che dunque ella facea colui
e questo, che ad amar ella avea indutto con cor sincero e con perfetta fede,
tutto il pensiero e tutto il suo disio fe' che pel duca male udita fui;
un gentil cavallier, bello e cortese, né; mai risposta da sperar mi diede:
venuto in Scozia di lontan paese; anzi quanto io pregava più; per lui
e gli studiava d'impetrar mercede,
17 ella, biasmandol sempre e dispregiando,
che con un suo fratel ben giovinetto se gli venì;a più; sempre inimicando.
venne d'Italia a stare in questa corte;
si fe' ne l'arme poi tanto perfetto, 20
che la Bretagna non avea il più; forte. Io confortai l'amator mio sovente,
Il re l'amava, e ne mostrò; l'effetto; che volesse lasciar la vana impresa;
che gli donò; di non picciola sorte né; si sperasse mai volger la mente
castella e ville e iurisdizioni, di costei, troppo ad altro amore intesa:
e lo fe' grande al par dei gran baroni. e gli feci conoscer chiaramente,
come era sì; d'Ariodante accesa,
18 che quanta acqua è; nel mar, piccola dramma
Grato era al re, più; grato era alla figlia non spegneria de la sua immensa fiamma.

61
ben che sia tronca dai successi rei,
21 di germogliar non resta; che venire
Questo da me più; volte Polinesso pur vorria a fin di questo suo desire.
(che così; nome ha il duca) avendo udito,
e ben compreso e visto per se stesso 24
che molto male era il suo amor gradito; E non lo bramo tanto per diletto,
non pur di tanto amor si fu rimesso, qnanto perché; vorrei vincer la pruova;
ma di vedersi un altro preferito, e non possendo farlo con effetto,
come superbo, così; mal sofferse, s'io lo fo imaginando, anco mi giuova.
che tutto in ira e in odio si converse. Voglio, qual volta tu mi dà;i ricetto,
quando allora Ginevra si ritruova
22 nuda nel letto, che pigli ogni vesta
E tra Ginevra e l'amator suo pensa ch'ella posta abbia, e tutta te ne vesta.
tanta discordia e tanta lite porre,
e farvi inimicizia così; intensa, 25
che mai più; non si possino comporre; Come ella s'orna e come il crin dispone
e por Ginevra in ignominia immensa, studia imitarla, e cerca il più; che sai
donde non s'abbia o viva o morta a torre: di parer dessa, e poi sopra il verrone
né; de l'iniquo suo disegno meco a mandar giù; la scala ne verrai.
volse o con altri ragionar, che seco. Io verrò; a te con imaginazione
che quella sii, di cui tu i panni avrai:
23 e così; spero, me stesso ingannando,
Fatto il pensier: - Dalinda mia, - mi dice venir in breve il mio desir sciemando. -
(che così; son nomata) - saper dè;i,
che come suol tornar da la radice 26
arbor che tronchi e quattro volte e sei; Così; disse egli. Io che divisa e sevra
così; la pertinacia mia infelice, e lungi era da me, non posi mente

62
che questo in che pregando egli persevra, 29
era una fraude pur troppo evidente; - Ed io (rispose Ariodante a lui)
e dal verron, coi panni di Ginevra, di te mi maraviglio maggiormente;
mandai la scala onde salì; sovente; che di lei prima inamorato fui,
e non m'accorsi prima de l'inganno, che tu l'avessi vista solamente:
che n'era già; tutto accaduto il danno. e so che sai quanto è; l'amor tra nui,
ch'esser non può; di quel che sia, più; ardente;
27 e sol d'essermi moglie intende e brama:
Fatto in quel tempo con Ariodante e so che certo sai ch'ella non t'ama.
il duca avea queste parole o tali
(che grandi amici erano stati inante 30
che per Ginevra si fesson rivali): Perché; non hai tu dunque a me il rispetto
- Mi maraviglio (incominciò; il mio amante) per l'amicizia nostra, che domande
ch'avendoti io fra tutti li mie' uguali ch'a te aver debba, e ch'io t'avre' in effetto,
sempre avuto in rispetto e sempre amato, se tu fossi con lei di me più; grande?
ch'io sia da te sì; mal rimunerato. Né; men di te per moglie averla aspetto,
se ben tu sei più; ricco in queste bande:
28 io non son meno al re, che tu sia, grato,
Io son ben certo che comprendi e sai ma più; di te da la sua figlia amato. -
di Ginevra e di me l'antiquo amore;
e per sposa legittima oggimai 31
per impetrarla son dal mio signore. - Oh (disse il duca a lui), grande è; cotesto
Perché; mi turbi tu? perché; pur vai errore a che t'ha il folle amor condutto!
senza frutto in costei ponendo il core? Tu credi esser più; amato; io credo questo
Io ben a te rispetto avrei, per Dio, medesmo: ma si può; veder al frutto.
s'io nel tuo grado fossi, e tu nel mio. - Tu fammi ciò; ch'hai seco, manifesto,
ed io il secreto mio t'aprirò; tutto;

63
e quel di noi che manco aver si veggia, a beneficio del re e del suo regno,
ceda a chi vince, e d'altro si provveggia. di crescer tanto in grazia al suo signore,
che sarebbe da lui stimato degno
32 che la figliuola sua per moglie avesse,
E sarò; pronto, se tu vuoi ch'io giuri poi che piacer a lei così; intendesse.
di non dir cosa mai che mi riveli:
così; voglio ch'ancor tu m'assicuri 35
che quel ch'io ti dirò;, sempre mi celi. - Poi disse: - A questo termine son io,
Venner dunque d'accordo alli scongiuri, né; credo già; ch'alcun mi venga appresso:
e poser le man sugli Evangeli: né; cerco più; di questo, né; desio
e poi che di tacer fede si diero, de l'amor d'essa aver segno più; espresso;
Ariodante incominciò; primiero. né; più; vorrei, se non quanto da Dio
per connubio legitimo è; concesso:
33 e saria invano il domandar più; inanzi;
E disse per lo giusto e per lo dritto che di bontà; so come ogn'altra avanzi. -
come tra sé; e Ginevra era la cosa;
ch'ella gli avea giurato e a bocca e in scritto, 36
che mai non saria ad altri, ch'a lui, sposa; Poi ch'ebbe il vero Ariodante esposto
e se dal re le venì;a contraditto, de la mercé; ch'aspetta a sua fatica,
gli promettea di sempre esser ritrosa Polinesso, che già; s'avea proposto
da tutti gli altri maritaggi poi, di far Ginevra al suo amator nemica,
e viver sola in tutti i giorni suoi: cominciò;: - Sei da me molto discosto,
e vo' che di tua bocca anco tu 'l dica;
34 e del mio ben veduta la radice,
e ch'esso era in speranza pel valore che confessi me solo esser felice.
ch'avea mostrato in arme a più; d'un segno,
ed era per mostrare a laude, a onore, 37

64
Finge ella teco, né; t'ama né; prezza; che tu sei traditor mostrarti or ora. -
che ti pasce di speme e di parole:
oltra questo, il tuo amor sempre a sciochezza, 40
quando meco ragiona, imputar suole. Soggiunse il duca: - Non sarebbe onesto
Io ben d'esserle caro altra certezza che noi volessen la battaglia torre
veduta n'ho, che di promesse e fole; di quel che t'offerisco manifesto,
e tel dirò; sotto la fé; in secreto, quando ti piaccia, inanzi agli occhi porre. -
ben che farei più; il debito a star cheto. Resta smarrito Ariodante a questo,
e per l'ossa un tremor freddo gli scorre;
38 e se creduto ben gli avesse a pieno,
Non passa mese, che tre, quattro e sei venì;a sua vita allora allora meno.
e talor diece notti io non mi truovi
nudo abbracciato in quel piacer con lei, 41
ch'all'amoroso ardor par che sì; giovi: Con cor trafitto e con pallida faccia,
sì; che tu puoi veder s'a' piacer miei e con voce tremante e bocca amara
son d'aguagliar le ciance che tu pruovi. rispose: - Quando sia che tu mi faccia
Cedimi dunque e d'altro ti provedi, veder quest'aventura tua sì; rara,
poi che sì; inferior di me ti vedi. - prometto di costei lasciar la traccia,
a te sì; liberale, a me sì; avara:
39 ma ch'io tel voglia creder non far stima,
- Non ti vo' creder questo (gli rispose s'io non lo veggio con questi occhi prima. -
Ariodante), e certo so che menti;
e composto fra te t'hai queste cose, 42
acciò; che da l'impresa io mi spaventi: - Quando ne sarà; il tempo, avisarotti, -
ma perché; a lei son troppo ingiuriose, soggiunse Polinesso, e dipartisse.
questo c'hai detto sostener convienti; Non credo che passar più; di due notti,
che non bugiardo sol, ma voglio ancora ch'ordine fu che 'l duca a me venisse.

65
Per scoccar dunque i lacci che condotti l'arme; e la notte lo menò; con lui:
avea sì; cheti, andò; al rivale, e disse non che 'l secreto suo già; gli dicesse;
che s'ascondesse la notte seguente né; l'avria detto ad esso, né; ad altrui.
tra quelle case ove non sta mai gente: Da sé; lontano un trar di pietra il messe:
- Se mi senti chiamar, vien (disse) a nui;
43 ma se non senti, prima ch'io ti chiami,
e dimostrogli un luogo a dirimpetto non ti partir di qui, frate, se m'ami. -
di quel verrone ove solea salire.
Ariodante avea preso sospetto 46
che lo cercasse far quivi venire, - Va pur, non dubitar, - disse il fratello:
come in un luogo dove avesse eletto e così; venne Ariodanle cheto,
di por gli aguati, e farvelo morire, e si celò; nel solitario ostello
sotto questa finzion, che vuol mostrargli ch'era d'incontro al mio verron secreto.
quel di Ginevra, ch'impossibil pargli. Vien d'altra parte il fraudolente e fello,
che d'infamar Ginevra era sì; lieto;
44 e fa il segno, tra noi solito inante,
Di volervi venir prese partito, a me che de l'inganno era ignorante.
ma in guisa che di lui non sia men forte;
perché; accadendo che fosse assalito, 47
si truovi sì;, che non tema di morte. Ed io con veste candida, e fregiata
Un suo fratello avea saggio ed ardito, per mezzo a liste d'oro e d'ogn'intorno,
iI più; famoso in arme de la corte, e con rete pur d'or, tutta adombrata
detto Lurcanio; e avea più; cor con esso, di bei fiocchi vermigli al capo intorno
che se dieci altri avesse avuto appresso. (foggia che sol fu da Ginevra usata,
non d'alcun'altra), udito il segno, torno
45 sopra il verron, ch'in modo era locato,
Seco chiamollo, e volse che prendesse che mi scopria dinanzi e d'ogni lato.

66
Ariodante, in che dolor rimase.
48 Vien Polinesso, e alla scala s'appoggia
Lurcanio in questo mezzo dubitando che giù; manda'gli, e monta in su la loggia.
che 'l fratello a pericolo non vada,
o come è; pur commun disio, cercando 51
di spiar sempre ciò; che ad altri accada; A prima giunta io gli getto le braccia
l'era pian pian venuto seguitando, al collo, ch'io non penso esser veduta;
tenendo l'ombre e la più; oscura strada: lo bacio in bocca e per tutta la faccia,
e a men di dieci passi a lui discosto, come far soglio ad ogni sua venuta.
nel medesimo ostel s'era riposto. Egli più; de l'usato si procaccia
d'accarezzarmi, e la sua fraude aiuta.
49 Quell'altro al rio spettacolo condutto,
Non sappiendo io di questo cosa alcuna, misero sta lontano, e vede il tutto.
venni al verron ne l'abito c'ho detto,
sì; come già; venuta era più; d'una 52
e più; di due fiate a buono effetto. Cade in tanto dolor, che si dispone
Le veste si vedean chiare alla luna; allora allora di voler morire:
né; dissimile essendo anch'io d'aspetto e il pome de la spada in terra pone,
né; di persona da Ginevra molto, che su la punta si volea ferire.
fece parere un per un altro il volto: Lurcanio che con grande ammirazione
avea veduto il duca a me salire,
50 ma non già; conosciuto chi si fosse,
e tanto più;, ch'era gran spazio in mezzo scorgendo l'atto del fratel, si mosse;
fra dove io venni a quelle inculte case
ai dui fratelli, che stavano al rezzo, 53
il duca agevolmente persuase e gli vietò; che con la propria mano
quel ch'era falso. Or pensa in che ribrezzo non si passasse in quel furore il petto.

67
S'era più; tardo o poco più; lontano, 56
non giugnea a tempo, e non faceva effetto. Il seguente matin, senza far motto
- Ah misero fratel, fratello insano al suo fratello o ad altri, in via si messe
(gridò;), perc'hai perduto l'intelletto, da la mortal disperazion condotto;
ch'una femina a morte trar ti debbia? né; di lui per più; dì; fu chi sapesse.
ch'ir possan tutte come al vento nebbia! Fuor che 'l duca e il fratello, ogn'altro indotto
era chi mosso al dipartir l'avesse.
54 Ne la casa del re di lui diversi
Cerca far morir lei, che morir merta, ragionamenti e in tutta Scozia fersi.
e serva a più; tuo onor tu la tua morte.
Fu d'amar lei, quando non t'era aperta 57
la fraude sua: or è; da odiar ben forte, In capo d'otto o di più; giorni in corte
poi che con gli occhi tuoi tu vedi certa, venne inanzi a Ginevra un viandante,
quanto sia meretrice, e di che sorte. e novelle arrecò; di mala sorte:
Serbi quest'arme che volti in te stesso, che s'era in mar summerso Ariodante
a far dinanzi al re tal fallo espresso. - di volontaria sua libera morte,
non per colpa di borea o di levante.
55 D'un sasso che sul mar sporgea molt'alto
Quando si vede Ariodante giunto avea col capo in giù; preso un gran salto.
sopra il fratel, la dura impresa lascia;
ma la sua intenzion da quel ch'assunto 58
avea già; di morir, poco s'accascia. Colui dicea: - Pria che venisse a questo,
Quindi si leva, e porta non che punto, a me che a caso riscontrò; per via,
ma trapassato il cor d'estrema ambascia; disse: - Vien meco, acciò; che manifesto
pur finge col fratel, che quel furore per te a Ginevra il mio successo sia;
non abbia più;, che dianzi avea nel core. e dille poi, che la cagion del resto
che tu vedrai di me, ch'or ora fia,

68
è; stato sol perc'ho troppo veduto: né; cavallier né; donna de la corte.
felice, se senza occhi io fussi suto! - Di tutti il suo fratel mostrò; più; lutto;
e si sommerse nel dolor sì; forte,
59 ch'ad esempio di lui, contra se stesso
Eramo a caso sopra Capobasso, voltò; quasi la man per irgli appresso.
che verso Irlanda alquanto sporge in mare.
Così; dicendo, di cima d'un sasso 62
lo vidi a capo in giù; sott'acqua andare. E molte volte ripetendo seco,
Io lo lasciai nel mare, ed a gran passo che fu Ginevra che 'l fratel gli estinse,
ti son venuto la nuova a portare. - e che non fu se non quell'atto bieco
Ginevra, sbigottita e in viso smorta, che di lei vide, ch'a morir lo spinse;
rimase a quello annunzio mezza morta. di voler vendicarsene sì; cieco
venne, e sì; l'ira e sì; il dolor lo vinse,
60 che di perder la grazia vilipese,
Oh Dio, che disse e fece, poi che sola ed aver l'odio del re e del paese.
si ritrovò; nel suo fidato letto!
percosse il seno, e si stracciò; la stola, 63
e fece all'aureo crin danno e dispetto; E inanzi al re, quando era più; di gente
ripetendo sovente la parola la sala piena, se ne venne, e disse:
ch'Ariodante avea in estremo detto: - Sappi, signor, che di levar la mente
che la cagion del suo caso empio e tristo al mio fratel, sì; ch'a morir ne gisse,
tutta venì;a per aver troppo visto. stata è; la figlia tua sola nocente;
ch'a lui tanto dolor l'alma trafisse
61 d'aver veduta lei poco pudica,
Il rumor scorse di costui per tutto, che più; che vita ebbe la morte amica.
che per dolor s'avea dato la morte.
Di questo il re non tenne il viso asciutto, 64

69
Erane amante, e perché; le sue voglie di condannarla e di farla morire.
disoneste non fur, nol vo' coprire:
per virtù; meritarla aver per moglie 67
da te sperava e per fedel servire; Io non credo, signor, che ti sia nuova
ma mentre il lasso ad odorar le foglie la legge nostra che condanna a morte
stava lontano, altrui vide salire, ogni donna e donzella, che si pruova
salir su l'arbor riserbato, e tutto di sé; far copia altrui ch'al suo consorte.
essergli tolto il disiato frutto. - Morta ne vien, s'in un mese non truova
in sua difesa un cavallier sì; forte,
65 che contra il falso accusator sostegna
E seguitò;, come egli avea veduto che sia innocente e di morire indegna.
venir Ginevra sul verrone, e come
mandò; la scala, onde era a lei venuto 68
un drudo suo, di chi egli non sa il nome, Ha fatto il re bandir, per liberarla
che s'avea, per non esser conosciuto, (che pur gli par ch'a torto sia accusata),
cambiati i panni e nascose le chiome. che vuol per moglie e con gran dote darla
Soggiunse che con l'arme egli volea a chi torrà; l'infamia che l'è; data.
provar tutto esser ver ciò; che dicea. Chi per lei comparisca non si parla
guerriero ancora, anzi l'un l'altro guata;
66 che quel Lurcanio in arme è; così; fiero,
Tu puoi pensar se 'l padre addolorato che par che di lui tema ogni guerriero.
riman, quando accusar sente la figlia;
sì; perché; ode di lei quel che pensato 69
mai non avrebbe, e n'ha gran maraviglia; Atteso ha l'empia sorte, che Zerbino,
sì; perché; sa che fia necessitato fratel di lei, nel regno non si truove;
(se la difesa alcun guerrier non piglia, che va già; molti mesi peregrino,
il qual Lurcanio possa far mentire) mostrando di sé; in arme inclite pruove:

70
che quando si trovasse più; vicino de l'amor mio fei Polinesso certo;
quel cavallier gagliardo, o in luogo dove e s'era debitor per tai rispetti
potesse avere a tempo la novella, d'avermi cara o no, tu 'l vedi aperto.
non mancheria d'aiuto alla sorella. Or senti il guidardon che io ricevetti,
vedi la gran mercé; del mio gran merto;
70 vedi se deve, per amare assai,
Il re, ch'intanto cerca di sapere donna sperar d'essere amata mai:
per altra pruova, che per arme, ancora,
se sono queste accuse o false o vere, 73
se dritto o torto è; che sua figlia mora; che questo ingrato, perfido e crudele,
ha fatto prender certe cameriere de la mia fede ha preso dubbio al fine:
che lo dovrian saper, se vero fôra: venuto è; in sospizion ch'io non rivele
ond'io previdi, che se presa era io, a lungo andar le fraudi sue volpine.
troppo periglio era del duca e mio. Ha finto, acciò; che m'allontane e cele
fin che l'ira e il furor del re decline,
71 voler mandarmi ad un suo luogo forte;
E la notte medesima mi trassi e mi volea mandar dritto alla morte:
fuor de la corte, e al duca mi condussi;
e gli feci veder quanto importassi 74
al capo d'amendua, se presa io fussi. che di secreto ha commesso alla guida,
Lodommi, e disse ch'io non dubitassi: che come m'abbia in queste selve tratta,
a' suoi conforti poi venir m'indussi per degno premio di mia fé; m'uccida.
ad una sua fortezza ch'è; qui presso, Così; l'intenzion gli venì;a fatta,
in compagnia di dui che mi diede esso. se tu non eri appresso alle mia grida.
Ve' come Amor ben chi lui segue, tratta! -
72 Così; narrò; Dalinda al paladino
Hai sentito, signor, con quanti effetti seguendo tuttavolta il lor camino.

71
non gli avea alcuno al discoperto il volto;
75 e che 'l proprio scudier che gli servia,
A cui fu sopra ogn'aventura, grata dicea giurando: - Io non so dir chi sia. -
questa, d'aver trovata la donzella
che gli avea tutta l'istoria narrata 78
de l'innocenza di Ginevra bella. Non cavalcaro molto, ch'alle mura
E se sperato avea, quando accusata si trovar de la terra e in su la porta.
ancor fosse a ragion, d'aiutar quella, Dalinda andar più; inanzi avea paura;
via con maggior baldanza or viene in prova, pur va, poi che Rinaldo la conforta.
poi che evidente la calunnia truova. La porta è; chiusa, ed a chi n'avea cura
Rinaldo domandò;: - Questo ch'importa?
76 E fugli detto: perché; 'l popol tutto
E verso la città; di Santo Andrea, a veder la battaglia era ridutto,
dove era il re con tutta la famiglia,
e la battaglia singular dovea 79
esser de la querela de la figlia, che tra Lurcanio e un cavallier istrano
andò; Rinaldo quanto andar potea, si fa ne l'altro capo de la terra,
fin che vicino giunse a poche miglia; ove era un prato spazioso e piano;
alla città; vicino giunse, dove e che già; cominciata hanno la guerra.
trovò; un scudier ch'avea più; fresche nuove: Aperto fu al signor di Montealbano,
e tosto il portinar dietro gli serra.
77 Per la vota città; Rinaldo passa;
ch'un cavallier istrano era venuto, ma la donzella al primo albergo lassa:
ch'a difender Ginevra s'avea tolto,
con non usate insegne, e sconosciuto, 80
però; che sempre ascoso andava molto; e dice che sicura ivi si stia
e che dopo che v'era, ancor veduto fin che ritorni a lei, che sarà; tosto;

72
e verso il campo poi ratto s'invia, 83
dove li dui guerrier dato e risposto Rinaldo disse al re: - Magno signore,
molto s'aveano, e davan tuttavia. non lasciar la battaglia più; seguire;
Stava Lurcanio di mal cor disposto perché; di questi dua qualunche more,
contra Ginevra; e l'altro in sua difesa sappi ch'a torto tu 'l lasci morire.
ben sostenea la favorita impresa. L'un crede aver ragione, ed è; in errore,
e dice il falso, e non sa di mentire;
81 ma quel medesmo error che 'l suo germano
Sei cavallier con lor ne lo steccato a morir trasse, a lui pon l'arme in mano.
erano a piedi, armati di corazza,
col duca d'Albania, ch'era montato 84
s'un possente corsier di buona razza. L'altro non sa se s'abbia dritto o torto;
Come a gran contestabile, a lui dato ma sol per gentilezza e per bontade
la guardia fu del campo e de la piazza: in pericol si è; posto d'esser morto,
e di veder Ginevra in gran periglio per non lasciar morir tanta beltade.
avea il cor lieto, ed orgoglioso il ciglio. Io la salute all'innocenza porto;
porto il contrario a chi usa falsitade.
82 Ma, per Dio, questa pugna prima parti,
Rinaldo se ne va tra gente e gente; poi mi dà; audienza a quel ch'io vo' narrarti. -
fassi far largo il buon destrier Baiardo:
chi la tempesta del suo venir sente, 85
a dargli via non par zoppo né; tardo. Fu da l'autorità; d'un uom sì; degno,
Rinaldo vi compar sopra eminente, come Rinaldo gli parea al sembiante,
e ben rassembra il fior d'ogni gagliardo; sì; mosso il re, che disse e fece segno
poi si ferma all'incontro ove il re siede: che non andasse più; la pugna inante;
ognun s'accosta per udir che chiede. al quale insieme ed ai baron del regno
e ai cavallieri e all'altre turbe tante

73
Rinaldo fe' l'inganno tutto espresso, Così; Rinaldo inverso lui si lancia,
ch'avea ordito a Ginevra Polinesso. che disioso di finir la festa,
mira a passargli il petto con la lancia:
86 né; discorde al disir seguì; l'effetto;
Indi s'offerse di voler provare ché; mezza l'asta gli cacciò; nel petto.
coll'arme, ch'era ver quel ch'avea detto.
Chiamasi Polinesso; ed ei compare, 89
ma tutto conturbato ne l'aspetto: Fisso nel tronco lo trasporta in terra,
pur con audacia cominciò; a negare. lontan dal suo destrier più; di sei braccia.
Disse Rinaldo: - Or noi vedrem l'effetto. - Rinaldo smonta subito, e gli afferra
L'uno e l'altro era armato, il campo fatto, l'elmo, pria che si levi, e gli lo slaccia:
sì; che senza indugiar vengono al fatto. ma quel, che non può; far più; troppa guerra,
gli domanda mercé; con umil faccia,
87 e gli confessa, udendo il re e la corte,
Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro la fraude sua che l'ha condutto a morte.
che Ginevra a provar s'abbi innocente!
tutti han speranza che Dio mostri chiaro 90
ch'impudica era detta ingiustamente. Non finì; il tutto, e in mezzo la parola
Crudel superbo e riputato avaro e la voce e la vita l'abandona.
fu Polinesso, iniquo e fraudolente; Il re, che liberata la figliuola
sì; che ad alcun miracolo non fia vede da morte e da fama non buona,
che l'inganno da lui tramato sia. più; s'allegra, gioisce e raconsola,
che, s'avendo perduta la corona,
88 ripor se la vedesse allora allora;
Sta Polinesso con la faccia mesta, sì; che Rinaldo unicamente onora.
col cor tremante e con pallida guancia;
e al terzo suon mette la lancia in resta. 91

74
E poi ch'al trar dell'elmo conosciuto l'aria e la terra istessa in ch'è; sepulto:
l'ebbe, perch'altre volte l'avea visto, e Dio fa spesso che 'l peccato guida
levò; le mani a Dio, che d'un aiuto il peccator, poi ch'alcun dì; gli ha indulto,
come era quel, gli avea sì; ben provisto. che sé; medesmo, senza altrui richiesta,
Quell'altro cavallier che, sconosciuto, innavedutamente manifesta.
soccorso avea Ginevra al caso tristo,
ed armato per lei s'era condutto, 2
stato da parte era a vedere il tutto. Avea creduto il miser Polinesso
totalmente il delitto suo coprire,
92 Dalinda consapevole d'appresso
Dal re pregato fu di dire il nome, levandosi, che sola il potea dire:
o di lasciarsi almen veder scoperto, e aggiungendo il secondo al primo eccesso,
acciò; da lui fosse premiato, come affrettò; il mal che potea differire,
di sua buona intenzion chiedeva il merto. e potea differire e schivar forse;
Quel, dopo lunghi preghi, da le chiome ma se stesso spronando, a morir corse:
si levò; l'elmo, e fe' palese e certo
quel che ne l'altro canto ho da seguire, 3
se grata vi sarà; l'istoria udire. e perdé; amici a un tempo e vita e stato,
e onor, che fu molto più; grave danno.
Dissi di sopra, che fu assai pregato
CANTO SESTO il cavallier, ch'ancor chi sia non sanno.
Al fin si trasse l'elmo, e 'l viso amato
scoperse, che più; volte veduto hanno:
1 e dimostrò; come era Ariodante,
Miser chi mal oprando si confida per tutta Scozia lacrimato inante;
ch'ognor star debbia il maleficio occulto;
che quando ogn'altro taccia, intorno grida 4

75
Ariodante, che Ginevra pianto o pur mesta e pietosa ne restasse.
avea per morto, e 'l fratel pianto avea,
il re, la corte, il popul tutto quanto: 7
di tal bontà;, di tal valor splendea. Intese prima, che per gran dolore
Adunque il peregrin mentir di quanto ella era stata a rischio di morire
dianzi di lui narrò;, quivi apparea; (la fama andò; di questo in modo fuore,
e fu pur ver che dal sasso marino che ne fu in tutta l'isola che dire):
gittarsi in mar lo vide a capo chino. contrario effetto a quel che per errore
credea aver visto con suo gran martire.
5 Intese poi, come Lurcanio avea
Ma (come aviene a un disperato spesso, fatta Ginevra appresso il padre rea.
che da lontan brama e disia la morte,
e l'odia poi che se la vede appresso, 8
tanto gli pare il passo acerbo e forte) Contra il fratel d'ira minor non arse,
Ariodante, poi ch'in mar fu messo, che per Ginevra già; d'amor ardesse;
si pentì; di morire: e come forte che troppo empio e crudele atto gli parse,
e come destro e più; d'ogn'altro ardito, ancora che per lui fatto l'avesse.
si messe a nuoto e ritornossi al lito; Sentendo poi, che per lei non comparse
cavallier che difender la volesse
6 (che Lurcanio sì; forte era e gagliardo,
e dispregiando e nominando folle ch'ognun d'andargli contra avea riguardo;
il desir ch'ebbe di lasciar la vita,
si messe a caminar bagnato e molle, 9
e capitò; all'ostel d'un eremita. e chi n'avea notizia, il riputava
Quivi secretamente indugiar volle tanto discreto, e sì; saggio ed accorto,
tanto, che la novella avesse udita, che se non fosse ver quel che narrava,
se del caso Ginevra s'allegrasse, non si porrebbe a rischio d'esser morto;

76
per questo la più; parte dubitava vedrà;, per lei salvare, a morir giunto.
di non pigliar questa difesa a torto); Di mio fratello insieme, il quale acceso
Ariodante, dopo gran discorsi, tanto fuoco ha, vendicherommi a un punto;
pensò; all'accusa del fratello opporsi. ch'io lo farò; doler, poi che compreso
il fine avrà; del suo crudele assunto:
10 creduto vendicar avrà; il germano,
- Ah lasso! io non potrei (seco dicea) e gli avrà; dato morte di sua mano. -
sentir per mia cagion perir costei:
troppo mia morte fôra acerba e rea, 13
se inanzi a me morir vedessi lei. Concluso ch'ebbe questo nel pensiero,
Ella è; pur la mia donna e la mia dea, nuove arme ritrovò;, nuovo cavallo;
questa è; la luce pur degli occhi miei: e sopraveste nere, e scudo nero
convien ch'a dritto e a torto, per suo scampo portò;, fregiato a color verdegiallo.
pigli l'impresa, e resti morto in campo. Per aventura si trovò; un scudiero
ignoto in quel paese, e menato hallo;
11 e sconosciuto (come ho già; narrato)
So ch'io m'appiglio al torto; e al torto sia: s'appresentò; contra il fratello armato.
e ne morrò;; né; questo mi sconforta,
se non ch'io so che per la morte mia 14
sì; bella donna ha da restar poi morta. Narrato v'ho come il fatto successe,
Un sol conforto nel morir mi fia, come fu conosciuto Ariodante.
che, se 'l suo Polinesso amor le porta, Non minor gaudio n'ebbe il re, ch'avesse
chiaramente veder avrà; potuto, de la figliuola liberata inante.
che non s'è; mosso ancor per darle aiuto; Seco pensò; che mai non si potesse
trovar un più; fedele e vero amante;
12 che dopo tanta ingiuria, la difesa
e me, che tanto espressamente ha offeso, di lei, contra il fratel proprio, avea presa.

77
tutta l'Europa, ed era uscito fuore
15 per molto spazio il segno che prescritto
E per sua inclinazion (ch'assai l'amava) avea già; a' naviganti Ercole invitto.
e per li preghi di tutta la corte,
e di Rinaldo, che più; d'altri instava, 18
de la bella figliuola il fa consorte. Quello ippogrifo, grande e strano augello,
La duchea d'Albania ch'al re tornava lo porta via con tal prestezza d'ale,
dopo che Polinesso ebbe la morte, che lasceria di lungo tratto quello
in miglior tempo discader non puote, celer ministro del fulmineo strale.
poi che la dona alla sua figlia in dote. Non va per l'aria altro animal sì; snello,
che di velocità; gli fosse uguale:
16 credo ch'a pena il tuono e la saetta
Rinaldo per Dalinda impetrò; grazia, venga in terra dal ciel con maggior fretta.
che se n'andò; di tanto errore esente;
la qual per voto, e perché; molto sazia 19
era del mondo, a Dio volse la mente: Poi che l'augel trascorso ebbe gran spazio
monaca s'andò; a render fin in Dazia, per linea dritta e senza mai piegarsi,
e si levò; di Scozia immantinente. con larghe ruote, omai de l'aria sazio,
Ma tempo è; ormai di ritrovar Ruggiero, cominciò; sopra una isola a calarsi;
che scorre il ciel su l'animal leggiero. pari a quella ove, dopo lungo strazio
far del suo amante e lungo a lui celarsi,
17 la vergine Aretusa passò; invano
Ben che Ruggier sia d'animo costante, di sotto il mar per camin cieco e strano.
né; cangiato abbia il solito colore,
io non gli voglio creder che tremante 20
non abbia dentro più; che foglia il core. Non vide né; 'l più; bel né; 'l più; giocondo
Lasciato avea di gran spazio distante da tutta l'aria ove le penne stese;

78
né; se tutto cercato avesse il mondo, 23
vedria di questo il più; gentil paese, Come sì; presso è; l'ippogrifo a terra,
ove, dopo un girarsi di gran tondo, ch'esser ne può; men periglioso il salto,
con Ruggier seco il grande augel discese: Ruggier con fretta de l'arcion si sferra,
culte pianure e delicati colli, e si ritruova in su l'erboso smalto;
chiare acque, ombrose ripe e prati molli. tuttavia in man le redine si serra,
che non vuol che 'l destrier più; vada in alto:
21 poi lo lega nel margine marino
Vaghi boschetti di soavi allori, a un verde mirto in mezzo un lauro e un pino.
di palme e d'amenissime mortelle,
cedri ed aranci ch'avean frutti e fiori 24
contesti in varie forme e tutte belle, E quivi appresso, ove surgea una fonte
facean riparo ai fervidi calori cinta di cedri e di feconde palme,
de' giorni estivi con lor spesse ombrelle; pose lo scudo, e l'elmo da la fronte
e tra quei rami con sicuri voli si trasse, e disarmossi ambe le palme;
cantanto se ne gì;ano i rosignuoli. ed ora alla marina ed ora al monte
volgea la faccia all'aure fresche ed alme,
22 che l'alte cime con mormorii lieti
Tra le purpuree rose e i bianchi gigli, fan tremolar dei faggi e degli abeti.
che tiepida aura freschi ognora serba,
sicuri si vedean lepri e conigli, 25
e cervi con la fronte alta e superba, Bagna talor ne la chiara onda e fresca
senza temer ch'alcun gli uccida o pigli, l'asciutte labra, e con le man diguazza,
pascano o stiansi rominando l'erba; acciò; che de le vene il calor esca
saltano i daini e i capri isnelli e destri, che gli ha acceso il portar de la corazza.
che sono in copia in quei luoghi campestri. Né; maraviglia è; già; ch'ella gl'incresca;
che non è; stato un far vedersi in piazza:

79
ma senza mai posar, d'arme guernito, come dimostri alla presenza bella,
tremila miglia ognor correndo era ito. lieva questo animal da l'arbor mio:
basti che 'l mio mal proprio mi flagella,
26 senza altra pena, senza altro dolore
Quivi stando, il destrier ch'avea lasciato ch'a tormentarmi ancor venga di fuore. -
tra le più; dense frasche alla fresca ombra,
per fuggir si rivolta, spaventato 29
di non so che, che dentro al bosco adombra: Al primo suon di quella voce torse
e fa crollar sì; il mirto ove è; legato, Ruggiero il viso, e subito levosse;
che de le frondi intorno il piè; gli ingombra: e poi ch'uscir da l'arbore s'accorse,
crollar fa il mirto, e fa cader la foglia; stupefatto restò; più; che mai fosse.
né; succede però; che se ne scioglia. A levarne il destrier subito corse;
e con le guance di vergogna rosse:
27 - Qual che tu sii, perdonami (dicea),
Come ceppo talor, che le medolle o spirto umano, o boschereccia dea.
rare e vote abbia, e posto al fuoco sia,
poi che per gran calor quell'aria molle 30
resta consunta ch'in mezzo l'empì;a, Il non aver saputo che s'asconda
dentro risuona e con strepito bolle sotto ruvida scorza umano spirto,
tanto che quel furor truovi la via; m'ha lasciato turbar la bella fronda
così; murmura e stride e si corruccia e far ingiuria al tuo vivace mirto:
quel mirto offeso, e al fine apre la buccia. ma non restar però;, che non risponda
chi tu ti sia, ch'in corpo orrido ed irto,
28 con voce e razionale anima vivi;
Onde con mesta e flebil voce uscì;o se da grandine il ciel sempre ti schivi.
espedita e chiarissima favella,
e disse: - Se tu sei cortese e pio, 31

80
E s'ora o mai potrò; questo dispetto più; d'una donna: e al fin me solo offesi.
con alcun beneficio compensarte,
per quella bella donna ti prometto, 34
quella che di me tien la miglior parte, Ritornando io da quelle isole estreme
ch'io farò; con parole e con effetto, che da Levante il mar Indico lava,
ch'avrai giusta cagion di me lodarte. - dopo Rinaldo ed alcun'altri insieme
Come Ruggiero al suo parlar fin diede, meco fur chiusi in parte oscura e cava,
tremò; quel mirto da la cima al piede. ed onde liberati le supreme
forze n'avean del cavallier di Brava;
32 vêr ponente io venì;a lungo la sabbia
Poi si vide sudar su per la scorza, che del settentrion sente la rabbia.
come legno dal bosco allora tratto,
che del fuoco venir sente la forza, 35
poscia ch'invano ogni ripar gli ha fatto; E come la via nostra e il duro e fello
e cominciò;: - Tua cortesia mi sforza destin ci trasse, uscimmo una matina
a discoprirti in un medesmo tratto sopra la bella spiaggia, ove un castello
ch'io fossi prima, e chi converso m'aggia siede sul mar, de la possente Alcina.
in questo mirto in su l'amena spiaggia. Trovammo lei ch'uscita era di quello,
e stava sola in ripa alla marina;
33 e senza rete e senza amo traea
Il nome mio fu Astolfo; e paladino tutti li pesci al lito, che volea.
era di Francia, assai temuto in guerra:
d'Orlando e di Rinaldo era cugino, 36
la cui fama alcun termine non serra; Veloci vi correvano i delfini,
e si spettava a me tutto il domì;no, vi venì;a a bocca aperta il grosso tonno;
dopo il mio padre Oton, de l'Inghilterra. i capidogli coi vecchi marini
Leggiadro e bel fui sì;, che di me accesi vengon turbati dal loro pigro sonno;

81
muli, salpe, salmoni e coracini con modi graziosi e riverenti,
nuotano a schiere in più; fretta che ponno; e disse: - Cavallier, quando vi piaccia
pistrici, fisiteri, orche e balene far oggi meco i vostri alloggiamenti,
escon del mar con mostruose schiene. io vi farò; veder, ne la mia caccia,
di tutti i pesci sorti differenti:
37 chi scaglioso, chi molle e chi col pelo;
Veggiamo una balena, la maggiore e saran più; che non ha stelle il cielo.
che mai per tutto il mar veduta fosse:
undeci passi e più; dimostra fuore 40
de l'onde salse le spallacce grosse. E volendo vedere una sirena
Caschiamo tutti insieme in uno errore, che col suo dolce canto acheta il mare,
perch'era ferma e che mai non si scosse: passian di qui fin su quell'altra arena,
ch'ella sia una isoletta ci credemo, dove a quest'ora suol sempre tornare. -
così; distante a l'un da l'altro estremo. E ci mostrò; quella maggior balena,
che, come io dissi, una isoletta pare.
38 Io, che sempre fui troppo (e me n'incresce)
Alcina i pesci uscir facea de l' acque volonteroso, andai sopra quel pesce.
con semplici parole e puri incanti.
Con la fata Morgana Alcina nacque, 41
io non so dir s'a un parto o dopo o inanti. Rinaldo m'accennava, e similmente
Guardommi Alcina; e subito le piacque Dudon, ch'io non v'andassi: e poco valse.
l'aspetto mio, come mostrò; ai sembianti: La fata Alcina con faccia ridente,
e pensò; con astuzia e con ingegno lasciando gli altri dua, dietro mi salse.
tormi ai compagni; e riuscì; il disegno. La balena, all'ufficio diligente,
nuotando se n'andò; per l'onde salse.
39 Di mia sciocchezza tosto fui pentito;
Ci venne incontra con allegra faccia ma troppo mi trovai lungi dal lito.

82
e già; più; d'uno esercito hanno istrutto
42 per cacciarla de l'isola, e in più; volte
Rinaldo si cacciò; ne l'acqua a nuoto più; di cento castella l'hanno tolte:
per aiutarmi, e quasi si sommerse,
perché; levossi un furioso Noto 45
che d'ombra il cielo e 'l pelago coperse. né; ci terrebbe ormai spanna di terra
Qnel che di lui seguì; poi, non m'è; noto. colei, che Logistilla è; nominata,
Alcina a confortarmi si converse; se non che quinci un golfo il passo serra,
e quel dì; tutto e la notte che venne, e quindi una montagna inabitata,
sopra quel mostro in mezzo il mar mi tenne. sì; come tien la Scozia e l'Inghilterra
il monte e la riviera separata;
43 né; però; Alcina né; Morgana resta
Fin che venimmo a questa isola bella, che non le voglia tor ciò; che le resta.
di cui gran parte Alcina ne possiede,
e l'ha usurpata ad una sua sorella 46
che 'l padre già; lasciò; del tutto erede, Perché; di vizi è; questa coppia rea,
perché; sola legitima avea quella; odia colei, perché; è; pudica e santa.
e (come alcun notizia me ne diede, Ma, per tornare a quel ch'io ti dicea,
che pienamente istrutto era di questo) e seguir poi com'io divenni pianta,
sono quest'altre due nate d'incesto. Alcina in gran delizie mi tenea,
e del mio amore ardeva tutta quanta;
44 né; minor fiamma nel mio core accese
E come sono inique e scelerate il veder lei sì; bella e sì; cortese.
e piene d'ogni vizio infame e brutto
così; quella, vivendo in castitate, 47
posto ha ne le virtuti il suo cor tutto. Io mi godea le delicate membra;
Contra lei queste due son congiurate; pareami aver qui tutto il ben raccolto

83
che fra i mortali in più; parti si smembra, 50
a chi più; ed a chi meno e a nessun molto; Conobbi tardi il suo mobil ingegno,
né; di Francia né; d'altro mi rimembra: usato amare e disamare a un punto.
stavami sempre a contemplar quel volto: Non era stato oltre a duo mesi in regno,
ogni pensiero, ogni mio bel disegno ch'un novo amante al loco mio fu assunto.
in lei finia, né; passava oltre il segno. Da sé; cacciommi la fata con sdegno,
e da la grazia sua m'ebbe disgiunto:
48 e seppi poi, che tratti a simil porto
Io da lei altretanto era o più; amato: avea mill'altri amanti, e tutti a torto.
Alcina più; non si curava d'altri;
ella ogn'altro suo amante avea lasciato, 51
ch'inanzi a me ben ce ne fur degli altri. E perché; essi non vadano pel mondo
Me consiglier, me avea dì; e notte a lato, di lei narrando la vita lasciva,
e me fe' quel che commandava agli altri: chi qua chi là;, per lo terren fecondo
a me credeva, a me si riportava; li muta, altri in abete, altri in oliva,
né; notte o dì; con altri mai parlava. altri in palma, altri in cedro, altri secondo
che vedi me su questa verde riva;
49 altri in liquido fonte, alcuni in fiera,
Deh! perché; vo le mie piaghe toccando, come più; agrada a quella fata altiera.
senza speranza poi di medicina?
perché; l'avuto ben vo rimembrando, 52
quando io patisco estrema disciplina? Or tu che sei per non usata via,
Quando credea d'esser felice, e quando signor, venuto all'isola fatale,
credea ch'amar più; mi dovesse Alcina, acciò; ch'alcuno amante per te sia
il cor che m'avea dato si ritolse, converso in pietra o in onda, o fatto tale;
e ad altro nuovo amor tutta si volse. avrai d'Alcina scettro e signoria,
e sarai lieto sopra ogni mortale:

84
ma certo sii di giunger tosto al passo sì; che per quel d'Alcina non andassi.
d'entrar o in fiera o in fonte o in legno o in sasso. Che ben ve n'era un'altra, ritornolli
l'arbore a dir, ma piena d'aspri sassi,
53 s'andando un poco inanzi alla man destra
Io te n'ho dato volentieri aviso; salisse il poggio invêr la cima alpestra.
non ch'io mi creda che debbia giovarte:
pur meglio fia che non vadi improviso, 56
e de' costumi suoi tu sappia parte; Ma che non pensi già; che seguir possa
che forse, come è; differente il viso, il suo camin per quella strada troppo:
è; differente ancor l'ingegno e l'arte. incontro avrà; di gente ardita, grossa
Tu saprai forse riparare al danno, e fiera compagnia, con duro intoppo.
quel che saputo mill'altri non hanno. - Alcina ve li tien per muro e fossa
a chi volesse uscir fuor del suo groppo.
54 Ruggier quel mirto ringraziò; del tutto,
Ruggier, che conosciuto avea per fama poi da lui si partì; dotto ed istrutto.
ch'Astolfo alla sua donna cugin era,
si dolse assai che in steril pianta e grama 57
mutato avesse la sembianza vera; Venne al cavallo, e lo disciolse e prese
e per amor di quella che tanto ama per le redine, e dietro se lo trasse;
(pur che saputo avesse in che maniera) né;, come fece prima, più; l'ascese,
gli avria fatto servizio: ma aiutarlo perché; mal grado suo non lo portasse.
in altro non potea, ch'in confortarlo. Seco pensava come nel paese
di Logistilla a salvamento andasse.
55 Era disposto e fermo usar ogni opra,
Lo fe' al meglio che seppe; e domandolli che non gli avesse imperio Alcina sopra.
poi se via c'era, ch'al regno guidassi
di Logistilla, o per piano o per colli, 58

85
Pensò; di rimontar sul suo cavallo, dal cui furor gli fu turbata e rotta.
e per l'aria spronarlo a nuovo corso:
ma dubitò; di far poi maggior fallo; 61
che troppo mal quel gli ubidiva al morso. Non fu veduta mai più; strana torma,
- Io passerò; per forza, s'io non fallo, - più; monstruosi volti e peggio fatti:
dicea tra sé;, ma vano era il discorso. alcun' dal collo in giù; d'uomini han forma,
Non fu duo miglia lungi alla marina, col viso altri di simie, altri di gatti;
che la bella città; vide d'Alcina. stampano alcun con piè; caprigni l'orma;
alcuni son centauri agili ed atti;
59 son gioveni impudenti e vecchi stolti,
Lontan si vide una muraglia lunga chi nudi e chi di strane pelli involti.
che gira intorno, e gran paese serra;
e par che la sua altezza al ciel s'aggiunga, 62
e d'oro sia da l'alta cima a terra. Chi senza freno in s'un destrier galoppa,
Alcun dal mio parer qui si dilunga, chi lento va con l'asino o col bue,
e dice ch'ell'è; alchimia: e forse ch'erra; altri salisce ad un centauro in groppa,
ed anco forse meglio di me intende: struzzoli molti han sotto, aquile e grue;
a me par oro, poi che sì; risplende. ponsi altri a bocca il corno, altri la coppa;
chi femina è;, chi maschio, e chi amendue;
60 chi porta uncino e chi scala di corda,
Come fu presso alle sì; ricche mura, chi pal di ferro e chi una lima sorda.
che 'l mondo altre non ha de la lor sorte,
lasciò; la strada che per la pianura 63
ampla e diritta andava alle gran porte; Di questi il capitano si vedea
ed a man destra, a quella più; sicura, aver gonfiato il ventre, e 'l viso grasso;
ch'al monte già;, piegossi il guerrier forte: il qual su una testuggine sedea,
ma tosto ritrovò; l'iniqua frotta, che con gran tardità; mutava il passo.

86
Avea di qua e di là; chi lo reggea, partendo va di quella iniqua razza;
perché; egli era ebro, e tenea il ciglio basso: ch'alla sua spada non s'oppone elmetto,
altri la fronte gli asciugava e il mento, né; scudo, né; panziera, né; corazza:
altri i panni scuotea per fargli vento. ma da tutte le parti è; così; astretto,
che bisogno saria, per trovar piazza
64 e tener da sé; largo il popul reo,
Un ch'avea umana forma i piedi e 'l ventre, d'aver più; braccia e man che Briareo.
e collo avea di cane, orecchie e testa,
contra Ruggiero abaia, acciò; ch'egli entre 67
ne la bella città; ch'a dietro resta. Se di scoprire avesse avuto aviso
Rispose il cavallier: - Nol farò;, mentre lo scudo che già; fu del negromante
avrà; forza la man di regger questa! - (io dico quel ch'abbarbagliava il viso,
e gli mostra la spada, di cui volta quel ch'all'arcione avea lasciato Atlante),
avea l'aguzza punta alla sua volta. subito avria quel brutto stuol conquiso
e fattosel cader cieco davante;
65 e forse ben, che disprezzò; quel modo,
Quel mostro lui ferir vuol d'una lancia, perché; virtude usar volse, e non frodo.
ma Ruggier presto se gli aventa addosso:
una stoccata gli trasse alla pancia, 68
e la fe' un palmo riuscir pel dosso. Sia quel che può;, più; tosto vuol morire,
Lo scudo imbraccia, e qua e là; si lancia, che rendersi prigione a sì; vil gente.
ma l'inimico stuolo è; troppo grosso: Eccoti intanto da la porta uscire
l'un quinci il punge, e l'altro quindi afferra: del muro, ch'io dicea d'oro lucente,
egli s'arrosta, e fa lor aspra guerra. due giovani ch'ai gesti ed al vestire
non eran da stimar nate umilmente,
66 né; da pastor nutrite con disagi,
L'un sin a' denti, e l'altro sin al petto ma fra delizie di real palagi.

87
grosse colonne d'integro diamante.
69 O ver o falso ch'all'occhio risponda,
L'una e l'altra sedea s'un liocorno, non è; cosa più; bella o più; gioconda.
candido più; che candido armelino;
l'una e l'altra era bella, e di sì; adorno 72
abito, e modo tanto pellegrino, Su per la soglia e fuor per le colonne
che a l'uom, guardando e contemplando intorno, corron scherzando lascive donzelle,
bisognerebbe aver occhio divino che, se i rispetti debiti alle donne
per far di lor giudizio: e tal saria servasser più;, sarian forse più; belle.
Beltà;, s'avesse corpo, e Leggiadria. Tutte vestite eran di verdi gonne,
e coronate di frondi novelle.
70 Queste, con molte offerte e con buon viso,
L'una e l'altra n'andò; dove nel prato Ruggier fecero entrar nel paradiso:
Ruggiero è; oppresso da lo stuol villano.
Tutta la turba si levò; da lato; 73
e quelle al cavallier porser la mano, che si può; ben così; nomar quel loco,
che tinto in viso di color rosato, ove mi credo che nascesse Amore.
le donne ringraziò; de l'atto umano: Non vi si sta se non in danza e in giuoco,
e fu contento, compiacendo loro, e tutte in festa vi si spendon l'ore:
di ritornarsi a quella porta d'oro. pensier canuto né; molto né; poco
si può; quivi albergare in alcun core:
71 non entra quivi disagio né; inopia,
L'adornamento che s'aggira sopra ma vi sta ognor col corno pien la Copia.
la bella porta e sporge un poco avante,
parte non ha che tutta non si cuopra 74
de le più; rare gemme di Levante. Qui, dove con serena e lieta fronte
Da quattro parti si riposa sopra par ch'ognor rida il grazioso aprile,

88
gioveni e donne son: qual presso a fonte 77
canta con dolce e dilettoso stile; Quelle due belle giovani amorose
qual d'un arbore all'ombra e qual d'un monte ch'avean Ruggier da l'empio stuol difeso,
o giuoca o danza o fa cosa non vile; da l'empio stuol che dianzi se gli oppose
e qual, lungi dagli altri, a un suo fedele su quel camin ch'avea a man destra preso,
discuopre l'amorose sue querele. gli dissero: - Signor, le virtuose
opere vostre che già; abbiamo inteso,
75 ne fan sì; ardite, che l'aiuto vostro
Per le cime dei pini e degli allori, vi chiederemo a beneficio nostro.
degli alti faggi e degl'irsuti abeti,
volan scherzando i pargoletti Amori: 78
di lor vittorie altri godendo lieti, Noi troverem tra via tosto una lama,
altri pigliando a saettare i cori, che fa due parti di questa pianura.
la mira quindi, altri tendendo reti; Una crudel, che Erifilla si chiama,
chi tempra dardi ad un ruscel più; basso, difende il ponte, e sforza e inganna e fura
e chi gli aguzza ad un volubil sasso. chiunque andar ne l'altra ripa brama;
ed ella è; gigantessa di statura,
76 li denti ha lunghi e velenoso il morso,
Quivi a Ruggier un gran corsier fu dato, acute l'ugne, e graffia come un orso.
forte, gagliardo, e tutto di pel sauro,
ch'avea il bel guernimento ricamato 79
di preziose gemme e di fin auro; Oltre che sempre ci turbi il camino,
e fu lasciato in guardia quello alato, che libero saria se non fosse ella,
quel che solea ubidire al vecchio Mauro, spesso, correndo per tutto il giardino,
a un giovene che dietro lo menassi va disturbando or questa cosa or quella.
al buon Ruggier, con men frettosi passi. Sappiate che del populo assassino
che vi assalì; fuor de la porta bella,

89
molti suoi figli son, tutti seguaci, 1
empi, come ella, inospiti e rapaci. - Chi va lontan da la sua patria, vede
cose, da quel che già; credea, lontane;
80 che narrandole poi, non se gli crede,
Ruggier rispose: - Non ch'una battaglia, e stimato bugiardo ne rimane:
ma per voi sarò; pronto a farne cento: che 'l sciocco vulgo non gli vuol dar fede,
di mia persona, in tutto quel che vaglia, se non le vede e tocca chiare e piane.
fatene voi secondo il vostro intento; Per questo io so che l'inesperienza
che la cagion ch'io vesto piastra e maglia, farà; al mio canto dar poca credenza.
non è; per guadagnar terre né; argento,
ma sol per farne beneficio altrui, 2
tanto più; a belle donne come vui. - Poca o molta ch'io ci abbia, non bisogna
ch'io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro.
81 A voi so ben che non parrà; menzogna,
Le donne molte grazie riferiro che 'l lume del discorso avete chiaro;
degne d'un cavallier, come quell'era: ed a voi soli ogni mio intento agogna
e così; ragionando ne veniro che 'l frutto sia di mie fatiche caro.
dove videro il ponte e la riviera; Io vi lasciai che 'l ponte e la riviera
e di smeraldo ornata e di zaffiro vider, che'n guardia avea Erifilla altiera.
su l'arme d'or, vider la donna altiera.
Ma dir ne l'altro canto differisco, 3
come Ruggier con lei si pose a risco. Quell'era armata del più; fin metallo,
ch'avean di piu color gemme distinto:
rubin vermiglio, crisolito giallo,
CANTO SETTIMO verde smeraldo, con flavo iacinto.
Era montata, ma non a cavallo;
invece avea di quello un lupo spinto:

90
spinto avea un lupo ove si passa il fiume, e fa tremar nel suo venir la terra.
con ricca sella fuor d'ogni costume. Ma pur sul prato al fiero incontro resta;
che sotto l'elmo il buon Ruggier l'afferra,
4 e de l'arcion con tal furor la caccia,
Non credo ch'un sì; grande Apulia n'abbia: che la riporta indietro oltra sei braccia.
egli era grosso ed alto più; d'un bue.
Con fren spumar non gli facea le labbia, 7
né; so come lo regga a voglie sue. E già;, tratta la spada ch'avea cinta,
La sopravesta di color di sabbia venì;a a levarne la testa superba:
su l'arme avea la maledetta lue: e ben lo potea far, che come estinta
era, fuor che 'l color, di quella sorte Erifilla giacea tra' fiori e l'erba.
ch'i vescovi e i prelati usano in corte. Ma le donne gridar: - Basti sia vinta,
senza pigliarne altra vendetta acerba.
5 Ripon, cortese cavallier, la spada;
Ed avea ne lo scudo e sul cimiero passiamo il ponte e seguitian la strada. -
una gonfiata e velenosa botta.
Le donne la mostraro al cavalliero, 8
di qua dal ponte per giostrar ridotta, Alquanto malagevole ed aspretta
e fargli scorno e rompergli il sentiero, per mezzo un bosco presero la via,
come ad alcuni usata era talotta. che oltra che sassosa fosse e stretta,
Ella a Ruggier, che torni a dietro, grida: quasi su dritta alla collina gì;a.
quel piglia un'asta, e la minaccia e sfida. Ma poi che furo ascesi in su la vetta,
usciro in spaziosa prateria,
6 dove il più; bel palazzo e 'l più; giocondo
Non men la gigantessa ardita e presta vider, che mai fosse veduto al mondo.
sprona il gran lupo e ne l'arcion si serra,
e pon la lancia a mezzo il corso in resta, 9

91
La bella Alcina venne un pezzo inante, che lo spazio finia con giusta meta.
verso Ruggier fuor de le prime porte,
e lo raccolse in signoril sembiante, 12
in mezzo bella ed onorata corte. Sotto duo negri e sottilissimi archi
Da tutti gli altri tanto onore e tante son duo negri occhi, anzi duo chiari soli,
riverenze fur fatte al guerrier forte, pietosi a riguardare, a mover parchi;
che non potrian far più;, se tra loro intorno cui par ch'Amor scherzi e voli,
fosse Dio sceso dal superno coro. e ch'indi tutta la faretra scarchi
e che visibilmente i cori involi:
10 quindi il naso per mezzo il viso scende,
Non tanto il bel palazzo era eccellente, che non truova l'invidia ove l'emende.
perché; vincesse ogn'altro di ricchezza,
quanto ch'avea la più; piacevol gente 13
che fosse al mondo e di più; gentilezza. Sotto quel sta, quasi fra due vallette,
Poco era l'un da l'altro differente la bocca sparsa di natio cinabro;
e di fiorita etade e di bellezza: quivi due filze son di perle elette,
sola di tutti Alcina era più; bella, che chiude ed apre un bello e dolce labro:
sì; come è; bello il sol più; d'ogni stella. quindi escon le cortesi parolette
da render molle ogni cor rozzo e scabro;
11 quivi si forma quel suave riso,
Di persona era tanto ben formata, ch'apre a sua posta in terra il paradiso.
quanto me' finger san pittori industri;
con bionda chioma lunga ed annodata: 14
oro non è; che più; risplenda e lustri. Bianca nieve è; il bel collo, e 'l petto latte;
Spargeasi per la guancia delicata il collo è; tondo, il petto colmo e largo:
misto color di rose e di ligustri; due pome acerbe, e pur d'avorio fatte,
di terso avorio era la fronte lieta, vengono e van come onda al primo margo,

92
quando piacevole aura il mar combatte. fosse converso Astolfo in su l'arena
Non potria l'altre parti veder Argo: per li suoi portamenti ingrati e rei,
ben si può; giudicar che corrisponde e sia degno di questa e di più; pena:
a quel ch'appar di fuor quel che s'asconde. e tutto quel ch'udito avea di lei,
stima esser falso; e che vendetta mena,
15 e mena astio ed invidia quel dolente
Mostran le braccia sua misura giusta; a lei biasmare, e che del tutto mente.
e la candida man spesso si vede
lunghetta alquanto e di larghezza angusta, 18
dove né; nodo appar, né; vena eccede. La bella donna che cotanto amava,
Si vede al fin de la persona augusta novellamente gli è; dal cor partita;
il breve, asciutto e ritondetto piede. che per incanto Alcina gli lo lava
Gli angelici sembianti nati in cielo d'ogni antica amorosa sua ferita;
non si ponno celar sotto alcun velo. e di sé; sola e del suo amor lo grava,
e in quello essa riman sola sculpita:
16 sì; che scusar il buon Ruggier si deve,
Avea in ogni sua parte un laccio teso, se si mostrò; quivi incostante e lieve.
o parli o rida o canti o passo muova:
né; maraviglia è; se Ruggier n'è; preso, 19
poi che tanto benigna se la truova. A quella mensa citare, arpe e lire,
Quel che di lei già; avea dal mirto inteso, e diversi altri dilettevol suoni
com'è; perfida e ria, poco gli giova; faceano intorno l'aria tintinire
ch'inganno o tradimento non gli è; aviso d'armonia dolce e di concenti buoni.
che possa star con sì; soave riso. Non vi mancava chie, cantando, dire
d'amor sapesse gaudi e passioni,
17 o con invenzioni e poesie
Anzi pur creder vuol che da costei rappresentasse grate fantasie.

93
andò; Ruggiero a ritrovar le piume
20 in una adorna e fresca cameretta,
Qual mensa trionfante e suntuosa per la miglior di tutte l'altre eletta.
di qualsivoglia successor di Nino,
o qual mai tanto celebre e famosa 23
di Cleopatra al vincitor latino, E poi che di confetti e di buon vini
potria a questa esser par, che l'amorosa di nuovo fatti fur debiti inviti,
fata avea posta inanzi al paladino? e partir gli altri riverenti e chini,
Tal non cred'io che s'apparecchi dove ed alle stanze lor tutti sono iti;
ministra Ganimede al sommo Giove. Ruggiero entrò; ne' profumati lini
che pareano di man d'Aracne usciti,
21 tenendo tuttavia l'orecchie attente,
Tolte che fur le mense e le vivande, s'ancora venir la bella donna sente.
facean, sedendo in cerchio, un giuoco lieto:
che ne l'orecchio l'un l'altro domande, 24
come più; piace lor, qualche secreto; Ad ogni piccol moto ch'egli udiva,
il che agli amanti fu commodo grande sperando che fosse ella, il capo alzava:
di scoprir l'amor lor senza divieto: sentir credeasi, e spesso non sentiva;
e furon lor conclusioni estreme poi del suo errore accorto sospirava.
di ritrovarsi quella notte insieme. Talvolta uscia del letto e l'uscio apriva,
guatava fuori, e nulla vi trovava:
22 e maledì; ben mille volte l'ora
Finir quel giuoco tosto, e molto inanzi che facea al trapassar tanta dimora.
che non solea là; dentro esser costume:
con torchi allora i paggi entrati inanzi, 25
le tenebre cacciar con molto lume. Tra sé; dicea sovente: - Or si parte ella; -
Tra bella compagnia dietro e dinanzi e cominciava a noverare i passi

94
ch'esser potean da la sua stanza a quella 28
donde aspettando sta che Alcina passi; ben che né; gonna né; faldiglia avesse;
e questi ed altri, prima che la bella che venne avolta in un leggier zendado
donna vi sia, vani disegni fassi. che sopra una camicia ella si messe,
Teme di qualche impedimento spesso, bianca e suttil nel più; eccellente grado.
che tra il frutto e la man non gli sia messo. Come Ruggiero abbracciò; lei, gli cesse
il manto: e restò; il vel suttile e rado,
26 che non copria dinanzi né; di dietro,
Alcina, poi ch'a' preziosi odori più; che le rose o i gigli un chiaro vetro.
dopo gran spazio pose alcuna meta,
venuto il tempo che più; non dimori, 29
ormai ch'in casa era ogni cosa cheta, Non così; strettamente edera preme
de la camera sua sola uscì; fuori; pianta ove intorno abbarbicata s'abbia,
e tacita n'andò; per via secreta come si stringon li dui amanti insieme,
dove a Ruggiero avean timore e speme cogliendo de lo spirto in su le labbia
gran pezzo intorno al cor pugnato insieme. suave fior, qual non produce seme
indo o sabeo ne l'odorata sabbia.
27 Del gran piacer ch'avean, lor dicer tocca;
Come si vide il successor d'Astolfo che spesso avean più; d'una lingua in bocca.
sopra apparir quelle ridenti stelle,
come abbia ne le vene acceso zolfo, 30
non par che capir possa ne la pelle. Queste cose là; dentro eran secrete,
Or sino agli occhi ben nuota nel golfo o se pur non secrete, almen taciute;
de le delizie e de le cose belle: che raro fu tener le labra chete
salta del letto, e in braccio la raccoglie, biasmo ad alcun, ma ben spesso virtute.
né; può; tanto aspettar ch'ella si spoglie; Tutte proferte ed accoglienze liete
fanno a Ruggier quelle persone astute:

95
ognun lo reverisce e se gli inchina; porre in oblio, né; lasciar Bradamante,
che così; vuol l'innamorata Alcina. che con travaglio e con pena molesta
pianse più; giorni il disiato amante,
31 ch'avea per strade disusate e nuove
Non è; diletto alcun che di fuor reste; veduto portar via, né; sapea dove.
che tutti son ne l'amorosa stanza.
E due e tre volte il dì; mutano veste, 34
fatte or ad una ora ad un'altra usanza. Di costei prima che degli altri dico,
Spesso in conviti, e sempre stanno in feste, che molti giorni andò; cercando invano
in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza: pei boschi ombrosi e per lo campo aprico,
or presso ai fonti, all'ombre de' poggetti, per ville, per città;, per monte e piano;
leggon d'antiqui gli amorosi detti; né; mai potè; saper del caro amico,
che di tanto intervallo era lontano.
32 Ne l'oste saracin spesso venì;a,
or per l'ombrose valli e lieti colli né; mai del suo Ruggier ritrovò; spia.
vanno cacciando le paurose lepri;
or con sagaci cani i fagian folli 35
con strepito uscir fan di stoppie e vepri; Ogni dì; ne domanda a più; di cento,
or a' tordi lacciuoli, or veschi molli né; alcun le ne sa mai render ragioni.
tendon tra gli odoriferi ginepri; D'alloggiamento va in alloggiamento,
or con ami inescati ed or con reti cercandone e trabacche e padiglioni:
turban a' pesci i grati lor secreti. e lo può; far; che senza impedimento
passa tra cavallieri e tra pedoni,
33 mercè; all'annel che fuor d'ogni uman uso
Stava Ruggiero in tanta gioia e festa, la fa sparir quando l'è; in bocca chiuso.
mentre Carlo in travaglio ed Agramante,
di cui l'istoria io non vorrei per questa 36

96
Né; può; né; creder vuol che morto sia; l'avea de la sua stirpe istrutta e dotta;
perché; di sì; grande uom l'alta ruina
da l'onde idaspe udita si saria 39
fin dove il sole a riposar declina. quella benigna e saggia incantatrice,
Non sa né; dir né; imaginar che via la quale ha sempre cura di costei,
far possa o in cielo o in terra; e pur meschina sappiendo ch'esser de' progenitrice
lo va cercando, e per compagni mena d'uomini invitti, anzi di semidei;
sospiri e pianti ed ogni acerba pena. ciascun dì; vuol sapere che fa, che dice,
e getta ciascun dì; sorte per lei.
37 Di Ruggier liberato e poi perduto,
Pensò; al fin di tornare alla spelonca e dove in India andò;, tutto ha saputo.
dove eran l'ossa di Merlin profeta,
e gridar tanto intorno a quella conca, 40
che 'l freddo marmo si movesse a pieta; Ben veduto l'avea su quel cavallo
che se vivea Ruggiero, o gli avea tronca che regger non potea, ch'era sfrenato,
l'alta necessità; la vita lieta, scostarsi di lunghissimo intervallo
si sapria quindi: e poi s'appiglierebbe per sentier periglioso e non usato;
a quel miglior consiglio che n'avrebbe. e ben sapea che stava in giuoco e in ballo
e in cibo e in ozio molle e delicato,
38 né; più; memoria avea del suo signore,
Con questa intenzion prese il camino né; de la donna sua, né; del suo onore.
verso le selve prossime a Pontiero,
dove la vocal tomba di Merlino 41
era nascosa in loco alpestro e fiero. E così; il fior de li begli anni suoi
Ma quella maga che sempre vicino in lunga inerzia aver potria consunto
tenuto a Bradamante avea il pensiero, sì; gentil cavallier, per dover poi
quella, dico io, che ne la bella grotta perdere il corpo e l'anima in un punto;

97
e quel odor che sol riman di noi, perché; obliasse l'arme in quella corte;
poscia che 'l resto fragile è; defunto, e come mago di somma dottrina,
che tra' l'uom del sepulcro e in vita il serba, ch'usar sapea gl'incanti d'ogni sorte,
gli saria stato o tronco o svelto in erba. avea il cor stretto di quella regina
ne l'amor d'esso d'un laccio sì; forte,
42 che non se ne era mai per poter sciorre,
Ma quella gentil maga, che più; cura s'invecchiasse Ruggier più; di Nestorre.
n'avea ch'egli medesmo di se stesso,
pensò; di trarlo per via alpestre e dura 45
alla vera virtù;, mal grado d'esso: Or tornando a colei, ch'era presaga
come eccellente medico, che cura di quanto de' avvenir, dico che tenne
con ferro e fuoco e con veneno spesso, la dritta via dove l'errante e vaga
che se ben molto da principio offende, figlia d'Amon seco a incontrar si venne.
poi giova al fine, e grazia se gli rende. Bradamante vedendo la sua maga,
muta la pena che prima sostenne,
43 tutta in speranza; e quella l'apre il vero:
Ella non gli era facile, e talmente ch'ad Alcina è; condotto il suo Ruggiero.
fattane cieca di superchio amore,
che, come facea Atlante, solamente 46
a darli vita avesse posto il core. La giovane riman presso che morta,
Quel piu tosto volea che lungamente quando ode che 'l suo amante è; così; lunge;
vivesse e senza fama e senza onore, e più;, che nel suo amor periglio porta,
che, con tutta la laude che sia al mondo, se gran rimedio e subito non giunge:
mancasse un anno al suo viver giocondo. ma la benigna maga la conforta,
e presta pon l'impiastro ove il duol punge,
44 e le promette e giura, in pochi giorni
L'avea mandato all'isola d'Alcina, far che Ruggiero a riveder lei torni.

98
e per porre in effetto il suo pensiero,
47 un palafren fece apparir la sera,
- Da che, donna (dicea), l'annello hai teco, ch'avea un piè; rosso, e ogn'altra parte nera.
che val contra ogni magico fattura,
io non ho dubbio alcun, che s'io l'arreco 50
là; dove Alcina ogni tuo ben ti fura, Credo fosse un Alchino o un Farfarello,
ch'io non le rompa il suo disegno, e meco che da l'Inferno in quella forma trasse;
non ti rimeni la tua dolce cura. e scinta e scalza montò; sopra a quello,
Me n'andrò; questa sera alla prim'ora, a chiome sciolte e orribilmente passe:
e sarò; in India al nascer de l'aurora. ma ben di dito si levò; l'annello,
perché; gl'incanti suoi non le vietasse.
48 Poi con tal fretta andò;, che la matina
E seguitando, del modo narrolle si ritrovò; ne l'isola d'Alcina.
che disegnato avea d'adoperarlo,
per trar del regno effeminato e molle 51
il caro amante, e in Francia rimenarlo. Quivi mirabilmente transmutosse:
Bradamante l'annel del dito tolle; s'accrebbe più; d'un palmo di statura,
né; solamente avria voluto darlo, e fe' le membra a proporzion più; grosse;
ma dato il core e dato avria la vita, e restò; a punto di quella misura
pur che n'avesse il suo Ruggiero aita. che si pensò; che 'l negromante fosse,
quel che nutrì; Ruggier con sì; gran cura.
49 Vestì; di lunga barba le mascelle,
Le dà; l'annello e se le raccomanda; e fe' crespa la fronte e l'altra pelle.
e più; le raccomanda il suo Ruggiero,
a cui per lei mille saluti manda: 52
poi prese vêr Provenza altro sentiero. Di faccia, di parole e di sembiante
Andò; l'incantatrice a un'altra banda; sì; lo seppe imitar, che totalmente

99
potea parer l'incantator Atlante. 55
Poi si nascose, e tanto pose mente, Umide avea l'innanellate chiome
che da Ruggiero allontanar l'amante de' più; suavi odor che sieno in prezzo:
Alcina vide un giorno finalmente: tutto ne' gesti era amoroso, come
e fu gran sorte; che di stare o d'ire fosse in Valenza a servir donne avezzo:
senza esso un'ora potea mal patire. non era in lui di sano altro che 'l nome;
corrotto tutto il resto, e più; che mé;zzo.
53 Così; Ruggier fu ritrovato, tanto
Soletto lo trovò;, come lo volle, da l'esser suo mutato per incanto.
che si godea il matin fresco e sereno
lungo un bel rio che discorrea d'un colle 56
verso un laghetto limpido ed ameno. Ne la forma d'Atlante se gli affaccia
Il suo vestir delizioso e molle colei, che la sembianza ne tenea,
tutto era d'ozio e di lascivia pieno, con quella grave e venerabil faccia
che de sua man gli avea di seta e d'oro che Ruggier sempre riverir solea,
tessuto Alcina con sottil lavoro. con quello occhio pien d'ira e di minaccia,
che sì; temuto già; fanciullo avea;
54 dicendo: - è; questo dunque il frutto ch'io
Di ricche gemme un splendido monile lungamente atteso ho del sudor mio?
gli discendea dal collo in mezzo il petto;
e ne l'uno e ne l'altro già; virile 57
braccio girava un lucido cerchietto. Di medolle già; d'orsi e di leoni
Gli avea forato un fil d'oro sottile ti porsi io dunque li primi alimenti;
ambe l'orecchie, in forma d'annelletto; t'ho per caverne ed orridi burroni
e due gran perle pendevano quindi, fanciullo avezzo a strangolar serpenti,
qua' mai non ebbon gli Arabi né; gl'Indi. pantere e tigri disarmar d'ungioni
ed a vivi cingial trar spesso i denti,

100
acciò; che, dopo tanta disciplina, del ben che mille volte io t'ho predetto?
tu sii l'Adone o l'Atide d'Alcina? deh, perché; il ventre eternamente claudi,
dove il ciel vuol che sia per te concetto
58 la gloriosa e soprumana prole
è; questo, quel che l'osservate stelle, ch'esser de' al mondo più; chiara che 'l sole?
le sacre fibre e gli accoppiati punti,
responsi, auguri, sogni e tutte quelle 61
sorti, ove ho troppo i miei studi consunti, Deh non vietar che le più; nobil alme,
di te promesso sin da le mammelle che sian formate ne l'eterne idee,
m'avean, come quest'anni fusser giunti: di tempo in tempo abbian corporee salme
ch'in arme l'opre tue così; preclare dal ceppo che radice in te aver dee!
esser dovean, che sarian senza pare? Deh non vietar mille trionfi e palme,
con che, dopo aspri danni e piaghe ree,
59 tuoi figli, tuoi nipoti e successori
Questo è; ben veramente alto principio Italia torneran nei primi onori!
onde si può; sperar che tu sia presto
a farti un Alessandro, un Iulio, un Scipio! 62
Chi potea, ohimè;! di te mai creder questo, Non ch'a piegarti a questo tante e tante
che ti facessi d'Alcina mancipio? anime belle aver dovesson pondo,
E perché; ognun lo veggia manifesto, che chiare, illustri, inclite, invitte e sante
al collo ed alle braccia hai la catena son per fiorir da l'arbor tuo fecondo;
con che ella a voglia sua preso ti mena. ma ti dovria un coppia esser bastante:
Ippolito e il fratel; che pochi il mondo
60 ha tali avuti ancor fin al dì; d'oggi,
Se non ti muovon le tue proprie laudi, per tutti i gradi onde a virtù; si poggi.
e l'opre e scelse a chi t'ha il cielo eletto,
la tua succession perché; defraudi 63

101
Io solea più; di questi dui narrarti, ch'alcun veder non lo potesse in faccia.
ch'io non facea di tutti gli altri insieme;
sì; perché; essi terran le maggior parti, 66
che gli altri tuoi, ne le virtù; supreme; Ne la sua prima forma in uno istante,
sì; perché; al dir di lor mi vedea darti così; parlando, la maga rivenne;
più; attenzion, che d'altri del tuo seme: né; bisognava più; quella d'Atlante,
vedea goderti che sì; chiari eroi seguitone l'effetto per che venne.
esser dovessen dei nipoti tuoi. Per dirvi quel ch'io non vi dissi inante,
costei Melissa nominata venne,
64 ch'or diè; a Ruggier di sé; notizia vera,
Che ha costei che t'hai fatto regina, e dissegli a che effetto venuta era;
che non abbian mill'altre meretrici?
costei che di tant'altri è; concubina, 67
ch'al fin sai ben s'ella suol far felici. mandata da colei, che d'amor piena
Ma perché; tu conosca chi sia Alcina, sempre il disia, né; più; può; starne senza,
levatone le fraudi e gli artifici, per liberarlo da quella catena
tien questo annello in dito, e torna ad ella, di che lo cinse magica violenza:
ch'aveder ti potrai come sia bella. - e preso avea d'Atlante di Carena
la forma, per trovar meglio credenza.
65 Ma poi ch'a sanità; l'ha ormai ridutto,
Ruggier si stava vergognoso e muto gli vuole aprire e far che veggia il tutto.
mirando in terra, e mal sapea che dire;
a cui la maga nel dito minuto 68
pose l'annello, e lo fe' risentire. - Quella donna gentil che t'ama tanto,
Come Ruggiero in sé; fu rivenuto, quella che del tuo amor degna sarebbe,
di tanto scorno si vide assalire, a cui, se non ti scorda, tu sai quanto
ch'esser vorria sotterra mille braccia, tua libertà;, da lei servata, debbe;

102
questo annel che ripara ad ogni incanto, ripone, e poi si scorda ove è; riposto,
ti manda: e così; il cor mandato avrebbe, e dopo molti giorni è; ricondutto
s'avesse avuto il cor così; virtute, là; dove truova a caso il suo deposto,
come l'annello, atta alla tua salute. - si maraviglia di vederlo tutto
putrido e guasto, e non come fu posto;
69 e dove amarlo e caro aver solia,
E seguitò; narrandogli l'amore l'odia, sprezza, n'ha schivo, e getta via:
che Bradamante gli ha portato e porta;
di questa insieme comendò; il valore, 72
in quanto il vero e l'affezion comporta; così; Ruggier, poi che Melissa fece
ed usò; modo e termine migliore ch'a riveder se ne tornò; la fata
che si convenga a messaggera accorta: con quell'annello inanzi a cui non lece,
ed in quel odio Alcina a Ruggier pose, quando s'ha in dito, usare opra incantata,
in che soglionsi aver l'orribil cose. ritruova, contra ogni sua stima, invece
de la bella, che dianzi avea lasciata,
70 donna sì; laida, che la terra tutta
In odio gli la pose, ancor che tanto né; la più; vecchia avea né; la più; brutta.
l'amasse dianzi: e non vi paia strano,
quando il suo amor per forza era d'incanto, 73
ch'essendovi l'annel, rimase vano. Pallido, crespo e macilente avea
Fece l'annel palese ancor, che quanto Alcina il viso, il crin raro e canuto,
di beltà; Alcina avea, tutto era estrano: sua statura a sei palmi non giungea:
estrano avea, e non suo, dal piè; alla treccia; ogni dente di bocca era caduto;
il bel ne sparve, e le restò; la feccia. che più; d'Ecuba e più; de la Cumea,
ed avea più; d'ogn'altra mai vivuto.
71 Ma sì; l'arti usa al nostro tempo ignote,
Come fanciullo che maturo frutto che bella e giovanetta parer puote.

103
che dal corpo esalata esser parea.
74 Lo tolse, e col zendado in che trovollo,
Giovane e bella ella si fa con arte, che tutto lo copria, sel messe al collo.
si che molti ingannò; come Ruggiero;
ma l'annel venne a interpretar le carte 77
che già; molti anni avean celato il vero. Venne alla stalla, e fece briglia e sella
Miracol non è; dunque, se si parte porre a un destrier più; che la pece nero:
de l'animo a Ruggier ogni pensiero così; Melissa l'avea istrutto; ch'ella
ch'avea d'amare Alcina, or che la truova sapea quanto nel corso era leggiero.
in guisa, che sua fraude non le giova. Chi lo conosce, Rabican l'appella;
ed è; quel proprio che col cavalliero
75 del quale i venti or presso al mar fan gioco,
Ma come l'avisò; Melissa, stette portò; già; la balena in questo loco.
senza mutare il solito sembiante,
fin che l'arme sue, più; dì; neglette, 78
si fu vestito dal capo alle piante; Potea aver l'ippogrifo similmente,
e per non farle ad Alcina suspette, che presso a Rabicano era legato;
finse provar s'in esse era aiutante, ma gli avea detto la maga: - Abbi mente,
finse provar se gli era fatto grosso, ch'egli è; (come tu sai) troppo sfrenato. -
dopo alcun dì; che non l'ha avute indosso. E gli diede intenzion che 'l dì; seguente
gli lo trarrebbe fuor di quello stato,
76 là; dove ad agio poi sarebbe istrutto
E Balisarda poi si messe al fianco come frenarlo e farlo gir per tutto.
(che così; nome la sua spada avea);
e lo scudo mirabile tolse anco, 79
che non pur gli occhi abbarbagliar solea, Né; sospetto darà;, se non lo tolle,
ma l'anima facea sì; venir manco, de la tacita fuga ch'apparecchia.

104
Fece Ruggier come Melissa volle, né; con osservazion di stelle fanno;
ch'invisibile ognor gli era all'orecchia. ma con simulazion, menzogne e frodi
Così; fingendo, del lascivo e molle legano i cor d'indissolubil nodi.
palazzo uscì; de la puttana vecchia;
e si venne accostando ad una porta, 2
donde è; la via ch'a Logistilla il porta. Chi l'annello d'Angelica, o piu tosto
chi avesse quel de la ragion, potria
80 veder a tutti il viso, che nascosto
Assaltò; li guardiani all'improviso, da finzione e d'arte non saria.
e si cacciò; tra lor col ferro in mano, Tal ci par bello e buono, che, deposto
e qual lasciò; ferito, e quale ucciso; il liscio, brutto e rio forse parria.
e corse fuor del ponte a mano a mano: Fu gran ventura quella di Ruggiero,
e prima che n'avesse Alcina aviso, ch'ebbe l'annel che gli scoperse il vero.
di molto spazio fu Ruggier lontano.
Dirò; ne l'altro canto che via tenne; 3
poi come a Logistilla se ne venne. Ruggier (come io dicea) dissimulando,
su Rabican venne alla porta armato:
trovò; le guardie sprovedute, e quando
CANTO OTTAVO giunse tra lor, non tenne il brando a lato.
Chi morto e chi a mal termine lasciando,
esce del ponte, e il rastrello ha spezzato:
1 prende al bosco la via; ma poco corre,
Oh quante sono incantatrici, oh quanti ch'ad un de' servi de la fata occorre.
incantator tra noi, che non si sanno!
che con lor arti uomini e donne amanti 4
di sé;, cangiando i visi lor, fatto hanno. Il servo in pugno avea un augel grifagno
Non con spirti costretti tali incanti, che volar con piacer facea ogni giorno,

105
ora a campagna, ora a un vicino stagno, 7
dove era sempre da far preda intorno: Non vuol parere il can d'esser più; tardo;
avea da lato il can fido compagno: ma segue Rabican con quella fretta
cavalcava un ronzin non troppo adorno. con che le lepri suol seguire il pardo.
Ben pensò; che Ruggier dovea fuggire, Vergogna a Ruggier par, se non aspetta.
quando lo vide in tal fretta venire. Voltasi a quel che vien sì; a piè; gagliardo;
né; gli vede arme, fuor ch'una bacchetta,
5 quella con che ubidire al cane insegna:
Se gli fe' incontra, e con sembiante altiero Ruggier di trar la spada si disdegna.
gli domandò; perché; in tal fretta gisse.
Risponder non gli volse il buon Ruggiero: 8
perciò; colui, più; certo che fuggisse, Quel se gli appressa, e forte lo percuote:
di volerlo arrestar fece pensiero; lo morde a un tempo il can nel piede manco.
e distendendo il braccio manco, disse: Lo sfrenato destrier la groppa scuote
- Che dirai tu, se subito ti fermo? tre volte e più;, né; falla il destro fianco.
se contra questo augel non avrai schermo? - Gira l'augello e gli fa mille ruote,
e con l'ugna sovente il ferisce anco:
6 sì; il destrier collo strido impaurisce,
Spinge l'augello: e quel batte sì; l'ale, ch'alla mano e allo spron poco ubidisce.
che non l'avanza Rabican di corso.
Del palafreno il cacciator giù; sale, 9
e tutto a un tempo gli ha levato il morso. Ruggiero, al fin costretto, il ferro caccia:
Quel par da l'arco uno aventato strale, e perché; tal molestia se ne vada,
di calci formidabile e di morso; or gli animali, or quel villan minaccia
e 'l servo dietro sì; veloce viene, col taglio e con la punta de la spada.
che par ch'il vento, anzi che il fuoco il mene. Quella importuna turba più; l'impaccia:
presa ha chi qua chi là; tutta la strada.

106
Vede Ruggiero il disonore e il danno fu, vinta dal dolor, per restar morta.
che gli avverrà;, se più; tardar lo fanno. Squarciossi i panni e si percosse il viso,
e sciocca nominossi e malaccorta;
10 e fece dar all'arme immantinente,
Sa ch'ogni poco più; ch'ivi rimane, e intorno a sé; raccor tutta sua gente.
Alcina avrà; col populo alle spalle:
di trombe, di tamburi e di campane 13
già; s'ode alto rumore in ogni valle. E poi ne fa due parti, e manda l'una
Contra un servo senza arme e contra un cane per quella strada ove Ruggier camina;
gli par ch'a usar la spada troppo falle: al porto l'altra subito raguna,
meglio e più; breve è; dunque che gli scopra imbarca, ed uscir fa ne la marina:
lo scudo che d'Atlante era stato opra. sotto le vele aperte il mar s'imbruna.
Con questi va la disperata Alcina,
11 che 'l desiderio di Ruggier sì; rode,
Levò; il drappo vermiglio in che coperto che lascia sua città; senza custode.
già; molti giorni lo scudo si tenne.
Fece l'effetto mille volte esperto 14
il lume, ove a ferir negli occhi venne: Non lascia alcuno a guardia del palagio:
resta dai sensi il cacciator deserto, il che a Melissa che stava alla posta
cade il cane e il ronzin, cadon le penne, per liberar di quel regno malvagio
ch'in aria sostener l'augel non ponno. la gente ch'in miseria v'era posta,
Lieto Ruggier li lascia in preda al sonno. diede commodità;, diede grande agio
di gir cercando ogni cosa a sua posta,
12 imagini abbruciar, suggelli torre,
Alcina, ch'avea intanto avuto aviso e nodi e rombi e turbini disciorre.
di Ruggier, che sforzato avea la porta,
e de la guardia buon numero ucciso, 15

107
Indi pei campi accelerando i passi, e molto onor fe' all'uno e a l'altro in Francia.
gli antiqui amanti, ch'erano in gran torma
conversi in fonti, in fere, in legni, in sassi, 18
fe' ritornar ne la lor prima forma. Trovò; Melissa questa lancia d'oro,
E quei, poi ch'allargati furo i passi, ch'Alcina avea reposta nel palagio,
tutti del buon Ruggier seguiron l'orma: e tutte l'arme che del duca foro,
a Logistilla si salvaro; ed indi e gli fur tolte ne l'ostel malvagio.
tornaro a Sciti, a Persi, a Greci, ad Indi. Montò; il destrier del negromante moro,
e fe' montar Astolfo in groppa ad agio;
16 e quindi a Logistilla si condusse
Li rimandò; Melissa in lor paesi, d'un'ora prima che Ruggier vi fusse.
con obligo di mai non esser sciolto.
Fu inanzi agli altri il duca degl'Inglesi 19
ad esser ritornato in uman volto; Tra duri sassi e folte spine gì;a
che 'l parentado in questo e li cortesi Ruggiero intanto invêr la fata saggia,
prieghi del buon Ruggier gli giovar molto: di balzo in balzo, e d'una in altra via
oltre i prieghi, Ruggier le diè; l'annello, aspra, solinga, inospita e selvaggia;
acciò; meglio potesse aiutar quello. tanto ch'a gran fatica riuscia
su la fervida nona in una spiaggia
17 tra 'l mare e 'l monte, al mezzodì; scoperta,
A' prieghi dunque di Ruggier, rifatto arsiccia, nuda, sterile e deserta.
fu 'l paladin ne la sua prima faccia.
Nulla pare a Melissa d'aver fatto, 20
quando ricovrar l'arme non gli faccia, Percuote il sole ardente il vicin colle;
e quella lancia d'or, ch'al primo tratto e del calor che si riflette a dietro,
quanti ne tocca de la sella caccia: in modo l'aria e l'arena ne bolle,
de l'Argalia, poi fu d'Astolfo lancia, che saria troppo a far liquido il vetro.

108
Stassi cheto ogni augello all'ombra molle: che di quanto sua forza s'estendea,
sol la cicala col noioso metro per utile ed onor sempre disposto
fra i densi rami del fronzuto stelo di Carlo e de l'Imperio esser volea;
le valli e i monti assorda, e il mare e il cielo. e che fra pochi dì; gli avrebbe posto
più; cavallieri in punto che potea;
21 e se non ch'esso era oggimai pur vecchio,
Quivi il caldo, la sete, e la fatica capitano verria del suo apparecchio.
ch'era di gir per quella via arenosa,
facean, lungo la spiaggia erma ed aprica, 24
a Ruggier compagnia grave e noiosa. Né; tal rispetto ancor gli parria degno
Ma perché; non convien che sempre io dica, di farlo rimaner, se non avesse
né; ch'io vi occupi sempre in una cosa, il figlio, che di forza, e più; d'ingegno,
io lascerò; Ruggiero in questo caldo, dignissimo era a chi'l governo desse,
e girò; in Scozia a ritrovar Rinaldo. ben che non si trovasse allor nel regno;
ma che sperava che venir dovesse
22 mentre ch'insieme aduneria lo stuolo;
Era Rinaldo molto ben veduto e ch'adunato il troveria il figliuolo.
dal re, da la figliuola e dal paese.
Poi la cagion che quivi era venuto, 25
più; ad agio il paladin fece palese: Così; mandò; per tutta la sua terra
ch'in nome del suo re chiedeva aiuto suoi tesorieri a far cavalli e gente;
e dal regno di Scozia e da l'Inglese; navi apparecchia e munizion da guerra,
ed ai preghi soggiunse anco di Carlo, vettovaglia e danar maturamente.
giustissime cagion di dover farlo. Venne intanto Rinaldo in Inghilterra,
e 'l re nel suo partir cortesemente
23 insino a Beroicche accompagnollo;
Dal re, senza indugiar, gli fu risposto, e visto pianger fu quando lasciollo.

109
perché; a tutta la gente marziale
26 e di Bretagna e de l'isole intorno
Spirando il vento prospero alla poppa, di ritrovarsi al mar prefisse il giorno.
monta Rinaldo, ed a Dio dice a tutti:
la fune indi al viaggio il nocchier sgroppa; 29
tanto che giunge ove nei salsi flutti Signor, far mi convien come fa il buono
il bel Tamigi amareggiando intoppa. sonator sopra il suo istrumento arguto,
Col gran flusso del mar quindi condutti che spesso muta corda, e varia suono,
i naviganti per camin sicuro ricercando ora il grave, ora l'acuto.
a vela e remi insino a Londra furo. Mentre a dir di Rinaldo attento sono,
d'Angelica gentil m'è; sovenuto,
27 di che lasciai ch'era da lui fuggita,
Rinaldo avea da Carlo e dal re Otone, e ch'avea riscontrato uno eremita.
che con Carlo in Parigi era assediato,
al principe di Vallia commissione 30
per contrasegni e lettere portato, Alquanto la sua istoria io vo' seguire.
che ciò; che potea far la regione Dissi che domandava con gran cura,
di fanti e di cavalli in ogni lato, come potesse alla marina gire;
tutto debba a Calesio traghittarlo, che di Rinaldo avea tanta paura,
sì; che aiutar si possa Francia e Carlo. che, non passando il mar, credea morire,
né; in tutta Europa si tenea sicura:
28 ma l'eremita a bada la tenea,
Il principe ch'io dico, ch'era, in vece perché; di star con lei piacere avea.
d'Oton, rimaso nel seggio reale,
a Rinaldo d'Amon tanto onor fece, 31
che non l'avrebbe al suo re fatto uguale: Quella rara bellezza il cor gli accese,
indi alle sue domande satisfece; e gli scaldò; le frigide medolle:

110
ma poi che vide che poco gli attese, 34
e ch'oltra soggiornar seco non volle, Che sia il disegno suo, ben io comprendo:
di cento punte l'asinello offese; e dirollo anco a voi, ma in altro loco.
né; di sua tardità; però; lo tolle: Angelica di ciò; nulla temendo,
e poco va di passo e men di trotto, cavalcava a giornate, or molto or poco.
né; stender gli si vuol la bestia sotto. Nel cavallo il demon si gì;a coprendo,
come si cuopre alcuna volta il fuoco,
32 che con sì; grave incendio poscia avampa,
E perché; molto dilungata s'era, che non si estingue, e a pena se ne scampa.
e poco più;, n'avria perduta l'orma,
ricorse il frate alla spelonca nera, 35
e di demoni uscir fece una torma: Poi che la donna preso ebbe il sentiero
e ne sceglie uno di tutta la schiera, dietro il gran mar che li Guasconi lava,
e del bisogno suo prima l'informa; tenendo appresso all'onde il suo destriero,
poi lo fa entrare adosso al corridore, dove l'umor la via più; ferma dava;
che via gli porta con la donna il core. quel le fu tratto dal demonio fiero
ne l'acqua sì;, che dentro vi nuotava.
33 Non sa che far la timida donzella,
E qual sagace can, nel monte usato se non tenersi ferma in su la sella.
a volpi o lepri dar spesso la caccia,
che se la fera andar vede da un lato, 36
ne va da un altro, e par sprezzi la traccia; Per tirar briglia, non gli può; dar volta:
al varco poi lo sentono arrivato, più; e più; sempre quel si caccia in alto.
che l'ha già; in bocca, e l'apre il fianco e straccia: Ella tenea la vesta in su raccolta
tal l'eremita per diversa strada per non bagnarla, e traea i piedi in alto.
aggiugnerà; la donna ovunque vada. Per le spalle la chioma iva disciolta,
e l'aura le facea lascivo assalto.

111
Stavano cheti tutti i maggior venti, i languidi occhi al ciel tenea levati,
forse a tanta beltà;, col mare, attenti. come accusando il gran Motor che l'abbia
tutti inclinati nel suo danno i fati.
37 Immota e come attonita stè; alquanto;
Ella volgea i begli occhi a terra invano, poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto.
che bagnavan di pianto il viso e 'l seno,
e vedea il lito andar sempre lontano 40
e decrescer più; sempre e venir meno. Dicea: - Fortuna, che più; a far ti resta
Il destrier, che nuotava a destra mano, acciò; di me ti sazi e ti disfami?
dopo un gran giro la portò; al terreno che dar ti posso omai più;, se non questa
tra scuri sassi e spaventose grotte, misera vita? ma tu non la brami;
già; cominciando ad oscurar la notte. ch'ora a trarla del mar sei stata presta,
quando potea finir suoi giorni grami:
38 perché; ti parve di voler più; ancora
Quando si vide sola in quel deserto, vedermi tormentar prima ch'io muora.
che a riguardarlo sol, mettea paura,
ne l'ora che nel mar Febo coperto 41
l'aria e la terra avea lasciata oscura, Ma che mi possi nuocere non veggio,
fermossi in atto ch'avria fatto incerto più; di quel che sin qui nociuto m'hai.
chiunque avesse vista sua figura, Per te cacciata son del real seggio,
s'ella era donna sensitiva e vera, dove più; ritornar non spero mai:
o sasso colorito in tal maniera. ho perduto l'onor, ch'è; stato peggio;
che, se ben con effetto io non peccai,
39 io do però; materia ch'ognun dica,
Stupida e fissa ne la incerta sabbia, ch'essendo vagabonda, io sia impudica.
coi capelli disciolti e rabuffati,
con le man giunte e con l'immote labbia, 42

112
Ch'aver può; donna al mondo più; di buono, quando le apparve l'eremita accanto.
a cui la castità; levata sia?
Mi nuoce, ahimè;! ch'io son giovane, e sono 45
tenuta bella, o sia vero o bugia. Avea mirato da l'estrema cima
Già; non ringrazio il ciel di questo dono; d'un rilevato sasso l'eremita
che di qui nasce ogni ruina mia: Angelica, che giunta alla parte ima
morto per questo fu Argalia mio frate, è; dello scoglio, afflitta e sbigottita.
che poco gli giovar l'arme incantate: Era sei giorni egli venuto prima;
ch'un demonio il portò; per via non trita:
43 e venne a lei fingendo divozione
per questo il re di Tartaria Agricane quanta avesse mai Paulo o Ilarione.
disfece il genitor mio Galafrone,
ch'in India, del Cataio era gran Cane; 46
onde io son giunta a tal condizione, Come la donna il cominciò; a vedere,
che muto albergo da sera a dimane. prese, non conoscendolo, conforto;
Se l'aver, se l'onor, se le persone e cessò; a poco a poco il suo temere,
m'hai tolto, e fatto il mal che far mi puoi, ben che ella avesse ancora il viso smorto.
a che più; doglia anco serbar mi vuoi? Come fu presso, disse: - Miserere,
padre, di me, ch'i' son giunta a mal porto. -
44 E con voce interrotta dal singulto
Se l'affogarmi in mar morte non era gli disse quel ch'a lui non era occulto.
a tuo senno crudel, pur ch'io ti sazi,
non recuso che mandi alcuna fera 47
che mi divori, e non mi tenga in strazi. Comincia l'eremita a confortarla
D'ogni martir che sia, pur ch'io ne pera, con alquante ragion belle e divote;
esser non può; ch'assai non ti ringrazi. - e pon l'audaci man, mentre che parla,
Così; dicea la donna con gran pianto, or per lo seno, or per l'umide gote:

113
poi più; sicuro va per abbracciarla; ma quel pigro rozzon non però; salta.
ed ella sdegnosetta lo percuote Indarno il fren gli scuote, e lo tormenta;
con una man nel petto, e lo rispinge, e non può; far che tenga la testa alta.
e d'onesto rossor tutta si tinge. Al fin presso alla donna s'addormenta;
e nuova altra sciagura anco l'assalta:
48 non comincia Fortuna mai per poco,
Egli, ch'allato avea una tasca, aprilla, quando un mortal si piglia a scherno e a gioco.
e trassene una ampolla di liquore;
e negli occhi possenti, onde sfavilla 51
la più; cocente face ch'abbia Amore, Bisogna, prima ch'io vi narri il caso,
spruzzò; di quel leggiermente una stilla, ch'un poco dal sentier dritto mi torca.
che di farla dormire ebbe valore. Nel mar di tramontana invêr l'occaso,
Già; resupina ne l'arena giace oltre l'Irlanda una isola si corca,
a tutte voglie del vecchio rapace. Ebuda nominata; ove è; rimaso
il popul raro, poi che la brutta orca
49 e l'altro marin gregge la distrusse,
Egli l'abbraccia ed a piacer la tocca ch'in sua vendetta Proteo vi condusse.
ed ella dorme e non può; fare ischermo.
Or le bacia il bel petto, ora la bocca; 52
non è; chi 'l veggia in quel loco aspro ed ermo. Narran l'antique istorie, o vere o false,
Ma ne l'incontro il suo destrier trabocca; che tenne già; quel luogo un re possente,
ch'al disio non risponde il corpo infermo: ch'ebbe una figlia, in cui bellezza valse
era mal atto, perché; avea troppi anni; e grazia sì;, che poté; facilmente,
e potrà; peggio, quanto più; l'affanni. poi che mostrossi in su l'arene salse,
Proteo lasciare in mezzo l'acque ardente;
50 e quello, un dì; che sola ritrovolla,
Tutte le vie, tutti li modi tenta, compresse, e di sé; gravida lasciolla.

114
e per trovarvi al fin qualche rimedio,
53 andarsi a consigliar di queste cose
La cosa fu gravissima e molesta all'oracol, che lor così; rispose:
al padre, più; d'ogn'altro empio e severo:
né; per iscusa o per pietà;, la testa 56
le perdonò;: sì; può; lo sdegno fiero. che trovar bisognava una donzella
Né; per vederla gravida, si resta che fosse all'altra di bellezza pare,
di subito esequire il crudo impero: ed a Proteo sdegnato offerir quella,
e 'l nipotin che non avea peccato, in cambio de la morta, in lito al mare.
prima fece morir che fosse nato. S'a sua satisfazion gli parrà; bella,
se la terrà;, né; li verrà; a sturbare:
54 se per questo non sta, se gli appresenti
Proteo marin, che pasce il fiero armento una ed un'altra, fin che si contenti.
di Nettunno che l'onda tutta regge,
sente de la sua donna aspro tormento, 57
e per grand'ira, rompe ordine e legge; E così; cominciò; la dura sorte
sì; che a mandare in terra non è; lento tra quelle che più; grate eran di faccia,
l'orche e le foche, e tutto il marin gregge, ch'a Proteo ciascun giorno una si porte,
che distruggon non sol pecore e buoi, fin che trovino donna che gli piaccia.
ma ville e borghi e li cultori suoi: La prima e tutte l'altre ebbero morte;
che tutte giù; pel ventre se le caccia
55 un'orca, che restò; presso alla foce,
e spesso vanno alle città; murate, poi che 'l resto partì; del gregge atroce.
e d'ogn'intorno lor mettono assedio.
Notte e dì; stanno le persone armate, 58
con gran timore e dispiacevol tedio: O vera o falsa che fosse la cosa
tutte hanno le campagne abbandonate; di Proteo (ch'io non so che me ne dica),

115
servosse in quella terra, con tal chiosa, 61
contra le donne un'empia lege antica: Passando una lor fusta a terra a terra
che di lor carne l'orca mostruosa inanzi a quella solitaria riva
che viene ogni dì; al lito, si notrica. dove fra sterpi in su l'erbosa terra
Ben ch'esser donna sia in tutte le bande la sfortunata Angelica dormiva,
danno e sciagura, quivi era pur grande. smontaro alquanti galeotti in terra
per riportarne e legna ed acqua viva;
59 e di quante mai fur belle e leggiadre
Oh misere donzelle che trasporte trovaro il fiore in braccio al santo padre.
fortuna ingiuriosa al lito infausto!
dove le genti stan sul mare accorte 62
per far de le straniere empio olocausto; Oh troppo cara, oh troppo eccelsa preda
che, come più; di fuor ne sono morte, per sì; barbare genti e sì; villane!
il numer de le loro è; meno esausto: Oh Fortuna crudel, chi fia ch'il creda,
ma perché; il vento ognor preda non mena, che tanta forza hai ne le cose umane,
ricercando ne van per ogni arena. che per cibo d'un mostro tu conceda
la gran beltà;, ch'in India il re Agricane
60 fece venir da le caucasee porte
Van discorrendo tutta la marina con mezza Scizia a guadagnar la morte?
con fuste e grippi ed altri legni loro,
e da lontana parte e da vicina 63
portan sollevamento al lor martoro. La gran beltà;, che fu da Sacripante
Molte donne han per forza e per rapina, posta inanzi al suo onore e al suo bel regno;
alcune per lusinghe, altre per oro; la gran beltà;, ch'al gran signor d'Anglante
e sempre da diverse regioni macchiò; la chiara fama e l'alto ingegno;
n'hanno piene le torri e le prigioni. la gran beltà; che fe' tutto Levante
sottosopra voltarsi e stare al segno,

116
ora non ha (così; è; rimasa sola) quando fu posta in su la fredda pietra,
chi le dia aiuto pur d'una parola. dove in catena, priva di sussidi,
morte aspettava abominosa e tetra.
64 Io nol dirò;; che sì; il dolor mi muove,
La bella donna, di gran sonno oppressa, che mi sforza voltar le rime altrove,
incatenata fu prima che desta.
Portaro il frate incantator con essa 67
nel legno pien di turba afflitta e mesta. e trovar versi non tanto lugubri,
La vela, in cima all'arbore rimessa, fin che 'l mio spirto stanco si riabbia;
rendé; la nave all'isola funesta, che non potrian li squalidi colubri,
dove chiuser la donna in rocca forte, né; l'orba tigre accesa in maggior rabbia,
fin a quel dì; ch'a lei toccò; la sorte. né; ciò; che da l'Atlante ai liti rubri
venenoso erra per la calda sabbia,
65 né; veder né; pensar senza cordoglio,
Ma poté; sì;, per esser tanto bella, Angelica legata al nudo scoglio.
la fiera gente muovere a pietade,
che molti dì; le differiron quella 68
morte, e serbarla a gran necessitade; Oh se l'avesse il suo Orlando saputo,
e fin ch'ebber di fuore altra donzella, ch'era per ritrovarla ito a Parigi;
perdonaro all'angelica beltade. o li dui ch'ingannò; quel vecchio astuto
Al mostro fu condotta finalmente, col messo che venì;a dai luoghi stigi!
piangendo dietro a lei tutta la gente. fra mille morti, per donarle aiuto,
cercato avrian gli angelici vestigi:
66 ma che fariano, avendone anco spia,
Chi narrerà; l'angosce, i pianti, i gridi, poi che distanti son di tanta via?
l'alta querela che nel ciel penetra?
maraviglia ho che non s'apriro i lidi, 69

117
Parigi intanto avea l'assedio intorno a destra ed a sinistra, e basso ed alto.
dal famoso figliuol del re Troiano;
e venne a tanta estremitade un giorno, 72
che n'andò; quasi al suo nimico in mano: La donna sua, che gli ritorna a mente,
e se non che li voti il ciel placorno, anzi che mai non era indi partita,
che dilagò; di pioggia oscura il piano, gli raccende nel core e fa più; ardente
cadea quel dì; per l'africana lancia la fiamma che nel dì; parea sopita.
il santo Impero e 'l gran nome di Francia. Costei venuta seco era in Ponente
fin dal Cataio; e qui l'avea smarrita,
70 né; ritrovato poi vestigio d'ella
Il sommo Creator gli occhi rivolse che Carlo rotto fu presso a Bordella.
al giusto lamentar del vecchio Carlo;
e con subita pioggia il fuoco tolse: 73
né; forse uman saper potea smorzarlo. Di questo Orlando avea gran doglia, e seco
Savio chiunque a Dio sempre si volse; indarno a sua sciocchezza ripensava.
ch'altri non poté; mai meglio aiutarlo. - Cor mio (dicea), come vilmente teco
Ben dal devoto re fu conosciuto, mi son portato! ohimè;, quanto mi grava
che si salvò; per lo divino aiuto. che potendoti aver notte e dì; meco,
quando la tua bontà; non mel negava,
71 t'abbia lasciato in man di Namo porre,
La notte Orlando alle noiose piume per non sapermi a tanta ingiuria opporre!
del veloce pensier fa parte assai.
Or quinci or quindi il volta, or lo rassume 74
tutto in un loco, e non l'afferma mai: Non aveva ragione io di scusarme?
qual d'acqua chiara il tremolante lume, e Carlo non m'avria forse disdetto:
dal sol percossa o da' notturni rai, se pur disdetto, e chi potea sforzarme?
per gli ampli tetti va con lungo salto chi ti mi volea torre al mio dispetto?

118
non poteva io venir più; tosto all'arme? vai tu soletta forse ancor errando?
lasciar più; tosto trarmi il cor del petto? o pur t'hanno trovata i lupi rei
Ma né; Carlo né; tutta la sua gente senza la guardia del tuo fido Orlando?
di tormiti per forza era possente. e il fior ch'in ciel potea pormi fra i dei,
il fior ch'intatto io mi venì;a serbando
75 per non turbarti, ohimè;! l'animo casto,
Almen l'avesse posta in guardia buona ohimè;! per forza avranno colto e guasto.
dentro a Parigi o in qualche rocca forte.
Che l'abbia data a Namo mi consona, 78
sol perché; a perder l'abbia a questa sorte. Oh infelice! oh misero! che voglio
Chi la dovea guardar meglio persona se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno?
di me? ch'io dovea farlo fino a morte; O sommo Dio, fammi sentir cordoglio
guardarla più; che 'l cor, che gli occhi miei: prima d'ogn'altro, che di questo danno.
e dovea e potea farlo, e pur nol fei. Se questo è; ver, con le mie man mi toglio
la vita, e l'alma disperata danno. -
76 Così;, piangendo forte e sospirando,
Deh, dove senza me, dolce mia vita, seco dicea l'addolorato Orlando.
rimasa sei sì; giovane e sì; bella?
come, poi che la luce è; dipartita, 79
riman tra' boschi la smarrita agnella, Già; in ogni parte gli animanti lassi
che dal pastor sperando esser udita, davan riposo ai travagliati spirti,
si va lagnando in questa parte e in quella; chi su le piume, e chi sui duri sassi,
tanto che 'l lupo l'ode da lontano, e chi su l'erbe, e chi su faggi o mirti:
e 'l misero pastor ne piagne invano. tu le palpebre, Orlando, a pena abbassi,
punto da' tuoi pensieri acuti ed irti;
77 né; quel sì; breve e fuggitivo sonno
Dove, speranza mia, dove ora sei? godere in pace anco lasciar ti ponno.

119
chi ha cangiata mia dolcezza in tosco? -
80 ode la donna sua che gli domanda,
Parea ad Orlando, s'una verde riva piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.
d'odoriferi fior tutta dipinta,
mirare il bello avorio, e la nativa 83
purpura ch'avea Amor di sua man tinta, Onde par ch'esca il grido, va veloce,
e le due chiare stelle onde nutriva e quinci e quindi s'affatica assai.
ne le reti d'Amor l'anima avinta: Oh quanto è; il suo dolore aspro ed atroce,
io parlo de' begli occhi e del bel volto, che non può; rivedere i dolci rai!
che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto. Ecco ch'altronde ode da un'altra voce:
- Non sperar più; gioirne in terra mai. -
81 A questo orribil grido risvegliossi,
Sentia il maggior piacer, la maggior festa e tutto pien di lacrime trovossi.
che sentir possa alcun felice amante:
ma ecco intanto uscire una tempesta 84
che struggea i fior, ed abbattea le piante: Senza pensar che sian l'immagin false
non se ne suol veder simile a questa, quando per tema o per disio si sogna,
quando giostra aquilone, austro e levante. de la donzella per modo gli calse,
Parea che per trovar qualche coperto, che stimò; giunta a danno od a vergogna,
andasse errando invan per un deserto. che fulminando fuor del letto salse.
Di piastra e maglia, quanto gli bisogna,
82 tutto guarnissi, e Brigliadoro tolse;
Intanto l'infelice (e non sa come) né; di scudiero alcun servigio volse.
perde la donna sua per l'aer fosco;
onde di qua e di là; del suo bel nome 85
fa risonare ogni campagna e bosco. E per poter entrare ogni sentiero,
E mentre dice indarno: - Misero me! che la sua dignità; macchia non pigli,

120
non l'onorata insegna del quartiero, 88
distinta di color bianchi e vermigli, Brandimarte, ch'Orlando amava a pare
ma portar volse un ornamento nero; di sé; medesmo, non fece soggiorno;
e forse acciò; ch'al suo dolor simigli: o che sperasse farlo ritornare,
e quello avea già; tolto a uno amostante, o sdegno avesse udirne biasmo e scorno;
ch'uccise di sua man pochi anni inante. e volse a pena tanto dimorare,
ch'uscisse fuor ne l'oscurar del giorno.
86 A Fiordiligi sua nulla ne disse,
Da mezza notte tacito si parte, perché; 'l disegno suo non gl'impedisse.
e non saluta e non fa motto al zio;
né; al fido suo compagno Brandimarte, 89
che tanto amar solea, pur dice a Dio. Era questa una donna che fu molto
Ma poi che 'l Sol con l'auree chiome sparte da lui diletta, e ne fu raro senza;
del ricco albergo di Titone uscì;o di costumi, di grazia e di bel volto
e fe' l'ombra fugire umida e nera, dotata e d'accortezza e di prudenza:
s'avide il re che 'l paladin non v'era. e se licenza or non n'aveva tolto,
fu che sperò; tornarle alla presenza
87 il dì; medesmo; ma gli accadde poi,
Con suo gran dispiacer s'avede Carlo che lo tardò; più; dei disegni suoi.
che partito la notte è; 'l suo nipote,
quando esser dovea seco e più; aiutarlo; 90
e ritener la colera non puote, E poi ch'ella aspettato quasi un mese
ch'a lamentarsi d'esso, ed a gravarlo indarno l'ebbe, e che tornar nol vide,
non incominci di biasmevol note: di desiderio sì; di lui s'accese,
e minacciar, se non ritorna, e dire che si partì; senza compagni o guide;
che lo faria di tanto error pentire. e cercandone andò; molto paese,
come l'istoria al luogo suo dicide.

121
Di questi dua non vi dico or più; inante; 2
che più; m'importa il cavallier d'Anglante. Ma l'escuso io pur troppo, e mi rallegro
nel mio difetto aver compagno tale;
91 ch'anch'io sono al mio ben languido ed egro,
Il qual, poi che mutato ebbe d'Almonte sano e gagliardo a seguitare il male.
le gloriose insegne, andò; alla porta, Quel se ne va tutto vestito a negro,
e disse ne l'orecchio: - Io sono il conte - né; tanti amici abandonar gli cale;
a un capitan che vi facea la scorta; e passa dove d'Africa e di Spagna
e fattosi abassar subito il ponte, la gente era attendata alla campagna:
per quella strada che più; breve porta
agl'inimici, se n'andò; diritto. 3
Quel che seguì;, ne l'altro canto è; scritto. anzi non attendata, perché; sotto
alberi e tetti l'ha sparsa la pioggia
a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto;
CANTO NONO chi più; distante e chi più; presso alloggia.
Ognuno dorme travagliato e rotto:
chi steso in terra, e chi alla man s'appoggia.
1 Dormono; e il conte uccider ne può; assai:
Che non può; far d'un cor ch'abbia suggetto né; però; stringe Durindana mai.
questo crudele e traditore Amore,
poi ch'ad Orlando può; levar del petto 4
la tanta fe' che debbe al suo Signore? Di tanto core è; il generoso Orlando,
Già; savio e pieno fu d'ogni rispetto, che non degna ferir gente che dorma.
e de la santa Chiesa difensore; Or questo, e quando quel luogo cercando
or per un vano amor, poco del zio, va, per trovar de la sua donna l'orma.
e di sé; poco, e men cura di Dio. Se truova alcun che veggi, sospirando
gli ne dipinge l'abito e la forma;

122
e poi lo priega che per cortesia trepida pianta, fin che nuda resta,
gl'insegni andar in parte ove ella sia. e van gli augelli a strette schiere insembre,
Orlando entrò; ne l'amorosa inchiesta;
5 né; tutto il verno appresso lasciò; quella,
E poi che venne il dì; chiaro e lucente, né; la lasciò; ne la stagion novella.
tutto cercò; l'esercito moresco:
e ben lo potea far sicuramente, 8
avendo indosso l'abito arabesco; Passando un giorno, come avea costume,
ed aiutollo in questo parimente, d'un paese in un altro, arrivò; dove
che sapeva altro idioma che francesco, parte i Normandi dai Bretoni un fiume,
e l'africano tanto avea espedito, e verso il vicin mar cheto si muove;
che parea nato a Tripoli e nutrito. ch'allora gonfio e bianco già; di spume
per nieve sciolta e per montane piove:
6 e l'impeto de l'acqua avea disciolto
Quivi il tutto cercò;, dove dimora e tratto seco il ponte, e il passo tolto.
fece tre giorni, e non per altro effetto;
poi dentro alle cittadi e a' borghi fuora 9
non spiò; sol per Francia e suo distretto, Con gli occhi cerca or questo lato or quello,
ma per Uvernia e per Guascogna ancora lungo le ripe il paladin, se vede
rivide sin all'ultimo borghetto: (quando né; pesce egli non è;, né; augello)
e cercò; da Provenza alla Bretagna, come abbia a por ne l'altra ripa il piede:
e dai Picardi ai termini di Spagna. ed ecco a sé; venir vede un battello,
ne la cui poppa una donzella siede,
7 che di volere a lui venir fa segno;
Tra il fin d'ottobre e il capo di novembre, né; lascia poi ch'arrivi in terra il legno.
ne la stagion che la frondosa vesta
vede levarsi e discoprir le membre 10

123
Prora in terra non pon; ché; d'esser carca donna o donzella, onde si pasca, truova;
contra sua volontà; forse sospetta.
Orlando priega lei che ne la barca 13
seco lo tolga, ed oltre il fiume il metta. che mercanti e corsar che vanno attorno,
Ed ella lui: - Qui cavallier non varca, ve ne fan copia, e più; de le più; belle.
il qual su la sua fé; non mi prometta Ben potete contare, una per giorno,
di fare una battaglia a mia richiesta, quante morte vi sian donne e donzelle.
la più; giusta del mondo e la più; onesta. Ma se pietade in voi truova soggiorno,
se non sete d'Amor tutto ribelle,
11 siate contento esser tra questi eletto,
Sì; che s'avete, cavallier, desire che van per far sì; fruttuoso effetto. -
di por per me ne l'altra ripa i passi,
promettetemi, prima che finire 14
quest'altro mese prossimo si lassi, Orlando volse a pena udire il tutto,
ch'al re d'Ibernia v'anderete a unire, che giurò; d'esser primo a quella impresa,
appresso al qual la bella armata fassi come quel ch'alcun atto iniquo e brutto
per distrugger quell'isola d'Ebuda, non può; sentire, e d'ascoltar gli pesa:
che, di quante il mar cinge, è; la più; cruda. e fu a pensare, indi a temere indutto,
che quella gente Angelica abbia presa;
12 poi che cercata l'ha per tanta via,
Voi dovete saper ch'oltre l'Irlanda, né; potutone ancor ritrovar spia.
fra molte che vi son, l'isola giace
nomata Ebuda, che per legge manda 15
rubando intorno il suo popul rapace; Questa imaginazion sì; gli confuse
e quante donne può; pigliar, vivanda e sì; gli tolse ogni primier disegno,
tutte destina a un animal vorace, che, quanto in fretta più; potea, conchiuse
che viene ogni dì; al lito, e sempre nuova di navigare a quello iniquo regno.

124
Né; prima l'altro sol nel mar si chiuse, nochier col legno afflitto, e il lito prese,
che presso a San Malò; ritrovò; un legno, fuor d'una terra che sul destro fianco
nel qual si pose; e fatto alzar le vele, di quel fiume sedeva, un vecchio scese,
passò; la notte il monte San Michele. di molta età;, per quanto il crine bianco
ne dava indicio; il qual tutto cortese,
16 dopo i saluti, al conte rivoltosse,
Breaco e Landriglier lascia a man manca, che capo giudicò; che di lor fosse.
e va radendo il gran lito britone;
e poi si drizza invêr l'arena bianca, 19
onde Ingleterra si nomò; Albione; E da parte il pregò; d'una donzella,
ma il vento, ch'era da meriggie, manca, ch'a lei venir non gli paresse grave,
e soffia tra il ponente e l'aquilone la qual ritroverebbe, oltre che bella,
con tanta forza, che fa al basso porre più; ch'altra al mondo affabile e soave;
tutte le vele, e sé; per poppa torre. over fosse contento aspettar ch'ella
verrebbe a trovar lui fin alla nave:
17 né; più; restio volesse esser di quanti
Quanto il navilio inanzi era venuto quivi eran giunti cavallieri erranti;
in quattro giorni, in un ritornò; indietro,
ne l'alto mar dal buon nochier tenuto, 20
che non dia in terra e sembri un fragil vetro. che nessun altro cavallier, ch'arriva
Il vento, poi che furioso suto o per terra o per mare a questa foce,
fu quattro giorni, il quinto cangiò; metro: di ragionar con la donzella schiva,
lasciò; senza contrasto il legno entrare per consigliarla in un suo caso atroce.
dove il fiume d'Anversa ha foce in mare. Udito questo, Orlando in su la riva
senza punto indugiarsi uscì; veloce;
18 e come umano e pien di cortesia,
Tosto che ne la foce entrò; lo stanco dove il vecchio il menò;, prese la via.

125
tanto più; che, per quel ch'apparea fuori,
21 io credea e credo, e creder credo il vero,
Fu ne la terra il paladin condutto ch'amasse ed ami me con cor sincero.
dentro un palazzo, ove al salir le scale,
una donna trovò; piena di lutto, 24
per quanto il viso ne facea segnale, Quei giorni che con noi contrario vento,
e i negri panni che coprian per tutto contrario agli altri, a me propizio, il tenne
e le logge e le camere e le sale; (ch'agli altri fur quaranta, a me un momento;
la qual, dopo accoglienza grata e onesta così; al fuggire ebbon veloci penne),
fattol seder, gli disse in voce mesta: fummo più; volte insieme a parlamento,
dove, che 'l matrimonio con solenne
22 rito al ritorno suo saria tra nui
- Io voglio che sappiate che figliuola mi promise egli, ed io 'l promisi a lui.
fui del conte d'Olanda, a lui sì; grata
(quantunque prole io non gli fossi sola, 25
ch'era da dui fratelli accompagnata), Bireno a pena era da noi partito
ch'a quanto io gli chiedea, da lui parola (che così; ha nome il mio fedele amante),
contraria non mi fu mai replicata. che 'l re di Frisa (la qual, quanto il lito
Standomi lieta in questo stato, avenne del mar divide il fiume, è; a noi distante),
che ne la nostra terra un duca venne. disegnando il figliuol farmi marito,
ch'unico al mondo avea, nomato Arbante,
23 per li più; degni del suo stato manda
Duca era di Selandia, e se ne giva a domandarmi al mio padre in Olanda.
verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori.
La bellezza e l'età; ch'in lui fioriva, 26
e li non più; da me sentiti amori Io ch'all'amante mio di quella fede
con poca guerra me gli fer captiva; mancar non posso, che gli aveva data,

126
e anco ch'io possa. Amor non mi conciede 29
che poter voglia, e ch'io sia tanto ingrata; Col fuoco dietro ove la canna è; chiusa,
per ruinar la pratica ch'in piede tocca un spiraglio che si vede a pena;
era gagliarda, e presso al fin guidata, a guisa che toccare il medico usa
dico a mio padre, che prima ch'in Frisa dove è; bisogno d'allacciar la vena:
mi dia marito, io voglio essere uccisa. onde vien con tal suon la palla esclusa,
che si può; dir che tuona e che balena;
27 né; men che soglia il fulmine ove passa,
Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto ciò; che tocca, arde, abatte, apre e fracassa.
a me piacea, né; mai turbar mi volse,
per consolarmi e far cessare il pianto 30
ch'io ne facea, la pratica disciolse: Pose due volte il nostro campo in rotta
di che il superbo re di Frisa tanto con questo inganno, e i miei fratelli uccise:
isdegno prese e a tanto odio si volse, nel primo assalto il primo; che la botta,
ch'entrò; in Olanda, e cominciò; la guerra rotto l'usbergo, in mezzo il cor gli mise;
che tutto il sangue mio cacciò; sotterra. ne l'altra zuffa a l'altro, il quale in frotta
fuggì;a, dal corpo l'anima divise;
28 e lo ferì; lontan dietro la spalla,
Oltre che sia robusto, e sì; possente, e fuor del petto uscir fece la palla.
che pochi pari a nostra età; ritruova,
e sì; astuto in mal far, ch'altrui niente 31
la possanza, l'ardir, l'ingegno giova; Difendendosi poi mio padre un giorno
porta alcun'arme che l'antica gente dentro un castel che sol gli era rimaso,
non vide mai, né; fuor ch'a lui, la nuova: che tutto il resto avea perduto intorno,
un ferro bugio, lungo da dua braccia, lo fe' con simil colpo ire all'occaso;
dentro a cui polve ed una palla caccia. che mentre andava e che facea ritorno,
provedendo or a questo or a quel caso,

127
dal traditor fu in mezzo gli occhi colto, la cener sparsa, inanzi che far questo. -
che l'avea di lontan di mira tolto. Studia la gente mia di questo intento
tormi: chi priega, e chi mi fa protesto
32 di dargli in mano me e la terra, prima
Morto i fratelli e il padre, e rimasa io che la mia ostinazion tutti ci opprima.
de l'isola d'Olanda unica erede,
il re di Frisa, perché; avea disio 35
di ben fermare in quello stato il piede, Così;, poi che i protesti e i prieghi invano
mi fa sapere, e così; al popul mio, vider gittarsi, e che pur stava dura,
che pace e che riposo mi conciede, presero accordo col Frisone, e in mano,
quando io vogli or, quel che non volsi inante, come avean detto, gli dier me e le mura.
tor per marito il suo figliuolo Arbante. Quel, senza farmi alcuno atto villano,
de la vita e del regno m'assicura,
33 pur ch'io indolcisca l'indurate voglie,
Io per l'odio non sì;, che grave porto e che d'Arbante suo mi faccia moglie.
a lui e a tutta la sua iniqua schiatta,
il qual m'ha dui fratelli e 'l padre morto, 36
saccheggiata la patria, arsa e disfatta; Io che sforzar così; mi veggio, voglio,
come perché; a colui non vo' far torto, per uscirgli di man, perder la vita;
a cui già; la promessa aveva fatta, ma se pria non mi vendico, mi doglio
ch'altr'uomo non saria che mi sposasse, più; che di quanta ingiuria abbia patita.
fin che di Spagna a me non ritornasse: Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio
che solo il simular può; dare aita:
34 fingo ch'io brami, non che non mi piaccia,
- Per un mal ch'io patisco, ne vo' cento che mi perdoni e sua nuora mi faccia.
patir (rispondo), e far di tutto il resto;
esser morta, arsa viva, e che sia al vento 37

128
Fra molti ch'al servizio erano stati per darci aiuto i legni sciolti avea.
già; di mio padre, io scelgo dui fratelli,
di grande ingegno e di gran cor dotati, 40
ma più; di vera fede, come quelli Di questo avuto aviso il re frisone,
che cresciutici in corte ed allevati de le nozze al figliuol la cura lassa;
si son con noi da teneri citelli; e con l'armata sua nel mar si pone:
e tanto miei, che poco lor parria truova il duca, lo rompe, arde e fracassa,
la vita por per la salute mia. e, come vuol Fortuna, il fa prigione;
ma di ciò; ancor la nuova a noi non passa.
38 Mi sposa intanto il giovene, e si vuole
Communico con loro il mio disegno: meco corcar come si corchi il sole.
essi prometton d'essermi in aiuto.
L'un viene in Fiandra, e v'apparecchia un legno; 41
l'altro meco in Olanda ho ritenuto. Io dietro alle cortine avea nascoso
Or mentre i forestieri e quei del regno quel mio fedele; il qual nulla si mosse
s'invitano alle nozze, fu saputo prima che a me venir vide lo sposo;
che Bireno in Biscaglia avea una armata, e non l'attese che corcato fosse,
per venire in Olanda, apparecchiata. ch'alzò; un'accetta, e con sì; valoroso
braccio dietro nel capo lo percosse,
39 che gli levò; la vita e la parola:
Però; che, fatta la prima battaglia io saltai presta, e gli segai la gola.
dove fu rotto un mio fratello e ucciso,
spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia, 42
che portassi a Bireno il tristo aviso; Come cadere il bue suole al macello,
il qual mentre che s'arma e si travaglia, cade il malnato giovene, in dispetto
dal re di Frisa il resto fu conquiso. del re Cimosco, il più; d'ogn'altro fello;
Bireno, che di ciò; nulla sapea, che l'empio re di Frisa è; così; detto,

129
che morto l'uno e l'altro mio fratello a me, né; dì; né; notte il lascia mai.
m'avea col padre, e per meglio suggetto Ma perché; il pianger morti non rileva,
farsi il mio stato, mi volea per nuora; e la vendetta sfoga l'odio assai,
e forse un giorno uccisa avria me ancora. la parte del pensier, ch'esser doveva
de la pietade in sospirare e in guai,
43 vuol che con l'odio a investigar s'unisca,
Prima ch'altro disturbo vi si metta, come egli m'abbia in mano e mi punisca.
tolto quel che più; vale e meno pesa,
il mio compagno al mar mi cala in fretta 46
da la finestra a un canape sospesa, Quei tutti che sapeva e gli era detto
là; dove attento il suo fratello aspetta che mi fossino amici, o di quei miei
sopra la barca ch'avea in Fiandra presa. che m'aveano aiutata a far l'effetto,
Demmo le vele ai venti e i remi all'acque, uccise, o lor beni arse, o li fe' rei.
e tutti ci salvian, come a Dio piacque. Volse uccider Bireno in mio dispetto;
che d'altro sì; doler non mi potrei:
44 gli parve poi, se vivo lo tenesse,
Non so se 'l re di Frisa più; dolente che per pigliarmi, in man la rete avesse.
del figliuol morto, o se più; d'ira acceso
fosse contra di me, che 'l dì; seguente 47
giunse là; dove si trovò; sì; offeso. Ma gli propone una crudele e dura
Superbo ritornava egli e sua gente condizion: gli fa termine un anno,
de la vittoria e di Bireno preso; al fin del qual gli darà; morte oscura,
e credendo venire a nozze e a festa, se prima egli per forza o per inganno,
ogni cosa trovò; scura e funesta. con amici e parenti non procura,
con tutto ciò; che ponno e ciò; che sanno,
45 di darmigli in prigion: sì; che la via
La pietà; del figliuol, l'odio ch'aveva di lui salvare è; sol la morte mia.

130
né; mi resta ora in che più; far disegno,
48 se non d'andarmi io stessa in mano a porre
Ciò; che si possa far per sua salute, di sì; crudel nimico, e lui disciorre.
fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto.
Sei castella ebbi in Fiandra, e l'ho vendute: 51
e 'l poco o 'l molto prezzo ch'io n'ho tratto, Se dunque da far altro non mi resta,
parte, tentando per persone astute né; si truova al suo scampo altro riparo
i guardiani corrumpere, ho distratto; che per lui por questa mia vita, questa
e parte, per far muovere alli danni mia vita per lui por mi sarà; caro.
di quell'empio or gl'Inglesi, or gli Alamanni. Ma sola una paura mi molesta,
che non saprò; far patto così; chiaro,
49 che m'assicuri che non sia il tiranno,
I mezzi, o che non abbiano potuto, poi ch'avuta m'avrà;, per fare inganno.
o che non abbian fatto il dover loro,
m'hanno dato parole e non aiuto; 52
e sprezzano or che n'han cavato l'oro: Io dubito che poi che m'avrà; in gabbia
e presso al fine il termine è; venuto, e fatto avrà; di me tutti li strazi,
dopo il qual né; la forza né; 'l tesoro né; Bireno per questo a lasciare abbia,
potrà; giunger più; a tempo, sì; che morte sì; ch'esser per me sciolto mi ringrazi;
e strazio schivi al mio caro consorte. come periuro, e pien di tanta rabbia,
che di me sola uccider non si sazi:
50 e quel ch'avrà; di me, né; più; né; meno
Mio padre e' miei fratelli mi son stati faccia di poi del misero Bireno.
morti per lui; per lui toltomi il regno;
per lui quei pochi beni che restati 53
m'eran, del viver mio soli sostegno, Or la cagion che conferir con voi
per trarlo di prigione ho disipati: mi fa i miei casi, e ch'io li dico a quanti

131
signori e cavallier vengono a noi, 56
è; solo acciò;, parlandone con tanti, Or, s'in voi la virtù; non è; diforme
m'insegni alcun d'assicurar che, poi dal fier sembiante e da l'erculeo aspetto,
ch'a quel crudel mi sia condotta avanti, e credete poter darmegli, e torme
non abbia a ritener Bireno ancora, anco da lui, quando non vada retto;
né; voglia, morta me, ch'esso poi mora. siate contento d'esser meco a porme
ne le man sue: ch'io non avrò; sospetto,
54 quando voi siate meco, se ben io
Pregato ho alcun guerrier, che meco sia poi ne morrò;, che muora il signor mio. -
quando io mi darò; in mano al re di Frisa;
ma mi prometta e la sua fe' mi dia, 57
che questo cambio sarà; fatto in guisa, Qui la donzella il suo parlar conchiuse,
ch'a un tempo io data, e liberato fia che con pianto e sospir spesso interroppe.
Bireno: sì; che quando io sarò; uccisa, Orlando, poi ch'ella la bocca chiuse,
morrò; contenta, poi che la mia morte le cui voglie al ben far mai non fur zoppe,
avrà; dato la vita al mio consorte. in parole con lei non si diffuse;
che di natura non usava troppe:
55 ma le promise, e la sua fé; le diede,
Né; fino a questo dì; truovo chi toglia che farì;a più; di quel ch'ella gli chiede.
sopra la fede sua d'assicurarmi,
che quando io sia condotta, e che mi voglia 58
aver quel re, senza Bireno darmi, Non è; sua intenzion ch'ella in man vada
egli non lascierà; contra mia voglia del suo nimico per salvar Bireno:
che presa io sia: sì; teme ognun quell'armi; ben salverà; amendui, se la sua spada
teme quell'armi, a cui par che non possa e l'usato valor non gli vien meno.
star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa. Il medesimo dì; piglian la strada,
poi c'hanno il vento prospero e sereno.

132
Il paladin s'affretta; che di gire seco ogni signoria sospetto porta;
all'isola del mostro avea desire. sì; perché; dianzi giunta era una nuova,
che di Selandia con armata scorta
59 di navili e di gente un cugin viene
Or volta all'una, or volta all'altra banda di quel signor che qui prigion si tiene.
per gli alti stagni il buon nochier la vela:
scuopre un'isola e un'altra di Zilanda; 62
scuopre una inanzi, e un'altra a dietro cela. Orlando prega uno di lor, che vada
Orlando smonta il terzo dì; in Olanda; e dica al re, ch'un cavalliero errante
ma non smonta colei che si querela disia con lui provarsi a lancia e a spada;
del re di Frisa: Orlando vuol che intenda ma che vuol che tra lor sia patto inante:
la morte di quel rio, prima che scenda. che se 'l re fa che, chi lo sfida, cada,
la donna abbia d'aver, ch'uccise Arbante;
60 che 'l cavallier l'ha in loco non lontano
Nel lito armato il paladino varca da poter sempremai darglila in mano;
sopra un corsier di pel tra bigio e nero,
nutrito in Fiandra e nato in Danismarca, 63
grande e possente assai più; che leggiero; ed all'incontro vuol che 'l re prometta,
però; ch'avea, quando si messe in barca, ch'ove egli vinto ne la pugna sia,
in Bretagna lasciato il suo destriero, Bireno in libertà; subito metta,
quel Brigliador sì; bello e sì; gagliardo, e che lo lasci andare alla sua via.
che non ha paragon, fuor che Baiardo. Il fante al re fa l'ambasciata in fretta:
ma quel, che né; virtù; né; cortesia
61 conobbe mai, drizzò; tutto il suo intento
Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova alla fraude, all'inganno, al tradimento.
di molta gente armata in su la porta;
sì; perché; sempre, ma più; quando è; nuova, 64

133
Gli par ch'avendo in mano il cavalliero, dove pigliar, non far morir, disegna.
avrà; la donna ancor, che sì; l'ha offeso,
s'in possanza di lui la donna è; vero 67
che si ritruovi, e il fante ha ben inteso. Qual cauto ucellator che serba vivi,
Trenta uomini pigliar fece sentiero intento a maggior preda, i primi augelli,
diverso da la porta ov'era atteso, acciò; in più; quantitade altri captivi
che dopo occulto ed assai lungo giro, faccia col giuoco e col zimbel di quelli:
dietro alle spalle al paladino usciro. tal esser volse il re Cimosco quivi:
ma già; non volse Orlando esser di quelli
65 che si lascin pigliar al primo tratto;
Il traditore intanto dar parole e tosto roppe il cerchio ch'avean fatto.
fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti
vede esser giunti al loco ove gli vuole; 68
da la porta esce poi con altretanti. Il cavallier d'Anglante, ove più; spesse
Come le fere e il bosco cinger suole vide le genti e l'arme, abbassò; l'asta;
perito cacciator da tutti i canti; ed uno in quella e poscia un altro messe,
come appresso a Volana i pesci e l'onda e un altro e un altro, che sembrar di pasta;
con lunga rete il pescator circonda: e fin a sei ve n'infilzò;, e li resse
tutti una lancia: e perch'ella non basta
66 a più; capir, lasciò; il settimo fuore
così; per ogni via dal re di Frisa, ferito sì;, che di quel colpo muore.
che quel guerrier non fugga, si provede.
Vivo lo vuole, e non in altra guisa: 69
e questo far sì; facilmente crede, Non altrimente ne l'estrema arena
che 'l fulmine terrestre, con che uccisa veggià;n le rane de canali e fosse
ha tanta e tanta gente, ora non chiede; dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena,
che quivi non gli par che si convegna, l'una vicina all'altra, esser percosse;

134
né; da la freccia, fin che tutta piena del ponte Orlando e d'amendue le porte;
non sia da un capo all'altro, esser rimosse. e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa,
La grave lancia Orlando da sé; scaglia, mercé; che 'l suo destrier corre più; forte.
e con la spada entrò; ne la battaglia. Non mira Orlando a quella plebe bassa:
vuole il fellon, non gli altri, porre a morte;
70 ma il suo destrier sì; al corso poco vale,
Rotta la lancia, quella spada strinse, che restio sembra, e chi fugge, abbia l'ale.
quella che mai non fu menata in fallo;
e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse 73
quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo: D'una in un'altra via si leva ratto
dove toccò;, sempre in vermiglio tinse di vista al paladin; ma indugia poco,
l'azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo. che torna con nuove armi; che s'ha fatto
Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco portare intanto il cavo ferro e il fuoco:
seco or non ha, quando v'avrian più; loco. e dietro un canto postosi di piatto,
l'attende, come il cacciatore al loco,
71 coi cani armati e con lo spiedo, attende
E con gran voce e con minacce chiede il fier cingial che ruinoso scende;
che portati gli sian, ma poco è; udito;
che chi ha ritratto a salvamento il piede 74
ne la città;, non è; d'uscir più; ardito. che spezza i rami e fa cadere i sassi,
Il re frison, che fuggir gli altri vede, e ovunque drizzi l'orgogliosa fronte,
d'esser salvo egli ancor piglia partito: sembra a tanto rumor che si fracassi
corre alla porta, e vuole alzare il ponte, la selva intorno, e che si svella il monte.
ma troppo è; presto ad arrivare il conte. Sta Cimosco alla posta, acciò; non passi
senza pagargli il fio l'audace conte:
72 tosto ch'appare, allo spiraglio tocca
Il re volta le spalle, e signor lassa col fuoco il ferro, e quel subito scocca.

135
surger solea da la percossa arena,
75 tal surger parve, e che la forza, quando
Dietro lampeggia a guisa di baleno, toccò; il terren, si radoppiasse a Orlando.
dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono.
Trieman le mura, e sotto i piè; il terreno; 78
il ciel ribomba al paventoso suono. Chi vide mai dal ciel cadere il foco
L'ardente stral, che spezza e venir meno che con sì; orrendo suon Giove disserra,
fa ciò; ch'incontra, e dà; a nessun perdono, e penetrare ove un richiuso loco
sibila e stride; ma, come è; il desire carbon con zolfo e con salnitro serra;
di quel brutto assassin, non va a ferire. ch'a pena arriva, a pena tocca un poco,
che par ch'avampi il ciel, non che la terra;
76 spezza le mura, e i gravi marmi svelle,
O sia la fretta, o sia la troppa voglia e fa i sassi volar sin alle stelle;
d'uccider quel baron, ch'errar lo faccia;
o sia che il cor, tremando come foglia, 79
faccia insieme tremare e mani e braccia; s'imagini che tal, poi che cadendo
o la bontà; divina che non voglia toccò; la terra, il paladino fosse:
che 'l suo fedel campion sì; tosto giaccia: con sì; fiero sembiante aspro ed orrendo,
quel colpo al ventre del destrier si torse; da far tremar nel ciel Marte, si mosse.
lo cacciò; in terra, onde mai più; non sorse. Di che smarrito il re frison, torcendo
la briglia indietro, per fuggir voltosse;
77 ma gli fu dietro Orlando con più; fretta,
Cade a terra il cavallo e il cavalliero: che non esce da l'arco una saetta:
la preme l'un, la tocca l'altro a pena;
che si leva sì; destro e sì; leggiero, 80
come cresciuto gli sia possa e lena. e quel che non avea potuto prima
Quale il libico Anteo sempre più; fiero fare a cavallo, or farà; essendo a piede.

136
Lo seguita sì; ratto, ch'ogni stima 83
di chi nol vide, ogni credenza eccede. Quel popul sempre stato era nimico
Lo giunse in poca strada; ed alla cima del re di Frisa e d'ogni suo seguace,
de l'elmo alza la spada, e sì; lo fiede, perché; morto gli avea il signore antico,
che gli parte la testa fin al collo, ma più; perch'era ingiusto, empio e rapace.
e in terra il manda a dar l'ultimo crollo. Orlando s'interpose come amico
d'ambe le parti, e fece lor far pace;
81 le quali unite, non lasciar Frisone
Ecco levar ne la città; si sente che non morisse o non fosse prigione.
nuovo rumor, nuovo menar di spade;
che 'l cugin di Bireno con la gente 84
ch'avea condutta da le sue contrade, Le porte de le carceri gittate
poi che la porta ritrovò; patente, a terra sono, e non si cerca chiave.
era venuto dentro alla cittade, Bireno al conte con parole grate
dal paladino in tal timor ridutta, mostra conoscer l'obligo che gli have.
che senza intoppo la può; scorrer tutta. Indi insieme e con molte altre brigate
se ne vanno ove attende Olimpia in nave:
82 così; la donna, a cui di ragion spetta
Fugge il populo in rotta, che non scorge il dominio de l'isola, era detta;
chi questa gente sia, né; che domandi;
ma poi ch'uno ed un altro pur s'accorge 85
all'abito e al parlar, che son Selandi, quella che quivi Orlando avea condutto
chiede lor pace, e il foglio bianco porge; non con pensier che far dovesse tanto;
e dice al capitan che gli comandi, che la parea bastar, che posta in lutto
e dar gli vuol contro i Frisoni aiuto, sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto.
che 'l suo duca in prigion gli han ritenuto. Lei riverisce e onora il popul tutto.
Lungo sarebbe a ricontarvi quanto

137
lei Bireno accarezzi, ed ella lui; il dì; medesmo che Bireno scioglie.
quai grazie al conte rendano ambidui. Non volse porre ad altra cosa mano,
fra tante e tante guadagnate spoglie,
86 se non a quel tormento ch'abbià;n detto
Il popul la donzella nel paterno ch'al fulmine assimiglia in ogni effetto.
seggio rimette, e fedeltà; le giura.
Ella a Bireno, a cui con nodo eterno 89
la legò; Amor d'una catena dura, L'intenzion non già;, perché; lo tolle,
de lo stato e di sé; dona il governo. fu per voglia d'usarlo in sua difesa;
Ed egli tratto poi da un'altra cura, che sempre atto stimò; d'animo molle
de le fortezze e di tutto il domì;no gir con vantaggio in qualsivoglia impresa:
de l'isola guardian lascia il cugino; ma per gittarlo in parte, onde non volle
che mai potesse ad uomo più; fare offesa:
87 e la polve e le palle e tutto il resto
che tornare in Selandia avea disegno, seco portò;, ch'apparteneva a questo.
e menar seco la fedel consorte:
e dicea voler fare indi nel regno 90
di Frisa esperienza di sua sorte; E così;, poi che fuor de la marea
perché; di ciò; l'assicurava un pegno nel più; profondo mar si vide uscito,
ch'egli aveva in mano, e lo stimava forte: sì; che segno lontan non si vedea
la figliuola del re, che fra i captivi, del destro più; né; del sinistro lito;
che vi fur molti, avea trovata quivi. lo tolse, e disse: - Acciò; più; non istea
mai cavallier per te d'esser ardito,
88 né; quanto il buono val, mai più; si vanti
E dice ch'egli vuol ch'un suo germano, il rio per te valer, qui giù; rimanti.
ch'era minor d'età;, l'abbia per moglie.
Quindi si parte il senator romano 91

138
O maladetto, o abominoso ordigno, che quelle nozze fosson senza noi.
che fabricato nel tartareo fondo
fosti per man di Belzebù; maligno 94
che ruinar per te disegnò; il mondo, Le nozze belle e sontuose fanno;
all'inferno, onde uscisti, ti rasigno. - ma non sì; sontuose né; sì; belle,
Così; dicendo, lo gittò; in profondo. come in Selandia dicon che faranno.
Il vento intanto le gonfiate vele Pur non disegno che vegnate a quelle;
spinge alla via de l'isola crudele. perché; nuovi accidenti a nascere hanno
per disturbarle, de' quai le novelle
92 all'altro canto vi farò; sentire,
Tanto desire il paladino preme s'all'altro canto mi verrete a udire.
di saper se la donna ivi si truova,
ch'ama assai più; che tutto il mondo insieme,
né; un'ora senza lei viver gli giova; CANTO DECIMO
che s'in Ibernia mette il piede, teme
di non dar tempo a qualche cosa nuova,
sì; ch'abbia poi da dir invano: - Ahi lasso! 1
ch'al venir mio non affrettai più; il passo. - Fra quanti amor, fra quante fede al mondo
mai si trovar, fra quanti cor constanti,
93 fra quante, o per dolente o per iocondo
Né; scala in Inghelterra né; in Irlanda stato, fer prove mai famosi amanti;
mai lasciò; far, né; sul contrario lito. più; tosto il primo loco ch'il secondo
Ma lasciamolo andar dove lo manda darò; ad Olimpia: e se pur non va inanti,
il nudo arcier che l'ha nel cor ferito. ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi
Prima che più; io ne parli, io vo' in Olanda maggior de l'amor suo non si ritruovi;
tornare, e voi meco a tornarvi invito;
che, come a me, so spiacerebbe a voi, 2

139
e che con tante e con sì; chiare note stringer le labra ed inarcar le ciglia.
di questo ha fatto il suo Bireno certo,
che donna più; far certo uomo non puote, 5
quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto. E poi che nota l'impietà; vi fia,
E s'anime sì; fide e sì; devote che di tanta bontà; fu a lei mercede,
d'un reciproco amor denno aver merto, donne, alcuna di voi mai più; non sia,
dico ch'Olimpia è; degna che non meno, ch'a parole d'amante abbia a dar fede.
anzi più; che sé; ancor, l'ami Bireno: L'amante, per aver quel che desia,
senza guardar che Dio tutto ode e vede,
3 aviluppa promesse e giuramenti,
e che non pur l'abandoni mai che tutti spargon poi per l'aria i venti.
per altra donna, se ben fosse quella
ch'Europa ed Asia messe in tanti guai, 6
o s'altra ha maggior titolo di bella; I giuramenti e le promesse vanno
ma più; tosto che lei, lasci coi rai dai venti in aria disipate e sparse,
del sol l'udita e il gusto e la favella tosto che tratta questi amanti s'hanno
e la vita e la fama, e s'altra cosa l'avida sete che gli accese ed arse.
dire o pensar si può; più; preciosa. Siate a' prieghi ed a' pianti che vi fanno,
per questo esempio, a credere più; scarse.
4 Bene è; felice quel, donne mie care,
Se Bireno amò; lei come ella amato ch'essere accorto all'altrui spese impare.
Bireno avea, se fu sì; a lei fedele
come ella a lui, se mai non ha voltato 7
ad altra via, che a seguir lei, le vele; Guardatevi da questi che sul fiore
o pur s'a tanta servitù; fu ingrato, de' lor begli anni il viso han sì; polito;
a tanta fede e a tanto amor crudele, che presto nasce in loro e presto muore,
io vi vo' dire, e far di maraviglia quasi un foco di paglia, ogni appetito.

140
Come segue la lepre il cacciatore del re di Frisa quivi hanno trovata,
al freddo, al caldo, alla montagna, al lito, che fia, per quanto n'han mosso parola,
né; più; l'estima poi che presa vede; da Bireno al fratel per moglie data.
e sol dietro a chi fugge affretta il piede: Ma, a dire il vero, esso v'avea la gola;
che vivanda era troppo delicata:
8 e riputato avria cortesia sciocca,
così; fan questi gioveni, che tanto per darla altrui, levarsela di bocca.
che vi mostrate lor dure e proterve,
v'amano e riveriscono con quanto 11
studio de' far chi fedelmente serve; La damigella non passava ancora
ma non sì; tosto si potran dar vanto quattordici anni, ed era bella e fresca,
de la vittoria, che, di donne, serve come rosa che spunti alora alora
vi dorrete esser fatte; e da voi tolto fuor de la buccia e col sol nuovo cresca.
vedrete il falso amore, e altrove volto. Non pur di lei Bireno s'innamora,
ma fuoco mai così; non accese esca,
9 né; se lo pongan l'invide e nimiche
Non vi vieto per questo (ch'avrei torto) mani talor ne le mature spiche;
che vi lasciate amar; che senza amante
sareste come inculta vite in orto, 12
che non ha palo ove s'appoggi o piante. come egli se n'accese immantinente,
Sol la prima lanugine vi esorto come egli n'arse fin ne le medolle,
tutta a fuggir, volubile e incostante, che sopra il padre morto lei dolente
e corre i frutti non acerbi e duri, vide di pianto il bel viso far molle.
ma che non sien però; troppo maturi. E come suol, se l'acqua fredda sente,
quella restar che prima al fuoco bolle;
10 così; l'ardor ch'accese Olimpia, vinto
Di sopra io vi dicea ch'una figliuola dal nuovo successore, in lui fu estinto.

141
ai remi, e sciolti dal lito sicuro,
13 portavan lieti pei salati stagni
Non pur sazio di lei, ma fastidito verso Selandia il duca e i suoi compagni.
n'è; già; così;, che può; vederla a pena;
e sì; de l'altra acceso ha l'appetito, 16
che ne morrà; se troppo in lungo il mena: Già; dietro rimasi erano e perduti
pur fin che giunga il dì; c'ha statuito tutti di vista i termini d'Olanda
a dar fine al disio, tanto l'affrena, (che per non toccar Frisa, più; tenuti
che par ch'adori Olimpia, non che l'ami, s'eran vêr Scozia alla sinistra banda),
e quel che piace a lei, sol voglia e brami. quando da un vento fur sopravenuti,
ch'errando in alto mar tre dì; li manda.
14 Sursero il terzo, già; presso alla sera,
E se accarezza l'altra (che non puote dove inculta e deserta un'isola era.
far che non l'accarezzi più; del dritto),
non è; chi questo in mala parte note; 17
anzi a pietade, anzi a bontà; gli è; ascritto: Tratti che si fur dentro un picciol seno,
che rilevare un che Fortuna ruote Olimpia venne in terra; e con diletto
talora al fondo, e consolar l'afflitto, in compagnia de l'infedel Bireno
mai non fu biasmo, ma gloria sovente; cenò; contenta e fuor d'ogni sospetto:
tanto più; una fanciulla, una innocente. indi con lui, là; dove in loco ameno
teso era un padiglione, entrò; nel letto.
15 Tutti gli altri compagni ritornaro,
Oh sommo Dio, come i giudì;ci umani e sopra i legni lor si riposaro.
spesso offuscati son da un nembo oscuro!
i modi di Bireno empi e profani, 18
pietosi e santi riputati furo. Il travaglio del mare e la paura
I marinari, già; messo le mani che tenuta alcun dì; l'aveano desta,

142
il ritrovarsi al lito ora sicura, 21
lontana da rumor ne la foresta, Nessuno truova: a sé; la man ritira:
e che nessun pensier, nessuna cura, di nuovo tenta, e pur nessuno truova.
poi che 'l suo amante ha seco, la molesta; Di qua l'un braccio, e di là; l'altro gira,
fur cagion ch'ebbe Olimpia sì; gran sonno, or l'una or l'altra gamba; e nulla giova.
che gli orsi e i ghiri aver maggior nol ponno. Caccia il sonno il timor: gli occhi apre, e mira:
non vede alcuno. Or già; non scalda e cova
19 più; le vedove piume, ma si getta
Il falso amante che i pensati inganni del letto e fuor del padiglione in fretta:
veggiar facean, come dormir lei sente,
pian piano esce del letto, e de' suoi panni 22
fatto un fastel, non si veste altrimente; e corre al mar, graffiandosi le gote,
e lascia il padiglione; e come i vanni presaga e certa ormai di sua fortuna.
nati gli sian, rivola alla sua gente, Si straccia i crini, e il petto si percuote,
e li risveglia; e senza udirsi un grido, e va guardando (che splendea la luna)
fa entrar ne l'alto e abandonare il lido. se veder cosa, fuor che 'l lito, puote;
né; fuor che 'l lito, vede cosa alcuna.
20 Bireno chiama: e al nome di Bireno
Rimase a dietro il lido e la meschina rispondean gli Antri che pietà; n'avieno.
Olimpia, che dormì; senza destarse,
fin che l'Aurora la gelata brina 23
da le dorate ruote in terra sparse, Quivi surgea nel lito estremo un sasso,
e s'udir le Alcione alla marina ch'aveano l'onde, col picchiar frequente,
de l'antico infortunio lamentarse. cavo e ridutto a guisa d'arco al basso;
Né; desta né; dormendo, ella la mano e stava sopra il mar curvo e pendente.
per Bireno abbracciar stese, ma invano. Olimpia in cima vi salì; a gran passo
(così; la facea l'animo possente),

143
e di lontano le gonfiate vele de l'infelice Olimpia, e 'l pianto e 'l grido;
vide fuggir del suo signor crudele: la qual tre volte, a se stessa crudele,
per affogarsi si spiccò; dal lido:
24 pur al fin si levò; da mirar l'acque,
vide lontano, o le parve vedere; e ritornò; dove la notte giacque.
che l'aria chiara ancor non era molto.
Tutta tremante si lasciò; cadere, 27
più; bianca e più; che nieve fredda in volto; E con la faccia in giù; stesa sul letto,
ma poi che di levarsi ebbe potere, bagnandolo di pianto, dicea lui:
al camin de le navi il grido volto, - Iersera desti insieme a dui ricetto;
chiamò;, quanto potea chiamar più; forte, perché; insieme al levar non siamo dui?
più; volte il nome del crudel consorte: O perfido Bireno, o maladetto
giorno ch'al mondo generata fui!
25 Che debbo far? che poss'io far qui sola?
e dove non potea la debil voce, chi mi dà; aiuto? ohimè;, chi mi consola?
supliva il pianto e 'l batter' palma a palma.
- Dove fuggi, crudel, così; veloce? 28
Non ha il tuo legno la debita salma. Uomo non veggio qui, non ci veggio opra
Fa che lievi me ancor: poco gli nuoce donde io possa stimar ch'uomo qui sia;
che porti il corpo, poi che porta l'alma. - nave non veggio, a cui salendo sopra,
E con le braccia e con le vesti segno speri allo scampo mio ritrovar via.
fa tuttavia, perché; ritorni il legno. Di disagio morrò;; né; chi mi cuopra
gli occhi sarà;, né; chi sepolcro dia,
26 se forse in ventre lor non me lo dà;nno
Ma i venti che portavano le vele i lupi, ohimè;, ch'in queste selve stanno.
per l'alto mar di quel giovene infido,
portavano anco i prieghi e le querele 29

144
Io sto in sospetto, e già; di veder parmi Mischina! dove andrò;? non so in qual parte.
di questi boschi orsi o leoni uscire,
o tigri o fiere tal, che natura armi 32
d'aguzzi denti e d'ugne da ferire. Debbo forse ire in Frisa, ove io potei,
Ma quai fere crudel potriano farmi, e per te non vi volsi esser regina?
fera crudel, peggio di te morire? il che del padre e dei fratelli miei
darmi una morte, so, lor parrà; assai; e d'ogn'altro mio ben fu la ruina.
e tu di mille, ohimè;, morir mi fai. Quel c'ho fatto per te, non ti vorrei,
ingrato, improverar, né; disciplina
30 dartene; che non men di me lo sai:
Ma presupongo ancor ch'or ora arrivi or ecco il guiderdon che me ne dai.
nochier che per pietà; di qui mi porti;
e così; lupi, orsi, leoni schivi, 33
strazi, disagi ed altre orribil morti: Deh, pur che da color che vanno in corso
mi porterà; forse in Olanda, s'ivi io non sia presa, e poi venduta schiava!
per te si guardan le fortezze e i porti? Prima che questo, il lupo, il leon, l'orso
mi porterà; alla terra ove son nata, venga, e la tigre e ogn'altra fera brava,
se tu con fraude già; me l'hai levata? di cui l'ugna mi stracci, e franga il morso;
e morta mi strascini alla sua cava. -
31 Così; dicendo, le mani si caccia
Tu m'hai lo stato mio, sotto pretesto ne' capei d'oro, e a chiocca a chiocca straccia.
di parentado e d'amicizia, tolto.
Ben fosti a porvi le tue genti presto, 34
per avere il dominio a te rivolto. Corre di nuovo in su l'estrema sabbia,
Tornerò; in Fiandra? ove ho venduto il resto e ruota il capo e sparge all'aria il crine;
di che io vivea, ben che non fossi molto, e sembra forsennata, e ch'adosso abbia
per sovenirti e di prigione trarte. non un demonio sol, ma le decine;

145
o, qual Ecuba, sia conversa in rabbia, godeansi il fresco rezzo in gran diletto,
vistosi morto Polidoro al fine. fra molti vasi di diversi vini
Or si ferma s'un sasso, e guarda il mare; e d'ogni buona sorte di confetto.
né; men d'un vero sasso, un sasso pare. Presso alla spiaggia, coi flutti marini
scherzando, le aspettava un lor legnetto
35 fin che la vela empiesse agevol ò;ra;
Ma lascià;nla doler fin ch'io ritorno, ch'un fiato pur non ne spirava allora.
per voler di Ruggier dirvi pur anco,
che nel più; intenso ardor del mezzo giorno 38
cavalca il lito, affaticato e stanco. Queste, ch'andar per la non ferma sabbia
Percuote il sol nel colle e fa ritorno: vider Ruggier al suo viaggio dritto,
di sotto bolle il sabbion trito e bianco. che sculta avea la sete in su le labbia,
Mancava all'arme ch'avea indosso, poco tutto pien di sudore il viso afflitto,
ad esser, come già;, tutte di fuoco. gli cominciaro a dir che sì; non abbia
il cor voluntaroso al camin fitto,
36 ch'alla fresca e dolce ombra non si pieghi,
Mentre la sete, e de l'andar fatica e ristorar lo stanco corpo nieghi.
per l'alta sabbia e la solinga via
gli facean, lungo quella spiaggia aprica, 39
noiosa e dispiacevol compagnia; E di lor una s'accostò; al cavallo
trovò; ch'all'ombra d'una torre antica per la staffa tener, che ne scendesse;
che fuor de l'onde appresso il lito uscia, l'altra con una coppa di cristallo
de la corte d'Alcina eran tre donne, di vin spumante, più; sete gli messe:
che le conobbe ai gesti ed alle gonne. ma Ruggiero a quel suon non entrò; in ballo;
perché; d'ogni tardar che fatto avesse,
37 tempo di giunger dato avria ad Alcina,
Corcate su tapeti allessandrini che venì;a dietro ed era omai vicina.

146
sul legno in mar, che al lor servigio v'era:
40 ed affrettando i remi, lo seguiva,
Non così; fin salnitro e zolfo puro, vedendol tuttavia dietro alla riva.
tocco dal fuoco, subito s'avampa;
né; così; freme il mar quando l'oscuro 43
turbo discende e in mezzo se gli accampa: Minaccia sempre, maledice e incarca;
come, vedendo che Ruggier sicuro che l'onte sa trovar per ogni punto.
al suo dritto camin l'arena stampa, Intanto a quello stretto, onde si varca
e che le sprezza (e pur si tenean belle), alla fata più; bella, è; Ruggier giunto;
d'ira arse e di furor la terza d'elle. dove un vecchio nochiero una sua barca
scioglier da l'altra ripa vede, a punto
41 come, avisato e già; provisto, quivi
- Tu non sei né; gentil né; cavalliero si stia aspettando che Ruggiero arrivi.
(dice gridando quanto può; più; forte),
ed hai rubate l'arme; e quel destriero 44
non saria tuo per veruna altra sorte: Scioglie il nochier, come venir lo vede,
e così;, come ben m'appongo al vero, di trasportarlo a miglior ripa lieto;
ti vedessi punir di degna morte; che, se la faccia può; del cor dar fede,
che fossi fatto in quarti, arso o impiccato, tutto benigno e tutto era discreto.
brutto ladron, villan, superbo, ingrato. - Pose Ruggier sopra il navilio il piede,
Dio ringraziando; e per lo mar quieto
42 ragionando venì;a col galeotto,
Oltr'a queste e molt'altre ingiuriose saggio e di lunga esperienza dotto.
parole che gli usò; la donna altiera,
ancor che mai Ruggier non le rispose, 45
che di sì; vil tenzon poco onor spera; Quel lodava Ruggier, che sì; se avesse
con le sorelle tosto ella si pose saputo a tempo tor da Alcina, e inanti

147
che 'l calice incantato ella gli desse, 48
ch'avea al fin dato a tutti gli altri amanti; quando vide scoprire alla marina
e poi, che a Logistilla si traesse, molti navili, e tutti alla sua volta.
dove veder potria costumi santi, Con quei ne vien l'ingiuriata Alcina;
bellezza eterna ed infinita grazia e molta di sua gente have raccolta
che 'l cor notrisce e pasce, e mai non sazia. per por lo stato a se stessa in ruina,
o racquistar la cara cosa tolta.
46 E bene è; amor di ciò; cagion non lieve,
- Costei (dicea) stupore e riverenza ma l'ingiuria non men che ne riceve.
induce all'alma, ove si scuopre prima.
Contempla meglio poi l'alta presenza: 49
ogn'altro ben ti par di poca stima. Ella non ebbe sdegno, da che nacque,
Il suo amore ha dagli altri differenza: di questo il maggior mai, ch'ora la rode;
speme o timor negli altri il cor ti lima; onde fa i remi sì; affrettar per l'acque,
in questo il desiderio più; non chiede, che la spuma ne sparge ambe le prode.
e contento riman come la vede. Al gran rumor né; mar né; ripa tacque,
ed Ecco risonar per tutto s'ode.
47 - Scuopre, Ruggier, lo scudo, che bisogna;
Ella t'insegnerà; studi più; grati, se non, sei morto, o preso con vergogna. -
che suoni, danze, odori, bagni e cibi:
ma come i pensier tuoi meglio formati 50
poggin più; ad alto, che per l'aria i nibi, Così; disse il nocchier di Logistilla:
e come de la gloria de' beati ed oltre il detto, egli medesmo prese
nel mortal corpo parte si delibi. - la tasca e da lo scudo dipartilla,
Così; parlando il marinar veniva, e fe' il lume di quel chiaro e palese.
lontano ancora alla sicura riva; L'incantato splendor che ne sfavilla,
gli occhi degli aversari così; offese,

148
che li fe' restar ciechi allora allora, giorno e notte a battaglia apparecchiata.
e cader chi da poppa e chi da prora. E così; fu la pugna aspra ed atroce,
e per acqua e per terra, incominciata;
51 per cui fu il regno sottosopra volto,
Un ch'era alla veletta in su la rocca, ch'avea già; Alcina alla sorella tolto.
de l'armata d'Alcina si fu accorto;
e la campana martellando tocca, 54
onde il soccorso vien subito al porto. Oh di quante battaglie il fin successe
L'artegliaria, come tempesta, fiocca diverso a quel che si credette inante!
contra chi vuole al buon Ruggier far torto: Non sol ch'Alcina alor non riavesse,
sì; che gli venne d'ogni parte aita, come stimossi, il fugitivo amante;
tal che salvò; la libertà; e la vita. ma dele navi che pur dianzi spesse
fur sì;, ch'a pena il mar ne capia tante,
52 fuor de la fiamma che tutt'altre avampa,
Giunte son quattro donne in su la spiaggia, con un legnetto sol misera scampa.
che subito ha mandate Logistilla:
la valorosa Andronica e la saggia 55
Fronesia e l'onestissima Dicilla Fuggesi Alcina, e sua misera gente
e Sofrosina casta, che, come aggia arsa e presa riman, rotta e sommersa.
quivi a far più; che l'altre, arde e sfavilla. D'aver Ruggier perduto, ella si sente
L'esercito ch'al mondo è; senza pare, via più; doler che d'altra cosa aversa:
del castello esce, e si distende al mare. notte e dì; per lui geme amaramente,
e lacrime per lui dagli occhi versa;
53 e per dar fine a tanto aspro martire,
Sotto il castel ne la tranquilla foce spesso si duol di non poter morire.
di molti e grossi legni era una armata,
ad un botto di squilla, ad una voce 56

149
Morir non puote alcuna fata mai, se non forse su in ciel, se ne ritruove.
fin che 'l sol gira, o il ciel non muta stilo.
Se ciò; non fosse, era il dolore assai 59
per muover Cloto ad inasparle il filo; Quel che più; fa che lor si inchina e cede
o, qual Didon, finia col ferro i guai; ogn'altra gemma, è; che, mirando in esse,
o la regina splendida del Nilo l'uom sin in mezzo all'anima si vede;
avria imitata con mortifer sonno: vede suoi vizi e sue virtudi espresse,
ma le fate morir sempre non ponno. sì; che a lusinghe poi di sé; non crede,
né; a chi dar biasmo a torto gli volesse:
57 fassi, mirando allo specchio lucente
Torniamo a quel di eterna gloria degno se stesso, conoscendosi, prudente.
Ruggiero; e Alcina stia ne la sua pena.
Dico di lui, che poi che fuor del legno 60
si fu condutto in più; sicura arena, Il chiaro lume lor, ch'imita il sole,
Dio ringraziando che tutto il disegno manda splendore in tanta copia intorno,
gli era successo, al mar voltò; la schiena; che chi l'ha, ovunque sia, sempre che vuole,
ed affrettando per l'asciutto il piede, Febo, mal grado tuo, si può; far giorno.
alla rocca ne va che quivi siede. Né; mirabil vi son le pietre sole;
ma la materia e l'artificio adorno
58 contendon sì;, che mal giudicar puossi
Né; la più; forte ancor né; la più; bella qual de le due eccellenze maggior fossi.
mai vide occhio mortal prima né; dopo.
Son di più; prezzo le mura di quella, 61
che se diamante fossino o piropo. Sopra gli altissimi archi, che puntelli
Di tai gemme qua giù; non si favella: parean che del ciel fossino a vederli,
ed a chi vuol notizia averne, è; d'uopo eran giardin sì; spaziosi e belli,
che vada quivi; che non credo altrove, che saria al piano anco fatica averli.

150
Verdeggiar gli odoriferi arbuscelli ch'a lei venisse un sì; gentil signore;
si puon veder fra i luminosi merli, e comandò; che fosse accarezzato,
ch'adorni son l'estate e il verno tutti e che studiasse ognun di fargli onore.
di vaghi fiori e di maturi frutti. Gran pezzo inanzi Astolfo era arrivato,
che visto da Ruggier fu di buon core.
62 Fra pochi giorni venner gli altri tutti,
Di così; nobili arbori non suole ch'a l'esser lor Melissa avea ridutti.
prodursi fuor di questi bei giardini,
né; di tai rose o di simil viole, 65
di gigli, di amaranti o di gesmini. Poi che si fur posati un giorno e dui,
Altrove appar come a un medesmo sole venne Ruggiero alla fata prudente
e nasca e viva, e morto il capo inchini, col duca Astolfo, che non men di lui
e come lasci vedovo il suo stelo avea desir di riveder Ponente.
il fior suggetto al variar del cielo: Melissa le parlò; per amendui;
e supplica la fata umilemente,
63 che li consigli, favorisca e aiuti,
ma quivi era perpetua la verdura, sì; che ritornin donde eran venuti.
perpetua la beltà; de' fiori eterni:
non che benignità; de la Natura 66
sì; temperatamente li governi; Disse la fata: - Io ci porrò; il pensiero,
ma LogistilIa con suo studio e cura, e fra dui dì; te li darò; espediti. -
senza bisogno de' moti superni Discorre poi tra sé;, come Ruggiero,
(quel che agli altri impossibile parea), e dopo lui, come quel duca aiti:
sua primavera ognor ferma tenea. conchiude infin che 'l volator destriero
ritorni il primo agli aquitani liti;
64 ma prima vuol che se gli faccia un morso,
Logistilla mostrò; molto aver grato con che lo volga, e gli raffreni il corso.

151
di qua di là;, dove più; gli era a grado,
67 volse al ritorno far nuovo sentiero,
Gli mostra come egli abbia a far, se vuole come, schivando Erode, i Magi fero.
che poggi in alto, e come a far che cali;
e come, se vorrà; che in giro vole, 70
o vada ratto, o che si stia su l'ali: Al venir quivi, era, lasciando Spagna,
e quali effetti il cavallier far suole venuto India a trovar per dritta riga,
di buon destriero in piana terra, tali là; dove il mare oriental la bagna;
facea Ruggier che mastro ne divenne, dove una fata avea con l'altra briga.
per l'aria, del destrier ch'avea le penne. Or veder si dispose altra campagna,
che quella dove i venti Eolo istiga,
68 e finir tutto il cominciato tondo,
Poi che Ruggier fu d'ogni cosa in punto, per aver, come il sol, girato il mondo.
da la fata gentil comiato prese,
alla qual restò; poi sempre congiunto 71
di grande amore; e uscì; di quel paese. Quinci il Cataio, e quindi Mangiana
Prima di lui che se n'andò; in buon punto, sopra il gran Quinsaì; vide passando:
e poi dirò; come il guerriero inglese volò; sopra l'Imavo, e Sericana
tornasse con più; tempo e più; fatica lasciò; a man destra; e sempre declinando
al magno Carlo ed alla corte amica. da l'iperborei Sciti a l'onda ircana,
giunse alle parti di Sarmazia: e quando
69 fu dove Asia da Europa si divide,
Quindi partì; Ruggier, ma non rivenne Russi e Pruteni e la Pomeria vide.
per quella via che fe' già; suo mal grado,
allor che sempre l'ippogrifo il tenne 72
sopra il mare, e terren vide di rado: Ben che di Ruggier fosse ogni desire
ma potendogli or far batter le penne di ritornare a Bradamante presto;

152
pur, gustato il piacer ch'avea di gire 75
cercando il mondo, non restò; per questo, Giunse a punto Ruggier, che si facea
ch'alli Pollacchi, agli Ungari venire la bella mostra fuor di quella terra;
non volesse anco, alli Germani, e al resto e per sapere il tutto, ne chiedea
di quella boreale orrida terra: un cavallier, ma scese prima in terra:
e venne al fin ne l'ultima Inghilterra. e quel, ch'affabil era, gli dicea
che di Scozia e d'Irlanda e d'Inghilterra
73 e de l'isole intorno eran le schiere
Non crediate, Signor, che però; stia che quivi alzate avean tante bandiere:
per sì; lungo camin sempre su l'ale:
ogni sera all'albergo se ne gì;a, 76
schivando a suo poter d'alloggiar male. e finita la mostra che faceano,
E spese giorni e mesi in questa via, alla marina se distenderanno,
sì; di veder la terra e il mar gli cale. dove aspettati per solcar l'Oceano
Or presso a Londra giunto una matina, son dai navili che nel porto stanno.
sopra Tamigi il volator declina. I Franceschi assediati si ricreano,
sperando in questi che a salvar li vanno.
74 - Ma acciò; tu te n'informi pienamente,
Dove ne' prati alla città; vicini io ti distinguerò; tutta la gente.
vide adunati uomini d'arme e fanti,
ch'a suon di trombe e a suon di tamburini 77
venian, partiti a belle schiere, avanti Tu vedi ben quella bandiera grande,
il buon Rinaldo, onor de' paladini; ch'insieme pon la fiordaligi e i pardi:
del qual, se vi ricorda, io dissi inanti, quella il gran capitano all'aria spande,
che mandato da Carlo, era venuto e quella han da seguir gli altri stendardi.
in queste parti a ricercar aiuto. Il suo nome, famoso in queste bande,
è; Leonetto, il fior de li gagliardi,

153
di consiglio e d'ardire in guerra mastro, di Marchia il conte e il conte di Ritmonda:
del re nipote, e duca di Lincastro. il primo porta in bianco un monte fesso,
l'altro la palma, il terzo un pin ne l'onda.
78 Quel di Dorsezia è; conte, e quel d'Antona,
La prima, appresso il gonfalon reale, che l'uno ha il carro, e l'altro la corona.
che 'l vento tremolar fa verso il monte,
e tien nel campo verde tre bianche ale, 81
porta Ricardo, di Varvecia conte. Il falcon che sul nido i vanni inchina,
Del duca di Glocestra è; quel segnale, porta Raimondo, il conte di Devonia.
c'ha duo corna di cervio e mezza fronte. Il giallo e negro ha quel di Vigorina;
Del duca di Chiarenza è; quella face; il can quel d'Erbia un orso quel d'Osonia.
quel arbore è; del duca d'Eborace. La croce che là; vedi cristallina,
è; del ricco prelato di Battonia.
79 Vedi nel bigio una spezzata sedia:
Vedi in tre pezzi una spezzata lancia: è; del duca Ariman di Sormosedia.
gli è; 'l gonfalon del duca di Nortfozia.
La fulgure è; del buon conte di Cancia; 82
il grifone è; del conte di Pembrozia. Gli uomini d'arme e gli arcieri a cavallo
Il duca di Sufolcia ha la bilancia. di quarantaduomila numer fanno.
Vedi quel giogo che due serpi assozia: Sono duo tanti, o di cento non fallo,
è; del conte d'Esenia, e la ghirlanda quelli ch'a piè; ne la battaglia vanno.
in campo azzurro ha quel di Norbelanda. Mira quei segni, un bigio, un verde, un giallo,
e di nero e d'azzur listato un panno:
80 Gofredo, Enrigo, Ermante ed Odoardo
Il conte d'Arindelia è; quel c'ha messo guidan pedoni, ognun col suo stendardo.
in mar quella barchetta che s'affonda.
Vedi il marchese di Barclei; e appresso 83

154
Duca di Bocchingamia è; quel dinante; ma primo nel salvatico paese.
Enrigo ha la contea di Sarisberia;
signoreggia Burgenia il vecchio Ermante; 86
quello Odoardo è; conte di Croisberia. Del duca di Trasfordia è; quella insegna,
Questi alloggiati più; verso levante dove è; l'augel ch'al sol tien gli occhi franchi.
sono gl'Inglesi. Or volgeti all'Esperia, Lurcanio conte, ch'in Angoscia regna,
dove si veggion trentamila Scotti, porta quel tauro, c'ha duo veltri ai fianchi.
da Zerbin, figlio del lor re, condotti. Vedi là; il duca d'Albania, che segna
il campo di colori azzurri e bianchi.
84 Quel avoltor, ch'un drago verde lania,
Vedi tra duo unicorni il gran leone, è; l'insegna del conte di Boccania.
che la spada d'argento ha ne la zampa:
quell'è; del re di Scozia il gonfalone; 87
il suo figliol Zerbino ivi s'accampa. Signoreggia Forbesse il forte Armano,
Non è; un sì; bello in tante altre persone: che di bianco e di nero ha la bandiera;
natura il fece, e poi roppe la stampa. ed ha il conte d'Erelia a destra mano,
Non è; in cui tal virtù;, tal grazia luca, che porta in campo verde una lumiera.
o tal possanza: ed è; di Roscia duca. Or guarda gl'Ibernesi appresso il piano:
sono duo squadre; e il conte di Childera
85 mena la prima, e il conte di Desmonda
Porta in azzurro una dorata sbarra da fieri monti ha tratta la seconda.
il conte d'Ottonlei ne lo stendardo.
L'altra bandiera è; del duca di Marra, 88
che nel travaglio porta il leopardo. Ne lo stendardo il primo ha un pino ardente;
Di più; colori e di più; augei bizzarra l'altro nel bianco una vermiglia banda.
mira l'insegna d'Alcabrun gagliardo, Non dà; soccorso a Carlo solamente
che non è; duca, conte, né; marchese, la terra inglese, e la Scozia e l'Irlanda;

155
ma vien di Svezia e di Norvegia gente, e per pigliarne il buon Ruggier più; gioco,
da Tile, e fin da la remota Islanda: al volante corsier scuote la briglia,
da ogni terra, insomma, che là; giace, e con gli sproni ai fianchi il tocca un poco:
nimica naturalmente di pace. quel verso il ciel per l'aria il camin piglia,
e lascia ognuno attonito in quel loco.
89 Quindi Ruggier, poi che di banda in banda
Sedicimila sono, o poco manco, vide gl'Inglesi, andò; verso l'Irlanda.
de le spelonche usciti e de le selve;
hanno piloso il viso, il petto, il fianco, 92
e dossi e braccia e gambe, come belve. E vide Ibernia fabulosa, dove
Intorno allo stendardo tutto bianco il santo vecchiarel fece la cava,
par che quel pian di lor lance s'inselve: in che tanta mercé; par che si truove,
così; Moratto il porta, il capo loro, che l'uom vi purga ogni sua colpa prava.
per dipingerlo poi di sangue Moro. - Quindi poi sopra il mare il destrier muove
là; dove la minor Bretagna lava:
90 e nel passar vide, mirando a basso,
Mentre Ruggier di quella gente bella, Angelica legata al nudo sasso.
che per soccorrer Francia si prepara,
mira le varie insegne e ne favella, 93
e dei signor britanni i nomi impara; Al nudo sasso, all'Isola del pianto;
uno ed un altro a lui, per mirar quella che l'Isola del pianto era nomata
bestia sopra cui siede, unica o rara, quella che da crudele e fiera tanto
maraviglioso corre e stupefatto; ed inumana gente era abitata,
e tosto il cerchio intorno gli fu fatto. che (come io vi dicea sopra nel canto)
per vari liti sparsa iva in armata
91 tutte le belle donne depredando,
Sì; che per dare ancor più; maraviglia, per farne a un mostro poi cibo nefando.

156
tra fresche rose e candidi ligustri
94 far rugiadose le crudette pome,
Vi fu legata pur quella matina, e l'aura sventolar l'aurate chiome.
dove venì;a per trangugiarla viva
quel smisurato mostro, orca marina, 97
che di aborrevole esca si nutriva. E come ne' begli occhi gli occhi affisse,
Dissi di sopra, come fu rapina de la sua Bradamante gli sovvenne.
di quei che la trovaro in su la riva Pietade e amore a un tempo lo trafisse,
dormire al vecchio incantatore a canto, e di piangere a pena si ritenne;
ch'ivi l'avea tirata per incanto. e dolcemente alla donzella disse,
poi che del suo destrier frenò; le penne:
95 - O donna, degna sol de la catena
La fiera gente inospitale e cruda con chi i suoi servi Amor legati mena,
alla bestia crudel nel lito espose
la bellissima donna, così; ignuda 98
come Natura prima la compose. e ben di questo e d'ogni male indegna,
Un velo non ha pure, in che richiuda chi è; quel crudel che con voler perverso
i bianchi gigli e le vermiglie rose, d'importuno livor stringendo segna
da non cader per luglio o per dicembre, di queste belle man l'avorio terso? -
di che son sparse le polite membre. Forza è; ch'a quel parlare ella divegna
quale è; di grana un bianco avorio asperso,
96 di sé; vedendo quelle parti ignude,
Creduto avria che fosse statua finta ch'ancor che belle sian, vergogna chiude.
o d'alabastro o d'altri marmi illustri
Ruggiero, e su lo scoglio così; avinta 99
per artificio di scultori industri; E coperto con man s'avrebbe il volto,
se non vedea la lacrima distinta se non eran legate al duro sasso;

157
ma del pianto, ch'almen non l'era tolto, 102
lo sparse, e si sforzò; di tener basso. Poi che la prima botta poco vale,
E dopo alcun' signozzi il parlar sciolto, ritorna per far meglio la seconda.
incominciò; con fioco suono e lasso: L'orca, che vede sotto le grandi ale
ma non seguì;; che dentro il fe' restare l'ombra di qua e di là; correr su l'onda,
il gran rumor che si sentì; nel mare. lascia la preda certa litorale,
e quella vana segue furibonda:
100 dietro quella si volve e si raggira.
Ecco apparir lo smisurato mostro Ruggier giù; cala, e spessi colpi tira.
mezzo ascoso ne l'onda e mezzo sorto.
Come sospinto suol da borea o d'ostro 103
venir lungo navilio a pigliar porto, Come d'alto venendo aquila suole,
così; ne viene al cibo che l'è; mostro ch'errar fra l'erbe visto abbia la biscia,
la bestia orrenda; e l'intervallo è; corto. o che stia sopra un nudo sasso al sole,
La donna è; mezza morta di paura; dove le spoglie d'oro abbella e liscia;
né; per conforto altrui si rassicura. non assalir da quel lato la vuole
onde la velenosa e soffia e striscia,
101 ma da tergo la adugna, e batte i vanni,
Tenea Ruggier la lancia non in resta, acciò; non se le volga e non la azzanni:
ma sopra mano, e percoteva l'orca.
Altro non so che s'assimigli a questa, 104
ch'una gran massa che s'aggiri e torca; così; Ruggier con l'asta e con la spada,
né; forma ha d'animal, se non la testa, non dove era de' denti armato il muso,
c'ha gli occhi e i denti fuor, come di porca. ma vuol che 'l colpo tra l'orecchie cada,
Ruggier in fronte la ferì;a tra gli occhi; or su le schene, or ne la coda giuso.
ma par che un ferro o un duro sasso tocchi. Se la fera si volta, ei muta strada,
ed a tempo giù; cala, e poggia in suso:

158
ma come sempre giunga in un diaspro, ch'era incantato nel coperto scudo.
non può; tagliar lo scoglio duro ed aspro. Vola nel lito; e per non fare errore,
alla donna legata al sasso nudo
105 lascia nel minor dito de la mano
Simil battaglia fa la mosca audace l'annel, che potea far l'incanto vano:
contra il mastin nel polveroso agosto,
o nel mese dinanzi o nel seguace, 108
l'uno di spiche e l'altro pien di mosto: dico l'annel che Bradamante avea,
negli occhi il punge e nel grifo mordace, per liberar Ruggier, tolto a Brunello,
volagli intorno e gli sta sempre accosto; poi per trarlo di man d'Alcina rea,
e quel suonar fa spesso il dente asciutto: mandato in India per Melissa a quello.
ma un tratto che gli arrivi, appaga il tutto. Melissa (come dianzi io vi dicea)
in ben di molti adoperò; l'annello;
106 indi l'avea a Ruggier restituito,
Sì; forte ella nel mar batte la coda, dal qual poi sempre fu portato in dito.
che fa vicino al ciel l'acqua inalzare;
tal che non sa se l'ale in aria snoda, 109
o pur se 'l suo destrier nuota nel mare. Lo dà; ad Angelica ora, perché; teme
Gli è; spesso che disia trovarsi a proda; che del suo scudo il fulgurar non viete,
che se lo sprazzo in tal modo ha a durare, e perché; a lei ne sien difesi insieme
teme sì; l'ale inaffi all'ippogrifo, gli occhi che già; l'avean preso alla rete.
che brami invano avere o zucca o schifo. Or viene al lito e sotto il ventre preme
ben mezzo il mar la smisurata cete.
107 Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo;
Prese nuovo consiglio, e fu il migliore, e par ch'aggiunga un altro sole al cielo.
di vincer con altre arme il mostro crudo:
abbarbagliar lo vuol con lo splendore 110

159
Ferì; negli occhi l'incantato lume figge nel petto e negli occhi vivaci.
di quella fera, e fece al modo usato.
Quale o trota o scaglion va giù; pel fiume 113
c'ha con calcina il montanar turbato, Non più; tenne la via, come propose
tal si vedea ne le marine schiume prima, di circundar tutta la Spagna;
il mostro orribilmente riversciato. ma nel propinquo lito il destrier pose,
Di qua di là; Ruggier percuote assai, dove entra in mar più; la minor Bretagna.
ma di ferirlo via non truova mai. Sul lito un bosco era di querce ombrose,
dove ognor par che Filomena piagna;
111 ch'in mezzo avea un pratel con una fonte,
La bella donna tuttavolta priega e quinci e quindi un solitario monte.
ch'invan la dura squama oltre non pesti.
- Torna, per Dio, signor: prima mi slega 114
(dicea piangendo), che l'orca si desti: Quivi il bramoso cavallier ritenne
portami teco e in mezzo il mar mi anniega: l'audace corso, e nel pratel discese;
non far ch'in ventre al brutto pesce io resti. - e fe' raccorre al suo destrier le penne,
Ruggier, commosso dunque al giusto grido, ma non a tal che più; le avea distese.
slegò; la donna, e la levò; dal lido. Del destrier sceso, a pena si ritenne
di salir altri; ma tennel l'arnese:
112 l'arnese il tenne, che bisognò; trarre,
Il destrier punto, ponta i piè; all'arena e contra il suo disir messe le sbarre.
e sbalza in aria, e per lo ciel galoppa;
e porta il cavalliero in su la schena, 115
e la donzella dietro in su la groppa. Frettoloso, or da questo or da quel canto
Così; privò; la fera de la cena confusamente l'arme si levava.
per lei soave e delicata troppa. Non gli parve altra volta mai star tanto;
Ruggier si va volgendo, e mille baci che s'un laccio sciogliea, dui n'annodava.

160
Ma troppo è; lungo ormai, Signor, il canto, pazzo è; se questa ancor non prezza e stima;
e forse ch'anco l'ascoltar vi grava:
sì; ch'io differirò; l'istoria mia 3
in altro tempo che più; grata sia. con la qual non saria stato quel crudo
Zenocrate di lui più; continente.
Gittato avea Ruggier l'asta e lo scudo,
CANTO UNDICESIMO e si traea l'altre arme impaziente;
quando abbassando pel bel corpo ignudo
la donna gli occhi vergognosamente,
1 si vide in dito il prezioso annello
Quantunque debil freno a mezzo il corso che già; le tolse ad Albracca Brunello.
animoso destrier spesso raccolga,
raro è; però; che di ragione il morso 4
libidinosa furia a dietro volga, Questo è; l'annel ch'ella portò; già; in Francia
quando il piacere ha in pronto; a guisa d'orso la prima volta che fe' quel camino
che dal mel non sì; tosto si distolga, col fratel suo, che v'arrecò; la lancia,
poi che gli n'è; venuto odore al naso, la qual fu poi d'Astolfo paladino.
o qualche stilla ne gustò; sul vaso. Con questo fe' gl'incanti uscire in ciancia
di Malagigi al petron di Merlino;
2 con questo Orlando ed altri una matina
Qual ragion fia che 'l buon Ruggier raffrene, tolse di servitù; di Dragontina;
sì; che non voglia ora pigliar diletto
d'Angelica gentil che nuda tiene 5
nel solitario e commodo boschetto? con questo uscì; invisibil de la torre
Di Bradamante più; non gli soviene, dove l'avea richiusa un vecchio rio.
che tanto aver solea fissa nel petto: A che voglio io tutte sue prove accorre,
e se gli ne sovien pur come prima, se le sapete voi così; come io?

161
Brunel sin nel giron lel venne a torre; guiderdone (dicea), che tu mi rendi?
ch'Agramante d'averlo ebbe disio. che più; tosto involar vogli l'annello,
Da indi in qua sempre Fortuna a sdegno ch'averlo in don? Perché; da me nol prendi?
ebbe costei, fin che le tolse il regno. Non pur quel, ma lo scudo e il destrier snello
e me ti dono, e come vuoi mi spendi;
6 sol che 'l bel viso tuo non mi nascondi.
Or che sel vede, come ho detto, in mano, Io so, crudel, che m'odi, e non rispondi. -
sì; di stupore e d'allegrezza è; piena,
che quasi dubbia di sognarsi invano, 9
agli occhi, alla man sua dà; fede a pena. Così; dicendo, intorno alla fontana
Del dito se lo leva, e a mano a mano brancolando n'andava come cieco.
sel chiude in bocca: e in men che non balena, Oh quante volte abbracciò; l'aria vana,
così; dagli occhi di Ruggier si cela, sperando la donzella abbracciar seco!
come fa il sol quando la nube il vela. Quella, che s'era già; fatta lontana,
mai non cessò; d'andar, che giunse a un speco
7 che sotto un monte era capace e grande,
Ruggier pur d'ogn'intorno riguardava, dove al bisogno suo trovò; vivande.
e s'aggirava a cerco come un matto;
ma poi che de l'annel si ricordava, 10
scornato vi rimase e stupefatto: Quivi un vecchio pastor, che di cavalle
e la sua inavvertenza bestemiava, un grande armento avea, facea soggiorno.
e la donna accusava di quello atto Le iumente pascean giù; per la valle
ingrato e discortese, che renduto le tenere erbe ai freschi rivi intorno.
in ricompensa gli era del suo aiuto. Di qua di là; da l'antro erano stalle,
dove fuggì;ano il sol del mezzo giorno.
8 Angelica quel dì; lunga dimora
- Ingrata damigella, è; questo quello là; dentro fece, e non fu vista ancora.

162
in cielo e in terra, a rimontar veniva:
11 e ritrovò; che s'avea tratto il morso,
E circa il vespro, poi che rifrescossi, e salia in aria a più; libero corso.
e le fu aviso esser posata assai,
in certi drappi rozzi aviluppossi, 14
dissimil troppo ai portamenti gai, Fu grave e mala aggiunta all'altro danno
che verdi, gialli, persi, azzurri e rossi vedersi anco restar senza l'augello.
ebbe, e di quante fogge furon mai. Questo, non men che 'l feminile inganno,
Non le può; tor però; tanto umil gonna, gli preme al cor; ma più; che questo e quello,
che bella non rassembri e nobil donna. gli preme e fa sentir noioso affanno
l'aver perduto il prezioso annello;
12 per le virtù; non tanto ch'in lui sono,
Taccia chi loda Fillide, o Neera, quanto che fu de la sua donna dono.
o Amarilli, o Galatea fugace;
che d'esse alcuna sì; bella non era, 15
Titiro e Melibeo, con vostra pace. Oltremodo dolente si ripose
La bella donna tra' fuor de la schiera indosso l'arme, e lo scudo alle spalle;
de le iumente una che più; le piace. dal mar slungossi, e per le piaggie erbose
Allora allora se le fece inante prese il camin verso una larga valle,
un pensier di tornarsene in Levante. dove per mezzo all'alte selve ombrose
vide il più; largo e 'l più; segnato calle.
13 Non molto va, ch'a destra, ove più; folta
Ruggiero intanto, poi ch'ebbe gran pezzo è; quella selva, un gran strepito ascolta.
indarno atteso s'ella si scopriva,
e che s'avide del suo error da sezzo, 16
che non era vicina e non l'udiva; Strepito ascolta e spaventevol suono
dove lasciato avea il cavallo, avezzo d'arme percosse insieme; onde s'affretta

163
tra pianta e pianta, e trova dui, che sono 19
a gran battaglia in poca piazza e stretta. Vede Ruggier de la sua dolce e bella
Non s'hanno alcun riguardo né; perdono, e carissima donna Bradamante
per far, non so di che, dura vendetta. scoperto il viso; e lei vede esser quella
L'uno è; gigante, alla sembianza fiero; a cui dar morte vuol l'empio gigante:
ardito l'altro e franco cavalliero. sì; che a battaglia subito l'appella,
e con la spada nuda si fa inante:
17 na quel, che nuova pugna non attende,
E questo con lo scudo e con la spada, la donna tramortita in braccio prende;
di qua di là; saltando, si difende,
perché; la mazza sopra non gli cada, 20
con che il gigante a due man sempre offende. e se l'arreca in spalla, e via la porta,
Giace morto il cavallo in su la strada. come lupo talor piccolo agnello,
Ruggier si ferma, e alla battaglia attende; o l'aquila portar ne l'ugna torta
e tosto inchina l'animo, e disia suole o colombo o simile altro augello.
che vincitore il cavallier ne sia. Vede Ruggier quanto il suo aiuto importa,
e vien correndo a più; poter; ma quello
18 con tanta fretta i lunghi passi mena,
Non che per questo gli dia alcun aiuto; che con gli occhi Ruggier lo segue a pena.
ma si tira da parte, e sta a vedere.
Ecco col baston grave il più; membruto 21
sopra l'elmo a due man del minor fere. Così; correndo l'uno, e seguitando
De la percossa è; il cavallier caduto: l'altro, per un sentiero ombroso e fosco,
l'altro, che 'l vide attonito giacere, che sempre si venì;a più; dilatando,
per dargli morte l'elmo gli dislaccia; in un gran prato uscir fuor di quel bosco.
e fa sì; che Ruggier lo vede in faccia. Non più; di questo; ch'io ritorno a Orlando,
che 'l fulgur che portò; già; il re Cimosco,

164
avea gittato in mar nel maggior fondo, che liquefatto ha la fornace accesa;
acciò; mai più; non si trovasse al mondo. bù;gia altri il ferro; e chi picciol, chi grande
il vaso forma, che più; e meno pesa:
22 e qual bombarda e qual nomina scoppio,
Ma poco ci giovò;: che 'l nimico empio qual semplice cannon, qual cannon doppio;
de l'umana natura, il qual del telo
fu l'inventor, ch'ebbe da quel l'esempio, 25
ch'apre le nubi e in terra vien dal cielo; qual sagra, qual falcon, qual colubrina
con quasi non minor di quello scempio sento nomar, come al suo autor più; agrada;
che ci diè; quando Eva ingannò; col melo, che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina,
lo fece ritrovar da un negromante, e ovunque passa si fa dar la strada.
al tempo de' nostri avi, o poco inante. Rendi, miser soldato, alla fucina
per tutte l'arme c'hai, fin alla spada;
23 e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi;
La machina infernal, di più; di cento che senza, io so, non toccherai stipendi.
passi d'acqua ove stè; ascosa molt'anni,
al sommo tratta per incantamento, 26
prima portata fu tra gli Alamanni; Come trovasti, o scelerata e brutta
li quali uno ed un altro esperimento invenzion, mai loco in uman core?
facendone, e il demonio a' nostri danni Per te la militar gloria è; distrutta,
assuttigliando lor via più; la mente, per te il mestier de l'arme è; senza onore;
ne ritrovaro l'uso finalmente. per te è; il valore e la virtù; ridutta,
che spesso par del buono il rio migliore:
24 non più; la gagliardia, non più; l'ardire
Italia e Francia e tutte l'altre bande per te può; in campo al paragon venire.
del mondo han poi la crudele arte appresa.
Alcuno il bronzo in cave forme spande, 27

165
Per te son giti ed anderan sotterra o di tornare, o d'ir girando all'orza.
tanti signori e cavallieri tanti,
prima che sia finita questa guerra, 30
che 'l mondo, ma più; Italia ha messo in pianti; Fu volontà; di Dio che non venisse
che s'io v'ho detto, il detto mio non erra, prima che 'l re d'Ibernia in quella parte,
che ben fu il più; crudele e il più; di quanti acciò; con più; facilità; seguisse
mai furo al mondo ingegni empi e maligni, quel ch'udir vi farò; fra poche carte.
ch'imaginò; sì; abominosi ordigni. Sopra l'isola sorti, Orlando disse
al suo nochiero: - Or qui potrai fermarte,
28 e 'l battel darmi; che portar mi voglio
E crederò; che Dio, perché; vendetta senz'altra compagnia sopra lo scoglio.
ne sia in eterno, nel profondo chiuda
del cieco abisso quella maladetta 31
anima, appresso al maladetto Giuda. E voglio la maggior gomona meco,
Ma seguitiamo il cavallier ch'in fretta e l'ancora maggior ch'abbi sul legno:
brama trovarsi all'isola d'Ebuda, io ti farò; veder perché; l'arreco,
dove le belle donne e delicate se con quel mostro ad affrontar mi vegno. -
son per vivanda a un marin mostro date. Gittar fe' in mare il palischermo seco,
con tutto quel ch'era atto al suo disegno.
29 Tutte l'arme lasciò;, fuor che la spada;
Ma quanto avea più; fretta il paladino, e vêr lo scoglio, sol, prese la strada.
tanto parea che men l'avesse il vento.
Spiri o dal lato destro o dal mancino, 32
o ne le poppe, sempre è; così; lento, Si tira i remi al petto, e tien le spalle
che si può; far con lui poco camino; volte alla parte ove discender vuole;
e rimanea talvolta in tutto spento: a guisa che del mare o de la valle
soffia talor sì; averso, che gli è; forza uscendo al lito, il salso granchio suole.

166
Era ne l'ora che le chiome gialle nube di pioggia e di tempesta pregna,
la bella Aurora avea spiegate al Sole, che più; che cieca notte si distende
mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso, per tutto 'l mondo, e par che 'l giorno spegna;
non senza sdegno di Titon geloso. così; nuota la fera, e del mar prende
tanto, che si può; dir che tutto il tegna:
33 fremono l'onde. Orlando in sé; raccolto,
Fattosi appresso al nudo scoglio, quanto la mira altier, né; cangia cor né; volto.
potria gagliarda man gittare un sasso,
gli pare udire e non udire un pianto; 36
sì; all'orecchie gli vien debole e lasso. E come quel ch'avea il pensier ben fermo
Tutto si volta sul sinistro canto; di quanto volea far, si mosse ratto;
e posto gli occhi appresso all'onde al basso, e perché; alla donzella essere schermo,
vede una donna, nuda come nacque, e la fera assalir potesse a un tratto,
legata a un tronco; e i piè; le bagnan l'acque. entrò; fra l'orca e lei col palischermo,
nel fodero lasciando il brando piatto:
34 l'ancora con la gomona in man prese;
Perché; gli è; ancor lontana, e perché; china poi con gran cor l'orribil mostro attese.
la faccia tien, non ben chi sia discerne.
Tira in fretta ambi i remi, e s'avicina 37
con gran disio di plù; notizia averne. Tosto che l'orca s'accostò;, e scoperse
Ma muggiar sente in questo la marina, nel schifo Orlando con poco intervallo,
e rimbombar le selve e le caverne: per ingiottirlo tanta bocca aperse,
gonfiansi l'onde; ed ecco il mostro appare, ch'entrato un uomo vi saria a cavallo.
che sotto il petto ha quasi ascoso il mare. Si spinse Orlando inanzi, e se gl'immerse
con quella ancora in gola, e s'io non fallo,
35 col battello anco; e l'ancora attaccolle
Come d'oscura valle umida ascende e nel palato e ne la lingua molle:

167
che troppo abonda, a nuoto fuor ne viene:
38 lascia l'ancora fitta, e in mano prende
sì; che né; più; si puon calar di sopra, la fune che da l'ancora depende.
né; alzar di sotto le mascelle orrende.
Così; chi ne le mine il ferro adopra, 41
la terra, ovunque si fa via, suspende, E con quella ne vien nuotando in fretta
che subita ruina non lo cuopra, verso lo scoglio; ove fermato il piede,
mentre malcauto al suo lavoro intende. tira l'ancora a sé;, ch'in bocca stretta
Da un amo all'altro l'ancora è; tanto alta, con le due punte il brutto mostro fiede.
che non v'arriva Orlando, se non salta. L'orca a seguire il canape è; costretta
da quella forza ch'ogni forza eccede,
39 da quella forza che più; in una scossa
Messo il puntello, e fattosi sicuro tira, ch'in dieci un argano far possa.
che 'l mostro più; serrar non può; la bocca,
stringe la spada, e per quel antro oscuro 42
di qua e di là; con tagli e punte tocca. Come toro selvatico ch'al corno
Come si può;, poi che son dentro al muro gittar si senta un improvviso laccio,
giunti i nimici, ben difender rocca; salta di qua di là;, s'aggira intorno,
così; difender l'orca si potea si colca e lieva, e non può; uscir d'impaccio;
dal paladin che ne la gola avea. così; fuor del suo antico almo soggiorno
l'orca tratta per forza di quel braccio,
40 con mille guizzi e mille strane ruote
Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia, segue la fune, e scior non se ne puote.
e mostra i fianchi e le scagliose schene;
or dentro vi s'attuffa, e con la pancia 43
muove dal fondo e fa salir l'arene. Di bocca il sangue in tanta copia fonde,
Sentendo l'acqua il cavallier di Francia, che questo oggi il mar Rosso si può; dire,

168
dove in tal guisa ella percuote l'onde, 46
ch'insino al fondo le vedreste aprire; De l'isola non pochi erano corsi
ed or ne bagna il cielo, e il lume asconde a riguardar quella battaglia strana;
del chiaro sol: tanto le fa salire. i quai da vana religion rimorsi,
Rimbombano al rumor ch'intorno s'ode, così; sant'opra riputar profana:
le selve, i monti e le lontane prode. e dicean che sarebbe un nuovo torsi
Proteo nimico, e attizzar l'ira insana,
44 da farli porre il marin gregge in terra,
Fuor de la grotta il vecchio Proteo, quando e tutta rinovar l'antica guerra;
ode tanto rumor, sopra il mare esce;
e visto entrare e uscir de l'orca Orlando, 47
e al lito trar sì; smisurato pesce, e che meglio sarà; di chieder pace
fugge per l'alto oceano, obliando prima all'offeso dio, che peggio accada;
lo sparso gregge: e sì; il tumulto cresce, e questo si farà;, quando l'audace
che fatto al carro i suoi delfini porre, gittato in mare a placar Proteo vada.
quel dì; Nettuno in Etiopia corre. Come dà; fuoco l'una a l'altra face,
e tosto alluma tutta una contrada,
45 così; d'un cor ne l'altro si difonde
Con Melicerta in collo Ino piangendo, l'ira ch'Orlando vuol gittar ne l'onde.
e le Nereide coi capelli sparsi,
Glauci e Tritoni, e gli altri, non sappiendo 48
dove, chi qua chi là; van per salvarsi. Chi d'una fromba e chi d'un arco armato,
Orlando al lito trasse il pesce orrendo, chi d'asta, chi di spada, al lito scende;
col qual non bisognò; più; affaticarsi; e dinanzi e di dietro e d'ogni lato,
che pel travaglio e per l'avuta pena, lontano e appresso, a più; poter l'offende.
prima morì;, che fosse in su l'arena. Di sì; bestiale insulto e troppo ingrato
gran meraviglia il paladin si prende:

169
pel mostro ucciso ingiuria far si vede, botte, o se più;, non le passò; di molto.
dove aver ne sperò; gloria e mercede. Tosto intorno sgombrar l'arena fece;
e per slegar la donna era già; volto,
49 quando nuovo tumulto e nuovo grido
Ma come l'orso suol, che per le fiere fe' risuonar da un'altra parte il lido.
menato sia da Rusci o da Lituani,
passando per la via, poco temere 52
l'importuno abbaiar di picciol cani, Mentre avea il paladin da questa banda
che pur non se li degna di vedere; così; tenuto i barbari impediti,
così; poco temea di quei villani eran senza contrasto quei d'Irlanda
il paladin, che con un soffio solo da più; parte ne l'isola saliti;
ne potrà; fracassar tutto lo stuolo. e spenta ogni pietà;, strage nefanda
di quel popul facean per tutti i liti:
50 fosse iustizia, o fosse crudeltade,
E ben si fece far subito piazza né; sesso riguardavano né; etade.
che lor si volse, e Durindana prese.
S'avea creduto quella gente pazza 53
che le dovesse far poche contese, Nessun ripar fan gl'isolani, o poco;
quando né; indosso gli vedea corazza, parte, ch'accolti son troppo improviso,
né; scudo in braccio, né; alcun altro arnese; parte, che poca gente ha il picciol loco,
ma non sapea che dal capo alle piante e quella poca è; di nessun aviso.
dura la pelle avea più; che diamante. L'aver fu messo a sacco; messo fuoco
fu ne le case: il populo fu ucciso:
51 le mura fur tutte adeguate al suolo:
Quel che d'Orlando agli altri far non lece, non fu lasciato vivo un capo solo.
di far degli altri a lui già; non è; tolto.
Trenta n'uccise, e furo in tutto diece 54

170
Orlando, come gli appertenga nulla oggi finita la miseria mia.
l'alto rumor, le strida e la ruina,
viene a colei che su la pietra brulla 57
avea da divorar l'orca marina. Io v'ho da ringraziar ch'una maniera
Guarda, e gli par conoscer la fanciulla; di morir mi schivaste troppo enorme;
e più; gli pare, e più; che s'avicina: che troppo saria enorme, se la fera
gli pare Olimpia: ed era Olimpia certo, nel brutto ventre avesse avuto a porme.
che di sua fede ebbe sì; iniquo merto. Ma già; non vi ringrazio ch'io non pera;
che morte sol può; di miseria torme:
55 ben vi ringrazierò;, se da voi darmi
Misera Olimpia! a cui dopo lo scorno quella vedrò;, che d'ogni duol può; trarmi. -
che gli fe' Amore, anco Fortuna cruda
mandò; i corsari (e fu il medesmo giorno), 58
che la portaro all'isola d'Ebuda. Poi con gran pianto seguitò;, dicendo
Riconosce ella Orlando nel ritorno come lo sposo suo l'avea tradita;
che fa allo scoglio: ma perch'ella è; nuda, che la lasciò; su l'isola dormendo,
tien basso il capo; e non che non gli parli, donde ella poi fu dai corsar rapita.
ma gli occhi non ardisce al viso alzarli. E mentre ella parlava, rivolgendo
s'andava in quella guisa che scolpita
56 o dipinta è; Diana ne la fonte,
Orlando domandò; ch'iniqua sorte che getta l'acqua ad Ateone in fronte;
l'avesse fatta all'isola venire
di là; dove lasciata col consorte 59
lieta l'avea, quanto si può; più; dire. che, quanto può;, nasconde il petto e 'l ventre,
- Non so (disse ella) s'io v'ho, che la morte più; liberal dei fianchi e de le rene.
voi mi schivaste, grazie a riferire, Brama Orlando ch'in porto il suo legno entre;
o da dolermi che per voi non sia che lei, che sciolta avea da le catene,

171
vorria coprir d'alcuna veste. Or mentre d'onore in Francia, e se n'era partito
ch'a questo è; intento, Oberto sopraviene, per pigliar la corona, l'anno inante,
Oberto il re d'Ibernia, ch'avea inteso del padre suo ch'era di vita uscito.
che 'l marin mostro era sul lito steso; Tante volte veduto, e tante e tante
gli avea parlato, ch'era in infinito.
60 Lo corse ad abbracciare e a fargli festa,
E che nuotando un cavallier era ito trattasi la celata ch'avea in testa.
a porgli in gola un'ancora assai grave;
e che l'avea così; tirato al lito, 63
come si suol tirar contr'acqua nave. Non meno Orlando di veder contento
Oberto, per veder se riferito si mostrò; il re, che 'l re di veder lui.
colui da chi l'ha inteso, il vero gli have, Poi che furo a iterar l'abbracciamento
se ne vien quivi; e la sua gente intanto una o due volte tornati amendui,
arde e distrugge Ebuda in ogni canto. narrò; ad Oberto Orlando il tradimento
che fu fatto alla giovane, e da cui
61 fatto le fu; dal perfido Bireno,
Il re d'Ibernia, ancor che fosse Orlando, che via d'ogn'altro lo dovea far meno.
di sangue tinto, e d'acqua molle e brutto,
brutto del sangue che si trasse quando 64
uscì; de l'orca in ch'era entrato tutto, Le prove gli narrò;, che tante volte
pel conte l'andò; pur raffigurando; ella d'amarlo dimostrato avea:
tanto più; che ne l'animo avea indutto, come i parenti e le sustanze tolte
tosto che del valor sentì; la nuova, le furo, e al fin per lui morir volea;
ch'altri ch'Orlando non faria tal pruova. e ch'esso testimonio era di molte,
e renderne buon conto ne potea.
62 Mentre parlava, i begli occhi sereni
Lo conoscea, perch'era stato infante de la donna di lagrime eran pieni.

172
le parti che solea coprir la stola,
65 fur di tanta eccellenza, ch'anteporse
Era il bel viso suo, quale esser suole a quante n'avea il mondo potean forse.
da primavera alcuna volta il cielo,
quando la pioggia cade, e a un tempo il sole 68
si sgombra intorno il nubiloso velo. Vinceano di candor le nievi intatte,
E come il rosignuol dolci carole ed eran più; ch'avorio a toccar molli:
mena nei rami alor del verde stelo, le poppe ritondette parean latte
così; alle belle lagrime le piume che fuor dei giunchi allora allora tolli.
si bagna Amore, e gode al chiaro lume. Spazio fra lor tal discendea, qual fatte
esser veggià;n fra picciolini colli
66 l'ombrose valli, in sua stagione amene,
E ne la face de' begli occhi accende che 'l verno abbia di nieve allora piene.
l'aurato strale, e nel ruscello amorza,
che tra vermigli e bianchi fiori scende: 69
e temprato che l'ha, tira di forza I rilevati fianchi e le belle anche,
contra il garzon, che né; scudo difende, e netto più; che specchio il ventre piano,
né; maglia doppia, né; ferrigna scorza; pareano fatti, e quelle coscie bianche,
che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome, da Fidia a torno, o da più; dotta mano.
si sente il cor ferito, e non sa come. Di quelle parti debbovi dir anche,
che pur celare ella bramava invano?
67 Dirò; insomma, ch'in lei dal capo al piede,
Le bellezze d'Olimpia eran di quelle quant'esser può; beltà;, tutta si vede.
che son più; rare: e non la fronte sola,
gli occhi e le guance e le chiome avea belle, 70
la bocca, il naso, gli omeri e la gola; Se fosse stata ne le valli Idee
ma discendendo giù; da le mammelle, vista dal Pastor frigio, io non so quanto

173
Vener, sebben vincea quell'altre dee, 73
portato avesse di bellezza il vanto: e le promette andar seco in Olanda;
né; forso ito saria ne le Amiclee né; fin che ne lo stato la rimetta,
contrade esso a violar l'ospizio santo; e ch'abbia fatto iusta e memoranda
ma detto avria: - Con Menelao ti resta, di quel periuro e traditor vendetta,
Elena pur; ch'altra io non vo' che questa. - non cesserà; con ciò; che possa Irlanda,
e lo farà; quanto potrà; più; in fretta.
71 Cercare intanto in quelle case e in queste
E se fosse costei stata a Crotone, facea di gonne e di feminee veste.
quando Zeusi l'imagine far volse,
che por dovea nel tempio di Iunone, 74
e tante belle nude insieme accolse; Bisogno non sarà;, per trovar gonne,
e che, per una farne in perfezione, ch'a cercar fuor de l'isola si mande;
da chi una parte e da chi un'altra tolse: ch'ogni dì; se n'avea da quelle donne
non avea da torre altra che costei; che de l'avido mostro eran vivande.
che tutte le bellezze erano in lei. Non fe' molto cercar, che ritrovonne
di varie fogge Oberto copia grande;
72 e fe' vestir Olimpia, e ben gl'increbbe
Io non credo che mai Bireno, nudo non la poter vestir come vorrebbe.
vedesse quel bel corpo; ch'io son certo
che stato non saria mai così; crudo, 75
che l'avesse lasciata in quel deserto. Ma né; sì; bella seta o sì; fin'oro
Ch'Oberto se n'accende, io vi concludo, mai Fiorentini industri tesser fenno;
tanto che 'l fuoco non può; star coperto. né; chi ricama fece mai lavoro,
Si studia consolarla, e darle speme postovi tempo, diligenza e senno,
ch'uscirà; in bene il mal ch'ora la preme: che potesse a costui parer decoro,
se lo fêsse Minerva o il dio di Lenno,

174
e degno di coprir sì; belle membre, di fermarvisi più; non gli concesse.
che forza è; ad or ad or se ne rimembre. Quindi si parte; e prima raccomanda
Olimpia al re, che servi le promesse:
76 ben che non bisognasse; che gli attenne
Per più; rispetti il paladino molto molto più;, che di far non si convenne.
si dimostrò; di questo amor contento:
ch'oltre che 'l re non lascerebbe asciolto 79
Bireno andar di tanto tradimento, Così; fra pochi dì; gente raccolse;
sarebbe anch'esso per tal mezzo tolto e fatto lega col re d'Inghilterra
di grave e di noioso impedimento, e con l'altro di Scozia, gli ritolse
quivi non per Olimpia, ma venuto Olanda, e in Frisa non gli lasciò; terra;
per dar, se v'era, alla sua donna aiuto. ed a ribellione anco gli volse
la sua Selandia: e non finì; la guerra,
77 che gli diè; morte; né; però; fu tale
Ch'ella non v'era si chiarì; di corto, la pena, ch'al delitto andasse eguale.
ma già; non si chiarì; se v'era stata;
perché; ogn'uomo ne l'isola era morto, 80
né; un sol rimaso di sì; gran brigata. Olimpia Oberto si pigliò; per moglie,
Il dì; seguente si partir del porto, e di contessa la fe' gran regina.
e tutti insieme andaro in una armata. Ma ritorniamo al paladin che scioglie
Con loro andò; in Irlanda il paladino; nel mar le vele, e notte e dì; camina;
che fu per gire in Francia il suo camino. poi nel medesmo porto le raccoglie,
donde pria le spiegò; ne la marina:
78 e sul suo Brigliadoro armato salse,
A pena un giorno si fermò; in Irlanda; e lasciò; dietro i venti e l'onde salse.
non valser preghi a far che più; vi stesse:
Amor, che dietro alla sua donna il manda, 81

175
Credo che 'l resto di quel verno cose quel che seguì;, se mi vorrete udire.
facesse degne di tenerne conto;
ma fur sin a quel tempo sì; nascose,
che non è; colpa mia s'or non le conto; CANTO DODICESIMO
perché; Orlando a far l'opre virtuose,
più; che a narrarle poi, sempre era pronto:
né; mai fu alcun de li suoi fatti espresso, 1
se non quando ebbe i testimoni appresso. Cerere, poi che da la madre Idea
tornando in fretta alla solinga valle,
82 là; dove calca la montagna Etnea
Passò; il resto del verno così; cheto, al fulminato Encelado le spalle,
che di lui non si seppe cosa vera: la figlia non trovò; dove l'avea
ma poi che 'l sol ne l'animal discreto lasciata fuor d'ogni segnato calle;
che portò; Friso, illuminò; la sfera, fatto ch'ebbe alle guance, al petto, ai crini
e Zefiro tornò; soave e lieto e agli occhi danno, al fin svelse duo pini;
a rimenar la dolce primavera;
d'Orlando usciron le mirabil pruove 2
coi vaghi fiori e con l'erbette nuove. e nel fuoco gli accese di Vulcano,
e diè; lor non potere esser mai spenti:
83 e portandosi questi uno per mano
Di piano in monte, e di campagna in lido, sul carro che tiravan dui serpenti,
pien di travaglio e di dolor ne gì;a; cercò; le selve, i campi, il monte, il piano,
quando all'entrar d'un bosco, un lungo grido, le valli, i fiumi, li stagni, i torrenti,
un alto duol l'orecchie gli ferì;a. la terra e 'l mare; e poi che tutto il mondo
Spinge il cavallo, e piglia il brando fido, cercò; di sopra, andò; al tartareo fondo.
e donde viene il suon, ratto s'invia:
ma diferisco un'altra volta a dire 3

176
S'in poter fosse stato Orlando pare cercato Francia avea dentro e d'intorno.
all'Eleusina dea, come in disio,
non avria, per Angelica cercare, 6
lasciato o selva o campo o stagno o rio Non dico ch'ella fosse, ma parea
o valle o monte o piano o terra o mare, Angelica gentil ch'egli tant'ama.
il cielo e 'l fondo de l'eterno oblio; Egli, che la sua donna e la sua dea
ma poi che 'l carro e i draghi non avea, vede portar sì; addolorata e grama,
la gì;a cercando al meglio che potea. spinto da l'ira e da la furia rea,
con voce orrenda il cavallier richiama;
4 richiama il cavalliero e gli minaccia,
L'ha cercata per Francia: or s'apparecchia e Brigliadoro a tutta briglia caccia.
per Italia cercarla e per Lamagna,
per la nuova Castiglia e per la vecchia, 7
e poi passare in Libia il mar di Spagna. Non resta quel fellon, né; gli risponde,
Mentre pensa così;, sente all'orecchia all'alta preda, al gran guadagno intento,
una voce venir, che par che piagna: e sì; ratto ne va per quelle fronde,
si spinge inanzi; e sopra un gran destriero che saria tardo a seguitarlo il vento.
trottar si vede innanzi un cavalliero, L'un fugge, e l'altro caccia; e le profonde
selve s'odon sonar d'alto lamento.
5 Correndo usciro in un gran prato; e quello
che porta in braccio e su l'arcion davante avea nel mezzo un grande e ricco ostello.
per forza una mestissima donzella.
Piange ella, e si dibatte, e fa sembiante 8
di gran dolore; ed in soccorso appella Di vari marmi con suttil lavoro
il valoroso principe d'Anglante; edificato era il palazzo altiero.
che come mira alla giovane bella, Corse dentro alla porta messa d'oro
gli par colei, per cui la notte e il giorno con la donzella in braccio il cavalliero.

177
Dopo non molto giunse Brigliadoro, movea, pien di travaglio e di pensieri,
che porta Orlando disdegnoso e fiero. Ferraù;, Brandimarte e il re Gradasso,
Orlando, come è; dentro, gli occhi gira; re Sacripante ed altri cavallieri
né; più; il guerrier, né; la donzella mira. vi ritrovò;, ch'andavano alto e basso,
né; men facean di lui vani sentieri;
9 e si ramaricavan del malvagio
Subito smonta, e fulminando passa invisibil signor di quel palagio.
dove più; dentro il bel tetto s'alloggia:
corre di qua, corre di là;, né; lassa 12
che non vegga ogni camera, ogni loggia. Tutti cercando il van, tutti gli dà;nno
Poi che i segreti d'ogni stanza bassa colpa di furto alcun che lor fatt'abbia:
ha cerco invan, su per le scale poggia; del destrier che gli ha tolto, altri è; in affanno;
e non men perde anco a cercar di sopra, ch'abbia perduta altri la donna, arrabbia;
che perdessi di sotto, il tempo e l'opra. altri d'altro l'accusa: e così; stanno,
che non si san partir di quella gabbia;
10 e vi son molti, a questo inganno presi,
D'oro e di seta i letti ornati vede: stati le settimane intiere e i mesi.
nulla de muri appar né; de pareti;
che quelle, e il suolo ove si mette il piede, 13
son da cortine ascose e da tapeti. Orlando, poi che quattro volte e sei
Di su di giù; va il conte Orlando e riede; tutto cercato ebbe il palazzo strano,
né; per questo può; far gli occhi mai lieti disse fra sé;: - Qui dimorar potrei,
che riveggiano Angelica, o quel ladro gittare il tempo e la fatica invano:
che n'ha portato il bel viso leggiadro. e potria il ladro aver tratta costei
da un'altra uscita, e molto esser lontano. -
11 Con tal pensiero uscì; nel verde prato,
E mentre or quinci or quindi invano il passo dal qual tutto il palazzo era aggirato.

178
che di quella d'Angelica ha sembianza
14 (e s'egli è; da una parte, suona altronde),
Mentre circonda la casa silvestra, che chieggia aiuto; e non sa trovar donde.
tenendo pur a terra il viso chino,
per veder s'orma appare, o da man destra 17
o da sinistra, di nuovo camino; Ma tornando a Ruggier, ch'io lasciai quando
si sente richiamar da una finestra: dissi che per sentiero ombroso e fosco
e leva gli occhi; e quel parlar divino il gigante e la donna seguitando,
gli pare udire, e par che miri il viso, in un gran prato uscito era del bosco;
che l'ha da quel che fu, tanto diviso. io dico ch'arrivò; qui dove Orlando
dianzi arrivò;, se 'l loco riconosco.
15 Dentro la porta il gran gigante passa:
Pargli Angelica udir, che supplicando Ruggier gli è; appresso, e di seguir non lassa.
e piangendo gli dica: - Aita, aita!
la mia virginità; ti raccomando 18
più; che l'anima mia, più; che la vita. Tosto che pon dentro alla soglia il piede,
Dunque in presenza del mio caro Orlando per la gran corte e per le logge mira;
da questo ladro mi sarà; rapita? né; più; il gigante né; la donna vede,
più; tosto di tua man dammi la morte, e gli occhi indarno or quinci or quindi aggira.
che venir lasci a sì; infelice sorte. - Di su di giù; va molte volte e riede;
né; gli succede mai quel che desira:
16 né; si sa imaginar dove sì; tosto
Queste parole una ed un'altra volta con la donna il fellon si sia nascosto.
fanno Orlando tornar per ogni stanza,
con passione e con fatica molta, 19
ma temperata pur d'alta speranza. Poi che revisto ha quattro volte e cinque
Talor si ferma, ed una voce ascolta, di su di giù; camere e logge e sale,

179
pur di nuovo ritorna, e non relinque 22
che non ne cerchi fin sotto le scale. Non pur costui, ma tutti gli altri ancora,
Con speme al fin che sian ne le propinque che di valore in Francia han maggior fama,
selve, si parte: ma una voce, quale acciò; che di lor man Ruggier non mora,
richiamò; Orlando, lui chiamò; non manco; condurre Atlante in questo incanto trama.
e nel palazzo il fe' ritornar anco. E mentre fa lor far quivi dimora,
perché; di cibo non patischin brama,
20 sì; ben fornito avea tutto il palagio,
Una voce medesma, una persona che donne e cavallier vi stanno ad agio.
che paruta era Angelica ad Orlando,
parve a Ruggier la donna di Dordona, 23
che lo tenea di sé; medesmo in bando. Ma torniamo ad Angelica, che seco
Se con Gradasso o con alcun ragiona avendo quell'annel mirabil tanto,
di quei ch'andavan nel palazzo errando, ch'in bocca a veder lei fa l'occhio cieco,
a tutti par che quella cosa sia, nel dito, l'assicura da l'incanto;
che più; ciascun per sé; brama e desia. e ritrovato nel montano speco
cibo avendo e cavalla e veste e quanto
21 le fu bisogno, avea fatto disegno
Questo era un nuovo e disusato incanto di ritornare in India al suo bel regno.
ch'avea composto Atlante di Carena,
perché; Ruggier fosse occupato tanto 24
in quel travaglio, in quella dolce pena, Orlando volentieri o Sacripante
che 'l mal'influsso n'andasse da canto, voluto avrebbe in compania: non ch'ella
l'influsso ch'a morir giovene il mena. più; caro avesse l'un che l'altro amante;
Dopo il castel d'acciar, che nulla giova, anzi di par fu a' lor disii ribella:
e dopo Alcina, Atlante ancor fa pruova. ma dovendo, per girsene in Levante,
passar tante città;, tante castella,

180
di compagnia bisogno avea e di guida, meglio salvar nei perigliosi passi:
né; potea aver con altri la più; fida. ma se sua guida il fa, sel fa signore;
ch'ella non vede come poi l'abbassi,
25 qualunque volta, di lui sazia, farlo
Or l'uno or l'altro andò; molto cercando, voglia minore, o in Francia rimandarlo.
prima ch'indizio ne trovasse o spia,
quando in cittade, e quando in ville, e quando 28
in alti boschi, e quando in altra via. Ma il Circasso depor, quando le piaccia,
Fortuna al fin là; dove il conte Orlando, potrà;, se ben l'avesse posto in cielo.
Ferraù; e Sacripante era, la invia, Questa sola cagion vuol ch'ella il faccia
con Ruggier, con Gradasso ed altri molti sua scorta, e mostri avergli fede e zelo.
che v'avea Atlante in strano intrico avolti. L'annel trasse di bocca, e di sua faccia
levò; dagli occhi a Sacripante il velo.
26 Credette a lui sol dimostrarsi, e avenne
Quivi entra, che veder non la può; il mago, ch'Orlando e Ferraù; le sopravenne.
e cerca il tutto, ascosa dal suo annello;
e trova Orlando e Sacripante vago 29
di lei cercare invan per quello ostello. Le sopravenne Ferraù; ed Orlando;
Vede come, fingendo la sua immago, che l'uno e l'altro parimente giva
Atlante usa gran fraude a questo e a quello. di su di giù;, dentro e di fuor cercando
Chi tor debba di lor, molto rivolve del gran palazzo lei, ch'era lor diva.
nel suo pensier, né; ben se ne risolve. Corser di par tutti alla donna, quando
nessuno incantamento gli impediva:
27 perché; l'annel ch'ella si pose in mano,
Non sa stimar chi sia per lei migliore, fece d'Atlante ogni disegno vano.
il conte Orlando o il re dei fier Circassi.
Orlando la potrà; con più; valore 30

181
L'usbergo indosso aveano e l'elmo in testa d'orzo e di paglia sempre era fornita.
dui di questi guerrier, dei quali io canto;
né; notte o dì;, dopo ch'entraro in questa 33
stanza, l'aveano mai messi da canto; Atlante riparar non sa né; puote,
che facile a portar, come la vesta, ch'in sella non rimontino i guerrieri
era lor, perché; in uso l'avean tanto. per correr dietro alle vermiglie gote,
Ferraù; il terzo era anco armato, eccetto all'auree chiome ed a' begli occhi neri
che non avea né; volea avere elmetto, de la donzella, ch'in fuga percuote
la sua iumenta, perché; volentieri
31 non vede li tre amanti in compagnia,
fin che quel non avea, che 'l paladino che forse tolti un dopo l'altro avria.
tolse Orlando al fratel del re Troiano;
ch'allora lo giurò;, che l'elmo fino 34
cercò; de l'Argalia nel fiume invano: E poi che dilungati dal palagio
e se ben quivi Orlando ebbe vicino, gli ebbe sì;, che temer più; non dovea
né; però; Ferraù; pose in lui mano; che contra lor l'incantator malvagio
avenne, che conoscersi tra loro potesse oprar la sua fallacia rea;
non si poter, mentre là; dentro foro. l'annel che le schivò; più; d'un disagio,
tra le rosate labra si chiudea:
32 donde lor sparve subito dagli occhi,
Era così; incantato quello albergo, e gli lasciò; come insensati e sciocchi.
ch'insieme riconoscer non poteansi.
Né; notte mai né; dì;, spada né; usbergo 35
né; scudo pur dal braccio rimoveansi. Come che fosse il suo primier disegno
I lor cavalli con la sella al tergo, di voler seco Orlando o Sacripante,
pendendo i morsi da l'arcion, pasceansi ch'a ritornar l'avessero nel regno
in una stanza, che presso all'uscita, di Galafron ne l'ultimo Levante;

182
le vennero amendua subito a sdegno, a perder si venian ne la foresta,
e si mutò; di voglia in uno istante: e cominciar per l'erba i cavallieri
e senza più; obligarsi o a questo o a quello, a riguardar se vi trovavan pesta;
pensò; bastar per amendua il suo annello. Ferraù;, che potea fra quanti altieri
mai fosser, gir con la corona in testa,
36 si volse con mal viso agli altri dui,
Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta e gridò; lor: - Dove venite vui?
quelli scherniti la stupida faccia;
come il cane talor, se gli è; intercetta 39
o lepre o volpe, a cui dava la caccia, Tornate a dietro, o pigliate altra via,
che d'improviso in qualche tana stretta se non volete rimaner qui morti:
o in folta macchia o in un fosso si caccia. né; in amar né; in seguir la donna mia
Di lor si ride Angelica proterva, si creda alcun, che compagnia comporti. -
che non è; vista, e i lor progressi osserva. Disse Orlando al Circasso: - Che potria
più; dir costui, s'ambi ci avesse scorti
37 per le più; vili e timide puttane
Per mezzo il bosco appar sol una strada: che da conocchie mai traesser lane?
credono i cavallier che la donzella
inanzi a lor per quella se ne vada; 40
che non se ne può; andar, se non per quella. Poi volto a Ferraù;, disse: - Uom bestiale,
Orlando corre, e Ferraù; non bada, s'io non guardassi che senza elmo sei,
né; Sacripante men sprona e puntella. di quel c'hai detto, s'hai ben detto o male,
Angelica la briglia più; ritiene, senz'altra indugia accorger ti farei. -
e dietro lor con minor fretta viene. Disse il Spagnuol: - Di quel ch'a me non cale,
perché; pigliarne tu cura ti dei?
38 Io sol contra ambidui per far son buono
Giunti che fur, correndo, ove i sentieri quel che detto ho, senza elmo come sono. -

183
ne tremeresti dal capo alle piante;
41 non che volessi l'elmo, ma daresti
- Deh (disse Orlando al re di Circassia), l'altre arme a lui di patto, che tu vesti. -
in mio servigio a costui l'elmo presta,
tanto ch'io gli abbia tratta la pazzia; 44
ch'altra non vidi mai simile a questa. - Il vantator Spagnuol disse: - Già; molte
Rispose il re: - Chi più; pazzo saria? fiate e molte ho così; Orlando astretto,
Ma se ti par pur la domanda onesta, che facilmente l'arme gli avrei tolte,
prestagli il tuo; ch'io non sarò; men atto, quante indosso n'avea, non che l'elmetto;
che tu sia forse, a castigare un matto. - e s'io nol feci, occorrono alle volte
pensier che prima non s'aveano in petto:
42 non n'ebbi, già; fu, voglia; or l'aggio, e spero
Soggiunse Ferraù;: - Sciocchi voi, quasi che mi potrà; succeder di leggiero. -
che, se mi fosse il portar elmo a grado,
voi senza non ne fosse già; rimasi; 45
che tolti i vostri avrei, vostro mal grado. Non potè; aver più; pazienza Orlando
Ma per narrarvi in parte li miei casi, e gridò;: - Mentitor, brutto marrano,
per voto così; senza me ne vado, in che paese ti trovasti, e quando,
ed anderò;, fin ch'io non ho quel fino a poter più; di me con l'arme in mano?
che porta in capo Orlando paladino. - Quel paladin, di che ti vai vantando,
son io, che ti pensavi esser lontano.
43 Or vedi se tu puoi l'elmo levarme,
- Dunque (rispose sorridente il conte) o s'io son buon per torre a te l'altre arme.
ti pensi a capo nudo esser bastante
far ad Orlando quel che in Aspramonte 46
egli già; fece al figlio d'Agolante? Né; da te voglio un minimo vantaggio. -
Anzi credo io, se tel vedessi a fronte, Così; dicendo, l'elmo si disciolse,

184
e lo suspese a un ramuscel di faggio; 49
e quasi a un tempo Durindana tolse. Era ugualmente il principe d'Anglante
Ferraù; non perdè; di ciò; il coraggio: tutto fatato, fuor che in una parte:
trasse la spada, e in atto si raccolse, ferito esser potea sotto le piante;
onde con essa e col levato scudo ma le guardò; con ogni studio ed arte.
potesse ricoprirsi il capo nudo. Duro era il resto lor più; che diamante
(se la fama dal ver non si diparte);
47 e l'uno e l'altro andò;, più; per ornato
Così; li duo guerrieri incominciaro, che per bisogno, alle sue imprese armato.
lor cavalli aggirando, a volteggiarsi;
e dove l'arme si giungeano, e raro 50
era più; il ferro, col ferro a tentarsi. S'incrudelisce e inaspra la battaglia,
Non era in tutto 'l mondo un altro paro d'orrore in vista e di spavento piena.
che più; di questo avessi ad accoppiarsi: Ferraù;, quando punge e quando taglia,
pari eran di vigor, pari d'ardire; né; mena botta che non vada piena:
né; l'un né; l'altro si potea ferire. ogni colpo d'Orlando o piastra o maglia
e schioda e rompe ed apre e a straccio mena.
48 Angelica invisibile lor pon mente,
Ch'abbiate, Signor mio, già; inteso estimo, sola a tanto spettacolo presente.
che Ferraù; per tutto era fatato,
fuor che là; dove l'alimento primo 51
piglia il bambin nel ventre ancor serrato: Intanto il re di Circassia, stimando
e fin che del sepolcro il tetro limo che poco inanzi Angelica corresse,
la faccia gli coperse, il luogo armato poi ch'attaccati Ferraù; ed Orlando
usò; portar, dove era il dubbio, sempre vide restar, per quella via si messe,
di sette piastre fatte a buone tempre. che si credea che la donzella, quando
da lor disparve, seguitata avesse:

185
sì; che a quella battaglia la figliuola trattati il cavallier ch'era con nui!
di Galafron fu testimonia sola. Che premio fia ch'al vincitor più; tocchi,
se 'l bel elmo involato n'ha costui? -
52 Ritrassi Orlando, e gli occhi al ramo gira:
Poi che, orribil come era e spaventosa, non vede l'elmo, e tutto avampa d'ira.
l'ebbe da parte ella mirata alquanto,
e che le parve assai pericolosa 55
così; da l'un come da l'altro canto; E nel parer di Ferraù; concorse,
di veder novità; voluntarosa, che 'l cavallier che dianzi era con loro
disegnò; l'elmo tor, per mirar quanto se lo portasse; onde la briglia torse,
fariano i duo guerrier, vistosel tolto; e fe' sentir gli sproni a Brigliadoro.
ben con pensier di non tenerlo molto. Ferraù; che del campo il vide torse,
gli venne dietro; e poi che giunti foro
53 dove ne l'erba appar l'orma novella
Ha ben di darlo al conte intenzione; ch'avea fatto il Circasso e la donzella,
na se ne vuole in prima pigliar gioco.
L'elmo dispicca, e in grembio se lo pone, 56
e sta a mirare i cavallieri un poco. prese la strada alla sinistra il conte
Di poi si parte, e non fa lor sermone; verso una valle, ove il Circasso era ito:
e lontana era un pezzo da quel loco, si tenne Ferraù; più; presso al monte,
prima ch'alcun di lor v'avesse mente: dove il sentiero Angelica avea trito.
sì; l'uno e l'altro era ne l'ira ardente. Angelica in quel mezzo ad una fonte
giunta era, ombrosa e di giocondo sito,
54 ch'ognun che passa, alle fresche ombre invita,
Ma Ferraù;, che prima v'ebbe gli occhi, né;, senza ber, mai lascia far partita.
si dispiccò; da Orlando, e disse a lui:
- Deh come n'ha da male accorti e sciocchi 57

186
Angelica si ferma alle chiare onde, u' ne l'erba giacea l'elmo del conte.
non pensando ch'alcun le sopravegna;
e per lo sacro annel che la nasconde, 60
non può; temer che caso rio le avegna. Lo riconobbe, tosto che mirollo,
A prima giunta in su l'erbose sponde per lettere ch'avea scritte ne l'orlo;
del rivo l'elmo a un ramuscel consegna; che dicean dove Orlando guadagnollo,
poi cerca, ove nel bosco è; miglior frasca, e come e quando, ed a chi fe' deporlo.
la iumenta legar, perché; si pasca. Armossene il pagano il capo e il collo,
che non lasciò;, pel duol ch'avea, di torlo;
58 pel duol ch'avea di quella che gli sparve,
Il cavallier di Spagna, che venuto come sparir soglion notturne larve.
era per l'orme, alla fontana giunge.
Non l'ha sì; tosto Angelica veduto, 61
che gli dispare, e la cavalla punge. Poi ch'allacciato s'ha il buon elmo in testa,
L'elmo, che sopra l'erba era caduto, aviso gli è;, che a contentarsi a pieno,
ritor non può;, che troppo resta lunge. sol ritrovare Angelica gli resta,
Come il pagan d'Angelica s'accorse, che gli appar e dispar come baleno.
tosto vêr lei pien di letizia corse. Per lei tutta cercò; l'alta foresta:
e poi ch'ogni speranza venne meno
59 di più; poterne ritrovar vestigi,
Gli sparve, come io dico, ella davante, tornò; al campo spagnuol verso Parigi;
come fantasma al dipartir del sonno.
Cercando egli la va per quelle piante 62
né; i miseri occhi più; veder la ponno. temperando il dolor che gli ardea il petto,
Bestemiando Macone e Trivigante, di non aver sì; gran disir sfogato,
e di sua legge ogni maestro e donno, col refrigerio di portar l'elmetto
ritornò; Ferraù; verso la fonte, che fu d'Orlando, come avea giurato.

187
Dal conte, poi che 'l certo gli fu detto, che le parea miglior, verso Oriente.
fu lungamente Ferraù; cercato; Più; volte ascosa andò;, talor palese,
né; fin quel dì; dal capo gli lo sciolse, secondo era oportuno, infra la gente.
che fra duo ponti la vita gli tolse. Dopo molto veder molto paese,
giunse in un bosco, dove iniquamente
63 fra duo compagni morti un giovinetto
Angelica invisibile e soletta trovò;, ch'era ferito in mezzo il petto.
via se ne va, ma con turbata fronte;
che de l'elmo le duol, che troppa fretta 66
le avea fatto lasciar presso alla fonte. Ma non dirò; d'Angelica or più; inante;
- Per voler far quel ch'a me far non spetta che molte cose ho da narrarvi prima:
(tra sé; dicea), levato ho l'elmo al conte: né; sono a Ferraù; né; a Sacripante,
questo, pel primo merito, è; assai buono sin a gran pezzo per donar più; rima.
di quanto a lui pur ubligata sono. Da lor mi leva il principe d'Anglante,
che di sé; vuol che inanzi agli altri esprima
64 le fatiche e gli affanni che sostenne
Con buona intenzione (e sallo Idio), nel gran disio, di che a fin mai non venne.
ben che diverso e tristo effetto segua,
io levai l'elmo: e solo il pensier mio 67
fu di ridur quella battaglia a triegua; Alla prima città; ch'egli ritruova
e non che per mio mezzo il suo disio (perché; d'andare occulto avea gran cura)
questo brutto Spagnuol oggi consegua. - si pone in capo una barbuta nuova,
Così; di sé; s'andava lamentando senza mirar s'ha debil tempra o dura:
d'aver de l'elmo suo privato Orlando. sia qual si vuol, poco gli nuoce o giova;
sì; ne la fatagion si rassicura.
65 Così; coperto seguita l'inchiesta;
Sdegnata e malcontenta la via prese, né; notte, o giorno, o pioggia, o sol l'arresta.

188
per espugnar Parigi, più; d'un giorno,
68 volse tentar l'assedio finalmente,
Era ne l'ora, che trae i cavalli poi che pigliar non lo potea altrimente.
Febo del mar con rugiadoso pelo,
e l'Aurora di fior vermigli e gialli 71
venì;a spargendo d'ogn'intorno il cielo; E per far questo avea gente infinita;
e lasciato le stelle aveano i balli, che oltre a quella che con lui giunt'era,
e per partirsi postosi già; il velo: e quella che di Spagna avea seguita
quando appresso a Parigi un dì; passando, del re Marsilio la real bandiera
mostrò; di sua virtù; gran segno Orlando. molta di Francia n'avea al soldo unita;
che da Parigi insino alla riviera
69 d'Arli, con parte di Guascogna (eccetto
In dua squadre incontrossi: e Manilardo alcune rocche) avea tutto suggetto.
ne reggea l'una, il Saracin canuto,
re di Norizia, già; fiero e gagliardo, 72
or miglior di consiglio che d'aiuto; Or cominciando i trepidi ruscelli
guidava l'altra sotto il suo stendardo a sciorre il freddo giaccio in tiepide onde,
il re di Tremisen, ch'era tenuto e i prati di nuove erbe, e gli arbuscelli
tra gli Africani cavallier perfetto: a rivestirsi di tenera fronde;
Alzirdo fu, da chi 'l conobbe, detto. ragunò; il re Agramante tutti quelli
che seguian le fortune sue seconde,
70 per farsi rassegnar l'armata torma;
Questi con l'altro esercito pagano indi alle cose sue dar miglior forma.
quella invernata avean fatto soggiorno,
chi presso alla città;, chi più; lontano, 73
tutti alle ville o alle castella intorno: A questo effetto il re di Tremisenne
ch'avendo speso il re Agramante invano, con quel de la Norizia ne venì;a,

189
per là; giungere a tempo, ove si tenne 76
poi conto d'ogni squadra o buona o ria. Levasi un grido subito ed orrendo,
Orlando a caso ad incontrar si venne che d'ogn'intorno n'ha l'aria ripiena,
(come io v'ho detto) in questa compagnia, come si vede il giovene, cadendo,
cercando pur colei, come egli era uso, spicciar il sangue di sì; larga vena.
che nel carcer d'Amor lo tenea chiuso. La turba verso il conte vien fremendo
disordinata, e tagli e punte mena;
74 ma quella è; più;, che con pennuti dardi
Come Alzirdo appressar vide quel conte tempesta il fior dei cavallier gagliardi.
che di valor non avea pari al mondo,
in tal sembiante, in sì; superba fronte, 77
che 'l dio de l'arme a lui parea secondo; Con qual rumor la setolosa frotta
restò; stupito alle fattezze conte, correr da monti suole o da campagne,
al fiero sguardo, al viso furibondo: se 'l lupo uscito di nascosa grotta,
e lo stimò; guerrier d'alta prodezza; o l'orso sceso alle minor montagne,
ma ebbe del provar troppa vaghezza. un tener porco preso abbia talotta,
che con grugnito e gran stridor si lagne;
75 con tal lo stuol barbarico era mosso
Era giovane Alzirdo, ed arrogante verso il conte, gridando: - Addosso, addosso! -
per molta forza, e per gran cor pregiato.
Per giostrar spinse il suo cavallo inante: 78
meglio per lui, se fosse in schiera stato; Lance, saette e spade ebbe l'usbergo
che ne lo scontro il principe d'Anglante a un tempo mille, e lo scudo altretante:
lo fe' cader per mezzo il cor passato. chi gli percuote con la mazza il tergo,
Giva in fuga il destrier di timor pieno, chi minaccia da lato, e chi davante.
che su non v'era chi reggesse il freno. Ma quel, ch'al timor mai non diede albergo,
estima la vil turba e l'arme tante,

190
quel che dentro alla mandra, all'aer cupo, (perch'era sol, credeanselo inghiottire),
il numer de l'agnelle estimi il lupo. non è; chi per levarsi de la stretta
l'amico aspetti, e cerchi insieme gire:
79 chi fugge a piedi in qua, chi colà; sprona;
Nuda avea in man quella fulminea spada nessun domanda se la strada è; buona.
che posti ha tanti Saracini a morte:
dunque chi vuol di quanta turba cada 82
tenere il conto, ha impresa dura e forte. Virtude andava intorno con lo speglio
Rossa di sangue già; correa la strada, che fa veder ne l'anima ogni ruga:
capace a pena a tante genti morte; nessun vi si mirò;, se non un veglio
perché; né; targa né; capel difende a cui il sangue l'età;, non l'ardir, sciuga.
la fatal Durindana, ove discende, Vide costui quanto il morir sia meglio,
che con suo disonor mettersi in fuga:
80 dico il re di Norizia; onde la lancia
né; vesta piena di cotone, o tele arrestò; contra il paladin di Francia.
che circondino il capo in mille vò;lti.
Non pur per l'aria gemiti e querele, 83
ma volan braccia e spalle e capi sciolti. E la roppe alla penna de lo scudo
Pel campo errando va Morte crudele del fiero conte, che nulla si mosse.
in molti, vari, e tutti orribil volti; Egli ch'avea alla posta il brando nudo,
e tra sé; dice: - In man d'Orlando valci re Manilardo al trapassar percosse.
Durindana per cento de mie falci. - Fortuna l'aiutò;; che 'l ferro crudo
in man d'Orlando al venir giù; voltosse:
81 tirare i colpi a filo ognor non lece;
Una percossa a pena l'altra aspetta. ma pur di sella stramazzar lo fece.
Ben tosto cominciar tutti a fuggire;
e quando prima ne veniano in fretta 84

191
Stordito de l'arcion quel re stramazza: se quivi fosse Angelica reposta.
non si rivolge Orlando a rivederlo;
che gli altri taglia, tronca, fende, amazza; 87
a tutti pare in su le spalle averlo. Come nel bosco de l'umil ginepre,
Come per l'aria, ove han sì; larga piazza, o ne la stoppia alla campagna aperta,
fuggon li storni da l'audace smerlo, quando si cerca la paurosa lepre
così; di quella squadra ormai disfatta per traversati solchi e per via incerta,
altri cade, altri fugge, altri s'appiatta. si va ad ogni cespuglio, ad ogni vepre,
se per ventura vi fosse coperta;
85 così; cercava Orlando con gran pena
Non cessò; pria la sanguinosa spada, la donna sua, dove speranza il mena.
che fu di viva gente il campo voto.
Orlando è; in dubbio a ripigliar la strada, 88
ben che gli sia tutto il paese noto. Verso quel raggio andando in fretta il conte,
O da man destra o da sinistra vada, giunse ove ne la selva si diffonde
il pensier da l'andar sempre è; remoto: da l'angusto spiraglio di quel monte,
d'Angelica cercar, fuor ch'ove sia, ch'una capace grotta in sé; nasconde;
teme, e di far sempre contraria via. e trova inanzi ne la prima fronte
spine e virgulti, come mura e sponde,
86 per celar quei che ne la grotta stanno,
Il suo camin (di lei chiedendo spesso) da chi far lor cercasse oltraggio e danno.
or per li campi or per le selve tenne:
e sì; come era uscito di se stesso, 89
uscì; di strada; e a piè; d'un monte venne, Di giorno ritrovata non sarebbe,
dove la notte fuor d'un sasso fesso ma la facea di notte il lume aperta.
lontan vide un splendor batter le penne. Orlando pensa ben quel ch'esser debbe;
Orlando al sasso per veder s'accosta, pur vuol saper la cosa anco più; certa.

192
Poi che legato fuor Brigliadoro ebbe, (come uso feminil spesso esser suole),
tacito viene alla grotta coperta: ma come il conte ne la grotta scese,
e fra li spessi rami ne la buca finiron le dispù;te e le parole.
entra, senza chiamar chi l'introduca. Orlando a salutarle fu cortese
(come con donne sempre esser si vuole),
90 ed elle si levaro immantinente,
Scende la tomba molti gradi al basso, e lui risalutar benignamente.
dove la viva gente sta sepolta.
Era non poco spazioso il sasso 93
tagliato a punte di scarpelli in volta; Gli è; ver che si smarriro in faccia alquanto,
né; di luce diurna in tutto casso, come improviso udiron quella voce,
ben che l'entrata non ne dava molta; e insieme entrare armato tutto quanto
ma ve ne venì;a assai da una finestra vider là; dentro un uom tanto feroce.
che sporgea in un pertugio da man destra. Orlando domandò; qual fosse tanto
scortese, ingiusto, barbaro ed atroce,
91 che ne la grotta tenesse sepolto
In mezzo la spelonca, appresso a un fuoco, un sì; gentile ed amoroso volto.
era una donna di giocondo viso;
quindici anni passar dovea di poco, 94
quanto fu al conte, al primo sguardo, aviso: La vergine a fatica gli rispose,
ed era bella sì;, che facea il loco interrotta da fervidi signiozzi,
salvatico parere un paradiso; che dai coralli e da le preziose
ben ch'avea gli occhi di lacrime pregni, perle uscir fanno i dolci accenti mozzi.
del cor dolente manifesti segni. Le lacrime scendean tra gigli e rose,
là; dove avien ch'alcuna se n'inghiozzi.
92 Piacciavi udir ne l'altro canto il resto,
V'era una vecchia; e facean gran contese Signor, che tempo è; ormai di finir questo.

193
ch'io porterò; del mio parlar supplizio,
perché; a colui che qui m'ha chiusa, spero
CANTO TREDICESIMO che costei ne darà; subito indizio;
pur son disposta non celarti il vero,
e vada la mia vita in precipizio.
1 E ch'aspettar poss'io da lui più; gioia,
Ben furo aventurosi i cavallieri che 'l si disponga un dì; voler ch'io muoia?
ch'erano a quella età;, che nei valloni,
ne le scure spelonche e boschi fieri, 4
tane di serpi, d'orsi e di leoni, Isabella sono io, che figlia fui
trovavan quel che nei palazzi altieri del re mal fortunato di Gallizia.
a pena or trovar puon giudici buoni: Ben dissi fui; ch'or non son più; di lui,
donne, che ne la lor più; fresca etade ma di dolor, d'affanno e di mestizia.
sien degne d'aver titol di beltade. Colpa d'Amor; ch'io non saprei di cui
dolermi più; che de la sua nequizia,
2 che dolcemente nei principi applaude,
Di sopra vi narrai che ne la grotta e tesse di nascosto inganno e fraude.
avea trovato Orlando una donzella,
e che la dimandò; ch'ivi condotta 5
l'avesse: or seguitando, dico ch'ella, Già; mi vivea di mia sorte felice,
poi che più; d'un signiozzo l'ha interrotta, gentil, giovane, ricca, onesta e bella:
con dolce e suavissima favella vile e povera or sono, or infelice;
al conte fa le sue sciagure note, e s'altra è; peggior sorte, io sono in quella.
con quella brevità; che meglio puote. Ma voglio sappi la prima radice
che produsse quel mal che mi flagella;
3 e ben ch'aiuto poi da te non esca,
- Ben che io sia certa (dice), o cavalliero, poco non mi parrà;, che te n'incresca.

194
interprete fra noi fosse sovente,
6 poi che di vista ancor fummo disgiunti;
Mio patre fe' in Baiona alcune giostre, che gli animi restar sempre congiunti.
esser denno oggimai dodici mesi.
Trasse la fama ne le terre nostre 9
cavallieri a giostrar di più; paesi. Però; che dato fine alla gran festa,
Fra gli altri (o sia ch'Amor così; mi mostre, Il mio Zerbino in Scozia fe' ritorno.
o che virtù; pur se stessa palesi) Se sai che cosa è; amor, ben sai che mesta
mi parve da lodar Zerbino solo, restai, di lui pensando notte e giorno;
che del gran re di Scozia era figliuolo. ed era certa che non men molesta
fiamma intorno al suo cor facea soggiorno.
7 Egli non fece al suo disio più; schermi,
Il qual poi che far pruove in campo vidi se non che cercò; via di seco avermi.
miracolose di cavalleria,
fui presa del suo amore; e non m'avidi, 10
ch'io mi conobbi più; non esser mia. E perché; vieta la diversa fede
E pur, ben che 'l suo amor così; mi guidi, (essendo egli cristiano, io saracina)
mi giova sempre avere in fantasia ch'al mio padre per moglie non mi chiede,
ch'io non misi il mio core in luogo immondo, per furto indi levarmi si destina.
ma nel più; degno e bel ch'oggi sia al mondo. Fuor de la ricca mia patria, che siede
tra verdi campi allato alla marina,
8 aveva un bel giardin sopra una riva,
Zerbino di bellezza e di valore che colli intorno e tutto il mar scopriva.
sopra tutti i signori era eminente.
Mostrammi, e credo mi portasse amore, 11
e che di me non fosse meno ardente. Gli parve il luogo a fornir ciò; disposto,
Non ci mancò; chi del commune ardore che la diversa religion ci vieta;

195
e mi fa saper l'ordine che posto 14
avea di far la nostra vita lieta. Quindi fui tratta alla galea spalmata,
Appresso a Santa Marta avea nascosto prima che la città; n'avesse avisi.
con gente armata una galea secreta, De la famiglia ignuda e disarmata
in guardia d'Odorico di Biscaglia, altri fuggiro, altri restaro uccisi,
in mare e in terra mastro di battaglia. parte captiva meco fu menata.
Così; da la mia terra io mi divisi,
12 con quanto gaudio non ti potrei dire,
Né; potendo in persona far l'effetto, sperando in breve il mio Zerbin fruire.
perch'egli allora era dal padre antico
a dar soccorso al re di Framcia astretto, 15
manderia in vece sua questo Odorico, Voltati sopra Mongia eramo a pena,
che fra tutti i fedeli amici eletto quando ci assalse alla sinistra sponda
s'avea pel più; fedele e pel più; amico: un vento che turbò; l'aria serena,
e bene esser dovea, se i benefici e turbò; il mare, e al ciel gli levò; l'onda.
sempre hanno forza d'acquistar gli amici. Salta un maestro ch'a traverso mena,
e cresce ad ora ad ora, e soprabonda;
13 e cresce e soprabonda con tal forza,
Verria costui sopra un navilio armato, che val poco alternar poggia con orza.
al terminato tempo indi a levarmi.
E così; venne il giorno disiato, 16
che dentro il mio giardin lasciai trovarmi. Non giova calar vele, e l'arbor sopra
Odorico la notte, accompagnato corsia legar, né; ruinar castella;
di gente valorosa all'acqua e all'armi, che ci veggian mal grado portar sopra
smontò; ad un fiume alla città; vicino, acuti scogli, appresso alla Rocella.
e venne chetamente al mio giardino. Se non ci aiuta quel che sta di sopra,
ci spinge in terra la crudel procella.

196
Il vento rio ne caccia in maggior fretta, contenta son che s'abbi il resto il mare.
che d'arco mai non si aventò; saetta. Non sono, ove scendemo, i liti pesti
d'alcun sentier, né; intorno albergo appare;
17 ma solo il monte, al qual mai sempre fiede
Vide il periglio il Biscaglino, e a quello l'ombroso capo il vento, e 'l mare il piede.
usò; un rimedio che fallir suol spesso:
ebbe ricorso subito al battello; 20
calossi, e me calar fece con esso. Quivi il crudo tiranno Amor, che sempre
Sceser dui altri, e ne scendea un drappello, d'ogni promessa sua fu disleale,
se i primi scesi l'avesser concesso; e sempre guarda come involva e stempre
ma con le spade li tenner discosto, ogni nostro disegno razionale,
tagliar la fune, e ci allargammo tosto. mutò; con triste e disoneste tempre
mio conforto in dolor, mio bene in male;
18 che quell'amico, in chi Zerbin si crede,
Fummo gittati a salvamento al lito di desire arse, ed agghiacciò; di fede.
noi che nel palischermo eramo scesi;
periron gli altri col legno sdrucito; 21
in preda al mare andar tutti gli arnesi. O che m'avesse in mar bramata ancora,
All'eterna Bontade, all'infinito né; fosse stato a dimostrarlo ardito,
Amor, rendendo grazie, le man stesi, o cominciassi il desiderio allora
che non m'avessi dal furor marino che l'agio v'ebbe dal solingo lito;
lasciato tor di riveder Zerbino. disegnò; quivi senza più; dimora
condurre a fin l'ingordo suo appetito;
19 ma prima da sé; torre un de li dui
Come ch'io avessi sopra il legno e vesti che nel battel campati eran con nui.
lasciato e gioie e l'altre cose care,
pur che la speme di Zerbin mi resti, 22

197
Quell'era omo di Scozia, Almonio detto, il piacer de l'amico, che l'onesto.
che mostrava a Zerbin portar gran fede;
e commendato per guerrier perfetto 25
da lui fu, quando ad Odorico il diede. Corebo, che gentile era e cortese,
Disse a costui, che biasmo era e difetto, non lo potè; ascoltar senza gran sdegno:
se mi traeano alla Rocella a piede; lo chiamò; traditore, e gli contese
e lo pregò; ch'inanti volesse ire con parole e con fatti il rio disegno.
a farmi incontra alcun ronzin venire. Grande ira all'uno e all'altro il core accese,
e con le spade nude ne fer segno.
23 Al trar de' ferri, io fui da la paura
Almonio, che di ciò; nulla temea, volta a fuggir per l'alta selva oscura.
immantinente inanzi il camin piglia
alla città; che 'l bosco ci ascondea, 26
e non era lontana oltra sei miglia. Odorico, che maestro era di guerra,
Odorico scoprir sua voglia rea in pochi colpi a tal vantaggio venne,
all'altro finalmente si consiglia; che per morto lasciò; Corebo in terra,
sì; perché; tor non se lo sa d'appresso, e per le mie vestigie il camin tenne.
sì; perché; avea gran confidenza in esso. Prestò;gli Amor (se 'l mio creder non erra),
acciò; potesse giungermi, le penne;
24 e gl'insegnò; molte lusinghe e prieghi,
Era Corebo di Bilbao nomato con che ad amarlo e compiacer mi pieghi.
quel di ch'io parlo, che con noi rimase;
che da fanciullo picciolo allevato 27
s'era con lui ne le medesme case. Ma tutto è; indarno; che fermata e certa
Poter con lui communicar l'ingrato più; tosto era a morir, ch'a satisfarli.
pensiero il traditor si persuase, Poi ch'ogni priego, ogni lusinga esperta
sperando ch'ad amar saria più; presto ebbe e minacce, e non potean giovarli,

198
si ridusse alla forza a faccia aperta. questa turba, signor; ma a quella image
Nulla mi val che supplicando parli che sovente in proverbio il vulgo dice:
de la fé; ch'avea in lui Zerbino avuta, cader de la padella ne le brage.
e ch'io ne le sue man m'era creduta. Gli è; ver ch'io non son stata sì; infelice,
né; le lor menti ancor tanto malvage,
28 ch'abbino violata mia persona:
Poi che gittar mi vidi i prieghi invano, non che sia in lor virtù;, né; cosa buona.
né; mi sperare altronde altro soccorso,
e che più; sempre cupido e villano 31
a me venì;a, come famelico orso; Ma perché; se mi serban, come io sono,
io mi difesi con piedi e con mano, vergine, speran vendermi più; molto.
ed adopra'vi sin a l'ugne e il morso: Finito è; il mese ottavo e viene il nono,
pela'gli il mento, e gli graffiai la pelle, che fu il mio vivo corpo qui sepolto.
con stridi che n'andavano alle stelle. Del mio Zerbino ogni speme abbandono;
che già;, per quanto ho da lor detti accolto,
29 m'han promessa e venduta a un mercadante,
Non so se fosse caso, o li miei gridi che portare al soldan mi de' in Levante. -
che si doveano udir lungi una lega,
o pur ch'usati sian correre ai lidi 32
quando navilio alcun si rompe o anniega; Così; parlava la gentil donzella;
sopra il monte una turba apparir vidi, e spesso con signiozzi e con sospiri
e questa al mare e verso noi si piega. interrompea l'angelica favella,
Come la vede il Biscaglin venire, da muovere a pietade aspidi e tiri.
lascia l'impresa, e voltasi a fuggire. Mentre sua doglia così; rinovella,
o forse disacerba i suoi martiri,
30 da venti uomini entrar ne la spelonca,
Contra quel disleal mi fu adiutrice armati chi di spiedo e chi di ronca.

199
pien di fuoco e di fumo uno stizzone,
33 trasse, e percosse il malandrino a caso,
Il primo d'essi, uom di spietato viso, dove confina con le ciglia il naso.
ha solo un occhio, e sguardo scuro e bieco;
l'altro, d'un colpo che gli avea reciso 36
il naso e la mascella, è; fatto cieco. Lo stizzone ambe le palpebre colse,
Costui vedendo il cavalliero assiso ma maggior danno fe' ne la sinistra;
con la vergine bella entro allo speco, che quella parte misera gli tolse,
volto a' compagni, disse: - Ecco augel nuovo, che de la luce sola, era ministra.
a cui non tesi, e ne la rete il truovo. - Né; d'acciecarlo contentar si volse
il colpo fier, s'ancor non lo registra
34 tra quelli spirti che con suoi compagni
Poi disse al conte: - Uomo non vidi mai fa star Chiron dentro ai bollenti stagni.
più; commodo di te, né; più; opportuno.
Non so se ti se' apposto, o se lo sai 37
perché; te l'abbia forse detto alcuno, Ne la spelonca una gran mensa siede
che sì; bell'arme io desiava assai, grossa duo palmi, e spaziosa in quadro,
e questo tuo leggiadro abito bruno. che sopra un mal pulito e grosso piede,
Venuto a tempo veramente sei, cape con tutta la famiglia il ladro.
per riparare agli bisogni miei. - Con quell'agevolezza che si vede
gittar la canna lo Spagnuol leggiadro,
35 Orlando il grave desco da sé; scaglia
Sorrise amaramente, in piè; salito, dove ristretta insieme è; la canaglia.
Orlando, e fe' risposta al mascalzone:
- Io ti venderò; l'arme ad un partito 38
che non ha mercadante in sua ragione. - A chi'l petto, a chi'l ventre, a chi la testa,
Del fuoco, ch'avea appresso, indi rapito a chi rompe le gambe, a chi le braccia;

200
di ch'altri muore, altri storpiato resta: 41
chi meno è; offeso, di fuggir procaccia. Poi li trascina fuor de la spelonca,
Così; talvolta un grave sasso pesta dove facea grande ombra un vecchio sorbo.
e fianchi e lombi, e spezza capi e schiaccia, Orlando con la spada i rami tronca,
gittato sopra un gran drapel di biscie, e quelli attacca per vivanda al corbo.
che dopo il verno al sol si goda e liscie. Non bisognò; catena in capo adonca;
che per purgare il mondo di quel morbo,
39 l'arbor medesmo gli uncini prestolli,
Nascono casi, e non saprei dir quanti: con che pel mento Orlando ivi attaccolli.
una muore, una parte senza coda,
un'altra non si può; muover davanti, 42
e 'l deretano indarno aggira e snoda; La donna vecchia, amica a' malandrini,
un'altra, ch'ebbe più; propizi i santi, poi che restar tutti li vide estinti,
striscia fra l'erbe, e va serpendo a proda. fuggì; piangendo e con le mani ai crini,
Il colpo orribil fu, ma non mirando, per selve e boscherecci labirinti.
poi che lo fece il valoroso Orlando. Dopo aspri e malagevoli camini,
a gravi passi e dal timor sospinti,
40 in ripa un fiume in un guerrier scontrosse;
Quei che la mensa o nulla o poco offese ma diferisco a ricontar chi fosse:
(e Turpin scrive a punto che fur sette),
ai piedi raccomandan sue difese: 43
ma ne l'uscita il paladin si mette; e torno all'altra, che si raccomanda
e poi che presi gli ha senza contese, al paladin che non la lasci sola;
le man lor lega con la fune istrette, e dice di seguirlo in ogni banda.
con una fune al suo bisogno destra, Cortesemente Orlando la consola;
che ritrovò; ne la casa silvestra. e quindi, poi ch'uscì; con la ghirlanda
di rose adorna e di purpurea stola

201
la bianca Aurora al solito camino, vivea in timor di mille casi rei.
partì; con Isabella il paladino. Un dì; fra gli altri, che di ciò; piangendo
stava solinga, le arrivò; colei
44 che portò; ne l'annel la medicina
Senza trovar cosa che degna sia che sanò; il cor ch'avea ferito Alcina.
d'istoria, molti giorni insieme andaro;
e finalmente un cavallier per via, 47
che prigione era tratto, riscontraro. Come a sé; ritornar senza il suo amante,
chi fosse, dirò; poi; ch'or me ne svia dopo si lungo termine, la vede,
tal, di chi udir non vi sarà; men caro: resta pallida e smorta, e sì; tremante,
la figliuola d'Amon, la qual lasciai che non ha forza di tenersi in piede:
languida dianzi in amorosi guai. ma la maga gentil le va davante
ridendo, poi che del timor s'avede;
45 e con viso giocondo la conforta,
La bella donna, disiando invano qual aver suol chi buone nuove apporta.
ch'a lei facesse il suo Ruggier ritorno,
stava a Marsilia, ove allo stuol pagano 48
dava da travagliar quasi ogni giorno; - Non temer (disse) di Ruggier, donzella,
il qual scorrea, rubando in monte e in piano, ch'è; vivo e sano, e come suol, t'adora;
per Linguadoca e per Provenza intorno: ma non è; già; in sua libertà;; che quella
ed ella ben facea l'ufficio vero pur gli ha levata il tuo nemico ancora:
di savio duca e d'ottimo guerriero. ed è; bisogno che tu monti in sella,
se brami averlo, e che mi segui or ora;
46 che se mi segui, io t'aprirò; la via
Standosi quivi, e di gran spazio essendo donde per te Ruggier libero fia. -
passato il tempo che tornare a lei
il suo Ruggier dovea, né; lo vedendo, 49

202
E seguitò;, narrandole di quello dove con gli altri poi ti tenga a bada.
magico error che gli avea ordito Atlante:
che simulando d'essa il viso bello, 52
che captiva parea del rio gigante, Acciò; l'inganni, in che son tanti e tanti
tratto l'avea ne l'incantato ostello, caduti, non ti colgan, sie avertita,
dove sparito poi gli era davante; che se ben di Ruggier viso e sembianti
e come tarda con simile inganno ti parrà; di veder, che chieggia aita,
le donne e i cavallier che di là; vanno. non gli dar fede tu; ma, come avanti
ti vien, fagli lasciar l'indegna vita:
50 né; dubitar perciò; che Ruggier muoia,
A tutti par, l'incantator mirando, ma ben colui che ti dà; tanta noia.
mirar quel che per sé; brama ciascuno,
donna, scudier, compagno, amico; quando 53
il desiderio uman non è; tutto uno. Ti parrà; duro assai, ben lo conosco,
Quindi il palagio van tutti cercando uccidere un che sembri il tuo Ruggiero:
con lungo affanno, senza frutto alcuno; pur non dar fede all'occhio tuo, che losco
e tanta è; la speranza e il gran disire farà; l'incanto, e celeragli il vero.
del ritrovar, che non ne san partire. Fermati, pria ch'io ti conduca al bosco,
sì; che poi non si cangi il tuo pensiero;
51 che sempre di Ruggier rimarrai priva,
Come tu giungi (disse) in quella parte se lasci per viltà; che 'l mago viva. -
che giace presso all'incantata stanza,
verrà; l'incantatore a ritrovarte, 54
che terrà; di Ruggiero ogni sembianza; La valorosa giovane, con questa
e ti farà; parer con sua mal'arte, intenzion che 'l fraudolente uccida,
ch'ivi lo vinca alcun di più; possanza, a pigliar l'arme ed a seguire è; presta
acciò; che tu per aiutarlo vada Melissa; che sa ben quanto l'è; fida.

203
Quella, or per terren culto, or per foresta, madri d'imperatori e di gran regi,
a gran giornate e in gran fretta la guida, reparatrici e solide colonne
cercando alleviarle tuttavia di case illustri e di domì;ni egregi;
con parlar grato la noiosa via. che men degne non son ne le lor gonne,
ch'in arme i cavallier, di sommi pregi,
55 di pietà;, di gran cor, di gran prudenza,
E più; di tutti i bei ragionamenti, di somma e incomparabil continenza.
spesso le ripetea ch'uscir di lei
e di Ruggier doveano gli eccellenti 58
principi e gloriosi semidei. E s'io avrò; da narrarti di ciascuna
Come a Melissa fossino presenti che ne la stirpe tua sia d'onor degna,
tutti i secreti degli eterni dei, troppo sarà;; ch'io non ne veggio alcuna
tutte le cose ella sapea predire, che passar con silenzio mi convegna.
ch'avean per molti seculi a venire. Ma ti farò;, tra mille, scelta d'una
o di due coppie, acciò; ch'a fin ne vegna.
56 Ne la spelonca perché; nol dicesti?
- Deh, come, o prudentissima mia scorta che l'imagini ancor vedute avresti.
(dicea a la maga l'inclita donzella),
molti anni prima tu m'hai fatta accorta 59
di tanta mia viril progenie bella; De la tua chiara stirpe uscirà; quella
così; d'alcuna donna mi conforta, d'opere illustri e di bei studi amica,
che di mia stirpe sia, s'alcuna in quella ch'io non so ben se più; leggiadra e bella
metter si può; tra belle e virtuose. - mi debba dire, o più; saggia e pudica,
E la cortese maga le rispose: liberale e magnanima Isabella,
che del bel lume suo dì; e notte aprica
57 farà; la terra che sul Menzo siede,
- Da te uscir veggio le pudiche donne, a cui la madre d'Ocno il nome diede:

204
fra tutti i ricchi duci, il suo congiunto,
60 il qual, come ella poi lascerà; il mondo,
dove onorato e splendido certame così; de l'infelici andrà; nel fondo.
avrà; col suo dignissimo consorte,
chi di lor più; le virtù; prezzi ed ame, 63
e chi meglio apra a cortesia le porte. E Moro e Sforza e Viscontei colubri,
S'un narrerà; ch'al Taro e nel Reame lei viva, formidabili saranno
fu a liberar da' Galli Italia forte; da l'iperboree nievi ai lidi rubri,
l'altra dirà;: - Sol perché; casta visse da l'Indo ai monti ch'al tuo mar via danno:
Penelope, non fu minor d'Ulisse. - lei morta, andran col regno degl'Insubri,
e con grave di tutta Italia danno,
61 in servitute; e fia stimata, senza
Gran cose e molte in brevi detti accolgo costei, ventura la somma prudenza.
di questa donna e più; dietro ne lasso,
che in quelli dì; ch'io mi levai dal volgo, 64
mi fe' chiare Merlin dal cavo sasso. Vi saranno altre ancor, ch'avranno il nome
E s'in questo gran mar la vela sciolgo, medesmo, e nasceran molt'anni prima:
di lunga Tifi in navigar trapasso. di ch'una s'ornerà; le sacre chiome
Conchiudo in somma, ch'ella avrà;, per dono, de la corona di Pannonia opima;
de la virtù; e del ciel, ciò; ch'è; di buono. un'altra, poi che le terrene some
lasciate avrà;, fia ne l'ausonio clima
62 collocata nel numer de le dive,
Seco avrà; la sorella Beatrice, ed avrà; incensi e imagini votive.
a cui si converrà; tal nome a punto:
ch'essa non sol del ben che qua giù; lice, 65
per quel che viverà;, toccherà; il punto; De l'altre tacerò;; che, come ho detto,
ma avrà; forza di far seco felice, lungo sarebbe a ragionar di tante;

205
ben che per sé; ciascuna abbia suggetto 68
degno, ch'eroica e chiara tuba cante. De l'alta stirpe d'Aragone antica
Le Bianche, le Lucrezie io terrò; in petto, non tacerò; la splendida regina,
e le Costanze e l'altre, che di quante di cui né; saggia sì;, né; sì; pudica
splendide case Italia reggeranno, veggio istoria lodar greca o latina,
reparatrici e madri ad esser hanno. né; a cui Fortuna più; si mostri amica:
poi che sarà; da la Bontà; divina
66 elletta madre a parturir la bella
Più; ch'altre fosser mai, le tue famiglie progenie, Alfonso, Ippolito e Isabella.
saran ne le lor donne aventurose;
non dico in quella più; de le lor figlie, 69
che ne l'alta onestà; de le lor spose. Costei sarà; la saggia Leonora,
E acciò; da te notizia anco si piglie che nel tuo felice arbore s'inesta.
di questa parte che Merlin mi espose, Che ti dirò; de la seconda nuora,
forse perch'io 'l dovessi a te ridire, succeditrice prossima di questa?
ho di parlarne non poco desire. Lucrezia Borgia, di cui d'ora in ora
le beltà;, la virtù;, la fama onesta
67 e la fortuna crescerà;, non meno
E dirò; prima di Ricciarda, degno che giovin pianta in morbido terreno.
esempio di fortezza e d'onestade:
vedova rimarrà;, giovane, a sdegno 70
di Fortuna; il che spesso ai buoni accade. Qual lo stagno all'argento, il rame all'oro,
I figli, privi del paterno regno, il campestre papavero alla rosa,
esuli andar vedrà; in strane contrade, pallido salce al sempre verde alloro,
fanciulli in man degli aversari loro; dipinto vetro a gemma preziosa;
ma infine avrà; il suo male amplo ristoro. tal a costei, ch'ancor non nata onoro,
sarà; ciascuna insino a qui famosa

206
di singular beltà;, di gran prudenza, o de la figlia del re sicigliano,
e d'ogni altra lodevole eccellenza. o de la bella Lippa da Bologna,
e d'altre; che s'io vo' di mano in mano
71 venirtene dicendo le gran lode,
E sopra tutti gli altri incliti pregi entro in un alto mar che non ha prode. -
che le saranno e a viva e a morta dati,
si loderà; che di costumi regi 74
Ercole e gli altri figli avrà; dotati, Poi che le raccontò; la maggior parte
e dato gran principio ai ricchi fregi de la futura stirpe a suo grand'agio,
di che poi s'orneranno in toga e armati; più; volte e più; le replicò; de l'arte
perché; l'odor non se ne va sì; in fretta, ch'avea tratto Ruggier dentro al palagio.
ch'in nuovo vaso, o buono o rio, si metta. Melissa si fermò;, poi che fu in parte
vicina al luogo del vecchio malvagio;
72 e non le parve di venir più; inante,
Non voglio ch'in silenzio anco Renata acciò; veduta non fosse da Atlante.
di Francia, nuora di costei, rimagna,
di Luigi il duodecimo re nata, 75
e de l'eterna gloria di Bretagna. E la donzella di nuovo consiglia
Ogni virtù; ch'in donna mai sia stata, di quel che mille volte ormai l'ha detto.
di poi che 'l fuoco scalda e l'acqua bagna, La lascia sola; e quella oltre a dua miglia
e gira intorno il cielo, insieme tutta non cavalcò; per un sentiero istretto,
per Renata adornar veggio ridutta. che vide quel ch'al suo Ruggier simiglia;
e dui giganti di crudele aspetto
73 intorno avea, che lo stringean sì; forte,
Lungo sarà; che d'Alda di Sansogna ch'era vicino esser condotto a morte.
narri, o de la contessa di Celano,
o di Bianca Maria di Catalogna, 76

207
Come la donna in tal periglio vede che si condusse all'incantate case.
colui che di Ruggiero ha tutti i segni,
subito cangia in sospizion la fede, 79
subito oblia tutti i suoi bei disegni. De le quai non più; tosto entrò; le porte,
Che sia in odio a Melissa Ruggier crede, che fu sommersa nel commune errore.
per nuova ingiuria e non intesi sdegni, Lo cercò; tutto per vie dritte e torte
e cerchi far con disusata trama invan di su e di giù;, dentro e di fuore;
che sia morto da lei che così; l'ama. né; cessa notte o dì;, tanto era forte
l'incanto: e fatto avea l'incantatore,
77 che Ruggier vede sempre e gli favella,
Seco dicea: - Non è; Ruggier costui, né; Ruggier lei, né; lui riconosce ella.
che col cor sempre, ed or con gli occhi veggio?
e s'or non veggio e non conosco lui, 80
che mai veder o mai conoscer deggio? Ma lascià;n Bradamante, e non v'incresca
perché; voglio io de la credenza altrui udir che così; resti in quello incanto;
che la veduta mia giudichi peggio? che quando sarà; il tempo ch'ella n'esca,
Che senza gli occhi ancor, sol per se stesso la farò; uscire, e Ruggiero altretanto.
può; il cor sentir se gli è; lontano o appresso. - Come raccende il gusto il mutar esca,
così; mi par che la mia istoria, quanto
78 or qua or là; più; variata sia,
Mentre che così; pensa, ode la voce meno a chi l'udirà; noiosa fia.
che le par di Ruggier, chieder soccorso;
e vede quello a un tempo, che veloce 81
sprona il cavallo e gli ralenta il morso, Di molte fila esser bisogno parme
e l'un nemico e l'altro suo feroce, a condur la gran tela ch'io lavoro.
che lo segue e lo caccia a tutto corso. E però; non vi spiaccia d'ascoltarme,
Di lor seguir la donna non rimase, come fuor de le stanze il popul Moro

208
davanti al re Agramante ha preso l'arme,
che, molto minacciando ai Gigli d'oro,
lo fa assembrare ad una mostra nuova, 1
per saper quanta gente si ritruova. Nei molti assalti e nei crudel conflitti,
ch'avuti avea con Francia, Africa e Spagna,
82 morti erano infiniti, e derelitti
Perch'oltre i cavallieri, oltre i pedoni al lupo, al corvo, all'aquila griffagna;
ch'al numero sottratti erano in copia, e ben che i Franchi fossero più; afflitti,
mancavan capitani, e pur de' buoni, che tutta avean perduta la campagna;
e di Spagna e di Libia e d'Etiopia, più; si doleano i Saracin, per molti
e le diverse squadre e le nazioni principi e gran baron ch'eran lor tolti.
givano errando senza guida propia;
per dare e capo ed ordine a ciascuna, 2
tutto il campo alla mostra si raguna. Ebbon vittorie così; sanguinose,
che lor poco avanzò; di che allegrarsi.
83 E se alle antique le moderne cose,
In supplimento de le turbe uccise invitto Alfonso, denno assimigliarsi;
ne le battaglie e ne' fieri conflitti, la gran vittoria, onde alle virtuose
l'un signore in Ispagna, e l'altro mise opere vostre può; la gloria darsi,
in Africa, ove molti n'eran scritti; di ch'aver sempre lacrimose ciglia
e tutti alli lor ordini divise, Ravenna debbe, a queste s'assimiglia:
e sotto i duci lor gli ebbe diritti.
Differirò;, Signor, con grazia vostra, 3
ne l'altro canto l'ordine e la mostra. quando cedendo Morini e Picardi,
l'esercito normando e l'aquitano,
voi nel mezzo assaliste gli stendardi
CANTO QUATTORDICESIMO del quasi vincitor nimico ispano,

209
seguendo voi quei gioveni gagliardi, che d'allegrezza; perché; troppo pesa
che meritar con valorosa mano contra la gioia nostra il veder morto
quel dì; da voi, per onorati doni, il capitan di Francia e de l'impresa;
l'else indorate e gl'indorati sproni. e seco avere una procella absorto
tanti principi illustri, ch'a difesa
4 dei regni lor, dei lor confederati,
Con sì; animosi petti che vi foro di qua da le fredd'Alpi eran passati.
vicini o poco lungi al gran periglio,
crollaste sì; le ricche Giande d'oro, 7
sì; rompeste il baston giallo e vermiglio, Nostra salute, nostra vita in questa
ch'a voi si deve il trionfale alloro, vittoria suscitata si conosce,
che non fu guasto né; sfiorato il Giglio. che difende che 'l verno e la tempesta
D'un'altra fronde v'orna anco la chioma di Giove irato sopra noi non crosce:
l'aver serbato il suo Fabrizio a Roma. ma né; goder potiam, né; farne festa,
sentendo i gran ramarichi e l'angosce,
5 ch'in veste bruna e lacrimosa guancia
La gran Colonna del nome romano, le vedovelle fan per tutta Francia.
che voi prendeste, e che servaste intera,
vi dà; più; onor che se di vostra mano 8
fosse caduta la milizia fiera, Bisogna che proveggia il re Luigi
quanta n'ingrassa il campo ravegnano, di nuovi capitani alle sue squadre,
e quanta se n'andò; senza bandiera che per onor de l'aurea Fiordaligi
d'Aragon, di Castiglia e di Navarra, castighino le man rapaci e ladre,
veduto non giovar spiedi né; carra. che suore, e frati e bianchi e neri e bigi
violato hanno, e sposa e figlia e madre;
6 gittato in terra Cristo in sacramento,
Quella vittoria fu più; di conforto, per torgli un tabernaculo d'argento.

210
che per man di Rinaldo già; morto era,
9 la gente di Navarra; e lo re ispano
O misera Ravenna, t'era meglio halle dato Isolier per capitano.
ch'al vincitor non fêssi resistenza;
far ch'a te fosse inanzi Brescia speglio, 12
che tu lo fossi a Arimino e a Faenza. Balugante del popul di Leone,
Manda, Luigi, il buon Traulcio veglio, Grandonio cura degli Algarbi piglia;
ch'insegni a questi tuoi più; continenza, il fratel di Marsilio, Falsirone,
e conti lor quanti per simil torti ha seco armata la minor Castiglia.
stati ne sian per tutta Italia morti. Seguon di Madarasso il gonfalone
quei che lasciato han Malaga e Siviglia,
10 dal mar di Gade a Cordova feconda
Come di capitani bisogna ora le verdi ripe ovunque il Beti inonda.
che 'l re di Francia al campo suo proveggia,
così; Marsilio ed Agramante allora, 13
per dar buon reggimento alla sua greggia, Stordilano e Tesira e Baricondo,
dai lochi dove il verno fe' dimora, l'un dopo l'altro, mostra la sua gente:
vuol ch'in campagna all'ordine si veggia; Granata al primo, Ulisbona al secondo,
perché; vedendo ove bisogno sia, e Maiorica al terzo è; ubidiente.
guida e governo ad ogni schiera dia. Fu d'Ulisbona re (tolto dal mondo
Larbin) Tesira, di Larbin parente.
11 Poi vien Galizia, che sua guida, in vece
Marsilio prima, e poi fece Agramante di Maricoldo, Serpentino fece.
passar la gente sua schiera per schiera.
I Catalani a tutti gli altri inante 14
di Dorifebo van con la bandiera. Quei di Tolledo e quei di Calatrava,
Dopo vien, senza il suo re Folvirante, di ch'ebbe Sinagon già; la bandiera,

211
con tutta quella gente che si lava 17
in Guadiana e bee de la riviera, Poi che passò; l'esercito di Spagna
l'audace Matalista governava; con bella mostra inanzi al re Agramante,
Bianzardin quei d'Asturga in una schiera con la sua squadra apparve alla campagna
con quei di Salamanca e di Piagenza, il re d'Oran, che quasi era gigante.
d'Avila, di Zamora e di Palenza. L'altra che vien, per Martasin si lagna,
il qual morto le fu da Bradamante;
15 e si duol ch'una femina si vanti
Di quei di Saragosa e de la corte d'aver ucciso il re de' Garamanti.
del re Marsilio ha Ferraù; il governo:
tutta la gente è; ben armata e forte. 18
In questi è; Malgarino, Balinverno, Segue la terza schiera di Marmonda,
Malzarise e Morgante, ch'una sorte ch'Argosto morto abbandonò; in Guascogna:
avea fatto abitar paese esterno; a questa un capo, come alla seconda
che, poi che i regni lor lor furon tolti, e come anco alla quarta, dar bisogna.
gli avea Marsilio in corte sua raccolti. Quantunque il re Agramante non abonda
di capitani, pur ne finge e sogna:
16 dunque Buraldo, Ormida, Arganio elesse,
In questa è; di Marsilio il gran bastardo, e dove uopo ne fu, guida li messe.
Follicon d'Almeria, con Doriconte,
Bavarte e Largalifa ed Analardo, 19
ed Archidante il sagontino conte, Diede ad Arganio quei di Libicana,
e Lamirante e Langhiran gagliardo, che piangean morto il negro Dudrinasso.
e Malagur ch'avea l'astuzie pronte, Guida Brunello i suoi di Tingitana,
ed altri ed altri, di quai penso, dove con viso nubiloso e ciglio basso;
tempo sarà;, di far veder le pruove. che, poi che ne la selva non lontana
dal castel ch'ebbe Atlante in cima al sasso,

212
gli fu tolto l'annel da Bradamante, Quelli d'Amonia il re Agricalte affretta;
caduto era in disgrazia al re Agramante: Malabuferso quelli di Fizano.
Da Finadurro è; l'altra squadra retta,
20 che di Canaria viene e di Marocco;
e se 'l fratel di Ferraù;, Isoliero, Balastro ha quei che fur del re Tardocco.
ch'a l'arbore legato ritrovollo,
non facea fede inanzi al re del vero, 23
avrebbe dato in su le forche un crollo. Due squadre, una di Mulga, una d'Arzilla,
Mutò;, a' prieghi di molti, il re pensiero, seguono: e questa ha 'l suo signore antico;
già; avendo fatto porgli il laccio al collo: quella n'è; priva; e però; il re sortilla,
gli lo fece levar, ma riserbarlo e diella a Corineo suo fido amico.
pel primo error; che poi giurò; impiccarlo: E così; de la gente d'Almansilla,
ch'ebbe Tanfirion, fe' re Caico;
21 diè; quella di Getulia a Rimedonte.
sì; ch'avea causa di venir Brunello Poi vien con quei di Cosca Balinfronte.
col viso mesto e con la testa china.
Seguia poi Farurante, e dietro a quello 24
eran cavalli e fanti di Maurina. Quell'altra schiera è; la gente di Bolga:
Venì;a Libanio appresso, il re novello: suo re è; Clarindo, e già; fu Mirabaldo.
la gente era con lui di Constantina; Vien Baliverzo, il qual vuò; che tu tolga
però; che la corona e il baston d'oro di tutto il gregge pel maggior ribaldo.
gli ha dato il re, che fu di Pinadoro. Non credo in tutto il campo si disciolga
bandiera ch'abbia esercito più; saldo
22 de l'altra, con che segue il re Sobrino,
Con la gente d'Esperia Soridano, né; più; di lui prudente Saracino.
e Dorilon ne vien con quei di Setta;
ne vien coi Nasamoni Puliano. 25

213
Quei di Bellamarina, che Gualciotto che l'uno e l'altro in quella pugna muora.
solea guidare, or guida il re d'Algieri
Rodomonte, e di Sarza, che condotto 28
di nuovo avea pedoni e cavallieri; In campo non aveano altri a venire,
che mentre il sol fu nubiloso sotto che quei di Tremisenne e di Norizia;
il gran centauro e i corni orridi e fieri, né; si vedea alla mostra comparire
fu in Africa mandato da Agramante, il segno lor, né; dar di sé; notizia.
onde venuto era tre giorni inante. Non sapendo Agramante che si dire,
né; che pensar di questa lor pigrizia,
26 uno scudiero al fin gli fu condutto
Non avea il campo d'Africa più; forte, del re di Tremisen, che narrò; il tutto.
né; Saracin più; audace di costui:
e più; temean le parigine porte, 29
ed avean più; cagion di temer lui, E gli narrò; ch'Alzirdo e Manilardo
che Marsilio, Agramante e la gran corte con molti altri de' suoi giaceano al campo.
ch'avea seguito in Francia questi dui: - Signor (diss'egli), il cavallier gagliardo
e più; d'ogni altro che facesse mostra, ch'ucciso ha i nostri, ucciso avria il tuo campo,
era nimico de la fede nostra. se fosse stato a torsi via più; tardo
di me, ch'a pena ancor così; ne scampo.
27 Fa quel de' cavallieri e de' pedoni,
Vien Prusione, il re de l'Alvaracchie; che 'l lupo fa di capre e di montoni. -
poi quel de la Zumara, Dardinello.
Non so s'abbiano o nottole o cornacchie, 30
o altro manco ed importuno augello, Era venuto pochi giorni avante
il qual dai tetti e da le fronde gracchie nel campo del re d'Africa un signore;
futuro mal, predetto a questo e a quello, né; in Ponente era, né; in tutto Levante,
che fissa in ciel nel dì; seguente è; l'ora di più; forza di lui, né; di più; core.

214
Gli facea grande onore il re Agramante, la sopravesta di quel cavalliero.
per esser costui figlio e successore Colui rispose: - Quella è; tutta nera,
in Tartaria del re Agrican gagliardo: lo scudo nero, e non ha alcun cimiero. -
suo nome era il feroce Mandricardo. E fu, Signor, la sua risposta vera,
perché; lasciato Orlando avea il quartiero;
31 che come dentro l'animo era in doglia,
Per molti chiari gesti era famoso, così; imbrunir di fuor volse la spoglia.
e di sua fama tutto il mondo empì;a;
ma lo facea più; d'altro glorioso, 34
ch'al castel de la fata di Soria Marsilio a Mandricardo avea donato
l'usbergo avea acquistato luminoso un destrier baio a scorza di castagna,
ch'Ettor troian portò; mille anni pria, con gambe e chiome nere; ed era nato
per strana e formidabile aventura, di frisa madre e d'un villan di Spagna.
che 'l ragionarne pur mette paura. Sopra vi salta Mandricardo armato,
e galoppando va per la campagna;
32 e giura non tornare a quelle schiere
Trovandosi costui dunque presente se non truova il campion da l'arme nere.
a quel parlar, alzò; l'ardita faccia;
e si dispose andare immantinente, 35
per trovar quel guerrier, dietro alla traccia. Molta incontrò; de la paurosa gente
Ritenne occulto il suo pensiero in mente, che da le man d'Orlando era fuggita,
o sia perché; d'alcun stima non faccia, chi del figliuol, chi del fratel dolente,
o perché; tema, se 'l pensier palesa, ch'inanzi agli occhi suoi perdè; la vita.
ch'un altro inanzi a lui pigli l'impresa. Ancora la codarda e trista mente
ne la pallida faccia era sculpita;
33 ancor, per la paura che avuta hanno,
Allo scudier fe' dimandar come era pallidi, muti ed insensati vanno.

215
dove l'acqua si torce ad altra banda.
36 Un simil luogo con girevol onda
Non fe' lungo camin, che venne dove sotto Ocricoli il Tevere circonda.
crudel spettaculo ebbe ed inumano,
ma testimonio alle mirabil pruove 39
che fur raconte inanzi al re africano. Dove entrar si potea, con l'arme indosso
Or mira questi, or quelli morti, e muove, stavano molti cavallieri armati.
e vuol le piaghe misurar con mano, Chiede il pagan, chi gli avea in stuol sì; grosso,
mosso da strana invidia ch'egli porta ed a che effetto insieme ivi adunati.
al cavallier ch'avea la gente morta. Gli fe' risposta il capitano, mosso
dal signoril sembiante e da' fregiati
37 d'oro e di gemme arnesi di gran pregio,
Come lupo o mastin ch'ultimo giugne che lo mostravan cavalliero egregio.
al bue lasciato morto da' villani,
che truova sol le corna, l'ossa e l'ugne, 40
del resto son sfamati augelli e cani; - Dal nostro re sià;n (disse) di Granata
riguarda invano il teschio che non ugne: chiamati in compagnia de la figliuola,
così; fa il crudel barbaro in que' piani. la quale al re di Sarza ha maritata,
Per duol bestemmia, e mostra invidia immensa, ben che di ciò; la fama ancor non vola.
che venne tardi e così; ricca mensa. Come appresso la sera racchetata
la cicaletta sia, ch'or s'ode sola,
38 avanti al padre fra l'ispane torme
Quel giorno e mezzo l'altro segue incerto la condurremo: intanto ella si dorme. -
il cavallier dal negro, e ne domanda.
Ecco vede un pratel d'ombre coperto, 41
che sì; d'un alto fiume si ghirlanda, Colui, che tutto il mondo vilipende,
che lascia a pena un breve spazio aperto, disegna di veder tosto la pruova,

216
se quella gente o bene o mal difende 44
la donna, alla cui guardia si ritruova. Grande è; l'ardir del Tartaro, che vada
Disse: - Costei, per quanto se n'intende, con disvantaggio tal contra coloro,
è; bella; e di saperlo ora mi giova. gridando: - Chi mi vuol vietar la strada? -
A lei mi mena, o falla qui venire; E con la lancia si cacciò; tra loro.
ch'altrove mi convien subito gire. - Chi l'asta abbassa, e chi tra' fuor la spada;
e d'ogn'intorno subito gli foro.
42 Egli ne fece morir una frotta,
- Esser per certo dei pazzo solenne, - prima che quella lancia fosse rotta.
rispose il Granatin, né; più; gli disse.
Ma il Tartaro a ferir tosto lo venne 45
con l'asta bassa, e il petto gli trafisse; Rotta che se la vede, il gran troncone
che la corazza il colpo non sostenne, che resta intero, ad ambe mani afferra;
e forza fu che morto in terra gisse. e fa morir con quel tante persone,
L'asta ricovra il figlio d'Agricane, che non fu vista mai più; crudel guerra.
perché; altro da ferir non gli rimane. Come tra' Filistei l'ebreo Sansone
con la mascella che levò; di terra,
43 scudi spezza, elmi schiaccia, e un colpo spesso
Non porta spada né; baston; che quando spenge i cavalli ai cavallieri appresso.
l'arme acquistò;, che fu d'Ettor troiano,
perché; trovò; che lor mancava il brando, 46
gli convenne giurar (né; giurò; invano) Correno a morte que' miseri a gara,
che fin che non togliea quella d'Orlando, né; perché; cada l'un, l'altro andar cessa;
mai non porrebbe ad altra spada mano: che la maniera del morire, amara
Durindana ch'Almonte ebbe in gran stima, lor par più; assai che non è; morte istessa.
e Orlando or porta, Ettor portava prima. Patir non ponno che la vita cara
tolta lor sia da un pezzo d'asta fessa,

217
e sieno sotto alle picchiate strane ne l'erba, e al suono dei ramarchi ch'ode,
a morir giunti, come biscie o rane. viene a veder la donna di Granata,
se di bellezze è; pari alle sue lode:
47 passa tra i corpi de la gente morta,
Ma poi ch'a spese lor si furo accorti dove gli dà;, torcendo, il fiume porta.
che male in ogni guisa era morire,
sendo già; presso alli duo terzi morti, 50
tutto l'avanzo cominciò; a fuggire. E Doralice in mezzo il prato vede
Come del proprio aver via se gli porti, (che così; nome la donzella avea),
il Saracin crudel non può; patire la qual, suffolta da l'antico piede
ch'alcun di quella turba sbigottita d'un frassino silvestre, si dolea.
da lui partir si debba con la vita. Il pianto, come un rivo che succede
di viva vena, nel bel sen cadea;
48 e nel bel viso si vedea che insieme
Come in palude asciutta dura poco de l'altrui mal si duole, e del suo teme.
stridula canna, o in campo à;rrida stoppia
contra il soffio di borea e contra il fuoco 51
che 'l cauto agricultore insieme accoppia, Crebbe il timor, come venir lo vide
quando la vaga fiamma occupa il loco, di sangue brutto e con faccia empia e oscura,
e scorre per li solchi, e stride e scoppia; e'l grido sin al ciel l'aria divide,
così; costor contra la furia accesa di sé; e de la sua gente per paura;
di Mandricardo fan poca difesa. che, oltre i cavallier, v'erano guide,
che de la bella infante aveano cura,
49 maturi vecchi, e assai donne e donzelle
Poscia ch'egli restar vede l'entrata, del regno di Granata, e le più; belle.
che mal guardata fu, senza custode;
per la via che di nuovo era segnata 52

218
Come il Tartaro vede quel bel viso piangendo e sospirando se n'andaro;
che non ha paragone in tutta Spagna,
e c'ha nel pianto (or ch'esser de' nel riso?) 55
tesa d'Amor l'inestricabil ragna; tra lor dicendo: - Quanto doloroso
non sa se vive in terra o in paradiso: ne sarà; il padre, come il caso intenda!
né; de la sua vittoria altro guadagna, quanta ira, quanto duol ne avrà; il suo sposo!
se non che in man de la sua prigioniera oh come ne farà; vendetta orrenda!
si dà; prigione, e non sa in qual maniera. Deh, perché; a tempo tanto bisognoso
non è; qui presso a far che costui renda
53 il sangue illustre del re Stordilano,
A lei però; non si concede tanto, prima che se lo porti più; lontano? -
che del travaglio suo le doni il frutto;
ben che piangendo ella dimostri, quanto 56
possa donna mostrar, dolore e lutto. De la gran preda il Tartaro contento,
Egli, sperando volgerle quel pianto che fortuna e valor gli ha posta inanzi,
in sommo gaudio, era disposto al tutto di trovar quel dal negro vestimento
menarla seco; e sopra un bianco ubino non par ch'abbia la fretta ch'avea dianzi.
montar la fece, e tornò; al suo camino. Correva dianzi: or viene adagio e lento;
e pensa tuttavia dove si stanzi,
54 dove ritruovi alcun commodo loco,
Donne e donzelle e vecchi ed altra gente, per esalar tanto amoroso foco.
ch'eran con lei venuti di Granata,
tutti licenziò; benignamente, 57
dicendo: - Assai da me fia accompagnata; Tuttavolta conforta Doralice,
io mastro, io balia, io le sarò; sergente ch'avea di pianto e gli occhi e 'l viso molle:
in tutti i suoi bisogni: a Dio brigata. - compone e finge molte cose, e dice
Così;, non gli possendo far riparo, che per fama gran tempo ben le volle;

219
e che la patria, e il suo regno felice a mostrarsegli affabile e cortese,
che 'l nome di grandezza agli altri tolle, e non negargli di fermar nel volto
lasciò;, non per vedere o Spagna o Francia, talor le luci di pietade accese:
ma sol per contemplar sua bella guancia. onde il pagan, che da lo stral fu colto
altre volte d'Amor, certezza prese,
58 non che speranza, che la donna bella
- Se per amar, l'uom debbe essere amato, non saria a' suo' desir sempre ribella.
merito il vostro amor; che v'ho amat'io:
se per stirpe, di me chi è; meglio nato? 61
che'l possente Agrican fu il padre mio: Con questa compagnia lieto e gioioso,
se per ricchezza, chi ha di me più; stato? che sì; gli satisfà;, sì; gli diletta,
che di dominio io cedo solo a Dio: essendo presso all'ora ch'a riposo
se per valor, credo oggi aver esperto la fredda notte ogni animale alletta,
ch'esser amato per valore io merto. - vedendo il sol già; basso e mezzo ascoso,
comminciò; a cavalcar con maggior fretta;
59 tanto ch'udì; sonar zuffoli e canne,
Queste parole ed altre assai, ch'Amore e vide poi fumar ville e capanne.
a Mandricardo di sua bocca ditta,
van dolcemente a consolar il core 62
de la donzella di paura afflitta. Erano pastorali alloggiamenti,
Il timor cessa, e poi cessa il dolore miglior stanza e più; commoda, che bella.
che le avea quasi l'anima trafitta. Quivi il guardian cortese degli armenti
Ella comincia con più; pazienza onorò; il cavalliero e la donzella,
a dar più; grata al nuovo amante udienza; tanto che si chiamar da lui contenti;
che non pur per cittadi e per castella,
60 ma per tuguri ancora e per fenili
poi con risposte più; benigne molto spesso si trovan gli uomini gentili.

220
del re Troiano il santo Impero sfida,
63 e Rodomonte audace se gli vanta
Quel che fosse dipoi fatto all'oscuro arder Parigi e spianar Roma santa.
tra Doralice e il figlio d'Agricane,
a punto racontar non m'assicuro; 66
sì; ch'al giudicio di ciascun rimane. Venuto ad Agramante era all'orecchio,
Creder si può; che ben d'accordo furo; che già; l'Inglesi avean passato il mare:
che si levar più; allegri la dimane, però; Marsilio e il re del Garbo vecchio
e Doralice ringraziò; il pastore, e gli altri capitan fece chiamare.
che nel suo albergo le avea fatto onore. Consiglian tutti a far grande apparecchio,
sì; che Parigi possino espugnare.
64 Ponno esser certi che più; non s'espugna,
Indi d'uno in un altro luogo errando, se nol fan prima che l'aiuto giugna.
si ritrovaro al fin sopra un bel fiume
che con silenzio al mar va declinando, 67
e se vada o se stia, mal si prosume; Già; scale innumerabili per questo
limpido e chiaro sì;, ch'in lui mirando, da' luoghi intorno avea fatto raccorre,
senza contesa al fondo porta il lume. ed asse e travi, e vimine contesto,
In ripa a quello, a una fresca ombra e bella, che lo poteano a diversi usi porre;
trovar dui cavallieri e una donzella. e navi e ponti: e più; facea che 'l resto,
il primo e il secondo ordine disporre
65 a dar l'assalto; ed egli vuol venire
Or l'alta fantasia, ch'un sentier solo tra quei che la città; denno assalire.
non vuol ch'i'segua ognor, quindi mi guida,
e mi ritorna ove il moresco stuolo 68
assorda di rumor Francia e di grida, L'imperatore il dì; che 'l dì; precesse
d'intorno il padiglione ove il figliuolo de la battaglia, fe' dentro a Parigi

221
per tutto celebrare uffici e messe 71
a preti, a frati bianchi, neri e bigi; E per un che ti sia fatto ribelle,
e le gente che dianzi eran confesse, cento ti si faran per tutto il mondo;
e di man tolte agl'inimici stigi, tal che la legge falsa di Babelle
tutti communicar, non altramente caccerà; la tua fede e porrà; al fondo.
ch'avessino a morir il dì; seguente. Difendi queste genti, che son quelle
che 'l tuo sepulcro hanno purgato e mondo
69 da' brutti cani, e la tua santa Chiesa
Ed egli tra baroni e paladini, con li vicari suoi spesso difesa.
principi ed oratori, al maggior tempio
con molta religione a quei divini 72
atti intervenne, e ne diè; agli altri esempio. So che i meriti nostri atti non sono
Con le man giunte e gli occhi al ciel supini, a satisfare al debito d'un'oncia;
disse: - Signor, ben ch'io sia iniquo ed empio, né; devemo sperar da te perdono,
non voglia tua bontà;, pel mio fallire, se riguardiamo a nostra vita sconcia:
che 'l tuo popul fedele abbia a patire. ma se vi aggiugni di tua grazia il dono,
nostra ragion fia ragguagliata e concia;
70 né; del tuo aiuto disperar possiamo,
E se gli è; tuo voler ch'egli patisca, qualor di tua pietà; ci ricordiamo. -
e ch'abbia il nostro error degni supplici,
almeno la punizion si differisca 73
sì;, che per man non sia de' tuoi nemici; Così; dicea l'imperator devoto,
che quando lor d'uccider noi sortisca, con umiltade e contrizion di core.
che nome avemo pur d'esser tuo' amici, Giunse altri prieghi e convenevol voto
i pagani diran che nulla puoi, al gran bisogno e all'alto suo splendore.
che perir lasci i partigiani tuoi. Non fu il caldo pregar d'effetto voto;
però; che 'l genio suo, l'angel migliore,

222
i prieghi tolse e spiegò; al ciel le penne, saprà; di quanto proveder convenga.
ed a narrare al Salvator li venne. Fornito questo, subito va in parte
dove il suo seggio la Discordia tenga:
74 dille che l'esca e il fucil seco prenda,
E furo altri infiniti in quello instante e nel campo de' Mori il fuoco accenda;
da tali messagger portati a Dio;
che come gli ascoltar l'anime sante, 77
dipinte di pietade il viso pio, e tra quei che vi son detti più; forti
tutte miraro il sempiterno Amante, sparga tante zizzanie e tante liti,
e gli mostraro il commun lor disio, che combattano insieme; ed altri morti,
che la giusta orazion fosse esaudita altri ne sieno presi, altri feriti,
del populo cristian che chiede aita. e fuor del campo altri lo sdegno porti
sì; che il lor re poco di lor s'aiti. -
75 Non replica a tal detto altra parola
E la Bontà; ineffabile, ch'invano il benedetto augel, ma dal ciel vola.
non fu pregata mai da cor fedele,
leva gli occhi pietosi, e fa con mano 78
cenno che venga a sé; l'angel Michele. Dovunque drizza Michel angel l'ale,
- Va (gli disse) all'esercito cristiano fuggon le nubi, e torna il ciel sereno.
che dianzi in Picardia calò; le vele, Gli gira intorno un aureo cerchio, quale
e al muro di Parigi l'appresenta veggià;n di notte lampeggiar baleno.
sì;, che 'l campo nimico non lo senta. Seco pensa tra via, dove si cale
il celeste corrier per fallir meno
76 a trovar quel nimico di parole,
Truova prima il Silenzio, e da mia parte a cui la prima commission far vuole.
gli di' che teco a questa impresa venga;
ch'egli ben proveder con ottima arte 79

223
Vien scorrendo ov'egli abiti, ov'egli usi; e vide ch'anco la Discordia v'era.
e se accordaro infin tutti i pensieri,
che de frati e de monachi rinchiusi 82
lo può; trovare in chiese e in monasteri, Quella che gli avea detto il Padre eterno,
dove sono i parlari in modo esclusi, dopo il Silenzio, che trovar dovesse.
che 'l Silenzio, ove cantano i salteri, Pensato avea di far la via d'Averno,
ove dormeno, ove hanno la piatanza, che si credea che tra' dannati stesse;
e finalmente è; scritto in ogni stanza. e ritrovolla in questo nuovo inferno
(ch'il crederia?) tra santi uffici e messe.
80 Par di strano a Michel ch'ella vi sia,
Credendo quivi ritrovarlo, mosse che per trovar credea di far gran via.
con maggior fretta le dorate penne;
e di veder ch'ancor Pace vi fosse, 83
Quiete e Carità;, sicuro tenne. La conobbe al vestir di color cento,
Ma da la opinion sua ritrovosse fatto a liste inequali ed infinite,
tosto ingannato, che nel chiostro venne: ch'or la cuoprono or no; che i passi e 'l vento
non è; Silenzio quivi; e gli fu ditto le giano aprendo, ch'erano sdrucite.
che non v'abita più;, fuor che in iscritto. I crini avea qual d'oro e qual d'argento,
e neri e bigi, e aver pareano lite;
81 altri in treccia, altri in nastro eran raccolti,
Né; Pietà;, né; Quiete, né; Umiltade, molti alle spalle, alcuni al petto sciolti.
né; quivi Amor, né; quivi Pace mira.
Ben vi fur già;, ma ne l'antiqua etade; 84
che le cacciar Gola, Avarizia ed Ira, Di citatorie piene e di libelli,
Superbia, Invidia, Inerzia e Crudeltade. d'esamine e di carte di procure
Di tanta novità; l'angel si ammira: avea le mani e il seno, e gran fastelli
andò; guardando quella brutta schiera, di chiose, di consigli e di letture;

224
per cui le facultà; de' poverelli un umil volger d'occhi, un andar grave,
non sono mai ne le città; sicure. un parlar sì; benigno e sì; modesto,
Aveva dietro e dinanzi e d'ambi i lati, che parea Gabriel che dicesse: Ave.
notai, procuratori ed avocati. Era brutta e deforme in tutto il resto:
ma nascondea queste fattezze prave
85 con lungo abito e largo; e sotto quello,
La chiama a sé; Michele, e le commanda attosicato avea sempre il coltello.
che tra i più; forti Saracini scenda,
e cagion truovi, che con memoranda 88
ruina insieme a guerreggiar gli accenda. Domanda a costei l'angelo, che via
Poi del Silenzio nuova le domanda: debba tener, sì; che 'l Silenzio truove.
facilmente esser può; ch'essa n'intenda, Disse la Fraude: - Già; costui solia
sì; come quella ch'accendendo fochi fra virtudi abitare, e non altrove,
di qua e di là;, va per diversi lochi. con Benedetto e con quelli d'Elia
ne le badie, quando erano ancor nuove:
86 fe' ne le scuole assai de la sua vita
Rispose la Discordia: - Io non ho a mente al tempo di Pitagora e d'Archita.
in alcun loco averlo mai veduto:
udito l'ho ben nominar sovente, 89
e molto commendarlo per astuto. Mancati quei filosofi e quei santi
Ma la Fraude, una qui di nostra gente, che lo solean tener pel camin ritto,
che compagnia talvolta gli ha tenuto, dagli onesti costumi ch'avea inanti,
penso che dir te ne saprà; novella; - fece alle sceleraggini tragitto.
e verso una alzò; il dito, e disse: - è; quella. - Cominciò; andar la notte con gli amanti,
indi coi ladri, e fare ogni delitto.
87 Molto col Tradimento egli dimora:
Avea piacevol viso, abito onesto, veduto l'ho con l'Omicidio ancora.

225
che non vi può; mai penetrar coi raggi,
90 sì; gli è; la via da folti rami tronca:
Con quei che falsan le monete ha usanza e quivi entra sotterra una spelonca.
di ripararsi in qualche buca scura.
Così; spesso compagni muta e stanza, 93
che 'l ritrovarlo ti saria ventura; Sotto la negra selva una capace
ma pur ho d'insegnartelo speranza: e spaziosa grotta entra nel sasso,
se d'arrivare a mezza notte hai cura di cui la fronte l'edera seguace
alla casa del Sonno, senza fallo tutta aggirando va con storto passo.
potrai (che quivi dorme) ritrovallo. - In questo albergo il grave Sonno giace;
l'Ozio da un canto corpulento e grasso,
91 da l'altro la Pigrizia in terra siede,
Ben che soglia la Fraude esser bugiarda, che non può; andare, e mal reggersi in piede.
pur è; tanto il suo dir simile al vero,
che l'angelo le crede; indi non tarda 94
a volarsene fuor del monastero. Lo smemorato Oblio sta su la porta:
Tempra il batter de l'ale, e studia e guarda non lascia entrar, né; riconosce alcuno;
giungere in tempo al fin del suo sentiero, non ascolta imbasciata, né; riporta;
ch'alla casa del Sonno, che ben dove e parimente tien cacciato ognuno.
era sapea, questo Silenzio truove. Il Silenzio va intorno, e fa la scorta:
ha le scarpe di feltro, e 'l mantel bruno;
92 ed a quanti n'incontra, di lontano,
Giace in Arabia una valletta amena, che non debban venir, cenna con mano.
lontana da cittadi e da villaggi,
ch'all'ombra di duo monti è; tutta piena 95
d'antiqui abeti e di robusti faggi. Se gli accosta all'orecchio e pianamente
Il sole indarno il chiaro dì; vi mena; l'angel gli dice: - Dio vuol che tu guidi

226
a Parigi Rinaldo con la gente 98
che per dar, mena, al suo signor sussidi: Mentre Rinaldo in tal fretta venì;a,
ma che lo facci tanto chetamente, che ben parea da l'angelo condotto,
ch'alcun de' Saracin non oda i gridi; e con silenzio tal, che non s'udia
sì; che più; tosto che ritruovi il calle nel campo saracin farsene motto;
la Fama d'avisar, gli abbia alle spalle. - il re Agramante avea la fanteria
messo ne' borghi di Parigi, e sotto
96 le minacciate mura in su la fossa,
Altrimente il Silenzio non rispose, per far quel dì; l'estremo di sua possa.
che col capo accennando che faria;
e dietro ubidiente se gli pose; 99
e furo al primo volo in Picardia. Chi può; contar l'esercito che mosso
Michel mosse le squadre coraggiose, questo dì; contro Carlo ha 'l re Agramante,
e fe' lor breve un gran tratto di via; conterà; ancora in su l'ombroso dosso
sì; che in un dì; a Parigi le condusse, del silvoso Apennin tutte le piante;
né; alcun s'avide che miracol fusse. dirà; quante onde, quando è; il mar più; grosso,
bagnano i piedi al mauritano Atlante;
97 e per quanti occhi il ciel le furtive opre
Discorreva il Silenzio, e tuttavolta, degli amatori a mezza notte scuopre.
e dinanzi alle squadre e d'ogn'intorno
facea girare un'alta nebbia in volta, 100
ed avea chiaro ogn'altra parte il giorno; Le campane si sentono a martello
e non lasciava questa nebbia folta, di spessi colpi e spaventosi tocche;
che s'udisse di fuor tromba né; corno: si vede molto, in questo tempio e in quello,
poi n'andò; tra' pagani, e menò; seco alzar di mano e dimenar di bocche.
un non so che, ch'ognun fe' sordo e cieco. Se 'l tesoro paresse a Dio sì; bello,
come alle nostre openioni sciocche,

227
questo era il dì; che 'l santo consistoro qua non basta una grossa compagnia;
fatto avria in terra ogni sua statua d'oro. alcuni han cura maneggiare i fuochi,
le machine altri, ove bisogno sia.
101 Carlo di qua di là; non sta mai fermo:
S'odon ramaricare i vecchi giusti, va soccorrendo, e fa per tutto schermo.
che s'erano serbati in quelli affanni,
e nominar felici i sacri busti 104
composti in terra già; molti e molt'anni. Siede Parigi in una gran pianura,
Ma gli animosi gioveni robusti ne l'ombilico a Francia, anzi nel core;
che miran poco i lor propinqui danni, gli passa la riviera entro le mura,
sprezzando le ragion de' più; maturi, e corre, ed esce in altra parte fuore.
di qua di là; vanno correndo a' muri. Ma fa un'isola prima, e v'assicura
de la città; una parte, e la migliore;
102 l'altre due (ch'in tre parti è; la gran terra)
Quivi erano baroni e paladini, di fuor la fossa, e dentro il fiume serra.
re, duci, cavallier, marchesi e conti,
soldati forestieri e cittadini, 105
per Cristo e pel suo onore a morir pronti; Alla città;, che molte miglia gira,
che per uscire adosso ai Saracini, da molte parti si può; dar battaglia:
pregan l'imperator ch'abbassi i ponti. ma perché; sol da un canto assalir mira,
Gode egli di veder l'animo audace, né; volentier l'esercito sbarraglia,
ma di lasciarli uscir non li compiace. oltre il fiume Agramante si ritira
verso ponente, acciò; che quindi assaglia;
103 però; che né; cittade né; campagna
E li dispone in oportuni lochi, ha dietro, se non sua, fin alla Spagna.
per impedire ai barbari la via:
là; si contenta che ne vadan pochi, 106

228
Dovunque intorno il gran muro circonda, grida e bestemmia e non può; star più; a segno.
gran munizioni avea già; Carlo fatte,
fortificando d'argine ogni sponda 109
con scannafossi dentro e case matte; Come assalire o vasi pastorali,
onde entra ne la terra, onde esce l'onda, o le dolci reliquie de' convivi
grossissime catene aveva tratte; soglion con rauco suon di stridule ali
ma fece, più; ch'altrove, provedere le impronte mosche a' caldi giorni estivi;
là; dove avea più; causa di temere. come li storni a rosseggianti pali
vanno de mature uve: così; quivi,
107 empiendo il ciel di grida e di rumori,
Con occhi d'Argo il figlio di Pipino veniano a dare il fiero assalto i Mori.
previde ove assalir dovea Agramante;
e non fece disegno il Saracino, 110
a cui non fosse riparato inante. L'esercito cristian sopra le mura
Con Ferraù;, Isoliero, Serpentino, con lance, spade e scure e pietre e fuoco
Grandonio, Falsirone e Balugante, difende la città; senza paura,
e con ciò; che di Spagna avea menato, e il barbarico orgoglio estima poco;
restò; Marsilio alla campagna armato. e dove Morte uno ed un altro fura,
non è; chi per viltà; ricusi il loco.
108 Tornano i Saracin giù; ne le fosse
Sobrin gli era a man manca in ripa a Senna, a furia di ferite e di percosse.
con Pulian, con Dardinel d'Almonte,
col re d'Oran, ch'esser gigante accenna, 111
lungo sei braccia dai piedi alla fronte. Non ferro solamente vi s'adopra,
Deh perché; a muover men son io la penna, ma grossi massi, e merli integri e saldi,
che quelle genti a muover l'arme pronte? e muri dispiccati con molt'opra,
che 'l re di Sarza, pien d'ira e di sdegno, tetti di torri, e gran pezzi di spaldi.

229
L'acque bollenti che vengon di sopra, Rodomonte di Sarza il leon spiega,
portano a' Mori insupportabil caldi; che la feroce bocca ad una briglia
e male a questa pioggia si resiste, che gli pon la sua donna, aprir non niega.
ch'entra per gli elmi, e fa acciecar le viste. Al leon sé; medesimo assimiglia;
e per la donna che lo frena e lega,
112 la bella Doralice ha figurata,
E questa più; nocea che 'l ferro quasi: figlia di Stordilan re di Granata:
or che de' far la nebbia di calcine?
or che doveano far li ardenti vasi 115
con olio e zolfo e peci e trementine? quella che tolto avea, come io narrava,
I cerchi in munizion non son rimasi, re Mandricardo, e dissi dove e a cui.
che d'ogn'intorno hanno di fiamma il crine: Era costei che Rodomonte amava
questi, scagliati per diverse bande, più; che'l suo regno e più; che gli occhi sui;
mettono a' Saracini aspre ghirlande. e cortesia e valor per lei mostrava,
non già; sapendo ch'era in forza altrui:
113 se saputo l'avesse, allora allora
Intanto il re di Sarza avea cacciato fatto avria quel che fe' quel giorno ancora.
sotto le mura la schiera seconda,
da Buraldo, da Ormida accompagnato, 116
quel Garamante, e questo di Marmonda. Sono appoggiate a un tempo mille scale,
Clarindo e Soridan gli sono allato, che non han men di dua per ogni grado.
né; par che 'l re di Setta si nasconda; Spinge il secondo quel ch'inanzi sale;
segue il re di Marocco e quel di Cosca, che 'l terzo lui montar fa suo mal grado.
ciascun perché; il valor suo si conosca. Chi per virtù;, chi per paura vale:
convien ch'ognun per forza entri nel guado;
114 che qualunche s'adagia, il re d'Algiere,
Ne la bandiera, ch'è; tutta vermiglia, Rodomonte crudele, uccide o fere.

230
sieno le mura, o s'abbia l'acqua fondo:
117 passa la fossa, anzi la corre e vola,
Ognun dunque si sforza di salire ne l'acqua e nel pantan fin alla gola.
tra il fuoco e le ruine in su le mura.
Ma tutti gli altri guardano, se aprire 120
veggiano passo ove sia poca cura: Di fango brutto, e molle d'acqua vanne
sol Rodomonte sprezza di venire, tra il foco e i sassi e gli archi e le balestre,
se non dove la via meno è; sicura. come andar suol tra le palustri canne
Dove nel caso disperato e rio de la nostra Mallea porco silvestre,
gli altri fan voti, egli bestemmia Dio. che col petto, col grifo e con le zanne
fa, dovunque si volge, ample finestre.
118 Con lo scudo alto il Saracin sicuro
Armato era d'un forte duro usbergo, ne vien sprezzando il ciel, non che quel muro.
che fu di drago una scagliosa pelle.
Di questo già; si cinse il petto e 'l tergo 121
quello avol suo ch'edificò; Babelle, Non sì; tosto all'asciutto è; Rodomonte,
e si pensò; cacciar de l'aureo albergo, che giunto si sentì; su le bertresche,
e torre a Dio il governo de le stelle: che dentro alla muraglia facean ponte
l'elmo e lo scudo fece far perfetto, capace e largo alle squadre francesche.
e il brando insieme; e solo a questo effetto. Or si vede spezzar più; d'una fronte,
far chieriche maggior de le fratesche,
119 braccia e capi volare; e ne la fossa
Rodomonte non già; men di Nembrotte cader da' muri una fiumana rossa.
indomito, superbo e furibondo,
che d'ire al ciel non tarderebbe a notte, 122
quando la strada si trovasse al mondo, Getta il pagan lo scudo, e a duo man prende
quivi non sta a mirar s'intere o rotte la crudel spada, e giunge il duca Arnolfo.

231
Costui venì;a di là; dove discende 125
l'acqua del Reno nel salato golfo. Tagliò; in due parti il provenzal Luigi,
Quel miser contra lui non si difende e passò; il petto al tolosano Arnaldo.
meglio che faccia contra il fuoco il zolfo; Di Torse Oberto, Claudio, Ugo e Dionigi
e cade in terra, e dà; l'ultimo crollo, mandar lo spirto fuor col sangue caldo;
dal capo fesso un palmo sotto il collo. e presso a questi, quattro da Parigi,
Gualtiero, Satallone, Odo ed Ambaldo,
123 ed altri molti: ed io non saprei come
Uccide di rovescio in una volta di tutti nominar la patria e il nome.
Anselmo, Oldrado, Spineloccio e Prando:
il luogo stretto e la gran turba folta 126
fece girar sì; pienamente il brando. La turba dietro a Rodomonte presta
Fu la prima metade a Fiandra tolta, le scale appoggia, e monta in più; d'un loco.
l'altra scemata al populo normando. Quivi non fanno i Parigin più; testa;
Divise appresso da la fronte al petto, che la prima difesa lor val poco.
ed indi al ventre, il maganzese Orghetto. San ben ch'agli nemici assai più; resta
dentro da fare, e non l'avran da gioco;
124 perché; tra il muro e l'argine secondo
Getta da' merli Andropono e Moschino discende il fosso orribile e profondo.
giù; ne la fossa: il primo è; sacerdote;
non adora il secondo altro che 'l vino, 127
e le bigonce a un sorso n'ha già; vuote. Oltra che i nostri facciano difesa
Come veneno e sangue viperino dal basso all'alto, e mostrino valore;
l'acque fuggia quanto fuggir si puote: nuova gente succede alla contesa
or quivi muore; e quel che più; l'annoia, sopra l'erta pendice interiore,
è; 'l sentir che nell'acqua se ne muoia. che fa con lance e con saette offesa
alla gran moltitudine di fuore,

232
che credo ben, che saria stata meno, avesse avuto sotto i piedi il feltro:
se non v'era il figliuol del re Ulieno. ed a questo ed a quello affrappa il manto,
come sien l'arme di tenero peltro,
128 e non di ferro, anzi pur sien di scorza:
Egli questi conforta, e quei riprende, tal la sua spada, e tanta è; la sua forza!
e lor mal grado inanzi se gli caccia:
ad altri il petto, ad altri il capo fende, 131
che per fuggir veggia voltar la faccia. In questo tempo i nostri, da chi tese
Molti ne spinge ed urta; alcuni prende l'insidie son ne la cava profonda,
pei capelli, pel collo e per le braccia: che v'han scope e fascine in copia stese,
e sozzopra là; giù; tanti ne getta, intorno a quai di molta pece abonda
che quella fossa a capir tutti è; stretta. (né; però; alcuna si vede palese,
ben che n'è; piena l'una e l'altra sponda
129 dal fondo cupo insino all'orlo quasi),
Mentre lo stuol de' barbari si cala, e senza fin v'hanno appiattati vasi,
anzi trabocca al periglioso fondo,
ed indi cerca per diversa scala 132
di salir sopra l'argine secondo; qual con salnitro, qual con oglio, quale
il re di Sarza (come avesse un'ala con zolfo, qual con altra simil esca;
per ciascun de' suoi membri) levò; il pondo i nostri in questo tempo, perché; male
di sì; gran corpo e con tant'arme indosso, ai Saracini il folle ardir riesca,
e netto si lanciò; di là; dal fosso. ch'eran nel fosso, e per diverse scale
credean montar su l'ultima bertresca;
130 udito il segno da oportuni lochi,
Poco era men di trenta piedi, o tanto, di qua e di là; fenno avampare i fochi.
ed egli il passò; destro come un veltro,
e fece nel cader strepito, quanto 133

233
Tornò; la fiamma sparsa tutta in una, spesso far suole il capitan men degno;
che tra una ripa e l'altra ha 'l tutto pieno; e quella eternamente è; gloriosa,
e tanto ascende in alto, ch'alla luna e dei divini onori arriva al segno,
può; d'appresso asciugar l'umido seno. quando servando i suoi senza alcun danno,
Sopra si volve oscura nebbia e bruna, si fa che gl'inimici in rotta vanno.
che 'l sole adombra, e spegne ogni sereno.
Sentesi un scoppio in un perpetuo suono, 2
simile a un grande e spaventoso tuono. La vostra, Signor mio, fu degna loda,
quando al Leone, in mar tanto feroce,
134 ch'avea occupata l'una e l'altra proda
Aspro concento, orribile armonia del Po, da Francolin sin alla foce,
d'alte querele, d'ululi e di strida faceste sì;, ch'ancor che ruggir l'oda,
de la misera gente che peria s'io vedrò; voi, non tremerò; alla voce.
nel fondo per cagion de la sua guida, Come vincer si de', ne dimostraste;
istranamente concordar s'udia ch'uccideste i nemici, e noi salvaste.
col fiero suon de la fiamma omicida.
Non più;, Signor, non più; di questo canto; 3
ch'io son già; rauco e vo' posarmi alquanto. Questo il pagan, troppo in suo danno audace,
non seppe far; che i suoi nel fosso spinse,
dove la fiamma subita e vorace
CANTO QUINDICESIMO non perdonò; ad alcun, ma tutti estinse.
A tanti non saria stato capace
tutto il gran fosso, ma il fuoco restrinse,
1 restrinse i corpi e in polve li ridusse,
Fu il vincer sempremai laudabil cosa, acciò; ch'abile a tutti il luogo fusse.
vincasi o per fortuna o per ingegno:
gli è; ver che la vittoria sanguinosa 4

234
Undicimila ed otto sopra venti e Baliverzo, d'ogni vizio vago;
si ritrovar ne l'affocata buca,
che v'erano discesi malcontenti; 7
ma così; volle il poco saggio duca. e Corineo di Mulga, e Prusione,
Quivi fra tanto lume or sono spenti, il ricco re dell'Isole beate;
e la vorace fiamma li manuca: Malabuferso che la regione
e Rodomonte, causa del mal loro, tien di Fizan, sotto continua estate;
se ne va esente da tanto martoro: altri signori, ed altre assai persone
esperte ne la guerra e bene armate;
5 e molti ancor senza valore e nudi,
che tra' nemici alla ripa più; interna che 'l cor non s'armerian con mille scudi.
era passato d'un mirabil salto.
Se con gli altri scendea ne la caverna, 8
questo era ben il fin d'ogni suo assalto. Trovò; tutto il contrario al suo pensiero
Rivolge gli occhi a quella valle inferna; in questa parte il re de' Saracini:
e quando vede il fuoco andar tant'alto, perché; in persona il capo de l'Impero
e di sua gente il pianto ode e lo strido, v'era, re Carlo, e de' suoi paladini,
bestemmia il ciel con spaventoso grido. re Salamone ed il danese Ugiero,
ed ambo i Guidi ed ambo gli Angelini,
6 e 'l duca di Bavera e Ganelone,
Intanto il re Agramante mosso avea e Berlengier e Avolio e Avino e Otone;
impetuoso assalto ad una porta;
che, mentre la crudel battaglia ardea 9
quivi ove è; tanta gente afflitta e morta, gente infinita poi di minor conto,
quella sprovista forse esser credea de' Franchi, de' Tedeschi e de' Lombardi,
di guardia, che bastasse alla sua scorta. presente il suo signor, ciascuno pronto
Seco era il re d'Arzilla Bambirago, a farsi riputar fra i più; gagliardi.

235
Di questo altrove io vo' rendervi conto; gli Sciti e gl'Indi e i regni nabatei,
ch'ad un gran duca è; forza ch'io riguardi, e torni poi per così; lunga strada
il qual mi grida, e di lontano accenna, a ritrovar i Persi e gli Eritrei;
e priega ch'io nol lasci ne la penna. che per quel boreal pelago vada,
che turban sempre iniqui venti e rei,
10 e sì;, qualche stagion, pover di sole,
Gli è; tempo ch'io ritorni ove lasciai che starne senza alcuni mesi suole.
l'aventuroso Astolfo d'Inghilterra,
che 'l lungo esilio avendo in odio ormai, 13
di desiderio ardea de la sua terra; La fata, poi che vide acconcio il tutto,
come gli n'avea data pur assai diede licenza al duca di partire,
speme colei ch'Alcina vinse in guerra. avendol prima ammaestrato e istrutto
Ella di rimandarvilo avea cura di cose assai, che fôra lungo a dire;
per la via più; espedita e più; sicura. e per schivar che non sia più; ridutto
per arte maga, onde non possa uscire,
11 un bello ed util libro gli avea dato,
E così; una galea fu apparechiata, che per suo amore avesse ognora allato.
di che miglior mai non solcò; marina;
e perché; ha dubbio per tutta fiata, 14
che non gli turbi il suo viaggio Alcina, Come l'uom riparar debba agl'incanti
vuol Logistilla che con forte armata mostra il libretto che costei gli diede:
Andronica ne vada e Sofrosina, dove ne tratta o più; dietro o più; inanti,
tanto che nel mar d'Arabi, o nel golfo per rubrica e per indice si vede.
de' Persi, giunga a salvamento Astolfo. Un altro don gli fece ancor, che quanti
doni fur mai, di gran vantaggio eccede:
12 e questo fu d'orribil suono un corno,
Più; tosto vuol che volteggiando rada che fa fugire ognun che l'ode intorno.

236
e vede il mar che fra i duo liti s'ange.
15 Dopo gran via furo a Cochino, e quindi
Dico che 'l corno è; di sì; orribil suono, usciro fuor dei termini degl'Indi.
ch'ovunque s'oda, fa fuggir la gente:
non può; trovarsi al mondo un cor sì; buono, 18
che possa non fuggir come lo sente: Scorrendo il duca il mar con sì; fedele
rumor di vento e di termuoto, e 'l tuono, e sì; sicura scorta, intender vuole,
a par del suon di questo, era niente. e ne domanda Andronica, se de le
Con molto riferir di grazie, prese parti c'han nome dal cader del sole,
da la fata licenza il buono Inglese. mai legno alcun che vada a remi e a vele,
nel mare orientale apparir suole;
16 e s'andar può; senza toccar mai terra,
Lasciando il porto e l'onde più; tranquille, chi d'India scioglia, in Francia o in Inghilterra.
con felice aura ch'alla poppa spira,
sopra le ricche e populose ville 19
de l'odorifera India il duca gira, - Tu dé;i sapere (Andronica risponde)
scoprendo a destra ed a sinistra mille che d'ogn'intorno il mar la terra abbraccia;
isole sparse; e tanto va, che mira e van l'una ne l'altra tutte l'onde,
la terra di Tomaso, onde il nocchiero sia dove bolle o dove il mar s'aggiaccia;
più; a tramontana poi volge il sentiero. ma perché; qui davante si difonde,
e sotto il mezzodì; molto si caccia
17 la terra d'Etiopia, alcuno ha detto
Quasi radendo l'aurea Chersonesso, ch'a Nettuno ir più; inanzi ivi è; interdetto.
la bella armata il gran pelago frange:
e costeggiando i ricchi liti, spesso 20
vede come nel mar biancheggi il Gange; Per questo del nostro indico levante
e Traprobane vede e Cori appresso; nave non è; che per Europa scioglia;

237
né; si muove d'Europa navigante 23
ch'in queste nostre parti arrivar voglia. Veggio la santa croce, e veggio i segni
Il ritrovarsi questa terra avante, imperial nel verde lito eretti:
e questi e quelli al ritornare invoglia; veggio altri a guardia dei battuti legni,
che credono, veggendola sì; lunga, altri all'acquisto del paese eletti:
che con l'altro emisperio si congiunga. veggio da dieci cacciar mille, e i regni
di là; da l'India ad Aragon suggetti;
21 e veggio i capitan di Carlo quinto,
Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire dovunque vanno, aver per tutto vinto.
da l'estreme contrade di ponente
nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire 24
la strada ignota infin al dì; presente: Dio vuol ch'ascosa antiquamente questa
altri volteggiar l'Africa, e seguire strada sia stata, e ancor gran tempo stia;
tanto la costa de la negra gente, né; che prima si sappia, che la sesta
che passino quel segno onde ritorno e la settima età; passata sia:
fa il sole a noi, lasciando il Capricorno; e serba a farla al tempo manifesta,
che vorrà; porre il mondo a monarchia,
22 sotto il più; saggio imperatore e giusto,
e ritrovar del lungo tratto il fine, che sia stato o sarà; mai dopo Augusto.
che questo fa parer dui mar diversi;
e scorrer tutti i liti e le vicine 25
isole d'Indi, d'Arabi e di Persi: Del sangue d'Austria e d'Aragon io veggio
altri lasciar le destre e le mancine nascer sul Reno alla sinistra riva
rive che due per opra Erculea fersi; un principe, al valor del qual pareggio
e del sole imitando il camin tondo, nessun valor, di cui si parli o scriva.
ritrovar nuove terre e nuovo mondo. Astrea veggio per lui riposta in seggio,
anzi di morta ritornata viva;

238
e le virtù; che cacciò; il mondo, quando parer la bella Italia ai Gigli d'oro:
lei cacciò; ancora, uscir per lui di bando. veggio ch'entrare inanzi si prepara
quel terzo agli altri a guadagnar l'alloro:
26 come buon corridor ch'ultimo lassa
Per questi merti la Bontà; suprema le mosse, e giunge, e inanzi a tutti passa.
non solamente di quel grande impero
ha disegnato ch'abbia diadema 29
ch'ebbe Augusto, Traian, Marco e Severo; Veggio tanto il valor, veggio la fede
ma d'ogni terra e quinci e quindi estrema, tanta d'Alfonso (che 'l suo nome è; questo),
che mai né; al sol né; all'anno apre il sentiero: ch'in così; acerba età;, che non eccede
e vuol che sotto a questo imperatore dopo il vigesimo anno ancora il sesto,
solo un ovile sia, solo un pastore. l'imperator l'esercito gli crede,
il qual salvando, salvar non che 'l resto,
27 ma farsi tutto il mondo ubidiente
E perch'abbian più; facile successo con questo capitan sarà; possente.
gli ordini in cielo eternamente scritti,
gli pon la somma Providenza appresso 30
in mare e in terra capitani invitti. Come con questi, ovunque andar per terra
Veggio Hernando Cortese, il qualo ha messo si possa, accrescerà; l'imperio antico;
nuove città; sotto i cesarei editti, così; per tutto il mar, ch'in mezzo serra
e regni in Oriente sì; remoti, di là; l'Europa e di qua l'Afro aprico,
ch'a noi, che siamo in India, non son noti. sarà; vittorioso in ogni guerra,
poi ch'Andrea Doria s'avrà; fatto amico.
28 Questo è; quel Doria che fa dai pirati
Veggio Prosper Colonna, e di Pescara sicuro il vostro mar per tutti i lati.
veggio un marchese, e veggio dopo loro
un giovene del Vasto, che fan cara 31

239
Non fu Pompeio a par di costui degno, l'avere usato alla lor patria forza.
se ben vinse e cacciò; tutti i corsari;
Però; che quelli al più; possente regno 34
che fosse mai, non poteano esser pari: Questi ed ogn'altro che la patria tenta
ma questo Doria, sol col proprio ingegno di libera far serva, si arrosisca;
e proprie forze purgherà; quei mari; né; dove il nome d'Andrea Doria senta,
sì; che da Calpe al Nilo, ovunque s'oda di levar gli occhi in viso d'uomo ardisca.
il nome suo, tremar veggio ogni proda. Veggio Carlo che 'l premio gli augumenta;
ch'oltre quel ch'in commun vuol che fruisca,
32 gli dà; la ricca terra ch'ai Normandi
Sotto la fede entrar, sotto la scorta sarà; principio a farli in Puglia grandi.
di questo capitan di ch'io ti parlo,
veggio in Italia, ove da lui la porta 35
gli sarà; aperta, alla corona Carlo. A questo capitan non pur cortese
Veggio che 'l premio che di ciò; riporta, il magnanimo Carlo ha da mostrarsi,
non tien per sé;, ma fa alla patria darlo: ma a quanti avrà; ne le cesaree imprese
con prieghi ottien ch'in libertà; la metta, del sangue lor non ritrovati scarsi.
dove altri a sé; l'avria forse suggetta. D'aver città;, d'aver tutto un paese
donato a un suo fedel, più; ralegrarsi
33 lo veggio, e a tutti quei che ne son degni,
Questa pietà;, ch'egli alla patria mostra, che d'acquistar nuov'altri imperi e regni. -
è; degna di più; onor d'ogni battaglia
ch'in Francia o in Spagna o ne la terra vostra 36
vincesse Iulio, o in Africa o in Tessaglia. Così; de le vittorie, le qual, poi
Né; il grande Ottavio, né; chi seco giostra ch'un gran numero d'anni sarà; corso,
di par, Antonio, in più; onoranza saglia daranno a Carlo i capitani suoi,
pei gesti suoi; ch'ogni lor laude amorza facea col duca Andronica discorso:

240
e la compagna intanto ai venti eoi ricca di mirra e d'odorato incenso,
viene allentando e raccogliendo il morso; che per suo albergo l'unica fenice
e fa ch'or questo or quel propizio l'esce, eletto s'ha di tutto il mondo immenso;
e come vuol li minuisce e cresce. fin che l'onda trovò; vendicatrice
già; d'Israel, che per divin consenso
37 Faraone sommerse e tutti i suoi:
Veduto aveano intanto il mar de' Persi e poi venne alla terra degli Eroi.
come in sì; largo spazio si dilaghi;
onde vicini in pochi giorni fersi 40
al golfo che nomar gli antiqui Maghi. Lungo il fiume Traiano egli cavalca
Quivi pigliaro il porto, e fur conversi su quel destrier ch'al mondo è; senza pare,
con la poppa alla ripa i legni vaghi; che tanto leggiermente e corre e valca,
quindi sicur d'Alcina e di sua guerra, che ne l'arena l'orma non n'appare:
Astolfo il suo camin prese per terra. l'erba non pur, non pur la nieve calca;
coi piedi asciutti andar potria sul mare;
38 e sì; si stende al corso, e sì; s'affretta,
Passò; per più; d'un campo e più; d'un bosco, che passa e vento e folgore e saetta.
per più; d'un monte e per più; d'una valle;
ove ebbe spesso, all'aer chiaro e al fosco, 41
i ladroni or inanzi or alle spalle. Questo è; il destrier che fu de l'Argalia,
Vide leoni, e draghi pien di tosco, che di fiamma e di vento era concetto;
ed altre fere attraversarsi il calle; e senza fieno e biada, si nutria
ma non sì; tosto avea la bocca al corno, de l'aria pura, e Rabican fu detto.
che spaventati gli fuggian d'intorno. Venne, suguendo il Duca la sua via,
dove dà; il Nilo a quel fiume ricetto;
39 e prima che giugnesse in su la foce,
Vien per l'Arabia ch'è; detta Felice, vide un legno venire a sé; veloce.

241
tanto è; sottil, tanto egli ben l'adatta:
42 e con tai gridi i peregrin minaccia,
Naviga in su la poppa uno eremita che spaventati dentro ve li caccia.
con bianca barba, a mezzo il petto lunga,
che sopra il legno il paladino invita, 45
e: - Figliuol mio (gli grida da la lunga), E con gran risa, aviluppati in quella
se non t'è; in odio la tua propria vita, se li strascina sotto il suo coperto;
se non brami che morte oggi ti giunga, né; cavallier riguarda né; donzella,
venir ti piaccia su quest'altra arena; o sia di grande o sia di picciol merto:
ch'a morir quella via dritto ti mena. e mangiata la carne, e la cervella
succhiate e 'l sangue, dà; l'ossa al deserto;
43 e de l'umane pelli intorno intorno
Tu non andrai più; che sei miglia inante, fa il suo palazzo orribilmente adorno.
che troverai la saguinosa stanza
dove s'alberga un orribil gigante 46
che d'otto piedi ogni statura avanza. Prendi quest'altra via, prendila, figlio,
Non abbia cavallier né; viandante che fin al mar ti fia tutta sicura. -
di partirsi da lui, vivo, speranza: - Io ti ringrazio, padre, del consiglio
ch'altri il crudel ne scanna, altri ne scuoia, (rispose il cavallier senza paura),
molti ne squarta, e vivo alcun ne 'ngoia. ma non istimo per l'onor periglio,
di ch'assai più; che de la vita ho cura.
44 Per far ch'io passi, invan tu parli meco;
Piacer, fra tanta crudeltà;, si prende anzi vo al dritto a ritrovar lo speco.
d'una rete ch'egli ha, molto ben fatta:
poco lontana al tetto suo la tende, 47
e ne la trita polve in modo appiatta, Fuggendo, posso con disnor salvarmi;
che chi prima nol sa, non la comprende, ma tal salute ho più; che morte a schivo.

242
S'io vi vo, al peggio che potrà; incontrarmi, 50
fra molti resterò; di vita privo; Qual ne le alpine ville o ne' castelli
ma quando Dio così; mi drizzi l'armi, suol cacciator che gran perigli ha scorsi,
che colui morto, ed io rimanga vivo, su le porte attaccar l'irsute pelli,
sicura a mille renderò; la via: l'orride zampe e i grossi capi d'orsi;
sì; che l'util maggior che 'l danno fia. tal dimostrava il fier gigante quelli
che di maggior virtù; gli erano occorsi.
48 D'altri infiniti sparse appaion l'ossa;
Metto all'incontro la morte d'un solo ed è; di sangue uman piena ogni fossa.
alla salute di gente infinita. -
- Vattene in pace (rispose), figliuolo; 51
Dio mandi in difension de la tua vita Stassi Caligorante in su la porta;
l'arcangelo Michel dal sommo polo: - che così; ha nome il dispietato mostro
e benedillo il semplice eremita. ch'orna la sua magion di gente morta,
Astolfo lungo il Nil tenne la strada, come alcun suol di panni d'oro o d'ostro.
sperando più; nel suon che ne la spada. Costui per gaudio a pena si comporta,
come il duca lontan se gli è; dimostro;
49 ch'eran duo mesi, e il terzo ne venì;a,
Giace tra l'alto fiume e la palude che non fu cavallier per quella via.
picciol sentier nell'arenosa riva:
la solitaria casa lo richiude, 52
d'umanitade e di commercio priva. Vêr la palude, ch'era scura e folta
Son fisse intorno teste e membra nude di verdi canne, in gran fretta ne viene;
de l'infelice gente che v'arriva. che disegnato avea correre in volta,
Non v'è; finestra, non v'è; merlo alcuno, e uscir al paladin dietro alle schene;
onde penderne almen non si veggia uno. che ne la rete, che tenea sepolta
sotto la polve, di cacciarlo ha spene,

243
come avea fatto gli altri peregrini va per far di mill'anime vendetta.
che quivi tratto avean lor rei destini. Poi gli par che s'uccide un che sia preso,
viltà;, più; che virtù;, ne sarà; detta;
53 che legate le braccia, i piedi e il collo
Come venire il paladin lo vede, gli vede sì;, che non può; dare un crollo.
ferma il destrier, non senza gran sospetto
che vada in quelli lacci a dar del piede, 56
di che il buon vecchiarel gli avea predetto. Avea la rete già; fatta Vulcano
Quivi il soccorso del suo corno chiede, di sottil fil d'acciar, ma con tal arte,
e quel sonando fa l'usato effetto: che saria stata ogni fatica invano
nel cor fere il gigante che l'ascolta, per ismagliarne la più; debol parte;
di tal timor, ch'a dietro i passi volta. ed era quella che già; piedi e mano
avea legate a Venere ed a Marte.
54 La fe' il geloso, e non ad altro effetto,
Astolfo suona, e tuttavolta bada; che per pigliarli insieme ambi nel letto.
che gli par sempre che la rete scocchi.
Fugge il fellon, né; vede ove si vada; 57
che, come il core, avea perduti gli occhi. Mercurio al fabbro poi la rete invola;
Tanta è; la tema, che non sa far strada, che Cloride pigliar con essa vuole,
che ne li propri aguati non trabocchi: Cloride bella che per l'aria vola
va ne la rete; e quella si disserra, dietro all'Aurora, all'apparir del sole,
tutto l'annoda, e lo distende in terra. e dal raccolto lembo de la stola
gigli spargendo va, rose e viole.
55 Mercurio tanto questa ninfa attese,
Astolfo, ch'andar giù; vede il gran peso, che con la rete in aria un dì; la prese.
già; sicuro per sé;, v'accorre in fretta;
e con la spada in man, d'arcion disceso, 58

244
Dove entra in mare il gran fiume etiopo, con pompa trionfal dietro si mena.
par che la dea presa volando fosse.
Poi nei tempio d'Anubide a Canopo 61
la rete molti seculi serbosse. L'elmo e lo scudo anche a portar gli diede,
Caligorante tremila anni dopo, come a valletto, e seguitò; il camino,
di là;, dove era sacra, la rimosse: di gaudio empiendo, ovunque metta il piede,
se ne portò; la rete il ladrone empio, ch'ir possa ormai sicuro il peregrino.
ed arse la cittade, e rubò; il tempio. Astolfo se ne va tanto, che vede
ch'ai sepolcri di Memfi è; già; vicino,
59 Memfi per le piramidi famoso:
Quivi adattolla in modo in su l'arena, vede all'incontro il Cairo populoso.
che tutti quei ch'avean da lui la caccia
vi davan dentro; ed era tocca a pena, 62
che lor legava e collo e piedi e braccia. Tutto il popul correndo si traea
Di questa levò; Astolfo una catena, per vedere il gigante smisurato.
e le man dietro a quel fellon n'allaccia; - Come è; possibil (l'un l'altro dicea)
le braccia e 'l petto in guisa gli ne fascia, che quel piccolo il grande abbia legato? -
che non può; sciorsi: indi levar lo lascia, Astolfo a pena inanzi andar potea,
tanto la calca il preme da ogni lato:
60 e come cavallier d'alto valore
dagli altri nodi avendol sciolto prima, ognun l'ammira, e gli fa grande onore.
ch'era tornato uman più; che donzella.
Di trarlo seco e di mostrarlo stima 63
per ville, per cittadi e per castella. Non era grande il Cairo così; allora,
Vuol la rete anco aver, di che né; lima come se ne ragiona a nostra etade:
né; martel fece mai cosa più; bella: che 'l populo capir, che vi dimora,
ne fa somier colui ch'alla catena non puon diciottomila gran contrade;

245
e che le case hanno tre palchi, e ancora alla Parca di lui, sì; che non viva,
ne dormono infiniti in su le strade; Astolfo viene a ritrovare Orrilo
e che 'l soldano v'abita un castello (così; avea nome), e a Damiata arriva;
mirabil di grandezza, e ricco e bello; ed indi passa ove entra in mare il Nilo,
e vede la gran torre in su la riva,
64 dove s'alberga l'anima incantata
e che quindicimila suoi vasalli, che d'un folletto nacque e d'una fata.
che son cristiani rinegati tutti,
con mogli, con famiglie e con cavalli 67
ha sotto un tetto sol quivi ridutti. Quivi ritruova che crudel battaglia
Astolfo veder vuole ove s'avalli, era tra Orrilo e dui guerrieri accesa.
e quanto il Nilo entri nei salsi flutti Orrilo è; solo; e sì; que' dui travaglia,
a Damiata; ch'avea quivi inteso, ch'a gran fatica gli puon far difesa:
qualunque passa restar morto o preso. e quando in arme l'uno e l'altro vaglia,
a tutto il mondo la fama palesa.
65 Questi erano i dui figli d'Oliviero,
Però; ch'in ripa al Nilo in su la foce Grifone il bianco ed Aquilante il nero.
si ripara un ladron dentro una torre,
ch'a paesani e a peregrini nuoce, 68
e fin al Cairo, ognun rubando scorre. Gli è; ver che 'l negromante venuto era
Non gli può; alcun resistere; ed ha voce alla battaglia con vantaggio grande;
che l'uom gli cerca invan la vita torre: che seco tratto in campo avea una fera,
centomila ferite egli ha già; avuto, la qual si truova solo in quelle bande:
né; ucciderlo però; mai s'è; potuto. vive sul lito e dentro alla rivera;
e i corpi umani son le sue vivande,
66 de le persone misere ed incaute
Per veder se può; far rompere il filo de viandanti e d'infelici naute.

246
nel fiume il getta, e non par ch'anco giovi;
69 che nuota Orrilo al fondo come un pesce,
La bestia ne l'arena appresso al porto e col suo capo salvo alla ripa esce.
per man dei duo fratei morta giacea;
e per questo ad Orril non si fa torto, 72
s'a un tempo l'uno e l'altro gli nocea. Due belle donne onestamente ornate,
Più; volte l'han smembrato e non mai morto, l'una vestita a bianco e l'altra a nero,
né;, per smembrarlo, uccider si potea; che de la pugna causa erano state,
che se tagliato o mano o gamba gli era, stavano a riguardar l'assalto fiero.
la rapiccava, che parea di cera. Queste eran quelle due benigne fate
ch'avean notriti i figli d'Oliviero,
70 poi che li trasson teneri citelli
Or fin a' denti il capo gli divide dai curvi artigli di duo grandi augelli,
Grifone, or Aquilante fin al petto.
Egli dei colpi lor sempre si ride: 73
s'adiran essi, che non hanno effetto. che rapiti gli avevano a Gismonda,
Chi mai d'alto cader l'argento vide, e portati lontan dal suo paese.
che gli alchimisti hanno mercurio detto, Ma non bisogna in ciò; ch'io mi diffonda,
e sparger e raccor tutti i suo' membri, ch'a tutto il mondo è; l'istoria palese;
sentendo di costui, se ne rimembri. ben che l'autor nel padre si confonda,
ch'un per un altro (io non so come) prese.
71 Or la battaglia i duo gioveni fanno,
Se gli spiccano il capo, Orrilo scende, che le due donne ambi pregati n'hanno.
né; cessa brancolar fin che lo truovi;
ed or pel crine ed or pel naso il prende, 74
lo salda al collo, e non so con che chiovi. Era in quel clima già; sparito il giorno,
Piglial talor Grifone, e 'l braccio stende, all'isole ancor alto di Fortuna;

247
l'ombre avean tolto ogni vedere a torno 77
sotto l'incerta e mal compresa luna; Fan legare il gigante alla verdura
quando alla rocca Orril fece ritorno, Con un'altra catena molto grossa
poi ch'alla bianca e alla sorella bruna ad una quercia di molt'anni dura,
piacque di differir l'aspra battaglia che non si romperà; per una scossa;
fin che 'l sol nuovo all'orizzonte saglia. e da dieci sergenti averne cura,
che la notte discior non se ne possa,
75 ed assalirli, e forse far lor danno,
Astolfo, che Grifone ed Aquilante, mentre sicuri e senza guardia stanno.
ed all'insegne e più; al ferir gagliardo,
riconosciuto avea gran pezzo inante, 78
lor non fu altiero a salutar né; tardo. All'abondante e sontuosa mensa,
Essi vedendo che quel che 'l gigante dove il manco piacer fur le vivande,
traea legato, era il baron dal pardo del ragionar gran parte si dispensa
(che così; in corte era quel duca detto), sopra d'Orrilo e del miracol grande,
raccolser lui con non minore affetto. che quasi par un sogno a chi vi pensa,
ch'or capo or braccio a terra se gli mande,
76 ed egli lo raccolga e lo raggiugna,
Le donne a riposare i cavallieri e più; feroce ognor torni alla pugna.
menaro a un lor palagio indi vicino.
Donzelle incontra vennero e scudieri 79
con torchi accesi, a mezzo del camino. Astolfo nel suo libro avea già; letto
Diero a chi n'ebbe cura i lor destrieri, (quel ch'agl'incanti riparare insegna)
trassonsi l'arme; e dentro un bel giardino ch'ad Orril non trarrà; l'alma del petto
trovar ch'apparechiata era la cena fin ch'un crine fatal nel capo tegna;
ad una fonte limpida ed amena. ma, se lo svelle o tronca, fia costretto
che suo mal grado fuor l'alma ne vegna.

248
Questo ne dice il libro; ma non come e quando il va troncando a brano a brano:
conosca il crine in così; folte chiome. ma ricogliendo sempre de la piazza
va le sue membra Orrilo, e si fa sano.
80 S'in cento pezzi ben l'avesse fatto,
Non men de la vittoria si godea, redintegrarsi il vedea Astolfo a un tratto.
che se n'avesse Astolfo già; la palma;
come chi speme in pochi colpi avea 83
svellere il crine al negromante e l'alma. Al fin di mille colpi un gli ne colse
Però; di quella impresa promettea sopra le spalle ai termini del mento:
tor su gli omeri suoi tutta la salma: la testa e l'elmo dal capo gli tolse,
Orril farà; morir, quando non spiaccia né; fu d'Orrilo a dismontar più; lento.
ai duo fratei, ch'egli la pugna faccia. La sanguinosa chioma in man s'avolse,
e risalse a cavallo in un momento;
81 e la portò; correndo incontra 'l Nilo,
Ma quei gli danno volentier l'impresa, che riaver non la potesse Orrilo.
certi che debbia affaticarsi invano.
Era già; l'altra aurora in cielo ascesa, 84
quando calò; dai muri Orrilo al piano. Quel sciocco, che del fatto non s'accorse,
Tra il duca e lui fu la battaglia accesa: per la polve cercando iva la testa:
la mazza l'un, l'altro ha la spada in mano. ma come intese il corridor via torse,
Di mille attende Astolfo un colpo trarne, portare il capo suo per la foresta;
che lo spirto gli sciolga da la carne. immantinente al suo destrier ricorse,
sopra vi sale, e di seguir non resta.
82 Volea gridare: - Aspetta, volta, volta! -
Or cader gli fa il pugno con la mazza, ma gli avea il duca già; la bocca tolta.
or l'uno or l'altro braccio con la mano;
quando taglia a traverso la corazza, 85

249
Pur, che non gli ha tolto anco le calcagna di sella cadde, e diè; l'ultimo crollo.
si riconforta, e segue a tutta briglia.
Dietro il lascia gran spazio di campagna 88
quel Rabican che corre a maraviglia. Astolfo, ove le donne e i cavallieri
Astolfo intanto per la cuticagna lasciato avea, tornò; col capo in mano,
va da la nuca fin sopra le ciglia che tutti avea di morte i segni veri,
cercando in fretta, se 'l crine fatale e mostrò; il tronco ove giacea lontano.
conoscer può;, ch'Orril tiene immortale. Non so ben se lo vider volentieri,
ancor che gli mostrasser viso umano;
86 che la intercetta lor vittoria forse
Fra tanti e innumerabili capelli, d'invidia ai duo germani il petto morse.
un più; de l'altro non si stende o torce:
qual dunque Astolfo sceglierà; di quelli, 89
che per dar morte al rio ladron raccorce? Né; che tal fin quella battuglia avesse,
- Meglio è; (disse) che tutti io tagli o svelli: - credo più; fosse alle due donne grato.
né; si trovando aver rasoi né; force, Queste, perché; più; in lungo si traesse
ricorse immantinente alla sua spada, de' duo fratelli il doloroso fato
che taglia sì;, che si può; dir che rada. ch'in Francia par ch'in breve esser dovesse,
con loro Orrilo avean quivi azzuffato,
87 con speme di tenerli tanto a bada,
E tenendo quel capo per lo naso, che la trista influenza se ne vada.
dietro e dinanzi lo dischioma tutto.
Trovò; fra gli altri quel fatale a caso: 90
si fece il viso allor pallido e brutto, Tosto che 'l castellan di Damiata
travolse gli occhi, e dimostrò; all'occaso, certificossi ch'era morto Orrilo,
per manifesti segni, esser condutto; la columba lasciò;, ch'avea legata
e 'l busto che seguia troncato al collo, sotto l'ala la lettera col filo.

250
Quella andò; al Cairo; ed indi fu lasciata ch'era più; dilettevole e più; piana,
un'altra altrove, come quivi è; stilo: e mai non si scostar da la marina;
sì; che in pochissime ore andò; l'aviso ma per la destra andaro orrida e strana,
per tutto Egitto, ch'era Orrilo ucciso. perché; l'alta città; di Palestina
per questa sei giornate è; men lontana.
91 Acqua si truova ed erba in questa via:
Il duca, come al fin trasse l'impresa, di tutti gli altri ben v'è; carestia.
confortò; molto i nobili garzoni,
ben che da sé; v'avean la voglia intesa, 94
né; bisognavan stimuli né; sproni, Sì; che prima ch'entrassero in viaggio,
che per difender de la santa Chiesa ciò; che lor bisognò;, fecion raccorre,
e del romano Imperio le ragioni, e carcar sul gigante il carriaggio,
lasciasser le battaglie d'Oriente, ch'avria portato in collo anco una torre.
e cercassino onor ne la lor gente. Al finir del camino aspro e selvaggio,
da l'alto monte alla lor vista occorre
92 la santa terra, ove il superno Amore
Così; Grifone ed Aquilante tolse lavò; col proprio sangue il nostro errore.
ciascuno da la sua donna licenza;
le quali, ancor che lor ne 'ncrebbe e dolse, 95
non vi seppon però; far resistenza. Trovano in su l'entrar de la cittade
Con essi Astolfo a man destra si volse; un giovene gentil, lor conoscente,
che si deliberar far riverenza Sansonetto da Meca, oltre l'etade,
ai santi luoghi ove Dio in carne visse, ch'era nel primo fior, molto prudente;
prima che verso Francia si venisse. d'alta cavalleria, d'alta bontade
famoso, e riverito fra la gente.
93 Orlando lo converse a nostra fede,
Potuto avrian pigliar la via mancina, e di sua man battesmo anco gli diede.

251
che liberò; dal drago la donzella:
96 al Zaffo avuti con molt'altro arnese
Quivi lo trovan che disegna a fronte Sansonetto gli avea, quando lo prese.
del calife d'Egitto una fortezza;
e circondar vuole il Calvario monte 99
di muro di duo miglia di lunghezza. Purgati de lor colpe a un monasterio
Da lui raccolti fur con quella fronte che dava di sé; odor di buoni esempi,
che può; d'interno amor dar più; chiarezza, de la passion di Cristo ogni misterio
e dentro accompagnati, e con grande agio contemplando n'andar per tutti i tempi
fatti alloggiar nel suo real palagio. ch'or con eterno obbrobrio e vituperio
agli cristiani usurpano i Mori empi.
97 L'Europa è; in arme, e di far guerra agogna
Avea in governo egli la terra, e in vece in ogni parte, fuor ch'ove bisogna.
di Carlo vi reggea l'imperio giusto.
Il duca Astolfo a costui dono fece 100
di quel sì; grande e smisurato busto, Mentre avean quivi l'animo divoto,
ch'a portar pesi gli varrà; per diece a perdonanze e a cerimonie intenti,
bestie da soma, tanto era robusto. un peregrin di Grecia, a Grifon noto,
Diegli Astolfo il gigante, e diegli appresso novelle gli arrecò; gravi e pungenti,
la rete ch'in sua forza l'avea messo. dal suo primo disegno e lungo voto
troppo diverse e troppo differenti;
98 e quelle il petto gl'infiammaron tanto,
Sansonetto all'incontro al duca diede che gli scacciar l'orazion da canto.
per la spada una cinta ricca e bella;
e diede spron per l'uno e l'altro piede, 101
che d'oro avean la fibbia e la girella; Amava il cavallier, per sua sciagura,
ch'esser del cavallier stati si crede, una donna ch'avea nome Orrigille:

252
di più; bel volto e di miglior statura 104
non se ne sceglierebbe una fra mille; Questo, perché; mille fiate inante
ma disleale e di sì; rea natura, già; ripreso l'avea di quello amore,
che potresti cercar cittadi e ville, di lui più; saggio, il fratello Aquilante,
la terra ferma e l'isole del mare, e cercato colei trargli del core,
né; credo ch'una le trovassi pare. colei ch'al suo giudicio era di quante
femine rie si trovin la peggiore.
102 Grifon l'escusa, se 'l fratel la danna;
Ne la città; di Costantin lasciata e le più; volte il parer proprio inganna.
grave l'avea di febbre acuta e fiera.
Or quando rivederla alla tornata 105
più; che mai bella, e di goderla spera, Però; fece pensier, senza parlarne
ode il meschin, ch'in Antiochia andata con Aquilante, girsene soletto
dietro un suo nuovo amante ella se n'era, sin dentro d'Antiochia, e quindi trarne
non le parendo ormai di più; patire colei che tratto il cor gli avea del petto;
ch'abbia in sì; fresca età; sola a dormire. trovar colui che gli l'ha tolta, e farne
vendetta tal, che ne sia sempre detto.
103 Dirò;, come ad effetto il pensier messe,
Da indi in qua ch'ebbe la trista nuova, nell'altro canto, e ciò; che ne successe.
sospirava Grifon notte e dì; sempre.
Ogni piacer ch'agli altri aggrada e giova,
par ch'a costui più; l'animo distempre: CANTO SEDICESIMO
pensilo ognun, ne li cui danni pruova
Amor, se li suoi strali han buone tempre.
Ed era grave sopra ogni martire, 1
che 'l mal ch'avea si vergognava a dire. Gravi pene in amor si provan molte,
di che patito io n'ho la maggior parte,

253
e quelle in danno mio sì; ben raccolte, 4
ch'io ne posso parlar come per arte. In questo caso è; il giovene Grifone,
Però; s'io dico e s'ho detto altre volte, che non si può; emendare, e il suo error vede,
e quando in voce e quando in vive carte, vede quanto vilmente il suo cor pone
ch'un mal sia lieve, un altro acerbo e fiero, in Orrigille iniqua e senza fede;
date credenza al mio giudicio vero. pur dal mal uso è; vinta la ragione,
e pur l'arbitrio all'appetito cede:
2 perfida sia quantunque, ingrata e ria,
Io dico e dissi, e dirò; fin ch'io viva, sforzato è; di cercar dove ella sia.
che chi si truova in degno laccio preso,
se ben di sé; vede sua donna schiva, 5
se in tutto aversa al suo desire acceso; Dico, la bella istoria ripigliando,
se bene Amor d'ogni mercede il priva, ch'uscì; de la città; secretamente,
poscia che 'l tempo e la fatica ha speso; né; parlarne s'ardì; col fratel, quando
pur ch'altamente abbia locato il core, ripreso invan da lui ne fu sovente.
pianger non de', se ben languisce e muore. Verso Rama, a sinistra declinando,
prese la via più; piana e più; corrente.
3 Fu in sei giorni a Damasco di Soria;
Pianger de' quel che già; sia fatto servo indi verso Antiochia se ne gì;a.
di duo vaghi occhi e d'una bella treccia,
sotto cui si nasconda un cor protervo, 6
che poco puro abbia con molta feccia. Scontrò; presso a Damasco il cavalliero
Vorria il miser fuggire; e come cervo a cui donato aveva Orrigille il core:
ferito, ovunque va, porta la freccia: e convenian di rei costumi in vero,
ha di se stesso e del suo amor vergogna, come ben si convien l'erba col fiore;
né; l'osa dire, e invan sanarsi agogna. che l'uno e l'altro era di cor leggiero,
perfido l'uno e l'altro e traditore;

254
e copria l'uno e l'altro il suo difetto, che non appar in lei segno di tema.
con danno altrui, sotto cortese aspetto. Col drudo avendo già; l'astuzia ordita,
corre, e fingendo una letizia estrema,
7 verso Grifon l'aperte braccia tende,
Come io vi dico, il cavallier venì;a lo stringe al collo, e gran pezzo ne pende.
s'un gran destrier con molta pompa armato:
la perfida Orrigille in compagnia, 10
in un vestire azzur d'oro fregiato, Dopo, accordando affettuosi gesti
e duo valletti, donde si servia alla suavità; de le parole,
a portar elmo e scudo, aveva allato; dicea piangendo: - Signor mio, son questi
come quel che volea con bella mostra debiti premi a chi t'adora e cole?
comparire in Damasco ad una giostra. che sola senza te già; un anno resti,
e va per l'altro, e ancor non te ne duole?
8 E s'io stava aspettare il suo ritorno,
Una splendida festa che bandire non so se mai veduto avrei quel giorno!
fece il re di Damasco in quelli giorni,
era cagion di far quivi venire 11
i cavallier quanto potean più; adorni. Quando aspettava che di Nicosia,
Tosto che la puttana comparire dove tu te n'andasti alla gran corte,
vede Grifon, ne teme oltraggi e scorni: tornassi a me che con la febbre ria
sa che l'amante suo non è; sì; forte, lasciata avevi in dubbio de la morte,
che contra lui l'abbia a campar da morte. intesi che passato eri in Soria:
il che a patir mi fu sì; duro e forte,
9 che non sapendo come io ti seguissi,
Ma sì; come audacissima e scaltrita, quasi il cor di man propria mi traffissi.
ancor che tutta di paura trema,
s'acconcia il viso, e sì; la voce aita, 12

255
Ma Fortuna di me con doppio dono d'accarezzar non cessa il cavalliero.
mostra d'aver, quel che non hai tu, cura:
mandommi il fratel mio, col quale io sono 15
sin qui venuta del mio onor sicura; E con lui se ne vien verso le porte
ed or mi manda questo incontro buono di Damasco, e da lui sente tra via,
di te, ch'io stimo sopra ogni aventura: che là; dentro dovea splendida corte
e bene a tempo il fa; che più; tardando, tenere il ricco re de la Soria;
morta sarei, te, signor mio, bramando. - e ch'ognun quivi, di qualunque sorte,
o sia cristiano, o d'altra legge sia,
13 dentro e di fuori ha la città; sicura
E seguitò; la donna fraudolente, per tutto il tempo che la festa dura.
di cui l'opere fur più; che di volpe,
la sua querela così; astutamente, 16
che riversò; in Grifon tutte le colpe. Non però; son di seguitar sì; intento
Gli fa stimar colui, non che parente, l'istoria de la perfida Orrigille,
ma che d'un padre seco abbia ossa e polpe: ch'a' giorni suoi non pur un tradimento
e con tal modo sa tesser gl'inganni, fatto agli amanti avea, ma mille e mille;
che men verace par Luca e Giovanni. ch'io non ritorni a riveder dugento
mila persone, o più; de le scintille
14 del fuoco stuzzicato, ove alle mura
Non pur di sua perfidia non riprende di Parigi facean danno e paura.
Grifon la donna iniqua più; che bella;
non pur vendetta di colui non prende, 17
che fatto s'era adultero di quella: Io vi lasciai, come assaltato avea
ma gli par far assai, se si difende Agramante una porta de la terra,
che tutto il biasmo in lui non riversi ella; che trovar senza guardia si credea:
e come fosse suo cognato vero, né; più; riparo altrove il passo serra;

256
perché; in persona Carlo la tenea, di questo Saracin tanto sicuro,
ed avea seco i mastri de la guerra, che morte le sue genti avea lasciate
duo Guidi, duo Angelini; uno Angeliero, tra il secondo riparo e 'l primo muro,
Avino, Avolio, Otone e Berlingiero. da la rapace fiamma devorate,
che non fu mai spettacolo più; oscuro.
18 Dissi ch'entrò; d'un salto ne la terra
Inanzi a Carlo, inanzi al re Agramante sopra la fossa che la cinge e serra.
l'un stuolo e l'altro si vuol far vedere,
ove gran loda, ove mercé; abondante 21
si può; acquistar, facendo il suo dovere. Quando fu noto il Saracino atroce
I Mori non però; fer pruove tante, all'arme istrane, alla scagliosa pelle,
che par ristoro al danno abbiano avere; là; dove i vecchi e 'l popul men feroce
perché; ve ne restar morti parecchi, tendean l'orecchie a tutte le novelle,
ch'agli altri fur di folle audacia specchi. levossi un pianto, un grido, un'alta voce,
con un batter di man ch'andò; alle stelle;
19 e chi poté; fuggir non vi rimase,
Grandine sembran le spesse saette per serrarsi ne' templi e ne le case.
dal muro sopra gli nimici sparte.
Il grido insin al ciel paura mette, 22
che fa la nostra e la contraria parte. Ma questo a pochi il brando rio conciede,
Ma Carlo un poco ed Agramante aspette; ch'intorno ruota il Saracin robusto.
ch'io vo' cantar de l'africano Marte, Qui fa restar con mezza gamba un piede,
Rodomonte terribile ed orrendo, là; fa un capo sbalzar lungi dal busto;
che va per mezzo la città; correndo. l'un tagliare a traverso se gli vede,
dal capo all'anche un altro fender giusto:
20 e di tanti ch'uccide, fere e caccia,
Non so, Signor, se più; vi ricordiate, non se gli vede alcun segnare in faccia.

257
né; quivi il Saracin fa maggior pruova
23 di gran valor, che di gran crudeltade;
Quel che la tigre de l'armento imbelle che non discerne sesso, ordine, etade.
ne' campi ircani o là; vicino al Gange,
o 'l lupo de le capre e de l'agnelle 26
nel monte che Tifeo sotto si frange; Non pur nel sangue uman l'ira si stende
quivi il crudel pagan facea di quelle de l'empio re, capo e signor degli empi,
non dirò; squadre, non dirò; falange, ma contra i tetti ancor, sì; che n'incende
ma vulgo e populazzo voglio dire, le belle case e i profanati tempi.
degno, prima che nasca, di morire. Le case eran, per quel che se n'intende,
quasi tutte di legno in quelli tempi:
24 e ben creder si può;; ch'in Parigi ora
Non ne trova un che veder possa in fronte, de le diece le sei son così; ancora.
fra tanti che ne taglia, fora e svena.
Per quella strada che vien dritto al ponte 27
di san Michel, sì; popolata e piena, Non par, quantunque il fuoco ogni cosa arda,
corre il fiero e terribil Rodomonte, che sì; grande odio ancor saziar si possa.
e la sanguigna spada a cerco mena: Dove s'aggrappi con le mani, guarda,
non riguarda né; al servo né; al signore, sì; che ruini un tetto ad ogni scossa.
né; al giusto ha più; pietà; ch'al peccatore. Signor, avete a creder che bombarda
mai non vedeste a Padova sì; grossa,
25 che tanto muro possa far cadere,
Religion non giova al sacerdote, quanto fa in una scossa il re d'Algiere.
né; la innocenza al pargoletto giova:
per sereni occhi o per vermiglie gote 28
mercé; né; donna né; donzella truova: Mentre quivi col ferro il maledetto
la vecchiezza si caccia e si percuote; e con le fiamme facea tanta guerra,

258
se di fuor Agramante avesse astretto, 31
perduta era quel dì; tutta la terra. I cariaggi e gli altri impedimenti
ma non v'ebbe agio; che gli fu interdetto con lor fece drizzar per questa strada.
dal paladin che venì;a d'Inghilterra Egli con tutto il resto de le genti
col populo alle spalle inglese e scotto, più; sopra andò; girando la contrada.
dal Silenzio e da l'angelo condotto. Seco avean navi e ponti ed argumenti
da passar Senna che non ben si guada.
29 Passato ognuno, e dietro i ponti rotti,
Dio volse che all'entrar che Rodomonte ne le lor schiere ordinò; Inglesi e Scotti.
fe' ne la terra, e tanto fuoco accese,
che presso ai muri il fior di Chiaramonte, 32
Rinaldo, giunse, e seco il campo inglese. Ma prima quei baroni e capitani
Tre leghe sopra avea gittato il ponte, Rinaldo intorno avendosi ridutti,
e torte vie da man sinistra prese; sopra la riva ch'alta era dai piani
che disegnando i barbari assalire, sì;, che poteano udirlo e veder tutti,
il fiume non l'avesse ad impedire. disse: - Signor, ben a levar le mani
avete a Dio, che qui v'abbia condutti,
30 acciò;, dopo un brevissimo sudore,
Mandato avea seimila fanti arcieri sopra ogni nazion vi doni onore.
sotto l'altiera insegna d'Odoardo,
e duomila cavalli, e più;, leggieri 33
dietro alla guida d'Ariman gagliardo; Per voi saran dui principi salvati,
e mandati gli avea per li sentieri se levate l'assedio a quelle porte:
che vanno e vengon dritto al mar picardo, il vostro re, che voi sete ubligati
ch'a porta San Martino e San Dionigi da servitù; difendere e da morte;
entrassero a soccorso di Parigi. ed uno imperator de' più; lodati
che mai tenuto al mondo abbiano corte;

259
e con loro altri re, duci e marchesi, salvando multitudine infinita?
signori e cavallier di più; paesi. Ma se da invidia o da viltà; sì; buona
e sì; santa opra rimarrà; impedita,
34 credetemi che prese quelle mura,
Sì; che, salvando una città;, non soli né; Italia né; Lamagna anco è; sicura;
Parigini ubligati vi saranno,
che molto più; che per li propri duoli, 37
timidi, afflitti e sbigottiti stanno né; qualunque altra parte ove s'adori
per le lor mogli e per li lor figliuoli quel che volse per noi pender sul legno.
ch'a un medesmo pericolo seco hanno, Né; voi crediate aver lontani i Mori,
e per le sante vergini richiuse, né; che pel mar sia forte il vostro regno:
ch'oggi non sien dei voti lor deluse: che s'altre volte quelli, uscendo fuori
di Zibeltaro e de l'Erculeo segno,
35 riportar prede da l'isole vostre,
dico, salvando voi questa cittade, che faranno or, s'avran le terre nostre?
v'ubligate non solo i Parigini,
ma d'ogn'intorno tutte le contrade. 38
Non parlo sol dei populi vicini; Ma quando ancor nessuno onor, nessuno
ma non è; terra per Cristianitade, util v'inanimasse a questa impresa,
che non abbia qua dentro cittadini: commun debito è; ben soccorrer l'uno
sì; che, vincendo, avete da tenere l'altro, che militià;n sotto una Chiesa.
che più; che Francia v'abbia obligo avere. Ch'io non vi dia rotti i nemici, alcuno
non sia chi tema, e con poca contesa;
36 che gente male esperta tutta parmi,
Se donavan gli antiqui una corona senza possanza, senza cor, senz'armi. -
a chi salvasse a un cittadin la vita,
or che degna mercede a voi si dona, 39

260
Poté; con queste e con miglior ragioni, guardavan da quel canto la campagna.
con parlare espedito e chiara voce
eccitar quei magnanimi baroni 42
Rinaldo, e quello esercito feroce: L'esercito cristian che con sì; fida
e fu, com'è; in proverbio, aggiunger sproni e sì; sicura scorta era venuto,
al buon corsier che già; ne va veloce. ch'ebbe il Silenzio e l'angelo per guida,
Finito il ragionar, fece le schiere non poté; ormai patir più; di star muto.
muover pian pian sotto le lor bandiere. Sentiti gli nimici, alzò; le grida,
e de le trombe udir fe' il suono arguto:
40 e con l'alto rumor ch'arrivò; al cielo,
Senza strepito alcun, senza rumore mandò; ne l'ossa a' Saracini il gelo.
fa il tripartito esercito venire:
lungo il fiume a Zerbin dona l'onore 43
di dover prima i barbari assalire; Rinaldo inanzi agli altri il destrier punge;
e fa quelli d'Irlanda con maggiore e con la lancia per cacciarla in resta
volger di via più; tra campagna gire; lascia gli Scotti un tratto d'arco lunge,
e i cavallieri e i fanti d'Inghilterra ch'ogni indugio a ferir sì; lo molesta.
col duca di Lincastro in mezzo serra. Come groppo di vento talor giunge,
che si tra' dietro un'orrida tempesta,
41 tal fuor di squadra il cavallier gagliardo
Drizzati che gli ha tutti al lor camino, venì;a spronando il corridor Baiardo.
cavalca il paladin lungo la riva,
e passa inanzi al buon duca Zerbino 44
e a tutto il campo che con lui veniva; Al comparir del paladin di Francia,
tanto ch'al re d'Orano e al re Sobrino dan segno i Mori alle future angosce:
e agli altri lor compagni soprarriva, tremare a tutti in man vedi la lancia,
che mezzo miglio appresso a quei di Spagna i piedi in staffa, e ne l'arcion le cosce.

261
Re Puliano sol non muta guancia, e verso il re d'Oran ratto si spicca,
che questo esser Rinaldo non conosce; che la persona avea povera e trista
né; pensando trovar sì; duro intoppo, di cor, ma d'ossa e di gran polpe ricca.
gli muove il destrier contra di galoppo: Questo por tra bei colpi si può; in lista,
ben ch'in fondo allo scudo gli l'appicca:
45 e chi non vuol lodarlo, abbialo escuso,
e su la lancia nel partir si stringe, perché; non si potea giunger più; in suso.
e tutta in sé; raccoglie la persona;
poi con ambo gli sproni il destrier spinge, 48
e le redine inanzi gli abandona. Non lo ritien lo scudo, che non entre,
Da l'altra parte il suo valor non finge, ben che fuor sia d'acciar, dentro di palma;
e mostra in fatti quel ch'in nome suona, e che da quel gran corpo uscir pel ventre
quanto abbia nel giostrare e grazia ed arte, non faccia l'inequale e piccola alma.
il figliuolo d'Amone, anzi di Marte. Il destrier che portar si credea, mentre
durasse il lungo dì;, sì; grave salma,
46 riferì; in mente sua grazie a Rinaldo,
Furo al segnar degli aspri colpi, pari, ch'a quello incontro gli schivò; un gran caldo.
che si posero i ferri ambi alla testa:
ma furo in arme ed in virtù; dispari, 49
che l'un via passa, e l'altro morto resta. Rotta l'asta, Rinaldo il destrier volta
Bisognan di valor segni più; chiari, tanto legger, che fa sembrar ch'abbia ale;
che por con leggiadria la lancia in resta: e dove la più; stretta e maggior folta
ma fortuna anco più; bisogna assai; stiparsi vede, impetuoso assale.
che senza, val virtù; raro o non mai. Mena Fusberta sanguinosa in volta
che fa l'arme parer di vetro frale:
47 tempra di ferro il suo tagliar non schiva,
La buona lancia il paladin racquista, che non vada a trovar la carne viva.

262
che ferian gli Scozzesi solamente:
50 solamente i pagani eran distrutti,
Ritrovar poche tempre e pochi ferri come sol per morir fosser condutti.
può; la tagliente spada, ove s'incappi,
ma targhe, altre di cuoio, altre di cerri, 53
giupe trapunte e attorcigliati drappi. Parve più; freddo ogni pagan che ghiaccio;
Giusto è; ben dunque che Rinaldo atterri parve ogni Scotto più; che fiamma caldo.
qualunque assale, e fori e squarci e affrappi; I Mori si credean ch'avere il braccio
che non più; si difende da sua spada, dovesse ogni cristian, ch'ebbe Rinaldo.
ch'erba da falce, o da tempesta biada. Mosse Sobrino i suoi schierati avaccio,
senza aspettar che lo 'nvitasse araldo:
51 de l'altra squadra questa era migliore
La prima schiera era già; messa in rotta, di capitano, d'arme e di valore.
quando Zerbin con l'antiguardia arriva.
Il cavallier inanzi alla gran frotta 54
con la lancia arrestata ne veniva. D'Africa v'era la men trista gente;
La gente sotto il suo pennon condotta, ben che né; questa ancor gran prezzo vaglia.
con non minor fierezza lo seguiva: Dardinel la sua mosse incontinente,
tanti lupi parean, tanti leoni e male armata, e peggio usa in battaglia;
ch'andassero assalir capre o montoni. ben ch'egli in capo avea l'elmo lucente,
e tutto era coperto a piastra e a maglia.
52 Io credo che la quarta miglior sia,
Spinse a un tempo ciascuno il suo cavallo, con la qual Isolier dietro venì;a.
poi che fur presso; e sparì; immantinente
quel breve spazio, quel poco intervallo 55
che si vedea fra l'una e l'altra gente. Trasone intanto, il buon duca di Marra,
Non fu sentito mai più; strano ballo; che ritrovarsi all'alta impresa gode,

263
ai cavallieri suoi leva la sbarra, 58
e seco invita alle famose lode, Dove una squadra per stanchezza è; mossa,
poi ch'Isolier con quelli di Navarra un'altra si fa tosto andare inanti.
entrar ne la battaglia vede ed ode. Di qua di là; la gente d'arme ingrossa:
Poi mosse Ariodante la sua schiera, là; cavallieri, e qua si metton fanti.
che nuovo duca d'Albania fatt'era. La terra che sostien l'assalto, è; rossa:
mutato ha il verde ne' sanguigni manti;
56 e dov'erano i fiori azzurri e gialli,
L'alto rumor de le sonore trombe, giaceno uccisi or gli uomini e i cavalli.
de' timpani e de' barbari stromenti,
giunti al continuo suon d'archi, di frombe, 59
di machine, di ruote e di tormenti; Zerbin facea le più; mirabil pruove
e quel di che più; par che 'l ciel ribombe, che mai facesse di sua età; garzone:
gridi, tumulti, gemiti e lamenti; l'esercito pagan che 'ntorno piove,
rendeno un alto suon ch'a quel s'accorda, taglia ed uccide e mena a destruzione.
con che i vicin, cadendo, il Nilo assorda. Ariodante alle sue genti nuove
mostra di sua virtù; gran paragone;
57 e dà; di sé; timore e meraviglia
Grande ombra d'ogn'intorno il cielo involve, a quelli di Navarra e di Castiglia.
nata dal saettar de li duo campi;
l'alito, il fumo del sudor, la polve 60
par che ne l'aria oscura nebbia stampi. Chelindo e Mosco, i duo figli bastardi
Or qua l'un campo, or l'altro là; si volve: del morto Calabrun re d'Aragona,
vedresti or come un segua, or come scampi; ed un che reputato fra' gagliardi
ed ivi alcuno, o non troppo diviso, era, Calamidor da Barcelona,
rimaner morto ove ha il nimico ucciso. s'avean lasciato a dietro gli stendardi;
e credendo acquistar gloria e corona

264
per uccider Zerbin, gli furo adosso; dicendo: - Traditore, aspetta, aspetta! -
e ne' fianchi il destrier gli hanno percosso. Non va la botta ove n'andò; la mira,
non che però; lontana vi si metta;
61 lui non poté; arrivar, ma il destrier prese
Passato da tre lance il destrier morto sopra la groppa, e in terra lo distese.
cade; ma il buon Zerbin subito è; in piede;
ch'a quei ch'al suo cavallo han fatto torto, 64
per vendicarlo va dove gli vede: Colui lascia il cavallo, e via carpone
e prima a Mosco, al giovene inaccorto, va per campar, ma poco gli successe;
che gli sta sopra, e di pigliar sel crede, che venne caso che 'l duca Trasone
mena di punta, e lo passa nel fianco, gli passò; sopra, e col peso l'oppresse.
e fuor di sella il caccia freddo e bianco. Ariodante e Lurcanio si pone
dove Zerbino è; fra le genti spesse;
62 e seco hanno altri e cavallieri e conti,
Poi che si vide tor, come di furto, che fanno ogn'opra che Zerbin rimonti.
Chelindo il fratel suo, di furor pieno
venne a Zerbino, e pensò; dargli d'urto; 65
ma gli prese egli il corridor pel freno: Menava Ariodante il brando in giro,
trasselo in terra, onde non è; mai surto, e ben lo seppe Artalico e Margano;
e non mangiò; mai più; biada né; fieno; ma molto più; Etearco e Casimiro
che Zerbin sì; gran forza a un colpo mise, la possanza sentir di quella mano:
che lui col suo signor d'un taglio uccise. i primi duo feriti se ne giro,
rimaser gli altri duo morti sul piano.
63 Lurcanio fa veder quanto sia forte;
Come Calamidor quel colpo mira, che fere, urta, riversa e mette a morte.
volta la briglia per levarsi in fretta;
ma Zerbin dietro un gran fendente tira, 66

265
Non crediate, Signor, che fra campagna dannosa ai Mori ritornò; da sezzo.
pugna minor che presso al fiume sia,
né; ch'a dietro l'esercito rimagna, 69
che di Lincastro il buon duca seguia. Tutto in un tempo il duca di Glocestra
Le bandiere assalì; questo di Spagna, a Matalista fa votar l'arcione;
e molto ben di par la cosa gì;a; ferito a un tempo ne la spalla destra
che fanti, cavallieri e capitani Fieramonte riversa Follicone:
di qua e di là; sapean menar le mani. e l'un pagano e l'altro si sequestra,
e tra gl'Inglesi se ne va prigione.
67 E Baricondo a un tempo riman senza
Dinanzi vien Oldrado e Fieramonte, vita per man del duca di Chiarenza.
un duca di Glocestra, un d'Eborace;
con lor Ricardo, di Varvecia conte, 70
e di Chiarenza il duca, Enrigo audace. Indi i pagani tanto a spaventarsi,
Han Matalista e Follicone a fronte, indi i fedeli a pigliar tanto ardire,
e Baricondo ed ogni lor seguace. che quei non facean altro che ritrarsi
Tiene il primo Almeria, tiene il secondo e partirsi da l'ordine e fuggire,
Granata, tien Maiorca Baricondo. e questi andar inanzi ed avanzarsi
sempre terreno, e spingere e seguire:
68 e se non vi giungea chi lor dié; aiuto,
La fiera pugna un pezzo andò; di pare, il campo da quel lato era perduto.
che vi si discernea poco vantaggio.
Vedeasi or l'uno or l'altro ire e tornare, 71
come le biade al ventolin di maggio, Ma Ferraù;, che sin qui mai non s'era
o come sopra 'l lito un mobil mare dal re Marsilio suo troppo disgiunto,
or viene or va, né; mai tiene un viaggio. quando vide fuggir quella bandiera,
Poi che fortuna ebbe scherzato un pezzo, e l'esercito suo mezzo consunto,

266
spronò; il cavallo, e dove ardea più; fiera ch'ogni elmo rompe, ogni lorica smaglia;
la battaglia, lo spinse; e arrivò; a punto a chi segna la fronte, a chi la gota,
che vide dal destrier cadere in terra ad altri il capo, ad altri il braccio taglia;
col capo fesso Olimpio da la Serra; or questo or quel di sangue e d'alma vota:
e ferma da quel canto la battaglia,
72 onde la spaventata ignobil frotta
un giovinetto che col dolce canto, senza ordine fuggia spezzata e rotta.
concorde al suon de la cornuta cetra,
d'intenerire un cor si dava vanto, 75
ancor che fosse più; duro che pietra. Entrò; ne la battaglia il re Agramante,
Felice lui, se contentar di tanto d'uccider gente e di far pruove vago;
onor sapeasi, e scudo, arco e faretra e seco ha Baliverzo, Farurante,
aver in odio, e scimitarra e lancia, Prusion, Soridano e Bambirago.
che lo fecer morir giovine in Francia! Poi son le genti senza nome tante,
che del lor sangue oggi faranno un lago,
73 che meglio conterei ciascuna foglia,
Quando lo vide Ferraù; cadere, quando l'autunno gli arbori ne spoglia.
che solea amarlo e avere in molta estima,
si sente di lui sol via più; dolere, 76
che di mill'altri che periron prima: Agramante dal muro una gran banda
e sopra chi l'uccise in modo fere, di fanti avendo e di cavalli tolta,
che gli divide l'elmo da la cima col re di Feza subito li manda,
per la fronte, per gli occhi e per la faccia, che dietro ai padiglion piglin la volta,
per mezzo il petto, e morto a terra il caccia. e vadano ad opporsi a quei d'Irlanda,
le cui squadre vedea con fretta molta,
74 dopo gran giri e larghi avolgimenti,
Ne qui s'indugia; e il brando intorno ruota, venir per occupar gli alloggiamenti.

267
lasciato solo aveano le sue schiere,
77 volta il cavallo, e dove il campo scotto
Fu 'l re di Feza ad esequir ben presto; vede fuggir, prende la via di botto.
ch'ogni tardar troppo nociuto avria.
Raguna intanto il re Agramante il resto; 80
parte le squadre, e alla battaglia invia. Dove gli Scotti ritornar fuggendo
Egli va al fiume; che gli par ch'in questo vede, s'appara, e grida: - Or dove andate?
luogo del suo venir bisogno sia: perché; tanta viltade in voi comprendo,
e da quel canto un messo era venuto che a sì; vil gente il campo abbandonate?
del re Sobrino a domandare aiuto. Ecco le spoglie, de le quali intendo
ch'esser dovean le vostre chiese ornate.
78 Oh che laude, oh che gloria, che 'l figliuolo
Menava in una squadra più; di mezzo del vostro re si lasci a piedi e solo! -
il campo dietro; e sol del gran rumore
tremar gli Scotti, e tanto fu il ribrezzo, 81
ch'abbandonavan l'ordine e l'onore. D'un suo scudier una grossa asta afferra,
Zerbin, Lurcanio e Ariodante in mezzo e vede Prusion poco lontano,
vi restar soli incontra a quel furore; re d'Alvaracchie, e adosso se gli serra,
e Zerbin, ch'era a pié;, vi peria forse, e de l'arcion lo porta morto al piano.
ma'l buon Rinaldo a tempo se n'accorse. Morto Agricalte e Bambirago atterra:
dopo fere aspramante Soridano;
79 e come gli altri l'avria messo a morte,
Altrove intanto il paladin s'avea se nel ferir la lancia era più; forte.
fatto inanzi fuggir cento bandiere.
Or che l'orecchie la novella rea 82
del gran periglio di Zerbin gli fere, Stringe Fusberta, poi che l'asta è; rotta,
ch'a piedi fra la gente cirenea e tocca Serpentin, quel da la Stella.

268
Fatate l'arme avea, ma quella botta 85
pur tramortito il manda fuor di sella. Mentre di fuor con sì; crudel battaglia,
E così; al duca de la gente scotta odio, rabbia, furor l'un l'altro offende,
fa piazza intorno spaziosa e bella; Rodomonte in Parigi il popul taglia,
sì; che senza contesa un destrier puote le belle case e i sacri templi accende.
salir di quei che vanno a selle vote. Carlo, ch'in altra parte si travaglia,
questo non vede, e nulla ancor ne 'ntende:
83 Odoardo raccoglie ed Arimanno
E ben si ritrovò; salito a tempo, ne la città;, col lor popul britanno.
che forse nol facea, se più; tardava:
perché; Agramante e Dardinello a un tempo, 86
Sobrin col re Balastro v'arrivava. A lui venne un scudier pallido in volto,
Ma egli, che montato era per tempo, che potea a pena trar del petto il fiato.
di qua e di là; col brando s'aggirava, - Ahimè;! signor, ahimè; - replica molto,
mandando or questo or quel giù; ne l'inferno prima ch'abbia a dir altro incominciato:
a dar notizia del viver moderno. - Oggi il romano Imperio, oggi è; sepolto;
oggi ha il suo popul Cristo abandonato:
84 il demonio dal cielo è; piovuto oggi,
Il buon Rinaldo, il quale a porre in terra perché; in questa città; più; non s'alloggi.
i più; dannosi avea sempre riguardo,
la spada contra il re Agramante afferra, 87
che troppo gli parea fiero e gagliardo Satanasso (perch'altri esser non puote)
(facea egli sol più; che mille altri guerra); strugge e ruina la città; infelice.
e se gli spinse adosso con Baiardo: Volgiti e mira le fumose ruote
lo fere a un tempo ed urta di traverso, de la rovente fiamma predatrice;
sì; che lui col destrier manda riverso. ascolta il pianto che nel ciel percuote;
e faccian fede a quel che 'l servo dice.

269
Un solo è; quel ch'a ferro e a fuoco strugge 1
la bella terra, e inanzi ognun gli fugge. - Il giusto Dio, quando i peccati nostri
hanno di remission passato il segno,
88 acciò; che la giustizia sua dimostri
Quale è; colui che prima oda il tumulto, uguale alla pietà;, spesso dà; regno
e de le sacre squille il batter spesso, a tiranni atrocissimi ed a mostri,
che vegga il fuoco a nessun altro occulto, e dà; lor forza e di mal fare ingegno.
ch'a sé;, che più; gli tocca, e gli è; più; presso; Per questo Mario e Silla pose al mondo,
tal è; il re Carlo, udendo il nuovo insulto, e duo Neroni e Caio furibondo,
e conoscendol poi con l'occhio istesso:
onde lo sforzo di sua miglior gente 2
al grido drizza e al gran rumor che sente. Domiziano e l'ultimo Antonino;
e tolse da la immonda e bassa plebe,
89 ed esaltò; all'imperio Massimino;
Dei paladini e dei guerrier più; degni e nascer prima fe' Creonte a Tebe;
Carlo si chiama dietro una gran parte, e dié; Mezenzio al populo Agilino,
e vêr la piazza fa drizzare i segni; che fe' di sangue uman grasse le glebe;
che 'l pagan s'era tratto in quella parte. e diede Italia a tempi men remoti
Ode il rumor, vede gli orribil segni in preda agli Unni, ai Longobardi, ai Goti.
di crudeltà;, l'umane membra sparte.
Ora non più;: ritorni un'altra volta 3
chi voluntier la bella istoria ascolta. Che d'Atila dirò;? che de l'iniquo
Ezzellin da Roman? che d'aItri cento?
che dopo un lungo andar sempre in obliquo,
CANTO DICIASSETTESIMO ne manda Dio per pena e per tormento.
Di questo abbià;n non pur al tempo antiquo,
ma ancora al nostro, chiaro esperimento,

270
quando a noi, greggi inutili e malnati, con stupri, uccision, rapine ed onte:
ha dato per guardian lupi arrabbiati: ma più; di tutti gli altri danni, foro
gravati dal furor di Rodomonte.
4 Dissi ch'ebbe di lui la nuova Carlo,
a cui non par ch'abbi a bastar lor fame, e che 'n piazza venia per ritrovarlo.
ch'abbi il lor ventre a capir tanta carne;
e chiaman lupi di più; ingorde brame 7
da boschi oltramontani a divorarne. Vede tra via la gente sua troncata,
Di Trasimeno l'insepulto ossame arsi i palazzi, e ruinati i templi,
e di Canne e di Trebia poco parne gran parte de la terra desolata;
verso quel che le ripe e i campi ingrassa, mai non si vider sì; crudeli esempli.
dov'Ada e Mella e Ronco e Tarro passa. - Dove fuggite, turba spaventata?
Non è; tra voi chi 'l danno suo contempli?
5 Che città;, che refugio più; vi resta,
Or Dio consente che noi sià;n puniti quando si perda sì; vilmente questa?
da populi di noi forse peggiori,
per li multiplicati ed infiniti 8
nostri nefandi, obbrobriosi errori. Dunque un uom solo in vostra terra preso,
Tempo verrà; ch'a depredar lor liti cinto di mura onde non può; fuggire,
andremo noi, se mai saren migliori, si partirà; che non l'avrete offeso,
e che i peccati lor giungano al segno, quando tutti v'avrà; fatto morire? -
che l'eterna Bontà; muovano a sdegno. Così; Carlo dicea, che d'ira acceso
tanta vergogna non potea patire.
6 E giunse dove inanti alla gran corte
Doveano allora aver gli eccessi loro vide il pagan por la sua gente a morte.
di Dio turbata la serena fronte,
che scórse ogni lor luogo il Turco e 'l Moro 9

271
Quivi gran parte era del populazzo, dovunque passa, ogn'animal dà; loco.
sperandovi trovare aiuto, ascesa;
perché; forte di mura era il palazzo, 12
con munizion da far lunga difesa. Non sasso, merlo, trave, arco o balestra,
Rodomonte, d'orgoglio e d'ira pazzo, né; ciò; che sopra il Saracin percuote,
solo s'avea tutta la piazza presa: ponno allentar la sanguinosa destra
e l'una man, che prezza il mondo poco, che la gran porta taglia, spezza e scuote:
ruota la spada, e l'altra getta il fuoco. e dentro fatto v'ha tanta finestra,
che ben vedere e veduto esser puote
10 dai visi impressi di color di morte,
E de la regal casa, alta e sublime, che tutta piena quivi hanno la corte.
percuote e risuonar fa le gran porte.
Gettan le turbe da le eccelse cime 13
e merli e torri, e si metton per morte. Suonar per gli alti e spaziosi tetti
Guastare i tetti non è; alcun che stime; s'odono gridi e feminil lamenti:
e legne e pietre vanno ad una sorte, l'afflitte donne, percotendo i petti,
lastre e colonne, e le dorate travi corron per casa pallide e dolenti;
che furo in prezzo agli lor padri e agli avi. e abbraccian gli usci e i geniali letti
che tosto hanno a lasciare a strane genti.
11 Tratta la cosa era in periglio tanto,
Sta su la porta il re d'Algier, lucente quando 'l re giunse, e suoi baroni accanto.
di chiaro acciar che 'l capo gli arma e 'l busto,
come uscito di tenebre serpente, 14
poi c'ha lasciato ogni squalor vetusto, Carlo si volse a quelle man robuste
del nuovo scoglio altiero, e che si sente ch'ebbe altre volte a gran bisogni pronte.
ringiovenito e più; che mai robusto: - Non sè;te quelli voi, che meco fuste
tre lingue vibra, ed ha negli occhi foco; contra Agolante (disse) in Aspramonte?

272
Sono le forze vostre ora sì; fruste, di parlar d'ira e di cantar di morte;
che, s'uccideste lui, Troiano e Almonte e sia per questa volta detto assai
con centomila, or ne temete un solo del Saracin non men crudel che forte:
pur di quel sangue e pur di quello stuolo? che tempo è; ritornar dov'io lasciai
Grifon, giunto a Damasco in su le porte
15 con Orrigille perfida, e con quello
Perché; debbo vedere in voi fortezza ch'adulter era, e non di lei fratello.
ora minor ch'io la vedessi allora?
Mostrate a questo can vostra prodezza, 18
a questo can che gli uomini devora. De le più; ricche terre di Levante,
Un magnanimo cor morte non prezza, de le più; populose e meglio ornate
presta o tarda che sia, pur che ben muora. si dice esser Damasco, che distante
Ma dubitar non posso ove voi sè;te, siede a Ierusalem sette giornate,
che fatto sempre vincitor m'avete. - in un piano fruttifero e abondante,
non men giocondo il verno, che l'estate.
16 A questa terra il primo raggio tolle
Al fin de le parole urta il destriero, de la nascente aurora un vicin colle.
con l'asta bassa, al Saracino adosso.
Mossesi a un tratto il paladino Ugiero, 19
a un tempo Namo ed Ulivier si è; mosso, Per la città; duo fiumi cristallini
Avino, Avolio, Otone e Berlingiero, vanno inaffiando per diversi rivi
ch'un senza l'altro mai veder non posso: un numero infinito di giardini,
e ferir tutti sopra a Rodomonte non mai di fior, non mai di fronde privi.
e nel petto e nei fianchi e ne la fronte. Dicesi ancor, che macinar molini
potrian far l'acque lanfe che son quivi;
17 e chi va per le vie vi sente, fuore
Ma lasciamo, per Dio, Signore, ormai di tutte quelle case, uscire odore.

273
di nulla lasciò; lor patir disagio.
20 Li fe' nel bagno entrar, poi con serena
Tutta coperta è; la strada maestra fronte gli accolse a sontuosa cena.
di panni di diversi color lieti;
e d'odorifera erba, e di silvestra 23
fronda la terra e tutte le pareti. E narrò; lor come il re Norandino,
Adorna era ogni porta, ogni finestra re di Damasco e di tutta Soria,
di finissimi drappi e di tapeti, fatto avea il paesano e 'l peregrino
ma più; di belle e ben ornate donne ch'ordine avesse di cavalleria,
di ricche gemme e di superbe gonne. alla giostra invitar, ch'al matutino
del dì; sequente in piazza si faria;
21 e che s'avean valor pari al sembiante,
Vedeasi celebrar dentr'alle porte, potrian mostrarlo senza andar più; inante.
in molti lochi, solazzevol balli;
il popul, per le vie, di miglior sorte 24
maneggiar ben guarniti e bei cavalli: Ancor che quivi non venne Grifone
facea più; bel veder la ricca corte a questo effetto, pur lo 'nvito tenne;
de' signor, de' baroni e de' vasalli, che qual volta se n'abbia occasione,
con ciò; che d'India e d'eritree maremme mostrar virtude mai non disconvenne.
di perle aver si può;, d'oro e di gemme. Interrogollo poi de la cagione
di quella festa, e s'ella era solenne
22 usata ogn'anno, o pure impresa nuova
Venia Grifone e la sua compagnia del re ch'i suoi veder volesse in pruova.
mirando e quinci e quindi il tutto ad agio,
quando fermolli un cavalliero in via, 25
e gli fece smontare a un suo palagio; Rispose il cavallier: - La bella festa
e per l'usanza e per sua cortesia s'ha da far sempre ad ogni quarta luna:

274
de l'altre che verran, la prima è; questa: 28
ancora non se n'è; fatta più; alcuna. Piantare i padiglioni, e le cortine
Sarà; in memoria che salvò; la testa fra gli arbori tirar facemo lieti.
il re in tal giorno da una gran fortuna, S'apparechiano i fuochi e le cucine;
dopo che quattro mesi in doglie e 'n pianti le mense d'altra parte in su tapeti.
sempre era stato, e con la morte inanti. Intanto il re cercando alle vicine
valli era andato e a' boschi più; secreti,
26 se ritrovasse capre o daini o cervi;
Ma per dirvi la cosa pienamente, e l'arco gli portar dietro duo servi.
il nostro re, che Norandin s'appella,
molti e molt'anni ha avuto il core ardente 29
de la leggiadra e sopra ogn'altra bella Mentre aspettamo, in gran piacer sedendo,
figlia del re di Cipro: e finalmente che da cacciar ritorni il signor nostro,
avutala per moglie, iva con quella, vedemo l'Orco a noi venir correndo
con cavallieri e donne in compagnia; lungo il lito del mar, terribil mostro.
e dritto avea il camin verso Soria. Dio vi guardi, signor, che 'l viso orrendo
de l'Orco agli occhi mai vi sia dimostro:
27 meglio è; per fama aver notizia d'esso,
Ma poi che fummo tratti a piene vele ch'andargli, si che lo veggiate, appresso.
lungi dal porto nel Carpazio iniquo,
la tempesta saltò; tanto crudele, 30
che sbigottì; sin al padrone antiquo. Non gli può; comparir quanto sia lungo,
Tre dì; e tre notti andammo errando ne le sì; smisuratamente è; tutto grosso.
minacciose onde per camino obliquo. In luogo d'occhi, di color di fungo
Uscimo al fin nel lito stanchi e molli, sotto la fronte ha duo coccole d'osso.
tra freschi rivi, ombrosi e verdi colli. Verso noi vien (come vi dico) lungo
il lito, e par ch'un monticel sia mosso.

275
Mostra le zanne fuor, come fa il porco; come esser soglia ancor non scritto foglio.
ha lungo il naso, il sen bavoso e sporco. Quivi abitava una matrona seco,
di dolor piena in vista e di cordoglio;
31 ed avea in compagnia donne e donzelle
Correndo viene, e 'l muso a guisa porta d'ogni età;, d'ogni sorte, e brutte e belle.
che 'l bracco suol, quando entra in su la traccia.
Tutti che lo veggiam, con faccia smorta 34
in fuga andamo ove il timor ne caccia. Era presso alla grotta in ch'egli stava,
Poco il veder lui cieco ne conforta, quasi alla cima del giogo superno,
quando, fiutando sol, par che più; faccia, un'altra non minor di quella cava,
ch'altri non fa, ch'abbia odorato e lume: dove del gregge suo facea governo.
e bisogno al fuggire eran le piume. Tanto n'avea, che non si numerava;
e n'era egli il pastor l'estate e 'l verno.
32 Ai tempi suoi gli apriva e tenea chiuso,
Corron chi qua chi là;; ma poco lece per spasso che n'avea, più; che per uso.
da lui fuggir, veloce più; che 'l Noto.
Di quaranta persone, a pena diece 35
sopra il navilio si salvaro a nuoto. L'umana carne meglio gli sapeva:
Sotto il braccio un fastel d'alcuni fece, e prima il fa veder ch'all'antro arrivi;
né; il grembio si lasciò; né; il seno voto; che tre de' nostri giovini ch'aveva,
un suo capace zaino empissene anco, tutti li mangia, anzi trangugia vivi.
che gli pendea, come a pastor, dal fianco. Viene alla stalla, e un gran sasso ne leva:
ne caccia il gregge, e noi riserra quivi.
33 Con quel sen va dove il suol far satollo,
Portò;ci alla sua tana il mostro cieco, sonando una zampogna ch'avea in collo.
cavata in lito al mar dentr'uno scoglio.
Di marmo così; bianco è; quello speco, 36

276
Il signor nostro intanto ritornato ch'affamato ritorni a divorarci.
alla marina, il suo danno comprende;
che truova gran silenzio in ogni lato, 39
voti frascati, padiglioni e tende. Quivi Fortuna il re da tempo guida,
Né; sa pensar chi sì; l'abbia rubato; che senza l'Orco in casa era la moglie.
e pien di gran timore al lito scende, Come ella 'l vede: - Fuggine! (gli grida)
onde i nocchieri suoi vede in disparte misero te, se l'Orco ti ci coglie! -
sarpar lor ferri e in opra por le sarte. - Coglia (disse) o non coglia, o salvi o uccida,
che miserrimo i' sia non mi si toglie.
37 Disir mi mena, e non error di via,
Tosto ch'essi lui veggiono sul lito, c'ho di morir presso alla moglie mia. -
il palischermo mandano a levarlo:
ma non sì; tosto ha Norandino udito 40
de l' Orco che venuto era a rubarlo, Poi seguì;, dimandandole novella
che, senza più; pensar, piglia partito, di quei che prese l'Orco in su la riva;
dovunque andato sia, di seguitarlo. prima degli altri, di Lucina bella,
Vedersi tor Lucina sì; gli duole, se l'avea morta, o la tenea captiva.
ch'o racquistarla, o non più; viver vuole. La donna umanamente gli favella,
e lo conforta, che Lucina è; viva,
38 e che non è; alcun dubbio ch'ella muora;
Dove vede apparir lungo la sabbia che mai femina l'Orco non divora.
la fresca orma, ne va con quella fretta
con che lo spinge l'amorosa rabbia, 41
fin che giunge alla tana ch'io v'ho detta; - Esser di ciò; argumento ti poss'io,
ove con tema la maggior che s'abbia e tutte queste donne che son meco:
a patir mai, l'Orco da noi s'aspetta: né; a me né; a lor mai l'Orco è; stato rio,
ad ogni suono di sentirlo parci, pur che non ci scostian da questo speco.

277
A chi cerca fuggir, pon grave fio; se non vedea la sua Lucina prima;
né; pace mai puon ritrovar più; seco: e che più; tosto appresso a lei morire,
o le sotterra vive, o l'incatena, che viverne lontan, faceva stima.
o fa star nude al sol sopra l'arena. Quando vede ella non potergli dire
cosa che 'l muova da la voglia prima,
42 per aiutarlo fa nuovo disegno,
Quando oggi egli portò; qui la tua gente, e ponvi ogni sua industria, ogni suo ingegno.
le femine dai maschi non divise;
ma, sì; come gli avea, confusamente 45
dentro a quella spelonca tutti mise. Morte avea in casa, e d'ogni tempo appese,
Sentirà; a naso il sesso differente. con lor mariti, assai capre ed agnelle,
Le donne non temer che sieno uccise: onde a sé; ed alle sue facea le spese;
gli uomini, siene certo; ed empieranne e dal tetto pendea più; d'una pelle.
di quattro, il giorno, o sei, l'avide canne. La donna fe' che 'l re del grasso prese,
ch'avea un gran becco intorno alle budelle,
43 e che se n'unse dal capo alle piante,
Di levar lei di qui non ho consiglio fin che l'odor cacciò; ch'egli ebbe inante.
che dar ti possa; e contentar ti puoi
che ne la vita sua non è; periglio: 46
starà; qui al ben e al mal ch'avremo noi. E poi che 'l tristo puzzo aver le parve,
Ma vattene, per Dio, vattene, figlio, di che il fetido becco ognora sape,
che l'Orco non ti senta e non t'ingoi. piglia l'irsuta pelle, e tutto entrarve
Tosto che giunge, d'ogn'intorno annasa, lo fe'; ch'ella è; sì; grande che lo cape.
e sente sin a un topo che sia in casa. - Coperto sotto a così; strane larve,
facendol gir carpon, seco lo rape
44 là; dove chiuso era d'un sasso grave
Rispose il re, non si voler partire, de la sua donna il bel viso soave.

278
non posso far ch'ancor non trieme e sude.
47 Partito l'Orco, il re getta la gonna
Norandino ubidisce; ed alla buca ch'avea di becco, e abbraccia la sua donna.
de la spelonca ad aspettar si mette,
acciò; col gregge dentro si conduca; 50
e fin a sera disiando stette. Dove averne piacer deve e conforto,
Ode la sera il suon de la sambuca, vedendol quivi, ella n'ha affanno e noia:
con che 'nvita a lassar l'umide erbette, lo vede giunto ov'ha da restar morto;
e ritornar le pecore all'albergo e non può; far però; ch'essa non muoia.
il fier pastor che lor venì;a da tergo. - Con tutto 'l mal (diceagli) ch'io supporto,
signor, sentia non mediocre gioia,
48 che ritrovato non t'eri con nui
Pensate voi se gli tremava il core, quando da l'Orco oggi qui tratta fui.
quando l'Orco sentì; che ritornava,
e che 'l viso crudel pieno d'orrore 51
vide appressare all'uscio de la cava; Che se ben il trovarmi ora in procinto
ma poté; la pietà; più; che 'l timore: d'uscir di vita m'era acerbo e forte;
s'ardea, vedete, o se fingendo amava. pur mi sarei, come è; commune istinto,
Vien l'Orco inanzi, e leva il sasso, ed apre: dogliuta sol de la mia trista sorte:
Norandino entra fra pecore e capre. ma ora, o prima o poi che tu sia estinto,
più; mi dorrà; la tua che la mia morte. -
49 E seguitò;, mostrando assai più; affanno
Entrato il gregge, l'Orco a noi descende; di quel di Norandin, che del suo danno.
ma prima sopra sé; l'uscio si chiude.
Tutti ne va fiutando: al fin duo prende; 52
che vuol cenar de le lor carni crude. - La speme (disse il re) mi fa venire,
Al rimembrar di quelle zanne orrende, c'ho di salvarti, e tutti questi teco:

279
e s'io nol posso far, meglio è; morire, 55
che senza te, mio sol, viver poi cieco. Tenea la mano al buco de la tana,
Come io ci venni, mi potrò; partire; acciò; col gregge non uscissin noi:
e voi tutt'altri ne verrete meco, ci prendea al varco; e quando pelo o lana
se non avrete, come io non ho avuto, sentia sul dosso, ne lasciava poi.
schivo a pigliare odor d'animal bruto. - Uomini e donne uscimmo per sì; strana
strada, coperti dagl'irsuti cuoi:
53 e l'Orco alcun di noi mai non ritenne,
La fraude insegnò; a noi, che contra il naso fin che con gran timor Lucina venne.
de l'Orco insegnò; a lui la moglie d'esso;
di vestirci le pelli, in ogni caso 56
ch'egli ne palpi ne l'uscir del fesso. Lucina, o fosse perch'ella non volle
Poi che di questo ognun fu persuaso; ungersi come noi, che schivo n'ebbe;
quanti de l'un, quanti de l'altro sesso o ch'avesse l'andar più; lento e molle,
ci ritroviamo, uccidian tanti becchi, che l'imitata bestia non avrebbe;
quelli che più; fetean, ch'eran più; vecchi. o quando l'Orco la groppa toccolle,
gridasse per la tema che le accrebbe;
54 o che se le sciogliessero le chiome;
Ci ungemo i corpi di quel grasso opimo sentita fu, né; ben so dirvi come.
che ritroviamo all'intestina intorno,
e de l'orride pelli ci vestimo. 57
Intanto uscì; da l'aureo albergo il giorno. Tutti eravam sì; intenti al caso nostro,
Alla spelonca, come apparve il primo che non avemmo gli occhi agli altrui fatti.
raggio del sol, fece il pastor ritorno; Io mi rivolsi al grido; e vidi il mostro
e dando spirto alle sonore canne, che già; gl'irsuti spogli le avea tratti,
chiamò; il suo gregge fuor de le capanne. e fattola tornar nel cavo chiostro.
Noi altri dentro a nostre gonne piatti

280
col gregge andamo ove 'l pastor ci mena, chiama Lucina d'ogni mal nocente,
tra verdi colli in una piaggia amena. e la condanna a star sempre in catena
allo scoperto in sul sasso eminente.
58 Vedela il re per sua cagion patire,
Quivi attendiamo infin che steso all'ombra e si distrugge, e sol non può; morire.
d'un bosco opaco il nasuto Orco dorma.
Chi lungo il mar, chi verso 'l monte sgombra: 61
sol Norandin non vuol seguir nostr'orma. Matina e sera l'infelice amante
L'amor de la sua donna sì; lo 'ngombra, la può; veder come s'affliga e piagna;
ch'alla grotta tornar vuol fra la torma, che le va misto fra le capre avante,
né; partirsene mai sin alla morte, torni alla stalla o torni alla campagna.
se non racquista la fedel consorte: Ella con viso mesto e supplicante
gli accenna che per Dio non vi rimagna,
59 perché; vi sta a gran rischio de la vita,
che quando dianzi avea all'uscir del chiuso né; però; a lei può; dare alcuna aita.
vedutala restar captiva sola,
fu per gittarsi, dal dolor confuso, 62
spontaneamente al vorace Orco in gola; Così; la moglie ancor de l'Orco priega
e si mosse, e gli corse infino al muso, il re che se ne vada, ma non giova;
né; fu lontano a gir sotto la mola: che d'andar mai senza Lucina niega,
ma pur lo tenne in mandra la speranza e sempre più; costante si ritruova.
ch'avea di trarla ancor di quella stanza. In questa servitude, in che lo lega
Pietate e Amor, stette con lunga pruova
60 tanto, ch'a capitar venne a quel sasso
La sera, quando alla spelonca mena il figlio d'Agricane e 'l re Gradasso.
il gregge l'Orco, e noi fuggiti sente,
e c'ha da rimaner privo di cena, 63

281
Dove con loro audacia tanto fenno, e son tre mesi ch'arrivò; in Soria.
che liberaron la bella Lucina;
ben che vi fu aventura più; che senno: 66
e la portar correndo alla marina; In Rodi, in Cipro, e per città; e castella
e al padre suo, che quivi era, la denno: e d'Africa e d'Egitto e di Turchia,
e questo fu ne l'ora matutina, il re cercar fe' di Lucina bella;
che Norandin con l'altro gregge stava né; fin l'altr'ieri aver ne poté; spia.
a ruminar ne la montana cava. L'altr'ier n'ebbe dal suocero novella,
che seco l'avea salva in Nicosia,
64 dopo che molti dì; vento crudele
Ma poi che 'l giorno aperta fu la sbarra, era stato contrario alle sue vele.
e seppe il re la donna esser partita
(che la moglie de l'Orco gli lo narra), 67
e come a punto era la cosa gita; Per allegrezza de la buona nuova
grazie a Dio rende, e con voto n'inarra, prepara il nostro re la ricca festa;
ch'essendo fuor di tal miseria uscita, e vuol ch'ad ogni quarta luna nuova,
faccia che giunga onde per arme possa, una se n'abbia a far simile a questa:
per prieghi o per tesoro, esser riscossa. che la memoria rifrescar gli giova
dei quattro mesi che 'n irsuta vesta
65 fu tra il gregge de l'Orco; e un giorno, quale
Pien di letizia va con l'altra schiera sarà; dimane, uscì; di tanto male.
del simo gregge, e viene ai verdi paschi;
e quivi aspetta fin ch'all'ombra nera 68
il mostro per dormir ne l'erba caschi. Questo ch'io v'ho narrato, in parte vidi,
Poi ne vien tutto il giorno e tutta sera; in parte udi' da chi trovossi al tutto;
e al fin sicur che l'Orco non lo 'ntaschi, dal re, vi dico, che calende ed idi
sopra un navilio monta in Satalia; vi stette, fin che volse in riso il lutto:

282
e se n'udite mai far altri gridi, armossi seco, e compagnia gli tenne.
direte a chi gli fa, che mal n'è; istrutto. - Preparate avea lor l'oste gentile
Il gentiluomo in tal modo a Grifone nerbose lance, e salde e grosse antenne,
de la festa narrò; l'alta cagione. e del suo parentado non umì;le
compagnia tolta; e seco in piazza venne;
69 e scudieri a cavallo, e alcuni a piede,
Un gran pezzo di notte si dispensa a tal servigi attissimi, lor diede.
dai cavallieri in tal ragionamento;
e conchiudon ch'amore e pietà; immensa 72
mostrò; quel re con grande esperimento. Giunsero in piazza, e trassonsi in disparte,
Andaron, poi che si levar da mensa, né; pel campo curar far di sé; mostra,
ove ebbon grato e buono alloggiamento. per veder meglio il bel popul di Marte,
Nel seguente matin sereno e chiaro, ch'ad uno, o a dua, o a tre, veniano in giostra.
al suon de l'allegrezze si destaro. Chi con colori accompagnati ad arte
letizia o doglia alla sua donna mostra;
70 chi nel cimier, chi nel dipinto scudo
Vanno scorrendo timpani e trombette, disegna Amor, se l'ha benigno o crudo.
e ragunando in piazza la cittade.
Or, poi che de cavalli e de carrette 73
e ribombar de gridi odon le strade, Soriani in quel tempo aveano usanza
Grifon le lucide arme si rimette, d'armarsi a questa guisa di Ponente.
che son di quelle che si trovan rade; Forse ve gli inducea la vicinanza
che l'avea impenetrabili e incantate che de' Franceschi avean continuamente,
la Fata bianca di sua man temprate. che quivi allor reggean la sacra stanza
dove in carne abitò; Dio onnipotente;
71 ch'ora i superbi e miseri cristiani,
Quel d'Antiochia, più; d'ogn'altro vile, con biasmi lor, lasciano in man de' cani.

283
dormi, Italia imbriaca, e non ti pesa
74 ch'ora di questa gente, ora di quella
Dove abbassar dovrebbono la lancia che già; serva ti fu, sei fatta ancella?
in augumento de la santa fede,
tra lor si dan nel petto e ne la pancia 77
a destruzion del poco che si crede. Se 'l dubbio di morir ne le tue tane,
Voi, gente ispana, e voi, gente di Francia, Svizzer, di fame, in Lombardia ti guida,
volgete altrove, e voi, Svizzeri, il piede, e tra noi cerchi o chi ti dia del pane,
e voi, Tedeschi, a far più; degno acquisto; o, per uscir d'inopia, chi t'uccida;
che quanto qui cercate è; già; di Cristo. le richezze del Turco hai non lontane:
caccial d'Europa, o almen di Grecia snida;
75 così; potrai o del digiuno trarti,
Se Cristianissimi esser voi volete, o cader con più; merto in quelle parti.
e voi altri Catolici nomati,
perché; di Cristo gli uomini uccidete? 78
perché; de' beni lor son dispogliati? Quel ch'a te dico, io dico al tuo vicino
Perché; Ierusalem non riavete, tedesco ancor; là; le richezze sono,
che tolto è; stato a voi da' rinegati? che vi portò; da Roma Costantino:
Perché; Costantinopoli e del mondo portonne il meglio, e fe' del resto dono.
la miglior parte occupa il Turco immondo? Pattolo ed Ermo onde si tra' l'or fino,
Migdonia e Lidia, e quel paese buono
76 per tante laudi in tante istorie noto,
Non hai tu, Spagna, l'Africa vicina, non è;, s'andar vi vuoi, troppo remoto.
che t'ha via più; di questa Italia offesa?
E pur, per dar travaglio alla meschina, 79
lasci la prima tua sì; bella impresa. Tu, gran Leone, a cui premon le terga
O d'ogni vizio fetida sentina, de le chiavi del ciel le gravi some,

284
non lasciar che nel sonno si sommerga 82
Italia, se la man l'hai ne le chiome. De la giostra era il prezzo un'armatura
Tu sei Pastore; e Dio t'ha quella verga che fu donata al re pochi dì; inante,
data a portare, e scelto il fiero nome, che su la strada ritrovò; a ventura,
perché; tu ruggi, e che le braccia stenda, ritornando d'Armenia, un mercatante.
sì; che dai lupi il grege tuo difenda. Il re di nobilissima testura
le sopraveste all'arme aggiunse, e tante
80 perle vi pose intorno e gemme ed oro,
Ma d'un parlar ne l'altro, ove sono ito che la fece valer molto tesoro.
si lungi, dal camin ch'io faceva ora?
Non lo credo però; sì; aver smarrito, 83
ch'io non lo sappia ritrovare ancora. Se conosciute il re quell'arme avesse,
Io dicea ch'in Soria si tenea il rito care avute l'avria sopra ogni arnese;
d'armarsi, che i Franceschi aveano allora: né; in premio de la giostra l'avria messe,
sì; che bella in Damasco era la piazza come che liberal fosse e cortese.
di gente armata d'elmo e di corazza. Lungo saria chi raccontar volesse
chi l'avea sì; sprezzate e vilipese,
81 che 'n mezzo de la strada le lasciasse,
Le vaghe donne gettano dai palchi preda chiunque o inanzi o indietro andasse.
sopra i giostranti fior vermigli e gialli,
mentre essi fanno a suon degli oricalchi 84
levare a salti ed aggirar cavalli. Di questo ho da contarvi più; di sotto:
Ciascuno, o bene o mal ch'egli cavalchi, or dirò; di Grifon, ch'alla sua giuuta
vuol far quivi vedersi, e sprona e dà;lli: un paio e più; di lance trovò; rotto,
di ch'altri ne riporta pregio e lode; menato più; d'un taglio e d'una punta.
mentre altri a riso, e gridar dietro s'ode. Dei più; cari e più; fidi al re fur otto
che quivi insieme avean lega congiunta;

285
gioveni; in arme pratichi ed industri, lo ferì; d'una punta in mezzo 'l volto,
tutti o signori o di famiglie illustri. sì; che l'uccise: e pietà; n'ebbe ognuno,
perché; buon cavallier lo tenean molto;
85 ed oltra la bontade, il più; cortese
Quei rispondean ne la sbarrata piazza non era stato in tutto quel paese.
per un dì;, ad uno ad uno, a tutto 'l mondo,
prima con lancia, e poi con spada o mazza, 88
fin ch'al re di guardarli era giocondo; Veduto ciò;, Martano ebbe paura
e si foravan spesso la corazza: che parimente a sé; non avvenisse;
per giuoco in somma qui facean, secondo e ritornando ne la sua natura,
fan gli nimici capitali, eccetto a pensar cominciò; come fugisse.
che potea il re partirli a suo diletto. Grifon, che gli era appresso e n'avea cura,
lo spinse pur, poi ch'assai fece e disse,
86 contra un gentil guerrier che s'era mosso,
Quel d'Antiochia, un uom senza ragione, come si spinge il cane al lupo adosso;
che Martano il codardo nominosse,
come se de la forza di Grifone, 89
poi ch'era seco, participe fosse, che dieci passi gli va dietro o venti,
audace entrò; nel marziale agone; e poi si ferma, ed abbaiando guarda
e poi da canto ad aspettar fermosse, come digrigni i minacciosi denti,
sin che finisce una battaglia fiera come negli occhi orribil fuoco gli arda.
che tra duo cavallier cominciata era. Quivi ov'erano e principi presenti
e tanta gente nobile e gagliarda,
87 fuggì; lo 'ncontro il timido Martano,
Il signor di Seleucia, di quell'uno, e torse 'l freno e 'l capo a destra mano.
ch'a sostener l'impresa aveano tolto,
combattendo in quel tempo con Ombruno, 90

286
Pur la colpa potea dar al cavallo, per la mala impression parrà; sei braccia.
chi di scusarlo avesse tolto il peso;
ma con la spada poi fe' sì; gran fallo, 93
che non l'avria Demostene difeso. Già; la lancia avea tolta su la coscia
Di carta armato par, non di metallo; Grifon, ch'errare in arme era poco uso:
sì; teme da ogni colpo essere offeso. spinse il cavallo a tutta briglia, e poscia
Fuggesi al fine, e gli ordini disturba, ch'alquanto andato fu, la messe suso,
ridendo intorno a lui tutta la turba. e portò; nel ferire estrema angoscia
al baron di Sidonia, ch'andò; guiso.
91 Ognun maravigliando in pié; si leva;
Il batter de le mani, il grido intorno che 'l contrario di ciò; tutto attendeva.
se gli levò; del populazzo tutto.
Come lupo cacciato, fe' ritorno 94
Martano in molta fretta al suo ridutto. Tornò; Grifon con la medesma antenna,
Resta Grifone; e gli par de lo scorno che 'ntiera e ferma ricovrata avea,
del suo compagno esser macchiato e brutto: ed in tre pezzi la roppe alla penna
esser vorrebbe stato in mezzo il foco, de lo scudo al signor di Lodicea.
più; tosto che trovarsi in questo loco. Quel per cader tre volte e quattro accenna,
che tutto steso alla groppa giacea:
92 pur rilevato al fin la spada strinse,
Arde nel core, e fuor nel viso avampa, voltò; il cavallo, e vêr Grifon si spinse.
come sia tutta sua quella vergogna;
perché; l'opere sue di quella stampa 95
vedere aspetta il populo ed agogna: Grifon, che 'l vede in sella, e che non basta
sì; che rifulga chiara più; che lampa sì; fiero incontro perché; a terra vada,
sua virtù;, questa volta gli bisogna; dice fra sé;: - Quel che non poté; l'asta,
ch'un'oncia, un dito sol d'error che faccia, in cinque colpi o 'n sei farà; la spada. -

287
E su la tempia subito l'attasta ch'avea per lo miglior fra dieci eletto,
d'un dritto tal, che par che dal ciel cada; e per non far error, lo scudo apposta,
e un altro gli accompagna e un altro appresso, e via lo passa e la corazza e 'l petto:
tanto che l'ha stordito e in terra messo. passa il ferro crudel tra costa e costa,
e fuor pel tergo un palmo esce di netto.
96 Il colpo, eccetto al re, fu a tutti caro;
Quivi erano d'Apamia duo germani, ch'ognuno odiava Salinterno avaro.
soliti in giostra rimaner di sopra,
Tirse e Corimbo; ed ambo per le mani 99
del figlio d'Uliver cader sozzopra. Grifone, appresso a questi, in terra getta
L'uno gli arcion lascia allo scontro vani; duo di Damasco, Ermofilo e Carmondo.
con l'altro messa fu la spada in opra. La milizia del re dal primo è; retta;
Già; per commun giudicio si tien certo del mar grande almiraglio è; quel secondo.
che di costui fia de la giostra il merto. Lascia allo scontro l'un la sella in fretta:
adosso all'altro si riversa il pondo
97 del rio destrier, che sostener non puote
Ne la lizza era entrato Salinterno, l'alto valor con che Grifon percuote.
gran diodarro e maliscalco regio,
e che di tutto 'l regno avea il governo, 100
e di sua mano era guerriero egregio. Il signor di Seleucia ancor restava,
Costui, sdegnoso ch'un guerriero esterno miglior guerrier di tutti gli altri sette;
debba portar di quella giostra il pregio, e ben la sua possanza accompagnava
piglia una lancia, e verso Grifon grida, con destrier buono e con arme perfette.
e molto minacciandolo lo sfida. Dove de l'elmo la vista si chiava,
l'asta allo scontro l'uno e l'altro mette;
98 pur Grifon maggior colpo al pagan diede,
Ma quel con un lancion gli fa risposta, che lo fe' staffeggiar dal manco piede.

288
ch'entrasse a distaccar l'aspra tenzone.
101 Quindi fu l'uno, e quindi l'altro tratto;
Gittaro i tronchi, e si tornaro adosso e fu lodato il re di sì; buon atto.
pieni di molto ardir coi brandi nudi.
Fu il pagan prima da Grifon percosso 104
d'un colpo che spezzato avria gl'incudi. Gli otto che dianzi avean col mondo impresa,
Con quel fender si vide e ferro ed osso e non potuto durar poi contra uno,
d'un ch'eletto s'avea tra mille scudi; avendo mal la parte lor difesa,
e se non era doppio e fin l'arnese, usciti eran dal campo ad uno ad uno.
ferì;a la coscia ove cadendo scese. Gli altri ch'eran venuti a lor contesa,
quivi restar senza contrasto alcuno,
102 avendo lor Grifon, solo, interrotto
Ferì; quel di Seleucia alla visera quel che tutti essi avean da far contra otto.
Grifone a un tempo; e fu quel colpo tanto,
che l'avria aperta e rotta, se non era 105
fatta, come l'altr'arme, per incanto. E durò; quella festa così; poco,
Gli è; un perder tempo che 'l pagan più; fera: ch'in men d'un'ora il tutto fatto s'era:
così; son l'arme dure in ogni canto: ma Norandin, per far più; lungo il giuoco
e 'n più; parti Grifon già; fessa e rotta e per continuarlo infino a sera,
ha l'armatura a lui, né; perde botta. dal palco scese, e fe' sgombrare il loco;
e poi divise in due la grossa schiera,
103 indi, secondo il sangue e la lor prova,
Ognun potea veder quanto di sotto gli andò; accoppiando, e fe' una giostra nova.
il signor di Seleucia era a Grifone;
e se partir non li fa il re di botto, 106
quel che sta peggio, la vita vi pone. Grifone intanto avea fatto ritorno
Fe' Norandino alla sua guardia motto alla sua stanza pien d'ira e di rabbia

289
e più; gli preme di Martan lo scorno 109
che non giova l'onor ch'esso vinto abbia. Non ebbe così; tosto il capo basso,
Quivi, per tor l'obbrobrio ch'avea intorno, che chiuse gli occhi, e fu dal sonno oppresso
Martano adopra le mendaci labbia: così; profundamente, che mai tasso
e l'astuta e bugiarda meretrice, né; ghiro mai s'addormentò; quanto esso.
come meglio sapea, gli era adiutrice. Martano in tanto ed Orrigille a spasso
entraro in un giardin ch'era lì; appresso;
107 ed un inganno ordir, che fu il più; strano
O sì; o no che 'l giovin gli credesse, che mai cadesse in sentimento umano.
pur la scusa accettò;, come discreto:
e pel suo meglio allora allora elesse 110
quindi levarsi tacito e secreto, Martano disegnò; torre il destriero,
per tema che, se 'l populo vedesse i panni e l'arme che Grifon s'ha tratte;
Martano comparir, non stesse cheto. e andare inanzi al re pel cavalliero
Così; per una via nascosa e corta che tante pruove avea giostrando fatte.
usciro al camin lor fuor de la porta. L'effetto ne seguì;, fatto il pensiero:
tolle il destrier più; candido che latte,
108 scudo e cimiero ed arme e sopraveste,
Grifone, o ch'egli o che 'l cavallo fosse e tutte di Grifon l'insegne veste.
stanco, o gravasse il sonno pur le ciglia,
al primo albergo che trovar, fermosse, 111
che non erano andati oltre a dua miglia. Con gli scudieri e con la donna, dove
Si trasse l'elmo, e tutto disarmosse, era il popolo ancora, in piazza venne;
e trar fece a' cavalli e sella e briglia; e giunse a tempo che finian le pruove
e poi serrossi in camera soletto, di girar spade e d'arrestare antenne.
e nudo per dormire entrò; nel letto. Commanda il re che 'l cavallier si truove,
che per cimier avea le bianche penne,

290
bianche le vesti e bianco il corridore; mandò; con essa, e cavallieri sui.
che 'l nome non sapea del vincitore. Ma tempo è; ch'anco di Grifon favelli,
il qual né; dal compagno né; d'altrui
112 temendo inganno, addormentato s'era,
Colui ch'indosso il non suo cuoio aveva, né; mai si risvegliò; fin alla sera.
come l'asino già; quel del leone,
chiamato, se n'andò;, come attendeva, 115
a Norandino, in loco di Grifone. Poi che fu desto, e che de l'ora tarda
Quel re cortese incontro se gli leva, s'accorse, uscì; di camera con fretta,
l'abbraccia e bacia, e allato se lo pone: dove il falso cognato e la bugiarda
né; gli basta onorarlo e dargli loda, Orrigille lasciò; con l'altra setta;
che vuol che 'l suo valor per tutto s'oda. e quando non gli truova, e che riguarda
non v'esser l'arme né; i panni, sospetta;
113 ma il veder poi più; sospettoso il fece
E fa gridarlo al suon degli oricalchi l'insegne del compagno in quella vece.
vincitor de la giostra di quel giorno.
L'alta voce ne va per tutti i palchi, 116
che 'l nome indegno udir fa d'ogn'intorno. Sopravien l'oste, e di colui l'informa
Seco il re vuol ch'a par a par cavalchi, che già; gran pezzo, di bianch'arme adorno,
quando al palazzo suo poi fa ritorno; con la donna e col resto de la torma
e di sua grazia tanto gli comparte, avea ne la città; fatto ritorno.
che basteria, se fosse Ercole o Marte. Truova Grifone a poco a poco l'orma
ch'ascosa gli avea Amor fin a quel giorno;
114 e con suo gran dolor vede esser quello
Bello ed ornato alloggiamento dielli adulter d'Orrigille, e non fratello.
in corte, ed onorar fece con lui
Orrigille anco; e nobili donzelli 117

291
Di sua sciocchezza indarno ora si duole, la real sontuosa e lieta cena.
ch'avendo il ver dal peregrino udito,
lasciato mutar s'abbia alle parole 120
di chi l'avea più; volte già; tradito. La bella loggia sopra 'l muro usciva
Vendicar si potea, né; seppe; or vuole con l'alta rocca fuor de la cittade;
l'inimico punir, che gli è; fuggito; e lungo tratto di lontan scopriva
ed è; costretto con troppo gran fallo i larghi campi e le diverse strade.
a tor di quel vil uom l'arme e 'l cavallo. Or che Grifon verso la porta arriva
con quell'arme d'obbrobrio e di viltade,
118 fu con non troppa aventurosa sorte
Eragli meglio andar senz'arme e nudo, dal re veduto e da tutta la corte:
che porsi indosso la corazza indegna,
o ch'imbracciar l'abominato scudo, 121
o por su l'elmo la beffata insegna; e riputato quel di ch'avea insegna,
ma per seguir la meretrice e 'l drudo, mosse le donne e i cavallieri a riso.
ragione in lui pari al disio non regna. Il vil Martano, come quel che regna
A tempo venne alla città;, ch'ancora in gran favor, dopo 'l re è; 'l primo assiso,
il giorno avea quasi di vivo un'ora. e presso a lui la donna di sé; degna;
dai quali Norandin con lieto viso
119 volse saper chi fosse quel codardo
Presso alla porta ove Grifon venì;a, che così; avea al suo onor poco riguardo;
siede a sinistra un splendido castello,
che, più; che forte e ch'a guerre atto sia, 122
di ricche stanze è; accommodato e bello. che dopo una sì; trista e brutta pruova,
I re, i signori, i primi di Soria con tanta fronte or gli tornava inante.
con alte donne in un gentil drappello Dicea: - Questa mi par cosa assai nuova,
celebravano quivi in loggia amena ch'essendo voi guerrier degno e prestante,

292
costui compagno abbiate, che non truova, che per punir l'estrema sua viltade,
di viltà;, pari in terra di Levante. non gli facessi allora allora un gioco,
Il fate forse per mostrar maggiore, che non toccasse più; lance né; spade:
per tal contrario, il vostro alto valore. ma ebbi, più; ch'a lui, rispetto al loco,
e riverenza a vostra maestade.
123 Né; per me voglio che gli sia guadagno
Ma ben vi giuro per gli eterni dei, l'essermi stato un giorno o dua compagno:
che se non fosse ch'io riguardo a vui,
la publica ignominia gli farei, 126
ch'io soglio fare agli altri pari a lui. di che contaminato anco esser parme;
Perpetua ricordanza gli darei, e sopra il cor mi sarà; eterno peso,
come ognor di viltà; nimico fui. se, con vergogna del mestier de l'arme,
Ma sappia, s'impunito se ne parte, io lo vedrò; da noi partire illeso:
grado a voi che 'l menaste in questa parte. - e meglio che lasciarlo, satisfarme
potrete, se sarà; d'un merlo impeso;
124 e fia lodevol opra e signorile,
Colui che fu de tutti i vizi il vaso, perch'el sia esempio e specchio ad ogni vile. -
rispose: - Alto signor, dir non sapria
chi sia costui; ch'io l'ho trovato a caso, 127
venendo d'Antiochia, in su la via. Al detto suo Martano Orrigille have,
ll suo smnbiante m'avea persuaso senza accennar, confermatrice presta.
che fosse degno di mia compagnia; - Non son (rispose il re) l'opre sì; prave,
ch'intesa non n'avea pruova né; vista, ch'al mio parer v'abbia d'andar la testa.
se non quella che fece oggi assai trista. Voglio per pena del peccato grave,
che sol rinuovi al populo la festa. -
125 E tosto a un suo baron, che fe' venire,
La qual mi spiacque sì;, che restò; poco, impose quanto avesse ad esequire.

293
dov'era d'altri onori al sommo ornato.
128 Lascià;nlo andar; ch'io vi prometto certo,
Quel baron molti armati seco tolse, che la mercede avrà; secondo il merto.
ed alla porta de la terra scese;
e quivi con silenzio li raccolse, 131
e la venuta di Grifone attese: Fu Grifon tratto a gran vergogna in piazza,
e ne l'entrar sì; d'improviso il colse, quando più; si trovò; piena di gente.
che fra i duo ponti a salvamento il prese; Gli avean levato l'elmo e la corazza,
e lo ritenne con beffe e con scorno e lasciato in farsetto assai vilmente;
in una oscura stanza insin al giorno. e come il conducessero alla mazza,
posto l'avean sopra un carro eminente,
129 che lento lento tiravan due vacche
Il Sole a pena avea il dorato crine da lunga fame attenuate e fiacche.
tolto di grembio alla nutrice antica,
e cominciava da le piagge alpine 132
a cacciar l'ombre e far la cima aprica; Venian d'intorno alla ignobil quadriga
quando temendo il vil Martan ch'al fine vecchie sfacciate e disoneste putte,
Grifone ardito la sua causa dica, di che n'era una ed or un'altra auriga,
e ritorni la colpa ond'era uscita, e con gran biasmo lo mordeano tutte.
tolse licenza, e fece indi partita, Lo poneano i fanciulli in maggior briga,
che, oltre le parole infami e brutte,
130 l'avrian coi sassi insino a morte offeso,
trovando idonia scusa al priego regio, se dai più; saggi non era difeso.
che non stia allo spettacolo ordinato.
Altri doni gli avea fatto, col pregio 133
de la non sua vittoria, il signor grato; L'arme che del suo male erano state
e sopra tutto un amplo privilegio, cagion, che di lui fer non vero indicio,

294
da la coda del carro strascinate
patian nel fango debito supplicio. CANTO DICIOTTESIMO
Le ruote inanzi a un tribunal fermate
gli fero udir de l'altrui maleficio
la sua ignominia, che 'n sugli occhi detta 1
gli fu, gridando un publico trombetta. Magnanimo Signore, ogni vostro atto
ho sempre con ragion laudato e laudo:
134 ben che col rozzo stil duro e mal atto
Lo levar quindi, e lo mostrar per tutto gran parte de la gloria vi defraudo.
dinanzi a templi, ad officine e a case, Ma più; de l'altre una virtù; m'ha tratto,
dove alcun nome scelerato e brutto, a cui col core e con la lingua applaudo;
che non gli fosse detto, non rimase. che s'ognun truova in voi ben grata udienza,
Fuor de la terra all'ultimo cundutto non vi truova però; facil credenza.
fu da la turba, che si persuase
bandirlo e cacciare indi a suon di busse, 2
non conoscendo ben ch'egli si fusse. Spesso in difesa deI biasmato assente
indur vi sento una ed un'altra scusa,
135 o riserbargli almen, fin che presente
Si tosto a pena gli sferraro i piedi sua causa dica, l'altra orecchia chiusa;
e liberargli l'una e l'altra mano, e sempre, prima che dannar la gente,
che tor lo scudo ed impugnar gli vedi vederla in faccia, e udir la ragion ch'usa;
la spada, che rigò; gran pezzo il piano. differir anco e giorni e mesi ed anni,
Non ebbe contra sé; lance né; spiedi; prima che giudicar negli altrui danni.
che senz'arme venì;a il populo insano.
Ne l'altro canto diferisco il resto; 3
che tempo è; omai, Signor, di finir questo. Se Norandino il simil fatto avesse,
fatto a Grifon non avria quel che fece.

295
A voi utile e onor sempre successe: 6
denigrò; sua fama egli più; che pece. Grifon gagliardo duo ne piglia in quella
Per lui sue genti a morte furon messe; che 'l ponte si levò; per lor sciagura.
che fe' Grifone in dieci tagli, e in diece Sparge de l'uno al campo le cervella;
punte che trasse pien d'ira e bizzarro, che lo percuote ad una cote dura:
che trenta ne cascaro appresso al carro. prende l'altro nel petto, e l'arrandella
in mezzo alla città; sopra le mura.
4 Scorse per l'ossa ai terrazzani il gelo,
Van gli altri in rotta ove il timor li caccia, quando vider colui venir dal cielo.
chi qua chi là;, pei campi e per le strade;
e chi d'entrar ne la città; procaccia, 7
e l'un su l'altro ne la porta cade. Fur molti che temer che 'l fier Grifone
Grifon non fa parole e non minaccia; sopra le mura avesse preso un salto.
ma lasciando lontana ogni pietade, Non vi sarebbe più; confusione,
mena tra il vulgo inerte il ferro intorno, s'a Damasco il soldan desse l'assalto.
e gran vendetta fa d'ogni suo scorno. Un muover d'arme, un correr di persone,
e di talacimanni un gridar d'alto,
5 e di tamburi un suon misto e di trombe
Di quei che primi giunsero alla porta, il mondo assorda, e 'l ciel par ne rimbombe.
che le piante a levarsi ebbeno pronte,
parte, al bisogno suo molto più; accorta 8
che degli amici, alzò; subito il ponte; Ma voglio a un'altra volta differire
piangendo parte, o con la faccia smorta a ricontar ciò; che di questo avenne.
fuggendo andò; senza mai volger fronte, Del buon re Carlo mi convien seguire,
e ne la terra per tutte le bande che contra Rodomonte in fretta venne,
levò; grido e tumulto e rumor grande. il qual le genti gli facea morire.
Io vi dissi ch'al re compagnia tenne

296
il gran Danese e Namo ed Oliviero svelle dai monti il frassino e l'abete;
e Avino e Avolio e Otone e Berlingiero. come freme d'orgoglio il Saracino,
di sdegno acceso e di sanguigna sete:
9 e com'a un tempo è; il tuono e la saetta,
Otto scontri di lance, che da forza così; l'ira de l'empio e la vendetta.
di tali otto guerrier cacciati foro,
sostenne a un tempo la scagliosa scorza 12
di ch'avea armato il petto il crudo Moro. Mena alla testa a quel che gli è; più; presso,
Come legno si drizza, poi che l'orza che gli è; il misero Ughetto di Dordona:
lenta il nochier che crescer sente il Coro, lo pone in terra insino ai denti fesso,
così; presto rizzossi Rodomonte come che l'elmo era di tempra buona.
dai colpi che gittar doveano un monte. Percosso fu tutto in un tempo anch'esso
da molti colpi in tutta la persona;
10 ma non gli fan più; ch'all'incude l'ago:
Guido, Ranier, Ricardo, Salamone, sì; duro intorno ha lo scaglioso drago.
Ganelon traditor, Turpin fedele,
Angioliero, Angiolino, Ughetto, Ivone, 13
Marco e Matteo dal pian di san Michele, Furo tutti i ripar, fu la cittade
e gli otto di che dianzi fei menzione, d'intorno intorno abandonata tutta;
son tutti intorno al Saracin crudele, che la gente alla piazza, dove accade
Arimanno e Odoardo d'Inghilterra, maggior bisogno, Carlo avea ridutta.
ch'entrati eran pur dianzi ne la terra. Corre alla piazza da tutte le strade
la turba, a chi il fuggir sì; poco frutta.
11 La persona del re sì; i cori accende,
Non così; freme in su lo scoglio alpino ch'ognun prend'arme, ognuno animo prende.
di ben fondata rocca alta parete,
quando il furor di borea o di garbino 14

297
Come se dentro a ben rinchiusa gabbia in venti giorni spenger Rodomonte.
d'antiqua leonessa usata in guerra,
perch'averne piacere il popul abbia, 17
talvolta il tauro indomito si serra; Al pagan, che non sa come ne possa
i leoncin che veggion per la sabbia venir a capo, omai quel gioco incresce.
come altiero e mugliando animoso erra, Poco, per far di mille, o di più;, rossa
e veder sì; gran corna non son usi, la terra intorno, il populo discresce.
stanno da parte timidi e confusi: Il fiato tuttavia più; se gl'ingrossa,
si che comprende al fin che, se non esce
15 or c'ha vigore e in tutto il corpo è; sano,
ma se la fiera madre a quel si lancia, vorrà; da tempo uscir, che sarà; invano.
e ne l'orecchio attacca il crudel dente,
vogliono anch'essi insanguinar la guancia, 18
e vengono in soccorso arditamente; Rivolge gli occhi orribili, e pon mente
chi morde al tauro il dosso e chi la pancia: che d'ogn'intorno sta chiusa l'uscita;
così; contra il pagan fa quella gente. ma con ruina d'infinita gente
Da tetti e da finestre e più; d'appresso l'aprirà; tosto, e la farà; espedita.
sopra gli piove un nembo d'arme e spesso. Ecco, vibrando la spada tagliente,
che vien quel empio, ove il furor lo 'nvita,
16 ad assalire il nuovo stuol britanno,
Dei cavallieri e de la fanteria che vi trasse Odoardo ed Arimanno.
tanta è; la calca, ch'a pena vi cape.
La turba che vi vien per ogni via, 19
v'abbonda ad or ad or spessa come ape; Chi ha visto in piazza rompere steccato,
che quando, disarmata e nuda, sia a cui la folta turba ondeggi intorno,
più; facile a tagliar che torsi o rape, immansueto tauro accaneggiato,
non la potria, legata a monte a monte, stimulato e percosso tutto 'l giorno;

298
che 'l popul se ne fugge ispaventato, cacciata va la generosa belva,
ed egli or questo or quel leva sul corno: ch'ancor fuggendo mostra il cor gentile,
pensi che tale o più; terribil fosse e minacciosa e lenta si rinselva;
il crudele African quando si mosse. tal Rodomonte, in nessun atto vile,
da strana circondato e fiera selva
20 d'aste e di spade e di volanti dardi,
Quindici o venti ne tagliò; a traverso, si tira al fiume a passi lunghi e tardi.
altritanti lasciò; del capo tronchi,
ciascun d'un colpo sol dritto o riverso; 23
che viti o salci par che poti e tronchi. E sì; tre volte e più; l'ira il sospinse,
Tutto di sangue il fier pagano asperso, ch'essendone già; fuor, vi tornò; in mezzo,
lasciando capi fessi e bracci monchi, ove di sangue la spada ritinse,
e spalle e gambe ed altre membra sparte, e più; di cento ne levò; di mezzo.
ovunque il passo volga, al fin si parte. Ma la ragione al fin la rabbia vinse
di non far sì;, ch'a Dio n'andasse il lezzo;
21 e da la ripa, per miglior consiglio,
De la piazza si vede in guisa torre, si gittò; all'acqua, e uscì; di gran periglio.
che non si può; notar ch'abbia paura;
ma tuttavolta col pensier discorre, 24
dove sia per uscir via più; sicura. Con tutte l'arme andò; per mezzo l'acque,
Capita al fin dove la Senna corre come s'intorno avesse tante galle.
sotto all'isola, e va fuor de le mura. Africa, in te pare a costui non nacque,
La gente d'arme e il popul fatto audace ben che d'Anteo ti vanti e d'Anniballe.
lo stringe e incalza, e gir nol lascia in pace. Poi che fu giunto a proda, gli dispiacque,
che si vide restar dopo le spalle
22 quella città; ch'avea trascorsa tutta,
Qual per le selve nomade o massile e non l'avea tutta arsa né; distrutta.

299
la sua vicaria il monaster lasciasse:
25 per pochi dì; che credea starne assente,
E sì; lo rode la superbia e l'ira, lasciò; l'Ipocrisia locotenente.
che, per tornarvi un'altra volta, guarda,
e di profondo cor geme e sospira, 28
né; vuolne uscir, che non la spiani ed arda. L'implacabil Discordia in compagnia
Ma lungo il fiume, in questa furia, mira de la Superbia si messe in camino,
venir chi l'odio estingue e l'ira tarda. e ritrovò; che la medesma via
Chi fosse io vi farò; ben tosto udire; facea, per gire al campo saracino,
ma prima un'altra cosa v'ho da dire. l'afflitta e sconsolata Gelosia;
e venì;a seco un nano piccolino,
26 il qual mandava Doralice bella
Io v'ho da dir de la Discordia altiera, al re di Sarza a dar di sé; novella.
a cui l'angel Michele avea commesso
ch'a battaglia accendesse e a lite fiera 29
quei che più; forti avea Agramante appresso. Quando ella venne a Mandricardo in mano
Uscì; de' frati la medesma sera, (ch'io v'ho già; raccontato e come e dove),
avendo altrui l'ufficio suo commesso: tacitamente avea commesso al nano,
lasciò; la Fraude a guerreggiare il loco, che ne portasse a questo re le nuove.
fin che tornasse, e a mantenervi il fuoco. Ella sperò; che nol saprebbe invano,
ma che far si vedria mirabil pruove,
27 per riaverla con crudel vendetta
E le parve ch'andria con più; possanza, da quel ladron che gli l'avea intercetta.
se la Superbia ancor seco menasse;
e perché; stavan tutte in una stanza, 30
non fu bisogno ch'a cercar l'andasse. La Gelosia quel nano avea trovato;
La Superbia v'andò;, ma non che sanza e la cagion del suo venir compresa,

300
a caminar se gli era messa allato, 33
parendo d'aver luogo a questa impresa. Rispose il nano: - Né; più; tua né; mia
Alla Discordia ritrovar fu grato donna dirò; quella ch'è; serva altrui.
la Gelosia; ma più; quando ebbe intesa Ieri scontrammo un cavallier per via,
la cagion del venir, che le potea che ne la tolse, e la menò; con lui. -
molto valere in quel che far volea. A quello annunzio entrò; la Gelosia,
fredda come aspe, ed abbracciò; costui.
31 Seguita il nano, e narragli in che guisa
D'inimicar con Rodomonte il figlio un sol l'ha presa, e la sua gente uccisa.
del re Agrican le pare aver suggetto:
troverà; a sdegnar gli altri altro consiglio; 34
a sdegnar questi duo questo è; perfetto. L'acciaio allora la Discordia prese,
Col nano se ne vien dove l'artiglio e la pietra focaia, e picchiò; un poco,
del fier pagano avea Parigi astretto; e l'esca sotto la Superbia stese,
e capitaro a punto in su la riva, e fu attaccato in un momento il fuoco;
quando il crudel del fiume a nuoto usciva. e sì; di questo l'anima s'accese
del Saracin, che non trovava loco:
32 sospira e freme con sì; orribil faccia,
Tosto che riconobbe Rodomonte che gli elementi e tutto il ciel minaccia.
costui de la sua donna esser messaggio,
estinse ogn'ira, e serenò; la fronte, 35
e si sentì; brillar dentro il coraggio. Come la tigre, poi ch'invan discende
Ogn'altra cosa aspetta che gli conte, nel voto albergo, e per tutto s'aggira,
prima ch'alcuno abbia a lei fatto oltraggio. e i cari figli all'ultimo comprende
Va contra il nano, e lieto gli domanda: essergli tolti, avampa di tant'ira,
- Ch'è; de la donna nostra? ove ti manda? - a tanta rabbia, a tal furor s'estende,
che né; a monte né; a rio né; a notte mira;

301
né; lunga via, né; grandine raffrena Lascionne parte in qualche debol loco:
l'odio che dietro al predator la mena: adosso il resto ai Saracini spinse,
per dar lor scacco, e guadagnarsi il giuoco;
36 e gli mandò; per ogni porta fuore,
così; furendo il Saracin bizzarro da San Germano infin a San Vittore.
si volge al nano, e dice: - Or là; t'invia; -
e non aspetta né; destrier né; carro, 39
e non fa motto alla sua compagnia. E commandò; ch'a porta San Marcello,
Va con più; fretta che non va il ramarro, dov'era gran spianata di campagna,
quando il ciel arde, a traversar la via. aspettasse l'un l'altro, e in un drappello
Destrier non ha, ma il primo tor disegna, si ragunasse tutta la compagna.
sia di chi vuol, ch'ad incontrar lo vegna. Quindi animando ognuno a far macello
tal, che sempre ricordo ne rimagna,
37 ai lor ordini andar fe' le bandiere,
La Discordia ch'udì; questo pensiero, e di battaglia dar segno alle schiere.
guardò;, ridendo, la Superbia, e disse
che volea gire a trovare un destriero 40
che gli apportasse altre contese e risse; Il re Agramante in questo mezzo in sella,
e far volea sgombrar tutto il sentiero, mal grado dei cristian, rimesso s'era;
ch'altro che quello in man non gli venisse: e con l'inamorato d'Isabella
e già; pensato avea dove trovarlo. facea battaglia perigliosa e fiera:
Ma costei lascio, e torno a dir di Carlo. col re Sobrin Lurcanio si martella:
Rinaldo incontra avea tutta una schiera;
38 e con virtude e con fortuna molta
Poi ch'al partir del Saracin si estinse l'urta, l'apre, ruina e mette in volta.
Carlo d'intorno il periglioso fuoco,
tutte le genti all'ordine ristrinse. 41

302
Essendo la battaglia in questo stato, ch'essendo vinti, a patir sempre avremo. -
l'imperatore assalse il retroguardo
dal canto ove Marsilio avea fermato 44
il fior di Spagna intorno al suo stendardo. Tolto in quel tempo una gran lancia avea,
Con fanti in mezzo e cavallieri allato, e contra Berlingier venne di botto,
re Carlo spinse il suo popul gagliardo che sopra Largaliffa combattea,
con tal rumor di timpani e di trombe, e l'elmo ne la fronte gli avea rotto:
che tutto 'l mondo par che ne rimbombe. gittollo in terra, e con la spada rea
appresso a lui ne fe' cader forse otto.
42 Per ogni botta almanco, che disserra,
Cominciavan le schiere a ritirarse cader fa sempre un cavalliero in terra.
de' Saracini, e si sarebbon volte
tutte a fuggir, spezzate, rotte e sparse, 45
per mai più; non potere esser raccolte; In altra parte ucciso avea Rinaldo
ma 'l re Grandonio e Falsiron comparse, tanti pagan, ch'io non potrei contarli.
che stati in maggior briga eran più; volte, Dinanzi a lui non stava ordine saldo:
e Balugante e Serpentin feroce, vedreste piazza in tutto 'l campo darli.
e Ferraù; che lor dicea a gran voce: Non men Zerbin, non men Lurcanio è; caldo:
per modo fan, ch'ognun sempre ne parli:
43 questo di punta avea Balastro ucciso,
- Ah (dicea) valentuomini, ah compagni, e quello a Finadur l'elmo diviso.
ah fratelli, tenete il luogo vostro.
I nimici faranno opra di ragni, 46
se non manchiamo noi del dover nostro. L'esercito d'Alzerbe avea il primiero,
Guardate l'alto onor, gli ampli guadagni che poco inanzi aver solea Tardocco;
che Fortuna, vincendo, oggi ci ha mostro: l'altro tenea sopra le squadre impero
guardate la vergogna e il danno estremo, di Zamor e di Saffi e di Marocco.

303
- Non è; tra gli Africani un cavalliero a cui s'oppose il nobil giovinetto;
che di lancia ferir sappia o di stocco? - ed or con prieghi, or con parole acerbe
mi si potrebbe dir: ma passo passo ripor lor cerca l'animo nel petto.
nessun di gloria degno a dietro lasso. - S'Almonte meritò; ch'in voi si serbe
di lui memoria, or ne vedrò; l'effetto:
47 io vedrò; (dicea lor) se me, suo figlio,
Del re de la Zumara non si scorda lasciar vorrete in così; gran periglio.
il nobil Dardinel figlio d'Almonte,
che con la lancia Uberto da Mirforda, 50
Claudio dal Bosco, Elio e Dulfin dal Monte, State, vi priego per mia verde etade,
e con la spada Anselmo da Stanforda, in cui solete aver sì; larga speme:
e da Londra Raimondo e Pinamonte deh non vogliate andar per fil di spade,
getta per terra (ed erano pur forti), ch'in Africa non torni di noi seme.
dui storditi, un piagato, e quattro morti. Per tutto ne saran chiuse le strade,
se non andiam raccolti e stretti insieme:
48 troppo alto muro e troppo larga fossa
Ma con tutto 'l valor che di sé; mostra, è; il monte e il mar, pria che tornar si possa.
non può; tener sì; ferma la sua gente,
sì; ferma, ch'aspettar voglia la nostra 51
di numero minor, ma più; valente. Molto è; meglio morir qui, ch'ai supplici
Ha più; ragion di spada e più; di giostra darsi e alla discrezion di questi cani.
e d'ogni cosa a guerra appertinente. State saldi, per Dio, fedeli amici;
Fugge la gente maura, di Zumara, che tutti son gli altri rimedi vani.
di Setta, di Marocco e di Canara. Non han di noi più; vita gli nimici;
più; d'un'alma non han, più; di due mani. -
49 Così; dicendo, il giovinetto forte
Ma più; degli altri fuggon quei d'Alzerbe, al conte d'Otonlei diede la morte.

304
Alteo ch'amò; quanto il suo core istesso;
52 che dietro alla collottola gli mise
Il rimembrare Almonte così; accese il fier Lurcanio un colpo che l'uccise.
l'esercito african che fuggia prima,
che le braccia e le mani in sue difese 55
meglio, che rivoltar le spalle, estima. Piglia una lancia, e va per far vendetta,
Guglielmo da Burnich era uno Inglese dicendo al suo Macon (s'udir lo puote),
maggior di tutti, e Dardinello il cima, che se morto Lurcanio in terra getta,
e lo pareggia agli altri; e apresso taglia ne la moschea ne porrà; l'arme vote.
il capo ad Aramon di Cornovaglia. Poi traversando la campagna in fretta,
con tanta forza il fianco gli percuote,
53 che tutto il passa sin all'altra banda;
Morto cadea questo Aramone a valle; ed ai suoi, che lo spoglino, commanda.
e v'accorse il fratel per dargli aiuto:
ma Dardinel l'aperse per le spalle 56
fin giù; dove lo stomaco è; forcuto. Non è; da domandarmi, se dolere
Poi forò; il ventre a Bogio da Vergalle, se ne dovesse Ariodante il frate;
e lo mandò; del debito assoluto: se desiasse di sua man potere
avea promesso alla moglier fra sei por Dardinel fra l'anime dannate:
mesi, vivendo, di tornare a lei. ma nol lascian le genti adito avere,
non men de le 'nfedel le battezzate.
54 Vorria pur vendicarsi, e con la spada
Vide non lungi Dardinel gagliardo di qua di là; spianando va la strada.
venir Lurcanio, ch'avea in terra messo
Dorchin, passato ne la gola, e Gardo 57
per mezzo il capo e insin ai denti fesso; Urta, apre, caccia, atterra, taglia e fende
e ch'Alteo fuggir volse, ma fu tardo, qualunque lo 'mpedisce o gli contrasta.

305
E Dardinel che quel disire intende, 60
a volerlo saziar già; non sovrasta: Re Norandin con la sua corte armata,
ma la gran moltitudine contende vedendo tutto 'l populo fuggire,
con questa ancora, e i suoi disegni guasta. venne alla porta in battaglia ordinata,
Se' Mori uccide l'un, l'altro non manco e quella fece alla sua giunta aprire.
gli Scotti uccide e il campo inglese e 'l franco. Grifone intanto avendo già; cacciata
da sé; la turba sciocca e senza ardire,
58 la sprezzata armatura in sua difesa
Fortuna sempremai la via lor tolse, (qual la si fosse) avea di nuovo presa;
che per tutto quel dì; non s'accozzaro.
A più; famosa man serbar l'un volse; 61
che l'uomo il suo destin fugge di raro. e presso a un tempio ben murato e forte,
Ecco Rinaldo a questa strada volse, che circondato era d'un'alta fossa,
perch'alla vita d'un non sia riparo: in capo un ponticel si fece forte,
ecco Rinaldo vien: Fortuna il guida perché; chiuderlo in mezzo alcun non possa.
per dargli onor che Dardinello uccida. Ecco, gridando e minacciando forte,
fuor de la porta esce una squadra grossa.
59 L'animoso Grifon non muta loco,
Ma sia per questa volta detto assai e fa sembiante che ne tema poco.
dei gloriosi fatti di Ponente.
Tempo è; ch'io torni ove Grifon lasciai, 62
che tutto d'ira e di disdegno ardente E poi ch'avicinar questo drappello
facea, con più; timor ch'avesse mai, si vide, andò; a trovarlo in su la strada;
tumultuar la sbigottita gente. e molta strage fattane e macello
Re Norandino a quel rumor corso era (che menava a due man sempre la spada),
con più; di mille armati in una schiera. ricorso avea allo stretto ponticello,
e quindi li tenea non troppo a bada:

306
di nuovo usciva e di nuovo tornava; e di quel sangue il fosso e l'acqua brutta;
e sempre orribil segno vi lasciava. gli è; aviso di veder proprio sul ponte
Orazio sol contra Toscana tutta:
63 e per suo onore, e perché; gli ne 'ncrebbe,
Quando di dritto e quando di riverso ritrasse i suoi, né; gran fatica v'ebbe.
getta or pedoni or cavallieri in terra.
Il popul contra lui tutto converso 66
più; e più; sempre inaspera la guerra. Ed alzando la man nuda e senz'arme,
Teme Grifone al fin restar sommerso: antico segno di tregua o di pace,
sì; cresce il mar che d'ogn'intorno il serra; disse a Grifon: - Non so, se non chiamarme
e ne la spalla e ne la coscia manca d'avere il torto, e dir che mi dispiace:
è; già; ferito, e pur la lena manca. ma il mio poco giudicio, e lo istigarme
altrui, cadere in tanto error mi face.
64 Quel che di fare io mi credea al più; vile
Ma la virtù;, ch'ai suoi spesso soccorre, guerrier del mondo, ho fatto al più; gentile.
gli fa appo Norandin trovar perdono.
Il re, mentre al tumulto in dubbio corre, 67
vede che morti già; tanti ne sono: E se bene alla ingiuria ed a quell'onta
vede le piaghe che di man d'Ettorre ch'oggi fatta ti fu per ignoranza,
pareano uscite: un testimonio buono, l'onor che ti fai qui s'adegua e sconta,
che dianzi esso avea fatto indegnamente o (per più; vero dir) supera e avanza;
vergogna a un cavallier molto eccellente. la satisfazion ci serà; pronta
a tutto mio sapere e mia possanza,
65 quando io conosca di poter far quella
Poi, come gli è; più; presso, e vede in fronte per oro o per cittadi o per castella.
quel che la gente a morte gli ha condutta,
e fattosene avanti orribil monte, 68

307
Chiedimi la metà; di questo regno, e in molti ancor da la città; remoti.
ch'io son per fartene oggi possessore;
che l'alta tua virtù; non ti fa degno 71
di questo sol, ma ch'io ti doni il core: Or né; l'uno né; l'altro è; sì; indovino,
e la tua mano in questo mezzo, pegno che di Grifon possa saper che sia:
di fé; mi dona e di perpetuo amore. - ma venne lor quel Greco peregrino,
Così; dicendo, da cavallo scese, nel ragionare, a caso a darne spia,
e vêr Grifon la destra mano stese. dicendo ch'Orrigille avea il camino
verso Antiochia preso di Soria,
69 d'un nuovo drudo, ch'era di quel loco,
Grifon, vedendo il re fatto benigno di subito arsa e d'improviso fuoco.
venirgli per gittar le braccia al collo,
lasciò; la spada e l'animo maligno, 72
e sotto l'anche ed umile abbracciollo. Dimandò;gli Aquilante, se di questo
Lo vide il re di due piaghe sanguigno, così; notizia avea data a Grifone:
e tosto fe' venir chi medicollo; e come l'affermò;, s'avisò; il resto,
indi portar ne la cittade adagio, perché; fosse partito, e la cagione.
e riposar nel suo real palagio. Ch'Orrigille ha seguito è; manifesto
in Antiochia con intenzione
70 di levarla di man del suo rivale
Dove, ferito, alquanti giorni, inante con gran vendetta e memorabil male.
che si potesse armar, fece soggiorno.
Ma lascio lui, ch'al suo frate Aquilante 73
ed ad Astolfo in Palestina torno, Non tolerò; Aquilante che 'l fratello
che di Grifon, poi che lasciò; le sante solo e senz'esso a quell'impresa andasse;
mura, cercare han fatto più; d'un giorno e prese l'arme, e venne dietro a quello:
in tutti i lochi in Solima devoti, ma prima pregò; il duca che tardasse

308
l'andata in Francia ed al paterno ostello, ed udì; ch'a Damasco se n'era ito
fin ch'esso d'Antiochia ritornasse. con Orrigille, ove una giostra farse
Scende al Zaffo e s'imbarca, che gli pare dovea solenne per reale invito.
e più; breve e miglior la via del mare. Tanto d'andargli dietro il desir l'arse,
certo che 'l suo german l'abbia seguito,
74 che d'Antiochia anco quel dì; si tolle;
Ebbe un ostro-silocco allor possente ma già; per mar più; ritornar non volle.
tanto nel mare, e sì; per lui disposto,
che la terra del Surro il dì; seguente 77
vide e Saffetto, un dopo l'altro tosto. Verso Lidia e Larissa il camin piega:
Passa Barutti e il Zibeletto, e sente resta più; sopra Aleppe ricca e piena.
che da man manca gli è; Cipro discosto. Dio, per mostrar ch'ancor di qua non niega
A Tortosa da Tripoli, e alla Lizza mercede al bene, ed al contrario pena,
e al golfo di Laiazzo il camin drizza. Martano appresso a Mamuga una lega
ad incontrarsi in Aquilante mena.
75 Martano si facea con bella mostra
Quindi a levante fe' il nocchier la fronte portare inanzi il pregio de la giostra.
del navilio voltar snello e veloce;
ed a sorger n'andò; sopra l'Oronte, 78
e colse il tempo, e ne pigliò; la foce. Pensò; Aquilante al primo comparire,
Gittar fece Aquilante in terra il ponte, che 'l vil Martano il suo fratello fosse;
e n'uscì; armato sul destrier feroce; che l'ingannaron l'arme, e quel vestire
e contra il fiume il camin dritto tenne, candido più; che nievi ancor non mosse:
tanto ch'in Antiochia se ne venne. e con quell'oh! che d'allegrezza dire
si suole, incominciò;; ma poi cangiosse
76 tosto di faccia e di parlar, ch'appresso
Di quel Martano ivi ebbe ad informarse; s'avide meglio, che non era desso.

309
Il mal giunto Martano alquanto ingozza,
79 e tra sé; volve se può; sminuire
Dubitò; che per fraude di colei sua grave colpa, e poi comincia a dire:
ch'era con lui, Grifon gli avesse ucciso;
e: - Dimmi (gli gridò;) tu ch'esser dé;i 82
un ladro e un traditor, come n'hai viso, - Sappi, signor, che mia sorella è; questa,
onde hai quest'arme avute? onde ti sei nata di buona e virtuosa gente,
sul buon destrier del mio fratello assiso? ben che tenuta in vita disonesta
Dimmi se 'l mio fratello è; morto o vivo; l'abbia Grifone obbrobriosamente:
come de l'arme e del destrier l'hai privo. - e tale infamia essendomi molesta,
né; per forza sentendomi possente
80 di torla a sì; grande uom, feci disegno
Quando Orrigille udì; l'irata voce, d'averla per astuzia e per ingegno.
a dietro il palafren per fuggir volse;
ma di lei fu Aquilante più; veloce, 83
e fecela fermar, volse o non volse. Tenni modo con lei, ch'avea desire
Martano al minacciar tanto feroce di ritornare a più; lodata vita,
del cavallier, che sì; improviso il colse, ch'essendosi Grifon messo a dormire,
pallido triema, come al vento fronda, chetamente da lui fêsse partita.
né; sa quel che si faccia o che risponda. Così; fece ella; e perché; egli a seguire
non n'abbia, ed a turbar la tela ordita,
81 noi lo lasciammo disarmato e a piedi;
Grida Aquilante, e fulminar non resta, e qua venuti sià;n, come tu vedi. -
e la spada gli pon dritto alla strozza;
e giurando minaccia che la testa 84
ad Orrigille e a lui rimarrà; mozza, Poteasi dar di somma astuzia vanto,
se tutto il fatto non gli manifesta. che colui facilmente gli credea;

310
e, fuor che 'n torgli arme e destrier e quanto 87
tenesse di Grifon, non gli nocea; Fece Aquilante lor scudieri e some
se non volea pulir sua scusa tanto, seco tornare, ed in Damasco venne,
che la facesse di menzogna rea: e trovò; di Grifon celebre il nome
buona era ogn'altra parte, se non quella per tutta la città; batter le penne:
che la femina a lui fosse sorella. piccoli e grandi, ognun sapea già; come
egli era, che sì; ben corse l'antenne,
85 ed a cui tolto fu con falsa mostra
Avea Aquilante in Antiochia inteso dal compagno la gloria de la giostra.
essergli concubina, da più; genti;
onde gridando, di furore acceso: 88
- Falsissimo ladron, tu te ne menti! - Il popul tutto al vil Martano infesto,
un pugno gli tirò; di tanto peso, l'uno all'altro additandolo, lo scuopre.
che ne la gola gli cacciò; duo denti: - Non è; (dicean), non è; il ribaldo questo,
e senza più; contesa, ambe le braccia che si fa laude con l'altrui buone opre?
gli volge dietro, e d'una fune allaccia; e la virtù; di chi non è; ben desto,
con la sua infamia e col suo obbrobrio copre?
86 Non è; l'ingrata femina costei,
e parimente fece ad Orrigille, la qual tradisce i buoni e aiuta i rei? -
ben che in sua scusa ella dicesse assai.
Quindi li trasse per casali e ville, 89
né; li lasciò; fin a Damasco mai; Altri dicean: - Come stan bene insieme
e de le miglia mille volte mille segnati ambi d'un marchio e d'una razza! -
tratti gli avrebbe con pene e con guai, Chi li bestemmia, chi lor dietro freme,
fin ch'avesse trovato il suo fratello, chi grida: - Impicca, abrucia, squarta, amazza! -
per farne poi come piacesse a quello. La turba per veder s'urta, si preme,
e corre inanzi alle strade, alla piazza.

311
Venne la nuova al re, che mostrò; segno all'uno e all'altro vuol che si perdone.
d'averla cara più; ch'un altro regno. Disse assai cose, e molto ben ordille;
fugli risposto; or per conclusione
90 Martano è; disegnato in mano al boia,
Senza molti scudier dietro o davante, ch'abbia a scoparlo, e non però; che moia.
come si ritrovò;, si mosse in fretta,
e venne ad incontrarsi in Aquilante, 93
ch'avea del suo Grifon fatto vendetta; Legar lo fanno, e non tra' fiori e l'erba,
e quello onora con gentil sembiante, e per tutto scopar l'altra matina.
seco lo 'nvita, e seco lo ricetta; Orrigille captiva si riserba
di suo consenso avendo fatto porre fin che ritorni la bella Lucina,
i duo prigioni in fondo d'una torre. al cui saggio parere, o lieve o acerba,
rimetton quei signor la disciplina.
91 Quivi stette Aquilante a ricrearsi
Andaro insieme ove del letto mosso fin che 'l fratel fu sano e poté; armarsi.
Grifon non s'era, poi che fu ferito,
che vedendo il fratel, divenne rosso; 94
che ben stimò; ch'avea il suo caso udito. Re Norandin, che temperato e saggio
E poi che motteggiando un poco adosso divenuto era dopo un tanto errore,
gli andò; Aquilante, messero a partito non potea non aver sempre il coraggio
di dare a quelli duo iusto martoro, di penitenza pieno e di dolore,
venuti in man degli avversari loro. d'aver fatto a colui danno ed oltraggio,
che degno di mercede era e d'onore:
92 sì; che dì; e notte avea il pensiero intento
Vuole Aquilante, vuole il re che mille par farlo rimaner di sé; contento.
strazi ne sieno fatti; ma Grifone
(perché; non osa dir sol d'Orrigille) 95

312
E statuì; nel publico cospetto ch'in Damasco la giostra s'apparecchia.
de la città;, di tanta ingiuria rea,
con quella maggior gloria ch'a perfetto 98
cavallier per un re dar si potea, Or cavalcando per quelle contrade
di rendergli quel premio ch'intercetto con non lunghi viaggi, agiati e lenti,
con tanto inganno il traditor gli avea: per ritrovarsi freschi alla cittade
e perciò; fe' bandir per quel paese, poi di Damasco il dì; de' torniamenti,
che faria un'altra giostra indi ad un mese. scontraro in una croce di due strade
persona ch'al vestire e a' movimenti
96 avea sembianza d'uomo, e femin' era,
Di ch'apparecchio fa tanto solenne, ne le battaglie a maraviglia fiera.
quanto a pompa real possibil sia:
onde la Fama con veloci penne 99
portò; la nuova per tutta Soria; La vergine Marfisa si nomava,
ed in Fenicia e in Palestina venne, di tal valor, che con la spada in mano
e tanto, ch'ad Astolfo ne diè; spia, fece più; volte al gran signor di Brava
il qual col viceré; deliberosse sudar la fronte e a quel di Montalbano;
che quella giostra senza lor non fosse. e 'l dì; e la notte armata sempre andava
di qua di là; cercando in monte e in piano
97 con cavallieri erranti riscontrarsi,
Per guerrier valoroso e di gran nome ed immortale e gloriosa farsi.
la vera istoria Sansonetto vanta.
Gli diè; battesmo Orlando, e Carlo (come 100
v'ho detto) a governar la Terra Santa. Com'ella vide Astolfo e Sansonetto,
Astolfo con costui levò; le some, ch'appresso le venian con l'arme indosso,
per ritrovarsi ove la Fama canta, prodi guerrier le parvero all'aspetto;
sì; che d'intorno n'ha piena ogni orecchia, ch'erano ambeduo grandi e di buono osso:

313
e perché; di provarsi avria diletto, compagna d'arme, e così; Sansonetto.
per isfidarli avea il destrier già; mosso; Furo a Damasco il dì; inanzi la festa,
quando, affissando l'occhio più; vicino, e di fuora nel borgo ebbon ricetto:
conosciuto ebbe il duca paladino. e sin all'ora che dal sonno desta
l' Aurora il vecchiarel già; suo diletto,
101 quivi si riposar con maggior agio,
De la piacevolezza le sovenne che se smontati fossero al palagio.
del cavallier, quando al Catai seco era:
e lo chiamò; per nome, e non si tenne 104
la man nel guanto, e alzossi la visiera; E poi che 'l nuovo sol lucido e chiaro
e con gran festa ad abbracciarlo venne, per tutto sparsi ebbe i fulgenti raggi,
come che sopra ogn'altra fosse altiera. la bella donna e i duo guerrier s'armaro,
Non men da l'altra parte riverente mandato avendo alla città; messaggi;
fu il paladino alla donna eccellente. che, come tempo fu, lor rapportaro
che per veder spezzar frassini e faggi
102 re Norandino era venuto al loco
Tra lor si domandaron di lor via: ch'avea costituito al fiero gioco.
e poi ch'Astolfo, che prima rispose,
narrò; come a Damasco se ne gì;a, 105
dove le genti in arme valorose Senza più; indugio alla città; ne vanno,
avea invitato il re de la Soria e per la via maestra alla gran piazza,
a dimostrar lor opre virtuose; dove aspettando il real segno stanno
Marfisa, sempre a far gran pruove accesa, quinci e quindi i guerrier di buona razza.
- Voglio esser con voi (disse) a questa impresa. - I premi che quel giorno si daranno
a chi vince, è; uno stocco ed una mazza
103 guerniti riccamente, e un destrier, quale
Sommamente ebbe Astolfo grata questa sia convenevol dono a un signor tale.

314
subito n'ebbe conoscenza vera:
106 però; che già; sue furo, e l'ebbe care
Avendo Norandin fermo nel core quanto si suol le cose ottime e rare;
che, come il primo pregio, il secondo anco,
e d'ambedue le giostre il sommo onore 109
si debba guadagnar Grifone il bianco; ben che l'avea lasciate in su la strada
per dargli tutto quel ch'uom di valore a quella volta che le fur d'impaccio,
dovrebbe aver, né; debbe far con manco, quando per riaver sua buona spada
posto con l'arme in questo ultimo pregio correa dietro a Brunel degno di laccio.
ha stocco e mazza e destrier molto egregio. Questa istoria non credo che m'accada
altrimenti narrar; però; la taccio.
107 Da me vi basti intendere a che guisa
L'arme che ne la giostra fatta dianzi quivi trovasse l'arme sue Marfisa.
si doveano a Grifon che 'l tutto vinse,
e che usurpate avea con tristi avanzi 110
Martano che Grifone esser si finse, Intenderete ancor, che come l'ebbe
quivi si fece il re pendere inanzi, riconosciute a manifeste note,
e il ben guernito stocco a quelle cinse, per altro che sia al mondo, non le avrebbe
e la mazza all'arcion del destrier messe, lasciate un dì; di sua persona vote.
perché; Grifon l'un pregio e l'altro avesse. Se più; tenere un modo o un altro debbe
per racquistarle, ella pensar non puote:
108 ma se gli accosta a un tratto, e la man stende,
Ma che sua intenzione avesse effetto e senz'altro rispetto se le prende;
vietò; quella magnanima guerriera,
che con Astolfo e col buon Sansonetto 111
in piazza nuovamente venuta era. e per la fretta ch'ella n'ebbe, avenne
Costei, vedendo l'arme ch'io v'ho detto, ch'altre ne prese, altre mandonne in terra.

315
Il re, che troppo offeso se ne tenne, 114
con uno sguardo sol le mosse guerra; L'ardito Astolfo e il forte Sansonetto,
che 'l popul, che l'ingiuria non sostenne, ch'avean con lei vestita e piastra e maglia,
per vendicarlo e lance e spade afferra, ben che non venner già; per tal effetto,
non rammentando ciò; ch'i giorni inanti pur, vedendo attaccata la battaglia,
nocque il dar noia ai cavallieri erranti. abbassan la visiera de l'elmetto,
e poi la lancia per quella canaglia;
112 ed indi van con la tagliente spada
Né; fra vermigli fiori, azzurri e gialli di qua di là; facendosi far strada.
vago fanciullo alla stagion novella,
né; mai si ritrovò; fra suoni e balli 115
più; volentieri ornata donna e bella; I cavallieri di nazion diverse,
che fra strepito d'arme e di cavalli, ch'erano per giostrar quivi ridutti,
e fra punte di lance e di quadrella, vedendo l'arme in tal furor converse,
dove si sparga sangue e si dia morte, e gli aspettati giuochi in gravi lutti
costei si truovi, oltre ogni creder forte. (che la cagion ch'avesse di dolerse
la plebe irata non sapeano tutti,
113 né; ch'al re tanta ingiuria fosse fatta),
Spinge il cavallo, e ne la turba sciocca stavan con dubbia mente e stupefatta.
con l'asta bassa impetuosa fere;
e chi nel collo e chi nel petto imbrocca, 116
e fa con l'urto or questo or quel cadere: Di ch'altri a favorir la turba venne,
poi con la spada uno ed un altro tocca, che tardi poi non se ne fu a pentire;
e fa qual senza capo rimanere, altri, a cui la città; più; non attenne
e qual rotto, e qual passato al fianco, che gli stranieri, accorse a dipartire;
e qual del braccio privo o destro o manco. altri, più; saggio, in man la briglia tenne,
mirando dove questo avesse a uscire.

316
Di quelli fu Grifone ed Aquilante, il re n'arrabbia d'ira e di dispetto.
che per vendicar l'arme andaro inante. Con la prima corazza e con la nuova
Marfisa intanto, e l'uno e l'altro elmetto,
117 poi che si vide a tutti dare il tergo,
Essi vedendo il re che di veneno vincitrice venì;a verso l'albergo.
avea le luci inebriate e rosse,
ed essendo da molti istrutti a pieno 120
de la cagion che la discordia mosse, Astolfo e Sansonetto non fur lenti
e parendo a Grifon che sua, non meno a seguitarla, e seco a ritornarsi
che del re Norandin, l'ingiuria fosse; verso la porta (che tutte le genti
s'avean le lance fatte dar con fretta, gli davan loco), ed al rastrel fermarsi.
e venian fulminando alla vendetta. Aquilante e Grifon, troppo dolenti
di vedersi a uno incontro riversarsi,
118 tenean per gran vergogna il capo chino,
Astolfo d'altra parte Rabicano né; ardian venire inanzi a Norandino.
venì;a spronando a tutti gli altri inante,
con l'incantata lancia d'oro in mano, 121
ch'al fiero scontro abbatte ogni giostrante. Presi e montati c'hanno i lor cavalli,
Ferì; con essa e lasciò; steso al piano spronano dietro agli nimici in fretta.
prima Grifone, e poi trovò; Aquilante; Li segue il re con molti suoi vasalli,
e de lo scudo toccò; l'orlo a pena, tutti pronti o alla morte o alla vendetta.
che lo gittò; riverso in su l'arena. La sciocca turba grida: - Dà;lli dà;lli -;
e sta lontana, e le novelle aspetta.
119 Grifone arriva ove volgean la fronte
I cavallier di pregio e di gran pruova i tre compagni, ed avean preso il ponte.
votan le selle inanzi a Sansonetto.
L'uscita de la piazza il popul truova: 122

317
A prima giunta Astolfo raffigura, stavano cheti, e per udire intenti.
ch'avea quelle medesime divise,
avea il cavallo, avea quella armatura 125
ch'ebbe dal dì; ch'Orril fatale uccise. Alcun ch'intende quivi esser Marfisa,
Né; miratol, né; posto gli avea cura, che tiene al mondo il vanto in esser forte,
quando in piazza a giostrar seco si mise: volta il cavallo, e Norandino avisa
quivi il conobbe e salutollo; e poi che s'oggi non vuol perder la sua corte,
gli domandò; de li compagni suoi; proveggia, prima che sia tutta uccisa,
di man trarla a Tesifone e alla Morte;
123 perché; Marfisa veramente è; stata,
e perché; tratto avean quell'arme a terra, che l'armatura in piazza gli ha levata.
portando al re sì; poca riverenza.
Di suoi compagni il duca d'Inghilterra 126
diede a Grifon non falsa conoscenza: Come re Norandino ode quel nome
de l'arme ch'attaccate avean la guerra, così; temuto per tutto Levante,
disse che non n'avea troppa scienza; che facea a molti anco arricciar le chiome,
ma perché; con Marfisa era venuto, ben che spesso da lor fosse distante,
dar le volea con Sansonetto aiuto. è; certo che ne debbia venir come
dice quel suo, se non provede inante;
124 però; gli suoi, che già; mutata l'ira
Quivi con Grifon stando il paladino, hanno in timore, a sé; richiama e tira.
viene Aquilante, e lo conosce tosto
che parlar col fratel l'ode vicino, 127
e il voler cangia, ch'era mal disposto. Da l'altra parte i figli d'Oliviero
Giungean molti di quei di Norandino, con Sansonetto e col figliuol d'Otone,
ma troppo non ardian venire accosto; supplicando a Marfisa, tanto fero,
e tanto più;, vedendo i parlamenti, che si diè; fine alla crudel tenzone.

318
Marfisa, giunta al re, con viso altiero che vostre sien, che tengan vostra insegna:
disse: - Io non so, signor, con che ragione basti il dirmelo voi; che vi si crede
vogli quest'arme dar, che tue non sono, più; ch'a qual altro testimonio vegna.
al vincitor de le tue giostre in dono. Che vostre sian vostr'arme si concede
alla virtù; di maggior premio degna.
128 Or ve l'abbiate, e più; non si contenda;
Mie sono l'arme, e 'n mezzo de la via e Grifon maggior premio da me prenda. -
che vien d'Armenia, un giorno le lasciai,
perché; seguire a piè; mi convenia 131
un rubator che m'avea offesa assai: Grifon che poco a cor avea quell'arme,
e la mia insegna testimon ne fia, ma gran disio che 'l re si satisfaccia,
che qui si vede, se notizia n'hai. - gli disse: - Assai potete compensarme,
E la mostrò; ne la corazza impressa, se mi fate saper ch'io vi compiaccia. -
ch'era in tre parti una corona fessa. Tra sé; disse Marfisa: - Esser qui parme
l'onor mio in tutto: - e con benigna faccia
129 volle a Grifon de l'arme esser cortese;
- Gli è; ver (rispose il re) che mi fur date, e finalmente in don da lui le prese.
son pochi dì;, da un mercatante armeno;
e se voi me l'avesse domandate, 132
l'avreste avute, o vostre o no che siè;no; Ne la città; con pace e con amore
ch'avenga ch'a Grifon già; l'ho donate, tornaro, ove le feste raddoppiarsi.
ho tanta fede in lui, che nondimeno, Poi la giostra si fe', di che l'onore
acciò; a voi darle avessi anche potuto, e 'l pregio Sansonetto fece darsi;
volentieri il mio don m'avria renduto. ch'Astolfo e i duo fratelli e la migliore
di lor, Marfisa, non volson provarsi,
130 cercando, com'amici e buon compagni,
Non bisogna allegar, per farmi fede che Sansonetto il pregio ne guadagni.

319
ch'avrian per molti dì; buona fortuna.
133 Sciolser dal lito, avendo aria serena,
Stati che sono in gran piacere e in festa e di buon vento ogni lor vela piena.
con Norandino otto giornate o diece,
perché; l'amor di Francia gli molesta, 136
che lasciar senza lor tanto non lece, L'isola sacra all'amorosa dea
tolgon licenza; e Marfisa, che questa diede lor sotto un'aria il primo porto,
via disiava, compagnia lor fece. che non ch'a offender gli uomini sia rea,
Marfisa avuto avea lungo disire ma stempra il ferro, e quivi è; 'l viver corto.
al paragon dei paladin venire; Cagion n'è; un stagno: e certo non dovea
Natura a Famagosta far quel torto
134 d'appressarvi Costanza acre e maligna,
e far esperienza se l'effetto quando al resto di Cipro è; sì; benigna.
si pareggiava a tanta nominanza.
Lascia un altro in suo loco Sansonetto, 137
che di Ierusalem regga la stanza. Il grave odor che la palude esala
Or questi cinque in un drappello eletto, non lascia al legno far troppo soggiorno.
che pochi pari al mondo han di possanza, Quindi a un greco-levante spiegò; ogni ala,
licenziati dal re Norandino, volando da man destra a Cipro intorno,
vanno a Tripoli e al mar che v'è; vicino. e surse a Pafo, e pose in terra scala;
e i naviganti uscir nel lito adorno,
135 chi per merce levar, chi per vedere
E quivi una caracca ritrovaro, la terra d'amor piena e di piacere.
che per Ponente mercanzie raguna.
Per loro e pei cavalli s'accordaro 138
con un vecchio patron ch'era da Luna. Dal mar sei miglia o sette, a poco a poco
Mostrava d'ogn'intorno il tempo chiaro, si va salendo inverso il colle ameno.

320
Mirti e cedri e naranci e lauri il loco, 141
e mille altri soavi arbori han pieno. Al vento di maestro alzò; la nave
Serpillo e persa e rose e gigli e croco le vele all'orza, ed allargossi in alto.
spargon da l'odorifero terreno Un ponente-libecchio, che soave
tanta suavità;, ch'in mar sentire parve a principio e fin che 'l sol stette alto,
la fa ogni vento che da terra spire. e poi si fe' verso la sera grave,
le leva incontra il mar con fiero assalto,
139 con tanti tuoni e tanto ardor di lampi,
Da limpida fontana tutta quella che par che 'l ciel si spezzi e tutto avampi.
piaggia rigando va un ruscel fecondo.
Ben si può; dir che sia di Vener bella 142
il luogo dilettevole e giocondo; Stendon le nubi un tenebroso velo
che v'è; ogni donna affatto, ogni donzella che né; sole apparir lascia né; stella.
piacevol più; ch'altrove sia nel mondo: Di sotto il mar, di sopra mugge il cielo,
e fa la dea che tutte ardon d'amore, il vento d'ogn'intorno, e la procella
giovani e vecchie, infino all'ultime ore. che di pioggia oscurissima e di gelo
i naviganti miseri flagella:
140 e la notte più; sempre si diffonde
Quivi odono il medesimo ch'udito sopra l'irate e formidabil onde.
di Lucina e de l'Orco hanno in Soria,
e come di tornare ella a marito 143
facea nuovo apparecchio in Nicosia. I naviganti a dimostrare effetto
Quindi il padrone (essendosi espedito, vanno de l'arte in che lodati sono:
e spirando buon vento alla sua via) chi discorre fischiando col fraschetto,
l'ancore sarpa, e fa girar la proda e quanto han gli altri a far, mostra col suono;
verso ponente, ed ogni vela snoda. chi l'ancore apparechia da rispetto,
e chi al mainare e chi alla scotta è; buono;

321
chi 'l timone, chi l'arbore assicura, coi Saracini il popul d'Inghilterra.
chi la coperta di sgombrare ha cura. Quivi Rinaldo assale, apre e sbaraglia
le schiere avverse, e le bandiere atterra.
144 Dissi di lui, che 'l suo destrier Baiardo
Crebbe il tempo crudel tutta la notte, mosso avea contra a Dardinel gagliardo.
caliginosa e più; scura ch'inferno.
Tien per l'alto il padrone, ove men rotte 147
crede l'onde trovar, dritto il governo; Vide Rinaldo il segno del quartiero,
e volta ad or ad or contra le botte di che superbo era il figliuol d'Almonte;
del mar la proda, e de l'orribil verno, e lo stimò; gagliardo e buon guerriero,
non senza speme mai che, come aggiorni, che concorrer d'insegna ardia col conte.
cessi fortuna, o più; placabil torni. Venne più; appresso, e gli parea più; vero;
ch'avea d'intorno uomini uccisi a monte.
145 - Meglio è; (gridò;) che prima io svella e spenga
Non cessa e non si placa, e più; furore questo mal germe, che maggior divenga. -
mostra nel giorno, se pur giorno è; questo,
che si conosce al numerar de l'ore, 148
non che per lume già; sia manifesto. Dovunque il viso drizza il paladino,
Or con minor speranza e più; timore levasi ognuno, e gli dà; larga strada;
si dà; in poter del vento il padron mesto: né; men sgombra il fedel, che 'l Saracino,
volta la poppa all'onde, e il mar crudele si reverita è; la famosa spada.
scorrendo se ne va con umil vele. Rinaldo, fuor che Dardinel meschino,
non vede alcuno, e lui seguir non bada.
146 Grida: - Fanciullo, gran briga ti diede
Mentre Fortuna in mar questi travaglia, chi ti lasciò; di questo scudo erede.
non lascia anco posar quegli altri in terra,
che sono in Francia, ove s'uccide e taglia 149

322
Vengo a te per provar, se tu m'attendi, ma picchiò; invan su l'elmo di Mambrino.
come ben guardi il quartier rosso e bianco;
che s'ora contra me non lo difendi, 152
difender contra Orlando il potrai manco. - Rise Rinaldo, e disse: - Io vo' tu senta,
Rispose Dardinello: - Or chiaro apprendi s'io so meglio di te trovar la vena. -
che s'io lo porto, il so difender anco; Sprona, e a un tempo al destrier la briglia allenta,
e guadagnar più; onor, che briga, posso e d'una punta con tal forza mena,
del paterno quartier candido e rosso. d'una punta ch'al petto gli appresenta,
che gli la fa apparir dietro alla schena.
150 Quella trasse, al tornar, l'alma col sangue:
Perché; fanciullo io sia, non creder farme di sella il corpo uscì; freddo ed esangue.
però; fuggire, o che 'l quartier ti dia:
la vita mi torrai, se mi toi l'arme; 153
ma spero in Dio ch'anzi il contrario fia. Come purpureo fior languendo muore,
Sia quel che vuol, non potrà; alcun biasmarme che 'l vomere al passar tagliato lassa;
che mai traligni alla progenie mia. - o come carco di superchio umore
Così; dicendo, con la spada in mano il papaver ne l'orto il capo abbassa:
assalse il cavallier da Montalbano. così;, giù; de la faccia ogni colore
cadendo, Dardinel di vita passa;
151 passa di vita, e fa passar con lui
Un timor freddo tutto 'l sangue oppresse, l'ardire e la virtù; de tutti i sui.
che gli Africani aveano intorno al core,
come vider Rinaldo che si messe 154
con tanta rabbia incontra a quel signore, Qual soglion l'acque per umano ingegno
con quanta andria un leon ch'al prato avesse stare ingorgate alcuna volta e chiuse,
visto un torel ch'ancor non senta amore. che quando lor vien poi rotto il sostegno,
Il primo che ferì;, fu 'l Saracino; cascano, e van con gran rumor difuse;

323
tal gli African, ch'avean qualche ritegno ch'eron serrati d'argine e di fossa,
mentre virtù; lor Dardinello infuse, con Stordilan, col re d'Andologia,
ne vanno or sparti in questa parte e in quella, col Portughese in una squadra grossa.
che l'han veduto uscir morto di sella. Manda a pregar il re di Barbaria,
che si cerchi ritrar meglio che possa;
155 e se quel giorno la persona e 'l loco
Chi vuol fuggir, Rinaldo fuggir lassa, potrà; salvar, non avrà; fatto poco.
ed attende a cacciar chi vuol star saldo.
Si cade ovunque Ariodante passa, 158
che molto va quel dì; presso a Rinaldo. Quel re che si tenea spacciato al tutto,
Altri Lionetto, altri Zerbin fracassa, né; mai credea più; riveder Biserta,
a gara ognuno a far gran prove caldo. che con viso sì; orribile e sì; brutto
Carlo fa il suo dover, lo fa Oliviero, unquanco non avea Fortuna esperta,
Turpino e Guido e Salamone e Ugiero. s'allegrò; che Marsilio avea ridutto
parte del campo in sicurezza certa:
156 ed a ritrarsi cominciò;, e a dar volta
I Mori fur quel giorno in gran periglio alle bandiere, e fe' sonar raccolta.
che 'n Pagania non ne tornasse testa;
ma 'l saggio re di Spagna dà; di piglio, 159
e se ne va con quel che in man gli resta. Ma la più; parte de la gente rotta
Restar in danno tien miglior consiglio, né; tromba né; tambur né; segno ascolta:
che tutti i denar perdere e la vesta: tanta fu la viltà;, tanta la dotta,
meglio è; ritrarsi e salvar qualche schiera, ch'in Senna se ne vide affogar molta.
che, stando, esser cagion che 'l tutto pè;ra. Il re Agramante vuol ridur la frotta:
seco ha Sobrino, e van scorrendo in volta;
157 e con lor s'affatica ogni buon duca,
Verso gli alloggiamenti i segni invia, che nei ripari il campo si riduca.

324
che fur quel dì; messi per fil di spade.
160 Villani e lupi uscir poi de le grotte
Ma né; il re, né; Sobrin, né; duca alcuno a dispogliargli e a devorar la notte.
con prieghi, con minacce, con affanno
ritrar può; il terzo, non ch'io dica ognuno, 163
dove l'insegne mal seguite vanno. Carlo non torna più; dentro alla terra,
Morti o fuggiti ne son dua, per uno ma contra gli nimici fuor s'accampa,
che ne rimane, e quel non senza danno: ed in assedio le lor tende serra,
ferito è; chi di dietro e chi davanti; ed alti e spessi fuochi intorno avampa.
ma travagliati e lassi tutti quanti. Il pagan si provede, e cava terra,
fossi e ripari e bastioni stampa;
161 va rivedendo, e tien le guardie deste,
E con gran tema fin dentro alle porte né; tutta notte mai l'arme si sveste.
dei forti alloggiamenti ebbon la caccia:
ed era lor quel luogo anco mal forte, 164
con ogni proveder che vi si faccia Tutta la notte per gli alloggiamenti
(che ben pigliar nel crin la buona sorte dei malsicuri Saracini oppressi
Carlo sapea, quando volgea la faccia), si versan pianti, gemiti e lamenti,
se non venia la notte tenebrosa, ma quanto più; si può;, cheti e soppressi.
che staccò; il fatto, ed acquetò; ogni cosa; Altri, perché; gli amici hanno e i parenti
lasciati morti, ed altri per se stessi,
162 che son feriti, e con disagio stanno:
dal Creator accelerata forse, ma più; è; la tema del futuro danno.
che de la sua fattura ebbe pietade.
Ondeggiò; il sangue per campagna, e corse 165
come un gran fiume, e dilagò; le strade. Duo Mori ivi fra gli altri si trovaro,
Ottantamila corpi numerorse, d'oscura stirpe nati in Tolomitta;

325
de' quai l'istoria, per esempio raro 168
di vero amore, è; degna esser descritta. Volto al cornpagno, disse: - O Cloridano,
Cloridano e Medor si nominaro, io non ti posso dir quanto m'incresca
ch'alla fortuna prospera e alla afflitta del mio signor, che sia rimaso al piano,
aveano sempre amato Dardinello, per lupi e corbi, ohimé;! troppo degna esca.
ed or passato in Francia il mar con quello. Pensando come sempre mi fu umano,
mi par che quando ancor questa anima esca
166 in onor di sua fama, io non compensi
Cloridan, cacciator tutta sua vita, né; sciolga verso lui gli oblighi immensi.
di robusta persona era ed isnella:
Medoro avea la guancia colorita 169
e bianca e grata ne la età; novella; Io voglio andar, perché; non stia insepulto
e fra la gente a quella impresa uscita in mezzo alla campagna, a ritrovarlo:
non era faccia più; gioconda e bella: e forse Dio vorrà; ch'io vada occulto
occhi avea neri, e chioma crespa d'oro: là; dove tace il campo del re Carlo.
angel parea di quei del sommo coro. Tu rimarrai; che quando in ciel sia sculto
ch'io vi debba morir, potrai narrarlo:
167 che se Fortuna vieta sì; bell'opra,
Erano questi duo sopra i ripari per fama almeno il mio buon cor si scuopra. -
con molti altri a guardar gli alloggiamenti,
quando la Notte fra distanze pari 170
mirava il ciel con gli occhi sonnolenti. Stupisce Cloridan, che tanto core,
Medoro quivi in tutti i suoi parlari tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo:
non può; far che 'l signor suo non rammenti, e cerca assai, perché; gli porta amore,
Dardinello d'Almonte, e che non piagna di fargli quel pensiero irrito e nullo;
che resti senza onor ne la campagna. ma non gli val, perch'un sì; gran dolore
non riceve conforto né; trastullo.

326
Medoro era disposto o di morire, non debbo far, Medoro, occisioni?
o ne la tomba il suo signor coprire. Tu, perché; sopra alcun non ci venisse,
gli occhi e l'orecchi in ogni parte poni;
171 ch'io m'offerisco farti con la spada
Veduto che nol piega e che nol muove, tra gli nimici spaziosa strada. -
Cloridan gli risponde: - E verrò; anch'io,
anch'io vuo' pormi a sì; lodevol pruove, 174
anch'io famosa morte amo e disio. Così; disse egli, e tosto il parlar tenne,
Qual cosa sarà; mai che più; mi giove, ed entrò; dove il dotto Alfeo dormia,
s'io resto senza te, Medoro mio? che l'anno inanzi in corte a Carlo venne,
Morir teco con l'arme è; meglio molto, medico e mago e pien d'astrologia:
che poi di duol, s'avvien che mi sii tolto. - ma poco a questa volta gli sovenne;
anzi gli disse in tutto la bugia.
172 Predetto egli s'avea, che d'anni pieno
Così; disposti, messero in quel loco dovea morire alla sua moglie in seno:
le successive guardie, e se ne vanno.
Lascian fosse e steccati, e dopo poco 175
tra' nostri son, che senza cura stanno. ed or gli ha messo il cauto Saracino
Il campo dorme, e tutto è; spento il fuoco, la punta de la spada ne la gola.
perché; dei Saracin poca tema hanno. Quattro altri uccide appresso all'indovino,
Tra l'arme e' carriaggi stan roversi, che non han tempo a dire una parola:
nel vin, nel sonno insino agli occhi immersi. menzion dei nomi lor non fa Turpino,
e 'l lungo andar le lor notizie invola:
173 dopo essi Palidon da Moncalieri,
Fermossi alquanto Cloridano, e disse: che sicuro dormia fra duo destrieri.
- Non son mai da lasciar l'occasioni.
Di questo stuol che 'l mio signor trafisse, 176

327
Poi se ne vien dove col capo giace ma si sdegna ferir l'ignobil plebe.
appoggiato al barile il miser Grillo:
avealo voto, e avea creduto in pace 179
godersi un sonno placido e tranquillo. Venuto era ove il duca di Labretto
Troncò;gli il capo il Saracino audace: con una dama sua dormia abbracciato;
esce col sangue il vin per uno spillo, e l'un con l'altro si tenea sì; stretto,
di che n'ha in corpo più; d'una bigoncia; che non saria tra lor l'aere entrato.
e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia. Medoro ad ambi taglia il capo netto.
Oh felice morire! oh dolce fato!
177 che come erano i corpi, ho così; fede
E presso a Grillo, un Greco ed un Tedesco ch'andar l'alme abbracciate alla lor sede.
spenge in dui colpi, Andropono e Conrado.
che de la notte avean goduto al fresco 180
gran parte, or con la tazza, ora col dado: Malindo uccise e Ardalico il fratello,
felici, se vegghiar sapeano a desco che del conte di Fiandra erano figli;
fin che de l'Indo il sol passassi il guado. e l'uno e l'altro cavallier novello
Ma non potria negli uomini il destino, fatto avea Carlo, e aggiunto all'arme i gigli,
se del futuro ognun fosse indovino. perché; il giorno amendui d'ostil macello
con gli stocchi tornar vide vermigli:
178 e terre in Frisa avea promesso loro,
Come impasto leone in stalla piena, e date avria; ma lo vietò; Medoro.
che lunga fame abbia smacrato e asciutto,
uccide, scanna, mangia, a strazio mena 181
l'infermo gregge in sua balì;a condutto; Gl'insidiosi ferri eran vicini
così; il crudel pagan nel sonno svena ai padiglioni che tiraro in volta
la nostra gente, e fa macel per tutto. al padiglion di Carlo i paladini,
La spada di Medoro anco non ebe; facendo ognun la guardia la sua volta;

328
quando da l'empia strage i Saracini debitamente sei detta triforme;
trasson le spade, e diero a tempo volta; ch'in cielo, in terra e ne l'inferno mostri
ch'impossibil lor par, tra sì; gran torma, l'alta bellezza tua sotto più; forme,
che non s'abbia a trovar un che non dorma. e ne le selve, di fere e di mostri
vai cacciatrice seguitando l'orme;
182 mostrami ove 'l mio re giaccia fra tanti,
E ben che possan gir di preda carchi, che vivendo imitò; tuoi studi santi. -
salvin pur sé;, che fanno assai guadagno.
Ove più; creda aver sicuri i varchi 185
va Cloridano, e dietro ha il suo compagno. La luna a quel pregar la nube aperse
Vengon nel campo, ove fra spade ed archi (o fosse caso o pur la tanta fede),
e scudi e lance in un vermiglio stagno bella come fu allor ch'ella s'offerse,
giaccion poveri e ricchi, e re e vassalli, e nuda in braccio a Endimion si diede.
e sozzopra con gli uomini i cavalli. Con Parigi a quel lume si scoperse
l'un campo e l'altro; e 'l monte e 'l pian si vede:
183 si videro i duo colli di lontano,
Quivi dei corpi l'orrida mistura, Martire a destra, e Lerì; all'altra mano,
che piena avea la gran campagna intorno,
potea far vaneggiar la fedel cura 186
dei duo compagni insino al far del giorno, Rifulse lo splendor molto più; chiaro
se non traea fuor d'una nube oscura, ove d'Almonte giacea morto il figlio.
a' prieghi di Medor, la Luna il corno. Medoro andò;, piangendo, al signor caro;
Medoro in ciel divotamente fisse che conobbe il quartier bianco e vermiglio:
verso la Luna gli occhi, e così; disse: e tutto 'l viso gli bagnò; d'amaro
pianto, che n'avea un rio sotto ogni ciglio,
184 in sì; dolci atti, in sì; dolci lamenti,
- O santa dea, che dagli antiqui nostri che potea ad ascoltar fermare i venti.

329
gittar la soma, e dare opra ai calcagni;
187 che sarebbe pensier non troppo accorto,
Ma con sommessa voce e a pena udita; perder duo vivi per salvar un morto. -
non che riguardi a non si far sentire,
perch'abbia alcun pensier de la sua vita, 190
più; tosto l'odia, e ne vorrebbe uscire: E gittò; il carco, perché; si pensava
ma per timor che non gli sia impedita che 'l suo Medoro il simil far dovesse:
l'opera pia che quivi il fe' venire. ma quel meschin, che 'l suo signor più; amava,
Fu il morto re sugli omeri sospeso sopra le spalle sue tutto lo resse.
di tramendui, tra lor partendo il peso. L'altro con molta fretta se n'andava,
come l'amico a paro o dietro avesse:
188 se sapea di lasciarlo a quella sorte,
Vanno affrettando i passi quanto ponno, mille aspettate avria, non ch'una morte.
sotto l'amata soma che gl'ingombra.
E già; venì;a chi de la luce è; donno 191
le stelle a tor del ciel, di terra l'ombra; Quei cavallier, con animo disposto
quando Zerbino, a cui del petto il sonno che questi a render s'abbino o a morire,
l'alta virtude, ove è; bisogno, sgombra, chi qua chi là; si spargono, ed han tosto
cacciato avendo tutta notte i Mori, preso ogni passo onde si possa uscire.
al campo si traea nei primi albori. Da loro il capitan poco discosto,
più; degli altri è; sollicito a seguire;
189 ch'in tal guisa vedendoli temere,
E seco alquanti cavallieri avea, certo è; che sian de le nimiche schiere.
che videro da lunge i dui compagni.
Ciascuno a quella parte si traea, 192
sperandovi trovar prede e guadagni. Era a quel tempo ivi una selva antica,
- Frate, bisogna (Cloridan dicea) d'ombrose piante spessa e di virgulti,

330
che, come labirinto, entro s'intrica staria quel grande infra le turbe estreme.
di stretti calli e sol da bestie culti. Ma torniamo a Medor fedele e grato,
Speran d'averla i duo pagan sì; amica, che 'n vita e in morte ha il suo signore amato.
ch'abbi a tenerli entro a' suoi rami occulti.
Ma chi del canto mio piglia diletto, 3
un'altra volta ad ascoltarlo aspetto. Cercando già; nel più; intricato calle
il giovine infelice di salvarsi;
ma il grave peso ch'avea su le spalle,
CANTO DICIANNOVESIMO gli facea uscir tutti i partiti scarsi.
Non conosce il paese, e la via falle,
e torna fra le spine a invilupparsi.
1 Lungi da lui tratto al sicuro s'era
Alcun non può; saper da chi sia amato, l'altro, ch'avea la spalla più; leggiera.
quando felice in su la ruota siede:
però; c'ha i veri e i finti amici a lato, 4
che mostran tutti una medesma fede. Cloridan s'è; ridutto ove non sente
Se poi si cangia in tristo il lieto stato, di chi segue lo strepito e il rumore:
volta la turba adulatrice il piede; ma quando da Medor si vede assente,
e quel che di cor ama riman forte, gli pare aver lasciato a dietro il core.
ed ama il suo signor dopo la morte. - Deh, come fui (dicea) sì; negligente,
deh, come fui sì; di me stesso fuore,
2 che senza te, Medor, qui mi ritrassi,
Se, come il viso, si mostrasse il core, né; sappia quando o dove io ti lasciassi! -
tal ne la corte è; grande e gli altri preme,
e tal è; in poca grazia al suo signore, 5
che la lor sorte muteriano insieme. Così; dicendo, ne la torta via
Questo umil diverria tosto il maggiore: de l'intricata selva si ricaccia;

331
ed onde era venuto si ravvia, 8
e torna di sua morte in su la traccia. Cloridan, che non sa come l'aiuti,
Ode i cavalli e i gridi tuttavia, e ch'esser vuole a morir seco ancora,
e la nimica voce che minaccia: ma non ch'in morte prima il viver muti,
all' ultimo ode il suo Medoro, e vede che via non truovi ove più; d'un ne mora;
che tra molti a cavallo è; solo a piede. mette su l'arco un de' suoi strali acuti,
e nascoso con quel sì; ben lavora,
6 che fora ad uno Scotto le cervella,
Cento a cavallo, e gli son tutti intorno: e senza vita il fa cader di sella.
Zerbin commanda e grida che sia preso.
L'infelice s'aggira com'un torno, 9
e quanto può; si tien da lor difeso, Volgonsi tutti gli altri a quella banda
or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno, ond'era uscito il calamo omicida.
né; si discosta mai dal caro peso. Intanto un altro il Saracin ne manda,
L'ha riposato al fin su l'erba, quando perché; 'l secondo a lato al primo uccida;
regger nol puote, e gli va intorno errando: che mentre in fretta a questo e a quel domanda
chi tirato abbia l'arco, e forte grida,
7 lo strale arriva e gli passa la gola,
come orsa, che l'alpestre cacciatore e gli taglia pel mezzo la parola.
ne la pietrosa tana assalita abbia,
sta sopra i figli con incerto core, 10
e freme in suono di pietà; e di rabbia: Or Zerbin, ch'era il capitano loro,
ira la 'nvita e natural furore non poté; a questo aver più; pazienza.
a spiegar l'ugne e a insanguinar le labbia; Con ira e con furor venne a Medoro,
amor la 'ntenerisce, e la ritira dicendo: - Ne farai tu penitenza. -
a riguardare ai figli in mezzo l'ira. Stese la mano in quella chioma d'oro,
e strascinollo a sé; con violenza:

332
ma come gli occhi a quel bel volto mise, al supplicante il delicato petto.
gli ne venne pietade, e non l'uccise. Spiacque a Zerbin l'atto crudele e strano;
tanto più;, che del colpo il giovinetto
11 vide cader sì; sbigottito e smorto,
Il giovinetto si rivolse a' prieghi, che 'n tutto giudicò; che fosse morto.
e disse: - Cavallier, per lo tuo Dio,
non esser sì; crudel, che tu mi nieghi 14
ch'io sepelisca il corpo del re mio. E se ne sdegnò; in guisa e se ne dolse,
Non vo' ch'altra pietà; per me ti pieghi, che disse: - Invendicato già; non fia! -
né; pensi che di vita abbi disio: e pien di mal talento si rivolse
ho tanta di mia vita, e non più;, cura, al cavallier che fe' l'impresa ria:
quanta ch'al mio signor dia sepultura. ma quel prese vantaggio, e se gli tolse
dinanzi in un momento, e fuggì; via.
12 Cloridan, che Medor vede per terra,
E se pur pascer vò;i fiere ed augelli, salta del bosco a discoperta guerra.
che 'n te il furor sia del teban Creonte,
fa lor convito di miei membri, e quelli 15
sepelir lascia del figliuol d'Almonte. - E getta l'arco, e tutto pien di rabbia
Così; dicea Medor con modi belli, tra gli nimici il ferro intorno gira,
e con parole atte a voltare un monte; più; per morir, che per pensier ch'egli abbia
e sì; commosso già; Zerbino avea, di far vendetta che pareggi l'ira.
che d'amor tutto e di pietade ardea. Del proprio sangue rosseggiar la sabbia
fra tante spade, e al fin venir si mira;
13 e tolto che si sente ogni potere,
In questo mezzo un cavallier villano, si lascia a canto al suo Medor cadere.
avendo al suo signor poco rispetto,
ferì; con una lancia sopra mano 16

333
Seguon gli Scotti ove la guida loro abbia Orlando nomato, o Sacripante.
per l'alta selva alto disdegno mena,
poi che lasciato ha l'uno e l'altro Moro, 19
l'un morto in tutto, e l'altro vivo a pena. E sopra ogn'altro error via più; pentita
Giacque gran pezzo il giovine Medoro, era del ben che già; a Rinaldo volse,
spicciando il sangue da sì; larga vena, troppo parendole essersi avilita,
che di sua vita al fin saria venuto, ch'a riguardar sì; basso gli occhi volse.
se non sopravenia chi gli diè; aiuto. Tant'arroganza avendo Amor sentita,
più; lungamente comportar non volse:
17 dove giacea Medor, si pose al varco,
Gli sopravenne a caso una donzella, e l'aspettò;, posto lo strale all'arco.
avolta in pastorale ed umil veste,
ma di real presenza e in viso bella, 20
d'alte maniere e accortamente oneste. Quando Angelica vide il giovinetto
Tanto è; ch'io non ne dissi più; novella, languir ferito, assai vicino a morte,
ch'a pena riconoscer la dovreste: che del suo re che giacea senza tetto,
questa, se non sapete, Angelica era, più; che del proprio mal si dolea forte;
del gran Can del Catai la figlia altiera. insolita pietade in mezzo al petto
si sentì; entrar per disusate porte,
18 che le fe' il duro cor tenero e molle,
Poi che 'l suo annello Angelica riebbe, e più;, quando il suo caso egli narrolle.
di che Brunel l'avea tenuta priva,
in tanto fasto, in tanto orgoglio crebbe, 21
ch'esser parea di tutto 'l mondo schiva. E rivocando alla memoria l'arte
Se ne va sola, e non si degnerebbe ch'in India imparò; già; di chirugia
compagno aver qual più; famoso viva: (che par che questo studio in quella parte
si sdegna a rimembrar che già; suo amante nobile e degno e di gran laude sia;

334
e senza molto rivoltar di carte, e scendere il pastor seco fece anche.
che 'l patre ai figli ereditario il dia), Pestò; con sassi l'erba, indi la prese,
si dispose operar con succo d'erbe, e succo ne cavò; fra le man bianche;
ch'a più; matura vita lo riserbe. ne la piaga n'infuse, e ne distese
e pel petto e pel ventre e fin a l'anche:
22 e fu di tal virtù; questo liquore,
E ricordossi che passando avea che stagnò; il sangue, e gli tornò; il vigore;
veduta un'erba in una piaggia amena;
fosse dittamo, o fosse panacea, 25
o non so qual, di tal effetto piena, e gli diè; forza, che poté; salire
che stagna il sangue, e de la piaga rea sopra il cavallo che 'l pastor condusse.
leva ogni spasmo e perigliosa pena. Non però; volse indi Medor partire
La trovò; non lontana, e quella colta, prima ch'in terra il suo signor non fusse.
dove lasciato avea Medor, diè; volta. E Cloridan col re fe' sepelire;
e poi dove a lei piacque si ridusse.
23 Ed ella per pietà; ne l'umil case
Nel ritornar s'incontra in un pastore del cortese pastor seco rimase.
ch'a cavallo pel bosco ne veniva,
cercando una iuvenca, che già; fuore 26
duo dì; di mandra e senza guardia giva. Né; fin che nol tornasse in sanitade,
Seco lo trasse ove perdea il vigore volea partir: così; di lui fe' stima,
Medor col sangue che del petto usciva; tanto se intenerì; de la pietade
e già; n'avea di tanto il terren tinto, che n'ebbe, come in terra il vide prima.
ch'era omai presso a rimanere estinto. Poi vistone i costumi e la beltade,
roder si sentì; il cor d'ascosa lima;
24 roder si sentì; il core, e a poco a poco
Del palafreno Angelica giù; scese, tutto infiammato d'amoroso fuoco.

335
la misera si strugge, come falda
27 strugger di nieve intempestiva suole,
Stava il pastore in assai buona e bella ch'in loco aprico abbia scoperta il sole.
stanza, nel bosco infra duo monti piatta,
con la moglie e coi figli; ed avea quella 30
tutta di nuovo e poco inanzi fatta. Se di disio non vuol morir, bisogna
Quivi a Medoro fu per la donzella che senza indugio ella se stessa aiti:
la piaga in breve a sanità; ritratta: e ben le par che di quel ch'essa agogna,
ma in minor tempo si sentì; maggiore non sia tempo aspettar ch'altri la 'nviti.
piaga di questa avere ella nel core. Dunque, rotto ogni freno di vergogna,
la lingua ebbe non men che gli occhi arditi:
28 e di quel colpo domandò; mercede,
Assai più; larga piaga e più; profonda che, forse non sapendo, esso le diede.
nel cor sentì; da non veduto strale,
che da' begli occhi e da la testa bionda 31
di Medoro aventò; l'Arcier c'ha l'ale. O conte Orlando, o re di Circassia,
Arder si sente, e sempre il fuoco abonda; vostra inclita virtù;, dite, che giova?
e più; cura l'altrui che 'l proprio male: Vostro alto onor dite in che prezzo sia,
di sé; non cura, e non è; ad altro intenta, o che mercé; vostro servir ritruova.
ch'a risanar chi lei fere e tormenta. Mostratemi una sola cortesia
che mai costei v'usasse, o vecchia o nuova,
29 per ricompensa e guidardone e merto
La sua piaga più; s'apre e più; incrudisce, di quanto avete già; per lei sofferto.
quanto più; l'altra si ristringe e salda.
Il giovine si sana: ella languisce 32
di nuova febbre, or agghiacciata, or calda. Oh se potessi ritornar mai vivo,
Di giorno in giorno in lui beltà; fiorisce: quanto ti parria duro, o re Agricane!

336
che già; mostrò; costei sì; averti a schivo 35
con repulse crudeli ed inumane. Se stava all'ombra o se del tetto usciva,
O Ferraù;, o mille altri ch'io non scrivo, avea dì; e notte il bel giovine a lato:
ch'avete fatto mille pruove vane matino e sera or questa or quella riva
per questa ingrata, quanto aspro vi fôra, cercando andava, o qualche verde prato:
s'a costu' in braccio voi la vedesse ora! nel mezzo giorno un antro li copriva,
forse non men di quel commodo e grato,
33 ch'ebber, fuggendo l'acque, Enea e Dido,
Angelica a Medor la prima rosa de' lor secreti testimonio fido.
coglier lasciò;, non ancor tocca inante:
né; persona fu mai sì; aventurosa, 36
ch'in quel giardin potesse por le piante. Fra piacer tanti, ovunque un arbor dritto
Per adombrar, per onestar la cosa, vedesse ombrare o fonte o rivo puro,
si celebrò; con cerimonie sante v'avea spillo o coltel subito fitto;
il matrimonio, ch'auspice ebbe Amore, così;, se v'era alcun sasso men duro:
e pronuba la moglie del pastore. ed era fuori in mille luoghi scritto,
e così; in casa in altritanti il muro,
34 Angelica e Medoro, in vari modi
Fersi le nozze sotto all'umil tetto legati insieme di diversi nodi.
le più; solenni che vi potean farsi;
e più; d'un mese poi stero a diletto 37
i duo tranquilli amanti a ricrearsi. Poi che le parve aver fatto soggiorno
Più; lunge non vedea del giovinetto quivi più; ch'a bastanza, fe' disegno
la donna, né; di lui potea saziarsi; di fare in India del Catai ritorno,
né;, per mai sempre pendergli dal collo, e Medor coronar del suo bel regno.
il suo disir sentia di lui satollo. Portava al braccio un cerchio d'oro, adorno
di ricche gemme, in testimonio e segno

337
del ben che 'l conte Orlando le volea; dal dì; che nel suo albergo si fur messi,
e portato gran tempo ve l'avea. levò; dal braccio il cerchio e gli lo diede,
e volse per suo amor che lo tenessi.
38 Indi saliron verso la montagna
Quel donò; già; Morgana a Ziliante, che divide la Francia da la Spagna.
nel tempo che nel lago ascoso il tenne;
ed esso, poi ch'al padre Monodante, 41
per opra e per virtù; d'Orlando venne, Dentro a Valenza o dentro a Barcellona
lo diede a Orlando: Orlando ch'era amante, per qualche giorno avea pensato porsi,
di porsi al braccio il cerchio d'or sostenne, fin che accadesse alcuna nave buona
avendo disegnato di donarlo che per Levante apparecchiasse a sciorsi.
alla regina sua di ch'io vi parlo. Videro il mar scoprir sotto a Girona
ne lo smontar giù; dei montani dorsi;
39 e costeggiando a man sinistra il lito,
Non per amor del paladino, quanto a Barcellona andar pel camin trito.
perch'era ricco e d'artificio egregio,
caro avuto l'avea la donna tanto, 42
che più; non si può; aver cosa di pregio. Ma non vi giunser prima, ch'un uom pazzo
Se lo serbò; ne l'Isola del pianto, giacer trovato in su l'estreme arene,
non so già; dirvi con che privilegio, che, come porco, di loto e di guazzo
là; dove esposta al marin mostro nuda tutto era brutto e volto e petto e schene.
fu da la gente inospitale e cruda. Costui si scagliò; lor come cagnazzo
ch'assalir forestier subito viene;
40 e diè; lor noia, e fu per far lor scorno.
Quivi non si trovando altra mercede Ma di Marfisa a ricontarvi torno.
ch'al buon pastor ed alla moglie dessi,
che serviti gli avea con sì; gran fede 43

338
Di Marfisa, d'Astolfo, d' Aquilante, sono a consiglio dal padron ridutti.
di Grifone e degli altri io vi vuo' dire,
che travagliati, e con la morte inante, 46
mal si poteano incontra il mar schermire: Chi dice: - Sopra Linmissò; venuti
che sempre più; superba e più; arrogante siamo, per quel ch'io trovo, alle seccagne; -
crescea fortuna le minacce e l'ire; chi: - Di Tripoli appresso i sassi acuti,
e già; durato era tre dì; lo sdegno, dove il mar le più; volte i legni fragne; -
né; di placarsi ancor mostrava segno. chi dice: - Siamo in Satalia perduti,
per cui più; d'un nocchier sospira e piagne. -
44 Ciascun secondo il parer suo argomenta,
Castello e ballador spezza e fracassa ma tutti ugual timor preme e sgomenta.
l'onda nimica e 'l vento ognor più; fiero:
se parte ritta il verno pur ne lassa, 47
la taglia e dona al mar tutta il nocchiero. Il terzo giorno con maggior dispetto
Chi sta col capo chino in una cassa gli assale il vento, e il mar più; irato freme;
su la carta appuntando il suo sentiero e l'un ne spezza e portane il trinchetto,
a lume di lanterna piccolina, e 'l timon l'altro, e chi lo volge insieme.
e chi col torchio giù; ne la sentina. Ben è; di forte e di marmoreo petto
e più; duro ch'acciar, ch'ora non teme.
45 Marfisa, che già; fu tanto sicura,
Un sotto poppe, un altro sotto prora non negò; che quel giorno ebbe paura.
si tiene inanzi l'oriuol da polve:
e torna a rivedere ogni mezz'ora 48
quanto è; già; corso, ed a che via si volve: Al monte Sinaì; fu peregrino,
indi ciascun con la sua carta fuora a Gallizia promesso, a Cipro, a Roma,
a mezza nave il suo parer risolve, al Sepolcro, alla Vergine d'Ettino,
là; dove a un tempo i marinari tutti e se celebre luogo altro si noma.

339
Sul mare intanto, e spesso al ciel vicino s'inginocchiaro tutti i naviganti,
l'afflitto e conquassato legno toma, e domandaro il mar tranquillo e pace
di cui per men travaglio avea il padrone con umidi occhi e con voci tremanti.
fatto l'arbor tagliar de l'artimone. La tempesta crudel, che pertinace
fu sin allora, non andò; più; inanti:
49 Maestro e Traversia più; non molesta,
E colli e casse e ciò; che v'è; di grave e sol del mar tirà;n Libecchio resta.
gitta da prora e da poppe e da sponde;
e fa tutte sgombrar camere e giave, 52
e dar le ricche merci all'avide onde. Questo resta sul mar tanto possente,
Altri attende alle trombe, e a tor di nave e da la negra bocca in modo esala,
l'acque importune, e il mar nel mar rifonde; ed è; con lui sì; il rapido corrente
soccorre altri in sentina, ovunque appare de l'agitato mar ch'in fretta cala,
legno da legno aver sdrucito il mare. che porta il legno più; velocemente,
che pelegrin falcon mai facesse ala,
50 con timor del nocchier ch'al fin del mondo
Stero in questo travaglio, in questa pena non lo trasporti, o rompa, o cacci al fondo.
ben quattro giorni, e non avean più; schermo;
e n'avria avuto il mar vittoria piena, 53
poco più; che 'l furor tenesse fermo: Rimedio a questo il buon nocchier ritruova,
ma diede speme lor d'aria serena che commanda gittar per poppa spere,
la disiata luce di santo Ermo, e caluma la gomona, e fa pruova
ch'in prua s'una cocchina a por si venne; di duo terzi del corso ritenere.
che più; non v'erano arbori né; antenne. Questo consiglio, e più; l'augurio giova
di chi avea acceso in proda le lumiere:
51 questo il legno salvò; che peria forse,
Veduto fiammeggiar la bella face, e fe' ch'in alto mar sicuro corse.

340
fu domandato da quel d'Inghilterra,
54 chi gli tenea sì; l'animo suspeso,
Nel golfo di Laiazzo invêr Soria e perché; già; non avea il porto preso.
sopra una gran città; si trovò; sorto,
e sì; vicino al lito, che scopria 57
l'uno e l'altro castel che serra il porto. Il padron narrò; lui che quella riva
Come il padron s'accorse de la via tutta tenean le femine omicide,
che fatto avea, ritornò; in viso smorto; di quai l'antiqua legge ognun ch'arriva
che né; porto pigliar quivi volea, in perpetuo tien servo, o che l'uccide;
né; stare in alto, né; fuggir potea. e questa sorte solamente schiva
chi nel campo dieci uomini conquide,
55 e poi la notte può; assaggiar nel letto
Né; potea stare in alto, né; fuggire, diece donzelle con carnal diletto.
che gli arbori e l'antenne avea perdute:
eran tavole e travi pel ferire 58
del mar, sdrucite, macere e sbattute. E se la prima pruova gli vien fatta,
E 'l pigliar porto era un voler morire, e non fornisca la seconda poi,
o perpetuo legarsi in servitute; egli vien morto, e chi è; con lui si tratta
che riman serva ogni persona, o morta, da zappatore o da guardian di buoi.
che quivi errore o ria fortuna porta. Se di far l'uno e l'altro è; persona atta,
impetra libertade a tutti i suoi;
56 a sé; non già;, c'ha da restar marito
E 'l stare in dubbio era con gran periglio di diece donne, elette a suo appetito.
che non salisser genti de la terra
con legni armati, e al suo desson di piglio, 59
mal atto a star sul mar, non ch'a far guerra. Non poté; udire Astolfo senza risa
Mentre il padron non sa pigliar consiglio, de la vicina terra il rito strano.

341
Sopravien Sansonetto, e poi Marfisa, 62
indi Aquilante, e seco il suo germano. Già;, quando prima s'erano alla vista
Il padron parimente lor divisa de la città; crudel sul mar scoperti,
la causa che dal porto il tien lontano: veduto aveano una galea provista
- Voglio (dicea) che inanzi il mar m'affoghi, di molta ciurma e di nochieri esperti
ch'io senta mai di servitude i gioghi. - venire al dritto a ritrovar la trista
nave, confusa di consigli incerti;
60 che, l'alta prora alle sua poppe basse
Del parer del padrone i marinari legando, fuor de l'empio mar la trasse.
e tutti gli altri naviganti furo;
ma Marfisa e' compagni eran contrari, 63
che, più; che l'acque, il lito avean sicuro. Entrar nel porto remorchiando, e a forza
Via più; il vedersi intorno irati i mari, di remi più; che per favor di vele;
che centomila spade, era lor duro. però; che l'alternar di poggia e d'orza
Parea lor questo e ciascun altro loco avea levato il vento lor crudele.
dov'arme usar potean, da temer poco. Intanto ripigliar la dura scorza
i cavallieri e il brando lor fedele;
61 ed al padrone ed a ciascun che teme
Bramavano i guerrier venire a proda, non cessan dar con lor conforti speme.
ma con maggior baldanza il duca inglese;
che sa, come del corno il rumor s'oda, 64
sgombrar d'intorno si farà; il paese. Fatto è; 'l porto a sembianza d'una luna,
Pigliare il porto l'una parte loda, e gira più; di quattro miglia intorno:
e l'altra il biasma, e sono alle contese; seicento passi è; in bocca, ed in ciascuna
ma la più; forte in guisa il padron stringe, parte una rocca ha nel finir del corno.
ch'al porto, suo malgrado, il legno spinge. Non teme alcuno assalto di fortuna,
se non quando gli vien dal mezzogiorno.

342
A guisa di teatro se gli stende prender battaglia, e desse lor la morte,
la città; a cerco, e verso il poggio ascende. e far con diece femine bastasse
per una notte ufficio di consorte;
65 egli si rimarria principe nostro,
Non fu quivi sì; tosto il legno sorto e gir voi ne potreste al camin vostro.
(già; l'aviso era per tutta la terra),
che fur seimila femine sul porto, 68
con gli archi in mano, in abito di guerra; E sarà; in vostro arbitrio il restar anco,
e per tor de la fuga ogni conforto, vogliate o tutti o parte; ma con patto,
tra l'una rocca e l'altra il mar si serra: che chi vorrà; restare, e restar franco,
da navi e da catene fu rinchiuso, marito sia per diece femine atto.
che tenean sempre istrutte a cotal uso. Ma quando il guerrier vostro possa manco
dei dieci che gli fian nimici a un tratto,
66 o la seconda pruova non fornisca,
Una che d'anni alla Cumea d'Apollo voglià;n voi siate schiavi, egli perisca. -
poté; uguagliarsi e alla madre d'Ettorre,
fe' chiamare il padrone, e domandollo 69
se si volean lasciar la vita torre, Dove la vecchia ritrovar timore
o se voleano pur al giogo il collo, credea nei cavallier, trovò; baldanza;
secondo la costuma, sottoporre. che ciascun si tenea tal feritore,
Degli dua l'uno aveano a torre: o quivi che fornir l'uno e l'altro avea speranza:
tutti morire, o rimaner captivi. ed a Marfisa non mancava il core,
ben che mal atta alla seconda danza;
67 ma dove non l'aitasse la natura,
- Gli è; ver (dicea) che s'uom si ritrovasse con la spada supplir stava sicura.
tra voi così; animoso e così; forte,
che contra dieci nostri uomini osasse 70

343
Al padron fu commessa la risposta, femine, cento, fra cittadi e ville.
prima conchiusa per commun consiglio:
ch'avean chi lor potria di sé; a lor posta 73
ne la piazza e nel letto far periglio. Volendo tôrre i cavallieri a sorte
Levan l'offese, ed il nocchier s'accosta, chi di lor debba, per commune scampo
getta la fune e le fa dar di piglio; l'una decina in piazza porre a morte,
e fa acconciare il ponte, onde i guerrieri e poi l'altra ferir ne l'altro campo;
escono armati, e tranno i lor destrieri. non disegnavan di Marfisa forte,
stimando che trovar dovesse inciampo
71 ne la seconda giostra de la sera,
E quindi van per mezzo la cittade, ch'ad averne vittoria abil non era.
e vi ritruovan le donzelle altiere,
succinte cavalcar per le contrade, 74
ed in piazza armeggiar come guerriere. Ma con gli altri esser volse ella sortita:
Né; calciar quivi spron, né; cinger spade, or sopra lei la sorte in somma cade.
né; cosa d'arme puoi gli uomini avere, Ella dicea: - Prima v'ho a por la vita,
se non dieci alla volta, per rispetto che v'abbiate a por voi la libertade;
de l'antiqua costuma ch'io v'ho detto. ma questa spada (e lor la spada addita,
che cinta avea) vi do per securtade
72 ch'io vi sciorrò; tutti gl'intrichi al modo
Tutti gli altri alla spola, all'aco, al fuso, che fe' Alessandro il gordiano nodo.
al pettine ed all'aspo sono intenti,
con vesti feminil che vanno giuso 75
insin al piè;, che gli fa molli e lenti. Non vuo' mai più; che forestier si lagni
Si tengono in catena alcuni ad uso di questa terra, fin che 'l mondo dura. -
d'arar la terra o di guardar gli armenti. Così; disse; e non potero i compagni
Son pochi i maschi, e non son ben, per mille torle quel che le dava sua aventura.

344
Dunque, o ch'in tutto perda, o lor guadagni entrò; Marfisa; e non vi stette guari,
la libertà;, le lasciano la cura. ch'appropinquare e risonar pel claustro
Ella di piastre già; guernita e maglia, udì; di trombe acuti suoni e chiari:
s'appresentò; nel campo alla battaglia. e vide poi di verso il freddo plaustro
entrar nel campo i dieci suoi contrari.
76 Il primo cavallier ch'apparve inante,
Gira una piazza al sommo de la terra, di valer tutto il resto avea sembiante.
di gradi a seder atti intorno chiusa;
che solamente a giostre, a simil guerra, 79
a cacce, a lotte, e non ad altro s'usa: Quel venne in piazza sopra un gran destriero,
quattro porte ha di bronzo, onde si serra. che, fuor ch'in fronte e nel piè; dietro manco,
Quivi la moltitudine confusa era, più; che mai corbo, oscuro e nero:
de l'armigere femine si trasse; nel piè; e nel capo avea alcun pelo bianco.
e poi fu detto a Marfisa ch'entrasse. Del color del cavallo il cavalliero
vestito, volea dir che, come manco
77 del chiaro era l'oscuro, era altretanto
Entrò; Marfisa s'un destrier leardo, il riso in lui verso l'oscuro pianto.
tutto sparso di macchie e di rotelle,
di piccol capo e d'animoso sguardo, 80
d'andar superbo e di fattezze belle. Dato che fu de la battaglia il segno,
Pel maggiore e più; vago e più; gagliardo, nove guerrier l'aste chinaro a un tratto:
di mille che n'avea con briglie e selle, ma quel dal nero ebbe il vantaggio a sdegno;
scelse in Damasco, e realmente ornollo, si ritirò;, né; di giostrar fece atto.
ed a Marfisa Norandin donollo. Vuol ch'alle leggi inanzi di quel regno,
ch'alla sua cortesia, sia contrafatto.
78 Si tra' da parte e sta a veder le pruove
Da mezzogiorno e da la porta d'austro ch'una sola asta farà; contra a nove.

345
sì; stretta insieme ne venì;a la frotta.
81 Ho veduto bombarde a quella guisa
Il destrier, ch'avea andar trito e soave, le squadre aprir, che fe' lo stuol Marfisa.
portò; all'incontro la donzella in fretta,
che nel corso arrestò; lancia sì; grave, 84
che quattro uomini avriano a pena retta. Sopra di lei più; lance rotte furo;
L'avea pur dianzi al dismontar di nave ma tanto a quelli colpi ella si mosse,
per la più; salda in molte antenne eletta. quanto nel giuoco de le cacce un muro
Il fier sembiante con ch'ella si mosse, si muova a' colpi de le palle grosse.
mille facce imbiancò;, mille cor scosse. L'usbergo suo di tempra era sì; duro,
che non gli potean contra le percosse;
82 e per incanto al fuoco de l'Inferno
Aperse al primo che trovò; sì; il petto, cotto, e temprato all'acque fu d'Averno.
che fôra assai che fosse stato nudo:
gli passò; la corazza e il soprapetto, 85
ma prima un ben ferrato e grosso scudo. Al fin del campo il destrier tenne e volse,
Dietro le spalle un braccio il ferro netto e fermò; alquanto: e in fretta poi lo spinse
si vide uscir: tanto fu il colpo crudo. incontra gli altri, e sbarragliolli e sciolse,
Quel fitto ne la lancia a dietro lassa, e di lor sangue insin all'elsa tinse.
e sopra gli altri a tutta briglia passa. All'uno il capo, all'altro il braccio tolse;
e un altro in guisa con la spada cinse,
83 che 'l petto in terra andò; col capo ed ambe
E diede d'urto a chi venì;a secondo, le braccia, e in sella il ventre era e le gambe.
ed a chi terzo sì; terribil botta,
che rotto ne la schiena uscir del mondo 86
fe' l'uno e l'altro, e de la sella a un'otta; Lo partì;, dico, per dritta misura,
sì; duro fu l'incontro e di tal pondo, de le coste e de l'anche alle confine,

346
e lo fe' rimaner mezza figura, 89
qual dinanzi all'imagini divine, Con man fe' cenno di volere, inanti
poste d'argento, e più; di cera pura che facesse altro, alcuna cosa dire;
son da genti lontane e da vicine, e non pensando in sì; viril sembianti
ch'a ringraziarle e sciorre il voto vanno che s'avesse una vergine a coprire,
de le domande pie ch'ottenute hanno. le disse; - Cavalliero, omai di tanti
esser dé;i stanco, c'hai fatto morire;
87 e s'io volessi, più; di quel che sei,
Ad uno che fuggia, dietro si mise, stancarti ancor, discortesia farei.
né; fu a mezzo la piazza, che lo giunse;
e 'l capo e 'l collo in modo gli divise, 90
che medico mai più; non lo raggiunse. Che ti risposi in sino al giorno nuovo,
In somma tutti un dopo l'altro uccise, e doman torni in campo, ti concedo.
o ferì; sì; ch'ogni vigor n'emunse; Non mi fia onor se teco oggi mi pruovo,
e fu sicura che levar di terra che travagliato e lasso esser ti credo. -
mai più; non si potrian per farle guerra. - Il travagliare in arme non m'è; nuovo,
né; per sì; poco alla fatica cedo
88 (disse Marfisa); e spero ch'a tuo costo
Stato era il cavallier sempre in un canto, io ti farò; di questo aveder tosto.
che la decina in piazza avea condutta;
però; che contra un solo andar con tanto 91
vantaggio opra gli parve iniqua e brutta. De la cortese offerta ti ringrazio,
Or che per una man torsi da canto ma riposare ancor non mi bisogna;
vide sì; tosto la compagna tutta, e ci avanza del giorno tanto spazio,
per dimostrar che la tardanza fosse ch'a porlo tutto in ozio è; pur vergogna. -
cortesia stata e non timor, si mosse. Rispose il cavallier: - Fuss'io sì; sazio
d'ogn'altra cosa che 'l mio core agogna,

347
come t'ho in questo da saziar; ma vedi e l'incontro ai destrier fu sì; superbo,
che non ti manchi il dì; più; che non credi. - che parimente parve da una falce
de le gambe esser lor tronco ogni nerbo.
92 Cadero ambi ugualmente; ma i campioni
Così; disse egli, e fe' portare in fretta fur presti a disbrigarsi dagli arcioni.
due grosse lance, anzi due gravi antenne;
ed a Marfisa dar ne fe' l'eletta: 95
tolse l'altra per sé;, ch'indietro venne. A mille cavallieri alla sua vita
Già; sono in punto, ed altro non s'aspetta al primo incontro avea la sella tolta
ch'un alto suon che lor la giostra accenne. Marfisa, ed ella mai non n'era uscita;
Ecco la terra e l'aria e il mar rimbomba e n'uscì;, come udite, a questa volta.
nel mover loro al primo suon di tromba. Del caso strano non pur sbigottita,
ma quasi fu per rimanerne stolta.
93 Parve anco strano al cavallier dal nero,
Trar fiato, bocca aprir, o battere occhi che non solea cader già; di leggiero.
non si vedea de' riguardanti alcuno:
tanto a mirare a chi la palma tocchi 96
dei duo campioni, intento era ciascuno. Tocca avean nel cader la terra a pena,
Marfisa, acciò; che de l'arcion trabocchi, che furo in piedi e rinovar l'assalto.
sì; che mai non si levi, il guerrier bruno, Tagli e punte a furor quivi si mena,
drizza la lancia; e il guerrier bruno forte quivi ripara or scudo, or lama, or salto.
studia non men di por Marfisa a morte. Vada la botta vota o vada piena,
l'aria ne stride e ne risuona in alto.
94 Quelli elmi, quelli usberghi, quelli scudi
Le lance ambe di secco e suttil salce, mostrar ch'erano saldi più; ch'incudi.
non di cerro sembrar grosso ed acerbo,
così; n'andaro in tronchi fin al calce; 97

348
Se de l'aspra donzella il braccio è; grave, non resta di menar la spada in volta.
né; quel del cavallier nimico è; lieve.
Ben la misura ugual l'un da l'altro have: 100
quanto a punto l'un dà;, tanto riceve. - Buon fu per me (dicea quell'altro ancora),
Chi vol due fiere audaci anime brave, che riposar costui non ho lasciato.
cercar più; là; di queste due non deve, Difender me ne posso a fatica ora
né; cercar più; destrezza né; più; possa; che de la prima pugna è; travagliato.
che n'han tra lor quanto più; aver si possa. Se fin al nuovo dì; facea dimora
a ripigliar vigor, che saria stato?
98 Ventura ebbi io, quanto più; possa aversi,
Le donne, che gran pezzo mirato hanno che non volesse tor quel ch'io gli offersi. -
continuar tante percosse orrende,
e che nei cavallier segno d'affanno 101
e di stanchezza ancor non si comprende; La battaglia durò; fin alla sera,
dei duo miglior guerrier lode lor danno, né; chi avesse anco il meglio era palese;
che sien tra quanto il mar sua braccia estende. né; l'un né; l'altro più; senza lumiera
Par lor che, se non fosser più; che forti, saputo avria come schivar l'offese.
esser dovrian sol del travaglio morti. Giunta la notte, all'inclita guerriera
fu primo a dir il cavallier cortese:
99 - Che faren, poi che con ugual fortuna
Ragionando tra sé;, dicea Marfisa: n'ha sopragiunti la notte importuna?
- Buon fu per me, che costui non si mosse;
ch'andava a risco di restarne uccisa, 102
se dianzi stato coi compagni fosse, Meglio mi par che 'l viver tuo prolunghi
quando io mi truovo a pena a questa guisa almeno insino a tanto che s'aggiorni.
di potergli star contra alle percosse. - Io non posso concederti che aggiunghi
Così; dice Marfisa; e tuttavolta fuor ch'una notte picciola ai tua giorni.

349
E di ciò; che non gli abbi aver più; lunghi, ben ti può; increscere anco del contrario.
la colpa sopra me non vuo' che torni: Fin qui non credo che l'abbi da ridere,
torni pur sopra alla spietata legge perch'io sia men di te duro avversario.
del sesso feminil che 'l loco regge. O la pugna seguir vogli o dividere,
o farla all'uno o all'altro luminario,
103 ad ogni cenno pronta tu m'avrai,
Se di te duolmi e di quest'altri tuoi, e come ed ogni volta che vorrai. -
lo sa colui che nulla cosa ha oscura.
Con tuoi compagni star meco tu puoi: 106
con altri non avrai stanza sicura; Così; fu differita la tenzone
perché; la turba, a cu' i mariti suoi fin che di Gange uscisse il nuovo albore,
oggi uccisi hai, già; contra te congiura. e si restò; senza conclusione
Ciascun di questi a cui dato hai la morte, chi d'essi duo guerrier fosse il migliore.
era di diece femine consorte. Ad Aquilante venne ed a Grifone
e così; agli altri il liberal signore,
104 e li pregò; che fin al nuovo giorno
Del danno c'han da te ricevut'oggi, piacesse lor di far seco soggiorno.
disian novanta femine vendetta:
sì; che se meco ad albergar non poggi, 107
questa notte assalito esser t'aspetta. - Tenner lo 'nvito senza alcun sospetto:
Disse Marfisa: - Accetto che m'alloggi, indi, a splendor de bianchi torchi ardenti,
con sicurtà; che non sia men perfetta tutti saliro ov'era un real tetto,
in te la fede e la bontà; del core, distinto in molti adorni alloggiamenti.
che sia l'ardire e il corporal valore. Stupefatti al levarsi de l'elmetto,
mirandosi, restaro i combattenti;
105 che 'l cavallier, per quanto apparea fuora,
Ma che t'incresca che m'abbi ad uccidere, non eccedeva i diciotto anni ancora.

350
Di ciascun'arte ove hanno posto cura;
108 e qualunque all'istorie abbia avvertenza,
Si maraviglia la donzella, come ne sente ancor la fama non oscura.
in arme tanto un giovinetto vaglia; Se 'l mondo n'è; gran tempo stato senza,
si maraviglia l'altro, ch'alle chiome non però; sempre il mal influsso dura;
s'avede con chi avea fatto battaglia: e forse ascosi han lor debiti onori
e si domandan l'un con l'altro il nome, l'invidia o il non saper degli scrittori.
e tal debito tosto si ragguaglia.
Ma come si nomasse il giovinetto, 3
ne l'altro canto ad ascoltar v'aspetto. Ben mi par di veder ch'al secol nostro
tanta virtù; fra belle donne emerga,
che può; dare opra a carte ed ad inchiostro,
CANTO VENTESIMO perché; nei futuri anni si disperga,
e perché;, odiose lingue, il mal dir vostro
con vostra eterna infamia si sommerga:
1 e le lor lode appariranno in guisa,
Le donne antique hanno mirabil cose che di gran lunga avanzeran Marfisa.
fatto ne l'arme e ne le sacre muse;
e di lor opre belle e gloriose 4
Gran lume in tutto il mondo si diffuse. Or pur tornando a lei, questa donzella
Arpalice e Camilla son famose, al cavallier che l'usò; cortesia,
perché; in battaglia erano esperte ed use; de l'esser suo non niega dar novella,
Safo e Corinna, perché; furon dotte, quando esso a lei voglia contar chi sia.
splendono illustri, e mai non veggon notte. Sbrigossi tosto del suo debito ella:
tanto il nome di lui saper disia.
2 - Io son (disse) Marfisa: - e fu assai questo;
Le donne son venute in eccellenza che si sapea per tutto 'l mondo il resto.

351
di poca pruova ancora e poco noto.
5 Uccisi qui Argilon da Melibea
L'altro comincia, poi che tocca a lui, con dieci cavallier che seco avea.
con più; proemio a darle di sé; conto,
dicendo: - Io credo che ciascun di vui 8
abbia de la mia stirpe il nome in pronto; Feci la pruova ancor de le donzelle:
che non pur Francia e Spagna e i vicin sui, così; n'ho diece a' miei piaceri allato;
ma l'India, l'Etiopia e il freddo Ponto ed alla scelta mia son le più; belle,
han chiara cognizion di Chiaramonte, e son le più; gentil di questo stato.
onde uscì; il cavallier ch'uccise Almonte, E queste reggo e tutte l'altre; ch'elle
di sé; m'hanno governo e scettro dato:
6 così; daranno a qualunque altro arrida
quel ch'a Chiariello e al re Mambrino Fortuna sì;, che la decina ancida. -
diede la morte, e il regno lor disfece.
Di questo sangue, dove ne l'Eusino 9
l'Istro ne vien con otto corna o diece, I cavallier domandano a Guidone,
al duca Amone, il qual già; peregrino com'ha sì; pochi maschi il tenitoro;
vi capitò;, la madre mia mi fece: e s'alle moglie hanno suggezione,
e l'anno è; ormai ch'io la lasciai dolente, come esse l'han negli altri lochi a loro.
per gire in Francia a ritrovar mia gente. Disse Guidon: - Più; volte la cagione
udita n'ho da poi che qui dimoro;
7 e vi sarà;, secondo ch'io l'ho udita,
Ma non potei finire il mio viaggio, da me, poi che v'aggrada, riferita.
che qua mi spinse un tempestoso Noto.
Son dieci mesi o più; che stanza v'aggio, 10
che tutti i giorni e tutte l'ore noto. Al tempo che tornar dopo anni venti
Nominato son io Guidon Selvaggio, da Troia i Greci (che durò; l'assedio

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dieci, e dieci altri da contrari venti 13
furo agitati in mar con troppo tedio), Partì; fra gli altri un giovinetto, figlio
trovar che le lor donne agli tormenti di Clitemnestra, la crudel regina,
di tanta assenza avean preso rimedio: di diciotto anni, fresco come un giglio,
tutte s'avean gioveni amanti eletti, o rosa colta allor di su la spina.
per non si raffreddar sole nei letti. Questi, armato un suo legno, a dar di piglio
si pose e a depredar per la marina
11 in compagnia di cento giovinetti
Le case lor trovaro i Greci piene del tempo suo, per tutta Grecia eletti.
de l'altrui figli; e per parer commune
perdonano alle mogli, che san bene 14
che tanto non potean viver digiune: I Cretesi, in quel tempo che cacciato
ma ai figli degli adulteri conviene il crudo Idomeneo del regno aveano,
altrove procacciarsi altre fortune; e per assicurarsi il nuovo stato,
che tolerar non vogliono i mariti d'uomini e d'arme adunazion faceano;
che più; alle spese lor sieno notriti. fero con bon stipendio lor soldato
Falanto (così; al giovine diceano),
12 e lui con tutti quei che seco avea,
Sono altri esposti, altri tenuti occulti poser per guardia alla città; Dictea.
da le lor madri e sostenuti in vita.
In vane squadre quei ch'erano adulti 15
feron, chi qua chi là;, tutti partita. Fra cento alme città; ch'erano in Creta,
Per altri l'arme son, per altri culti Dictea più; ricca e più; piacevol era,
gli studi e l'arti; altri la terra trita; di belle donne ed amorose lieta,
serve altri in corte; altri è; guardian di gregge, lieta di giochi da matino a sera:
come piace a colei che qua giù; regge. e com'era ogni tempo consueta
d'accarezzar la gente forestiera,

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fe' a costor sì;, che molto non rimase n'andar, lasciando e padri e figli e frati,
a fargli anco signor de le lor case. di ricche gemme e di gran summa d'oro
avendo i lor dimestici spogliati;
16 che la pratica fu tanto secreta,
Eran gioveni tutti e belli affatto che non sentì; la fuga uomo di Creta.
(che 'l fior di Grecia avea Falanto eletto):
sì; ch'alle belle donne, al primo tratto 19
che v'apparir, trassero i cor del petto. Sì; fu propizio il vento, sì; fu l'ora
Poi che non men che belli, ancora in fatto commoda, che Falanto a fuggir colse,
si dimostrar buoni e gagliardi al letto, che molte miglia erano usciti fuora,
si fero ad esse in pochi dì; sì; grati, quando del danno suo Creta si dolse.
che sopra ogn'altro ben n'erano amati. Poi questa spiaggia, inabitata allora,
trascorsi per fortuna li raccolse.
17 Qui si posaro, e qui sicuri tutti
Finita che d'accordo è; poi la guerra meglio del furto lor videro i frutti.
per cui stato Falanto era condutto,
e lo stipendio militar si serra, 20
sì; che non v'hanno i gioveni più; frutto, Questa lor fu per dieci giorni stanza
e per questo lasciar voglion la terra; di piaceri amorosi tutta piena.
fan le donne di Creta maggior lutto, Ma come spesso avvien, che l'abondanza
e per ciò; versan più; dirotti pianti, seco in cor giovenil fastidio mena,
che se i lor padri avesson morti avanti. tutti d'accordo fur di restar sanza
femine, e liberarsi di tal pena;
18 che non è; soma da portar sì; grave,
Da le lor donne i gioveni assai foro, come aver donna, quando a noia s'have.
ciascun per sé;, di rimaner pregati:
né; volendo restare, esse con loro 21

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Essi che di guadagno e di rapine affogarsi nel mar, che mai far questo;
eran bramosi, e di dispendio parchi,
vider ch'a pascer tante concubine, 24
d'altro che d'aste avean bisogno e d'archi: e che manco mal era meretrici
sì; che sole lasciar qui le meschine, andar pel mondo, andar mendiche o schiave,
e se n'andar di lor ricchezze carchi che se stesse offerire agli supplici
là; dove in Puglia in ripa al mar poi sento di ch'eran degne l'opere lor prave.
ch'edificar la terra di Tarento. Questi e simil partiti le infelici
si proponean, ciascun più; duro e grave.
22 Tra loro al fine una Orontea levosse,
Le donne, che si videro tradite ch'origine traea dal re Minosse;
dai loro amanti in che più; fede aveano,
restar per alcun dì; sì; sbigottite, 25
che statue immote in lito al mar pareano. la più; gioven de l'artre e la più; bella
Visto poi che da gridi e da infinite e la più; accorta, e ch'avea meno errato:
lacrime alcun profitto non traeano, amato avea Falanto, e a lui pulzella
a pensar cominciaro e ad aver cura datasi, e per lui il padre avea lasciato.
come aiutarsi in tanta lor sciagura. Costei mostrando in viso ed in favella
il magnanimo cor d'ira infiammato,
23 redarguendo di tutte altre il detto,
E proponendo in mezzo i lor pareri, suo parer disse, e fe' seguirne effetto.
altre diceano: in Creta è; da tornarsi;
e più; tosto all'arbitrio de' severi 26
padri e d'offesi lor mariti darsi, Di questa terra a lei non parve torsi,
che nei deserti liti e boschi fieri, che conobbe feconda e d'aria sana,
di disagio e di fame consumarsi. e di limpidi fiumi aver discorsi,
Altre dicean che lor saria più; onesto di selve opaca, e la più; parte piana;

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con porti e foci, ove dal mar ricorsi aspre nimiche del sesso virile:
per ria fortuna avea la gente estrana, ma conobbero poi, che 'l proprio danno
ch'or d'Africa portava, ora d'Egitto procaccierian, se non mutavan stile;
cose diverse e necessarie al vitto. che se di lor propagine non fanno,
sarà; lor legge in breve irrita e vile,
27 e mancherà; con l'infecondo regno,
Qui parve a lei fermarsi, e far vendetta dove di farla eterna era il disegno.
del viril sesso che le avea sì; offese:
vuol ch'ogni nave, che da venti astretta 30
a pigliar venga porto in suo paese, Sì; che, temprando il suo rigore un poco
a sacco, a sangue, a fuoco al fin si metta; scelsero, in spazio di quattro anni interi,
né; de la vita a un sol si sia cortese. di quanti capitaro in questo loco
Così; fu detto e così; fu concluso, dieci belli e gagliardi cavallieri,
e fu fatta la legge e messa in uso. che per durar ne l'amoroso gioco
contr'esse cento fosser buon guerrieri.
28 Esse in tutto eran cento; e statuito
Come turbar l'aria sentiano, armate ad ogni lor decina fu un marito.
le femine correan su la marina,
da l'implacabile Orontea guidate, 31
che diè; lor legge e si fe' lor regina: Prima ne fur decapitati molti
e de le navi ai liti lor cacciate che riusciro al paragon mal forti.
faceano incendi orribili e rapina, Or questi dieci a buona pruova tolti,
uom non lasciando vivo, che novella del letto e del governo ebbon consorti;
dar ne potesse o in questa parte o in quella. facendo lor giurar che, se più; colti
altri uomini verriano in questi porti,
29 essi sarian che, spenta ogni pietade,
Così; solinghe vissero qualch'anno li porriano ugualmente a fil di spade.

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e solamente in questo si corregge,
32 che non vuol che, secondo il primiero uso,
Ad ingrossare, ed a figliar appresso le femine gli uccidano in confuso.
le donne, indi a temere incominciaro
che tanti nascerian del viril sesso, 35
che contra lor non avrian poi riparo; Se dieci o venti o più; persone a un tratto
e al fine in man degli uomini rimesso vi fosser giunte, in carcere eran messe:
saria il governo ch'elle avean sì; caro: e d'una al giorno, e non di più;, era tratto
sì; ch'ordinar, mentre eran gli anni imbelli, il capo a sorte, che perir dovesse
far sì;, che mai non fosson lor ribelli. nel tempio orrendo ch'Orontea avea fatto,
dove un altare alla Vendetta eresse;
33 e dato all'un de' dieci il crudo ufficio
Acciò; il sesso viril non le soggioghi, per sorte era di farne sacrificio.
uno ogni madre vuol la legge orrenda,
che tenga seco; gli altri, o li suffoghi, 36
o fuor del regno li permuti o venda. Dopo molt'anni alle ripe omicide
Ne mandano per questo in vari luoghi: a dar venne di capo un giovinetto,
e a chi gli porta dicono che prenda la cui stirpe scendea dal buono Alcide,
femine, se a baratto aver ne puote; di gran valor ne l'arme, Elbanio detto.
se non, non torni almen con le man vote. Qui preso fu, ch'a pena se n'avide,
come quel che venì;a senza sospetto;
34 e con gran guardia in stretta parte chiuso,
Né; uno ancora alleverian, se senza con gli altri era serbato al crudel uso.
potesson fare, e mantenere il gregge.
Questa è; quanta pietà;, quanta clemenza 37
più; ai suoi ch'agli altri usa l'iniqua legge: Di viso era costui bello e giocondo,
gli altri condannan con ugual sentenza; e di maniere e di costumi ornato,

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e di parlar sì; dolce e sì; facondo, 40
ch'un aspe volentier l'avria ascoltato: Elbanio disse a lei: - Se di pietade
sì; che, come di cosa rara al mondo, s'avesse, donna, qui notizia ancora,
de l'esser suo fu tosto rapportato come se n'ha per tutt'altre contrade,
ad Alessandra figlia d'Orontea, dovunque il vago sol luce e colora;
che di molt'anni grave anco vivea. io vi osarei, per vostr'alma beltade
ch'ogn'animo gentil di sé; inamora,
38 chiedervi in don la vita mia, che poi
Orontea vivea ancora; e già; mancate saria ognor presto a spenderla per voi.
tutt'eran l'altre ch'abitar qui prima:
e diece tante e più; n'erano nate, 41
e in forza eran cresciute e in maggior stima; Or quando fuor d'ogni ragion qui sono
né; tra diece fucine che serrate privi d'umanitade i cori umani,
stavan pur spesso, avean più; d'una lima; non vi domanderò; la vita in dono,
e dieci cavallieri anco avean cura che i prieghi miei so ben che sarian vani;
di dare a chi venì;a fiera aventura. ma che da cavalliero, o tristo o buono
ch'io sia, possi morir con l'arme in mani,
39 e non come dannato per giudicio,
Alessandra, bramosa di vedere o come animal bruto in sacrificio. -
il giovinetto ch'avea tante lode,
da la sua matre in singular piacere 42
impetra sì;, ch'Elbanio vede ed ode; Alessandra gentil, ch'umidi avea,
e quando vuol partirne, rimanere per la pietà; del giovinetto, i rai,
si sente il core ove è; chi'l punge e rode: rispose: - Ancor che più; crudele e rea
legar si sente e non sa far contesa, sia questa terra, ch'altra fosse mai;
e al fin dal suo prigion si trova presa. non concedo però; che qui Medea
ogni femina sia, come tu fai:

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e quando ogn'altra così; fosse ancora, tenendo il morir lungo, più; tormento. -
me sola di tant'altre io vo' trar fuora. Suggiunse Elbanio: - Quando incontra io venga
a dieci armato, di tal cor mi sento,
43 che la vita ho speranza di salvarme,
E se ben per adietro io fossi stata e uccider lor, se tutti fosser arme. -
empia e crudel, come qui sono tante,
dir posso che suggetto ove mostrata 46
per me fosse pietà;, non ebbi avante. Alessandra a quel detto non rispose
Ma ben sarei di tigre più; arrabbiata, se non un gran sospiro, e dipartisse,
e più; duro avre' il cor che di diamante, e portò; nel partir mille amorose
se non m'avesse tolto ogni durezza punte nel cor, mai non sanabil, fisse.
tua beltà;, tuo valor, tua gentilezza. Venne alla madre, e voluntà; le pose
di non lasciar che 'l cavallier morisse,
44 quando si dimostrasse così; forte,
Così; non fosse la legge più; forte, che, solo, avesse posto i dieci a morte.
che contra i peregrini è; statuita,
come io non schiverei con la mia morte 47
di ricomprar la tua più; degna vita. La regina Orontea fece raccorre
Ma non è; grado qui di sì; gran sorte, il suo consiglio, e disse: - A noi conviene
che ti potesse dar libera aita; sempre il miglior che ritroviamo, porre
e quel che chiedi ancor, ben che sia poco, a guardar nostri porti e nostre arene;
difficile ottener fia in questo loco. e per saper chi ben lasciar, chi torre,
prova è; sempre da far quando gli avviene;
45 per non patir con nostro danno a torto,
Pur io vedrò; di far che tu l'ottenga, che regni il vile, e chi ha valor sia morto.
ch'abbi inanzi al morir questo contento;
ma mi dubito ben che te n'avenga, 48

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A me par, se a voi par, che statuito che non venisse il propagarci a manco!
sia, ch'ogni cavallier per lo avvenire,
che fortuna abbia tratto al nostro lito, 51
prima ch'al tempio si faccia morire, Ma poi che senza lor questo non lece,
possa egli sol, se gli piace il partito, tolti abbià;n, ma non tanti, in compagnia,
incontra i dieci alla battaglia uscire; che mai ne sia più; d'uno incontra diece,
e se di tutti vincerli è; possente, sì; ch'aver di noi possa signoria.
guardi egli il porto, e seco abbia altra gente. Per conciper di lor questo si fece,
non che di lor difesa uopo ci sia.
49 La lor prodezza sol ne vaglia in questo,
Parlo così;, perché; abbian qui un prigione e sieno ignavi e inutili nel resto.
che par che vincer dieci s'offerisca.
Quando, sol, vaglia tante altre persone, 52
dignissimo è;, per Dio, che s'esaudisca. Tra noi tenere un uom che sia sì; forte,
Così; in contrario avrà; punizione, contrario è; in tutto al principal disegno.
quando vaneggi e temerario ardisca. - Se può; un solo a dieci uomini dar morte,
Orontea fine al suo parlar qui pose, quante donne farà; stare egli al segno?
a cui de le più; antique una rispose: Se i dieci nostri fosser di tal sorte,
il primo dì; n'avrebbon tolto il regno.
50 Non è; la via di dominar, se vuoi
- La principal cagion ch'a far disegno por l'arme in mano a chi può; più; di noi.
sul comercio degli uomini ci mosse,
non fu perch'a difender questo regno 53
del loro aiuto alcun bisogno fosse; Pon mente ancor, che quando così; aiti
che per far questo abbiamo ardire e ingegno Fortuna questo tuo, che i dieci uccida,
da noi medesme, e a sufficienza posse: di cento donne che de' lor mariti
così; senza sapessimo far anco, rimarran prive, sentirai le grida.

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Se vuol campar, proponga altri partiti, ma poi che la decina avesse spento,
ch'esser di dieci gioveni omicida. e che ne l'altro assalto fosse ad uso
Pur, se per far con cento donne è; buono di diece donne buono, e non di cento.
quel che dieci fariano, abbi perdono. - Di carcer l'altro giorno fu dischiuso;
e avuto arme e cavallo a suo talento,
54 contra dieci guerrier, solo, si mise,
Fu d'Artemia crudel questo il parere e l'uno appresso all'altro in piazza uccise.
(così; avea nome), e non mancò; per lei
di far nel tempio Elbanio rimanere 57
scannato inanzi agli spietati dè;i. Fu la notte seguente a prova messo
Ma la madre Orontea che compiacere contra diece donzelle ignudo e solo,
volse alla figlia, replicò; a colei dove ebbe all'ardir suo sì; buon successo,
altre ed altre ragioni, e modo tenne che fece il saggio di tutto lo stuolo.
che nel senato il suo parer s'ottenne. E questo gli acquistò; tal grazia appresso
ad Orontea, che l'ebbe per figliuolo;
55 e gli diede Alessandra e l'altre nove
L'aver Elbanio di bellezza il vanto con ch'avea fatto le notturne prove.
sopra ogni cavallier che fosse al mondo,
fu nei cor de le giovani di tanto, 58
ch'erano in quel consiglio, e di tal pondo, E lo lasciò; con Alessandra bella,
che 'l parer de le vecchie andò; da canto, che poi diè; nome a questa terra, erede,
che con Artemia volean far secondo con patto, ch'a servare egli abbia quella
l'ordine antiquo; né; lontan fu molto legge, ed ogn'altro che da lui succede:
ad esser per favore Elbanio assolto. che ciascun che già; mai sua fiera stella
farà; qui por lo sventurato piede,
56 elegger possa, o in sacrificio darsi,
Di perdonargli in somma fu concluso, o con dieci guerrier, solo, provarsi.

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gli occhi gli chiusi in sempiterno sonno.
59 Così; fossi io con lui morto quel giorno,
E se gli avvien che 'l dì; gli uomini uccida, prima che viver servo in tanto scorno.
la notte con le femine si provi;
e quando in questo ancor tanto gli arrida 62
la sorte sua, che vincitor si trovi, che piaceri amorosi e riso e gioco,
sia del femineo stuol principe e guida, che suole amar ciascun de la mia etade,
e la decina a scelta sua rinovi, le purpure e le gemme e l'aver loco
con la qual regni, fin ch'un altro arrivi, inanzi agli altri ne la sua cittade,
che sia più; forte, e lui di vita privi. potuto hanno, per Dio, mai giovar poco
all'uom che privo sia di libertade:
60 e 'l non poter mai più; di qui levarmi,
Appresso a duamila anni il costume empio servitù; grave e intolerabil parmi.
si è; mantenuto, e si mantiene ancora;
e sono pochi giorni che nel tempio 63
uno infelice peregrin non mora. Il vedermi lograr dei miglior anni
Se contra dieci alcun chiede, ad esempio il più; bel fiore in sì; vile opra e molle,
d'Elbanio, armarsi (che ve n'è; talora), tiemmi il cor sempre in stimulo e in affanni,
spesso la vita al primo assalto lassa; ed ogni gusto di piacer mi tolle.
né; di mille uno all'altra prova passa. La fama del mio sangue spiega i vanni
per tutto 'l mondo, e fin al ciel s'estolle;
61 che forse buona parte anch'io n'avrei,
Pur ci passano alcuni, ma sì; rari, s'esser potessi coi fratelli miei.
che su le dita annoverar si ponno.
Uno di questi fu Argilon: ma guari 64
con la decina sua non fu qui donno; Parmi ch'ingiuria il mio destin mi faccia,
che cacciandomi qui venti contrari, avendomi a sì; vil servigio eletto;

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come chi ne l'armento il destrier caccia, 67
il qual d'occhi o di piedi abbia difetto, Guidon, ch'altrove avria fatto gran festa
o per altro accidente che dispiaccia, d'aver trovato un sì; stretto parente,
sia fatto all'arme e a miglior uso inetto: quivi l'accolse con la faccia mesta,
né; sperando io, se non per morte, uscire perché; fu di vedervilo dolente.
di sì; vil servitù;, bramo morire. - Se vive, sa ch'Astolfo schiavo resta,
né; il termine è; più; là; che 'l dì; seguente;
65 se fia libero Astolfo, ne more esso:
Guidon qui fine alle parole pose, sì; che 'l ben d'uno è; il mal de l'altro espresso.
e maledì; quel giorno per isdegno,
il qual dei cavallieri e de le spose 68
gli diè; vittoria in acquistar quel regno. Gli duol che gli altri cavallieri ancora
Astolfo stette a udire, e si nascose abbia, vincendo, a far sempre captivi;
tanto, che si fe' certo a più; d'un segno, né; più;, quando esso in quel contrasto mora,
che, come detto avea, questo Guidone potrà; giovar che servitù; lor schivi:
era figliol del suo parente Amone. che se d'un fango ben gli porta fuora,
e poi s'inciampi come all'altro arrivi,
66 avrà; lui senza pro vinto Marfisa;
Poi gli rispose: - Io sono il duca inglese, ch'essi pur ne fien schiavi, ed ella uccisa.
il tuo cugino Astolfo; - ed abbracciollo,
e con atto amorevole e cortese, 69
non senza sparger lagrime, baciollo. Da l'altro canto avea l'acerba etade,
- Caro parente mio, non più; palese la cortesia e il valor del giovinetto
tua madre ti potea por segno al collo; d'amore intenerito e di pietade
ch'a farne fede che tu sei de' nostri, tanto a Marfisa ed ai compagni il petto,
basta il valor che con la spada mostri. - che, con morte di lui lor libertade
esser dovendo, avean quasi a dispetto:

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e se Marfisa non può; far con manco bastar ne può; di vendicarci alquanto:
ch'uccider lui, vuol essa morir anco. che spesso diecimila in piazza conto
del popul feminile, ed altretanto
70 resta a guardare e porto e rocca e mura,
Ella disse a Guidon: - Vientene insieme né; alcuna via d'uscir trovo sicura. -
con noi, ch'a viva forza usciren quinci. -
- Deh (rispose Guidon) lascia ogni speme 73
di mai più; uscirne, o perdi meco o vinci. - Disse Marfisa: - E molto più; sieno elle
Ella suggiunse: - Il mio cor mai non teme degli uomini che Serse ebbe già; intorno,
di non dar fine a cosa che cominci; e sieno più; de l'anime ribelle
né; trovar so la più; sicura strada ch'uscir del ciel con lor perpetuo scorno;
di quella ove mi sia guida la spada. se tu sei meco, o almen non sie con quelle,
tutte le voglio uccidere in un giorno. -
71 Guidon suggiunse: - Io non ci so via alcuna
Tal ne la piazza ho il tuo valor provato, ch'a valer n'abbia, se non val quest'una.
che, s'io son teco, ardisco ad ogn'impresa.
Quando la turba intorno allo steccato 74
sarà; domani in sul teatro ascesa, Ne può; sola salvar, se ne succede,
io vo' che l'uccidian per ogni lato, quest'una ch'io dirò;, ch'or mi soviene.
o vada in fuga o cerchi far difesa, Fuor ch'alle donne, uscir non si concede,
e ch'agli lupi e agli avoltoi del loco né; metter piede in su le salse arene:
lasciamo i corpi, e la cittade al fuoco. - e per questo commettermi alla fede
d'una de le mie donne mi conviene,
72 del cui perfetto amor fatta ho sovente
Suggiunse a lei Guidon: - Tu m'avrai pronto più; pruova ancor, ch'io non farò; al presente.
a seguitarti ed a morirti a canto,
ma vivi rimaner non faccià;n conto; 75

364
Non men di me tormi costei disia che per ogn'altro modo obbrobrio parme.
di servitù;, pur che ne venga meco,
che così; spera, senza compagnia 78
de le rivali sue, ch'io viva seco. S'io ci fossi per donna conosciuta,
Ella nel porto o fuste o saettia so ch'avrei da le donne onore e pregio;
farà; ordinar, mentre è; ancor l'aer cieco, e volentieri io ci sarei tenuta
che i marinai vostri troveranno e tra le prime forse del collegio:
acconcia a navigar, come vi vanno. ma con costoro essendoci venuta,
non ci vo' d'essi aver più; privilegio.
76 Troppo error fôra ch'io mi stessi o andassi
Dietro a me tutti in un drappel ristretti, libera, e gli altri in servitù; lasciassi. -
cavallieri, mercanti e galeotti,
ch'ad albergarvi sotto a questi tetti 79
meco, vostra merce, sè;te ridotti, Queste parole ed altre seguitando,
avrete a farvi amplo sentier coi petti, mostrò; Marfisa che 'l rispetto solo
se del nostro camin siamo interrotti: ch'avea al periglio de' compagni (quando
così; spero, aiutandoci le spade, potria loro il suo ardir tornare in duolo),
ch'io vi trarrò; de la crudel cittade. - la tenea che con alto e memorando
segno d'ardir non assalia lo stuolo:
77 e per questo a Guidon lascia la cura
- Tu fa come ti par (disse Marfisa), d'usar la via che più; gli par sicura.
ch'io son per me d'uscir di qui sicura.
Più; facil fia che di mia mano uccisa 80
la gente sia, che è; dentro a queste mura, Guidon la notte con Aleria parla
che mi veggi fuggire, o in altra guisa (così; avea nome la più; fida moglie),
alcun possa notar ch'abbi paura. né; bisogno gli fu molto pregarla,
Vo' uscir di giorno, e sol per forza d'arme; che la trovò; disposta alle sue voglie.

365
Ella tolse una nave e fece armarla, il popul risonar fa cielo e terra,
e v'arrecò; le sue più; ricche spoglie, così; citando il suo signor, che torni
fingendo di volere al nuovo albore a terminar la cominciata guerra.
con le compagne uscire in corso fuore. Aquilante e Grifon stavano adorni
de le lor arme, e il duca d'Inghilterra,
81 Guidon, Marfisa, Sansonetto e tutti
Ella avea fatto nel palazzo inanti gli altri, chi a piedi e chi a cavallo istrutti.
spade e lance arrecar, corazze e scudi,
onde armar si potessero i mercanti 84
e i galeotti ch'eran mezzo nudi. Per scender dal palazzo al mare e al porto,
Altri dormiro, ed altri ster vegghianti, la piazza traversar si convenia,
compartendo tra lor gli ozi e gli studi; né; v'era altro camin lungo né; corto:
spesso guardando, e pur con l' arme indosso, così; Guidon disse alla compagnia.
se l'oriente ancor si facea rosso. E poi che di ben far molto conforto
lor diede, entrò; senza rumore in via;
82 e ne la piazza, dove il popul era,
Dal duro volto de la terra il sole s'appresentò; con più; di cento in schiera.
non tollea ancora il velo oscuro ed atro;
a pena avea la licaonia prole 85
per li solchi del ciel volto l'aratro: Molto affrettando i suoi compagni, andava
quando il femineo stuol, che veder vuole Guidone all'altra porta per uscire:
il fin de la battaglia, empì; il teatro, ma la gran moltitudine che stava
come ape del suo claustro empie la soglia, intorno armata, e sempre atta a ferire,
che mutar regno al nuovo tempo voglia. pensò;, come lo vide che menava
seco quegli altri, che volea fuggire;
83 e tutta a un tratto agli archi suoi ricorse,
Di trombe, di tambur, di suon de corni e parte, onde s'uscia, venne ad opporse.

366
che per disio di fuga si trabocca
86 giù; del teatro sbigottita e smorta,
Guidone e gli altri cavallier gagliardi, non che lasci la guardia de la porta.
e sopra tutti lor Marfisa forte,
al menar de le man non furon tardi, 89
e molto fer per isforzar le porte: Come talor si getta e si periglia
ma tanta e tanta copia era dei dardi e da finestra e da sublime loco
che, con ferite dei compagni e morte, l'esterrefatta subito famiglia,
pioveano lor di sopra e d'ogn'intorno, che vede appresso e d'ogn'intorno il fuoco,
ch'al fin temean d'averne danno e scorno. che mentre le tenea gravi le ciglia
il pigro sonno, crebbe a poco a poco:
87 così; messa la vita in abandono,
D'ogni guerrier l'usbergo era perfetto; ognun fuggia lo spaventoso suono.
che se non era, avean più; da temere.
Fu morto il destrier sotto a Sansonetto; 90
quel di Marfisa v'ebbe a rimanere. Di qua di là;, di su di giù; smarrita
Astolfo tra sé; disse: - Ora, ch'aspetto surge la turba, e di fuggir procaccia.
che mai mi possa il corno più; valere? Son più; di mille a un tempo ad ogni uscita:
Io vo' veder, poi che non giova spada, cascano a monti, e l'una l'altra impaccia.
s'io so col corno assicurar la strada. - In tanta calca perde altra la vita;
da palchi e da finestre altra si schiaccia:
88 più; d'un braccio si rompe e d'una testa,
Come aiutar ne le fortune estreme di ch'altra morta, altra storpiata resta.
sempre si suol, si pone il corno a bocca.
Par che la terra e tutto 'l mondo trieme, 91
quando l'orribil suon ne l'aria scocca. Il pianto e 'l grido insino al ciel saliva,
Sì; nel cor de la gente il timor preme, d'alta ruina misto e di fraccasso.

367
Affretta, ovunque il suon del corno arriva, 94
la turba spaventata in fuga il passo. Chi scese al mare, e chi poggiò; su al monte,
Se udite dir che d'ardimento priva e chi tra i boschi ad occultar si venne:
la vil plebe si mostri e di cor basso, alcuna, senza mai volger la fronte,
non vi maravigliate, che natura fuggir per dieci dì; non si ritenne:
è; de la lepre aver sempre paura. uscì; in tal punto alcuna fuor del ponte,
ch'in vita sua mai più; non vi rivenne.
92 Sgombraro in modo e piazze e templi e case,
Ma che direte del già; tanto fiero che quasi vota la città; rimase.
cor di Marfisa e di Guidon Selvaggio?
dei dua giovini figli d'Oliviero, 95
che già; tanto onoraro il lor lignaggio? Marfisa e 'l bon Guidone e i duo fratelli
Già; centomila avean stimato un zero; e Sansonetto, pallidi e tremanti,
e in fuga or se ne van senza coraggio, fuggiano inverso il mare, e dietro a quelli
come conigli, o timidi colombi fuggian i marinari e i mercatanti;
a cui vicino alto rumor rimbombi. ove Aleria trovar, che, fra i castelli,
loro avea un legno apparecchiato inanti.
93 Quindi, poi ch'in gran fretta li raccolse,
Così; noceva ai suoi come agli strani diè; i remi all'acqua ed ogni vela sciolse.
la forza che nel corno era incantata.
Sansonetto, Guidone e i duo germani 96
fuggon dietro a Marfisa spaventata; Dentro e d'intorno il duca la cittade
né; fuggendo ponno ir tanto lontani, avea scorsa dai colli insino all'onde;
che lor non sia l'orecchia anco intronata. fatto avea vote rimaner le strade:
Scorre Astolfo la terra in ogni lato, ognun lo fugge, ognun se gli nasconde.
dando via sempre al corno maggior fiato. Molte trovate fur, che per viltade
s'eran gittate in parti oscure e immonde;

368
e molte, non sappiendo ove s'andare, l'orribil suon ch'a spaventar più; gli aggia,
messesi a nuoto ed affogate in mare. insolita vergogna sì; gli punge,
che, com'un fuoco, a tutti il viso raggia.
97 L'un non ardisce a mirar l'altro, e stassi
Per trovare i compagni il duca viene, tristo, senza parlar, con gli occhi bassi.
che si credea di riveder sul molo.
Si volge intorno, e le deserte arene 100
guarda per tutto, e non v'appare un solo. Passa il nocchiero, al suo viaggio intento,
Leva più; gli occhi, e in alto a vele piene e Cipro e Rodi, e giù; per l'onda egea
da sé; lontani andar li vede a volo: da sé; vede fuggire isole cento
sì; che gli convien fare altro disegno col periglioso capo di Malea;
al suo camin, poi che partito è; il legno. e con propizio ed immutabil vento
asconder vede la greca Morea;
98 volta Sicilia, e per lo mar Tirreno
Lasciamolo andar pur - né; vi rincresca costeggia de l'Italia il lito ameno:
che tanta strada far debba soletto
per terra d'infedeli e barbaresca, 101
dove mai non si va senza sospetto: e sopra Luna ultimamente sorse,
non è; periglio alcuno, onde non esca dove lasciato avea la sua famiglia.
con quel suo corno, e n'ha mostrato effetto; - Dio ringraziando che 'l pelago corse
e dei compagni suoi pigliamo cura, senza più; danno, il noto lito piglia.
ch'al mar fuggian tremando di paura. Quindi un nochier trovar per Francia sciorse,
il qual di venir seco li consiglia:
99 e nel suo legno ancor quel dì; montaro,
A piena vela si cacciaron lunge ed a Marsilia in breve si trovaro.
da la crudele e sanguinosa spiaggia:
e poi che di gran lunga non li giunge 102

369
Quivi non era Bradamante allora, dove albergati fur cortesemente.
ch'aver solea governo del paese;
che se vi fosse, a far seco dimora 105
gli avria sforzati con parlar cortese. Cortesemente dico in apparenza,
Sceser nel lito, e la medesima ora ma tosto vi sentir contrario effetto;
dai quattro cavallier congedo prese che 'l signor del castel, benivolenza
Marfisa, e da la donna del Selvaggio; fingendo e cortesia, lor dè; ricetto:
e pigliò; alla ventura il suo viaggio, e poi la notte, che sicuri senza
timor dormian, gli fe' pigliar nel letto;
103 né; prima li lasciò;, che d'osservare
dicendo che lodevole non era una costuma ria li fe' giurare.
ch'andasser tanti cavallieri insieme:
che gli storni e i colombi vanno in schiera, 106
i daini e i cervi e ogn'animal che teme; Ma vo' seguir la bellicosa donna,
ma l'audace falcon, l'aquila altiera, prima, Signor, che di costor più; dica.
che ne l'aiuto altrui non metton speme Passò; Druenza, il Rodano e la Sonna,
orsi, tigri, leon, soli ne vanno; e venne a piè; d'una montagna aprica.
che di più; forza alcun timor non hanno. Quivi lungo un torrente, in negra gonna
vide venire una femina antica,
104 che stanca e lassa era di lunga via,
Nessun degli altri fu di quel pensiero; ma via più; afflitta di malenconia.
sì; ch'a lei sola toccò; a far partita.
Per mezzo i boschi e per strano sentiero 107
dunque ella se n'andò; sola e romita. Questa è; la vecchia che solea servire
Grifone il bianco ed Aquilante il nero ai malandrin nel cavernoso monte,
pigliar con gli altri duo la via più; trita, là; dove alta giustizia fe' venire
e giunsero a un castello il dì; seguente, e dar lor morte il paladino conte.

370
La vecchia, che timore ha di morire di lucide arme e di bei panni ornato,
per le cagion che poi vi saran conte, verso il fiume venì;a da una donzella
già; molti dì; va per via oscura e fosca, e da un solo scudiero accompagnato.
fuggendo ritrovar chi la conosca. La donna ch'avea seco era assai bella,
ma d'altiero sembiante e poco grato,
108 tutta d'orgoglio e di fastidio piena,
Quivi d'estrano cavallier sembianza del cavallier ben degna che la mena.
l'ebbe Marfisa all'abito e all'arnese;
e perciò; non fuggì;, com'avea usanza 111
fuggir dagli altri ch'eran del paese; Pinabello, un de' conti maganzesi,
anzi con sicurezza e con baldanza era quel cavallier ch'ella avea seco;
si fermò; al guado, e di lontan l'attese: quel medesmo che dianzi a pochi mesi
al guado del torrente, ove trovolla, Bradamante gittò; nel cavo speco.
la vecchia le uscì; incontra e salutolla. Quei sospir, quei singulti così; accesi,
quel pianto che lo fe' già; quasi cieco,
109 tutto fu per costei ch'or seco avea,
Poi la pregò; che seco oltr'a quell'acque che 'l negromante allor gli ritenea.
ne l'altra ripa in groppa la portasse.
Marfisa che gentil fu da che nacque, 112
di là; dal fiumicel seco la trasse; Ma poi che fu levato di sul colle
e portarla anch'un pezzo non le spiacque, l'incantato castel del vecchio Atlante,
fin ch'a miglior camin la ritornasse, e che poté; ciascuno ire ove volle,
fuor d'un gran fango; e al fin di quel sentiero per opra e per virtù; di Bradamante;
si videro all'incontro un cavalliero. costei, ch'agli disii facile e molle
di Pinabel sempre era stata inante,
110 si tornò; a lui, ed in sua compagnia
Il cavallier su ben guernita sella, da un castello ad un altro or se ne gì;a.

371
fe' trarre a quella giovane la vesta,
113 ed ogn'altro ornamento le fe' porre,
E sì; come vezzosa era e mal usa, e ne fe' il tutto alla sua vecchia torre:
quando vide la vecchia di Marfisa,
non si poté; tenere a bocca chiusa 116
di non la motteggiar con beffe e risa. e di quel giovenile abito volse
Marfisa altiera, appresso a cui non s'usa che si vestisse e se n'ornasse tutta;
sentirsi oltraggio in qualsivoglia guisa, e fe' che 'l palafreno anco si tolse,
rispose d'ira accesa alla donzella, che la giovane avea quivi condutta.
che di lei quella vecchia era più; bella; Indi al preso camin con lei si volse,
che quant'era più; ornata, era più; brutta.
114 Tre giorni se n'andar per lunga strada,
e ch'al suo cavallier volea provallo, senza far cosa onde a parlar m'accada.
con patto di poi torre a lei la gonna
e il palafren ch'avea, se da cavallo 117
gittava il cavallier di ch'era donna. Il quarto giorno un cavallier trovaro,
Pinabel che faria, tacendo, fallo, che venì;a in fretta galoppando solo.
di risponder con l'arme non assonna: Se di saper chi sia forse v'è; caro,
piglia lo scudo e l'asta, e il destrier gira, dicovi ch'è; Zerbin, di re figliuolo,
poi vien Marfisa a ritrovar con ira. di virtù; esempio e di bellezza raro,
che se stesso rodea d'ira e di duolo
115 di non aver potuto far vendetta
Marfisa incontra una gran lancia afferra, d'un che gli avea gran cortesia interdetta.
e ne la vista a Pinabel l'arresta,
e sì; stordito lo riversa in terra, 118
che tarda un'ora a rilevar la testa. Zerbino indarno per la selva corse
Marfisa vincitrice de la guerra, dietro a quel suo che gli avea fatto oltraggio;

372
ma sì; a tempo colui seppe via torse, 121
sì; seppe nel fuggir prender vantaggio, Mostrò; turbarse l'inclita donzella,
sì; il bosco e sì; una nebbia lo soccorse, per prenderne piacer, come si prese;
ch'avea offuscato il matutino raggio, e rispose a Zerbin: - Mia donna è; bella,
che di man di Zerbin si levò; netto, per Dio, via più; che tu non sei cortese;
fin che l'ira e il furor gli uscì; del petto. come ch'io creda che la tua favella
da quel che sente l'animo non scese:
119 tu fingi non conoscer sua beltade,
Non poté;, ancor che Zerbin fosse irato, per escusar la tua somma viltade.
tener, vedendo quella vecchia, il riso;
che gli parea dal giovenile ornato 122
troppo diverso il brutto antiquo viso; E chi saria quel cavallier, che questa
ed a Marfisa, che le venì;a a lato, sì; giovane e sì; bella ritrovasse
disse: - Guerrier, tu sei pien d'ogni aviso, senza più; compagnia ne la foresta,
che damigella di tal sorte guidi, e che di farla sua non si provasse? -
che non temi trovar chi te la invidi. - Sì; ben (disse Zerbin) teco s'assesta,
che saria mal ch'alcun te la levasse;
120 ed io per me non son così; indiscreto,
Avea la donna (se la crespa buccia che te ne privi mai; stanne pur lieto.
può; darne indicio) più; de la Sibilla,
e parea, così; ornata, una bertuccia, 123
quando per muover riso alcun vestilla; S'in altro conto aver vuoi a far meco,
ed or più; brutta par, che si coruccia, di quel ch'io vaglio son per farti mostra;
e che dagli occhi l'ira le sfavilla: ma per costei non mi tener sì; cieco,
ch'a donna non si fa maggior dispetto, che solamente far voglia una giostra.
che quando o vecchia o brutta le vien detto. O brutta o bella sia, restisi teco:
non vo' partir tanta amicizia vostra.

373
Ben vi sè;te accoppiati: io giurerei, fermo in arcione, e per non dare in fallo,
com'ella è; bella, tu gagliardo sei. - lo scudo in mezzo alla donzella colse;
ma parve urtasse un monte di metallo:
124 ed ella in guisa a lui toccò; l'elmetto,
Suggiunse a lui Marfisa: - Al tuo dispetto che stordito il mandò; di sella netto.
di levarmi costei provar convienti.
Non vo' patir ch'un sì; leggiadro aspetto 127
abbi veduto, e guadagnar nol tenti. - Troppo spiacque a Zerbin l'esser caduto,
Rispose a lei Zerbin - Non so a ch'effetto ch'in altro scontro mai più; non gli avvenne,
l'uom si metta a periglio e si tormenti, e n'avea mille e mille egli abbattuto;
per riportarne una vittoria, poi, ed a perpetuo scorno se lo tenne.
che giovi al vinto, e al vincitore annoi. - Stette per lungo spazio in terra muto;
e più; gli dolse poi che gli sovenne
125 ch'avea promesso e che gli convenia
- Se non ti par questo partito buono, aver la brutta vecchia in compagnia.
te ne do un altro, e ricusar nol dei
(disse a Zerbin Marfisa): che s'io sono 128
vinto da te, m'abbia a restar costei; Tornando a lui la vincitrice in sella,
ma s'io te vinco, a forza te la dono. disse ridendo: - Questa t'appresento;
Dunque provian chi de' star senza lei: e quanto più; la veggio e grata e bella,
se perdi, converrà; che tu le faccia tanto, ch'ella sia tua, più; mi contento.
compagnia sempre, ovunque andar le piaccia. - Or tu in mio loco sei campion di quella;
ma la tua fé; non se ne porti il vento,
126 che per sua guida e scorta tu non vada
- E così; sia, - Zerbin rispose; e volse (come hai promesso) ovunque andar l'aggrada. -
a pigliar campo subito il cavallo.
Si levò; su le staffe e si raccolse 129

374
Senza aspettar risposta urta il destriero destrier c'ha in bocca il fren, gli sproni al fianco.
per la foresta, e subito s'imbosca.
Zerbin, che la stimava un cavalliero, 132
dice alla vecchia: - Fa ch'io lo conosca. - E sospirando: - Ohimè;, Fortuna fella
Ed ella non gli tiene ascoso il vero, (dicea), che cambio è; questo che tu fai?
onde sa che lo 'ncende e che l'attosca: Colei che fu sopra le belle bella,
- Il colpo fu di man d'una donzella, ch'esser meco dovea, levata m'hai.
che t'ha fatto votar (disse) la sella. Ti par ch'in luogo ed in ristor di quella
si debba por costei ch'ora mi dai?
130 Stare in danno del tutto era men male,
Per suo valor costei debitamente che fare un cambio tanto diseguale.
usurpa a' cavallieri e scudo e lancia;
e venuta è; pur dianzi d'Oriente 133
per assaggiare i paladin di Francia. - Colei che di bellezze e di virtuti
Zerbin di questo tal vergogna sente, unqua non ebbe e non avrà; mai pare,
che non pur tinge di rossor la guancia, sommersa e rotta tra gli scogli acuti
ma restò; poco di non farsi rosso hai data ai pesci ed agli augei del mare;
seco ogni pezzo d'arme ch'avea indosso. e costei che dovria già; aver pasciuti
sotterra i vermi, hai tolta a perservare
131 dieci o venti anni più; che non devevi,
Monta a cavallo, e se stesso rampogna per dar più; peso agli mie' affanni grevi. -
che non seppe tener strette le cosce.
Tra sé; la vecchia ne sorride, e agogna 134
di stimularlo e di più; dargli angosce. Zerbin così; parlava; né; men tristo
Gli ricorda ch'andar seco bisogna: in parole e in sembianti esser parea
e Zerbin, ch'ubligato si conosce, di questo nuovo suo sì; odioso acquisto,
l'orecchie abbassa, come vinto e stanco che de la donna che perduta avea.

375
La vecchia, ancor che non avesse visto che con sdegno e con duol Zerbino versa,
mai più; Zerbin, per quel ch'ora dicea, s'avede ben ch'egli ha falsa credenza
s'avvide esser colui di che notizia che sia Issabella in mar rotta e sommersa:
le diede già; Issabella di Galizia. e ben ch'ella del certo abbia scienza,
per non lo rallegrar, pur la perversa
135 quel che far lieto lo potria, gli tace,
Se 'l vi ricorda quel ch'avete udito, e sol gli dice quel che gli dispiace.
costei da la spelonca ne veniva,
dove Issabella, che d'amor ferito 138
Zerbino avea, fu molti dì; captiva. - Odi tu (gli disse ella), tu che sei
Più; volte ella le avea già; riferito cotanto altier, che sì; mi scherni e sprezzi,
come lasciasse la paterna riva, se sapessi che nuova ho di costei
e come rotta in mar da la procella, che morta piangi, mi faresti vezzi:
si salvasse alla spiaggia di Rocella. ma più; tosto che dirtelo, torrei
che mi strozzassi o fêssi in mille pezzi;
136 dove, s'eri vêr me più; mansueto,
E sì; spesso dipinto di Zerbino forse aperto t'avrei questo secreto. -
le avea il bel viso e le fattezze conte,
ch'ora udendol parlare, e più; vicino 139
gli occhi alzandogli meglio ne la fronte, Come il mastin che con furor s'aventa
vide esser quel per cui sempre meschino adosso al ladro, ad achetarsi è; presto,
fu d'Issabella il cor nel cavo monte; che quello o pane o cacio gli appresenta,
che di non veder lui più; si lagnava, o che fa incanto appropriato a questo;
che d'esser fatta ai malandrini schiava. così; tosto Zerbino umil diventa,
e vien bramoso di sapere il resto,
137 che la vecchia gli accenna che di quella,
La vecchia, dando alle parole udienza, che morta piange, gli sa dir novella.

376
poi minacciolle di tagliar la gola:
140 ma tutto è; invan ciò; che minaccia e prega;
E volto a lei con più; piacevol faccia, che non può; far parlar la brutta strega.
la supplica, la prega, la scongiura
per gli uomini, per Dio, che non gli taccia 143
quanto ne sappia, o buona o ria ventura. Lasciò; la lingua all'ultimo in riposo
- Cosa non udirai che pro ti faccia Zerbin, poi che 'l parlar gli giovò; poco;
(disse la vecchia pertinace e dura): per quel ch'udito avea, tanto geloso,
non è; Issabella, come credi, morta; che non trovava il cor nel petto loco;
ma viva sì;, ch'a' morti invidia porta. d'Issabella trovar sì; disioso,
che saria per vederla ito nel fuoco:
141 ma non poteva andar più; che volesse
è; capitata in questi pochi giorni colei, poi ch'a Marfisa lo promesse.
che non n'udisti, in man di più; di venti;
sì; che, qualora anco in man tua ritorni, 144
ve' se sperar di corre il fior convienti. - E quindi per solingo e strano calle,
Ah vecchia maladetta, come adorni dove a lei piacque, fu Zerbin condotto;
la tua menzogna! e tu sai pur se menti. né; per o poggiar monte o scender valle,
Se ben in man de venti ell'era stata, mai si guardaro in faccia o si fer motto.
non l'avea alcun però; mai violata. Ma poi ch'al mezzodì; volse le spalle
il vago sol, fu il lor silenzio rotto
142 da un cavallier che nel cammin scontraro.
Dove l'avea veduta domandolle Quel che seguì;, ne l'altro canto è; chiaro.
Zerbino, e quando, ma nulla n'invola;
che la vecchia ostinata più; non volle
a quel c'ha detto aggiungere parola. CANTO VENTUNESIMO
Prima Zerbin le fece un parlar molle,

377
come s'avesse il morbo sì; vicino,
1 o pur la morte istessa; ma potea,
Né; fune intorto crederò; che stringa più; che 'l disio, quel che promesso avea.
soma così;, né; così; legno chiodo,
come la fé; ch'una bella alma cinga 4
del suo tenace indissolubil nodo. Dissi di lui, che di vederla sotto
Né; dagli antiqui par che si dipinga la sua condotta tanto al cor gli preme,
la santa Fé; vestita in altro modo, che n'arrabbia di duol, né; le fa motto,
che d'un vel bianco che la cuopra tutta: e vanno muti e taciturni insieme:
ch'un sol punto, un sol neo la può; far brutta. dissi che poi fu quel silenzio rotto,
ch'al mondo il sol mostrò; le ruote estreme,
2 da un cavalliero aventuroso errante,
La fede unqua non debbe esser corrotta, ch'in mezzo del camin lor si fe' inante.
o data a un solo, o data insieme a mille;
e così; in una selva, in una grotta, 5
lontan da le cittadi e da le ville, La vecchia che conobbe il cavalliero,
come dinanzi a tribunali, in frotta ch'era nomato Ermonide d'Olanda,
di testimon, di scritti e di postille, che per insegna ha ne lo scudo nero
senza giurare o segno altro più; espresso, attraversata una vermiglia banda,
basti una volta che s'abbia promesso. posto l'orgoglio e quel sembiante altiero,
umilmente a Zerbin si raccomanda,
3 e gli ricorda quel ch'esso promise
Quella servò;, come servar si debbe alla guerriera ch'in sua man la mise.
in ogni impresa, il cavallier Zerbino:
e quivi dimostrò; che conto n'ebbe, 6
quando si tolse dal proprio camino Perché; di lei nimico e di sua gente
per andar con costei, la qual gl'increbbe, era il guerrier che contra lor venì;a:

378
ucciso ad essa avea il padre innocente, 9
e un fratello che solo al mondo avia; Queste gli disse e più; parole invano;
e tuttavolta far del rimanente, e fu bisogno al fin venire a' fatti.
come degli altri, il traditor disia. Poi che preso a bastanza ebbon del piano,
- Fin ch'alla guardia tua, donna, mi senti tornarsi incontra a tutta briglia ratti.
(dicea Zerbin), non vo' che tu paventi. - Non van sì; presti i razzi fuor di mano,
ch'al tempo son de le allegrezze tratti,
7 come andaron veloci i duo destrieri
Come più; presso il cavallier si specchia ad incontrare insieme i cavallieri.
in quella faccia che sì; in odio gli era:
- O di combatter meco t'apparecchia 10
(gridò; con voce minacciosa e fiera), Ermonide d'Olanda segnò; basso,
o lascia la difesa de la vecchia, che per passare il destro fianco attese:
che di mia man secondo il merto pera. ma la sua debol lancia andò; in fracasso,
Se combatti per lei, rimarrai morto; e poco il cavallier di Scozia offese.
che così; avviene a chi s'appiglia al torto. - Non fu già; l'altro colpo vano e casso:
roppe lo scudo, e sì; la spalla prese,
8 che la forò; da l'uno all'altro lato,
Zerbin cortesemente a lui risponde e riversar fe' Ermonide sul prato.
che gli è; desir di bassa e mala sorte,
ed a cavalleria non corrisponde 11
che cerchi dare ad una donna morte: Zerbin che si pensò; d'averlo ucciso,
se pur combatter vuol, non si nasconde; di pietà; vinto, scese in terra presto,
ma che prima consideri ch'importe e levò; l'elmo da lo smorto viso;
ch'un cavallier, com'era egli, gentile, e quel guerrier, come dal sonno desto,
voglia por man nel sangue feminile, senza parlar guardò; Zerbino fiso;
e poi gli disse: - Non m'è; già; molesto

379
ch'io sia da te abbattuto, ch'ai sembianti di sito ameno e di muraglia forte.
mostri esser fior de' cavallier erranti; Nomossi Argeo colui di ch'io favello,
di questa iniqua femina consorte,
12 la quale egli amò; sì;, che passò; il segno
ma ben mi duol che questo per cagione ch'a un uom si convenia, come lui, degno.
d'una femina perfida m'avviene,
a cui non so come tu sia campione, 15
che troppo al tuo valor si disconviene. Ma costei, più; volubile che foglia
E quando tu sapessi la cagione quando l'autunno è; più; priva d'umore,
ch'a vendicarmi di costei mi mene, che l' freddo vento gli arbori ne spoglia
avresti, ognor che rimembrassi, affanno e le soffia dinanzi al suo furore;
d'aver, per campar lei, fatto a me danno. verso il marito cangiò; tosto voglia,
che fisso qualche tempo ebbe nel core;
13 e volse ogni pensiero, ogni disio
E se spirto a bastanza avrò; nel petto d'acquistar per amante il fratel mio.
ch'io il possa dir (ma del contrario temo),
io ti farò; veder ch'in ogni effetto 16
scelerata è; costei più; ch'in estremo. Ma né; sì; saldo all'impeto marino
Io ebbi già; un fratel che giovinetto l'Acrocerauno d'infamato nome,
d'Olanda si partì;, donde noi semo, né; sta sì; duro incontra borea il pino
e si fece d'Eraclio cavalliero, che rinovato ha più; di cento chiome,
ch'allor tenea de' Greci il sommo impero. che quanto appar fuor de lo scoglio alpino,
tanto sotterra ha le radici; come
14 il mio fratello a' prieghi di costei,
Quivi divenne intrinseco e fratello nido de tutti i vizi infandi e rei.
d'un cortese baron di quella corte,
che nei confin di Servia avea un castello 17

380
Or, come avviene a un cavallier ardito, da cui fu amata a par del proprio core.
che cerca briga e la ritrova spesso,
fu in una impresa il mio fratel ferito, 20
molto al castel del suo compagno appresso, E de le sue ferite ancora infermo
dove venir senza aspettare invito l'arme si veste, e del castel si parte;
solea, fosse o non fosse Argeo con esso; e con animo va costante e fermo
e dentro a quel per riposar fermosse di non mai più; tornare in quella parte.
tanto che del suo mal libero fosse. Ma che gli val? ch'ogni difesa e schermo
gli disipa Fortuna con nuova arte;
18 ecco il marito che ritorna intanto,
Mentre egli quivi si giacea, convenne e trova la moglier che fa gran pianto,
ch'in certa sua bisogna andasse Argeo.
Tosto questa sfacciata a tentar venne 21
il mio fratello, ed a sua usanza feo; e scapigliata e con la faccia rossa;
ma quel fedel non oltre più; sostenne e le domanda di che sia turbata.
avere ai fianchi un stimulo sì; reo: Prima ch'ella a rispondere sia mossa,
elesse, per servar sua fede a pieno, pregar si lascia più; d'una fiata,
di molti mal quel che gli parve meno. pensando tuttavia come si possa
vendicar di colui che l'ha lasciata:
19 e ben convenne al suo mobile ingegno
Tra molti mal gli parve elegger questo: cangiar l'amore in subitano sdegno.
lasciar d'Argeo l'intrinsichezza antiqua;
lungi andar sì;, che non sia manifesto 22
mai più; il suo nome alla femina iniqua. - Deh (disse al fine), a che l'error nascondo
Ben che duro gli fosse, era più; onesto c'ho commesso, signor, ne la tua assenza?
che satisfare a quella voglia obliqua, che quando ancora io 'l celi a tutto 'l mondo,
o ch'accusar la moglie al suo signore, celar nol posso alla mia coscienza.

381
L'alma che sente il suo peccato immondo, lo giunse che non fu troppo lontano;
pate dentro da sé; tal penitenza, che 'l mio fratello, debole ed egroto,
ch'avanza ogn'altro corporal martire senza sospetto se ne gì;a pian piano:
che dar mi possa alcun del mio fallire; e brevemente, in un loco remoto
pose, per vendicarsene, in lui mano.
23 Non trova il fratel mio scusa che vaglia;
quando fallir sia quel che si fa a forza: ch'in somma Argeo con lui vuol la battaglia.
ma sia quel che si vuol, tu sappil'anco;
poi con la spada da la immonda scorza 26
scioglie lo spirto imaculato e bianco, Era l'un sano e pien di nuovo sdegno,
e le mie luci eternamente ammorza; infermo l'altro, ed all'usanza amico:
che dopo tanto vituperio, almanco sì; ch'ebbe il fratel mio poco ritegno
tenerle basse ognor non mi bisogni, contra il compagno fattogli nimico.
e di ciascun ch'io vegga, io mi vergogni. Dunque Filandro di tal sorte indegno
(de l'infelice giovene ti dico:
24 così; avea nome), non sofrendo il peso
Il tuo compagno ha l'onor mio distrutto: di sì; fiera battaglia, restò; preso.
questo corpo per forza ha violato;
e perché; teme ch'io ti narri il tutto, 27
or si parte il villan senza commiato. - - Non piaccia a Dio che mi conduca a tale
In odio con quel dir gli ebbe ridutto il mio giusto furore e il tuo demerto
colui che più; d'ogn'altro gli fu grato. (gli disse Argeo), che mai sia omicidiale
Argeo lo crede, ed altro non aspetta; di te ch'amava; e me tu amavi certo,
ma piglia l'arme e corre a far vendetta. ben che nel fin me l'hai mostrato male;
pur voglio a tutto il mondo fare aperto
25 che, come fui nel tempo de l'amore,
E come quel ch'avea il paese noto, così; ne l'odio son di te migliore.

382
oh che superbe spoglie e preda opima!
28 oh che merito al fin te ne risulta,
Per altro modo punirò; il tuo fallo, se, come a traditore, ognun t'insulta!
che le mie man più; nel tuo sangue porre. -
Così; dicendo, fece sul cavallo 31
di verdi rami una bara comporre, Quanto utilmente, quanto con tuo onore
e quasi morto in quella riportallo m'avresti dato quel che da te volli!
dentro al castello in una chiusa torre, Di questo sì; ostinato tuo rigore
dove in perpetuo per punizione la gran mercé; che tu guadagni, or tolli:
candannò; l'innocente a star prigione. in prigion sei, né; crederne uscir fuore,
se la durezza tua prima non molli.
29 Ma quando mi compiacci, io farò; trama
Non però; ch'altra cosa avesse manco, di racquistarti e libertade e fama. -
che la libertà; prima del partire;
perché; nel resto, come sciolto e franco 32
vi comandava e si facea ubidire. - No, no (disse Filandro) aver mai spene
Ma non essendo ancor l'animo stanco che non sia, come suol, mia vera fede,
di questa ria del suo pensier fornire, se ben contra ogni debito mi avviene
quasi ogni giorno alla prigion veniva; ch'io ne riporti sì; dura mercede,
ch'avea le chiavi, e a suo piacer l'apriva: e di me creda il mondo men che bene:
basta che inanti a quel che 'l tutto vede
30 e mi può; ristorar di grazia eterna,
e movea sempre al mio fratello assalti, chiara la mia innocenza si discerna.
e con maggiore audacia che di prima.
- Questa tua fedeltà; (dicea) che valti, 33
poi che perfidia per tutto si stima? Se non basta ch'Argeo mi tenga preso,
Oh che trionfi gloriosi ed alti! tolgami ancor questa noiosa vita.

383
Forse non mi fia il premio in ciel conteso 36
de la buona opra, qui poco gradita. Antiqua nimicizia avea il marito
Forse egli, che da me si chiama offeso, con un baron detto Morando il bello,
quando sarà; quest'anima partita, che, non v'essendo Argeo, spesso era ardito
s'avedrà; poi d'avermi fatto torto, di correr solo, e sin dentro al castello;
e piangerà; il fedel compagno morto. - ma s'Argeo v'era, non tenea lo 'nvito,
né; s'accostava a dieci miglia a quello.
34 Or, per poterlo indur che ci venisse,
Così; più; volte la sfacciata donna d'ire in Ierusalem per voto disse.
tenta Filandro, e torna senza frutto.
Ma il cieco suo desir, che non assonna 37
del scelerato amor traer costrutto, Disse d'andare; e partesi ch'ognuno
cercando va più; dentro ch'alla gonna lo vede, e fa di ciò; sparger le grida:
suoi vizi antiqui, e ne discorre il tutto. né; il suo pensier, fuor che la moglie, alcuno
Mille pensier fa d'uno in altro modo, puote saper; che sol di lei si fida.
prima che fermi in alcun d'essi il chiodo. Torna poi nel castello all'aer bruno,
né; mai, se non la notte, ivi s'annida;
35 e con mutate insegne al nuovo albore,
Stette sei mesi che non messe piede, senza vederlo alcun, sempre esce fuore.
come prima facea, ne la prigione;
di che il miser Filandro e spera e crede 38
che costei più; non gli abbia affezione. Se ne va in questa e in quella parte errando,
Ecco Fortuna, al mal propizia, diede e volteggiando al suo castello intorno,
a questa scelerata occasione pur per veder se credulo Morando
di metter fin con memorabil male volesse far, come solea, ritorno.
al suo cieco appetito irrazionale. Stava il dì; tutto alla foresta; e quando
ne la marina vedea ascoso il giorno,

384
venì;a al castello, e per nascose porte senza altra scusa e senz'altro pretesto;
lo togliea dentro l'infedel consorte. che se ci fosse il mio signor per sorte,
non sol non avria audacia di far questo,
39 ma non si terria ancor, per Dio, sicuro
Crede ciascun, fuor che l'iniqua moglie, d'appressarsi a tre miglia a questo muro.
che molte miglia Argeo lontan si trove.
Dunque il tempo oportuno ella si toglie: 42
al fratel mio va con malizie nuove. E quel che già; per messi ha ricercato,
Ha di lagrime a tutte le sue voglie oggi me l'ha richiesto a fronte a fronte,
un nembo che dagli occhi al sen le piove. e con tai modi, che gran dubbio è; stato
- Dove potrò; (dicea) trovare aiuto, de lo avvenirmi disonore ed onte,
che in tutto l'onor mio non sia perduto? e se non che parlar dolce gli ho usato,
e finto le mie voglie alle sue pronte,
40 saria a forza, di quel suto rapace,
E col mio quel del mio marito insieme, che spera aver per mie parole in pace.
il qual se fosse qui, non temerei.
Tu conosci Morando, e sai se teme, 43
quando Argeo non ci sente, omini e dei. Promesso gli ho, non già; per osservargli
Questi or pregando, or minacciando, estreme (che fatto per timor, nullo è; il contratto);
prove fa tuttavia, né; alcun de' miei ma la mia intenzion fu per vietargli
lascia che non contamini, per trarmi quel che per forza avrebbe allora fatto.
a' suoi desii, né; so s'io potrò; aitarmi. Il caso è; qui: tu sol pò;i rimediargli;
del mio onor altrimenti sarà; tratto,
41 e di quel del mio Argeo, che già; m'hai detto
Or c'ha inteso il partir del mio consorte, aver o tanto, o più; che 'l proprio, a petto.
e ch'al ritorno non sarà; sì; presto,
ha avuto ardir d'entrar ne la mia corte 44

385
E se questo mi nieghi, io dirò; dunque io l'ho a tor dentro, che non sia sentito.
ch'in te non sia la fé; di che ti vanti;
ma che fu sol per crudeltà;, qualunque 47
volta hai sprezzati i miei supplici pianti; A te non graverà; prima aspettarme
non per rispetto alcun d'Argeo, quantunque ne la camera mia dove non luca,
m'hai questo scudo ognora opposto inanti. tanto che dispogliar gli faccia l'arme,
Saria stato tra noi la cosa occulta; e quasi nudo in man te lo conduca. -
ma di qui aperta infamia mi risulta. - Così; la moglie conducesse parme
il suo marito alla tremenda buca;
45 se per dritto costei moglie s'appella,
- Non si convien (disse Filandro) tale più; che furia infernal crudele e fella.
prologo a me, per Argeo mio disposto.
Narrami pur quel che tu vuoi, che quale 48
sempre fui, di sempre essere ho proposto; Poi che la notte scelerata venne,
e ben ch'a torto io ne riporti male, fuor trasse il mio fratel con l'arme in mano;
a lui non ho questo peccato imposto. e ne l'oscura camera lo tenne,
Per lui son pronto andare anco alla morte, fin che tornasse il miser castellano.
e siami contra il mondo e la mia sorte. - Come ordine era dato, il tutto avvenne;
che 'l consiglio del mal va raro invano.
46 Così; Filandro il buon Argeo percosse,
Rispose l'empia: - Io voglio che tu spenga che si pensò; che quel Morando fosse.
colui che 'l nostro disonor procura.
Non temer ch'alcun mal di ciò; t'avenga; 49
ch'io te ne mostrerò; la via sicura. Con esso un colpo il capo fesse e il collo;
Debbe egli a me tornar come rivenga ch'elmo non v'era, e non vi fu riparo.
su l'ora terza la notte più; scura; Pervenne Argeo, senza pur dare un crollo,
e fatto un segno de ch'io l'ho avvertito, de la misera vita al fine amaro:

386
e tal l'uccise, che mai non pensollo, Filandro, poi che del suo error s'accorse.
né; mai l'avria creduto: oh caso raro! Quasi il primo furor gli persuase
che cercando giovar, fece all'amico d'uccider questa, e stette un pezzo in forse:
quel di che peggio non si fa al nimico. e se non che ne le nimiche case
si ritrovò; (che la ragion soccorse),
50 non si trovando avere altr'arme in mano,
Poscia ch'Argeo non conosciuto giacque, coi denti la stracciava a brano a brano.
rende a Gabrina il mio fratel la spada.
Gabrina è; il nome di costei, che nacque 53
sol per tradire ognun che in man le cada. Come ne l'alto mar legno talora,
Ella, che 'l ver fin a quell'ora tacque, che da duo venti sia percosso e vinto,
vuol che Filandro a riveder ne vada ch'ora uno inanzi l'ha mandato, ed ora
col lume in mano il morto ond'egli è; reo: un altro al primo termine respinto,
e gli dimostra il suo compagno Argeo. e l'han girato da poppa e da prora,
dal più; possente al fin resta sospinto;
51 così; Filandro, tra molte contese
E gli minaccia poi, se non consente de' duo pensieri, al manco rio s'apprese.
all'amoroso suo lungo desire,
di palesare a tutta quella gente 54
quel ch'egli ha fatto, e nol può; contradire; Ragion gli dimostrò; il pericol grande,
e lo farà; vituperosamente oltre al morir, del fine infame e sozzo,
come assassino e traditor morire: se l'omicidio nel castel si spande;
e gli ricorda che sprezzar la fama e del pensare il termine gli è; mozzo.
non de', se ben la vita sì; poco ama. Voglia o non voglia, al fin convien che mande
l'amarissimo calice nel gozzo.
52 Pur finalmente ne l'afflitto core
Pien di paura e di dolor rimase più; de l'ostinazion poté; il timore.

387
e che l'ultrice Furie ebbe moleste.
55 E senza mai cessar, tanto l'afflisse
Il timor del supplicio infame e brutto questo dolor, ch'infermo al letto il fisse.
prometter fece con mille scongiuri,
che faria di Gabrina il voler tutto, 58
se di quel luogo se partian sicuri. Or questa meretrice, che si pensa
Così; per forza colse l'empia il frutto quanto a quest'altro suo poco sia grata,
del suo desire, e poi lasciar quei muri. muta la fiamma già; d'amore intensa
Così; Filandro a noi fece ritorno, in odio, in ira ardente ed arrabbiata;
di sé; lasciando in Grecia infamia e scorno. né; meno è; contra al mio fratello accensa,
che fosse contra Argeo la scelerata:
56 e dispone tra sé; levar dal mondo,
E portò; nel cor fisso il suo compagno come il primo marito, anco il secondo.
che così; scioccamente ucciso avea,
per far con sua gran noia empio guadagno 59
d'una Progne crudel, d'una Medea. Un medico trovò; d'inganni pieno,
E se la fede e il giuramento, magno sufficiente ed atto a simil uopo,
e duro freno, non lo ritenea, che sapea meglio uccider di veneno,
come al sicuro fu, morta l'avrebbe; che risanar gl'infermi di silopo;
ma, quanto più; si puote, in odio l'ebbe. e gli promesse, inanzi più; che meno
di quel che domandò;, donargli, dopo
57 ch'avesse con mortifero liquore
Non fu da indi in qua rider mai visto: levatole dagli occhi il suo signore.
tutte le sue parole erano meste,
sempre sospir gli uscian dal petto tristo, 60
ed era divenuto un nuovo Oreste, Già; in mia presenza e d'altre più; persone
poi che la madre uccise e il sacro Egisto, venì;a col tosco in mano il vecchio ingiusto,

388
dicendo ch'era buona pozione 63
da ritornare il mio fratel robusto. Come sparvier che nel piede grifagno
Ma Gabrina con nuova intenzione, tenga la starna e sia per trarne pasto,
pria che l'infermo ne turbasse il gusto, dal can che si tenea fido compagno,
per torsi il consapevole d'appresso, ingordamente è; sopragiunto e guasto;
o per non dargli quel ch'avea promesso, così; il medico intento al rio guadagno,
donde sperava aiuto ebbe contrasto.
61 Odi di summa audacia esempio raro!
la man gli prese, quando a punto dava e così; avvenga a ciascun altro avaro.
la tazza dove il tosco era celato,
dicendo: - Ingiustamente è; se 'l ti grava 64
ch'io tema per costui c'ho tanto amato. Fornito questo, il vecchio s'era messo,
Voglio esser certa che bevanda prava per ritornare alla sua stanza, in via,
tu non gli dia, né; succo avelenato; ed usar qualche medicina appresso,
e per questo mi par che 'l beveraggio che lo salvasse da la peste ria;
non gli abbi a dar, se non ne fai tu il saggio. - ma da Gabrina non gli fu concesso,
dicendo non voler ch'andasse pria
62 che 'l succo ne lo stomaco digesto
Come pensi, signor, che rimanesse il suo valor facesse manifesto.
il miser vecchio conturbato allora?
La brevità; del tempo sì; l'oppresse, 65
che pensar non poté; che meglio fôra; Pregar non val, né; far di premio offerta,
pur, per non dar maggior sospetto, elesse che lo voglia lasciar quindi partire.
il calice gustar senza dimora: Il disperato, poi che vede certa
e l'infermo, seguendo una tal fede, la morte sua, né; la poter fuggire,
tutto il resto pigliò;, che si gli diede. ai circostanti fa la cosa aperta;
né; la seppe costei troppo coprire.

389
E così; quel che fece agli altri spesso, colei che venì;a seco avea difesa:
quel buon medico al fin fece a se stesso: ch'altrimente sua fé; saria confusa;
perché;, quando in sua guardia l'avea presa,
66 promesse a sua possanza di salvarla
e sequitò; con l'alma quella ch'era contra ognun che venisse a disturbarla.
già; de mio frate caminata inanzi.
Noi circostanti, che la cosa vera 69
del vecchio udimmo, che fe' pochi avanzi, E s'in altro potea gratificargli,
pigliammo questa abominevol fera, prontissimo offeriase alla sua voglia.
più; crudel di qualunque in selva stanzi; Rispose il cavallier, che ricordargli
e la serrammo in tenebroso loco, sol vuol, che da Gabrina si discioglia
per condannarla al meritato foco. - prima ch'ella abbia cosa a machinargli,
di ch'esso indarno poi si penta e doglia.
67 Gabrina tenne sempre gli occhi bassi,
Questo Ermonide disse, e più; voleva perché; non ben risposta al vero dassi.
seguir, com'ella di prigion levossi;
ma il dolor de la piaga si l'aggreva, 70
che pallido ne l'erba riversossi. Con la vecchia Zerbin quindi partisse
Intanto duo scudier, che seco aveva, al già; promesso debito viaggio;
fatto una bara avean di rami grossi: e tra sé; tutto il dì; la maledisse,
Ermonide si fece in quella porre; che far gli fece a quel barone oltraggio.
ch'indi altrimente non si potea torre. Ed or che pel gran mal che gli ne disse
chi lo sapea, di lei fu istrutto e saggio,
68 se prima l'avea a noia e a dispiacere,
Zerbin col cavallier fece sua scusa, or l'odia sì; che non la può; vedere.
che gl'increscea d'averli fatto offesa;
ma, come pur tra cavallieri s'usa, 71

390
Ella che di Zerbin sa l'odio a pieno, che rarissime siate in questa mente;
né; in mala voluntà; vuole esser vinta, non vi dispiaccia quel ch'io dissi inante,
un'oncia a lui non ne riporta meno: quando contra Gabrina fui sì; ardente,
la tien di quarta, e la rifà; di quinta. e s'ancor son per spendervi alcun verso,
Nel cor era gonfiata di veneno, di lei biasmando l'animo perverso.
e nel viso altrimente era dipinta.
Dunque ne la concordia ch'io vi dico, 2
tenean lor via per mezzo il bosco antico. Ella era tale; e come imposto fummi
da chi può; in me, non preterisco il vero.
72 Per questo io non oscuro gli onor summi
Ecco, volgendo il sol verso la sera, d'una e d'un'altra ch'abbia il cor sincero.
udiron gridi e strepiti e percosse, Quel che 'l Maestro suo per trenta nummi
che facean segno di battaglia fiera diede a' Iudei, non nocque a Ianni o a Piero;
che, quanto era il rumor, vicina fosse. né; d'Ipermestra è; la fama men bella,
Zerbino, per veder la cosa ch'era, se ben di tante inique era sorella.
verso il rumore in gran fretta si mosse:
non fu Gabrina lenta a seguitarlo. 3
Di quel ch'avvenne, all'altro canto io parlo. Per una che biasmar cantando ardisco
(che l'ordinata istoria così; vuole),
lodarne cento incontra m'offerisco,
CANTO VENTIDUESIMO e far lor virtù; chiara più; che 'l sole.
Ma tornando al lavor che vario ordisco,
ch'a molti, lor mercé;, grato esser suole,
1 del cavallier di Scozia io vi dicea,
Cortesi donne e grate al vostro amante, ch'un alto grido appresso udito avea.
voi che d'un solo amor sè;te contente,
come che certo sia, fra tante e tante, 4

391
Fra due montagne entrò; in un stretto calle di venti giorni e la Franconia e il Reno.
onde uscia il grido, e non fu molto inante,
che giunse dove in una chiusa valle 7
si vide un cavallier morto davante. Per la selva d'Ardenna in Aquisgrana
Chi sia dirò;; ma prima dar le spalle giunse e in Barbante, e in Fiandra al fin s'imbarca.
a Francia voglio, e girmene in Levante, L'aura che soffia verso tramontana,
tanto ch'io trovi Astolfo paladino, la vela in guisa in su la prora carca,
che per Ponente avea preso il camino. ch'a mezzo giorno Astolfo non lontana
vede Inghilterra, ove nel lito varca.
5 Salta a cavallo, e in tal modo lo punge,
Io lo lasciai ne la città; crudele, ch'a Londra quella sera ancora giunge.
onde col suon del formidabil corno
avea cacciato il populo infedele, 8
e gran periglio toltosi d'intorno, Quivi sentendo poi che 'l vecchio Otone
ed a' compagni fatto alzar le vele, già; molti mesi inanzi era in Parigi,
e dal lito fuggir con grave scorno. e che di nuovo quasi ogni barone
Or seguendo di lui, dico che prese avea imitato i suoi degni vestigi;
la via d'Armenia, e uscì; di quel paese. d'andar subito in Francia si dispone:
e così; torna al porto di Tamigi,
6 onde con le vele alte uscendo fuora,
E dopo alquanti giorni in Natalia verso Calessio fe' drizzar la prora.
trovossi, e inverso Bursia il camin tenne;
onde, continuando la sua via 9
di qua dal mare, in Tracia se ne venne. Un ventolin che leggiermente all'orza
Lungo il Danubio andò; per l'Ungaria; ferendo, avea adescato il legno all'onda,
e come avesse il suo destrier le penne, a poco a poco cresce e si rinforza;
i Moravi e i Boemi passò; in meno poi vien sì;, ch'al nocchier ne soprabonda.

392
Che li volti la poppa al fine è; forza; ch'un villanel che v'era ascoso appresso,
se non, gli caccerà; sotto la sponda. sbuca fuor d'una macchia, e il destrier tolle,
Per la schena del mar tien dritto il legno, sopra vi sale, e se ne va con esso.
e fa camin diverso al suo disegno. Astolfo il rumor sente, e'l capo estolle;
e poi che 'l danno suo vede sì; espresso,
10 lascia la fonte, e sazio senza bere,
Or corre a destra, or a sinistra mano, gli va dietro correndo a più; potere.
di qua di là;, dove fortuna spinge,
e piglia terra al fin presso a Roano; 13
e come prima il dolce lito attinge, Quel ladro non si stende a tutto corso,
fa rimetter la sella a Rabicano, che dileguato si saria di botto;
e tutto s'arma e la spada si cinge. ma or lentando or raccogliendo il morso,
Prende il camino, ed ha seco quel corno se ne va di galoppo e di buon trotto.
che gli val più; che mille uomini intorno. Escon del bosco dopo un gran discorso;
e l'uno e l'altro al fin si fu ridotto
11 là; dove tanti nobili baroni
E giunse, traversando una foresta, eran senza prigion più; che prigioni.
a piè; d'un colle ad una chiara fonte,
ne l'ora che 'l monton di pascer resta, 14
chiuso in capanna, o sotto un cavo monte. Dentro il palagio il villanel si caccia
E dal gran caldo e da la sete infesta con quel destrier che i venti al corso adegua.
vinto, si trasse l'elmo da la fronte; Forza è; ch'Astolfo, il qual lo scudo impaccia,
legò; il destrier tra le più; spesse fronde, l'elmo e l'altr'arme, di lontan lo segua.
e poi venne per bere alle fresche onde. Pur giunge anch'egli, e tutta quella traccia
che fin qui avea seguita, si dilegua;
12 che più; né; Rabican né; 'l ladro vede,
Non avea messo ancor le labra in molle, e gira gli occhi, e indarno affretta il piede;

393
che facea questi inganni e queste frodi:
15 e levata la pietra ov'è; sepolto,
affretta il piede e va cercando invano per lui sarà; il palazzo in fumo sciolto.
e le logge e le camere e le sale;
ma per trovare il perfido villano, 18
di sua fatica nulla si prevale. Desideroso di condurre a fine
Non sa dove abbia ascoso Rabicano, il paladin sì; gloriosa impresa,
quel suo veloce sopra ogni animale; non tarda più; che 'l braccio non inchine
e senza frutto alcun tutto quel giorno a provar quanto il grave marmo pesa.
cercò; di su di giù;, dentro e d'intorno. Come Atlante le man vede vicine
per far che l'arte sua sia vilipesa,
16 sospettoso di quel che può; avvenire,
Confuso e lasso d'aggirarsi tanto, lo va con nuovi incanti ad assalire.
s'avvide che quel loco era incantato;
e del libretto ch'avea sempre a canto, 19
che Logistilla in India gli avea dato, Lo fa con diaboliche sue larve
acciò; che, ricadendo in nuovo incanto, parer da quel diverso, che solea:
potessi aitarsi, si fu ricordato: gigante ad altri, ad altri un villan parve,
all'indice ricorse, e vide tosto ad altri un cavallier di faccia rea.
a quante carte era il rimedio posto. Ognuno in quella forma in che gli apparve
nel bosco il mago, il paladin vedea;
17 sì; che per riaver quel che gli tolse
Del palazzo incantato era difuso il mago, ognuno al paladin si volse.
scritto nel libro; e v'eran scritti i modi
di fare il mago rimaner confuso, 20
e a tutti quei prigion di sciorre i nodi. Ruggier, Gradasso, Iroldo, Bradamante,
Sotto la soglia era uno spirto chiuso, Brandimarte, Prasildo, altri guerrieri

394
in questo nuovo error si fero inante, 23
per distruggere il duca accesi e fieri. Astolfo, poi ch'ebbe cacciato il mago,
Ma ricordossi il corno in quello istante, levò; di su la soglia il grave sasso,
che fe' loro abbassar gli animi altieri. e vi ritrovò; sotto alcuna imago,
Se non si soccorrea col grave suono, ed altre cose che di scriver lasso:
morto era il paladin senza perdono. e di distrugger quello incanto vago,
di ciò; che vi trovò;, fece fraccasso,
21 come gli mostra il libro che far debbia;
Ma tosto che si pon quel corno a bocca e si sciolse il palazzo in fumo e in nebbia.
e fa sentire intorno il suono orrendo,
a guisa dei colombi, quando scocca 24
lo scoppio, vanno i cavallier fuggendo. Quivi trovò; che di catena d'oro
Non meno al negromante fuggir tocca, di Ruggiero il cavallo era legato,
non men fuor de la tana esce temendo parlo di quel che 'l negromante moro
pallido e sbigottito, e se ne slunga per mandarlo ad Alcina gli avea dato;
tanto, che 'l suono orribil non lo giunga. a cui poi Logistilla fe' il lavoro
del freno, ond'era in Francia ritornato,
22 e girato da l'India all'Inghilterra
Fuggì; il guardian coi suo' prigioni; e dopo tutto avea il lato destro de la terra.
de le stalle fuggir molti cavalli,
ch'altro che fune a ritenerli era uopo, 25
e seguiro i patron per vari calli. Non so se vi ricorda che la briglia
In casa non restò; gatta né; topo lasciò; attaccata all'arbore quel giorno
al suon che par che dica: Dà;lli, dà;lli. che nuda da Ruggier sparì; la figlia
Sarebbe ito con gli altri Rabicano, di Galafrone, e gli fe' l'alto scorno.
se non ch'all'uscir venne al duca in mano. Fe' il volante destrier, con maraviglia
di chi lo vide, al mastro suo ritorno;

395
e con lui stette infin al giorno sempre, una cosa ed un'altra, un che lo resse;
che de l'incanto fur rotte le tempre. che dei destrier ch'in fuga erano corsi,
quivi attaccate eran le briglie spesse.
26 Ora un pensier di Rabicano solo
Non potrebbe esser stato più; giocondo lo fa tardar che non si leva a volo.
d'altra aventura Astolfo, che di questa;
che per cercar la terra e il mar, secondo 29
ch'avea desir, quel ch'a cercar gli resta, D'amar quel Rabicano avea ragione;
e girar tutto in pochi giorni il mondo, che non v'era un miglior per correr lancia,
troppo venì;a questo ippogrifo a sesta. e l'avea da l'estrema regione
Sapea egli ben quanto a portarlo era atto, de l'India cavalcato insin in Francia.
che l'avea altrove assai provato in fatto. Pensa egli molto; e in somma si dispone
darne più; tosto ad un suo amico mancia,
27 che, lasciandolo quivi in su la strada,
Quel giorno in India lo provò;, che tolto se l'abbia il primo ch'a passarvi accada.
da la savia Melissa fu di mano
a quella scelerata che travolto 30
gli avea in mirto silvestre il viso umano: Stava mirando se vedea venire
e ben vide e notò; come raccolto pel bosco o cacciatore o alcun villano,
gli fu sotto la briglia il capo vano da cui far si potesse indi seguire
da Logistilla, e vide come istrutto a qualche terra, e trarvi Rabicano.
fosse Ruggier di farlo andar per tutto. Tutto quel giorno e sin all'apparire
de l'altro stette riguardando invano.
28 L'altro matin, ch'era ancor l'aer fosco,
Fatto disegno l'ippogrifo torsi, veder gli parve un cavallier pel bosco.
la sella sua, ch'appresso avea, gli messe;
e gli fece, levando da più; morsi 31

396
Ma mi bisogna, s'io vo' dirvi il resto, e tanti lieti giorni eran perduti.
ch'io trovi Ruggier prima e Bradamante.
Poi che si tacque il corno, e che da questo 34
loco la bella coppia fu distante, Bradamante, disposta di far tutti
guardò; Ruggiero, e fu a conoscer presto i piaceri che far vergine saggia
quel che fin qui gli avea nascoso Atlante: debbia ad un suo amator, sì; che di lutti,
fatto avea Atlante che fin a quell'ora senza il suo onore offendere, il sottraggia;
tra lor non s'eran conosciuti ancora. dice a Ruggier, se a dar gli ultimi frutti
lei non vuol sempre aver dura e selvaggia,
32 la faccia domandar per buoni mezzi
Ruggier riguarda Bradamante, ed ella al padre Amon: ma prima si battezzi.
riguarda lui con alta maraviglia,
che tanti dì; l'abbia offuscato quella 35
illusion sì; l'animo e le ciglia. Ruggier, che tolto avria non solamente
Ruggiero abbraccia la sua donna bella, viver cristiano per amor di questa,
che più; che rosa ne divien vermiglia; com'era stato il padre, e antiquamente
e poi di su la bocca i primi fiori l'avolo e tutta la sua stirpe onesta;
cogliendo vien dei suoi beati amori. ma, per farle piacere, immantinente
data le avria la vita che gli resta:
33 - Non che ne l'acqua (disse), ma nel fuoco
Tornaro ad iterar gli abbracciamenti per tuo amor porre il capo mi fia poco. -
mille fiate, ed a tenersi stretti
i duo felici amanti, e sì; contenti, 36
ch'a pena i gaudi lor capiano i petti. Per battezzarsi dunque, indi per sposa
Molto lor duol che per incantamenti, la donna aver, Ruggier si messe in via,
mentre che fur negli errabondi tetti, guidando Bradamante a Vallombrosa
tra lor non s'eran mai riconosciuti, (così; fu nominata una badia

397
ricca e bella, né; men religiosa, che di Marsilio re di Spagna è; figlia,
e cortese a chiunque vi venì;a); sotto un vel bianco e in feminil gonella,
e trovaro all'uscir de la foresta finta la voce e il volger de le ciglia,
donna che molto era nel viso mesta. egli ogni notte si giacea con quella,
senza darne sospetto alla famiglia:
37 ma sì; secreto alcuno esser non puote,
Ruggier, che sempre uman, sempre cortese ch'al lungo andar non sia chi 'l vegga e note.
era a ciascun, ma più; alle donne molto,
come le belle lacrime comprese 40
cader rigando il delicato volto, Se n'accorse uno, e ne parlò; con dui;
n'ebbe pietade, e di disir s'accese gli dui con altri, insin ch'al re fu detto.
di saper il suo affanno; ed a lei volto, Venne un fedel del re l'altr'ieri a nui,
dopo onesto saluto, domandolle che questi amanti fe' pigliar nel letto;
perch'avea sì; di pianto il viso molle. e ne la rocca gli ha fatto ambedui
divisamente chiudere in distretto:
38 né; credo per tutto oggi ch'abbia spazio
Ed ella, alzando i begli umidi rai, il gioven, che non mora in pena e in strazio.
umanissimamente gli rispose,
e la cagion de' suoi penosi guai, 41
poi che le domandò;, tutta gli espose. Fuggita me ne son per non vedere
- Gentil signor (disse ella), intenderai tal crudeltà;; che vivo l'arderanno:
che queste guance son sì; lacrimose né; cosa mi potrebbe più; dolere,
per la pietà; ch'a un giovinetto porto, che faccia di sì; bel giovine il danno;
ch'in un castel qui presso oggi fia morto. né; potrò; aver giamai tanto piacere,
che non si volga subito in affanno,
39 che de la crudel fiamma mi rimembri,
Amando una gentil giovane e bella, ch'abbia arsi i belli e delicati membri. -

398
tel promettian, pur che ci meni in fretta:
42 ma studia il passo più; che puoi, che tarda
Bradamante ode, e par ch'assai le prema non sia l'aita, e intanto il fuoco l'arda. -
questa novella, e molto il cor l'annoi;
né; par che men per quel dannato tema, 45
che se fosse uno dei fratelli suoi. L'alto parlare e la fiera sembianza
Né; certo la paura in tutto scema di quella coppia a maraviglia ardita,
era di causa, come io dirò; poi. ebbon di tornar forza la speranza
Si volse ella a Ruggiero, e disse: - Parme colà; dond'era già; tutta fuggita;
ch'in favor di costui sien le nostr'arme. - ma perch'ancor, più; che la lontananza,
temeva il ritrovar la via impedita,
43 e che saria per questo indarno presa,
E disse a quella mesta: - Io ti conforto stava la donna in sé; tutta sospesa.
che tu vegga di porci entro alle mura,
che se 'l giovine ancor non avran morto, 46
più; non l'uccideran, stanne sicura. - Poi disse lor: - Facendo noi la via
Ruggiero, avendo il cor benigno scorto che dritta e piana va fin a quel loco,
de la sua donna e la pietosa cura, credo ch'a tempo vi si giungeria,
sentì; tutto infiammarsi di desire che non sarebbe ancora acceso il fuoco:
di non lasciare il giovine morire. ma gir convien per così; torta e ria,
che 'l termine d'un giorno saria poco
44 a riuscirne; e quando vi saremo,
Ed alla donna, a cui dagli occhi cade che troviam morto il giovine mi temo. -
un rio di pianto, dice: - Or che s'aspetta?
Soccorrer qui, non lacrimare accade: 47
fa ch'ove è; questo tuo, pur tu ci metta. - E perché; non andian (disse Ruggiero)
Di mille lance trar, di mille spade per la più; corta? - E la donna rispose:

399
- Perché; un castel de' conti da Pontiero 50
tra via si trova, ove un costume pose, Il cavallier, perché; da lei beffato
non son tre giorni ancora, iniquo e fiero fu d'una vecchia che portava in groppa,
a cavallieri e a donne aventurose, giostrò; con Pinabel ch'era dotato
Pinabello, il peggior uomo che viva, di poca forza e di superbia troppa;
figliuol del conte Anselmo d'Altariva. ed abbattello, e lei smontar nel prato
fece, e provò; s'andava dritta o zoppa:
48 lasciolla a piede, e fe' de la gonella
Quindi né; cavallier né; donna passa, di lei vestir l'antiqua damigella.
che se ne vada senza ingiuria e danni:
l'uno e l'altro a piè; resta; ma vi lassa 51
il guerrier l'arme, e la donzella i panni. Quella ch'a piè; rimase, dispettosa,
Miglior cavallier lancia non abbassa, e di vendetta ingorda e sitibonda,
e non abbassò; in Francia già; molt'anni, congiunta a Pinabel che d'ogni cosa
di quattro che giurato hanno al castello dove sia da mal far, ben la seconda,
la legge mantener di Pinabello. né; giorno mai, né; notte mai riposa,
e dice che non fia mai più; gioconda,
49 se mille cavallieri e mille donne
Come l'usanza (che non è; più; antiqua non mette a piedi, e lor tolle arme e gonne.
di tre dì;) cominciò;, vi vo' narrare;
e sentirete se fu dritta o obliqua 52
cagion che i cavallier fece giurare. Giunsero il dì; medesmo, come accade,
Pinabello ha una donna così; iniqua, quattro gran cavallieri ad un suo loco,
così; bestial, ch'al mondo è; senza pare; li quai di rimotissime contrade
che con lui, non so dove, andando un giorno, venuti a queste parti eran di poco;
ritrovò; un cavallier che le fe' scorno. di tal valor, che non ha nostra etade
tant'altri buoni al bellicoso gioco:

400
Aquilante, Grifone e Sansonetto, che resti in sella, e getti lui nel suolo,
ed un Guidon Selvaggio giovinetto. sono ubligati gli altri infin a morte
pigliar l'impresa tutti in uno stuolo.
53 Vedi or, se ciascun d'essi è; così; buono,
Pinabel con sembiante assai cortese quel ch'esser de', se tutti insieme sono.
al castel ch'io v'ho detto gli raccolse.
La notte poi tutti nel letto prese, 56
e presi tenne; e prima non li sciolse, Poi non conviene all'importanza nostra
che li fece giurar ch'un anno e un mese che ne vieta ogni indugio, ogni dimora,
(questo fu a punto il termine che tolse) che punto vi fermiate a quella giostra;
stariano quivi, e spogliarebbon quanti e presuppongo che vinciate ancora,
vi capitasson cavallieri erranti; che vostra alta presenza lo dimostra,
ma non è; cosa da fare in un'ora;
54 ed è; gran dubbio che 'l giovine s'arda,
e le donzelle ch'avesson con loro se tutto oggi a soccorrerlo si tarda. -
porriano a piedi, e torrian lor le vesti.
Così; giurar, così; costretti foro 57
ad osservar, ben che turbati e mesti. Disse Ruggier: - Non riguardiamo a questo:
Non par che fin a qui contra costoro faccià;n nui quel che si può; far per nui;
alcun possa giostrar, ch'a piè; non resti: abbia chi regge il ciel cura del resto,
e capitati vi sono infiniti, o la Fortuna, se non tocca a lui.
ch'a piè; e senz'arme se ne son partiti. Ti fia per questa giostra manifesto,
se buoni siamo d'aiutar colui
55 che per cagion sì; debole e sì; lieve,
è; ordine tra lor, che chi per sorte come n'hai detto, oggi bruciar si deve. -
esce fuor prima, vada a correr solo:
ma se trova il nimico così; forte, 58

401
Senza risponder altro, la donzella la vita sol mai non ripara il danno. -
si messe per la via ch'era più; corta.
Più; di tre miglia non andar per quella, 61
che si trovaro al ponte ed alla porta - Non più; (disse Ruggier), non più;; ch'io sono
dove si perdon l'arme e la gonnella, del tutto informatissimo, e qui venni
e de la vita gran dubbio si porta. per far prova di me, se così; buono
Al primo apparir lor, di su la rocca in fatti son, come nel cor mi tenni.
è; chi duo botti la campana tocca. Arme, vesti e cavallo altrui non dono,
s'altro non sento che minacce e cenni;
59 e son ben certo ancor, che per parole
Ed ecco de la porta con gran fretta, il mio compagno le sue dar non vuole.
trottando s'un ronzino, un vecchio uscì;o;
e quel venì;a gridando: - Aspetta aspetta: 62
restate olà;, che qui si paga il fio: Ma, per Dio, fa ch'io vegga tosto in fronte
e se l'usanza non v'è; stata detta, quei che ne voglion torre arme e cavallo;
che qui si tiene, or ve la vo' dir io. - ch'abbiamo da passar anco quel monte,
E contar loro incominciò; di quello e qui non si può; far troppo intervallo. -
costume, che servar fa Pinabello. Rispose il vecchio: - Eccoti fuor del ponte
chi vien per farlo: - e non lo disse in fallo;
60 ch'un cavallier n'uscì;, che sopraveste
Poi seguitò;, volendo dar consigli, vermiglie avea, di bianchi fior conteste.
com'era usato agli altri cavallieri:
- Fate spogliar la donna (dicea), figli, 63
e voi l'arme lasciateci e i destrieri; Bradamante pregò; molto Ruggiero
e non vogliate mettervi a perigli che le lasciasse in cortesia l'assunto
d'andare incontra a tai quattro guerrieri. di gittar de la sella il cavalliero,
Per tutto vesti, arme e cavalli s'hanno: ch'avea di fiori il bel vestir trapunto;

402
ma non poté; impetrarlo, e fu mestiero fatto tagliar di su lor ceppi vivi
a lei far ciò; che Ruggier volse a punto. Sansonetto a una selva indi vicina,
Egli volse l'impresa tutta avere, e portatone duo per giostrar quivi.
e Bradamante si stesse a vedere. Aver scudo e corazza adamantina
bisogna ben, che le percosse schivi.
64 Aveane fatto dar, tosto che venne,
Ruggiero al vecchio domandò; chi fosse l'uno a Ruggier, l'altro per sé; ritenne.
questo primo ch'uscia fuor de la porta.
- è; Sansonetto (disse); che le rosse 67
veste conosco e i bianchi fior che porta. - Con questi, che passar dovean gl'incudi
L'uno di qua, l'altro di là; si mosse (sì; ben ferrate avean le punte estreme),
senza parlarsi, e fu l'indugia corta; di qua e di là; fermandoli agli scudi,
che s'andaro a trovar coi ferri bassi, a mezzo il corso si scontraro insieme.
molto affrettando i lor destrieri i passi. Quel di Ruggiero, che i demò;ni ignudi
fece sudar, poco del colpo teme:
65 de lo scudo vo' dir che fece Atlante,
In questo mezzo de la rocca usciti de le cui forze io v'ho già; detto inante.
eran con Pinabel molti pedoni,
presti per levar l'arme ed espediti 68
ai cavallier ch'uscian fuor degli arcioni. Io v'ho già; detto che con tanta forza
Veniansi incontra i cavallieri arditi, l'incantato splendor negli occhi fere,
fermando in su le reste i gran lancioni, ch'al discoprirsi ogni veduta ammorza,
grossi duo palmi, di nativo cerro, e tramortito l'uom fa rimanere:
che quasi erano uguali insino al ferro. perciò;, s'un gran bisogno non lo sforza,
d'un vel coperto lo solea tenere.
66 Si crede ch'anco impenetrabil fosse,
Di tali n'avea più; d'una decina poi ch'a questo incontrar nulla si mosse.

403
era il merito suo, vi lo condusse
69 su quel destrier medesimo ch'inante
L'altro, ch'ebbe l'artefice men dotto, tolto avea per inganno a Bradamante.
il gravissimo colpo non sofferse.
Come tocco da fulmine, di botto 72
diè; loco al ferro, e pel mezzo s'aperse; Fornito a punto era l'ottavo mese
diè; loco al ferro, e quel trovò; di sotto che, con lei ritrovandosi a camino,
il braccio ch'assai mal si ricoperse; (se 'l vi raccorda) questo Maganzese
sì; che ne fu ferito Sansonetto, la gittò; ne la tomba di Merlino,
e de la sella tratto al suo dispetto. quando da morte un ramo la difese,
che seco cadde, anzi il suo buon destino;
70 e trassene, credendo ne lo speco
E questo il primo fu di quei compagni ch'ella fosse sepolta, il destrier seco.
che quivi mantenean l'usanza fella,
che de le spoglie altrui non fe' guadagni, 73
e ch'alla giostra uscì; fuor de la sella. Bradamante conosce il suo cavallo,
Convien chi ride, anco talor si lagni, e conosce per lui l'iniquo conte;
e Fortuna talor trovi ribella. e poi ch'ode la voce, e vicino hallo
Quel da la rocca, replicando il botto, con maggiore attenzion mirato in fronte:
ne fece agli altri cavallieri motto. - Questo è; il traditor (disse), senza fallo,
che procacciò; di farmi oltraggio ed onte:
71 ecco il peccato suo, che l'ha condutto
S'era accostato Pinabello intanto ove avrà; de' suoi merti il premio tutto. -
a Bradamante, per saper chi fusse
colui che con prodezza e valor tanto 74
il cavallier del suo castel percusse. Il minacciare e il por mano alla spada
La giustizia di Dio, per dargli quanto fu tutto a un tempo, e lo aventarsi a quello;

404
ma inanzi tratto gli levò; la strada, 77
che non poté; fuggir verso il castello. La crudel meretrice ch'avea fatto
Tolta è; la speme ch'a salvar si vada, por quella iniqua usanza ed osservarla,
come volpe alla tana, Pinabello. il giuramento lor ricorda e il patto
Egli gridando e senza mai far testa, ch'essi fatti l'avean, di vendicarla.
fuggendo si cacciò; ne la foresta. - Se sol con questa lancia te gli abbatto,
perché; mi vò;i con altre accompagnarla?
75 (dicea Guidon Selvaggio): e s'io ne mento,
Pallido e sbigottito il miser sprona, levami il capo poi, ch'io son contento. -
che posto ha nel fuggir l'ultima speme.
L'animosa donzella di Dordona 78
gli ha il ferro ai fianchi, e lo percuote e preme: Così; dicea Grifon, così; Aquilante.
vien con lui sempre, e mai non l'abbandona. Giostrar da sol a sol volea ciascuno,
Grande è; il rumore, e il bosco intorno geme. e preso e morto rimanere inante
Nulla al castel di questo ancor s'intende, ch'incontra un sol volere andar più; d'uno.
però; ch'ognuno a Ruggier solo attende. La donna dicea loro: - A che far tante
parole qui senza profitto alcuno?
76 Per torre a colui l'arme io v'ho qui tratti,
Gli altri tre cavallier de la fortezza non per far nuove leggi e nuovi patti.
intanto erano usciti in su la via;
ed avean seco quella male avezza 79
che v'avea posta la costuma ria. Quando io v'avea in prigione, era da farme
A ciascun di lor tre, che 'l morir prezza queste escuse, e non ora, che son tarde.
più; ch'aver vita che con biasmo sia, Voi dovete il preso ordine servarme,
di vergogna arde il viso, e il cor di duolo, non vostre lingue far vane e bugiarde. -
che tanti ad assalir vadano un solo. Ruggier gridava lor: - Eccovi l'arme,
ecco il destrier c'ha nuovo e sella e barde;

405
i panni de la donna eccovi ancora: si trasse a più; lodevole costume;
se li volete, a che più; far dimora? - la terza, quando i denti mal satolli
lasciò; de l'orca alle marine spume,
80 che dovean devorar la bella nuda
La donna del castel da un lato preme, che fu a chi la campò; poi così; cruda.
Ruggier da l'altro li chiama e rampogna,
tanto ch'a forza si spiccaro insieme, 83
ma nel viso infiammati di vergogna. Fuor che queste tre volte, tutto 'l resto
Dinanzi apparve l'uno e l'altro seme lo tenea sotto un velo in modo ascoso,
del marchese onorato di Borgogna; ch'a discoprirlo esser potea ben presto,
ma Guidon, che più; grave ebbe il cavallo, che del suo aiuto fosse bisognoso.
venì;a lor dietro con poco intervallo. Quivi alla giostra ne venì;a con questo,
come io v'ho detto ancora, sì; animoso,
81 che quei tre cavallier che vedea inanti,
Con la medesima asta con che avea manco temea che pargoletti infanti.
Sansonetto abbattuto, Ruggier viene,
coperto da lo scudo che solea 84
Atlante aver sui monti di Pirene: Ruggier scontra Grifone, ove la penna
dico quello incantato, che splendea de lo scudo alla vista si congiunge.
tanto, ch'umana vista nol sostiene; Quel di cader da ciascun lato accenna,
a cui Ruggier per l'ultimo soccorso ed al fin cade, e resta al destrier lunge.
nei più; gravi perigli avea ricorso. Mette allo scudo a lui Grifon l'antenna;
ma pel traverso e non pel dritto giunge:
82 e perché; lo trovò; forbito e netto,
Ben che sol tre fiate bisognolli, l'andò; strisciando, e fe' contrario effetto.
e certo in gran perigli, usarne il lume:
le prime due, quando dai regni molli 85

406
Roppe il velo e squarciò;, che gli copria chiuder la luce di quel caso rea.
lo spaventoso ed incantato lampo,
al cui splendor cader si convenia 88
con gli occhi ciechi, e non vi s'ha alcun scampo. Presto si volge, e nel voltar, cercando
Aquilante, ch'a par seco venì;a, con gli occhi va l'amata sua guerriera;
stracciò; l'avanzo, e fe' lo scudo vampo. e vien là; dove era rimasa, quando
Lo splendor ferì; gli occhi ai duo fratelli la prima giostra cominciata s'era.
ed a Guidon, che correa dopo quelli. Pensa ch'andata sia (non la trovando)
a vietar che quel giovine non pera,
86 per dubbio ch'ella ha forse che non s'arda
Chi di qua, chi di là; cade per terra: in questo mezzo ch'a giostrar si tarda.
lo scudo non pur lor gli occhi abbarbaglia,
ma fa che ogn'altro senso attonito erra. 89
Ruggier, che non sa il fin de la battaglia, Fra gli altri che giacean vede la donna,
volta il cavallo; e nel voltare afferra la donna che l'avea quivi guidato.
la spada sua che sì; ben punge e taglia: Dinanzi se la pon, sì; come assonna,
e nessun vede che gli sia all'incontro, e via cavalca tutto conturbato.
che tutti eran caduti a quello scontro. D'un manto ch'essa avea sopra la gonna,
poi ricoperse lo scudo incantato;
87 e i sensi riaver le fece, tosto
I cavallieri e insieme quei ch'a piede che 'l nocivo splendore ebbe nascosto.
erano usciti, e così; le donne anco,
e non meno i destrieri in guisa vede, 90
che par che per morir battano il fianco. Via se ne va Ruggier con faccia rossa
Prima si maraviglia, e poi s'avvede che, per vergogna, di levar non osa:
che 'l velo ne pendea dal lato manco: gli par ch'ognuno improverar gli possa
dico il velo di seta, in che solea quella vittoria poco gloriosa.

407
- Ch'emenda poss'io fare, onde rimossa grieve è; lo scudo, e quella pietra grieve.
mi sia una colpa tanto obbrobriosa? Non si fermò; fin che nel fondo giacque:
che ciò; ch'io vinsi mai, fu per favore, sopra si chiuse il liquor molle e lieve.
diran, d'incanti, e non per mio valore. - Il nobil atto e di splendor non tacque
la vaga Fama, e divulgollo in breve;
91 e di rumor n'empì;, suonando il corno,
Mentre così; pensando seco giva, e Francia e Spagna e le province intorno.
venne in quel che cercava a dar di cozzo;
che 'n mezzo de la strada soprarriva 94
dove profondo era cavato un pozzo. Poi che di voce in voce si fe' questa
Quivi l'armento alla calda ora estiva strana aventura in tutto il mondo nota,
si ritraea, poi ch'avea pieno il gozzo. molti guerrier si missero all'inchiesta
Disse Ruggiero: - Or proveder bisogna, e di parte vicina e di remota:
che non mi facci, o scudo, più; vergogna. ma non sapean qual fosse la foresta
dove nel pozzo il sacro scudo nuota;
92 che la donna che fe' l'atto palese,
Più; non starai tu meco; e questo sia dir mai non volse il pozzo né; il paese.
l'ultimo biasmo c'ho d'averne al mondo. -
Così; dicendo, smonta ne la via: 95
piglia una grossa pietra e di gran pondo, Al partir che Ruggier fe' dal castello,
e la lega allo scudo, ed ambi invia dove avea vinto con poca battaglia;
per l'alto pozzo a ritrovarne il fondo; che i quattro gran campion di Pinabello
e dice: - Costà; giù; statti sepulto, fece restar come uomini di paglia;
e teco stia sempre il mio obbrobrio occulto. - tolto lo scudo, avea levato quello
lume che gli occhi e gli animi abbarbaglia:
93 e quei che giaciuti eran come morti,
Il pozzo è; cavo, e pieno al sommo d'acque: pieni di meraviglia eran risorti.

408
che via trovasse onde a Ruggier si vada.
96 Questo altro canto ad ascoltare aspetto
Né; per tutto quel giorno si favella chi de l'istoria mia prende diletto.
altro fra lor, che de lo strano caso,
e come fu che ciascun d'essi a quella
orribil luce vinto era rimaso. CANTO VENTITREESIMO
Mentre parlan di questo, la novella
vien lor di Pinabel giunto all'occaso:
che Pinabello è; morto hanno l'aviso, 1
ma non sanno però; chi l'abbia ucciso. Studisi ognun giovare altrui; che rade
volte il ben far senza il suo premio fia:
97 e se pur senza, almen non te ne accade
L'ardita Bradamante in questo mezzo morte né; danno né; ignominia ria.
giunto avea Pinabello a un passo stretto; Chi nuoce altrui, tardi o per tempo cade
e cento volte gli avea fin a mezzo il debito a scontar, che non s'oblia.
messo il brando pei fianchi e per lo petto. Dice il proverbio, ch'a trovar si vanno
Tolto ch'ebbe dal mondo il puzzo e 'l lezzo gli uomini spesso, e i monti fermi stanno.
che tutto intorno avea il paese infetto,
le spalle al bosco testimonio volse 2
con quel destrier che già; il fellon le tolse. Or vedi quel ch'a Pinabello avviene
per essersi portato iniquamente:
98 è; giunto in somma alle dovute pene,
Volse tornar dove lasciato avea dovute e giuste alla sua ingiusta mente.
Ruggier; né; seppe mai trovar la strada. E Dio, che le più; volte non sostiene
Or per valle or per monte s'avvolgea: veder patire a torto uno innocente,
tutta quasi cercò; quella contrada. salvò; la donna; e salverà; ciascuno
Non volse mai la sua fortuna rea, che d'ogni fellonia viva digiuno.

409
che la portò; dov'era spesso e forte,
3 dove più; strano e più; solingo il bosco,
Credette Pinabel questa donzella lasciando il sol già; il mondo all'aer fosco.
già; d'aver morta, e colà; giù; sepulta;
né; la pensava mai veder, non ch'ella 6
gli avesse a tor degli error suoi la multa. Né; sappiendo ella ove potersi altrove
Né; il ritrovarsi in mezzo le castella la notte riparar, si fermò; quivi
del padre, in alcun util gli risulta. sotto le frasche in su l'erbette nuove,
Quivi Altaripa era tra monti fieri parte dormendo, fin che 'l giorno arrivi,
vicina al tenitorio di Pontieri. parte mirando ora Saturno or Giove,
Venere e Marte e gli altri erranti divi;
4 ma sempre, o vegli o dorma, con la mente
Tenea quell'Altaripa il vecchio conte contemplando Ruggier come presente.
Anselmo, di ch'uscì; questo malvagio,
che, per fuggir la man di Chiaramonte, 7
d'amici e di soccorso ebbe disagio. Spesso di cor profondo ella sospira,
La donna al traditore a piè; d'un monte di pentimento e di dolor compunta,
tolse l'indegna vita a suo grande agio; ch'abbia in lei, più; ch'amor, potuto l'ira.
che d'altro aiuto quel non si provede, - L'ira (dicea) m'ha dal mio amor disgiunta:
che d'alti gridi e di chiamar mercede. almen ci avessi io posta alcuna mira,
poi ch'avea pur la mala impresa assunta,
5 di saper ritornar donde io veniva;
Morto ch'ella ebbe il falso cavalliero che ben fui d'occhi e di memoria priva. -
che lei voluto avea già; porre a morte,
volse tornare ove lasciò; Ruggiero; 8
ma non lo consentì; sua dura sorte, Queste ed altre parole ella non tacque,
che la fe' traviar per un sentiero e molto più; ne ragionò; col core.

410
Il vento intanto di sospiri, e l'acque 11
di pianto facean pioggia di dolore. Non potea Astolfo ritrovar persona
Dopo una lunga aspettazion pur nacque a chi il suo Rabican meglio lasciasse,
in oriente il disiato albore: perché; dovesse averne guardia buona
ed ella prese il suo destrier ch'intorno e renderglielo poi come tornasse,
giva pascendo, ed andò; contra il giorno. de la figlia del duca di Dordona;
e parvegli che Dio gli la mandasse.
9 Vederla volentier sempre solea,
Né; molto andò;, che si trovò; all'uscita ma pel bisogno or più; ch'egli n'avea.
del bosco, ove pur dianzi era il palagio,
là; dove molti dì; l'avea schernita 12
con tanto error l'incantator malvagio. Da poi che due o tre volte ritornati
Ritrovò; quivi Astolfo, che fornita fraternamente ad abbracciar si foro,
la briglia all'ippogrifo avea a grande agio, e si for l'uno a l'altro domandati
e stava in gran pensier di Rabicano, con molta affezion de l'esser loro,
per non sapere a chi lasciarlo in mano. Astolfo disse: - Ormai, se dei pennati
vo' 'l paese cercar, troppo dimoro: -
10 ed aprendo alla donna il suo pensiero,
A caso si trovò; che fuor di testa veder le fece il volator destriero.
l'elmo allor s'avea tratto il paladino;
sì; che tosto ch'uscì; de la foresta, 13
Bradamante conobbe il suo cugino. A lei non fu di molta maraviglia
Di lontan salutollo, e con gran festa veder spiegare a quel destrier le penne;
gli corse, e l'abbracciò; poi più; vicino; ch'altra volta, reggendogli la briglia
e nominossi, ed alzò; la visiera, Atlante incantator, contra le venne;
e chiaramente fe' veder ch'ell'era. e le fece doler gli occhi e le ciglia:
sì; fisse dietro a quel volar le tenne

411
quel giorno, che da lei Ruggier lontano ogni vista ne perde in un momento.
portato fu per camin lungo e strano. Così; si parte col pilota inante
il nochier che gli scogli teme e 'l vento;
14 e poi che 'l porto e i liti a dietro lassa,
Astolfo disse a lei, che le volea spiega ogni vela e inanzi ai venti passa.
dar Rabican, che sì; nel corso affretta,
che, se scoccando l'arco si movea, 17
si solea lasciar dietro la saetta; La donna, poi che fu partito il duca,
e tutte l'arme ancor, quante n'avea, rimase in gran travaglio de la mente;
che vuol che a Montalban gli le rimetta, che non sa come a Montalban conduca
e gli le serbi fin al suo ritorno; l'armatura e il destrier del suo parente;
che non gli fanno or di bisogno intorno. però; che 'l cuor le cuoce e le manuca
l'ingorda voglia e il desiderio ardente
15 di riveder Ruggier, che, se non prima,
Volendosene andar per l'aria a volo, a Vallombrosa ritrovar lo stima.
aveasi a far quanto potea più; lieve.
Tiensi la spada e 'l corno, ancor che solo 18
bastargli il corno ad ogni risco deve. Stando quivi suspesa, per ventura
Bradamante la lancia che 'l figliuolo si vede inanzi giungere un villano,
portò; di Galafrone, anco riceve; dal qual fa rassettar quella armatura,
la lancia che di quanti ne percuote come si puote, e por su Rabicano;
fa le selle restar subito vote. poi di menarsi dietro gli diè; cura
i duo cavalli, un carco e l'altro a mano:
16 ella n'avea duo prima; ch'avea quello
Salito Astolfo sul destrier volante, sopra il qual levò; l'altro a Pinabello.
lo fa mover per l'aria lento lento;
indi lo caccia sì;, che Bradamante 19

412
Di Vallombrosa pensò; far la strada, di quel ch'era ordinato a Vallombrosa.
che trovar quivi il suo Ruggier ha speme;
ma qual più; breve o qual miglior vi vada, 22
poco discerne, e d'ire errando teme. Stette alquanto a pensar; poi si risolse
Il villan non avea de la contrada di voler dar a Montalban le spalle:
pratica molta; ed erreranno insieme. e verso la badia pur si rivolse,
Pur andare a ventura ella si messe, che quindi ben sapea qual era il calle.
dove pensò; che 'l loco esser dovesse. Ma sua fortuna, o buona o trista, volse
che prima ch'ella uscisse de la valle,
20 scontrasse Alardo, un de' fratelli sui;
Di qua di là; si volse, né; persona né; tempo di celarsi ebbe da lui.
incontrò; mai da domandar la via.
Si trovò; uscir del bosco in su la nona 23
dove un castel poco lontan scoprì;a, Veniva da partir gli alloggiamenti
il qual la cima a un monticel corona. per quel contado a cavallieri e a fanti;
Lo mira, e Montalban le par che sia: ch'ad istanza di Carlo nuove genti
ed era certo Montalbano; e in quello fatto avea de le terre circostanti.
avea la matre ed alcun suo fratello. I saluti e i fraterni abbracciamenti
con le grate accoglienze andaro inanti;
21 e poi, di molte cose a paro a paro
Come la donna conosciuto ha il loco, tra lor parlando, in Montalban tornaro.
nel cor s'attrista, e più; ch'i' non so dire:
sarà; scoperta, se si ferma un poco, 24
né; più; le sarà; lecito a partire; Entrò; la bella donna in Montalbano,
se non si parte, l'amoroso foco dove l'avea con lacrimosa guancia
l'arderà; sì;, che la farà; morire: Beatrice molto desiata invano,
non vedrà; più; Ruggier, né; farà; cosa e fattone cercar per tutta Francia.

413
Or quivi i baci e il giunger mano a mano su l'ippogrifo, e verso il ciel levosse,
di matre e di fratelli estimò; ciancia lasciò; Frontino, e Bradamante il prese
verso gli avuti con Ruggier complessi, (Frontino, che 'l destrier così; nomosse);
ch'avrà; ne l'alma eternamente impressi. mandollo a Montalbano, e a buone spese
tener lo fece, e mai non cavalcosse,
25 se non per breve spazio e a picciol passo;
Non potendo ella andar, fece pensiero sì; ch'era più; che mai lucido e grasso.
ch'a Vallombrosa altri in suo nome andasse
immantinente ad avisar Ruggiero 28
de la cagion ch'andar lei non lasciasse; Ogni sua donna tosto, ogni donzella
e lui pregar (s'era pregar mestiero) pon seco in opra, e con suttil lavoro
che quivi per suo amor si battezzasse, fa sopra seta candida e morella
e poi venisse a far quanto era detto, tesser ricamo di finissimo oro;
sì; che si desse al matrimonio effetto. e di quel cuopre ed orna briglia e sella
del buon destrier: poi sceglie una di loro
26 figlia di Callitrefia sua nutrice,
Pel medesimo messo fe' disegno d'ogni secreto suo fida uditrice.
di mandar a Ruggiero il suo cavallo,
che gli solea tanto esser caro: e degno 29
d'essergli caro era ben senza fallo; Quanto Ruggier l'era nel core impresso,
che non s'avria trovato in tutto 'l regno mille volte narrato avea a costei;
dei Saracin, né; sotto il signor Gallo, la beltà;, la virtude, i modi d'esso
più; bel destrier di questo o più; gagliardo, esaltato l'avea fin sopra i dei.
eccetti Brigliador, soli, e Baiardo. A sé; chiamolla, e disse: - Miglior messo
a tal bisogno elegger non potrei;
27 che di te né; più; fido né; più; saggio
Ruggier, quel dì; che troppo audace ascese imbasciator, Ippalca mia, non aggio. -

414
cavalcò; de le miglia più; di diece;
30 che non fu a darle noia chi venisse,
Ippalca la donzella era nomata. né; a domandarla pur dove ne gisse.
- Va, - le dice, e l'insegna ove de' gire;
e pienamente poi l'ebbe informata 33
di quanto avesse al suo signore a dire; A mezzo il giorno, nel calar d'un monte,
e far la scusa se non era andata in una stretta e malagevol via
al monaster: che non fu per mentire; si venne ad incontrar con Rodomonte,
ma che Fortuna, che di noi potea ch'armato un piccol nano e a piè; seguia.
più; che noi stessi, da imputar s'avea. Il Moro alzò; vêr lei 1'altiera fronte,
e bestemmiò; l'eterna Ierarchia,
31 poi che sì; bel destrier, sì; bene ornato,
Montar la fece s'un ronzino, e in mano non avea in man d'un cavallier trovato.
la ricca briglia di Frontin le messe:
e se sì; pazzo alcuno o sì; villano 34
trovasse, che levar le lo volesse; Avea giurato che 'l primo cavallo
per fargli a una parola il cervel sano, torria per forza, che tra via incontrasse.
di chi fosse il destrier sol gli dicesse; Or questo è; stato il primo; e trovato hallo
che non sapea sì; ardito cavalliero, più; bello e più; per lui, che mai trovasse:
che non tremasse al nome di Ruggiero. ma torlo a una donzella gli par fallo;
e pur agogna averlo, e in dubbio stasse.
32 Lo mira, lo contempla, e dice spesso:
Di molte cose l'ammonisce e molte, - Deh perché; il suo signor non è; con esso! -
che trattar con Ruggier abbia in sua vece;
le qual poi ch'ebbe Ippalca ben raccolte, 35
si pose in via, né; più; dimora fece. - Deh ci fosse egli! (gli rispose Ippalca)
Per strade e campi e selve oscure e folte che ti faria cangiar forse pensiero.

415
Assai più; di te val chi lo cavalca, 38
né; lo pareggia al mondo altro guerriero. - Per quella via dove lo guida il nano
- Chi è; (le disse il Moro) che sì; calca per trovar Mandricardo e Doralice,
l'onore altrui? - Rispose ella: - Ruggiero. - gli viene Ippalca dietro di lontano,
E quel suggiunse: - Adunque il destrier voglio, e lo bestemmia sempre e maledice.
poi ch'a Ruggier, sì; gran campion, lo toglio. Ciò; che di questo avvenne, altrove è; piano.
Turpin, che tutta questa istoria dice,
36 fa qui digresso, e torna in quel paese
Il qual, se sarà; ver, come tu parli, dove fu dianzi morto il Maganzese.
che sia sì; forte, e più; d'ogn'altro vaglia,
non che il destrier, ma la vettura darli 39
converrammi, e in suo albitrio fia la taglia. Dato avea a pena a quel loco le spalle
Che Rodomonte io sono, hai da narrarli, la figliuola d'Amon, ch'in fretta gì;a,
e che, se pur vorrà; meco battaglia, che v'arrivò; Zerbin per altro calle
mi troverà;; ch'ovunque io vada o stia, con la fallace vecchia in compagnia:
mi fa sempre apparir la luce mia. e giacer vide il corpo ne la valle
del cavallier, che non sa già; chi sia;
37 ma, come quel ch'era cortese e pio,
Dovunque io vo, sì; gran vestigio resta, ebbe pietà; del caso acerbo e rio.
che non lo lascia il fulmine maggiore. -
Così; dicendo, avea tornate in testa 40
le redine dorate al corridore: Giaceva Pinabello in terra spento,
sopra gli salta; e lacrimosa e mesta versando il sangue per tante ferite,
rimane Ippalca, e spinta dal dolore ch'esser doveano assai, se più; di cento
minaccia Rodomonte e gli dice onta: spade in sua morte si fossero unite.
non l'ascolta egli, e su pel poggio monta. Il cavallier di Scozia non fu lento
per l'orme che di fresco eran scolpite

416
a porsi in avventura, se potea in molti rami ch'ivano alti e bassi:
saper chi l'omicidio fatto avea. e poco ormai del giorno rimanea,
né; volea al buio star fra quelli sassi;
41 e per trovare albergo diè; le spalle
Ed a Gabrina dice che l'aspette; con l'empia vecchia alla funesta valle.
che senza indugio a lei farà; ritorno.
Ella presso al cadavero si mette, 44
e fissamente vi pon gli occhi intorno; Quindi presso a dua miglia ritrovaro
perché;, se cosa v'ha che le dilette, un gran castel che fu detto Altariva,
non vuol ch'un morto invan più; ne sia adorno, dove per star la notte si fermaro,
come colei che fu, tra l'altre note, che già; a gran volo inverso il ciel saliva.
quanto avara esser più; femina puote. Non vi ster molto, ch'un lamento amaro
l'orecchie d'ogni parte lor feriva;
42 e veggon lacrimar da tutti gli occhi,
Se di portarne il furto ascosamente come la cosa a tutto il popul tocchi.
avesse avuto modo o alcuna speme,
la sopravesta fatta riccamente 45
gli avrebbe tolta, e le bell'arme insieme. Zerbino dimandonne, e gli fu detto
Ma quel che può; celarsi agevolmente, che venut'era al cont'Anselmo aviso,
si piglia, e 'l resto fin al cor le preme. che fra duo monti in un sentiero istretto
Fra l'altre spoglie un bel cinto levonne, giacea il suo figlio Pinabello ucciso.
e se ne legò; i fianchi infra due gonne. Zerbin, per non ne dar di sé; sospetto,
di ciò; si finge nuovo, e abbassa il viso;
43 ma pensa ben, che senza dubbio sia
Poco dopo arrivò; Zerbin, ch'avea quel ch'egli trovò; morto in su la via.
seguito invan di Bradamante i passi,
perché; trovò; il sentier che si torcea 46

417
Dopo non molto la bara funè;bre d'umanitade in uman corpo viva;
giunse, a splendor di torchi e di facelle,
là; dove fece le strida più; crebre 49
con un batter di man gire alle stelle, o fosse pur per guadagnarsi il premio:
e con più; vena fuor de le palpè;bre a ritrovar n'andò; quel signor mesto;
le lacrime inundar per le mascelle: e dopo un verisimil suo proemio,
ma più; de l'altre nubilose ed atre gli disse che Zerbin fatto avea questo:
era la faccia del misero patre. e quel bel cinto si levò; di gremio,
che 'l miser padre a riconoscer presto,
47 appresso il testimonio e tristo uffizio
Mentre apparecchio si facea solenne de l'empia vecchia, ebbe per chiaro indizio.
di grandi esequie e di funè;bri pompe,
secondo il modo ed ordine che tenne 50
l'usanza antiqua e ch'ogni età; corrompe; E lacrimando al ciel leva le mani,
da parte del signore un bando venne, che 'l figliuol non sarà; senza vendetta.
che tosto il popular strepito rompe, Fa circundar l'albergo ai terrazzani;
e promette gran premio a chi dia aviso che tutto 'l popul s'è; levato in fretta.
chi stato sia che gli abbia il figlio ucciso. Zerbin che gli nimici aver lontani
si crede, e questa ingiuria non aspetta,
48 dal conte Anselmo, che si chiama offeso
Di voce in voce e d'una in altra orecchia tanto da lui, nel primo sonno è; preso;
il grido e 'l bando per la terra scorse,
fin che l'udì; la scelerata vecchia 51
che di rabbia avanzò; le tigri e l'orse; e quella notte in tenebrosa parte
e quindi alla ruina s'apparecchia incatenato, e in gravi ceppi messo.
di Zerbino, o per l'odio che gli ha forse, Il sole ancor non ha le luci sparte,
o per vantarsi pur, che sola priva che l'ingiusto supplicio è; già; commesso;

418
che nel loco medesimo si squarte, che ritrovò; ne la selvaggia grotta,
dove fu il mal c'hanno imputato ad esso. del re galego la figlia lssabella,
Altra esamina in ciò; non si facea: in poter già; de' malandrin condotta,
bastava che 'l signor così; credea. poi che lasciato avea ne la procella
del truculento mar la nave rotta:
52 quella che più; vicino al core avea
Poi che l'altro matin la bella Aurora questo Zerbin, che l'alma onde vivea.
l'aer seren fe' bianco e rosso e giallo,
tutto 'l popul gridando: - Mora, mora, - 55
vien per punir Zerbin del non suo fallo. Orlando se l'avea fatta compagna,
Lo sciocco vulgo l'accompagna fuora, poi che de la caverna la riscosse.
senz'ordine, chi a piede e chi a cavallo, Quando costei li vide alla campagna,
e 'l cavallier di Scozia a capo chino domandò; Orlando, chi la turba fosse.
ne vien legato in s'un piccol ronzino. - Non so, - diss'egli; e poi su la montagna
lasciolla, e verso il pian ratto si mosse.
53 Guardò; Zerbino, ed alla vista prima
Ma Dio, che spesso gl'innocenti aiuta, lo giudicò; baron di molta stima.
né; lascia mai ch'in sua bontà; si fida,
tal difesa gli avea già; proveduta, 56
che non v'è; dubbio più; ch'oggi s'uccida. E fattosegli appresso, domandollo
Quivi Orlando arrivò;, la cui venuta per che cagione e dove il menin preso.
alla via del suo scampo gli fu guida. Levò; il dolente cavalliero il collo,
Orlando giù; nel pian vide la gente e meglio avendo il paladino inteso,
che trae a morte il cavallier dolente. rispose il vero; e così; ben narrollo,
che meritò; dal conte esser difeso.
54 Bene avea il conte alle parole scorto
Era con lui quella fanciulla, quella ch'era innocente, e che moriva a torto.

419
l'elmo non passò; già;, perch'era fino;
57 ma tanto fu de la percossa il crollo,
E poi che 'ntese che commesso questo che la vita gli tolse e roppe il collo.
era dal conte Anselmo d'Altariva,
fu certo ch'era torto manifesto; 60
ch'altro da quel fellon mai non deriva. Tutto in un corso, senza tor di resta
Ed oltre a ciò;, l'uno era all'altro infesto la lancia, passò; un altro in mezzo 'l petto:
per l'antiquissimo odio che bolliva quivi lasciolla, e la mano ebbe presta
tra il sangue di Maganza e di Chiarmonte; a Durindana; e nel drappel più; stretto
e tra lor eran morti e danni ed onte. a chi fece due parti de la testa,
a chi levò; dal busto il capo netto;
58 forò; la gola a molti; e in un momento
- Slegate il cavallier (gridò;), canaglia, n'uccise e messe in rotta più; di cento.
(il conte a' masnadieri), o ch'io v'uccido. -
- Chi è; costui che sì; gran colpi taglia? 61
(rispose un che parer volle il più; fido). Più; del terzo n'ha morto, e 'l resto caccia
Se di cera noi fussimo o di paglia, e taglia e fende e fiere e fora e tronca.
e di fuoco egli, assai fôra quel grido. - Chi lo scudo, e chi l'elmo che lo 'mpaccia,
E venne contra il paladin di Francia: e chi lascia lo spiedo e chi la ronca;
Orlando contra lui chinò; la lancia. chi al lungo, chi al traverso il camin spaccia;
altri s'appiatta in bosco, altri in spelonca.
59 Orlando, di pietà; questo dì; privo,
La lucente armatura il Maganzese, a suo poter non vuol lasciarne un vivo.
che levata la notte avea a Zerbino,
e postasela indosso, non difese 62
contro l'aspro incontrar del paladino. Di cento venti (che Turpin sottrasse
Sopra la destra guancia il ferro prese: il conto), ottanta ne periro almeno.

420
Orlando finalmente si ritrasse 65
dove a Zerbin tremava il cor nel seno. Di non tosto abbracciarla lo ritiene
S'al ritornar d'Orlando s'allegrasse, la riverenza del signor d'Anglante;
non si potria contare in versi a pieno. perché; si pensa, e senza dubbio tiene
Se gli saria per onorar prostrato; ch'Orlando sia de la donzella amante.
ma si trovò; sopra il ronzin legato. Così; cadendo va di pene in pene,
e poco dura il gaudio ch'ebbe inante:
63 il vederla d'altrui peggio sopporta,
Mentre ch'Orlando, poi che lo disciolse, che non fe' quando udì; ch'ella era morta.
l'aiutava a ripor l'arme sue intorno,
ch'al capitan de la sbirraglia tolse, 66
che per suo mal se n'era fatto adorno; E molto più; gli duol che sia in podesta
Zerbino gli occhi ad Issabella volse, del cavalliero a cui cotanto debbe;
che sopra il colle avea fatto soggiorno, perché; volerla a lui levar né; onesta
e poi che de la pugna vide il fine, né; forse impresa facile sarebbe.
portò; le sue bellezze più; vicine. Nessuno altro da sé; lassar con questa
preda partir senza romor vorrebbe:
64 ma verso il conte il suo debito chiede
Quando apparir Zerbin si vide appresso che se lo lasci por sul collo il piede.
la donna che da lui fu amata tanto,
la bella donna che per falso messo 67
credea sommersa, e n'ha più; volte pianto; Giunsero taciturni ad una fonte,
com'un ghiaccio nel petto gli sia messo, dove smontaro e fer qualche dimora.
sente dentro aggelarsi, e triema alquanto: Trassesi l'elmo il travagliato conte,
ma tosto il freddo manca, ed in quel loco ed a Zerbin lo fece trarre ancora.
tutto s'avampa d'amoroso fuoco. Vede la donna il suo amatore in fronte,
e di subito gaudio si scolora;

421
poi torna come fiore umido suole dagli arbori di frondi oscuri e neri.
dopo gran pioggia all'apparir del sole. Presti alle teste lor, ch'eran scoperte,
posero gli elmi, e presero i destrieri:
68 ed ecco un cavalliero e una donzella
E senza indugio e senza altro rispetto lor sopravien, ch'a pena erano in sella.
corre al suo caro amante, e il collo abbraccia;
e non può; trar parola fuor del petto, 71
ma di lacrime il sen bagna e la faccia. Era questo guerrier quel Mandricardo
Orlando attento all'amoroso affetto, che dietro Orlando in fretta si condusse
senza che più; chiarezza se gli faccia, per vendicar Alzirdo e Manilardo,
vide a tutti gl'indizi manifesto che 'l paladin con gran valor percusse:
ch'altri esser, che Zerbin, non potea questo. quantunque poi lo seguitò; più; tardo;
che Doralice in suo poter ridusse,
69 la quale avea con un troncon di cerro
Come la voce aver poté; Issabella, tolta a cento guerrier carchi di ferro.
non bene asciutta ancor l'umida guancia,
sol de la molta cortesia favella, 72
che l'avea usata il paladin di Francia. Non sapea il Saracin però;, che questo,
Zerbino, che tenea questa donzella ch'egli seguia, fosse il signor d'Anglante:
con la sua vita pare a una bilancia, ben n'avea indizio e segno manifesto
si getta a' piè; del conte, e quello adora ch'esser dovea gran cavalliero errante.
come a chi gli ha due vite date a un'ora. A lui mirò; più; ch'a Zerbino, e presto
gli andò; con gli occhi dal capo alle piante;
70 e i dati contrasegni ritrovando,
Molti ringraziamenti e molte offerte disse: - Tu se' colui ch'io vo cercando.
erano per seguir tra i cavallieri,
se non udian sonar le vie coperte 73

422
Sono omai dieci giorni (gli soggiunse) acciò; ch'a punto il tuo desire adempie.
che di cercar non lascio i tuo' vestigi:
tanto la fama stimolommi e punse, 76
che di te venne al campo di Parigi, Ma poi che ben m'avrai veduto in faccia,
quando a fatica un vivo sol vi giunse all'altro desiderio ancora attendi:
di mille che mandasti ai regni stigi; resta ch'alla cagion tu satisfaccia,
e la strage contò;, che da te venne che fa che dietro questa via mi prendi;
sopra i Norizi e quei di Tremisenne. che veggi se 'l valor mio si confaccia
a quel sembiante fier che sì; commendi. -
74 - Orsù; (disse il pagano), al rimanente;
Non fui, come lo seppi, a seguir lento, ch'al primo ho satisfatto interamente. -
e per vederti e per provarti appresso:
e perché; m'informai del guernimento 77
c'hai sopra l'arme, io so che tu sei desso; Il conte tuttavia dal capo al piede
e se non l'avessi anco, e che fra cento va cercando il pagan tutto con gli occhi:
per celarti da me ti fossi messo, mira ambi i fianchi, indi l'arcion; né; vede
il tuo fiero sembiante mi faria pender né; qua né; là; mazze né; stocchi.
chiaramente veder che tu quel sia. - Gli domanda di ch'arme si provede,
s'avvien che con la lancia in fallo tocchi.
75 Rispose quel: - Non ne pigliar tu cura:
- Non si può; (gli rispose Orlando) dire così; a molt'altri ho ancor fatto paura.
che cavallier non sii d'alto valore;
però; che sì; magnanimo desire 78
non mi credo albergasse in umil core. Ho sacramento di non cinger spada,
Se 'l volermi veder ti fa venire, fin ch'io non tolgo Durindana al conte;
vo' che mi veggi dentro, come fuore: e cercando lo vo per ogni strada,
mi leverò; questo elmo da le tempie, acciò; più; d'una posta meco sconte.

423
Lo giurai (se d'intenderlo t'aggrada) tra noi per gentilezza si contenda:
quando mi posi quest'elmo alla fronte, né; voglio in questa pugna ch'ella sia
il qual con tutte l'altr'arme ch'io porto, più; tua che mia; ma a un arbore s'appenda.
era d'Ettò;r, che già; mill'anni è; morto. Levala tu liberamente via,
s'avvien che tu m'uccida o che mi prenda. -
79 Così; dicendo, Durindana prese,
La spada sola manca alle buone arme: e 'n mezzo il campo a un arbuscel l'appese.
come rubata fu, non ti so dire.
Or che la porti il paladino, parme; 82
e di qui vien ch'egli ha sì; grande ardire. Già; l'un da l'altro è; dipartito lunge,
Ben penso, se con lui posso accozzarme, quanto sarebbe un mezzo tratto d'arco:
fargli il mal tolto ormai ristituire. già; l'uno contra l'altro il destrier punge,
Cercolo ancor, che vendicar disio né; de le lente redine gli è; parco:
il famoso Agrican genitor mio. già; l'uno e l'altro di gran colpo aggiunge
dove per l'elmo la veduta ha varco.
80 Parveno l'aste, al rompersi, di gielo;
Orlando a tradimento gli diè; morte: e in mille schegge andar volando al cielo.
ben so che non potea farlo altrimente. -
Il conte più; non tacque, e gridò; forte: 83
- E tu e qualunque il dice, se ne mente. L'una e l'altra asta è; forza che si spezzi;
Ma quel che cerchi t'è; venuto in sorte: che non voglion piegarsi i cavallieri,
io sono Orlando, e uccisil giustamente; i cavallier che tornano coi pezzi
e questa è; quella spada che tu cerchi, che son restati appresso i calci interi.
che tua sarà;, se con virtù; la merchi. Quelli, che sempre fur nel ferro avezzi,
or, come duo villan per sdegno fieri
81 nel partir acque o termini de prati,
Quantunque sia debitamente mia, fan crudel zuffa di duo pali armati.

424
il suo vantaggio, e alla vittoria aspira:
84 gli pon la cauta man sopra le ciglia
Non stanno l'aste a quattro colpi salde, del cavallo, e cader ne fa la briglia.
e mancan nel furor di quella pugna.
Di qua e di là; si fan l'ire più; calde; 87
né; da ferir lor resta altro che pugna. Il Saracino ogni poter vi mette,
Schiodano piastre, e straccian maglie e falde, che lo soffoghi, o de l'arcion lo svella:
pur che la man, dove s'aggraffi, giugna. negli urti il conte ha le ginocchia strette;
Non desideri alcun, perché; più; vaglia, né; in questa parte vuol piegar né; in quella.
martel più; grave o più; dura tanaglia. Per quel tirar che fa il pagan, costrette
le cingie son d'abandonar la sella.
85 Orlando è; in terra, e a pena sel conosce:
Come può; il Saracin ritrovar sesto ch'i piedi ha in staffa, e stringe ancor le cosce.
di finir con suo onore il fiero invito?
Pazzia sarebbe il perder tempo in questo, 88
che nuoce al feritor più; ch'al ferito. Con quel rumor ch'un sacco d'arme cade,
Andò; alle strette l'uno e l'altro, e presto risuona il conte, come il campo tocca.
il re pagano Orlando ebbe ghermito: Il destrier c'ha la testa in libertade,
lo strigne al petto; e crede far le prove quello a chi tolto il freno era di bocca,
che sopra Anteo fe' già; il figliol di Giove. non più; mirando i boschi che le strade,
con ruinoso corso si trabocca,
86 spinto di qua e di là; dal timor cieco;
Lo piglia con molto impeto a traverso: e Mandricardo se ne porta seco.
quando lo spinge, e quando a sé; lo tira;
ed è; ne la gran colera sì; immerso, 89
ch'ove resti la briglia poco mira. Doralice che vede la sua guida
Sta in sé; raccolto Orlando, e ne va verso uscir dal campo e torlesi d'appresso,

425
e mal restarne senza si confida, 92
dietro, correndo, il suo ronzin gli ha messo. Al Saracin parea discortesia
Il pagan per orgoglio al destrier grida, la proferta accettar di Doralice;
e con mani e con piedi il batte spesso; ma fren gli farà; aver per altra via
e, come non sia bestia, lo minaccia Fortuna a' suoi disii molto fautrice.
perché; si fermi, e tuttavia più; il caccia. Quivi Gabrina scelerata invia,
che, poi che di Zerbin fu traditrice,
90 fuggia, come la lupa che lontani
La bestia, ch'era spaventosa e poltra, oda venire i cacciatori e i cani.
sanza guardarsi ai piè;, corre a traverso.
Già; corso avea tre miglia, e seguiva oltra, 93
s'un fosso a quel desir non era avverso; Ella avea ancora indosso la gonnella,
che, sanza aver nel fondo o letto o coltra, e quei medesimi giovenili ornati
riceve l'uno e l'altro in sé; riverso. che furo alla vezzosa damigella
Diè; Mandricardo in terra aspra percossa; di Pinabel, per lei vestir, levati;
né; però; si fiaccò; né; si roppe ossa. ed avea il palafreno anco di quella,
dei buon del mondo e degli avantaggiati.
91 La vecchia sopra il Tartaro trovosse,
Quivi si ferma il corridore al fine, ch'ancor non s'era accorta che vi fosse.
ma non si può; guidar, che non ha freno.
Il Tartaro lo tien preso nel crine, 94
e tutto è; di furore e d'ira pieno. L'abito giovenil mosse la figlia
Pensa, e non sa quel che di far destine. di Stordilano, e Mandricardo a riso,
- Pongli la briglia del mio palafreno vedendolo a colei che rassimiglia
(la donna gli dicea); che non è; molto a un babuino, a un bertuccione in viso.
il mio feroce, o sia col freno o sciolto. - Disegna il Saracin torle la briglia
pel suo destriero, e riuscì; l'aviso.

426
Toltogli il morso, il palafren minaccia, lor compagnia, ben ch'era e buona e bella;
gli grida, lo spaventa, e in fuga il caccia. e con questa ragion se ne disciolse,
ch'a guerrier non è; infamia sopra quella
95 che, quando cerchi un suo nimico, prenda
Quel fugge per la selva, e seco porta compagno che l'aiuti e che 'l difenda.
la quasi morta vecchia di paura
per valli e monti e per via dritta e torta, 98
per fossi e per pendici alla ventura. Li pregò; poi, che quando il Saracino,
Ma il parlar di costei sì; non m'importa, prima ch'in lui, si riscontrasse in loro,
ch'io non debba d'Orlando aver più; cura, gli dicesser ch'Orlando avria vicino
ch'alla sua sella ciò; ch'era di guasto, ancor tre giorni per quel tenitoro;
tutto ben racconciò; sanza contrasto. ma dopo, che sarebbe il suo camino
verso le 'nsegne dei bei gigli d'oro,
96 per esser con l'esercito di Carlo,
Rimontò; sul destriero, e ste' gran pezzo acciò;, volendol, sappia onde chiamarlo.
a riguardar che 'l Saracin tornasse.
Nol vedendo apparir, volse da sezzo 99
egli esser quel ch'a ritrovarlo andasse; Quelli promiser farlo volentieri,
ma, come costumato e bene avezzo, e questa e ogn'altra cosa al suo comando.
non prima il paladin quindi si trasse, Feron camin diverso i cavallieri,
che con dolce parlar grato e cortese di qua Zerbino, e di là; il conte Orlando.
buona licenza dagli amanti prese. Prima che pigli il conte altri sentieri,
all'arbor tolse, e a sé; ripose il brando;
97 e dove meglio col pagan pensosse
Zerbin di quel partir molto si dolse; di potersi incontrare, il destrier mosse.
di tenerezza ne piangea Issabella:
voleano ir seco, ma il conte non volse 100

427
Lo strano corso che tenne il cavallo la bella donna del Catai regina.
del Saracin pel bosco senza via,
fece ch'Orlando andò; duo giorni in fallo, 103
né; lo trovò;, né; poté; averne spia. Angelica e Medor con cento nodi
Giunse ad un rivo che parea cristallo, legati insieme, e in cento lochi vede.
ne le cui sponde un bel pratel fioria, Quante lettere son, tanti son chiodi
di nativo color vago e dipinto, coi quali Amore il cor gli punge e fiede.
e di molti e belli arbori distinto. Va col pensier cercando in mille modi
non creder quel ch'al suo dispetto crede:
101 ch'altra Angelica sia, creder si sforza,
Il merigge facea grato l'orezzo ch'abbia scritto il suo nome in quella scorza.
al duro armento ed al pastore ignudo;
sì; che né; Orlando sentia alcun ribrezzo, 104
che la corazza avea, l'elmo e lo scudo. Poi dice: - Conosco io pur queste note:
Quivi egli entrò; per riposarvi in mezzo; di tal'io n'ho tante vedute e lette.
e v'ebbe travaglioso albergo e crudo, Finger questo Medoro ella si puote:
e più; che dir si possa empio soggiorno, forse ch'a me questo cognome mette. -
quell'infelice e sfortunato giorno. Con tali opinion dal ver remote
usando fraude a sé; medesmo, stette
102 ne la speranza il malcontento Orlando,
Volgendosi ivi intorno, vide scritti che si seppe a se stesso ir procacciando.
molti arbuscelli in su l'ombrosa riva.
Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti, 105
fu certo esser di man de la sua diva. Ma sempre più; raccende e più; rinuova,
Questo era un di quei lochi già; descritti, quanto spenger più; cerca, il rio sospetto:
ove sovente con Medor veniva come l'incauto augel che si ritrova
da casa del pastore indi vicina in ragna o in visco aver dato di petto,

428
quanto più; batte l'ale e più; si prova spelunca opaca e di fredde ombre grata,
di disbrigar, più; vi si lega stretto. dove la bella Angelica che nacque
Orlando viene ove s'incurva il monte di Galafron, da molti invano amata,
a guisa d'arco in su la chiara fonte. spesso ne le mie braccia nuda giacque;
de la commodità; che qui m'è; data,
106 io povero Medor ricompensarvi
Aveano in su l'entrata il luogo adorno d'altro non posso, che d'ognor lodarvi:
coi piedi storti edere e viti erranti.
Quivi soleano al più; cocente giorno 109
stare abbracciati i duo felici amanti. e di pregare ogni signore amante,
V'aveano i nomi lor dentro e d'intorno, e cavallieri e damigelle, e ognuna
più; che in altro dei luoghi circostanti, persona, o paesana o viandante,
scritti, qual con carbone e qual con gesso, che qui sua volontà; meni o Fortuna;
e qual con punte di coltelli impresso. ch'all'erbe, all'ombre, all'antro, al rio, alle piante
dica: benigno abbiate e sole e luna,
107 e de le ninfe il coro, che proveggia
Il mesto conte a piè; quivi discese; che non conduca a voi pastor mai greggia. -
e vide in su l'entrata de la grotta
parole assai, che di sua man distese 110
Medoro avea, che parean scritte allotta. Era scritto in arabico, che 'l conte
Del gran piacer che ne la grotta prese, intendea così; ben come latino:
questa sentenza in versi avea ridotta. fra molte lingue e molte ch'avea pronte,
Che fosse culta in suo linguaggio io penso; prontissima avea quella il paladino;
ed era ne la nostra tale il senso: e gli schivò; più; volte e danni ed onte,
che si trovò; tra il popul saracino:
108 ma non si vanti, se già; n'ebbe frutto;
- Liete piante, verdi erbe, limpide acque, ch'un danno or n'ha, che può; scontargli il tutto.

429
l'umor che vorria uscir, tanto s'affretta,
111 e ne l'angusta via tanto s'intrica,
Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto ch'a goccia a goccia fuore esce a fatica.
quello infelice, e pur cercando invano
che non vi fosse quel che v'era scritto; 114
e sempre lo vedea più; chiaro e piano: Poi ritorna in sé; alquanto, e pensa come
ed ogni volta in mezzo il petto afflitto possa esser che non sia la cosa vera:
stringersi il cor sentia con fredda mano. che voglia alcun così; infamare il nome
Rimase al fin con gli occhi e con la mente de la sua donna e crede e brama e spera,
fissi nel sasso, al sasso indifferente. o gravar lui d'insopportabil some
tanto di gelosia, che se ne pera;
112 ed abbia quel, sia chi si voglia stato,
Fu allora per uscir del sentimento molto la man di lei bene imitato.
sì; tutto in preda del dolor si lassa.
Credete a chi n'ha fatto esperimento, 115
che questo è; 'l duol che tutti gli altri passa. In così; poca, in così; debol speme
Caduto gli era sopra il petto il mento, sveglia gli spiriti e gli rifranca un poco;
la fronte priva di baldanza e bassa; indi al suo Brigliadoro il dosso preme,
né; poté; aver (che 'l duol l'occupò; tanto) dando già; il sole alla sorella loco.
alle querele voce, o umore al pianto. Non molto va, che da le vie supreme
dei tetti uscir vede il vapor del fuoco,
113 sente cani abbaiar, muggiare armento:
L'impetuosa doglia entro rimase, viene alla villa, e piglia alloggiamento.
che volea tutta uscir con troppa fretta.
Così; veggià;n restar l'acqua nel vase, 116
che largo il ventre e la bocca abbia stretta; Languido smonta, e lascia Brigliadoro
che nel voltar che si fa in su la base, a un discreto garzon che n'abbia cura;

430
altri il disarma, altri gli sproni d'oro 119
gli leva, altri a forbir va l'armatura. come esso a prieghi d'Angelica bella
Era questa la casa ove Medoro portato avea Medoro alla sua villa,
giacque ferito, e v'ebbe alta avventura. ch'era ferito gravemente; e ch'ella
Corcarsi Orlando e non cenar domanda, curò; la piaga, e in pochi dì; guarilla:
di dolor sazio e non d'altra vivanda. ma che nel cor d'una maggior di quella
lei ferì; Amor; e di poca scintilla
117 l'accese tanto e sì; cocente fuoco,
Quanto più; cerca ritrovar quiete, che n'ardea tutta, e non trovava loco:
tanto ritrova più; travaglio e pena;
che de l'odiato scritto ogni parete, 120
ogni uscio, ogni finestra vede piena. e sanza aver rispetto ch'ella fusse
Chieder ne vuol: poi tien le labra chete; figlia del maggior re ch'abbia il Levante,
che teme non si far troppo serena, da troppo amor costretta si condusse
troppo chiara la cosa che di nebbia a farsi moglie d'un povero fante.
cerca offuscar, perché; men nuocer debbia. All'ultimo l'istoria si ridusse,
che 'l pastor fe' portar la gemma inante,
118 ch'alla sua dipartenza, per mercede
Poco gli giova usar fraude a se stesso; del buono albergo, Angelica gli diede.
che senza domandarne, è; chi ne parla.
Il pastor che lo vede così; oppresso 121
da sua tristizia, e che voria levarla, Questa conclusion fu la secure
l'istoria nota a sé;, che dicea spesso che 'l capo a un colpo gli levò; dal collo,
di quei duo amanti a chi volea ascoltarla, poi che d'innumerabil battiture
ch'a molti dilettevole fu a udire, si vide il manigoldo Amor satollo.
gl'incominciò; senza rispetto a dire: Celar si studia Orlando il duolo; e pure
quel gli fa forza, e male asconder pò;llo:

431
per lacrime e suspir da bocca e d'occhi che va dinanzi al nuovo giorno nasca,
convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi. piglia l'arme e il destriero, ed esce fuore
per mezzo il bosco alla più; oscura frasca;
122 e quando poi gli è; aviso d'esser solo,
Poi ch'allargare il freno al dolor puote con gridi ed urli apre le porte al duolo.
(che resta solo e senza altrui rispetto),
giù; dagli occhi rigando per le gote 125
sparge un fiume di lacrime sul petto: Di pianger mai, mai di gridar non resta;
sospira e geme, e va con spesse ruote né; la notte né; 'l dì; si dà; mai pace.
di qua di là; tutto cercando il letto; Fugge cittadi e borghi, e alla foresta
e più; duro ch'un sasso, e più; pungente sul terren duro al discoperto giace.
che se fosse d'urtica, se lo sente. Di sé; si meraviglia ch'abbia in testa
una fontana d'acqua sì; vivace,
123 e come sospirar possa mai tanto;
In tanto aspro travaglio gli soccorre e spesso dice a sé; così; nel pianto:
che nel medesmo letto in che giaceva,
l'ingrata donna venutasi a porre 126
col suo drudo più; volte esser doveva. - Queste non son più; lacrime, che fuore
Non altrimenti or quella piuma abborre, stillo dagli occhi con sì; larga vena.
né; con minor prestezza se ne leva, Non suppliron le lacrime al dolore:
che de l'erba il villan che s'era messo finir, ch'a mezzo era il dolore a pena.
per chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso. Dal fuoco spinto ora il vitale umore
fugge per quella via ch'agli occhi mena;
124 ed è; quel che si versa, e trarrà; insieme
Quel letto, quella casa, quel pastore e 'l dolore e la vita all'ore estreme.
immantinente in tant'odio gli casca,
che senza aspettar luna, o che l'albore 127

432
Questi ch'indizio fan del mio tormento, né; più; indugiò;, che trasse il brando fuore.
sospir non sono, né; i sospir sono tali.
Quelli han triegua talora; io mai non sento 130
che 'l petto mio men la sua pena esali. Tagliò; lo scritto e 'l sasso, e sin al cielo
Amor che m'arde il cor, fa questo vento, a volo alzar fe' le minute schegge.
mentre dibatte intorno al fuoco l'ali. Infelice quell'antro, ed ogni stelo
Amor, con che miracolo lo fai, in cui Medoro e Angelica si legge!
che 'n fuoco il tenghi, e nol consumi mai? Così; restar quel dì;, ch'ombra né; gielo
a pastor mai non daran più;, né; a gregge:
128 e quella fonte, già; si chiara e pura,
Non son, non sono io quel che paio in viso: da cotanta ira fu poco sicura;
quel ch'era Orlando è; morto ed è; sotterra;
la sua donna ingratissima l'ha ucciso: 131
sì;, mancando di fé;, gli ha fatto guerra. che rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle
Io son lo spirto suo da lui diviso, non cessò; di gittar ne le bell'onde,
ch'in questo inferno tormentandosi erra, fin che da sommo ad imo sì; turbolle
acciò; con l'ombra sia, che sola avanza, che non furo mai più; chiare né; monde.
esempio a chi in Amor pone speranza. - E stanco al fin, e al fin di sudor molle,
poi che la lena vinta non risponde
129 allo sdegno, al grave odio, all'ardente ira,
Pel bosco errò; tutta la notte il conte; cade sul prato, e verso il ciel sospira.
e allo spuntar de la diurna fiamma
lo tornò; il suo destin sopra la fonte 132
dove Medoro isculse l'epigramma. Afflitto e stanco al fin cade ne l'erba,
Veder l'ingiuria sua scritta nel monte e ficca gli occhi al cielo, e non fa motto.
l'accese sì;, ch'in lui non restò; dramma Senza cibo e dormir così; si serba,
che non fosse odio, rabbia, ira e furore; che 'l sole esce tre volte e torna sotto.

433
Di crescer non cessò; la pena acerba, come fosser finocchi, ebuli o aneti;
che fuor del senno al fin l'ebbe condotto. e fe' il simil di querce e d'olmi vecchi,
Il quarto dì;, da gran furor commosso, di faggi e d'orni e d'illici e d'abeti.
e maglie e piastre si stracciò; di dosso. Quel ch'un ucellator che s'apparecchi
il campo mondo, fa, per por le reti,
133 dei giunchi e de le stoppie e de l'urtiche,
Qui riman l'elmo, e là; riman lo scudo, facea de cerri e d'altre piante antiche.
lontan gli arnesi, e più; lontan l'usbergo:
l'arme sue tutte, in somma vi concludo, 136
avean pel bosco differente albergo. I pastor che sentito hanno il fracasso,
E poi si squarciò; i panni, e mostrò; ignudo lasciando il gregge sparso alla foresta,
l'ispido ventre e tutto 'l petto e 'l tergo; chi di qua, chi di là;, tutti a gran passo
e cominciò; la gran follia, sì; orrenda, vi vengono a veder che cosa è; questa.
che de la più; non sarà; mai ch'intenda. Ma son giunto a quel segno il qual s'io passo
vi potria la mia istoria esser molesta;
134 ed io la vo' più; tosto diferire,
In tanta rabbia, in tanto furor venne, che v'abbia per lunghezza a fastidire.
che rimase offuscato in ogni senso.
Di tor la spada in man non gli sovenne;
che fatte avria mirabil cose, penso. CANTO VENTIQUATTRESIMO
Ma né; quella, né; scure, né; bipenne
era bisogno al suo vigore immenso.
Quivi fe' ben de le sue prove eccelse, 1
ch'un alto pino al primo crollo svelse: Chi mette il piè; su l'amorosa pania,
cerchi ritrarlo, e non v'inveschi l'ale;
135 che non è; in somma amor, se non insania,
e svelse dopo il primo altri parecchi, a giudizio de' savi universale:

434
e se ben come Orlando ognun non smania, che 'l forsennato e furioso Orlando
suo furor mostra a qualch'altro segnale. trattesi l'arme e sparse al campo avea,
E quale è; di pazzia segno più; espresso squarciati i panni, via gittato il brando,
che, per altri voler, perder se stesso? svelte le piante, e risonar facea
i cavi sassi e l'alte selve; quando
2 alcun' pastori al suon trasse in quel lato
Vari gli effetti son, ma la pazzia lor stella, o qualche lor grave peccato.
è; tutt'una però;, che li fa uscire.
Gli è; come una gran selva, ove la via 5
conviene a forza, a chi vi va, fallire: Viste del pazzo l'incredibil prove
chi su, chi giù;, chi qua, chi là; travia. poi più; d'appresso e la possanza estrema,
Per concludere in somma, io vi vo' dire: si voltan per fuggir, ma non sanno ove,
a chi in amor s'invecchia, oltr'ogni pena, sì; come avviene in subitana tema.
si convengono i ceppi e la catena. Il pazzo dietro lor ratto si muove:
uno ne piglia, e del capo lo scema
3 con la facilità; che torria alcuno
Ben mi si potria dir: - Frate, tu vai da l'arbor pome, o vago fior dal pruno.
l'altrui mostrando, e non vedi il tuo fallo. -
Io vi rispondo che comprendo assai, 6
or che di mente ho lucido intervallo; Per una gamba il grave tronco prese,
ed ho gran cura (e spero farlo ormai) e quello usò; per mazza adosso al resto:
di riposarmi e d'uscir fuor di ballo: in terra un paio addormentato stese,
ma tosto far, come vorrei, nol posso; ch'al novissimo dì; forse fia desto.
che 'l male è; penetrato infin all'osso. Gli altri sgombraro subito il paese,
ch'ebbono il piede e il buono aviso presto.
4 Non saria stato il pazzo al seguir lento,
Signor, ne l'altro canto io vi dicea se non ch'era già; volto al loro armento.

435
e ne l'arena più; stende la sferza:
7 tal contra Orlando l'empia turba cresce,
Gli agricultori, accorti agli altru'esempli, che giù; da balze scende e di valli esce.
lascian nei campi aratri e marre e falci:
chi monta su le case e chi sui templi 10
(poi che non son sicuri olmi né; salci), Fece morir diece persone e diece,
onde l'orrenda furia si contempli, che senza ordine alcun gli andaro in mano:
ch'a pugni, ad urti, a morsi, a graffi, a calci, e questo chiaro esperimento fece,
cavalli e buoi rompe, fraccassa e strugge; ch'era assai più; sicur starne lontano.
e ben è; corridor chi da lui fugge. Trar sangue da quel corpo a nessun lece,
che lo fere e percuote il ferro invano.
8 Al conte il re del ciel tal grazia diede,
Già; potreste sentir come ribombe per porlo a guardia di sua santa fede.
l'alto rumor ne le propinque ville
d'urli e di corni, rusticane trombe. 11
e più; spesso che d'altro, il suon di squille; Era a periglio di morire Orlando,
e con spuntoni ed archi e spiedi e frombe se fosse di morir stato capace.
veder dai monti sdrucciolarne mille, Potea imparar ch'era a gittare il brando,
ed altritanti andar da basso ad alto, e poi voler senz'arme essere audace.
per fare al pazzo un villanesco assalto. La turba già; s'andava ritirando,
vedendo ogni suo colpo uscir fallace.
9 Orlando, poi che più; nessun l'attende,
Qual venir suol nel salso lito l'onda verso un borgo di case il camin prende.
mossa da l'austro ch'a principio scherza,
che maggior de la prima è; la seconda, 12
e con più; forza poi segue la terza; Dentro non vi trovò; piccol né; grande,
ed ogni volta più; l'umore abonda, che 'l borgo ognun per tema avea lasciato.

436
v'erano in copia povere vivande, 15
convenienti a un pastorale stato. Zerbin, da poi ch'Orlando fu partito,
Senza pane di scerner da le giande, dimorò; alquanto, e poi prese il sentiero
dal digiuno e da l'impeto cacciato, che 'l paladino inanzi gli avea trito,
le mani e il dente lasciò; andar di botto e mosse a passo lento il suo destriero.
in quel che trovò; prima, o crudo o cotto. Non credo che duo miglia anco fosse ito,
che trar vide legato un cavalliero
13 sopra un picciol ronzino, e d'ogni lato
E quindi errando per tutto il paese, la guardia aver d'un cavalliero armato.
dava la caccia e agli uomini e alle fere;
e scorrendo pei boschi, talor prese 16
i capri isnelli e le damme leggiere. Zerbin questo prigion conobbe tosto
Spesso con orsi e con cingiai contese, che gli fu appresso, e così; fe' lssabella:
e con man nude li pose a giacere: era Odorico il Biscaglin, che posto
e di lor carne con tutta la spoglia fu come lupo a guardia de l'agnella.
più; volte il ventre empì; con fiera voglia. L'avea a tutti gli amici suoi preposto
Zerbino in confidargli la donzella,
14 sperando che la fede che nel resto
Di qua, di là;, di su, di giù; discorre sempre avea avuta, avesse ancora in questo.
per tutta Francia; e un giorno a un ponte arriva,
sotto cui largo e pieno d'acqua corre 17
un fiume d'alta e di scoscesa riva. Come era a punto quella cosa stata,
Edificato accanto avea una torre venì;a Issabella raccontando allotta:
che d'ogn'intorno e di lontan scopriva. come nel palischermo fu salvata,
Quel che fe' quivi, avete altrove a udire; prima ch'avesse il mar la nave rotta;
che di Zerbin mi convien prima dire. la forza che l'avea Odorico usata;
e come tratta poi fosse alla grotta.

437
Né; giunt'era anco al fin di quel sermone, che nulla cosa nuova ora t'arreco,
che trarre il malfattor vider prigione. s'io vo' dir la cagion che questo rio
fa che cosi legato vedi meco;
18 che da costei, che più; sentì; l'offesa,
I duo ch'in mezzo avean preso Odorico, a punto avrai tutta l'istoria intesa.
d'Issabella notizia ebbeno vera;
e s'avisaro esser di lei l'amico, 21
e 'l signor lor, colui ch'appresso l'era; Come dal traditore io fui schernito
ma più;, che ne lo scudo il segno antico quando da sé; levommi, saper dé;i;
vider dipinto di sua stirpe altiera: e come poi Corebo fu ferito,
e trovar poi, che guardar meglio al viso, ch'a difender s'avea tolto costei.
che s'era al vero apposto il loro aviso. Ma quanto al mio ritorno sia seguito,
né; veduto né; inteso fu da lei,
19 che te l'abbia potuto riferire:
Saltaro a piedi, e con aperte braccia di questa parte dunque io ti vo' dire.
correndo se n'andar verso Zerbino,
e l'abbracciaro ove il maggior s'abbraccia, 22
col capo nudo e col ginocchio chino. Da la cittade al mar ratto io veniva
Zerbin, guardando l'uno e l'altro in faccia, con cavalli ch'in fretta avea trovati,
vide esser l'un Corebo il Biscaglino, sempre con gli occhi intenti s'io scopriva
Almonio l'altro, ch'egli avea mandati costor che molto a dietro eran restati.
con Odorico in sul navilio armati. Io vengo inanzi, io vengo in su la riva
del mare, al luogo ove io gli avea lasciati;
20 io guardo, né; di loro altro ritrovo,
Almonio disse: - Poi che piace a Dio che ne l'arena alcun vestigio nuovo.
(la sua mercé;) che sia Issabella teco,
io posso ben comprender, signor mio, 23

438
La pesta seguitai, che mi condusse trovammo; e quivi fui seco a battaglia.
nel bosco fier; né; molto adentro fui,
che, dove il suon l'orecchie mi percusse, 26
giacere in terra ritrovai costui. La giustizia del re, che il loco franco
Gli domandai che de la donna fusse, de la pugna mi diede, e la ragione,
che d'Odorico, e chi aveva offeso lui. ed oltre alla ragion la Fortuna anco,
Io me n'andai, poi che la cosa seppi, che spesso la vittoria, ove vuol, pone,
il traditor cercando per quei greppi. mi giovar sì;, che di me poté; manco
il traditore; onde fu mio prigione.
24 Il re, udito il gran fallo, mi concesse
Molto aggirando vommi, e per quel giorno di poter farne quanto mi piacesse.
altro vestigio ritrovar non posso.
Dove giacea Corebo al fin ritorno, 27
che fatto appresso avea il terren sì; rosso, Non l'ho voluto uccider né; lasciarlo,
che poco più; che vi facea soggiorno, ma, come vedi, trarloti in catena;
gli saria stato di bisogno il fosso perché; vo' ch'a te stia di giudicarlo,
e i preti e i frati più; per sotterrarlo, se morire o tener si deve in pena.
ch'i medici e che 'l letto per sanarlo. L'avere inteso ch'eri appresso a Carlo,
e 'l desir di trovarti qui mi mena.
25 Ringrazio Dio che mi fa in questa parte,
Dal bosco alla città; feci portallo, dove lo sperai meno, ora trovarte.
e posi in casa d'uno ostier mio amico,
che fatto sano in poco termine hallo 28
per cura ed arte d'un chirurgo antico. Ringraziolo anco, che la tua Issabella
Poi d'arme proveduti e di cavallo io veggo (e non so come) che teco hai;
Corebo ed io cercammo d'Odorico, di cui, per opera del fellon, novella
ch'in corte del re Alfonso di Biscaglia pensai che non avessi ad udir mai. -

439
Zerbino ascolta Almonio e non favella, d'una tua rocca, e ch'al primiero assalto
fermando gli occhi in Odorico assai; alzate avessi, senza far contesa,
non sì; per odio, come che gl'incresce degl'inimici le bandiere in alto;
ch'a sì; mal fin tanta amicizia gli esce. di viltà;, o tradimento, che più; pesa,
sugli occhi por mi si potria uno smalto:
29 ma s'io cedessi a forza, son ben certo
Finito ch'ebbe Almonio il suo sermone, che biasmo non avrei, ma gloria e merto.
Zerbin riman gran pezzo sbigottito,
che chi d'ogn'altro men n'avea cagione, 32
sì; espressamente il possa aver tradito. Sempre che l'inimico è; più; possente,
Ma poi che d'una lunga ammirazione più; chi perde accettabile ha la scusa.
fu, sospirando, finalmente uscito, Mia fé; guardar dovea non altrimente
al prigion domandò; se fosse vero ch'una fortezza d'ogn'intorno chiusa:
quel ch'avea di lui detto il cavalliero. così;, con quanto senno e quanta mente
da la somma Prudenza m'era infusa,
30 io mi sforzai guardarla; ma al fin vinto
Il disleal con le ginocchia in terra da intolerando assalto, ne fui spinto. -
lasciò; cadersi, e disse: - Signor mio,
ognun che vive al mondo pecca ed erra: 33
né; differisce in altro il buon dal rio, Così; disse Odorico, e poi soggiunse
se non che l'uno è; vinto ad ogni guerra (che saria lungo a ricontarvi il tutto)
che gli vien mossa da un piccol disio; mostrando che gran stimolo lo punse,
l'altro ricorre all'arme e si difende, e non per lieve sferza s'era indutto.
ma se 'l nimico è; forte, anco ei si rende. Se mai per prieghi ira di cor si emunse,
s'umiltà; di parlar fece mai frutto,
31 quivi far lo dovea; che ciò; che muova
Se tu m'avessi posto alla difesa di cor durezza, ora Odorico trova.

440
al ciel che sì; benigno gli era suto,
34 che datogli in arbitrio avea que' dui
Pigliar di tanta ingiuria alta vendetta, che soli odiati esser dovean da lui.
tra il sì; Zerbino e il no resta confuso:
il vedere il demerito lo alletta 37
a far che sia il fellon di vita escluso; Zerbin fa ritener la mala vecchia,
il ricordarsi l'amicizia stretta tanto che pensi quel che debba farne:
ch'era stata tra lor per sì; lungo uso, tagliarle il naso e l'una e l'altra orecchia
con l'acqua di pietà; l'accesa rabbia pensa, ed esempio a' malfattori darne;
nel cor gli spegne, e vuol che mercé; n'abbia. poi gli par assai meglio, s'apparecchia
un pasto agli avoltoi di quella carne.
35 Punizion diversa tra sé; volve;
Mentre stava così; Zerbino in forse e così; finalmente si risolve.
di liberare, o di menar captivo,
o pur il disleal dagli occhi torse 38
per morte, o pur tenerlo in pena vivo; Si rivolta ai compagni, e dice: - Io sono
quivi rignando il palafreno corse, di lasciar vivo il disleal contento;
che Mandricardo avea di briglia privo; che s'in tutto non merita perdono,
e vi portò; la vecchia che vicino non merita anco sì; crudel tormento.
a morte dianzi avea tratto Zerbino. Che viva e che slegato sia gli dono,
però; ch'esser d'Amor la colpa sento;
36 e facilmente ogni scusa s'ammette,
Il palafren, ch'udito di lontano quando in Amor la colpa si reflette.
avea quest'altri, era tra lor venuto,
e la vecchia portatavi, ch'invano 39
venì;a piangendo e domandando aiuto. Amore ha volto sottosopra spesso
Come Zerbin lei vide, alzò; la mano senno più; saldo che non ha costui,

441
ed ha condotto a via maggiore eccesso 42
di questo, ch'oltraggiato ha tutti nui. Tante donne, tanti uomini traditi
Ad Odorico debbe esser rimesso: avea la vecchia, e tanti offesi e tanti,
punito esser debbo io, che cieco fui, che chi sarà; con lei, non senza liti
cieco a dargline impresa, e non por mente potrà; passar de' cavallieri erranti.
che 'l fuoco arde la paglia facilmente. - Così; di par saranno ambi puniti:
ella de' suoi commessi errori inanti,
40 egli di torne la difesa a torto;
Poi mirando Odorico: - Io vo' che sia né; molto potrà; andar che non sia morto.
(gli disse) del tuo error la penitenza,
che la vecchia abbi un anno in compagnia, 43
né; di lasciarla mai ti sia licenza; Di dover servar questo, Zerbin diede
ma notte e giorno, ove tu vada o stia, ad Odorico un giuramento forte,
un'ora mai non te ne trovi senza; con patto che se mai rompe la fede,
e fin a morte sia da te difesa e ch'inanzi gli capiti per sorte,
contra ciascun che voglia farle offesa. senza udir prieghi e averne più; mercede,
lo debba far morir di cruda morte.
41 Ad Almonio e a Corebo poi rivolto,
Vo', se da lei ti sarà; commandato, fece Zerbin che fu Odorico sciolto.
che pigli contra ognun contesa e guerra:
vo' in questo tempo, che tu sia ubligato 44
tutta Francia cercar di terra in terra. - Corebo, consentendo Almonio, sciolse
Così; dicea Zerbin; che pel peccato il traditore al fin, ma non in fretta;
meritando Odorico andar sotterra, ch'all'uno e all'altro esser turbato dolse
questo era porgli inanzi un'alta fossa, da sì; desiderata sua vendetta.
che fia gran sorte che schivar la possa. Quindi partissi il disleale, e tolse
in compagnia la vecchia maledetta.

442
Non si legge in Turpin che n'avvenisse; tanto il desir d'intender la novella
ma vidi già; un autor che più; ne scrisse. ch'egli avesse trovato il Saracino
che del destrier lo trasse con la sella;
45 che non farà; all'esercito ritorno,
Scrive l'autore, il cui nome mi taccio, se non finito che sia il terzo giorno;
che non furo lontani una giornata,
che per torsi Odorico quello impaccio, 48
contra ogni patto ed ogni fede data, il termine ch'Orlando aspettar disse
al collo di Gabrina gittò; un laccio, il cavallier ch'ancor non porta spada.
e che ad un olmo la lasciò; impiccata; Non è; alcun luogo dove il conte gisse,
e ch'indi a un anno (ma non dice il loco) che Zerbin pel medesimo non vada.
Almonio a lui fece il medesmo giuoco. Giunse al fin tra quegli arbori che scrisse
l'ingrata donna, un poco fuor di strada;
46 e con la fonte e col vicino sasso
Zerbin che dietro era venuto all'orma tutti li ritruovò; messi in fracasso.
del paladin, né; perder la vorrebbe,
manda a dar di sé; nuove alla sua torma, 49
che star senza gran dubbio non ne debbe: Vede lontan non sa che luminoso,
Almonio manda, e di più; cose informa, e trova la corazza esser del conte;
che lungo il tutto a ricontar sarebbe; e trova l'elmo poi, non quel famoso
Almonio manda, e a lui Corebo appresso; ch'armò; già; il capo all'africano Almonte.
né; tien, fuor ch'Issabella, altri con esso. Il destrier ne la selva più; nascoso
sente anitrire, e leva al suon la fronte;
47 e vede Brigliador pascer per l'erba,
Tant'era l'amor grande che Zerbino, che dall'arcion pendente il freno serba.
e non minor del suo quel che Issabella
portava al virtuoso paladino; 50

443
Durindana cercò; per la foresta, le reliquie ne va ch'erano sparte.
e fuor la vide del fodero starse.
Trovò;, ma in pezzi, ancor la sopravesta 53
ch'in cento lochi il miser conte sparse. Del palafren discende anco Issabella,
Issabella e Zerbin con faccia mesta e va quell'arme riducendo insieme.
stanno mirando, e non san che pensarse: Ecco lor sopraviene una donzella
pensar potrian tutte le cose, eccetto dolente in vista, e di cor spesso geme.
che fosse Orlando fuor dell'intelletto. Se mi domanda alcun chi sia, perch'ella
così; s'affligge, e che dolor la preme,
51 io gli risponderò; che è; Fiordiligi
Se di sangue vedessino una goccia, che de l'amante suo cerca i vestigi.
creder potrian che fosse stato morto.
Intanto lungo la corrente doccia 54
vider venire un pastorello smorto. Da Brandimarte senza farle motto
Costui pur dianzi avea di su la roccia lasciata fu ne la città; di Carlo,
l'alto furor de l'infelice scorto, dov'ella l'aspettò; sei mesi od otto;
come l'arme gittò;, squarciossi i panni, e quando al fin non vide ritornarlo,
pastori uccise, e fe' mill'altri danni. da un mare all'altro si mise, fin sotto
Pirene e l'Alpe, e per tutto a cercarlo:
52 l'andò; cercando in ogni parte, fuore
Costui, richiesto da Zerbin, gli diede ch'al palazzo d'Atlante incantatore.
vera informazion di tutto questo.
Zerbin si maraviglia, e a pena il crede; 55
e tuttavia n'ha indizio manifesto. Se fosse stata a quell'ostel d'Atlante,
Sia come vuole, egli discende a piede, veduto con Gradasso andare errando
pien di pietade, lacrimoso e mesto; l'avrebbe, con Ruggier, con Bradamante,
e ricogliendo da diversa parte e con Ferraù; prima e con Orlando;

444
ma poi che cacciò; Astolfo il negromante tornava a rimontar sul suo destriero;
col suono del corno orribile e mirando, ed ecco Mandricardo arrivar sopra,
Brandimarte tornò; verso Parigi: che visto il pin di quelle spoglie altiero,
ma non sapea già; questo Fiordiligi. lo priega che la cosa gli discuopra:
e quel gli narra, come ha inteso, il vero.
56 Allora il re pagan lieto non bada,
Come io vi dico, sopraggiunta a caso che viene al pino, e ne leva la spada,
a quei duo amanti Fiordiligi bella,
conobbe l'arme, e Brigliador rimaso 59
senza il patrone e col freno alla sella. dicendo: - Alcun non me ne può; riprendere;
Vide con gli occhi il miserabil caso, non è; pur oggi ch'io l'ho fatta mia,
e n'ebbe per udita anco novella; ed il possesso giustamente prendere
che similmente il pastorel narrolle ne posso in ogni parte, ovunque sia.
aver veduto Orlando correr folle. Orlando che temea quella difendere,
s'ha finto pazzo, e l'ha gittata via;
57 ma quando sua viltà; pur così; scusi,
Quivi Zerbin tutte raguna l'arme, non debbe far ch'io mia ragion non usi. -
e ne fa come un bel trofeo su 'n pino;
e volendo vietar che non se n'arme 60
cavallier paesan né; peregrino, Zerbino a lui gridava: - Non la torre,
scrive nel verde ceppo in breve carme: o pensa non l'aver senza questione.
- Armatura d'Orlando paladino; - Se togliesti così; l'arme d'Ettorre,
come volesse dir: nessun la muova, tu l'hai di furto, più; che di ragione. -
che star non possa con Orlando a prova. Senz'altro dir l'un sopra l'altro corre,
d'animo e di virtù; gran paragone.
58 Di cento colpi già; rimbomba il suono,
Finito ch'ebbe la lodevol opra, né; bene ancor ne la battaglia sono.

445
or gli spezzati rami in aria ruota.
61 Ben che Zerbin più; colpi e fù;ggia e schivi,
Di prestezza Zerbin pare una fiamma non può; schivare al fin, ch'un non gli arrivi.
a torsi ovunque Durindana cada:
di qua di là; saltar come una damma 64
fa 'l suo destrier dove è; miglior la strada. Non può; schivare al fine un gran fendente
E ben convien che non ne perda dramma; che tra 'l brando e lo scudo entra sul petto.
ch'andrà;, s'un tratto il coglie quella spada, Grosso l'usbergo, e grossa parimente
a ritrovar gl'innamorati spirti era la piastra, e 'l panziron perfetto:
ch'empion la selva degli ombrosi mirti. pur non gli steron contra, ed ugualmente
alla spada crudel dieron ricetto.
62 Quella calò; tagliando ciò; che prese,
Come il veloce can che 'l porco assalta la corazza e l'arcion fin su l'arnese.
che fuor del gregge errar vegga nei campi,
lo va aggirando, e quinci e quindi salta; 65
ma quello attende ch'una volta inciampi: E se non che fu scarso il colpo alquanto,
così;, se vien la spada o bassa od alta, permezzo lo fendea come una canna;
sta mirando Zerbin come ne scampi; ma penetra nel vivo a pena tanto,
come la vita e l'onor salvi a un tempo, che poco più; che la pelle gli danna:
tien sempre l'occhio, e fiere e fugge a tempo. la non profunda piaga è; lunga quanto
non si misureria con una spanna.
63 Le lucid'arme il caldo sangue irriga
Da l'altra parte, ovunque il Saracino per sino al piè; di rubiconda riga.
la fiera spada vibra o piena o vota,
sembra fra due montagne un vento alpino 66
ch'una frondosa selva il marzo scuota; Così; talora un bel purpureo nastro
ch'ora la caccia a terra a capo chino, ho veduto partir tela d'argento

446
da quella bianca man più; ch'alabastro, 69
da cui partire il cor spesso mi sento. Zerbin che tenea l'occhio ove la mente,
Quivi poco a Zerbin vale esser mastro presto il cavallo alla man destra volse;
di guerra, ed aver forza e più; ardimento; non sì; presto però;, che la tagliente
che di finezza d'arme e di possanza spada fuggisse, che lo scudo colse.
il re di Tartaria troppo l'avanza. Da sommo ad imo ella il partì; ugualmente,
e di sotto il braccial roppe e disciolse
67 e lui ferì; nel braccio, e poi l'arnese
Fu questo colpo del pagan maggiore spezzò;gli, e ne la coscia anco gli scese.
in apparenza, che fosse in effetto;
tal ch'Issabella se ne sente il core 70
fendere in mezzo all'agghiacciato petto. Zerbin di qua di là; cerca ogni via,
Zerbin pien d'ardimento e di valore né; mai di quel che vuol, cosa gli avviene;
tutto s'infiamma d'ira e di dispetto; che l'armatura sopra cui feria,
e quanto più; ferire a due man puote, un piccol segno pur non ne ritiene.
in mezzo l'elmo il Tartaro percuote. Da l'altra parte il re di Tartaria
sopra Zerbino a tal vantaggio viene,
68 che l'ha ferito in sette parti o in otto,
Quasi sul collo del destrier piegosse tolto lo scudo, e mezzo l'elmo rotto.
per l'aspra botta il Saracin superbo;
e quando l'elmo senza incanto fosse, 71
partito il capo gli avria il colpo acerbo. Quel tuttavia più; va perdendo il sangue;
Con poco differir ben vendicosse, manca la forza, e ancor par che nol senta:
né; disse: A un'altra volta io te la serbo: il vigoroso cor che nulla langue,
e la spada gli alzò; verso l'elmetto, val sì;, che 'l debol corpo ne sostenta.
sperandosi tagliarlo infin al petto. La donna sua, per timor fatta esangue,
intanto a Doralice s'appresenta,

447
e la priega e la supplica per Dio, da lui che già; tornato a Parigi era.
che partir voglia il fiero assalto e rio. Tanto ella se n'andò; per monte e piano,
che giunse ove, al passar d'una riviera,
72 vide e conobbe il miser paladino;
Cortese come bella, Doralice, ma dicià;n quel ch'avvenne di Zerbino:
né; ben sicura come il fatto segua,
fa volentier quel ch'Issabella dice, 75
e dispone il suo amante a pace e a triegua. che 'l lasciar Durindana sì; gran fallo
Così; a' prieghi de l'altra l'ira ultrice gli par, che più; d'ogn'altro mal gl'incresce;
di cor fugge a Zerbino e si dilegua: quantunque a pena star possa a cavallo
ed egli, ove a lei par, piglia la strada, pel molto sangue che gli è; uscito ed esce.
senza finir l'impresa de la spada. Or poi che dopo non troppo intervallo
cessa con l'ira il caldo, il dolor cresce:
73 cresce il dolor sì; impetuosamente,
Fiordiligi, che mal vede difesa che mancarsi la vita se ne sente.
la buona spada del misero conte,
tacita duolsi, e tanto le ne pesa, 76
che d'ira piange e battesi la fronte. Per debolezza più; non potea gire;
Vorria aver Brandimarte a quella impresa; sì; che fermossi appresso una fontana.
e se mai lo ritrova e gli lo conte, Non sa che far né; che si debba dire
non crede poi che Mandricardo vada per aiutarlo la donzella umana.
lunga stagione altier di quella spada. Sol di disagio lo vede morire;
che quindi è; troppo ogni città; lontana,
74 dove in quel punto al medico ricorra,
Fiordiligi cercando pure invano che per pietade o premio gli soccorra.
va Brandimarte suo matina e sera;
e fa camin da lui molto lontano, 77

448
Ella non sa se non invan dolersi, sarà; d'ogn'altra pena che vi sia. -
chiamar fortuna e il cielo empio e crudele.
- Perché;, ahi lassa! (dicea) non mi sommersi 80
quando levai ne l'Oceà;n le vele? - A questo la mestissima Issabella,
Zerbin che i languidi occhi ha in lei conversi, declinando la faccia lacrimosa
sente più; doglia ch'ella si querele, e congiungendo la sua bocca a quella
che de la passion tenace e forte di Zerbin, languidetta come rosa,
che l'ha condutto omai vicino a morte. rosa non colta in sua stagion, sì; ch'ella
impallidisca in su la siepe ombrosa,
78 disse: - Non vi pensate già;, mia vita,
- Così;, cor mio, vogliate (le diceva), far senza me quest'ultima partita.
dopo ch'io sarò; morto, amarmi ancora,
come solo il lasciarvi è; che m'aggreva 81
qui senza guida, e non già; perch'io mora: Di ciò;, cor mio, nessun timor vi tocchi;
che se in sicura parte m'accadeva ch'io vo' seguirvi o in cielo o ne lo 'nferno.
finir de la mia vita l'ultima ora, Convien che l'uno e l'altro spirto scocchi,
lieto e contento e fortunato a pieno insieme vada, insieme stia in eterno.
morto sarei, poi ch'io vi moro in seno. Non sì; tosto vedrò; chiudervi gli occhi,
o che m'ucciderà; il dolore interno,
79 o se quel non può; tanto, io vi prometto
Ma poi che 'l mio destino iniquo e duro con questa spada oggi passarmi il petto.
vol ch'io vi lasci, e non so in man di cui;
per questa bocca e per questi occhi giuro, 82
per queste chiome onde allacciato fui, De' corpi nostri ho ancor non poca speme,
che disperato nel profondo oscuro che me' morti che vivi abbian ventura.
vo de lo 'nferno, ove il pensar di vui Qui forse alcun capiterà;, ch'insieme,
ch'abbia così; lasciata, assai più; ria mosso a pietà;, darà; lor sepoltura. -

449
Così; dicendo, le reliquie estreme potesse esprimer sì;, che fosse inteso;
de lo spirto vital che morte fura, e finì; come il debol lume suole,
va ricogliendo con le labra meste, cui cera manchi od altro in che sia acceso.
fin ch'una minima aura ve ne reste. Chi potrà; dire a pien come si duole,
poi che si vede pallido e disteso,
83 la giovanetta, e freddo come ghiaccio
Zerbin la debol voce riforzando, il suo caro Zerbin restare in braccio?
disse: - Io vi priego e supplico, mia diva,
per quello amor che mi mostraste, quando 86
per me lasciaste la paterna riva; Sopra il sanguigno corpo s'abbandona,
e se commandar posso, io vel commando, e di copiose lacrime lo bagna,
che fin che piaccia a Dio, restiate viva; e stride sì;, ch'intorno ne risuona
né; mai per caso pogniate in oblio a molte miglia il bosco e la campagna.
che quanto amar si può;, v'abbia amato io. Né; alle guance né; al petto si perdona,
che l'uno e l'altro non percuota e fragna;
84 e straccia a torto l'auree crespe chiome,
Dio vi provederà; d'aiuto forse, chiamando sempre invan l'amato nome.
per liberarvi d'ogni atto villano,
come fe' quando alla spelonca torse, 87
per indi trarvi, il senator romano. In tanta rabbia, in tal furor sommersa
Così; (la sua mercé;) già; vi soccorse l'avea la doglia sua, che facilmente
nel mare e contra il Biscaglin profano: avria la spada in se stessa conversa,
e se pure avverrà; che poi si deggia poco al suo amante in questo ubidiente;
morire, allora il minor mal s'elleggia. - s'uno eremita ch'alla fresca e tersa
fonte avea usanza di tornar sovente
85 da la sua quindi non lontana cella,
Non credo che quest'ultime parole non s'opponea, venendo, al voler d'ella.

450
ch'era de la sua età; valido e forte,
88 sul mesto suo destrier Zerbin posaro,
Il venerabile uom, ch'alta bontade e molti dì; per quelle selve andaro.
avea congiunta a natural prudenza,
ed era tutto pien di caritade, 91
di buoni esempi ornato e d'eloquenza, Non volse il cauto vecchio ridur seco,
alla giovan dolente persuade sola con solo, la giovane bella
con ragioni efficaci pazienza; là; dove ascosa in un selvaggio speco
e inanzi le puon, come uno specchio, non lungi avea la solitaria cella;
donne del Testamento e nuovo e vecchio. fra sé; dicendo: - Con periglio arreco
in una man la paglia e la facella. -
89 Né; si fida in sua età; né; in sua prudenza,
Poi le fece veder, come non fusse che di sé; faccia tanta esperienza.
alcun, se non in Dio, vero contento,
e ch'eran l'altre transitorie e flusse 92
speranze umane, e di poco momento; Di condurla in Provenza ebbe pensiero
e tanto seppe dir, che la ridusse non lontano a Marsilia in un castello,
da quel crudele ed ostinato intento, dove di sante donne un monastero
che la vita sequente ebbe disio ricchissimo era, e di edificio bello:
tutta al servigio dedicar di Dio. e per portarne il morto cavalliero,
composto in una cassa aveano quello,
90 che 'n un castel ch'era tra via, si fece
Non che lasciar del suo signor voglia unque lunga e capace, e ben chiusa di pece.
né; 'l grand'amor, né; le reliquie morte:
convien che l'abbia ovunque stia ed ovunque 93
vada, e che seco e notte e dì; le porte. Più; e più; giorni gran spazio di terra
Quindi aiutando l'eremita dunque, cercaro, e sempre per lochi più; inculti;

451
che pieno essendo ogni cosa di guerra, 96
voleano gir più; che poteano occulti. Qual buono astor che l'anitra o l'acceggia,
Al fine un cavallier la via lor serra, starna o colombo o simil altro augello
che lor fe' oltraggi e disonesti insulti; venirsi incontra di lontano veggia,
di cui dirò; quando il suo loco fia; leva la testa e si fa lieto e bello;
ma ritorno ora al re di Tartaria. tal Mandricardo, come certo deggia
di Rodomonte far strage e macello,
94 con letizia e baldanza il destrier piglia,
Avuto ch'ebbe la battaglia il fine le staffe ai piedi, e dà; alla man la briglia.
che già; v'ho detto, il giovin si raccolse
alle fresche ombre e all'onde cristalline; 97
ed al destrier la sella e 'l freno tolse, Quando vicini fur sì;, ch'udir chiare
e lo lasciò; per l'erbe tenerine tra lor poteansi le parole altiere,
del prato andar pascendo ove egli volse: con le mani e col capo a minacciare
ma non ste' molto, che vide lontano incominciò; gridando il re d'Algiere,
calar dal monte un cavalliero al piano. ch'a penitenza gli faria tornare
che per un temerario suo piacere
95 non avesse rispetto a provocarsi
Conobbel, come prima alzò; la fronte, lui ch'altamente era per vendicarsi.
Doralice, e mostrollo a Mandricardo,
dicendo: - Ecco il superbo Rodomonte, 98
se non m'inganna di lontan lo sguardo. Rispose Mandricardo: - Indarno tenta
Per far teco battaglia cala il monte: chi mi vuol impaurir per minacciarme:
or ti potrà; giovar l'esser gagliardo. così; fanciulli o femine spaventa,
Perduta avermi a grande ingiuria tiene, o altri che non sappia che sieno arme;
ch'era sua sposa, e a vendicar si viene. - me non, cui la battaglia più; talenta
d'ogni riposo; e son per adoprarme

452
a piè;, a cavallo, armato e disarmato, aprir le piastre e penetrar la maglia.
sia alla campagna, o sia ne lo steccato. - Né; perde l'un, né; l'altro acquista il prato,
ma come intorno sian fosse o muraglia,
99 o troppo costi ogn'oncia di quel loco,
Ecco sono agli oltraggi, al grido, all'ire, non si parton d'un cerchio angusto e poco.
al trar de' brandi, al crudel suon de' ferri;
come vento che prima a pena spire, 102
poi cominci a crollar frassini e cerri, Fra mille colpi il Tartaro una volta
ed indi oscura polve in cielo aggire, colse a duo mani in fronte il re d'Algiere;
indi gli arbori svella e case atterri, che gli fece veder girare in volta
sommerga in mare, e porti ria tempesta quante mai furon fiacole e lumiere.
che 'l gregge sparso uccida alla foresta. Come ogni forza all'African sia tolta,
le groppe del destrier col capo fere:
100 perde la staffa, ed è;, presente quella
De' duo pagani, senza pari in terra, che cotant'ama, per uscir di sella.
gli audacissimi cor, le forze estreme
parturiscono colpi, ed una guerra 103
conveniente a sì; feroce seme. Ma come ben composto e valido arco
Del grande e orribil suon triema la terra, di fino acciaio in buona somma greve,
quando le spade son percosse insieme: quanto si china più;, quanto è; più; carco,
gettano l'arme insin al ciel scintille, e più; lo sforzan martinelli e lieve;
anzi lampadi accese a mille a mille. con tanto più; furor, quanto è; poi scarco,
ritorna, e fa più; mal che non riceve:
101 così; quello African tosto risorge,
Senza mai riposarsi o pigliar fiato e doppio il colpo all'inimico porge.
dura fra quei duo re l'aspra battaglia,
tentando ora da questo, or da quel lato 104

453
Rodomonte a quel segno ove fu colto, che 'l destrier cadde, ed egli in piè; si tenne.
colse a punto il figliol del re Agricane.
Per questo non poté; nuocergli al volto, 107
ch'in difesa trovò; l'arme troiane; L'African che mancarsi il destrier sente,
ma stordì; in modo il Tartaro, che molto lascia le staffe e sugli arcion si ponta,
non sapea s'era vespero o dimane. e resta in piedi e sciolto agevolmente:
L'irato Rodomonte non s'arresta, così; l'un l'altro poi di pari affronta.
che mena l'altro, e pur segna alla testa. La pugna più; che mai ribolle ardente,
e l'odio e l'ira e la superbia monta:
105 ed era per seguir; ma quivi giunse
Il cavallo del Tartaro, ch'aborre in fretta un messagger che gli disgiunse.
la spada che fischiando cala d'alto,
al suo signor con suo gran mal soccorre, 108
perché; s'arretra, per fuggir, d'un salto: Vi giunse un messagger del popul Moro,
il brando in mezzo il capo gli trascorre, di molti che per Francia eran mandati
ch'al signor, non a lui, movea l'assalto. a richiamare agli stendardi loro
Il miser non avea l'elmo di Troia, i capitani e i cavallier privati;
come il patrone; onde convien che muoia. perché; l'imperator dai gigli d'oro
gli avea gli alloggiamenti già; assediati;
106 e se non è; il soccorso a venir presto,
Quel cade, e Mandricardo in piedi guizza, l'eccidio suo conosce manifesto.
non più; stordito, e Durindana aggira.
Veder morto il cavallo entro gli adizza, 109
e fuor divampa un grave incendio d'ira. Riconobbe il messaggio i cavallieri,
L'African, per urtarlo, il destrier drizza; oltre all'insegne, oltre alle sopraveste,
ma non più; Mandricardo si ritira, al girar de le spade, e ai colpi fieri
che scoglio far soglia da l'onde: e avvenne ch'altre man non farebbeno che queste.

454
Tra lor però; non osa entrar, che speri dei Saracini, e narrò; il fatto a pieno;
che fra tant'ira sicurtà; gli preste e diede insieme lettere del figlio
l'esser messo del re; né; si conforta del re Troiano al figlio d'Ulieno.
per dir ch'imbasciator pena non porta. Si piglia finalmente per consiglio
che i duo guerrier, deposto ogni veneno,
110 facciano insieme triegua fin al giorno
Ma viene a Doralice, ed a lei narra che sia tolto l'assedio ai Mori intorno;
ch'Agramante, Marsilio e Stordilano,
con pochi dentro a mal sicura sbarra 113
sono assediati dal popul cristiano. e senza più; dimora, come pria
Narrato il caso, con prieghi ne inarra liberato d'assedio abbian lor gente,
che faccia il tutto ai duo guerrieri piano, non s'intendano aver più; compagnia,
e che gli accordi insieme, e per lo scampo ma crudel guerra e inimicizia ardente,
del popul saracin li meni in campo. fin che con l'arme diffinito sia
chi la donna aver de' meritamente.
111 Quella, ne le cui man giurato fue,
Tra i cavallier la donna di gran core fece la sicurtà; per amendue.
si mette, e dice loro: - Io vi comando,
per quanto so che mi portate amore, 114
che riserbiate a miglior uso il brando, Quivi era la Discordia impaziente,
e ne vegnate subito in favore inimica di pace e d'ogni triegua;
del nostro campo saracino, quando e la Superbia v'è;, che non consente
si trova ora assediato ne le tende, né; vuol patir che tale accordo segua.
e presto aiuto, o gran ruina attende. - Ma più; di lor può; Amor quivi presente,
di cui l'alto valor nessuno adegua;
112 e fe' ch'indietro, a colpi di saette,
lndi il messo soggiunse il gran periglio e la Discordia e la Superbia stette.

455
non si sciogliea quella battaglia fiera,
115 che l'un n'avrebbe il triunfale alloro;
Fu conclusa la triegua fra costoro ed Agramante invan con la sua schiera
sì; come piacque a chi di lor potea. l'aiuto avria aspettato di costoro.
Vi mancava uno dei cavalli loro, Dunque Amor sempre rio non si ritrova:
che morto quel del Tartaro giacea: se spesso nuoce, anco talvolta giova.
però; vi venne a tempo Brigliadoro,
che le fresche erbe lungo il rio pascea. 3
Ma al fin del canto io mi trovo esser giunto; Or l'uno e l'altro cavallier pagano,
sì; ch'io farò;, con vostra grazia, punto. che tutti ha differiti i suoi litigi,
va, per salvar l'esercito africano,
con la donna gentil verso Parigi;
CANTO VENTICINQUESIMO e va con essi ancora il piccol nano
che seguitò; del Tartaro i vestigi,
1 fin che con lui condotto a fronte a fronte
Oh gran contrasto in giovenil pensiero, avea quivi il geloso Rodomonte.
desir di laude ed impeto d'amore!
né; chi più; vaglia, ancor si trova il vero; 4
che resta or questo or quel superiore. Capitaro in un prato ove a diletto
Ne l'uno ebbe e ne l'altro cavalliero erano cavallier sopra un ruscello,
quivi gran forza il debito e l'onore; duo disarmati e duo ch'avean l'elmetto,
che l'amorosa lite s'intermesse, e una donna con lor di viso bello.
fin che soccorso il campo lor s'avesse. Chi fosser quelli, altrove vi fia detto;
or no, che di Ruggier prima favello,
2 del buon Ruggier di cui vi fu narrato
Ma più; ve l'ebbe Amor: che se non era che lo scudo nel pozzo avea gittato.
che così; commandò; la donna loro,

456
5 ben ch'intorno al rastrello e in su le fosse
Non è; dal pozzo ancor lontano un miglio, gran quantità; d'uomini e d'arme fosse.
che venire un corrier vede in gran fretta,
di quei che manda di Troiano il figlio 8
ai cavallieri onde soccorso aspetta; Perch'era conosciuta da la gente
dal qual ode che Carlo in tal periglio quella donzella ch'avea in compagnia,
la gente saracina tien ristretta, fu lasciato passar liberamente,
che, se non è; chi tosto le dia aita, né; domandato pure onde venì;a.
tosto l'onor vi lascerà; o la vita. Giunse alla piazza, e di fuoco lucente,
e piena la trovò; di gente ria;
6 e vide in mezzo star con viso smorto
Fu da molti pensier ridutto in forse il giovine dannato ad esser morto.
Ruggier, che tutti l'assaliro a un tratto;
ma qual per lo miglior dovesse torse, 9
né; luogo avea né; tempo a pensar atto. Ruggier come gli alzò; gli occhi nel viso,
Lasciò; andare il messaggio, e 'l freno torse che chino a terra e lacrimoso stava,
là; dove fu da quella donna tratto, di veder Bradamante gli fu aviso,
ch'ad or ad or in modo egli affrettava, tanto il giovine a lei rassimigliava.
che nessun tempo d'indugiar le dava. Più; dessa gli parea, quanto più; fiso
al volto e alla persona il riguardava;
7 e fra sé; disse: - O questa è; Bradamante,
Quindi seguendo il camin preso, venne o ch'io non son Ruggier com'era inante.
(già; declinando il sole) ad una terra
che 'l re Marsilio in mezzo Francia tenne, 10
tolta di man di Carlo in quella guerra. Per troppo ardir si sarà; forse messa
Né; al ponte né; alla porta si ritenne, del garzon condennato alla difesa;
che non gli niega alcuno il passo o serra, e poi che mal la cosa l'è; successa,

457
ne sarà; stata, come io veggo, presa. A quattro o sei dai colli i capi netti
Deh perché; tanta fretta, che con essa levò; Ruggier, ch'indi a fuggir fur lenti;
io non potei trovarmi a questa impresa? ne divise altretanti infin ai petti,
Ma Dio ringrazio che ci son venuto, fin agli occhi infiniti e fin ai denti.
ch'a tempo ancora io potrò; darle aiuto. - Concederò; che non trovasse elmetti,
ma ben di ferro assai cuffie lucenti:
11 e s'elmi fini anco vi fosser stati,
E sanza più; indugiar la spada stringe così; gli avrebbe, o poco men, tagliati.
(ch'avea all'altro castel rotta la lancia),
e adosso il vulgo inerme il destrier spinge 14
per lo petto, pei fianchi e per la pancia. La forza di Ruggier non era quale
Mena la spada a cerco, ed a chi cinge or si ritrovi in cavallier moderno,
la fronte, a chi la gola, a chi la guancia. né; in orso né; in leon né; in animale
Fugge il popul gridando; e la gran frotta altro più; fiero, o nostrale od esterno.
resta o sciancata o con la testa rotta. Forse il tremuoto le sarebbe uguale,
forse il Gran Diavol: non quel de lo 'nferno,
12 ma quel del mio signor, che va col fuoco
Come stormo d'augei ch'in ripa a un stagno ch'a cielo e a terra e a mar si fa dar loco.
vola sicuro e a sua pastura attende,
s'improviso dal ciel falcon grifagno 15
gli dà; nel mezzo ed un ne batte o prende, D'ogni suo colpo mai non cadea manco
si sparge in fuga, ognun lascia il compagno, d'un uomo in terra, e le più; volte un paio;
e de lo scampo suo cura si prende; e quattro a un colpo e cinque n'uccise anco,
così; veduto avreste far costoro, sì; che si venne tosto al centinaio.
tosto che 'l buon Ruggier diede fra loro. Tagliava il brando che trasse dal fianco,
come un tenero latte, il duro acciaio.
13 Falerina, per dar morte ad Orlando,

458
fe' nel giardin d'Orgagna il crudel brando. Già; avea attuffato le dorate ruote
il Sol ne la marina d'occidente,
16 quando Ruggier vittorioso e quello
Averlo fatto poi ben le rincrebbe, giovine seco uscir fuor del castello.
che 'l suo giardin disfar vide con esso.
Che strazio dunque, che ruina debbe 19
far or ch'in man di tal guerriero è; messo? Quando il garzon sicuro de la vita
Se mai Ruggier furor, se mai forza ebbe, con Ruggier si trovò; fuor de le porte,
se mai fu l'alto suo valore espresso, gli rendé; molta grazia ed infinita
qui l'ebbe, il pose qui, qui fu veduto, con gentil modi e con parole accorte,
sperando dare alla sua donna aiuto. che non lo conoscendo, a dargli aita
si fosse messo a rischio de la morte;
17 e pregò; che 'l suo nome gli dicesse,
Qual fa la lepre contra i cani sciolti, per sapere a chi tanto obligo avesse.
facea la turba contra lui riparo.
Quei che restaro uccisi, furo molti; 20
furo infiniti quei ch'in fuga andaro. - Veggo (dicea Ruggier) la faccia bella
Avea la donna intanto i lacci tolti, e le belle fattezze e 'l bel sembiante,
ch'ambe le mani al giovine legaro; ma la suavità; de la favella
e come poté; meglio, presto armollo, non odo già; de la mia Bradamante;
gli diè; una spada in mano e un scudo al collo. né; la relazion di grazie è; quella
ch'ella usar debba al suo fedele amante.
18 Ma se pur questa è; Bradamante, or come
Egli che molto è; offeso, più; che puote ha sì; tosto in oblio messo il mio nome? -
si cerca vendicar di quella gente:
e quivi son sì; le sue forze note, 21
che riputar si fa prode e valente. Per ben saperne il certo, accortamente

459
Ruggier le disse: - Io v'ho veduto altrove;
ed ho pensato e penso, e finalmente 24
non so né; posso ricordarmi dove. ma poi ch'un giorno ella ferita fu
Ditemel voi, se vi ritorna a mente, nel capo (lungo saria a dirvi come),
e fate che 'l nome anco udir mi giove, e per sanarla un servo di Iesù;
acciò; che saper possa a cui mia aita a mezza orecchia le tagliò; le chiome,
dal fuoco abbia salvata oggi la vita. - alcun segno tra noi non restò; più;
di differenza, fuor che 'l sesso e 'l nome.
22 Ricciardetto son io, Bradamante ella;
- Che voi m'abbiate visto esser potria io fratel di Rinaldo, essa sorella.
(rispose quel), che non so dove o quando:
ben vo pel mondo anch'io la parte mia, 25
strane aventure or qua or là; cercando. E se non v'increscesse l'ascoltarmi,
Forse una mia sorella stata fia, cosa direi che vi faria stupire,
che veste l'arme e porta al lato il brando; la qual m'occorse per assimigliarmi
che nacque meco, e tanto mi somiglia, a lei: gioia al principio e al fin martì;re. -
che non ne può; discerner la famiglia. Ruggiero il qual più; graziosi carmi,
più; dolce istoria non potrebbe udire,
23 che dove alcun ricordo intervenisse
Né; primo né; secondo né; ben quarto de la sua donna, il pregò; sì;, che disse.
sè;te di quei ch'errore in ciò; preso hanno:
né; 'l padre né; i fratelli né; chi a un parto 26
ci produsse ambi, scernere ci sanno. - Accadde a questi dì;, che pei vicini
Gli è; ver che questo crin raccorcio e sparto boschi passando la sorella mia,
ch'io porto, come gli altri uomini fanno, ferita da uno stuol de Saracini
ed il suo lungo e in treccia al capo avvolta, che senza l'elmo la trovar per via,
ci solea far già; differenza molta: fu di scorciarsi astretta i lunghi crini,

460
se sanar volse d'una piaga ria con atti e con parole a poco a poco
ch'avea con gran periglio ne la testa; le scopre il fisso cuor di grave punta.
e così; scorcia errò; per la foresta. Con gli occhi ardenti e coi sospir di fuoco
le mostra l'alma di disio consunta.
27 Or si scolora in viso, or si raccende;
Errando giunse ad una ombrosa fonte; tanto s'arrischia, ch'un bacio ne prende.
e perché; afflitta e stanca ritrovosse,
dal destrier scese e disarmò; la fronte, 30
e su le tenere erbe addormentosse. La mia sorella avea ben conosciuto
Io non credo che fabula si conte, che questa donna in cambio l'avea tolta:
che più; di questa istoria bella fosse. né; dar poteale a quel bisogno aiuto,
Fiordispina di Spagna soprarriva, e si trovava in grande impaccio avvolta.
che per cacciar nel bosco ne veniva. - Gli è; meglio (dicea seco) s'io rifiuto
questa avuta di me credenza stolta
28 e s'io mi mostro femina gentile,
E quando ritrovò; la mia sirocchia che lasciar riputarmi un uomo vile. -
tutta coperta d'arme, eccetto il viso,
ch'avea la spada in luogo di conocchia, 31
le fu vedere un cavalliero aviso. E dicea il ver; ch'era viltade espressa,
La faccia e le viril fattezze adocchia conveniente a un uom fatto di stucco,
tanto, che se ne sente il cor conquiso; con cui sì; bella donna fosse messa,
la invita a caccia, e tra l'ombrose fronde piena di dolce e di nettareo succo,
lunge dagli altri al fin seco s'asconde. e tuttavia stesse a parlar con essa,
tenendo basse l'ale come il cucco.
29 Con modo accorto ella il parlar ridusse,
Poi che l'ha seco in solitario loco che venne a dir come donzella fusse;
dove non teme d'esser sopraggiunta,

461
32 saprei partir la rosa da le spine:
che gloria, qual già; Ippolita e Camilla, solo il mio desiderio è; senza fine!
cerca ne l'arme; e in Africa era nata
in lito al mar ne la città; d'Arzilla, 35
a scudo e a lancia da fanciulla usata. Se pur volevi, Amor, darmi tormento
Per questo non si smorza una scintilla che t'increscesse il mio felice stato,
del fuoco de la donna inamorata. d'alcun martì;r dovevi star contento,
Questo rimedio all'alta piaga è; tardo: che fosse ancor negli altri amanti usato.
tant'avea Amor cacciato inanzi il dardo. Né; tra gli uomini mai né; tra l'armento,
che femina ami femina ho trovato:
33 non par la donna all'altre donne bella,
Per questo non le par men bello il viso, né; a cervie cervia, né; all'agnelle agnella.
men bel lo sguardo e men belli i costumi;
per ciò; non torna il cor, che già; diviso 36
da lei, godea dentro gli amati lumi. In terra, in aria, in mar, sola son io
Vedendola in quell'abito, l'è; aviso che patisco da te sì; duro scempio;
che può; far che 'l desir non la consumi; e questo hai fatto acciò; che l'error mio
e quando, ch'ella è; pur femina, pensa, sia ne l'imperio tuo l'ultimo esempio.
sospira e piange e mostra doglia immensa. La moglie del re Nino ebbe disio,
il figlio amando, scelerato ed empio,
34 e Mirra il padre, e la Cretense il toro:
Chi avesse il suo ramarico e 'l suo pianto ma gli è; più; folle il mio, ch'alcun dei loro.
quel giorno udito, avria pianto con lei.
- Quai tormenti (dicea) furon mai tanto 37
crudel, che più; non sian crudeli i miei? La femina nel maschio fe' disegno,
D'ogn'altro amore, o scelerato o santo, speronne il fine, ed ebbelo, come odo:
il desiato fin sperar potrei; Pasife ne la vacca entrò; del legno,

462
altre per altri mezzi e vario modo. Non le seppe negar la mia sorella:
Ma se volasse a me con ogni ingegno e così; insieme ne vennero al loco,
Dedalo, non potria scioglier quel nodo dove la turba scelerata e fella
che fece il mastro troppo diligente, posto m'avria, se tu non v'eri, al fuoco.
Natura d'ogni cosa più; possente. - Fece là; dentro Fiordispina bella
la mia sirocchia accarezzar non poco:
38 e rivestita di feminil gonna,
Così; si duole e si consuma ed ange conoscer fe' a ciascun ch'ella era donna.
la bella donna, e non s'accheta in fretta.
Talor si batte il viso e il capel frange, 41
e di sé; contra sé; cerca vendetta. Però; che conoscendo che nessuno
La mia sorella per pietà; ne piange, util traea da quel virile aspetto,
ed è; a sentir di quel dolor costretta. non le parve anco di voler ch'alcuno
Del folle e van disio si studia trarla, biasmo di sé; per questo fosse detto:
ma non fa alcun profitto, e invano parla. fé;llo anco, acciò; che 'l mal ch'avea da l'uno
virile abito, errando, già; concetto,
39 ora con l'altro, discoprendo il vero,
Ella ch'aiuto cerca e non conforto, provassi di cacciar fuor del pensiero.
sempre più; si lamenta e più; si duole.
Era del giorno il termine ormai corto, 42
che rosseggiava in occidente il sole, Commune il letto ebbon la notte insieme,
ora oportuna da ritrarsi in porto ma molto differente ebbon riposo;
a chi la notte al bosco star non vuole; che l'una dorme, e l'altra piange e geme
quando la donna invitò; Bradamante che sempre il suo desir sia più; focoso.
a questa terra sua poco distante. E se 'l sonno talor gli occhi le preme,
quel breve sonno è; tutto imaginoso:
40 le par veder che 'l ciel l'abbia concesso

463
Bradamante cangiata in miglior sesso. La gentil donna un ottimo ginetto
in don da lei vuol che partendo toglia,
43 guernito d'oro, ed una sopravesta
Come l'infermo acceso di gran sete, che riccamente ha di sua man contesta.
s'in quella ingorda voglia s'addormenta,
nell'interrotta e turbida quiete, 46
d'ogn'acqua che mai vide si ramenta; Accompagnolla un pezzo Fiordispina,
così; a costei di far sue voglie liete poi fe' piangendo al suo castel ritorno.
l'imagine del sonno rappresenta. La mia sorella sì; ratto camina,
Si desta; e nel destar mette la mano, che venne a Montalbano anco quel giorno.
e ritrova pur sempre il sogno vano. Noi suoi fratelli e la madre meschina
tutti le siamo festeggiando intorno;
44 che di lei non sentendo, avuto forte
Quanti prieghi la notte, quanti voti, dubbio e tema avevà;n de la sua morte.
offerse al suo Macone e a tutti i dei,
che con miracoli apparenti e noti 47
mutassero in miglior sesso costei! Mirammo (al trar de l'elmo) al mozzo crine,
ma tutti vede andar d'effetto voti, ch'intorno al capo prima s'avolgea;
e forse ancora il ciel ridea di lei. così; le sopraveste peregrine
Passa la notte; e Febo il capo biondo ne fer meravigliar, ch'indosso avea.
traea del mare, e dava luce al mondo. Ed ella il tutto dal principio al fine
narronne, come dianzi io vi dicea:
45 come ferita fosse al bosco, e come
Poi che 'l dì; venne e che lasciaro il letto, lasciasse, per guarir, le belle chiome;
a Fiordispina s'augumenta doglia;
che Bradamante ha del partir già; detto, 48
ch'uscir di questo impaccio avea gran voglia. e come poi dormendo in ripa all'acque,

464
la bella cacciatrice sopragiunse,
a cui la falsa sua sembianza piacque; 51
e come da la schiera la disgiunse. Faccio o nol faccio? Al fin mi par che buono
Del lamento di lei poi nulla tacque, sempre cercar quel che diletti sia.
che di pietade l'anima ci punse; Del mio pensier con altri non ragiono,
e come alloggiò; seco, e tutto quello né; vo' ch'in ciò; consiglio altri mi dia.
che fece fin che ritornò; al castello. Io vo la notte ove quell'arme sono
che s'avea tratte la sorella mia:
49 tolgole, e col destrier suo via camino,
Di Fiordispina gran notizia ebb'io, né; sto aspettar che luca il matutino.
ch'in Siragozza e già; la vidi in Francia,
e piacquer molto all'appetito mio 52
i suoi begli occhi e la polita guancia: Io me ne vo la notte (Amore è; duce)
ma non lasciai fermarvisi il disio, a ritrovar la bella Fiordispina;
che l'amar senza speme è; sogno e ciancia. e v'arrivai che non era la luce
Or, quando in tal ampiezza mi si porge, del sole ascosa ancor ne la marina.
l'antiqua fiamma subito risorge. Beato è; chi correndo si conduce
prima degli altri a dirlo alla regina,
50 da lei sperando per l'annunzio buono
Di queste speme Amor ordisce i nodi, acquistar grazia e riportarne dono.
che d'altre fila ordir non li potea,
onde mi piglia: e mostra insieme i modi 53
che da la donna avrei quel ch'io chiedea. Tutti m'aveano tolto così; in fallo,
A succeder saran facil le frodi; com'hai tu fatto ancor, per Bradamante;
che come spesso altri ingannato avea tanto più; che le vesti ebbi e 'l cavallo
la simiglianza c'ho di mia sorella, con che partita era ella il giorno inante.
forse anco ingannerà; questa donzella. Vien Fiordispina di poco intervallo

465
con feste incontra e con carezze tante, dai quali fummo con l'onor raccolte,
e con sì; allegro viso e sì; giocondo, ch'alle regine fassi e gran madonne.
che più; gioia mostrar non potria al mondo. Quivi d'alcuni mi risi io più; volte,
che non sappiendo ciò; che sotto gonne
54 si nascondesse valido e gagliardo,
Le belle braccia al collo indi mi getta, mi vagheggiavan con lascivo sguardo.
e dolcemente stringe, e bacia in bocca.
Tu puoi pensar s'allora la saetta 57
dirizzi Amor, s'in mezzo il cor mi tocca. Poi che si fece la notte più; grande,
Per man mi piglia, e in camera con fretta e già; un pezzo la mensa era levata,
mi mena; e non ad altri, ch'a lei, tocca la mensa, che fu d'ottime vivande,
che da l'elmo allo spron l'arme mi slacci secondo la stagione, apparecchiata;
e nessun altro vuol che se n'impacci. non aspetta la donna ch'io domande
quel che m'era cagion del venir stata:
55 ella m'invita per sua cortesia,
Poi fattasi arrecare una sua veste che quella notte a giacer seco io stia.
adorna e ricca, di sua man la spiega,
e come io fossi femina, mi veste, 58
e in reticella d'oro il crin mi lega. Poi che donne e donzelle ormai levate
Io muovo gli occhi con maniere oneste, si furo, e paggi e camerieri intorno,
né; ch'io sia donna alcun mio gesto niega. essendo ambe nel letto dispogliate,
La voce ch'accusar mi potea forse, coi torchi accesi che parea di giorno,
sì; ben usai, ch'alcun non se n'accorse. io cominciai: - Non vi maravigliate,
madonna, se sì; tosto a voi ritorno;
56 che forse v'andavate imaginando
Uscimmo poi là; dove erano molte di non mi riveder fin Dio sa quando.
persone in sala, e cavallieri e donne,

466
59 quanto chieder saprai, perché; son ninfa
Dirò; prima la causa del partire, che vivo dentro a questa chiara linfa;
poi del ritorno l'udirete ancora.
Se 'l vostro ardor, madonna, intiepidire 62
potuto avessi col mio far dimora, ed ho possanza far cose stupende,
vivere in vostro servizio e morire e sforzar gli elementi e la natura.
voluto avrei, né; starne senza un'ora; Ghiedi tu, quanto il mio valor s'estende,
ma visto quanto il mio star vi nocessi, poi lascia a me di satisfarti cura.
per non poter far meglio, andare elessi. Dal ciel la luna al mio cantar discende,
s'agghiaccia il fuoco, e l'aria si fa dura;
60 ed ho talor con semplici parole
Fortuna mi tirò; fuor del camino mossa la terra, ed ho fermato il sole. -
in mezzo un bosco d'intricati rami,
dove odo un grido risonar vicino, 63
come di donna che soccorso chiami. Non le domando a questa offerta unire
V'accorro, e sopra un lago cristallino tesor, né; dominar populi e terre,
ritrovo un fauno ch'avea preso agli ami né; in più; virtù; né; in più; vigor salire,
in mezzo l'acqua una donzella nuda, né; vincer con onor tutte le guerre;
e mangiarsi, il crudel, la volea cruda. ma sol che qualche via donde il desire
vostro s'adempia, mi schiuda e disserre:
61 né; più; le domando un ch'un altro effetto,
Colà; mi trassi, e con la spada in mano ma tutta al suo giudicio mi rimetto.
(perch'aiutar non la potea altrimente)
tolsi di vita il pescator villano: 64
ella saltò; ne l'acqua immantinente. Ebbile a pena mia domanda esposta,
- Non m'avrai (disse) dato aiuto invano: ch'un'altra volta la vidi attuffata;
ben ne sarai premiato e riccamente né; fece al mio parlare altra risposta,

467
che di spruzzar vêr me l'acqua incantata: così; la donna, poi che tocca e vede
la qual non prima al viso mi s'accosta, quel di ch'avuto avea tanto desire,
ch'io (non so come) son tutta mutata. agli occhi, al tatto, a se stessa non crede,
Io 'l veggo, io 'l sento, e a pena vero parmi: e sta dubbiosa ancor di non dormire;
sento in maschio, di femina, mutarmi. e buona prova bisognò; a far fede,
che sentia quel che le parea sentire.
65 - Fa, Dio (disse ella), se son sogni questi,
E se non fosse che senza dimora ch'io dorma sempre, e mai più; non mi desti. -
vi potete chiarir, nol credereste:
e qual nell'altro sesso, in questo ancora 68
ho le mie voglie ad ubbidirvi preste. Non rumor di tamburi o suon di trombe
Commandate lor pur, che fieno or ora furon principio all'amoroso assalto,
e sempremai per voi vigile e deste. - ma baci ch'imitavan le colombe,
Così; le dissi; e feci ch'ella istessa davan segno or di gire, or di fare alto.
trovò; con man la veritade espressa. Usammo altr'arme che saette o frombe.
Io senza scale in su la rocca salto
66 e lo stendardo piantovi di botto,
Come interviene a chi già; fuor di speme e la nimica mia mi caccio sotto.
di cosa sia che nel pensier molt'abbia,
che mentre più; d'esserne privo geme, 69
più; se n'afflige e se ne strugge e arrabbia; Se fu quel letto la notte dinanti
se ben la trova poi, tanto gli preme pien di sospiri e di querele gravi,
l'aver gran tempo seminato in sabbia, non stette l'altra poi senza altretanti
e la disperazion l'ha sì; male uso, risi, feste, gioir, giochi soavi.
che non crede a se stesso, e sta confuso: Non con più; nodi i flessuosi acanti
le colonne circondano e le travi,
67 di quelli con che noi legammo stretti

468
e colli e fianchi e braccia e gambe e petti. Fosse come si voglia, era gagliardo,
prudente, liberal, cortese, umano;
70 e facea quivi le fraterne mura
La cosa stava tacita fra noi, la notte e il dì; guardar con buona cura.
sì; che durò; il piacer per alcun mese:
pur si trovò; chi se n'accorse poi, 73
tanto che con mio danno il re lo 'ntese. Raccolse il cavallier cortesemente,
Voi che mi liberaste da quei suoi come dovea, il cugin suo Ricciardetto,
che ne la piazza avean le fiamme accese, ch'amò; come fratello; e parimente
comprendere oggimai potete il resto; fu ben visto Ruggier per suo rispetto.
ma Dio sa ben con che dolor ne resto. - Ma non gli uscì; già; incontra allegramente,
come era usato, anzi con tristo aspetto,
71 perch'uno aviso il giorno avuto avea,
Così; a Ruggier narrava Ricciardetto, che nel viso e nel cor mesto il facea.
e la notturna via facea men grave,
salendo tuttavia verso un poggetto 74
cinto di ripe e di pendici cave. A Ricciardetto in cambio di saluto
Un erto calle e pien di sassi e stretto disse: - Fratello, abbià;n nuova non buona.
apria il camin con faticosa chiave. Per certissimo messo oggi ho saputo
Sedea al sommo un castel detto Agrismonte, che Bertolagi iniquo di Baiona
ch'ave' in guardia Aldigier di Chiaramonte. con Lanfusa crudel s'è; convenuto,
che preziose spoglie esso a lei dona,
72 ed essa a lui pon nostri frati in mano,
Di Buovo era costui figliuol bastardo, il tuo bon Malagigi e il tuo Viviano.
fratel di Malagigi e di Viviano;
chi legitimo dice di Gherardo, 75
è; testimonio temerario e vano. Ella dal dì; che Ferraù; li prese,

469
gli ha ognor tenuti in loco oscuro e fello,
fin che 'l brutto contratto e discortese 78
n'ha fatto con costui di ch'io favello. Io non voglio altra gente, altri sussidi,
Gli de' mandar domane al Maganzese ch'io credo bastar solo a questo fatto;
nei confin tra Baiona e un suo castello. io vi domando solo un che mi guidi
Verrà; in persona egli a pagar la mancia al luogo ove si dee fare il baratto.
che compra il miglior sangue che sia in Francia. Io vi farò; sin qui sentire i gridi
di chi sarà; presente al rio contratto. -
76 Così; dicea; né; dicea cosa nuova
Rinaldo nostro n'ho avisato or ora, all'un de' dui, che n'avea visto pruova.
ed ho cacciato il messo di galoppo;
ma non mi par ch'arrivar possa ad ora 79
che non sia tarda, che 'l camino è; troppo. L'altro non l'ascoltava, se non quanto
Io non ho meco gente da uscir fuora: s'ascolti un ch'assai parli e sappia poco:
l'animo è; pronto, ma il potere è; zoppo. ma Ricciardetto gli narrò; da canto
Se gli ha quel traditor, li fa morire: come fu per costui tratto del fuoco;
sì; che non so che far, non so che dire. - e ch'era certo che maggior del vanto
faria veder l'effetto a tempo e a loco.
77 Gli diede allor udienza più; che prima,
La dura nuova a Ricciardetto spiace, e riverillo, e fe' di lui gran stima.
e perché; spiace a lui, spiace a Ruggiero;
che poi che questo e quel vede che tace, 80
né; tra' profitto alcun del suo pensiero, Ed alla mensa, ove la Copia fuse
disse con grande ardir: - Datevi pace: il corno, l'onorò; come suo donno.
sopra me quest'impresa tutta chero; Quivi senz'altro aiuto si concluse
e questa mia varrà; per mille spade che liberare i duo fratelli ponno.
a riporvi i fratelli in libertade. Intanto sopravenne e gli occhi chiuse

470
ai signori e ai sergenti il pigro Sonno, Quando questo pensier, quando quel giunge,
fuor ch'a Ruggier; che, per tenerlo desto, che 'l dubio cor diversamente inchina.
gli punge il cor sempre un pensier molesto. Gli era l'aviso riuscito lunge
di trovarla al castel di Fiordispina,
81 dove insieme dovean, come ho già; detto,
L'assedio d'Agramante ch'avea il giorno in soccorso venir di Ricciardetto.
udito dal corrier, gli sta nel core.
Ben vede ch'ogni minimo soggiorno 84
che faccia d'aiutarlo, è; suo disnore. Poi gli sovien ch'egli le avea promesso
Quanta gli sarà; infamia, quanto scorno, di seco a Vallombrosa ritrovarsi.
se coi nemici va del suo signore! Pensa ch'andar v'abbi ella, e quivi d'esso
Oh come a gran viltade, a gran delitto, che non vi trovi poi, maravigliarsi.
battezzandosi alor, gli sarà; ascritto! Potesse almen mandar lettera o messo,
sì; ch'ella non avesse a lamentarsi
82 che, oltre ch'egli mal le avea ubbidito,
Potria in ogn'altro tempo esser creduto senza far motto ancor fosse partito.
che vera religion l'avesse mosso;
ma ora che bisogna col suo aiuto 85
Agramante d'assedio esser riscosso, Poi che più; cose imaginate s'ebbe,
più; tosto da ciascun sarà; tenuto pensa scriverle al fin quanto gli accada;
che timore e viltà; l'abbia percosso, e ben ch'egli non sappia come debbe
ch'alcuna opinion di miglior fede: la lettera inviar, sì; che ben vada,
questo il cor di Ruggier stimula e fiede. non però; vuol restar; che ben potrebbe
alcun messo fedel trovar per strada.
83 Più; non s'indugia, e salta de le piume;
Che s'abbia da partire anco lo punge si fa dar carta, inchiostro, penna e lume.
senza licenza de la sua regina.

471
86 la qual sua moglie, e totalmente in dui
I camarier discreti ed aveduti corpi esser dovea un'anima con lui.
arrecano a Ruggier ciò; che commanda.
Egli comincia a scrivere, e i saluti 89
(come si suol) nei primi versi manda: E sì; come già; a bocca le avea detto,
poi narra degli avisi che venuti le ridicea per questa carta ancora:
son dal suo re, ch'aiuto gli domanda; finito il tempo in che per fede astretto
e se l'andata sua non è; ben presta, era al suo re, quando non prima muora,
o morto o in man degli nimici resta. che si farà; cristian così; d'effetto,
come di buon voler stato era ogni ora;
87 e ch'al padre e a Rinaldo e agli altri suoi
Poi seguita, ch'essendo a tal partito, per moglie domandar la farà; poi.
e ch'a lui per aiuto si volgea,
vedesse ella che 'l biasmo era infinito 90
s'a quel punto negar gli lo volea; - Voglio (le soggiungea), quando vi piaccia,
e ch'esso, a lei dovendo esser marito, l'assedio al mio signor levar d'intorno,
guardarsi da ogni macchia si dovea; acciò; che l'ignorante vulgo taccia,
che non si convenia con lei, che tutta il qual direbbe, a mia vergogna e scorno:
era sincera, alcuna cosa brutta. Ruggier, mentre Agramante ebbe bonaccia,
mai non l'abandonò; notte né; giorno;
88 or che Fortuna per Carlo si piega,
E se mai per adietro un nome chiaro, egli col vincitor l'insegna spiega.
ben oprando, cercò; di guadagnarsi,
e guadagnato poi, se avuto caro, 91
se cercato l'avea di conservarsi; Voglio quindici dì; termine o venti,
or lo cercava, e n'era fatto avaro, tanto che comparir possa una volta,
poi che dovea con lei participarsi, sì; che degli africani alloggiamenti

472
la grave ossedion per me sia tolta. E poi ch'a salutar la nuova luce
Intanto cercherò; convenienti pei verdi rami incominciar gli augelli,
cagioni, e che sian giuste, di dar volta. Aldigier che voleva essere il duce
Io vi domando per mio onor sol questo: di Ruggiero e de l'altro, e guidar quelli
tutto poi vostro è; di mia vita il resto. - ove faccin che dati in mano al truce
Bertolagi non siano i duo fratelli,
92 fu 'l primo in piede; e quando sentir lui,
In simili parole si diffuse del letto usciro anco quegli altri dui.
Ruggier, che tutte non so dirvi a pieno;
e seguì; con molt'altre, e non concluse 95
fin che non vide tutto il foglio pieno; Poi che vestiti furo e bene armati,
e poi piegò; la lettera e la chiuse, coi duo cugin Ruggier si mette in via,
e suggellata se la pose in seno, già; molto indarno avendoli pregati
con speme che gli occorra il dì; seguente che questa impresa a lui tutta si dia;
chi alla donna la dia secretamente. ma essi, pel desir c'han de' lor frati,
e perché; lor parea discortesia,
93 steron negando più; duri che sassi,
Chiusa ch'ebbe la lettera, chiuse anco né; consentiron mai che solo andassi.
gli occhi sul letto, e ritrovò; quiete;
che 'l Sonno venne, e sparse il corpo stanco 96
col ramo intinto nel liquor di Lete: Giunsero al loco il dì; che si dovea
e posò; fin ch'un nembo rosso e bianco Malagigi mutar nei carriaggi.
di fiori sparse le contrade liete Era un'ampla campagna che giacea
del lucido oriente d'ogn'intorno, tutta scoperta agli apollinei raggi.
ed indi uscì; de l'aureo albergo il giorno. Quivi né; allor né; mirto si vedea,
né; cipressi né; frassini né; faggi,
94 ma nuda ghiara, e qualche umil virgulto

473
non mai da marra o mai da vomer culto. Degna d'eterna laude è; Bradamante,
che non amò; tesor, non amò; impero,
97 ma la virtù;, ma l'animo prestante,
I tre guerrieri arditi si fermaro ma l'alta gentilezza di Ruggiero;
dove un sentier fendea quella pianura; e meritò; che ben le fosse amante
e giunger quivi un cavallier miraro, un così; valoroso cavalliero,
ch'avea d'oro fregiata l'armatura, e per piacere a lei facesse cose
e per insegna in campo verde il raro nei secoli avenir miracolose.
e bello augel che più; d'un secol dura.
Signor, non più;, che giunto al fin mi veggio 3
di questo canto, e riposarmi chieggio. Ruggier, come di sopra vi fu detto,
coi duo di Chiaramonte era venuto,
dico con Aldigier, con Ricciardetto,
CANTO VENTISEIESIMO per dare ai duo fratei prigioni aiuto.
Vi dissi ancor che di superbo aspetto
venire un cavalliero avean veduto,
1 che portava l'augel che si rinuova,
Cortesi donne ebbe l'antiqua etade, e sempre unico al mondo si ritrova.
che le virtù;, non le ricchezze, amaro:
al tempo nostro si ritrovan rade 4
a cui, più; del guadagno, altro sia caro. Come di questi il cavallier s'accorse,
Ma quelle che per lor vera bontade che stavan per ferir quivi su l'ale,
non seguon de le più; lo stile avaro, in prova disegnò; di voler porse,
vivendo, degne son d'esser contente; s'alla sembianza avean virtude uguale.
gloriose e immortal poi che fian spente. - è; di voi (disse loro) alcuno forse
che provar voglia chi di noi più; vale
2 a' colpi o de la lancia o de la spada,

474
fin che l'un resti in sella e l'altro cada? - Vi priego ben, che por con le vostr'arme
quest'elmo io possa e questo scudo nostro;
5 e spero dimostrar, se con voi vegno,
- Farei (disse Aldigier) teco, o volessi che di tal compagnia non sono indegno. -
menar la spada a cerco, o correr l'asta;
ma un'altra impresa che, se qui tu stessi, 8
veder potresti, questa in modo guasta, Parmi veder ch'alcun saper desia
ch'a parlar teco, non che ci traessi il nome di costui, che quivi giunto
a correr giostra, a pena tempo basta: a Ruggiero e a' compagni si offeria
seicento uomini al varco, o più;, attendiamo, compagno d'arme al periglioso punto.
coi qua' d'oggi provarci obligo abbiamo. Costei (non più; costui detto vi sia)
era Marfisa che diede l'assunto
6 al misero Zerbin de la ribalda
Per tor lor duo de' nostri che prigioni vecchia Gabrina ad ogni mal sì; calda.
quinci trarran, pietade e amor n'ha mosso. -
E seguitò; narrando le cagioni 9
che li fece venir con l'arme indosso. I duo di Chiaramonte e il buon Ruggiero
- Sì; giusta è; questa escusa che m'opponi l'accettar volentier ne la lor schiera,
(disse il guerrier), che contradir non posso; ch'esser credeano certo un cavalliero,
e fo certo giudicio che voi siate e non donzella, e non quella ch'ella era.
tre cavallier che pochi pari abbiate. Non molto dopo scoperse Aldigiero
e veder fe' ai compagni una bandiera
7 che facea l'aura tremolare in volta,
Io chiedea un colpo o dui con voi scontrarme, e molta gente intorno avea raccolta.
per veder quanto fosse il valor vostro;
ma quando all'altrui spese dimostrarme 10
lo vogliate, mi basta, e più; non giostro. E poi che più; lor fur fatti vicini,

475
e che meglio notar l'abito moro,
conobbero che gli eran Saracini, 13
e videro i prigioni in mezzo a loro Né; di Buovo il figliuol né; quel d'Amone,
legati e tratti su piccol ronzini veduto il Maganzese, indugiar puote:
a' Maganzesi, per cambiarli in oro. la lancia in resta l'uno e l'altro pone,
Disse Marfisa agli altri: - Ora che resta, e l'uno e l'altro il traditor percuote.
poi che son qui, di cominciar la festa? - L'un gli passa la pancia e 'l primo arcione,
e l'altro il viso per mezzo le gote.
11 Così; n'andasser pur tutti i malvagi,
Ruggier rispose: - Gl'invitati ancora come a quei colpi n'andò; Bertolagi.
non ci son tutti, e manca una gran parte.
Gran ballo s'apparecchia di fare ora; 14
e perché; sia solenne, usiamo ogn'arte: Marfisa con Ruggiero a questo segno
ma far non ponno omai lunga dimora. - si muove, e non aspetta altra trombetta;
Così; dicendo, veggono in disparte né; prima rompe l'arrestato legno,
venire i traditori di Maganza: che tre, l'un dopo l'altro, in terra getta.
sì; ch'eran presso a cominciar la danza. De l'asta di Ruggier fu il pagan degno,
che guidò; gli altri, e uscì; di vita in fretta;
12 e per quella medesima con lui
Giungean da l'una parte i Maganzesi, uno ed un altro andò; nei regni bui.
e conducean con loro i muli carchi
d'oro e di vesti e d'altri ricchi arnesi; 15
da l'altra in mezzo a lance, spade ed archi, Di qui nacque un error tra gli assaliti,
venian dolenti i duo germani presi, che lor causò; lor ultima ruina.
che si vedeano essere attesi ai varchi: Da un lato i Maganzesi esser traditi
e Bertolagi, empio inimico loro, credeansi da la squadra saracina;
udian parlar col capitano Moro. da l'altro i Mori in tal modo feriti,

476
l'altra schiera chiamavano assassina: perché;, lasciando il campo saracino,
e tra lor cominciar con fiera clade sol tenean l'occhio all'altro di Maganza.
a tirare archi e a menar lance e spade. Il fratel di Rinaldo paladino
con molto animo avea molta possanza,
16 e quivi raddoppiar glie la facea
Salta ora in questa squadra ed ora in quella l'odio che contra ai Maganzesi avea.
Ruggiero, e via ne toglie or dieci or venti:
altritanti per man de la donzella 19
di qua e di là; ne son scemati e spenti. Facea parer questa medesma causa
Tanti si veggon gir morti di sella, un leon fiero il bastardo di Buovo,
quanti ne toccan le spade taglienti, che con la spada senza indugio e pausa
a cui dan gli elmi e le corazze loco, fende ogn'elmo, o lo schiaccia come un ovo.
come nel bosco i secchi legni al fuoco. E qual persona non saria stata ausa,
non saria comparita un Ettor nuovo,
17 Marfisa avendo in compagnia e Ruggiero,
Se mai d'aver veduto vi raccorda, ch'eran la scelta e 'l fior d'ogni guerriero?
o rapportato v'ha fama all'orecchie,
come, allor che 'l collegio si discorda, 20
e vansi in aria a far guerra le pecchie, Marfisa tuttavolta combattendo,
entri fra lor la rondinella ingorda, spesso ai compagni gli occhi rivoltava;
e mangi e uccida e guastine parecchie; e di lor forza paragon vedendo,
dovete imaginar che similmente con maraviglia tutti li lodava:
Ruggier fosse e Marfisa in quella gente. ma di Ruggier pur il valor stupendo
e senza pari al mondo le sembrava;
18 e talor si credea che fosse Marte
Non così; Ricciardetto e il suo cugino sceso dal quinto cielo in quella parte.
tra le due genti variavan danza,

477
21 e non men di Ruggier gli occhi a sé; trasse,
Mirava quelle orribili percosse, ch'ella di lui l'alto valor mirasse.
miravale non mai calare in fallo:
parea che contra Balisarda fosse 24
il ferro carta e non duro metallo. E s'ella lui Marte stimato avea,
Gli elmi tagliava e le corazze grosse, stimato egli avria lei forse Bellona,
e gli uomini fendea fin sul cavallo, se per donna così; la conoscea,
e li mandava in parte uguali al prato, come parea il contrario alla persona.
tanto da l'un quanto da l'altro lato. E forse emulazion tra lor nascea
per quella gente misera, non buona,
22 ne la cui carne e sangue e nervi ed ossa
Continuando la medesma botta, fan prova chi di loro abbia più; possa.
uccidea col signore il cavallo anche.
I capi dalle spalle alzava in frotta, 25
e spesso i busti dipartia da l'anche. Bastò; di quattro l'animo e il valore
Cinque e più; a un colpo ne tagliò; talotta: a far ch'un campo e l'altro andasse rotto.
e se non che pur dubito che manche Non restava arme, a chi fuggia, migliore
credenza al ver c'ha faccia di menzogna, che quella che si porta più; di sotto.
di più; direi; ma di men dir bisogna. Beato chi il cavallo ha corridore,
ch'in prezzo non è; quivi ambio né; trotto;
23 e chi non ha destrier, quivi s'avede,
Il buon Turpin, che sa che dice il vero, quanto il mestier de l'arme è; tristo a piede.
e lascia creder poi quel ch'a l'uom piace,
narra mirabil cose di Ruggiero, 26
ch'udendolo, il direste voi mendace. Riman la preda e 'l campo ai vincitori
Così; parea di ghiaccio ogni guerriero che non è; fante o mulatier che resti.
contra Marfisa, ed ella ardente face; Là; Maganzesi, e qua fuggono i Mori:

478
quei lasciano i prigion, le some questi. Non si ponno saziar di riguardarla;
Furon, con lieti visi e più; coi cori, che tal vista l'avean ne la battaglia.
Malagigi e Viviano a scioglier presti; Sol mira ella Ruggier, sol con lui parla:
non fur men diligenti a sciorre i paggi, altri non prezza, altri non par che vaglia.
e por le some in terra e i carriaggi. Vengono i servi intanto ad invitarla
coi compagni a goder la vettovaglia,
27 ch'apparecchiata avean sopra una fonte
Oltre una buona quantità; d'argento che difendea dal raggio estivo un monte.
ch'in diverse vasella era formato,
ed alcun muliebre vestimento 30
di lavoro bellissimo fregiato, Era una de le fonti di Merlino,
e per stanze reali un paramento de le quattro di Francia da lui fatte,
d'oro e di seta in Fiandra lavorato, d'intorno cinta di bel marmo fino,
ed altre cose ricche in copia grande; lucido e terso, e bianco più; che latte.
fiaschi di vin trovar, pane e vivande. Quivi d'intaglio con lavor divino
avea Merlino imagini ritratte:
28 direste che spiravano, e, se prive
Al trar degli elmi, tutti vider come non fossero di voce, ch'eran vive.
avea lor dato aiuto una donzella:
fu conosciuta all'auree crespe chiome 31
ed alla faccia delicata e bella. Quivi una bestia uscir de la foresta
L'onoran molto, e pregano che 'l nome parea, di crudel vista, odiosa e brutta,
di gloria degno non asconda; ed ella, ch'avea l'orecchie d'asino, e la testa
che sempre tra gli amici era cortese, di lupo e i denti, e per gran fame asciutta;
a dar di sé; notizia non contese. branche avea di leon; l'altro che resta,
tutto era volpe: e parea scorrer tutta
29 e Francia e Italia e Spagna ed Inghelterra,

479
l'Europa e l'Asia, e al fin tutta la terra. e, con insegna simile, con loro
parea un leon contra quel mostro uscire:
32 avean lor nomi chi sopra la testa,
Per tutto avea genti ferite e morte, e chi nel lembo scritto de la vesta.
la bassa plebe e i più; superbi capi:
anzi nuocer parea molto più; forte 35
a re, a signori, a principi, a satrapi. L'un ch'avea fin a l'elsa ne la pancia
Peggio facea ne la romana corte, la spada immersa alla maligna fera,
che v'avea uccisi cardinali e papi: Francesco primo, avea scritto, di Francia;
contaminato avea la bella sede Massimigliano d'Austria a par seco era;
di Pietro e messo scandol ne la fede. e Carlo quinto imperator, di lancia
avea passato il mostro alla gorgiera;
33 e l'altro, che di stral gli fige il petto,
Par che dinanzi a questa bestia orrenda l'ottavo Enrigo d'Inghilterra è; detto.
cada ogni muro, ogni ripar che tocca.
Non si vede città; che si difenda: 36
se l'apre incontra ogni castello e rocca. Decimo ha quel Leon scritto sul dosso,
Par che agli onor divini anco s'estenda, ch'al brutto mostro i denti ha ne l'orecchi;
e sia adorata da la gente sciocca, e tanto l'ha già; travagliato e scosso,
e che le chiavi s'arroghi d'avere che vi sono arrivati altri parecchi.
del cielo e de l'abisso in suo potere. Parea del mondo ogni timor rimosso;
ed in emenda degli errori vecchi
34 nobil gente accorrea, non però; molta,
Poi si vedea d'imperiale alloro onde alla belva era la vita tolta.
cinto le chiome un cavallier venire
con tre giovini a par, che i gigli d'oro 37
tessuti avean nel lor real vestire; I cavallieri stavano e Marfisa

480
con desiderio di conoscer questi
per le cui mani era la bestia uccisa, 40
che fatti avea tanti luoghi atri e mesti. Questa bestia crudele uscì; del fondo
Avenga che la pietra fosse incisa de lo 'nferno a quel tempo che fur fatti
dei nomi lor, non eran manifesti. alle campagne i termini, e fu il pondo
Si pregavan tra lor, che se sapesse trovato e la misura, e scritti i patti.
l'istoria alcuno, agli altri la dicesse. Ma non andò; a principio in tutto 'l mondo:
di sé; lasciò; molti paesi intatti.
38 Al tempo nostro in molti lochi sturba;
Voltò; Viviano a Malagigi gli occhi, ma i populari offende e la vil turba.
che stava a udire, e non facea lor motto:
- A te (disse) narrar l'istoria tocchi, 41
ch'esser ne dé;i, per quel ch'io vegga, dotto. Dal suo principio infin al secol nostro
Chi son costor che con saette e stocchi sempre è; cresciuto, e sempre andrà; crescendo:
e lance a morte han l'animal condotto? - sempre crescendo, al lungo andar fia il mostro
Rispose Malagigi: - Non è; istoria il maggior che mai fosse e lo più; orrendo.
di ch'abbia autor fin qui fatto memoria. Quel Fiton che per carte e per inchiostro
s'ode che fu sì; orribile e stupendo,
39 alla metà; di questo non fu tutto,
Sappiate che costor che qui scritto hanno né; tanto abominevol né; sì; brutto.
nel marmo i nomi, al mondo mai non furo;
ma fra settecento anni vi saranno, 42
con grande onor del secolo futuro. Farà; strage crudel, né; sarà; loco
Merlino, il savio incantator britanno, che non guasti, contamini ed infetti:
fe' far la fonte al tempo del re Arturo; e quanto mostra la scultura, è; poco
e di cose ch'al mondo hanno a venire, de' suoi nefandi e abominosi effetti.
la fe' da buoni artefici scolpire. Al mondo, di gridar mercé; già; roco,

481
questi, dei quali i nomi abbiamo letti, e sì; l'Elvezio spezzerà;, ch'invano
che chiari splenderan più; che piropo, farà; mai più; pensier d'alzare il corno.
verranno a dare aiuto al maggior uopo. Con grande e de la Chiesa e de l'ispano
campo e del fiorentin vergogna e scorno
43 espugnerà; il castel che prima stato
Alla fera crudele il più; molesto sarà; non espugnabile stimato.
non sarà; di Francesco il re de' Franchi:
e ben convien che molti ecceda in questo, 46
e nessun prima e pochi n'abbia a' fianchi; Sopra ogn'altr'arme, ad espugnarlo, molto
quando in splendor real, quando nel resto più; gli varrà; quella onorata spada
di virtù; farà; molti parer manchi, con la qual prima avrà; di vita tolto
che già; parver compiuti; come cede il mostro corruttor d'ogni contrada.
tosto ogn'altro splendor, che 'l sol si vede. Convien ch'inanzi a quella sia rivolto
in fuga ogni stendardo, o a terra vada;
44 né; fossa, né; ripar, né; grosse mura
L'anno primier del fortunato regno, possan da lei tener città; sicura.
non ferma ancor ben la corona in fronte,
passerà; l'Alpe, e romperà; il disegno 47
di chi all'incontro avrà; occupato il monte, Questo principe avrà; quanta eccellenza
da giusto spinto e generoso sdegno, aver felice imperator mai debbia:
che vendicate ancor non sieno l'onte l'animo del gran Cesar, la prudenza
che dal furor da paschi e mandre uscito di chi mostrolla a Transimeno e a Trebbia,
l'esercito di Francia avrà; patito. con la fortuna d'Alessandro, senza
cui saria fumo ogni disegno, e nebbia.
45 Sarà; sì; liberal, ch'io lo contemplo
E quindi scenderà; nel ricco piano qui non aver né; paragon né; esemplo. -
di Lombardia, col fior di Francia intorno,

482
48 che con l'arco gli diè; Febo, quando anco
Così; diceva Malagigi, e messe Marte la spada sua gli messe al fianco.
desire a' cavallier d'aver contezza
del nome d'alcun altro ch'uccidesse 51
l'infernal bestia, uccider gli altri avezza. Duo Erculi, duo Ippoliti da Este,
Quivi un Bernardo tra' primi si lesse, un altro Ercule, un altro Ippolito anco,
che Merlin molto nel suo scritto apprezza. da Gonzaga, de' Medici, le peste
- Fia nota per costui (dicea) Bibiena, seguon del mostro, e l'han, cacciando, stanco.
quanto Fiorenza sua vicina e Siena. - Né; Giuliano al figliuol, né; par che reste
Ferrante al fratel dietro; né; che manco
49 Andrea Doria sia pronto; né; che lassi
Non mette piede inanzi ivi persona Francesco Sforza, ch'ivi uomo lo passi.
a Sismondo, a Giovanni, a Ludovico:
un Gonzaga, un Salviati, un d'Aragona, 52
ciascuno al brutto mostro aspro nimico. Del generoso, illustre e chiaro sangue
V'è; Francesco Gonzaga, né; abandona d'Avalo vi son dui ch'han per insegna
le sue vestigie il figlio Federico; lo scoglio, che dal capo ai piedi d'angue
ed ha il cognato e il genero vicino, par che l'empio Tifeo sotto si tegna.
quel di Ferrara, e quel duca d'Urbino. Non è; di questi duo, per fare esangue
l'orribil mostro, che più; inanzi vegna:
50 l'uno Francesco di Pescara invitto,
De l'un di questi il figlio Guidobaldo l'altro Alfonso del Vasto ai piedi ha scritto.
non vuol che 'l padre o ch'altri a dietro il metta.
Con Otobon dal Flisco, Sinibaldo 53
caccia la fera, e van di pari in fretta. Ma Consalvo Ferrante ove ho lasciato,
Luigi da Gazolo il ferro caldo l'ispano onor, ch'in tanto pregio v'era,
fatto nel collo le ha d'una saetta, che fu da Malagigi sì; lodato,

483
che pochi il pareggiar di quella schiera? E perché; il luogo ben sapea (che v'era
Guglielmo si vedea di Monferrato stata altre volte), se ne venne al dritto
fra quei che morto avean la brutta fera; alla fontana; ed in quella maniera
ed eran pochi verso gl'infiniti ve lo trovò;, ch'io v'ho di sopra scritto.
ch'ella v'avea chi morti e chi feriti. Ma come buona e cauta messaggera
che sa meglio esequir che non l'è; ditto,
54 quando vide il fratel di Bradamante,
In giuochi onesti e parlamenti lieti, non conoscer Ruggier fece sembiante.
dopo mangiar, spesero il caldo giorno,
corcati su finissimi tapeti 57
tra gli arbuscelli ond'era il rivo adorno. A Ricciardetto tutta rivoltosse,
Malagigi e Vivian, perché; quieti sì; come drittamente a lui venisse;
più; fosser gli altri, tenean l'arme intorno; e quel che la conobbe, se le mosse
quando una donna senza compagnia incontra, e domandò; dove ne gisse.
vider, che verso lor ratto venì;a. Ella ch'ancora avea le luci rosse
del pianger lungo, sospirando disse;
55 ma disse forte, acciò; che fosse espresso
Questa era quella Ippalca a cui fu tolto a Ruggiero il suo dir, che gli era presso.
Frontino, il bon destrier, da Rodomonte.
L'avea il dì; inanzi ella seguito molto, 58
pregandolo ora, ora dicendogli onte; - Mi traea dietro (disse) per la briglia,
ma non giovando, avea il camin rivolto come imposto m'avea la tua sorella,
per ritrovar Ruggiero in Agrismonte. un bel cavallo e buono a maraviglia,
Tra via le fu (non so già; come) detto ch'ella molto ama e che Frontino appella;
che quivi il troveria con Ricciardetto. e l'avea tratto più; di trenta miglia
verso Marsilia, ove venir debbe ella
56 fra pochi giorni, e dove ella mi disse

484
ch'io l'aspettassi fin che vi venisse. (prieghi aggiungendo senza fin) gli chiede
che con la donna solo il lasci gire
59 tanto che 'l Saracin gli sia mostrato,
Era sì; baldanzoso il creder mio, ch'a lei di mano ha il buon destrier levato.
ch'io non stimava alcun di cor sì; saldo,
che me l'avesse a tor, dicendogli io 62
ch'era de la sorella di Rinaldo. A Ricciardetto, ancor che discortese
Ma vano il mio disegno ieri m'uscì;o, il concedere altrui troppo paresse
che me lo tolse un Saracin ribaldo; di terminar le a sé; debite imprese,
né; per udir di chi Frontino fusse, al voler di Ruggier pur si rimesse:
a volermelo rendere s'indusse. e quel licenza dai compagni prese,
e con Ippalca a ritornar si messe,
60 lasciando a quei che rimanean, stupore,
Tutto ieri ed oggi l'ho pregato; e quando con maraviglia pur del suo valore.
ho visto uscir prieghi e minacce invano,
maledicendol molto e bestemmiando, 63
l'ho lasciato di qui poco lontano, Poi che dagli altri allontanato alquanto
dove il cavallo e sé; molto affannando, Ippalca l'ebbe, gli narrò; ch'ad esso
s'aiuta, quanto può;, con l'arme in mano era mandata da colei che tanto
contra un guerrier ch'in tal travaglio il mette, avea nel core il suo valore impresso;
che spero ch'abbia a far le mie vendette. - e senza finger più;, seguitò; quanto
la sua donna al partir le avea commesso,
61 e che se dianzi avea altrimente detto,
Ruggiero a quel parlar salito in piede, per la presenza fu di Ricciardetto.
ch'avea potuto a pena il tutto udire,
si volta a Ricciardetto, e per mercede 64
e premio e guidardon del ben servire Disse, che chi le avea tolto il destriero,

485
ancor detto l'avea con molto orgoglio:
- Perché; so che 'l cavallo è; di Ruggiero, 67
più; volontier per questo te lo toglio. Il desiderio che conduce Ippalca
S'egli di racquistarlo avrà; pensiero, d'aver Frontino e vendicar l'oltraggio,
fagli saper (ch'asconder non gli voglio) fa che 'l sentier de la montagna calca,
ch'io son quel Rodomonte il cui valore onde molto più; corto era il viaggio.
mostra per tutto 'l mondo il suo splendore. - Per l'altra intanto il re d'Algier cavalca
col Tartaro e cogli altri che detto aggio;
65 e giù; nel pian la via più; facil tiene,
Ascoltando, Ruggier mostra nel volto, né; con Ruggier ad incontrar si viene.
di quanto sdegno acceso il cor gli sia,
sì; perché; caro avria Frontino molto, 68
sì; perché; venì;a il dono onde venì;a Già; son le lor querele differite
sì; perché; in suo dispregio gli par tolto; fin che soccorso ad Agramante sia
vede che biasmo e disonor gli fia, (questo sapete); ed han d'ogni lor lite
se torlo a Rodomonte non s'affretta, la cagion, Doralice, in compagnia.
e sopra lui non fa degna vendetta. Ora il successo de l'istoria udite.
Alla fontana è; la lor dritta via,
66 ove Aldigier, Marfisa, Ricciardetto,
La donna Ruggier guida, e non soggiorna, Malagigi e Vivian stanno a diletto.
che por lo brama col Pagano a fronte;
e giunge ove la strada fa dua corna: 69
l'un va giù; al piano, e l'altro va su al monte; Marfisa a' prieghi de' compagni avea
e questo e quel ne la vallea ritorna, veste da donna ed ornamenti presi,
dov'ella avea lasciato Rodomonte. di quelli ch'a Lanfusa si credea
Aspra, ma breve era la via del colle; mandare il traditor de' Maganzesi;
l'altra più; lunga assai, ma piana e molle. e ben che veder raro si solea

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senza l'osbergo e gli altri buoni arnesi, si mossero dal luogo ove sedeano,
pur quel dì; se li trasse; e come donna, l'un come l'altro alla battaglia presto,
a' prieghi lor lasciò; vedersi in gonna. perché; giostrar con amenduo credeano;
ma l'African che non venì;a per questo,
70 non ne fe' segno o movimento alcuno:
Tosto che vede il Tartaro Marfisa, sì; che la giostra restò; lor contra uno.
per la credenza c'ha di guadagnarla,
in ricompensa e in cambio ugual s'avisa 73
di Doralice, a Rodomonte darla; Viviano è; il primo, e con gran cor si muove,
sì; come Amor si regga a questa guisa, e nel venire abbassa un'asta grossa:
che vender la sua donna o permutarla e 'l re pagan da le famose pruove
possa l'amante, né; a ragion s'attrista, da l'altra parte vien con maggior possa.
se quando una ne perde, una n'acquista. Dirizza l'uno e l'altro, e segna dove
crede meglio fermar l'aspra percossa.
71 Viviano indarno a l'elmo il pagan fere;
Per dunque provedergli di donzella, che non lo fa piegar, non che cadere.
acciò; per sé; quest'altra si ritegna,
Marfisa, che gli par leggiadra e bella, 74
e d'ogni cavallier femina degna, Il re pagan, ch'avea più; l'asta dura,
come abbia ad aver questa, come quella, fe' lo scudo a Vivian parer di ghiaccio;
subito cara, a lui donar disegna; e fuor di sella in mezzo alla verdura,
e tutti i cavallier che con lei vede, all'erbe e ai fiori il fe' cadere in braccio.
a giostra seco ed a battaglia chiede. Vien Malagigi, e ponsi in aventura
di vendicare il suo fratello avaccio;
72 ma poi d'andargli appresso ebbe tal fretta,
Malagigi e Vivian, che l'arme aveano che gli fe' compagnia più; che vendetta.
come per guardia e sicurtà; del resto,

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75 ma sozzopra n'andò;, perché; il cavallo
L'altro fratel fu prima del cugino gli cadde adosso, e non già; per suo fallo.
coll'arme indosso, e sul destrier salito;
e disfidato contra il Saracino 78
venne a scontrarlo a tutta briglia ardito. Poi ch'altro cavallier non si dimostra,
Risonò; il colpo in mezzo a l'elmo fino ch'al pagan per giostrar volti la fronte,
di quel pagan sotto la vista un dito: pensa aver guadagnato de la giostra
volò; al ciel l'asta in quattro tronchi rotta; la donna, e venne a lei presso alla fonte;
ma non mosse il pagan per quella botta. e disse: - Damigella, sè;te nostra,
s'altri non è; per voi ch'in sella monte.
76 Nol potete negar, né; farne iscusa;
Il pagan ferì; lui dal lato manco; che di ragion di guerra così; s'usa. -
e perché; il colpo fu con troppa forza,
poco lo scudo, e la corazza manco 79
gli valse, che s'aprir come una scorza. Marfisa, alzando con un viso altiero
Passò; il ferro crudel l'omero bianco: la faccia, disse: - Il tuo parer molto erra.
piegò; Aldigier ferito a poggia e ad orza; Io ti concedo che diresti il vero,
tra fiori ed erbe al fin si vide avolto, ch'io sarei tua per la ragion di guerra,
rosso su l'arme, e pallido nel volto. quando mio signor fosse o cavalliero
alcun di questi ch'hai gittato in terra.
77 Io sua non son, né; d'altri son che mia:
Con molto ardir vien Ricciardetto appresso; dunque me tolga a me chi mi desia.
e nel venire arresta sì; gran lancia,
che mostra ben, come ha mostrato spesso, 80
che degnamente è; paladin di Francia: So scudo e lancia adoperare anch'io,
ed al pagan ne facea segno espresso, e più; d'un cavalliero in terra ho posto. -
se fosse stato pari alla bilancia; - Datemi l'arme, disse, e il destrier mio, -

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agli scudier che l'ubbidiron tosto. Bestemmiò; il cielo e gli elementi il crudo
Trasse la gonna, ed in farsetto uscì;o; pagan, poi che restar la vide in sella:
e le belle fattezze e il ben disposto ella, che gli pensò; romper lo scudo,
corpo mostrò;, ch'in ciascuna sua parte, non men sdegnosa contra il ciel favella.
fuor che nel viso, assimigliava a Marte. Già; l'uno e l'altro ha in mano il ferro nudo
e su le fatal arme si martella:
81 l'arme fatali han parimente intorno,
Poi che fu armata, la spada si cinse che mai non bisognar più; di quel giorno.
e sul destrier montò; d'un leggier salto;
e qua e là; tre volte e più; lo spinse, 84
e quinci e quindi fe' girare in alto; Sì; buona è; quella piastra e quella maglia,
e poi, sfidando il Saracino, strinse che spada o lancia non le taglia o fora;
la grossa lancia e cominciò; l'assalto. sì; che potea seguir l'aspra battaglia
Tal nel campo troian Pentesilea tutto quel giorno e l'altro appresso ancora.
contra il tessalo Achille esser dovea. Ma Rodomonte in mezzo lor si scaglia,
e riprende il rival de la dimora,
82 dicendo: - Se battaglia pur far vuoi,
Le lance infin al calce si fiaccaro finià;n la cominciata oggi fra noi.
a quel superbo scontro, come vetro;
né; pero chi le corsero, piegaro, 85
che si notasse, un dito solo a dietro. Facemmo, come sai, triegua con patto
Marfisa che volea conoscer chiaro di dar soccorso alla milizia nostra.
s'a più; stretta battaglia simil metro Non debbià;n, prima che sia questo fatto,
le serverebbe contra il fier pagano, incominciare altra battaglia o giostra. -
se gli rivolse con la spada in mano. Indi a Marfisa, riverente in atto
si volta, e quel messaggio le dimostra;
83 e le racconta come era venuto

489
a chieder lor per Agramante aiuto. e pensando che lungi non era ito,
e che 'l sentier tenea dritto alla fonte,
86 trottando in fretta dietro gli venì;a
La priega poi che le piaccia non solo per l'orme ch'eran fresche in su la via.
lasciar quella battaglia o differire,
ma che voglia in aiuto del figliuolo 89
del re Troian con essi lor venire; Volse che Ippalca a Montalban pigliasse
onde la fama sua con maggior volo la via, ch'una giornata era vicino;
potrà; far meglio infin al ciel salire, perché; s'alla fontana ritornasse,
che, per querela di poco momento, si torria troppo dal dritto camino.
dando a tanto disegno impedimento. E disse a lei, che già; non dubitasse
che non s'avesse a ricovrar Frontino:
87 ben le farebbe a Montalbano, o dove
Marfisa, che fu sempre disiosa ella si trovi, udir tosto le nuove.
di provar quei di Carlo a spada e a lancia,
né; l'avea indotta a venire altra cosa 90
di sì; lontana regione in Francia, E le diede la lettera che scrisse
se non per esser certa se famosa in Agrismonte, e che si portò; in seno;
lor nominanza era per vero o ciancia, e molte cose a bocca anco le disse,
tosto d'andar con lor partito prese, e la pregò; che l'escusasse a pieno.
che d'Agramante il gran bisogno intese. Ne la memoria Ippalca il tutto fisse,
prese licenza e voltò; il palafreno;
88 e non cessò; la buona messaggera,
Ruggiero in questo mezzo avea seguito ch'in Montalban si ritrovò; la sera.
indarno Ippalca per la via del monte;
e trovò;, giunto al loco, che partito 91
per altra via se n'era Rodomonte: Seguia Ruggiero in fretta il Saracino

490
per l'orme ch'apparian ne la via piana,
ma non lo giunse prima che vicino 94
con Mandricardo il vide alla fontana. Aggiungi che sapea ch'era Ruggiero
Già; promesso s'avean che per camino che seco per Frontin facea battaglia,
l'un non farebbe all'altro cosa strana, tanto famoso, ch'altro cavalliero
né; fin ch'al campo si fosse soccorso, non è; ch'a par di lui di gloria saglia,
a cui Carlo era appresso a porre il morso. l'uom che bramato ha di saper per vero
esperimento quanto in arme vaglia;
92 e pur non vuol seco accettar l'impresa:
Quivi giunto Ruggier, Frontin conobbe, tanto l'assedio del suo re gli pesa.
e conobbe per lui chi adosso gli era;
e su la lancia fe' le spalle gobbe, 95
e sfidò; l'African con voce altiera. Trecento miglia sarebbe ito e mille,
Rodomonte quel dì; fe' più; che Iobbe, se ciò; non fosse, a comperar tal lite;
poi che domò; la sua superbia fiera; ma se l'avesse oggi sfidato Achille,
e ricusò; la pugna ch'avea usanza più; fatto non avria di quel ch'udite:
di sempre egli cercar con ogni istanza. tanto a quel punto sotto le faville
le fiamme avea del suo furor sopite.
93 Narra a Ruggier perché; pugna rifiuti;
Il primo giorno e l'ultimo, che pugna ed anco il priega che l'impresa aiuti:
mai ricusasse il re d'Algier, fu questo;
ma tanto il desiderio che si giugna, 96
in soccorso al suo re gli pare onesto, che facendol, farà; quel che far deve
che se credesse aver Ruggier ne l'ugna al suo signore un cavallier fedele.
più; che mai lepre il pardo isnello e presto, Sempre che questo assedio poi si leve,
non se vorria fermar tanto con lui, avran ben tempo da finir querele.
che fêsse un colpo de la spada o dui. Ruggier rispose a lui: - Mi sarà; lieve

491
differir questa pugna, fin che de le perché; Ruggier l'origine traea
forze di Carlo si traggia Agramante, dal fortissimo Ettò;r, portava quella.
pur che mi rendi il mio Frontino inante. Ma questo Mandricardo non sapea;
né; vuol patire, e grande ingiuria appella,
97 che ne lo scudo un altro debba porre
Se di provarti c'hai fatto gran fallo, l'aquila bianca del famoso Ettorre.
e fatto hai cosa indegna ad un uom forte,
d'aver tolto a una donna il mio cavallo, 100
vuoi ch'io prolunghi fin che siamo in corte, Portava Mandricardo similmente
lascia Frontino, e nel mio arbitrio dà;llo. l'augel che rapì; in Ida Ganimede.
Non pensare altrimente ch'io sopporte Come l'ebbe quel dì; che fu vincente
che la battaglia qui tra noi non segua, al castel periglioso, per mercede,
o ch'io ti faccia sol d'un'ora triegua. - credo vi sia con l'altre istorie a mente,
e come quella fata gli lo diede
98 con tutte le bell'arme che Vulcano
Mentre Ruggiero all'African domanda avea già; date al cavallier troiano.
o Frontino o battaglia allora allora,
e quello in lungo e l'uno e l'altro manda, 101
né; vuol dare il destrier, né; far dimora; Altra volta a battaglia erano stati
Mandricardo ne vien da un'altra banda, Mandricardo e Ruggier solo per questo;
e mette in campo un'altra lite ancora, e per che caso fosser distornati,
poi che vede Ruggier che per insegna io nol dirò;, che già; v'è; manifesto.
porta l'augel che sopra gli altri regna. Dopo non s'eran mai più; raccozzati,
se non quivi ora; e Mandricardo presto,
99 visto lo scudo alzò; il superbo grido
Nel campo azzur l'aquila bianca avea, minacciando, e a Ruggier disse: - Io ti sfido.
che de' Troiani fu l'insegna bella:

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102 ch'antiqua insegna è; stata di mia gente:
Tu la mia insegna, temerario, porti; tu te l'usurpi, io 'l porto giustamente. -
né; questo è; il primo dì; ch'io te l'ho detto.
E credi, pazzo, ancor ch'io tel comporti, 105
per una volta ch'io t'ebbi rispetto? - Anzi t'usurpi tu l'insegna mia! -
Ma poi che né; minacce né; conforti rispose Mandricardo; e trasse il brando,
ti pôn questa follia levar del petto, quello che poco inanzi per follia
ti mostrerò; quanto miglior partito avea gittato alla foresta Orlando.
t'era d'avermi subito ubbidito. Il buon Ruggier, che di sua cortesia
non può; non sempre ricordarsi, quando
103 vide il Pagan ch'avea tratta la spada,
Come ben riscaldato arrido legno lasciò; cader la lancia ne la strada.
a piccol soffio subito s'accende,
così; s'avampa di Ruggier lo sdegno 106
al primo motto che di questo intende. E tutto a un tempo Balisarda stringe,
- Ti pensi (disse) farmi stare al segno, la buona spada, e me' lo scudo imbraccia:
perché; quest'altro ancor meco contende? ma l'Africano in mezzo il destrier spinge,
Ma mostrerotti ch'io son buon per torre e Marfisa con lui presta si caccia;
Frontino a lui, lo scudo a te d'Ettorre. e l'uno questo, e l'altro quel respinge,
e priegano amendui che non si faccia.
104 Rodomonte si duol che rotto il patto
Un'altra volta pur per questo venni due volte ha Mandricardo, che fu fatto.
teco a battaglia, e non è; gran tempo anco;
ma d'ucciderti allora mi contenni, 107
perché; tu non avevi spada al fianco. Prima, credendo d'acquistar Marfisa,
Questi fatti saran, quelli fur cenni; fermato s'era a far più; d'una giostra;
e mal sarà; per te quell'augel bianco, or per privar Ruggier d'una divisa,

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di curar poco il re Agramante mostra. Moltiplicavan l'ire e le parole
- Se pur (dicea) dé;i fare a questa guisa, quando da questo e quando da quel lato:
finià;n prima tra noi la lite nostra, con Rodomonte e con Ruggier la vuole
conveniente e più; debita assai, tutto in un tempo Mandricardo irato;
ch'alcuna di quest'altre che prese hai. Ruggier, ch'oltraggio sopportar non suole,
non vuol più; accordo, anzi litigio e piato.
108 Marfisa or va da questo or da quel canto
Con tal condizion fu stabilita per riparar, ma non può; sola tanto.
la triegua e questo accordo ch'è; fra nui.
Come la pugna teco avrò; finita, 111
poi del destrier risponderò; a costui. Come il villan, se fuor per l'alte sponde
Tu del tuo scudo, rimanendo in vita, trapela il fiume e cerca nuova strada,
la lite avrai da terminar con lui; frettoloso a vietar che non affonde
ma ti darò; da far tanto, mi spero, i verdi paschi e la sperata biada,
che non n'avanzarà; troppo a Ruggiero. - chiude una via ed un'altra, e si confonde;
che se ripara quinci che non cada,
109 quindi vede lassar gli argini molli,
- La parte che ti pensi, non n'avrai e fuor l'acqua spicciar con più; rampolli:
(rispose Mandricardo a Rodomonte):
io te ne darò; più; che non vorrai, 112
e ti farò; sudar dal piè; alla fronte: così;, mentre Ruggiero e Mandricardo
e me ne rimarrà; per darne assai e Rodomonte son tutti sozzopra,
(come non manca mai l'acqua del fonte) ch'ognun vuol dimostrarsi più; gagliardo,
ed a Ruggiero ed a mill'altri seco, ed ai compagni rimaner di sopra,
e a tutto il mondo che la voglia meco. - Marfisa ad acchetarli have riguardo,
e s'affatica, e perde il tempo e l'opra;
110 che, come ne spicca uno e lo ritira,

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gli altri duo risalir vede con ira. fia per tua colpa; ch'io per me non resto
di fare a tempo quel che far si deve.-
113 Ruggiero a quel protesto poco bada;
Marfisa, che volea porgli d'accordo, ma stretto dal furor stringe la spada.
dicea: - Signori, udite il mio consiglio:
differire ogni lite è; buon ricordo 116
fin ch'Agramante sia fuor di periglio. Al re d'Algier come cingial si scaglia,
S'ognun vuole al suo fatto essere ingordo, e l'urta con lo scudo e con la spalla;
anch'io con Mandricardo mi ripiglio; e in modo lo disordina e sbarraglia,
e vo' vedere al fin se guadagnarme, che fa che d'una staffa il piè; gli falla.
come egli ha detto, è; buon per forza d'arme. Mandricardo gli grida: - O la battaglia
differisci, Ruggiero, o meco falla; -
114 e crudele e fellon più; che mai fosse,
Ma se si de' soccorrere Agramante, Ruggier su l'elmo in questo dir percosse.
soccorrasi, e tra noi non si contenda. -
- Per me non si starà; d'andare inante 117
(disse Ruggier), pur che 'l destrier si renda. Fin sul collo al destrier Ruggier s'inchina,
O che mi dia il cavallo, a far di tante né;, quando vuolsi rilevar, si puote;
una parola, o che da me il difenda: perché; gli sopragiunge la ruina
o che qui morto ho da restare, o ch'io del figlio d'Ulien che lo percuote.
in campo ho da tornar sul destrier mio. - Se non era di tempra adamantina,
fesso l'elmo gli avria fin tra le gote.
115 Apre Ruggier le mani per l'ambascia,
Rispose Rodomonte: - Ottener questo e l'una il fren, l'altra la spada lascia.
non fia così;, come quell'altro, lieve.-
E seguitò; dicendo: - Io ti protesto 118
che, s'alcun danno il nostro re riceve, Se lo porta il destrier per la campagna:

495
dietro gli resta in terra Balisarda.
Marfisa che quel dì; fatta compagna 121
se gli era d'arme, par ch'avampi ed arda, Ruggier sul capo al Saracin tempesta:
che solo fra que' duo così; rimagna: e se la spada sua si ritrovasse,
e come era magnanima e gagliarda, che, come ho detto, al comminciar di questa
si drizza a Mandricardo, e col potere pugna, di man gran fellonia gli trasse,
ch'avea maggior, sopra la testa il fiere. mi credo ch'a difendere la testa
di Rodomonte l'elmo non bastasse,
119 l'elmo che fece il re far di Babelle
Rodomonte a Ruggier dietro si spinge: quando muover pensò; guerra alle stelle.
vinto è; Frontin, s'un'altra gli n'appicca;
ma Ricciardetto con Vivian si stringe, 122
e tra Ruggiero e 'l Saracin si ficca. La Discordia, credendo non potere
L'uno urta Rodomonte e lo rispinge, altro esser quivi che contese e risse,
e da Ruggier per forza lo dispicca; né; vi dovesse mai più; luogo avere
l'altro la spada sua, che fu Viviano, o pace o triegua, alla sorella disse
pone a Ruggier, già; risentito, in mano. ch'omai sicuramente a rivedere
i monachetti suoi seco venisse.
120 Lascià;nle andare, e stià;n noi dove in fronte
Tosto che 'l buon Ruggiero in sé; ritorna, Ruggiero avea ferito Rodomonte.
e che Vivian la spada gli appresenta,
a vendicar l'ingiuria non soggiorna, 123
e verso il re d'Algier ratto s'aventa, Fu il colpo di Ruggier di sì; gran forza,
come il leon che tolto su le corna che fece in su la groppa di Frontino
dal bue sia stato, e che 'l dolor non senta: percuoter l'elmo e quella dura scorza
sì; sdegno ed ira ed impeto l'affretta, di ch'avea armato il dosso il Saracino,
stimula e sferza a far la sua vendetta. e lui tre volte e quattro a poggia e ad orza

496
piegar per gire in terra a capo chino; or che l'agio n'avea, poi che stordito
e la spada egli ancora avria perduta, da sé; lontan quell'altro era trascorso:
se legata alla man non fosse suta. ferì; su l'elmo il Tartaro; e partito
quel colpo gli avria il capo, come un torso,
124 se Ruggier Balisarda avesse avuta,
Avea Marfisa a Mandricardo intanto o Mandricardo in capo altra barbuta.
fatto sudar la fronte, il viso e il petto,
ed egli aveva a lei fatto altretanto; 127
ma sì; l'osbergo d'ambi era perfetto, Il re d'Algier che si risente in questo,
che mai poter falsarlo in nessun canto, si volge intorno, e Ricciardetto vede;
e stati eran sin qui pari in effetto: e si ricorda che gli fu molesto
ma in un voltar che fece il suo destriero, dianzi, quando soccorso a Ruggier diede.
bisogno ebbe Marfisa di Ruggiero. A lui si drizza, e saria stato presto
a darli del ben fare aspra mercede,
125 se con grande arte e nuovo incanto tosto
Il destrier di Marfisa in un voltarsi non se gli fosse Malagigi opposto.
che fece stretto, ov'era molle il prato,
sdrucciolò; in guisa, che non poté; aitarsi 128
di non tutto cader sul destro lato; Malagigi, che sa d'ogni malia
e nel volere in fretta rilevarsi, quel che ne sappia alcun mago eccellente,
da Brigliador fu pel traverso urtato, ancor che 'l libro suo seco non sia,
con che il pagan poco cortese venne; con che fermare il sole era possente,
sì; che cader di nuovo gli convenne. pur la scongiurazione onde solia
commandare ai demoni aveva a mente:
126 tosto in corpo al ronzino un ne costringe
Ruggier che la donzella a mal partito di Doralice, ed in furor lo spinge.
vide giacer, non differì; il soccorso,

497
129 ma, senza chieder loro o paci o tregue,
Nel mansueto ubino che sul dosso e Rodomonte e Doralice segue.
avea la figlia del re Stordilano,
fece entrar un degli angel di Minosso 132
sol con parole il frate di Viviano: Marfisa intanto si levò; di terra,
e quel che dianzi mai non s'era mosso, e tutta ardendo di disdegno e d'ira,
se non quanto ubidito avea alla mano, credesi far la sua vendetta, ed erra;
or d'improviso spiccò; in aria un salto, che troppo lungi il suo nimico mira.
che trenta piè; fu lungo e sedeci alto. Ruggier, ch'aver tal fin vede la guerra,
rugge come un leon, non che sospira.
130 Ben sanno che Frontino e Brigliadoro
Fu grande il salto, non però; di sorte giunger non ponno coi cavalli loro.
che ne dovesse alcun perder la sella.
Quando si vide in alto, gridò; forte 133
(che si tenne per morta) la donzella. Ruggier non vuol cessar fin che decisa
Quel ronzin, come il diavol se lo porte, col re d'Algier non l'abbia del cavallo:
dopo un gran salto se ne va con quella, non vuol quietar il Tartaro Marfisa,
che pur grida soccorso, in tanta fretta, che provato a suo senno anco non hallo.
che non l'avrebbe giunto una saetta. Lasciar la sua querela a questa guisa
parrebbe all'uno e all'altro troppo fallo.
131 Di commune parer disegno fassi
Da la battaglia il figlio d'Ulieno di chi offesi gli avea seguire i passi.
si levò; al primo suon di quella voce;
e dove furiava il palafreno, 134
per la donna aiutar n'andò; veloce. Nel campo saracin li troveranno,
Mandricardo di lui non fece meno, quando non possan ritrovarli prima;
né; più; a Ruggier, né; più; a Marfisa nò;ce; che per levar l'assedio iti seranno,

498
prima che 'l re di Francia il tutto opprima. e così; Ricciardetto; ma Aldigiero
Così; dirittamente se ne vanno giace, e convien che suo malgrado resti.
dove averli a man salva fanno stima. Verso Parigi avean preso il sentiero
Già; non andò; Ruggier così; di botto, quelli duo prima, ed or lo piglian questi.
che non facesse ai suoi compagni motto. Dirvi, Signor, ne l'altro canto spero
miracolosi e sopraumani gesti,
135 che con danno degli uomini di Carlo
Ruggier se ne ritorna ove in disparte ambe le coppie fer, di ch'io vi parlo.
era il fratel de la sua donna bella,
e se gli proferisce in ogni parte
amico, per fortuna e buona e fella: CANTO VENTISETTESIMO
indi lo priega (e lo fa con bella arte)
che saluti in suo nome la sorella;
e questo così; ben gli venne detto, 1
che né; a lui diè; né; agli altri alcun sospetto. Molti consigli de le donne sono
meglio improviso, ch'a pensarvi, usciti;
136 che questo è; speziale e proprio dono
E da lui, da Vivian, da Malagigi, fra tanti e tanti lor dal ciel largiti.
dal ferito Aldigier tolse commiato. Ma può; mal quel degli uomini esser buono,
Si proferiro anch'essi alli servigi che maturo discorso non aiti,
di lui, debitor sempre in ogni lato. ove non s'abbia a ruminarvi sopra
Marfisa avea sì; il cor d'ire a Parigi, speso alcun tempo e molto studio ed opra.
che 'l salutar gli amici avea scordato;
ma Malagigi andò; tanto e Viviano, 2
che pur la salutaron di lontano; Parve, e non fu però; buono il consiglio
di Malagigi, ancor che (come ho detto)
137 per questo di grandissimo periglio

499
liberassi il cugin suo Ricciardetto. Il palafren ch'avea il demonio al fianco,
A levare indi Rodomonte e il figlio portò; la spaventata Doralice,
del re Agrican, lo spirto avea costretto, che non poté; arrestarla fiume, e manco
non avvertendo che sarebbon tratti fossa, bosco, palude, erta o pendice;
dove i cristian ne rimarrian disfatti. fin che per mezzo il campo inglese e franco,
e l'altra moltitudine fautrice
3 de l'insegne di Cristo, rassegnata
Ma se spazio a pensarvi avesse avuto, non l'ebbe al padre suo re di Granata.
creder si può; che dato similmente
al suo cugino avria debito aiuto, 6
né; fatto danno alla cristiana gente. Rodomonte col figlio d'Agricane
Commandare allo spirto avria potuto, la seguitaro il primo giorno un pezzo,
ch'alla via di levante o di ponente che le vedean le spalle, ma lontane:
sì; dilungata avesse la donzella, di vista poi perderonla da sezzo,
che non n'udisse Francia più; novella. e venner per la traccia, come il cane
la lepre o il capriol trovare avezzo;
4 né; si fermar, che furo in parte, dove
Così; gli amanti suoi l'avrian seguì;ta, di lei ch'era col padre ebbono nuove.
come a Parigi, anco in ogn'altro loco;
ma fu questa avvertenza inavvertita 7
da Malagigi, per pensarvi poco: Guardati, Carlo, che 'l ti viene addosso
e la Malignità; dal ciel bandita, tanto furor, ch'io non ti veggo scampo:
che sempre vorria sangue e strage e fuoco, né; questi pur, ma 'l re Gradasso è; mosso
prese la via donde più; Carlo afflisse, con Sacripante a danno del tuo campo.
poi che nessuna il mastro gli prescrisse. Fortuna, per toccarti fin all'osso,
ti tolle a un tempo l'uno e l'altro lampo
5 di forza e di saper, che vivea teco;

500
e tu rimaso in tenebre sei cieco. Se murata non è; tra le colonne,
l'avria trovata il curioso amante.
8 Vedendo al fin ch'ella non v'è; né; Orlando,
Io ti dico d'Orlando e di Rinaldo; amenduo va con gran disio cercando.
che l'uno al tutto furioso e folle,
al sereno, alla pioggia, al freddo, al caldo, 11
nudo va discorrendo il piano e 'l colle: Pensò; che dentro Anglante o dentro a Brava
l'altro, con senno non troppo più; saldo, se la godesse Orlando in festa e in giuoco;
d'appresso al gran bisogno ti si tolle; e qua e là; per ritrovarla andava,
che non trovando Angelica in Parigi, né; in quel la ritrovò; né; in questo loco.
si parte, e va cercandone vestigi. A Parigi di nuovo ritornava,
pensando che tardar dovesse poco
9 di capitare il paladino al varco;
Un fraudolente vecchio incantatore che 'l suo star fuor non era senza incarco.
gli fe' (come a principio vi si disse)
creder per un fantastico suo errore, 12
che con Orlando Angelica venisse: Un giorno o duo ne la città; soggiorna
ondè; di gelosia tocco nel core, Rinaldo; e poi ch'Orlando non arriva,
de la maggior ch'amante mai sentisse, or verso Anglante, or verso Brava torna,
venne a Parigi, e come apparve in corte, cercando se di lui novella udiva.
d'ire in Bretagna gli toccò; per sorte. Cavalca e quando annotta e quando aggiorna,
alla fresca alba e all'ardente ora estiva;
10 e fa al lume del sole e de la luna
Or fatta la battaglia onde portonne dugento volte questa via, non ch'una.
egli l'onor d'aver chiuso Agramante,
tornò; a Parigi, e monister di donne 13
e case e rocche cercò; tutte quante. Ma l'antiquo aversario, il qual fece Eva

501
all'interdetto pome alzar la mano,
a Carlo un giorno i lividi occhi leva, 16
che 'l buon Rinaldo era da lui lontano; La coppia di Marfisa e di Ruggiero
e vedendo la rotta che poteva di mezza ora più; tarda si condusse;
darsi in quel punto al populo cristiano, però; ch'astutamente l'angel nero,
quanta eccellenza d'arme al mondo fusse volendo agli cristian dar de le busse,
fra tutti i Saracini, ivi condusse. provide che la lite del destriero
per impedire il suo desir non fusse,
14 che rinovata si saria, se giunto
Al re Gradasso e al buon re Sacripante, fosse Ruggiero e Rodomonte a un punto.
ch'eran fatti compagni all'uscir fuore
de la piena d'error casa d'Atlante, 17
di venire in soccorso messe in core I quattro primi si trovaro insieme
alle genti assediate d'Agramante, onde potean veder gli alloggiamenti
e a distruzion di Carlo imperatore: de l'esercito oppresso e di chi 'l preme,
ed egli per l'incognite contrade e le bandiere in che feriano i venti.
fe' lor la scorta e agevolò; le strade. Si consigliaro alquanto; e fur l'estreme
conclusion dei lor ragionamenti
15 di dare aiuto, mal grado di Carlo,
Ed ad un altro suo diede negozio al re Agramante, e de l'assedio trarlo.
d'affrettar Rodomonte e Mandricardo
per le vestigie donde l'altro sozio 18
a condur Doralice non è; tardo. Stringonsi insieme, e prendono la via
Ne manda ancora un altro, perché; in ozio per mezzo ove s'alloggiano i cristiani,
non stia Marfisa né; Ruggier gagliardo; gridando Africa e Spagna tuttavia;
ma chi guidò; l'ultima coppia tenne e si scopriro in tutto esser pagani.
la briglia più;, né; quando gli altri venne. Pel campo, arme, arme risonar s'udia;

502
ma menar si sentir prima le mani: nel proprio sangue orribilmente involti,
e de la retroguardia una gran frotta, né; giovar lor può; medico né; mago;
non ch'assalita sia, ma fugge in rotta. e vede dagli busti i capi sciolti
e braccia e gambe con crudele imago;
19 e ritrova dai primi alloggiamenti
L'esercito cristian mosso a tumulto agli ultimi per tutto uomini spenti.
sozzopra va senza sapere il fatto.
Estima alcun che sia un usato insulto 22
che Svizzari o Guasconi abbino fatto. Dove passato era il piccol drappello,
Ma perch'alla più; parte è; il caso occulto, di chiara fama eternamente degno,
s'aduna insieme ogni nazion di fatto, per lunga riga era rimaso quello
altri a suon di tamburo, altri di tromba: al mondo sempre memorabil segno.
grande è; 'l rumore, e fin al ciel rimbomba. Carlo mirando va il crudel macello,
maraviglioso, e pien d'ira e di sdegno,
20 come alcun, in cui danno il fulgur venne,
Il magno imperator, fuor che la testa, cerca per casa ogni sentier che tenne.
è; tutto armato, e i paladini ha presso;
e domandando vien che cosa è; questa 23
che le squadre in disordine gli ha messo; Non era agli ripari anco arrivato
e minacciando, or questi or quelli arresta; del re african questo primiero aiuto,
e vede a molti il viso o il petto fesso, che con Marfisa fu da un altro lato
ad altri insanguinare o il capo o il gozzo, l'animoso Ruggier sopravenuto.
alcun tornar con mano o braccio mozzo. Poi ch'una volta o due l'occhio aggirato
ebbe la degna coppia, e ben veduto
21 qual via più; breve per soccorrer fosse
Giunge più; inanzi, e ne ritrova molti l'assediato signor, ratto si mosse.
giacere in terra, anzi in vermiglio lago

503
24 come l'uom né; per star né; per fuggire,
Come quando si dà; fuoco alla mina, al suo fisso destin può; contradire.
pel lungo solco de la negra polve
licenziosa fiamma arde e camina 27
sì; ch'occhio a dietro a pena se le volve; Chi fugge l'un pericolo, rimane
e qual si sente poi l'alta ruina ne l'altro, e paga il fio d'ossa e di polpe.
che 'l duro sasso o il grosso muro solve: Così; cader coi figli in bocca al cane
così; Ruggiero e Marfisa veniro, suol, sperando fuggir, timida volpe,
e tai ne la battaglia si sentiro. poi che la caccia de l'antique tane
il suo vicin che le dà; mille colpe,
25 e cautamente con fumo e con fuoco
Per lungo e per traverso a fender teste turbata l'ha da non temuto loco.
incominciaro, e tagliar braccia e spalle
de le turbe che male erano preste 28
ad espedire e sgombrar loro il calle. Negli ripari entrò; de' Saracini
C'ha notato il passar de le tempeste, Marfisa con Ruggiero a salvamento.
ch'una parte d'un monte o d'una valle Quivi tutti con gli occhi al ciel supini
offende, e l'altra lascia, s'appresenti Dio ringraziar del buono avvenimento.
la via di questi duo fra quelle genti. Or non v'è; più; timor de' paladini:
il più; tristo pagan ne sfida cento;
26 ed è; concluso che senza riposo
Molti che dal furor di Rodomonte si torni a fare il campo sanguinoso.
e di quegli altri primi eran fuggiti,
Dio ringraziavan ch'avea lor sì; pronte 29
gambe concesse, e piedi sì; spediti; Corni, bussoni, timpani moreschi
e poi, dando del petto e de la fronte empieno il ciel di formidabil suoni:
in Marfisa e in Ruggier, vedean scherniti, ne l'aria tremolare ai venti freschi

504
si veggon le bandiere e i gonfaloni. Molti per fretta s'affogaro in Senna
Da l'altra parte i capitan carleschi (che 'l ponte non potea supplire a tanti),
stringon con Alamanni e con Britoni e desiar, come Icaro, la penna,
quei di Francia, d'Italia e d'Inghilterra; perché; la morte avean dietro e davanti.
e si mesce aspra e sanguinosa guerra. Eccetto Uggieri e il marchese di Vienna,
i paladin fur presi tutti quanti.
30 Olivier ritornò; ferito sotto
La forza del terribil Rodomonte, la spalla destra, Uggier col capo rotto.
quella di Mandricardo furibondo,
quella del buon Ruggier, di virtù; fonte, 33
del re Gradasso, sì; famoso al mondo, E se, come Rinaldo e come Orlando,
e di Marfisa l'intrepida fronte, lasciato Brandimarte avesse il giuoco,
col re circasso a nessun mai secondo, Carlo n'andava di Parigi in bando,
feron chiamar san Gianni e san Dionigi se potea vivo uscir di sì; gran fuoco.
al re di Francia, e ritrovar Parigi. Ciò; che poté;, fe' Brandimarte, e quando
non poté; più;, diede alla furia loco.
31 Così; Fortuna ad Agramante arrise,
Di questi cavallieri e di Marfisa ch'un'altra volta a Carlo assedio mise.
l'ardire invitto e la mirabil possa
non fu, Signor, di sorte, non fu in guisa 34
ch'imaginar, non che descriver possa. Di vedovelle i gridi e le querele,
Quindi si può; stimar che gente uccisa e d'orfani fanciulli e di vecchi orbi,
fosse quel giorno, e che crudel percossa ne l'eterno seren dove Michele
avesse Carlo. Arroge poi con loro, sedea, salir fuor di questi aer torbi;
con Ferraù; più; d'un famoso Moro. e gli fecion veder come il fedele
popul preda de' lupi era e de' corbi,
32 di Francia, d'Inghilterra e di Lamagna,

505
che tutta avea coperta la campagna. e di veder diletto si prendea,
volar pel capo a' frati i breviali.
35 Le man le pose l'angelo nel crine,
Nel viso s'arrossì; l'angel beato, e pugna e calci le diè; senza fine.
parendogli che mal fosse ubidito
al Creatore, e si chiamò; ingannato 38
da la Discordia perfida e tradito. Indi le roppe un manico di croce
D'accender liti tra i pagani dato per la testa, pel dosso e per le braccia.
le avea l'assunto, e mal era esequito; Mercé; grida la misera a gran voce,
anzi tutto il contrario al suo disegno e le genocchia al divin nunzio abbraccia.
parea aver fatto, a chi guardava al segno. Michel non l'abandona, che veloce
nel campo del re d'Africa la caccia;
36 e poi le dice: - Aspettati aver peggio,
Come servo fedel, che più; d'amore se fuor di questo campo più; ti veggio. -
che di memoria abondi, e che s'aveggia
aver messo in oblio cosa ch'a core 39
quanto la vita e l'anima aver deggia, Come che la Discordia avesse rotto
studia con fretta d'emendar l'errore, tutto il dosso e le braccia, pur temendo
né; vuol che prima il suo signor lo veggia: un'altra volta ritrovarsi sotto
così; l'angelo a Dio salir non volse, a quei gran colpi, a quel furor tremendo,
se de l'obligo prima non si sciolse. corre a pigliare i mantici di botto,
ed agli accesi fuochi esca aggiungendo,
37 ed accendendone altri, fa salire
Al monister, dove altre volte avea da molti cori un alto incendio d'ire.
la Discordia veduta, drizzò; l'ali.
Trovolla ch'in capitulo sedea 40
a nuova elezion degli ufficiali; E Rodomonte e Mandricardo e insieme

506
Ruggier n'infiamma sì;, che inanzi al Moro
li fa tutti venire, or che non preme 43
Carlo i pagani, anzi il vantaggio è; loro. Per più; intricarla il Tartaro viene anche,
Le differenze narrano, ed il seme e niega che Ruggiero ad alcun patto
fanno saper, da cui produtte foro; debba l'aquila aver da l'ale bianche;
poi del re si rimettono al parere, e d'ira e di furore è; così; matto,
chi di lor prima il campo debba avere. che vuol, quando dagli altri tre non manche,
combatter tutte le querele a un tratto.
41 Né; più; dagli altri ancor saria mancato,
Marfisa del suo caso anco favella, se 'l consenso del re vi fosse stato.
e dice che la pugna vuol finire,
che cominciò; col Tartaro; perch'ella 44
provocata da lui vi fu a venire: Con prieghi il re Agramante e buon ricordi
né;, per dar loco all'altre, volea quella fa quanto può;, perché; la pace segua;
un'ora, non che un giorno, differire; e quando al fin tutti li vede sordi
ma d'esser prima fa l'instanza grande, non volere assentire a pace o a triegua,
ch'alla battaglia il Tartaro domande. va discorrendo come almen gli accordi
sì;, che l'un dopo l'altro il campo assegua:
42 e pel miglior partito al fin gli occorre
Non men vuol Rodomonte il primo campo ch'ognuno a sorte il campo s'abbia a torre.
da terminar col suo rival l'impresa,
che per soccorrer l'africano campo 45
ha già; interrotta, e fin a qui sospesa. Fe' quattro brevi porre: un Mandricardo
Mette Ruggier le sue parole a campo, e Rodomonte insieme scritto avea;
e dice che patir troppo gli pesa ne l'altro era Ruggiero e Mandricardo.
che Rodomonte il suo destrier gli tenga, Rodomonte e Ruggier l'altro dicea;
e ch'a pugna con lui prima non venga. dicea l'altro Marfisa e Mandricardo.

507
Indi all'arbitrio de l'instabil dea per giusto spazio quadra, al bisogno atta,
li fece trarre: e 'l primo fu il signore con due capaci porte, come s'usa.
di Sarza a uscir con Mandricardo fuore. Giunto il dì; ch'al re par che si combatta
tra i cavallier che non ricercan scusa,
46 furo appresso alle sbarre in ambi i lati
Mandricardo e Ruggier fu nel secondo; contra i rastrelli i padiglion tirati.
nel terzo fu Ruggiero e Rodomonte;
restò; Marfisa e Mandricardo in fondo, 49
di che la donna ebbe turbata fronte. Nel padiglion ch'è; più; verso ponente
Né; Ruggier più; di lei parve giocondo: sta il re d'Algier, c'ha membra di gigante.
sa che le forze dei duo primi pronte Gli pon lo scoglio indosso del serpente
han tra lor da finir le liti in guisa, l'ardito Ferraù; con Sacripante.
che non ne fia per sé; né; per Marfisa. Il re Gradasso e Falsiron possente
sono in quell'altro al lato di levante,
47 e metton di sua man l'arme troiane
Giacea non lungi da Parigi un loco, indosso al successor del re Agricane.
che volgea un miglio o poco meno intorno:
lo cingea tutto un argine non poco 50
sublime, a guisa d'un teatro adorno. Sedeva in tribunale amplo e sublime
Un castel già; vi fu, ma a ferro e a fuoco il re d'Africa, e seco era l'Ispano;
le mura e i tetti ed a ruina andorno. poi Stordilano, e l'altre genti prime
Un simil può; vederne in su la strada, che riveria l'esercito pagano.
qual volta a Borgo il Parmigiano vada. Beato a chi pôn dare argini e cime
d'arbori stanza che gli alzi dal piano!
48 Grande è; la calca, e grande in ogni lato
In questo loco fu la lizza fatta, populo ondeggia intorno al gran steccato.
di brevi legni d'ogn'intorno chiusa,

508
51 di Sericana e 'l Tartaro possente
Eran con la regina di Castiglia fanno il tumulto e 'l grido che si sente.
regine e principesse e nobil donne
d'Aragon, di Granata e di Siviglia, 54
e fin di presso all'atlantee colonne: Avendo armato il re di Sericana
tra quai di Stordilan sedea la figlia, di sua man tutto il re di Tartaria,
che di duo drappi avea le ricche gonne, per porgli al fianco la spada soprana
l'un d'un rosso mal tinto, e l'altro verde; che già; d'Orlando fu, se ne venì;a;
ma 'l primo quasi imbianca e il color perde. quando nel pome scritto Durindana
vide, e 'l quartier ch'Almonte aver solia,
52 ch'a quel meschin fu tolto ad una fonte
In abito succinta era Marfisa, dal giovenetto Orlando in Aspramonte.
qual si convenne a donna ed a guerriera.
Termoodonte forse a quella guisa 55
vide Ippolita ornarsi e la sua schiera. Vedendola, fu certo ch'era quella
Già;, con la cotta d'arme alla divisa tanto famosa del signor d'Anglante,
del re Agramante, in campo venut'era per cui con grande armata, e la più; bella
l'araldo a far divieto e metter leggi, che giamai si partisse di Levante,
che né; in fatto né; in detto alcun parteggi. soggiogato avea il regno di Castella,
e Francia vinta esso pochi anni inante:
53 ma non può; imaginarsi come avenga
La spessa turba aspetta disiando ch'or Mandricardo in suo poter la tenga.
la pugna, e spesso incolpa il venir tardo
dei duo famosi cavallieri; quando 56
s'ode dal padiglion di Mandricardo E dimandò;gli se per forza o patto
alto rumor che vien moltiplicando. l'avesse tolta al conte, e dove e quando.
Or sappiate, Signor, che 'l re gagliardo E Mandricardo disse ch'avea fatto

509
gran battaglia per essa con Orlando; Prima, di guadagnarla t'apparecchia,
e come finto quel s'era poi matto, che tu l'adopri contra a Rodomonte.
così; coprire il suo timor sperando, Di comprar prima l'arme è; usanza vecchia,
ch'era d'aver continua guerra meco, ch'alla battaglia il cavallier s'affronte. -
fin che la buona spada avesse seco. - Più; dolce suon non mi viene all'orecchia
(rispose alzando il Tartaro la fronte),
57 che quando di battaglia alcun mi tenta;
E dicea ch'imitato avea il castore, ma fa che Rodomonte lo consenta.
il qual si strappa i genitali sui,
vedendosi alle spalle il cacciatore, 60
che sa che non ricerca altro da lui. Fa che sia tua la prima, e che si tolga
Gradasso non udì; tutto il tenore, il re di Sarza la tenzon seconda:
che disse: - Non vo' darla a te né; altrui: e non ti dubitar ch'io non mi volga,
tanto oro, tanto affanno e tanta gente e ch'a te ed ad ogni altro io non risponda. -
ci ho speso, che è; ben mia debitamente. Ruggier gridò;: - Non vo' che si disciolga
il patto, o più; la sorte si confonda:
58 o Rodomonte in campo prima saglia,
Cercati pur fornir d'un'altra spada, o sia la sua dopo la mia battaglia.
ch'io voglio questa, e non ti paia nuovo.
Pazzo o saggio ch'Orlando se ne vada, 61
averla intendo, ovunque io la ritrovo. Se di Gradasso la ragion prevale,
Tu senza testimoni in su la strada prima acquistar che porre in opra l'arme;
te l'usurpasti: io qui lite ne muovo. né; tu l'aquila mia da le bianche ale
La mia ragion dirà; mia scimitarra, prima usar dé;i, che non me ne disarme:
e faremo il giudicio ne la sbarra. ma poi ch'è; stato il mio voler già; tale,
di mia sentenza non voglio appellarme,
59 che sia seconda la battaglia mia,

510
quando del re d'Algier la prima sia. Bramoso di vendetta si ritira,
a trar la scimitarra, a dietro un poco.
62 Mandricardo in sé; tanto si confida,
Se turbarete voi l'ordine in parte, che Ruggiero anco alla battaglia sfida.
io totalmente turbarollo ancora.
Io non intendo il mio scudo lasciarte, 65
se contra me non lo combatti or ora. - - Venite pure inanzi amenduo insieme,
- Se l'uno e l'altro di voi fosse Marte e vengane pel terzo Rodomonte,
(rispose Mandricardo irato allora), Africa e Spagna e tutto l'uman seme;
non saria l'un né; l'altro atto a vietarme ch'io son per sempremai volger la fronte. -
la buona spada o quelle nobili arme. - Così; dicendo, quel che nulla teme,
mena d'intorno la spada d'Almonte;
63 lo scudo imbraccia, disdegnoso e fiero,
E tratto da la colera, aventosse contra Gradasso e contra il buon Ruggiero.
col pugno chiuso al re di Sericana;
e la man destra in modo gli percosse, 66
ch'abandonar gli fece Durindana. - Lascia la cura a me (dicea Gradasso),
Gradasso, non credendo ch'egli fosse ch'io guarisca costui de la pazzia. -
di così; folle audacia e così; insana, - Per Dio (dicea Ruggier), non te la lasso,
colto improviso fu, che stava a bada, ch'esser convien questa battaglia mia. -
e tolta si trovò; la buona spada. - Va indietro tu! - Vavvi pur tu! - né; passo
però; tornando, gridan tuttavia;
64 ed attaccossi la battaglia in terzo,
Così; scornato, di vergogna e d'ira ed era per uscirne un strano scherzo,
nel viso avampa, e par che getti fuoco;
e più; l'affligge il caso e lo martira, 67
poi che gli accade in sì; palese loco. se molti non si fossero interposti

511
a quel furor, non con troppo consiglio;
ch'a spese lor quasi imparar che costi 70
voler altri salvar con suo periglio. Ed eran poi venuti ove il destriero
Né; tutto 'l mondo mai gli avria composti, facea, mordendo, il ricco fren spumoso;
se non venia col re d'Ispagna il figlio io dico il buon Frontin, per cui Ruggiero
del famoso Troiano, al cui cospetto stava iracondo e più; che mai sdegnoso.
tutti ebbon riverenza e gran rispetto. Sacripante ch'a por tal cavalliero
in campo avea, mirava curioso
68 se ben ferrato e ben guernito e in punto
Si fe' Agramante la cagione esporre era il destrier, come doveasi a punto.
di questa nuova lite così; ardente:
poi molto affaticossi per disporre 71
che per quella giornata solamente E venendo a guardargli più; a minuto
a Mandricardo la spada d'Ettorre i segni, le fattezze isnelle ed atte,
concedesse Gradasso umanamente, ebbe, fuor d'ogni dubbio, conosciuto
tanto ch'avesse fin l'aspra contesa che questo era il destrier suo Frontalatte,
ch'avea già; incontra a Rodomonte presa. che tanto caro già; s'avea tenuto,
per cui già; avea mille querele fatte;
69 e poi che gli fu tolto, un tempo volse
Mentre studia placarli il re Agramante, sempre ire a piedi: in modo gliene dolse.
ed or con questo ed or con quel ragiona;
da l'altro padiglion tra Sacripante 72
e Rodomonte un'altra lite suona. Inanzi Albracca glie l'avea Brunello
Il re circasso (come è; detto inante) tolto di sotto quel medesmo giorno
stava di Rodomonte alla persona, ch'ad Angelica ancor tolse l'annello,
ed egli e Ferraù; gli aveano indotte al conte Orlando Balisarda e 'l corno,
l'arme del suo progenitor Nembrotte. e la spada a Marfisa: ed avea quello,

512
dopo che fece in Africa ritorno, al quale in esser forte e coraggioso
con Balisarda insieme a Ruggier dato, alcuno antico d'uguagliar non parme;
il qual l'avea Frontin poi nominato. rispose: - Sacripante, ogn'altro ch'oso,
fuor che tu, fosse in tal modo a parlarme,
73 con suo mal si saria tosto avveduto
Quando conobbe non si apporre in fallo, che meglio era per lui di nascer muto.
disse il Circasso, al re d'Algier rivolto:
- Sappi, signor, che questo è; mio cavallo, 76
ch'ad Albracca di furto mi fu tolto. Ma per la compagnia che, come hai detto,
Bene avrei testimoni da provallo; novellamente insieme abbiamo presa,
ma perché; son da noi lontani molto, ti son contento aver tanto rispetto,
s'alcun lo niega, io gli vo' sostenere ch'io t'ammonisca a tardar questa impresa,
con l'arme in man le mie parole vere. fin che de la battaglia veggi effetto,
che fra il Tartaro e me tosto fia accesa:
74 dove porti uno esempio inanzi spero,
Ben son contento, per la compagnia ch'avrai di grazia a dirmi: Abbi il destriero. -
in questi pochi dì; stata fra noi,
che prestato il cavallo oggi ti sia, 77
ch'io veggo ben che senza far non puoi; Gli è; teco cortesia l'esser villano
però; con patto, se per cosa mia (disse il Circasso pien d'ira e di isdegno);
e prestata da me conoscer vuoi: ma più; chiaro ti dico ora e più; piano,
altrimente d'averlo non far stima, che tu non faccia in quel destrier disegno:
o se non lo combatti meco prima. - che te lo defendo io, tanto ch'in mano
questa vindice mia spada sostegno;
75 e metterò;vi insino l'ugna e il dente,
Rodomonte, del quale un più; orgoglioso se non potrò; difenderlo altrimente. -
non ebbe mai tutto il mestier de l'arme;

513
78 quivi per accordar venuti invano
Venner da le parole alle contese, col Tartaro, Ruggiero e 'l Sericano.
ai gridi, alle minacce, alla battaglia,
che per molt'ira in più; fretta s'accese, 81
che s'accendesse mai per fuoco paglia. Venne chi la novella al re Agramante
Rodomonte ha l'osbergo ed ogni arnese, riportò; certa, come pel destriero
Sacripante non ha piastra né; maglia; avea con Rodomonte Sacripante
ma par (sì; ben con lo schermir s'adopra) incominciato un aspro assalto e fiero.
che tutto con la spada si ricuopra. Il re, confuso di discordie tante,
disse a Marsilio: - Abbi tu qui pensiero
79 che fra questi guerrier non segua peggio,
Non era la possanza e la fierezza mentre all'altro disordine io proveggio. -
di Rodomonte, ancor ch'era infinita,
più; che la providenza e la destrezza 82
con che sue forze Sacripante aita. Rodomonte, che 'l re, suo signor, mira,
Non voltò; ruota mai con più; prestezza frena l'orgoglio, e torna indietro il passo;
il macigno sovran che 'l grano trita, né; con minor rispetto si ritira
che faccia Sacripante or mano or piede al venir d'Agramante il re circasso.
di qua di là;, dove il bisogno vede. Quel domanda la causa di tant'ira
con real viso e parlar grave e basso:
80 e cerca, poi che n'ha compreso il tutto,
Ma Ferraù;, ma Serpentino arditi porli d'accordo; e non vi fa alcun frutto.
trasson le spade, e si cacciar tra loro,
dal re Grandonio, da Isolier seguiti, 83
da molt'altri signor del popul Moro. Il re circasso il suo destrier non vuole
Questi erano i romori, i quali uditi ch'al re d'Algier più; lungamente resti,
ne l'altro padiglion fur da costoro, se non s'umilia tanto di parole,

514
che lo venga a pregar che glie lo presti. Gli altri ch'erano intorno, e che vantarsi
Rodomonte, superbo come suole, Brunel di questo aveano udito spesso,
gli risponde: - Né; 'l ciel, né; tu faresti verso lui cominciaro a rivoltarsi,
che cosa che per forza aver potessi, e far palesi cenni ch'era desso;
da altri, che da me, mai conoscessi. - Marfisa sospettando, ad informarsi
da questo e da quell'altro ch'avea appresso,
84 tanto che venne a ritrovar che quello
Il re chiede al Circasso, che ragione che le tolse la spada era Brunello:
ha nel cavallo, e come gli fu tolto:
e quel di parte in parte il tutto espone, 87
ed esponendo s'arrossisce in volto, e seppe che pel furto onde era degno
quando gli narra che 'l sottil ladrone, che gli annodasse il collo un capestro unto,
ch'in un alto pensier l'aveva colto, dal re Agramante al tingitano regno
la sella su quattro aste gli suffolse, fu, con esempio inusitato, assunto.
e di sotto il destrier nudo gli tolse. Marfisa, rinfrescando il vecchio sdegno,
disegnò; vendicarsene a quel punto,
85 e punir scherni e scorni che per strada
Marfisa che tra gli altri al grido venne, fatti l'avea sopra la tolta spada.
tosto che 'l furto del cavallo udì;,
in viso si turbò;, che le sovenne 88
che perdé; la sua spada ella quel dì;: Dal suo scudier l'elmo allacciar si fece;
e quel destrier che parve aver le penne che del resto de l'arme era guernita.
da lei fuggendo, riconobbe qui: Senza osbergo io non trovo che mai diece
riconobbe anco il buon re Sacripante, volte fosse veduta alla sua vita,
che non avea riconosciuto inante. dal giorno ch'a portarlo assuefece
la sua persona, oltre ogni fede ardita.
86 Con l'elmo in capo andò; dove fra i primi

515
Brunel sedea negli argini sublimi. Ma se gli è; alcun che voglia dir ch'io fallo,
facciasi inanzi e dica una parola;
89 ch'in tua presenza gli vo' sostenere
Gli diede a prima giunta ella di piglio che se ne mente, e ch'io fo il mio dovere.
in mezzo il petto, e da terra levollo,
come levar suol col falcato artiglio 92
talvolta la rapace aquila il pollo; Ma perché; si potria forse imputarme
e là; dove la lite inanzi al figlio c'ho atteso a farlo in mezzo a tante liti,
era del re Troian, così; portollo. mentre che questi più; famosi in arme
Brunel, che giunto in male man si vede, d'altre querele son tutti impediti;
pianger non cessa e domandar mercede. tre giorni ad impiccarlo io vo' indugiarme:
intanto o vieni, o manda chi l'aiti;
90 che dopo, se non fia chi me lo vieti,
Sopra tutti i rumor, strepiti e gridi, farò; di lui mille uccellacci lieti.
di che 'l campo era pien quasi ugualmente,
Brunel, ch'ora pietade ora sussidi 93
domandando venì;a, così; si sente, Di qui presso a tre leghe a quella torre
ch'al suono de' ramarichi e de' stridi che siede inanzi ad un piccol boschetto,
si fa d'intorno accor tutta la gente. senza più; compagnia mi vado a porre,
Giunta inanzi al re d'Africa, Marfisa che d'una mia donzella e d'un valletto.
con viso altier gli dice in questa guisa: S'alcuno ardisce di venirmi a torre
questo ladron, là; venga, ch'io l'aspetto. -
91 Così; disse ella; e dove disse, prese
- Io voglio questo ladro tuo vasallo tosto la via, né; più; risposta attese.
con le mie mani impender per la gola,
perché; il giorno medesmo che 'l cavallo 94
a costui tolle, a me la spada invola. Sul collo inanzi del destrier si pone

516
Brunel, che tuttavia tien per le chiome.
Piange il misero e grida, e le persone, 97
in che sperar solì;a, chiama per nome. Poco l'onore, e molto era il periglio
Resta Agramante in tal confusione d'ogni battaglia che con lei pigliasse;
di questi intrichi, che non vede come e che gli dava per miglior consiglio,
poterli sciorre; e gli par via più; greve che Brunello alle forche aver lasciasse;
che Marfisa Brunel così; gli leve. e se credesse ch'uno alzar di ciglio
a torlo dal capestro gli bastasse,
95 non dovea alzarlo, per non contradire
Non che l'apprezzi o che gli porti amore, che s'abbia la giustizia ad esequire.
anzi più; giorni son che l'odia molto;
e spesso ha d'impiccarlo avuto in core, 98
dopo che gli era stato l'annel tolto. - Potrai mandare un che Marfisa prieghi
Ma questo atto gli par contra il suo onore, (dicea) ch'in questo giudice ti faccia,
sì; che n'avampa di vergogna in volto. con promission ch'al ladroncel si leghi
Vuole in persona egli seguirla in fretta, il laccio al collo, e a lei si sodisfaccia;
e a tutto suo poter farne vendetta. e quando anco ostinata te lo nieghi,
se l'abbia, e il suo desir tutto compiaccia:
96 pur che da tua amicizia non si spicchi,
Ma il re Sobrino, il quale era presente, Brunello e gli altri ladri tutti impicchi. -
da questa impresa molto il dissuade,
dicendogli che mal conveniente 99
era all'altezza di sua maestade, Il re Agramante volentier s'attenne
se ben avesse d'esserne vincente al parer di Sobrin discreto e saggio;
ferma speranza e certa sicurtade: e Marfisa lasciò;, che non le venne,
più; ch'onor, gli fia biasmo, che si dica né; patì; ch'altri andasse a farle oltraggio,
ch'abbia vinta una femina a fatica. né; di farla pregare anco sostenne:

517
e tolerò;, Dio sa con che coraggio, l'una ne l'altra aviluppata in modo,
per poter acchetar liti maggiori, che non l'avrebbe Apolline espedite.
e del suo campo tor tanti romori. Commincia il re Agramante a sciorre il nodo
de le prime tenzon ch'aveva udite,
100 che per la figlia del re Stordilano
Di ciò; si ride la Discordia pazza, eran tra il re di Scizia e il suo Africano.
che pace o triegua ormai più; teme poco.
Scorre di qua e di là; tutta la piazza, 103
né; può; trovar per allegrezza loco. Il re Agramante andò; per porre accordo
La Superbia con lei salta e gavazza, di qua e di là; più; volte a questo e a quello,
e legne ed esca va aggiungendo al fuoco: e a questo e a quel più; volte diè; ricordo
e grida sì;, che fin ne l'alto regno da signor giusto e da fedel fratello:
manda a Michel de la vittoria segno. e quando parimente trova sordo
l'un come l'altro, indomito e rubello
101 di volere esser quel che resti senza
Tremò; Parigi e turbidossi Senna la donna da cui vien lor differenza;
all'alta voce, a quello orribil grido;
rimbombò; il suon fin alla selva Ardenna 104
sì; che lasciar tutte le fiere il nido. s'appiglia al fin, come a miglior partito,
Udiron l'Alpi e il monte di Gebenna, di che amendui si contentar gli amanti,
di Blaia e d'Arli e di Roano il lido; che de la bella donna sia marito
Rodano e Sonna udì;, Garonna e il Reno: l'uno de' duo, quel che vuole essa inanti;
si strinsero le madri i figli al seno. e da quanto per lei sia stabilito,
più; non si possa andar dietro né; avanti.
102 All'uno e all'altro piace il compromesso,
Son cinque cavallier c'han fisso il chiodo sperando ch'esser debbia a favor d'esso.
d'essere i primi a terminar sua lite,

518
105 Rodomonte sì; attonito e smarrito,
Il re di Sarza, che gran tempo prima che di levar non era il viso ardito.
di Mandricardo amava Doralice,
ed ella l'avea posto in su la cima 108
d'ogni favor ch'a donna casta lice; Ma poi che l'usata ira cacciò; quella
che debba in util suo venire estima vergogna che gli avea la faccia tinta,
la gran sentenza che 'l può; far felice: ingiusta e falsa la sentenza appella;
né; egli avea questa credenza solo, e la spada impugnando, ch'egli ha cinta,
ma con lui tutto il barbaresco stuolo. dice, udendo il re e gli altri, che vuol ch'ella
gli dia perduta questa causa o vinta,
106 e non l'arbitrio di femina lieve
Ognun sapea ciò; ch'egli avea già; fatto che sempre inchina a quel che men far deve.
per essa in giostre, in torniamenti, in guerra;
e che stia Mandricardo a questo patto, 109
dicono tutti che vaneggia ed erra. Di nuovo Mandricardo era risorto,
Ma quel che più; fiate e più; di piatto dicendo: - Vada pur come ti pare: -
con lei fu mentre il sol stava sotterra, sì; che prima che 'l legno entrasse in porto,
e sapea quanto avea di certo in mano, v'era a solcare un gran spazio di mare:
ridea del popular giudicio vano. se non che 'l re Agramante diede torto
a Rodomonte, che non può; chiamare
107 più; Mandricardo per quella querela;
Poi lor convenzion ratificaro e fe' cadere a quel furor la vela.
in man del re quei duo prochi famosi,
ed indi alla donzella se n'andaro. 110
Ed ella abbassò; gli occhi vergognosi, Or Rodomonte che notar si vede
e disse che più; il Tartaro avea caro: dinanzi a quei signor di doppio scorno,
di che tutti restar maravigliosi; dal suo re, a cui per riverenza cede,

519
e da la donna sua, tutto in un giorno, Veder torsi Frontin troppo gli pesa
quivi non volse più; fermare il piede; dinanzi agli occhi, e non poter vietarlo;
e de la molta turba ch'avea intorno ma dato ch'abbia fine a questa impresa,
seco non tolse più; che duo sergenti, ha ferma intenzion di ricovrarlo.
ed uscì; dei moreschi alloggiamenti. Ma Sacripante, che non ha contesa,
come Ruggier, che possa distornarlo,
111 e che non ha da far altro che questo,
Come, partendo, afflitto tauro suole, per l'orme vien di Rodomonte presto.
che la giuvenca al vincitor cesso abbia,
cercar le selve e le rive più; sole 114
lungi dai paschi, o qualche arrida sabbia; E tosto l'avria giunto, se non era
dove muggir non cessa all'ombra e al sole, un caso strano che trovò; tra via,
né; però; scema l'amorosa rabbia: che lo fe' dimorar fin alla sera,
così; sen va di gran dolor confuso e perder le vestigie che seguia.
il re d'Algier da la sua donna escluso. Trovò; una donna che ne la riviera
di Senna era caduta, e vi peria,
112 s'a darle tosto aiuto non veniva:
Per riavere il buon destrier si mosse saltò; ne l'acqua e la ritrasse a riva.
Ruggier, che già; per questo s'era armato;
ma poi di Mandricardo ricordasse, 115
a cui de la battaglia era ubligato: Poi quando in sella volse risalire,
non seguì; Rodomonte, e ritornosse aspettato non fu dal suo destriero,
per entrar col re tartaro in steccato che fin a sera si fece seguire,
prima che 'ntrasse il re di Sericana, e non si lasciò; prender di leggiero:
che l'altra lite avea di Durindana. preselo al fin, ma non seppe venire
più;, donde s'era tolto dal sentiero:
113 ducento miglia errò; tra piano e monte,

520
prima che ritrovasse Rodomonte. Non perch'a Mandricardo inferiore
io ti paressi, di te privo resto;
116 né; so trovar cagione ai casi miei,
Dove trovollo, e come fu conteso se non quest'una, che femina sei.
con disvantaggio assai di Sacripante,
come perdé; il cavallo e restò; preso, 119
or non dirò;; c'ho da narrarvi inante Credo che t'abbia la Natura e Dio
di quanto sdegno e di quanta ira acceso produtto, o scelerato sesso, al mondo
contra la donna e contra il re Agramante per una soma, per un grave fio
del campo Rodomonte si partisse, de l'uom, che senza te saria giocondo:
e ciò; che contra all'uno e all'altro disse. come ha produtto anco il serpente rio
e il lupo e l'orso, e fa l'aer fecondo
117 e di mosche e di vespe e di tafani,
Di cocenti sospir l'aria accendea e loglio e avena fa nascer tra i grani.
dovunque andava il Saracin dolente:
Ecco per la pietà; che gli n'avea, 120
da' cavi sassi rispondea sovente. Perché; fatto non ha l'alma Natura,
- Oh feminile ingegno (egli dicea), che senza te potesse nascer l'uomo,
come ti volgi e muti facilmente, come s'inesta per umana cura
contrario oggetto proprio de la fede! l'un sopra l'altro il pero, il corbo e 'l pomo?
Oh infelice, oh miser chi ti crede! Ma quella non può; far sempre a misura:
anzi, s'io vo' guardar come io la nomo,
118 veggo che non può; far cosa perfetta,
Né; lunga servitù;, né; grand'amore poi che Natura femina vien detta.
che ti fu a mille prove manifesto,
ebbono forza di tenerti il core, 121
che non fossi a cangiarsi almen sì; presto. Non siate però; tumide e fastose,

521
donne, per dir che l'uom sia vostro figlio;
che de le spine ancor nascon le rose, 124
e d'una fetida erba nasce il giglio: Pur vo' tanto cercar prima ch'io mora,
importune, superbe, dispettose, anzi prima che 'l crin più; mi s'imbianchi,
prive d'amor, di fede e di consiglio, che forse dirò; un dì;, che per me ancora
temerarie, crudeli, inique, ingrate, alcuna sia che di sua fé; non manchi.
per pestilenza eterna al mondo nate. - Se questo avvien (che di speranza fuora
io non ne son), non fia mai ch'io mi stanchi
122 di farla, a mia possanza, gloriosa
Con queste ed altre er infinite appresso con lingua e con inchiostro, e in verso e in prosa.
querele il re di Sarza se ne giva,
or ragionando in un parlar sommesso, 125
quando in un suon che di lontan s'udiva, Il Saracin non avea manco sdegno
in onta e in biasmo del femineo sesso: contra il suo re, che contra la donzella;
e certo da ragion si dipartiva; e così; di ragion passava il segno,
che per una o per due che trovi ree, biasmando lui, come biasmando quella.
che cento buone sien creder si dee. Ha disio di veder che sopra il regno
gli cada tanto mal, tanta procella,
123 ch'in Africa ogni casa si funesti,
Se ben di quante io n'abbia fin qui amate, né; pietra salda sopra pietra resti;
non n'abbia mai trovata una fedele,
perfide tutte io non vo' dir né; ingrate, 126
ma darne colpa al mio destin crudele. e che spinto del regno, in duolo e in lutto
Molte or ne sono, e più; già; ne son state, viva Agramante misero e mendico:
che non dan causa ad uom che si querele; e ch'esso sia che poi gli renda il tutto,
ma mia fortuna vuol che s'una ria e lo riponga nel suo seggio antico,
ne sia tra cento, io di lei preda sia. e de la fede sua produca il frutto;

522
e gli faccia veder ch'un vero amico e tratte con la scorta de le genti,
a dritto e a torto esser dovea preposto, ove venir non si potea con barche.
se tutto 'l mondo se gli fosse opposto. Avean piene le ripe i grassi armenti
quivi condotti da diverse marche;
127 e i conduttori intorno alla riviera
E così; quando al re, quando alla donna per vari tetti albergo avean la sera.
volgendo il cor turbato, il Saracino
cavalca a gran giornate, e non assonna, 130
e poco riposar lascia Frontino. Il re d'Algier, perché; gli sopravenne
Il dì; seguente o l'altro in su la Sonna quivi la notte e l'aer nero e cieco,
si ritrovò;, ch'avea dritto il camino d'un ostier paesan lo 'nvito tenne,
verso il mar di Provenza, con disegno che lo pregò; che rimanesse seco.
di navigare in Africa al suo regno. Adagiato il destrier, la mensa venne
di vari cibi e di vin corso e greco;
128 che 'l Saracin nel resto alla moresca
Di barche e di sottil legni era tutto ma volse far nel bere alla francesca.
fra l'una ripa e l'altra il fiume pieno,
ch'ad uso de l'esercito condutto 131
da molti lochi vettovaglie avieno; L'oste con buona mensa e miglior viso
perché; in poter de' Mori era ridutto, studiò; di fare a Rodomonte onore;
venendo da Parigi al lito ameno che la presenza gli diè; certo aviso
d'Acquamorta, e voltando invêr la Spagna, ch'era uomo illustre e pien d'alto valore:
ciò; che v'è; da man destra di campagna. ma quel che da se stesso era diviso,
né; quella sera avea ben seco il core
129 (che mal suo grado s'era ricondotto
Le vettovaglie in carra ed in iumenti, alla donna già; sua), non facea motto.
tolte fuor de le navi, erano carche,

523
132 Domanda lor quel che ciascun si crede
Il buon ostier, che fu dei diligenti de la sua donna nel servargli fede.
che mai si sien per Francia ricordati,
quando tra le nimiche e strane genti 135
l'albergo e' beni suoi s'avea salvati, Eccetto l'oste, fer tutti risposta,
per servir, quivi, alcuni suoi parenti, che si credeano averle e caste e buone.
a tal servigio pronti, avea chiamati; Disse l'oste: - Ognun pur creda a sua posta;
de' quai non era alcun di parlar oso, ch'io so ch'avete falsa opinione.
vedendo il Saracin muto e pensoso. Il vostro sciocco credere vi costa
ch'io stimi ognun di voi senza ragione;
133 e così; far questo signor deve anco,
Di pensiero in pensiero andò; vagando se non vi vuol mostrar nero per bianco.
da se stesso lontano il pagan molto,
col viso a terra chino, né; levando 136
sì; gli occhi mai, ch'alcun guardasse in volto. Perché;, sì; come è; sola la fenice,
Dopo un lungo star cheto, suspirando, né; mai più; d'una in tutto il mondo vive,
sì; come d'un gran sonno allora sciolto, così; né; mai più; d'uno esser si dice,
tutto si scosse, e insieme alzò; le ciglia, che de la moglie i tradimenti schive.
e voltò; gli occhi all'oste e alla famiglia. Ognun si crede d'esser quel felice,
d'esser quel sol ch'a questa palma arrive.
134 Come è; possibil che v'arrivi ognuno,
Indi roppe il silenzio, e con sembianti se non ne può; nel mondo esser più; d'uno?
più; dolci un poco e viso men turbato,
domandò; all'oste e agli altri circostanti 137
se d'essi alcuno avea mogliere a lato. Io fui già; ne l'error che siete voi,
Che l'oste e che quegli altri tutti quanti che donna casta anco più; d'una fusse.
l'aveano, per risposta gli fu dato. Un gentilomo di Vinegia poi,

524
che qui mia buona sorte già; condusse, Rispose il Saracin: - Che puoi tu farmi,
seppe far sì; con veri esempi suoi, che più; al presente mi diletti e piaccia,
che fuor de l'ignoranza mi ridusse. che dirmi istoria e qualche esempio darmi
Gian Francesco Valerio era nomato; che con l'opinion mia si confaccia?
che 'l nome suo non mi s'è; mai scordato. Perch'io possa udir meglio, e tu narrarmi,
siedemi incontra, ch'io ti vegga in faccia. -
138 Ma nel canto che segue io v'ho da dire
Le fraudi che le mogli e che l'amiche quel che fe' l'oste a Rodomonte udire.
sogliano usar, sapea tutte per conto:
e sopra ciò; moderne istorie e antiche,
e proprie esperienze avea sì; in pronto, CANTO VENTOTTESIMO
che mi mostrò; che mai donne pudiche
non si trovaro, o povere o di conto;
e s'una casta più; de l'altra parse, 1
venì;a, perché; più; accorta era a celarse. Donne, e voi che le donne avete in pregio,
per Dio, non date a questa istoria orecchia,
139 a questa che l'ostier dire in dispregio
E fra l'altre (che tante me ne disse, e in vostra infamia e biasmo s'apparecchia;
che non ne posso il terzo ricordarmi), ben che né; macchia vi può; dar né; fregio
sì; nel capo una istoria mi si scrisse, lingua sì; vile, e sia l'usanza vecchia
che non si scrisse mai più; saldo in marmi: che 'l volgare ignorante ognun riprenda,
e ben parria a ciascuno che l'udisse, e parli più; di quel che meno intenda.
di queste rie quel ch'a me parve e parmi.
E se, signor, a voi non spiace udire, 2
a lor confusion ve la vo' dire. - Lasciate questo canto, che senza esso
può; star l'istoria, e non sarà; men chiara.
140 Mettendolo Turpino, anch'io l'ho messo,

525
non per malivolenza né; per gara. Non stimava egli tanto per l'altezza
Ch'io v'ami, oltre mia lingua che l'ha espresso, del grado suo, d'avere ognun minore;
che mai non fu di celebrarvi avara, né; tanto, che di genti e di ricchezza,
n'ho fatto mille prove; e v'ho dimostro di tutti i re vicini era il maggiore;
ch'io son, né; potrei esser se non vostro. quanto che di presenza e di bellezza
avea per tutto 'l mondo il primo onore.
3 Godea di questo, udendosi dar loda,
Passi, chi vuol, tre carte o quattro, senza quanto di cosa volentier più; s'oda.
leggerne verso, e chi pur legger vuole,
gli dia quella medesima credenza 6
che si suol dare a finzioni e a fole. Tra gli altri di sua corte avea assai grato
Ma tornando al dir nostro, poi ch'udienza Fausto Latini, un cavallier romano:
apparecchiata vide a sue parole, con cui sovente essendosi lodato
e darsi luogo incontra al cavalliero, or del bel viso or de la bella mano,
così; l'istoria incominciò; l'ostiero. ed avendolo un giorno domandato
se mai veduto avea, presso o lontano,
4 altro uom di forma così; ben composto;
- Astolfo, re de' Longobardi, quello contra quel che credea, gli fu risposto.
a cui lasciò; il fratel monaco il regno,
fu ne la giovinezza sua sì; bello, 7
che mai poch'altri giunsero a quel segno. - Dico (rispose Fausto) che secondo
N'avria a fatica un tal fatto a penello ch'io veggo e che parlarne odo a ciascuno,
Apelle, o Zeusi, o se v'è; alcun più; degno. ne la bellezza hai pochi pari al mondo;
Bello era, ed a ciascun così; parea: e questi pochi io li restringo in uno.
ma di molto egli ancor più; si tenea. Quest'uno è; un fratel mio, detto Iocondo.
Eccetto lui, ben crederò; ch'ognuno
5 di beltà; molto a dietro tu ti lassi;

526
ma questo sol credo t'adegui e passi. - Pur per ubbidir lui che gli è; signore,
disse d'andare e fare oltre il potere.
8 Giunse il re a' prieghi tali offerte e doni,
Al re parve impossibil cosa udire, che di negar non gli lasciò; ragioni.
che sua la palma infin allora tenne;
e d'aver conoscenza alto desire 11
di sì; lodato giovene gli venne. Partisse, e in pochi giorni ritrovosse
Fe' sì; con Fausto, che di far venire dentro di Roma alle paterne case.
quivi il fratel prometter gli convenne; Quivi tanto pregò;, che 'l fratel mosse
ben ch'a poterlo indur che ci venisse, sì; ch'a venire al re gli persuase;
saria fatica, e la cagion gli disse: e fece ancor (ben che difficil fosse)
che la cognata tacita rimase,
9 proponendole il ben che n'usciria,
che 'l suo fratello era uom che mosso il piede oltre ch'obligo sempre egli l'avria.
mai non avea di Roma alla sua vita,
che del ben che Fortuna gli concede, 12
tranquilla e senza affanni avea notrita: Fisse Iocondo alla partita il giorno:
la roba di che 'l padre il lasciò; erede, trovò; cavalli e servitori intanto;
né; mai cresciuta avea né; minuita; vesti fe' far per comparire adorno,
e che parrebbe a lui Pavia lontana che talor cresce una beltà; un bel manto.
più; che non parria a un altro ire alla Tana. La notte a lato, e 'l dì; la moglie intorno,
con gli occhi ad or ad or pregni di pianto,
10 gli dice che non sa come patire
E la difficultà; saria maggiore potrà; tal lontananza e non morire;
a poterlo spiccar da la mogliere,
con cui legato era di tanto amore, 13
che non volendo lei, non può; volere. che pensandovi sol, da la radice

527
sveller si sente il cor nel lato manco.
- Deh, vita mia, non piagnere (le dice 16
Iocondo, e seco piagne egli non manco); E che la porti per suo amore al collo
così; mi sia questo camin felice, lo prega, sì; che ognor gli ne sovenga.
come tornar vo' fra duo mesi almanco: Piacque il dono al marito, ed accettollo;
né; mi faria passar d'un giorno il segno, non perché; dar ricordo gli convenga:
se mi donasse il re mezzo il suo regno.- che né; tempo né; assenza mai dar crollo,
né; buona o ria fortuna che gli avenga,
14 potrà; a quella memoria salda e forte
Né; la donna perciò; si riconforta: c'ha di lei sempre, e avrà; dopo la morte.
dice che troppo termine si piglia;
e s'al ritorno non la trova morta, 17
esser non può; se non gran maraviglia. La notte ch'andò; inanzi a quella aurora
Non lascia il duol che giorni e notte porta, che fu il termine estremo alla partenza,
che gustar cibo, e chiuder possa ciglia; al suo Iocondo par ch'in braccio muora
tal che per la pietà; Iocondo spesso la moglie, che n'ha tosto da star senza.
si pente ch'al fratello abbia promesso. Mai non si dorme; e inanzi al giorno un'ora
viene il marito all'ultima licenza.
15 Montò; a cavallo e si partì; in effetto;
Dal collo un suo monile ella si sciolse, e la moglier si ricorcò; nel letto.
ch'una crocetta avea ricca di gemme,
e di sante reliquie che raccolse 18
in molti luoghi un peregrin boemme; Iocondo ancor duo miglia ito non era,
ed il padre di lei, ch'in casa il tolse che gli venne la croce raccordata,
tornando infermo, di Ierusalemme, ch'avea sotto il guancial messo la sera,
venendo a morte poi ne lasciò; erede: poi per oblivion l'avea lasciata.
questa levossi ed al marito diede. - Lasso! (dicea tra sé;) di che maniera

528
troverò; scusa che mi sia accettata, che la sua casta e fedel moglie, sotto
che mia moglie non creda che gradito la coltre, in braccio a un giovene giacea.
poco da me sia l'amor suo infinito? - Riconobbe l'adultero di botto,
per la pratica lunga che n'avea;
19 ch'era de la famiglia sua un garzone,
Pensa la scusa, e poi gli cade in mente allevato da lui, d'umil nazione.
che non sarà; accettabile né; buona,
mandi famigli, mandivi altra gente, 22
s'egli medesmo non vi va in persona. S'attonito restasse e malcontento,
Si ferma, e al fratel dice: - Or pianamente meglio è; pensarlo e farne fede altrui,
fin a Baccano al primo albergo sprona; ch'esserne mai per far l'esperimento
che dentro a Roma è; forza ch'io rivada: che con suo gran dolor ne fe' costui.
e credo anco di giugnerti per strada. Da lo sdegno assalito, ebbe talento
di trar la spada e uccidergli ambedui:
20 ma da l'amor che porta, al suo dispetto,
Non potria fare altri il bisogno mio: all'ingrata moglier, gli fu interdetto.
né; dubitar, ch'io sarò; tosto teco. -
voltò; il ronzin di trotto, e disse a Dio; 23
né; de' famigli suoi volse alcun seco. Né; lo lasciò; questo ribaldo Amore
Già; cominciava, quando passò; il rio, (vedi se sì; l'avea fatto vasallo)
dinanzi al sole a fuggir l'aer cieco. destarla pur, per non le dar dolore
Smonta in casa, va al letto, e la consorte che fosse da lui colta in sì; gran fallo.
quivi ritrova addormentata forte. Quanto poté; più; tacito uscì; fuore,
scese le scale, e rimontò; a cavallo;
21 e punto egli d'amor, così; lo punse,
La cortina levò; senza far motto, ch'all'albergo non fu, che 'l fratel giunse.
e vide quel che men veder credea:

529
24 e la faccia, che dianzi era sì; bella,
Cambiato a tutti parve esser nel volto; si cangia sì;, che più; non sembra quella.
vider tutti che 'l cor non avea lieto.
ma non v'è; chi s'apponga già; di molto, 27
e possa penetrar nel suo secreto. Par che gli occhi se ascondin ne la testa;
Credeano che da lor si fosse tolto cresciuto il naso par nel viso scarno:
per gire a Roma, e gito era a Corneto. de la beltà; sì; poca gli ne resta,
Ch'amor sia del mal causa ognun s'avisa; che ne potrà; far paragone indarno.
ma non è; già; chi dir sappia in che guisa. Col duol venne una febbre sì; molesta,
che lo fe' soggiornar all'Arbia e all'Arno:
25 e se di bello avea serbata cosa,
Estimasi il fratel, che dolor abbia tosto restò; come al sol colta rosa.
d'aver la moglie sua sola lasciata;
e pel contrario duolsi egli ed arrabbia 28
che rimasa era troppo accompagnata. Oltre ch'a Fausto incresca del fratello
Con fronte crespa e con gonfiate labbia che veggia a simil termine condutto,
sta l'infelice, e sol la terra guata. via più; gl'incresce che bugiardo a quello
Fausto ch'a confortarlo usa ogni prova, principe, a chi lodollo, parrà; in tutto:
perché; non sa la causa, poca giova. mostrar di tutti gli uomini il più; bello
gli avea promesso, e mostrerà; il più; brutto.
26 Ma pur continuando la sua via,
Di contrario liquor la piaga gli unge, seco lo trasse al fin dentro a Pavia.
e dove tor dovria, gli accresce doglie;
dove dovria saldar, più; l'apre e punge: 29
questo gli fa col ricordar la moglie. Già; non vuol che lo vegga il re improviso,
Né; posa dì; né; notte: il sonno lunge per non mostrarsi di giudicio privo:
fugge col gusto, e mai non si raccoglie: ma per lettere inanzi gli dà; aviso

530
che 'l suo fratel ne viene a pena vivo; Le stanze sue, che sono appresso al tetto
e ch'era stato all'aria del bel viso l'ultime, inanzi hanno una sala antica.
un affanno di cor tanto nocivo, Quivi solingo (perche ogni diletto,
accompagnato da una febbre ria, perch'ogni compagnia prova nimica)
che più; non parea quel ch'esser solia. si ritraea, sempre aggiungendo al petto
di più; gravi pensier nuova fatica:
30 e trovò; quivi (or chi lo crederia?)
Grata ebbe la venuta di Iocondo chi lo sanò; de la sua piaga ria.
quanto potesse il re d'amico avere;
che non avea desiderato al mondo 33
cosa altretanto, che di lui vedere. In capo de la sala, ove è; più; scuro
Né; gli spiace vederselo secondo, (che non vi s'usa le finestre aprire,)
e di bellezza dietro rimanere; vede che 'l palco mal si giunge al muro,
ben che conosca, se non fosse il male, e fa d'aria più; chiara un raggio uscire.
che gli saria superiore o uguale. Pon l'occhio quindi, e vede quel che duro
a creder fôra a chi l'udisse dire:
31 non l'ode egli d'altrui, ma se lo vede;
Giunto, lo fa alloggiar nel suo palagio, ed anco agli occhi suoi propri non crede.
lo visita ogni giorno, ogni ora n'ode;
fa gran provision che stia con agio, 34
e d'onorarlo assai si studia e gode. Quindi scopria de la regina tutta
Langue Iocondo, che 'l pensier malvagio la più; secreta stanza e la più; bella,
c'ha de la ria moglier, sempre lo rode: ove persona non verria introdutta,
né; 'l veder giochi, né; musici udire, se per molto fedel non l'avesse ella.
dramma del suo dolor può; minuire. Quindi mirando vide in strana lutta
ch'un nano aviticchiato era con quella:
32 ed era quel piccin stato sì; dotto,

531
che la regina avea messa di sotto. Trova l'altro dì; ancor che si lavora,
e l'altro; e al fin non si fa festa giorno:
35 e la regina (che gli par più; strano)
Attonito Iocondo e stupefatto, sempre si duol che poco l'ami il nano.
e credendo sognarsi, un pezzo stette;
e quando vide pur che gli era in fatto 38
e non in sogno, a se stesso credette. Stette fra gli altri un giorno a veder, ch'ella
- A uno sgrignuto mostro e contrafatto era turbata e in gran malenconia,
dunque (disse) costei si sottomette, che due volte chiamar per la donzella
che 'l maggior re del mondo ha per marito, il nano fatto avea, n'ancor venì;a.
più; bello e più; cortese? oh che appetito! - Mandò; la terza volta, ed udì; quella,
che: - Madonna, egli giuoca (riferia);
36 e per non stare in perdita d'un soldo,
E de la moglie sua, che così; spesso a voi niega venire il manigoldo. -
più; d'ogn'altra biasmava, ricordosse,
perché; 'l ragazzo s'avea tolto appresso: 39
ed or gli parve che escusabil fosse. A sì; strano spettacolo Iocondo
Non era colpa sua più; che del sesso, raserena la fronte e gli occhi e il viso;
che d'un solo uomo mai non contentosse: e quale in nome, diventò; giocondo
e s'han tutte una macchia d'uno inchiostro, d'effetto ancora, e tornò; il pianto in riso.
almen la sua non s'avea tolto un mostro. Allegro torna e grasso e rubicondo,
che sembra un cherubin del paradiso;
37 che 'l re, il fratello e tutta la famiglia
Il dì; seguente, alla medesima ora, di tal mutazion si maraviglia.
al medesimo loco fa ritorno;
e la regina e il nano vede ancora, 40
che fanno al re pur il medesmo scorno. Se da Iocondo il re bramava udire

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onde venisse il subito conforto,
non men Iocondo lo bramava dire, 43
e fare il re di tanta ingiuria accorto; Ma in casa di sua Altezza avea veduto
ma non vorria che, più; di sé;, punire cosa che molto gli scemava il duolo;
volesse il re la moglie di quel torto; che se bene in obbrobrio era caduto,
sì; che per dirlo e non far danno a lei, era almen certo di non v'esser solo.
il re fece giurar su l'agnusdei. Così; dicendo, e al bucolin venuto,
gli dimostrò; il bruttissimo omiciuolo
41 che la giumenta altrui sotto si tiene,
Giurar lo fe' che né; per cosa detta, tocca di sproni e fa giuocar di schene.
né; che gli sia mostrata che gli spiaccia,
ancor ch'egli conosca che diretta- 44
mente a sua Maestà; danno si faccia, Se parve al re vituperoso l'atto,
tardi o per tempo mai farà; vendetta; lo crederete ben, senza ch'io 'l giuri.
e di più; vuole ancor che se ne taccia, Ne fu per arrabbiar, per venir matto;
sì; che né; il malfattor giamai comprenda ne fu per dar del capo in tutti i muri;
in fatto o in detto, che 'l re il caso intenda. fu per gridar, fu per non stare al patto:
ma forza è; che la bocca al fin si turi,
42 e che l'ira trangugi amara ed acra,
Il re, ch'ogn'altra cosa, se non questa, poi che giurato avea su l'ostia sacra.
creder potria, gli giurò; largamente.
Iocondo la cagion gli manifesta, 45
ond'era molti dì; stato dolente: - Che debbo far, che mi consigli, frate,
perché; trovata avea la disonesta (disse a Iocondo), poi che tu mi tolli
sua moglie in braccio d'un suo vil sergente; che con degna vendetta e crudeltate
e che tal pena al fin l'avrebbe morto, questa giustissima ira io non satolli? -
se tardato a venir fosse il conforto. - Lascià;n (disse Iocondo) queste ingrate,

533
e proviam se son l'altre così; molli: e quante ne vedean di bella guancia,
faccià;n de le lor femine ad altrui trovavan tutte ai prieghi lor cortesi.
quel ch'altri de le nostre han fatto a nui. Davano, e dato loro era la mancia;
e spesso rimetteano i danar spesi.
46 Da loro pregate foro molte, e foro
Ambi gioveni siamo, e di bellezza, anch'altretante che pregaron loro.
che facilmente non troviamo pari.
Qual femina sarà; che n'usi asprezza, 49
se contra i brutti ancor non han ripari? In questa terra un mese, in quella dui
Se beltà; non varrà; né; giovinezza, soggiornando, accertarsi a vera prova
varranne almen l'aver con noi danari. che non men ne le lor, che ne l'altrui
Non vo' che torni, che non abbi prima femine, fede e castità; si trova.
di mille moglie altrui la spoglia opima. Dopo alcun tempo increbbe ad ambedui
di sempre procacciar di cosa nuova;
47 che mal poteano entrar ne l'altrui porte,
La lunga assenza, il veder vari luoghi, senza mettersi a rischio de la morte.
praticare altre femine di fuore,
par che sovente disacerbi e sfoghi 50
de l'amorose passioni il core. - Gli è; meglio una trovarne che di faccia
Lauda il parer, né; vuol che si prorò;ghi e di costumi ad ambi grata sia;
il re l'andata; e fra pochissime ore, che lor communemente sodisfaccia,
con due scudieri, oltre alla compagnia e non n'abbin d'aver mai gelosia.
del cavallier roman, si mette in via. - E perché; (dicea il re) vo' che mi spiaccia
aver più; te ch'un altro in compagnia?
48 So ben ch'in tutto il gran femineo stuolo
Travestiti cercaro Italia, Francia, una non è; che stia contenta a un solo.
le terre de' Fiaminghi e de l'Inglesi;

534
51 ch'ove piacesse lor potesson trarla,
Una, senza sforzar nostro potere, poi che promesso avean di ben trattarla.
ma quando il natural bisogno inviti,
in festa goderemoci e in piacere, 54
che mai contese non avren né; liti. Pigliano la fanciulla, e piacer n'hanno
Né; credo che si debba ella dolere: or l'un or l'altro in caritade e in pace,
che s'anco ogn'altra avesse duo mariti, come a vicenda i mantici che danno,
più; ch'ad un solo, a duo saria fedele; or l'uno or l'altro, fiato alla fornace.
né; forse s'udirian tante querele. - Per veder tutta Spagna indi ne vanno,
e passar poi nel regno di Siface;
52 e 'l dì; che da Valenza si partiro,
Di quel che disse il re, molto contento ad albergare a Zattiva veniro.
rimaner parve il giovine romano.
Dunque fermati in tal proponimento, 55
cercar molte montagne e molto piano: I patroni a veder strade e palazzi
trovaro al fin, secondo il loro intento, ne vanno, e lochi publici e divini;
una figliuola d'uno ostiero ispano, ch'usanza han di pigliar simil solazzi
che tenea albergo al porto di Valenza, in ogni terra ove entran peregrini;
bella di modi e bella di presenza. e la fanciulla resta coi ragazzi.
Altri i letti, altri acconciano i ronzini,
53 altri hanno cura che sia alla tornata
Era ancor sul fiorir di primavera dei signor lor la cena apparecchiata.
sua tenerella e quasi acerba etade.
Di molti figli il padre aggravat'era, 56
e nimico mortal di povertade; Ne l'albergo un garzon stava per fante,
sì; ch'a disporlo fu cosa leggiera, ch'in casa de la giovene già; stette
che desse lor la figlia in potestade; a' servigi del padre, e d'essa amante

535
fu da' primi anni, e del suo amor godette. La fanciulla negli omeri si stringe,
Ben s'adocchiar, ma non ne fer sembiante, e risponde che fu tardo a venire.
ch'esser notato ognun di lor temette: Piange il Greco e sospira, e parte finge:
ma tosto ch'i patroni e la famiglia - Vuommi (dice) lasciar così; morire?
lor dieron luogo, alzar tra lor le ciglia. Con le tuo braccia i fianchi almen mi cinge,
lasciami disfogar tanto desire:
57 ch'inanzi che tu parta, ogni momento
Il fante domandò; dove ella gisse, che teco io stia mi fa morir contento. -
e qual dei duo signor l'avesse seco.
A punto la Fiammetta il fatto disse 60
(così; avea nome, e quel garzone il Greco). La pietosa fanciulla rispondendo:
- Quando sperai che 'l tempo ohimè;! venisse - Credi (dicea) che men di te nol bramo;
(il Greco le dicea) di viver teco, ma né; luogo né; tempo ci comprendo
Fiammetta, anima mia, tu te ne vai, qui, dove in mezzo di tanti occhi siamo. -
e non so più; di rivederti mai. Il Greco soggiungea: - Certo mi rendo,
che s'un terzo ami me di quel ch'io t'amo,
58 in questa notte almen troverai loco
Fannosi i dolci miei disegni amari, che ci potren godere insieme un poco. -
poi che sei d'altri, e tanto mi ti scosti.
Io disegnava, avendo alcun' danari 61
con gran fatica e gran sudor riposti, - Come potrò; (diceagli la fanciulla),
ch'avanzato m'avea de' miei salari che sempre in mezzo a duo la notte giaccio?
e de le bene andate di molti osti, e meco or l'uno or l'altro si trastulla,
di tornare a Valenza, e domandarti e sempre a l'un di lor mi trovo in braccio? -
al padre tuo per moglie, e di sposarti. - - Questo ti fia (suggiunse il Greco) nulla;
che ben ti saprai tor di questo impaccio,
59 e uscir di mezzo lor, pur che tu voglia:

536
e dé;i voler, quando di me ti doglia. - Cavalcò; forte, e non andò; a staffetta;
che mai bestia mutar non gli convenne:
62 che questa pare a lui che sì; ben trotte,
Pensa ella alquanto, e poi dice che vegna che scender non ne vuol per tutta notte.
quando creder potrà; ch'ognuno dorma;
e pianamente come far convegna, 65
e de l'andare e del tornar l'informa. Avea Iocondo ed avea il re sentito
Il Greco, sì; come ella gli disegna, il calpestio che sempre il letto scosse;
quando sente dormir tutta la torma, e l'uno e l'altro, d'uno error schernito,
viene all'uscio e lo spinge, e quel gli cede: s'avea creduto che 'l compagno fosse.
entra pian piano, e va a tenton col piede. Poi ch'ebbe il Greco il suo camin fornito,
sì; come era venuto, anco tornosse.
63 Saettò; il sol da l'orizzonte i raggi;
Fa lunghi i passi, e sempre in quel di dietro sorse Fiammetta, e fece entrare i paggi.
tutto si ferma, e l'altro par che muova
a guisa che di dar tema nel vetro, 66
non che 'l terreno abbia a calcar, ma l'uova; Il re disse al compagno motteggiando:
e tien la mano inanzi simil metro, - Frate, molto camin fatto aver dé;i;
va brancolando infin che 'l letto trova: e tempo è; ben che ti riposi, quando
e di là; dove gli altri avean le piante, stato a cavallo tutta notte sei. -
tacito si cacciò; col capo inante. Iocondo a lui rispose di rimando,
e disse: - Tu di' quel ch'io a dire avrei.
64 A te tocca posare, e pro ti faccia,
Fra l'una e l'altra gamba di Fiammetta, che tutta notte hai cavalcato a caccia. -
che supina giacea, diritto venne;
e quando le fu a par, l'abbracciò; stretta, 67
e sopra lei sin presso al dì; si tenne. - Anch'io (suggiunse il re) senza alcun fallo

537
lasciato avria il mio can correre un tratto,
se m'avessi prestato un po' il cavallo, 70
tanto che 'l mio bisogno avessi fatto. - Domandò; lor perdono, che d'amore
Iocondo replicò;: - Son tuo vasallo, ch'a un giovinetto avea portato, spinta,
e puoi far meco e rompere ogni patto: e da pietà; d'un tormentato core
sì; che non convenia tal cenni usare; che molto avea per lei patito, vinta,
ben mi potevi dir: lasciala stare. - caduta era la notte in quello errore;
e seguitò;, senza dir cosa finta,
68 come tra lor con speme si condusse,
Tanto replica l'un, tanto soggiunge ch'ambi credesson che 'l compagno fusse.
l'altro, che sono a grave lite insieme.
Vengon da' motti ad un parlar che punge, 71
ch'ad amenduo l'esser beffato preme. Il re e Iocondo si guardaro in viso,
Chiaman Fiammetta (che non era lunge, di maraviglia e di stupor confusi;
e de la fraude esser scoperta teme) né; d'aver anco udito lor fu aviso,
per fare in viso l'uno all'altro dire ch'altri duo fusson mai così; delusi.
quel che negando ambi parean mentire. Poi scoppiaro ugualmente in tanto riso,
che con la bocca aperta e gli occhi chiusi,
69 potendo a pena il fiato aver del petto,
- Dimmi (le disse il re con fiero sguardo), a dietro si lasciar cader sul letto.
e non temer di me né; di costui;
chi tutta notte fu quel sì; gagliardo, 72
che ti godé; senza far parte altrui? - Poi ch'ebbon tanto riso, che dolere
Credendo l'un provar l'altro bugiardo, se ne sentiano il petto, e pianger gli occhi,
la risposta aspettavano ambedui. disson tra lor: - Come potremo avere
Fiammetta a' piedi lor si gittò;, incerta guardia, che la moglier non ne l'accocchi,
di viver più;, vedendosi scoperta. se non giova tra duo questa tenere,

538
e stretta sì;, che l'uno e l'altro tocchi? Udilla il Saracin, né; gli rispose
Se più; che crini avesse occhi il marito, parola mai, fin che non fu finita.
non potria far che non fosse tradito. Poi disse: - Io credo ben che de l'ascose
feminil frode sia copia infinita;
73 né; si potria de la millesma parte
Provate mille abbiamo, e tutte belle; tener memoria con tutte le carte. -
né; di tante una è; ancor che ne contraste.
Se provian l'altre, fian simili anch'elle; 76
ma per ultima prova costei baste. Quivi era un uom d'età;, ch'avea più; retta
Dunque possiamo creder che più; felle opinion degli altri, e ingegno e ardire;
non sien le nostre, o men de l'altre caste: e non potendo ormai, che sì; negletta
e se son come tutte l'altre sono, ogni femina fosse, più; patire,
che torniamo a godercile fia buono. - si volse a quel ch'avea l'istoria detta,
e gli disse: - Assai cose udimo dire,
74 che veritade in sé; non hanno alcuna:
Conchiuso ch'ebbon questo, chiamar fero e ben di queste è; la tua favola una.
per Fiammetta medesima il suo amante;
e in presenza di molti gli la diero 77
per moglie, e dote gli fu bastante. A chi te la narrò; non do credenza,
Poi montaro a cavallo, e il lor sentiero s'evangelista ben fosse nel resto;
ch'era a ponente, volsero a levante; ch'opinione, più; ch'esperienza
ed alle mogli lor se ne tornaro, ch'abbia di donne, lo facea dir questo.
di ch'affanno mai più; non si pigliaro. - L'avere ad una o due malivolenza,
fa ch'odia e biasma l'altre oltre all'onesto;
75 ma se gli passa l'ira, io vo' tu l'oda,
L'ostier qui fine alla sua istoria pose, più; ch'ora biasmo, anco dar lor gran loda.
che fu con molta attenzione udita.

539
78 Credo, per compiacere or queste or quelle,
E se vorrà; lodarne, avra maggiore che tutti lasciaremmovi la pelle.
il campo assai, ch'a dirne mal non ebbe:
di cento potrà; dir degne d'onore 81
verso una trista che biasmar si debbe. Quelle che i lor mariti hanno lasciati,
Non biasmar tutte, ma serbarne fuore le più; volte cagione avuta n'hanno.
la bontà; d'infinite si dovrebbe; Del suo di casa, li veggon svogliati,
e se 'l Valerio tuo disse altrimente, e che fuor, de l'altrui bramosi, vanno.
disse per ira, e non per quel che sente. Dovriano amar, volendo essere amati,
e tor con la misura ch'a lor danno.
79 Io farei (se a me stesse il darla e torre)
Ditemi un poco: è; di voi forse alcuno tal legge, ch'uom non vi potrebbe opporre.
ch'abbia servato alla sua moglie fede?
che nieghi andar, quando gli sia oportuno, 82
all'altrui donna, e darle ancor mercede? Saria la legge, ch'ogni donna colta
credete in tutto 'l mondo trovarne uno? in adulterio, fosse messa a morte,
chi 'l dice, mente; e folle è; ben chi 'l crede. se provar non potesse ch'una volta
Trovatene vo' alcuna che vi chiami? avesse adulterato il suo consorte:
(non parlo de le publiche ed infami). se provar lo potesse, andrebbe asciolta,
né; temeria il marito né; la corte.
80 Cristo ha lasciato nei precetti suoi:
Conoscete alcun voi, che non lasciasse non far altrui quel che patir non vuoi.
la moglie sola, ancor che fosse bella,
per seguire altra donna, se sperasse 83
in breve e facilmente ottener quella? La incontinenza è; quanto mal si puote
Che farebbe egli, quando lo pregasse imputar lor, non già; a tutto lo stuolo.
o desse premio a lui donna o donzella? Ma in questo chi ha di noi più; brutte note?

540
che continente non si trova un solo. Però; ch'avendo tutto quel rispetto
E molto più; n'ha ad arrossir le gote, ch'a buon cavallo dee buon cavalliero,
quando bestemmia, ladroneccio, dolo, a quel suo bello e buono, ch'a dispetto
usura ed omicidio, e se v'è; peggio, tenea di Sacripante e di Ruggiero;
raro, se non dagli uomini, far veggio. - vedendo per duo giorni averlo stretto
più; che non si dovria sì; buon destriero,
84 lo pon, per riposarlo, e lo rassetta
Appresso alle ragioni avea il sincero in una barca, e per andar più; in fretta.
e giusto vecchio in pronto alcuno esempio
di donne, che né; in fatto né; in pensiero 87
mai di lor castità; patiron scempio. Senza indugio al nocchier varar la barca,
Ma il Saracin, che fuggia udire il vero, e dar fa i remi all'acqua da la sponda.
lo minacciò; con viso crudo ed empio, Quella, non molto grande e poco carca,
sì; che lo fece per timor tacere; se ne va per la Sonna giù; a seconda.
ma già; non lo mutò; di suo parere. Non fugge il suo pensier né; se ne scarca
Rodomonte per terra né; per onda:
85 lo trova in su la proda e in su la poppa;
Posto ch'ebbe alle liti e alle contese e se cavalca, il porta dietro in groppa.
termine il re pagan, lasciò; la mensa;
indi nel letto per dormir si stese 88
fin al partir de l'aria scura e densa: Anzi nel capo, o sia nel cor gli siede,
ma de la notte, a sospirar l'offese e di fuor caccia ogni conforto e serra.
più; de la donna ch'a dormir, dispensa. Di ripararsi il misero non vede,
Quindi parte all'uscir del nuovo raggio, da poi che gli nimici ha ne la terra.
e far disegna in nave il suo viaggio. Non sa da chi sperar possa mercede,
se gli fanno i domestici suoi guerra:
86 la notte e 'l giorno e sempre è; combattuto

541
da quel crudel che dovria dargli aiuto. che queste terre ed altre ubidienza,
che son tra il fiume e 'l celtibero monte,
89 rendean al re Agramante e al re di Spagna
Naviga il giorno e la notte seguente dal dì; che fur signor de la campagna.
Rodomonte col cor d'affanni grave;
e non si può; l'ingiuria tor di mente, 92
che da la donna e dal suo re avuto have; Verso Acquamorta a man dritta si tenne
e la pena e il dolor medesmo sente, con animo in Algier passare in fretta;
che sentiva a cavallo, ancora in nave: e sopra un fiume ad una villa venne
né; spegner può;, per star ne l'acqua, il fuoco, e da Bacco e da Cerere diletta,
né; può; stato mutar, per mutar loco. che per le spesse ingiurie, che sostenne
dai soldati, a votarsi fu costretta.
90 Quinci il gran mare, e quindi ne l'apriche
Come l'infermo, che dirotto e stanco valli vede ondeggiar le bionde spiche.
di febbre ardente, va cangiando lato;
o sia su l'uno o sia su l'altro fianco 93
spera aver, se si volge, miglior stato; Quivi ritrova una piccola chiesa
né; sul destro riposa né; sul manco, di nuovo sopra un monticel murata,
e per tutto ugualmente è; travagliato: che poi ch'intorno era la guerra accesa,
così; il pagano al male ond'era infermo i sacerdoti vota avean lasciata.
mal trova in terra e male in acqua schermo. Per stanza fu da Rodomonte presa;
che pel sito, e perch'era sequestrata
91 dai campi, onde avea in odio udir novella,
Non puote in nave aver più; pazienza, gli piacque sì;, che mutò; Algieri in quella.
e si fa porre in terra Rodomonte.
Lion passa e Vienna, indi Valenza 94
e vede in Avignone il ricco ponte; Mutò; d'andare in Africa pensiero,

542
sì; commodo gli parve il luogo e bello.
Famigli e carriaggi e il suo destriero 97
seco alloggiar fe' nel medesmo ostello. Come ch'in viso pallida e smarrita
Vicino a poche leghe a Mompoliero sia la donzella ed abbia i crini inconti;
e ad alcun altro ricco e buon castello e facciano i sospir continua uscita
siede il villaggio allato alla riviera; del petto acceso, e gli occhi sien duo fonti;
sì; che d'avervi ogn'agio il modo v'era. ed altri testimoni d'una vita
misera e grave in lei si veggan pronti;
95 tanto però; di bello anco le avanza,
Standovi un giorno il Saracin pensoso che con le Grazie Amor vi può; aver stanza.
(come pur era il più; del tempo usato),
vide venir per mezzo un prato erboso, 98
che d'un piccol sentiero era segnato, Tosto che 'l Saracin vide la bella
una donzella di viso amoroso donna apparir, messe il pensiero al fondo,
in compagnia d'un monaco barbato; ch'avea di biasmar sempre e d'odiar quella
e si traeano dietro un gran destriero schiera gentil che pur adorna il mondo.
sotto una soma coperta di nero. E ben gli par dignissima Issabella,
in cui locar debba il suo amor secondo,
96 e spenger totalmente il primo, a modo
Chi la donzella, chi 'l monaco sia, che da l'asse si trae chiodo con chiodo.
chi portin seco, vi debbe esser chiaro.
Conoscere Issabella si dovria, 99
che 'l corpo avea del suo Zerbino caro. Incontra se le fece, e col più; molle
Lasciai che vêr Provenza ne venì;a parlar che seppe, e col miglior sembiante,
sotto la scorta del vecchio preclaro, di sua condizione domandolle;
che le avea persuaso tutto il resto ed ella ogni pensier gli spiegò; inante;
dicare a Dio del suo vivere onesto. come era per lasciare il mondo folle,

543
e farsi amica a Dio con opre sante. e che di pazienza il freno roppe,
Ride il pagano altier ch'in Dio non crede, le mani adosso con furor gli messe.
d'ogni legge nimico e d'ogni fede. Ma le parole mie parervi troppe
potriano omai, se più; se ne dicesse:
100 sì; che finirò; il canto; e mi fia specchio
E chiama intenzione erronea e lieve, quel che per troppo dire accade al vecchio.
e dice che per certo ella troppo erra;
né; men biasmar che l'avaro si deve,
che 'l suo ricco tesor metta sotterra: CANTO VENTINOVESIMO
alcuno util per sé; non ne riceve,
e da l'uso degli altri uomini il serra. 1
Chiuder leon si denno, orsi e serpenti, O degli uomini inferma e instabil mente!
e non le cose belle ed innocenti. come sià;n presti a variar disegno!
Tutti i pensier mutamo facilmente,
101 più; quei che nascon d'amoroso sdegno.
Il monaco, ch'a questo avea l'orecchia, Io vidi dianzi il Saracin sì; ardente
e per soccorrer la giovane incauta, contra le donne, e passar tanto il segno,
che ritratta non sia per la via vecchia, che non che spegner l'odio, ma pensai
sedea al governo qual pratico nauta, che non dovesse intiepidirlo mai.
quivi di spiritual cibo apparecchia
tosto una mensa sontuosa e lauta. 2
Ma il Saracin, che con mal gusto nacque, Donne gentil, per quel ch'a biasmo vostro
non pur la saporò;, che gli dispiacque: parlò; contra il dover, sì; offeso sono,
che sin che col suo mal non gli dimostro
102 quanto abbia fatto error, non gli perdono.
e poi ch'invano il monaco interroppe, Io farò; sì; con penna e con inchiostro,
e non poté; mai far sì; che tacesse, ch'ognun vedrà; che gli era utile e buono

544
aver taciuto, e mordersi anco poi senza lei può; tornar quando gli piace;
prima la lingua, che dir mal di voi. e che nuocer si vede a viso aperto,
e che seco non vuol triegua né; pace:
3 la mano al mento con furor gli stese,
Ma che parlò; come ignorante e sciocco, e tanto ne pelò;, quanto ne prese.
ve lo dimostra chiara esperienza.
Incontra tutte trasse fuor lo stocco 6
de l'ira, senza farvi differenza: E sì; crebbe la furia, che nel collo
poi d'Issabella un sguardo sì; l'ha tocco, con man lo stringe a guisa di tanaglia;
che subito gli fa mutar sentenza. e poi ch'una e due volte raggirollo,
Già; in cambio di quell'altra la disia, da sé; per l'aria e verso il mar lo scaglia.
l'ha vista a pena, e non sa ancor chi sia. Che n'avenisse, né; dico né; sollo:
varia fama è; di lui, né; si raguaglia.
4 Dice alcun che sì; rotto a un sasso resta,
E come il nuovo amor lo punge e scalda, che 'l piè; non si discerne da la testa;
muove alcune ragion di poco frutto,
per romper quella mente intera e salda 7
ch'ella avea fissa al Creator del tutto. ed altri, ch'a cadere andò; nel mare,
Ma l'eremita che l'è; scudo e falda, ch'era più; di tre miglia indi lontano,
perché; il casto pensier non sia distrutto, e che morì; per non saper notare,
con argumenti più; validi e fermi, fatti assai prieghi e orazioni invano;
quanto più; può;, le fa ripari e schermi. altri, ch'un santo lo venne aiutare,
lo trasse al lito con visibil mano.
5 Di queste, qual si vuol, la vera sia:
Poi che l'empio pagan molto ha sofferto di lui non parla più; l'istoria mia.
con lunga noia quel monaco audace,
e che gli ha detto invan ch'al suo deserto 8

545
Rodomonte crudel, poi che levato a trarla quindi immaculata e intatta.
s'ebbe da canto il garrulo eremita,
si ritornò; con viso men turbato 11
verso la donna mesta e sbigottita; Fa ne l'animo suo proponimento
e col parlar ch'è; fra gli amanti usato, di darsi con sua man prima la morte,
dicea ch'era il suo core e la sua vita che 'l barbaro crudel n'abbia il suo intento,
e 'l suo conforto e la sua cara speme, e che le sia cagion d'errar sì; forte
ed altri nomi tai che vanno insieme. contra quel cavallier ch'in braccio spento
l'avea crudele e dispietata sorte;
9 a cui fatto have col pensier devoto
E si mostrò; sì; costumato allora, de la sua castità; perpetuo voto.
che non le fece alcun segno di forza.
Il sembiante gentil che l'innamora, 12
l'usato orgoglio in lui spegne ed ammorza: Crescer più; sempre l'appetito cieco
e ben che 'l frutto trar ne possa fuora, vede del re pagan, né; sa che farsi.
passar non però; vuole oltre a la scorza; Ben sa che vuol venire all'atto bieco,
che non gli par che potesse esser buono, ove i contrasti suoi tutti fien scarsi.
quando da lei non lo accettasse in dono. Pur discorrendo molte cose seco,
il modo trovò; al fin di ripararsi,
10 e di salvar la castità; sua, come
E così; di disporre a poco a poco io vi dirò;, con lungo e chiaro nome.
a' suoi piaceri Issabella credea.
Ella, che in sì; solingo e strano loco, 13
qual topo in piede al gatto si vedea, Al brutto Saracin, che le venì;a
vorria trovarsi inanzi in mezzo il fuoco; già; contra con parole e con effetti
e seco tuttavolta rivolgea privi di tutta quella cortesia
s'alcun partito, alcuna via fosse atta che mostrata le avea ne' primi detti:

546
- Se fate che con voi sicura io sia un mese invulnerabile si trova.
del mio onor (disse) e ch'io non ne sospetti, Oprar conviensi ogni mese l'ampolla;
cosa all'incontro vi darò;, che molto che sua virtù; più; termine non giova.
più; vi varrà;, ch'avermi l'onor tolto. Io so far l'acqua, ed oggi ancor farolla,
ed oggi ancor voi ne vedrete prova:
14 e vi può;, s'io non fallo, esser più; grata,
Per un piacer di sì; poco momento, che d'aver tutta Europa oggi acquistata.
di che n'ha sì; abondanza tutto 'l mondo,
non disprezzate un perpetuo contento, 17
un vero gaudio a nullo altro secondo. Da voi domando in guiderdon di questo,
Potrete tuttavia ritrovar cento che su la fede vostra mi giuriate
e mille donne di viso giocondo; che né; in detto né; in opera molesto
ma chi vi possa dar questo mio dono, mai più; sarete alla mia castitate. -
nessuno al mondo, o pochi altri ci sono. Così; dicendo, Rodomonte onesto
fe' ritornar; ch'in tanta voluntate
15 venne ch'inviolabil si facesse,
Ho notizia d'un'erba, e l'ho veduta che più; ch'ella non disse, le promesse:
venendo, e so dove trovarne appresso,
che bollita con elera e con ruta 18
ad un fuoco di legna di cipresso, e servaralle fin che vegga fatto
e fra mano innocenti indi premuta, de la mirabil acqua esperienza;
manda un liquor, che, chi si bagna d'esso e sforzerasse intanto a non fare atto,
tre volte il corpo, in tal modo l'indura, a non far segno alcun di violenza.
che dal ferro e dal fuoco l'assicura. Ma pensa poi di non tenere il patto,
perché; non ha timor né; riverenza
16 di Dio o di santi; e nel mancar di fede
Io dico, se tre volte se n'immolla, tutta a lui la bugiarda Africa cede.

547
duo baril votar pieni di greco,
19 ch'aveano tolto uno o duo giorni inanti
Ad Issabella il re d'Algier scongiuri i suoi scudieri a certi viandanti.
di non la molestar fe' più; di mille,
pur ch'essa lavorar l'acqua procuri, 22
che far lo può; qual fu già; Cigno e Achille. Non era Rodomonte usato al vino,
Ella per balze e per valloni oscuri perché; la legge sua lo vieta e danna:
da le città; lontana e da le ville e poi che lo gustò;, liquor divino
ricoglie di molte erbe; e il Saracino gli par, miglior che 'l nettare o la manna;
non l'abandona, e l'è; sempre vicino. e riprendendo il rito saracino,
gran tazze e pieni fiaschi ne tracanna.
20 Fece il buon vino, ch'andò; spesso intorno,
Poi ch'in più; parti quant'era a bastanza girare il capo a tutti come un torno.
colson de l'erbe e con radici e senza,
tardi si ritornaro alla lor stanza; 23
dove quel paragon di continenza La donna in questo mezzo la caldaia
tutta la notte spende, che l'avanza, dal fuoco tolse, ove quell'erbe cosse;
a bollir erbe con molta avertenza: e disse a Rodomonte: - Acciò; che paia
e a tutta l'opra e a tutti quei misteri che mie parole al vento non ho mosse,
si trova ognor presente il re d'Algieri. quella che 'l ver da la bugia dispaia,
e che può; dotte far le genti grosse,
21 te ne farò; l'esperienza ancora,
Che producendo quella notte in giuoco non ne l'altrui, ma nel mio corpo or ora.
con quelli pochi servi ch'eran seco,
sentia, per lo calor del vicin fuoco 24
ch'era rinchiuso in quello angusto speco, Io voglio a far il saggio esser la prima
tal sete, che bevendo or molto or poco, del felice liquor di virtù; pieno,

548
acciò; tu forse non facessi stima 27
che ci fosse mortifero veneno. vattene in pace, alma beata e bella!
Di questo bagnerommi da la cima Così; i miei versi avesson forza, come
del capo giù; pel collo e per lo seno: ben m'affaticherei con tutta quella
tu poi tua forza in me prova e tua spada, arte che tanto il parlar orna e come,
se questo abbia vigor, se quella rada.- perché; mille e mill'anni e più;, novella
sentisse il mondo del tuo chiaro nome.
25 Vattene in pace alla superna sede,
Bagnossi, come disse, e lieta porse e lascia all'altre esempio di tua fede.
all'incauto pagano il collo ignudo,
incauto, e vinto anco dal vino forse, 28
incontra a cui non vale elmo né; scudo. All'atto incomparabile e stupendo,
Quel uom bestial le prestò; fede, e scorse dal cielo il Creator giù; gli occhi volse,
sì; con la mano e sì; col ferro crudo, e disse: - Più; di quella ti commendo,
che del bel capo, già; d'Amore albergo, la cui morte a Tarquinio il regno tolse;
fe' tronco rimanere il petto e il tergo. e per questo una legge fare intendo
tra quelle mie, che mai tempo non sciolse,
26 la qual per le inviolabil'acque giuro
Quel fe' tre balzi; e funne udita chiara che non muterà; seculo futuro.
voce, ch'uscendo nominò; Zerbino,
per cui seguire ella trovò; sì; rara 29
via di fuggir di man del Saracino. Per l'avvenir vo' che ciascuna ch'aggia
Alma, ch'avesti più; la fede cara, il nome tuo, sia di sublime ingegno,
e 'l nome quasi ignoto e peregrino e sia bella, gentil, cortese e saggia,
al tempo nostro, de la castitade, e di vera onestade arrivi al segno:
che la tua vita e la tua verde etade, onde materia agli scrittori caggia
di celebrare il nome inclito e degno;

549
tal che Parnasso, Pindo ed Elicone de' gravi sassi i vicin monti scema,
sempre Issabella, Issabella risuone. - e ne fa una gran massa stabilire,
che da la cima era alla parte estrema
30 novanta braccia; e vi rinchiude dentro
Dio così; disse, e fe' serena intorno la chiesa, che i duo amanti have nel centro.
l'aria, e tranquillo il mar più; che mai fusse.
Fe' l'alma casta al terzo ciel ritorno, 33
e in braccio al suo Zerbin si ricondusse. Imita quasi la superba mole
Rimase in terra con vergogna e scorno che fe' Adriano all'onda tiberina.
quel fier senza pietà; nuovo Breusse; Presso al sepolcro una torre alta vuole;
che poi che 'l troppo vino ebbe digesto, ch'abitarvi alcun tempo si destina.
biasmò; il suo errore, e ne restò; funesto. Un ponte stretto e di due braccia sole
fece su l'acqua che correa vicina.
31 Lungo il ponte, ma largo era sì; poco,
Placare o in parte satisfar pensosse che dava a pena a duo cavalli loco;
a l'anima beata d'Issabella,
se, poi ch'a morte il corpo le percosse, 34
desse almen vita alla memoria d'ella. a duo cavalli che venuti a paro,
Trovò; per mezzo, acciò; che così; fosse, o ch'insieme si fossero scontrati:
di convertirle quella chiesa, quella e non avea né; sponda né; riparo,
dove abitava e dove ella fu uccisa, e si potea cader da tutti i lati.
in un sepolcro; e vi dirò; in che guisa. Il passar quindi vuol che costi caro
a guerrieri o pagani o battezzati;
32 che de le spoglie lor mille trofei
Di tutti i lochi intorno fa venire promette al cimiterio di costei.
mastri, chi per amore e chi per tema;
e fatto ben seimila uomini unire, 35

550
In dieci giorni e in manco fu perfetta l'error che fa pel vino o mano o lingua.
l'opra del ponticel che passa il fiume;
ma non fu già; il sepolcro così; in fretta, 38
né; la torre condutta al suo cacume: Molti fra pochi dì; vi capitaro:
pur fu levata sì;, ch'alla veletta alcuni la via dritta vi condusse,
starvi in cima una guardia avea costume, ch'a quei che verso Italia o Spagna andaro
che d'ogni cavallier che venì;a al ponte, altra non era che più; trita fusse;
col corno facea segno a Rodomonte. altri l'ardire, e, più; che vita caro,
l'onore, a farvi di sé; prova indusse.
36 E tutti, ove acquistar credean la palma,
E quel s'armava, e se gli venì;a a opporre lasciavan l'arme, e molti insieme l'alma.
ora su l'una, ora su l'altra riva;
che se 'l guerrier venì;a di vêr la torre, 39
su l'altra proda il re d' Algier veniva. Di quelli ch'abbattea, s'eran pagani,
Il ponticello è; il campo ove si corre; si contentava d'aver spoglie ed armi;
e se 'l destrier poco del segno usciva, e di chi prima furo, i nomi piani
cadea nel fiume, ch'alto era e profondo: vi facea sopra, e sospendeale ai marmi:
ugual periglio a quel non avea il mondo. ma ritenea in prigion tutti i cristiani;
e che in Algier poi li mandasse parmi.
37 Finita ancor non era l'opra, quando
Aveasi imaginato il Saracino, vi venne a capitare il pazzo Orlando.
che, per gir spesso a rischio di cadere
dal ponticel nel fiume a capo chino, 40
dove gli converria molt'acqua bere, A caso venne il furioso conte
del fallo a che l'indusse il troppo vino, a capitar su questa gran riviera,
dovesse netto e mondo rimanere; dove, come io vi dico, Rodomonte
come l'acqua, non men che 'l vino, estingua fare in fretta facea, né; finito era

551
la torre né; il sepolcro, e a pena il ponte: per passar sovra il ponte, al fiume arriva,
e di tutte arme, fuor che di visiera, leggiadramente ornata e in viso bella,
a quell'ora il pagan si trovò; in punto, e nei sembianti accortamente schiva.
ch'Orlando al fiume e al ponte è; sopragiunto. Era (se vi ricorda, Signor) quella
che per ogni altra via cercando giva
41 di Brandimarte, il suo amator, vestigi,
Orlando (come il suo furor lo caccia) fuor che, dove era, dentro da Parigi.
salta la sbarra e sopra il ponte corre.
Ma Rodomonte con turbata faccia, 44
a piè;, com'era inanzi a la gran torre, Ne l'arrivar di Fiordiligi al ponte
gli grida di lontano e gli minaccia, (che così; la donzella nomata era),
né; se gli degna con la spada opporre: Orlando s'attaccò; con Rodomonte
Indiscreto villan, ferma le piante, che lo volea gittar ne la riviera.
temerario, importuno ed arrogante! La donna, ch'avea pratica del conte,
subito n'ebbe conoscenza vera:
42 e restò; d'alta maraviglia piena,
Sol per signori e cavallieri è; fatto de la follia che così; nudo il mena.
il ponte, non per te, bestia balorda. -
Orlando, ch'era in gran pensier distratto, 45
vien pur inanzi e fa l'orecchia sorda. Fermasi a riguardar che fine avere
- Bisogna ch'io castighi questo matto - debba il furor dei duo tanti possenti.
disse il pagano; e con la voglia ingorda Per far del ponte l'un l'altro cadere
venì;a per traboccarlo giù; ne l'onda, a por tutta lor forza sono intenti.
non pensando trovar chi gli risponda. - Come è; ch'un pazzo debba sì; valere? -
seco il fiero pagan dice tra' denti;
43 e qua e là; si volge e si raggira,
In questo tempo una gentil donzella, pieno di sdegno e di superbia e d'ira.

552
se in biasmo o in loda questo gli riesce.
46 Ma il pagan, che da l'arme era impedito,
Con l'una e l'altra man va ricercando tornò; più; tardo e con più; affanno al lito.
far nuova presa, ove il suo meglio vede;
or tra le gambe, or fuor gli pone, quando 49
con arte il destro, e quando il manco piede. Sicuramente Fiordiligi intanto
Simiglia Rodomonte intorno a Orlando avea passato il ponte e la riviera;
lo stolido orso che sveller si crede e guardato il sepolcro in ogni canto,
l'arbor onde è; caduto; e come n'abbia se del suo Brandimarte insegna v'era,
quello ogni colpa, odio gli porta e rabbia. poi che né; l'arme sue vede né; il manto,
di ritrovarlo in altra parte spera.
47 Ma ritorniamo a ragionar del conte,
Orlando, che l'ingegno avea sommerso, che lascia a dietro e torre e fiume e ponte.
io non so dove, e sol la forza usava,
l'estrema forza a cui per l'universo 50
nessuno o raro paragon si dava, Pazzia sarà;, se le pazzie d'Orlando
cader del ponte si lasciò; riverso prometto raccontarvi ad una ad una;
col pagano abbracciato come stava. che tante e tante fur, ch'io non so quando
Cadon nel fiume e vanno al fondo insieme: finir: ma ve n'andrò; scegliendo alcuna
ne salta in aria l'onda, e il lito geme. solenne ed atta da narrar cantando,
e ch'all'istoria mi parrà; oportuna;
48 né; quella tacerò; miraculosa,
L'acqua gli fece distaccare in fretta. che fu nei Pirenei sopra Tolosa.
Orlando è; nudo, e nuota com'un pesce:
di qua le braccia, e di là; i piedi getta, 51
e viene a proda; e come di fuor esce, Trascorso avea molto paese il conte,
correndo va, né; per mirare aspetta, come dal grave suo furor fu spinto;

553
ed al fin capitò; sopra quel monte 54
per cui dal Franco è; il Tarracon distinto; Indi verso i duo gioveni s'aventa,
tenendo tuttavia volta la fronte dei quali un, più; che senno, ebbe aventura,
verso là; dove il sol ne viene estinto: che da la balza, che due volte trenta
e quivi giunse in uno angusto calle, braccia cadea, si gittò; per paura.
che pendea sopra una profonda valle. A mezzo il tratto trovò; molle e lenta
una macchia di rubi e di verzura,
52 a cui bastò; graffiargli un poco il volto:
Si vennero a incontrar con esso al varco del resto lo mandò; libero e sciolto.
duo boscherecci gioveni, ch'inante
avean di legna un loro asino carco; 55
e perché; ben s'accorsero al sembiante, L'altro s'attacca ad un scheggion ch'usciva
ch'avea di cervel sano il capo scarco, fuor de la roccia, per salirvi sopra;
gli gridano con voce minacciante, perché; si spera, s'alla cima arriva,
o ch'a dietro o da parte se ne vada, di trovar via che dal pazzo lo cuopra.
e che si levi di mezzo la strada. Ma quel nei piedi (che non vuol che viva)
lo piglia, mentre di salir s'adopra:
53 e quanto più; sbarrar puote le braccia,
Orlando non risponde altro a quel detto, le sbarra sì;, ch'in duo pezzi lo straccia;
se non che con furor tira d'un piede,
e giunge a punto l'asino nel petto 56
con quella forza che tutte altre eccede; a quella guisa che veggià;n talora
ed alto il leva, sì;, ch'uno augelletto farsi d'uno aeron, farsi d'un pollo,
che voli in aria, sembra a chi lo vede. quando si vuol de le calde interiora
Quel va a cadere alla cima d'un colle, che falcone o ch'astor resti satollo.
ch'un miglio oltre la valle il giogo estolle. Quanto è; bene accaduto che non muora
quel che fu a risco di fiaccarsi il collo!

554
ch'ad altri poi questo miracol disse, è; sempre andato nudo all'ombra e al sole:
sì; che l'udì; Turpino, e a noi lo scrisse. se fosse nato all'aprica Siene,
o dove Ammone il Garamante cole,
57 o presso ai monti onde il gran Nilo spiccia,
E queste ed altre assai cose stupende non dovrebbe la carne aver più; arsiccia.
fece nel traversar de la montagna.
Dopo molto cercare, al fin discende 60
verso meriggie alla terra di Spagna; Quasi ascosi avea gli occhi ne la testa,
e lungo la marina il camin prende, la faccia macra, e come un osso asciutta,
ch'intorno a Taracona il lito bagna: la chioma rabuffata, orrida e mesta,
e come vuol la furia che lo mena, la barba folta, spaventosa e brutta.
pensa farsi uno albergo in quella arena, Non più; a vederlo Angelica fu presta,
che fosse a ritornar, tremando tutta:
58 tutta tremando, e empiendo il ciel di grida,
dove dal sole alquanto si ricuopra; si volse per aiuto alla sua guida.
e nel sabbion si caccia arrido e trito.
Stando così;, gli venne a caso sopra 61
Angelica la bella e il suo marito, Come di lei s'accorse Orlando stolto,
ch'eran (sì; come io vi narrai di sopra) per ritenerla si levò; di botto:
scesi dai monti in su l'ispano lito. così; gli piacque il delicato volto,
A men d'un braccio ella gli giunse appresso, così; ne venne immantinente giotto.
perché; non s'era accorta ancora d'esso. D'averla amata e riverita molto
ogni ricordo era in lui guasto e rotto.
59 Gli corre dietro, e tien quella maniera
Che fosse Orlando, nulla le soviene: che terria il cane a seguitar la fera.
troppo è; diverso da quel ch'esser suole.
Da indi in qua che quel furor lo tiene, 62

555
Il giovine che 'l pazzo seguir vede la fa sparir come ad un soffio il lume.
la donna sua, gli urta il cavallo adosso,
e tutto a un tempo lo percuote e fiede, 65
come lo trova che gli volta il dosso. O fosse la paura, o che pigliasse
Spiccar dal busto il capo se gli crede: tanto disconcio nel mutar l'annello,
ma la pelle trovò; dura come osso, o pur, che la giumenta traboccasse,
anzi via più; ch'acciar; ch'Orlando nato che non posso affermar questo né; quello;
impenetrabile era ed affatato. nel medesmo momento che si trasse
l'annello in bocca e celò; il viso bello,
63 levò; le gambe ed uscì; de l'arcione,
Come Orlando sentì; battersi dietro, e si trovò; riversa in sul sabbione.
girossi, e nel girare il pugno strinse,
e con la forza che passa ogni metro, 66
ferì; il destrier che 'l Saracino spinse. Più; corto che quel salto era dua dita,
Feril sul capo, e come fosse vetro, aviluppata rimanea col matto,
lo spezzò; sì;, che quel cavallo estinse: che con l'urto le avria tolta la vita;
e rivoltosse in un medesmo istante ma gran ventura l'aiutò; a quel tratto.
dietro a colei che gli fuggiva inante. Cerchi pur, ch'altro furto le dia aita
d'un'altra bestia, come prima ha fatto;
64 che più; non è; per riaver mai questa
Caccia Angelica in fretta la giumenta, ch'inanzi al paladin l'arena pesta.
e con sferza e con spron tocca e ritocca;
che le parrebbe a quel bisogno lenta, 67
se ben volasse più; che stral da cocca. Non dubitate già; ch'ella non s'abbia
De l'annel c'ha nel dito si ramenta, a provedere; e seguitiamo Orlando,
che può; salvarla, e se lo getta in bocca: in cui non cessa l'impeto e la rabbia
e l'annel, che non perde il suo costume, perché; si vada Angelica celando.

556
Segue la bestia per la nuda sabbia, la pose in terra, e volea trarla a mano.
e se le vien più; sempre approssimando: Ella il seguia con passo lento e zoppo;
già; già; la tocca, ed ecco l'ha nel crine, dicea Orlando: - Camina! - e dicea invano.
indi nel freno, e la ritiene al fine. Se l'avesse seguito di galoppo,
assai non era al desiderio insano.
68 Al fin dal capo le levò; il capestro,
Con quella festa il paladin la piglia, e dietro la legò; sopra il piè; destro;
ch'un altro avrebbe fatto una donzella:
le rassetta le redine e la briglia, 71
e spicca un salto ed entra ne la sella; e così; la strascina, e la conforta
e correndo la caccia molte miglia, che lo potrà; seguir con maggior agio.
senza riposo, in questa parte e in quella: Qual leva il pelo, e quale il cuoio porta,
mai non le leva né; sella né; freno, dei sassi ch'eran nel camin malvagio.
né; le lascia gustare erba né; fieno. La mal condotta bestia restò; morta
finalmente di strazio e di disagio.
69 Orlando non le pensa e non la guarda,
Volendosi cacciare oltre una fossa, e via correndo il suo camin non tarda.
sozzopra se ne va con la cavalla.
Non nocque a lui, né; sentì; la percossa; 72
ma nel fondo la misera si spalla. Di trarla, anco che morta, non rimase,
Non vede Orlando come trar la possa; continoando il corso ad occidente;
e finalmente se l'arreca in spalla, e tuttavia saccheggia ville e case,
e su ritorna, e va con tutto il carco, se bisogno di cibo aver si sente;
quanto in tre volte non trarrebbe un arco. e frutte e carne e pan, pur ch'egli invase,
rapisce; ed usa forza ad ogni gente:
70 qual lascia morto e qual storpiato lassa;
Sentendo poi che gli gravava troppo, poco si ferma, e sempre inanzi passa.

557
si lascia la ragion, né; si difende,
73 e che 'l cieco furor sì; inanzi tira
Avrebbe così; fatto, o poco manco, o mano o lingua, che gli amici offende;
alla sua donna, se non s'ascondea; se ben dipoi si piange e si sospira,
perché; non discernea il nero dal bianco, non è; per questo che l'error s'emende.
e di giovar, nocendo si credea. Lasso! io mi doglio e affliggo invan di quanto
Deh maledetto sia l'annello ed anco dissi per ira al fin de l'altro canto.
il cavallier che dato le l'avea!
che se non era, avrebbe Orlando fatto 2
di sé; vendetta e di mill'altri a un tratto. Ma simile son fatto ad uno infermo,
che dopo molta pazienza e molta,
74 quando contra il dolor non ha più; schermo,
Né; questa sola, ma fosser pur state cede alla rabbia e a bestemmiar si volta.
in man d'Orlando quante oggi ne sono; Manca il dolor, né; l'impeto sta fermo,
ch'ad ogni modo tutte sono ingrate, che la lingua al dir mal facea sì; sciolta;
né; si trova tra loro oncia di buono. e si ravvede e pente e n'ha dispetto:
Ma prima che le corde rallentate ma quel c'ha detto, non può; far non detto.
al canto disugual rendano il suono,
fia meglio differirlo a un'altra volta, 3
acciò; men sia noioso a chi l'ascolta. Ben spero, donne, in vostra cortesia
aver da voi perdon, poi ch'io vel chieggio.
Voi scusarete, che per frenesia,
CANTO TRENTESIMO vinto da l'aspra passion, vaneggio.
Date la colpa alla nimica mia,
che mi fa star, ch'io non potrei star peggio,
1 e mi fa dir quel di ch'io son poi gramo:
Quando vincer da l'impeto e da l'ira sallo Idio, s'ella ha il torto; essa, s'io l'amo.

558
smontane in cortesia, perché; mi piace. -
4 Il pastor ride, e senz'altra risposta
Non men son fuor di me, che fosse Orlando; va verso il guado, e dal pazzo si scosta.
e non son men di lui di scusa degno,
ch'or per li monti, or per le piagge errando, 7
scorse in gran parte di Marsilio il regno, - Io voglio il tuo cavallo: olà; non odi? -
molti dì; la cavalla strascinando suggiunse Orlando, e con furor si mosse.
morta, come era, senza alcun ritegno; Avea un baston con nodi spessi e sodi
ma giunto ove un gran fiume entra nel mare, quel pastor seco, e il paladin percosse.
gli fu forza il cadavero lasciare. La rabbia e l'ira passò; tutti i modi
del conte; e parve fier più; che mai fosse.
5 Sul capo del pastore un pugno serra,
E perché; sa nuotar come una lontra, che spezza l'osso, e morto il caccia in terra.
entra nel fiume, e surge all'altra riva.
Ecco un pastor sopra un cavallo incontra, 8
che per abeverarlo al fiume arriva. Salta a cavallo, e per diversa strada
Colui, ben che gli vada Orlando incontra, va discorrendo, e molti pone a sacco.
perché; egli è; solo e nudo, non lo schiva. Non gusta il ronzin mai fieno né; biada,
- Vorrei del tuo ronzin (gli disse il matto) tanto ch'in pochi dì; ne riman fiacco:
con la giumenta mia far un baratto. ma non però; ch'Orlando a piedi vada,
che di vetture vuol vivere a macco;
6 e quante ne trovò;, tante ne mise
Io te la mostrerò; di qui, se vuoi; in uso, poi che i lor patroni uccise.
che morta là; su l'altra ripa giace:
la potrai far tu medicar dipoi; 9
altro diffetto in lei non mi dispiace. Capitò; al fin a Malega, e più; danno
Con qualche aggiunta il ronzin dar mi puoi: vi fece, ch'egli avesse altrove fatto:

559
che oltre che ponesse a saccomanno 12
il popul sì;, che ne restò; disfatto, Forza è; ch'al fin nell'acqua il cavallo entre,
né; si poté; rifar quel né; l'altr'anno; ch'invan contrasta, e spende invano ogni opra:
tanti n'uccise il periglioso matto, bagna i genocchi, e poi la groppa e 'l ventre,
vi spianò; tante case e tante accese, indi la testa, e a pena appar di sopra.
che disfe' più; che 'l terzo del paese. Tornare a dietro non si speri, mentre
la verga tra l'orecchie se gli adopra.
10 Misero! o si convien tra via affogare,
Quindi partito, venne ad una terra, o nel lito african passare il mare.
Zizera detta, che siede allo stretto
di Zibeltarro, o vuoi di Zibelterra, 13
che l'uno e l'altro nome le vien detto; Non vede Orlando più; poppe né; sponde
ove una barca che sciogliea da terra che tratto in mar l'avean dal lito asciutto;
vide piena di gente da diletto, che son troppo lontane, e le nasconde
che solazzando all'aura matutina, agli occhi bassi l'alto e mobil flutto:
gì;a per la tranquillissima marina. e tuttavia il destrier caccia tra l'onde,
ch'andar di là; dal mar dispone in tutto.
11 Il destrier, d'acqua pieno e d'alma voto,
Cominciò; il pazzo a gridar forte: -Aspetta! - finalmente finì; la vita e il nuoto.
che gli venne disio d'andare in barca.
Ma bene invano e i gridi e gli urli getta; 14
che volentier tal merce non si carca. Andò; nel fondo, e vi traea la salma,
Per l'acqua il legno va con quella fretta se non si tenea Orlando in su le braccia.
che va per l'aria irondine che varca. Mena le gambe e l'una e l'altra palma,
Orlando urta il cavallo e batte e stringe, e soffia, e l'onda spinge da la faccia.
e con un mazzafrusto all'acqua spinge. Era l'aria soave e il mare in calma:
e ben vi bisognò; più; che bonaccia;

560
ch'ogni poco che 'l mar fosse più; sorto, al Tartaro, che spinto il suo rivale,
restava il paladin ne l'acqua morto. quella bellezza si godea contento,
a cui non resta in tutta Europa uguale,
15 poscia che se n'è; Angelica partita,
Ma la Fortuna, che dei pazzi ha cura, e la casta Issabella al ciel salita.
del mar lo trasse nel lito di Setta,
in una spiaggia, lungi da le mura 18
quanto sarian duo tratti di saetta. De la sentenza Mandricardo altiero,
Lungo il mar molti giorni alla ventura ch'in suo favor la bella donna diede,
verso levante andò; correndo in fretta; non può; fruir tutto il diletto intero;
fin che trovò;, dove tendea sul lito che contra lui son altre liti in piede.
di nera gente esercito infinito. L'una gli muove il giovene Ruggiero,
perché; l'aquila bianca non gli cede;
16 l'altra il famoso re di Sericana,
Lasciamo il paladin ch'errando vada: che da lui vuol la spada Durindana.
ben di parlar di lui tornerà; tempo.
Quanto, Signore, ad Angelica accada 19
dopo ch'uscì; di man del pazzo a tempo; S'affatica Agramante, né; disciorre,
e come a ritornare in sua contrada né; Marsilio con lui, sa questo intrico:
trovasse e buon navilio e miglior tempo, né; solamente non li può; disporre
e de l'India a Medor desse lo scettro, che voglia l'un de l'altro essere amico;
forse altri canterà; con miglior plettro. ma che Ruggiero a Mandricardo torre
lasci lo scudo del Troiano antico,
17 o Gradasso la spada non gli vieti,
Io sono a dir tante altre cose intento, tanto che questa o quella lite accheti.
che di seguir più; questa non mi cale.
Volger conviemmi il bel ragionamento 20

561
Ruggier non vuol ch'in altra pugna vada ma il tutto imputerassi alla Fortuna. -
con lo suo scudo; né; Gradasso vuole
che, fuor che contra sé; porti la spada 23
che 'l glorioso Orlando portar suole. Steron taciti al detto d'Agramante
- Al fin veggiamo in cui la sorte cada e Ruggiero e Gradasso; ed accordarsi
(disse Agramante), e non sian più; parole; che qualunque di loro uscirà; inante,
veggià;n quel che Fortuna ne disponga, e l'una briga e l'altra abbia a pigliarsi.
e sia preposto quel ch'ella preponga. Così; in duo brevi, ch'avean simigliante
ed ugual forma, i nomi lor notarsi;
21 e dentro un'urna quelli hanno rinchiusi,
E se compiacer meglio mi volete, versati molto, e sozzopra confusi.
onde d'aver ve n'abbia obligo ognora,
chi de' di voi combatter, sortirete; 24
ma con patto, ch'al primo ch'esca fuora, Un semplice fanciul nell'urna messe
amendue le querele in man porrete: la mano, e prese un breve; e venne a caso
sì; che, per sé; vincendo, vinca ancora ch'in questo il nome di Ruggier si lesse,
pel compagno; e perdendo l'un di vui, essendo quel del Serican rimaso.
così; perduto abbia per ambidui. Non si può; dir quanta allegrezza avesse,
quando Ruggier si sentì; trar del vaso,
22 e d'altra parte il Sericano doglia;
Tra Gradasso e Ruggier credo che sia ma quel che manda il ciel, forza è; che toglia.
di valor nulla o poca differenza;
e di lor qual si vuol venga fuor pria, 25
so ch'in arme farà; per eccellenza. Ogni suo studio il Sericano, ogni opra
Poi la vittoria da quel canto stia, a favorire, ad aiutar converte
che vorrà; la divina providenza. perché; Ruggiero abbia a restar di sopra:
Il cavallier non avrà; colpa alcuna, e le cose in suo pro, ch'avea già; esperte,

562
come or di spada, or di scudo si cuopra, che n'ha d'avere il popul saracino,
qual sien botte fallaci e qual sien certe, muora Ruggiero o il tartaro tiranno,
quando tentar, quando schivar fortuna quel che prefisso è; dal suo fier destino:
si dee, gli torna a mente ad una ad una. d'un sol di lor via più; bisogno avranno
per contrastare al figlio di Pipino,
26 che di dieci altri mila che ci sono,
Il resto di quel dì;, che da l'accordo tra' quai fatica è; ritrovare un buono.
e dal trar de le sorti sopravanza,
è; speso dagli amici in dar ricordo, 29
chi a l'un guerrier chi all'altro, come è; usanza. Conosce il re Agramante che gli è; vero,
Il popul, di veder la pugna ingordo, ma non può; più; negar ciò; c'ha promesso.
s'affretta a gara d'occupar la stanza: Ben prega Mandricardo e il buon Ruggiero,
né; basta a molti inanzi giorno andarvi, che gli ridonin quel c'ha lor concesso;
che voglion tutta notte anco veggiarvi. e tanto più; che 'l lor litigio è; un zero,
né; degno in prova d'arme esser rimesso:
27 e s'in ciò; pur nol vogliono ubbidire,
La sciocca turba disiosa attende voglino almen la pugna differire.
ch'i duo buon cavallier vengano in prova;
che non mira più; lungi né; comprende 30
di quel ch'inanzi agli occhi si ritrova. Cinque o sei mesi il singular certame,
Ma Sobrino e Marsilio, e chi più; intende o meno o più;, si differisca, tanto
e vede ciò; che nuoce e ciò; che giova, che cacciato abbin Carlo del reame,
biasma questa battaglia, ed Agramante, tolto lo scettro, la corona e il manto.
che voglia comportar che vada inante. Ma l'un e l'altro, ancor che voglia e brame
il re ubbidir, pur sta duro da canto;
28 che tale accordo obbrobrioso stima
Né; cessan raccordargli il grave danno a chi 'l consenso suo vi darà; prima,

563
non meno esporvi alla medesma sorte.
31 Fu natural ferocità; di core
Ma più; del re, ma più; d'ognun ch'invano ch'a quella v'istigò;, più; che 'l mio amore.
spenda a placare il Tartaro parole,
la bella figlia del re Stordilano 34
supplice il priega, e si lamenta e duole: Ma se gli è; ver che 'l vostro amor sia quello
lo prega che consenta al re africano che vi sforzate di mostrarmi ognora,
e voglia quel che tutto il campo vuole; per lui vi prego, e per quel gran flagello
si lamenta e si duol che per lui sia che mi percuote l'alma e che m'accora,
timida sempre e piena d'angonia. che non vi caglia se 'l candido augello
ha ne lo scudo quel Ruggiero ancora.
32 Utile o danno a voi non so ch'importi,
- Lassa! (dicea) che ritrovar poss'io che lasci quella insegna o che la porti.
rimedio mai ch'a riposar mi vaglia,
s'or contra questo, or quel, nuovo disio 35
vi trarrà; sempre a vestir piastra e maglia? Poco guadagno, e perdita uscir molta
C'ha potuto giovare al petto mio de la battaglia può;, che per far sè;te:
il gaudio che sia spenta la battaglia quando abbiate a Ruggier l'aquila tolta,
per me da voi contra quell'altro presa, poca mercé; d'un gran travaglio avrete;
se un'altra non minor se n'è; già; accesa? ma se Fortuna le spalle vi volta
(che non però; nel crin presa tenete),
33 causate un danno, ch'a pensarvi solo
Ohimè;! ch'invano i' me n'andava altiera mi sento il petto già; sparrar di duolo.
ch'un re sì; degno, un cavallier sì; forte
per me volesse in perigliosa e fiera 36
battaglia porsi al risco de la morte; Quando la vita a voi per voi non sia
ch'or veggo per cagion tanto leggiera cara, e più; amate un'aquila dipinta,

564
vi sia almen cara per la vita mia: 39
non sarà; l'una senza l'altra estinta. E vi dovria pur ramentar che, solo
Non già; morir con voi grave mi fia: (e spada io non avea né; scimitarra),
son di seguirvi in vita e in morte accinta; con un troncon di lancia a un grosso stuolo
ma non vorrei morir sì; malcontenta d'armati cavallier tolsi la sbarra.
come io morrò;, se dopo voi son spenta. - Gradasso, ancor che con vergogna e duolo
lo dica, pure, a chi 'l domanda, narra
37 che fu in Soria a un castel mio prigioniero;
Con tai parole e simili altre assai, ed è; pur d'altra fama che Ruggiero.
che le lacrime accompagnano e sospiri,
pregar non cessa tutta notte mai 40
perch'alla pace il suo amator ritiri; Non niega similmente il re Gradasso,
e quel, suggendo dagli umidi rai e sallo Isolier vostro e Sacripante,
quel dolce pianto, e quei dolci martiri io dico Sacripante, il re circasso,
da le vermiglie labra più; che rose, e 'l famoso Grifone ed Aquilante,
lacrimando egli ancor, così; rispose: cent'altri e più;, che pure a questo passo
stati eran presi alcuni giorni inante,
38 macometani e gente di battesmo,
- Deh, vita mia, non vi mettete affanno, che tutti liberai quel dì; medesmo.
deh non, per Dio, di così; lieve cosa;
che se Carlo e 'l re d'Africa, e ciò; c'hanno 41
qui di gente moresca e di franciosa, Non cessa ancor la maraviglia loro
spiegasson le bandiere in mio sol danno, de la gran prova ch'io feci quel giorno,
voi pur non ne dovreste esser pensosa. maggior, che se l'esercito del Moro
Ben mi mostrate in poco conto avere, e del Franco inimici avessi intorno.
se per me un Ruggier sol vi fa temere. Ed or potrà; Ruggier, giovine soro,
farmi da solo a solo o danno o scorno?

565
Ed or c'ho Durindana e l'armatura che con ragion la bella aquila porta,
d'Ettò;r, vi de' Ruggier metter paura? per non udir più; d'atti e di parole
dilazion, ma far la lite corta,
42 dove circonda il popul lo steccato,
Deh, perché; dianzi in prova non venni io, sonando il corno s'appresenta armato.
se far di voi con l'arme io potea acquisto?
So che v'avrei sì; aperto il valor mio, 45
ch'avresti il fin già; di Ruggier previsto. Tosto che sente il Tartaro superbo,
Asciugate le lacrime, e, per Dio, ch'alla battaglia il suono altier lo sfida,
non mi fate uno augurio così; tristo; non vuol più; de l'accordo intender verbo,
e siate certa che 'l mio onor m'ha spinto, ma si lancia del letto, ed arme grida;
non ne lo scudo il bianco augel dipinto. - e si dimostra sì; nel viso acerbo,
che Doralice istessa non si fida
43 di dirgli più; di pace né; di triegua:
Così; disse egli; e molto ben risposto e forza è; infin che la battaglia segua.
gli fu da la mestissima sua donna,
che non pur lui mutato di proposto, 46
ma di luogo avria mossa una colonna. Subito s'arma, ed a fatica aspetta
Ella era per dover vincer lui tosto, da' suoi scudieri i debiti servigi;
ancor ch'armato, e ch'ella fosse in gonna; poi monta sopra il buon cavallo in fretta,
e l'avea indutto a dir, se 'l re gli parla che del gran difensor fu di Parigi;
d'accordo più;, che volea contentarla. e vien correndo invêr la piazza eletta
a terminar con l'arme i gran litigi.
44 Vi giunse il re e la corte allora allora;
E lo facea; se non, tosto ch'al Sole sì; ch'all'assalto fu poca dimora.
la vaga Aurora fe' l'usata scorta,
l'animoso Ruggier, che mostrar vuole 47

566
Posti lor furo ed allacciati in testa ambi alla vista si ferir di punta.
i lucidi elmi, e date lor le lance.
Siegue la tromba a dare il segno presta, 50
che fece a mille impallidir le guance. Ferirsi alla visiera al primo tratto;
Posero l'aste i cavallieri in resta, e non miraron, per mettersi in terra,
e i corridori punsero alle pance; dare ai cavalli morte, ch'è; mal atto,
e venner con tale impeto a ferirsi, perch'essi non han colpa de la guerra.
che parve il ciel cader, la terra aprirsi. Chi pensa che tra lor fosse tal patto,
non sa l'usanza antiqua, e di molto erra:
48 senz'altro patto, era vergogna e fallo
Quinci e quindi venir si vede il bianco e biasmo eterno a chi feria il cavallo.
augel che Giove per l'aria sostenne;
come ne la Tessalia si vide anco 51
venir più; volte, ma con altre penne. Ferirsi alla visiera, ch'era doppia,
Quanto sia l'uno e l'altro ardito e franco, ed a pena anco a tanta furia resse.
mostra il portar de le massicce antenne; L'un colpo appresso all'altro si raddoppia:
e molto più;, ch'a quello incontro duro, le botte più; che grandine son spesse,
quai torri ai venti, o scogli all'onde furo. che spezza fronde e rami e grano e stoppia,
e uscir invan fa la sperata messe.
49 Se Durindana e Balisarda taglia,
I tronchi fin al ciel ne sono ascesi: sapete, e quanto in queste mani vaglia.
scrive Turpin, verace in questo loco,
che dui o tre giù; ne tornaro accesi, 52
ch'eran saliti alla sfera del fuoco. Ma degno di sé; colpo ancor non fanno,
I cavallieri i brandi aveano presi: sì; l'uno e l'altro ben sta su l'aviso.
e come quei che si temeano poco, Uscì; da Mandricardo il primo danno,
si ritornaro incontra; e a prima giunta per cui fu quasi il buon Ruggiero ucciso:

567
d'uno di quei gran colpi che far sanno, l'elmo d'Ettorre era incantato invano.
gli fu lo scudo pel mezzo diviso, Fu sì; del colpo Mandricardo afflitto,
e la corazza apertagli di sotto; che si lasciò; la briglia uscir di mano.
e fin sul vivo il crudel brando ha rotto. D'andar tre volte accenna a capo fitto,
mentre scorrendo va d'intorno il piano
53 quel Brigliador che conoscete al nome,
L'aspra percossa agghiacciò; il cor nel petto, dolente ancor de le mutate some.
per dubbio di Ruggiero, ai circostanti,
nel cui favor si conoscea lo affetto 56
dei più; inchinar, se non di tutti quanti. Calcata serpe mai tanto non ebbe,
E se Fortuna ponesse ad effetto né; ferito leon, sdegno e furore,
quel che la maggior parte vorria inanti, quanto il Tartaro, poi che si riebbe
già; Mandricardo saria morto o preso: dal colpo che di sé; lo trasse fuore.
sì; che 'l suo colpo ha tutto il campo offeso. E quanto l'ira e la superbia crebbe,
tanto e più; crebbe in lui forza e valore:
54 fece spiccare a Brigliadoro un salto
Io credo che qualche agnol s'interpose verso Ruggiero, e alzò; la spada in alto.
per salvar da quel colpo il cavalliero.
Ma ben senza più; indugio gli rispose, 57
terribil più; che mai fosse, Ruggiero. Levossi in su le staffe, ed all'elmetto
La spada in capo a Mandricardo pose; segnolli; e si credette veramente
ma sì; lo sdegno fu subito e fiero, partirlo a quella volta fin al petto:
e tal fretta gli fe', ch'io men l'incolpo ma fu di lui Ruggier più; diligente;
se non mandò; a ferir di taglio il colpo. che, pria che 'l braccio scenda al duro effetto,
gli caccia sotto la spada pungente,
55 e gli fa ne la maglia ampla finestra,
Se Balisarda lo giungea pel dritto, che sotto difendea l'ascella destra.

568
lo scudo ove in azzurro è; l'augel bianco,
58 vinto da sdegno, si gittò; lontano,
E Balisarda al suo ritorno trasse e messe al brando e l'una e l'altra mano.
di fuori il sangue tiepido e vermiglio,
e vietò; a Durindana che calasse 61
impetuosa con tanto periglio; - Ah (disse a lui Ruggier), senza più; basti
ben che fin su la groppa si piegasse a mostrar che non merti quella insegna,
Ruggiero, e per dolor strignesse il ciglio: ch'or tu la getti, e dianzi la tagliasti;
e s'elmo in capo avea di peggior tempre, né; potrai dir mai più; che ti convegna. -
gli era quel colpo memorabil sempre. Così; dicendo, forza è; che egli attasti
con quanta furia Durindana vegna;
59 che sì; gli grava e sì; gli pesa in fronte,
Ruggier non cessa, e spinge il suo cavallo, che più; leggier potea cadervi un monte.
e Mandricardo al destro fianco trova.
Quivi scelta finezza di metallo 62
e ben condutta tempra poco giova E per mezzo gli fende la visiera;
contra la spada che non scende in fallo, buon per lui che dal viso si discosta:
che fu incantata non per altra prova, poi calò; su l'arcion che ferrato era,
che per far ch'a' suoi colpi nulla vaglia né; lo difese averne doppia crosta:
piastra incantata ed incantata maglia. giunse al fin su l'arnese, e come cera
l'aperse con la falda sopraposta;
60 e ferì; gravemente ne la coscia
Taglionne quanto ella ne prese, e insieme Ruggier, sì; ch'assai stette a guarir poscia.
lasciò; ferito il Tartaro nel fianco,
che 'l ciel bestemmia, e di tant'ira freme, 63
che 'l tempestoso mare è; orribil manco. De l'un, come de l'altro, fatte rosse
Or s'apparecchia a por le forze estreme: il sangue l'arme avea con doppia riga;

569
tal che diverso era il parer, chi fosse 66
di lor, ch'avesse il meglio in quella briga. Da Mandricardo fu Ruggier percosso
Ma quel dubbio Ruggier tosto rimosse nel punto ch'egli a lui tolse la vita;
con la spada che tanti ne castiga: tal ch'un cerchio di ferro, anco che grosso,
mena di punta, e drizza il colpo crudo e una cuffia d'acciar ne fu partita.
onde gittato avea colui lo scudo. Durindana tagliò; cotenna ed osso,
e nel capo a Ruggiero entrò; due dita.
64 Ruggier stordito in terra si riversa,
Fora de la corazza il lato manco, e di sangue un ruscel dal capo versa.
e di venire al cor trova la strada,
che gli entra più; d'un palmo sopra il fianco: 67
sì; che convien che Mandricardo cada Il primo fu Ruggier, ch'andò; per terra;
d'ogni ragion che può; ne l'augel bianco, e dipoi stette l'altro a cader tanto,
o che può; aver ne la famosa spada; che quasi crede ognun che de la guerra
e da la cara vita cada insieme, riporti Mandricardo il pregio e il vanto:
che, più; che spada e scudo, assai gli preme. e Doralice sua, che con gli altri erra,
e che quel dì; più; volte ha riso e pianto,
65 Dio ringraziò; con mani al ciel supine,
Non morì; quel meschin senza vendetta; ch'avesse avuta la pugna tal fine.
ch'a quel medesmo tempo che fu colto,
la spada, poco sua, menò; di fretta; 68
ed a Ruggier avria partito il volto, Ma poi ch'appare a manifesti segni
se già; Ruggier non gli avesse intercetta vivo chi vive, e senza vita il morto,
prima la forza, e assai del vigor tolto: nei petti dei fautor mutano regni:
di forza e di vigor troppo gli tolse di là; mestizia, e di qua vien conforto.
dianzi, che sotto il destro braccio il colse. I re, i signori, i cavallier più; degni,
con Ruggier ch'a fatica era risorto,

570
a rallegrarsi ed abbracciarsi vanno, eran venute al tenitorio franco.
e gloria senza fine e onor gli danno. E Doralice istessa, che con duoli
piangea l'amante suo pallido e bianco,
69 forse con l'altre ita sarebbe in schiera,
Ognun s'allegra con Ruggiero, e sente se di vergogna un duro fren non era.
il medesmo nel cor, c'ha ne la bocca.
Sol Gradasso il pensiero ha differente 72
tutto da quel che fuor la lingua scocca: Io dico forse, non ch'io ve l'accerti,
mostra gaudio nel viso; e occultamente ma potrebbe esser stato di leggiero:
del glorioso acquisto invidia il tocca; tal la bellezza e tali erano i merti,
e maledice o sia destino o caso, i costumi e i sembianti di Ruggiero.
il qual trasse Ruggier prima del vaso. Ella, per quel che già; ne siamo esperti,
sì; facile era a variar pensiero,
70 che per non si veder priva d'amore,
Che dirò; del favor, che de le tante avria potuto in Ruggier porre il core.
carezze e tante, affettuose e vere,
che fece a quel Ruggiero il re Agramante, 73
senza il qual dare al vento le bandiere, Per lei buono era vivo Mandricardo:
né; volse muover d'Africa le piante, ma che ne volea far dopo la morte?
né; senza lui si fidò; in tante schiere? Proveder le convien d'un che gagliardo
Or che del re Agricane ha spento il seme, sia notte e dì; ne' suoi bisogni, e forte.
prezza più; lui, che tutto il mondo insieme. Non era stato intanto a venir tardo
il più; perito medico di corte,
71 che di Ruggier veduta ogni ferita,
Né; di tal volontà; gli uomini soli già; l'avea assicurato de la vita.
eran verso Ruggier, ma le donne anco,
che d'Africa e di Spagna fra gli stuoli 74

571
Con molta diligenza il re Agramante con Ricciardetto e' frati d'Agrismonte:
fece colcar Ruggier ne le sue tende;
che notte e dì; veder sel vuole inante: 77
sì; l'ama, sì; di lui cura si prende. e che con esso lei s'era partito
Lo scudo al letto e l'arme tutte quante, con speme di trovare il Saracino,
che fur di Mandricardo, il re gli appende; e punirlo di quanto avea fallito
tutte le appende, eccetto Durindana, d'aver tolto a una donna il suo Frontino;
che fu lasciata al re di Sericana. e che 'l disegno poi non gli era uscito,
perché; diverso avea fatto il camino.
75 La cagione anco, perché; non venisse
Con l'arme l'altre spoglie a Ruggier sono a Montalban Ruggier, tutta le disse;
date di Mandricardo, e insieme dato
gli è; Brigliador, quel destrier bello e buono, 78
che per furore Orlando avea lasciato. e riferille le parole a pieno,
Poi quello al re diede Ruggiero in dono, ch'in sua scusa Ruggier le avea commesse.
che s'avide ch'assai gli saria grato. Poi si trasse la lettera di seno,
Non più; di questo; che tornar bisogna ch'egli le diè;, perch'ella a lei la desse.
a chi Ruggiero invan sospira e agogna. Con viso più; turbato che sereno
prese la carta Bradamante, e lesse;
76 che, se non fosse la credenza stata
Gli amorosi tormenti che sostenne già; di veder Ruggier, fôra più; grata.
Bradamante aspettando, io v'ho da dire.
A Montalbano Ippalca a lei rivenne 79
e nuova le arrecò; del suo desire. L'aver Ruggiero ella aspettato, e invece
Prima, di quanto di Frontin le avenne di lui vedersi ora appagar d'un scritto,
con Rodomonte, l'ebbe a riferire; del bel viso turbar l'aria le fece
poi di Ruggier, che ritrovò; alla fonte di timor, di cordoglio e di despitto.

572
Baciò; la carta diece volte e diece, ch'avendoti amato io più; di me stessa,
avendo a chi la scrisse il cor diritto. tu più; di me, non ch'altri, ma potuto
Le lacrime vietar, che su vi sparse, abbi amar gente tua inimica espressa?
che con sospiri ardenti ella non l'arse. A chi opprimer dovresti, doni aiuto:
chi tu dovresti aitare, è; da te oppressa.
80 Non so se biasmo o laude esser ti credi,
Lesse la carta quattro volte e sei, ch'al premiar e al punir sì; poco vedi.
e volse ch'altretante l'imbasciata
replicata le fosse da colei 83
che l'una e l'altra avea quivi arrecata, Fu morto da Troian (non so se 'l sai)
pur tuttavia piangendo: e crederei il padre tuo; ma fin ai sassi il sanno:
che mai non si saria più; racchetata, e tu del figlio di Troian cura hai
se non avesse avuto pur conforto che non riceva alcun disnor né; danno.
di riveder il suo Ruggier di corto. è; questa la vendetta che ne fai,
Ruggiero? e a quei che vendicato l'hanno,
81 rendi tal premio, che del sangue loro
Termine a ritornar quindici o venti me fai morir di strazio e di martoro? -
giorni avea Ruggier tolto, ed affermato
l'avea ad Ippalca poi con giuramenti 84
da non temer che mai fosse mancato. Dicea la donna al suo Ruggiero assente
- Chi m'assicura, ohimè;, degli accidenti queste parole ed altre, lacrimando,
(ella dicea), c'han forza in ogni lato, non una sola volta, ma sovente.
ma ne le guerre più;, che non distorni Ippalca la venì;a pur confortando,
alcun tanto Ruggier, che più; non torni? che Ruggier servarebbe interamente
sua fede, e ch'ella l'aspettasse, quando
82 altro far non potea, fin a quel giorno
Ohimè;! Ruggiero, ohimè;! chi arì;a creduto ch'avea Ruggier prescritto al suo ritorno.

573
e Malagigi liberò; e Viviano.
85 Questa novella, ancor ch'avesse grata,
I conforti d'Ippalca, e la speranza pur di qualche amarezza era turbata:
che degli amanti suole esser compagna,
alla tema e al dolor tolgon possanza 88
di far che Bradamante ognora piagna; che di Marfisa in quel discorso udito
in Montalban senza mutar mai stanza l'alto valore e le bellezze avea:
voglion che fin al termine rimagna, udì; come Ruggier s'era partito
fino al promesso termine e giurato, con esso lei, e che d'andar dicea
che poi fu da Ruggier male osservato. là; dove con disagio in debol sito
malsicuro Agramante si tenea.
86 Sì; degna compagnia la donna lauda
Ma ch'egli alla promessa sua mancasse ma non che se n'allegri, o che l'applauda.
non però; debbe aver la colpa affatto;
ch'una causa ed un'altra sì; lo trasse, 89
che gli fu forza preterire il patto. Né; picciolo è; il sospetto che la preme;
Convenne che nel letto si colcasse, che se Marfisa è; bella, come ha fama,
e più; d'un mese si stesse di piatto e che fin a quel dì; sien giti insieme,
in dubbio di morir, sì; il dolor crebbe è; maraviglia se Ruggier non l'ama.
dopo la pugna che col Tartaro ebbe. Pur non vuol creder anco, e spera e teme:
e 'l giorno che la può; far lieta e grama,
87 misera aspetta; e sospirando stassi,
L'innamorata giovane l'attese da Montalban mai non movendo i passi.
tutto quel giorno e desiollo invano,
né; mai ne seppe, fuor quanto ne 'ntese 90
ora da Ippalca, e poi dal suo germano, Stando ella quivi, il principe, il signore
che le narrò; che Ruggier lui difese, del bel castello, il primo de' suoi frati

574
(io non dico d'etade, ma d'onore, 93
che di lui prima dui n'erano nati), Venne Rinaldo a Montalbano, e quivi
Rinaldo, che di gloria e di splendore madre, moglie abbracciò;, figli e fratelli,
gli ha, come il sol le stelle, illuminati, e i cugini che dianzi eran captivi;
giunse al castello un giorno in su la nona; e parve, quando egli arrivò; tra quelli,
né;, fuor ch'un paggio, era con lui persona. dopo gran fame irondine ch'arrivi
col cibo in bocca ai pargoletti augelli.
91 E poi ch'un giorno vi fu stato o dui,
Cagion del suo venir fu, che da Brava partissi, e fe' partire altri con lui.
ritornandosi un dì; verso Parigi
(come v'ho detto che sovente andava 94
per ritrovar d'Angelica vestigi), Ricciardo, Alardo, Ricciardetto, e d'essi
avea sentita la novella prava figli d'Amone, il più; vecchio Guicciardo,
del suo Viviano e del suo Malagigi, Malagigi e Vivian, si furon messi
ch'eran per essere dati al Maganzese; in arme dietro al paladin gagliardo.
e perciò; ad Agrismonte la via prese. Bradamante aspettando che s'appressi
il tempo ch'al disio suo ne vien tardo,
92 inferma disse agli fratelli ch'era,
Dove intendendo poi ch'eran salvati, e non volse con lor venire in schiera.
e gli aversari lor morti e distrutti,
e Marfisa e Ruggiero erano stati, 95
che gli aveano a quei termini ridutti; E ben lor disse il ver, ch'ella era inferma,
e suoi fratelli e suoi cugin tornati ma non per febbre o corporal dolore:
a Montalbano insieme erano tutti; era il disio che l'alma dentro inferma,
gli parve un'ora un anno di trovarsi e le fa alterazion patir d'amore.
con esso lor là; dentro ad abbracciarsi. Rinaldo in Montalban più; non si ferma,
e seco mena di sua gente il fiore.

575
Come a Parigi appropinquosse, e quanto 3
Carlo aiutò;, vi dirà; l'altro canto. Se ben non veggon gli occhi ciò; che vede
ognora il core, in pace si sopporta.
Lo star lontano, poi quando si riede,
CANTO TRENTUNESIMO quanto più; lungo fu, più; riconforta.
Lo stare in servitù; senza mercede
(pur che non resti la speranza morta)
1 patir si può;: che premio al ben servire
Che dolce più;, che più; giocondo stato pur viene al fin, se ben tarda a venire.
saria di quel d'un amoroso core?
che viver più; felice e più; beato, 4
che ritrovarsi in servitù; d'Amore? Gli sdegni, le repulse, e finalmente
se non fosse l'uom sempre stimulato tutti i martì;r d'amor, tutte le pene,
da quel sospetto rio, da quel timore, fan per lor rimembranza, che si sente
da quel martì;r, da quella frenesia, con miglior gusto un piacer quando viene.
da quella rabbia detta gelosia. Ma se l'infernal peste una egra mente
avvien ch'infetti, ammorbi ed avelene;
2 se ben segue poi festa ed allegrezza,
Però; ch'ogni altro amaro che si pone non la cura l'amante e non l'apprezza.
tra questa soavissima dolcezza,
è; un augumento, una perfezione, 5
ed è; un condurre amore a più; finezza. Questa è; la cruda e avelenata piaga
L'acque parer fa saporite e buone a cui non val liquor, non vale impiastro,
la sete, e il cibo pel digiun s'apprezza: né; murmure, né; imagine di saga,
non conosce la pace e non l'estima né; val lungo osservar di benigno astro,
chi provato non ha la guerra prima. né; quanta esperienza d'arte maga
fece mai l'inventor suo Zoroastro:

576
piaga crudel che sopra ogni dolore se non che per traverso ha un fregio bianco.
conduce l'uom, che disperato muore. Sfidò; alla giostra Ricciardetto, ch'era
dinanzi, e vista avea di guerrier franco:
6 e quel, che mai nessun ricusar volse,
Oh incurabil piaga che nel petto girò; la briglia e spazio a correr tolse.
d'un amator sì; facile s'imprime,
non men per falso che per ver sospetto! 9
piaga che l'uom sì; crudelmente opprime, Senza dir altro, o più; notizia darsi
che la ragion gli offusca e l'intelletto, de l'esser lor, si vengono all'incontro.
e lo tra' fuor de le sembianze prime! Rinaldo e gli altri cavallier fermarsi
Oh iniqua gelosia, che così; a torto per veder come seguiria lo scontro.
levasti a Bradamante ogni conforto! - Tosto costui per terra ha da versarsi,
se in luogo fermo a mio modo lo incontro -
7 dicea tra sé; medesmo Ricciardetto;
Non di questo ch'Ippalca e che 'l fratello ma contrario al pensier seguì; l'effetto:
le avea nel core amaramente impresso,
ma dico d'uno annunzio crudo e fello 10
che le fu dato pochi giorni appresso. però; che lui sotto la vista offese
Questo era nulla a paragon di quello di tanto colpo il cavalliero istrano,
ch'io vi dirò;, ma dopo alcun digresso. che lo levò; di sella, e lo distese
Di Rinaldo ho da dir primieramente, più; di due lance al suo destrier lontano.
che vêr Parigi vien con la sua gente. Di vendicarlo incontinente prese
l'assunto Alardo, e ritrovossi al piano
8 stordito e male acconcio: sì; fu crudo
Scontraro il dì; seguente invêr la sera lo scontro fier, che gli spezzò; lo scudo.
un cavallier ch'avea una donna al fianco,
con scudo e sopravesta tutta nera, 11

577
Guicciardo pone incontinente in resta né; i cavallier si piegar oncia a dietro.
l'asta, che vede i duo germani in terra,
ben che Rinaldo gridi: - Resta, resta; 14
che mia convien che sia la terza guerra: - L'uno e l'altro cavallo in guisa urtosse,
ma l'elmo ancor non ha allacciato in testa che gli fu forza in terra a por le groppe.
sì; che Guicciardo al corso si disserra; Baiardo immantinente ridrizzosse,
né; più; degli altri si seppe tenere, tanto ch'a pena il correre interroppe.
e ritrovossi subito a giacere. Sinistramente sì; l'altro percosse,
che la spalla e la schena insieme roppe.
12 Il cavallier che 'l destrier morto vede,
Vuol Ricciardo, Viviano e Malagigi, lascia le staffe ed è; subito in piede.
e l'un prima de l'altro essere in giostra:
ma Rinaldo pon fine ai lor litigi; 15
ch'inanzi a tutti armato si dimostra, Ed al figlio d'Amon, che già; rivolto
dicendo loro: - è; tempo ire a Parigi; tornava a lui con la man vota, disse:
e saria troppo la tardanza nostra, - Signore, il buon destrier che tu m'hai tolto,
s'io volesse aspettar fin che ciascuno perché; caro mi fu mentre che visse,
di voi fosse abbattuto ad uno ad uno. - mi faria uscir del mio debito molto,
se così; invendicato si morisse:
13 sì; che vientene, e fa ciò; che tu puoi,
Dissel tra sé;, ma non che fosse inteso, perché; battaglia esser convien tra noi. -
che saria stato agli altri ingiuria e scorno.
L'uno e l'altro del campo avea già; preso, 16
e si faceano incontra aspro ritorno. Disse Rinaldo a lui: - Se 'l destrier morto,
Non fu Rinaldo per terra disteso, e non altro ci de' porre a battaglia,
che valea tutti gli altri ch'avea intorno; un de' miei ti darò;, piglia conforto,
le lance si fiaccar, come di vetro, che men del tuo non crederò; che vaglia. -

578
Colui soggiunse: - Tu sei malaccorto, commendò; molto il cavalliero estrano.
se creder vuoi che d'un destrier mi caglia. Smontò; Rinaldo, e del destrier Baiardo
Ma poi che non comprendi ciò; ch'io voglio, diede al valletto le redine in mano:
ti spiegherò; più; chiaramente il foglio. e poi che più; non vede il suo stendardo,
il qual di lungo spazio è; già; lontano,
17 lo scudo imbraccia e stringe il brando fiero,
Vo' dir che mi parria commetter fallo, e sfida alla battaglia il cavalliero.
se con la spada non ti provassi anco,
e non sapessi s'in quest'altro ballo 20
tu mi sia pari, o se più; vali o manco. E quivi s'incomincia una battaglia
Come ti piace, o scendi, o sta a cavallo: di ch'altra mai non fu più; fiera in vista.
pur che le man tu non ti tegna al fianco, Non crede l'un che tanto l'altro vaglia,
io son contento ogni vantaggio darti: che troppo lungamente gli resista.
tanto alla spada bramo di provarti. - Ma poi che 'l paragon ben gli ragguaglia,
né; l'un de l'altro più; s'allegra o attrista,
18 pongon l'orgoglio ed il furor da parte,
Rinaldo molto non lo tenne in lunga, ed al vantaggio loro usano ogn'arte.
e disse: - La battaglia ti prometto;
e perché; tu sia ardito, e non ti punga 21
di questi c'ho d'intorno alcun sospetto, S'odon lor colpi dispietati e crudi
andranno inanzi fin ch'io gli raggiunga; intorno rimbombar con suono orrendo,
né; meco resterà; fuor ch'un valletto ora i canti levando a' grossi scudi,
che mi tenga il cavallo: - e così; disse schiodando or piastre, e quando maglie aprendo.
alla sua compagnia che se ne gisse. Né; qui bisogna tanto che si studi
a ben ferir, quanto a parar, volendo
19 star l'uno a l'altro par; ch'eterno danno
La cortesia del paladin gagliardo lor può; causar il primo error che fanno.

579
condotto così; poca nimicizia,
22 era certo che d'uom di più; eccellenza
Durò; l'assalto un'ora e più; che 'l mezzo non potesson dar l'arme esperienza.
d'un'altra; ed era il sol già; sotto l'onde,
ed era sparso il tenebroso rezzo 25
de l'orizzon fin all'estreme sponde; Vorrebbe de l'impresa esser digiuno,
né; riposato o fatto altro intermezzo ch'avea di vendicare il suo cavallo;
aveano alle percosse furibonde e se potesse senza biasmo alcuno,
questi guerrier, che non ira o rancore, si trarria fuor del periglioso ballo.
ma tratto all'arme avea disio d'onore. Il mondo era già; tanto oscuro e bruno,
che tutti i colpi quasi ivano in fallo.
23 Poco ferire e men parar sapeano,
Rivolve tuttavia tra sé; Rinaldo ch'a pena in man le spade si vedeano.
chi sia l'estrano cavallier sì; forte,
che non pur gli sta contra ardito e saldo, 26
ma spesso il mena a risco de la morte; Fu quel da Montalbano il primo a dire
e già; tanto travaglio e tanto caldo che far battaglia non denno allo scuro,
gli ha posto, che del fin dubita forte: ma quella indugiar tanto e differire,
e volentier, se con suo onor potesse, ch'avesse dato volta il pigro Arturo;
vorria che quella pugna rimanesse. e che può; intanto al padiglion venire,
ove di sé; non sarà; men sicuro,
24 ma servito, onorato e ben veduto,
Da l'altra parte il cavallier estrano, quanto in loco ove mai fosse venuto.
che similmente non avea notizia
che quel fosse il signor di Montalbano, 27
quel sì; famoso in tutta la milizia, Non bisognò; a Rinaldo pregar molto,
che gli avea incontra con la spada in mano che 'l cortese baron tenne lo 'nvito.

580
Ne vanno insieme ove il drappel raccolto 30
di Montalbano era in sicuro sito. Guidon, che questo esser Rinaldo udio,
Rinaldo al suo scudiero avea già; tolto famoso sopra ogni famoso duce,
un bel cavallo e molto ben guernito, ch'avuto avea più; di veder disio,
a spada e a lancia e ad ogni prova buono, che non ha il cieco la perduta luce,
ed a quel cavallier fattone dono. con molto gaudio disse: - O signor mio,
qual fortuna a combatter mi conduce
28 con voi, che lungamente ho amato ed amo,
Il guerrier peregrin conobbe quello e sopra tutto il mondo onorar bramo?
esser Rinaldo, che venì;a con esso;
che prima che giungessero all'ostello, 31
venuto a caso era a nomar se stesso: Mi partorì; Costanza ne le estreme
e perché; l'un de l'altro era fratello, ripe del mar Eusino: io son Guidone,
si sentì;r dentro di dolcezza oppresso, concetto de lo illustre inclito seme,
e di pietoso affetto tocco il core; come ancor voi, del generoso Amone.
e lacrimar per gaudio e per amore. Di voi vedere e gli altri nostri insieme
il desiderio è; del venir cagione;
29 e dove mia intenzion fu d'onorarvi,
Questo guerriero era Guidon selvaggio, mi veggo esser venuto a ingiuriarvi.
che dianzi con Marfisa e Sansonetto
e' figli d'Olivier molto viaggio 32
avea fatto per mar, come v'ho detto. Ma scusimi apo voi d'un error tanto,
Di non veder più; tosto il suo lignaggio ch'io non ho voi né; gli altri conosciuto;
il fellon Pinabel gli avea interdetto, e s'emendar si può;, ditemi quanto
avendol preso e a bada poi tenuto far debbo, ch'in ciò; far nulla rifiuto. -
alla difesa del suo rio statuto. Poi che si fu da questo e da quel canto
de' complessi iterati al fin venuto,

581
rispose a lui Rinaldo: - Non vi caglia e Malagigi, frati e cugin sui;
meco scusarvi più; de la battaglia: ch'ogni signor gli fece e cavalliero;
ciò; ch'egli disse a loro, ed essi a lui:
33 ma vi concluderò; che finalmente
che per certificarne che voi sè;te fu ben veduto da tutta la gente.
di nostra antiqua stirpe un vero ramo,
dar miglior testimonio non potete, 36
che 'l gran valor ch'in voi chiaro proviamo. Caro Guidone a' suoi fratelli stato
Se più; pacifiche erano e quiete credo sarebbe in ogni tempo assai;
vostre maniere, mal vi credevamo; ma lor fu al gran bisogno ora più; grato,
che la damma non genera il leone, ch'esser potesse in altro tempo mai.
né; le colombe l'aquila o il falcone. - Poscia che 'l nuovo sole incoronato
del mare uscì; di luminosi rai,
34 Guidon coi frati e coi parenti in schiera
Non, per andar, di ragionar lasciando, se ne tornò; sotto la lor bandiera.
non di seguir, per ragionar, lor via,
vennero ai padiglioni; ove narrando 37
il buon Rinaldo alla sua compagnia Tanto un giorno ed un altro se n'andaro,
che questo era Guidon, che disiando che di Parigi alle assediate porte
veder, tanto aspettato aveano pria, a men di dieci miglia s'accostaro
molto gaudio apportò; ne le sue squadre; in ripa a Senna; ove per buona sorte
e parve a tutti assimigliarsi al padre. Grifone ed Aquilante ritrovaro,
i duo guerrier da l'armatura forte:
35 Grifone il bianco ed Aquilante il nero,
Non dirò; l'accoglienze che gli fero che partorì; Gismonda d'Oliviero.
Alardo, Ricciardetto e gli altri dui;
che gli fece Viviano ed Aldigiero, 38

582
Con essi ragionava una donzella, messo da parte ogni lor odio antico.
non già; di vil condizione in vista,
che di sciamito bianco la gonnella 41
fregiata intorno avea d'aurata lista; S'ebbero un tempo in urta e in gran dispetto
molto leggiadra in apparenza e bella, per Truffaldin, che fôra lungo a dire;
fosse quantunque lacrimosa e trista: ma quivi insieme con fraterno affetto
e mostrava ne' gesti e nel sembiante s'accarezzar, tutte obliando l'ire.
di cosa ragionar molto importante. Rinaldo poi si volse a Sansonetto,
ch'era tardato un poco più; a venire,
39 e lo raccolse col debito onore,
Conobbe i cavallier, come essi lui, a pieno istrutto del suo gran valore.
Guidon, che fu con lor pochi dì; inanzi;
ed a Rinaldo disse: - Eccovi dui 42
a cui van pochi di valore inanzi; Tosto che la donzella più; vicino
e se per Carlo ne verran con nui, vide Rinaldo, e conosciuto l'ebbe
non ne staranno i Saracini inanzi. - (ch'avea notizia d'ogni paladino),
Rinaldo di Guidon conferma il detto, gli disse una novella che gl'increbbe;
che l'uno e l'altro era guerrier perfetto. e cominciò;: - Signore, il tuo cugino,
a cui la Chiesa e l'alto Imperio debbe,
40 quel già; sì; saggio ed onorato Orlando,
Gli avea riconosciuti egli non manco; è; fatto stolto, e va pel mondo errando.
però; che quelli sempre erano usati,
l'un tutto nero, e l'altro tutto bianco 43
vestir su l'arme, e molto andare ornati. Onde causato così; strano e rio
Da l'altra parte essi conobbero anco accidente gli sia, non so narrarte.
e salutar Guidon, Rinaldo e i frati; La sua spada e l'altr'arme ho vedute io,
ed abbracciar Rinaldo come amico, che per li campi avea gittate e sparte;

583
e vidi un cavallier cortese e pio d'Orlando (soggiungea) di ciò; favello,
che le andò; raccogliendo da ogni parte, acciò; ch'alcun di tanti a ch'io lo dico,
e poi di tutte quelle un arbuscello mosso a pietà; del caso strano e fello,
fe', a guisa di trofeo, pomposo e bello. cerchi o a Parigi o in altro luogo amico
ridurlo, fin che si purghi il cervello.
44 Ben so, se Brandimarte n'avrà; nuova,
Ma la spada ne fu tosto levata sarà; per farne ogni possibil prova. -
dal figliuol d'Agricane il dì; medesmo.
Tu pò;i considerar quanto sia stata 47
gran perdita alla gente del battesmo Era costei la bella Fiordiligi,
l'essere un'altra volta ritornata più; cara a Brandimarte che se stesso,
Durindana in poter del paganesmo. la qual, per lui trovar, venì;a a Parigi:
Né; Brigliadoro men, ch'errava sciolto e de la spada ella suggiunse appresso,
intorno all'arme, fu dal pagan tolto. che discordia e contesa e gran litigi
tra il Sericano e l' Tartaro avea messo;
45 e ch'avuta l'avea, poi fu casso,
Son pochi dì; ch'Orlando correr vidi di vita Mandricardo, al fin Gradasso.
senza vergogna e senza senno, ignudo,
con urli spaventevoli e con gridi: 48
ch'è; fatto pazzo in somma ti conchiudo; Di così; strano e misero accidente
e non avrei, fuor ch'a questi occhi fidi, Rinaldo senza fin si lagna e duole;
creduto mai sì; acerbo caso e crudo. - né; il core intenerir men se ne sente,
Poi narrò; che lo vide giù; dal ponte che soglia intenerirsi il ghiaccio al sole:
abbracciato cader con Rodomonte. e con disposta ed immutabil mente,
ovunque Orlando sia, cercar lo vuole,
46 con speme, poi che ritrovato l'abbia,
- A qualunque io non creda esser nimico di farlo risanar di quella rabbia.

584
tutta l'uccise, e non ne fe' un prigione.
49 Indi arrivò; tra l'altra gente Mora,
Ma già; lo stuolo avendo fatto unire, che non fu visto né; sentito ancora.
sia volontà; del cielo o sia aventura,
vuol fare i Saracin prima fuggire, 52
e liberar le parigine mura. Del campo d'infedeli a prima giunta
Ma consiglia l'assalto differire, la ritrovata guardia all'improviso
che vi par gran vantaggio, a notte scura, lasciò; Rinaldo sì; rotta e consunta,
ne la terza vigilia o ne la quarta, ch'un sol non ne restò;, se non ucciso.
ch'avrà; l'acqua di Lete il Sonno sparta. Spezzata che lor fu la prima punta,
i Saracin non l'avean più; da riso,
50 che sonnolenti, timidi ed inermi,
Tutta la gente alloggiar fece al bosco, poteano a tai guerrier far pochi schermi.
e quivi la posò; per tutto 'l giorno;
ma poi che 'l sol, lasciando il mondo fosco, 53
alla nutrice antiqua fe' ritorno, Fece Rinaldo per maggior spavento
ed orsi e capre e serpi senza tosco dei Saracini, al mover de l'assalto,
e l'altre fere ebbeno il cielo adorno, a trombe e a corni dar subito vento,
che state erano ascose al maggior lampo, e, gridando, il suo nome alzar in alto.
mosse Rinaldo il taciturno campo: Spinse Baiardo, e quel non parve lento;
che dentro all'alte sbarre entrò; d'un salto,
51 e versò; cavallier, pestò; pedoni,
e venne con Grifon, con Aquilante, ed atterrò; trabacche e padiglioni.
con Vivian, con Alardo e con Guidone,
con Sansonetto, agli altri un miglio inante, 54
a cheti passi e senza alcun sermone. Non fu sì; ardito tra il popul pagano,
Trovò; dormir l'ascolta d'Agramante: a cui non s'arricciassero le chiome,

585
quando sentì; Rinaldo e Montalbano 57
sonar per l'aria, il formidato nome. E se Rinaldo ben non era molto
Fugge col campo d'Africa l'ispano, ricco né; di città; né; di tesoro,
né; perde tempo a caricar le some; facea sì; con parole e con buon volto,
ch'aspettar quella furia più; non vuole, e ciò; ch'avea partendo ognor con loro,
ch'aver provata anco si piagne e duole. ch'un di quel numer mai non gli fu tolto
per offerire altrui più; somma d'oro.
55 Questi da Montalban mai non rimuove,
Guidon lo segue, e non fa men di lui; se non lo stringe un gran bisogno altrove.
né; men fanno i duo figli d'Oliviero,
Alardo e Ricciardetto, e gli altri dui: 58
col brando Sansonetto apre il sentiero: Ed or, perch'abbia il Magno Carlo aiuto,
Aldigiero e Vivian provar altrui lasciò; con poca guardia il suo castello.
fan quanto in arme l'uno e l'altro è; fiero. Tra gli African questo drappel venuto,
Così; fa ognun che segue lo stendardo questo drappel del cui valor favello,
di Chiaramonte, da guerrier gagliardo. ne fece quel che del gregge lanuto
sul falanteo Galeso il lupo fello,
56 o quel che soglia, del barbato, appresso
Settecento con lui tenea Rinaldo il barbaro Cinifio, il leon spesso.
in Montalbano e intorno a quelle ville,
usati a portar l'arme al freddo e al caldo, 59
non già; più; rei dei Mirmidon d'Achille. Carlo, ch'aviso da Rinaldo avuto
Ciascun d'essi al bisogno era sì; saldo, avea che presso era a Parigi giunto,
che cento insieme non fuggian per mille; e che la notte il campo sproveduto
e se ne potean molti sceglier fuori, volea assalir, stato era in arme e in punto;
che d'alcun dei famosi eran migliori. e quando bisognò;, venne in aiuto
coi paladini; e ai paladini aggiunto

586
avea il figliol del ricco Monodante, a cui già; maggior cose avea creduto.
di Fiordiligi il fido e saggio amante; Non pur d'averlo udito gli dice ella,
ma che con gli occhi propri l'ha veduto
60 (c'ha conoscenza e pratica d'Orlando,
ch'ella più; giorni per sì; lunga via quanto alcun altro), e dice dove e quando
cercato avea per tutta Francia invano.
Quivi all'insegne che portar solia, 63
fu da lei conosciuto di lontano. E gli narra del ponte periglioso,
Come lei Brandimarte vide pria, che Rodomonte ai cavallier difende,
lasciò; la guerra, e tornò; tutto umano, ove un sepolcro adorna e fa pomposo
e corse ad abbracciarla; e d'amor pieno, di sopraveste e d'arme di chi prende.
mille volte baciolla o poco meno. Narra c'ha visto Orlando furioso
far cose quivi orribili e stupende;
61 che nel fiume il pagan mandò; riverso,
De le lor donne e de le lor donzelle con gran periglio di restar summerso.
si fidar molto a quella antica etade.
Senz'altra scorta andar lasciano quelle 64
per piani e monti e per strane contrade; Brandimarte, che 'l conte amava quanto
ed al ritorno l'han per buone e belle, si può; compagno amar, fratello o figlio,
né; mai tra lor suspizione accade. disposto di cercarlo, e di far tanto,
Fiordiligi narrò; quivi al suo amante, non ricusando affanno né; periglio,
che fatto stolto era il signor d'Anglante. che per opra di medico o d'incanto
si ponga a quel furor qualche consiglio,
62 così; come trovossi armato in sella,
Brandimarte sì; strana e ria novella si mise in via con la sua donna bella.
credere ad altri a pena avria potuto;
ma lo credette a Fiordiligi bella, 65

587
Verso la parte ove la donna il conte lo stretto ponte a tutta briglia pesta.
avea veduto, il lor camin drizzaro,
di giornata in giornata, fin ch'al ponte 68
che guarda il re d'Algier, si ritrovaro. Il suo destrier ch'avea continuo uso
La guardia ne fe' segno a Rodomonte; d'andarvi sopra, e far di quel sovente
e gli scudieri a un tempo gli arrecaro quando uno e quando un altro cader giuso,
l'arme e il cavallo: e quel si trovò; in punto, alla giostra correa sicuramente;
quando fu Brandimarte al passo giunto. l'altro, del corso insolito confuso,
venì;a dubbioso, timido e tremente.
66 Trema anco il ponte, e par cader ne l'onda,
Con voce qual conviene al suo furore oltre che stretto e che sia senza sponda.
il Saracino a Brandimarte grida:
- Qualunque tu ti sia, che, per errore 69
di via o di mente, qui tua sorte guida, I cavallier, di giostra ambi maestri,
scendi e spogliati l'arme, e fanne onore che le lance avean grosse come travi,
al gran sepolcro, inanzi ch'io t'uccida, tali qual fur nei lor ceppi silvestri,
e che vittima all'ombre tu sia offerto: si dieron colpi non troppo soavi.
ch'io 'l farò; poi, né; te n'avrò; alcun merto. - Ai lor cavalli esser possenti e destri
non giovò; molto agli aspri colpi e gravi;
67 che si versar di pari ambi sul ponte,
Non volse Brandimarte a quell'altiero e seco i signor lor tutti in un monte.
altra risposta dar, che de la lancia.
Sprona Batoldo, il suo gentil destriero, 70
e inverso quel con tanto ardir si lancia, Nel volersi levar con quella fretta
che mostra che può; star d'animo fiero che lo spronar de' fianchi insta e richiede,
con qual si voglia al mondo alla bilancia: l'asse del ponticel lor fu sì; stretta,
e Rodomonte, con la lancia in resta, che non trovaro ove fermare il piede;

588
sì; che una sorte uguale ambi li getta e dove è; più; profonda li trasporta:
ne l'acqua; e gran rimbombo al ciel ne riede, va Brandimarte sotto, e 'l destrier sopra.
simile a quel ch'uscì; del nostro fiume, Fiordiligi dal ponte afflitta e smorta
quando ci cadde il mal rettor del lume. e le lacrime e i voti e i prieghi adopra:
- Ah Rodomonte, per colei che morta
71 tu riverisci, non esser sì; fiero,
I duo cavalli con tutto 'l pondo ch'affogar lasci un tanto cavalliero!
dei cavallier, che steron fermi in sella,
a cercar la rivera insin al fondo, 74
se v'era ascosa alcuna ninfa bella. Deh, cortese signor, s'unque tu amasti,
Non è; già; il primo salto né; 'l secondo, di me, ch'amo costui, pietà; ti vegna.
che giù; del ponte abbia il pagano in quella Di farlo tuo prigion, per Dio, ti basti;
onda spiccato col destrero audace; che s'orni il sasso tuo di quella insegna,
però; sa ben come quel fondo giace: di quante spoglie mai tu gli arrecasti,
questa fia la più; bella e la più; degna. -
72 E seppe sì; ben dir, ch'ancor che fosse
sa dove è; saldo e sa dove è; più; molle, sì; crudo il re pagan, pur lo commosse;
sa dove è; l'acqua bassa e dove è; l'alta.
Dal fiume il capo e il petto e i fianchi estolle, 75
e Brandimarte a gran vantaggio assalta. e fe' che 'l suo amator ratto soccorse,
Brandimarte il corrente in giro tolle: che sotto acqua il destrier tenea sepolto,
ne la sabbia il destrier, che 'l fondo smalta, e de la vita era venuto in forse,
tutto si ficca, e non può; riaversi, e senza sete avea bevuto molto.
con rischio di restarvi ambi sommersi. Ma aiuto non però; prima gli porse,
che gli ebbe il brando e dipoi l'elmo tolto.
73 De l'acqua mezzo morto il trasse, e porre
L'onda si leva e li fa andar sozzopra, con molti altri lo fe' ne la sua torre.

589
al suo bisogno, un le vien pur avante,
76 che sopravesta avea ricca ed ornata,
Fu ne la donna ogni allegrezza spenta, a tronchi di cipressi ricamata.
quando prigion vide il suo amante gire;
ma di questo pur meglio si contenta, 79
che di vederlo nel fiume perire. Chi costui fosse, altrove ho da narrarvi;
Di se stessa, e non d'altri, si lamenta, che prima ritornar voglio a Parigi,
che fu cagion di farlo ivi venire, e de la gran sconfitta seguitarvi,
per averli narrato ch'avea il conte ch'a' Mori diè; Rinaldo e Malagigi.
riconosciuto al periglioso ponte. Quei che fuggiro io non saprei contarvi,
né; quei che fur cacciati ai fiumi stigi.
77 Levò; a Turpino il conto l'aria oscura,
Quindi si parte, avendo già; concetto che di contarli s'avea preso cura.
di menarvi Rinaldo paladino,
o il Selvaggio Guidone, o Sansonetto, 80
o altri de la corte di Pipino, Nel primo sonno dentro al padiglione
in acqua e in terra cavallier perfetto dormia Agramante; e un cavallier lo desta,
da poter contrastar col Saracino; dicendogli che fia fatto prigione,
se non più; forte, almen più; fortunato se la fuga non è; via più; che presta.
che Brandimarte suo non era stato. Guarda il re intorno, e la confusione
vede dei suoi, che van senza far testa
78 chi qua chi là; fuggendo inermi e nudi,
Va molti giorni, prima che s'abbatta che non han tempo di pur tor gli scudi.
in alcun cavallier ch'abbia sembiante
d'esser come lo vuol, perché; combatta 81
col Saracino e liberi il suo amante. Tutto confuso e privo di consiglio
Dopo molto cercar di persona atta si facea porre indosso la corazza,

590
quando con Falsiron vi giunse il figlio, 84
Grandonio e Balugante e quella razza; Il re Agramante al parer lor s'attenne,
e al re Agramante mostrano il periglio ben che 'l partito fosse acerbo e duro.
di restar morto o preso in quella piazza: Andò; verso Arli, e parve aver le penne,
e che può; dir, se salva la persona, per quel camin che più; trovò; sicuro.
che Fortuna gli sia propizia e buona. Oltre alle guide, in gran favor gli venne
che la partita fu per l'aer scuro.
82 Ventimila tra d'Africa e di Spagna
Così; Marsilio e così; il buon Sobrino, fur, ch'a Rinaldo uscir fuor de la ragna.
e così; dicon gli altri ad una voce,
ch'a sua distruzion tanto è; vicino, 85
quanto a Rinaldo il qual ne vien veloce; Quei ch'egli uccise e quei che i suoi fratelli,
che s'aspetta che giunga il paladino quei che i duo figli del signor di Vienna,
con tanta gente, e un uom tanto feroce, quei che provaro empi nimici e felli
render certo si può; ch'egli e i suo' amici i settecento a cui Rinaldo accenna,
rimarran morti, o in man degli nimici. e quei che spense Sansonetto, e quelli
che ne la fuga s'affogaro in Senna,
83 chi potesse contar, conteria ancora
Ma ridur si può; in Arli o sia in Narbona ciò; che sparge d'april Favonio e Flora.
con quella poca gente c'ha d'intorno;
che l'una e l'altra terra è; forte e buona 86
da mantener la guerra più; d'un giorno: Istima alcun che Malagigi parte
e quando salva sia la sua persona, ne la vittoria avesse de la notte;
si potrà; vendicar di questo scorno, non che di sangue le campagne sparte
rifacendo l'esercito in un tratto, fosser per lui, né; per lui teste rotte:
onde al fin Carlo ne sarà; disfatto. ma che gl'infernali angeli per arte
facesse uscir da le tartaree grotte,

591
e con tante bandiere e tante lance, cercaro uscir di man del popul franco;
ch'insieme più; non ne porrian due France; ma la più; parte trovò; chiuso il calle,
e fece rosso ov'era verde e bianco.
87 Così; non fece il re di Sericana,
e che facesse udir tanti metalli, ch'avea da lor la tenda più; lontana:
tanti tamburi e tanti varii suoni,
tanti anitriri in voce di cavalli, 90
tanti gridi e tumulti di pedoni, anzi, come egli sente che 'l signore
che risonare e piani e monti e valli di Montalbano è; questo che gli assalta,
dovean de le longique regioni: gioisce di tal iubilo nel core,
ed ai Mori con questo un timor diede, che qua e là; per allegrezza salta.
che li fece voltare in fuga il piede. Loda e ringrazia il suo sommo Fattore,
che quella notte gli occorra tant'alta
88 e sì; rara aventura d'acquistare
Non si scordò; il re d'Africa Ruggiero, Baiardo, quel destrier che non ha pare.
ch'era ferito e stava ancora grave.
Quanto poté; più; acconcio s'un destriero 91
lo fece por, ch'avea l'andar soave; Avea quel re gran tempo desiato
e poi che l'ebbe tratto ove il sentiero (credo ch'altrove voi l'abbiate letto)
fu più; sicuro, il fe' posar in nave, d'aver la buona Durindana a lato,
e verso Arli portar commodamente, e cavalcar quel corridor perfetto.
dove s'avea a raccor tutta la gente. E già; con più; di centomila armato
era venuto in Francia a questo effetto;
89 e con Rinaldo già; sfidato s'era
Quei ch'a Rinaldo e a Carlo dier le spalle per quel cavallo alla battaglia fiera;
(fur, credo, centomila o poco manco),
per campagne, per boschi e monte e valle 92

592
e sul lito del mar s'era condutto sin al carro stellato de la Notte.
ove dovea la pugna diffinire:
ma Malagigi a turbar venne il tutto, 95
che fe' il cugin, mal grado suo, partire, Quando Gradasso il paladin gagliardo
avendol sopra un legno in mar ridutto. conosce, e non perché; ne vegga insegna,
Lungo saria tutta l'istoria dire. ma per gli orrendi colpi e per Baiardo,
Da indi in qua stimò; timido e vile che par che sol tutto quel campo tegna;
sempre Gradasso il paladin gentile. non è;, gridando, a improverargli tardo
la prova che di sé; fece non degna:
93 ch'al dato campo il giorno non comparse,
Or che Gradasso esser Rinaldo intende che tra lor la battaglia dovea farse.
costui ch'assale il campo, se n'allegra.
Si veste l'arme, e la sua alfana prende, 96
e cercando lo va per l'aria negra: Suggiunse poi: - Tu forse avevi speme,
e quanti ne riscontra, a terra stende; se potevi nasconderti quel punto,
ed in confuso lascia afflitta ed egra che non mai più; per raccozzarci insieme
la gente, o sia di Libia o sia di Francia: fossimo al mondo: or vedi ch'io t'ho giunto.
tutti li mena a un par la buona lancia. Sie certo, se tu andassi ne l'estreme
fosse di Stige, o fossi in cielo assunto,
94 ti seguirò;, quando abbi il destrier teco,
Lo va di qua di là; tanto cercando, ne l'alta luce e giù; nel mondo cieco.
chiamando spesso e quanto può; più; forte,
e sempre a quella parte declinando, 97
ove più; folte son le genti morte, Se d'aver meco a far non ti dà; il core,
ch'al fin s'incontra in lui brando per brando e vedi già; che non puoi starmi a paro,
poi che le lance loro ad una sorte e più; stimi la vita che l'onore,
eran salite in mille schegge rotte senza periglio ci puoi far riparo,

593
quando mi lasci in pace il corridore; pugna tra noi, che pianamente intenda
e viver puoi, se sì; t'è; il viver caro: la giustissima e vera scusa mia,
ma vivi a piè;, che non merti cavallo, acciò; ch'a torto più; non mi riprenda;
s'alla cavalleria fai sì; gran fallo. - e poi Baiardo al termine di pria
tra noi vorrò; ch'a piedi si contenda
98 da solo a solo in solitario lato,
A quel parlar si ritrovò; presente sì; come a punto fu da te ordinato. -
con Ricciardetto il cavallier Selvaggio;
e le Spade ambi trassero ugualmente, 101
per far parere il Serican mal saggio. Era cortese il re di Sericana,
Ma Rinaldo s'oppose immantinente, come ogni cor magnanimo esser suole;
e non patì; che se gli fêsse oltraggio, ed è; contento udir la cosa piana,
dicendo: - Senza voi dunque non sono e come il paladin scusar si vuole.
a chi m'oltraggia per risponder buono? - Con lui ne viene in ripa alla fiumana,
ove Rinaldo in semplici parole
99 alla sua vera istoria trasse il velo,
Poi se ne ritornò; verso il pagano, e chiamò; in testimonio tutto 'l cielo:
e disse: - Odi, Gradasso; io voglio farte,
e tu m'ascolti, manifesto e piano 102
ch'io venni alla marina a ritrovarte: e poi chiamar fece il figliuol di Buovo,
e poi ti sosterrò; con l'arme in mano, l'uom che di questo era informato a pieno,
che t'avrò; detto il vero in ogni parte; ch'a parte a parte replicò; di nuovo
e sempre che tu dica mentirai, l'incanto suo, né; disse più; né; meno.
ch'alla cavalleria mancass'io mai. Soggiunse poi Rinaldo: - Ciò; ch'io provo
col testimonio, io vo' che l'arme sieno,
100 che ora e in ogni tempo che ti piace,
Ma ben ti priego che prima che sia te n'abbiano a far prova più; verace. -

594
e del litigio che n'era seguito;
103 e ch'in somma Gradasso avea quel brando
Il re Gradasso, che lasciar non volle ch'ornò; di mille e mille palme Orlando.
per la seconda la querela prima,
le scuse di Rinaldo in pace tolle, 106
ma se son vere o false in dubbio stima. Poi che furon d'accordo, ritornosse
Non tolgon campo più; sul lito molle il re Gradasso ai servitori sui
di Barcelona, ove lo tolser prima; ben che dal paladin pregato fosse
ma s'accordaro per l'altra matina che ne venisse ad alloggiar con lui.
trovarsi a una fontana indi vicina: Come fu giorno, il re pagano armosse;
così; Rinaldo: e giunsero ambedui
104 ove dovea non lungi alla fontana
ove Rinaldo seco abbia il cavallo, combattersi Baiardo e Durindana.
che posto sia communemente in mezzo:
se 'l re uccide Rinaldo o il fa vassallo, 107
se ne pigli il destrier senz'altro mezzo, De la battaglia che Rinaldo avere
ma se Gradasso è; quel che faccia fallo, con Gradasso dovea da solo a solo,
che sia condotto all'ultimo ribrezzo, parean gli amici suoi tutti temere,
o, per più; non poter, che gli si renda, e inanzi il caso ne faceano il duolo.
da lui Rinaldo Durindana prenda. Molto ardir, molta forza, alto sapere
avea Gradasso; ed or che del figliuolo
105 del gran Milone avea la spada al fianco,
Con maraviglia molta e più; dolore di timor per Rinaldo era ognun bianco.
(come v'ho detto) avea Rinaldo udito
da Fiordiligi bella, ch'era fuore 108
de l'intelletto il suo cugino uscito. E più; degli altri il frate di Viviano
Avea de l'arme inteso anco il tenore, stava di questa pugna in dubbio e in tema,

595
ed anco volentier vi porria mano
per farla rimaner d'effetto scema: CANTO TRENTADUESIMO
ma non vorria che quel da Montalbano
seco venisse a inimicizia estrema;
ch'anco avea di quell'altra seco sdegno, 1
che gli turbò;, quando il levò; sul legno. Soviemmi che cantar io vi dovea
(già; lo promisi, e poi m'uscì; di mente)
109 d'una sospizion che fatto avea
Ma stiano gli altri in dubbio, in tema, in doglia: la bella donna di Ruggier dolente,
Rinaldo se ne va lieto e sicuro, de l'altra più; spiacevole e più; rea,
sperando ch'ora il biasmo se gli toglia, e di più; acuto e venenoso dente,
ch'avere a torto gli parea pur duro; che per quel ch'ella udì; da Ricciardetto,
sì; che quei da Pontieri e d'Altafoglia a devorare il cor l'entrò; nel petto.
faccia cheti restar, come mai furo.
Va con baldanza e sicurtà; di core 2
di riportarne il trionfale onore. Dovea cantarne, ed altro incominciai,
perché; Rinaldo in mezzo sopravenne;
110 e poi Guidon mi diè; che fare assai,
Poi che l'un quinci e l'altro quindi giunto che tra camino a bada un pezzo il tenne.
fu quasi a un tempo in su la chiara fonte, D'una cosa in un'altra in modo entrai,
s'accarezzaro, e fero a punto a punto che mal di Bradamante mi sovenne:
così; serena ed amichevol fronte, sovienmene ora, e vo' narrarne inanti
come di sangue e d'amistà; congiunto che di Rinaldo e di Gradasso io canti.
fosse Gradasso a quel di Chiaramonte.
Ma come poi s'andassero a ferire, 3
vi voglio a un'altra volta differire. Ma bisogna anco, prima ch'io ne parli,
che d'Agramante io vi ragioni un poco,

596
ch'avea ridutte le reliquie in Arli, 6
che gli restar del gran notturno fuoco, Già; non volse Marfisa imitar l'atto
quando a raccor lo sparso campo e a darli di Rodomonte: anzi com'ella intese
soccorso e vettovaglie era atto il loco: ch'Agramante da Carlo era disfatto,
l'Africa incontra, e la Spagna ha vicina, sue genti morte, saccheggiate e prese,
ed è; in sul fiume assiso alla marina. e che con pochi in Arli era ritratto,
senza aspettare invito, il camin prese:
4 venne in aiuto de la sua corona,
Per tutto 'l regno fa scriver Marsilio e l'aver gli proferse e la persona.
gente a piedi e a cavallo, e trista e buona.
Per forza e per amore ogni navilio 7
atto a battaglia s'arma in Barcelona. E gli menò; Brunello, e gli ne fece
Agramante ogni dì; chiama a concilio; libero dono, il qual non avea offeso:
né; a spesa né; a fatica si perdona. l'avea tenuto dieci giorni e diece
Intanto gravi esazioni e spesse notti sempre in timor d'essere appeso;
tutte hanno le città; d'Africa oppresse. e poi che né; con forza né; con prece
da nessun vide il patrocinio preso,
5 in sì; sprezzato sangue non si volse
Egli ha fatto offerire a Rodomonte, bruttar l'altiere mani, e lo disciolse.
perché; ritorni (ed impetrar nol puote),
una cugina sua, figlia d'Almonte, 8
e 'l bel regno d'Oran dargli per dote. Tutte l'antique ingiurie gli remesse,
Non si volse l'altier muover dal ponte, e seco in Arli ad Agramante il trasse.
ove tant'arme e tante selle vote Ben dovete pensar che gaudio avesse
di quei che son già; capitati al passo il re di lei ch'ad aiutarlo andasse:
ha ragunate, che ne cuopre il sasso. e del gran conto ch'egli ne facesse,
volse che Brunel prova le mostrasse;

597
che quel di ch'ella gli avea fatto cenno, le par che tardi, oltr'all'usato, troppo.
di volerlo impiccar, fe' da buon senno. Più; lungo di quel giorno a cui, per molta
fede, nel cielo il giusto Ebreo fe' intoppo,
9 più; de la notte ch'Ercole produsse,
Il manigoldo, in loco inculto ed ermo, parea lei ch'ogni notte, ogni dì; fusse.
pasto di corvi e d'avoltoi lasciollo.
Ruggier ch'un'altra volta gli fu schermo, 12
e che 'l laccio gli avria tolto dal collo, Oh quante volte da invidiar le diero
la giustizia di Dio fa ch'ora infermo e gli orsi e i ghiri e i sonnacchiosi tassi!
s'è; ritrovato, ed aiutar non puollo: che quel tempo voluto avrebbe intero
e quando il seppe, era già; il fatto occorso; tutto dormir, che mai non si destassi;
sì; che restò; Brunel senza soccorso. né; potere altro udir, fin che Ruggiero
dal pigro sonno lei non richiamassi.
10 Ma non pur questo non può; far, ma ancora
Intanto Bradamante iva accusando non può; dormir di tutta notte un'ora.
che così; lunghi sian quei venti giorni,
li quai finiti, il termine era quando 13
a lei Ruggiero ed alla fede torni. Di qua di là; va le noiose piume
A chi aspetta di carcere o di bando tutte premendo, e mai non si riposa.
uscir, non par che 'l tempo più; soggiorni Spesso aprir la finestra ha per costume,
a dargli libertade, o de l'amata per veder s'anco di Titon la sposa
patria vista gioconda e disiata. sparge dinanzi al matutino lume
il bianco giglio e la vermiglia rosa:
11 non meno ancor, poi che nasciuto è; 'l giorno,
In quel duro aspettare ella talvolta brama vedere il ciel di stelle adorno.
pensa ch'Eto e Pirò;o sia fatto zoppo;
o sia la ruota guasta, ch'a dar volta 14

598
Poi che fu quattro o cinque giorni appresso il termine aspettato da lei tanto.
il termine a finir, piena di spene
stava aspettando d'ora in ora il messo 17
che le apportasse: - Ecco Ruggier che viene. - Il termine passò; d'uno, di dui,
Montava sopra un'alta torre spesso, di tre giorni, di sei, d'otto e di venti;
ch'i folti boschi e le campagne amene né; vedendo il suo sposo, né; di lui
scopria d'intorno, e parte de la via sentendo nuova, incominciò; lamenti
onde di Francia a Montalban si gì;a. ch'avrian mosso a pietà; nei regni bui
quelle Furie crinite di serpenti;
15 e fece oltraggio a' begli occhi divini,
Se di lontano o splendor d'arme vede, al bianco petto, all'aurei crespi crini.
o cosa tal ch'a cavallier simiglia,
che sia il suo disiato Ruggier crede, 18
e rasserena i begli occhi e le ciglia; - Dunque fia ver (dicea) che mi convegna
se disarmato o viandante a piede, cercare un che mi fugge e mi s'asconde?
che sia messo di lui speranza piglia: Dunque debbo prezzare un che mi sdegna?
e se ben poi fallace la ritrova, Debbo pregar chi mai non mi risponde?
pigliar non cessa una ed un'altra nuova. Patirò; che chi m'odia, il cor mi tegna?
un che sì; stima sue virtù; profonde,
16 che bisogno sarà; che dal ciel scenda
Credendolo incontrar, talora armossi, immortal dea che 'l cor d'amor gli accenda.
scese dal monte e giù; calò; nel piano;
né; lo trovando, si sperò; che fossi 19
per altra strada giunto a Montalbano: Sa questo altier ch'io l'amo e ch'io l'adoro,
e col disir con ch'avea i piedi mossi né; mi vuol per amante né; per serva.
fuor del castel, ritornò; dentro invano. Il crudel sa che per lui spasmo e moro,
Né; qua né; là; trovollo; e passò; intanto e dopo morte a darmi aiuto serva.

599
E perché; io non gli narri il mio martoro di me doler, che sì; gli apersi il seno;
atto a piegar la sua voglia proterva, onde cacciata ha la ragion di seggio,
da me s'asconde, come aspide suole, ed ogni mio poter può; di lui meno.
che, per star empio, il canto udir non vuole. Quel mi trasporta ognor di male in peggio,
né; lo posso frenar, che non ha freno:
20 e mi fa certa che mi mena a morte,
Deh, ferma, Amor, costui che così; sciolto perch'aspettando il mal noccia più; forte.
dinanzi al lento mio correr s'affretta;
o tornami nel grado onde m'hai tolto 23
quando né; a te né; ad altri era suggetta! Deh perché; voglio anco di me dolermi?
Deh, come è; il mio sperar fallace e stolto, Ch'error, se non d'amarti, unqua commessi?
ch'in te con prieghi mai pietà; si metta; Che maraviglia, se fragili e infermi
che ti diletti, anzi ti pasci e vivi feminil sensi fur subito oppressi?
di trar dagli occhi lacrimosi rivi! Perché; dovev'io usar ripari e schermi
che la somma beltà; non mi piacessi,
21 gli alti sembianti e le sagge parole?
Ma di che debbo lamentarmi, ahi lassa Misero è; ben chi veder schiva il sole!
fuor che del mio desire irrazionale?
ch'alto mi leva, e sì; ne l'aria passa, 24
ch'arriva in parte ove s'abbrucia l'ale; Ed oltre al mio destino, io ci fui spinta
poi non potendo sostener, mi lassa da le parole altrui degne di fede:
dal ciel cader: né; qui finisce il male; somma felicità; mi fu dipinta,
che le rimette, e di nuovo arde: ond'io ch'esser dovea di questo amor mercede.
non ho mai fine al precipizio mio. Se la persuasione, ohimè;! fu finta,
se fu inganno il consiglio che mi diede
22 Merlin, posso di lui ben lamentarmi,
Anzi via più; che del disir, mi deggio ma non d'amar Ruggier posso ritrarmi.

600
che per trovar Ruggier solea far spesso,
25 novella udì; la misera, ch'insieme
Di Merlin posso e di Melissa insieme fe' dietro all'altro ben fuggir la speme.
dolermi, e mi dorrò; d'essi in eterno,
che dimostrare i frutti del mio seme 28
mi fero dagli spirti de lo 'nferno, Venne a incontrare un cavallier guascone
per pormi sol con questa falsa speme che dal campo african venì;a diritto,
in servitù;; né; la cagion discerno, ove era stato da quel dì; prigione,
se non ch'erano forse invidiosi che fu inanzi a Parigi il gran conflitto.
dei miei dolci, sicuri, almi riposi. - Da lei fu molto posto per ragione,
fin che si venne al termine prescritto.
26 Domandò; di Ruggiero, e in lui fermosse;
Sì; l'occupa il dolor, che non avanza né; fuor di questo segno più; si mosse.
loco ove in lei conforto abbia ricetto;
ma, mal grado di quel, vien la speranza 29
e vi vuole alloggiare in mezzo il petto, Il cavallier buon conto ne rendette,
rifrescandole pur la rimembranza che ben conoscea tutta quella corte:
di quel ch'al suo partir l'ha Ruggier detto: e narrò; di Ruggier, che contrastette
e vuol, contra il parer degli altri affetti, da solo a solo a Mandricardo forte;
che d'ora in ora il suo ritorno aspetti. e come egli l'uccise, e poi ne stette
ferito più; d'un mese presso a morte:
27 e s'era la sua istoria qui conclusa,
Questa speranza dunque la sostenne, fatto avria di Ruggier la vera escusa.
finito i venti giorni, un mese appresso;
sì; che il dolor sì; forte non le tenne, 30
come tenuto avria, l'animo oppresso. Ma come poi soggiunse, una donzella
Un dì; che per la strada se ne venne, esser nel campo, nomata Marfisa,

601
che men non era che gagliarda, bella, 33
né; meno esperta d'arme in ogni guisa; L'esser venuta a' Mori ella in aita
che lei Ruggiero amava e Ruggiero ella, con lui, né; senza lui comparir mai,
ch'egli da lei, ch'ella da lui divisa avea questa credenza stabilita;
si vedea raro, e ch'ivi ognuno crede ma poi l'avea accresciuta pur assai,
che s'abbiano tra lor data la fede; ch'essendosi del campo già; partita
portandone Brunel (come io contai),
31 senza esservi d'alcuno richiamata,
e che come Ruggier si faccia sano, sol per veder Ruggier v'era tornata.
il matrimonio publicar si deve;
e ch'ogni re, ogni principe pagano 34
gran piacere e letizia ne riceve, Sol per lui visitar, che gravemente
che de l'uno e de l'altro sopraumano languia ferito, in campo venuta era,
conoscendo il valor, sperano in breve non una sola volta, ma sovente;
far una razza d'uomini da guerra vi stava il giorno e si partia la sera:
la più; gagliarda che mai fosse in terra; e molto più; da dir dava alla gente,
ch'essendo conosciuta così; altiera,
32 che tutto 'l mondo a sé; le parea vile,
credea il Guascon quel che dicea, non senza solo a Ruggier fosse benigna e umile;
cagion; che ne l'esercito de' Mori
openione e universal credenza, 35
e publico parlar n'era di fuori. come il Guascon questo affermò; per vero,
I molti segni di benivolenza fu Bradamante da cotanta pena,
stati tra lor facean questi romori; da cordoglio assalita così; fiero,
che tosto o buona o ria che la fama esce che di quivi cader si tenne a pena.
fuor d'una bocca, in infinito cresce. Voltò;, senza far motto, il suo destriero,
di gelosia, d'ira e di rabbia piena;

602
e da sé; discacciata ogni speranza, né; a' tuoi costumi, né; a tua gentilezza;
ritornò; furibonda alla sua stanza. perché; non fai che fra tue illustri e dive
virtù;, si dica ancor ch'abbi fermezza?
36 si dica ch'abbi inviolabil fede?
E senza disarmarsi, sopra il letto, a chi ogn'altra virtù; s'inchina e cede.
col viso volta in giù;, tutta si stese,
ove per non gridar, sì; che sospetto 39
di sé; facesse, i panni in bocca prese; Non sai che non compar, se non v'è; quella,
e ripetendo quel che l'avea detto alcun valore, alcun nobil costume?
il cavalliero, in tal dolor discese, come né; cosa (e sia quanto vuol bella)
che più; non lo potendo sofferire, si può; vedere ove non splenda lume.
fu forza a disfogarlo, e così; a dire: Facil ti fu ingannare una donzella
di cui tu signore eri, idolo e nume,
37 a cui potevi far con tue parole
- Misera! a chi mai più; creder debb'io? creder che fosse oscuro e freddo il sole.
Vo' dir ch'ognuno è; perfido e crudele,
se perfido e crudel sei, Ruggier mio, 40
che sì; pietoso tenni e sì; fedele. Crudel, di che peccato a doler t'hai,
Qual crudeltà;, qual tradimento rio se d'uccider chi t'ama non ti penti?
unqua s'udì; per tragiche querele, Se 'l mancar di tua fé; sì; leggier fai,
che non trovi minor, se pensar mai di ch'altro peso il cor gravar ti senti?
al mio merto e al tuo debito vorai? Come tratti il nimico, se tu dai
a me, che t'amo sì;, questi tormenti?
38 Ben dirò; che giustizia in ciel non sia,
Perché;, Ruggier, come di te non vive s'a veder tardo la vendetta mia.
cavallier di più; ardir, di più; bellezza,
né; che a gran pezzo al tuo valore arrive, 41

603
Se d'ogn'altro peccato assai più; quello morte non fu giamai tanto beata. -
de l'empia ingratitudine l'uomo grava,
e per questo dal ciel l'angel più; bello 44
fu relegato in parte oscura e cava; Così; dicendo, di morir disposta,
e se gran fallo aspetta gran flagello salta dal letto, e di rabbia infiammata
quando debita emenda il cor non lava; si pon la spada alla sinistra costa;
guarda ch'aspro flagello in te non scenda, ma si ravvede poi che tutta è; armata.
che mi se' ingrato e non vuoi farne emenda. Il miglior spirto in questo le s'accosta,
e nel cor le ragiona: - O donna nata
42 di tant'alto lignaggio, adunque vuoi
Di furto ancora, oltre ogni vizio rio, finir con sì; gran biasmo i giorni tuoi?
di te, crudele, ho da dolermi molto.
Che tu mi tenga il cor, non ti dico io; 45
di questo io vo' che tu ne vada assolto: Non è; meglio ch'al campo tu ne vada,
dico di te, che t'eri fatto mio ove morir si può; con laude ognora?
e poi contra ragion mi ti sei tolto. Quivi, s'avvien ch'inanzi a Ruggier cada,
Renditi, iniquo, a me; che tu sai bene del morir tuo si dorrà; forse ancora:
che non si può; salvar chi l'altrui tiene. ma s'a morir t'avvien per la sua spada,
chi sarà; mai che più; contenta muora?
43 Ragione è; ben che di vita ti privi,
Tu m'hai, Ruggier, lasciata: io te non voglio, poi ch'è; cagion ch'in tanta pena vivi.
né; lasciarti volendo anco potrei;
ma per uscir d'affanno e di cordoglio, 46
posso e voglio, finire i giorni miei. Verrà; forse anco che prima che muori
Di non morirti in grazia sol mi doglio; farai vendetta di quella Marfisa
che se concesso m'avessero i dei che t'ha con fraudi e disonesti amori,
ch'io fossi morta quando t'era grata, da te Ruggiero alienando, uccisa. -

604
Questi pensieri parveno migliori scese dal monte, e si pose in camino
alla donzella; e tosto una divisa verso Parigi alla più; dritta via,
si fe' su l'arme, che volea inferire ove era dianzi il campo saracino;
disperazione e voglia di morire. che la novella ancora non s'udia,
che l'avesse Rinaldo paladino,
47 aiutandolo Carlo e Malagigi,
Era la sopraveste del colore fatto tor da l'assedio di Parigi.
in che riman la foglia che s'imbianca
quando del ramo è; tolta, o che l'umore 50
che facea vivo l'arbore le manca. Lasciati avea i Cadurci e la cittade
Ricamata a tronconi era, di fuore, di Caorse alle spalle, e tutto 'l monte
di cipresso che mai non si rinfranca, ove nasce Dordona, e le contrade
poi ch'ha sentita la dura bipenne; scopria di Monferrante e di Clarmonte,
l'abito al suo dolor molto convenne. quando venir per le medesme strade
vide una donna di benigna fronte,
48 ch'uno scudo all'arcione avea attaccato;
Tolse il destrier ch'Astolfo aver solea, e le venian tre cavallieri a lato.
e quella lancia d'or, che, sol toccando,
cader di sella i cavallier facea. 51
Perché; la le diè; Astolfo, e dove e quando, Altre donne e scudier venivano anco,
e da chi prima avuta egli l'avea, qual dietro e qual dinanzi, in lunga schiera.
non credo che bisogni ir replicando. Domandò; ad un che le passò; da fianco,
Ella la tolse, non però; sapendo la figlia d'Amon, chi la donna era;
che fosse del valor ch'era, stupendo. e quel le disse: - Al re del popul franco
questa donna, mandata messaggera
49 fin di là; dal polo artico, è; venuta
Senza scudiero e senza compagnia per lungo mar da l'Isola Perduta.

605
re sono tutti, e dirovvi anco dove:
52 uno in Svezia, uno in Gotia, in Norvegia uno,
Altri Perduta, altri ha nomata Islanda che pochi pari in arme hanno o nessuno.
l'isola, donde la regina d'essa,
di beltà; sopra ogni beltà; miranda, 55
dal ciel non mai, se non a lei, concessa, Questi tre, la cui terra non vicina,
lo scudo che vedete, a Carlo manda; ma men lontana è; all'Isola Perduta
ma ben con patto e condizione espressa, (detta così;, perché; quella marina
ch'al miglior cavallier lo dia, secondo da pochi naviganti è; conosciuta),
il suo parer, ch'oggi si trovi al mondo. erano amanti, e son, de la regina,
e a gara per moglier l'hanno voluta;
53 e per aggradir lei, cose fatt'hanno,
Ella, come si stima, e come in vero che, fin che giri il ciel, dette saranno.
è; la più; bella donna che mai fosse,
così; vorria trovare un cavalliero 56
che sopra ogn'altro avesse ardire e posse: Ma né; questi ella, né; alcun altro vuole,
perché; fondato e fisso è; il suo pensiero, ch'al mondo in arme esser non creda il primo.
da non cader per centomila scosse, - Ch'abbiate fatto prove (lor dir suole)
che sol chi terrà; in arme il primo onore, in questi luoghi appresso, poco istimo;
abbia d'esser suo amante e suo signore. e s'un di voi, qual fra le stelle il sole,
fra gli altri duo sarà;, ben lo sublimo:
54 ma non però; che tenga il vanto parme
Spera ch'in Francia, alla famosa corte del miglior cavallier ch'oggi port'arme.
di Carlo Magno, il cavallier si trove,
che d'esser più; d'ogn'altro ardito e forte 57
abbia fatto veder con mille prove. A Carlo Magno, il quale io stimo e onoro
I tre che son con lei come sue scorte, pel più; savio signor ch'al mondo sia,

606
son per mandare un ricco scudo d'oro, 60
con patto e condizion ch'esso lo dia Dietro non gli galoppa né; gli corre
al cavalliero il quale abbia fra loro ella; ch'adagio il suo camin dispensa,
il vanto e il primo onor di gagliardia. e molte cose tuttavia discorre,
Sia il cavalliero o suo vasallo o d'altri, che son per accadere: e in somma pensa
il parer di quel re vo' che mi scaltri. che questo scudo di Francia sia per porre
discordia e rissa e nimicizia immensa
58 fra paladini ed altri, se vuol Carlo
Se, poi che Carlo avrà; lo scudo avuto, chiarir chi sia il miglior, e a colui darlo.
e l'avrà; dato a quel sì; ardito e forte,
che d'ogn'altro migliore abbia creduto, 61
che 'n sua si trovi o in alcun'altra corte, Le preme il cor questo pensier; ma molto
uno di voi sarà;, che con l'aiuto più; le lo preme e strugge in peggior guisa
di sua virtù; lo scudo mi riporte; quel ch'ebbe prima, di Ruggier, che tolto
porrò; in quello ogni amore, ogni disio, il suo amor le abbia e datolo a Marfisa.
e quel sarà; il marito e 'l signor mio. - Ogni suo senso in questo è; sì; sepolto,
che non mira la strada, né; divisa
59 ove arrivar, né; se troverà; inanzi
Queste parole han qui fatto venire commodo albergo ove la notte stanzi.
questi tre re dal mar tanto discosto,
che riportarne lo scudo, o morire 62
per man di chi l'avrà;, s'hanno proposto. - Come nave, che vento da la riva,
Ste' molto attenta Bradamante a udire o qualch'altro accidente abbia disciolta,
quanto le fu da lo scudier risposto; va di nochiero e di governo priva
il qual poi l'entrò; inanzi, e così; punse ove la porti o meni il fiume in volta;
il suo cavallo, che i compagni giunse. così; l'amante giovane veniva,
tutta a pensare al suo Ruggier rivolta,

607
ove vuol Rabican; che molte miglia che si chiama la rocca di Tristano.
lontano è; il cor che de' girar la briglia. Ma d'alloggiarvi non succede a ognuno;
perché; bisogna, con la lancia in mano
63 che se l'acquisti e che se la difenda
Leva al fin gli occhi, e vede il sol che 'l tergo il cavallier che d'alloggiarvi intenda.
avea mostrato alle città; di Bocco,
e poi s'era attuffato, come il mergo, 66
in grembo alla nutrice oltr'a Marocco: Se, quando arriva un cavallier, si trova
e se disegna che la frasca albergo vota la stanza, il castellan l'accetta;
le dia ne' campi, fa pensier di sciocco; ma vuol se sopravien poi gente nuova,
che soffia un vento freddo, e l'aria grieve ch'uscir fuori alla giostra gli prometta.
pioggia la notte le minaccia o nieve. Se non vien, non accade che si mova:
se vien, forza è; che l'arme si rimetta
64 e con lui giostri, e chi di lor val meno.
Con maggior fretta fa movere il piede ceda l'albergo ed esca al ciel sereno.
al suo cavallo; e non fece via molta,
che lasciar le campagne a un pastor vede, 67
che s'avea la sua gregge inanzi tolta. Se duo, tre, quattro o più; guerrieri a un tratto
La donna lui con molta istanza chiede vi giungon prima, in pace albergo v'hanno;
che le 'nsegni ove possa esser raccolta e chi di poi vien solo, ha peggior patto,
o ben o mal; che mal sì; non s'alloggia, perché; seco giostrar quei più; lo fanno.
che non sia peggio star fuori alla pioggia. Così;, se prima un sol si sarà; fatto
quivi alloggiar, con lui giostrar voranno
65 in duo, tre, quattro o più; che verran dopo;
Disse il pastore: - Io non so loco alcuno sì; che, s'avrà; valor, gli fia a grande uopo.
ch'io vi sappia insegnar, se non lontano
più; di quattro o di sei leghe, for ch'uno 68

608
Non men, se donna capita o donzella, che so l'usanza, e di servarla intendo.-
accompagnata o sola a questa rocca,
e poi v'arrivi un'altra, alla più; bella 71
l'albergo, ed alla men star di fuor tocca. - Parte la guardia, e porta l'imbasciata
Domanda Bradamante ove sia quella; là; dove i cavallier stanno a grand'agio,
e il buon pastor non pur dice con bocca, la qual non poté; lor troppo esser grata,
ma le dimostra il loco anco con mano, ch'all'aer li fa uscir freddo e malvagio;
da cinque o dai sei miglia indi lontano. ed era una gran pioggia incomminciata.
Si levan pure, e piglian l'arme adagio:
69 restano gli altri; e quei non troppo in fretta
La donna, ancor che Rabican ben trotte, escono insieme ove la donna aspetta.
solecitar però; non lo sa tanto
per quelle vie tutte fangose e rotte 72
da la stagion ch'era piovosa alquanto, Eran tre cavallier che valean tanto,
che prima arrivi, che la cieca notte che pochi al mondo valean più; di loro;
fatt'abbia oscuro il mondo in ogni canto. ed eran quei che 'l dì; medesmo a canto
Trovò; chiusa la porta; e a chi n'avea veduti a quella messaggiera foro;
la guardia disse ch'alloggiar volea. quei ch'in Islanda s'avean dato vanto
di Francia riportar lo scudo d'oro:
70 e perché; avean meglio i cavalli punti,
Rispose quel, ch'era occupato il loco prima di Bradamante eran giunti.
da donne e da guerrier che venner dianzi,
e stavano aspettando intorno al fuoco 73
che posta fosse lor la cena inanzi. Di loro in arme pochi erano migliori,
- Per lor non credo l'avrà; fatta il cuoco, ma di quei pochi ella sarà; ben l'una;
s'ella v'è; ancor, né; l'han mangiata inanzi ch'a nessun patto rimaner di fuori
(disse la donna): or va, che qui gli attendo; quella notte intendea molle e digiuna.

609
Quei dentro alle finestre e ai corridori fu primier anco a riversciarsi al piano:
miran la giostra al lume de la luna, con tanta forza l'elmo gli percosse
che mal grado de' nugoli lo spande l'asta che mai non fu abbassata invano.
e fa veder, ben che la pioggia è; grande. Poi corse il re di Gotia, e ritrovosse
coi piedi in aria al suo destrier lontano.
74 Rimase il terzo sottosopra volto,
Come s'allegra un bene acceso amante ne l'acqua e nel pantan mezzo sepolto.
ch'ai dolci furti per entrar si trova,
quando al fin senta dopo indugie tante, 77
che 'l taciturno chiavistel si muova; Tosto ch'ella ai tre colpi tutti gli ebbe
così; volontarosa Bradamante fatto andar coi piedi alti e i capi bassi,
di far di sé; coi cavallieri prova, alla rocca ne va, dove aver debbe
s'allegrò; quando udì; le porte aprire, la notte albergo; ma prima che passi,
calare il ponte, e fuor li vide uscire. v'è; chi la fa giurar che n'uscirebbe,
sempre ch'a giostrar fuori altri chiamassi.
75 Il signor de là; dentro, che 'l valore
Tosto che fuor del ponte i guerrier vede ben n'ha veduto, le fa grande onore.
uscire insieme o con poco intervallo,
si volge a pigliar campo, e di poi riede 78
cacciando a tutta briglia il buon cavallo, Così; le fa la donna che venuta
e la lancia arrestando, che le diede era con quegli tre quivi la sera,
il suo cugin, che non si corre in fallo, come io dicea, da l'Isola Perduta,
che fuor di sella è; forza che trabocchi, mandata al re di Francia messaggiera.
se fosse Marte, ogni guerrier che tocchi. Cortesemente a lei che la saluta,
sì; come graziosa e affabil era,
76 si leva incontra, e con faccia serena
Il re di Svezia, che primier si mosse, piglia per mano, e seco al fuoco mena.

610
(che ben l'avea veduta altre fiate)
79 il signor de la rocca; e più; che prima
La donna, cominciando a disarmarsi, or l'accarezza e mostra farne stima.
s'avea lo scudo e dipoi l'elmo tratto;
quando una cuffia d'oro, in che celarsi 82
soleano i capei lunghi e star di piatto, Siedono al fuoco, e con giocondo e onesto
uscì; con l'elmo; onde caderon sparsi ragionamento dan cibo all'orecchia,
giù; per le spalle, e la scopriro a un tratto mentre, per ricreare ancora il resto
e la feron conoscer per donzella, del corpo, altra vivanda s'apparecchia.
non men che fiera in arme, in viso bella. La donna all'oste domandò; se questo
modo d'albergo è; nuova usanza o vecchia,
80 e quando ebbe principio, e chi la pose;
Quale al cader de le cortine suole e 'l cavalliero a lei così; rispose:
parer fra mille lampade la scena,
d'archi e di più; d'una superba mole, 83
d'oro e di statue e di pitture piena; - Nel tempo che regnava Fieramonte,
o come suol fuor de la nube il sole Clodione, il figliuolo, ebbe una amica
scoprir la faccia limpida e serena: leggiadra e bella e di maniere conte
così;, l'elmo levandosi dal viso, quant'altra fosse a quella etade antica;
mostrò; la donna aprisse il paradiso. la quale amava tanto, che la fronte
non rivolgea da lei, più; che si dica
81 che facesse da Ione il suo pastore,
Già; son cresciute e fatte lunghe in modo perch'avea ugual la gelosia all'amore.
le belle chiome che tagliolle il frate,
che dietro al capo ne può; fare un nodo, 84
ben che non sian come son prima state. Qui la tenea; che 'l luogo avuto in dono
Che Bradamante sia, tien fermo e sodo avea dal padre, e raro egli n'uscia;

611
e con lui dieci cavallier ci sono, 87
e dei miglior di Francia tuttavia. con patto, che se fa che con lo stuolo
Qui stando, venne a capitarci il buono suo cada in terra, ed ei stia in sella forte,
Tristano, ed una donna in compagnia, ne la rocca alloggiar vuole egli solo,
liberata da lui poch'ore inante, e vuol gli altri serrar fuor de le porte.
che traea presa a forza un fier gigante. Per non patir quest'onta, va il figliuolo
del re di Francia a rischio de la morte;
85 ch'aspramente percosso cade in terra,
Tristano ci arrivò; che 'l sol già; volto e cadon gli altri, e Tristan fuor li serra.
avea le spalle ai liti di Siviglia;
e domandò; qui dentro esser raccolto, 88
perché; non c'è; altra stanza a dieci miglia. Entrato ne la rocca, trova quella
Ma Clodion, che molto amava e molto la qual v'ho detta a Clodion sì; cara,
era geloso, in somma si consiglia e ch'avea, a par d'ogn'altra, fatto bella
che forestier, sia chi si voglia, mentre Natura, a dar bellezze così; avara.
ci stia la bella donna, qui non entre. Con lei ragiona: intanto arde e martella
di fuor l'amante aspra passione amara;
86 il qual non differisce a mandar prieghi
Poi che con lunghe ed iterate preci al cavallier, che dar non gli la nieghi.
non poté; aver qui albergo il cavalliero:
- Or quel che far con prieghi io non ti feci, 89
che 'l facci (disse) tuo mal grado, spero, - Tristano, ancor che lei molto non prezze,
E sfidò; Clodion con tutti i dieci né; prezzar, fuor ch'Isotta, altra potrebbe
che tenea appresso, e con un grido altiero (ch'altra né; ch'ami vuol né; ch'accarezze
se gli offerse con lancia e spada in mano la pozion che già; incantata bebbe),
provar che discortese era e villano; pur, perché; vendicarsi de l'asprezze
che Clodion gli ha usate si vorebbe:

612
- Di far gran torto mi parria (gli disse) de la discortesia ch'usata avea,
che tal bellezza del suo albergo uscisse. pur contentar d'averlo allo scoperto
fatto star tutta notte si volea:
90 né; l'escusa accettò;, che fosse Amore
E quando a Clodion dormire incresca stato cagion di così; grave errore;
solo alla frasca, e compagnia domandi,
una giovane ho meco bella e fresca, 93
non però; di bellezze così; grandi. ch'Amor de' far gentile un cor villano,
Questa sarò; contento che fuor esca, e non far d'un gentil contrario effetto.
e ch'ubbidisca a tutti i suoi comandi; Partito che si fu di qui Tristano,
ma la più; bella mi par dritto e giusto Clodion non ste' molto a mutar tetto;
che stia con quel di noi ch'è; più; robusto. - ma prima consegnò; la rocca in mano
a un cavallier, che molto gli era accetto,
91 con patto ch'egli e chi da lui venisse,
Escluso Clodione e malcontento, quest'uso in albergar sempre seguisse:
andò; sbuffando tutta notte in volta,
come s'a quei che ne l'alloggiamento 94
dormiano ad agio, fêsse egli l'ascolta; che 'l cavallier ch'abbia maggior possanza,
e molto più; che del freddo e del vento, e la donna beltà;, sempre ci alloggi;
si dolea de la donna che gli è; tolta. e chi vinto riman, voti la stanza,
La mattina Tristano a cui ne 'ncrebbe, dorma sul prato, o altrove scenda e poggi.
gli la rendé;, donde il dolor fin ebbe: E finalmente ci fe' por l'usanza
che vedete durar fin al dì; d'oggi. -
92 Or, mentre il cavallier questo dicea,
perché; gli disse, e lo fe' chiaro e certo, lo scalco por la mensa fatto avea.
che qual trovolla, tal gli la rendea;
e ben che degno era d'ogni onta in merto 95

613
Fatto l'avea ne la gran sala porre, l'una ha a partire, e l'altra a far dimora.
di che non era al mondo la più; bella;
indi con torchi accesi venne a torre 98
le belle donne, e le condusse in quella. Chiama duo vecchi, e chiama alcune sue
Bradamante, all'entrar, con gli occhi scorre, donne di casa, a tal giudizio buone;
e similmente fa l'altra donzella; e le donzelle mira, e di lor due
e tutte piene le superbe mura chi la più; bella sia, fa paragone.
veggon di nobilissima pittura. Finalmente parer di tutti fue
ch'era più; bella la figlia d'Amone;
96 e non men di beltà; l'altra vincea,
Di sì; belle figure è; adorno il loco, che di valore i guerrier vinti avea.
che per mirarle oblian la cena quasi,
ancor che ai corpi non bisogni poco, 99
pel travaglio del dì; lassi rimasi, Alla donna d'Islanda, che non sanza
e lo scalco si doglia e doglia il coco, molta sospizion stava di questo,
che i cibi lascin raffreddar nei vasi. il signor disse: - Che servià;n l'usanza,
Pur fu chi disse: - Meglio fia che voi non v'ha, donna, a parer se non onesto.
pasciate prima il ventre, e gli occhi poi. - A voi convien procacciar d'altra stanza,
quando a noi tutti è; chiaro e manifesto
97 che costei di bellezze e di sembianti,
S'erano assisi, e porre alle vivande ancor ch'inculta sia, vi passa inanti. -
voleano man, quando il signor s'avide
che l'alloggiar due donne è; un error grande: 100
l'una ha da star, l'altra convien che snide. Come si vede in un momento oscura
Stia la più; bella, e la men fuor si mande, nube salir d'umida valle al cielo,
dove la pioggia bagna e 'l vento stride. che la faccia che prima era sì; pura
Perché; non vi son giunte amendue a un'ora, cuopre del sol con tenebroso velo;

614
così; la donna alla sentenza dura lunghe, com'io, né; donne son per questo.
che fuor la caccia ove è; la pioggia e 'l gielo, Se come cavallier la stanza, o come
cangiar si vide, e non parer più; quella donna acquistata m'abbia, è; manifesto:
che fu pur dianzi sì; gioconda e bella. perché; dunque volete darmi nome
di donna, se di maschio è; ogni mio gesto?
101 La legge vostra vuol che ne sian spinte
S'impallidisce e tutta cangia in viso, donne da donne, e non da guerrier vinte.
che tal sentenza udir poco le aggrada.
Ma Bradamante con un saggio aviso, 104
che per pietà; non vuol che se ne vada, Poniamo ancor, che, come a voi pur pare,
rispose: - A me non par che ben deciso, io donna sia (che non però; il concedo),
né; che ben giusto alcun giudicio cada, ma che la mia beltà; non fosse pare
ove prima non s'oda quanto nieghi a quella di costei; non però; credo
la parte o affermi, e sue ragioni alleghi. che mi vorreste la mercé; levare
di mia virtù;, se ben di viso io cedo.
102 Perder per men beltà; giusto non parmi
Io ch'a difender questa causa toglio, quel c'ho acquistato per virtù; con l'armi.
dico: o più; bella o men ch'io sia di lei,
non venni come donna qui, né; voglio 105
che sian di donna ora i progressi miei. E quando ancor fosse l'usanza tale,
Ma chi dirà;, se tutta non mi spoglio, che chi perde in beltà; ne dovesse ire,
s'io sono o s'io non son quel ch'è; costei? io ci vorrei restare, o bene o male
E quel che non si sa non si de' dire, che la mia ostinazion dovesse uscire.
e tanto men, quando altri n'ha a patire. Per questo, che contesa diseguale
è; tra me e questa donna, vo' inferire
103 che, contendendo di beltà;, può; assai
Ben son degli altri ancor, c'hanno le chiome perdere, e meco guadagnar non mai.

615
così;, poi che difesa sì; superba
106 si vide apparecchiar la messaggera,
E se guadagni e perdite non sono lieta e bella tornò; come prim'era.
in tutto pari, ingiusto è; ogni partito:
sì; ch'a lei per ragion, sì; ancor per dono 109
spezial, non sia l'albergo proibito. La cena, stata lor buon pezzo avante,
E s'alcuno di dir che non sia buono né; ancor pur tocca, al fin godersi in festa,
e dritto il mio giudizio sarà; ardito, senza che più; di cavalliero errante
sarò; per sostenergli a suo piacere, nuova venuta fosse lor molesta.
che 'l mio sia vero, e falso il suo parere. - La goder gli altri, ma non Bradamante,
pure all'usanza addolorata e mesta;
107 che quel timor, che quel sospetto ingiusto
La figliuola d'Amon, mossa a pietade che sempre avea nel cor, le tollea il gusto.
che questa gentil donna debba a torto
esser cacciata ove la pioggia cade, 110
ove né; tetto, ove né; pure è; un sporto, Finita ch'ella fu (che saria forse
al signor de l'albergo persuade stata più; lunga, se 'l desir non era
con ragion molte e con parlare accorto, di cibar gli occhi), Bradamante sorse,
ma molto più; con quel ch'al fin concluse, e sorse appresso a lei la messaggera.
che resti cheto e accetti le sue scuse. Accennò; quel signore ad un che corse
e prestamente allumò; molta cera,
108 che splender fe' la sala in ogni canto.
Qual sotto il più; cocente ardore estivo, Quel che seguì; dirò; ne l'altro canto.
quando di ber più; desiosa è; l'erba,
il fior ch'era vicino a restar privo
di tutto quell'umor ch'in vita il serba, CANTO TRENTATREESIMO
sente l'amata pioggia e si fa vivo;

616
vedeste mai dipingere il futuro:
1 e pur si sono istorie anco trovate,
Timagora, Parrasio, Polignoto, che son dipinte inanzi che sian state.
Protogene, Timante, Apollodoro,
Apelle, più; di tutti questi noto, 4
e Zeusi, e gli altri ch'a quei tempi foro; Ma di saperlo far non si dia vanto
di quai la fama (mal grado di Cloto, pittore antico né; pittor moderno;
che spinse i corpi e dipoi l'opre loro) e ceda pur quest'arte al solo incanto,
sempre starà;, fin che si legga e scriva, del qual trieman gli spirti de lo 'nferno.
mercé; degli scrittori, al mondo viva: La sala ch'io dicea ne l'altro canto,
Merlin col libro, o fosse al lago Averno,
2 o fosse sacro alle Nursine grotte,
e quei che furo a' nostri dì;, o sono ora, fece far dai demonii in una notte.
Leonardo, Andrea Mantegna, Gian Bellino,
duo Dossi, e quel ch'a par sculpe e colora, 5
Michel, più; che mortale, angel divino; Quest'arte, con che i nostri antiqui fenno
Bastiano, Rafael, Tizian, ch'onora mirande prove, a nostra etade è; estinta.
non men Cador, che quei Venezia e Urbino; Ma ritornando ove aspettar mi denno
e gli altri di cui tal l'opra si vede, quei che la sala hanno a veder dipinta,
qual de la prisca età; si legge e crede: dico ch'a uno scudier fu fatto cenno,
ch'accese i torchi; onde la notte, vinta
3 dal gran splendor, si dileguò; d'intorno;
questi che noi veggià;n pittori, e quelli né; più; vi si vedria, se fosse giorno.
che già; mille e mill'anni in pregio furo,
le cose che son state, coi pennelli 6
fatt'hanno, altri su l'asse, altri sul muro. Quel signor disse lor: - Vo' che sappiate,
Non però; udiste antiqui, né; novelli che de le guerre che son qui ritratte,

617
fin al dì; d'oggi poche ne son state; 9
e son prima dipinte, che sian fatte. Artur, ch'impresa ancor senza consiglio
Chi l'ha dipinte, ancor l'ha indovinate. del profeta Merlin non fece mai,
Quando vittoria avran, quando disfatte di Merlin, dico, del demonio figlio,
in Italia saran le genti nostre, che del futuro antivedeva assai,
potrete qui veder come si mostre. per lui seppe, e saper fece il periglio
a Fieramonte, a che di molti guai
7 porrà; sua gente, s'entra ne la terra
Le guerre ch'i Franceschi da far hanno ch'Apenin parte, e il mare e l'Alpe serra.
di là; da l'Alpe, o bene o mal successe,
dal tempo suo fin al millesim'anno, 10
Merlin profeta in questa sala messe; Merlin gli fe' veder che quasi tutti
il qual mandato fu dal re britanno gli altri che poi di Francia scettro avranno,
al franco re ch'a Marcomir successe: o di ferro gli eserciti distrutti,
e perché; lo mandassi, e perché; fatto o di fame o di peste si vedranno;
da Merlin fu il lavor, vi dirò; a un tratto. e che brevi allegrezze e lunghi lutti,
poco guadagno ed infinito danno
8 riporteran d'Italia; che non lice
Re Fieramonte, che passò; primiero che 'l Giglio in quel terreno abbia radice.
con l'esercito franco in Gallia il Reno,
poi che quella occupò;, facea pensiero 11
di porre alla superba Italia il freno. Re Fieramonte gli prestò; tal fede,
Faceal perciò;, che più; 'l romano Impero ch'altrove disegnò; volger l'armata;
vedea di giorno in giorno venir meno: e Merlin, che così; la cosa vede,
e per tal causa col britanno Arturo ch'abbia a venir, come se già; sia stata,
volse far lega; ch'ambi a un tempo furo. avere a' prieghi di quel re si crede
la sala per incanto istoriata,

618
ove dei Franchi ogni futuro gesto, che con numer dispar vien loro a fronte.
come già; stato sia, fa manifesto. Ecco finge lasciar l'alloggiamento,
e pon gli aguati: ecco, con morti ed onte,
12 al vin lombardo la gente francesca
Acciò; chi poi succederà;, comprenda corre, e riman come la lasca all'esca.
che, come ha d'acquistar vittoria e onore,
qualor d'Italia la difesa prenda 15
incontra ogn'altro barbaro furore; Ecco in Italia Childiberto quanta
così;, s'avvien ch'a danneggiarla scenda, gente di Francia e capitani invia;
per porle il giogo e farsene signore, né; più; che Clodoveo, si gloria e vanta
comprenda, dico, e rendasi ben certo ch'abbia spogliata o vinta Lombardia;
ch'oltre a quei monti avrà; il sepulcro aperto. - che la spada del ciel scende con tanta
strage de' suoi, che n'è; piena ogni via,
13 morti di caldo e di profluvio d'alvo;
Così; disse; e menò; le donne dove sì; che di dieci un non ne torna salvo.
incomincian l'istorie: e Singiberto
fa lor veder, che per tesor si muove, 16
che gli ha Maurizio imperatore offerto. Mostra Pipino, e mostra Carlo appresso,
- Ecco che scende dal monte di Giove come in Italia un dopo l'altro scenda,
nel pian da l'Ambra e dal Ticino aperto. e v'abbia questo e quel lieto successo,
Vedete Eutar, che non pur l'ha respinto, che venuto non v'è; perché; l'offenda;
ma volto in fuga e fracassato e vinto. ma l'uno, acciò; il pastor Stefano oppresso,
l'altro Adriano, e poi Leon difenda:
14 l'un doma Aistulfo, e l'altro vince e prende
Vedete Clodoveo, ch'a più; di cento il successore, e al papa il suo onor rende.
mila persone fa passare il monte:
vedete il duca là; di Benevento, 17

619
Lor mostra appresso un giovene Pipino, e 'l regno intero a Berengario cede.
che con sua gente par che tutto cuopra
da le Fornaci al lito pelestino; 20
e faccia con gran spesa e con lung'opra Vedete un altro Carlo, che a' conforti
il ponte a Malamocco, e che vicino del buon Pastor fuoco in Italia ha messo;
giunga a Rialto, e vi combatta sopra. e in due fiere battaglie ha duo re morti,
Poi fuggir sembra, e che i suoi lasci sotto Manfredi prima, e Coradino appresso.
l'acque; che 'l ponte il vento e 'l mar gli han rotto. Poi la sua gente, che con mille torti
sembra tenere il nuovo regno oppresso,
18 di qua e di là; per le città; divisa,
- Ecco Luigi Borgognon, che scende vedete a un suon di vespro tutta uccisa. -
là; dove par che resti vinto e preso,
e che giurar gli faccia chi lo prende, 21
che più; da l'arme sue non sarà; offeso. Lor mostra poi (ma vi parea intervallo
Ecco che 'l giuramento vilipende; di molti e molti, non ch'anni, ma lustri)
ecco di nuovo cade al laccio teso; scender dai monti un capitano Gallo,
ecco vi lascia gli occhi, e come talpe e romper guerra ai gran Visconti illustri;
lo riportano i suoi di qua da l'Alpe. e con gente francesca a piè; e a cavallo
par ch'Alessandria intorno cinga e lustri;
19 e che 'l duca il presidio dentro posto,
Vedete un Ugo d'Arli far gran fatti, e fuor abbia l'aguato un po' discosto;
e che d'Italia caccia i Berengari;
e due o tre volte gli ha rotti e disfatti, 22
or dagli Unni rimessi, or dai Bavari. e la gente di Francia malaccorta,
Poi da più; forza è; stretto di far patti tratta con arte ove la rete è; tesa,
con l'inimico, e non sta in vita guari; col conte Armeniaco, la cui scorta
né; guari dopo lui vi sta l'erede, l'avea condotta all'infelice impresa,

620
giaccia per tutta la campagna morta, quest'istoria additando a Bradamante,
parte sia tratta in Alessandria presa: mostrato che l'ebbe Ischia, disse: - Pria
e di sangue non men che d'acqua grosso, ch'a vedere altro più; vi meni avante,
il Tanaro si vede il Po far rosso. io vi dirò; quel ch'a me dir solia
il bisavolo mio, quand'io era infante,
23 e quel che similmente mi dicea
Un, detto de la Marca, e tre Angioini che da suo padre udito anch'esso avea;
mostra l'un dopo l'altro, e dice: - Questi
a Bruci, a Dauni, a Marsi, a Salentini 26
vedete come son spesso molesti. e 'l padre suo da un altro, o padre o fosse
Ma né; de' Franchi val né; de' Latini avolo, e l'un da l'altro sin a quello
aiuto sì;, ch'alcun di lor vi resti: ch'a udirlo da quel proprio ritrovosse,
ecco li caccia fuor del regno, quante che l'imagini fe' senza pennello,
volte vi vanno, Alfonso e poi Ferrante. che qui vedete bianche, azzurre e rosse:
udì; che, quando al re mostrò; il castello
24 ch'or mostro a voi su quest'altiero scoglio,
Vedete Carlo ottavo, che discende gli disse quel ch'a voi riferir voglio.
da l'Alpe, e seco ha il fior di tutta Francia,
che passa il Liri e tutto 'l regno prende 27
senza mai stringer spada o abbassar lancia, Udì; che gli dicea ch'in in questo loco
fuor che lo scoglio ch'a Tifeo si stende di quel buon cavallier che lo difende
su le braccia, sul petto e su la pancia; con tanto ardir, che par disprezzi il fuoco
che del buon sangue d'Avalo al contrasto che d'ogn'intorno e sino al Faro incende,
la virtù; trova d'Inico del Vasto. - nascer debbe in quei tempi o dopo poco
(e ben gli disse l'anno e le calende)
25 un cavalliero, a cui sarà; secondo
Il signor de la rocca, che venì;a ogn'altro che sin qui sia stato al mondo.

621
vi mostrerò;, predirli non accade. -
28 Così; disse; e tornò; all'istoria dove
Non fu Nireo sì; bel, non sì; eccellente di Carlo si vedean l'inclite prove.
di forze Achille, e non sì; ardito Ulisse,
non sì; veloce Lada, non prudente 31
Nestor, che tanto seppe e tanto visse, - Ecco (dicea) sì; pente Ludovico
non tanto liberal, tanto clemente, d'aver fatto in ltalia venir Carlo;
l'antica fama Cesare descrisse; che sol per travagliar l'emulo antico
che verso l'uom ch'in Ischia nascer deve, chiamato ve l'avea, non per cacciarlo;
non abbia ogni lor vanto a restar lieve. e se gli scuopre al ritornar nimico
con Veneziani in lega, e vuol pigliarlo.
29 Ecco la lancia il re animoso abbassa,
E se si gloriò; l'antiqua Creta, apre la strada e, lor mal grado, passa.
quando il nipote in lei nacque di Celo,
se Tebe fece Ercole e Bacco lieta, 32
se si vantò; dei duo gemelli Delo; Ma la sua gente ch'a difesa resta
né; questa isola avrà; da starsi cheta, del nuovo regno, ha ben contraria sorte;
che non s'esalti e non si levi in cielo, che Ferrante, con l'opra che gli presta
quando nascerà; in lei quel gran marchese il signor mantuan, torna sì; forte,
ch'avrà; sì; d'ogni grazia il ciel cortese. ch'in pochi mesi non ne lascia testa,
o in terra o in mar, che non sia messa a morte:
30 poi per un uom che gli è; con fraude estinto,
Merlin gli disse, e replicò;gli spesso, non par che senta il gaudio d'aver vinto. -
ch'era serbato a nascere all'etade
che più; il romano Imperio saria oppresso, 33
acciò; per lui tornasse in libertade. Così; dicendo, mostragli il marchese
Ma perché; alcuno de' suoi gesti appresso Alfonso di Pescara, e dice: - Dopo

622
che costui comparito in mille imprese 36
sarà; più; risplendente che piropo, Così; dicendo, se stesso riprende
ecco qui ne l'insidie che gli ha tese che quel ch'avea a dir prima abbia lasciato;
con un trattato doppio il rio Etiopo, e torna a dietro, e mostra uno che vende
come scannato di saetta cade il castel che 'l signor suo gli avea dato;
il miglior cavallier di quella etade. mostra il perfido Svizzero che prende
colui ch'a sua difesa l'ha assoldato:
34 le quai due cose, senza abbassar lancia,
Poi mostra ove il duodecimo Luigi han dato la vittoria al re di Francia.
passa con scorta italiana i monti,
e svelto il Moro, pon la Fiordaligi 37
nel fecondo terren già; de' Visconti. Poi mostra Cesar Borgia col favore
Indi manda sua gente pei vestigi di questo re farsi in Italia grande;
di Carlo, a far sul Garigliano i ponti; ch'ogni baron di Roma, ogni signore
la quale appresso andar rotta e dispersa suggietto a lei, par ch'in esilio mande.
si vede, e morta e nel fiume summersa. Poi mostra il re che di Bologna fuore
leva la Sega, e vi fa entrar le Giande;
35 poi come volge i Genovesi in fuga
Vedete in Puglia non minor macello fatti ribelli, e la città; suggiuga.
de l'esercito franco in fuga volto;
e Consalvo Ferrante ispano è; quello 38
che due volte alla trappola l'ha colto. - Vedete (dice poi) di gente morta
E come qui turbato, così; bello coperta in Giaradada la campagna.
mostra Fortuna al re Luigi il volto Par ch'apra ogni cittade al re la porta,
nel ricco pian che, fin dove Adria stride, e che Venezia a pena vi rimagna.
tra l'Apenino e l'Alpe il Po divide. - Vedete come al papa non comporta
che, passati i confini di Romagna,

623
Modana al duca di Ferrara toglia, scendere in fretta una tedesca rabbia,
né; qui si fermi, e 'l resto tor gli voglia: ch'ogni Francese, senza mai far testa,
di qua da l'Alpe par che cacciat'abbia,
39 e che posto un rampollo abbia del Moro
e fa, all'incontro, a lui Bologna torre; nel giardino onde svelse i Gigli d'oro.
che v'entra la Bentivola famiglia.
Vedete il campo de' Francesi porre 42
a sacco Brescia, poi che la ripiglia; Ecco torna il Francese: eccolo rotto
e quasi a un tempo Felsina soccorre, da l'infedele Elvezio ch'in suo aiuto
e 'l campo ecclesiastico sgombiglia: con troppo rischio ha il giovine condotto,
e l'uno e l'altro poi nei luoghi bassi del quale il padre avea preso e venduto.
par si riduca del lito de Chiassi. Vedete poi l'esercito, che sotto
la ruota di Fortuna era caduto,
40 creato il novo re, che si prepara
Di qua la Francia, e di là; il campo ingrossa de l'onta vendicar ch'ebbe a Novara:
la gente ispana; e la battaglia è; grande.
Cader si vede e far la terra rossa 43
la gente d'arme in amendua le bande. e con migliore auspizio ecco ritorna.
Piena di sangue uman pare ogni fossa: Vedete il re Francesco inanzi a tutti,
Marte sta in dubbio u' la vittoria mande. che così; rompe a' Svizzeri le corna,
Per virtù; d'un Alfonso al fin si vede che poco resta a non gli aver distrutti:
che resta il Franco, e che l'Ispano cede, sì; che 'l titolo mai più; non gli adorna,
ch'usurpato s'avran quei villan brutti,
41 che domator de' principi, e difesa
e che Ravenna saccheggiata resta. si nomeran de la cristiana Chiesa.
Si morde il papa per dolor le labbia,
e fa da' monti, a guisa di tempesta, 44

624
Ecco, mal grado de la lega, prende di nostre genti, ambi d'Italia onore;
Milano, e accorda il giovene Sforzesco.
Ecco Borbon che la città; difende 47
pel re di Francia dal furor tedesco. ambi d'un sangue, ambi in un nido nati.
Eccovi poi, che mentre altrove attende Di quel marchese Alfonso il primo è; figlio,
ad altre magne imprese il re Francesco, il qual tratto dal Negro negli aguati,
né; sa quanta superbia e crudeltade vedeste il terren far di sé; vermiglio.
usino i suoi, gli è; tolta la cittade. Vedete quante volte son cacciati
d'Italia i Franchi pel costui consiglio.
45 L'altro di sì; benigno e lieto aspetto
Ecco un altro Francesco ch'assimiglia il Vasto signoreggia, e Alfonso è; detto.
di virtù; all'avo, e non di nome solo;
che, fatto uscirne i Galli, si ripiglia 48
col favor de la Chiesa il patrio suolo. - Questo è; il buon cavallier, di cui dicea,
Francia anco torna, ma ritien la briglia, quando l'isola d'Ischia vi mostrai,
né; scorre Italia, come suole, a volo; che già; profetizzando detto avea
che 'l bon duca di Mantua sul Ticino Merlino a Fieramonte cose assai:
le chiude il passo, e le taglia il camino. che diferire a nascere dovea
nel tempo che d'aiuto più; che mai
46 l'afflitta Italia, la Chiesa e l'Impero
Federico, ch'ancor non ha la guancia contra ai barbari insulti avria mistiero.
de' primi fiori sparsa, si fa degno
di gloria eterna, ch'abbia con la lancia, 49
ma più; con diligenza e con ingegno, Costui dietro al cugin suo di Pescara
Pavia difesa dal furor di Francia, con l'auspicio di Prosper Colonnese,
e del Leon del mar rotto il disegno. vedete come la Bicocca cara
Vedete duo marchesi, ambi terrore fa parere all'Elvezio e più; al Francese.

625
Ecco di nuovo Francia si prepara di tutta Francia alla campagna estinto.
di ristaurar le mal successe imprese: Vedete quante lance e quante spade
scende il re con un campo in Lombardia, han d'ogn'intorno il re animoso cinto;
un altro per pigliar Napoli invia. vedete che 'l destrier sotto gli cade:
né; per questo si rende o chiama vinto,
50 ben ch'a lui solo attenda, a lui sol corra
Ma quella che di noi fa come il vento lo stuol nimico, e non è; chi 'l soccorra.
d'arida polve, che l'aggira in volta,
la leva fin al cielo, e in un momento 53
a terra la ricaccia, onde l'ha tolta; Il re gagliardo si difende a piede,
fa ch'intorno a Pavia crede di cento e tutto de l'ostil sangue si bagna:
mila persone aver fatto raccolta ma virtù; al fine a troppa forza cede.
il re, che mira a quel che di man gli esce, Ecco il re preso, ed eccolo in Ispagna:
non se la gente sua si scema o cresce. ed a quel di Pescara dar si vede,
ed a chi mai da lui non si scompagna,
51 a quel del Vasto, le prime corone
Così; per colpa de' ministri avari, del campo rotto e del gran re prigione.
e per bontà; del re che se ne fida,
sotto l'insegne si raccoglion rari, 54
quando la notte il campo all'arme grida, Rotto a Pavia l'un campo, l'altro ch'era,
che si vede assalir dentro ai ripari per dar travaglio a Napoli, in camino,
dal sagace Spagnuol, che con la guida restar si vede, come, se la cera
di duo del sangue d'Avalo ardiria gli manca o l'oglio, resta il lumicino.
farsi nel cielo e ne lo 'nferno via. Ecco che 'l re ne la prigione ibera
lascia i figliuoli, e torna al suo domì;no:
52 ecco fa a un tempo egli in Italia guerra;
Vedete il meglio de la nobiltade ecco altri la fa a lui ne la sua terra.

626
sin qui a' Francesi sì; propizia stata;
55 che di febbre gli uccide, e non di lancia,
Vedete gli omicidi e le rapine sì; che di mille un non ne torna in Francia. -
in ogni parte far Roma dolente;
e con incendi e stupri le divine 58
e le profane cose ire ugualmente. La sala queste ed altre istorie molte,
Il campo de la lega le ruine che tutte saria lungo riferire,
mira d'appresso, e 'l pianto e 'l grido sente; in vari e bei colori avea raccolte;
e dove ir dovria inanzi, torna indietro, ch'era ben tal che le potea capire.
e prender lascia il successor di Pietro. Tornano a rivederle due e tre volte,
né; par che se ne sappiano partire;
56 e rilegon più; volte quel ch'in oro
Manda Lotrecco il re con nuove squadre, si vedea scritto sotto il bel lavoro.
non più; per fare in Lombardia l'impresa,
ma per levar de le mani empie e ladre 59
il capo e l'altre membra de la Chiesa; Le belle donne e gli altri quivi stati
che tarda sì;, che trova al Santo Padre mirando e ragionando insieme un pezzo,
non esser più; la libertà; contesa. fur dal signore a riposar menati,
Assedia la cittade ove sepolta ch'onorar gli osti suoi molt'era avezzo.
è; la sirena, e tutto il regno volta. Già; sendo tutti gli altri addormentati,
Bradamante a corcar si va da sezzo,
57 e si volta or su questo or su quel fianco,
Ecco l'armata imperial si scioglie né; può; dormir sul destro né; sul manco.
per dar soccorso alla città; assediata;
ed ecco il Doria che la via le toglie, 60
e l'ha nel mar sommersa, arsa e spezzata. Pur chiude alquanto appresso all'alba i lumi,
Ecco Fortuna come cangia voglie, e di veder le pare il suo Ruggiero,

627
il qual le dica: - Perché; ti consumi, 63
dando credenza a quel che non è; vero? Il dolce sonno mi promise pace,
Tu vedrai prima all'erta andare i fiumi, ma l'amaro veggiar mi torna in guerra:
ch'ad altri mai, ch'a te, volga il pensiero. il dolce sonno è; ben stato fallace,
S'io non amassi te, né; il cor potrei ma l'amaro veggiare, ohimè;! non erra.
né; le pupille amar degli occhi miei. - Se 'l vero annoia, e il falso sì; mi piace,
non oda o vegga mai più; vero in terra:
61 se 'l dormir mi dà; gaudio, e il veggiar guai,
E par che le suggiunga: - Io son venuto possa io dormir senza destarmi mai.
per battezzarmi e far quanto ho promesso;
e s'io son stato tardi, m'ha tenuto 64
altra ferita, che d'amore, oppresso. - O felice animai ch'un sonno forte
Fuggesi in questo il sonno, né; veduto sei mesi tien senza mai gli occhi aprire!
è; più; Ruggier che se ne va con esso. Che s'assimigli tal sonno alla morte,
Rinuova allora i pianti la donzella, tal veggiare alla vita, io non vo' dire;
e ne la mente sua così; favella: ch'a tutt'altre contraria la mia sorte
sente morte a veggiar, vita a dormire:
62 ma s'a tal sonno morte s'assimiglia,
- Fu quel che piacque, un falso sogno; e questo deh, Morte, or ora chiudimi le ciglia! -
che mi tormenta, ahi lassa! è; un veggiar vero.
Il ben fu sogno a dileguarsi presto, 65
ma non è; sogno il martire aspro e fiero. De l'orizzonte il sol fatte avea rosse
Perch'or non ode e vede il senso desto l'estreme parti, e dileguato intorno
quel ch'udire e veder parve al pensiero? s'eran le nubi, e non parea che fosse
A che condizione, occhi miei, sete, simile all'altro il cominciato giorno;
che chiusi il ben, e aperti il mal vedete? quando svegliata Bradamante armosse
per fare a tempo al suo camin ritorno,

628
rendute avendo grazie a quel signore Ullania, che nomata più; non aggio,
del buono albergo e de l'avuto onore. la mala opinion ch'avea concetta
forse di lor, si tolga del coraggio,
66 la figliuola d'Amon sfidano a giostra,
E trovò; che la donna messaggera, tosto che fuor del ponte ella si mostra;
con damigelle sue, con suoi scudieri
uscita de la rocca, venut'era 69
là; dove l'attendean quei tre guerrieri; non pensando però; che sia donzella,
quei che con l'asta d'oro essa la sera che nessun gesto di donzella avea.
fatto avea riversar giù; dei destrieri, Bradamante ricusa, come quella
e che patito avean con gran disagio ch'in fretta gì;a, né; soggiornar volea.
la notte l'acqua e il vento e il ciel malvagio. Pur tanto e tanto fur molesti, ch'ella,
che negar senza biasmo non potea,
67 abbassò; l'asta, ed a tre colpi in terra
Arroge a tanto mal, ch'a corpo voto li mandò; tutti; e qui finì; la guerra:
ed essi e i lor cavalli eran rimasi,
battendo i denti e calpestando il loto: 70
ma quasi lor più; incresce, e senza quasi che senza più; voltarsi mostrò; loro
incresce e preme più;, che farà; noto lontan le spalle, e dileguossi tosto.
la messaggera, appresso agli altri casi, Quei che, per guadagnar lo scudo d'oro,
alla sua donna, che la prima lancia di paese venian tanto discosto,
gli abbia abbattuti, c'han trovata in Francia. poi che senza parlar ritti si foro,
che ben l'avean con ogni ardir deposto,
68 stupefatti parean di maraviglia,
E presti o di morire, o di vendetta né; verso Ullania ardian d'alzar le ciglia;
subito far del ricevuto oltraggio,
acciò; la messaggera, che fu detta 71

629
che con lei molte volte per camino qualor per man di tai guerrier si muore. -
dato s'avean troppo orgogliosi vanti:
che non è; cavallier né; paladino 74
ch'al minor di lor tre durasse avanti. Poi che ben certi i cavallieri fece
La donna, perché; ancor più; a capo chino Ullania, che quell'era una donzella,
vadano, e più; non sian così; arroganti, la qual fatto avea nera più; che pece
fa lor saper che fu femina quella, la fama lor, ch'esser solea sì; bella;
non paladin, che li levò; di sella. e dove una bastava, più; di diece
persone il detto confermar di quella;
72 essi fur per voltar l'arme in se stessi,
- Or che dovete (diceva ella), quando da tal dolor, da tanta rabbia oppressi.
così; v'abbia una femina abbattuti,
pensar che sia Rinaldo o che sia Orlando, 75
non senza causa in tant'onore avuti? E da lo sdegno e da la furia spinti,
S'un d'essi avrà; lo scudo, io vi domando l'arme si spoglian, quante n'hanno indosso;
se migliori di quel che siate suti né; si lascian la spada onde eran cinti,
contra una donna, contra lor sarete? e del castel la gittano nel fosso:
Non credo io già;, né; voi forse il credete. e giuran, poi che gli ha una donna vinti,
e fatto sul terren battere il dosso,
73 che, per purgar sì; grave error, staranno
Questo vi può; bastar; né; vi bisogna senza mai vestir l'arme intero un anno;
del valor vostro aver più; chiara prova:
e quel di voi che temerario aggogna 76
far di sé; in Francia esperienza nuova, e che n'andranno a piè; pur tuttavia,
cerca giungere il danno alla vergogna o sia la strada piana, o scenda e saglia;
in che ieri ed oggi s'è; trovato e trova; né;, poi che l'anno anco finito sia,
se forse egli non stima utile e onore, saran per cavalcare o vestir maglia,

630
s'altr'arme, altro destrier da lor non fia quando a muover s'avean, senza maestro
guadagnato per forza di battaglia. che lo schermo e 'l ferir lor ricordasse,
Così; senz'arme, per punir lor fallo, e lor pungesse il cor d'animoso estro,
essi a piè; se n'andar, gli altri a cavallo. l'uno e l'altro d'accordo il ferro trasse,
e si venne a trovare agile e destro.
77 I spessi e gravi colpi a farsi udire
Bradamante la sera ad un castello incominciaro, ed a scaldarsi l'ire.
ch'alla via di Parigi si ritrova,
di Carlo e di Rinaldo suo fratello, 80
ch'avean rotto Agramante, udì; la nuova. Due spade altre non so per prova elette
Quivi ebbe buona mensa e buono ostello: ad esser ferme e solide e ben dure,
ma questo ed ogn'altro agio poco giova; ch'a tre colpi di quei si fosser rette,
che poco mangia e poco dorme, e poco, ch'erano fuor di tutte le misure:
non che posar, ma ritrovar può; loco. ma quelle fur di tempre sì; perfette,
per tante esperienze sì; sicure,
78 che ben poteano insieme riscontrarsi
Non però; di costei voglio dir tanto, con mille colpi e più;, senza spezzarsi.
ch'io non ritorni a quei duo cavallieri
che d'accordo legato aveano a canto 81
la solitaria fonte i duo destrieri. Or qua Rinaldo, or là; mutando il passo,
La pugna lor, di che vo' dirvi alquanto, con gran destrezza e molta industria ed arte
non è; per acquistar terre né; imperi, fuggia di Durindana il gran fracasso,
ma perché; Durindana il più; gagliardo che sa ben come spezza il ferro e parte.
abbia ad avere, e a cavalcar Baiardo. Ferì;a maggior percosse il re Gradasso;
ma quasi tutte al vento erano sparte:
79 se coglieva talor, coglieva in loco
Senza che tromba o segno altro accennasse ove potea gravare e nuocer poco.

631
avea l'artiglio grande, acuto e fello;
82 occhi di fuoco, e sguardo avea crudele;
L'altro con più; ragion sua spada inchina, l'ale avea grandi, che parean due vele.
e fa spesso al pagan stordir le braccia;
e quando ai fianchi e quando ove confina 85
la corazza con l'elmo, gli la caccia: Forse era vero augel, ma non so dove
ma trova l'armatura adamantina, o quando un altro ne sia stato tale.
sì; ch'una maglia non ne rompe o straccia. Non ho veduto mai, né; letto altrove,
Se dura e forte la ritrova tanto, fuor ch'in Turpin, d'un sì; fatto animale:
avvien perch'ella è; fatta per incanto. questo rispetto a credere mi muove,
che l'augel fosse un diavolo infernale
83 che Malagigi in quella forma trasse,
Senza prender riposo erano stati acciò; che la battaglia disturbasse.
gran pezzo tanto alla battaglia fisi,
che volti gli occhi in nessun mai de' lati 86
aveano, fuor che nei turbati visi; Rinaldo il credette anco, e gran parole
quando da un'altra zuffa distornati, e sconce poi con Malagigi n'ebbe.
e da tanto furor furon divisi. Egli già; confessar non glielo vuole;
Ambi voltaro a un gran strepito il ciglio, e perché; tor di colpa si vorrebbe,
e videro Baiardo in gran periglio. giura pel lume che dà; lume al sole,
che di questo imputato esser non debbe.
84 Fosse augello o demonio, il mostro scese
Vider Baiardo a zuffa con un mostro sopra Baiardo, e con l'artiglio il prese.
ch'era più; di lui grande, ed era augello:
avea più; lungo di tre braccia il rostro; 87
l'altre fattezze avea di vipistrello; Le redine il destrier, ch'era possente,
avea la piuma negra come inchiostro; subito rompe, e con sdegno e con ira

632
contra l'augello i calci adopra e 'l dente; 90
ma quel veloce in aria si ritira: Seguendo, si partir da la fontana,
indi ritorna, e con l'ugna pungente l'erbe novellamente in terra peste.
lo va battendo, e d'ogn'intorno aggira. Molto da lor Baiardo s'allontana,
Baiardo offeso, e che non ha ragione ch'ebbon le piante in seguir lui mal preste.
di schermo alcun, ratto a fuggir si pone. Gradasso, che non lungi avea l'alfana,
sopra vi salse, e per quelle foreste
88 molto lontano il paladin lasciosse,
Fugge Baiardo alla vicina selva, tristo e peggio contento che mai fosse.
e va cercando le più; spesse fronde.
Segue di sopra la pennuta belva 91
con gli occhi fisi ove la via seconde; Rinaldo perdé; l'orme in pochi passi
ma pure il buon destrier tanto s'inselva, del suo destrier, che fe' strano viaggio;
ch'al fin sotto una grotta si nasconde. ch'andò; rivi cercando, arbori e sassi,
Poi che l'alato ne perde la traccia, il più; spinoso luogo, il più; selvaggio,
ritorna in cielo, e cerca nuova caccia. acciò; che da quella ugna si celassi,
che cadendo dal ciel gli facea oltraggio.
89 Rinaldo, dopo la fatica vana,
Rinaldo e 'l re Gradasso, che partire ritornò; ad aspettarlo alla fontana,
veggono la cagion de la lor pugna,
restan d'accordo quella differire 92
fin che Baiardo salvino da l'ugna se da Gradasso vi fosse condutto,
che per la scura selva il fa fuggire; sì; come tra lor dianzi si convenne.
con patto, che qual d'essi lo raggiugna, Ma poi che far si vide poco frutto,
a quella fonte lo restituisca, dolente e a piedi in campo se ne venne.
ove la lite lor poi si finisca. Or torniamo a quell'altro, al quale in tutto
diverso da Rinaldo il caso avvenne.

633
Non per ragion, ma per suo gran destino ne venne in Arli, e vi trovò; l'armata;
sentì; anitrire il buon destrier vicino; e quindi con Baiardo e Durindana
si partì; sopra una galea spalmata.
93 Ma questo a un'altra volta; ch'or Gradasso,
e lo trovò; ne la spelonca cava, Rinaldo e tutta Francia a dietro lasso.
da l'avuta paura anco sì; oppresso,
ch'uscire allo scoperto non osava: 96
perciò; l'ha in suo potere il pagan messo. Voglio Astolfo seguir, ch'a sella e a morso,
Ben de la convenzion si raccordava, a uso facea andar di palafreno
ch'alla fonte tornar dovea con esso; l'ippogrifo per l'aria a sì; gran corso,
ma non è; più; disposto d'osservarla, che l'aquila e il falcon vola assai meno.
e così; in mente sua tacito parla: Poi che de' Galli ebbe il paese scorso
da un mare a l'altro e da Pirene al Reno,
94 tornò; verso ponente alla montagna
- Abbial chi aver lo vuol con lite e guerra: che separa la Francia da la Spagna.
io d'averlo con pace più; disio.
Da l'uno all'altro capo de la terra 97
già; venni, e sol per far Baiardo mio. Passò; in Navarra, ed indi in Aragona,
Or ch'io l'ho in mano, ben vaneggia ed erra lasciando a chi 'l vedea gran maraviglia.
chi crede che depor lo volesse io. Restò; lungi a sinistra Taracona,
Se Rinaldo lo vuol, non disconviene, Biscaglia a destra, ed arrivò; in Castiglia.
come io già; in Francia, or s'egli in India viene. Vide Gallizia e 'l regno d'Ulisbona,
poi volse il corso a Cordova e Siviglia;
95 né; lasciò; presso al mar né; fra campagna
Non men sicura a lui fia Sericana, città;, che non vedesse tutta Spagna.
che già; due volte Francia a me sia stata. -
Così; dicendo, per la via più; piana 98

634
Vide le Gade e la meta che pose e l'gran tempio d'Amon, ch'oggi è; disfatto.
ai primi naviganti Ercole invitto.
Per l'Africa vagar poi si dispose 101
dal mar d'Atlante ai termini d'Egitto. Indi giunse ad un'altra Tremisenne,
Vide le Baleariche famose, che di Maumetto pur segue lo stilo.
e vide Eviza appresso al camin dritto. Poi volse agli altri Etiopi le penne,
Poi volse il freno, e tornò; verso Arzilla che contra questi son di là; dal Nilo.
sopra 'l mar che da Spagna dipartilla. Alla città; di Nubia il camin tenne
tra Dobada e Coalle in aria a filo.
99 Questi cristiani son, quei saracini;
Vide Marocco, Feza, Orano, Ippona, e stan con l'arme in man sempre a' confini.
Algier, Buzea, tutte città; superbe,
c'hanno d'altre città; tutte corona, 102
corona d'oro, e non di fronde o d'erbe. Senapo imperator de la Etiopia,
Verso Biserta e Tunigi poi sprona: ch'in loco tien di scettro in man la croce,
vide Capisse e l'isola d'Alzerbe di gente, di cittadi e d'oro ha copia
e Tripoli e Bernicche e Tolomitta, quindi fin là; dove il mar Rosso ha foce;
sin dove il Nilo in Asia si tragitta. e serva quasi nostra fede propia,
che può; salvarlo da l'esilio atroce.
100 Gli è;, s'io non piglio errore, in questo loco
Tra la marina e la silvosa schena ove al battesmo loro usano un fuoco.
del fiero Atlante vide ogni contrada.
Poi diè; le spalle ai monti di Carena, 103
e sopra i Cirenei prese la strada; Dismontò; il duca Astolfo alla gran corte
e traversando i campi de l'arena, dentro di Nubia, e visitò; il Senapo.
venne a' confin di Nubia in Albaiada. Il castello è; più; ricco assai che forte,
Rimase dietro il cimiter di Batto ove dimora d'Etiopia il capo.

635
Le catene dei ponti e de le porte, a quel re dà; tributo e sta suggetto,
gangheri e chiavistei da piedi a capo, perch'è; in poter di lui dal camin dritto
e finalmente tutto quel lavoro levare il Nilo, e dargli altro ricetto,
che noi di ferro usiamo, ivi usan d'oro. e per questo lasciar subito afflitto
di fame il Cairo e tutto quel distretto.
104 Senapo detto è; dai sudditi suoi;
Ancor che del finissimo metallo gli dicià;n Presto o Preteianni noi.
vi sia tale abondanza, è; pur in pregio.
Colonnate di limpido cristallo 107
son le gran logge del palazzo regio. Di quanti re mai d'Etiopia foro,
Fan rosso, bianco, verde, azzurro e giallo il più; ricco fu questi e il più; possente;
sotto i bei palchi un relucente fregio, ma con tutta sua possa e suo tesoro,
divisi tra proporzionati spazi, gli occhi perduti avea miseramente.
rubin, smeraldi, zafiri e topazi. E questo era il minor d'ogni martoro:
molto era più; noioso e più; spiacente,
105 che, quantunque ricchissimo si chiame,
In mura, in tetti, in pavimenti sparte cruciato era da perpetua fame.
eran le perle, eran le ricche gemme.
Quivi il balsamo nasce; e poca parte 108
n'ebbe appo questi mai Ierusalemme. Se per mangiare o ber quello infelice
Il muschio ch'a noi vien, quindi si parte; venì;a cacciato dal bisogno grande,
quindi vien l'ambra, e cerca altre maremme: tosto apparia l'infernal schiera ultrice,
vengon le cose in somma da quel canto, le mostruose arpie brutte e nefande,
che nei paesi nostri vaglion tanto. che col griffo e con l'ugna predatrice
spargeano i vasi, e rapian le vivande;
106 e quel che non capia lor ventre ingordo,
Si dice che 'l soldan, re de l'Egitto, vi rimanea contaminato e lordo.

636
l'orrendo mostro da l'infernal grotte,
109 che gli rapisce e contamina i cibi,
E questo, perch'essendo d'anni acerbo, né; lascia che ne gusti o ne delibi.
e vistosi levato in tanto onore,
che, oltre alle ricchezze, di più; nerbo 112
era di tutti gli altri e di più; core; Ed in desperazion continua il messe
divenne, come Lucifer, superbo, uno che già; gli avea profetizzato
e pensò; muover guerra al suo Fattore. che le sue mense non sariano oppresse
Con la sua gente la via prese al dritto da la rapina e da l'odore ingrato,
al monte onde esce il gran fiume d'Egitto. quando venir per l'aria si vedesse
un cavallier sopra un cavallo alato.
110 Perché; dunque impossibil parea questo,
Inteso avea che su quel monte alpestre, privo d'ogni speranza vivea mesto.
ch'oltre alle nubi e presso al ciel si leva,
era quel paradiso che terrestre 113
si dice, ove abitò; già; Adamo ed Eva. Or che con gran stupor vede la gente
Con camelli, elefanti, e con pedestre sopra ogni muro e sopra ogn'alta torre
esercito, orgoglioso si moveva entrare il cavalliero, immantinente
con gran desir, se v'abitava gente, è; chi a narrarlo al re di Nubia corre,
di farla alle sue leggi ubbidiente. a cui la profezia ritorna a mente;
ed obliando per letizia torre
111 la fedel verga, con le mani inante
Dio gli ripresse il temerario ardire, vien brancolando al cavallier volante.
e mandò; l'angel suo tra quelle frotte,
che centomila ne fece morire, 114
e condannò; lui di perpetua notte. Astolfo ne la piazza del castello
Alla sua mensa poi fece venire con spaziose ruote in terra scese.

637
Poi che fu il re condotto inanzi a quello, 117
inginochiossi, e le man giunte stese, Rispose Astolfo: - Né; l'angel di Dio,
e disse: - Angel di Dio, Messi novello, né; son Messia novel, né; dal cielo vegno;
s'io non merto perdono a tante offese, ma son mortale e peccatore anch'io,
mira che proprio è; a noi peccar sovente, di tanta grazia a me concessa indegno.
a voi perdonar sempre a chi si pente. Io farò; ogn'opra acciò; che 'l mostro rio,
per morte o fuga, io ti levi del regno.
115 S'io il fo, me non, ma Dio ne loda solo,
Del mio error consapevole, non chieggio che per tuo aiuto qui mi drizzò; il volo.
né; chiederti ardirei gli antiqui lumi.
Che tu lo possa far, ben creder deggio, 118
che sei de' cari a Dio beati numi. Fa questi voti a Dio, debiti a lui;
Ti basti il gran martì;r ch'io non ci veggio, a lui le chiese edifica e gli altari. -
senza ch'ognor la fame mi consumi: Così; parlando, andavano ambidui
almen discaccia le fetide arpie, verso il castello fra i baron preclari.
che non rapiscan le vivande mie. Il re commanda ai servitori sui
che subito il convito si prepari,
116 sperando che non debba essergli tolta
E di marmore un tempio ti prometto la vivanda di mano a questa volta.
edificar de l'alta regia mia,
che tutte d'oro abbia le porte e 'l tetto, 119
e dentro e fuor di gemme ornato sia; Dentro una ricca sala immantinente
e dal tuo santo nome sarà; detto, apparecchiossi il convito solenne.
e del miracol tuo scolpito fia. - Col Senapo s'assise solamente
Così; dicea quel re che nulla vede, il duca Astolfo, e la vivanda venne.
cercando invan baciare al duca il piede. Ecco per l'aria lo stridor si sente,
percossa intorno da l'orribil penne;

638
ecco venir l'arpie brutte e nefande, poi langue il colpo, e senza effetto cala:
tratte dal cielo a odor de le vivande. e quei non vi lasciar piatto né; coppa
che fosse intatta, né; sgombrar la sala,
120 prima che le rapine e il fiero pasto
Erano sette in una schiera, e tutte contaminato il tutto avesse e guasto.
volto di donne avean, pallide e smorte,
per lunga fame attenuate e asciutte, 123
orribili a veder più; che la morte. Avuto avea quel re ferma speranza
L'alaccie grandi avean, deformi e brutte; nel duca, che l'arpie gli discacciassi;
le man rapaci, e l'ugne incurve e torte; ed or che nulla ove sperar gli avanza,
grande e fetido il ventre, e lunga coda, sospira e geme, e disperato stassi.
come di serpe che s'aggira e snoda. Viene al duca del corno rimembranza,
che suole aitarlo ai perigliosi passi;
121 e conchiude tra sé;, che questa via
Si sentono venir per l'aria, e quasi per discacciare i mostri ottima sia.
si veggon tutte a un tempo in su la mensa
rapire i cibi e riversare i vasi: 124
e molta feccia il ventre lor dispensa, E prima fa che 'l re con suoi baroni
tal che gli è; forza d'atturare i nasi; di calda cera l'orecchia si serra,
che non si può; patir la puzza immensa. acciò; che tutti, come il corno suoni,
Astolfo, come l'ira lo sospinge, non abbiano a fuggir fuor de la terra.
contra gli ingordi augelli il ferro stringe. Prende la briglia, e salta sugli arcioni
de l'ippogrifo, ed il bel corno afferra;
122 e con cenni allo scalco poi commanda
Uno sul collo, un altro su la groppa che riponga la mensa e la vivanda.
percuote, e chi nel petto, e chi ne l'ala;
ma come fera in su 'n sacco di stoppa, 125

639
E così; in una loggia s'apparecchia scesa, e più; là;, dove quel suon non oda.
con altra mensa altra vivanda nuova.
Ecco l'arpie che fan l'usanza vecchia: 128
Astolfo il corno subito ritrova. All'infernal caliginosa buca
Cli augelli, che non han chiusa l'orecchia, ch'apre la strada a chi abandona il lume,
udito il suon, non puon stare alla prova; finì; l'orribil suon l'inclito duca,
ma vanno in fuga pieni di paura, e fe' raccorre al suo destrier le piume.
né; di cibo né; d'altro hanno più; cura. Ma prima che più; inanzi io lo conduca,
per non mi dipartir dal mio costume,
126 poi che da tutti i lati ho pieno il foglio,
Subito il paladin dietro lor sprona: finire il canto, e riposar mi voglio.
volando esce il destrier fuor de la loggia,
e col castel la gran città; abandona,
e per l'aria, cacciando i mostri, poggia. CANTO TRENTAQUATTRESIMO
Astolfo il corno tuttavolta suona:
fuggon l'arpie verso la zona roggia,
tanto che sono all'altissimo monte 1
ove il Nilo ha, se in alcun luogo ha, fonte. Oh famelice, inique e fiere arpie
ch'all'accecata Italia e d'error piena,
127 per punir forse antique colpe rie,
Quasi de la montagna alla radice in ogni mensa alto giudicio mena!
entra sotterra una profonda grotta, Innocenti fanciulli e madri pie
che certissima porta esser si dice cascan di fame, e veggon ch'una cena
di ch'allo 'nferno vuol scender talotta. di questi mostri rei tutto divora
Quivi s'è; quella turba predatrice, ciò; che del viver lor sostegno fôra.
come in sicuro albergo, ricondotta,
e giù; sin di Cocito in su la proda 2

640
Troppo fallò; chi le spelonche aperse, segno evidente quivi esser lo 'nferno.
che già; molt'anni erano state chiuse;
onde il fetore e l'ingordigia emerse, 5
ch'ad ammorbare Italia si diffuse. Astolfo si pensò; d'entrarvi dentro,
Il bel vivere allora si summerse; e veder quei c'hanno perduto il giorno,
e la quiete in tal modo s'escluse, e penetrar la terra fin al centro,
ch'in guerre, in povertà; sempre e in affanni e le bolge infernal cercare intorno.
è; dopo stata, ed è; per star molt'anni: - Di che debbo temer (dicea) s'io v'entro,
che mi posso aiutar sempre col corno?
3 Farò; fuggir Plutone e Satanasso,
fin ch'ella un giorno ai neghitosi figli e 'l can trifauce leverò; dal passo. -
scuota la chioma, e cacci fuor di Lete,
gridando lor: - Non fia chi rassimigli 6
alla virtù; di Calai e di Zete? De l'alato destrier presto discese,
che le mense dal puzzo e dagli artigli e lo lasciò; legato a un arbuscello:
liberi, e torni a lor mondizia liete, poi si calò; ne l'antro, e prima prese
come essi già; quelle di Fineo, e dopo il corno, avendo ogni sua speme in quello.
fe' il paladin quelle del re etiopo. - Non andò; molto inanzi, che gli offese
il naso e gli occhi un fumo oscuro e fello,
4 più; che di pece grave e che di zolfo:
Il paladin col suono orribil venne non sta d'andar per questo inanzi Astolfo.
le brutte arpie cacciando in fuga e in rotta,
tanto ch'a piè; d'un monte si ritenne, 7
ove esse erano entrate in una grotta. Ma quando va più; inanzi, più; s'ingrossa
L'orecchie attente allo spiraglio tenne, il fumo e la caligine, e gli pare
e l'aria ne sentì; percossa e rotta ch'andare inanzi più; troppo non possa;
da pianti e d'urli e da lamento eterno: che sarà; forza a dietro ritornare.

641
Ecco, non sa che sia, vede far mossa nel mondo su, per satisfarti sono. -
da la volta di sopra, come fare L'ombra rispose: - Alla luce alma e bella
il cadavero appeso al vento suole, tornar per fama ancor sì; mi par buono,
che molti dì; sia stato all'acqua e al sole. che le parole è; forza che mi svella
il gran desir c'ho d'aver poi tal dono,
8 e che 'l mio nome e l'esser mio ti dica,
Sì; poco, e quasi nulla era di luce ben che 'l parlar mi sia noia e fatica. -
in quella affumicata e nera strada,
che non comprende e non discerne il duce 11
chi questo sia che sì; per l'aria vada; E cominciò;: - Signor, Lidia sono io,
e per notizia averne si conduce del re di Lidia in grande altezza nata,
a dargli uno o due colpi de la spada. qui dal giudicio altissimo di Dio
Stima poi ch'un spirto esser quel debbia; al fumo eternamente condannata,
che gli par di ferir sopra la nebbia. per esser stata al fido amante mio,
mentre io vissi, spiacevole ed ingrata.
9 D'altre infinite è; questa grotta piena,
Allor sentì; parlar con voce mesta: poste per simil fallo in simil pena.
- Deh, senza fare altrui danno, giù; cala!
Pur troppo il negro fumo mi molesta, 12
che dal fuoco infernal qui tutto esala. - Sta la cruda Anassarete più; al basso,
Il duca stupefatto allor s'arresta, ove è; maggiore il fumo e più; martire.
e dice all'ombra: - Se Dio tronchi ogni ala Restò; converso al mondo il corpo in sasso
al fumo, sì; ch'a te più; non ascenda, e l'anima qua giù; venne a patire,
non ti dispiaccia che 'l tuo stato intenda. poi che veder per lei l'afflitto e lasso
suo amante appeso poté; sofferire.
10 Qui presso è; Dafne, ch'or s'avvede quanto
E se vuoi che di te porti novella errasse a fare Apollo correr tanto.

642
s'in me l'orgoglio o la beltà; avanzasse;
13 quantunque il fasto o l'alterezza nacque
Lungo saria se gl'infelici spirti da la beltà; ch'a tutti gli occhi piacque.
de le femine ingrate, che qui stanno,
volesse ad uno ad uno riferirti; 16
che tanti son, ch'in infinito vanno. Era in quel tempo in Tracia un cavalliero
Più; lungo ancor saria gli uomini dirti, estimato il miglior del mondo in arme,
a' quai l'essere ingrato ha fatto danno, il qual da più; d'un testimonio vero
e che puniti sono in peggior loco, di singular beltà; sentì; lodarme;
ove il fumo gli accieca, e cuoce il fuoco. tal che spontaneamente fe' pensiero
di volere il suo amor tutto donarme,
14 stimando meritar per suo valore,
Perché; le donne più; facili e prone che caro aver di lui dovessi il core.
a creder son, di più; supplicio è; degno
chi lor fa inganno. Il sa Teseo e Iasone 17
e chi turbò; a Latin l'antiquo regno; In Lidia venne; e d'un laccio più; forte
sallo ch'incontra sé; il frate Absalone vinto restò;, poi che veduta m'ebbe.
per Tamar trasse a sanguinoso sdegno; Con gli altri cavallier si messe in corte
ed altri ed altre: che sono infiniti, del padre mio, dove in gran fama crebbe.
che lasciato han chi moglie e chi mariti. L'alto valore e le più; d'una sorte
prodezze che mostrò;, lungo sarebbe
15 a raccontarti, e il suo merto infinito,
Ma per narrar di me più; che d'altrui, quando egli avesse a più; grato uom servito.
e palesar l'error che qui mi trasse,
bella, ma altiera più;, sì; in vita fui, 18
che non so s'altra mai mi s'aguagliasse: Panfilia e Caria e il regno de' Cilici
né; ti saprei ben dir, di questi dui, per opra di costui mio padre vinse;

643
che l'esercito mai contra i nimici, 21
se non quanto volea costui, non spinse. e tanto stimulò;, che lo dispose
Costui, poi che gli parve i benefici a pigliar l'arme e far guerra a mio padre.
suoi meritarlo, un dì; col re si strinse Esso per l'opre sue chiare e famose
a domandargli in premio de le spoglie fu fatto capitan di quelle squadre.
tante arrecate, ch'io fossi sua moglie. Pel re d'Armenia tutte l'altre cose
disse ch'acquisteria: sol le leggiadre
19 e belle membra mie volea per frutto
Fu repulso dal re, ch'in grande stato de l'opra sua, vinto ch'avesse il tutto.
maritar disegnava la figliuola,
non a costui che cavallier privato 22
altro non tien che la virtude sola: Io non ti potre' esprimere il gran danno
e 'l padre mio troppo al guadagno dato, ch'Alceste al padre mio fa in quella guerra.
e all'avarizia, d'ogni vizio scuola, Quattro eserciti rompe, e in men d'un anno
tanto apprezza costumi, o virtù; ammira, lo mena a tal, che non gli lascia terra,
quanto l'asino fa il suon de la lira. fuor ch'un castel ch'alte pendici fanno
fortissimo; e là; dentro il re si serra
20 con la famiglia che più; gli era accetta,
Alceste, il cavallier di ch'io ti parlo e col tesor che trar vi puote in fretta.
(che così; nome avea), poi che si vede
repulso da chi più; gratificarlo 23
era più; debitor, commiato chiede; Quivi assedionne Alceste; ed in non molto
e lo minaccia, nel partir, di farlo termine a tal disperazion ne trasse,
pentir che la figliuola non gli diede. che per buon patto avria mio padre tolto
Se n'andò; al re d'Armenia, emulo antico che moglie e serva ancor me gli lasciasse
del re di Lidia e capital nimico; con la metà; del regno, s'indi assolto
restar d'ogni altro danno si sperasse.

644
Vedersi in breve de l'avanzo privo e che per forza abbia cercato avermi;
era ben certo, e poi morir captivo. che con più; grazia gli saria successo
indi a non molti dì;, se tener fermi
24 saputo avesse i modi cominciati,
Tentar, prima ch'accada, si dispone ch'al re ed a tutti noi sì; furon grati.
ogni rimedio che possibil sia;
e me, che d'ogni male era cagione, 27
fuor de la rocca, ov'era Alceste invia. E se ben da principio il padre mio
Io vo ad Alceste con intenzione gli avea negata la domanda onesta
di dargli in preda la persona mia, (però; che di natura è; un poco rio,
e pregar che la parte che vuol tolga né; mai si piega alla prima richiesta),
del regno nostro, e l'ira in pace volga. farsi per ciò; di ben servir restio
non doveva egli, e aver l'ira sì; presta;
25 anzi, ognor meglio oprando, tener certo
Come ode Alceste ch'io vo a ritrovarlo, venire in breve al desiato merto.
mi viene incontra pallido e tremante:
di vinto e di prigione, a riguardarlo, 28
più; che di vincitore, have sembiante. E quando anco mio padre a lui ritroso
Io che conosco ch'arde, non gli parlo stato fosse, io l'avrei tanto pregato,
sì; come avea già; disegnato inante: ch'avria l'amante mio fatto mio sposo.
vista l'occasion, fo pensier nuovo Pur, se veduto io l'avessi ostinato,
conveniente al grado in ch'io lo trovo. avrei fatto tal opra di nascoso,
che di me Alceste si saria lodato.
26 Ma poi ch'a lui tentar parve altro modo,
A maledir comincio l'amor d'esso, io di mai non l'amar fisso avea il chiodo.
e di sua crudeltà; troppo a dolermi,
ch'iniquamente abbia mio padre oppresso, 29

645
E se ben era a lui venuta, mossa servendo, amando, e non mai più; per arme.
da la pietà; ch'al mio padre portava,
sia certo che non molto fruir possa 32
il piacer ch'al dispetto mio gli dava; Così; far mi promesse, e ne la rocca
ch'era per far di me la terra rossa, intatta mi mandò;, come a lui venni,
tosto ch'io avessi alla sua voglia prava né; di baciarmi pur s'ardì; la bocca:
con questa mia persona satisfatto vedi s'al collo il giogo ben gli tenni;
di quel che tutto a forza saria fatto. vedi se bene Amor per me lo tocca,
se convien che per lui più; strali impenni.
30 Al re d'Armenia andò;, di cui dovea
Queste parole e simili altre usai, esser per patto ciò; che si prendea:
poi che potere in lui mi vidi tanto;
e 'l più; pentito lo rendei, che mai 33
si trovasse ne l'eremo alcun santo. e con quel miglior modo ch'usar puote,
Mi cadde a' piedi, e supplicommi assai, lo priega ch'al mio padre il regno lassi,
che col coltel che si levò; da canto del qual le terre ha depredate e vote,
(e volea in ogni modo ch'io 'l pigliassi) ed a goder l'antiqua Armenia passi.
di tanto fallo suo mi vendicassi. Quel re, d'ira infiammando ambe le gote,
disse ad Alceste che non vi pensassi;
31 che non si volea tor da quella guerra,
Poi ch'io lo trovo tale, io fo disegno fin che mio padre avea palmo di terra.
la gran vittoria insin al fin seguire:
gli do speranza di farlo anco degno 34
che la persona mia potrà; fruire, E s'Alceste è; mutato alle parole
s'emendando il suo error, l'antiquo regno d'una vil feminella, abbiasi il danno.
al padre mio farà; restituire; Già; a' prieghi esso di lui perder non vuole
e nel tempo a venir vorrà; acquistarme quel ch'a fatica ha preso in tutto un anno.

646
Di nuovo Alceste il priega, e poi si duole facemmo noi pensier dargli la morte.
che seco effetto i prieghi suoi non fanno. Restammo poi, per non ricever scorno;
All'ultimo s'adira, e lo minaccia che lo veggià;n troppo d'amici forte.
che vuol, per forza o per amor, lo faccia. Fingo d'amarlo, e più; di giorno in giorno
gli do speranza d'essergli consorte;
35 ma prima contra altri nimici nostri
L'ira multiplicò; sì;, che li spinse dico voler che sua virtù; dimostri.
da le male parole ai peggior fatti.
Alceste contra il re la spada strinse 38
fra mille ch'in suo aiuto s'eran tratti, E quando sol, quando con poca gente
e mal grado lor tutti, ivi l'estinse; lo mando a strane imprese e perigliose,
e quel dì; ancor gli Armeni ebbe disfatti, da farne morir mille agevolmente:
con l'aiuto de' Cilici e de' Traci ma lui successer ben tutte le cose;
che pagava egli, e d'altri suoi seguaci. che tornò; con vittoria, e fu sovente
con orribil persone e mostruose,
36 con Griganti a battaglia e Lestrigoni,
Seguitò; la vittoria, ed a sue spese, ch'erano infesti a nostre regioni.
senza dispendio alcun del padre mio,
ne rendé; tutto il regno in men d'un mese. 39
Poi per ricompensarne il danno rio, Non fu da Euristeo mai, non fu mai tanto
oltr'alle spoglie che ne diede, prese da la matrigna esercitato Alcide
in parte, e gravò; in parte di gran fio in Lerna, in Nemea, in Tracia, in Erimanto,
Armenia e Capadocia che confina, alle valli d'Etolia, alle Numide,
e scorse Ircania fin su la marina. sul Tevre, su l'Ibero e altrove; quanto
con prieghi finti e con voglie omicide
37 esercitato fu da me il mio amante,
In luogo di trionfo, al suo ritorno, cercando io pur di torlomi davante.

647
di mai venir più; inanzi agli occhi miei.
40 Né; veder né; parlar mai più; gli volsi,
Né; potendo venire al primo intento, né; messo udi', né; lettera ne tolsi.
vengone ad un di non minore effetto:
gli fo quei tutti ingiuriar, ch'io sento 43
che per lui sono, e a tutti in odio il metto. Questa mia ingratitudine gli diede
Egli che non sentia maggior contento tanto martì;r, ch'al fin dal dolor vinto,
che d'ubbidirmi, senza alcun rispetto e dopo un lungo domandar mercede,
le mani ai cenni miei sempre avea pronte, infermo cadde, e ne rimase estinto.
senza guardare un più; d'un altro in fronte. Per pena ch'al fallir mio si richiede,
or gli occhi ho lacrimosi, e il viso tinto
41 del negro fumo: e così; avrò; in eterno;
Poi che mi fu, per questo mezzo, aviso che nulla redenzione è; ne l'inferno. -
spento aver del mio padre ogni nimico,
e per lui stesso Alceste aver conquiso, 44
che non si avea, per noi, lasciato amico; Poi che non parla più; Lidia infelice,
quel ch'io gli avea con simulato viso va il duca per saper s'altri vi stanzi:
celato fin allor, chiaro gli esplico: ma la caligine alta ch'era ultrice
che grave e capitale odio gli porto, de l'opre ingrate, si gl'ingrossa inanzi,
e pur tuttavia cerco che sia morto. ch'andare un palmo sol più; non gli lice;
anzi a forza tornar gli conviene, anzi,
42 perché; la vita non gli sia intercetta
Considerando poi, s'io lo facessi, dal fumo, i passi accelerar con fretta.
ch'in publica ignominia ne verrei
(sapeasi troppo quanto io gli dovessi, 45
e crudel detta sempre ne sarei), Il mutar spesso de le piante ha vista
mi parve fare assai ch'io gli togliessi di corso, e non di chi passeggia o trotta.

648
Tanto, salendo inverso l'erta, acquista, 48
che vede dove aperta era la grotta; Poi monta il volatore, e in aria s'alza
e l'aria, già; caliginosa e trista, per giunger di quel monte in su la cima,
dal lume cominciava ad esser rotta. che non lontan con la superna balza
Al fin con molto affanno e grave ambascia dal cerchio de la luna esser si stima.
esce de l'antro, e dietro il fumo lascia. Tanto è; il desir che di veder lo 'ncalza,
ch'al cielo aspira, e la terra non stima.
46 De l'aria più; e più; sempre guadagna,
E perché; del tornar la via sia tronca tanto ch'al giogo va de la montagna.
a quelle bestie c'han sì; ingorde l'epe,
raguna sassi, e molti arbori tronca, 49
che v'eran qual d'amomo e qual di pepe; Zafir, rubini, oro, topazi e perle,
e come può;, dinanzi alla spelonca e diamanti e crisoliti e iacinti
fabrica di sua man quasi una siepe: potriano i fiori assimigliar, che per le
e gli succede così; ben quell'opra, liete piaggie v'avea l'aura dipinti:
che più; l'arpie non torneran di sopra. sì; verdi l'erbe, che possendo averle
qua giù;, ne fôran gli smeraldi vinti;
47 né; men belle degli arbori le frondi,
Il negro fumo de la scura pece, e di frutti e di fior sempre fecondi.
mentre egli fu ne la caverna tetra,
non macchiò; sol quel ch'apparia, ed infece, 50
ma sotto i panni ancora entra e penè;tra; Cantan fra i rami gli augelletti vaghi
sì; che per trovare acqua andar lo fece azzurri e bianchi e verdi e rossi e gialli.
cercando un pezzo; e al fin fuor d'una pietra Murmuranti ruscelli e cheti laghi
vide una fonte uscir ne la foresta, di limpidezza vincono i cristalli.
ne la qual si lavò; dal piè; alla testa. Una dolce aura che ti par che vaghi
a un modo sempre e dal suo stil non falli,

649
facea sì; l'aria tremolar d'intorno, più; che carbonchio lucida e vermiglia.
che non potea noiar calor del giorno: O stupenda opra, o dedalo architetto!
Qual fabrica tra noi le rassimiglia?
51 Taccia qualunque le mirabil sette
e quella ai fiori, ai pomi e alla verzura moli del mondo in tanta gloria mette.
gli odor diversi depredando giva,
e di tutti faceva una mistura 54
che di soavità; l'alma notriva. Nel lucente vestibulo di quella
Surgea un palazzo in mezzo alla pianura, felice casa un vecchio al duca occorre,
ch'acceso esser parea di fiamma viva: che 'l manto ha rosso, e bianca la gonnella,
tanto splendore intorno e tanto lume che l'un può; al latte, e l'altro al minio opporre.
raggiava, fuor d'ogni mortal costume. I crini ha bianchi, e bianca la mascella
di folta barba ch'al petto discorre;
52 ed è; sì; venerabile nel viso,
Astolfo il suo destrier verso il palagio ch'un degli eletti par del paradiso.
che più; di trenta miglia intorno aggira,
a passo lento fa muovere ad agio, 55
e quinci e quindi il bel paese ammira; Costui con lieta faccia al paladino,
e giudica, appo quel, brutto e malvagio, che riverente era d'arcion disceso,
e che sia al ciel ed a natura in ira disse: - O baron, che per voler divino
questo ch'abitian noi fetido mondo: sei nel terrestre paradiso asceso;
tanto è; soave quel, chiaro e giocondo. come che né; la causa del camino,
né; il fin del tuo desir da te sia inteso;
53 pur credi che non senza alto misterio
Come egli è; presso al luminoso tetto, venuto sei da l'artico emisperio.
attonito riman di maraviglia;
che tutto d'una gemma è; 'l muro schietto, 56

650
Per imparar come soccorrer dé;i si vede pur che così; volse dire.
Carlo, e la santa fé; tor di periglio
venuto meco a consigliar ti sei 59
per così; lunga via, senza consiglio. Quivi fu assunto, e trovò; compagnia,
Né; a tuo saper, né; a tua virtù; vorrei che prima Enoch, il patriarca, v'era;
ch'esser qui giunto attribuissi, o figlio; eravi insieme il gran profeta Elia,
che né; il tuo corno, né; il cavallo alato che non han vista ancor l'ultima sera;
ti valea, se da Dio non t'era dato. e fuor de l'aria pestilente e ria
si goderan l'eterna primavera,
57 fin che dian segno l'angeliche tube,
Ragionerem più; ad agio insieme poi, che torni Cristo in su la bianca nube.
e ti dirò; come a procedere hai:
ma prima vienti a ricrear con noi; 60
che 'l digiun lungo de' noiarti ormai. - Con accoglienza grata il cavalliero
Continuando il vecchio i detti suoi, fu dai santi alloggiato in una stanza;
fece meravigliare il duca assai, fu provisto in un'altra al suo destriero
quando scoprendo il nome suo, gli disse di buona biada, che gli fu a bastanza.
esser colui che l'evangelio scrisse: De' frutti a lui del paradiso diero,
di tal sapor, ch'a suo giudicio, sanza
58 scusa non sono i duo primi parenti,
quel tanto al Redentor caro Giovanni, se per quei fur sì; poco ubbidienti.
per cui il sermone tra i fratelli uscì;o,
che non dovea per morte finir gli anni; 61
sì; che fu causa che 'l figliuol di Dio Poi ch'a natura il duca aventuroso
a Pietro disse: - Perché; pur t'affanni, satisfece di quel che se le debbe,
s'io vo' che così; aspetti il venir mio? - come col cibo, così; col riposo,
Ben che non disse: egli non de' morire, che tutti e tutti i commodi quivi ebbe;

651
lasciando già; l'Aurora il vecchio sposo, di tanti benefici iniquo merto;
ch'ancor per lunga età; mai non l'increbbe, che quanto aver più; lo dovea in favore,
si vide incontra ne l'uscir del letto n'è; stato il fedel popul più; deserto.
il discipul da Dio tanto diletto; Sì; accecato l'avea l'incesto amore
d'una pagana, ch'avea già; sofferto
62 due volte e più; venire empio e crudele,
che lo prese per mano, e seco scorse per dar la morte al suo cugin fedele.
di molte cose di silenzio degne:
e poi disse: - Figliuol, tu non sai forse 65
che in Francia accada, ancor che tu ne vegne. E Dio per questo fa ch'egli va folle,
Sappi che 'l vostro Orlando, perché; torse e mostra nudo il ventre, il petto e il fianco;
dal camin dritto le commesse insegne, e l'intelletto sì; gli offusca e tolle,
è; punito da Dio, che più; s'accende che non può; altrui conoscere, e sé; manco.
contra chi egli ama più;, quando s'offende. A questa guisa si legge che volle
Nabuccodonosor Dio punir anco,
63 che sette anni il mandò; il furor pieno,
Il vostro Orlando, a cui nascendo diede sì; che, qual bue, pasceva l'erba e il fieno.
somma possanza Dio con sommo ardire,
e fuor de l'uman uso gli concede 66
che ferro alcun non lo può; mai ferire; Ma perch'assai minor del paladino,
perché; a difesa di sua santa fede che di Nabucco, è; stato pur l'eccesso,
così; voluto l'ha costituire, sol di tre mesi dal voler divino
come Sansone incontra a' Filistei a purgar questo error termine è; messo.
costituì; a difesa degli Ebrei: Né; ad altro effetto per tanto camino
salir qua su t'ha il Redentor concesso,
64 se non perché; da noi modo tu apprenda,
renduto ha il vostro Orlando al suo Signore come ad Orlando il suo senno si renda.

652
e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse;
67 che 'l vecchio fe' miracolosamente,
Gli è; ver che ti bisogna altro viaggio che, mentre lo passar, non era ardente.
far meco, e tutta abbandonar la terra.
Nel cerchio de la luna a menar t'aggio, 70
che dei pianeti a noi più; prossima erra, Tutta la sfera varcano del fuoco,
perché; la medicina che può; saggio ed indi vanno al regno de la luna.
rendere Orlando, là; dentro si serra. Veggon per la più; parte esser quel loco
Come la luna questa notte sia come un acciar che non ha macchia alcuna;
sopra noi giunta, ci porremo in via. - e lo trovano uguale, o minor poco
di ciò; ch'in questo globo si raguna,
68 in questo ultimo globo de la terra,
Di questo e d'altre cose fu diffuso mettendo il mar che la circonda e serra.
il parlar de l'apostolo quel giorno.
Ma poi che 'l sol s'ebbe nel mar rinchiuso, 71
e sopra lor levò; la luna il corno, Quivi ebbe Astolfo doppia meraviglia:
un carro apparecchiò;si, ch'era ad uso che quel paese appresso era sì; grande,
d'andar scorrendo per quei cieli intorno: il quale a un picciol tondo rassimiglia
quel già; ne le montagne di Giudea a noi che lo miriam da queste bande;
da' mortali occhi Elia levato avea. e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia,
s'indi la terra e 'l mar ch'intorno spande,
69 discerner vuol; che non avendo luce,
Quattro destrier via più; che fiamma rossi l'imagin lor poco alta si conduce.
al giogo il santo evangelista aggiunse;
e poi che con Astolfo rassettossi, 72
e prese il freno, inverso il ciel li punse. Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
Ruotando il carro, per l'aria levossi, sono là; su, che non son qui tra noi;

653
altri piani, altre valli, altre montagne, 75
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi, Le lacrime e i sospiri degli amanti,
con case de le quai mai le più; magne l'inutil tempo che si perde a giuoco,
non vide il paladin prima né; poi: e l'ozio lungo d'uomini ignoranti,
e vi sono ample e solitarie selve, vani disegni che non han mai loco,
ove le ninfe ognor cacciano belve. i vani desideri sono tanti,
che la più; parte ingombran di quel loco:
73 ciò; che in somma qua giù; perdesti mai,
Non stette il duca a ricercar il tutto; là; su salendo ritrovar potrai.
che là; non era asceso a quello effetto.
Da l'apostolo santo fu condutto 76
in un vallon fra due montagne istretto, Passando il paladin per quelle biche,
ove mirabilmente era ridutto or di questo or di quel chiede alla guida.
ciò; che si perde o per nostro diffetto, Vide un monte di tumide vesiche,
o per colpa di tempo o di Fortuna: che dentro parea aver tumulti e grida;
ciò; che si perde qui, là; si raguna. e seppe ch'eran le corone antiche
e degli Assiri e de la terra lida,
74 e de' Persi e de' Greci, che già; furo
Non pur di regni o di ricchezze parlo, incliti, ed or n'è; quasi il nome oscuro.
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch'in poter di tor, di darlo 77
non ha Fortuna, intender voglio ancora. Ami d'oro e d'argento appresso vede
Molta fama è; là; su, che, come tarlo, in una massa, ch'erano quei doni
il tempo al lungo andar qua giù; divora: che si fan con speranza di mercede
là; su infiniti prieghi e voti stanno, ai re, agli avari principi, ai patroni.
che da noi peccatori a Dio si fanno. Vede in ghirlande ascosi lacci; e chiede,
ed ode che son tutte adulazioni.

654
Di cicale scoppiate imagine hanno alcun, che fatta sia dopo la morte. -
versi ch'in laude dei signor si fanno. Di vari fiori ad un gran monte passa,
ch'ebbe già; buono odore, or putia forte.
78 Questo era il dono (se però; dir lece)
Di nodi d'oro e di gemmati ceppi che Costantino al buon Silvestro fece.
vede c'han forma i mal seguiti amori.
V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi, 81
l'autorità; ch'ai suoi danno i signori. Vide gran copia di panie con visco,
I mantici ch'intorno han pieni i greppi, ch'erano, o donne, le bellezze vostre.
sono i fumi dei principi e i favori Lungo sarà;, se tutte in verso ordisco
che danno un tempo ai ganimedi suoi, le cose che gli fur quivi dimostre;
che se ne van col fior degli anni poi. che dopo mille e mille io non finisco,
e vi son tutte l'occurrenze nostre:
79 sol la pazzia non v'è; poca né; assai;
Ruine di cittadi e di castella che sta qua giù;, né; se ne parte mai.
stavan con gran tesor quivi sozzopra.
Domanda, e sa che son trattati, e quella 82
congiura che sì; mal par che si cuopra. Quivi ad alcuni giorni e fatti sui,
Vide serpi con faccia di donzella, ch'egli già; avea perduti, si converse;
di monetieri e di ladroni l'opra: che se non era interprete con lui,
poi vide bocce rotte di più; sorti, non discernea le forme lor diverse.
ch'era il servir de le misere corti. Poi giunse a quel che par sì; averlo a nui,
che mai per esso a Dio voti non ferse;
80 io dico il senno: e n'era quivi un monte,
Di versate minestre una gran massa solo assai più; che l'altre cose conte.
vede, e domanda al suo dottor ch'importe.
- L'elemosina è; (dice) che si lassa 83

655
Era come un liquor suttile e molle, e di poeti ancor ve n'era molto.
atto a esalar, se non si tien ben chiuso;
e si vedea raccolto in varie ampolle, 86
qual più;, qual men capace, atte a quell'uso. Astolfo tolse il suo; che gliel concesse
Quella è; maggior di tutte, in che del folle lo scrittor de l'oscura Apocalisse.
signor d'Anglante era il gran senno infuso; L'ampolla in ch'era al naso sol si messe,
e fu da l'altre conosciuta, quando e par che quello al luogo suo ne gisse:
avea scritto di fuor: Senno d'Orlando. e che Turpin da indi in qua confesse
ch'Astolfo lungo tempo saggio visse;
84 ma ch'uno error che fece poi, fu quello
E così; tutte l'altre avean scritto anco ch'un'altra volta gli levò; il cervello.
il nome di color di chi fu il senno.
Del suo gran parte vide il duca franco; 87
ma molto più; maravigliar lo fenno La più; capace e piena ampolla, ov'era
molti ch'egli credea che dramma manco il senno che solea far savio il conte,
non dovessero averne, e quivi dé;nno Astolfo tolle; e non è; sì; leggiera,
chiara notizia che ne tenean poco; come stimò;, con l'altre essendo a monte.
che molta quantità; n'era in quel loco. Prima che 'l paladin da quella sfera
piena di luce alle più; basse smonte,
85 menato fu da l'apostolo santo
Altri in amar lo perde, altri in onori, in un palagio ov'era un fiume a canto;
altri in cercar, scorrendo il mar, ricchezze;
altri ne le speranze de' signori, 88
altri dietro alle magiche sciocchezze; ch'ogni sua stanza avea piena di velli
altri in gemme, altri in opre di pittori, di lin, di seta, di coton, di lana,
ed altri in altro che più; d'altro aprezze. tinti in vari colori e brutti e belli.
Di sofisti e d'astrologhi raccolto, Nel primo chiostro una femina cana

656
fila a un aspo traea da tutti quelli, in aspo, e scelti a farne altro lavoro,
come veggià;n l'estate la villana erano in brevi piastre i nomi impressi,
traer dai bachi le bagnate spoglie, altri di ferro, altri d'argento o d'oro:
quando la nuova seta si raccoglie. e poi fatti n'avean cumuli spessi,
de' quali, senza mai farvi ristoro,
89 portarne via non si vedea mai stanco
V'è; chi, finito un vello, rimettendo un vecchio, e ritornar sempre per anco.
ne viene un altro, e chi ne porta altronde:
un'altra de le filze va scegliendo 92
il bel dal brutto che quella confonde. Era quel vecchio sì; espedito e snello,
- Che lavor si fa qui, ch'io non l'intendo? - che per correr parea che fosse nato;
dice a Giovanni Astolfo; e quel risponde: e da quel monte il lembo del mantello
- Le vecchie son le Parche, che con tali portava pien del nome altrui segnato.
stami filano vite a voi mortali. Ove n'andava, e perché; facea quello,
ne l'altro canto vi sarà; narrato,
90 se d'averne piacer segno farete
Quanto dura un de' velli, tanto dura con quella grata udienza che solete.
l'umana vita, e non di più; un momento.
Qui tien l'occhio e la Morte e la Natura,
per saper l'ora ch'un debba esser spento. CANTO TRENTACINQUESIMO
Sceglier le belle fila ha l'altra cura,
perché; si tesson poi per ornamento
del paradiso; e dei più; brutti stami 1
si fan per li dannati aspri legami. - Chi salirà; per me, madonna, in cielo
a riportarne il mio perduto ingegno?
91 che, poi ch'uscì; da' bei vostri occhi il telo
Di tutti i velli ch'erano già; messi che 'l cor mi fisse, ognor perdendo vegno.

657
Né; di tanta iattura mi querelo, che tra infiniti paragon non ebbe;
pur che non cresca, ma stia a questo segno; e di sapere alto disio gli nacque,
ch'io dubito, se più; si va scemando, quando sarà; tal vita, e a chi si debbe.
di venir tal, qual ho descritto Orlando. L'evangelista nulla gliene tacque:
che venti anni principio prima avrebbe
2 che col .M. e col .D. fosse notato
Per riaver l'ingegno mio m'è; aviso l'anno corrente dal Verbo incarnato,
che non bisogna che per l'aria io poggi
nel cerchio de la luna o in paradiso; 5
che 'l mio non credo che tanto alto alloggi. E come di splendore e di beltade
Ne' bei vostri occhi e nel sereno viso, quel vello non avea simile o pare,
nel sen d'avorio e alabastrini poggi così; saria la fortunata etade
se ne va errando; ed io con queste labbia che dovea uscirne al mondo singulare;
lo corrò;, se vi par ch'io lo riabbia. perché; tutte le grazie inclite e rade
ch'alma Natura, o proprio studio dare,
3 o benigna Fortuna ad uomo puote,
Per gli ampli tetti andava il paladino avrà; in perpetua ed infallibil dote.
tutte mirando le future vite,
poi ch'ebbe visto sul fatal molino 6
volgersi quelle ch'erano già; ordite: - Del re de' fiumi tra l'altiere corna
e scorse un vello che più; che d'or fino or siede umil (diceagli) e piccol borgo:
splender parea; né; sarian gemme trite, dinanzi il Po, di dietro gli soggiorna
s'in filo si tirassero con arte, d'alta palude un nebuloso gorgo;
da comparargli alla millesma parte. che, volgendosi gli anni, la più; adorna
di tutte le città; d'Italia scorgo,
4 non pur di mura e d'ampli tetti regi,
Mirabilmente il bel vello gli piacque, ma di bei studi e di costumi egregi.

658
saran gli studi; e s'io vorrò; narrar li
7 alti suoi merti, al fin son sì; lontano,
Tanta esaltazione e così; presta, ch'Orlando il senno aspetterebbe invano. -
non fortuì;ta o d'aventura casca;
ma l'ha ordinata il ciel, perché; sia questa 10
degna in che l'uom di ch'io ti parlo, nasca: Così; venì;a l'imitator di Cristo
che, dove il frutto ha da venir, s'inesta ragionando col duca: e poi che tutte
e con studio si fa crescer la frasca; le stanze del gran luogo ebbono visto,
e l'artefice l'oro affinar suole, onde l'umane vite eran condutte,
in che legar gemma di pregio vuole. sul fiume usciro, che d'arena misto
con l'onde discorrea turbide e brutte;
8 e vi trovar quel vecchio in su la riva,
Né; sì; leggiadra né; sì; bella veste che con gl'impressi nomi vi veniva.
unque ebbe altr'alma in quel terrestre regno;
e raro è; sceso e scenderà; da queste 11
sfere superne un spirito sì; degno, Non so se vi sia a mente, io dico quello
come per farne Ippolito da Este ch'al fin de l'altro canto vi lasciai,
n'have l'eterna mente alto disegno. vecchio di faccia, e sì; di membra snello,
Ippolito da Este sarà; detto che d'ogni cervio è; più; veloce assai.
l'uom a chi Dio sì; ricco dono ha eletto. Degli altrui nomi egli si empì;a il mantello;
scemava il monte, e non finiva mai:
9 ed in quel fiume che Lete si noma,
Quegli ornamenti che divisi in molti, scarcava, anzi perdea la ricca soma.
a molti basterian per tutti ornarli,
in suo ornamento avrà; tutti raccolti 12
costui, di c'hai voluto ch'io ti parli. Dico che, come arriva in su la sponda
Le virtudi per lui, per lui soffolti del fiume, quel prodigo vecchio scuote

659
il lembo pieno, e ne la turbida onda 15
tutte lascia cader l'impresse note. Così; contra i pensieri empi e maligni
Un numer senza fin se ne profonda, del vecchio che donar li vorria al fiume,
ch'un minimo uso aver non se ne puote; alcuno ne salvan gli augelli benigni:
e di cento migliaia che l'arena tutto l'avanzo oblivion consume.
sul fondo involve, un se ne serva a pena. Or se ne van notando i sacri cigni,
ed or per l'aria battendo le piume,
13 fin che presso alla ripa del fiume empio
Lungo e d'intorno quel fiume volando trovano un colle, e sopra il colle un tempio.
givano corvi ed avidi avoltori,
mulacchie e vari augelli, che gridando 16
facean discordi strepiti e romori; All'Inmmortalitade il luogo è; sacro,
ed alla preda correan tutti, quando ove una bella ninfa giù; del colle
sparger vedean gli amplissimi tesori: viene alla ripa del leteo lavacro,
e chi nel becco, e chi ne l'ugna torta e di bocca dei cigni i nomi tolle;
ne prende; ma lontan poco li porta. e quelli affige intorno al simulacro
ch'in mezzo il tempio una colonna estolle,
14 quivi li sacra, e ne fa tal governo,
Come vogliono alzar per l'aria i voli, che vi si pôn veder tutti in eterno.
non han poi forza che 'l peso sostegna;
sì; che convien che Lete pur involi 17
de' ricchi nomi la memoria degna. Chi sia quel vecchio, e perché; tutti al rio
Fra tanti augelli son duo cigni soli, senza alcun frutto i bei nomi dispensi,
bianchi, Signor, come è; la vostra insegna, e degli augelli, e di quel luogo pio
che vengon lieti riportando in bocca onde la bella ninfa al fiume viensi,
sicuramente il nome che lor tocca. aveva Astolfo di saper desio
i gran misteri e gl'incogniti sensi;

660
e domandò; di tutte queste cose de l'acqua i nomi che veggion più; belli:
l'uomo di Dio, che così; gli rispose: così; là; giù; ruffiani, adulatori,
buffon, cinedi, accusatori, e quelli
18 che viveno alle corti e che vi sono
- Tu dé;i saper che non si muove fronda più; grati assai che 'l virtuoso e 'l buono,
là; giù; che segno qui non se ne faccia.
Ogni effetto convien che corrisponda 21
in terra e in ciel, ma con diversa faccia. e son chiamati cortigian gentili,
Quel vecchio, la cui barba il petto inonda, perché; sanno imitar l'asino e 'l ciacco;
veloce sì; che mai nulla l'impaccia, de' lor signor, tratto che n'abbia i fili
gli effetti pari e la medesima opra la giusta Parca, anzi Venere e Bacco,
che 'l Tempo fa là; giù;, fa qui di sopra. questi di ch'io ti dico, inerti e vili,
nati solo ad empir di cibo il sacco,
19 portano in bocca qualche giorno il nome;
Volte che son le fila in su la ruota, poi ne l'oblio lascian cader le some.
là; giù; la vita umana arriva al fine.
La fama là;, qui ne riman la nota; 22
ch'immortali sariano ambe e divine, Ma come i cigni che cantando lieti
se non che qui quel da la irsuta gota, rendeno salve le medaglie al tempio,
e là; giù; il Tempo ognor ne fa rapine. così; gli uomini degni da' poeti
Questi le getta, come vedi, al rio; son tolti da l'oblio, più; che morte empio.
e quel l'immerge ne l'eterno oblio. Oh bene accorti principi e discreti,
che seguite di Cesare l'esempio,
20 e gli scrittor vi fate amici, donde
E come qua su i corvi e gli avoltori non avete a temer di Lete l'onde!
e le mulacchie e gli altri varii augelli
s'affaticano tutti per trar fuori 23

661
Son, come i cigni, anco i poeti rari, da l'onorate man degli scrittori.
poeti che non sian del nome indegni;
sì; perché; il ciel degli uomini preclari 26
non pate mai che troppa copia regni, Non fu sì; santo né; benigno Augusto
sì; per gran colpa dei signori avari come la tuba di Virgilio suona.
che lascian mendicare i sacri ingegni; L'aver avuto in poesia buon gusto
che le virtù; premendo, ed esaltando la proscrizion iniqua gli perdona.
i vizi, caccian le buone arti in bando. Nessun sapria se Neron fosse ingiusto,
né; sua fama saria forse men buona,
24 avesse avuto e terra e ciel nimici,
Credi che Dio questi ignoranti ha privi se gli scrittor sapea tenersi amici.
de lo 'ntelletto, e loro offusca i lumi;
che de la poesia gli ha fatto schivi, 27
acciò; che morte il tutto ne consumi. Omero Agamennò;n vittorioso,
Oltre che del sepolcro uscirian vivi, e fe' i Troian parer vili ed inerti;
ancor ch'avesser tutti i rei costumi, e che Penelopea fida al suo sposo
pur che sapesson farsi amica Cirra, dai Prochi mille oltraggi avea sofferti.
più; grato odore avrian che nardo o mirra. E se tu vuoi che 'l ver non ti sia ascoso,
tutta al contrario l'istoria converti:
25 che i Greci rotti, e che Troia vittrice,
Non sì; pietoso Enea, né; forte Achille e che Penelopea fu meretrice.
fu, come è; fama, né; sì; fiero Ettorre;
e ne son stati e mille a mille e mille 28
che lor si puon con verità; anteporre: Da l'altra parte odi che fama lascia
ma i donati palazzi e le gran ville Elissa, ch'ebbe il cor tanto pudico;
dai descendenti lor, gli ha fatto porre che riputata viene una bagascia,
in questi senza fin sublimi onori solo perché; Maron non le fu amico.

662
Non ti maravigliar ch'io n'abbia ambascia, Astolfo ormai, ch'io voglio far un salto,
e se di ciò; diffusamente io dico. quanto sia in terra a venir fin dal cielo;
Gli scrittori amo, e fo il debito mio; ch'io non posso più; star su l'ali in alto.
ch'al vostro mondo fui scrittore anch'io. Torno alla donna a cui con grave telo
mosso avea gelosia crudele assalto.
29 Io la lasciai ch'avea con breve guerra
E sopra tutti gli altri io feci acquisto tre re gittati, un dopo l'altro, in terra;
che non mi può; levar tempo né; morte:
e ben convenne al mio lodato Cristo 32
rendermi guidardon di sì; gran sorte. e che giunta la sera ad un castello
Duolmi di quei che sono al tempo tristo, ch'alla via di Parigi si ritrova,
quando la cortesia chiuso ha le porte; d'Agramante, che rotto dal fratello
che con pallido viso e macro e asciutto s'era ridotto in Arli, ebbe la nuova.
la notte e 'l dì; vi picchian senza frutto. Certa che 'l suo Ruggier fosse con quello,
tosto ch'apparve in ciel la luce nuova,
30 verso Provenza, dove ancora intese
Sì; che continuando il primo detto, che Carlo lo seguia, la strada prese.
sono i poeti e gli studiosi pochi;
che dove non han pasco né; ricetto, 33
insin le fere abbandonano i lochi. - Verso Provenza per la via più; dritta
Così; dicendo il vecchio benedetto andando, s'incontrò; in una donzella,
gli occhi infiammò;, che parveno duo fuochi; ancor che fosse lacrimosa e afflitta,
poi volto al duca con un saggio riso bella di faccia e di maniere bella.
tornò; sereno il conturbato viso. Questa era quella sì; d'amor traffitta
per lo figliuol di Monodante, quella
31 donna gentil ch'avea lasciato al ponte
Resti con lo scrittor de l'evangelo l'amante suo prigion di Rodomonte.

663
possa io trovare un ch'a colui resista,
34 e sappia tanto d'arme e di battaglia,
Ella venì;a cercando un cavalliero, che 'l fiume e 'l ponte al pagan poco vaglia.
ch'a far battaglia usato, come lontra,
in acqua e in terra fosse, e così; fiero, 37
che lo potesse al pagan porre incontra. Oltre che tu farai quel che conviensi
La sconsolata amica di Ruggiero, ad uom cortese e a cavalliero errante,
come quest'altra sconsolata incontra, in beneficio il tuo valor dispensi
cortesemente la saluta, e poi del più; fedel d'ogni fedele amante.
le chiede la cagion dei dolor suoi. De l'altre sue virtù; non appertiensi
a me narrar; che sono tante e tante,
35 che chi non n'ha notizia, si può; dire
Fiordiligi lei mira, e veder parle che sia del veder privo e de l'udire. -
un cavallier ch'al suo bisogno fia;
e comincia del ponte a ricontarle, 38
ove impedisce il re d'Algier la via; La magnanima donna, a cui fu grata
e ch'era stato appresso di levarle sempre ogni impresa che può; farla degna
l'amante suo: non che più; forte sia; d'esser con laude e gloria nominata,
ma sapea darsi il Saracino astuto subito al ponte di venir disegna:
col ponte stretto e con quel fiume aiuto. ed ora tanto più;, ch'è; disperata,
vien volentier, quando anco a morir vegna;
36 che credendosi, misera! esser priva
- Se sei (dicea) sì; ardito e sì; cortese, del suo Ruggiero, ha in odio d'esser viva.
come ben mostri l'uno e l'altro in vista,
mi vendica, per Dio, di chi mi prese 39
il mio signore, e mi fa gir sì; trista; - Per quel ch'io vaglio, giovane amorosa
o consigliami almeno in che paese (rispose Bradamante), io m'offerisco

664
di far l'impresa dura e perigliosa, 42
per altre cause ancor, ch'io preterisco; - Perché; vuoi tu, bestial, che gli innocenti
ma più;, che del tuo amante narri cosa facciano penitenza del tuo fallo?
che narrar di pochi uomini avvertisco, Del sangue tuo placar costei convienti:
che sia in amor fedel; ch'a fé; ti giuro tu l'uccidesti, e tutto 'l mondo sallo.
ch'in ciò; pensai ch'ognun fosse pergiuro. - Sì; che di tutte l'arme e guernimenti
di tanti che gittati hai da cavallo,
40 oblazione e vittima più; accetta
Con un sospir quest'ultime parole avrà;, ch'io te l'uccida in sua vendetta.
finì;, con un sospir ch'uscì; dal core;
poi disse: - Andiamo; - e nel seguente sole 43
giunsero al fiume, al passo pien d'orrore. E di mia man le fia più; grato il dono,
Scoperte da la guardia che vi suole quando, come ella fu, son donna anch'io:
farne segno col corno al suo signore, né; qui venuta ad altro effetto sono,
il pagan s'arma; e quale è; 'l suo costume, ch'a vendicarla; e questo sol disio.
sul ponte s'apparecchia in ripa al fiume: Ma far tra noi prima alcun patto è; buono,
che 'l tuo valor si compari col mio.
41 S'abbattuta sarò;, di me farai
e come vi compar quella guerriera, quel che degli altri tuoi prigion fatt'hai:
di porla a morte subito minaccia,
quando de l'arme e del destrier su ch'era, 44
al gran sepolcro oblazion non faccia. ma s'io t'abbatto, come io credo e spero,
Bradamante che sa l'istoria vera, guadagnar voglio il tuo cavallo e l'armi,
come per lui morta Issabella giaccia, e quelle offerir sole al cimitero,
che Fiordiligi detto le l'avea, e tutte l'altre distaccar da' marmi;
al Saracin superbo rispondea: e voglio che tu lasci ogni guerriero. -
Rispose Rodomonte: - Giusto parmi

665
che sia come tu di'; ma i prigion darti che fece d'ira, più; che d'altro, segno,
già; non potrei, ch'io non gli ho in queste parti. la donna, né; rispose a quel superbo;
ma tornò; in capo al ponticel di legno,
45 spronò; il cavallo, e con la lancia d'oro
Io gli ho al mio regno in Africa mandati: venne a trovar quell'orgoglioso Moro.
ma ti prometto, e ti do ben la fede,
che se m'avvien per casi inopinati 48
che tu stia in sella e ch'io rimanga a piede, Rodomonte alla giostra s'apparecchia:
farò; che saran tutti liberati viene a gran corso; ed è; sì; grande il suono
in tanto tempo quanto si richiede che rende il ponte, ch'intronar l'orecchia
di dare a un messo ch'in fretta si mandi può; forse a molti che lontan ne sono.
e far quel che, s'io perdo, mi commandi. La lancia d'oro fe' l'usanza vecchia;
che quel pagan, sì; dianzi in giostra buono,
46 levò; di sella, e in aria lo sospese,
Ma s'a te tocca star di sotto, come indi sul ponte a capo in giù; lo stese.
piu si conviene, e certo so che fia,
non vo' che lasci l'arme, né; il tuo nome, 49
come di vinta, sottoscritto sia: Nel trapassar ritrovò; a pena loco
al tuo bel viso, a' begli occhi, alle chiome, ove entrar col destrier quella guerriera;
che spiran tutti amore e leggiadria, e fu a gran risco, e ben vi mancò; poco,
voglio donar la mia vittoria; e basti ch'ella non traboccò; ne la riviera:
che ti disponga amarmi, ove m'odiasti. ma Rabicano, il quale il vento e 'l fuoco
concetto avean, sì; destro ed agil era,
47 che nel margine estremo trovò; strada;
Io son di tal valor, son di tal nerbo, e sarebbe ito anco su 'n fil di spada.
ch'aver non dé;i d'andar di sotto a sdegno. -
Sorrise alquanto, ma d'un riso acerbo 50

666
Ella si volta, e contra l'abbattuto non levò; il resto, e non lasciò; levarlo.
pagan ritorna; e con leggiadro motto:
- Or puoi (disse) veder chi abbia perduto, 53
e a chi di noi tocchi di star di sotto. - Oltr'a quel del figliuol di Monodante,
Di maraviglia il pagan resta muto, v'è; quel di Sansonetto e d'Oliviero,
ch'una donna a cader l'abbia condotto; che per trovare il principe d'Anglante,
e far risposta non poté; o non volle, quivi condusse il più; dritto sentiero.
e fu come uom pien di stupore e folle. Quivi fur presi, e furo il giorno inante
mandati via dal Saracino altiero.
51 Di questi l'arme fe' la donna torre
Di terra si levò; tacito e mesto; da l'alta mole, e chiuder ne la torre.
e poi ch'andato fu quattro o sei passi,
lo scudo e l'elmo, e de l'altre arme il resto 54
tutto si trasse, e gittò; contra i sassi; Tutte l'altre lasciò; pender dai sassi,
e solo e a piè; fu a dileguarsi presto: che fur spogliate ai cavallier pagani.
non che commission prima non lassi V'eran l'arme d'un re, del quale i passi
a un suo scudier, che vada a far l'effetto per Frontalatte mal fur spesi e vani:
dei prigion suoi, secondo che fu detto. io dico l'arme del re de' Circassi,
che dopo lungo errar per colli e piani,
52 venne quivi a lasciar l'altro destriero;
Partissi; e nulla poi più; se n'intese, e poi senz'arme andossene leggiero.
se non che stava in una grotta scura.
Intanto Bradamante avea sospese 55
di costui l'arme all'alta sepoltura, S'era partito disarmato e a piede
e fattone levar tutto l'arnese, quel re pagan dal periglioso ponte,
il qual dei cavallieri, alla scrittura, sì; come gli altri ch'eran di sua fede,
conobbe de la corte esser di Carlo; partir da sé; lasciava Rodomonte.

667
Ma di tornar più; al campo non gli diede spero trovar da gir ne l'altro lito.
il cor; ch'ivi apparir non avria fronte: Mai non mi fermerò; fin ch'io non sia
che per quel che vantossi, troppo scorno venuta al mio signore e mio marito.
gli saria farvi in tal guisa ritorno. Voglio tentar, perché; in prigion non stia,
più; modi e più;; che se mi vien fallito
56 questo che Rodomonte t'ha promesso,
Di pur cercar nuovo desir lo prese ne voglio avere uno ed un altro appresso. -
colei che sol avea fissa nel core.
Fu l'aventura sua, che tosto intese 59
(io non vi saprei dir chi ne fu autore) - Io m'offerisco (disse Bradamante)
ch'ella tornava verso il suo paese: d'accompagnarti un pezzo de la strada,
onde esso, come il punge e sprona Amore, tanto che tu ti vegga Arli davante,
dietro alla pesta subito si pone. ove per amor mio vo' che tu vada
Ma tornar voglio alla figlia d'Amone. a trovar quel Ruggier del re Agramante,
che del suo nome ha piena ogni contrada;
57 e che gli rendi questo buon destriero,
Poi che narrato ebbe con altro scritto onde abbattuto ho il Saracino altiero.
come da lei fu liberato il passo;
a Fiordiligi ch'avea il core afflitto, 60
e tenea il viso lacrimoso e basso, Voglio ch'a punto tu gli dica questo:
domandò; umanamente ov'ella dritto - Un cavallier che di provar si crede,
volea che fosse, indi partendo, il passo. e fare a tutto 'l mondo manifesto
Rispose Fiordiligi: - Il mio camino che contra lui sei mancator di fede;
vo' che sia in Arli al campo saracino, acciò; ti trovi apparecchiato e presto,
questo destrier, perch'io tel dia, mi diede.
58 Dice che trovi tua piastra e tua maglia,
ove navilio e buona compagnia e che l'aspetti a far teco battaglia. -

668
fa l'imbasciata, e il buon Frontin gli rende:
61 indi va, che risposta non aspetta,
Digli questo, e non altro; e se quel vuole ad eseguire il suo bisogno in fretta.
saper da te ch'io son, di' che nol sai. -
Quella rispose umana come suole: 64
- Non sarò; stanca in tuo servizio mai, Ruggier riman confuso e in pensier grande,
spender la vita, non che le parole; e non sa ritrovar capo né; via
che tu ancora per me così; fatto hai. - di saper chi lo sfide, e chi gli mande
Grazie le rende Bradamante, e piglia a dire oltraggio e a fargli cortesia.
Frontino, e le lo porge per la briglia. Che costui senza fede lo domande,
o possa domandar uomo che sia,
62 non sa veder né; imaginare; e prima,
Lungo il fiume le belle e pellegrine ch'ogn'altro sia che Bradamante, istima.
giovani vanno a gran giornate insieme,
tanto che veggono Arli, e le vicine 65
rive odon risonar del mar che freme. Che fosse Rodomonte, era più; presto
Bradamante si ferma alle confine ad aver, che fosse altri, opinione;
quasi de' borghi ed alle sbarre estreme, e perché; ancor da lui debba udir questo,
per dare a Fiordiligi atto intervallo, pensa, né; imaginar può; la cagione.
che condurre a Ruggier possa il cavallo. Fuor che con lui, non sa di tutto 'l resto
del mondo, con chi lite abbia e tenzone.
63 Intanto la donzella di Dordona
Vien Fiordiligi, ed entra nel rastrello, chiede battaglia, e forte il corno suona.
nel ponte e ne la porta; e seco prende
chi le fa compagnia fin all'ostello 66
ove abita Ruggiero, e quivi scende; Vien la nuova a Marsilio e ad Agramante,
e, secondo il mandato, al damigello ch'un cavallier di fuor chiede battaglia.

669
A caso Serpentin loro era avante, 69
ed impetrò; di vestir piastra e maglia, Grandonio di Volterna furibondo,
e promesse pigliar questo arrogante. il più; superbo cavallier di Spagna,
Il popul venne sopra la muraglia; pregando fece sì;, che fu il secondo,
né; fanciullo restò;, né; restò; veglio, ed uscì; con minacce alla campagna.
che non fosse a veder chi fêsse meglio. - Tua cortesia nulla ti vaglia al mondo;
che, quando da me vinto tu rimagna,
67 al mio signor menar preso ti voglio:
Con ricca sopravesta e bello arnese ma qui morrai, s'io posso, come soglio. -
Serpentin da la Stella in giostra venne.
Al primo scontro in terra si distese: 70
il destrier aver parve a fuggir penne. La donna disse lui: - Tua villania
Dietro gli corse la donna cortese, non vo' che men cortese far mi possa,
e per la briglia al Saracin lo tenne, ch'io non ti dica che tu torni pria
e disse: - Monta, e fa che 'l tuo signore che sul duro terren ti doglian l'ossa.
mi mandi un cavallier di te migliore. - Ritorna, e di' al tuo re da parte mia,
che per simile a te non mi son mossa;
68 ma per trovar guerrier che 'l pregio vaglia,
Il re african, ch'era con gran famiglia son qui venuta a domandar battaglia. -
sopra le mura alla giostra vicino,
del cortese atto assai si maraviglia, 71
ch'usato ha la donzella a Serpentino. Il mordace parlare, acre ed acerbo,
- Di ragion può; pigliarlo, e non lo piglia, - gran fuoco al cor del Saracino attizza;
diceva, udendo il popul saracino. sì; che senza poter replicar verbo,
Serpentin giunge, e come ella commanda, volta il destrier con colera e con stizza.
un miglior da sua parte al re domanda. Volta la donna, e contra quel superbo
la lancia d'oro e Rabicano drizza.

670
Come l'asta fatal lo scudo tocca, abbian, cadendo anch'io, questi guerrieri. -
coi piedi al cielo il Saracin trabocca. E poi di tutto quel ch'in giostra s'usa
si messe in punto; e di cento destrieri
72 che tenea in stalla, d'un tolse l'eletta,
Il destrier la magnanima guerriera ch'avea il correre acconcio, e di gran fretta.
gli prese, e disse: - Pur tel prediss'io,
che far la mia imbasciata meglio t'era, 75
che de la giostra aver tanto disio. Contra la donna per giostrar si fece;
Di', al re, ti prego, che fuor de la schiera ma prima salutolla, ed ella lui.
elegga un cavallier che sia par mio; Disse la donna: - Se saper mi lece,
né; voglia con voi altri affaticarme, ditemi in cortesia che siate vui. -
ch'avete poca esperienza d'arme. - Di questo Ferraù; le satisfece,
ch'usò; di rado di celarsi altrui.
73 Ella soggiunse: - Voi già; non rifiuto,
Quei da le mura, che stimar non sanno ma avria più; volentieri altri voluto. -
chi sia il guerriero in su l'arcion sì; saldo,
quei più; famosi nominando vanno, 76
che tremar li fan spesso al maggior caldo. - E chi? - Ferraù; disse. Ella rispose:
Che Brandimarte sia, molti detto hanno: - Ruggiero; - e a pena il poté; proferire,
la più; parte s'accorda esser Rinaldo: e sparse d'un color come di rose
molti su Orlando avrian fatto disegno; la bellissima faccia in questo dire.
ma il suo caso sapean di pietà; degno. Soggiunse al detto poi: - Le cui famose
lode a tal prova m'han fatto venire.
74 Altro non bramo, e d'altro non mi cale,
La terza giostra il figlio di Lanfusa che di provar come egli in giostra vale. -
chiedendo, disse: - Non che vincer speri,
ma perché; di cader più; degna scusa 77

671
Semplicemente disse le parole ch'alla battaglia il cavallier lo chere.
che forse alcuno ha già; prese a malizia.
Rispose Ferraù;: - Prima si vuole 80
provar tra noi chi sa più; di milizia. Ruggier non conoscendo ancor chi fosse
Se di me avvien quel che di molti suole, chi a sfidar lo mandava alla battaglia,
poi verrà; ad emendar la mia tristizia quasi certo di vincere, allegrosse;
quel gentil cavallier che tu dimostri e le piastre arrecar fece e la maglia:
aver tanto desio che teco giostri. - né; l'aver visto alle gravi percosse,
che gli altri sian caduti, il cor gli smaglia.
78 Come s'armasse, e come uscisse, e quanto
Parlando tuttavolta la donzella poi ne seguì;, lo serbo all'altro canto.
teneva la visiera alta dal viso.
Mirando Ferraù; la faccia bella,
si sente rimaner mezzo conquiso, CANTO TRENTASEIESIMO
e taciturno dentro a sé; favella:
- Questo un angel mi par del paradiso;
e ancor che con la lancia non mi tocchi, 1
abbattuto son già; da' suoi begli occhi. - Convien ch'ovunque sia, sempre cortese
sia un cor gentil, ch'esser non può; altrimente;
79 che per natura e per abito prese
Preson del campo; e come agli altri avvenne, quel che di mutar poi non è; possente.
Ferraù; se n'uscì; di sella netto. Convien ch'ovunque sia, sempre palese
Bradamante il destrier suo gli ritenne, un cor villan si mostri similmente.
e disse: - Torna, e serva quel c'hai detto. - Natura inchina al male, e viene a farsi
Ferraù; vergognoso se ne venne, l'abito poi difficile a mutarsi.
e ritrovò; Ruggier ch'era al cospetto
del re Agramante; e gli fece sapere 2

672
Di cortesia, di gentilezza esempi all'alta cortesia che con voi nacque.
fra gli antiqui guerrier si vider molti,
e pochi fra i moderni; ma degli empi 5
costumi avvien ch'assai ne vegga e ascolti Io non parlo di questo né; di tanti
in quella guerra, Ippolito, che i tempi altri lor discortesi e crudeli atti;
di segni ornaste agli nimici tolti, ma sol di quel che trar dai sassi i pianti
e che traeste lor galee captive debbe poter, qual volta se ne tratti:
di preda carche alle paterne rive. quel dì;, Signor, che la famiglia inanti
vostra mandaste là; dove ritratti
3 dai legni lor con importuni auspici
Tutti gli atti crudeli ed inumani s'erano in luogo forte gl'inimici.
ch'usasse mai Tartaro o Turco o Moro,
(non già; con volontà; de' Veneziani, 6
che sempre esempio di giustizia foro), Qual Ettorre ed Enea sin dentro ai flutti,
usaron l'empie e scelerate mani per abbruciar le navi greche, andaro;
di rei soldati, mercenari loro. un Ercol vidi e un Alessandro, indutti
Io non dico or di tanti accesi fuochi da troppo ardir, partirsi a paro a paro,
ch'arson le ville e i nostri ameni lochi: e spronando i destrier, passarci tutti,
e i nemici turbar fin nel riparo,
4 e gir sì; inanzi, ch'al secondo molto
ben che fu quella ancor brutta vendetta, aspro fu il ritornare, e al primo tolto.
massimamente contra voi, ch'appresso
Cesare essendo, mentre Padua stretta 7
era d'assedio, ben sapea che spesso Salvossi il Ferruffin, restò; il Cantelmo.
per voi più; d'una fiamma fu interdetta, Che cor, duca di Sora, che consiglio
e spento il fuoco ancor, poi che fu messo, fu allora il tuo, che trar vedesti l'elmo
da villaggi e da templi, come piacque, fra mille spade al generoso figlio,

673
e menar preso a nave, e sopra un schelmo fra gli antiqui guerrier, di quai li studi
troncargli il capo? Ben mi maraviglio tutti fur gentilezza e cortesia;
che darti morte lo spettacol solo né; dopo la vittoria erano crudi.
non poté;, quanto il ferro a tuo figliuolo. Bradamante non sol non era ria
a quei ch'avea, toccando lor gli scudi,
8 fatto uscir de la sella, ma tenea
Schiavon crudele, onde hai tu il modo appreso loro i cavalli, e rimontar facea.
de la milizia? In qual Scizia s'intende
ch'uccider si debba un, poi che gli è; preso, 11
che rende l'arme, e più; non si difende? Di questa donna valorosa e bella
Dunque uccidesti lui, perché; ha difeso io vi dissi di sopra, che abbattuto
la patria? Il sole a torto oggi risplende, avea Serpentin quel da la Stella,
crudel seculo, poi che pieno sei Grandonio di Volterra e Ferrauto,
di Tiesti, di Tantali e di Atrei. e ciascun d'essi poi rimesso in sella;
e dissi ancor che 'l terzo era venuto,
9 da lei mandato a disfidar Ruggiero,
Festi, barbar crudel, del capo scemo là; dove era stimata un cavalliero.
il più; ardito garzon che di sua etade
fosse da un polo e l'altro, e da l'estremo 12
lito degl'Indi a quello ove il sol cade. Ruggier tenne lo 'nvito allegramente,
Potea in Antropofà;go, in Polifemo e l'armatura sua fece venire.
la beltà; e gli anni suoi trovar pietade; Or mentre che s'armava al re presente,
ma non in te, più; crudo e più; fellone tornaron quei signor di nuovo a dire
d'ogni Ciclope e d'ogni Lestrigone. chi fosse il cavallier tanto eccellente,
che di lancia sapea sì; ben ferire;
10 e Ferraù;, che parlato gli avea,
Simile esempio non credo che sia fu domandato se lo conoscea.

674
quel grande amor che già; per lui sì; l'arse.
13 Di ciò; confuso non si risolveva,
Rispose Ferraù;: - Tenete certo s'incontra uscirle, o pur restar doveva.
che non è; alcun di quei ch'avete detto.
A me parea, ch'il vidi a viso aperto, 16
il fratel di Rinaldo giovinetto: Or quivi ritrovandosi Marfisa,
ma poi ch'io n'ho l'alto valore esperto, che d'uscire alla giostra avea gran voglia,
e so che non può; tanto Ricciardetto, ed era armata, perché; in altra guisa
penso che sia la sua sorella, molto è; raro, o notte o dì;, che tu la coglia;
(per quel ch'io n'odo) a lui simil di volto. sentendo che Ruggier s'arma, s'avisa
che di quella vittoria ella si spoglia
14 se lascia che Ruggiero esca fuor prima:
Ella ha ben fama d'esser forte a pare pensa ire inanzi, e averne il pregio stima.
del suo Rinaldo e d'ogni paladino;
ma, per quanto io ne veggo oggi, mi pare 17
che val più; del fratel, più; del cugino. - Salta a cavallo, e vien spronando in fretta
Come Ruggier lei sente ricordare, ove nel campo la figlia d'Amone
del vermiglio color che 'l matutino con palpitante cor Ruggiero aspetta,
sparge per l'aria, si dipinge in faccia, desiderosa farselo prigione,
e nel cor triema, e non sa che si faccia. e pensa solo ove la lancia metta,
perché; del colpo abbia minor lesione.
15 Marfisa se ne vien fuor de la porta,
A questo annunzio, stimulato e punto e sopra l'elmo una fenice porta;
da l'amoroso stral, dentro infiammarse,
e per l'ossa sentì; tutto in un punto 18
correre un giaccio che 'l timor vi sparse, o sia per sua superbia, dinotando
timor ch'un nuovo sdegno abbia consunto se stessa unica al mondo in esser forte,

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o pur sua casta intenzion lodando 21
di viver sempremai senza consorte. Se bene uso con gli altri cortesia,
La figliuola d'Amon la mira; e quando usar teco, Marfisa, non la voglio,
le fattezze ch'amava non ha scorte, come a colei che d'ogni villania
come si nomi le domanda, ed ode odo che sei dotata e d'ogni orgoglio. -
esser colei che del suo amor si gode; Marfisa a quel parlar fremer s'udia
come un vento marino in uno scoglio.
19 Grida, ma sì; per rabbia si confonde,
o per dir meglio, esser colei che crede che non può; esprimer fuor quel che risponde.
che goda del suo amor, colei che tanto
ha in odio e in ira, che morir si vede, 22
se sopra lei non vendica il suo pianto. Mena la spada, e più; ferir non mira
Volta il cavallo, e con gran furia riede, lei, che 'l destrier, nel petto e ne la pancia:
non per desir di porla in terra, quanto ma Bradamante al suo la briglia gira,
di passarle con l'asta in mezzo il petto, e quel da parte subito si lancia;
e libera restar d'ogni suspetto. e tutto a un tempo con isdegno ed ira
la figliuola d'Amon spinge la lancia,
20 e con quella Marfisa tocca a pena,
Forza è; a Marfisa ch'a quel colpo vada che la fa riversar sopra l'arena.
a provar se 'l terreno è; duro o molle;
e cosa tanto insolita le accada, 23
ch'ella n'è; per venir di sdegno folle. A pena ella fu in terra, che rizzosse,
Fu in terra a pena, che trasse la spada, cercando far con la spada mal'opra.
e vendicar di quel cader si volle. Di nuovo l'asta Bradamante mosse,
La figliuola d'Amon non meno altiera e Marfisa di nuovo andò; sozzopra.
gridò;: - Che fai? tu sei mia prigioniera. Ben che possente Bradamante fosse,
non però; sì; a Marfisa era di sopra,

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che l'avesse ogni colpo riversata; che di Marfisa ben sapea il valore.
ma tal virtù; ne l'asta era incantata. Dubitò;, dico, nel principio, quando
si mosse l'una e l'altra con furore;
24 ma visto poi come successe il fatto,
Alcuni cavallieri in questo mezzo, restò; maraviglioso e stupefatto:
alcuni, dico, de la parte nostra,
se n'erano venuti dove, in mezzo 27
l'un campo e l'altro, si facea la giostra e poi che fin la lite lor non ebbe,
(che non eran lontani un miglio e mezzo), come avean l'altre avute, al primo incontro,
veduta la virtù; che 'l suo dimostra; nel cor profundamente gli ne 'ncrebbe,
il suo che non conoscono altrimente dubbioso pur di qualche strano incontro.
che per un cavallier de la lor gente. De l'una egli e de l'altra il ben vorrebbe;
ch'ama amendue: non che da porre incontro
25 sien questi amori: è; l'un fiamma e furore,
Questi vedendo il generoso figlio l'altro benivolenza più; ch'amore.
di Troiano alle mura approssimarsi,
per ogni caso, per ogni periglio 28
non volse sproveduto ritrovarsi; Partita volentier la pugna avria,
e fe' che molti all'arme dier di piglio, se con suo onor potuto avesse farlo.
e che fuor dei ripari appresentarsi. Ma quei ch'egli avea seco in compagnia,
Tra questi fu Ruggiero, a cui la fretta perché; non vinca la parte di Carlo,
di Marfisa la giostra avea intercetta. che già; lor par che superior ne sia,
saltan nel campo, e vogliono turbarlo.
26 Da l'altra parte i cavallier cristiani
L'inamorato giovene mirando si fanno inanzi, e son quivi alle mani.
stava il successo, e gli tremava il core,
de la sua cara moglie dubitando; 29

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Di qua di là; gridar si sente all'arme, da furore assalita così; disse:
come usati eran far quasi ogni giorno.
Monti chi è; a piè;, chi non è; armato s'arme, 32
alla bandiera ognun faccia ritorno! - Dunque baciar sì; belle e dolce labbia
dicea con chiaro e bellicoso carme deve altra, se baciar non le poss'io?
più; d'una tromba che scorrea d'intorno: Ah non sia vero già; ch'altra mai t'abbia;
e come quelle svegliano i cavalli, che d'altra esser non dé;i, se non sei mio.
svegliano i fanti i timpani e i taballi. Più; tosto che morir sola di rabbia,
che meco di mia man mori, disio;
30 che se ben qui ti perdo, almen l'inferno
La scaramuccia fiera e sanguinosa, poi mi ti renda, e stii meco in eterno.
quanto si possa imaginar, si mesce.
La donna di Dordona valorosa, 33
a cui mirabilmente aggrava e incresce Se tu m'occidi, è; ben ragion che deggi
che quel di ch'era tanto disiosa, darmi de la vendetta anco conforto;
di por Marfisa a morte, non riesce; che voglion tutti gli ordini e le leggi,
di qua di là; si volge e si raggira, che chi dà; morte altrui debba esser morto.
se Ruggier può; veder, per cui sospira. Né; par ch'anco il tuo danno il mio pareggi;
che tu mori a ragione, io moro a torto.
31 Farò; morir chi brama, ohimè;! ch'io muora;
Lo riconosco all'aquila d'argento ma tu, crudel, chi t'ama e chi t'adora.
c'ha nello scudo azzurro il giovinetto.
Ella con gli occhi e col pensiero intento 34
si ferma a contemplar le spalle e 'l petto, Perché; non dé;i tu, mano, essere ardita
le leggiadre fattezze, e 'l movimento d'aprir col ferro al mio nimico il core?
pieno di grazia; e poi con gran dispetto, che tante volte a morte m'ha ferita
imaginando ch'altra ne gioisse, sotto la pace in sicurtà; d'amore,

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ed or può; consentir tormi la vita, si ristringe ne l'arme e ne la sella:
né; pur aver pietà; del mio dolore. la lancia arresta; ma la tien sospesa,
Contra questo empio ardisci, animo forte: piegata in parte ove non nuoccia a quella.
vendica mille mie con la sua morte. - La donna, ch'a ferirlo e a fargli offesa
venì;a con mente di pietà; rubella,
35 non poté; sofferir, come fu appresso,
Gli sprona contra in questo dir, ma prima: di porlo in terra e fargli oltraggio espresso.
- Guardati (grida), perfido Ruggiero:
tu non andrai, s'io posso, de la opima 38
spoglia del cor d'una donzella altiero. - Così; lor lance van d'effetto vote
Come Ruggiero ode il parlare, estima a quello incontro; e basta ben s'Amore
che sia la moglie sua, com'era in vero, con l'un giostra e con l'altro, e gli percuote
la cui voce in memoria sì; bene ebbe, d'una amorosa lancia in mezzo il core.
ch'in mille riconoscer la potrebbe. Poi che la donna sofferir non puote
di far onta a Ruggier, volge il furore
36 che l'arde il petto, altrove; e vi fa cose
Ben pensa quel che le parole denno che saran, fin che giri il ciel, famose.
volere inferir più;; ch'ella l'accusa
che la convenzion ch'insieme fenno, 39
non le osservava: onde per farne iscusa, In poco spazio ne gittò; per terra
di volerle parlar le fece cenno: trecento e più; con quella lancia d'oro.
ma quella già; con la visiera chiusa Ella sola quel dì; vinse la guerra,
venì;a dal dolor spinta e da la rabbia, messe ella sola in fuga il popul Moro.
per porlo, e forse ove non era sabbia. Ruggier di qua di là; s'aggira ed erra
tanto, che se le accosta e dice: - Io moro,
37 s'io non ti parlo: ohimè;! che t'ho fatto io,
Quando Ruggier la vede tanto accesa, che mi debbi fuggire? Odi, per Dio! -

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che gia non pose mente alla scrittura.
40 Ruggier dietro il cavallo affretta e punge
Come ai meridional tiepidi venti, tanto, ch'al bosco e alla donzella giunge.
che spirano dal mare il fiato caldo,
le nievi si disciolveno e i torrenti, 43
e il ghiaccio che pur dianzi era sì; saldo; Ma ritorniamo a Marfisa che s'era
così; a quei prieghi, a quei brevi lamenti in questo mezzo in sul destrier rimessa,
il cor de la sorella di Rinaldo e venì;a per trovar quella guerriera
subito ritornò; pietoso e molle, che l'avea al primo scontro in terra messa:
che l'ira, più; che marmo, indurar volle. e la vide partir fuor de la schiera,
e partir Ruggier vide e seguir essa;
41 né; si pensò; che per amor seguisse,
Non vuol dargli, o non puote, altra risposta; ma per finir con l'arme ingiurie e risse.
ma da traverso sprona Rabicano,
e quanto può; dagli altri si discosta, 44
ed a Ruggiero accenna con la mano. Urta il cavallo, e vien dietro alla pesta
Fuor de la moltitudine in reposta tanto, ch'a un tempo con lor quasi arriva.
valle si trasse, ov'era un piccol piano Quanto sua giunta ad ambi sia molesta,
ch'in mezzo avea un boschetto di cipressi chi vive amando, il sa, senza ch'io 'l scriva.
che parean d'una stampa, tutti impressi. Ma Bradamante offesa più; ne resta,
che colei vede, onde il suo mal deriva.
42 Chi le può; tor che non creda esser vero
In quel boschetto era di bianchi marmi che l'amor ve la sproni di Ruggiero?
fatta di nuovo un'alta sepoltura.
Chi dentro giaccia, era con brevi carmi 45
notato a chi saperlo avesse cura. E perfido Ruggier di nuovo chiama.
Ma quivi giunta Bradamante, parmi - Non ti bastava, perfido (disse ella),

680
che tua perfidia sapessi per fama, 48
se non mi facevi anco veder quella? Ma tarda è; la sua giunta; che si trova
Di cacciarmi da te veggo c'hai brama: Marfisa incontra, e di tanta ira piena
e per sbramar tua voglia iniqua e fella, (poi che s'ha vista alla seconda prova
io vo' morir; ma sforzerommi ancora cader sì; facilmente su l'arena),
che muora meco chi è; cagion ch'io mora. - che pregar nulla, e nulla gridar giova
a Ruggier che di questo avea gran pena:
46 sì; l'odio e l'ira le guerriere abbaglia,
Sdegnosa più; che vipera, si spicca, che fan da disperate la battaglia.
così; dicendo, e va contra Marfisa;
ed allo scudo l'asta sì; le appicca, 49
che la fa a dietro riversare in guisa, A mezzo spada vengono di botto;
che quasi mezzo l'elmo in terra ficca; e per la gran superbia che l'ha accese,
né; si può; dir che sia colta improvisa: van pur inanzi, e si son già; sì; sotto,
anzi fa incontra ciò; che far si puote; ch'altro non puon che venire alle prese.
e pure in terra del capo percuote. Le spade, il cui bisogno era interrotto,
lascian cadere, e cercan nuove offese.
47 Priega Ruggiero e supplica amendue,
La figliuola d'Amon, che vuol morire ma poco frutto han le parole sue.
o dar morte a Marfisa, è; in tanta rabbia,
che non ha mente di nuovo a ferire 50
con l'asta, onde a gittar di nuovo l'abbia; Quando pur vede che 'l pregar non vale,
ma le pensa dal busto dipartire di partirle per forza si dispone:
il capo mezzo fitto ne la sabbia: leva di mano ad amendua il pugnale,
getta da sé; la lancia d'oro, e prende ed al piè; d'un cipresso li ripone.
la spada, e del destrier subito scende. Poi che ferro non han più; da far male,
con prieghi e con minaccie s'interpone:

681
ma tutto è; invan; che la battaglia fanno Atene o Roma o luogo altro del mondo,
a pugni e a calci, poi ch'altro non hanno. che così; a' riguardanti dilettasse,
come dilettò; questo e fu giocondo
51 alla gelosa Bradamante, quando
Ruggier non cessa: or l'una or l'altra prende questo le pose ogni sospetto in bando.
per le man, per le braccia, e la ritira;
e tanto fa, che di Marfisa accende 54
contra di sé;, quanto si può; più;, l'ira. La sua spada avea tolta ella di terra,
Quella che tutto il mondo vilipende, e tratta s'era a riguardar da parte;
alla amicizia di Ruggier non mira. e le parea veder che 'l dio di guerra
Poi che da Bradamante si distacca, fosse Ruggiero alla possanza e all'arte.
corre alla spada, e con Ruggier s'attacca. Una furia infernal quando si sferra
sembra Marfisa, se quel sembra Marte.
52 Vero è; ch'un pezzo il giovene gagliardo
- Tu fai da discortese e da villano, di non far il potere ebbe riguardo.
Ruggiero, a disturbar la pugna altrui;
ma ti farò; pentir con questa mano 55
che vo' che basti a vincervi ambedui. Sapea ben la virtù; de la sua spada;
Cerca Ruggier con parlar molto umano che tante esperienze n'ha già; fatto.
Marfisa mitigar; ma contra lui Ove giunge, convien che se ne vada
la trova in modo disdegnosa e fiera, l'incanto, o nulla giovi, e stia di piatto:
ch'un perder tempo ogni parlar seco era. sì; che ritien che 'l colpo suo non cada
di taglio o punta, ma sempre di piatto.
53 Ebbe a questo Ruggier lunga avvertenza:
All'ultimo Ruggier la spada trasse, ma perdé; pure un tratto la pazienza;
poi che l'ira anco lui fe' rubicondo.
Non credo che spettacolo mirasse 56

682
perché; Marfisa una percossa orrenda gran voce uscir, ch'ogni mortale eccede.
gli mena per dividergli la testa.
Leva lo scudo che 'l capo difenda 59
Ruggiero, e 'l colpo in su l'aquila pesta. Grida la voce orribile: - Non sia
Vieta lo 'ncanto che lo spezzi o fenda; lite tra voi: gli è; ingiusto ed inumano
ma di stordir non però; il braccio resta: ch'alla sorella il fratel morte dia,
e s'avea altr'arme che quelle d'Ettorre, o la sorella uccida il suo germano.
gli potea il fiero colpo il braccio torre: Tu, mio Ruggiero, e tu, Marfisa mia,
credete al mio parlar che non è; vano:
57 in un medesimo utero d'un seme
e saria sceso indi alla testa, dove foste concetti, e usciste al mondo insieme.
disegnò; di ferir l'aspra donzella.
Ruggiero il braccio manco a pena muove, 60
a pena più; sostien l'aquila bella. Concetti foste da Ruggier secondo:
Per questo ogni pietà; da sé; rimuove; vi fu Galaciella genitrice,
par che negli occhi avampi una facella: i cui fratelli avendole dal mondo
e quanto può; cacciar, caccia una punta. cacciato il genitor vostro infelice,
Marfisa, mal per te, se n'eri giunta! senza guardar ch'avesse in corpo il pondo
di voi, ch'usciste pur di lor radice,
58 la fer, perché; s'avesse ad affogare,
Io non vi so ben dir come si fosse: s'un debol legno porre in mezzo al mare.
la spada andò; a ferire in un cipresso,
e un palmo e più; ne l'arbore cacciosse: 61
in modo era piantato il luogo spesso. Ma Fortuna che voi, ben che non nati,
In quel momento il monte e il piano scosse avea già; eletti a gloriose imprese,
un gran tremuoto; e si sentì; con esso fece che 'l legno ai liti inabitati
da quell'avel ch'in mezzo il bosco siede, sopra le Sirti a salvamento scese;

683
ove, poi che nel mondo v'ebbe dati, il tuo maestro Atlante, tu lo sai.
l'anima eletta al paradiso ascese. Di te senti' predir le stelle fisse,
Come Dio volse e fu vostro destino, che tra' cristiani a tradigion morrai;
a questo caso io mi trovai vicino. e perché; il male influsso non seguisse,
tenertene lontan m'affaticai:
62 né; ostare al fin potendo alla tua voglia,
Diedi alla madre sepoltura onesta, infermo caddi, e mi mori' di doglia.
qual potea darsi in sì; deserta arena;
e voi teneri avolti ne la vesta 65
meco portai sul monte di Carena; Ma inanzi a morte, qui dove previdi
e mansueta uscir de la foresta che con Marfisa aver pugna dovevi,
fecie lasciare i figli una leena, feci raccor con infernal sussidi
de le cui poppe dieci mesi e dieci a formar questa tomba i sassi grevi;
ambi nutrir con molto studio feci. ed a Caron dissi con alti gridi:
- Dopo morte non vo' lo spirto levi
63 di questo bosco, fin che non ci giugna
Un giorno che d'andar per la contrada Ruggier con la sorella per far pugna. -
e da la stanza allontanar m'occorse,
vi sopravenne a caso una masnada 66
d'Arabi (e ricordarvene de' forse), Così; lo spirto mio per le belle ombre
che te, Marfisa, tolser ne la strada, ha molti dì; aspettato il venir vostro:
ma non poter Ruggier, che meglio corse. sì; che mai gelosia più; non t'ingombre,
Restai de la tua perdita dolente, o Bradamante, ch'ami Ruggier nostro.
e di Ruggier guardian più; diligente. Ma tempo è; ormai che de la luce io sgombre,
e mi conduca al tenebroso chiostro. -
64 Qui si tacque; e a Marfisa ed alla figlia
Ruggier, se ti guardò;, mentre che visse, d'Amon lasciò; e a Ruggier gran maraviglia.

684
dal mar atroce la misera madre:
67 che se già; l'avea udito da fanciulla,
Riconosce Marfisa per sorella or ne tenea poca memoria o nulla.
Ruggier con molto gaudio, ed ella lui;
e ad abbracciarsi, senza offender quella 70
che per Ruggiero ardea, vanno ambidui: Ruggiero incominciò;, che da' Troiani
e rammentando de l'età; novella per la linea d'Ettorre erano scesi;
alcune cose: i' feci, io dissi, io fui; che poi che Astianatte de le mani
vengon trovando con più; certo effetto, campò; d'Ulisse e da li aguati tesi,
tutto esser ver quel c'ha lo spirto detto. avendo un de' fanciulli coetani
per lui lasciato, uscì; di quei paesi;
68 e dopo un lungo errar per la marina,
Ruggiero alla sorella non ascose venne in Sicilia e dominò; Messina.
quanto avea nel cor fissa Bradamante;
e narrò; con parole affettuose 71
de le obligazion che le avea tante: - I descendenti suoi di qua dal Faro
e non cessò;, ch'in grand'amor compose signoreggiar de la Calabria parte;
le discordie ch'insieme ebbono avante; e dopo più; successioni andaro
e fe', per segno di pacificarsi, ad abitar ne la città; di Marte.
ch'umanamente andaro ad abbracciarsi. Più; d'uno imperatore e re preclaro
fu di quel sangue in Roma e in altra parte,
69 cominciando a Costante e a Costantino,
A domandar poi ritornò; Marfisa sino a re Carlo figlio de Pipino.
chi stato fosse, e di che gente il padre;
e chi l'avesse morto, ed a che guisa, 72
s'in campo chiuso o fra l'armate squadre; Fu Ruggier primo e Gianbaron di questi,
e chi commesso avea che fosse uccisa Buovo, Rambaldo, al fin Ruggier secondo,

685
che fe', come d'Atlante udir potesti, 75
di nostra madre l'utero fecondo. Stava Marfisa con serena fronte
De la progenie nostra i chiari gesti fisa al parlar che 'l suo german facea:
per l'istorie vedrai celebri al mondo. - ed esser scesa da la bella fonte
Seguì; poi, come venne il re Agolante ch'avea sì; chiari rivi, si godea.
con Almonte e col padre d'Agramante; Quindi Mongrana e quindi Chiaramonte
le due progenie derivar sapea,
73 ch'al mondo fu molti e molt'anni e lustri
e come menò; seco una donzella splendide, e senza par d'uomini illustri.
ch'era sua figlia, tanto valorosa,
che molti paladin gittò; di sella; 76
e di Ruggiero al fin venne amorosa, Poi che 'l fratello al fin le venne a dire
e per suo amor del padre fu ribella, che 'l padre d'Agramante e l'avo e 'l zio
e battezzossi, e diventò;gli sposa. Ruggiero a tradigion feron morire,
Narrò; come Beltramo traditore e posero la moglie a caso rio;
per la cognata arse d'incesto amore; non lo poté; più; la sorella udire,
che lo 'nterroppe, e disse: - Fratel mio
74 (salva tua grazia), avuto hai troppo torto
e che la patria e 'l padre e duo fratelli a non ti vendicar del padre morto.
tradì;, così; sperando acquistar lei;
aperse Risa agli nimici, e quelli 77
fer di lor tutti i portamenti rei; Se in Almonte e in Troian non ti potevi
come Agolante e i figli iniqui e felli insanguinar, ch'erano morti inante,
poser Galaciella, che di sei dei figli vendicar tu ti dovevi.
mesi era grave, in mar senza governo, Perché;, vivendo tu, vive Agramante?
quando fu tempestoso al maggior verno. Questa è; una macchia che mai non ti levi
dal viso; poi che dopo offese tante

686
non pur posto non hai questo re a morte, come ebbe poi, tardato troppo avea.
ma vivi al soldo suo ne la sua corte. Ora, essendo Agramante che gli pose
la spada al fianco, farebbe opra rea
78 dandogli morte, e saria traditore;
Io fo ben voto a Dio (ch'adorar voglio che già; tolto l'avea per suo signore.
Cristo Dio vero, ch'adorò; mio padre)
che di questa armatura non mi spoglio, 81
fin che Ruggier non vendico e mia madre. Ben, come a Bradamante già; promesse,
E vo' dolermi, e fin ora mi doglio, promettea a lei di tentare ogni via,
di te, se più; ti veggo fra le squadre tanto ch'occasione, onde potesse
del re Agramante o d'altro signor Moro, levarsi con suo onor, nascer faria.
se non col ferro in man per danno loro. - E se già; fatto non l'avea, non desse
la colpa a lui, m'al re di Tartaria,
79 dal qual ne la battaglia che seco ebbe,
Oh come a quel parlar leva la faccia lasciato fu, come saper si debbe.
la bella Bradamante, e ne gioisce!
E conforta Ruggier che così; faccia 82
come Marfisa sua ben l'ammonisce; Ed ella ch'ogni dì; gli venì;a al letto,
e venga a Carlo, e conoscer si faccia, buon testimon, quanto alcun altro, n'era.
che tanto onora, lauda e riverisce Fu sopra questo assai risposto e detto
del suo padre Ruggier la chiara fama, da l'una e da l'altra inclita guerriera.
ch'ancor guerrier senza alcun par lo chiama. L'ultima conclusion, l'ultimo effetto
è; che Ruggier ritorni alla bandiera
80 del suo signor, fin che cagion gli accada,
Ruggiero accortamente le rispose che giustamente a Carlo se ne vada.
che da principio questo far dovea;
ma per non bene aver note le cose, 83

687
- Lascialo pur andar (dicea Marfisa con somma diligenza e lunga cura
a Bradamante), e non aver timore: le valorose donne, e se con buono
fra pochi giorni io farò; bene in guisa successo n'è; uscit'opra non oscura;
che non gli fia Agramante più; signore. - così; si fosson poste a quelli studi
Così; dice ella, né; però; devisa ch'immortal fanno le mortal virtudi;
quanto di voler fare abbia nel core.
Tolta da lor licenza, al fin Ruggiero 2
per tornare al suo re volgea il destriero; e che per sé; medesime potuto
avesson dar memoria alle sue lode,
84 non mendicar dagli scrittori aiuto,
quando un pianto s'udì; da le vicine ai quali astio ed invidia il cor sì; rode,
valli sonar, che li fe' tutti attenti. che 'l ben che ne puon dir, spesso è; taciuto,
A quella voce fan l'orecchie chine, e 'l mal, quanto ne san, per tutto s'ode;
che di femina par che si lamenti. tanto il lor nome sorgeria, che forse
Ma voglio questo canto abbia qui fine, viril fama a tal grado unqua non sorse.
e di quel che voglio io, siate contenti;
che miglior cose vi prometto dire, 3
s'all'altro canto mi verrete a udire. Non basta a molti di prestarsi l'opra
in far l'un l'altro glorioso al mondo,
ch'anco studian di far che si discuopra
CANTO TRENTASETTESIMO ciò; che le donne hanno fra lor d'immondo.
Non le vorrian lasciar venir di sopra,
e quanto puon, fan per cacciarle al fondo:
1 dico gli antiqui; quasi l'onor debbia
Se, come in acquistar qualch'altro dono d'esse il lor oscurar, come il sol nebbia.
che senza industria non può; dar Natura,
affaticate notte e dì; si sono 4

688
Ma non ebbe e non ha mano né; lingua, gli scrittori bugiardi, invidi ed empi.
formando in voce o discrivendo in carte
(quantunque il mal, quanto può;, accresce e impingua, 7
e minuendo il ben va con ogni arte), Non restate però;, donne, a cui giova
poter però;, che de le donne estingua il bene oprar, di seguir vostra via;
la gloria sì;, che non ne resti parte; né; da vostra alta impresa vi rimuova
ma non già; tal, che presso al segno giunga, tema che degno onor non vi si dia:
né; ch'anco se gli accosti di gran lunga: che, come cosa buona non si trova
che duri sempre, così; ancor né; ria.
5 Se le carte sin qui state e gl'inchiostri
ch'Arpalice non fu, non fu Tomiri, per voi non sono, or sono a' tempi nostri.
non fu chi Turno, non chi Ettor soccorse;
non chi seguita da Sidoni e Tiri 8
andò; per lungo mare in Libia a porse; Dianzi Marullo ed il Pontan per vui
non Zenobia, non quella che gli Assiri, sono, e duo Strozzi, il padre e 'l figlio, stati:
i Persi e gl'Indi con vittoria scorse: c'è; il Bembo, c'è; il Capel, c'è; chi, qual lui
non fur queste e poch'altre degne sole, vediamo, ha tali i cortigian formati:
di cui per arme eterna fama vole. c'è; un Luigi Alaman: ce ne son dui,
di par da Marte e da le Muse amati,
6 ambi del sangue che regge la terra
E di fedeli e caste e sagge e forti che 'l Menzo fende e d'alti stagni serra.
stato ne son, non pur in Grecia e in Roma,
ma in ogni parte ove fra gl'Indi e gli Orti 9
de le Esperide il Sol spiega la chioma: Di questi l'uno, oltre che 'l proprio istinto
de le quai sono i pregi agli onor morti, ad onorarvi e a riverirvi inchina,
sì; ch'a pena di mille una si noma; e far Parnasso risonare e Cinto
e questo, perché; avuto hanno ai lor tempi di vostra laude, e porla al ciel vicina;

689
l'amor, la fede, il saldo e non mai vinto ch'in mezzo a ferri, a fuochi, a navi, a ruote
per minacciar di strazi e di ruina, ha sparso alcun tanto ben scritto foglio,
animo ch'Issabella gli ha dimostro, che 'l vicin fiume invidia aver gli puote.
lo fa, assai più; che di se stesso, vostro: Appresso a questo un Ercol Bentivoglio
fa chiaro il vostro onor con chiare note,
10 e Renato Trivulcio, e 'l mio Guidetto,
sì; che non è; per mai trovarsi stanco e 'l Molza, a dir di voi da Febo eletto.
di farvi onor nei suoi vivaci carmi:
e s'altri vi dà; biasmo, non è; ch'anco 13
sia più; pronto di lui per pigliar l'armi: C'è; 'l duca de' Carnuti Ercol, figliuolo
e non ha il mondo cavallier che manco del duca mio, che spiega l'ali come
la vita sua per la virtù; rispiarmi. canoro cigno, e va cantando a volo,
Dà; insieme egli materia ond'altri scriva, e fin al cielo udir fa il vostro nome.
e fa la gloria altrui, scrivendo, viva. C'è; il mio signor del Vasto, a cui non solo
di dare a mille Atene e a mille Rome
11 di sé; materia basta, ch'anco accenna
Ed è; ben degno che sì; ricca donna, volervi eterne far con la sua penna.
ricca di tutto quel valor che possa
esser fra quante al mondo portin gonna, 14
mai non si sia di sua costanza mossa; Ed oltre a questi ed altri ch'oggi avete,
e sia stata per lui vera colonna, che v'hanno dato gloria e ve la danno,
sprezzando di Fortuna ogni percossa: voi per voi stesse dar ve la potete;
di lei degno egli, e degna ella di lui; poi che molte, lasciando l'ago e 'l panno,
né; meglio s'accoppiaro unque altri dui. son con le Muse a spegnersi la sete
al fonte d'Aganippe andate, e vanno;
12 e ne ritornan tai, che l'opra vostra
Nuovi trofei pon su la riva d'Oglio; è; più; bisogno a noi, ch'a voi la nostra.

690
di ch'io vi parlo, e più; dolcezza spira;
15 e dà; tal forza all'alte sue parole,
Se chi sian queste, e di ciascuna voglio ch'orna a' dì; nostri il ciel d'un altro sole.
render buon conto, e degno pregio darle,
bisognerà; ch'io verghi più; d'un foglio, 18
e ch'oggi il canto mio d'altro non parle: Vittoria è; 'l nome; e ben conviensi a nata
e s'a lodarne cinque o sei ne toglio, fra le vittorie, ed a chi, o vada o stanzi,
io potrei l'altre offendere e sdegnarle. di trofei sempre e di trionfi ornata,
Che farò; dunque? Ho da tacer d'ognuna, la vittoria abbia seco, o dietro o inanzi.
o pur fra tante sceglierne sol una? Questa è; un'altra Artemisia, che lodata
fu di pietà; verso il suo Mausolo; anzi
16 tanto maggior, quanto è; più; assai bell'opra,
Sceglieronne una; e sceglierolla tale, che por sotterra un uom, trarlo di sopra.
che superato avrà; l'invidia in modo,
che nessun'altra potrà; avere a male, 19
se l'altre taccio, e se lei sola lodo. Se Laodamì;a se la moglier di Bruto,
Quest'una ha non pur sé; fatta immortale s'Arria, s'Argia, s'Evadne, e s'altre molte
col dolce stil di che il meglior non odo; meritar laude per aver voluto,
ma può; qualunque di cui parli o scriva, morti i mariti, esser con lor sepolte;
trar del sepolcro, e far ch'eterno viva. quanto onore a Vittoria è; più; dovuto,
che di Lete e del rio che nove volte
17 l'ombre circonda, ha tratto il suo consorte,
Come Febo la candida sorella mal grado de le Parche e de la Morte!
fa più; di luce adorna, e più; la mira,
che Venere o che Maia o ch'altra stella 20
che va col cielo o che da sé; si gira: S'al fiero Achille invidia de la chiara
così; facundia, più; ch'all'altre, a quella meonia tromba il Macedonico ebbe,

691
quanto, invitto Francesco di Pescara, 23
maggior a te, se vivesse or, l'avrebbe! Donne, io conchiudo in somma, ch'ogni etate
che sì; casta mogliere e a te sì; cara molte ha di voi degne d'istoria avute;
canti l'eterno onor che ti si debbe, ma per invidia di scrittori state
e che per lei sì; 'l nome tuo rimbombe, non sete dopo morte conosciute:
che da bramar non hai più; chiare trombe. il che più; non sarà;, poi che voi fate
per voi stesse immortal vostra virtute.
21 Se far le due cognate sapean questo,
Se quanto dir se ne potrebbe, o quanto si sapria meglio ogni lor degno gesto.
io n'ho desir, volessi porre in carte,
ne direi lungamente; ma non tanto, 24
ch'a dir non ne restasse anco gran parte: Di Bradamante e di Marfisa dico,
e di Marfisa e dei compagni intanto le cui vittoriose inclite prove
la bella istoria rimarria da parte, di ritornare in luce m'affatico;
la quale io vi promisi di seguire, ma de le diece mancanmi le nove.
s'in questo canto mi verreste a udire. Queste ch'io so, ben volentieri esplì;co;
sì; perché; ogni bell'opra si de', dove
22 occulta sia, scoprir, sì; perché; bramo
Ora essendo voi qui per ascoltarmi, a voi, donne, aggradir, ch'onoro ed amo.
ed io per non mancar de la promessa,
serberò; a maggior ozio di provarmi 25
ch'ogni laude di lei sia da me espressa; Stava Ruggier, com'io vi dissi, in atto
non perch'io creda bisognar miei carmi di partirsi, ed avea commiato preso,
a chi se ne fa copia da se stessa; e dall'arbore il brando già; ritratto,
ma sol per satisfare a questo mio. che, come dianzi, non gli fu conteso;
c'ho d'onorarla e di lodar, disio. quando un gran pianto, che non lungo tratto
era lontan, lo fe' restar sospeso;

692
e con le donne a quella via si mosse, esser la rosa suol da primavera.
per aiutar, dove bisogno fosse. Riguardò; Bradamante, e manifesto
tosto le fu ch'Ullania una d'esse era,
26 Ullania che da l'Isola Perduta
Spingonsi inanzi, e via più; chiaro il suon ne in Francia messaggera era venuta:
viene, e via più; son le parole intese.
Giunti ne la vallea, trovan tre donne 29
che fan quel duolo, assai strane in arnese; e riconobbe non men l'altre due;
che fin all'ombilico ha lor le gonne che dove vide lei, vide esse ancora.
scorciate non so chi poco cortese: Ma se n'andaron le parole sue
e per non saper meglio elle celarsi, a quella de le tre ch'ella più; onora;
sedeano in terra, e non ardian levarsi. e le domanda chi sì; iniquo fue,
e sì; di legge e di costumi fuora,
27 che quei segreti agli occhi altrui riveli,
Come quel figlio di Vulcan, che venne che, quanto può;, par che Natura celi.
fuor de la polve senza madre in vita,
e Pallade nutrir fe' con solenne 30
cura d'Aglauro, al veder troppo ardita, Ullania che conosce Bradamante,
sedendo, ascosi i brutti piedi tenne non meno ch'alle insegne, alla favella,
su la quadriga da lui prima ordita; esser colei che pochi giorni inante
così; quelle tre giovani le cose avea gittati i tre guerrier di sella,
secrete lor tenean, sedendo, ascose. narra che ad un castel poco distante
una ria gente e di pietà; ribella,
28 oltre all'ingiuria di scorciarle i panni,
Lo spettacolo enorme e disonesto l'avea battuta e fattol'altri danni.
l'una e l'altra magnanima guerriera
fe' del color che nei giardin di Pesto 31

693
Né; le sa dir che de lo scudo sia, l'altra Marfisa, l'altra il buon Ruggiero.
né; dei tre re che per tanti paesi
fatto le avean sì; lunga compagnia: 34
non sa se morti, o sian restati presi; Ullania a Bradamante che la porta,
e dice c'ha pigliata questa via, mostra la via che va al castel più; dritta:
ancor ch'andare a piè; molto le pesi, Bradamante all'incontro lei conforta,
per richiamarsi de l'oltraggio a Carlo, che la vendicherà; di chi l'ha afflitta.
sperando che non sia per tolerarlo. Lascian la valle, e per via lunga e torta
sagliono un colle or a man manca or ritta;
32 e prima il sol fu dentro il mare ascoso,
Alle guerriere ed a Ruggier, che meno che volesser tra via prender riposo.
non han pietosi i cor, ch'audaci e forti,
de' bei visi turbò; l'aer sereno 35
l'udire, e più; il veder sì; gravi torti: Trovaro una villetta che la schena
et obliando ogn'altro affar che avieno, d'un erto colle, aspro a salir, tenea;
e senza che li prieghi o che gli esorti ove ebbon buono albergo e buona cena,
la donna afflitta a far la sua vendetta, quale avere in quel loco si potea.
piglian la via verso quel luogo in fretta. Si mirano d'intorno, e quivi piena
ogni parte di donne si vedea,
33 quai giovani, quai vecchie; e in tanto stuolo
Di commune parer le sopraveste, faccia non v'apparia d'un uomo solo.
mosse da gran bontà;, s'aveano tratte,
cha' ricoprir le parti meno oneste 36
di quelle sventurate assai furo atte. Non più; a Iason di maraviglia denno,
Bradamante non vuol ch'Ullania peste né; agli Argonauti che venian con lui,
le strade a piè;, ch'avea a piede anco fatte, le donne che i mariti morir fenno
e se la leva in groppa del destriero; e i figli e i padri coi fratelli sui,

694
sì; che per tutta l'isola di Lenno a noi due leghe, e dove noi sià;n nate,
di viril faccia non si vider dui; qui ci ha mandato il barbaro in confine,
che Ruggier quivi, e chi con Ruggier era prima di mille scorni ingiuriate;
maraviglia ebbe all'alloggiar la sera. ed ha gli uomini nostri e noi meschine
di morte e d'ogni strazio minacciate,
37 se quelli a noi verranno, o gli fia detto
Fero ad Ullania ed alle damigelle che noi dià;n lor, venendoci, ricetto.
che venivan con lei, le due guerriere
la sera proveder di tre gonnelle, 40
se non così; polite, almeno intere. Nimico è; sì; costui del nostro nome,
A sé; chiama Ruggiero una di quelle che non ci vuol, più; ch'io vi dico, appresso,
donne ch'abitan quivi, e vuol sapere né; ch'a noi venga alcun de' nostri, come
ove gli uomini sian, ch'un non ne vede; l'odor l'ammorbi del femineo sesso.
ed ella a lui questa risposta diede: Già; due volte l'onor de le lor chiome
s'hanno spogliato gli alberi e rimesso,
38 da indi in qua che 'l rio signor vaneggia
- Questa che forse è; maraviglia a voi, in furor tanto: e non è; chi 'l correggia;
che tante donne senza uomini siamo,
è; grave e intolerabil pena a noi, 41
che qui bandite misere viviamo. che 'l populo ha di lui quella paura
E perché; il duro esilio più; ci annoi, che maggior aver può; l'uom de la morte;
padri, figli e mariti, che sì; amiamo, ch'aggiunto al mal voler gli ha la natura
aspro e lungo divorzio da noi fanno, una possanza fuor d'umana sorte.
come piace al crudel nostro tiranno. Il corpo suo di gigantea statura
è; più;, che di cent'altri insieme, forte.
39 Né; pure a noi sue suddite è; molesto,
Da le sue terre, le quai son vicine ma fa alle strane ancor peggio di questo.

695
sempre crudel, sempre inumano e fiero;
42 ma tenne un tempo il cor maligno ascosto,
Se l'onor vostro, e queste tre vi sono né; si lasciò; conoscer così; tosto:
punto care, ch'avete in compagnia,
più; vi sarà; sicuro, utile e buono 45
non gir più; inanzi, e trovar altra via. che mentre duo suoi figli erano vivi,
Questa al castel de l'uom di ch'io ragiono, molto diversi dai paterni stili,
a provar mena la costuma ria ch'amavan forestieri, ed eran schivi
che v'ha posta il crudel con scorno e danno di crudeltade e degli altri atti vili;
di donne e di guerrier che di là; vanno. quivi le cortesie fiorivan, quivi
i bei costumi e l'opere gentili:
43 che 'l padre mai, quantunque avaro fosse,
Marganor il fellon (così; si chiama da quel che lor piacea non li rimosse.
il signore, il tiran di quel castello),
del qual Nerone, o s'altri è; ch'abbia fama 46
di crudeltà;, non fu più; iniquo e fello, Le donne e i cavallier che questa via
il sangue uman, ma 'l feminil più; brama, facean talor, venian sì; ben raccolti,
che 'l lupo non lo brama de l'agnello. che si partian de l'alta cortesia
Fa con onta scacciar le donne tutte dei duo germani inamorati molti.
da lor ria sorte a quel castel condutte. - Amendui questi di cavalleria
parimente i santi ordini avean tolti:
44 Cilandro l'un, l'altro Tanacro detto,
Perché; quell'empio in tal furor venisse, gagliardi, arditi e di reale aspetto.
volson le donne intendere e Ruggiero:
pregar colei, ch'in cortesia seguisse, 47
anzi che cominciasse il conto intero. Ed eran veramente, e sarian stati
- Fu il signor del castel (la donna disse) sempre di laude degni e d'ogni onore,

696
s'in preda non si fossino sì; dati 50
a quel desir che nominiamo amore; Al primo incontro credea porlo in terra,
per cui dal buon sentier fur traviati portar la donna e la vittoria indietro:
al labirinto ed al camin d'errore; ma 'l cavallier, che mastro era di guerra,
e ciò; che mai di buono aveano fatto, l'osbergo gli spezzò; come di vetro.
restò; contaminato e brutto a un tratto. Venne la nuova al padre ne la terra,
che lo fe' riportar sopra un ferè;tro;
48 e ritrovandol morto, con gran pianto
Capitò; quivi un cavallier di corte gli diè; sepulcro agli antiqui avi a canto.
del greco imperator, che seco avea
una sua donna di maniere accorte, 51
bella quanto bramar più; si potea. Né; più; però; né; manco si contese
Cilandro in lei s'inamorò; sì; forte, l'albergo e l'accoglienza a questo e a quello,
che morir, non l'avendo, gli parea: perché; non men Tanacro era cortese,
gli parea che dovesse, alla partita né; meno era gentil di suo fratello.
di lei, partire insieme la sua vita. L'anno medesmo di lontan paese
con la moglie un baron venne al castello,
49 a maraviglia egli gagliardo, ed ella,
E perché; i prieghi non v'avriano loco, quanto si possa dir, leggiadra e bella;
di volerla per forza si dispose.
Armossi, e dal castel lontano un poco, 52
ove passar dovean, cheto s'ascose. né; men che bella, onesta e valorosa,
L'usata audacia e l'amoroso fuoco e degna veramente d'ogni loda:
non gli lasciò; pensar troppo le cose: il cavallier, di stirpe generosa,
sì; che vedendo il cavallier venire, di tanto ardir, quanto più; d'altri s'oda.
l'andò; lancia per lancia ad assalire. E ben conviensi a tal valor, che cosa
di tanto prezzo e sì; eccellente goda.

697
Olindro il cavallier da Lungavilla, che si trovan tra via, messe gli aguati.
la donna nominata era Drusilla. Quivi ad Olindro il dì; le strade rotte,
e chiusi i passi fur da tutti i lati;
53 e ben che fe' lunga difesa e molta,
Non men di questa il giovene Tanacro pur la moglie e la vita gli fu tolta.
arse, che 'l suo fratel di quella ardesse,
che gli fe' gustar fine acerbo ed acro 56
del desiderio ingiusto ch'in lei messe. Ucciso Olindro, ne menò; captiva
Non men di lui di violar del sacro la bella donna, addolorata in guisa,
e santo ospizio ogni ragione ellesse, ch'a patto alcun restar non volea viva,
più; tosto che patir che 'l duro e forte e di grazia chiedea d'essere uccisa.
nuovo desir lo conducesse a morte. Per morir si gittò; giù; d'una riva
che vi trovò; sopra un vallone assisa;
54 e non poté; morir, ma con la testa
Ma perch'avea dinanzi agli occhi il tema rotta rimase, e tutta fiacca e pesta.
del suo fratel che n'era stato morto,
pensa di torla in guisa, che non tema 57
ch'Olindro s'abbia a vendicar del torto. Altrimente Tanacro riportarla
Tosto s'estingue in lui, non pur si scema a casa non poté; che s'una bara.
quella virtù; su che solea star sorto; Fece con diligenza medicarla;
ché; non lo sommergean dei vizi l'acque, che perder non volea preda sì; cara.
de le quai sempre al fondo il padre giacque. E mentre che s'indugia a risanarla,
di celebrar le nozze si prepara:
55 ch'aver sì; bella donna e sì; pudica
Con gran silenzio fece quella notte debbe nome di moglie, e non d'amica.
seco raccor da vent'uomini armati;
e lontan dal castel, fra certe grotte 58

698
Non pensa altro Tanacro, altro non brama, che 'l suo caro marito vendicando?
d'altro non cura, e d'altro mai non parla.
Si vede averla offesa, e se ne chiama 61
in colpa, e ciò; che può;, fa d'emendarla. Ella si mostra tutta lieta, e finge
Ma tutto è; invano: quanto egli più; l'ama, di queste nozze aver sommo disio;
quanto più; s'affatica di placarla, e ciò; che può; indugiarle, a dietro spinge,
tant'ella odia più; lui, tanto è; più; forte, non ch'ella mostri averne il cor restio.
tanto è; più; ferma in voler porlo a morte. Più; de l'altre s'adorna e si dipinge:
Olindro al tutto par messo in oblio.
59 Ma che sian fatte queste nozze vuole,
Ma non però; quest'odio così; ammorza come ne la sua patria far si suole.
la conoscenza in lei, che non comprenda
che, se vuol far quanto disegna, è; forza 62
che simuli, ed occulte insidie tenda; Non era però; ver che questa usanza
e che 'l desir sotto contraria scorza che dir volea, ne la sua patria fosse:
(il quale è; sol come Tanacro offenda) ma, perché; in lei pensier mai non avanza,
veder gli faccia; e che si mostri tolta che spender possa altrove, imaginosse
dal primo amore, e tutto a lui rivolta. una bugia, la qual le diè; speranza
di far morir chi 'l suo signor percosse:
60 e disse di voler le nozze a guisa
Simula il viso pace; ma vendetta de la sua patria, e 'l modo gli devisa.
chiama il cor dentro, e ad altro non attende.
Molte cose rivolge, alcune accetta, 63
altre ne lascia, ed altre in dubbio appende. - La vedovella che marito prende,
Le par che quando essa a morir si metta, deve, prima (dicea) ch'a lui s'appresse,
avrà; il suo intento; e quivi al fin s'apprende. placar l'alma del morto ch'ella offende,
E dove meglio può; morire, o quando, facendo celebrargli offici e messe,

699
in remission de le passate mende, che seco presa, seco era rimasa.
nel tempio ove di quel son l'ossa messe; A sé; chiamolla, e le disse all'orecchia,
e dato fin ch'al sacrificio sia, sì; che non poté; udire uomo di casa:
alla sposa l'annel lo sposo dia: - Un subitano tosco m'apparecchia,
qual so che sai comporre, e me lo invasa;
64 c'ho trovato la via di vita torre
ma ch'abbia in questo mezzo il sacerdote il traditor figliuol di Marganorre.
sul vino ivi portato a tale effetto
appropriate orazion devote, 67
sempre il liquor benedicendo, detto; E me so come, e te salvar non meno:
indi che 'l fiasco in una coppa vote, ma diferisco a dirtelo più; ad agio. -
e dia alli sposi il vino benedetto: Andò; la vecchia, e apparecchiò; il veneno,
ma portare alla sposa il vino tocca, ed acconciollo, e ritornò; al palagio.
ed esser prima a porvi su la bocca. - Di vin dolce di Candia un fiasco pieno
trovò; da por con quel succo malvagio,
65 e lo serbò; pel giorno de le nozze;
Tanacro, che non mira quanto importe ch'omai tutte l'indugie erano mozze.
ch'ella le nozze alla sua usanza faccia,
le dice: - Pur che 'l termine si scorte 68
d'essere insieme, in questo si compiaccia. - Lo statuito giorno al tempio venne,
Né; s'avede il meschin ch'essa la morte di gemme ornata e di leggiadre gonne,
d'Olindro vendicar così; procaccia, ove d'Olindro, come gli convenne,
e sì; la voglia ha in uno oggetto intensa, fatto avea l'arca alzar su due colonne.
che sol di quello, e mai d'altro non pensa. Quivi l'officio si cantò; solenne:
trasseno a udirlo tutti, uomini e donne,
66 e lieto Marganor più; de l'usato,
Avea seco Drusilla una sua vecchia, venne col figlio e con gli amici a lato.

700
che troppo lieve e facil morte fai;
69 che mani e pene io non so sì; nefande,
Tosto ch'al fin le sante esequie foro, che fosson pari al tuo peccato grande.
e fu col tosco il vino benedetto,
il sacerdote in una coppa d'oro 72
lo versò;, come avea Drusilla detto. Mi duol di non vedere in questa morte
Ella ne bebbe quanto al suo decoro il sacrificio mio tutto perfetto:
si conveniva, e potea far l'effetto: che s'io 'l poteva far di quella sorte
poi diè; allo sposo con viso giocondo ch'era il disio, non avria alcun difetto.
il nappo; e quel gli fe' apparire il fondo. Di ciò; mi scusi il dolce mio consorte:
riguardi al buon volere, e l'abbia accetto;
70 che non potendo come avrei voluto,
Renduto il nappo al sacerdote, lieto io t'ho fatto morir come ho potuto.
per abbracciar Drusilla apre le braccia.
Or quivi il dolce stile e mansueto 73
in lei si cangia e quella gran bonaccia. E la punizion che qui, secondo
Lo spinge a dietro, e gli ne fa divieto, il desiderio mio, non posso darti,
e par ch'arda negli occhi e ne la faccia; spero l'anima tua ne l'altro mondo
e con voce terribile e incomposta veder patire; ed io starò; a mirarti. -
gli grida: - Traditor, da me ti scosta! Poi disse, alzando con viso giocondo
i turbidi occhi alle superne parti:
71 - Questa vittima, Olindro, in tua vendetta
Tu dunque avrai da me solazzo e gioia, col buon voler de la tua moglie accetta;
io lagrime da te, martì;ri e guai?
Io vo' per le mie man ch'ora tu muoia: 74
questo è; stato venen, se tu nol sai. ed impetra per me dal Signor nostro
Ben mi duol c'hai troppo onorato boia, grazia, ch'in paradiso oggi io sia teco.

701
Se ti dirà; che senza merto al vostro 77
regno anima non vien, di' ch'io l'ho meco; Amor, pietà;, sdegno, dolore ed ira,
che di questo empio e scelerato mostro disio di morte e di vendetta insieme
le spoglie opime al santo tempio arreco. quell'infelice ed orbo padre aggira,
E che merti esser puon maggior di questi, che, come il mar che turbi il vento, freme.
spegner sì; brutte e abominose pesti? - Per vendicarsi va a Drusilla, e mira
che di sua vita ha chiuse l'ore estreme;
75 e come il punge e sferza l'odio ardente,
Finì; il parlare insieme con la vita; cerca offendere il corpo che non sente.
e morta anco parea lieta nel volto
d'aver la crudeltà; così; punita 78
di chi il caro marito le avea tolto. Qual serpe che ne l'asta ch'alla sabbia
Non so se prevenuta, o se seguita la tenga fissa, indarno i denti metta;
fu da lo spirto di Tanacro sciolto: o qual mastin ch'al ciottolo che gli abbia
fu prevenuta, credo; ch'effetto ebbe gittato il viandante, corra in fretta,
prima il veneno in lui, perché; più; bebbe. e morda invano con stizza e con rabbia,
né; se ne voglia andar senza vendetta:
76 tal Marganor d'ogni mastin, d'ogni angue
Marganor che cader vede il figliuolo, via più; crudel, fa contra il corpo esangue.
e poi restar ne le sue braccia estinto,
fu per morir con lui, dal grave duolo 79
ch'alla sprovista lo trafisse, vinto. E poi che per stracciarlo e farne scempio
Duo n'ebbe un tempo, or si ritrova solo: non si sfoga il fellon né; disacerba,
due femine a quel termine l'han spinto. vien fra le donne di che è; pieno il tempio,
La morte a l'un da l'una fu causata; né; più; l'una de l'altra ci riserba;
e l'altra all'altro di sua man l'ha data. ma di noi fa col brando crudo ed empio
quel che fa con la falce il villan d'erba.

702
Non vi fu alcun ripar, ch'in un momento nol sappia già; chi Marganor n'avisi;
trenta n'uccise, e ne ferì; ben cento. che di multe gravissime puniti
n'ha molti, e molti crudelmente uccisi.
80 Al suo castello ha poi fatto una legge,
Egli da la sua gente è; sì; temuto, di cui peggior non s'ode né; si legge.
ch'uomo non fu ch'ardisse alzar la testa.
Fuggon le donne col popul minuto 83
fuor de la chiesa, e chi può; uscir, non resta. Ogni donna che trovin ne la valle,
Quel pazzo impeto al fin fu ritenuto la legge vuol (ch'alcuna pur vi cade)
dagli amici con prieghi e forza onesta, che percuotan con vimini alle spalle,
e lasciando ogni cosa in pianto al basso, e la faccian sgombrar queste contrade:
fatto entrar ne la rocca in cima al sasso. ma scorciar prima i panni, e mostrar falle
quel che Natura asconde ed Onestade;
81 e s'alcuna vi va, ch'armata scorta
E tuttavia la colera durando, abbia di cavallier, vi resta morta.
di cacciar tutte per partito prese;
poi che gli amici e 'l populo pregando, 84
che non ci uccise a fatto, gli contese: Quelle c'hanno per scorta cavallieri,
e quel medesmo dì; fe' andare un bando, son da questo nimico di pietate,
che tutte gli sgombrassimo il paese; come vittime, tratte ai cimiteri
e darci qui gli piacque le confine. dei morti figli, e di sua man scannate.
Misera chi al castel più; s'avvicine! Leva con ignominia arme e destrieri,
e poi caccia in prigion chi l'ha guidate:
82 e lo può; far; che sempre notte e giorno
Da le mogli così; furo i mariti, si trova più; di mille uomini intorno.
da le madri così; i figli divisi.
S'alcuni sono a noi venire arditi, 85

703
E dir di più; vi voglio ancora, ch'esso, di che parte in arcion, parte a pied'era;
s'alcun ne lascia, vuol che prima giuri
su l'ostia sacra, che 'l femineo sesso 88
in odio avrà; fin che la vita duri. e che traean con lor sopra un cavallo
Se perder queste donne e voi appresso donna ch'al viso aver parea molt'anni,
dunque vi pare, ite a veder quei muri a guisa che si mena un che per fallo
ove alberga il fellone, e fate prova a fuoco o a ceppo o a laccio si condanni:
s'in lui più; forza o crudeltà; si trova. - la qual fu, non ostante l'intervallo,
tosto riconosciuta al viso e ai panni.
86 La riconobber queste de la villa
Così; dicendo, le guerriere mosse esser la cameriera di Drusilla:
prima a pietade, e poscia a tanto sdegno,
che se, come era notte, giorno fosse, 89
sarian corse al castel senza ritegno. la cameriera che con lei fu presa
La bella compagnia quivi pososse; dal rapace Tanacro, come ho detto,
e tosto che l'Aurora fece segno ed a chi fu dipoi data l'impresa
che dar dovesse al Sol loco ogni stella, di quel venen che fe' 'l crudele effetto.
ripigliò; l'arme e si rimesse in sella. Non era entrata ella con l'altre in chiesa;
che di quel che seguì; stava in sospetto:
87 anzi in quel tempo, de la villa uscita,
Già; sendo in atto di partir, s'udiro ove esser sperò; salva, era fugita.
le strade risonar dietro le spalle
d'un lungo calpestio, che gli occhi in giro 90
fece a tutti voltar giù; ne la valle. Avuto Marganor poi di lei spia,
E lungi quanto esser potrebbe un tiro la qual s'era ridotta in Ostericche,
di mano, andar per uno istretto calle non ha cessato mai di cercar via
vider da forse venti armati in schiera, come in man l'abbia, acciò; l'abruci o impicche:

704
e finalmente l'Avarizia ria, contra il crudel, per tante colpe, accese,
mossa da doni e da proferte ricche, che di punirlo, mal grado di quanta
ha fatto ch'un baron, ch'assicurata gente egli avea, conclusion si prese.
l'avea in sua terra, a Marganor l'ha data: Ma dargli presta morte troppo santa
pena lor parve e indegna a tante offese;
91 ed era meglio fargliela sentire,
e mandata glie l'ha fin a Costanza fra strazio prolungandola e martì;re.
sopra un somier, come la merce s'usa,
legata e stretta, e toltole possanza 94
di far parole, e in una cassa chiusa: Ma prima liberar la donna è; onesto,
onde poi questa gente l'ha ad istanza che sia condotta da quei birri a morte.
de l'uom ch'ogni pietade ha da sé; esclusa, Lentar di briglia col calcagno presto
quivi condotta con disegno ch'abbia fece a' presti destrier far le vie corte.
l'empio a sfogar sopra di lei sua rabbia. Non ebbon gli assaliti mai di questo
uno incontro più; acerbo né; più; forte;
92 sì; che han di grazia di lasciar gli scudi
Come il gran fiume che di Vesulo esce, e la donna e l'arnese, e fuggir nudi:
quanto più; inanzi e verso il mar discende,
e che con lui Lambra e Ticin si mesce, 95
ed Ada e gli altri onde tributo prende, sì; come il lupo che di preda vada
tanto più; altiero e impetuoso cresce; carco alla tana, e quando più; si crede
così; Ruggier, quante più; colpe intende d'esser sicur, dal cacciator la strada
di Marganor, così; le due guerriere e da' suoi cani attraversar si vede,
se gli fan contra più; sdegnose e fiere. getta la soma, e dove appar men rada
la scura macchia inanzi, affretta il piede.
93 Già; men presti non fur quelli a fuggire,
Elle fur d'odio, elle fur d'ira tanta che li fusson quest'altri ad assalire.

705
ch'un'alta rocca sostenea sul dosso.
96 A quella si drizzar con gran baldanza,
Non pur la donna e l'arme vi lasciaro, ch'esser sapean di Marganor la stanza.
ma de' cavalli ancor lasciaron molti,
e da rive e da grotte si lanciaro, 99
parendo lor così; d'esser più; sciolti. Tosto che son nel borgo, alcuni fanti
Il che alle donne ed a Ruggier fu caro; che v'erano alla guardia de l'entrata,
che tre di quei cavalli ebbono tolti dietro chiudon la sbarra, e già; davanti
per portar quelle tre che 'l giorno d'ieri veggion che l'altra uscita era serrata:
feron sudar le groppe ai tre destrieri. ed ecco Marganorre, e seco alquanti
a piè; e a cavallo, e tutta gente armata;
97 che con brevi parole, ma orgogliose,
Quindi espediti segueno la strada la ria costuma di sua terra espose.
verso l'infame e dispietata villa.
Voglion che seco quella vecchia vada, 100
per veder la vendetta di Drusilla. Marfisa, la qual prima avea composta
Ella che teme che non ben le accada, con Bradamante e con Ruggier la cosa,
lo niega indarno, e piange e grida e strilla; gli spronò; incontro in cambio di risposta;
ma per forza Ruggier la leva in groppa e com'era possente e valorosa,
del buon Frontino, e via con lei galoppa. senza ch'abbassi lancia, o che sia posta
in opra quella spada sì; famosa,
98 col pugno in guisa l'elmo gli martella,
Giunseno in somma onde vedeano al basso che lo fa tramortir sopra la sella.
di molte case un ricco borgo e grosso,
che non serrava d'alcun lato il passo, 101
perché; né; muro intorno avea né; fosso. Con Marfisa la giovane di Francia
Avea nel mezzo un rilevato sasso spinge a un tempo il destrier, né; Ruggier resta

706
ma con tanto valor corre la lancia, 104
che sei, senza levarsela di resta, Non fu già; d'ottener questo fatica;
n'uccide, uno ferito ne la pancia, con quella gente, oltre al timor ch'avea
duo nel petto, un nel collo, un ne la testa: che più; faccia Marfisa che non dica,
nel sesto che fuggia l'asta si roppe, ch'uccider tutti ed abbruciar volea,
ch'entrò; alle schene e riuscì; alle poppe. di Marganorre affatto era nimica
e de la legge sua crudele e rea.
102 Ma 'l populo facea come i più; fanno,
La figliuola d'Amon quanti ne tocca ch'ubbidiscon più; a quei che più; in odio hanno.
con la sua lancia d'or, tanti n'atterra:
fulmine par, che 'l cielo ardendo scocca, 105
che ciò; ch'incontra, spezza e getta a terra. Però; che l'un de l'altro non si fida,
Il popul sgombra, chi verso la rocca, e non ardisce conferir sua voglia,
chi verso il piano; altri si chiude e serra, lo lascian ch'un bandisca, un altro uccida,
chi ne le chiese e chi ne le sue case; a quel l'avere, a questo l'onor toglia.
né;, fuor che morti, in piazza uomo rimase. Ma il cor che tace qui, su nel ciel grida,
fin che Dio e santi alla vendetta invoglia;
103 la qual, se ben tarda a venir, compensa
Marfisa Marganorre avea legato l'indugio poi con punizione immensa.
intanto con le man dietro alle rene,
ed alla vecchia di Drusilla dato, 106
ch'appagata e contenta se ne tiene. Or quella turba d'ira e d'odio pregna
D'arder quel borgo poi fu ragionato, con fatti e con mal dir cerca vendetta:
s'a penitenza del suo error non viene: com'è; in proverbio, ognun corre a far legna
levi la legge ria di Marganorre, all'arbore che 'l vento in terra getta.
e questa accetti, ch'essa vi vuol porre. Sia Marganorre esempio di chi regna;
che chi mal opra, male al fine aspetta.

707
Di vederlo punir de' suoi nefandi né; meno che la vecchia, a vendicarsi;
peccati, avean piacer piccioli e grandi. ma sì; è; il desir d'offenderlo, che manco
viene il potere, e pur vorrian sfogarsi:
107 chi con sassi il percuote, chi con l'unge;
Molti a chi fur le mogli o le sorelle altra lo morde, altra cogli aghi il punge.
o le figlie o le madri da lui morte,
non più; celando l'animo ribelle, 110
correan per dargli di lor man la morte: Come torrente che superbo faccia
e con fatica lo difeser quelle lunga pioggia talvolta o nievi sciolte,
magnanime guerriere e Ruggier forte; va ruinoso, e giù; da' monti caccia
che disegnato avean farlo morire gli arbori e i sassi e i campi e le ricolte;
d'affanno, di disagio e di martire. vien tempo poi, che l'orgogliosa faccia
gli cade, e sì; le forze gli son tolte,
108 ch'un fanciullo, una femina per tutto
A quella vecchia che l'odiava quanto passar lo puote, e spesso a piede asciutto:
femina odiare alcun nimico possa,
nudo in mano lo dier, legato tanto, 111
che non si scioglierà; per una scossa; così; già; fu che Marganorre intorno
ed ella, per vendetta del suo pianto, fece tremar, dovunque udiasi il nome;
gli andò; facendo la persona rossa or venuto è; chi gli ha spezzato il corno
con un stimulo aguzzo ch'un villano, di tanto orgoglio, e sì; le forze dome,
che quivi si trovò;, le pose in mano. che gli puon far sin a' bambini scorno,
chi pelargli la barba e chi le chiome.
109 Quindi Ruggiero e le donzelle il passo
La messaggera e le sue giovani anco, alla rocca voltar, ch'era sul sasso.
che quell'onta non son mai per scordarsi,
non s'hanno più; a tener le mani al fianco, 112

708
La diè; senza contrasto in poter loro il poter dir che le sia fatto a forza.
chi v'era dentro, e così; i ricchi arnesi,
ch'in parte messi a sacco, in parte foro 115
dati ad Ullania ed a' compagni offesi. Prima ch'indi si partan le guerriere,
Ricovrato vi fu lo scudo d'oro, fan venir gli abitanti a giuramento,
e quei tre re ch'avea il tiranno presi, che daranno i mariti alle mogliere
li quai venendo quivi, come parmi de la terra e del tutto il reggimento;
d'avervi detto, erano a piè; senz'armi; e castigato con pene severe
sarà; chi contrastare abbia ardimento.
113 In somma quel ch'altrove è; del marito,
perché; dal dì; che fur tolti di sella che sia qui de la moglie è; statuito.
da Bradamante, a piè; sempre eran iti
senz'arme, in compagnia de la donzella 116
la qual venì;a da sì; lontani liti. Poi si feccion promettere ch'a quanti
Non so se meglio o peggio fu di quella, mai verrian quivi, non darian ricetto,
che di lor armi non fusson guerniti. o fosson cavallieri, o fosson fanti,
Era ben meglio esser da lor difesa; né; 'ntrar li lascerian pur sotto un tetto,
ma peggio assai, se ne perdean l'impresa: se per Dio non giurassino e per santi,
o s'altro giuramento v'è; più; stretto,
114 che sarian sempre de le donne amici,
perché; stata saria, com'eran tutte e dei nimici lor sempre nimici;
quelle ch'armate avean seco le scorte,
al cimitero misere condutte 117
dei due fratelli, e in sacrificio morte. e s'avranno in quel tempo, e se saranno,
Gli è; pur men che morir, mostrar le brutte tardi o più; tosto, mai per aver moglie,
e disoneste parti, duro e forte; che sempre a quelle sudditi saranno,
e sempre questo e ogn'altro obbrobrio amorza e ubbidienti a tutte le lor voglie.

709
Tornar Marfisa, prima ch'esca l'anno, fe' por la legge sua ne la colonna,
disse, e che perdan gli arbori le foglie; contraria a quella che già; v'era incisa
e se la legge in uso non trovasse, a morte ed ignominia d'ogni donna.
fuoco e ruina il borgo s'aspettasse. Da questa compagnia restò; divisa
quella d'Islanda, per rifar la gonna;
118 che comparire in corte obbrobrio stima,
Né; quindi si partir, che de l'immondo se non si veste ed orna come prima.
luogo dov'era, fer Drusilla torre,
e col marito in uno avel, secondo 121
ch'ivi potean più; riccamente porre. Quivi rimase Ullania; e Marganorre
La vecchia facea intanto rubicondo di lei restò; in potere: ed essa poi,
con lo stimulo il dosso a Marganorre: perché; non s'abbia in qualche modo a sciorre,
sol si dolea di non aver tal lena, e le donzelle un'altra volta annoi,
che potesse non dar triegua alla pena. lo fe' un giorno saltar giù; d'una torre,
che non fe' il maggior salto a' giorni suoi.
119 Non più; di lei, né; più; dei suoi si parli,
L'animose guerriere a lato un tempio ma de la compagnia che va verso Arli.
videno quivi una colonna in piazza,
ne la qual fatt'avea quel tiranno empio 122
scriver la legge sua crudele e pazza. Tutto quel giorno, e l'altro fin appresso
Elle, imitando d'un trofeo l'esempio, l'ora di terza andaro; e poi che furo
lo scudo v'attaccaro e la corazza giunti dove in due strade è; il camin fesso
di Marganorre e l'elmo; e scriver fenno (l'una va al campo, e l'altra d'Arli al muro),
la legge appresso, ch'esse al loco denno. tornar gli amanti ad abbracciarsi, e spesso
a tor commiato, e sempre acerbo e duro.
120 Al fin le donne in campo, e in Arli è; gito
Quivi s'indugiar tanto, che Marfisa Ruggiero; ed io il mio canto ho qui finito.

710
d'escusa, ma di laude è; degno ancora;
per salvar, dico, in caso ch'altrimente
CANTO TRENTOTTESIMO facendo, biasmo ed ignominia fôra:
e se la donna fosse renitente
ed ostinata in fargli far dimora,
1 darebbe di sé; indizio e chiaro segno
Cortesi donne, che benigna udienza o d'amar poco o d'aver poco ingegno.
date a' miei versi, io vi veggo al sembiante,
che quest'altra sì; subita partenza 4
che fa Ruggier da la sua fida amante, Che se l'amante de l'amato deve
vi dà; gran noia, e avete displicenza la vita amar più; de la propria, o tanto
poco minor ch'avesse Bradamante; (io parlo d'uno amante a cui non lieve
e fate anco argumento ch'esser poco colpo d'Amor passò; più; là; del manto);
in lui dovesse l'amoroso fuoco. al piacer tanto più;, ch'esso riceve,
l'onor di quello antepor deve, quanto
2 l'onore è; di più; pregio che la vita,
Per ogni altra cagion ch'allontanato ch'a tutti altri piaceri è; preferita.
contra la voglia d'essa se ne fusse,
ancor ch'avesse più; tesor sperato 5
che Creso o Crasso insieme non ridusse, Fece Ruggiero il debito a seguire
io crederia con voi, che penetrato il suo signor, che non se ne potea,
non fosse al cor lo stral che lo percusse; se non con ignominia, dipartire;
ch'un almo gaudio, un così; gran contento che ragion di lasciarlo non avea.
non potrebbe comprare oro né; argento. E s'Almonte gli fe' il padre morire,
tal colpa in Agramante non cadea;
3 ch'in molti effetti avea con Ruggier poi
Pur, per salvar l'onor, non solamente emendato ogni error dei maggior suoi.

711
le venne incontra; né; Ricciardo resta
6 né; Ricciardetto od altri di sua gente,
Farà; Ruggiero il debito a tornare e la raccoglion tutti allegramente.
al suo signore; ed ella ancor lo fece,
che sforzar non lo volse di restare, 9
come potea, con iterata prece. Come s'intese poi che la compagna
Ruggier potrà; alla donna satisfare era Marfisa, in arme sì; famosa,
a un altro tempo, s'or non satisfece: che dal Cataio ai termini di Spagna
ma all'onor, chi gli manca d'un momento, di mille chiare palme iva pomposa;
non può; in cento anni satisfar né; in cento. non è; povero o ricco che rimagna
nel padiglion: la turba disiosa
7 vien quinci e quindi, e s'urta, storpia e preme
Torna Ruggiero in Arli, ove ha ritratta sol per veder sì; bella coppia insieme.
Agramante la gente che gli avanza.
Bradamante e Marfisa, che contratta 10
col parentado avean grande amistanza, A Carlo riverenti appresentarsi.
andaro insieme ove re Carlo fatta Questo fu il primo dì; (scrive Turpino)
la maggior prova avea di sua possanza, che fu vista Marfisa inginocchiarsi;
sperando, o per battaglia o per assedio, che sol le parve il figlio di Pipino
levar di Francia così; lungo tedio. degno, a cui tanto onor dovesse farsi,
tra quanti, o mai nel popul saracino
8 o nel cristiano, imperatori e regi
Di Bradamante, poi che conosciuta per virtù; vide o per ricchezza egregi.
in campo fu, si fe' letizia e festa:
ognun la riverisce e la saluta; 11
ed ella a questo e a quel china la testa. Carlo benignamente la raccolse,
Rinaldo, come udì; la sua venuta, e le uscì; incontra fuor dei padiglioni;

712
e che sedesse a lato suo poi volse 14
sopra tutti re, principi e baroni. Quando nuocer pensai più; alle tue squadre,
Si diè; licenza a chi non se la tolse; io trovo (e come sia dirò; più; adagio)
sì; che tosto restaro in pochi e buoni: che 'l bon Ruggier di Risa fu mio padre,
restaro i paladini e i gran signori; tradito a torto dal fratel malvagio.
la vilipesa plebe andò; di fuori. Portommi in corpo mia misera madre
di là; dal mare, e nacqui in gran disagio.
12 Nutrimmi un mago infin al settimo anno,
Marfisa cominciò; con grata voce: a cui gli Arabi poi rubata m'hanno.
- Eccelso, invitto e glorioso Augusto,
che dal mar Indo alla Tirinzia foce, 15
dal bianco Scita all'Etiope adusto E mi vendero in Persia per ischiava
riverir fai la tua candida croce, a un re che poi cresciuta io posi a morte;
né; di te regna il più; saggio o 'l più; giusto; che mia virginità; tor mi cercava.
tua fama, ch'alcun termine non serra, Uccisi lui con tutta la sua corte;
qui tratto m'ha fin da l'estrema terra. tutta cacciai la sua progenie prava,
e presi il regno; e tal fu la mia sorte,
13 che diciotto anni d'uno o di due mesi
E, per narrarti il ver, sola mi mosse io non passai, che sette regni presi.
invidia, e sol per farti guerra io venni,
acciò; che sì; possente un re non fosse, 16
che non tenesse la legge ch'io tenni. E di tua fama invidiosa, come
Per questo ho fatto le campagne rosse io t'ho già; detto, avea fermo nel core
del cristian sangue; ed altri fieri cenni la grande altezza abbatter del tuo nome:
era per farti da crudel nimica, forse il faceva, o forse era in errore.
se non cadea chi mi t'ha fatto amica. Ma ora avvien che questa voglia dome,
e faccia cader l'ale al mio furore,

713
l'aver inteso, poi che qui son giunta, e molto il padre e molto il suo lignaggio,
come io ti son d'affinità; congiunta. rispose ad ogni parte umanamente,
e mostrò; in fronte aperto il suo coraggio;
17 e conchiuse ne l'ultima parola,
E come il padre mio parente e servo per parente accettarla e per figliuola.
ti fu, ti son parente e serva anch'io:
e quella invidia e quell'odio protervo 20
il qual io t'ebbi un tempo, or tutto oblio; E qui si leva, e di nuovo l'abbraccia,
anzi contra Agramante io lo riservo, e, come figlia, bacia ne la fronte.
e contra ogn'altro che sia al padre o al zio vengono tutti con allegra faccia
di lui stato parente, che fur rei quei di Mongrana e quei di Chiaramonte.
di porre a morte i genitori miei. - Lungo a dir fôra, quanto onor le faccia
Rinaldo, che di lei le prove conte
18 vedute avea più; volte al paragone,
E seguitò;, voler cristiana farsi, quando Albracca assediar col suo girone.
e dopo ch'avrà; estinto il re Agramante,
voler piacendo a Carlo, ritornarsi 21
a battezzare il suo regno in Levante; Lungo a dir fôra, quanto il giovinetto
ed indi contra tutto il mondo armarsi, Guidon s'allegri di veder costei,
ove Macon s'adori e Trivigante; Aquilante e Grifone e Sansonetto
e con promission, ch'ogni suo acquisto ch'alla città; crudel furon con lei;
sia de l'Impero e de la fé; di Cristo. Malagigi e Viviano e Ricciardetto,
ch'all'occision de' Maganzesi rei
19 e di quei venditori empi di Spagna
L'imperator, che non meno eloquente l'aveano avuta sì; fedel compagna.
era, che fosse valoroso e saggio,
molto esaltando la donna eccellente, 22

714
Apparecchiar per lo seguente giorno, al re di Nubia e gli risani gli occhi;
ed ebbe cura Carlo egli medesmo,
che fosse un luogo riccamente adorno, 25
ove prendesse Marfisa battesmo. acciò; per questi e per li primi merti
I vescovi e gran chierici d'intorno, gente gli dia con che Biserta assaglia.
che le leggi sapean del cristianesmo, E come poi quei populi inesperti
fece raccorre, acciò; da lor in tutta armi ed acconci ad uso di battaglia,
la santa fé; fosse Marfisa istrutta. e senza danno passi pei deserti
ove l'arena gli uomini abbarbaglia,
23 a punto a punto l'ordine che tegna,
Venne in pontificale abito sacro tutto il vecchio santissimo gl'insegna.
l'arcivesco Turpino, e battizzolla:
Carlo dal salutifero lavacro 26
con cerimonie debite levolla. Poi lo fe' rimontar su quello alato
Ma tempo è; ormai ch'al capo voto e macro che di Ruggiero, e fu prima d'Atlante.
di senno si soccorra con l'ampolla, Il paladin lasciò;, licenziato
con che dal ciel più; basso ne venì;a da San Giovanni, le contrade sante;
il duca Astolfo sul carro d'Elia. e secondando il Nilo a lato a lato,
tosto i Nubi apparir si vide inante;
24 e ne la terra che del regno è; capo
Sceso era Astolfo dal giro lucente scese da l'aria, e ritrovò; il Senapo.
alla maggiore altezza de la terra,
con la felice ampolla che la mente 27
dovea sanare al gram mastro di guerra. Molto fu il gaudio e molta fu la gioia
Un'erba quivi di virtù; eccellente che portò; a quel signor nel suo ritorno;
mostra Giovanni al duca d'Inghilterra: che ben si raccordava de la noia
con essa vuol ch'al suo ritorno tocchi che gli avea tolta, de l'arpie, d'intorno.

715
Ma poi che la grossezza gli discuoia avea seco arrecato un utre voto,
di quello umor che già; gli tolse il giorno, il qual, mentre ne l'antro oscuro e alpestro,
e che gli rende la vista di prima, affaticato dorme il fiero Noto,
l'adora e cole, e come un Dio sublima: allo spiraglio pon tacito e destro:
ed è; l'aguato in modo al vento ignoto,
28 che, credendosi uscir fuor la dimane,
sì; che non pur la gente che gli chiede preso e legato in quello utre rimane.
per muover guerra al regno di Biserta,
ma centomila sopra gli ne diede, 31
e gli fe' ancor di sua persona offerta. Di tanta preda il paladino allegro,
La gente a pena, ch'era tutta a piede, ritorna in Nubia, e la medesma luce
potea capir ne la campagna aperta; si pone a caminar col popul negro,
che di cavalli ha quel paese inopia, e vettovaglia dietro si conduce.
ma d'elefanti e de camelli copia. A salvamento con lo stuolo integro
verso l'Atlante il glorioso duce
29 pel mezzo vien de la minuta sabbia,
La notte inanzi il dì; che a suo camino senza temer che 'l vento a nuocer gli abbia.
l'esercito di Nubia dovea porse,
montò; su l'ippogrifo il paladino, 32
e verso mezzodì; con fretta corse, E giunto poi di qua dal giogo, in parte
tanto che giunse al monte che l'austrino onde il pian si discuopre e la marina,
vento produce e spira contra l'Orse. Astolfo elegge la più; nobil parte
Trovò; la cava, onde per stretta bocca, del campo, e la meglio atta a disciplina;
quando si desta, il furioso scocca. e qua e là; per ordine la parte
a piè; d'un colle, ove nel pian confina.
30 Quivi la lascia, e su la cima ascende
E come raccordò;gli il suo maestro, in vista d'uom ch'a gran pensieri intende.

716
il re di Fersa e 'l re degli Algazeri,
33 col re Branzardo a guardia del paese:
Poi che, inchinando le ginocchia, fece e questi si fer contra al duca inglese;
al santo suo maestro orazione,
sicuro che sia udita la sua prece, 36
copia di sassi a far cader si pone. prima avendo spacciato un suttil legno,
Oh quanto a chi ben crede in Cristo, lece! ch'a vele e a remi andò; battendo l'ali,
I sassi, fuor di natural ragione ad Agramante aviso, come il regno
crescendo, si vedean venire in giuso, patia dal re de' Nubi oltraggi e mali.
e formar ventre e gambe e collo e muso: Giorno e notte andò; quel senza ritegno,
tanto che giunse ai liti provenzali;
34 e trovò; in Arli il suo re mezzo oppresso,
e con chiari anitrir giù; per quei calli che 'l campo avea di Carlo un miglio appresso.
venian saltando, e giunti poi nel piano
scuotean le groppe, e fatti eran cavalli, 37
chi baio e chi leardo e chi rovano. Sentendo il re Agramante a che periglio,
La turba ch'aspettando ne le valli per guadagnare il regno di Pipino,
stava alla posta, lor dava di mano: lasciava il suo, chiamar fece a consiglio
sì; che in poche ore fur tutti montati; principi e re del popul saracino.
che con sella e con freno erano nati. E poi ch'una o due volte girò; il ciglio
quinci a Marsilio e quindi al re Sobrino,
35 i quai d'ogni altro fur, che vi venisse,
Ottantamila cento e dua in un giorno i duo più; antiqui e saggi, così; disse:
fe', di pedoni, Astolfo cavallieri.
Con questi tutta scorse Africa intorno, 38
facendo prede, incendi e prigionieri. - Quantunque io sappia come mal convegna
Posto Agramante avea fin al ritorno a un capitano dir: non mel pensai,

717
pur lo dirò;; che quando un danno vegna 41
da ogni discorso uman lontano assai, Così; disse Agramante; e volse gli occhi
a quel fallir par che sia escusa degna: al re di Spagna, che gli sedea appresso,
e qui si versa il caso mio; ch'errai come mostrando di voler che tocchi
a lasciar d'arme l'Africa sfornita, di quel c'ha detto, la risposta ad esso.
se da li Nubi esser dovea assalita. E quel, poi che surgendo ebbe i ginocchi
per riverenza, e così; il capo flesso,
39 nel suo onorato seggio si raccolse;
Ma chi pensato avria, fuor che Dio solo, indi la lingua a tai parole sciolse:
a cui non è; cosa futura ignota,
che dovesse venir con sì; gran stuolo 42
a farne danno gente sì; remota? - O bene o mal che la Fama ci apporti,
tra i quali e noi giace l'instabil suolo signor, di sempre accrescere ha in usanza.
di quella arena ognor da' venti mota. Perciò; non sarà; mai ch'io mi sconforti,
Pur è; venuta ad assediar Biserta, o mai più; del dover pigli baldanza
ed ha in gran parte l'Africa deserta. per casi o buoni o rei, che sieno sorti:
ma sempre avrò; di par tema e speranza
40 ch'esser debban minori, e non del modo
Or sopra ciò; vostro consiglio chieggio: ch'a noi per tante lingue venir odo.
se partirmi di qui senza far frutto,
o pur seguir tanto l'impresa deggio, 43
che prigion Carlo meco abbi condutto; E tanto men prestar gli debbo fede,
o come insieme io salvi il nostro seggio, quanto più; al verisimile s'oppone.
e questo imperial lasci distrutto. Or se gli è; verisimile si vede,
S'alcun di voi sa dir, priego nol taccia, ch'abbia con tanto numer di persone
acciò; si trovi il meglio, e quel si faccia. - posto ne la pugnace Africa il piede
un re di sì; lontana regione,

718
traversando l'arene a cui Cambise che fuggiranno nei confini suoi
con male augurio il popul suo commise. questi, o sien Nubi o sieno Arabi ignavi,
ai quali il ritrovarti qui con noi,
44 separato pel mar da la tua terra,
Crederò; ben, che sian gli Arabi scesi ha dato ardir di romperti la guerra.
da le montagne, ed abbian dato il guasto,
e saccheggiato, e morti uomini e presi, 47
ove trovato avran poco contrasto; Or piglia il tempo che, per esser senza
e che Branzardo che di quei paesi il suo nipote Carlo, hai di vendetta:
luogotenente e viceré; è; rimasto, poi ch'Orlando non c'è;, far resistenza
per le decine scriva le migliaia, non ti può; alcun de la nimica setta.
acciò; la scusa sua più; degna paia. Se per non veder lasci, o negligenza,
l'onorata vittoria che t'aspetta,
45 volterà; il calvo, ove ora il crin ne mostra,
Vo' concedergli ancor che sieno i Nubi con molto danno e lunga infamia nostra. -
per miracol dal ciel forse piovuti:
o forse ascosi venner ne le nubi; 48
poi che non fur mai per camin veduti. Con questo ed altri detti accortamente
Temi tu che tal gente Africa rubi, l'Ispano persuader vuol nel concilio
se ben di più; soccorso non l'aiuti? che non esca di Francia questa gente,
Il tuo presidio avria ben trista pelle, fin che Carlo non sia spinto in esilio.
quando temesse un populo sì; imbelle. Ma il re Sobrin, che vide apertamente
il camino a che andava il re Marsilio,
46 che più; per l'util proprio queste cose,
Ma se tu mandi ancor che poche navi, che pel commun dicea, così; rispose:
pur che si veggan gli stendardi tuoi,
non scioglieran di qua sì; tosto i cavi, 49

719
- Quando io ti confortava a stare in pace, molti che si donar di me più; vanto.
fosse io stato, signor, falso indovino;
o tu, se io dovea pure esser verace, 52
creduto avessi al tuo fedel Sobrino, Dico così;, per dimostrar che quello
e non più; tosto a Rodomonte audace, ch'io dissi allora, e che ti voglio or dire,
a Marbalusto, a Alzirdo e a Martasino, né; da viltade vien né; da cor fello,
li quali ora vorrei qui avere a fronte: ma d'amor vero e da fedel servire.
ma vorrei più; degli altri Rodomonte, Io ti conforto ch'al paterno ostello,
più; tosto che tu pò;i, vogli redire;
50 che poco saggio si può; dir colui
per rinfacciargli che volea di Francia che perde il suo per acquistar l'altrui.
far quel che si faria d'un fragil vetro,
e in cielo e ne lo 'nferno la tua lancia 53
seguire, anzi lasciarsela di dietro; S'acquisto c'è;, tu 'l sai. Trentadui fummo
poi nel bisogno si gratta la pancia re tuoi vassalli a uscir teco del porto:
ne l'ozio immerso abominoso e tetro: or, se di nuovo il conto ne rassummo,
ed io, che per predirti il vero allora c'è; a pena il terzo, e tutto 'l resto è; morto.
codardo detto fui, son teco ancora; Che non ne cadan più;, piaccia a Dio summo:
ma se tu vuoi seguir, temo di corto,
51 che non ne rimarrà; quarto né; quinto;
e sarò; sempremai, fin ch'io finisca e 'l miser popul tuo fia tutto estinto.
questa vita ch'ancor che d'anni grave,
porsi incontra ogni dì; per te s'arrisca 54
a qualunque di Francia più; nome have. Ch'Orlando non ci sia, ne aiuta; ch'ove
Né; sarà; alcun, sia chi si vuol, ch'ardisca sià;n pochi, forse alcun non ci saria.
di dir che l'opre mie mai fosser prave: Ma per questo il periglio non rimuove,
e non han più; di me fatto, né; tanto, se ben prolunga nostra sorte ria.

720
Ecci Rinaldo, che per molte prove e tante mila son dei nostri morti;
mostra che non minor d'Orlando sia: e quei ch'a venir han, son già; venuti,
c'è; il suo lignaggio e tutti i paladini, né; s'aspetta altro legno che n'apporti:
timore eterno a' nostri Saracini. quattro son giunti a Carlo, non tenuti
manco d'Orlando o di Rinaldo forti;
55 e con ragion; che da qui sino a Battro
Ed hanno appresso quel secondo Marte potresti mal trovar tali altri quattro.
(ben che i nimici al mio dispetto lodo),
io dico il valoroso Brandimarte, 58
non men d'Orlando ad ogni prova sodo; Non so se sai chi sia Guidon Selvaggio
del qual provata ho la virtude in parte, e Sansonetto e i figli d'Oliviero.
parte ne veggo all'altrui spese ed odo. Di questi fo più; stima e più; tema aggio,
Poi son più; dì; che non c'è; Orlando stato; che d'ogni altro lor duca e cavalliero
e più; perduto abbià;n che guadagnato. che di Lamagna o d'altro stran linguaggio
sia contra noi per aiutar l'Impero:
56 ben ch'importa anco assai la gente nuova
Se per adietro abbià;n perduto, io temo ch' a' nostri danni in campo si ritrova.
che da qui inanzi perderen più; in grosso.
Del nostro campo Mandricardo è; scemo: 59
Gradasso il suo soccorso n'ha rimosso: Quante volte uscirai alla campagna,
Marfisa n'ha lasciata al punto estremo, tanto avrai la peggiore, o sarai rotto.
e così; il re d' Algier, di cui dir posso Se spesso perdé; il campo Africa e Spagna,
che, se fosse fedel come gagliardo, quando sià;n stati sedici per otto,
poco uopo era Gradasso o Mandricardo. che sarà; poi ch'Italia e che Lamagna
con Francia è; unita, e 'l populo anglo e scotto,
57 e che sei contra dodici saranno?
Ove sono a noi tolti questi aiuti, Ch'altro si può; sperar, che biasmo e danno?

721
ancor che 'l valor suo sia sopraumano,
60 egli però; non sarà; più; ch'un solo,
La gente qui, là; perdi a un tempo il regno, ed avrà; di par suoi contra uno stuolo.
s'in questa impresa più; duri ostinato;
ove, s'al ritornar muti disegno, 63
l'avanzo di noi servi con lo stato. A me par, s'a te par, ch'a dir si mandi
Lasciar Marsilio è; di te caso indegno, al re cristian, che per finir le liti,
ch'ognun te ne terrebbe molto ingrato: e perché; cessi il sangue che tu spandi
ma c'è; rimedio, far con Carlo pace; ognor de' suoi, egli de' tuo' infiniti;
ch'a lui deve piacer, se a te pur piace. che contra un tuo guerrier tu gli domandi
che metta in campo uno dei suoi più; arditi;
61 e faccian questi duo tutta la guerra,
Pur se ti par che non ci sia il tuo onore, fin che l'un vinca, e l'altro resti in terra:
se tu, che prima offeso sei, la chiedi;
e la battaglia più; ti sta nel core, 64
che, come sia fin qui successa, vedi; con patto, che qual d'essi perde, faccia
studia almen di restarne vincitore: che 'l suo re all'altro re tributo dia.
il che forse averrà;, se tu mi credi; Questa condizion non credo spiaccia
se d'ogni tua querela a un cavalliero a Carlo, ancor che sul vantaggio sia.
darai l'assunto, e se quel fia Ruggiero. Mi fido sì; ne le robuste braccia
poi di Ruggier, che vincitor ne fia;
62 e ragion tanta è; da la nostra parte,
Io 'l so, e tu 'l sai che Ruggier nostro è; tale, che vincerà;, s'avesse incontra Marte. -
che già; da solo a sol con l'arme in mano
non men d'Orlando o di Rinaldo vale, 65
né; d'alcun altro cavallier cristiano. Con questi ed altri più; efficaci detti
Ma se tu vuoi far guerra universale, fece Sobrin sì; che 'l partito ottenne;

722
e gl'interpreti fur quel giorno eletti, 68
e quel dì; a Carlo l'imbasciata venne. Ruggier da l'altra parte, ancor che molto
Carlo ch'avea tanti guerrier perfetti, onor gli sia che 'l suo re l'abbia eletto,
vinta per sé; quella battaglia tenne, e pel miglior di tutti i buoni tolto,
di cui l'impresa al buon Rinaldo diede, a cui commetta un sì; importante effetto;
in ch'avea, dopo Orlando, maggior fede. pur mostra affanno e gran mestizia in volto,
non per paura che gli turbi il petto;
66 che non ch'un sol Rinaldo, ma non teme
Di questo accordo lieto parimente se fosse con Rinaldo Orlando insieme:
l'uno esercito e l'altro si godea;
che 'l travaglio del corpo e de la mente 69
tutti avea stanchi e a tutti rincrescea. ma perché; vede esser di lui sorella
Ognun di riposare il rimanente la sua cara e fidissima consorte
de la sua vita disegnato avea; ch'ognor scriver do stimula e martella,
ognun maledicea l'ire e i furori come colei ch'è; ingiuriata forte.
ch'a risse e a gare avean lor desti i cori. Or s'alle vecchie offese aggiunge quella
d'entrare in campo a porle il frate a morte,
67 se la farà;, d'amante, così; odiosa,
Rinaldo che esaltar molto si vede, ch'a placarla mai più; fia dura cosa.
che Carlo in lui di quel che tanto pesa,
via più; ch'in tutti gli altri, ha avuto fede, 70
lieto si mette all'onorata impresa. Se tacito Ruggier s'affligge ed ange
Ruggier non stima; e veramente crede de la battaglia che mal grado prende,
che contra sé; non potrà; far difesa: la sua cara moglier lacrima e piange,
che suo pari esser possa non gli è; aviso, come la nuova indi a poche ore intende.
se ben in campo ha Mandricardo ucciso. Batte il bel petto, e l'auree chiome frange,
e le guance innocenti irriga e offende;

723
e chiama con ramarichi e querele udirne il pianto e i dolorosi gridi;
Ruggiero ingrato, e il suo destin crudele. e venne a consolarla, e le proferse,
quando ne fosse il tempo, alti sussidi,
71 e disturbar quella pugna futura
D'ogni fin che sortisca la contesa, di ch'ella piange e si pon tanta cura.
a lei non può; venir altro che doglia.
Ch'abbia a morir Ruggiero in questa impresa, 74
pensar non vuol; che par che 'l cor le toglia. Rinaldo intanto e l'inclito Ruggiero
Quando anco, per punir più; d'una offesa, apparechiavan l'arme alla tenzone,
la ruina di Francia Cristo voglia, di cui dovea l'eletta al cavalliero
oltre che sarà; morto il suo fratello, che del romano Imperio era campione:
seguirà; un danno a lei più; acerbo e fello: e come quel, che poi che 'l buon destriero
perdé; Baiardo, andò; sempre pedone,
72 si elesse a piè;, coperto a piastra e a maglia,
che non potrà;, se non con biasmo e scorno, con l'azza e col pugnal far la battaglia.
e nimicizia di tutta sua gente,
fare al marito suo mai più; ritorno, 75
sì; che lo sappia ognun publicamente, O fosse caso, o fosse pur ricordo
come s'avea, pensando notte e giorno, di Malagigi suo provido e saggio,
più; volte disegnato ne la mente: che sapea quanto Balisarda ingordo
e tra lor era la promessa tale, il taglio avea di fare all'arme oltraggio;
che 'l ritrarsi e il pentir più; poco vale. combatter senza spada fur d'accordo
l'uno e l'altro guerrier, come detto aggio.
73 Del luogo s'accordar presso alle mura
Ma quella usata ne le cose avverse de l'antiquo Arli, in una gran pianura.
di non mancarle di soccorsi fidi,
dico Melissa maga, non sofferse 76

724
A pena avea la vigilante Aurora ricche di gioie e ben fregiate d'oro.
da l'ostel di Titon fuor messo il capo,
per dare al giorno terminato, e all'ora 79
ch'era prefissa alla battaglia, capo; Da l'altra parte fuor dei gran ripari
quando di qua e di là; vennero fuora re Carlo uscì; con la sua gente d'arme,
i deputati; e questi in ciascun capo con gli ordini medesmi e modi pari
degli steccati i padiglion tiraro, che terria se venisse al fatto d'arme.
appresso ai quali ambi un altar fermaro. Cingonlo intorno i suoi famosi pari;
e Rinaldo è; con lui con tutte l'arme,
77 fuor che l'elmo che fu del re Mambrino,
Non molto dopo, istrutto a schiera a schiera, che porta Ugier Danese paladino.
si vide uscir l'esercito pagano.
In mezzo armato e suntuoso v'era 80
di barbarica pompa il re africano; E di due azze ha il duca Namo l'una,
e s'un baio corsier di chioma nera, e l'altra Salamon re di Bretagna.
di fronte bianca, e di duo piè; balzano, Carlo da un lato i suoi tutti raguna;
a par a par con lui venì;a Ruggiero, da l'altro son quei d'Africa e di Spagna.
a cui servir non è; Marsilio altiero. Nel mezzo non appar persona alcuna:
voto riman gran spazio di campagna,
78 che per bando commune a chi vi sale,
L'elmo, che dianzi con travaglio tanto eccetto ai duo guerrieri, è; capitale.
trasse di testa al re di Tartaria,
l'elmo, che celebrato in maggior canto 81
portò; il troiano Ettò;r mill'anni pria, Poi che de l'arme la seconda eletta
gli porta il re Marsilio a canto a canto: si diè; al campion del populo pagano,
altri principi ed altra baronia duo sacerdoti, l'un de l'una setta,
s'hanno partite l'altr'arme fra loro, l'altro de l'altra, uscir coi libri in mano.

725
In quel del nostro è; la vita perfetta la formidabil ira d'ambidui,
scritta di Cristo; e l'altro è; l'Alcorano. la qual me solo e i miei figliuoli offenda,
Con quel de l'Evangelio si fe' inante non alcun altro che sia qui con nui;
l'imperator, con l'altro il re Agramante. sì; che in brevissima ora si comprenda
che sia il mancar de la promessa a vui. -
82 Così; dicendo, Carlo sul Vangelo
Giunto Carlo all'altar che statuito tenea la mano, e gli occhi fissi al cielo.
i suoi gli aveano, al ciel levò; le palme,
e disse: - O Dio, c'hai di morir patito 85
per redimer da morte le nostr'alme; Si levan quindi, e poi vanno all'altare
o Donna, il cui valor fu sì; gradito, che riccamente avean pagani adorno;
che Dio prese da te l'umane salme, ove giurò; Agramante, ch'oltre al mare
e nove mesi fu nel tuo santo alvo, con l'esercito suo faria ritorno,
sempre serbando il fior virgineo salvo: ed a Carlo daria tributo pare,
se restasse Ruggier vinto quel giorno;
83 e perpetua tra lor triegua saria,
siatemi testimoni, ch'io prometto coi patti ch'avea Carlo detti pria.
per me e per ogni mia successione
al re Agramante, ed a chi dopo eletto 86
sarà; al governo di sua regione, E similmente con parlar non basso,
dar venti some ogni anno d'oro schietto, chiamando in testimonio il gran Maumette,
s'oggi qui riman vinto il mio campione; sul libro ch'in man tiene il suo papasso,
e ch'io prometto subito la triegua ciò; che detto ha, tutto osservar promette.
incominciar, che poi perpetua segua: Poi del campo si partono a gran passo,
e tra i suoi l'uno e l'altro si rimette:
84 poi quel par di campioni a giurar venne;
e se 'n ciò; manco, subito s'accenda e 'l giuramento lor questo contenne:

726
di chi la misera alma gli possiede,
87 a ferir lo venì;a con tal riguardo,
Ruggier promette, se de la tenzone che stimato ne fu manco gagliardo.
il suo re viene o manda a disturbarlo,
che né; suo guerrier più;, né; suo barone 90
esser mai vuol, ma darsi tutto a Carlo. Era a parar, più; ch'a ferire, intento,
Giura Rinaldo ancor, che se cagione e non sapea egli stesso il suo desire:
sarà; del suo signor quindi levarlo, spegner Rinaldo saria malcontento,
fin che non resti vinto egli o Ruggiero, né; vorria volentieri egli morire.
si farà; d'Agramante cavalliero. Ma ecco giunto al termine mi sento,
ove convien l'istoria diferire.
88 Ne l'altro canto il resto intenderete,
Poi che le cerimonie finite hanno, s'udir ne l'altro canto mi vorrete.
si ritorna ciascun da la sua parte;
né; v'indugiano molto, che lor danno
le chiare trombe segno al fiero marte. CANTO TRENTANOVESIMO
Or gli animosi a ritrovar si vanno,
con senno i passi dispensando ed arte.
Ecco si vede incominciar l'assalto, 1
sonar il ferro, or girar basso, or alto. L'affanno di Ruggier ben veramente
è; sopra ogn'altro duro, acerbo e forte,
89 di cui travaglia il corpo, e più; la mente,
Or inanzi col calce, or col martello poi che di due fuggir non può; una morte;
accennan quando al capo e quando al piede, o da Rinaldo, se di lui possente
con tal destrezza e con modo sì; snello, fia meno, o se fia più;, da la consorte:
ch'ogni credenza il raccontarlo eccede. che se 'l fratel le uccide, sa ch'incorre
Ruggier che combattea contro il fratello ne l'odio suo, che più; che morte aborre.

727
e parea armata di pelle di drago;
2 e tal lo scudo e tal la spada al fianco
Rinaldo, che non ha simil pensiero, avea, quale usava egli, e nulla manco.
in tutti i modi alla vittoria aspira:
mena de l'azza dispettoso e fiero; 5
quando alle braccia e quando al capo mira. Spinse il demonio inanzi al mesto figlio
Volteggiando con l'asta il buon Ruggiero del re Troiano, in forma di cavallo;
ribatte il colpo, e quinci e quindi gì;ra; e con gran voce e con turbato ciglio
e se percuote pur, disegna loco disse: - Signor, questo è; pur troppo fallo,
ove possa a Rinaldo nuocer poco. ch'un giovene inesperto a far periglio,
contra un sì; forte e sì; famoso Gallo
3 abbiate eletto in cosa di tal sorte,
Alla più; parte dei signor pagani che 'l regno e l'onor d'Africa n'importe.
troppo par disegual esser la zuffa:
troppo è; Ruggier pigro a menar le mani, 6
troppo Rinaldo il giovine ribuffa. Non si lassi seguir questa battaglia,
Smarrito in faccia il re degli Africani che ne sarebbe in troppo detrimento.
mira l'assalto, e ne sospira e sbuffa: Su Rodomonte sia, né; ve ne caglia,
ed accusa Sobrin, da cui procede l'avere il patto rotto e 'l giuramento.
tutto l'error, che 'l mal consiglio diede. Dimostri ognun come sua spada taglia:
poi ch'io ci sono, ognun di voi val cento. -
4 Poté; questo parlar sì; in Agramante,
Melissa in questo tempo, ch'era fonte che senza più; pensar si cacciò; inante.
di quanto sappia incantatore o mago,
avea cangiata la feminil fronte, 7
e del gran re d'Algier presa l'imago: Il creder d'aver seco il re d'Algieri
sembrava al viso, ai gesti Rodomonte, fece che si curò; poco del patto;

728
e non avria di mille cavallieri 10
giunti in suo aiuto sì; gran stima fatto. Come levrier che la fugace fera
Perciò; lance abbassar, spronar destrieri correre intorno ed aggirarsi mira,
di qua di là; veduto fu in un tratto. né; può; con gli altri cani andare in schiera,
Melissa, poi che con sue finte larve che 'l cacciator lo tien, si strugge d'ira,
la battaglia attaccò;, subito sparve. si tormenta, s'affligge e si dispera,
schiattisce indarno, e si dibatte e tira;
8 così; sdegnosa infin allora stata
I duo campion che vedeno turbarsi Marfisa era quel dì; con la cognata.
contra ogni accordo, contra ogni promessa,
senza più; l'un con l'altro travagliarsi, 11
anzi ogni ingiuria avendosi rimessa, Fin a quell'ora avean quel dì; vedute
fede si dà;n né; qua né; là; impacciarsi, sì; ricche prede in spazioso piano;
fin che la cosa non sia meglio espressa, e che fosser dal patto ritenute
chi stato sia che i patti ha rotto inante, di non poter seguirle e porvi mano,
o 'l vecchio Carlo, o 'l giovene Agramante. ramaricate s'erano e dolute,
e n'avean molto sospirato invano.
9 Or che i patti e le triegue vider rotte,
E replican con nuovi giuramenti liete saltar ne l'africane frotte.
d'esser nimici a chi mancò; di fede.
Sozzopra se ne van tutte le genti: 12
chi porta inanzi e chi ritorna il piede. Marfisa cacciò; l'asta per lo petto
Chi sia fra i vili, e chi tra i più; valenti al primo che scontrò;, due braccia dietro:
in un atto medesimo si vede: poi trasse il brando, e in men che non l'ho detto,
son tutti parimente al correr presti; spezzò; quattro elmi, che sembrar di vetro.
ma quei corrono inanzi, e indietro questi. Bradamante non fe' minore effetto;
ma l'asta d'or tenne diverso metro:

729
tutti quei che toccò;, per terra mise; l'una con l'asta, e l'altra con la spada.
duo tanti fur, né; però; alcuno uccise. Tiene Agramante a pena alle bandiere
la gente sua, ch'in fuga non ne vada.
13 Invan domanda, invan volge la fronte;
Questo sì; presso l'una all'altra fero, né; può; saper che sia di Rodomonte.
che testimonie se ne fur tra loro;
poi si scostaro, ed a ferir si diero, 16
ove le trasse l'ira, il popul Moro. A conforto di lui rotto avea il patto
Chi potrà; conto aver d'ogni guerriero (così; credea) che fu solennemente,
ch'a terra mandi quella lancia d'oro? i dei chiamando in testimonio, fatto;
o d'ogni testa che tronca o divisa poi s'era dileguato sì; repente.
sia da la orribil spada di Marfisa? Né; Sobrin vede ancor: Sobrin ritratto
in Arli s'era, e dettosi innocente;
14 perché; di quel pergiuro aspra vendetta
Come al soffiar de' più; benigni venti, sopra Agramante il dì; medesmo aspetta.
quando Apennin scuopre l'erbose spalle,
muovonsi a par duo turbidi torrenti 17
che nel cader fan poi diverso calle; Marsilio anco è; fuggito ne la terra:
svellono i sassi e gli arbori eminenti sì; la religion gli preme il core.
da l'alte ripe, e portan ne la valle Perciò; male Agramante il passo serra
le biade e i campi; e quasi a gara fanno a quei che mena Carlo imperatore,
a chi far può; nel suo camin più; danno: d'Italia, di Lamagna e d'Inghilterra,
che tutte gente son d'alto valore;
15 ed hanno i paladin sparsi tra loro,
così; le due magnanime guerriere, come le gemme in un riccamo d'oro:
scorrendo il campo per diversa strada,
gran strage fan ne l'africane schiere, 18

730
e presso ai paladini alcun perfetto esercito facean timido e imbelle.
quanto esser possa al mondo cavalliero,
Guidon Selvaggio, l'intrepido petto, 21
e i duo famosi figli d'Oliviero. Ben lo mostrar; che gli nimici a pena
Io non voglio ridir, ch'io l'ho già; detto, vider lontan, che se n'andaron rotti.
di quel par di donzelle ardito e fiero. Astolfo, come pecore, li mena
Questi uccidean di genti saracine dinanzi ai suoi di guerreggiar più; dotti,
tanto, che non v'è; numero né; fine. e fa restarne la campagna piena:
pochi a Biserta se ne son ridotti.
19 Prigion rimase Bucifar gagliardo;
Ma differendo questa pugna alquanto, salvossi ne la terra il re Branzardo,
io vo' passar senza navilio il mare.
Non ho con quei di Francia da far tanto, 22
ch'io non m'abbia d'Astolfo a ricordare. via più; dolente sol di Bucifaro,
La grazia che gli diè; l'apostol santo che se tutto perduto avesse il resto.
io v'ho già; detto, e detto aver mi pare, Biserta è; grande, e farle gran riparo
che 'l re Branzardo e il re de l'Algazera bisogna, e senza lui mal può; far questo:
per girli incontra armasse ogni sua schiera. poterlo riscattar molto avria caro.
Mentre vi pensa e ne sta afflitto e mesto,
20 gli viene in mente come tien prigione
Furon di quei ch'aver poteano in fretta, già; molti mesi il paladin Dudone.
le schiere di tutta Africa raccolte,
non men d'inferma età; che di perfetta; 23
quasi ch'ancor le femine fur tolte. Lo prese sotto a Monaco in riviera
Agramante ostinato alla vendetta il re di Sarza nel primo passaggio.
avea già; vota l'Africa due volte. Da indi in qua prigion sempre stato era
Poche genti rimase erano, e quelle Dudon che del Danese fu lignaggio.

731
Mutar costui col re de l'Algazera quanto potean capir, di varie fronde
pensò; Branzardo, e ne mandò; messaggio a lauri, a cedri tolte, a olive, a palme,
al capitan de' Nubi, perché; intese venne sul mare, e le gittò; ne l'onde.
per vera spia, ch'egli era Astolfo inglese. Oh felici, e dal ciel ben dilette alme!
Grazia che Dio raro a' mortali infonde!
24 Oh stupendo miracolo che nacque
Essendo Astolfo paladin, comprende di quelle frondi, come fur ne l'acque!
che dee aver caro un paladino sciorre.
Il gentil duca, come il caso intende, 27
col re Branzardo in un voler concorre. Crebbero in quantità; fuor d'ogni stima;
Liberato Dudon, grazie ne rende si feron curve e grosse e lunghe e gravi;
al duca, e seco si mette a disporre le vene ch'attraverso aveano prima,
le cose che appertengono alla guerra, mutaro in dure spranghe e in grosse travi:
così; quelle da mar, come da terra. e rimanendo acute inver la cima,
tutte in un tratto diventaro navi
25 di differenti qualitadi, e tante,
Avendo Astolfo esercito infinito quante raccolte fur da varie piante.
da non gli far sette Afriche difesa;
e rammentando come fu ammonito 28
dal santo vecchio che gli diè; l'impresa Miracol fu veder le fronde sparte
di tor Provenza e d'Acquamorta il lito produr fuste, galee, navi da gabbia.
di man di Saracin che l'avean presa; Fu mirabile ancor, che vele e sarte
d'una gran turba fece nuova eletta, e remi avean, quanto alcun legno n'abbia.
quella ch'al mar gli parve manco inetta. Non mancò; al duca poi chi avesse l'arte
di governarsi alla ventosa rabbia;
26 che di Sardi e di Corsi non remoti,
Ed avendosi piene ambe le palme, nocchier, padron, pennesi ebbe e piloti.

732
e spinto oltre il dover la poppa avea.
29 Venir tra i suoi credette e in loco fido,
Quelli che entraro in mar, contati foro come vien Progne al suo loquace nido.
ventiseimila, e gente d'ogni sorte.
Dudon andò; per capitano loro, 32
cavallier saggio, e in terra e in acqua forte. Ma come poi l'imperiale augello,
Stava l'armata ancora al lito moro, i gigli d'oro e i pardi vide appresso,
miglior vento aspettando, che la porte, restò; pallido in faccia, come quello
quando un navilio giunse a quella riva, che 'l piede incauto d'improviso ha messo
che di presi guerrier carco veniva. sopra il serpente venenoso e fello,
dal pigro sonno in mezzo l'erbe oppresso;
30 che spaventato e smorto si ritira,
Portava quei ch'al periglioso ponte, fuggendo quel, ch'è; pien di tosco e d'ira.
ove alla giostre il campo era sì; stretto,
pigliato avea l'audace Rodomonte, 33
come più; volte io v'ho di sopra detto. Già; non poté; fuggir quindi il nocchiero,
Il cognato tra questi era del conte, né; tener seppe i prigion suoi di piatto.
e 'l fedel Brandimarte e Sansonetto, Con Brandimarte fu, con Oliviero,
ed altri ancor, che dir non mi bisogna, con Sansonetto e con molti altri tratto
d'Alemagna, d'Italia e di Guascogna. ove dal duca e dal figliuol d'Uggiero
fu lieto viso agli suo' amici fatto;
31 e per mercede lui che li condusse,
Quivi il nocchier, ch'ancor non s'era accorto volson che condannato al remo fusse.
degli inimici, entrò; con la galea,
lasciando molte miglia a dietro il porto 34
d'Algieri, ove calar prima volea, Come io vi dico, dal figliuol d'Otone
per un vento gagliardo ch'era sorto, i cavallier cristian furon ben visti,

733
e di mensa onorati al padiglione, 37
d'arme e di ciò; che bisognò; provisti. Menava un suo baston di legno in volta,
Per amor d'essi differì; Dudone che era sì; duro e sì; grave e sì; fermo,
l'andata sua; che non minori acquisti che declinando quel, facea ogni volta
di ragionar con tai baroni estima, cader in terra un uom peggio ch'infermo.
che d'esser gito uno o duo giorni prima. Già; a più; di cento avea la vita tolta;
né; più; se gli facea riparo o schermo,
35 se non tirando di lontan saette:
In che stato, in che termine si trove d'appresso non è; alcun già; che l'aspette.
e Francia e Carlo, istruzion vera ebbe;
e dove più; sicuramente, e dove, 38
per far miglior effetto, calar debbe. Dudone, Astolfo, Brandimarte, essendo
Mentre da lor venì;a intendendo nuove, corsi in fretta al romore, ed Oliviero,
s'udì; un rumor che tuttavia più; crebbe; de la gran forza e del valor stupendo
e un dar all'arme ne seguì; sì; fiero, stavan maravigliosi di quel fiero;
che fece a tutti far più; d'un pensiero. quando venir s'un palafren correndo
videro una donzella in vestir nero,
36 che corse a Brandimarte e salutollo,
Il duca Astolfo e la compagnia bella, e gli alzò; a un tempo ambe le braccia al collo.
che ragionando insieme si trovaro,
in un momento armati furo e in sella, 39
e verso il maggior grido in fretta andaro, Questa era Fiordiligi, che sì; acceso
di qua di là; cercando pur novella avea d'amor per Brandimarte il core,
di quel romore; e in loco capitaro, che quando al ponte stretto il lasciò; preso,
ove videro un uom tanto feroce, vicina ad impazzar fu di dolore.
che nudo e solo a tutto 'l campo nuoce. Di là; dal mare era passata, inteso
avendo dal pagan che ne fu autore,

734
che mandato con molti cavallieri udito avean, ma non per cosa certa.
era prigion ne la città; d'Algieri. Or Fiordiligi in tal fretta si muove,
come lo vede, che ben mostra aperta
40 quella allegrezza ch'i precessi guai
Quando fu per passare, avea trovato le fero la maggior ch'avesse mai.
a Marsilia una nave di Levante,
ch'un vecchio cavalliero avea portato 43
de la famiglia del re Monodante; Il gentil cavallier, non men giocondo
il qual molte province avea cercato, di veder la diletta e fida moglie
quando per mar, quando per terra errante, ch'amava più; che cosa altra del mondo,
per trovar Brandimarte; che nuova ebbe l'abraccia e stringe e dolcemente accoglie:
tra via di lui, ch'in Francia il troverebbe. né; per saziare al primo né; al secondo
né; al terzo bacio era l'accese voglie;
41 se non ch'alzando gli occhi ebbe veduto
Ed ella, conosciuto che Bardino Bardin che con la donna era venuto.
era costui, Bardino che rapito
al padre Brandimarte piccolino, 44
ed a Rocca Silvana avea notrito, Stese le mani, ed abbracciar lo volle,
e la cagione intesa del camino, e insieme domandar perché; venì;a;
seco fatto l'avea scioglier dal lito, ma di poterlo far tempo gli tolle
avendogli narrato in che maniera il campo ch'in disordine fuggia
Brandimarte passato in Africa era. dinanzi a quel baston che 'l nudo folle
menava intorno, e gli facea dar via.
42 Fiordiligi mirò; quel nudo in fronte,
Tosto che furo a terra, udir le nuove, e gridò; a Brandimarte: - Eccovi il conte! -
ch'assediata d'Astolfo era Biserta:
che seco Brandimarte si ritrove 45

735
Astolfo tutto a un tempo, ch'era quivi, tutti in un tempo; che volean pigliarlo.
che questo Orlando fosse, ebbe palese
per alcun segno che dai vecchi divi 48
su nel terrestre paradiso intese. Orlando che si vide fare il cerchio,
Altrimente restavan tutti privi menò; il baston da disperato e folle;
di cognizion di quel signor cortese; ed a Dudon che si facea coperchio
che per lungo sprezzarsi, come stolto, al capo de lo scudo ed entrar volle,
avea di fera, più; che d'uomo, il volto. fe' sentir ch'era grave di soperchio:
e se non che Olivier col brando tolle
46 parte del colpo, avria il bastone ingiusto
Astolfo per pietà; che gli traffisse rotto lo scudo, l'elmo, il capo e il busto.
il petto e il cor, si volse lacrimando;
ed a Dudon (che gli era appresso) disse, 49
ed indi ad Oliviero: - Eccovi Orlando! - Lo scudo roppe solo, e su l'elmetto
Quei gli occhi alquanto e le palpè;bre fisse tempestò; sì;, che Dudon cadde in terra.
tenendo in lui, l'andar raffigurando; Menò; la spada a un tempo Sansonetto;
e 'l ritrovarlo in tal calamitade, e del baston più; di duo braccia afferra
gli empì; di meraviglie e di pietade. con valor tal, che tutto il taglia netto.
Brandimarte ch'addosso se gli serra,
47 gli cinge i fianchi, quanto può;, con ambe
Piangeano quei signor per la più; parte: le braccia, e Astolfo il piglia ne le gambe.
sì; lor ne dolse, e lor ne 'ncrebbe tanto.
- Tempo è; (lor disse Astolfo) trovar arte 50
di risanarlo, e non di fargli il pianto. - Scuotesi Orlando, e lungi dieci passi
E saltò; a piedi, e così; Brandimarte, da sé; l'Inglese fe' cader riverso:
Sansonetto, Oliviero e Dudon santo; non fa però; che Brandimarte il lassi,
e s'aventaro al nipote di Carlo che con più; forza l'ha preso a traverso.

736
Ad Olivier che troppo inanzi fassi, che tutti quei guerrier seco traea.
menò; un pugno sì; duro e sì; perverso, In quel tempo Olivier di terra sale,
che lo fe' cader pallido ed esangue, là; dove steso il gran pugno l'avea;
e dal naso e dagli occhi uscirgli il sangue. e visto che così; si potea male
far di lui quel ch'Astolfo far volea,
51 si pensò; un modo, ed ad effetto il messe,
E se non era l'elmo più; che buono, di far cader Orlando, e gli successe.
ch'avea Olivier, l'avria quel pugno ucciso:
cadde però;, come se fatto dono 54
avesse de lo spirto al paradiso. Si fe' quivi arrecar più; d'una fune,
Dudone e Astolfo che levati sono, e con nodi correnti adattò; presto;
ben che Dudone abbia gonfiato il viso, ed alle gambe ed alle braccia alcune
e Sansonetto che 'l bel colpo ha fatto, fe' porre al conte, ed a traverso il resto.
adosso a Orlando son tutti in un tratto. Di quelle i capi poi partì; in commune,
e li diede a tenere a quello e a questo.
52 Per quella via che maniscalco atterra
Dudon con gran vigor dietro l'abbraccia, cavallo o bue, fu tratto Orlando in terra.
pur tentando col piè; farlo cadere:
Astolfo e gli altri gli han prese le braccia, 55
né; lo puon tutti insieme anco tenere. Come egli è; in terra, gli son tutti adosso,
C'ha visto toro a cui si dia la caccia, e gli legan più; forte e piedi e mani.
e ch'alle orecchie abbia le zanne fiere, Assai di qua di là; s'è; Orlando scosso,
correr mugliando, e trarre ovunque corre ma sono i suoi risforzi tutti vani.
i cani seco, e non potersi sciorre; Commanda Astolfo che sia quindi mosso,
che dice voler far che si risani.
53 Dudon ch'è; grande, il leva in su le schene,
imagini ch'Orlando fosse tale, e porta al mar sopra l'estreme arene.

737
è; fatto de' suoi sensi, e che non dorme;
56 così;, poi che fu Orlando d'error tratto,
Lo fa lavar Astolfo sette volte; restò; maraviglioso e stupefatto.
e sette volte sotto acqua l'attuffa;
sì; che dal viso e da le membra stolte 59
leva la brutta rugine e la muffa: E Brandimarte, e il fratel d'Aldabella,
poi con certe erbe, a questo effetto colte, e quel che 'l senno in capo gli ridusse,
la bocca chiuder fa, che soffia e buffa; pur pensando riguarda, e non favella,
che non volea ch'avesse altro meato come egli quivi e quando si condusse.
onde spirar, che per lo naso, il fiato. Girava gli occhi in questa parte e in quella,
né; sapea imaginar dove si fusse.
57 Si maraviglia che nudo si vede,
Aveasi Astolfo apparecchiato il vaso e tante funi ha da le spalle al piede.
in che il senno d'Orlando era rinchiuso;
e quello in modo appropinquogli al naso, 60
che nel tirar che fece il fiato in suso, Poi disse, come già; disse Sileno
tutto il votò;: maraviglioso caso! a quei che lo legar nel cavo speco:
che ritornò; la mente al primier uso; <EM>Solvite me,</EM> con viso sì; sereno,
e ne' suoi bei discorsi l'intelletto con guardo sì; men de l'usato bieco,
rivenne, più; che mai lucido e netto. che fu slegato; e de' panni ch'avieno
fatti arrecar participaron seco,
58 consolandolo tutti del dolore,
Come chi da noioso e grave sonno, che lo premea, di quel passato errore.
ove o vedere abominevol forme
di mostri che non son, né; ch'esser ponno, 61
o gli par cosa far strana ed enorme, Poi che fu all'esser primo ritornato
ancor si maraviglia, poi che donno Orlando più; che mai saggio e virile,

738
d'amor si trovò; insieme liberato; 64
sì; che colei, che sì; bella e gentile Il dì; seguente la sua armata spinse
gli parve dianzi, e ch'avea tanto amato, verso Provenza il figlio del Danese.
non stima più; se non per cosa vile. Indi Orlando col duca si ristrinse,
Ogni suo studio, ogni disio rivolse ed in che stato era la guerra, intese:
a racquistar quanto già; amor gli tolse. tutta Biserta poi d'assedio cinse,
dando però; l'onore al duca inglese
62 d'ogni vittoria; ma quel duca il tutto
Narrò; Bardino intanto a Brandimarte, facea, come dal conte venì;a istrutto.
che morto era il suo padre Monodante;
e che a chiamarlo al regno egli da parte 65
veniva prima del fratel Gigliante, Ch'ordine abbian tra lor, come s'assaglia
poi de le genti ch'abitan le sparte la gran Biserta, e da che lato e quando,
isole in mare, e l'ultime in Levante; come fu presa alla prima battaglia,
di che non era un altro regno al mondo chi ne l'onor parte ebbe con Orlando,
sì; ricco, populoso, o sì; giocondo. s'io non vi sé;guito ora, non vi caglia;
ch'io non me ne vo molto dilungando.
63 In questo mezzo di saper vi piaccia,
Disse, tra più; ragion che dovea farlo, come dai Franchi i Mori hanno la caccia.
che dolce cosa era la patria; e quando
si disponesse di voler gustarlo, 66
avria poi sempre in odio andare errando. Fu quasi il re Agramante abbandonato
Brandimarte rispose voler Carlo nel pericol maggior di quella guerra;
servir per tutta questa guerra e Orlando; che con molti pagani era tornato
e se potea vederne il fin, che poi Marsilio e 'l re Sobrin dentro alla terra,
penseria meglio sopra i casi suoi. poi su l'armata è; questo e quel montato,
che dubbio avean di non salvarsi in terra;

739
e duci e cavallier del popul Moro indarno aver si veggano seguite,
molti seguito avean l'esempio loro. vergognandosi quasi, che fur tarde,
sdegnose se ne tornano e pentite;
67 così; tornar le due donzelle, quando
Pure Agramante la pugna sostiene; videro il pagan salvo, sospirando.
e quando finalmente più; non puote,
volta le spalle, e la via dritta tiene 70
alle porte non troppo indi remote. Non però; si fermar; ma ne la frotta
Rabican dietro in gran fretta gli viene, degli altri che fuggivano, cacciarsi,
che Bradamante stimola e percuote: di qua di là; facendo ad ogni botta
d'ucciderlo era disiosa molto; molti cader senza mai più; levarsi.
che tante volte il suo Ruggier le ha tolto. A mal partito era la gente rotta,
che per fuggir non potea ancor salvarsi;
68 ch'Agramante avea fatto per suo scampo
Il medesmo desir Marfisa avea, chiuder la porta ch'uscia verso il campo,
per far del padre suo tarda vendetta;
e con gli sproni, quanto più; potea, 71
facea il destrier sentir ch'ella avea fretta. e fatto sopra il Rodano tagliare
Ma né; l'una né; l'altra vi giungea i ponti tutti. Ah sfortunata plebe,
sì; a tempo, che la via fosse intercetta che dove del tiranno utile appare,
al re d'entrar ne la città; serrata, sempre è; in conto di pecore e di zebe!
ed indi poi salvarsi in su l'armata. Chi s'affoga nel fiume e chi nel mare,
chi sanguinose fa di sé; le glebe.
69 Molti perir, pochi restar prigioni;
Come due belle e generose parde che pochi a farsi taglia erano buoni.
che fuor del lascio sien di pari uscite,
poscia ch'i cervi o le capre gagliarde 72

740
De la gran moltitudine ch'uccisa la sua ruina e degli amici suoi.
fu da ogni parte in questa ultima guerra
(ben che la cosa non fu ugual divisa; 75
ch'assai più; andar dei Saracin sotterra Verso Africa Agramante alzò; le vele
per man di Bradamante e di Marfisa), de' legni male armati, e voti quasi;
se ne vede ancor segno in quella terra; d'uomini voti, e pieni di querele,
che presso ad Arli, ove il Rodano stagna, perch'in Francia i tre quarti eran rimasi.
piena di sepolture è; la campagna. Chi chiama il re superbo, chi crudele,
chi stolto; e come avviene in simil casi,
73 tutti gli voglion mal ne' lor secreti;
Fatto avea intanto il re Agramante sciorre ma timor n'hanno, e stan per forza cheti.
e ritirar in alto i legni gravi,
lasciando alcuni, e i più; leggieri, a torre 76
quei che volean salvarsi in su le navi. Pur duo talora o tre schiudon le labbia,
Vi ste' duo dì; per chi fuggia raccorre, ch'amici sono, e che tra lor s'han fede,
e perché; venti eran contrari e pravi. e sfogano la colera e la rabbia;
Fece lor dar le vele il terzo giorno; e 'l misero Agramante ancor si crede
ch'in Africa credea di far ritorno. ch'ognun gli porti amore, e pietà; gli abbia:
e questo gl'intervien, perché; non vede
74 mai visi se non finti, e mai non ode
Il re Marsilio che sta in gran paura se non adulazion, menzogne e frode.
ch'alla sua Spagna il fio pagar non tocche,
e la tempesta orribilmente oscura 77
sopra suoi campi all'ultimo non scocche; Erasi consigliato il re africano
si fe' porre a Valenza, e con gran cura di non smontar nel porto di Biserta,
cominciò; a riparar castella e rocche, però; ch'avea del popul nubiano,
e preparar la guerra che fu poi che quel lito tenea, novella certa;

741
ma tenersi di sopra sì; lontano, avea Dudon, di buona gente armati,
che non fosse acre la discesa ed erta; e che la sera avean questi veduti,
mettersi in terra, e ritornare al dritto ed alla volta lor s'eran drizzati,
a dar soccorso al suo populo afflitto. assalir gli nimici sproveduti,
gittaro i ferri, e sonsi incatenati,
78 poi ch'al parlar certificati foro,
Ma il suo fiero destin che non risponde ch'erano Mori e gli nimici loro.
a quella intenzion provida e saggia,
vuol che l'armata che nacque di fronde 81
miracolosamente ne la spiaggia, Ne l'arrivar i gran navili fenno
e vien solcando inverso Francia l'onde, (spirando il vento a' lor desir secondo),
con questa ad incontrar di notte s'aggia, nei Saracin con tale impeto denno,
a nubiloso tempo, oscuro e tristo, che molti legni ne cacciaro al fondo.
perché; sia in più; disordine sprovisto. Poi cominciaro oprar le mani e il senno,
e ferro e fuoco e sassi di gran pondo
79 tirar con tanta e sì; fiera tempesta,
Non ha avuto Agramante ancora spia, che mai non ebbe il mar simile a questa.
ch'Astolfo mandi una armata sì; grossa;
né; creduto anco a chi 'l dicesse, avria, 82
che cento navi un ramuscel far possa: Quei di Dudone, a cui possanza e ardire
e vien senza temer ch'intorno sia più; del solito è; lor dato di sopra
che contra lui s'ardisca di far mossa; (che venuto era il tempo di punire
né; pone guardie né; veletta in gabbia, i Saracin di più; d'una mal'opra),
che di ciò; che si scuopre avisar abbia. sanno appresso e lontan sì; ben ferire,
che non trova Agramante ove si cuopra.
80 Gli cade sopra un nembo di saette;
Sì; che i navili che d'Astolfo avuti da lato ha spade e graffi e picche e accette.

742
la tema di annegarsi anco rimena:
83 s'abbraccia a un legno ch'arde, e per timore
D'alto cader sente gran sassi e gravi c'ha di due morte, in ambe se ne muore.
da machine cacciati e da tormenti;
e prore e poppe fraccassar de navi, 86
ed aprire usci al mar larghi e patenti; Altri per tema di spiedo o d'accetta
e 'l maggior danno è; de l'incendi pravi, che vede appresso, al mar ricorre invano,
a nascer presti, ad ammorzarsi lenti. perché; dietro gli vien pietra o saetta
La sfortunata ciurma si vuol torre che non lo lascia andar troppo lontano.
del gran periglio, e via più; ognor vi corre. Ma saria forse, mentre che diletta
il mio cantar, consiglio utile e sano
84 di finirlo, più; tosto che seguire
Altri che 'l ferro e l'inimico caccia, tanto, che v'annoiasse il troppo dire.
nel mar si getta, e vi s'affoga e resta:
altri che muove a tempo piedi e braccia,
va per salvarsi o in quella barca o in questa; CANTO QUARANTESIMO
ma quella, grave oltre il dover, lo scaccia,
e la man, per salir troppo molesta,
fa restare attaccata ne la sponda: 1
ritorna il resto a far sanguigna l'onda. Lungo sarebbe, se i diversi casi
volessi dir di quel naval conflitto;
85 e raccontarlo a voi mi parria quasi,
Altri che spera in mar salvar la vita, magnanimo figliuol d'Ercole invitto,
o perderlavi almen con minor pena, portar, come si dice, a Samo vasi,
poi che notando non ritrova aita, nottole Atene, e crocodili a Egitto;
e mancar sente l'animo e la lena, che quanto per udita io ve ne parlo,
alla vorace fiamma c'ha fuggita, Signor, miraste, e feste altrui mirarlo.

743
vistone al tempio il gran numero offerto,
2 e quindice galee ch'a queste rive
Ebbe lungo spettacolo il fedele con mille legni star vidi captive.
vostro popul la notte e 'l dì; che stette,
come in teatro, l'inimiche vele 5
mirando in Po tra ferro e fuoco astrette. Chi vide quelli incendi e quei naufragi,
Che gridi udir si possano e querele, le tante uccisioni e sì; diverse,
ch'onde veder di sangue umano infette, che, vendicando i nostri arsi palagi,
per quanti modi in tal pugna si muora, fin che fu preso ogni navilio, ferse;
vedeste, e a molti il dimostraste allora. potrà;, veder le morti anco e i disagi
che 'l miser popul d'Africa sofferse
3 col re Agramante in mezzo l'onde salse,
Nol vide io già;, ch'era sei giorni inanti, la scura notte che Dudon l'assalse.
mutando ogn'ora altre vetture, corso
con molta fretta e molta ai piedi santi 6
del gran Pastore a domandar soccorso: Era la notte, e non si vedea lume,
poi né; cavalli bisognar né; fanti; quando s'incominciar l'aspre contese:
ch'intanto al Leon d'or l'artiglio e 'l morso ma poi che 'l zolfo e la pece e 'l bitume
fu da voi rotto sì;, che più; molesto sparso in gran copia, ha prore e sponde accese,
non l'ho sentito da quel giorno a questo. e la vorace fiamma arde e consume
le navi e le galee poco difese;
4 sì; chiaramente ognun si vedea intorno,
Ma Alfonsin Trotto il qual si trovò; in fatto, che la notte parea mutata in giorno.
Annibal e Pier Moro e Afranio e Alberto,
e tre Ariosti, e il Bagno e il Zerbinatto 7
tanto me ne contar, ch'io ne fui certo: Onde Agramante che per l'aer scuro,
me ne chiarir poi le bandiere affatto, non avea l'inimico in sì; gran stima,

744
né; aver contrasto si credea sì; duro, 10
che, resistendo, al fin non lo reprima; E così; fu publicamente detto
poi che rimosse le tenè;bre furo, che 'l campo in arme al terzo dì; sia istrutto.
e vide quel che non credeva in prima, Molti navili Astolfo a questo effetto
che le navi nimiche eran duo tante, tenuti avea, né; Dudon n'ebbe il tutto;
fece pensier diverso a quel d'avante. di quai diede il governo a Sansonetto,
sì; buon guerrier al mar come all'asciutto:
8 e quel si pose, in su l'ancore sorto,
Smonta con pochi, ove in più; lieve barca contra a Biserta, un miglio appresso al porto.
ha Brigliadoro e l'altre cose care.
Tra legno e legno taciturno varca, 11
fin che si trova in più; sicuro mare Come veri cristiani Astolfo e Orlando,
da' suoi lontan, che Dudon preme e carca, che senza Dio non vanno a rischio alcuno,
e mena a condizioni acri ed amare. ne l'esercito fan publico bando,
Gli arde il foco, il mar sorbe, il ferro strugge: che sieno orazion fatte e digiuno;
egli che n'è; cagion, via se ne fugge. e che si trovi il terzo giorno, quando
si darà; il segno, apparecchiato ognuno
9 per espugnar Biserta, che data hanno,
Fugge Agramante ed ha con lui Sobrino, vinta che s'abbia, a fuoco e a saccomanno.
con cui si duol di non gli aver creduto,
quando previde con occhio divino, 12
e 'l mal gli annunziò;, ch'or gli è; avvenuto. E così;, poi che le astinenze e i voti
Ma torniamo ad Orlando paladino, devotamente celebrati foro,
che, prima che Biserta abbia altro aiuto, parenti, amici, e gli altri insieme noti
consiglia Astolfo che la getti in terra, si cominciaro a convitar tra loro.
sì; che a Francia mai più; non faccia guerra. Dato restauro a' corpi esausti e voti,
abbracciandosi insieme lacrimoro,

745
tra loro usando i modi e le parole fu antiquamente il suo muro costrutto.
che tra i più; cari al dipartir si suole. Poco altro ha che l'aiuti o la ripare;
che poi che 'l re Branzardo fu ridutto
13 dentro da quella, pochi mastri, e poco
Dentro a Biserta i sacerdoti santi poté; aver tempo a riparare il loco.
supplicando col populo dolente,
battonsi il petto, e con dirotti pianti 16
chiamano il lor Macon che nulla sente. Astolfo dà; l'assunto al re de' Neri,
Quante vigilie, quante offerte, quanti che faccia a' merli tanto nocumento
doni promessi son privatamente! con falariche, fonde e con arcieri,
quanto in publico templi, statue, altari, che levi d'affacciarsi ogni ardimento;
memoria eterna de' lor casi amari! sì; che passin pedoni e cavallieri
fin sotto la muraglia a salvamento,
14 che vengon, chi di pietre e chi di travi,
E poi che dal Cadì; fu benedetto, chi d'asce e chi d'altra materia gravi.
prese il populo l'arme, e tornò; al muro.
Ancor giacea col suo Titon nel letto 17
la bella Aurora, ed era il cielo oscuro, Chi questa cosa e chi quell'altra getta
quando Astolfo da un canto, e Sansonetto dentro alla fossa, e vien di mano in mano;
da un altro, armati agli ordini lor furo: di cui l'acqua il dì; inanzi fu intercetta,
e poi che 'l segno che diè; il conte udiro, sì; che in più; parti si scopria il pantano.
Biserta con grande impeto assaliro. Ella fu piena ed atturata in fretta,
e fatto uguale insin al muro il piano.
15 Astolfo, Orlando ed Olivier procura
Avea Biserta da duo canti il mare, di far salir i fanti in su le mura.
sedea dagli altri duo nel lito asciutto.
Con fabrica eccellente e singulare 18

746
I Nubi d'ogni indugio impazienti, ogni apparecchio e munizion navale.
da la speranza del guadagno tratti,
non mirando a' pericoli imminenti, 21
coperti da testuggini e da gatti, Facea Oliviero, Orlando e Brandimarte,
con arieti e loro altri istrumenti e quel che fu sì; dianzi in aria ardito,
a forar torri, e porte rompere atti, aspra e fiera battaglia da la parte
tosto si fero alla città; vicini; che lungi al mare era più; dentro al lito.
né; trovaro sprovisti i Saracini: Ciascun d'essi venì;a con una parte
de l'oste che s'avean quadripartito.
19 Quale a mur, quale a porte, e quale altrove,
che ferro e fuoco e merli e tetti gravi tutti davan di sé; lucide prove.
cader facendo a guisa di tempeste,
per forza aprian le tavole e le travi 22
de le machine in lor danno conteste. Il valor di ciascun meglio si puote
Ne l'aria oscura e nei principi pravi veder così;, che se fosser confusi:
molto patir le battezzate teste; chi sia degno di premio e chi di note,
ma poi che 'l sole uscì; del ricco albergo, appare inanzi a mill'occhi non chiusi.
voltò; Fortuna ai Saracini il tergo. Torri di legno trannosi con ruote,
e gli elefanti altre ne portano usi,
20 che su lor dossi così; in alto vanno,
Da tutti i canti risforzar l'assalto che i merli sotto a molto spazio stanno.
fe' il conte Orlando e da mare e da terra.
Sansonetto ch'avea l'armata in alto, 23
entrò; nel porto e s'accostò; alla terra; Vien Brandimarte, e pon la scala a' muri,
e con frombe e con archi facea d'alto, e sale, e di salir altri conforta:
e con vari tormenti estrema guerra; lo seguon molti intrepidi e sicuri;
e facea insieme espedir lance e scale, che non può; dubitar chi l'ha in sua scorta.

747
Non è; chi miri, o chi mirar si curi, presse il duro terren senza alcun danno;
se quella scala il gran peso comporta. e quei c'ha intorno affrappa e fora e taglia,
Sol Brandimarte agli nimici attende; come s'affrappa e taglia e fora il panno.
pugnando sale, e al fine un merlo prende. Or contra questi or contra quei si scaglia;
e quelli e questi in fuga se ne vanno.
24 Pensano quei di fuor, che l'han veduto
E con mano e con piè; quivi s'attacca, dentro saltar, che tardo fia ogni aiuto.
salta sui merli, e mena il brando in volta,
urta, riversa e fende e fora e ammacca, 27
e di sé; mostra esperienza molta. Per tutto 'l campo alto rumor si spande
Ma tutto a un tempo la scala si fiacca, di voce in voce, e 'l mormorio e 'l bisbiglio.
che troppa soma e di soperchio ha tolta: La vaga Fama intorno si fa grande,
e for che Brandimarte, giù; nel fosso e narra, ed accrescendo va il periglio.
vanno sozzopra, e l'uno all'altro adosso. Ove era Orlando (perché; da più; bande
si dava assalto), ove d'Otone il figlio,
25 ove Olivier, quella volando venne,
Per ciò; non perde il cavallier l'ardire, senza posar mai le veloci penne.
né; pensa riportare a dietro il piede;
ben che de' suoi non vede alcun seguire, 28
ben che berzaglio alla città; si vede. Questi guerrier, e più; di tutti Orlando,
Pregavan molti (e non volse egli udire) ch'amano Brandimarte e l'hanno in pregio,
che ritornasse; ma dentro si diede: udendo che se van troppo indugiando,
dico che giù; ne la città; d'un salto perderanno un compagno così; egregio,
dal muro entrò;, che trenta braccia era alto. piglian le scale, e qua e là; montando,
mostrano a gara animo altiero e regio,
26 con sì; audace sembiante e sì; gagliardo,
Come trovato avesse o piume o paglia, che i nimici tremar fan con lo sguardo.

748
e coi cani i pastor porta ne l'onde;
29 guizzano i pesci agli olmi in su la cima,
Come nel mar che per tempesta freme, ove solean volar gli augelli in prima:
assaglion l'acque il temerario legno,
ch'or da la prora, or da le parti estreme 32
cercano entrar con rabbia e con isdegno; con quel furor l'impetuosa gente,
il pallido nocchier sospira e geme, là; dove avea in più; parti il muro rotto,
ch'aiutar deve, e non ha cor né; ingegno; entrò; col ferro e con la face ardente
una onda viene al fin, ch'occupa il tutto, a distruggere il popul mal condotto.
e dove quella entrò;, segue ogni flutto: Omicidio, rapina e man violente
nel sangue e ne l'aver, trasse di botto
30 la ricca e trionfal città; a ruina,
così; dipoi ch'ebbono presi i muri che fu di tutta l'Africa regina.
questi tre primi, fu sì; largo il passo,
che gli altri ormai seguir ponno sicuri, 33
che mille scale hanno fermate al basso. D'uomini morti pieno era per tutto;
Aveano intanto gli arieti duri e de le innumerabili ferite
rotto in più; lochi, e con sì; gran fraccasso, fatto era un stagno più; scuro e più; brutto
che si poteva in più; che in una parte di quel che cinge la città; di Dite.
soccorrer l'animoso Brandimarte. Di casa in casa un lungo incendio indutto
ardea palagi, portici e meschite.
31 Di pianti e d'urli e di battuti petti
Con quel furor che 'l re de' fiumi altiero, suonano i voti e depredati tetti.
quando rompe talvolta argini e sponde,
e che nei campi Ocnei s'apre il sentiero, 34
e i grassi solchi e le biade feconde, I vincitori uscir de le funeste
e con le sue capanne il gregge intero, porte vedeansi di gran preda onusti,

749
chi con bei vasi e chi con ricche veste, 37
chi con rapiti argenti a' dei vetusti: Dicea Sobrin: - Che più; vittoria lieta,
chi traea i figli, e chi le madri meste: signor, potrebbe il tuo inimico avere,
fur fatti stupri e mille altri atti ingiusti, che la tua morte udire, onde quieta
dei quali Orlando una gran parte intese, si speraria poi l'Africa godere?
né; lo poté; vietar, né; 'l duca inglese. Questo contento il viver tuo gli vieta:
quindi avrà; cagion sempre di temere.
35 Sa ben che lungamente Africa sua
Fu Bucifar de l'Algazera morto esser non può;, se non per morte tua.
con esso un colpo da Olivier gagliardo.
Perduta ogni speranza, ogni conforto, 38
s'uccise di sua mano il re Branzardo, Tutti i sudditi tuoi, morendo, privi
con tre ferite, onde morì; di corto, de la speranza, un ben che sol ne resta.
fu preso Folvo dal duca dal Pardo. Spero che n'abbi a liberar, se vivi,
Questi eran tre ch'al suo partir lasciato e trar d'affanno e ritornarne in festa.
avea Agramante a guardia de lo stato. So che, se muori, sià;n sempre captivi,
Africa sempre tributaria e mesta.
36 Dunque, s'in util tuo viver non vuoi,
Agramante ch'intanto avea deserta vivi, signor, per non far danno ai tuoi.
l'armata, e con Sobrin n'era fuggito,
pianse da lungi e sospirò; Biserta, 39
veduto sì; gran fiamma arder sul lito. Dal soldano d'Egitto, tuo vicino,
Poi più; d'appresso ebbe novella certa certo esser puoi d'aver danari e gente:
come de la sua terra il caso era ito: malvolentieri il figlio di Pipino
e d'uccider se stesso in pensier venne, in Africa vedrà; tanto potente.
e lo facea; ma il re Sobrin lo tenne. Verrà; con ogni sforzo Norandino
per ritornarti in regno, il tuo parente:

750
Armeni, Turchi, Persi, Arabi e Medi, non potessi egli far molto disegno,
tutti in soccorso avrai, se tu li chiedi. - e chi lo difendea, d'Italia fosse
spinto, e n'avesse il suo nimico il regno;
40 né; per minacce mai né; per promesse
Con tali e simil detti il vecchio accorto s'indusse che lo stato altrui cedesse.
studia tornare il suo signore in speme
di racquistarsi l'Africa di corto; 43
ma nel suo cor forse il contrario teme: Il re Agramante all'oriente avea
sa ben quanto è; a mal termine e a mal porto, volta la prora, e s'era spinto in alto,
e come spesso invan sospira e geme quando da terra una tempesta rea
chiunque il regno suo si lascia torre, mosse da banda impetuoso assalto.
e per soccorso a' barbari ricorre. Il nocchier ch'al governo vi sedea:
- Io veggo (disse alzando gli occhi ad alto)
41 una procella apparecchiar sì; grave,
Annibal e Iugurta di ciò; foro che contrastar non le potrà; la nave.
buon testimoni, ed altri al tempo antico:
al tempo nostro Ludovico il Moro, 44
dato in poter d'un altro Ludovico. S'attendete, signori, al mio consiglio,
Vostro fratello Alfonso da costoro qui da man manca ha un'isola vicina,
ben ebbe esempio (a voi, Signor mio, dico), a cui mi par ch'abbiamo a dar di piglio,
che sempre ha riputato pazzo espresso fin che passi il furor de la marina. -
chi più; si fida in altri ch'in se stesso. Consentì; il re Agramante; e di periglio
uscì;, pigliando la spiaggia mancina,
42 che per salute de' nocchier giace
E però; ne la guerra che gli mnosse tra gli Afri e di Vulcan l'alta fornace.
del pontifice irato un duro sdegno,
ancor che ne le deboli sue posse 45

751
D'abitazioni è; l'isoletta vota, dovria Pompeio i profugi ammonire.
piena d'umil mortelle e di ginepri,
ioconda solitudine e remota 48
a cervi, a daini, a capriuoli, a lepri; E perché; detto m'hai che con l'aiuto
e fuor ch'a piscatori, è; poco nota, degli Etiopi, sudditi al Senapo,
ove sovente a rimondati vepri Astolfo a torti l'Africa è; venuto,
sospendon, per seccar, l'umide reti: e ch'arsa ha la città; che n'era capo;
dormeno intanto i pesci in mar quieti. e ch'Orlando è; con lui, che diminuto
poco inanzi di senno aveva il capo;
46 mi pare al tutto un ottimo rimedio
Quivi trovar che s'era un altro legno, aver pensato a farti uscir di tedio.
cacciato da fortuna, già; ridutto:
il gran guerrier ch'in Sericana ha regno, 49
levato d'Arli, avea quivi condutto. Io piglierò; per amor tuo l'impresa
Con modo riverente e di sé; degno d'entrar col conte a singular certame.
l'un re con l'altro s'abbracciò; all'asciutto; Contra me so che non avrà; difesa,
ch'erano amici, e poco inanzi furo se tutto fosse di ferro o di rame.
compagni d'arme al parigino muro. Morto lui, stimo la cristiana Chiesa,
quel che l'agnelle il lupo ch'abbia fame.
47 Ho poi pensato (e mi fia cosa lieve)
Con molto dispiacer Gradasso intese di fare i Nubi uscir d'Africa in breve.
del re Agramante le fortune avverse:
poi confortollo, e come re cortese, 50
con la propria persona se gli offerse: Farò; che gli altri Nubi che da loro
ma che egli andasse all'infedel paese il Nilo parte e la diversa legge,
d'Egitto, per aiuto, non sofferse. e gli Arabi e i Macrobi, questi d'oro
- Che vi sia (disse) periglioso gire, ricchi e di gente, e quei d'equino gregge,

752
Persi e Caldei (perché; tutti costoro (disse Agramante), o sia primo o secondo:
con altri molti il mio scettro corregge); ben so ch'in arme ritrovar compagno
farò; ch'in Nubia lor faran tal guerra, di te miglior non si può; in tutto 'l mondo. -
che non si fermeran ne la tua terra. - - Ed io (disse Sobrin) dove rimagno?
E se vecchio vi paio, vi rispondo
51 ch'io debbo esser più; esperto, e nel periglio
Al re Agramante assai parve oportuna presso alla forza è; buono aver consiglio. -
del re Gradasso la seconda offerta;
e si chiamò; obligato alla Fortuna, 54
che l'avea tratto all'isola deserta: D'una vecchiezza valida e robusta
ma non vuol torre a condizione alcuna, era Sobrino, e di famosa prova;
se racquistar credesse indi Biserta, e dice ch'in vigor l'età; vetusta
che battaglia per lui Gradasso prenda; si sente pari alla già; verde e nuova.
che 'n ciò; gli par che l'onor troppo offenda. Stimata fu la sua domanda giusta;
e senza indugio un messo si ritrova,
52 il qual si mandi agli africani lidi,
- S'a disfidar s'ha Orlando, son quell'io e da lor parte il conte Orlando sfidi;
(rispose) a cui la pugna più; conviene:
e pronto vi sarò;; poi faccia Dio 55
di me, come gli pare, o male o bene. - che s'abbia a ritrovar con numer pare
- Faccià;n (disse Gradasso) al modo mio, di cavallieri armati in Lipadusa.
a un nuovo modo ch'in pensier mi viene: Una isoletta è; questa, che dal mare
questa battaglia pigliamo ambedui medesmo che li cinge, è; circonfusa.
incontra Orlando, e un altro sia con lui. - Non cessa il messo a vela e a remi andare,
come quel che prestezza al bisogno usa,
53 che fu a Biserta; e trovò; Orlando quivi,
- Pur ch'io non resti fuor, non me ne lagno ch'a suoi le spoglie dividea e i captivi.

753
e spade cerca e lance in ogni lato
56 a sé; e a' compagni: che sappiate parme,
Lo 'nvito di Gradasso e d'Agramante che nessun d'essi avea le solite arme.
e di Sobrino in publico fu espresso,
tanto giocondo al principe d'Anglante, 59
che d'ampli doni onorar fece il messo. Orlando (come io v'ho detto più; volte)
Avea dai suoi compagni udito inante, de le sue sparse per furor la terra:
che Durindana al fianco s'avea messo agli altri ha Rodomonte le lor tolte,
il re Gradasso: onde egli, per desire ch'or alta torre in ripa un fiume serra.
di racquistarla, in India volea gire, Non se ne può; per Africa aver molte;
sì; perché; in Francia avea tratto alla guerra
57 il re Agramante ciò; ch'era di buono,
stimando non aver Gradasso altrove, sì; perché; poche in Africa ne sono.
poi ch'udì; che di Francia era partito.
Or più; vicin gli è; offerto luogo, dove 60
spera che 'l suo gli fia restituito. Ciò; che di ruginoso e di brunito
Il bel corno d'Almonte anco lo muove aver si può;, fa ragunare Orlando;
ad accettar sì; volentier lo 'nvito, e coi compagni intanto va pel lito
e Brigliador non men; che sapea in mano de la futura pugna ragionando.
esser venuti al figlio di Troiano. Gli avvien ch'essendo fuor del campo uscito
più; di tre miglia, e gli occhi al mare alzando,
58 vide calar con le vele alte un legno
Per compagno s'elegge alla battaglia verso il lito african senza ritegno.
il fedel Brandimarte e 'l suo cognato.
Provato ha quanto l'uno e l'altro vaglia; 61
sa che da trambi è; sommamente amato. Senza nocchieri e senza naviganti,
Buon destrier, buona piastra e buona maglia, sol come il vento e sua fortuna il mena,

754
venì;a con le vele alte il legno avanti, 64
tanto che se ritenne in su l'arena. Quindi si parte; ma prima rinuova
Ma prima che di questo più; vi canti, la convenzion che con Rinaldo avea;
l'amor ch'a Ruggier porto mi rimena che se pergiuro il suo Agramante trova,
alla sua istoria, e vuol ch'io vi racconte lo lascierà; con la sua setta rea.
di lui e del guerrier di Chiaramonte. Per quel giorno Ruggier fare altra prova
d'arme non volse; ma solo attendea
62 a fermar questo e quello, e a domandarlo
Di questi duo guerrier dissi che tratti chi prima roppe, o 'l re Agramante, o Carlo.
s'erano fuor del marziale agone,
viste convenzion rompere e patti, 65
e turbarsi ogni squadra e legione. Ode da tutto 'l mondo, che la parte
Chi prima i giuramenti abbia disfatti, del re Agramante fu, che roppe prima.
e stato sia di tanto mal cagione, Ruggiero ama Agramante, e se si parte
o l'imperator Carlo, o il re Agramante, da lui per questo, error non lieve stima.
studian saper da chi lor passa avante. Fur le gente africane e rotte e sparte
(questo ho già; detto inanzi), e da la cima
63 de la volubil ruota tratte al fondo,
Un servitor intanto di Ruggiero, come piacque a colei ch'aggira il mondo.
ch'era fedele e pratico ed astuto,
né; pel conflitto dei duo campi fiero 66
avea di vista il patron mai perduto, Tra sé; volve Ruggiero e fa discorso,
venne a trovarlo, e la spada e 'l destriero se restar deve, o il suo signor seguire.
gli diede, perché; a' suoi fosse in aiuto. Gli pon l'amor de la sua donna un morso
Montò; Ruggiero e la sua spada tolse, per non lasciarlo in Africa più; gire:
ma ne la zuffa entrar non però; volse. lo volta e gira, ed a contrario corso
lo sprona, e lo minaccia di punire,

755
se l' patto e 'l giuramento non tien saldo, né; Saracini vede, se non morti.
che fatto avea col paladin Rinaldo. Seco al partire ogni legno che v'era
trasse Agramante, e 'l resto arse nei porti.
67 Fallitogli il pensier, prese il camino
Non men da l'altra parte sferza e sprona verso Marsilia pel lito marino.
la vigilante e stimulosa cura,
che s'Agramante in quel caso abbandona, 70
a viltà; gli sia ascritto ed a paura. A qualche legno pensa dar di piglio,
Se del restar la causa parrà; buona ch'a prieghi o forza il porti all'altra riva.
a molti, a molti ad accettar fia dura. Già; v'era giunto del Danese il figlio
Molti diran che non si de' osservare con l'armata de' barbari captiva.
quel ch'era ingiusto e illicito a giurare. Non si avrebbe potuto un gran di miglio
gittar ne l'acqua: tanto la copriva
68 la spessa moltitudine de navi,
Tutto quel giorno e la notte seguente di vincitori e di prigioni, gravi.
stette solingo, e così; l'altro giorno,
pur travagliando la dubbiosa mente, 71
se partir deve o far quivi soggiorno. Le navi de' pagani, ch'avanzaro
Pel signor suo conclude finalmente dal fuoco e dal naufragio quella notte,
di fargli dietro in Africa ritorno. eccetto poche ch'in fuga n'andaro,
Potea in lui molto il coniugale amore, tutte a Marsilia avea Dudon condotte.
ma vi potea più; il debito e l'onore. Sette di quei ch'in Africa regnaro,
che, poi che le lor genti vider rotte,
69 con sette legni lor s'eran renduti,
Torna verso Arli; che trovarvi spera stavan dolenti, lacrimosi e muti.
l'armata ancor, ch'in Africa il trasporti:
né; legno in mar né; dentro alla rivera, 72

756
Era Dudon sopra la spiaggia uscito, ne fa cadere intorno più; di cento.
ch'a trovar Carlo andar volea quel giorno;
e de' captivi e de lor spoglie ordito 75
con lunga pompa avea un trionfo adorno. Dudone ode il rumor, la strage vede
Eran tutti i prigion stesi nel lito, che fa Ruggier, ma chi sia non conosce.
e i Nubi vincitori allegri intorno, Vede i suoi c'hanno in fuga volto il piede
che faceano del nome di Dudone con gran timor, con pianto e con angosce.
intorno risonar la regione. Presto il destrier, lo scudo e l'elmo chiede;
che già; avea armato e petto e braccia e cosce:
73 salta a cavallo e si fa dar la lancia,
Venne in speranza di lontan Ruggiero, e non oblia ch'è; paladin di Francia.
che questa fosse armata d'Agramante;
e, per saperne il vero, urtò; il destriero: 76
ma riconobbe, come fu più; inante, Grida che si ritiri ognun da canto,
il re de Nasamona prigionero, spinge il cavallo e fa sentir gli sproni.
Bambirago, Agricalte e Farurante, Ruggier cent'altri n'avea uccisi intanto,
Manilardo e Balastro e Rimedonte, e gran speranza dato a quei prigioni:
che piangendo tenean bassa la fronte. e come venir vide Dudon santo
solo a cavallo, e gli altri esser pedoni,
74 stimò; che capo e che signor lor fosse;
Ruggier che gli ama, sofferir non puote e contra lui con gran desir si mosse.
che stian ne la miseria in che li trova.
Quivi sa ch'a venir con le man vote, 77
senza usar forza, il pregar poco giova. Già; mosso prima era Dudon; ma quando
La lancia abbassa, e chi li tien percuote; senza lancia Ruggier vide venire,
e fa del suo valor l'usata prova; lunge da sé; la sua gittò;, sdegnando
stringe la spada, e in un piccol momento con tal vantaggio il cavallier ferire.

757
Ruggiero, al cortese atto riguardando, offender la sua donna, che potea;
disse fra sé;: - Costui non può; mentire, ed era certo, se spargea il terreno
ch'uno non sia di quei guerrier perfetti del sangue di costui, che la offendea
che paladin di Francia sono detti. (de le case di Francia istrutto a pieno,
la madre di Dudone esser sapea
78 Armelina sorella di Beatrice,
S'impetrar lo potrò;, vo' che 'l suo nome, ch'era di Bradamante genitrice):
inanzi che segua altro, mi palese; -
e così; domandollo: e seppe come 81
era Dudon figliuol d'Uggier danese. per questo mai di punta non gli trasse,
Dudon gravò; Ruggier poi d'ugual some, e di taglio rarissimo ferì;a.
e parimente lo trovò; cortese. Schermiasi, ovunque la mazza calasse,
Poi che i nomi tra lor s'ebbono detti, or ribattendo, or dandole la via.
si disfidaro, e vennero agli effetti. Crede Turpin che per Ruggier restasse,
che Dudon morto in pochi colpi avria:
79 né; mai, qualunque volta si scoperse,
Avea Dudon quella ferrata mazza ferir, se non di piatto, lo sofferse.
ch'in mille imprese gli diè; eterno onore:
con essa mostra ben ch'egli è; di razza 82
di quel Danese pien d'alto valore. Di piatto usar potea, come di taglio,
La spada ch'apre ogni elmo, ogni corazza, Ruggier la spada sua ch'avea gran schena;
di che non era al mondo la migliore, e quivi a strano giuoco di sonaglio
trasse Ruggiero, e fece paragone sopra Dudon con tanta forza mena,
di sua virtude al paladin Dudone. che spesso agli occhi gli pon tal barbaglio,
che si ritien di non cadere a pena.
80 Ma per esser più; grato a chi mi ascolta,
Ma perché; in mente ognora avea di meno io differisco il canto a un'altra volta.

758
mostrò; di cortesia sempre gran lume,
e par ch'ognor più; ne risplenda e lustri,
CANTO QUARANTUNESIMO fa che con chiaro indizio si presume,
che chi progenerò; gli Estensi illustri,
dovea d'ogni laudabile costume
1 che sublimar al ciel gli uomini suole,
L'odor ch'è; sparso in ben notrita e bella splender non men che fra le stelle il sole.
o chioma o barba o delicata vesta
di giovene leggiadro o di donzella, 4
ch'Amor sovente lacrimando desta, Ruggier, come in ciascun suo degno gesto,
se spira e fa sentir di sé; novella, d'alto valor, di cortesia solea
e dopo molti giorni ancora resta; dimostrar chiaro segno e manifesto,
mostra con chiaro ed evidente effetto, e sempre più; magnanimo apparea;
come a principio buono era e perfetto. così; verso Dudon lo mostrò; in questo,
col qual (come di sopra io vi dicea)
2 dissimulato avea quanto era forte,
L'almo liquor che ai meditori suoi per pietà; che gli avea di porlo a morte.
fece Icaro gustar con suo gran danno,
e che si dice che già; Celte e Boi 5
fe' passar l'Alpe e non sentir l'affanno; Avea Dudon ben conosciuto certo,
mostra che dolce era a principio, poi ch'ucciderlo Ruggier non l'ha voluto;
che si serva ancor dolce al fin de l'anno. perch'or s'ha ritrovato allo scoperto,
L'arbor ch'al tempo rio foglia non perde, or stanco sì;, che più; non ha potuto.
mostra ch'a primavera era ancor verde. Poi che chiaro comprende, e vede aperto
che gli ha rispetto, e che va ritenuto;
3 quando di forza e di vigor val meno,
L'inclita stirpe che per tanti lustri di cortesia non vuol cedergli almeno.

759
che par che ne sia il mar rimaso sanza.
6 Ne l'oscurar del giorno fece il vento
- Per Dio (dice), signor, pace facciamo; chiara la sua perfidia e 'l tradimento.
ch'esser non può; più; la vittoria mia:
esser non può; più; mia; che già; mi chiamo 9
vinto e prigion de la tua cortesia. - Mutossi da la poppa ne le sponde,
Ruggier rispose: - Ed io la pace bramo indi alla prora, e qui non rimase anco:
non men di te; ma che con patto sia, ruota la nave, ed i nocchier confonde;
che questi sette re c'hai qui legati, ch'or di dietro or dinanzi or loro è; al fianco.
lasci ch'in libertà; mi sieno dati. - Surgono altiere e minacciose l'onde:
mugliando sopra il mar va il gregge bianco.
7 Di tante morti in dubbio e in pena stanno,
E gli mostrò; quei sette re ch'io dissi quanto son l'acque ch'a ferir li vanno.
che stavano legati a capo chino;
e gli soggiunse che non gli impedissi 10
pigliar con essi in Africa il camino. Or da fronte or da tergo il vento spira;
E così; furo in libertà; remissi e questo inanzi, e quello a dietro caccia:
quei re; che gliel concesse il paladino; un altro da traverso il legno aggira;
e gli concesse ancor ch'un legno tolse, e ciascun pur naufragio gli minaccia.
quel ch'a lui parve, e verso Africa sciolse. Quel che siede al governo, alto sospira
pallido e sbigottito ne la faccia;
8 e grida invano, e invan con mano accenna
Il legno sciolse, e fe' scioglier la vela, or di voltare, or di calar l'antenna.
e se diè; al vento perfido in possanza,
che da principio la gonfiata tela 11
drizzò; a camino, e diè; al nocchier baldanza. Ma poco il cenno, e 'l gridar poco vale:
Il lito fugge, e in tal modo si cela, tolto è; 'l veder da la piovosa notte.

760
La voce, senza udirsi, in aria sale, 14
in aria che ferì;a con maggior botte Tutta sotto acqua va la destra banda,
de' naviganti il grido universale, e sta per riversar di sopra il fondo.
e 'l fremito de l'onde insieme rotte: Ognun, gridando, a Dio si raccomanda;
e in prora e in poppa e in amendue le bande che più; che certi son gire al profondo.
non si può; cosa udir, che si commande. D'uno in un altro mal fortuna manda:
il primo scorre, e vien dietro il secondo.
12 Il legno vinto in più; parti si lassa,
Da la rabbia del vento che si fende e dentro l'inimica onda vi passa.
ne le ritorte, escono orribil suoni:
di spessi lampi l'aria si raccende, 15
risuona 'l ciel di spaventosi tuoni. Muove crudele e spaventoso assalto
V'è; chi corre al timon, chi i remi prende; da tutti i lati il tempestoso verno.
van per uso agli uffici a che son buoni: Veggon talvolta il mar venir tant'alto,
chi s'affatica a sciorre e chi a legare; che par ch'arrivi insin al ciel superno.
vota altri l'acqua, e torna il mar nel mare. Talor fan sopra l'onde in su tal salto,
ch'a mirar giù; par lor veder lo 'nferno.
13 O nulla o poca speme è; che conforte;
Ecco stridendo l'orribil procella e sta presente inevitabil morte.
che 'l repentin furor di borea spinge,
la vela contra l'arbore flagella: 16
il mar si leva, e quasi il cielo attinge. Tutta la notte per diverso mare
Frangonsi i remi; e di fortuna fella scorsero errando ove cacciolli il vento;
tanto la rabbia impetuosa stringe, il fiero vento che dovea cessare
che la prora si volta, e verso l'onda nascendo il giorno, e ripigliò; augumento.
fa rimaner la disarmata sponda. Ecco dinanzi un nudo scoglio appare:
voglion schivarlo, e non v'hanno argumento.

761
Li porta, lor mal grado, a quella via campar su quel battel fece disegno:
il crudo vento e la tempesta ria. ma lo trovò; sì; carco di persone,
e tante venner poi, che l'acque il segno
17 passaro in guisa, che per troppo pondo
Tre volte e quattro il pallido nocchiero con tutto il carco andò; il legnetto al fondo:
mette vigor perché; 'l timon sia volto
e trovi più; sicuro altro sentiero; 20
ma quel si rompe, e poi dal mar gli è; tolto. del mare al fondo: e seco trasse quanti
Ha sì; la vela piena il vento fiero, lasciaro a sua speranza il maggior legno.
che non si può; calar poco né; molto: Allor s'udì; con dolorosi pianti
né; tempo han di riparo o di consiglio; chiamar soccorso dal celeste regno:
che troppo appresso è; quel mortal periglio. ma quelle voci andaro poco inanti,
che venne il mar pien d'ira e di disdegno,
18 e subito occupò; tutta la via
Poi che senza rimedio si comprende onde il lamento e il flebil grido uscia.
la irreparabil rotta de la nave,
ciascuno al suo privato utile attende, 21
ciascun salvar la vita sua cura have. Altri là; giù;, senza apparir più;, resta;
Chi può; più; presto al palischermo scende; altri risorge e sopra l'onde sbalza;
ma quello è; fatto subito sì; grave chi vien nuotando e mostra fuor la testa,
per tanta gente che sopra v'abbonda, chi mostra un braccio, e chi una gamba scalza.
che poco avanza a gir sotto la sponda. Ruggier che 'l minacciar de la tempesta
temer non vuol, dal fondo al sommo s'alza,
19 e vede il nudo scoglio non lontano,
Ruggier che vide il comite e 'l padrone ch'egli e i compagni avean fuggito invano.
e gli altri abbandonar con fretta il legno,
come senz'arme si trovò; in giubbone, 22

762
Spera, per forza di piedi e di braccia come di sopra io vi narrava, Orlando.
nuotando, di salir sul lito asciutto.
Soffiando viene, e lungi da la faccia 25
l'onda respinge e l'importuno flutto. E disioso di saper se fusse
Il vento intanto e la tempesta caccia la nave sola, e fusse o vota o carca,
il legno voto, e abbandonato in tutto con Brandimarte a quella si condusse
da quelli che per lor pessima sorte e col cognato, in su una lieve barca.
il disio di campar trasse alla morte. Poi che sotto coverta s'introdusse,
tutta la ritrovò; d'uomini scarca:
23 vi trovò; sol Frontino il buon destriero,
Oh fallace degli uomini credenza! l'armatura e la spada di Ruggiero;
campò; la nave che dovea perire;
quando il padrone e i galleotti senza 26
governo alcun l'avean lasciata gire. di cui fu per campar tanto la fretta,
Parve che si mutasse di sentenza ch'a tor la spada non ebbe pur tempo.
il vento, poi che ogni uom vide fuggire: Conobbe quella il paladin, che detta
fece che 'l legno a miglior via si torse, fu Balisarda, e che già; sua fu un tempo.
né; toccò; terra, e in sicura onda corse. So che tutta l'istoria avete letta,
come la tolse a Falerina, al tempo
24 che le distrusse anco il giardin sì; bello,
E dove col nocchier tenne via incerta, e come a lui poi la rubò; Brunello;
poi che non l'ebbe, andò; in Africa al dritto,
e venne a capitar presso a Biserta 27
tre miglia o due, dal lato verso Egitto; e come sotto il monte di Carena
e ne l'arena sterile e deserta Brunel ne fe' a Ruggier libero dono.
restò;, mancando il vento e l'acqua, fitto. Di che taglio ella fosse e di che schena,
Or quivi sopravenne, a spasso andando, n'avea già; fatto esperimento buono;

763
io dico Orlando: e però; n'ebbe piena studia aver ricco e nuovo abito indosso.
letizia, e ringrazionne il sommo Trono; Orlando riccamar fa nel quartiero
e si credette (e spesso il disse dopo), l'alto Babel dal fulmine percosso.
che Dio gliele mandasse a sì; grande uopo: Un can d'argento aver vuole Oliviero,
che giaccia, e che la lassa abbia sul dosso,
28 con un motto che dica: Fin che vegna:
a sì; grande uopo, come era, dovendo e vuol d'oro la vesta e di sé; degna.
condursi col signor di Sericana;
ch'oltre che di valor fosse tremendo, 31
sapea ch'avea Baiardo e Durindana. Fece disegno Brandimarte, il giorno
L'altra armatura, non la conoscendo, de la battaglia, per amor del padre,
non apprezzò; per cosa sì; soprana, e per suo onor, di non andare adorno
come chi ne fe' prova apprezzò; quella, se non di sopraveste oscure ed adre.
per buona sì;, ma per più; ricca e bella. Fiordiligi le fe' con fregio intorno,
quanto più; seppe far, belle e leggiadre.
29 Di ricche gemme il fregio era contesto;
E perché; gli facean poco mestiero d'un schietto drappo e tutto nero il resto.
l'arme (ch'era inviolabile e affatato),
contento fu che l'avesse Oliviero; 32
il brando no, che sel pose egli a lato: Fece la donna di sua man le sopra-
a Brandimarte consegnò; il destriero. vesti a cui l'arme converrian più; fine,
Così; diviso ed ugualmente dato de' quai l'osbergo il cavallier si cuopra,
volse che fosse a ciaschedun compagno e la groppa al cavallo e 'l petto e 'l crine.
ch'insieme si trovar, di quel guadagno. Ma da quel dì; che cominciò; quest'opra,
continuando a quel che le diè; fine,
30 e dopo ancora, mai segno di riso
Pel dì; de la battaglia ogni guerriero far non poté;, né; d'allegrezza in viso.

764
dei tre buon cavallier l'aura seconda.
33 Andò; il legno a trovar l'isola al dritto,
Sempre ha timor nel cor, sempre tormento ove far si dovea tanto conflitto.
che Brandimarte suo non le sia tolto.
Già; l'ha veduto in cento lochi e cento 36
in gran battaglie e perigliose avvolto; Sceso nel lito il cavallier d'Anglante,
né; mai, come ora, simile spavento il cognato Oliviero e Brandimarte,
le agghiacciò; il sangue e impallidille il volto: col padiglione il lato di levante
e questa novità; d'aver timore primi occupar; né; forse il fer senz'arte.
le fa tremar di doppia tema il core. Giunse quel dì; medesimo Agramante,
e s'accampò; da la contraria parte;
34 ma perché; molto era inchinata l'ora,
Poi che son d'arme e d'ogni arnese in punto, differir la battaglia ne l'aurora.
alzano al vento i cavallier le vele.
Astolfo e Sansonetto con l'assunto 37
riman del grande esercito fedele. Di qua e di là; sin alla nuova luce
Fiordiligi col cor di timor punto, stanno alla guardia i servitori armati.
empiendo il ciel di voti e di querele, La sera Brandimarte si conduce
quanto con vista seguitar le puote, là; dove i Saracin sono alloggiati,
segue le vele in alto mar remote. e parla, con licenza del suo duce,
al re african; ch'amici erano stati:
35 e Brandimarte già; con la bandiera
Astolfo a gran fatica e Sansonetto del re Agramante in Francia passato era.
poté; levarla dal mirar ne l'onda
e ritrarla al palagio, ove sul letto 38
la lasciaro affannata e tremebonda. Dopo i saluti e 'l giunger mano a mano,
Portava intanto il bel numero eletto molte ragion, sì; come amico, disse

765
il fedel cavalliero al re pagano, 41
perché; a questa battaglia non venisse: Quando uccidiate Orlando, e noi venuti
e di riporgli ogni cittade in mano, qui per morire o vincere con lui,
che sia tra 'l Nilo e 'l segno ch'Ercol fisse, io non veggo per questo che i perduti
con volontà; d'Orlando gli offeria, domini a racquistar s'abbian per vui.
se creder volea al Figlio di Maria. Né; dovete sperar che sì; si muti
lo stato de le cose, morti nui,
39 ch'uomini a Carlo manchino da porre
- Perché; sempre v'ho amato ed amo molto, quivi a guardar fin all'estrema torre. -
questo consiglio (gli dicea) vi dono;
e quando già;, signor, per me l'ho tolto, 42
creder potete ch'io l'estimo buono. Così; parlava Brandimarte, ed era
Cristo conobbi Dio, Maumette stolto; per suggiungere ancor molte altre cose;
e bramo voi por ne la via in ch'io sono: ma fu con voce irata e faccia altiera
ne la via di salute, signor, bramo dal pagano interrotto, che rispose:
che siate meco, e tutti gli altri ch'amo. - Temerità; per certo e pazzia vera
è; la tua, e di qualunque che si pose
40 a consigliar mai cosa o buona o ria,
Qui consiste il ben vostro; né; consiglio ove chiamato a consigliar non sia.
altro potete prender, che vi vaglia;
e men di tutti gli altri, se col figlio 43
di Milon vi mettete alla battaglia; E che 'l consiglio che mi dai, proceda
che 'l guadagno del vincere al periglio da ben che m'hai voluto e vuommi ancora,
de la perdita grande non si agguaglia. io non so, a dire il ver, come io tel creda,
Vincendo voi, poco acquistar potete; quando qui con Orlando ti veggo ora.
ma non perder già; poco, se perdete. Crederò; ben, tu che ti vedi in preda
di quel dragon che l'anime devora,

766
che brami teco nel dolore eterno non vi fu indugio, non vi fu intervallo,
tutto 'l mondo poter trarre all'inferno. che i ferri de le lance hanno abbassati.
Ma mi parria, Signor, far troppo fallo,
44 se, per voler di costor dir, lasciassi
Ch'io vinca o perda, o debba nel mio regno tanto Ruggier nel mar, che v'affogassi.
tornare antiquo, o sempre starne in bando,
in mente sua n'ha Dio fatto disegno, 47
il qual né; io, né; tu, né; vede Orlando. Il giovinetto con piedi e con braccia
Sia quel che vuol, non potrà; ad atto indegno percotendo venì;a l'orribil onde.
di re inchinarmi mai timor nefando. Il vento e la tempesta gli minaccia;
S'io fossi certo di morir, vo' morto ma più; la coscienza lo confonde.
prima restar, ch'al sangue mio far torto. Teme che Cristo ora vendetta faccia;
che, poi che battezzar ne l'acque monde,
45 quando ebbe tempo, sì; poco gli calse,
Or ti puoi ritornar; che se migliore or si battezzi in queste amare e salse.
non sei dimani in questo campo armato,
che tu mi sia paruto oggi oratore, 48
mal troverassi Orlando accompagnato. - Gli ritornano a mente le promesse
Queste ultime parole usciron fuore che tante volte alla sua donna fece;
del petto acceso d'Agramante irato. quel che giurato avea quando si messe
Ritornò; l'uno e l'altro, e ripososse, contra Rinaldo, e nulla satisfece.
fin che del mare il giorno uscito fosse. A Dio, ch'ivi punir non lo volesse,
pentito disse quattro volte e diece;
46 e fece voto di core e di fede
Nel biancheggiar de la nuova alba armati, d'esser cristian, se ponea in terra il piede:
e in un momento fur tutti a cavallo.
Pochi sermon si son tra loro usati: 49

767
e mai più; non pigliar spada né; lancia e di morirvi di disagio al fine.
contra ai fedeli in aiuto de' Mori;
ma che ritorneria subito in Francia, 52
e a Carlo renderia debiti onori; Ma pur col core indomito, e costante
né; Bradamante più; terrebbe a ciancia, di patir quanto è; in ciel di lui prescritto,
e verria a fine onesto dei suo' amori. pei duri sassi l'intrepide piante
Miracol fu, che sentì; al fin del voto mosse, poggiando invêr la cima al dritto.
crescersi forza e agevolarsi il nuoto. Non era cento passi andato inante,
che vide d'anni e d'astinenze afflitto
50 uom ch'avea d'eremita abito e segno,
Cresce la forza e l'animo indefesso: di molta riverenza e d'onor degno;
Ruggier percuote l'onde e le respinge,
l'onde che seguon l'una all'altra presso, 53
di che una il leva, un'altra lo sospinge. che, come gli fu presso: - Saulo, Saulo,
Così; montando e discendendo spesso (gridò;), perché; persegui la mia fede?
con gran travaglio, al fin l'arena attinge; (come allor il Signor disse a san Paulo,
e da la parte onde s'inchina il colle che 'l colpo salutifero gli diede).
più; verso il mar, esce bagnato e molle. Passar credesti il mar, né; pagar naulo,
e defraudare altrui de la mercede.
51 Vedi che Dio, c'ha lunga man, ti giunge
Fur tutti gli altri che nel mar si diero, quando tu gli pensasti esser più; lunge. -
vinti da l'onde, e al fin restar ne l'acque.
Nel solitario scoglio uscì; Ruggiero, 54
come all'alta Bontà; divina piacque. E seguitò; il santissimo eremita,
Poi che fu sopra il monte inculto e fiero il qual la notte inanzi avuto avea
sicur dal mar, nuovo timor gli nacque in vision da Dio, che con sua aita
d'avere esilio in sì; strette confine, allo scoglio Ruggier giunger dovea:

768
e di lui tutta la passata vita, una piccola chiesa che risponde
e la futura, e ancor la morte rea, all'oriente, assai commoda e bella:
figli e nipoti ed ogni discendente di sotto un bosco scende sin all'onde,
gli avea Dio rivelato interamente. di lauri e di ginepri e di mortella,
e di palme fruttifere e feconde;
55 che riga sempre una liquida fonte,
Seguitò; l'eremita riprendendo che mormorando cade giù; dal monte.
prima Ruggiero; e al fin poi confortollo.
Lo riprendea ch'era ito differendo 58
sotto il soave giogo a porre il collo; Eran degli anni ormai presso a quaranta
e quel che dovea far, libero essendo, che su lo scoglio il fraticel si messe;
mentre Cristo pregando a sé; chiamollo, ch'a menar vita solitaria e santa
fatto avea poi con poca grazia, quando luogo oportuno il Salvator gli elesse.
venir con sferza il vide minacciando. Di frutte colte or d'una or d'altra pianta,
e d'acqua pura la sua vita resse,
56 che valida e robusta e senza affanno
Poi confortollo che non niega il cielo era venuta all'ottantesimo anno.
tardi o per tempo Cristo a chi gliel chiede;
e di quelli operarii del Vangelo 59
narrò;, che tutti ebbono ugual mercede. Dentro la cella il vecchio accese il fuoco,
Con caritade e con devoto zelo e la mensa ingombrò; di vari frutti,
lo venne ammaestrando ne la fede, ove si ricreò; Ruggiero un poco,
verso la cella sua con lento passo, poscia ch'i panni e i capelli ebbe asciutti.
ch'era cavata a mezzo il duro sasso. Imparò; poi più; ad agio in questo loco
de nostra fede i gran misteri tutti;
57 ed alla pura fonte ebbe battesmo
Di sopra siede alla devota cella il dì; seguente dal vecchio medesmo.

769
fia da la moglie e da la sua sorella.
60 E che col ventre pien per lunga via
Secondo il luogo, assai contento stava da la moglie fedel cercato fia.
quivi Ruggier; che 'l buon servo di Dio
fra pochi giorni intenzion gli dava 63
di rimandarlo ove più; avea disio. Fra l'Adice e la Brenta a piè; de' colli
Di molte cose intanto ragionava ch'al troiano Antenò;r piacqueno tanto,
con lui sovente, or al regno di Dio, con le sulfuree vene e rivi molli,
or agli propri casi appertinenti, con lieti solchi e prati ameni a canto,
or del suo sangue alle future genti. che con l'alta Ida volentier mutolli,
col sospirato Ascanio e caro Xanto,
61 a parturir verrà; ne le foreste
Avea il Signor, che 'l tutto intende e vede, che son poco lontane al frigio Ateste.
rivelato al santissimo eremita,
che Ruggier da quel dì; ch'ebbe la fede, 64
dovea sette anni, e non più;, stare in vita; E ch'in bellezza ed in valor cresciuto
che per la morte che sua donna diede il parto suo, che pur Ruggier fia detto,
a Pinabel, ch'a lui fia attribuita, e del sangue troian riconosciuto
saria, e per quella ancor di Bertolagi, da quei Troiani, in lor signor fia elletto;
morto dai Maganzesi empi e malvagi. e poi da Carlo, a cui sarà; in aiuto
incontra i Longobardi giovinetto,
62 dominio giusto avrà; del bel paese,
E che quel tradimento andrà; sì; occulto, e titolo onorato di marchese.
che non se n'udirà; di fuor novella;
perché; nel proprio loco fia sepulto 65
ove anco ucciso da la gente fella: E perché; dirà; Carlo in latino: - <EM>Este</EM>
per questo tardi vendicato ed ulto signori qui, - quando faragli il dono,

770
nel secolo futur nominato Este 68
sarà; il bel luogo con augurio buono; In questo tempo Orlando e Brandimarte
e così; lascierà; il nome d'Ateste e 'l marchese Olivier col ferro basso
de le due prime note il vecchio suono. vanno a trovare il saracino Marte
Avea Dio ancora al servo suo predetta (che così; nominar si può; Gradasso)
di Ruggier la futura aspra vendetta: e gli altri duo che da contraria parte
han mosso i buon destrier più; che di passo;
66 io dico il re Agramante e 'l re Sobrino:
ch'in visione alla fedel consorte rimbomba al corso il lito e 'l mar vicino.
apparirà; dinanzi al giorno un poco;
e le dirà; chi l'avrà; messo a morte, 69
e, dove giacerà;, mostrerà; il loco: Quando allo scontro vengono a trovarsi,
onde ella poi con la cognata forte e in tronchi vola al ciel rotta ogni lancia,
distruggerà; Pontieri a ferro e a fuoco; del gran rumor fu visto il mar gonfiarsi,
né; farà; a' Maganzesi minor danni del gran rumor che s'udì; sino in Francia.
il figlio suo Ruggiero, ov'abbia gli anni. Venne Orlando e Gradasso a riscontrarsi;
e potea stare ugual questa bilancia,
67 se non era il vantaggio di Baiardo,
D'Azzi, d'Alberti, d'Obici discorso che fe' parer Gradasso più; gagliardo.
fatto gli aveva, e di lor stirpe bella,
insino a Nicolò;, Leonello, Borso, 70
Ercole, Alfonso, Ippolito e Issabella. Percosse egli il destrier di minor forza,
Ma il santo vecchio, ch'alla lingua ha il morso, ch'Orlando avea, d'un urto così; strano,
non di quanto egli sa però; favella: che lo fece piegare a poggia e ad orza,
narra a Ruggier quel che narrar conviensi; e poi cader, quanto era lungo, al piano.
e quel ch'in sé; de' ritener, ritiensi. Orlando di levarlo si risforza
tre volte e quattro, e con sproni e con mano;

771
e quando al fin nol può; levar, ne scende, tanto lo stringe e tanto lo travaglia;
lo scudo imbraccia, e Balisarda prende. si volge intorno, e similmente a piede
vede Sobrin che sta senza battaglia.
71 Vêr lui s'aventa; e al muover de le piante
Scontrossi col re d'Africa Oliviero; fa il ciel tremar del suo fiero sembiante.
e fur di quello incontro a paro a paro.
Brandimarte restar senza destriero 74
fece Sobrin: ma non si seppe chiaro Sobrin che di tanto uom vede l'assalto,
se v'ebbe il destrier colpa o il cavalliero; stretto ne l'arme s'apparecchia tutto:
ch'avezzo era cader Sobrin di raro. come nocchiero a cui vegna a gran salto
O del destriero o suo pur fosse il fallo, muggendo incontra il minaccioso flutto,
Sobrin si ritrovò; giù; del cavallo. drizza la prora; e quando il mar tant'alto
vede salire, esser vorria all'asciutto.
72 Sobrin lo scudo oppone alla ruina
Or Brandimarte che vide per terra che da la spada vien di Falerina.
il re Sobrin, non l'assalì; altrimente,
ma contra il re Gradasso si disserra, 75
ch'avea abbattuto Orlando parimente. Di tal finezza è; quella Balisarda,
Tra il marchese e Agramante andò; la guerra che l'arme le puon far poco riparo;
come fu cominciata primamente: in man poi di persona sì; gagliarda,
poi che si roppon l'aste negli scudi, in man d'Orlando, unico al mondo o raro,
s'eran tornati incontra a stocchi ignudi. taglia lo scudo; e nulla la ritarda,
perché; cerchiato sia tutto d'acciaro:
73 taglia lo scudo e sino al fondo fende,
Orlando, che Gradasso in atto vede, e sotto a quello in su la spalla scende.
che par ch'a lui tornar poco gli caglia;
né; tornar Brandimarte gli concede, 76

772
Scende alla spalla; e perché; la ritrovi e di destriero, e forse di possanza.
di doppia lama e di maglia coperta,
non vuol però; che molto ella le giovi, 79
che di gran piaga non la lasci aperta. L'ardito Brandimarte in su Frontino,
Mena Sobrin; ma indarno è; che si provi quel buon destrier che di Ruggier fu dianzi,
ferire Orlando, a cui per grazia certa si porta così; ben col Saracino,
diede il Motor del cielo e de le stelle, che non par già; che quel troppo l'avanzi:
che mai forar non se gli può; la pelle. e s'egli avesse osbergo così; fino
come il pagan, gli staria meglio inanzi;
77 ma gli convien (che mal si sente armato)
Radoppia il colpo il valoroso conte, spesso dar luogo or d'uno or d'altro lato.
e pensa da le spalle il capo torgli.
Sobrin che sa il valor di Chiaramonte, 80
e che poco gli val lo scudo opporgli, Altro destrier non è; che meglio intenda
s'arretra, ma non tanto, che la fronte di quel Frontino il cavalliero a cenno:
non venisse anco Balisarda a corgli. par che dovunque Durindana scenda,
Di piatto fu, ma il colpo tanto fello, or quinci or quindi abbia a schivarla senno.
ch'amaccò; l'elmo, e gl'intronò; il cervello. Agramante e Olivier battaglia orrenda
altrove fanno, e giudicar si denno
78 per duo guerrier di pari in arme accorti,
Cadde Sobrin del fiero colpo in terra, e pochi differenti in esser forti.
onde a gran pezzo poi non è; risorto.
Crede finita aver con lui la guerra 81
il paladino, e che si giaccia morto; Avea lasciato, come io dissi, Orlando
e verso il re Gradasso si disserra, Sobrino in terra; e contra il re Gradasso,
che Brandimarte non meni a mal porto: soccorrer Brandimarte disiando,
che 'l pagan d'arme e di spada l'avanza come si trovò; a piè;, venì;a a gran passo.

773
Era vicin per assalirlo, quando lasciò; ferito il re di Sericana,
vide in mezzo del campo andare a spasso di cui non fu mai tratto sangue, poscia
il buon cavallo onde Sobrin fu spinto; ch'ebbe quell'arme: or gli par cosa strana
e per averlo, presto si fu accinto. che quella spada (e n'ha dispetto e angoscia)
le tagli or sì;; né; pur è; Durindana.
82 E se più; lungo il colpo era o più; appresso,
Ebbe il destrier, che non trovò; contesa, l'avria dal capo insino al ventre fesso.
e levò; un salto, ed entrò; ne la sella.
Ne l'una man la spada tien sospesa, 85
mette l'altra alla briglia ricca e bella. Non bisogna più; aver ne l'arme fede,
Gradasso vede Orlando, e non gli pesa, come avea dianzi; che la prova è; fatta.
ch'a lui ne viene, e per nome l'appella. Con più; riguardo e più; ragion procede,
Ad esso e a Brandimarte e all'altro spera che non solea; meglio al parar si adatta.
far parer notte, e che non sia ancor sera. Brandimarte ch'Orlando entrato vede,
che gli ha di man quella battaglia tratta,
83 si pone in mezzo all'una e all'altra pugna,
Voltasi al conte, e Brandimarte lassa, perché; in aiuto, ove è; bisogno, giugna.
e d'una punta lo trova al camaglio:
fuor che la carne, ogni altra cosa passa: 86
per forar quella è; vano ogni travaglio. Essendo la battaglia in tale istato,
Orlando a un tempo Balisarda abbassa: Sobrin, ch'era giaciuto in terra molto,
non vale incanto ov'ella mette il taglio. si levò;, poi ch'in sé; fu ritornato;
L'elmo, lo scudo, l'osbergo e l'arnese, e molto gli dolea la spalla e 'l volto:
venne fendendo in giù; ciò; ch'ella prese; alzò; la vista e mirò; in ogni lato;
poi dove vide il suo signor, rivolto,
84 per dargli aiuto i lunghi passi torse
e nel volto e nel petto e ne la coscia tacito sì;, ch'alcun non se n'accorse.

774
sì; che si può; difender con la spada,
87 di qua di là; tanto percuote e punge,
Vien dietro ad Olivier che tenea gli occhi che, quanta è; lunga, fa Sobrin star lunge.
al re Agramante e poco altro attendea;
e gli ferì; nei deretan ginocchi 90
il destrier di percossa in modo rea, Spera, s'alquanto il tien da sé; rispinto,
che senza indugio è; forza che trabocchi. in poco spazio uscir di quella pena.
Cade Olivier, né; 'l piede aver potea, Tutto di sangue il vede molle e tinto,
il manco piè;, ch'al non pensato caso e che ne versa tanto in su l'arena,
sotto il cavallo in staffa era rimaso. che gli par ch'abbia tosto a restar vinto:
debole è; sì;, che si sostiene a pena.
88 Fa per levarsi Olivier molte prove,
Sobrin radoppia il colpo, e di riverso né; da dosso il destrier però; si muove.
gli mena, e se gli crede il capo torre;
ma lo vieta l'acciar lucido e terso, 91
che temprò; già; Vulcan, portò; già; Ettorre. Trovato ha Brandimarte il re Agramante,
Vede il periglio Brandimarte, e verso e cominciato a tempestargli intorno:
il re Sobrino a tutta briglia corre; or con Frontin gli è; al fianco, or gli è; davante,
e lo fere in sul capo, e gli dà; d'urto; con quel Frontin che gira come un torno.
ma il fiero vecchio è; tosto in piè; risurto; Buon cavallo ha il figliuol di Monodante:
non l'ha peggiore il re di Mezzogiorno;
89 ha Brigliador che gli donò; Ruggiero
e torna ad Olivier per dargli spaccio, poi che lo tolse a Mandricardo altiero.
sì; ch'espedito all'altra vita vada;
o non lasciare almen ch'esca d'impaccio, 92
ma che si stia sotto 'l cavallo a bada. Vantaggio ha bene assai de l'armatura;
Olivier c'ha di sopra il miglior braccio, a tutta prova l'ha buona e perfetta.

775
Brandimarte la sua tolse a ventura, 95
qual poté; avere a tal bisogno in fretta: Gradasso disperato, che si vede
ma sua animosità; sì; l'assicura, del proprio sangue tutto molle e brutto,
ch'in miglior tosto di cangiarla aspetta; e ch'Orlando del suo dal capo al piede
come che 'l re african d'aspra percossa sta dopo tanti colpi ancora asciutto;
la spalla destra gli avea fatta rossa; leva il brando a due mani, e ben si crede
partirgli il capo, il petto, il ventre e 'l tutto:
93 e a punto, come vuol, sopra la fronte
e serbi da Gradasso anco nel fianco percuote a mezza spada il fiero conte.
piaga da non pigliar però; da giuoco.
Tanto l'attese al varco il guerrier franco, 96
che di cacciar la spada trovò; loco. E s'era altro ch'Orlando, l'avria fatto,
Spezzò; lo scudo, e ferì; il braccio manco, l'avria sparato fin sopra la sella:
e poi ne la man destra il toccò; un poco. ma, come colto l'avesse di piatto,
Ma questo un scherzo si può; dire e un spasso la spada ritornò; lucida e bella.
verso quel che fa Orlando e 'l re Gradasso. De la percossa Orlando stupefatto,
vide, mirando in terra, alcuna stella:
94 lasciò; la briglia, e 'l brando avria lasciato;
Gradasso ha mezzo Orlando disarmato; ma di catena al braccio era legato.
l'elmo gli ha in cima e da dui lati rotto,
e fattogli cader lo scudo al prato, 97
osbergo e maglia apertagli di sotto: Del suon del colpo fu tanto smarrito
non l'ha ferito già;, ch'era affatato. il corridor ch'Orlando avea sul dorso,
Ma il paladino ha lui peggio condotto: che discorrendo il polveroso lito,
in faccia, ne la gola, in mezzo il petto mostrando gì;a quanto era buono al corso.
l'ha ferito, oltre a quel che già; v'ho detto. De la percossa il conte tramortito,
non ha valor di ritenergli il morso.

776
Segue Gradasso, e l'avria tosto giunto, viaggi, in porto ormai lega le vele.
poco più; che Baiardo avesse punto. Ah Durindana, dunque esser tu puoi
al tuo signore Orlando sì; crudele,
98 che la più; grata compagnia e più; fida
Ma nel voltar degli occhi, il re Agramante ch'egli abbia al mondo, inanzi tu gli uccida?
vide condotto all'ultimo periglio:
che ne l'elmo il figliuol di Monodante 101
col braccio manco gli ha dato di piglio; Di ferro un cerchio grosso era duo dita
e glie l'ha dislacciato già; davante, intorno all'elmo, e fu tagliato e rotto
e tenta col pugnal nuovo consiglio: dal gravissimo colpo, e fu partita
né; gli può; far quel re difesa molta, la cuffia de l'acciar ch'era di sotto.
perché; di man gli ha ancor la spada tolta. Brandimarte con faccia sbigottita
giù; del destrier si riversciò; di botto;
99 e fuor del capo fe' con larga vena
Volta Gradasso, e più; non segue Orlando, correr di sangue un fiume in su l'arena.
ma, dove vede il re Agramante, accorre.
L'incauto Brandimarte, non pensando 102
ch'Orlando costui lasci da sé; torre, Il conte si risente, e gli occhi gira,
non gli ha né; gli occhi né; 'l pensiero, instando ed ha il suo Brandimarte in terra scorto;
il coltel ne la gola al pagan porre. e sopra in atto il Serican gli mira,
Giunge Gradasso, e a tutto suo potere che ben conoscer può; che glie l'ha morto.
con la spada a due man l'elmo gli fere. Non so se in lui poté; più; il duolo o l'ira;
ma da piangere il tempo avea sì; corto,
100 che restò; il duolo, e l'ira uscì; più; in fretta.
Padre del ciel, dà; fra gli eletti tuoi Ma tempo è; ormai che fine al canto io metta.
spiriti luogo al martir tuo fedele,
che giunto al fin de' tempestosi suoi

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CANTO QUARANTADUESIMO ch'ognun pensò; che l'alma gita fosse:
l'accese in tal furor, che non difese
vostri inimici argini o mura o fosse,
1 che non fossino insieme tutti morti,
Qual duro freno o qual ferrigno nodo, senza lasciar chi la novella porti.
qual, s'esser può;, catena di diamante
farà; che l'ira servi ordine e modo, 4
che non trascorra oltre al prescritto inante, Il vedervi cader causò; il dolore
quando persona che con saldo chiodo che i vostri a furor mosse e a crudeltade.
t'abbia già; fissa Amor nel cor costante, S'eravate in piè; voi, forse minore
tu vegga o per violenza o per inganno licenza avriano avute le lor spade.
patire o disonore o mortal danno? Eravi assai, che la Bastia in manche ore
v'aveste ritornata in potestade,
2 che tolta in giorni a voi non era stata
E s'a crudel, s'ad inumano effetto da gente cordovese e di Granata.
quell'impeto talor l'animo svia,
merita escusa, perché; allor del petto 5
non ha ragione imperio né; balì;a. Forse fu da Dio vindice permesso
Achille, poi che sotto il falso elmetto che vi trovaste a quel caso impedito,
vide Patrò;clo insanguinar la via, acciò; che 'l crudo e scelerato eccesso
d'uccider chi l'uccise non fu sazio, che dianzi fatto avean, fosse punito:
se nol traea, se non ne facea strazio. che, poi ch'in lor man vinto si fu messo
il miser Vestidel, lasso e ferito,
3 senz'arme fu tra cento spade ucciso
Invitto Alfonso, simile ira accese dal popul la più; parte circonciso.
la vostra gente il dì; che vi percosse
la fronte il grave sasso, e sì; v'offese, 6

778
Ma perch'io vo' concludere, vi dico ove il capo si termina col busto.
che nessun'altra quell'ira pareggia,
quando signor, parente, o sozio antico 9
dinanzi agli occhi ingiuriar ti veggia. Sciolto era l'elmo e disarmato il collo,
Dunque è; ben dritto per sì; caro amico, sì; che lo tagliò; netto come un giunco.
che subit'ira il cor d'Orlando feggia; Cadde, e diè; nel sabbion l'ultimo crollo
che de l'orribil colpo che gli diede del regnator di Libia il grave trunco.
il re Gradasso, morto in terra il vede. Corse lo spirto all'acque, onde tirollo
Caron nel legno suo col graffio adunco.
7 Orlando sopra lui non si ritarda,
Quel nomade pastor che vedut'abbia ma trova il Serican con Balisarda.
fuggir strisciando l'orrido serpente
che il figliuol che giocava ne la sabbia, 10
ucciso gli ha col venenoso dente, Come vide Gradasso d'Agramante
stringe il baston con colera e con rabbia; cadere il busto dal capo diviso;
tal la spada d'ogni altra più; tagliente quel ch'accaduto mai non gli era inante,
stringe con ira il cavallier d'Anglante: tremò; nel core e si smarrì; nel viso;
il primo che trovò;, fu 'l re Agramante; e all'arrivar del cavallier d'Anglante,
presago del suo mal, parve conquiso.
8 Per schermo suo partito alcun non prese,
che sanguinoso e de la spada privo, quando il colpo mortal sopra gli scese.
con mezzo scudo e con l'elmo disciolto,
e ferito in più; parti ch'io non scrivo, 11
s'era di man di Brandimarte tolto, Orlando lo ferì; nel destro fianco
come di piè; all'astor sparvier mal vivo, sotto l'ultima costa; e il ferro, immerso
a cui lasciò; alla coda invido o stolto. nel ventre, un palmo uscì; dal lato manco,
Orlando giunse, e messe il colpo giusto di sangue sin all'elsa tutto asperso.

779
Mostrò; ben che di man fu del più; franco di me ne l'orazion tue grate a Dio;
e del meglior guerrier de l'universo né; men ti raccomando la mia Fiordi... -
il colpo ch'un signor condusse a morte, ma dir non poté;: - ... ligi -, e qui finio.
di cui non era in Pagania il più; forte. E voci e suoni d'angeli concordi
tosto in aria s'udir, che l'alma uscì;o;
12 la qual disciolta dal corporeo velo
Di tal vittoria non troppo gioioso, fra dolce melodia salì; nel cielo.
presto di sella il paladin si getta;
e col viso turbato e lacrimoso 15
a Brandimarte suo corre a gran fretta. Orlando, ancor che far dovea allegrezza
Gli vede intorno il campo sanguinoso: di sì; devoto fine, e sapea certo
l'elmo che par ch'aperto abbia una accetta, che Brandimarte alla suprema altezza
se fosse stato fral più; che di scorza, salito era (che 'l ciel gli vide aperto);
difeso non l'avria con minor forza. pur da la umana volontade, avezza
coi fragil sensi, male era sofferto
13 ch'un tal più; che fratel gli fosse tolto,
Orlando l'elmo gli levò; dal viso, e non aver di pianto umido il volto.
e ritrovò; che 'l capo sino al naso
fra l'uno e l'altro ciglio era diviso: 16
ma pur gli è; tanto spirto anco rimaso, Sobrin che molto sangue avea perduto,
che de' suoi falli al Re del paradiso che gli piovea sul fianco e su le gote,
può; domandar perdono anzi l'occaso; riverso già; gran pezzo era caduto,
e confortare il conte, che le gote e aver ne dovea ormai le vene vote.
sparge di pianto, a pazienza puote; Ancor giacea Olivier, né; riavuto
il piede avea, né; riaver lo puote
14 se non ismosso, e de lo star che tanto
e dirgli: - Orlando, fa che ti raccordi gli fece il destrier sopra, mezzo infranto:

780
in sé; tenea, ma tutto era clemente.
17 Fece dei morti arme e cavalli torre;
e se 'l cognato non venì;a ad aitarlo del resto a' servi lor lasciò; disporre.
(sì; come lacrimoso era e dolente),
per sé; medesmo non potea ritrarlo; 20
e tanta doglia e tal martì;r ne sente, Qui de la istoria mia, che non sia vera,
che ritratto che l'ebbe, né; a mutarlo Federigo Fulgoso è; in dubbio alquanto;
né; a fermarvisi sopra era possente; che con l'armata avendo la riviera
e n'ha insieme la gamba sì; stordita, di Barberia trascorsa in ogni canto,
che muover non si può;, se non si aita. capitò; quivi, e l'isola sì; fiera,
montuosa e inegual ritrovò; tanto,
18 che non è;, dice, in tutto il luogo strano,
De la vittoria poco rallegrosse ove un sol piè; si possa metter piano:
Orlando; e troppo gli era acerbo e duro
veder che morto Brandimarte fosse, 21
né; del cognato molto esser sicuro. né; verisimil tien che ne l'alpestre
Sobrin, che vivea ancora, ritrovosse, scoglio sei cavallieri, il fior del mondo,
ma poco chiaro avea con molto oscuro; potesson far quella battaglia equestre.
che la sua vita per l'uscito sangue Alla quale obiezion così; rispondo:
era vicina a rimanere esangue. ch'a quel tempo una piazza de le destre,
che sieno a questo, avea lo scoglio al fondo;
19 ma poi, ch'un sasso che 'l tremuoto aperse,
Lo fece tor, che tutto era sanguigno, le cadde sopra, e tutta la coperse.
il conte, e medicar discretamente;
e confortollo con parlar benigno, 22
come se stato gli fosse parente; Sì; che, o chiaro fulgor de la Fulgosa
che dopo il fatto nulla di maligno stirpe, o serena, o sempre viva luce,

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se mai mi riprendeste in questa cosa, 25
e forse inanti a quello invitto duce E ripetendo i pianti e le querele
per cui la vostra patria or si riposa, che pur troppo domestiche le furo,
lascia ogni odio, e in amor tutta s'induce; tornò; a sua usanza a nominar crudele
vi priego che non siate a dirgli tardo, Ruggiero, e 'l suo destin spietato e duro.
ch'esser può; che né; in questo io sia bugiardo. Indi sciogliendo al gran dolor le vele,
il ciel, che consentia tanto pergiuro,
23 né; fatto n'avea ancor segno evidente,
In questo tempo, alzando gli occhi al mare, ingiusto chiama, debole e impotente.
vide Orlando venire a vela in fretta
un navilio leggier, che di calare 26
facea sembiante sopra l'isoletta. Ad accusar Melissa si converse,
Di chi si fosse, io non voglio or contare, e maledir l'oracol de la grotta;
perc'ho più; d'uno altrove che m'aspetta. ch'a lor mendace suasion s'immerse
Veggiamo in Francia, poi che spinto n'hanno nel mar d'amore, ov'è; a morir condotta.
i Saracin, se mesti o lieti stanno. Poi con Marfisa ritornò; a dolerse
del suo fratel che le ha la fede rotta:
24 con lei grida e si sfoga, e le domanda,
Veggià;n che fa quella fedele amante piangendo, aiuto, e se le raccomanda.
che vede il suo contento ir sì; lontano;
dico la travagliata Bradamante, 27
poi che ritrova il giuramento vano, Marfisa si ristringe ne le spalle,
ch'avea fatto Ruggier pochi dì; inante, e, quel sol che pò; far, le dà; conforto;
udendo il nostro e l'altro stuol pagano. né; crede che Ruggier mai così; falle,
Poi ch'in questo ancor manca, non le avanza ch'a lei non debba ritornar di corto.
in ch'ella debba più; metter speranza. E se non torna pur, sua fede dalle,
ch'ella non patirà; sì; grave torto;

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o che battaglia piglierà; con esso, che nei bisogni suoi l'aiutò; spesso.
o gli farà; osservar ciò; c'ha promesso. A narrar il suo amor se gli condusse
col viso rosso e col ciglio demesso;
28 indi lo priega che gli insegni dove
Così; fa ch'ella un poco il duol raffrena; la desiata Angelica si trove.
ch'avendo ove sfogarlo, è; meno acerbo.
Or ch'abbiam vista Bradamante in pena, 31
chiamar Ruggier pergiuro, empio e superbo; Gran maraviglia di sì; strano caso
veggiamo ancor, se miglior vita mena va rivolgendo a Malagigi il petto.
il fratel suo che non ha polso o nerbo, Sa che sol per Rinaldo era rimaso
osso o medolla che non senta caldo d'averla cento volte e più; nel letto:
de le fiamme d'amor; dico Rinaldo. ed egli stesso, acciò; che persuaso
fosse di questo, avea assai fatto e detto
29 con prieghi e con minacce per piegarlo;
dico Rinaldo, il qual, come sapete, né; mai avuto avea poter di farlo:
Angelica la bella amava tanto;
né; l'avea tratto all'amorosa rete 32
sì; la beltà; di lei, come l'incanto. e tanto più;, ch'allor Rinaldo avrebbe
Aveano gli altri paladin quiete, tratto fuor Malagigi di prigione.
essendo ai Mori ogni vigore affranto: Fare or spontaneamente lo vorrebbe,
tra i vincitori era rimaso solo che nulla giova, e n'ha minor cagione.
egli captivo in amoroso duolo. Poi priega lui che ricordar si debbe
pur quanto ha offeso in questo oltr'a ragione;
30 che per negargli già;, vi mancò; poco
Cento messi a cercar che di lei fusse di non farlo morire in scuro loco.
avea mandato, e cerconne egli stesso.
Al fine a Malagigi si ridusse, 33

783
Ma quanto a Malagigi le domande se non l'altra acqua che contraria corre.
di Rinaldo importune più; pareano,
tanto, che l'amor suo fosse più; grande, 36
indizio manifesto gli faceano. Ed ode come avendo già; di quella
I prieghi che con lui vani non spande, che l'amor caccia, beuto Rinaldo,
fan che subito immerge ne l'oceano ai lunghi prieghi d'Angelica bella
ogni memoria de la ingiuria vecchia, si dimostrò; così; ostinato e saldo;
e che a dargli soccorso s'apparecchia. e che poi giunto per sua iniqua stella
a ber ne l'altra l'amoroso caldo,
34 tornò; ad amar, per forza di quelle acque,
Termine tolse alla risposta, e spene lei che pur dianzi oltr'al dover gli spiacque.
gli diè;, che favorevol gli saria,
e che gli saprà; dir la via che tiene 37
Angelica, o sia in Francia o dove sia. Da iniqua stella e fier destin fu giunto
E quindi Malagigi al luogo viene a ber la fiamma in quel ghiacciato rivo;
ove i demoni scongiurar solia, perché; Angelica venne quasi a un punto
ch'era fra monti inaccessibil grotta: a ber ne l'altro di dolcezza privo,
apre il libro, e li spirti chiama in frotta. che d'ogni amor le lasciò; il cor sì; emunto,
ch'indi ebbe lui più; che le serpi a schivo:
35 egli amò; lei, e l'amor giunse al segno
Poi ne sceglie un che de' casi d'amore in ch'era già; di lei l'odio e lo sdegno.
avea notizia, e da lui saper volle,
come sia che Rinaldo ch'avea il core 38
dianzi sì; duro, or l'abbia tanto molle: Del caso strano di Rinaldo a pieno
e di quelle due fonti ode il tenore, fu Malagigi dal demonio istrutto,
di che l'una dà; il fuoco, e l'altra il tolle; che gli narrò; d'Angelica non meno,
e al mal che l'una fa, nulla soccorre, ch'a un giovine african si donò; in tutto;

784
e come poi lasciato avea il terreno triema il cor dentro, e trieman fuor le labbia;
tutto d'Europa, e per l'instabil flutto non può; la lingua disnodar parola;
verso India sciolto avea dai liti ispani la bocca ha amara, e par che tosco v'abbia.
su l'audaci galee de' Catallani. Da Malagigi subito s'invola;
e come il caccia la gelosa rabbia,
39 dopo gran pianto e gran ramaricarsi,
Poi che venne il cugin per la risposta, verso Levante fa pensier tornarsi.
molto gli disuase Malagigi
di più; Angelica amar, che s'era posta 42
d'un vilissimo barbaro ai servigi; Chiede licenza al figlio di Pipino:
ed ora sì; da Francia si discosta, e trova scusa che 'l destrier Baiardo,
che mal seguir se ne potria i vestigi: che ne mena Gradasso saracino
ch'era oggimai più; là; ch'a mezza strada, contra il dover di cavallier gagliardo,
per andar con Medoro in sua contrada. lo muove per suo onore a quel camino,
acciò; che vieti al Serican bugiardo
40 di mai vantarsi che con spada o lancia
La partita d'Angelica non molto l'abbia levato a un paladin di Francia.
sarebbe grave all'animoso amante;
né; pur gli avria turbato il sonno, o tolto 43
il pensier di tornarsene in Levante: Lasciollo andar con sua licenza Carlo,
ma sentendo ch'avea del suo amor colto ben che ne fu con tutta Francia mesto;
un Saracino le primizie inante, ma finalmente non seppe negarlo,
tal passione e tal cordoglio sente, tanto gli parve il desiderio onesto.
che non fu in vita sua, mai, più; dolente. Vuol Dudon, vuol Guidone accompagnarlo;
ma lo niega Rinaldo a quello e a questo.
41 Lascia Parigi, e se ne va via solo,
Non ha poter d'una risposta sola; pien di sospiri e d'amoroso duolo.

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sparito il sol tra nuvoli nascoso,
44 ed uscir fuor d'una caverna oscura
Sempre ha in memoria, e mai non se gli tolle, un strano mostro in feminil figura.
ch'averla mille volte avea potuto,
e mille volte avea ostinato e folle 47
di sì; rara beltà; fatto rifiuto; Mill'occhi in capo avea senza palpè;bre;
e di tanto piacer ch'aver non volle, non può; serrarli, e non credo che dorma:
sì; bello e sì; buon tempo era perduto: non men che gli occhi, avea l'orecchie crebre;
ed ora eleggerebbe un giorno corto avea in loco de crin serpi a gran torma.
averne solo, e rimaner poi morto. Fuor de le diaboliche tenè;bre
nel mondo uscì; la spaventevol forma.
45 Un fiero e maggior serpe ha per la coda,
Ha sempre in mente, e mai non se ne parte, che pel petto si gira e che l'annoda.
come esser puote ch'un povero fante
abbia del cor di lei spinto da parte 48
merito e amor d'ogni altro primo amante. Quel ch'a Rinaldo in mille e mille imprese
Con tal pensier che 'l cor gli straccia e parte, più; non avvenne mai, quivi gli avviene;
Rinaldo se ne va verso Levante; che come vede il mostro ch'all'offese
e dritto al Reno e a Basilea si tiene, se gli apparecchia, e ch'a trovar lo viene,
fin che d'Ardenna alla gran selva viene. tanta paura, quanta mai non scese
in altri forse, gli entra ne le vene:
46 ma pur l'usato ardir simula e finge,
Poi che fu dentro a molte miglia andato e con trepida man la spada stringe.
il paladin pel bosco aventuroso,
da ville e da castella allontanato, 49
ove aspro era più; il luogo e periglioso, S'acconcia il mostro in guisa al fiero assalto,
tutto in un tratto vide il ciel turbato, che si può; dir che sia mastro di guerra:

786
vibra il serpente venenoso in alto, 52
e poi contra Rinaldo si disserra; Nel più; tristo sentier, nel peggior calle
di qua di là; gli vien sopra a gran salto. scorrendo va, nel più; intricato bosco,
Rinaldo contra lui vaneggia ed erra: ove ha più; asprezza il balzo, ove la valle
colpi a dritto e a riverso tira assai, è; più; spinosa, ov'è; l'aer più; fosco,
ma non ne tira alcun che fera mai. così; sperando torsi da le spalle
quel brutto, abominoso, orrido tosco;
50 e ne saria mal capitato forse,
Il mostro al petto il serpe ora gli appicca, se tosto non giungea chi lo soccorse.
che sotto l'arme e sin nel cor l'agghiaccia;
ora per la visiera gliele ficca, 53
e fa ch'erra pel collo e per la faccia. Ma lo soccorse a tempo un cavalliero
Rinaldo da l'impresa si dispicca, di bello armato e lucido metallo,
e quanto può; con sproni il destrier caccia: che porta un giogo rotto per cimiero,
ma la Furia infernal già; non par zoppa, di rosse fiamme ha pien lo scudo giallo;
che spicca un salto, e gli è; subito in groppa. così; trapunto il suo vestire altiero,
così; la sopravesta del cavallo:
51 la lancia ha in pugno, e la spada al suo loco,
Vada al traverso, al dritto, ove si voglia, e la mazza all'arcion, che getta foco.
sempre ha con lui la maledetta peste;
né; sa modo trovar, che se ne scioglia, 54
ben che 'l destrier di calcitrar non reste. Piena d'un foco eterno è; quella mazza,
Triema a Rinaldo il cor come una foglia: che senza consumarsi ognora avampa:
non ch'altrimente il serpe lo moleste; né; per buon scudo o tempra di corazza
ma tanto orror ne sente e tanto schivo, o per grossezza d'elmo se ne scampa.
che stride e geme, e duolsi ch'egli è; vivo. Dunque si debbe il cavallier far piazza,
giri ove vuol l'inestinguibil lampa:

787
né; manco bisognava al guerrier nostro, per quella via che s'alza verso il monte.
per levarlo di man del crudel mostro. Quel s'appiglia al consiglio ed alla strada;
e senza dietro mai volger la fronte,
55 non cessa, che di vista se gli tolle,
E come cavallier d'animo saldo, ben che molto aspro era a salir quel colle.
ove ha udito il rumor, corre e galoppa,
tanto che vede il mostro che Rinaldo 58
col brutto serpe in mille nodi agroppa, Il cavallier, poi ch'alla scura buca
e sentir fagli a un tempo freddo e caldo; fece tornare il mostro da l'inferno,
che non ha via di torlosi di groppa. ove rode se stesso e si manuca,
Va il cavalliero, e fere il mostro al fianco, e da mille occhi versa il pianto eterno;
e lo fa trabboccar dal lato manco. per esser di Rinaldo guida e duca
gli salì; dietro, e sul giogo superno
56 gli fu alle spalle, e si mise con lui
Ma quello è; a pena in terra che si rizza, per trarlo fuor de' luoghi oscuri e bui.
e il lungo serpe intorno aggira e vibra.
Quest'altro più; con l'asta non l'attizza; 59
ma di farla col fuoco si delibra. Come Rinaldo il vide ritornato,
La mazza impugna, e dove il serpe guizza, gli disse che gli avea grazia infinita,
spessi come tempesta i colpi libra; e ch'era debitore in ogni lato
né; lascia tempo a quel brutto animale, di porre a beneficio suo la vita.
che possa farne un solo o bene o male: Poi lo domanda come sia nomato,
acciò; dir sappia chi gli ha dato aita,
57 e tra guerrieri possa e inanzi a Carlo
e mentre a dietro il caccia o tiene a bada, de l'alta sua bontà; sempre esaltarlo.
e lo percuote, e vendica mille onte,
consiglia il paladin che se ne vada 60

788
Rispose il cavallier: - Non ti rincresca che 'l riposar mi fia commodo e grato. -
se 'l nome mio scoprir non ti vogli'ora:
ben tel dirò; prima ch'un passo cresca 63
l'ombra; che ci sarà; poca dimora. - L'un e l'altro smontò; del suo cavallo,
Trovaro, andando insieme, un'acqua fresca e pascer lo lasciò; per la foresta;
che col suo mormorio facea talora e nel fiorito verde a rosso e a giallo
pastori e viandanti al chiaro rio ambi si trasson l'elmo de la testa.
venire, e berne l'amoroso oblio. Corse Rinaldo al liquido cristallo,
spinto da caldo e da sete molesta,
61 e cacciò;, a un sorso del freddo liquore,
Signor, queste eran quelle gelide acque, dal petto ardente e la sete e l'amore.
quelle che spengon l'amoroso caldo;
di cui bevendo, ad Angelica nacque 64
l'odio ch'ebbe di poi sempre a Rinaldo. Quando lo vide l'altro cavalliero
E s'ella un tempo a lui prima dispiacque, la bocca sollevar de l'acqua molle,
e se ne l'odio il ritrovò; sì; saldo, e ritrarne pentito ogni pensiero
non derivò;, Signor, la causa altronde, di quel desir ch'ebbe d'amor sì; folle;
se non d'aver beuto di queste onde. si levò; ritto, e con sembiante altiero
gli disse quel che dianzi dir non volle:
62 - Sappi, Rinaldo, il nome mio è; lo Sdegno,
Il cavallier che con Rinaldo viene, venuto sol per sciorti il giogo indegno. -
come si vede inanzi al chiaro rivo,
caldo per la fatica il destrier tiene, 65
e dice: - Il posar qui non fia nocivo. - Così; dicendo, subito gli sparve,
- Non fia (disse Rinaldo) se non bene; e sparve insieme il suo destrier con lui.
ch'oltre che prema il mezzogiorno estivo, Questo a Rinaldo un gran miracol parve;
m'ha così; il brutto mostro travagliato, s'aggirò; intorno, e disse: - Ove è; costui? -

789
Stimar non sa se sian magiche larve, ove la nuova era venuta inante,
che Malagigi un de' ministri sui che 'l conte Orlando aver pugna dovea
gli abbia mandato a romper la catena contra Gradasso e contro il re Agramante.
che lungamente l'ha tenuto in pena: Né; questo per aviso si sapea,
ch'avesse dato il cavallier d'Anglante;
66 ma di Sicilia in fretta venut'era
o pur che Dio da l'alta ierarchia chi la novella v'apportò; per vera.
gli abbia per ineffabil sua bontade
mandato, come già; mandò; a Tobia, 69
un angelo a levar di cecitade. Rinaldo vuol trovarsi con Orlando
Ma buono o rio demonio, o quel che sia, alla battaglia, e se ne vede lunge.
che gli ha renduta la sua libertade, Di dieci in dieci miglia va mutando
ringrazia e loda; e da lui sol conosce cavalli e guide, e corre e sferza e punge.
che sano ha il cor da l'amorose angosce. Passa il Reno a Costanza, e in su volando,
traversa l'Alpe, ed in Italia giunge.
67 Verona a dietro, a dietro Mantua lassa;
Gli fu nel primier odio ritornata sul Po si trova, e con gran fretta il passa.
Angelica; e gli parve troppo indegna
d'esser, non che sì; lungi seguitata, 70
ma che per lei pur mezza lega vegna. Già; s'inchinava il sol molto alla sera,
Per Baiardo riaver tutta fiata e già; apparia nel ciel la prima stella,
verso India in Sericana andar disegna, quando Rinaldo in ripa alla riviera
sì; perché; l'onor suo lo stringe a farlo, stando in pensier s'avea da mutar sella,
sì; per averne già; parlato a Carlo. o tanto soggiornar, che l'aria nera
fuggisse inanzi all'altra aurora bella,
68 venir si vede un cavalliero inanti
Giunse il giorno seguente a Basilea, cortese ne l'aspetto e nei sembianti.

790
e vide loco il qual si vede raro,
71 di gran fabrica e bella e bene intesa;
Costui, dopo il saluto, con bel modo né; a privato uom convenia tanta spesa.
gli domandò; s'aggiunto a moglie fosse.
Disse Rinaldo: - Io son nel giugal nodo: - 74
ma di tal domandar maravigliosse. Di serpentin, di porfido le dure
Soggiunse quel: - Che sia così;, ne godo. - pietre fan de la porta il ricco volto.
Poi, per chiarir perché; tal detto mosse, Quel che chiude è; di bronzo, con figure
disse: - Io ti priego che tu sia contento che sembrano spirar, muovere il volto.
ch'io ti dia questa sera alloggiamento; Sotto un arco poi s'entra, ove misture
di bel musaico ingannan l'occhio molto.
72 Quindi si va in un quadro ch'ogni faccia
che ti farò; veder cosa che debbe de le sue logge ha lunga cento braccia.
ben volentieri veder chi ha moglie a lato. -
Rinaldo, sì; perché; posar vorrebbe, 75
ormai di correr tanto affaticato; La sua porta ha per sé; ciascuna loggia,
sì; perché; di vedere e d'udire ebbe e tra la porta e sé; ciascuna ha un arco:
sempre aventure un desiderio innato; d'ampiezza pari son, ma varia foggia
accettò; l'offerir del cavalliero, fe' d'ornamenti il mastro lor non parco.
e dietro gli pigliò; nuovo sentiero. Da ciascuno arco s'entra, ove si poggia
sì; facil, ch'un somier vi può; gir carco.
73 Un altro arco di su trova ogni scala;
Un tratto d'arco fuor di strada usciro, e s'entra per ogni arco in una sala.
e inanzi un gran palazzo si trovaro,
onde scudieri in gran frotta veniro 76
con torchi accesi, e fero intorno chiaro. Gli archi di sopra escono fuor del segno
Entrò; Rinaldo, e voltò; gli occhi in giro, tanto, che fan coperchio alle gran porte;

791
e ciascun due colonne ha per sostegno, 79
altre di bronzo, altre di pietra forte. Fatta da mastro diligente e dotto
Lungo sarà;, se tutti vi disegno la fonte era con molta e suttil opra,
gli ornati alloggiamenti de la corte; di loggia a guisa, o padiglion ch'in otto
e oltr'a quel ch'appar, quanti agi sotto facce distinto, intorno adombri e cuopra.
la cava terra il mastro avea ridotto. Un ciel d'oro, che tutto era di sotto
colorito di smalto, le sta sopra;
77 ed otto statue son di marmo bianco,
L'alte colonne e i capitelli d'oro, che sostengon quel ciel col braccio manco.
da che i gemmati palchi eran suffulti,
i peregrini marmi che vi foro 80
da dotta mano in varie forme sculti, Ne la man destra il corno d'Amaltea
pitture e getti, e tant'altro lavoro sculto aveva lor l'ingenioso mastro,
(ben che la notte agli occhi il più; ne occulti), onde con grato murmure cadea
mostran che non bastaro a tanta mole l'acqua di fuore in vaso d'alabastro;
di duo re insieme le ricchezze sole. ed a sembianza di gran donna avea
ridutto con grande arte ogni pilastro.
78 Son d'abito e di faccia differente,
Sopra gli altri ornamenti ricchi e belli, ma grazia hanno e beltà; tutte ugualmente.
ch'erano assai ne la gioconda stanza,
v'era una fonte che per più; ruscelli 81
spargea freschissime acque in abondanza. Fermava il piè; ciascuno di questi segni
Poste le mense avean quivi i donzelli; sopra due belle imagini più; basse,
ch'era nel mezzo per ugual distanza: che con la bocca aperta facean segni
vedeva, e parimente veduta era che 'l canto e l'armonia lor dilettasse;
da quattro porte de la casa altiera. e quell'atto in che son, par che disegni
che l'opra e studio lor tutto lodasse

792
le belle donne che sugli omeri hanno, per cui Ferrara si terrà; felice
se fosser quei di cu' in sembianza stanno. via più;, perché; in lei nata sarà; quella,
che d'altro ben che prospera e fautrice
82 e benigna Fortuna dar le deve,
I simulacri inferiori in mano volgendo gli anni nel suo corso lieve. -
avean lunghe ed amplissime scritture,
ove facean con molta laude piano 85
i nomi de le più; degne figure; I duo che mostran disiosi affetti
e mostravano ancor poco lontano che la gloria di lei sempre risuone,
i propri loro in note non oscure. Gian Iacobi ugualmente erano detti,
Mirò; Rinaldo a lume di doppieri l'uno Calandra, e l'altro Bardelone.
le donne ad una ad una e i cavallieri. Nel terzo e quarto loco ove per stretti
rivi l'acqua esce fuor del padiglione,
83 due donne son, che patria, stirpe, onore
La prima iscrizion ch'agli occhi occorre, hanno di par, di par beltà; e valore.
con lungo onor Lucrezia Borgia noma,
la cui bellezza ed onestà; preporre 86
debbe all'antiqua la sua patria Roma. Elissabetta l'una e Leonora
I duo che voluto han sopra sé; torre nominata era l'altra: e fia, per quanto
tanto eccellente ed onorata soma, narrava il marmo sculto, d'esse ancora
noma lo scritto, Antonio Tebaldeo, sì; gloriosa la terra di Manto,
Ercole Strozza: un Lino ed uno Orfeo. che di Vergilio, che tanto l'onora,
più; che di queste, non si darà; vanto.
84 Avea la prima a piè; del sacro lembo
Non men gioconda statua né; men bella Iacobo Sadoletto e Pietro Bembo.
si vede appresso, e la scrittura dice:
- Ecco la figlia d'Ercole, Issabella, 87

793
Uno elegante Castiglione, e un culto Pallade quinci, e quindi Febo dona.
Muzio Arelio de l'altra eran sostegni.
Di questi nomi era il bel marmo sculto, 90
ignoti allora, or sì; famosi e degni. L'altra che segue in ordine, è; Diana.
Veggon poi quella a cui dal cielo indulto - Non guardar (dice il marmo scritto) ch'ella
tanta virtù; sarà;, quanta ne regni, sia altiera in vista; che nel core umana
o mai regnata in alcun tempo sia, non sarà; però; men ch'in viso bella. -
versata da Fortuna or buona or ria. Il dotto Celio Calcagnin lontana
farà; la gloria e 'l bel nome di quella
88 nel regno di Monese, in quel di Iuba,
Lo scritto d'oro esser costei dichiara in India e Spagna udir con chiara tuba:
Lucrezia Bentivoglia; e fra le lode
pone di lei, che 'l duca di Ferrara 91
d'esserle padre si rallegra e gode. ed un Marco Cavallo, che tal fonte
Di costei canta con soave e chiara farà; di poesia nascer d'Ancona,
voce un Camil che 'l Reno e Felsina ode qual fe' il cavallo alato uscir del monte,
con tanta attenzion, tanto stupore, non so se di Parnasso o d'Elicona.
con quanta Anfriso udì; già; il suo pastore; Beatrice appresso a questo alza la fronte,
di cui lo scritto suo così; ragiona:
89 - Beatrice bea, vivendo, il suo consorte,
ed un per cui la terra, ove l'Isauro e lo lascia infelice alla sua morte;
le sue dolci acque insala in maggior vase,
nominata sarà; da l'Indo al Mauro, 92
e da l'austrine all'iperboree case, anzi tutta l'Italia, che con lei
via più; che per pesare il romano auro, fia triunfante, e senza lei, captiva. -
di che perpetuo nome le rimase; Un signor di Coreggio di costei
Guido Postumo, a cui doppia corona con alto stil par che cantando scriva,

794
e Timoteo, l'onor de' Bendedei: fosse il suo bello e ben formato segno,
ambi faran tra l'una e l'altra riva parea sdegnarsi che con umil canto
fermare al suon de' lor soavi plettri ardisse lei lodar sì; rozzo ingegno,
il fiume ove sudar gli antiqui elettri. com'era quel che sol, senz'altri a canto
(non so perché;), le fu fatto sostegno.
93 Di tutto 'l resto erano i nomi sculti;
Tra questo loco e quel de la colonna sol questi due l'artefice avea occulti.
che fu sculpita in Borgia, com'è; detto,
formata in alabastro una gran donna 96
era di tanto e sì; sublime aspetto, Fanno le statue in mezzo un luogo tondo,
che sotto puro velo, in nera gonna, che 'l pavimento asciutto ha di corallo,
senza oro e gemme, in un vestire schietto, di freddo soavissimo giocondo,
tra le più; adorne non parea men bella, che rendea il puro e liquido cristallo,
che sia tra l'altre la ciprigna stella. che di fuor cade in un canal fecondo,
che 'l prato verde, azzurro, bianco e giallo
94 rigando, scorre per vari ruscelli,
Non si potea, ben contemplando fiso, grato alle morbide erbe e agli arbuscelli.
conoscer se più; grazia o più; beltade,
o maggior maestà; fosse nel viso, 97
o più; indizio d'ingegno o d'onestade. Col cortese oste ragionando stava
- Chi vorrà; di costei (dicea l'inciso il paladino a mensa; e spesso spesso,
marmo) parlar, quanto parlar n'accade, senza più; differir, gli ricordava
ben torrà; impresa più; d'ogn'altra degna; che gli attenesse quanto avea promesso:
ma non però; ch'a fin mai se ne vegna. - e ad or ad or mirandolo, osservava
ch'avea di grande affanno il core oppresso;
95 che non può; star momento che non abbia
Dolce quantunque e pien di grazia tanto un cocente sospiro in su le labbia.

795
ch'al mondo sia, se ben l'uom tanto infama:
98 lo vede quasi tutta l'altra gente;
Spesso la voce dal disio cacciata e chi l'ha in capo, mai non se lo sente.
viene a Rinaldo sin presso alla bocca
per domandarlo; e quivi, raffrenata 101
di cortese modestia, fuor non scocca. Se tu sai che fedel la moglie sia,
Ora essendo la cena terminata, hai di più; amarla e d'onorar ragione,
ecco un donzello a chi l'ufficio tocca, che non ha quel che la conosce ria,
pon su la mensa un bel nappo d'or fino, o quel che ne sta in dubbio e in passione.
di fuor di gemme, e dentro pien di vino. Di molte n'hanno a torto gelosia
i lor mariti, che son caste e buone:
99 molti di molte anco sicuri stanno,
Il signor de la casa allora alquanto che con le corna in capo se ne vanno.
sorridendo, a Rinaldo levò; il viso;
ma chi ben lo notava, più; di pianto 102
parea ch'avesse voglia che di riso. Se vuoi saper se la tua sia pudica
Disse: - Ora a quel che mi ricordi tanto, (come io credo che credi, e creder dé;i;
che tempo sia di sodisfar m'è; aviso; ch'altrimente far credere è; fatica,
mostrarti un paragon ch'esser de' grato se chiaro già; per prova non ne sei),
di vedere a ciascun c'ha moglie allato. tu per te stesso, senza ch'altri il dica,
te n'avvedrai, s'in questo vaso bei;
100 che per altra cagion non è; qui messo,
Ciascun marito, a mio giudizio, deve che per mostrarti quanto io t'ho promesso.
sempre spiar se la sua donna l'ama;
saper s'onore o biasmo ne riceve, 103
se per lei bestia, o se pur uom si chiama. Se bé;i con questo, vedrai grande effetto;
L'incarco de le corna è; lo più; lieve che se porti il cimier di Cornovaglia,

796
il vin ti spargerai tutto sul petto, e che tu impiaghi del medesmo artiglio
né; gocciola sarà; ch'in bocca saglia: alcun, che per altezza era d'ingegno,
ma s'hai moglie fedel, tu berai netto. se te schivar potea, d'ogni onor degno.
Or di veder tua sorte ti travaglia. -
Così; dicendo, per mirar tien gli occhi, 2
ch'in seno il vin Rinaldo si trabbocchi. Alcun la terra e 'l mare e 'l ciel misura,
e render sa tutte le cause a pieno
104 d'ogni opra, d'ogni effetto di Natura,
Quasi Rinaldo di cercar suaso e poggia sì; ch'a Dio riguarda in seno;
quel che poi ritrovar non vorria forse, e non può; aver più; ferma e maggior cura,
messa la mano inanzi, e preso il vaso, morso dal tuo mortifero veleno,
fu presso di volere in prova porse: ch'unir tesoro: e questo sol gli preme,
poi, quanto fosse periglioso il caso e ponvi ogni salute, ogni sua speme.
a porvi i labri, col pensier discorse.
Ma lasciate, Signor, ch'io mi ripose; 3
poi dirò; quel che 'l paladin rispose. Rompe eserciti alcuno, e ne le porte
si vede entrar di bellicose terre,
ed esser primo a porre il petto forte,
CANTO QUARANTATREESIMO ultimo a trarre, in perigliose guerre;
e non può; riparar che sino a morte
tu nel tuo cieco carcere nol serre.
1 Altri d'altre arti e d'altri studi industri,
O esecrabile Avarizia, o ingorda oscuri fai, che sarian chiari e illustri.
fame d'avere, io non mi maraviglio
ch'ad alma vile e d'altre macchie lorda, 4
sì; facilmente dar possi di piglio; Che d'alcune dirò; belle e gran donne
ma che meni legato in una corda, ch'a bellezza, a virtù; de fidi amanti,

797
a lunga servitù;, più; che colonne 7
io veggo dure, immobili e costanti? Potria poco giovare e nuocer molto;
Veggo venir poi l'Avarizia, e ponne che 'l tentar qualche volta Idio disdegna.
far sì;, che par che subito le incanti: Non so s'in questo io mi sia saggio o stolto;
in un dì;, senza amor (chi fia che 'l creda?) ma non vo' più; saper, che mi convegna.
a un vecchio, a un brutto, a un mostro le dà; in preda. Or questo vin dinanzi mi sia tolto:
sete non n'ho, né; vo' che me ne vegna;
5 che tal certezza ha Dio più; proibita,
Non è; senza cagion s'io me ne doglio: ch'al primo padre l'arbor de la vita.
intendami chi può;, che m'intend'io.
Né; però; di proposito mi toglio, 8
né; la materia del mio canto oblio; Che come Adam, poi che gustò; del pomo
ma non più; a quel c'ho detto, adattar voglio, che Dio con propria bocca gl'interdisse,
ch'a quel ch'io v'ho da dire, il parlar mio. da la letizia al pianto fece un tomo,
Or torniamo a contar del paladino onde in miseria poi sempre s'afflisse;
ch'ad assaggiare il vaso fu vicino. così;, se de la moglie sua vuol l'uomo
tutto saper quanto ella fece e disse,
6 cade de l'allegrezze in pianti e in guai,
Io vi dicea ch'alquanto pensar volle, onde non può; più; rilevarsi mai. -
prima ch'ai labri il vaso s'appressasse.
Pensò;, e poi disse: - Ben sarebbe folle 9
chi quel che non vorria trovar, cercasse. Così; dicendo il buon Rinaldo, e intanto
Mia donna è; donna, ed ogni donna è; molle: respingendo da sé; l'odiato vase,
lascià;n star mia credenza come stasse. vide abondare un gran rivo di pianto
Sin qui m'ha il creder mio giovato, e giova: dagli occhi del signor di quelle case,
che poss'io megliorar per farne prova? che disse, poi che racchetossi alquanto:
- Sia maledetto chi mi persuase

798
ch'io facesse la prova, ohimè;! di sorte, che sopra ogni mio ugual mi diè; bellezza.
che mi levò; la dolce mia consorte. Donne e donzelle già; di mia figura
arder più; d'una vidi in giovanezza;
10 ch'io ci seppi accoppiar cortesi modi;
Perché; non ti conobbi già; dieci anni, ben che stia mal che l'uom se stesso lodi.
sì; che io mi fossi consigliato teco,
prima che cominciassero gli affanni, 13
e 'l lungo pianto onde io son quasi cieco? Ne la nostra cittade era un uom saggio,
Ma vo' levarti da la scena i panni; di tutte l'arti oltre ogni creder dotto,
che 'l mio mal vegghi, e te ne dogli meco: che quando chiuse gli occhi al febeo raggio,
e ti dirò; il principio e l'argumento contava gli anni suoi cento e ventotto.
del mio non comparabile tormento. Visse tutta sua età; solo e selvaggio,
se non l'estrema; che d'Amor condotto,
11 con premio ottenne una matrona bella,
Qua su lasciasti una città; vicina, e n'ebbe di nascosto una cittella.
a cui fa intorno un chiaro fiume laco,
che poi si stende e in questo Po declina, 14
e l'origine sua vien di Benaco. E per vietar che simil la figliuola
Fu fatta la città;, quando a ruina alla matre non sia, che per mercede
le mura andar de l'agenoreo draco. vendé; sua castità; che valea sola
Quivi nacque io di stirpe assai gentile, più; che quanto oro al mondo si possiede,
ma in pover tetto e in facultade umile. fuor del commercio popular la invola;
ed ove più; solingo il luogo vede,
12 questo amplo e bel palagio e ricco tanto
Se Fortuna di me non ebbe cura fece fare a' demoni per incanto.
sì; che mi desse al nascer mio ricchezza,
al diffetto di lei supplì; Natura, 15

799
A vecchie donne e caste fe' nutrire mi consegnò; per dote de la figlia.
la figlia qui, ch'in gran beltà; poi venne;
né; che potesse altr'uom veder, né; udire 18
pur ragionarne in quella età;, sostenne. Ella era bella e costumata tanto,
E perch'avesse esempio da seguire, che più; desiderar non si potea.
ogni pudica donna che mai tenne Di bei trapunti e di riccami, quanto
contra illicito amor chiuse le sbarre, mai ne sapesse Pallade, sapea.
ci fe' d'intaglio o di color ritrarre: Vedila andare, odine il suono e 'l canto:
celeste e non mortal cosa parea.
16 E in modo all'arti liberali attese,
non quelle sol che di virtude amiche che, quanto il padre, o poco men n'intese.
hanno sì; il mondo all'età; prisca adorno;
di quai la fama per l'istorie antiche 19
non è; per veder mai l'ultimo giorno: Con grande ingegno, e non minor bellezza
ma nel futuro ancora altre pudiche che fatta l'avria amabil fin ai sassi,
che faran bella Italia d'ogn'intorno, era giunto un amore, una dolcezza,
ci fe' ritrarre in lor fattezze conte, che par ch'a rimembrarne il cor mi passi.
come otto che ne vedi a questa fonte. Non aveva più; piacer né; più; vaghezza,
che d'esser meco ov'io mi stessi o andassi.
17 Senza aver lite mai stemmo gran pezzo:
Poi che la figlia al vecchio par matura l'avemmo poi, per colpa mia, da sezzo.
sì;, che ne possa l'uom cogliere i frutti;
o fosse mia disgrazia o mia aventura, 20
eletto fui degno di lei fra tutti. Morto il suocero mio dopo cinque anni
I lati campi oltre alle belle mura, ch'io sottoposi il collo al giugal nodo,
non meno i pescarecci, che gli asciutti, non stero molto a cominciar gli affanni
che ci son d'ogn'intorno a venti miglia, ch'io sento ancora, e ti dirò; in che modo.

800
Mentre mi rinchiudea tutto coi vanni che de la fede di mia moglie avea,
l'amor di questa mia che sì; ti lodo, m'avria fatto sprezzar quanta bellezza
una femina nobil del paese, avesse mai la giovane ledea,
quanto accender si può;, di me s'accese. o quanto offerto mai senno e ricchezza
fu al gran pastor de la montagna Idea.
21 Ma le repulse mie non valean tanto,
Ella sapea d'incanti e di malie che potesson levarmela da canto.
quel che saper ne possa alcuna maga:
rendea la notte chiara, oscuro il die 24
fermava il sol, facea la terra vaga. Un dì; che mi trovò; fuor del palagio
Non potea trar però; le voglie mie, la maga, che nomata era Melissa,
che le sanassin l'amorosa piaga e mi poté; parlare a suo grande agio,
col rimedio che dar non le potria modo trovò; da por mia pace in rissa,
senza alta ingiuria de la donna mia. e con lo spron di gelosia malvagio
cacciar del cor la fé; che v'era fissa.
22 Comincia a comendar la intenzion mia,
Non perché; fosse assai gentile e bella, ch'io sia fedele a chi fedel mi sia.
né; perché; sapess'io che sì; me amassi,
né; per gran don, né; per promesse ch'ella 25
mi fêsse molte, e di continuo instassi, - Ma che ti sia fedel, tu non puoi dire,
ottener poté; mai ch'una fiammella, prima che di sua fé; prova non vedi.
per darla a lei, del primo amor levassi; S'ella non falle, e che potria fallire,
ch'a dietro ne traea tutte mie voglie che sia fedel, che sia pudica credi.
il conoscermi fida la mia moglie. Ma se mai senza te non la lasci ire,
se mai vedere altr'uom non le concedi,
23 onde hai questa baldanza, che tu dica
La speme, la credenza, la certezza e mi vogli affermar che sia pudica?

801
ma non vi può; già; ber chi l'ha puttana;
26 che 'l vin, quando lo crede in bocca porre,
Scostati un poco, scostati da casa; tutto si sparge, e fuor nel petto scorre.
fa che le cittadi odano e i villaggi,
che tu sia andato, e ch'ella sia rimasa; 29
agli amanti dà; commodo e ai messaggi. Prima che parti, ne farai la prova,
S'a prieghi, a doni non fia persuasa e per lo creder mio tu berai netto;
di fare al letto maritale oltraggi, che credo ch'ancor netta si ritrova
e che, facendol, creda che si cele, la moglie tua: pur ne vedrai l'effetto.
allora dir potrai che sia fedele. - Ma s'al ritorno esperienza nuova
poi ne farai, non t'assicuro il petto:
27 che se tu non lo immolli, e netto bè;i,
Con tal parole e simili non cessa d'ogni marito il più; felice sei. -
l'incantatrice, fin che mi dispone
che de la donna mia la fede espressa 30
veder voglia, e provare a paragone. L'offerta accetto; il vaso ella mi dona:
- Ora pogniamo (le soggiungo) ch'essa ne fo la prova, e mi succede a punto;
sia qual non posso averne opinione: che, com'era il disio, pudica e buona
come potrò; di lei poi farmi certo la cara moglie mia trovo a quel punto.
che sia di punizion degna o di merto? - Dice Melissa: - Un poco l'abbandona;
per un mese o per duo stanne disgiunto:
28 poi torna; poi di nuovo il vaso tolli;
Disse Melissa: - Io ti darò; un vasello prova se bevi, o pur se 'l petto immolli. -
fatto da ber, di virtù; rara e strana;
qual già; per fare accorto il suo fratello 31
del fallo di Genevra, fe' Morgana. A me duro parea pur di partire;
Chi la moglie ha pudica, bee con quello: non perché; di sua fe' sì; dubitassi,

802
come ch'io non potea duo dì; patire, 34
né; un'ora pur, che senza me restassi. Ella gli fece dar tante repulse,
Disse Melissa: - Io ti farò; venire che più; tentarla al fine egli non volse;
a conoscere il ver con altri passi. ma la beltà; di lei, ch'Amor vi sculse,
Vo' che muti il parlare e i vestimenti, di memoria però; non se gli tolse.
e sotto viso altrui te l'appresenti. - Tanto Melissa allosingommi e mulse,
ch'a tor la forma di colui mi volse;
32 e mi mutò; (né; so ben dirti come)
Signor, qui presso una città; difende di faccia, di parlar, d'occhi e di chiome.
il Po fra minacciose e fiere corna;
la cui iuridizion di qui si stende 35
fin dove il mar fugge dal lito e torna. Già; con mia moglie avendo simulato
Cede d'antiquità;, ma ben contende d'esser partito e gitone in Levante,
con le vicine in esser ricca e adorna. nel giovene amator così; mutato
Le reliquie troiane la fondaro, l'andar, la voce, l'abito e 'l sembiante,
che dal flagello d'Attila camparo. me ne ritorno, ed ho Melissa a lato,
che s'era trasformata, e parea un fante;
33 e le più; ricche gemme avea con lei,
Astringe e lenta a questa terra il morso che mai mandassin gl'Indi o gli Eritrei.
un cavallier giovene, ricco e bello,
che dietro un giorno a un suo falcone iscorso, 36
essendo capitato entro il mio ostello, Io che l'uso sapea del mio palagio,
vide la donna, e sì; nel primo occorso entro sicuro e vien Melissa meco;
gli piacque, che nel cor portò; il suggello; e madonna ritrovo a sì; grande agio,
né; cessò; molte pratiche far poi, che non ha né; scudier né; donna seco.
per inchinarla ai desideri suoi. I miei prieghi le espongo, indi il malvagio
stimulo inanzi del mal far le arreco:

803
i rubini, i diamanti e gli smeraldi, ne le fauci restò; la voce fissa.
che mosso arebbon tutti i cor più; saldi. Levando allora del suo incanto il velo,
ne la mia forma mi tornò; Melissa.
37 Pensa di che color dovesse farsi,
E le dico che poco è; questo dono ch'in tanto error da me vide trovarsi.
verso quel che sperar da me dovea:
de la commodità; poi le ragiono, 40
che, non v'essendo il suo marito, avea: Divenimmo ambi di color di morte,
e le ricordo che gran tempo sono muti ambi, ambi restià;n con gli occhi bassi.
stato suo amante, com'ella sapea; Potei la lingua a pena aver sì; forte,
e che l'amar mio lei con tanta fede e tanta voce a pena, ch'io gridassi:
degno era avere al fin qualche mercede. - Me tradiresti dunque tu, consorte,
quando tu avessi chi 'l mio onor comprassi ? -
38 Altra risposta darmi ella non puote,
Turbossi nel principio ella non poco, che di rigar di lacrime le gote.
divenne rossa, ed ascoltar non volle;
ma il veder fiammeggiar poi, come fuoco, 41
le belle gemme, il duro cor fe' molle: Ben la vergogna è; assai, ma più; lo sdegno
e con parlar rispose breve e fioco, ch'ella ha, da me veder farsi quella onta;
quel che la vita a rimembrar mi tolle; e multiplica sì; senza ritegno,
che mi compiaceria, quando credesse ch'in ira al fine e in crudele odio monta.
ch'altra persona mai nol risapesse. Da me fuggirsi tosto fa disegno;
e ne l'ora che 'l Sol del carro smonta,
39 al fiume corre, e in una sua barchetta
Fu tal risposta un venenato telo si fa calar tutta la notte in fretta:
di che me ne senti' l'alma traffissa:
per l'ossa andommi e per le vene un gelo; 42

804
e la matina s'appresenta avante che far negasti il periglioso saggio.
al cavallier che l'avea un tempo amata,
sotto il cui viso, sotto il cui sembiante 45
fu contra l'onor mio da me tentata. Il mio voler cercare oltre alla meta
A lui che n'era stato ed era amante, che de la donna sua cercar si deve,
creder si può; che fu la giunta grata. fa che mai più; trovare ora quieta
Quindi ella mi fe' dir ch'io non sperassi non può; la vita mia, sia lunga o breve.
che mai più; fosse mia, né; più; m'amassi. Di ciò; Melissa fu a principio lieta:
ma cessò; tosto la sua gioia lieve;
43 ch'essendo causa del mio mal stata ella,
Ah lasso! da quel dì; con lui dimora io l'odiai sì;, che non potea vedella.
in gran piacere, e di me prende giuoco;
ed io del mal che procacciammi allora, 46
ancor languisco, e non ritrovo loco. Ella d'esser odiata impaziente
Cresce il mal sempre, e giusto è; ch'io ne muora; da me che dicea amar più; che sua vita,
e resta omai da consumarci poco. ove donna restarne immantinente
Ben credo che 'l primo anno sarei morto, creduto avea, che l'altra ne fosse ita;
se non mi dava aiuto un sol conforto. per non aver sua doglia sì; presente,
non tardò; molto a far di qui partita;
44 e in modo abbandonò; questo paese,
Il conforto ch'io prendo, è; che di quanti che dopo mai per me non se n'intese. -
per dieci anni mai fur sotto al mio tetto
(ch'a tutti questo vaso ho messo inanti), 47
non ne trovo un che non s'immolli il petto. Così; narrava il mesto cavalliero:
Aver nel caso mio compagni tanti e quando fine alla sua istoria pose,
mi dà; fra tanto mal qualche diletto. Rinaldo alquanto ste' sopra pensiero,
Tu tra infiniti sol sei stato saggio, da pietà; vinto, e poi così; rispose:

805
- Mal consiglio di diè; Melissa in vero, levossi a un tempo, e domandò; dormire;
che d'attizzar le vespe ti propose; che riposare un poco, e poi si pensa
e tu fusti a cercar poco avveduto inanzi al dì; d'un'ora o due partire.
quel che tu avresti non trovar voluto. Ha poco tempo, e 'l poco c'ha, dispensa
con gran misura, e invan nol lascia gire.
48 Il signor di là; dentro, a suo piacere,
Se d'avarizia la tua donna vinta disse, che si potea porre a giacere;
a voler fede romperti fu indutta,
non t'ammirar; né; prima ella né; quinta 51
fu de le donne prese in sì; gran lutta; ch'apparecchiata era la stanza e 'l letto:
e mente via più; salda ancora è; spinta ma che se volea far per suo consiglio,
per minor prezzo a far cosa più; brutta. tutta notte dormir potria a diletto,
Quanti uomini odi tu, che già; per oro e dormendo avanzarsi qualche miglio.
han traditi padroni e amici loro? - Acconciar ti farò; (disse) un legnetto,
con che volando, e senz'alcun periglio
49 tutta notte dormendo vo' che vada,
Non dovevi assalir con sì; fiere armi, e una giornata avanzi de la strada. -
se bramavi veder farle difesa.
Non sai tu, contra l'oro, che né; i marmi 52
né; 'l durissimo acciar sta alla contesa? La proferta a Rinaldo accettar piacque,
Che più; fallasti tu a tentarla parmi, e molto ringraziò; l'oste cortese:
di lei che così; tosto restò; presa. poi senza indugio là;, dove ne l'acque
Se te altretanto avesse ella tentato, da' naviganti era aspettato, scese.
non so se tu più; saldo fossi stato. - Quivi a grande agio riposato giacque,
mentre il corso del fiume il legno prese,
50 che da sei remi spinto, lieve e snello
Qui Rinaldo fe' fine, e da la mensa pel fiume andò;, come per l'aria augello.

806
(già; ch'io facea con lui questo camino)
53 ch'ancor la gloria tua salirà; tanto,
Così; tosto come ebbe il capo chino, ch'avrai di tutta Italia il pregio e 'l vanto. -
il cavallier di Francia adormentosse;
imposto avendo già;, come vicino 56
giungea a Ferrara, che svegliato fosse. Così; dicendo, e pur tuttavia in fretta
Restò; Melara nel lito mancino; su quel battel che parea aver le penne,
nel lito destro Sermide restosse: scorrendo il re de' fiumi, all'isoletta
Figarolo e Stellata il legno passa, ch'alla cittade è; più; propinqua, venne:
ove le corna il Po iracondo abbassa. e ben che fosse allora erma e negletta,
pur s'allegrò; di rivederla, e fenne
54 non poca festa; che sapea quanto ella,
De le due corna il nocchier prese il destro, volgendo gli anni, saria ornata e bella.
e lasciò; andar verso Vinegia il manco;
passò; il Bondeno: e già; il color cilestro 57
si vedea in oriente venir manco, Altra fiata che fe' questa via,
che votando di fior tutto il canestro, udì; da Malagigi, il qual seco era,
l'Aurora vi facea vermiglio e bianco; che settecento volte che si sia
quando, lontan scoprendo di Tealdo girata col monton la quarta sfera,
ambe le rocche, il capo alzò; Rinaldo. questa la più; ioconda isola fia
di quante cinga mar, stagno o riviera;
55 sì; che, veduta lei, non sarà; ch'oda
- O città; bene aventurosa (disse), dar più; alla patria di Nausicaa loda.
di cui già; Malagigi, il mio cugino,
contemplando le stelle erranti e fisse, 58
e costringendo alcun spirto indovino, Udì; che di bei tetti posta inante
nei secoli futuri mi predisse sarebbe a quella sì; a Tiberio cara;

807
che cederian l'Esperide alle piante 61
ch'avria il bel loco, d'ogni sorte rara; e crescer abbia di sì; piccol borgo
che tante spezie d'animali, quante ampla cittade e di sì; gran bellezza?
vi fien, né; in mandra Circe ebbe né; in hara; e ciò; ch'intorno è; tutto stagno e gorgo,
che v'avria con le Grazie e con Cupido sien lieti e pieni campi di ricchezza?
Venere stanza, e non più; in Cipro o in Gnido: Città;, sin ora a riverire assorgo
l'amor, la cortesia, la gentilezza
59 de' tuoi signori, e gli onorati pregi
e che sarebbe tal per studio e cura dei cavallier, dei cittadini egregi.
di chi al sapere ed al potere unita
la voglia avendo, d'argini e di mura 62
avria sì; ancor la sua città; munita, L'ineffabil bontà; del Redentore,
che contra tutto il mondo star sicura de' tuoi principi il senno e la iustizia,
potria, senza chiamar di fuori aita: sempre con pace, sempre con amore
e che d'Ercol figliuol, d'Ercol sarebbe ti tenga in abondanza ed in letizia;
padre il signor che questo e quel far debbe. e ti difenda contra ogni furore
de' tuoi nimici, e scuopra lor malizia:
60 del tuo contento ogni vicino arrabbi,
Così; venì;a Rinaldo ricordando più; tosto che tu invidia ad alcuno abbi. -
quel che già; il suo cugin detto gli avea,
de le future cose divinando, 63
che spesso conferir seco solea. Mentre Rinaldo così; parla, fende
E tuttavia l'umil città; mirando: con tanta fretta il suttil legno l'onde,
- Come esser può; ch'ancor (seco dicea) che con maggiore a logoro non scende
debban così; fiorir queste paludi falcon ch'al grido del padron risponde.
de tutti i liberali e degni studi? Del destro corno il destro ramo prende
quindi il nocchiero, e mura e tetti asconde:

808
San Georgio a dietro, a dietro s'allontana poco il meglio saria ch'io ne trarrei;
la torre e de la Fossa e di Gaibana. ma non già; poco il mal, quando vedessi
quel di Clarice mia, ch'io non vorrei.
64 Metter saria mille contra uno a giuoco;
Rinaldo, come accade ch'un pensiero che perder si può; molto, e acquistar poco. -
un altro dietro, e quello un altro mena,
si venne a ricordar del cavalliero 67
nel cui palagio fu la sera a cena; Stando in questo pensoso il cavalliero
che per questa cittade, a dire il vero, di Chiaramonte, e non alzando il viso,
avea giusta cagion di stare in pena: con molta attenzion fu da un nocchiero
e ricordossi del vaso da bere, che gli era incontra, riguardato fiso:
che mostra altrui l'error de la mogliere; e perché; di veder tutto il pensiero
che l'occupava tanto, gli fu aviso,
65 come uom che ben parlava ed avea ardire,
e ricordossi insieme de la prova a seco ragionar lo fece uscire.
che d'aver fatta il cavallier narrolli;
che di quanti avea esperti, uomo non trova 68
che bea nel vaso, e 'l petto non s'immolli. La somma fu del lor ragionamento,
Or si pente, or tra sé; dice: - è; mi giova che colui malaccorto era ben stato,
ch'a tanto paragon venir non volli. che ne la moglie sua l'esperimento
Riuscendo, accertava il creder mio; maggior che può; far donna, avea tentato;
non riuscendo, a che partito era io? che quella che da l'oro e da l'argento
difende il cor di pudicizia armato,
66 tra mille spade via più; facilmente
Gli è; questo creder mio, come io l'avessi difenderallo, e in mezzo al fuoco ardente.
ben certo, e poco accrescer lo potrei:
sì; che, s'al paragon mi succedessi, 69

809
Il nocchler suggiungea: - Ben gli dicesti, che volentieri io mi t'acconcio a udire. -
che non dovea offerirle sì; gran doni;
che contrastare a questi assalti e a questi 72
colpi non sono tutti i petti buoni. Il nocchier cominciò;: - Già; fu di questa
Non so se d'una giovane intendesti terra un Anselmo di famiglia degna,
(ch'esser pò; che tra voi se ne ragioni), che la sua gioventù; con lunga vesta
che nel medesmo error vide il consorte, spese in saper ciò; ch'Ulpiano insegna
di ch'esso avea lei condannata a morte. e di nobil progenie, bella e onesta
moglie cercò;, ch'al grado suo convegna;
70 e d'una terra quindi non lontana
Dovea in memoria avere il signor mio, n'ebbe una di bellezza sopraumana;
che l'oro e 'l premio ogni durezza inchina;
ma, quando bisognò;, l'ebbe in oblio, 73
ed ei si procacciò; la sua ruina. e di bei modi e tanto graziosi,
Così; sapea lo esempio egli, com'io, che parea tutto amore e leggiadria;
che fu in questa città; di qui vicina, e di molto più; forse, ch'ai riposi,
sua patria e mia, che 'l lago e la palude ch'allo stato di lui non convenia.
del rifrenato Menzo intorno chiude: Tosto che l'ebbe, quanti mai gelosi
al mondo fur, passò; di gelosia:
71 non già; ch'altra cagion gli ne desse ella,
d'Adonio voglio dir, che 'l ricco dono che d'esser troppo accorta e troppo bella.
fe' alla moglie del giudice, d'un cane. -
- Di questo (disse il paladino) il suono 74
non passa l'Alpe, e qui tra voi rimane; Ne la città; medesma un cavalliero
perché; né; in Francia, né; dove ito sono, era d'antiqua e d'onorata gente,
parlar n'udi' ne le contrade estrane: che discendea da quel lignaggio altiero
sì; che dì; pur, se non t'incresce il dire; ch'uscì; d'una mascella di serpente,

810
onde già; Manto, e chi con essa fero senza far motto altrui, la patria lascia;
la patria mia, disceser similmente. e con sospiri e lacrime camina
Il cavallier, ch'Adonio nominosse, lungo lo stagno che le mura fascia.
di questa bella donna inamorosse. La donna che del cor gli era regina,
già; non oblia per la seconda ambascia.
75 Ecco un'alta aventura che lo viene
E per venire a fin di questo amore, di sommo male a porre in sommo bene.
a spender cominciò; senza ritegno
in vestire, in conviti, in farsi onore, 78
quanto può; farsi un cavallier più; degno. Vede un villan che con un gran bastone
Il tesor di Tiberio imperatore intorno alcuni sterpi s'affatica.
non saria stato a tante spese al segno. Quivi Adonio si ferma, e la cagione
Io credo ben che non passar duo verni, di tanto travagliar vuol che gli dica.
ch'egli uscì; fuor di tutti i ben paterni. Disse il villan, che dentro a quel macchione
veduto avea una serpe molto antica,
76 di che più; lunga e grossa a' giorni suoi
La casa ch'era dianzi frequentata non vide, né; credea mai veder poi;
matina e sera tanto dagli amici,
sola restò;, tosto che fu privata 79
di starne, di fagian, di coturnici. e che non si voleva indi partire,
Egli che capo fu de la brigata, che non l'avesse ritrovata e morta.
rimase dietro, e quasi fra mendici. Come Adonio lo sente così; dire,
Pensò;, poi ch'in miseria era venuto, con poca pazienza lo sopporta.
d'andare ove non fosse conosciuto. Sempre solea le serpi favorire;
che per insegna il sangue suo le porta
77 in memoria ch'uscì; sua prima gente
Con questa intenzione una mattina, de' denti seminati di serpente.

811
Oh giorno a lui cagion sempre di pianto!
80 Fe' scuse, pregò; assai, diede e promesse
e disse e fece col villano in guisa per non partirsi; e al fin sforzato cesse.
che, suo mal grado, abbandonò; l'impresa;
sì; che da lui non fu la serpe uccisa, 83
né; più; cercata, né; altrimenti offesa. Non gli parea crudele e duro manco
Adonio ne va poi dove s'avisa a dover sopportar tanto dolore,
che sua condizion sia meno intesa; che se veduto aprir s'avesse il fianco,
e dura con disagio e con affanno e vedutosi trar con mano il core.
fuor de la patria appresso al settimo anno. Di geloso timor pallido e bianco
per la sua donna, mentre staria fuore,
81 lei con quei modi che giovar si crede,
Né; mai per lontananza, né; strettezza supplice priega a non mancar di fede:
del viver, che i pensier non lascia ir vaghi,
cessa Amor che sì; gli ha la mano avezza, 84
ch'ognor non li arda il core, ognor impiaghi. dicendole ch'a donna né; bellezza,
è; forza al fin che torni alla bellezza né; nobiltà;, né; gran fortuna basta,
che son di riveder sì; gli occhi vaghi. sì; che di vero onor monti in altezza,
Barbuto, afflitto, e assai male in arnese, se per nome e per opre non è; casta;
là; donde era venuto, il camin prese. e che quella virtù; via più; si prezza,
che di sopra riman quando contrasta,
82 e ch'or gran campo avria per questa assenza,
In questo tempo alla mia patria accade di far di pudicizia esperienza.
mandare uno oratore al Padre santo,
che resti appresso alla sua Santitade 85
per alcun tempo e non fu detto quanto. Con tai le cerca ed altre assai parole
Gettan la sorte, e nel giudice cade. persuader ch'ella gli sia fedele.

812
De la dura partita ella si duole, 88
con che lacrime, oh Dio! con che querele! L'astrologo tenea le labra chiuse,
E giura che più; tosto oscuro il sole per non dire al dottor cosa che doglia,
vedrassi, che gli sia mai sì; crudele, e cerca di tacer con molte scuse.
che rompa fede; e che vorria morire Quando pur del suo mal vede c'ha voglia,
più; tosto ch'aver mai questo desire. che gli romperà; fede gli concluse,
tosto ch'egli abbia il piè; fuor de la soglia,
86 non da bellezza né; da prieghi indotta,
Ancor ch'a sue promesse e a suoi scongiuri ma da guadagno e da prezzo corrotta.
desse credenza e si achetasse alquanto,
non resta che più; intender non procuri, 89
e che materia non procacci al pianto. Giunte al timore, al dubbio ch'avea prima,
Avea uno amico suo, che dei futuri queste minacce dei superni moti,
casi predir teneva il pregio e 'l vanto; come gli stesse il cor, tu stesso stima,
e d'ogni sortilegio e magica arte, se d'amor gli accidenti ti son noti.
o il tutto, o ne sapea la maggior parte. E sopra ogni mestizia che l'opprima,
e che l'afflitta mente aggiri e arruoti,
87 è; 'l saper come, vinta d'avarizia,
Diegli, pregando di vedere assunto, per prezzo abbia a lasciar sua pudicizia.
se la sua moglie, nominata Argia,
nel tempo che da lei starà; disgiunto, 90
fedele e casta, o pel contario fia. Or per far quanti potea far ripari
Colui da prieghi vinto, tolle il punto, da non lasciarla in quel error cadere
il ciel figura come par che stia. (perché; il bisogno a dispogliar gli altari
Anselmo il lascia in opra, e l'altro giorno tra' l'uom talvolta, che sel trova avere),
a lui per la risposta fa ritorno. ciò; che tenea di gioie e di danari
(che n'avea somma) pose in suo potere:

813
rendite e frutti d'ogni possessione, ch'un fiumicel dagli occhi le n'uscia;
e ciò; c'ha al mondo, in man tutto le pone. s'attrista che colpevole la faccia,
come di fé; mancata già; gli sia;
91 che questa sua sospizion procede,
- Con facultade (disse) che ne' tuoi perché; non ha ne la sua fede fede.
non sol bisogni te li goda e spenda,
ma che ne possi far ciò; che ne vuoi, 94
li consumi, li getti, e doni e venda; Troppo sarà;, s'io voglio ir rimembrando
altro conto saper non ne vo' poi, ciò; ch'al partir da tramendua fu detto.
pur che, qual ti lascio or, tu mi ti renda: - Il mio onor (dice al fin) ti raccomando: -
pur che, come or tu sei, mi sie rimasa, piglia licenza, e partesi in effetto;
fa che io non trovi né; poder né; casa. - e ben si sente veramente, quando
volge il cavallo, uscire il cor del petto.
92 Ella lo segue, quanto seguir puote,
La prega che non faccia, se non sente con gli occhi che le rigano le gote.
ch'egli ci sia, ne la città; dimora;
ma ne la villa, ove più; agiatamente 95
viver potrà; d'ogni commercio fuora. Adonio intanto misero e tapino,
Questo dicea, però; che l'umil gente e (come io dissi) pallido e barbuto,
che nel gregge o ne' campi gli lavora, verso la patria avea preso il camino,
non gli era aviso che le caste voglie sperando di non esser conosciuto.
contaminar potessero alla moglie. Sul lago giunse alla città; vicino,
là; dove avea dato alla biscia aiuto,
93 ch'era assediata entro la macchia forte
Tenendo tuttavia le belle braccia da quel villan che por la volea a morte.
al timido marito al collo Argia,
e di lacrime empiendogli la faccia, 96

814
Quivi arrivando in su l'aprir del giorno, che la sua forma in biscia si converta.
ch'ancor splendea nel cielo alcuna stella,
si vede in peregrino abito adorno 99
venir pel lito incontra una donzella Il vedersi coprir del brutto scoglio,
in signoril sembiante, ancor ch'intorno e gir serpendo, è; cosa tanto schiva,
non l'apparisse né; scudier né; ancella. che non è; pare al mondo altro cordoglio;
Costei con grata vista lo raccolse, tal che bestemmia ogniuna d'esser viva.
e poi la lingua a tai parole sciolse: E l'obbligo ch'io t'ho (perché; ti voglio
insiememente dire onde deriva),
97 tu saprai che quel dì;, per esser tali,
- Se ben non mi conosci, o cavalliero, siamo a periglio d'infiniti mali.
son tua parente, e grande obligo t'aggio:
parente son, perché; da Cadmo fiero 100
scende d'amenduo noi l'alto lignaggio. Non è; sì; odiato altro animale in terra,
Io son la fata Manto, che 'l primiero come la serpe; e noi, che n'abbià;n faccia,
sasso messi a fondar questo villaggio; patimo da ciascuno oltraggio e guerra;
e dal mio nome (come ben forse hai che chi ne vede, ne percuote e caccia.
contare udito) Mantua la nomai. Se non troviamo ove tornar sotterra,
sentiamo quanto pesa altrui le braccia.
98 Meglio saria poter morir, che rotte
De le fate io son una; ed il fatale e storpiate restar sotto le botte.
stato per farti anco saper ch'importe,
nascemo a un punto, che d'ogn'altro male 101
siamo capaci, fuor che de la morte. L'obligo ch'io t'ho grande, è; ch'una volta
Ma giunto è; con questo essere immortale che tu passavi per quest'ombre amene,
condizion non men del morir forte; per te di mano fui d'un villan tolta,
ch'ogni settimo giorno ogniuna è; certa che gran travagli m'avea dati e pene.

815
Se tu non eri, io non andava asciolta, in che già; Amor t'avinse, anco ti trovi,
ch'io non portassi rotto e capo e schene, voglioti dimostrar l'ordine e 'l modo
e che sciancata non restassi e storta, ch'a disbramar tuoi desideri giovi.
se ben non vi potea rimaner morta: Io voglio, or che lontano il marito odo,
che senza indugio il mio consiglio provi;
102 vadi a trovar la donna che dimora
perché; quei giorni che per terra il petto fuori alla villa, e sarò; teco io ancora. -
traemo avvolte in serpentile scorza,
il ciel ch'in altri tempi è; a noi suggetto, 105
niega ubbidirci, e prive sià;n di forza. E seguitò; narrandogli in che guisa
In altri tempi ad un sol nostro detto alla sua donna vuol che s'appresenti;
il sol si ferma e la sua luce ammorza; dico come vestir, come precisa-
l'immobil terra gira e muta loco; mente abbia a dir, come la prieghi e tenti;
s'infiamma il ghiaccio, e si congela il fuoco. e che forma essa vuol pigliar, devisa;
che, fuor che 'l giorno ch'erra tra serpenti,
103 in tutti gli altri si può; far, secondo
Ora io son qui per renderti mercede che più; le pare, in quante forme ha il mondo.
del beneficio che mi festi allora.
Nessuna grazia indarno or mi si chiede 106
ch'io son del manto viperino fuora. Messe in abito lui di peregrino
Tre volte più; che di tuo padre erede il qual per Dio di porta in porta accatti:
non rimanesti, io ti fo ricco or ora: mutosse ella in un cane, il più; piccino
né; vo' che mai più; povero diventi, di quanti mai n'abbia Natura fatti,
ma quanto spendi più;, che più; augumenti. di pel lungo, più; bianco ch'armellino,
di grato aspetto e di mirabili atti.
104 Così; trasfigurato, entraro in via
E perché; so che ne l'antiquo nodo, verso la casa de la bella Argia:

816
potesse cupidigia feminile
107 (colui rispose), non saria mercede
e dei lavoratori alle capanne di comprar degna del mio cane un piede. -
prima ch'altrove, il giovene fermosse;
e cominciò; a sonar certe sue canne, 110
al cui suono danzando il can rizzosse. E per mostrar che veri i detti foro,
La voce e 'l grido alla padrona vanne, con la balia in un canto si ritrasse,
e fece sì;, che per veder si mosse. e disse al cane, ch'una marca d'oro
Fece il romeo chiamar ne la sua corte, a quella donna in cortesia donasse.
sì; come del dottor traea la sorte. Scossesi il cane, e videsi il tesoro.
Disse Adonio alla balia, che pigliasse,
108 soggiungendo: - Ti par che prezzo sia,
E quivi Adonio a comandare al cane per cui sì; bello e util cane io dia?
incominciò;, ed il cane a ubbidir lui,
e far danze nostral, farne d'estrane, 111
con passi e continenze e modi sui, Cosa, qual vogli sia, non gli domando,
e finalmente con maniere umane di ch'io ne torni mai con le man vote;
far ciò; che comandar sapea colui, e quando perle, e quando annella, e quando
con tanta attenzion, che chi lo mira, leggiadra veste e di gran prezzo scuote.
non batte gli occhi, e a pena il fiato spira. Pur di' a madonna, che fia al suo comando;
per oro no, ch'oro pagar nol puote:
109 ma se vuol ch'una notte seco io giaccia,
Gran maraviglia, ed indi gran desire abbiasi il cane, e 'l suo voler ne faccia. -
venne alla donna di quel can gentile;
e ne fa per la balia proferire 112
al cauto peregrin prezzo non vile, Così; dice: e una gemma allora nata
- S'avessi più; tesor, che mai sitire le dà;, ch'alla padrona l'appresenti.

817
Pare alla balia averne più; derata, 115
che di pagar dieci ducati o venti. De la puttana sua balia i conforti,
Torna alla donna, e le fa l'imbasciata; i prieghi de l'amante e la presenza,
e la conforta poi, che si contenti il veder che guadagno se l'apporti,
d'acquistare il bel cane; ch'acquistarlo del misero dottor la lunga assenza,
per prezzo può;, che non si perde a darlo. lo sperar ch'alcun mai non lo rapporti,
fero ai casti pensier tal violenza,
113 ch'ella accettò; il bel cane, e per mercede
La bella Argia sta ritrosetta in prima; in braccio e in preda al suo amator si diede.
parte, che la sua fé; romper non vuole,
parte, ch'esser possibile non stima 116
tutto ciò; che ne suonan le parole. Adonio lungamente frutto colse
La balia le ricorda, e rode e lima, de la sua bella donna, a cui la fata
che tanto ben di rado avvenir suole; grande amor pose, e tanto le ne volse,
e fe' che l'agio un altro dì; si tolse, che sempre star con lei si fu ubligata.
che 'l can veder senza tanti occhi volse. Per tutti i segni il sol prima si volse,
ch'al giudice licenza fosse data:
114 al fin tornò;, ma pien di gran sospetto
Quest'altro comparir ch'Adonio fece, per quel che già; l'astrologo avea detto.
fu la ruina e del dottor la morte.
Facea nascer le doble a diece a diece, 117
filze di perle, e gemme d'ogni sorte: Fa, giunto ne la patria, il primo volo
sì; che il superbo cor mansuefece, a casa de l'astrologo, e gli chiede,
che tanto meno a contrastar fu forte, se la sua donna fatto inganno e dolo,
quanto poi seppe che costui ch'inante o pur servato gli abbia amore e fede.
gli fa partito, è; 'l cavallier suo amante. Il sito figurò; colui del polo,
ed a tutti i pianeti il luogo diede:

818
poi rispose che quel ch'avea temuto, che da la balia il ver gli fosse aperto,
come predetto fu, gli era avvenuto; né; toccò; tasto ove sentisse suono
altro che falso; come uom ben esperto,
118 aspettò; che discordia vi venisse;
che da doni grandissimi corrotta, ch'ove femine son, son liti e risse.
data ad altri s'avea la donna in preda.
Questa al dottor nel cor fu sì; gran botta, 121
che lancia e spiedo io vo' che ben le ceda. E come egli aspettò;, così; gli avvenne;
Per esserne più; certo, ne va allotta ch'al primo sdegno che tra loro nacque,
(ben che pur troppo allo indivino creda) senza suo ricercar, la balia venne
ov'è; la balia, e la tira da parte, il tutto a ricontargli, e nulla tacque.
e per saperne il certo usa grande arte. Lungo a dir fôra ciò; che 'l cor sostenne,
come la mente costernata giacque
119 del giudice meschin, che fu sì; oppresso,
Con larghi giri circondando prova che stette per uscir fuor di se stesso:
or qua or là; di ritrovar la traccia;
e da principio nulla ne ritrova, 122
con ogni diligenza che ne faccia; e si dispose al fin, da l'ira vinto,
ch'ella, che non avea tal cosa nuova, morir, ma prima uccider la sua moglie;
stava negando con immobil faccia; e che d'amendue i sangui un ferro tinto
e come bene istrutta, più; d'un mese levassi lei di biasmo, e sé; di doglie.
tra il dubbio e 'l certo il suo patron sospese. Ne la città; se ne ritorna, spinto
da così; furibonde e cieche voglie;
120 indi alla villa un suo fidato manda,
Quanto dovea parergli il dubio buono, e quanto esequir debba, gli commanda.
se pensava il dolor ch'avria del certo!
Poi ch'indarno provò; con priego e dono, 123

819
Commanda al servo, ch'alla moglie Argia per l'effetto crudel che gli fu imposto.
torni alla villa, e in nome suo le dica
ch'egli è; da febbre oppresso così; ria, 126
che di trovarlo vivo avrà; fatica; Trasse la spada e alla padrona disse
sì; che, senza aspettar più; compagnia, quanto commesso il suo signor gli avea;
venir debba con lui, s'ella gli è; amica sì; che chiedesse, prima che morisse,
(verrà;: sa ben che non farà; parola); perdono a Dio d'ogni colpa rea.
e che tra via le seghi egli la gola. Non ti so dir com'ella si coprisse:
quando il servo ferirla si credea,
124 più; non la vide, e molto d'ogn'intorno
A chiamar la patrona andò; il famiglio, l'andò; cercando, e al fin restò; con scorno.
per far di lei quanto il signor commesse.
Dato prima al suo cane ella di piglio, 127
montò; a cavallo ed a camin si messe. Torna al patron con gran vergogna ed onta,
L'avea il cane avisata del periglio, tutto attonito in faccia e sbigottito;
ma che d'andar per questo ella non stesse; e l'insolito caso gli racconta,
ch'avea ben disegnato e proveduto ch'egli non sa come si sia seguito.
onde nel gran bisogno avrebbe aiuto. Ch'a' suoi servigi abbia la moglie pronta
la fata Manto, non sapea il marito;
125 che la balia onde il resto avea saputo,
Levato il servo del camino s'era; questo, non so perché;, gli avea taciuto.
e per diverse e solitarie strade
a studio capitò; su una riviera 128
che d'Apennino in questo fiume cade; Non sa che far; che né; l'oltraggio grave
ov'era bosco e selva oscura e nera, vendicato ha, né; le sue pene ha sceme.
lungi da villa e lungi da cittade. Quel ch'era una festuca, ora è; una trave,
Gli parve loco tacito e disposto tanto gli pesa, tanto al cor gli preme.

820
L'error che sapean pochi, or sì; aperto have, l'opra crudel che poi non ebbe effetto,
che senza indugio si palesi, teme. e fa che lo conduce ove nascosta
Potea il primo celarsi; ma il secondo, se gli era Argia, sì; come gli avea detto;
publico in breve fia per tutto il mondo. che forse in qualche macchia il dì; reposta,
la notte si ripara ad alcun tetto.
129 Lo guida il servo ove trovar si crede
Conosce ben che, poi che 'l cor fellone la folta selva, e un gran palagio vede.
avea scoperto il misero contra essa,
ch'ella, per non tornargli in suggezione, 132
d'alcun potente in man si sarà; messa; Fatto avea farsi alla sua fata intanto
il qual se la terrà; con irrisione la bella Argia con subito lavoro
ed ignominia del marito espressa; d'alabastri un palagio per incanto,
e forse anco verrà; d'alcuno in mano, dentro e di fuor tutto fregiato d'oro.
che ne fia insieme adultero e ruffiano. Né; lingua dir, né; cor pensar può; quanto
avea beltà; di fuor, dentro tesoro.
130 Quel che iersera sì; ti parve bello,
Sì; che, per rimediarvi, in fretta manda del mio signor, saria un tugurio a quello.
intorno messi e lettere a cercarne:
ch'in quel loco, ch'in questo ne domanda 133
per Lombardia, senza città; lasciarne. E di panni di razza, e di cortine
Poi va in persona, e non si lascia banda tessute riccamente e a varie fogge,
ove o non vada o mandivi a spiarne: ornate eran le stalle e le cantine,
né; mai può; ritrovar capo né; via non sale pur, non pur camere e logge;
di venire a notizia, che ne sia. vasi d'oro e d'argento senza fine,
gemme cavate, azzurre e verdi e rogge,
131 e formate in gran piatti e in coppe e in nappi,
Al fin chiama quel servo a chi fu imposta e senza fin d'oro e di seta drappi.

821
lo beffi e che gli dica la bugia:
134 ma con scongiuri il negro ad affermare
Il giudice, sì; come io vi dicea, che sua è; la casa, e ch'altri non v'ha a fare;
venne a questo palagio a dar di petto,
quando né; una capanna si credea 137
di ritrovar, ma solo il bosco schietto. e gli offerisce, se la vuol vedere,
Per l'alta maraviglia che n'avea, che dentro vada, e cerchi come voglia;
esser si credea uscito d'intelletto: e se v'ha cosa che gli sia in piacere
non sapea se fosse ebbro o se sognassi, o per sé; o per gli amici, se la toglia.
o pur se 'l cervel scemo a volo andassi. Diede il cavallo al servo suo a tenere
Anselmo, e messe il piè; dentro alla soglia;
135 e per sale e per camere condutto,
Vede inanzi alla porta uno Etiopo da basso e d'alto andò; mirando il tutto.
con naso e labri grossi; e ben gli è; avviso
che non vedesse mai, prima né; dopo, 138
un così; sozzo e dispiacevol viso; La forma, il sito, il ricco e bel lavoro
poi di fattezze, qual si pinge Esopo, va contemplando, e l'ornamento regio;
d'attristar, se vi fosse, il paradiso; e spesso dice: - Non potria quant'oro
bisunto e sporco, e d'abito mendico: è; sotto il sol pagare il loco egregio. -
né; a mezzo ancor di sua bruttezza io dico. A questo gli risponde il brutto Moro,
e dice: - E questo ancor trova il suo pregio:
136 se non d'oro o d'argento, nondimeno
Anselmo che non vede altro da cui pagar lo può; quel che vi costa meno. -
possa saper di chi la casa sia,
a lui s'accosta, e ne domanda a lui; 139
ed ei risponde: - Questa casa è; mia. - E gli fa la medesima richiesta
Il giudice è; ben certo che colui ch'avea già; Adonio alla sua moglie fatta.

822
De la brutta domanda e disonesta, 142
persona lo stimò; bestiale e matta. S'io ti parvi esser degna d'una morte,
Per tre repulse e quattro egli non resta; conosci che ne sei degno di cento:
e tanti modi a persuaderlo adatta, e ben ch'in questo loco io sia sì; forte,
sempre offerendo in merito il palagio, ch'io possa di te fare il mio talento;
che fe' inchinarlo al suo voler malvagio. pure io non vo' pigliar di peggior sorte
altra vendetta del tuo fallimento.
140 Di par l'avere e 'l dar, marito, poni;
La moglie Argia che stava appresso ascosa, fa, com'io a te, che tu a me ancor perdoni:
poi che lo vide nel suo error caduto,
saltò; fuora gridando: - Ah degna cosa 143
che io veggo di dottor saggio tenuto! - e sia la pace e sia l'accordo fatto,
Trovato in sì; mal'opra e viziosa, ch'ogni passato error vada in oblio;
pensa se rosso far si deve e muto. né; ch'in parole io possa mai né; in atto
O terra, acciò; ti si gettassi dentro, ricordarti il tuo error, né; a me tu il mio. -
perché; allor non t'apristi insino al centro? Il marito ne parve aver buon patto,
né; dimostrossi al perdonar restio.
141 Così; a pace e concordia ritornaro,
La donna in suo discarco, ed in vergogna e sempre poi fu l'uno all'altro caro. -
d'Anselmo, il capo gl'intronò; di gridi,
dicendo: - Come te punir bisogna 144
di quel che far con sì; vil uom ti vidi, Così; disse il nocchiero; e mosse a riso
se per seguir quel che natura agogna, Rinaldo al fin de la sua istoria un poco;
me, vinta a' prieghi del mio amante, uccidi? e diventar gli fece a un tratto il viso,
ch'era bello e gentile; e un dono tale per l'onta del dottor, come di fuoco.
mi fe', ch'a quel nulla il palagio vale. Rinaldo Argia molto lodò;, ch'avviso
ebbe d'alzare a quello augello un gioco

823
ch'alla medesma rete fe' cascallo, prima che li lasciasse alla buon'ora.
in che cadde ella, ma con minor fallo. Quindi mutando bestie e cavallari,
Arimino passò; la sera ancora;
145 né; in Montefiore aspetta il matutino,
Poi che più; in alto il sole il camin prese, e quasi a par col sol giunge in Urbino.
fe' il paladino apparecchiar la mensa,
ch'avea la notte il Mantuan cortese 148
provista con larghissima dispensa. Quivi non era Federico allora,
Fugge a sinistra intanto il bel paese, né; l'Issabetta, né; 'l buon Guido v'era,
ed a man destra la palude immensa: né; Francesco Maria, ne Leonora,
viene e fuggesi Argenta e 'l suo girone che con cortese forza e non altiera
col lito ove Santerno il capo pone. avesse astretto a far seco dimora
sì; famoso guerrier più; d'una sera;
146 come fer già; molti anni, ed oggi fanno
Allora la Bastia credo non v'era, a donne e a cavallier che di là; vanno.
di che non troppo si vantar Spagnuoli
d'avervi su tenuta la bandiera; 149
ma più; da pianger n'hanno i Romagniuoli. Poi che quivi alla briglia alcun nol prende,
E quindi a filo alla dritta riviera smonta Rinaldo a Cagli alla via dritta.
cacciano il legno, e fan parer che voli. Pel monte che 'l Metauro o il Gauno fende,
Lo volgon poi per una fossa morta, passa Apennino e più; non l'ha a man ritta;
ch'a mezzodì; presso a Ravenna il porta. passa gli Ombri e gli Etrusci, e a Roma scende;
da Roma ad Ostia; e quindi si tragitta
147 per mare alla cittade a cui commise
Ben che Rinaldo con pochi danari il pietoso figliuol l'ossa d'Anchise.
fosse sovente, pur n'avea sì; alora,
che cortesia ne fece a' marinari, 150

824
Muta ivi legno, e verso l'isoletta Olivier che sedea col piede rotto.
di Lipadusa fa ratto levarsi;
quella che fu dai combattenti eletta, 153
ed ove già; stati erano a trovarsi. La consolazion che seppe, tutta
Insta Rinaldo, e gli nocchieri affretta, diè; lor, ben che per sé; tor non la possa;
ch'a vela e a remi fan ciò; che può; farsi; che giunto si vedea quivi alle frutta,
ma i venti avversi e per lui mal gagliardi, anzi poi che la mensa era rimossa.
lo fecer, ma di poco, arrivar tardi. Andaro i servi alla città; distrutta,
e di Gradasso e d'Agramante l'ossa
151 ne le ruine ascoser di Biserta,
Giunse ch'a punto il principe d'Anglante e quivi divulgar la cosa certa.
fatta avea l'utile opra e gloriosa:
avea Gradasso ucciso ed Agramante, 154
ma con dura vittoria e sanguinosa. De la vittoria ch'avea avuto Orlando,
Morto n'era il figliuol di Monodante; s'allegrò; Astolfo e Sansonetto molto;
e di grave percossa e perigliosa non sì; però;, come avrian fatto, quando
stava Olivier languendo in su l'arena, non fosse a Brandimarte il lume tolto.
e del piè; guasto avea martì;re e pena. Sentir lui morto il gaudio va scemando
sì;, che non ponno asserenare il volto.
152 Or chi sarà; di lor, ch'annunzio voglia
Tener non poté; il conte asciutto il viso, a Fiordiligi dar di sì; gran doglia?
quando abbracciò; Rinaldo, e che narrolli
che gli era stato Brandimarte ucciso, 155
che tanta fede e tanto amor portolli. La notte che precesse a questo giorno,
Né; men Rinaldo, quando sì; diviso Fiordiligi sognò; che quella vesta
vide il capo all'amico, ebbe occhi molli: che, per mandarne Brandimarte adorno,
poi quindi ad abbracciar si fu condotto avea trapunta e di sua man contesta,

825
vedea per mezzo sparsa e d'ogn'intorno caccia le mani; ed alle belle gote,
di gocce rosse, a guisa di tempesta: indarno ripetendo il caro nome,
parea che di sua man così; l'avesse fa danno ed onta più; che far lor puote:
riccamata ella, e poi se ne dogliessse. straccia i capelli e sparge; e grida, come
donna talor che 'l demon rio percuote,
156 o come s'ode che già; a suon di corno
E parea dir: - Pur hammi il signor mio Menade corse, ed aggirossi intorno.
commesso ch'io la faccia tutta nera:
or perché; dunque riccamata holl'io 159
contra sua voglia in sì; strana maniera? - Or questo or quel pregando va, che porto
Di questo sogno fe' giudicio rio; le sia un coltel, sì; che nel cor si fera:
poi la novella giunse quella sera: or correr vuol là; dove il legno in porto
ma tanto Astolfo ascosa le la tenne, dei duo signor defunti arrivato era,
ch'a lei con Sansonetto se ne venne. e de l'uno e de l'altro così; morto
far crudo strazio e vendetta acra e fiera:
157 or vuol passare il mare, e cercar tanto,
Tosto ch'entraro, e ch'ella loro il viso che possa al suo signor morire a canto.
vide di gaudio in tal vittoria privo;
senz'altro annunzio sa, senz'altro avviso, 160
che Brandimarte suo non è; più; vivo. - Deh perché;, Brandimarte, ti lasciai
Di ciò; le resta il cor così; conquiso, senza me andare a tanta impresa? (disse).
e così; gli occhi hanno la luce a schivo, Vedendoti partir, non fu più; mai
e così; ogn'altro senso se le serra, che Fiordiligi tua non ti seguisse.
che come morta andar si lascia in terra. T'avrei giovato, s'io veniva, assai,
ch'avrei tenute in te le luci fisse;
158 e se Gradasso avessi dietro avuto,
Al tornar de lo spirto, ella alle chiome con un sol grido io t'avrei dato aiuto;

826
mi rompi! oh che speranze oggi mi levi!
161 Deh, che cesso io, poi c'ho perduto questo
o forse esser potrei stata sì; presta, tanto mio ben, ch'io non perdo anco il resto? -
ch'entrando in mezzo, il colpo t'avrei tolto:
fatto scudo t'avrei con la mia testa; 164
che morendo io, non era il danno molto. Questo ed altro dicendo, in lei risorse
Ogni modo io morrò;; né; fia di questa il furor con tanto impeto e la rabbia,
dolente morte alcun profitto colto, ch'a stracciare il bel crin di nuovo corse,
che, quando io fossi morta in tua difesa, come il bel crin tutta la colpa n'abbia.
non potrei meglio aver la vita spesa. Le mani insieme si percosse e morse,
nel sen si cacciò; l'ugne e ne le labbia.
162 Ma torno a Orlando ed a' compagni, intanto
Se pur ad aiutarti i duri fati ch'ella si strugge e si consuma in pianto.
avessi avuti e tutto il cielo avverso,
gli ultimi baci almeno io t'avrei dati, 165
almen t'avrei di pianto il viso asperso; Orlando, col cognato che non poco
e prima che con gli angeli beati bisogno avea di medico e di cura,
fosse lo spirto al suo Fattor converso, ed altretanto, perché; in degno loco
detto gli avrei: Va in pace, e là; m'aspetta; avesse Brandimarte sepultura,
ch'ovunque sei, son per seguirti in fretta. verso il monte ne va che fa col fuoco
chiara la notte, e il dì; di fumo oscura.
163 Hanno propizio il vento, e a destra mano
è; questo, Brandimarte, è; questo il regno non e quel lito lor molto lontano.
di che pigliar lo scettro ora dovevi?
Or così; teco a Dammogire io vegno? 166
così; nel real seggio mi ricevi? Con fresco vento ch'in favor veniva,
Ah Fortuna crudel, quanto disegno sciolser la fune al declinar del giorno,

827
mostrando lor la taciturna diva 169
la dritta via col luminoso corno; Levossi, al ritornar del paladino,
e sorser l'altro dì; sopra la riva maggiore il grido, e raddoppiossi il pianto.
ch'amena giace ad Agringento intorno. Orlando, fatto al corpo più; vicino,
Quivi Orlando ordinò; per l'altra sera senza parlar stette a mirarlo alquanto,
ciò; ch'a funeral pompa bisogno era. pallido come colto al matutino
è; da sera il ligustro o il molle acanto;
167 e dopo un gran sospir, tenendo fisse
Poi che l'ordine suo vide essequito, sempre le luci in lui, così; gli disse:
essendo omai del sole il lume spento,
fra molta nobiltà; ch'era allo 'nvito 170
de' luoghi intorno corsa in Agringento, - O forte, o caro, o mio fedel compagno,
d'accesi torchi tutto ardendo 'l lito, che qui sei morto, e so che vivi in cielo,
e di grida sonando e di lamento, e d'una vita v'hai fatto guadagno,
tornò; Orlando ove il corpo fu lasciato, che non ti può; mai tor caldo né; gielo,
che vivo e morto avea con fede amato. perdonami, se ben vedi ch'io piagno;
perché; d'esser rimaso mi querelo,
168 e ch'a tanta letizia io non son teco;
Quivi Bardin di soma d'anni grave non già; perché; qua giù; tu non sia meco.
stava piangendo alla bara funè;bre,
che pel gran pianto ch'avea fatto in nave, 171
dovrì;a gli occhi aver pianti e le palpè;bre. Solo senza te son; né; cosa in terra
Chiamando il ciel crudel, le stelle prave, senza te posso aver più;, che mi piaccia.
ruggia come un leon ch'abbia la febre. Se teco era in tempesta e teco in guerra,
Le mani erano intanto empie e ribelle perché; non anco in ozio ed in bonaccia?
ai crin canuti e alla rugosa pelle. Ben grande e 'l mio fallir, poi che mi serra
di questo fango uscir per la tua traccia.

828
Se negli affanni teco fui, perch'ora denno tutti i guerrier ch'oggi son vivi.
non sono a parte del guadagno ancora? Quei Deci, e quel nel roman foro absorto,
quel sì; lodato Codro dagli Argivi,
172 non con più; altrui profitto e più; suo onore
Tu guadagnato, e perdita ho fatto io: a morte si donar, del tuo signore. -
sol tu all'acquisto, io non son solo al danno.
Partecipe fatto e del dolor mio 175
l'Italia, il regno franco e l'alemanno. Queste parole ed altre dicea Orlando.
Oh quanto, quanto il mio signore e zio, Intanto i bigi, i bianchi, i neri frati,
oh quanto i paladin da doler s'hanno! e tutti gli altri chierci, seguitando
quanto l'Imperio e la cristiana Chiesa, andavan con lungo ordine accoppiati,
che perduto han la sua maggior difesa! per l'alma del defunto Dio pregando,
che gli donasse requie tra' beati.
173 Lumi inanzi e per mezzo e d'ogn'intorno,
Oh quanto si torrà; per la tua morte mutata aver parean la notte in giorno.
di terrore a' nimici e di spavento!
Oh quanto Pagania sarà; più; forte! 176
quanto animo n'avrà;, quanto ardimento! Levan la bara, ed a portarla foro
Oh come star ne dee la tua consorte! messi a vicenda conti e cavallieri.
Sin qui ne veggo il pianto, e 'l grido sento. Purpurea seta la copria, che d'oro
So che m'accusa, e forse odio mi porta, e di gran perle avea compassi altieri:
che per me teco ogni sua speme è; morta. di non men bello e signoril lavoro
avean gemmati e splendidi origlieri;
174 e giacea quivi il cavallier con vesta
Ma, Fiordiligi, almen resti un conforto di color pare, e d'un lavor contesta.
a noi che sià;n di Brandimarte privi;
ch'invidiar lui con tanta gloria morto 177

829
Trecento agli altri eran passati inanti, il piè; Olivier, che rotto avea, ritenne.
de' più; poveri tolti de la terra,
parimente vestiti tutti quanti 180
di panni negri e lunghi sin a terra. Lungo sarà; s'io vi vo' dire in versi
Cento paggi seguian sopra altretanti le cerimonie, e raccontarvi tutti
grossi cavalli e tutti buoni a guerra; i dispensati manti oscuri e persi,
e i cavalli coi paggi ivano il suolo gli accesi torchi che vi furon strutti.
radendo col lor abito di duolo. Quindi alla chiesa catedral conversi,
dovunque andar, non lasciaro occhi asciutti:
178 sì; bel, sì; buon, sì; giovene a pietade
Molte bandiere inanzi e molte dietro, mosse ogni sesso, ogni ordine, ogni etade.
che di diverse insegne eran dipinte,
spiegate accompagnavano il ferè;tro; 181
le quai già; tolte a mille schiere vinte, Fu posto in chiesa; e poi che da le donne
e guadagnate a Cesare ed a Pietro di lacrime e di pianti inutil opra,
avean le forze ch'or giaceano estinte. e che dai sacerdoti ebbe eleisonne
Scudi v'erano molti, che di degni e gli altri santi detti avuto sopra,
guerrieri, a chi fur tolti, aveano i segni. in una arca il serbar su due colonne:
e quella vuole Orlando che si cuopra
179 di ricco drappo d'or, sin che reposto
Venian cento e cent'altri a diversi usi in un sepulcro sia di maggior costo.
de l'esequie ordinati; ed avean questi,
come anco il resto, accesi torchi; e chiusi, 182
più; che vestiti, eran di nere vesti. Orlando di Sicilia non si parte,
Poi seguia Orlando, e ad or ad or suffusi che manda a trovar porfidi e alabastri.
di lacrime avea gli occhi e rossi e mesti; Fece fare il disegno, e di quell'arte
né; più; lieto di lui Rinaldo venne: inarrar con gran premio i miglior mastri.

830
Fe' le lastre, venendo in questa parte, da penitenza, orando giorno e notte,
poi drizzar Fiordiligi, e i gran pilastri; non durò; lunga età;, che di sua vita
che quivi (essendo Orlando già; partito) da la Parca le fur le fila rotte.
si fe' portar da l'africano lito. Già; fatto avea da l'isola partita,
ove i Ciclopi avean l'antique grotte,
183 i tre guerrier di Francia, afflitti e mesti
E vedendo le lacrime indefesse, che 'l quarto lor compagno a dietro resti.
ed ostinati a uscir sempre i sospiri,
né; per far sempre dire uffici e messe, 186
mai satisfar potendo a' suoi disiri; Non volean senza medico levarsi,
di non partirsi quindi in cor si messe, che d'Olivier s'avesse a pigliar cura;
fin che del corpo l'anima non spiri: la qual, perché; a principio mal pigliarsi
e nel sepolcro fe' fare una cella, poté;, fatt'era faticosa e dura:
e vi si chiuse, e fe' sua vita in quella. e quello udiano in modo lamentarsi,
che del suo caso avean tutti paura.
184 Tra lor di ciò; parlando, al nocchier nacque
Oltre che messi e lettere le mande, un pensiero, e lo disse; e a tutti piacque.
vi va in persona Orlando per levarla.
Se viene in Francia, con pension ben grande 187
compagna vuol di Galerana farla: Disse ch'era di là; poco lontano
quando tornare al padre anco domande, in un solingo scoglio uno eremita,
sin alla Lizza vuole accompagnarla: a cui ricorso mai non s'era invano,
edificar le vuole un monastero, o fosse per consiglio o per aita;
quando servire a Dio faccia pensiero. e facea alcuno effetto soprumano,
dar lume a ciechi, e tornar morti a vita,
185 fermare il vento ad un segno di croce,
Stava ella nel sepulcro; e quivi attrita e far tranquillo il mar quando è; più; atroce:

831
avesse prima dai celesti eroi.
188 Orlando gli rispose esser venuto
e che non denno dubitare, andando per ritrovare al suo Oliviero aiuto;
a ritrovar quel uomo a Dio sì; caro,
che lor non renda Olivier sano, quando 191
fatto ha di sua virtù; segno più; chiaro. ch'era, pugnando per la fé; di Cristo,
Questo consiglio sì; piacque ad Orlando, a periglioso termine ridutto.
che verso il santo loco si drizzaro; Levò;gli il santo ogni sospetto tristo,
né; mai piegando dal camin la prora, e gli promisse di sanarlo in tutto.
vider lo scoglio al sorger de l'aurora. Né; d'unguento trovandosi provisto,
né; d'altra umana medicina istrutto,
189 andò; alla chiesa, ed orò; al Salvatore;
Scorgendo il legno uomini in acqua dotti, ed indi uscì; con gran baldanza fuore:
sicuramente s'accostaro a quello.
Quivi aiutando servi e galeotti, 192
declinano il marchese nel battello: e in nome de le eterne tre Persone,
e per le spumose onde fur condotti Padre e Figliuolo e Spirto Santo, diede
nel duro scoglio, ed indi al santo ostello; ad Olivier la sua benedizione.
al santo ostello, a quel vecchio medesmo, Oh virtù; che dà; Cristo a chi gli crede!
per le cui mani ebbe Ruggier battesmo. Cacciò; dal cavalliero ogni passione,
e ritornolli a sanitade il piede,
190 più; fermo e più; espedito che mai fosse:
Il servo del Signor del paradiso e presente Sobrino a ciò; trovosse.
raccolse Orlando ed i compagni suoi,
e benedilli con giocondo viso, 193
e de' lor casi dimandolli poi; Giunto Sobrin de le sue piaghe a tanto,
ben che de lor venuta avuto avviso che star peggio ogni giorno se ne sente,

832
tosto che vede del monaco santo 196
il miracolo grande ed evidente, Orlando un suo mandò; sul legno, e trarne
si dispon di lasciar Macon da canto, fece pane e buon vin, cacio e persutti;
e Cristo confessar vivo e potente: e l'uom di Dio, ch'ogni sapor di starne
e domanda con cor di fede attrito, pose in oblio, poi ch'avvezzossi a' frutti,
d'iniciarsi al nostro sacro rito. per carità; mangiar fecero carne,
e ber del vino, e far quel che fer tutti.
194 Poi ch'alla mensa consolati foro,
Così; l'uom giusto lo battezza, ed anco di molte cose ragionar tra loro.
gli rende, orando, ogni vigor primiero.
Orlando e gli altri cavallier non manco 197
di tal conversion letizia fero, E come accade nel parlar sovente,
che di veder che liberato e franco ch'una cosa vien l'altra dimostrando,
del periglioso mal fosse Oliviero. Ruggier riconosciuto finalmente
Maggior gaudio degli altri Ruggier ebbe; fu da Rinaldo, da Olivier, da Orlando,
e molto in fede e in devozione accrebbe. per quel Ruggiero in arme sì; eccellente,
il cui valor s'accorda ognun lodando:
195 né; Rinaldo l'avea raffigurato
Era Ruggier dal dì; che giunse a nuoto per quel che provò; già; ne lo steccato.
su questo scoglio, poi statovi ognora.
Fra quei guerrieri il vecchiarel devoto 198
sta dolcemente, e li conforta ed ora Ben l'avea il re Sobrin riconosciuto,
a voler, schivi di pantano e loto, tosto che 'l vide col vecchio apparire;
mondi passar per questa morta gora ma volse inanzi star tacito e muto,
c'ha nome vita, che sì; piace a' sciocchi; che porsi in aventura di fallire.
ed alla via del ciel sempre aver gli occhi. Poi ch'a notizia agli altri fu venuto
che questo era Ruggier, di cui l'ardire,

833
la cortesia e 'l valore alto e profondo 2
si facea nominar per tutto il mondo; Quindi avvien che tra principi e signori
patti e convenzion son sì; frali.
199 Fan lega oggi re, papi e imperatori;
e sapendosi già; ch'era cristiano, doman saran nimici capitali:
tutti con lieta e con serena faccia perché;, qual l'apparenze esteriori,
vengono a lui: chi gli tocca la mano, non hanno i cor, non han gli animi tali;
e chi lo bacia, e chi lo stringe e abbraccia. che non mirando al torto più; ch'al dritto,
Sopra gli altri il signor di Montalbano attendon solamente al lor profitto.
d'accarezzarlo e fargli onor procaccia.
Perch'esso più; degli altri, io 'l serbo a dire 3
ne l'altro canto, se 'l vorrete udire. Questi, quantunque d'amicizia poco
sieno capaci, perché; non sta quella
ove per cose gravi, ove per giuoco
CANTO QUARANTAQUATTRESIMO mai senza finzion non si favella;
pur, se talor gli ha tratti in umil loco
insieme una fortuna acerba e fella,
1 in poco tempo vengono a notizia
Spesso in poveri alberghi e in picciol tetti, (quel che in molto non fer) de l'amicizia.
ne le calamitadi e nei disagi,
meglio s'aggiungon d'amicizia i petti, 4
che fra ricchezze invidiose ed agi Il santo vecchiarel ne la sua stanza
de le piene d'insidie e di sospetti giunger gli ospiti suoi con nodo forte
corti regali e splendidi palagi, ad amor vero meglio ebbe possanza,
ove la caritade è; in tutto estinta, ch'altri non avria fatto in real corte.
né; si vede amicizia, se non finta. Fu questo poi di tal perseveranza,
che non si sciolse mai fin alla morte.

834
Il vecchio li trovò; tutti benigni, e con la figlia prendere nel letto;
candidi più; nel cor, che di fuor cigni. e ch'avea tratto l'uno e l'altro figlio
del duca Buovo (com'io v'ho detto)
5 di man dei Saracini e dei malvagi
Trovolli tutti amabili e cortesi, ch'eran col maganzese Bertolagi.
non de la iniquità; ch'io v'ho dipinta
di quei che mai non escono palesi, 8
ma sempre van con apparenza finta. Questo debito a lui parea di sorte,
Di quanto s'eran per adietro offesi ch'ad amar lo stringeano e ad onorarlo;
ogni memoria fu tra loro estinta; e gli ne dolse e gli ne 'ncrebbe forte,
e se d'un ventre fossero e d'un seme, che prima non avea potuto farlo,
non si potriano amar più; tutti insieme. quando era l'un ne l'africana corte,
e l'altro agli servigi era di Carlo.
6 Or che fatto cristian quivi lo trova,
Sopra gli altri il signor di Montalbano quel che non fece prima, or far gli giova.
accarezzava e riveria Ruggiero;
sì; perché; già; l'avea con l'arme in mano 9
provato quanto era animoso e fiero, Proferte senza fine, onore e festa
sì; per trovarlo affabile ed umano fece a Ruggiero il paladin cortese.
più; che mai fosse al mondo cavalliero: Il prudente eremita, come questa
ma molto più;, che da diverse bande benivolenza vide, adito prese.
si conoscea d'avergli obligo grande. Entrò; dicendo: - A fare altro non resta
(e lo spero ottener senza contese),
7 che come l'amicizia è; tra voi fatta,
Sapea che di gravissimo periglio tra voi sia ancora affinità; contratta;
egli avea liberato Ricciardetto,
quando il re ispano gli fe' dar di piglio 10

835
acciò; che de le due progenie illustri senza vederla, il giovinetto acceso.
che non han par di nobiltade al mondo,
nasca un lignaggio che più; chiaro lustri, 13
che 'l chiaro sol, per quanto gira a tondo; Riposto gli avea Amon, che da sé; solo
e come andran più; inanzi ed anni e lustri, non era per concludere altramente,
sarà; più; bello, e durerà; (secondo né; pria che ne parlasse col figliuolo
che Dio m'ispira, acciò; ch'a voi nol celi) Rinaldo, da la corte allora assente;
fin che terran l'usato corso i cieli. - il qual credea che vi verrebbe a volo,
e che di grazia avria sì; gran parente:
11 pur, per molto rispetto che gli avea,
E seguitando il suo parlar più; inante, risolver senza lui non si volea.
fa il santo vecchio sì;, che persuade
che Rinaldo a Ruggier dia Bradamante, 14
ben che pregar né; l'un né; l'altro accade. Or Rinaldo lontan dal padre, quella
Loda Olivier col principe d'Anglante, pratica imperial tutta ignorando,
che far si debba questa affinitade; quivi a Ruggier promette la sorella
il che speran ch'approvi Amone e Carlo, di suo parere, e di parer d'Orlando
e debba tutta Francia commendarlo. e degli altri ch'avea seco alla cella,
ma sopra tutti l'eremita instando:
12 e crede veramente che piacere
Così; dicean; ma non sapean ch'Amone, debba ad Amon quel parentado avere.
con voluntà; del figlio di Pipino,
n'avea dato in quei giorni intenzione 15
all'imperator greco Costantino, Quel dì; e la notte, e del seguente giorno
che gliele domandava per Leone steron gran parte col monaco saggio,
suo figlio e successor nel gran domì;no. quasi obliando al legno far ritorno,
Se n'era, pel valor che n'avea inteso, ben che il vento spirasse al lor viaggio.

836
Ma i lor nocchieri, a cui tanto soggiorno e sul navilio al fin si ritornaro.
increscea omai, mandar più; d'un messaggio, I remi all'acqua, e dier le vele al Noto;
che sì; li stimular de la partita, e fu lor sì; sereno il tempo e chiaro,
ch'a forza li spiccar da l'eremita. che non vi bisognò; priego né; voto,
fin che nel porto di Marsilia entraro.
16 Ma quivi stiano tanto, ch'io conduca
Ruggier che stato era in esilio tanto, insieme Astolfo, il glorioso duca.
né; da lo scoglio avea mai mosso il piede,
tolse licenza da quel mastro santo 19
ch'insegnata gli avea la vera fede. Poi che de la vittoria Astolfo intese,
La spada Orlando gli rimesse a canto, che sanguinosa e poco lieta s'ebbe;
l'arme d'Ettorre, e il buon Frontin gli diede; vedendo che sicura da l'offese
sì; per mostrar del suo amor segno espresso, d'Africa oggimai Francia esser potrebbe,
sì; per saper che dianzi erano d'esso. pensò; che 'l re de' Nubi in suo paese
con l'esercito suo rimanderebbe
17 per la strada medesima che tenne
E quantunque miglior ne l'incantata quando contra Biserta se ne venne.
spada ragione avesse il paladino,
che con pena e travaglio già; levata 20
l'avea dal formidabile giardino, L'armata che i pagan roppe ne l'onde,
che non avea Ruggiero a cui donata già; rimandata avea il figliuol d'Ugiero;
dal ladro fu, che gli diè; ancor Frontino; di cui, nuovo miracolo, le sponde
pur volentier gliele donò; col resto (tosto che ne fu uscito il popul nero)
de l'arme, tosto che ne fu richiesto. e le poppe e le prore mutò; in fronde,
e ritornolle al suo stato primiero:
18 poi venne il vento, e come cosa lieve
Fur benedetti dal vecchio devoto, levolle in aria, e fe' sparire in breve.

837
e così;, poi che del paese moro
21 ebbe provisto ai luoghi principali,
Chi a piedi e chi in arcion tutte partita all'ippogrifo suo fe' spiegar l'ali.
d'Africa fer le nubiane schiere.
Ma prima Astolfo si chiamò; infinita 24
grazia al Senapo ed immortale avere; Volò; in Sardigna in un batter di penne,
che gli venne in persona a dare aita e di Sardigna andò; nel lito corso;
con ogni sforzo ed ogni suo potere. e quindi sopra il mar la strada tenne,
Astolfo lor ne l'uterino claustro torcendo alquanto a man sinistra il morso.
a portar diede il fiero e turbido austro. Ne le maremme all'ultimo ritenne
de la ricca Provenza il leggier corso;
22 dove seguì; de l'ippogrifo quanto
Negli utri, dico, il vento diè; lor chiuso, gli disse già; l'evangelista santo.
ch'uscir di mezzodì; suol con tal rabbia,
che muove a guisa d'onde, e leva in suso, 25
e ruota fin in ciel l'arrida sabbia; Hagli commesso il santo evangelista,
acciò; se lo portassero a lor uso, che più;, giunto in Provenza, non lo sproni;
che per camino a far danno non abbia; e ch'all'impeto fier più; non resista
e che poi, giunti ne la lor regione, con sella e fren, ma libertà; gli doni.
avessero a lassar fuor di prigione. Già; avea il più; basso ciel che sempre acquista
del perder nostro, al corno tolti i suoni;
23 che muto era restato, non che roco,
Scrive Turpino, come furo ai passi tosto ch'entrò; 'l guerrier nel divin loco.
de l'alto Atlante, che i cavalli loro
tutti in un tempo diventaron sassi; 26
sì; che, come venir, se ne tornoro. Venne Astolfo a Marsilia, e venne a punto
Ma tempo è; omai ch'Astolfo in Francia passi; il dì; che v'era Orlando ed Oliviero

838
e quel da Montalbano insieme giunto 29
col buon Sobrino e col meglior Ruggiero. L'imperator con chiara e lieta fronte,
La memoria del sozio lor defunto i paladini e gli amici e i parenti,
vietò; che i paladini non potero la nobiltà;, la plebe fanno al conte
insieme così; a punto rallegrarsi, ed agli altri d'amor segni evidenti:
come in tanta vittoria dovea farsi. gridar s'ode Mongrana e Chiaramonte.
Sì; tosto non finir gli abbracciamenti,
27 Rinaldo e Orlando insieme ed Oliviero
Carlo avea di Sicilia avuto avviso al signor loro appresentar Ruggiero;
dei duo re morti e di Sobrino preso,
e ch'era stato Brandimarte ucciso; 30
poi di Ruggiero avea non meno inteso: e gli narrar che di Ruggier di Risa
e ne stava col lor lieto e col viso era figliuol, di virtù; uguale al padre:
d'aver gittato intolerabil peso, se sia animoso e forte, ed a che guisa
che gli fu sopra gli omeri sì; greve, sappia ferir, san dir le nostre squadre.
che starà; un pezzo pria che si rileve. Con Bradamante in questo vien Marfisa,
le due compagne nobili e leggiadre:
28 ad abbracciar Ruggier vien la sorella;
Per onorar costor ch'eran sostegno con più; rispetto sta l'altra donzella.
del santo Imperio e la maggior colonna,
Carlo mandò; la nobiltà; del regno 31
ad incontrarli fin sopra la Sonna. L'imperator Ruggier fa risalire,
Egli uscì; poi col suo drappel più; degno ch'era per riverenza sceso a piede,
di re e di duci, e con la propria donna, e lo fa a par a par seco venire,
fuor de le mura, in compagnia di belle e di ciò; ch'a onorarlo si richiede,
e ben ornate e nobili donzelle. un punto sol non lassa preterire.
Ben sapea che tornato era alla fede;

839
che tosto che i guerrier furo all'asciutto, del populo ch'a pena vi capia,
certificato avean Carlo del tutto. smontò; al palazzo il magno imperatore,
ove più; giorni quella compagnia
32 con torniamenti, personaggi e farse,
Con pompa trionfal, con festa grande danze e conviti attese a dilettarse.
tornaro insieme dentro alla cittade,
che di frondi verdeggia e di ghirlande: 35
coperte a panni son tutte le strade: Rinaldo un giorno al padre fe' sapere
nembo d'erbe e di fior d'alto si spande, che la sorella a Ruggier dar volea;
e sopra e intorno ai vincitori cade, ch'in presenza d'Orlando per mogliere,
che da verroni e da finestre amene e d'Olivier, promessa glie l'avea;
donne e donzelle gittano a man piene. li quali erano seco d'un parere,
che parentado far non si potea
33 per nobiltà; di sangue e per valore,
Al volgersi dei canti in vari lochi che fosse a questo par, non che migliore.
trovano archi e trofei subito fatti,
che di Biserta le ruine e i fochi 36
mostran dipinti, ed altri degni fatti; Ode Amone il figliuol con qualche sdegno,
altrove palchi con diversi giuochi che, senza conferirlo seco, gli osa
e spettacoli e mimmi e scenici atti: la figlia maritar, ch'esso ha disegno
ed è; per tutti i canti il titol vero che del figliuol di Costantin sia sposa,
scritto: - Ai liberatori de l'Impero. - non di Ruggier, il qual non ch'abbi regno,
ma non può; al mondo dir: questa è; mia cosa;
34 né; sa che nobiltà; poco si prezza,
Fra il suon d'argute trombe e di canore e men virtù;, se non v'è; ancor ricchezza.
pifare e d'ogni musica armonia,
fra riso e plauso, iubilo e favore 37

840
Ma più; d'Amon la moglie Beatrice poter di sé; disporre Amor le ha tolto.
biasma il figliuolo e chiamalo arrogante;
e in segreto e in palese contradice 40
che di Ruggier sia moglie Bradamante: Né; negar, né; mostrarsene contenta
a tutta sua possanza imperatrice s'ardisce; e sol sospira, e non risponde:
ha disegnato farla di Levante. poi quando è; in luogo ch'altri non la senta,
Sta Rinaldo ostinato che non vuole versan lacrime gli occhi a guisa d'onde;
che manchi un iota de le sue parole. e parte del dolor che la tormenta,
sentir fa al petto ed alle chiome bionde,
38 che l'un percuote, e l'altro straccia e frange;
La madre, ch'aver crede alle sue voglie e così; parla, e così; seco piange:
la magnanima figlia, la conforta
che dica che, più; tosto ch'esser moglie 41
d'un pover cavallier, vuole esser morta; - Ahimè; ! vorrò; quel che non vuol chi deve
né; mai più; per figliuola la raccoglie, poter del voler mio più; che poss'io?
se questa ingiuria dal fratel sopporta: Il voler di mia madre avrò; in sì; lieve
nieghi pur con audacia, e tenga saldo; stima, ch'io lo posponga al voler mio?
che per sforzar non la sarà; Rinaldo. Deh! qual peccato puote esser sì; grieve
a una donzella, qual biasmo sì; rio,
39 come questo sarà;, se, non volendo
Sta Bradamante tacita, né; al detto chi sempre ho da ubbidir, marito prendo?
de la madre s'arrisca a contradire;
che l'ha in tal riverenza e in tal rispetto, 42
che non potria pensar non l'ubbidire. Avrà;, misera me! dunque possanza
Da l'altra parte terria gran difetto, la materna pietà;, ch'io t'abandoni,
se quel che non vuol far, volesse dire. o mio Ruggiero, e ch'a nuova speranza,
Non vuol, perché; non può;; che 'l poco e 'l molto a desir nuovo, a nuovo amor mi doni?

841
O pur la riverenza e l'osservanza ho cercato Ruggier trarre alla fede;
ch'ai buoni padri denno i figli buoni, ed hollo tratto al fin: ma che mi giova,
porrò; da parte, e solo avrò; rispetto se 'l mio ben fare in util d'altri cede?
al mio bene, al mio gaudio, al mio diletto? Così;, ma non per sé;, l'ape rinuova
il mele ogni anno, e mai non lo possiede.
43 Ma vo' prima morir, che mai sia vero,
So quanto, ahi lassa! debbo far, so quanto ch'io pigli altro marito, che Ruggiero.
di buona figlia al debito conviensi;
io 'l so: ma che mi val, se non può; tanto 46
la ragion, che non possino più; i sensi? S'io non sarò; al mio padre ubbidiente,
s'Amor la caccia e la far star da canto, né; alla mia madre, io sarò; al mio fratello,
né; lassa ch'io disponga, né; ch'io pensi che molto e molto è; più; di lor prudente,
di me dispor, se non quanto a lui piaccia, né; gli ha la troppa età; tolto il cervello.
e sol, quanto egli detti, io dica e faccia? E a questo che Rinaldo vuol, consente
Orlando ancora; e per me ho questo e quello:
44 li quali duo più; onora il mondo e teme,
Figlia d'Amone e di Beatrice sono, che l'altra nostra gente tutta insieme.
e son, misera me! serva d'Amore.
Dai genitori miei trovar perdono 47
spero e pietà;, s'io caderò; in errore: Se questi il fior, se questi ognuno stima
ma s'io offenderò; Amor, chi sarà; buono la gloria e lo splendor di Chiaramonte;
a schivarmi con prieghi il suo furore, se sopra gli altri ognun gli alza e sublima
che sol voglia una di mie scuse udire, più; che non è; del piede alta la fronte;
e non mi faccia subito morire? perché; debbo voler che di me prima
Amon disponga, che Rinaldo e 'l conte?
45 Voler nol debbo, tanto men, che messa
Ohimè;! con lunga ed ostinata prova in dubbio al Greco, e a Ruggier fui promessa. -

842
non ne tra' scettro, mitra né; corona;
48 ma la prudenza, ma il giudizio buono,
Se la donna s'affligge e si tormenta, grazie che dal ciel date a pochi sono);
né; di Ruggier la mente è; più; quieta;
ch'ancor che di ciò; nuova non si senta 51
per la città;, pur non è; a lui segreta. questo volgo (per dir quel ch'io vo' dire)
Seco di sua fortuna si lamenta, ch'altro non riverisce che ricchezza,
la qual fruir tanto suo ben gli vieta, né; vede cosa al mondo, che più; ammire,
poi che ricchezze non gli ha date e regni, e senza, nulla cura e nulla apprezza,
di che è; stata sì; larga a mille indegni. sia quanto voglia la beltà;, l'ardire,
la possanza del corpo, la destrezza,
49 la virtù;, il senno, la bontà;; e più; in questo
Di tutti gli altri beni, o che concede di ch'ora vi ragiono, che nel resto.
Natura al mondo, o proprio studio acquista,
aver tanta e tal parte egli si vede, 52
qual e quanta altri aver mai s'abbia vista; Dicea Ruggier: - Se pur è; Amon disposto
ch'a sua bellezza ogni bellezza cede, che la figliuola imperatrice sia,
ch'a sua possanza è; raro chi resista: con Leon non concluda così; tosto:
di magnanimità;, di splendor regio almen termine un anno anco mi dia;
a nessun, più; ch'a lui, si debbe il pregio. ch'io spero intanto, che da me deposto
Leon col padre de l'imperio fia;
50 e poi che tolto avrò; lor le corone,
Ma il volgo, nel cui arbitrio son gli onori, genero indegno non sarò; d'Amone.
che, come pare a lui, li leva e dona
(né; dal nome del volgo voglio fuori, 53
eccetto l'uom prudente, trar persona; Ma se fa senza indugio, come ha detto,
che né; papi né; re né; imperatori suocero de la figlia Costantino;

843
s'alla promessa non avrà; rispetto 56
di Rinaldo e d'Orlando suo cugino, Anzi non vo' morir; ma vo' che muoia
fattami inanzi al vecchio benedetto, con più; ragion questo Leone Augusto,
al marchese Uliviero, al re Sobrino, venuto a disturbar tanta mia gioia:
che farò;? vo' patir sì; grave torto? o vo' che muoia egli e 'l suo padre ingiusto.
o, prima che patirlo, esser pur morto? Elena bella all'amator di Troia
non costò; sì;, né; a tempo più; vetusto
54 Proserpina a Piritoo, come voglio
Deh che farò;? farò; dunque vendetta ch'al padre e al figlio costi il mio cordoglio.
contra il padre di lei di questo oltraggio?
Non miro ch'io non son per farlo in fretta, 57
o s'in tentarlo io mi sia stolto o saggio. Può; esser, vita mia, che non ti doglia
Ma voglio presupor ch'a morte io metta lasciare il tuo Ruggier per questo Greco?
l'iniquo vecchio e tutto il suo lignaggio: Potrà; tuo padre far che tu lo toglia,
questo non mi farà; però; contento; ancor ch'avesse i tuoi fratelli seco?
anzi in tutto sarà; contra il mio intento. Ma sto in timor, ch'abbi più; tosto voglia
d'esser d'accordo con Amon, che meco;
55 e che ti paia assai miglior partito
E fu sempre il mio intento, ed è;, che m'ami Cesare aver, ch'un privato uom marito.
la bella donna, e non che mi sia odiosa:
ma, quando Amone uccida, o facci o trami 58
cosa al fratello o agli altri suoi dannosa, Sarà; possibil mai che nome regio,
non le do iusta causa che mi chiami titolo imperial, grandezza e pompa,
nimico, e più; non voglia essermi sposa? di Bradamante mia l'animo egregio,
Che debbo dunque far? debbol patire? il gran valor, l'alta virtù; corrompa?
Ah non, per Dio! più; tosto io vo' morire. sì; ch'abbia da tenere in minor pregio
la data fede, e le promesse rompa?

844
né; più; tosto d'Amon farsi nimica, o me Fortuna in alto o in basso ruote,
che quel che detto m'ha, sempre non dica? - immobil son di vera fede scoglio
che d'ogn'intorno il vento e il mar percuote:
59 né; già; mai per bonaccia né; per verno
Diceva queste ed altre cose molte luogo mutai, né; muterò; in eterno.
ragionando fra sé; Ruggiero; e spesso
le dicea in guisa ch'erano raccolte 62
da chi talor se gli trovava appresso: Scarpello si vedrà; di piombo o lima
sì; che il tormento suo più; di due volte formare in varie imagini diamante,
era a colei per cui pativa, espresso, prima che colpo di Fortuna, o prima
a cui non dolea meno il sentir lui ch'ira d'Amor rompa il mio cor costante;
così; doler, che i propri affanni sui. e si vedrà; tornar verso la cima
de l'alpe il fiume turbido e sonante,
60 che per nuovi accidenti, o buoni o rei,
Ma più; d'ogni altro duol che le sia detto, faccino altro viaggio i pensier miei.
che tormenti Ruggier, di questo ha doglia,
ch'intende che s'affligge per sospetto 63
ch'ella lui lasci, e che quel Greco voglia. A voi, Ruggier, tutto il dominio ho dato
Onde, acciò; si conforti, e che del petto di me, che forse è; più; ch'altri non crede.
questa credenza e questo error si toglia, So ben ch'a nuovo principe giurato
per una di sue fide cameriere non fu di questa mai la maggior fede.
gli fe' queste parole un dì; sapere: So che né; al mondo il più; sicuro stato
di questo, re né; imperator possiede.
61 Non vi bisogna far fossa né; torre,
- Ruggier, qual sempre fui, tal esser voglio per dubbio ch'altri a voi lo venga a torre.
fin alla morte, e più;, se più; si puote.
O siami Amor benigno o m'usi orgoglio, 64

845
Che, senza ch'assoldiate altra persona, che lo possa sculpir d'altre bellezze. -
non verrà; assalto a cui non si resista.
Non è; ricchezza ad espugnarmi buona, 67
né; sì; vil prezzo un cor gentile acquista. Suggiunse a queste altre parole molte,
Né; nobiltà;, né; altezza di corona, piene d'amor, di fede e di conforto,
ch'al sciocco volgo abbagliar suol la vista, da ritornarlo in vita mille volte,
non beltà;, ch'in lieve animo può; assai, se stato mille volte fosse morto.
vedrò;, che più; di voi mi piaccia mai. Ma quando più; de la tempesta tolte
queste speranze esser credeano in porto,
65 da un nuovo turbo impetuoso e scuro
Non avete a temer ch'in forma nuova rispinte in mar, lungi dal lito, furo:
intagliare il mio cor mai più; si possa:
sì; l'imagine vostra si ritrova 68
sculpita in lui, ch'esser non può; rimossa. però; che Bradamante, ch'eseguire
Che 'l cor non ho di cera, è; fatto prova; vorria molto più; ancor, che non ha detto,
che gli diè; cento, non ch'una percossa, rivocando nel cor l'usato ardire,
Amor, prima che scaglia ne levasse, e lasciando ir da parte ogni rispetto,
quando all'imagin vostra lo ritrasse. s'appresenta un dì; a Carlo, e dice: - Sire,
s'a vostra Maestade alcuno effetto
66 io feci mai, che le paresse buono,
Avorio e gemma ed ogni pietra dura contenta sia di non negarmi un dono.
che meglio da l'intaglio si difende,
romper si può;; ma non ch'altra figura 69
prenda, che quella ch'una volta prende. E prima che più; espresso io le lo chieggia,
Non è; il mio cor diverso alla natura su la real sua fede mi prometta
del marmo o d'altro ch'al ferro contende. farmene grazia; e vorrò; poi, che veggia
Prima esser può; che tutto Amor lo spezze, che sarà; iusta la domanda e retta. -

846
- Merta la tua virtù; che dar ti deggia sdegno contro alla figlia, e di grand'ira;
ciò; che domandi, o giovane diletta che vider ben con queste sue domande,
(rispose Carlo); e giuro, se ben parte ch'ella a Ruggier più; ch'a Leone aspira:
chiedi del regno mio, di contentarte. - e presti per vietar che non si mande
questo ad effetto, a ch'ella intende e mira,
70 la levaro con fraude de la corte,
- Il don ch'io bramo da l'Altezza vostra, e la menaron seco a Roccaforte.
è; che non lasci mai marito darme
(disse la damigella), se non mostra 73
che più; di me sia valoroso in arme. Quest'era una fortezza ch'ad Amone
Con qualunche mi vuol, prima o con giostra donato Carlo avea pochi dì; inante,
o con la spada in mano ho da provarme. tra Pirpignano assisa e Carcassone,
Il primo che mi vinca, mi guadagni: in loco a ripa il mar, molto importante.
chi vinto sia, con altra s'accompagni. - Quivi la ritenean come in prigione
con pensier di mandarla un dì; in Levante;
71 sì; ch'ogni modo, voglia ella o non voglia,
Disse l'imperator con viso lieto, lasci Ruggier da parte, e Leon toglia.
che la domanda era di lei ben degna;
e che stesse con l'animo quieto, 74
che farà; a punto quanto ella disegna. La valorosa donna, che non meno
Non è; questo parlar fatto in segreto era modesta, ch'animosa e forte;
sì;, ch'a notizia altrui tosto non vegna; ancor che posto guardia non l'avieno,
e quel giorno medesimo alla vecchia e potea entrare e uscir fuor de le porte;
Beatrice e al vecchio Amon corre all'orecchia. pur stava ubbidiente sotto il freno
del padre: ma patir prigione e morte,
72 ogni martì;re e crudeltà; più; tosto
Li quali parimente arser di grande che mai lasciar Ruggier, s'avea proposto.

847
l'aquila bianca nel color celeste,
75 ma un candido liocorno, come giglio,
Rinaldo, che si vide la sorella vuol ne lo scudo, e 'l campo abbia vermiglio.
per astuzia d'Amon tolta di mano,
e che dispor non potrà; più; di quella, 78
e ch'a Ruggier l'avrà; promessa invano; Sceglie de' suoi scudieri il più; fedele,
si duol del padre, e contra a lui favella, e quel vuole e non altri in compagnia;
posto il rispetto filial lontano. e gli fa commission, che non rivele
Ma poco cura Amon di tai parole, in alcun loco mai, che Ruggier sia.
e di sua figlia a modo suo far vuole. Passa la Mosa e 'l Reno, e passa de le
contrade d'Ostericche, in Ungheria;
76 e lungo l'Istro per la destra riva
Ruggier, che questo sente, ed ha timore tanto cavalca, ch'a Belgrado arriva.
di rimaner de la sua donna privo,
e che l'abbia o per forza o per amore 79
Leon, se resta lungamente vivo; Ove la Sava nel Danubio scende,
senza parlarne altrui si mette in core e verso il mar maggior con lui dà; volta,
di far che muoia, e sia d'Augusto, Divo; vede gran gente in padiglioni e tende
e tor, se non l'inganna la sua speme, sotto l'insegne imperial raccolta;
al padre e a lui la vita e 'l regno insieme. che Costantino ricovrare intende
quella città; che i Bulgari gli han tolta.
77 Costantin v'è; in persona, e 'l figliuol seco
L'arme che fur già; del troiano Ettorre, con quanto può; tutto l'imperio greco.
e poi di Mandricardo, si riveste,
e fa la sella al buon Frontino porre, 80
e cimier muta, scudo e sopraveste. Dentro a Belgrado, e fuor per tutto il monte,
A questa impresa non gli piacque torre e giù; fin dove il fiume il piè; gli lava,

848
l'esercito del Bulgari gli è; a fronte; 83
e l'uno e l'altro a ber viene alla Sava. Il capo, il re de' Bulgari Vatrano,
Sul fiume il Greco per gittare il ponte, animoso e prudente e pro' guerriero,
il Bulgar per vietarlo armato stava, di qua e di là; s'affaticava invano
quando Ruggier vi giunse; e zuffa grande per riparare a un impeto sì; fiero;
attaccata trovò; fra le due bande. quando cingendol con robusta mano
Leon, gli fe' cader sotto il destriero:
81 e poi che dar prigion mai non si volse,
I Greci son quattro contr'uno, ed hanno con mille spade la vita gli tolse.
navi coi ponti da gittar ne l'onda;
e di voler fiero sembiante fanno 84
passar per forza alla sinistra sponda. I Bulgari sin qui fatto avean testa;
Leone intanto, con occulto inganno ma quando il lor signor si vider tolto,
dal fiume discostandosi, circonda e crescer d'ogn'intorno la tempesta,
molto paese, e poi vi torna, e getta voltar le spalle ove avean prima il volto.
ne l'altra ripa i ponti, e passa in fretta: Ruggier, che misto vien fra i Greci, e questa
sconfitta vede, senza pensar molto,
82 i Bulgari soccorrer si dispone,
e con gran gente, chi in arcion, chi a piede perch'odia Costantino e più; Leone.
(che non n'avea di ventimila un manco),
cavalcò; lungo la riviera, e diede 85
con fiero assalto agl'inimici al fianco. Sprona Frontin che sembra al corso un vento,
L'imperator, tosto che 'l figlio vede e inanzi a tutti i corridori passa;
sul fiume comparirsi al lato manco, e tra la gente vien, che per spavento
ponte aggiungendo a ponte e nave a nave, al monte fugge, e la pianura lassa.
passa di là; con quanto esercito have. Molti ne ferma, e fa voltare il mento
contra i nimici, e poi la lancia abassa;

849
e con sì; fier sembiante il destrier muove, de la battaglia; che tornando ardito,
che fin nel ciel Marte ne teme e Giove. il petto volge, e ai Greci dà; la caccia
il Bulgaro che dianzi era fuggito:
86 in un momento ogni ordine disciolto
Dinanzi agli altri un cavalliero adocchia, si vede, e ogni stendardo a fuggir volto.
che riccamato nel vestir vermiglio
avea d'oro e di seta una pannocchia 89
con tutto il garbo, che parea di miglio; Leone Augusto s'un poggio eminente,
nipote a Costantin per la sirocchia, vedendo i suoi fuggir, s'era ridutto;
ma che non gli era men caro, che figlio: e sbigottito e mesto ponea mente
gli spezza scudo e osbergo, come vetro, (perch'era in loco che scopriva il tutto)
e fa la lancia un palmo apparir dietro. al cavallier ch'uccidea tanta gente,
che per lui sol quel campo era distrutto:
87 e non può; far, se ben n'è; offeso tanto,
Lascia quel morto, e Balisarda stringe che non lo lodi e gli dia in arme il vanto.
verso uno stuol che più; si vede appresso;
e contra a questo e contra a quel si spinge, 90
ed a chi tronco ed a chi il capo ha fesso: Ben comprende all'insegne e sopravesti,
a chi nel petto, a chi nel fianco tinge all'arme luminose e ricche d'oro,
il brando, e a chi l'ha ne la gola messo: che quantunque il guerrier dia aiuto a questi
taglia busti, anche, braccia, mani e spalle; nimici suoi, non sia però; di loro.
e il sangue, come un rio, corre alla valle. Stupido mira i soprumani gesti,
e talor pensa che dal sommo coro
88 sia per punire i Greci un agnol sceso,
Non è;, visti quei colpi, chi gli faccia che tante e tante volte hanno Dio offeso.
contrasto più;, così; n'è; ognun smarrito;
sì; che si cangia subito la faccia 91

850
E come uom d'alto e di sublime core, non lasciò; mai che s'affrontasse seco.
ove l'avrian molt'altri in odio avuto,
egli s'innamorò; del suo valore, 94
né; veder fargli oltraggio avria voluto: Leone, acciò; che la sua gente affatto
gli sarebbe per un de' suoi che muore, non fosse uccisa, fe' sonar raccolta;
vederne morir sei manco spiaciuto, ed all'imperatore un messo ratto
e perder anco parte del suo regno, a pregarlo mandò;, che desse volta
che veder morto un cavallier sì; degno. e ripassasse il fiume; e che buon patto
n'avrebbe, se la via non gli era tolta:
92 ed esso con non molti che raccolse,
Come bambin, se ben la cara madre al ponte ond'era entrato, i passi volse.
iraconda lo batte e da sé; caccia,
non ha ricorso alla sorella o al padre, 95
ma a lei ritorna, e con dolcezza abbraccia; Molti in poter de' Bulgari restaro
così; Leon, se ben le prime squadre per tutto il monte, e sin al fiume uccisi;
Ruggier gli uccide, e l'altre gli minaccia, e vi restavan tutti, se 'l riparo
non lo può; odiar, perch'all'amor più; tira non gli avesse del rio tosto divisi.
l'alto valor, che quella offesa all'ira. Molti cader dai ponti e s'affogaro;
e molti, senza mai volgere i visi,
93 quindi lontano iro a trovare il guado;
Ma se Leon Ruggiero ammira ed ama, e molti fur prigion tratti in Belgrado.
mi par che duro cambio ne riporte;
che Ruggiero odia lui, né; cosa brama 96
più; che di dargli di sua man la morte. Finita la battaglia di quel giorno,
Molto con gli occhi il cerca, ed alcun chiama, ne la qual, poi che il lor signor fu estinto,
che gliele mostri; ma la buona sorte danno i Bulgari avriano avuto e scorno,
e la prudenza de l'esperto Greco se per lor non avesse il guerrier vinto,

851
il buon guerrier che 'l candido liocorno era venuto, e non per altro effetto.
ne lo scudo vermiglio avea dipinto; Così; senza indugiar lascia lo stuolo,
a lui si trasson tutti, da cui questa e si volge al camin che gli vien detto,
vittoria conoscean, con gioia e festa. che verso il ponte fa Leone a volo,
forse per dubbio che gli sia intercetto.
97 Gli va dietro per l'orma in tanta fretta,
Uno il saluta, un altro se gl'inchina, che 'l suo scudier non chiama e non aspetta.
altri la mano, altri gli bacia il piede:
ognun, quanto più; può;, se gli avvicina, 100
e beato si tien chi appresso il vede, Leone ha nel fuggir tanto vantaggio
e più; chi 'l tocca; che toccar divina (fuggir si può; ben dir, più; che ritrarse),
e sopranatural cosa si crede. che trova aperto e libero il passaggio;
Lo pregan tutti, e vanno al ciel le grida, poi rompe il ponte, e lascia le navi arse.
che sia lor re, lor capitan, lor guida. Non v'arriva Ruggier, ch'ascoso il raggio
era del sol, né; sa dove alloggiarse.
98 Cavalca inanzi, che lucea la luna,
Ruggier rispose lor, che capitano né; mai trova castel né; villa alcuna.
e re sarà;, quel che fia lor più; a grado;
ma né; a baston né; a scettro ha da por mano, 101
né; per quel giorno entrar vuole in Belgrado: Perché; non sa dove si por, camina
che prima che si faccia più; lontano tutta la notte, né; d'arcion mai scende.
Leon Augusto, e che ripassi il guado, Ne lo spuntar del nuovo sol vicina
lo vuol seguir, né; torsi da la traccia, a man sinistra una città; comprende;
fin che nol giunga e che morir nol faccia; ove di star tutto quel dì; destina,
acciò; l'ingiuria al suo Frontino emende,
99 a cui, senza posarlo o trargli briglia,
che mille miglia e più;, per questo solo la notte fatto avea far tante miglia.

852
per dire a quel signor cosa ch'importa;
102 e subito intromesso, dice quanto
Ungiardo era signor di quella terra, io mi riserbo a dir ne l'altro canto.
suddito e caro a Costantino molto,
ove avea per cagion di quella guerra
da cavallo e da piè; buon numer tolto. CANTO QUARANTACINQUESIMO
Quivi ove altrui l'entrata non si serra,
entra Ruggiero, e v'è; sì; ben raccolto,
che non gli accade di passar più; avante 1
per aver miglior loco e più; abondante. Quanto più; su l'instabil ruota vedi
di Fortuna ire in alto il miser uomo,
103 tanto più; tosto hai da vedergli i piedi
Nel medesimo albergo in su la sera ove ora ha il capo, e far cadendo il tomo.
un cavallier di Romania alloggiosse, Di questo esempio è; Policrà;te, e il re di
che si trovò; ne la battaglia fiera, Lidia, e Dionigi, ed altri ch'io non nomo,
quando Ruggier pei Bulgari si mosse, che ruinati son da la suprema
ed a pena di man fuggito gli era, gloria in un dì; ne la miseria estrema.
ma spaventato più; ch'altri mai fosse;
sì; ch'ancor triema, e pargli ancora intorno 2
avere il cavallier dal liocorno. Così; all'incontro, quanto più; depresso,
quanto è; più; l'uom di questa ruota al fondo,
104 tanto a quel punto più; si trova appresso,
Conosce, tosto che lo scudo vede, ch'a da salir, se de' girarsi in tondo.
che 'l cavallier che quella insegna porta, Alcun sul ceppo quasi il capo ha messo,
è; quel che la sconfitta ai Greci diede, che l'altro giorno ha dato legge al mondo.
per le cui mani è; tanta gente morta. Servio e Mario e Ventidio l'hanno mostro
Corre al palazzo, ed udienza chiede, al tempo antico, e il re Luigi al nostro:

853
di poter egli sol gli dava il core
3 fra cento a piè; e a cavallo armate squadre
il re Luigi, suocero del figlio uccider di sua mano il figlio e il padre.
del duca mio; che rotto a Santo Albino,
e giunto al suo nimico ne l'artiglio, 6
a restar senza capo fu vicino. Ma quella, che non vuol che si prometta
Scorse di questo anco maggior periglio, alcun di lei, gli mostrò; in pochi giorni,
non molto inanzi, il gran Matia Corvino. come tosto alzi e tosto al basso metta,
Poi l'un, de' Franchi passato quel punto, e tosto avversa e tosto amica torni.
l'altro al regno degli Ungari fu assunto. Lo fe' conoscer quivi da chi in fretta
a procacciargli andò; disagi e scorni,
4 dal cavallier che ne la pugna fiera
Si vede per gli esempi di che piene di man fuggito a gran fatica gli era.
sono l'antiche e le moderne istorie,
che 'l ben va dietro al male, e 'l male al bene, 7
e fin son l'un de l'altro e biasmi e glorie; Costui fece ad Ungiardo saper, come
e che fidarsi a l'uom non si conviene quivi il guerrier ch'avea le genti rotte
in suo tesor, suo regno e sue vittorie, di Costantino e per molt'anni dome,
né; disperarsi per Fortuna avversa, stato era il giorno, e vi staria la notte;
che sempre la sua ruota in giro versa. e che Fortuna presa per le chiome,
senza che più; travagli o che più; lotte,
5 darà; al suo re, se fa costui prigione;
Ruggier per la vittoria ch'avea avuto ch'a' Bulgari, lui preso, il giogo pone.
di Leone e del padre imperatore,
in tanta confidenza era venuto 8
di sua fortuna e di suo gran valore, Ungiardo da la gente, che fuggita
che senza compagnia, senz'altro aiuto, de la battaglia, a lui s'era ridutta

854
(ch'a parte a parte v'arrivò; infinita, 11
perch'al ponte passar non potea tutta), Avea levato Costantin la notte
sapea come la strage era seguita, da le ripe di Sava ogni sua schiera;
che la metà; de' Greci avea distrutta; e seco a Beleticche avea ridotte,
e come un cavallier solo era stato, che città; del cognato Androfilo era,
ch'un campo rotto, e l'altro avea salvato: padre di quello a cui forate e rotte
(come se state fossino di cera)
9 al primo incontro l'arme avea il gagliardo
e che sia da se stesso senza caccia cavallier, or prigion del fiero Ungiardo.
venuto a dar del capo ne la rete,
si maraviglia, e mostra che gli piaccia, 12
con viso e gesti e con parole liete. Quivi fortificar facea le mura
Aspetta che Ruggier dormendo giaccia; l'imperatore, e riparar le porte;
poi manda le sue gente chete chete, che de' Bulgari ben non s'assicura,
e fa il buon cavallier, ch'alcun sospetto che con la guida d'un guerrier sì; forte
di questo non avea, prender nel letto. non gli faccino peggio che paura,
e 'l resto ponghin di sua gente a morte.
10 Or che l'ode prigion, né; quelli teme,
Accusato Ruggier dal proprio scudo, né; se con lor sia il mondo tutto insieme.
ne la città; di Novengrado resta
prigion d'Ungiardo, il più; d'ogni altro crudo, 13
che fa di ciò; maravigliosa festa. L'imperator nuota in un mar di latte,
E che può; far Ruggier, poi che gli è; nudo, né; per letizia sa quel che si faccia.
ed è; legato già;, quando si desta? - Ben son le genti bulgare disfatte, -
Ungiardo un suo corrier spaccia a staffetta dice con lieta e con sicura faccia.
a dar la nuova a Costantino in fretta. Come de la vittoria, chi combatte,
se troncasse al nimico ambe le braccia,

855
certo saria, così; n'è; certo, e gode di vendicare, or che l'abbià;n prigione.
l'imperator, poi che 'l guerrier preso ode. Oltre che stato t'è; nipote, vedi
quanto t'amò;, vedi quant'opre buone
14 ha per te fatto, e vedi s'avrai torto
Non ha minor cagion di rallegrarsi di non lo vendicar di chi l'ha morto.
del padre il figlio; ch'oltre che si spera
di racquistar Belgrado, e soggiugarsi 17
ogni contrada che de' Bulgari era; Vedi che per pietà; del nostro duolo
disegna anco il guerriero amico farsi ha Dio fatto levar da la campagna
con benefici, e seco averlo in schiera. questo crudele, e come augello a volo,
Né; Rinaldo né; Orlando a Carlo Magno a dar ce l'ha condotto ne la ragna,
ha da invidiar, se gli è; costui compagno. acciò; in ripa di Stige il mio figliuolo
molto senza vendetta non rimagna.
15 Dammi costui, signore, e sii contento
Da questa voglia è; ben diversa quella ch'io disacerbi il mio col suo tormento. -
di Teodora, a chi 'l figliuolo uccise
Ruggier con l'asta che da la mammella 18
passò; alle spalle, e un palmo fuor si mise. Così; ben piange, e così; ben si duole,
A Costantin, del quale era sorella, e così; bene ed efficace parla;
costei si gittò; a' piedi, e gli conquise né; dai piedi levar mai se gli vuole,
e intenerigli il cor d'alta pietade ben che tre volte e quattro per levarla
col largo pianto che nel sen le cade. usasse Costantino atti e parole;
ch'egli è; forzato al fin di contentarla:
16 e così; comandò; che si facesse
- Io non mi leverò; da questi piedi colui condurre, e in man di lei si desse.
(diss'ella), signor mio, se del fellone
ch'uccise il mio figliuol, non mi conciedi 19

856
E per non fare in ciò; lunga dimora, a Beatrice o Amon rispetto avuto.
condotto hanno il guerrier del liocorno,
e dato in mano alla crudel Teodora, 22
che non vi fu intervallo più; d'un giorno. Re Carlo intanto avendo la promessa
Il far che sia squartato vivo, e muora a costei fatta in mente, che consorte
publicamente con obbrobrio e scorno, dar non le lascierà;, che sia men d'essa
poca pena le pare, e studia e pensa al paragon de l'arme ardito e forte;
altra trovarne inusitata e immensa. questa sua voluntà; con trombe espressa
non solamente fe' ne la sua corte,
20 ma in ogni terra al suo imperio soggetta;
La femina crudel lo fece porre, onde la fama andò; pel mondo in fretta.
incatenato e mani e piedi e collo,
nel tenebroso fondo d'una torre, 23
ove mai non entrò; raggio d'Apollo. Questa condizion contiene il bando:
Fuor ch'un poco di pan muffato, torre chi la figlia d'Amon per moglie vuole,
gli fe' ogni cibo, e senza ancor lassollo star con lei debba a paragon del brando
duo dì; talora; e lo diè; in guardia a tale, da l'apparire al tramontar del sole;
ch'era di lei più; pronto a fargli male. e fin a questo termine durando,
e non sia vinto, senz'altre parole
21 la donna da lui vinta esser s'intenda,
Oh! se d'Amon la valorosa e bella né; possa ella negar che non lo prenda;
figlia, oh se la magnanima Marfisa
avesse avuto di Ruggier novella, 24
ch'in prigion tormentasse a questa guisa; e che l'eletta ella de l'arme dona,
per liberarlo saria questa e quella senza mirar chi sia di lor, che chiede.
postasi al rischio di restarne uccisa; E lo potea ben far, perch'era buona
né; Bradamante avria, per dargli aiuto, con tutte l'arme, o sia a cavallo o a piede.

857
Amon, che contrastar con la Corona acciò; di sé; non dia maggior sospetto;
non può; né; vuole, al fin sforzato cede; ma pon l'orecchia, e cerca tuttavia
e ritornare a corte si consiglia, che senza domandar le ne sia detto.
dopo molti discorsi, egli e la figlia. Si sa ch'egli è; partito, ma che via
pres'abbia, non fa alcun vero concetto;
25 perché; partendo ad altri non fe' motto,
Ancor che sdegno e colera la madre ch'allo scudier che seco avea condotto.
contra la figlia avea, pur per suo onore
vesti le fece far ricche e leggiadre 28
a varie fogge e di più; d'un colore. Oh come ella sospira! oh come teme,
Bradamante alla corte andò; col padre; sentendo che se n'è; come fuggito!
e quando quivi non trovò; il suo amore, Oh come sopra ogni timor le preme,
più; non le parve quella corte, quella che per porla in oblio se ne sia gito!
che le solea parer già; così; bella. che vistosi Amon contra, ed ogni speme
perduta mai più; d'esserle marito,
26 si sia fatto da lei lontano, forse
Come chi visto abbia, l'aprile o il maggio, così; sperando dal suo amor disciorse;
giardin di frondi e di bei fiori adorno,
e lo rivegga poi che 'l sol il raggio 29
all'austro inchina, e lascia breve il giorno, e che fatt'abbia ancor qualche disegno,
lo trova deserto, orrido e selvaggio; per più; tosto levarsela dal core,
così; pare alla donna al suo ritorno, d'andar cercando d'uno in altro regno
che da Ruggier la corte abandonata donna per cui si scordi il primo amore,
quella non sia, ch'avea al partir lasciata. come si dice che si suol d'un legno
talor chiodo con chiodo cacciar fuore.
27 Nuovo pensier ch'a questo poi succede,
Domandar non ardisce che ne sia, le dipinge Ruggier pieno di fede;

858
ne sia il veder, ch'ogni donna e donzella
30 non ne sia accesa, e che non usi ogni arte
e lei, che dato orecchie abbia, riprende, di sciorti dal mio amore e al suo legarte.
a tanta iniqua suspizione e stolta.
E così; l'un pensier Ruggier difende, 33
l'altro l'accusa: ed ella amenduo ascolta, Deh avesse Amor così; nei pensier miei
e quando a questo e quando a quel s'apprende, il tuo pensier, come ci ha il viso sculto!
né; risoluta a questo o a quel si volta. Io son ben certa che lo troverei
Pur all'opinion più; tosto corre, palese tal, qual io lo stimo occulto;
che più; le giova, e la contraria aborre. e che sì; fuor di gelosia sarei,
ch'ad or ad or non mi farebbe insulto;
31 e dove a pena or è; da me respinta,
E talor anco che le torna a mente rimarria morta, non che rotta e vinta.
quel che più; volte il suo Ruggier le ha detto,
come di grave error, si duole e pente, 34
ch'avuto n'abbia gelosia e sospetto; Son simile all'avar c'ha il cor sì; intento
e come fosse al suo Ruggier presente, al suo tesoro, e sì; ve l'ha sepolto,
chiamasi in colpa, e se ne batte il petto. che non ne può; lontan viver contento,
- Ho fatto error (dice ella), e me n'aveggio; né; non sempre temer che gli sia tolto.
ma chi n'è; causa, è; causa ancor di peggio. Ruggiero, or può;, ch'io non ti veggo e sento,
in me, più; de la speme, il timor molto,
32 il qual ben che bugiardo e vano io creda,
Amor n'è; causa, che nel cor m'ha impresso non posso far di non mi dargli in preda.
la forma tua così; leggiadra e bella;
e posto ci ha l'ardir, l'ingegno appresso, 35
e la virtù; di che ciascun favella; Ma non apparirà; il lume sì; tosto
ch'impossibil mi par, ch'ove concesso agli occhi miei del tuo viso giocondo,

859
contra ogni mia credenza a me nascosto, 38
non so in qual parte, o Ruggier mio, del mondo, Se 'l sol si scosta, e lascia i giorni brevi,
come il falso timor sarà; deposto quanto di bello avea la terra asconde;
da la vera speranza e messo al fondo. fremono i venti, e portan ghiacci e nievi;
Deh torna a me, Ruggier, torna, e conforta non canta augel, né; fior si vede o fronde:
la speme che 'l timor quasi m'ha morta! così;, qualora avvien che da me levi,
o mio bel sol, le tue luci gioconde,
36 mille timori, e tutti iniqui, fanno
Come al partir del sol si fa maggiore un aspro verno in me più; volte l'anno.
l'ombra, onde nasce poi vana paura;
e come all'apparir del suo splendore 39
vien meno l'ombra, e 'l timido assicura: Deh torna a me, mio sol, torna, e rimena
così; senza Ruggier sento timore; la desiata dolce primavera!
se Ruggier veggo, in me timor non dura. Sgombra i ghiacci e le nievi, e rasserena
Deh torna a me, Ruggier, deh torna prima la mente mia sì; nubilosa e nera. -
che 'l timor la speranza in tutto opprima! Qual Progne si lamenta o Filomena
ch'a cercar esca ai figliolini ita era,
37 e trova il nido voto; o qual si lagna
Come la notte ogni fiammella è; viva, turture c'ha perduto la compagna:
e riman spenta subito ch'aggiorna;
così;, quando il mio sol di sé; mi priva, 40
mi leva incontra il rio timor le corna: tal Bradamante si dolea, che tolto
ma non sì; tosto all'orizzonte arriva, le fosse stato il suo Ruggier temea,
che 'l timor fugge, e la speranza torna. di lacrime bagnando spesso il volto,
Deh torna a me, deh torna, o caro lume, ma più; celatamente che potea.
e scaccia il rio timor che mi consume! Oh quanto, quanto si dorria più; molto,
s'ella sapesse quel che non sapea,

860
che con pena e con strazio il suo consorte sentenza, contra lui data, seguisse.
era in prigion, dannato a crudel morte! Giunta la notte, un suo fedel seco have
audace e forte, ed atto a zuffe e a risse;
41 e fa che 'l castellan, senz'altrui dire
La crudeltà; ch'usa l'iniqua vecchia ch'egli fosse Leon, gli viene aprire.
contra il buon cavallier che preso tiene,
e che di dargli morte s'apparecchia 44
con nuovi strazi e non usate pene, Il castellan, senza ch'alcun de' sui
la superna Bontà; fa ch'all'orecchia seco abbia, occultamente Leon mena
del cortese figliuol di Cesar viene; col compagno alla torre ove ha colui
e che gli mette in cor, come l'aiute, che si serba all'estrema d'ogni pena.
e non lasci perir tanta virtute. Giunti là; dentro, gettano amendui
al castellan che volge lor la schena
42 per aprir lo sportello, al collo un laccio,
Il cortese Leon che Ruggiero ama e subito gli dan l'ultimo spaccio.
(non che sappi però; che Ruggier sia),
mosso da quel valor ch'unico chiama, 45
e che gli par che soprumano sia, Apron la cataratta, onde sospeso
molto fra sé; discorre, ordisce e trama, al canape, ivi a tal bisogno posto,
e di salvarlo al fin trova la via, Leon si cala, e in mano ha un torchio acceso,
in guisa che da lui la zia crudele là; dove era Ruggier dal sol nascosto.
offesa non si tenga e si querele. Tutto legato, e s'una grata steso
lo trova, all'acqua un palmo e men discosto.
43 L'avria in un mese e in termine più; corto,
Parlò; in secreto a chi tenea la chiave per sé;, senz'altro aiuto, il luogo morto.
de la prigione; e che volea, gli disse,
vedere il cavallier pria che sì; grave 46

861
Leon Ruggier con gran pietade abbraccia, volta che per voi spenderla bisogni. -
e dice: - Cavallier, la tua virtude
indissolubilmente a te m'allaccia 49
di voluntaria eterna servitute; Ruggier fu tratto di quel loco oscuro,
e vuol che più; il tuo ben, che 'l mio, mi piaccia, e in vece sua morto il guardian rimase;
né; curi per la tua la mia salute, né; conosciuto egli né; gli altri furo.
e che la tua amicizia al padre e a quanti Leon menò; Ruggiero alle sue case,
parenti io m'abbia al mondo, io metta inanti. ove a star seco tacito e sicuro
per quattro o per sei dì; gli persuase;
47 che riaver l'arme e 'l destrier gagliardo
Io son Leone, acciò; tu intenda, figlio gli faria intanto, che gli tolse Ungiardo.
di Costantin, che vengo a darti aiuto,
come vedi, in persona, con periglio 50
(se mai dal padre mio sarà; saputo) Ruggier fuggito, il suo guardian strozzato
d'esser cacciato, o con turbato ciglio si trova il giorno, e aperta la prigione.
perpetuamente esser da lui veduto; Chi quel, chi questo pensa che sia stato;
che per la gente la qual rotta e morta ne parla ognun, né; però; alcun s'appone.
da te gli fu a Belgrado, odio ti porta. - Ben di tutti gli altri uomini pensato
più; tosto si saria, che di Leone;
48 che pare a molti ch'avria causa avuto
E seguitò;, più; cose altre dicendo di farne strazio, e non di dargli aiuto.
da farlo ritornar da morte a vita;
e lo vien tuttavolta disciogliendo. 51
Ruggier gli dice: - Io v'ho grazia infinita; Riman di tanta cortesia Ruggiero
e questa vita ch'or mi date, intendo confuso sì;, sì; pien di maraviglia,
che sempremai vi sia restituita, e tramutato sì; da quel pensiero
che la vogliate riavere, ed ogni che quivi tratto l'avea tante miglia,

862
che mettendo il secondo col primiero, può; con l'ingegno, ove il vigor sia manco,
né; a questo quel, né; questo a quel simiglia. facendo con sue insegne comparire
Il primo tutto era odio, ira e veneno; questo guerrier di cui non sa il nome anco;
di pietade è; il secondo e d'amor pieno. che di possanza iudica e d'ardire
poter star contra a qualsivoglia Franco:
52 e crede ben, s'a lui ne dà; l'impresa,
Molto la notte e molto il giorno pensa, che ne fia vinta Bradamante e presa.
d'altro non cura ed altro non disia,
che da l'obbligazion che gli avea immensa, 55
sciorsi con pari e maggior cortesia. Ma due cose ha da far: l'una, disporre
Gli par, se tutta sua vita dispensa il cavallier, che questa impresa accetti;
in lui servire, o breve o lunga sia, l'altra, nel campo in vece sua lui porre
e se s'espone a mille morti certe, in modo che non sia chi ne sospetti.
non gli può; tanto far, che più; non merte. A sé; lo chiama, e 'l caso gli discorre,
e pregal poi con efficaci detti,
53 ch'egli sia quel ch'a questa pugna vegna
Venuta quivi intanto era la nuova col nome altrui, sotto mentita insegna.
del bando ch'avea fatto il re di Francia,
che chi vuol Bradamante, abbia a far prova 56
con lei di forza, con spada e con lancia. L'eloquenza del Greco assai potea;
Questo udir a Leon sì; poco giova, ma più; de l'eloquenza potea molto
che se gli vede impallidir la guancia; l'obbligo grande che Ruggier gli avea,
perché;, come uom che le sue forze ha note, da mai non ne dovere essere isciolto:
sa ch'a lei pare in arme esser non puote. sì; che quantunque duro gli parea,
e non possibil quasi; pur con volto,
54 più; che con cor giocondo, gli rispose
Fra sé; discorre, e vede che supplire ch'era per far per lui tutte le cose.

863
che se per man di lei venisse manco.
57 Poi vede, se per lui resta che moglie
Ben che da fier dolor, tosto che questa sia di Leon, che l'obbligo non scioglie:
parola ha detta, il cor ferir si senta,
che giorno e notte e sempre lo molesta, 60
sempre l'affligge e sempre lo tormenta, perché; ha promesso contra Bradamante
e vegga la sua morte manifesta; entrare in campo a singular battaglia;
pur è; mai per dir che se ne penta; non simulare, e farne sol sembiante,
che prima ch'a Leon non ubbidire, sì; che Leon di lui poco si vaglia.
mille volte, non ch'una, è; per morire. Dunque starà; nel detto suo costante;
e ben che or questo or quel pensier l'assaglia,
58 tutti li scaccia, e solo a questo cede,
Ben certo è; di morir; perché;, se lascia il qual l'esorta a non mancar di fede.
la donna, ha da lasciar la vita ancora:
o che l'accorerà; il duolo e l'ambascia; 61
o se 'l duolo e l'ambascia non l'accora, Avea già; fatto apparecchiar Leone,
con le man proprie squarcerà; la fascia con licenza del patre Costantino,
che cinge l'alma, e ne la trarrà; fuora; arme e cavalli, e un numer di persone
ch'ogni altra cosa più; facil gli fia, qual gli convenne, e entrato era in camino;
che poter lei veder, che sua non sia. e seco avea Ruggiero, a cui le buone
arme avea fatto rendere e Frontino:
59 e tanto un giorno e un altro e un altro andaro
Gli è; di morir disposto; ma che sorte ch'in Francia ed a Parigi si trovaro.
di morte voglia far, non sa dir anco.
Pensa talor di fingersi men forte, 62
e porger nudo alla donzella il fianco; Non volse entrar Leon ne la cittate,
che non fu mai la più; beata morte, e i padiglioni alla campagna tese;

864
e fe' il medesmo dì; per imbasciate, 65
che di sua giunta il re di Francia intese. Lancia non tolse; non perché; temesse
L'ebbe il re caro; e gli fu più; fiate, di quella d'or, che fu de l'Argalia,
donando e visitandolo, cortese. e poi d'Astolfo a cui costei successe,
De la venuta sua la cagion disse che far gli arcion votar sempre solia:
Leone, e lo pregò; che l'espedisse: perché; nessun, ch'ella tal forza avesse,
o fosse fatta per negromanzia,
63 avea saputo, eccetto quel re solo
ch'entrar facesse in campo la donzella che far la fece e la donò; al figliuolo.
che marito non vuol di lei men forte;
quando venuto era per fare o ch'ella 66
moglier gli fosse, o che gli desse morte. Anzi Astolfo e la donna, che portata
Carlo tolse l'assunto, e fece quella l'aveano poi, credean che non l'incanto,
comparir l'altro dì; fuor de le porte, ma la propria possanza fosse stata,
ne lo steccato che la notte sotto che dato loro in giostra avesse il vanto;
all'alte mura fu fatto di botto. e che con ogni altra asta ch'incontrata
fosse da lor, farebbono altretanto.
64 La cagion sola, che Ruggier non giostra,
La notte ch'andò; inanzi al terminato è; per non far del suo Frontino mostra:
giorno de la battaglia, Ruggiero ebbe
simile a quella che suole il dannato 67
aver, che la matina morir debbe. che lo potria la donna facilmente
Eletto avea combatter tutto armato, conoscer, se da lei fosse veduto;
perch'esser conosciuto non vorrebbe; però; che cavalcato, e lungamente
né; lancia né; destriero adoprar volse, in Montalban l'avea seco tenuto.
né;, fuor che 'l brando, arme d'offesa tolse. Ruggier che solo studia e solo ha mente
come da lei non sia riconosciuto,

865
né; vuol Frontin, né; vuol cos'altra avere, per rintuzzarla, che non tagli o punga,
che di far di sé; indizio abbia potere. la sua la donna aguzza, e brama ch'ella
entri nel ferro, e sempre al vivo giunga,
68 anzi ogni colpo sì; ben tagli e fore,
A questa impresa un'altra spada volle; che vada sempre a ritrovargli il core.
che ben sapea che contra a Balisarda
saria ogn'osbergo, come pasta, molle; 71
ch'alcuna tempra quel furor non tarda: Qual su le mosse il barbaro si vede,
e tutto 'l taglio anco a quest'altra tolle che 'l cenno del partir fugoso attende,
con un martello, e la fa men gagliarda. né; qua né; là; poter fermare il piede,
Con quest'arme Ruggiero al primo lampo gonfiar le nare, e che l'orecchie tende;
ch'apparve all'orizzonte, entrò; nel campo. tal l'animosa donna che non crede
che questo sia Ruggier con chi contende,
69 aspettando la tromba, par che fuoco
E per parer Leon, le sopraveste ne le vene abbia, e non ritrovi loco.
che dianzi ebbe Leon, s'ha messe indosso;
e l'aquila de l'or con le due teste 72
porta dipinta ne lo scudo rosso. Qual talor, dopo il tuono, orrido vento
E facilmente si potean far queste subito segue, che sozzopra volve
finzion; ch'era ugualmente grande e grosso l'ondoso mare, e leva in un momento
l'un come l'altro. Appresentossi l'uno; da terra fin al ciel l'oscura polve;
l'altro non si lasciò; veder d'alcuno. fuggon le fiere, e col pastor l'armento;
l'aria in grandine e in pioggia si risolve;
70 udito il segno la donzella, tale
Era la voluntà; de la donzella stringe la spada, e 'l suo Ruggiero assale.
da quest'altra diversa di gran lunga;
che, se Ruggier su la spada martella 73

866
Ma non più; quercia antica, o grosso muro né; può; la donna aprir piastra né; maglia.
di ben fondata torre a borea cede,
né; più; all'irato mar lo scoglio duro, 76
che d'ogni intorno il dì; e la notte il fiede; Quando allo scudo e quando al buon elmetto,
che sotto l'arme il buon Ruggier sicuro, quando all'osbergo fa gittar scintille
che già; al troiano Ettò;r Vulcano diede, con colpi ch'alle braccia, al capo, al petto
ceda all'odio e al furor che lo tempesta mena dritti e riversi, e mille e mille,
or ne' fianchi, or nel petto, or ne la testa. e spessi più;, che sul sonante tetto
la grandine far soglia de le ville.
74 Ruggier sta su l'avviso, e si difende
Quando di taglio la donzella, quando con gran destrezza, e lei mai non offende.
mena di punta; e tutta intenta mira
ove cacciar tra ferro e ferro il brando, 77
sì; che si sfoghi e disacerbi l'ira. Or si ferma, or volteggia, or si ritira,
Or da un lato, or da un altro il va tentando; e con la man spesso accompagna il piede.
quando di qua, quando di là; s'aggira; Porge or lo scudo, ed or la spada gira
e si rode e si duol che non le avegna ove girar la man nimica vede.
mai fatta alcuna cosa che disegna. O lei non fere, o se la fere, mira
ferirla in parte ove men nuocer crede.
75 La donna, prima che quel dì; s'inchine,
Come chi assedia una città; che forte brama di dare alla battaglia fine.
sia di buon fianchi e di muraglia grossa,
spesso l'assalta, or vuol batter le porte, 78
or l'alte torri, or atturar la fossa; Si ricordò; del bando, e si ravvide
e pone indarno le sue genti a morte, del suo periglio, se non era presta;
né; via sa ritrovar ch'entrar vi possa: che se in un dì; non prende o non uccide
così; molto s'affanna e si travaglia, il suo domandator, presa ella resta.

867
Era già; presso ai termini d'Alcide esser costui credeansi, e non Ruggiero,
per attuffar nel mar Febo la testa, veduto come in arme, al paragone
quando ella cominciò; di sua possanza di Bradamante, forte era e leggiero;
a difidarsi, e perder la speranza. e, senza offender lei, con che ragione
difender si sapea; mutan pensiero,
79 e dicon: - Ben convengono amendui;
Quanto mancò; più; la speranza, crebbe ch'egli è; di lei ben degno, ella di lui. -
tanto più; l'ira, e radoppiò; le botte;
che pur quell'arme rompere vorrebbe, 82
ch'in tutto un dì; non avea ancora rotte: Poi che Febo nel mar tutt'è; nascoso,
come colui ch'al lavorio che debbe, Carlo, fatta partir quella battaglia,
sia stato lento, e già; vegga esser notte, giudica che la donna per suo sposo
s'affretta indarno, si travaglia e stanca, prenda Leon, ne ricusar lo vaglia.
fin che la forza a un tempo e il dì; gli manca. Ruggier, senza pigliar quivi riposo,
senz'elmo trarsi o alleggierirsi maglia,
80 sopra un picciol ronzin torna in gran fretta
O misera donzella, se costui ai padiglioni ove Leon l'aspetta.
tu conoscessi, a cui dar morte brami,
se lo sapessi esser Ruggier, da cui 83
de la tua vita pendono li stami; Gittò; Leone al cavallier le braccia
so ben ch'uccider te, prima che lui, duo volte e più; fraternamente al collo;
vorresti; che di te so che più; l'ami: e poi, trattogli l'elmo da la faccia,
e quando lui Ruggiero esser saprai, di qua e di là; con grande amor baciollo.
di questi colpi ancor, so, ti dorrai. - Vo' (disse) che di me sempre tu faccia
come ti par; che mai trovar satollo
81 non mi potrai, che me e lo stato mio
Carlo e molt'altri seco, che Leone spender tu possa ad ogni tuo disio.

868
che l'ostinata doglia sola fragna;
84 né; vede, altro che morte, chi finire
Né; veggo ricompensa che mai questa possa l'insopportabil suo martire.
obligazion ch'io t'ho, possi disciorre;
e non, s'ancora io mi levi di testa 87
la mia corona, e a te la venghi a porre. - - Di chi mi debbo, ohimè;! (dicea) dolere,
Ruggier, di cui la mente ange e molesta che così; m'abbia a un punto ogni ben tolto?
alto dolore, e che la vita aborre, Deh, s'io non vo' l'ingiuria sostenere
poco risponde, e l'insegne gli rende, senza vendetta, incontra a cui mi volto?
che n'avea aute, e 'l suo liocorno prende. Fuor che me stesso, altri non so vedere,
che m'abbia offeso ed in miseria volto.
85 Io m'ho dunque di me contra a me stesso
E stanco dimostrandosi e svogliato, da vendicar, c'ho tutto il mal commesso.
più; tosto che poté;, da lui levosse;
ed al suo alloggiamento ritornato, 88
poi che fu mezzanotte, tutto armosse; Pur, quando io avessi fatto solamente
e sellato il destrier, senza commiato, a me l'ingiuria, a me forse potrei
e senza che d'alcun sentito fosse, donar perdon, se ben difficilmente;
sopra vi salse, e si drizzò; al camino anzi vo' dir che far non lo vorrei:
che più; piacer gli parve al suo Frontino. or quanto, poi che Bradamante sente
meco l'ingiuria ugual, men lo farei?
86 Quando bene a me ancora io perdonassi,
Frontino or per via dritta or per via torta, lei non convien ch'invendicata lassi.
quando per selve e quando per campagna
il suo signor tutta la notte porta, 89
che non cessa un momento che non piagna: Per vendicar lei dunque debbo e voglio
chiama la morte, e in quella si conforta, ogni modo morir, né; ciò; mi pesa;

869
ch'altra cosa non so ch'al mio cordoglio, 92
fuor che la morte, far possa difesa. Entra nel folto bosco, ove più; spesse
Ma sol, ch'allora io non mori', mi doglio, l'ombrose frasche e più; intricate vede;
che fatto ancora io non le aveva offesa. ma Frontin prima al tutto sciolto messe
Oh me felice, s'io moriva allora da sé; lontano, e libertà; gli diede.
ch'era prigion de la crudel Teodora! - O mio Frontin (gli disse), s'a me stesse
di dare a' merti tuoi degna mercede,
90 avresti a quel destrier da invidiar poco,
Se ben m'avesse ucciso, tormentato che volò; al cielo, e fra le stelle ha loco.
prima ad arbitrio di sua crudeltade,
da Bradamante almeno avrei sperato 93
di ritrovare al mio caso pietade. Cillaro, so, non fu, non fu Arione
Ma quando ella saprà; ch'avrò; più; amato di te miglior, né; meritò; più; lode;
Leon di lei, e di mia volontade né; alcun altro destrier di cui menzione
io me ne sia, perch'egli l'abbia, privo; fatta da' Greci o da' Latini s'ode.
avrà; ragion d'odiarmi e morto e vivo. - Se ti fur par ne l'altre parti buone,
di questa so ch'alcun di lor non gode,
91 di potersi vantar ch'avuto mai
Questo dicendo e molte altre parole abbia il pregio e l'onor che tu avuto hai;
che sospiri accompagnano e singulti,
si trova all'apparir del nuovo sole 94
fra scuri boschi, in luoghi strani e inculti; poi ch'alla più; che mai sia stata o sia
e perché; è; disperato, e morir vuole, donna gentile e valorosa e bella
e, più; che può;, che 'l suo morir s'occulti, sì; caro stato sei, che ti nutria,
questo luogo gli par molto nascosto, e di sua man ti ponea freno e sella.
ed atto a far quant'ha di sé; disposto. Caro eri alla mia donna: ah perché; mia
la dirò; più;, se mia non è; più; quella?

870
s'io l'ho donata ad altri? Ohimè;! che cesso a nessun altro, fuor ch'a te, nascosto?
di volger questa spada ora in me stesso? Se tu 'l sapesse, io so che comparito
nessun altro saria di te più; tosto.
95 Misera me! ch'altro pensar mi deggio,
Se Ruggier qui s'affligge e si tormenta, se non quel che pensar si possa peggio?
e le fere e gli augelli a pietà; muove
(ch'altri non è; che questi gridi senta 98
né; vegga il pianto che nel sen gli piove), Come è;, Ruggier, possibil che tu solo
non dovete pensar che più; contenta non abbi quel che tutto il mondo ha inteso?
Bradamante in Parigi si ritrove, Se inteso l'hai, né; sei venuto a volo,
poi che scusa non ha che la difenda, come esser può; che non sii morto o preso?
o più; l'indugi, che Leon non prenda. Ma chi sapesse il ver, questo figliuolo
di Costantin t'avrà; alcun laccio teso;
96 il traditor t'avrà; chiusa la via,
Ella, prima ch'avere altro consorte acciò; prima di lui tu qui non sia.
che 'l suo Ruggier, vuol far ciò; che può; farsi;
mancar del detto suo; Carlo e la corte, 99
i parenti e gli amici inimicarsi: Da Carlo impetrai grazia, ch'a nessuno
e quando altro non possa, al fin la morte men di me forte avessi ad esser data,
o col veneno o con la spada darsi; con credenza che tu fossi quell'uno
che le par meglio assai non esser viva, a cui star contra io non potessi armata.
che, vivendo, restar di Ruggier priva. Fuor che te solo, io non stimava alcuno:
ma de l'audacia mia m'ha Dio pagata;
97 poi che costui che mai più; non fe' impresa
- Deh, Ruggier mio (dicea), dove sei gito? d'onore in vita sua, così; m'ha presa.
Puote esser che tu sia tanto discosto,
che tu non abbi questo bando udito, 100

871
Se però; presa son per non avere farla di Ruggier moglie, le diè; aiuto.
uccider lui né; prenderlo potuto;
il che non mi par giusto; né; al parere 103
mai son per star, ch'in questo ha Carlo avuto. Fe' la mattina la donzella altiera
So ch'incostante io mi farò; tenere, Marfisa inanzi a Carlo comparire,
se da quel c'ho già; detto ora mi muto; dicendo ch'al fratel suo Ruggier era
ma né; la prima son né; la sezzaia, fatto gran torto, e nol volea patire,
la qual paruta sia incostante, e paia. che gli fosse levata la mogliera,
né; pure una parola gliene dire:
101 e contra chi si vuol di provar toglie,
Basti che nel servar fede al mio amante, che Bradamante di Ruggiero è; moglie.
d'ogni scoglio più; salda mi ritrovi,
e passi in questo di gran lunga quante 104
mai furo ai tempi antichi, o sieno ai nuovi. E inanzi agli altri, a lei provar lo vuole,
Che nel resto mi dichino incostante, quando pur di negarlo fosse ardita,
non curo, pur che l'incostanza giovi: ch'in sua presenza ella ha quelle parole
pur ch'io non sia di costui torre astretta, dette a Ruggier, che fa chi si marita;
volubil più; che foglia anco sia detta. - e con la cerimonia che si suole,
già; sì; tra lor la cosa è; stabilita,
102 che più; di sé; non possono disporre,
Queste parole ed altre, ch'interrotte né; l'un l'altro lasciar, per altri torre.
da sospiri e da pianti erano spesso,
seguì; dicendo tutta quella notte 105
ch'all'infelice giorno venne appresso. Marfisa, o 'l vero o 'l falso che dicesse,
Ma poi che dentro alle cimerie grotte pur lo dicea, ben credo con pensiero,
con l'ombre sue Notturno fu rimesso, perché; Leon più; tosto interrompesse
il ciel, ch'eternamente avea voluto a dritto e a torto, che per dire il vero,

872
e che di volontade lo facesse la cosa è; ferma, e non andrà; per terra,
di Bradamante, che a riaver Ruggiero così; atterrà;n quel che promesso gli hanno,
ed escluder Leon, né; la più; onesta più; onestamente e senza nuova guerra.
né; la più; breve via vedea di questa. - Questo è; (diceva Amon), questo è; un inganno
contra me ordito: ma 'l pensier vostro erra;
106 ch'ancor che fosse ver quanto voi finto
Turbato il re di questa cosa molto, tra voi v'avete, io non son però; vinto.
Bradamante chiamar fa immantinente;
e quanto di provar Marfisa ha tolto, 109
le fa sapere, ed ecci Amon presente. Che prosupposto (che né; ancor confesso,
Tien Bradamante chino a terra il volto, né; vo' credere ancor) ch'abbia costei
e confusa non niega né; consente, scioccamente a Ruggier così; promesso,
in guisa che comprender di leggiero come voi dite, e Ruggiero abbia a lei;
si può; che Marfisa abbia detto il vero. quando e dove fu questo? che più; espresso,
più; chiaro e piano intenderlo vorrei.
107 Stato so che non è;, se non è; stato
Piace a Rinaldo, e piace a quel d'Anglante prima che Ruggier fosse battezzato.
tal cosa udir, ch'esser potrà; cagione
che 'l parentado non andrà; più; inante, 110
che già; conchiuso aver credea Leone; Ma se gli è; stato inanzi che cristiano
e pur Ruggier la bella Bradamante fosse Ruggier, non vo' che me ne caglia;
mal grado avrà; de l'ostinato Amone; ch'essendo ella fedele, egli pagano,
e potran senza lite, e senza trarla non crederò; che 'l matrimonio vaglia.
di man per forza al padre, a Ruggier darla. Non si debbe per questo essere invano
posto al risco Leon de la battaglia;
108 né; il nostro imperator credo vogli anco
Che se tra lor queste parole stanno, venir del detto suo per questo manco.

873
ed al suo parlamento la delega.
111 Or vien Marfisa, poi ch'è; diferito
Quel ch'or mi dite, era da dirmi quando lo sponsalizio, e pon nuovo partito;
era intera la cosa, né; ancor fatto
a prieghi costei Carlo avea il bando 114
che qui Leone alla battaglia ha tratto. - e dice: - Con ciò; sia ch'esser non possa
Così; contra Rinaldo e contra Orlando d'altri costei, fin che 'l fratel mio vive;
Amon dicea, per rompere il contratto se Leon la vuol pur, suo ardire e possa
fra quei duo amanti; e Carlo stava a udire, adopri sì;, che lui di vita prive:
né; per l'un né; per l'altro volea dire. e chi manda di lor l'altro alla fossa,
senza rivale al suo contento arrive. -
112 Tosto Carlo a Leon fa intender questo,
Come si senton, s'austro o borea spira, come anco intender gli avea fatto il resto.
per l'alte selve murmurar le fronde;
o come soglion, s'Eolo s'adira 115
contra Nettunno, al lito fremer l'onde: Leon che, quando seco il cavalliero
così; un rumor che corre e che s'aggira, del liocorno sia, si tien sicuro
e che per tutta Francia si difonde, di riportar vittoria di Ruggiero,
di questo dà; da dire e da udir tanto, né; gli abbia alcun assunto a parer duro;
ch'ogni altra cosa è; muta in ogni canto. non sappiendo che l'abbia il dolor fiero
tratto nel bosco solitario e oscuro,
113 ma che, per tornar tosto, uno o due miglia
Chi parla per Ruggier, chi per Leone; sia andato a spasso, il mal partito piglia.
ma la più; parte è; con Ruggiero in lega:
son dieci e più; per un che n'abbia Amone. 116
L'imperator né; qua né; là; si piega; Ben se ne pente in breve; che colui
ma la causa rimette alla ragione, del qual più; del dover si promettea,

874
non comparve quel dì;, né; gli altri dui o d'errar sempre, ebbi già; il viso smorto.
che lo seguir, né; nuova se n'avea; Ma mi par di veder, ma veggo certo,
e tor questa battaglia senza lui veggo la terra, e veggo il lito aperto.
contra Ruggier, sicur non gli parea:
mandò;, per schivar dunque danno e scorno, 2
per trovar il guerrier dal liocorno. Sento venir per allegrezza un tuono
che fremer l'aria e rimbombar fa l'onde:
117 odo di squille, odo di trombe un suono
Per cittadi mandò;, ville e castella, che l'alto popular grido confonde.
d'appresso e da lontan, per ritrovarlo; Or comincio a discernere chi sono
né; contento di questo, montò; in sella questi che empion del porto ambe le sponde.
egli in persona, e si pose a cercarlo. Par che tutti s'allegrino ch'io sia
Ma non n'avrebbe avuto già; novella, venuto a fin di così; lunga via.
né; l'avria avuta uom di quei di Carlo,
se non era Melissa che fe' quanto 3
mi serbo a farvi udir ne l'altro canto. Oh di che belle e sagge donne veggio,
oh di che cavallieri il lito adorno!
Oh di ch'amici, a chi in eterno deggio
CANTO QUARANTASEIESIMO per la letizia c'han del mio ritorno!
Mamma e Ginevra e l'altre da Correggio
veggo del molo in su l'estremo corno:
1 Veronica da Gambera è; con loro,
Or, se mi mostra la mia carta il vero, sì; grata a Febo e al santo aonio coro.
non è; lontano a discoprirsi il porto;
sì; che nel lito i voti scioglier spero 4
a chi nel mar per tanta via m'ha scorto; Veggo un'altra Genevra, pur uscita
ove, o di non tornar col legno intero, del medesmo sangue, e Iulia seco;

875
veggo Ippolita Sforza, e la notrita 7
Damigella rivulzia al sacro speco: Del mio signor di Bozolo la moglie,
veggo te, Emilia Pia, te, Margherita, la madre, le sirocchie e le cugine,
ch'Angela Borgia e Graziosa hai teco. e le Torelle con le Bentivoglie,
Con Ricciarda da Este ecco le belle e le Visconte e le Palavigine;
Bianca e Diana, e l'altre lor sorelle. ecco qui a quante oggi ne sono, toglie,
e a quante o greche o barbere o latine
5 ne furon mai, di quai la fama s'oda,
Ecco la bella, ma più; saggia e onesta, di grazia e di beltà; la prima loda,
Barbara Turca, e la compagna è; Laura:
non vede il sol di più; bontà; di questa 8
coppia da l'Indo all'estrema onda maura. Iulia Gonzaga, che dovunque il piede
Ecco Genevra che la Malatesta volge, e dovunque i sereni occhi gira,
casa col suo valor sì; ingemma e inaura, non pur ogn'altra di beltà; le cede,
che mai palagi imperiali o regi ma, come scesa dal ciel dea, l'ammira.
non ebbon più; onorati e degni fregi. La cognata è; con lei, che di sua fede
non mosse mai, perché; l'avesse in ira
6 Fortuna che le fe' lungo contrasto.
S'a quella etade ella in Arimino era, Ecco Anna d'Aragon, luce del Vasto;
quando superbo de la Gallia doma
Cesar fu in dubbio, s'oltre alla riviera 9
dovea passando inimicarsi Roma; Anna, bella, gentil, cortese e saggia,
crederò; che piegata ogni bandiera, di castità;, di fede e d'amor tempio.
e scarca di trofei la ricca soma, La sorella è; con lei, ch'ove ne irraggia
tolto avria leggi e patti a voglia d'essa, l'alta beltà;, ne pate ogn'altra scempio.
né; forse mai la libertade oppressa. Ecco chi tolto ha da la scura spiaggia
di Stige, e fa con non più; visto esempio,

876
mal grado de le Parche e de la Morte, e 'l Sasso e 'l Molza e Florian Montino;
splender nel ciel l'invitto suo consorte. e quel che per guidarci ai rivi ascrei
mostra piano e più; breve altro camino,
10 Iulio Camillo; e par ch'anco io ci scerna,
Le Ferrarese mie qui sono, e quelle Marco Antonio Flaminio, il Sanga, il Berna.
de la corte d'Urbino; e riconosco
quelle di Mantua, e quante donne belle 13
ha Lombardia, quante il paese tosco. Ecco Alessandro, il mio signor, Farnese:
Il cavallier che tra lor viene, e ch'elle oh dotta compagnia che seco mena!
onoran sì;, s'io non ho l'occhio losco, Fedro, Capella, Porzio, il bolognese
da la luce offuscato de' bei volti, Filippo, il Volterano, il Madalena,
è; 'l gran lume aretin, l'Unico Accolti. Blosio, Pierio, il Vida cremonese,
d'alta facondia inessicabil vena,
11 e Lascari e Mussuro e Navagero,
Benedetto, il nipote, ecco là; veggio, e Andrea Marone e 'l monaco Severo.
c'ha purpureo il capel, purpureo il manto,
col cardinal di Mantua e col Campeggio, 14
gloria e splendor del consistorio santo: Ecco altri duo Alessandri in quel drappello,
e ciascun d'essi noto (o ch'io vaneggio) dagli Orologi l'un, l'altro il Guarino.
al viso e ai gesti rallegrarsi tanto Ecco Mario d'Olvito, ecco il flagello
del mio ritorno, che non facil parmi de' principi, il divin Pietro Aretino.
ch'io possa mai di tanto obligo trarmi. Duo Ieronimi veggo, l'uno è; quello
di Veritade, e l'altro il Cittadino.
12 Veggo il Mainardo, veggo il Leoniceno,
Con lor Lattanzio e Claudio Tolomei, il Pannizzato, e Celio e il Teocreno.
e Paulo Pansa e 'l Dresino e Latino
Iuvenal parmi, e i Capilupi miei, 15

877
Là; Bernardo Capel, là; veggo Pietro lasciar fa i monti ed abitar l'arene.
Bembo, che 'l puro e dolce idioma nostro,
levato fuor del volgare uso tetro, 18
quale esser dee, ci ha col suo esempio mostro. Ecco il dotto, il fedele, il diligente
Guasparro Obizi è; quel che gli vien dietro, secretario Pistofilo, ch'insieme
ch'ammira e osserva il sì; ben speso inchiostro. con gli Acciaiuoli e con l'Angiar mio sente
Io veggo il Fracastorio, il Bevazano, piacer, che più; del mar per me non teme.
Trifon Gabriele, e il Tasso più; lontano. Annibal Malaguzzo, il mio parente,
veggo con l'Adoardo, che gran speme
16 mi dà;, ch'ancor del mio nativo nido
Veggo Nicolò; Tiepoli, e con esso udir farà; da Calpe agli Indi il grido.
Nicolò; Amanio in me affissar le ciglia;
Anton Fulgoso ch'a vedermi appresso 19
al lito mostra gaudio e maraviglia. Fa Vittor Fausto, fa il Tancredi festa
Il mio Valerio è; quel che là; s'è; messo di rivedermi, e la fanno altri cento.
fuor de le donne; e forse si consiglia Veggo le donne e gli uomini di questa
col Barignan c'ha seco, come, offeso mia ritornata ognun parer contento.
sempre da lor, non ne sia sempre acceso. Dunque, a finir la breve via che resta,
non sia più; indugio, or ch'ho propizio il vento;
17 e torniamo a Melissa, e con che aita
Veggo sublimi e soprumani ingegni salvò;, diciamo, al buon Ruggier la vita.
di sangue e d'amor giunti, il Pico e il Pio.
Colui che con lor viene, e da' più; degni 20
ha tanto onor, mai più; non conobbi io; Questa Melissa, come so che detto
ma, se me ne fur dati veri segni, v'ho molte volte, avea sommo desire
è; l'uom che di veder tanto desio, che Bradamante con Ruggier di stretto
Iacobo Sanazar, ch'alle Camene nodo s'avesse in matrimonio a unire;

878
e d'ambi il bene e il male avea sì; a petto, qual fuor, signor (diss'ella), il viso mostra;
che d'ora in ora ne volea sentire. se la cortesia dentro e la bontade
Per questo spirti avea sempre per via, ben corrisponde alla presenza vostra,
che, quando andava l'un, l'altro venì;a. qualche conforto, qualche aiuto date
al miglior cavallier de l'età; nostra;
21 che s'aiuto non ha tosto e conforto,
In preda del dolor tenace e forte non è; molto lontano a restar morto.
Ruggier tra le scure ombre vide posto,
il qual di non gustar d'alcuna sorte 24
mai più; vivanda fermo era e disposto, Il miglior cavallier, che spada a lato
e col digiun si volea dar la morte: e scudo in braccio mai portassi o porti;
ma fu l'aiuto di Melissa tosto; il più; bello e gentil ch'al mondo stato
che, del suo albergo uscita, la via tenne mai sia di quanti ne son vivi o morti,
ove in Leone ad incontrar si venne: sol per un'alta cortesia c'ha usato,
sta per morir, se non ha chi 'l conforti.
22 Per Dio, signor, venite, e fate prova
il qual mandato, l'uno a l'altro appresso, s'allo suo scampo alcun consiglio giova. -
sua gente avea per tutti i luoghi intorno;
e poscia era in persona andato anch'esso 25
per trovare il guerrier dal liocorno. Ne l'animo a Leon subito cade
La saggia incantatrice, la qual messo che 'l cavallier di chi costei ragiona,
freno e sella a uno spirto avea quel giorno, sia quel che per trovar fa le contrade
e l'avea sotto in forma di ronzino, cercare intorno, e cerca egli in persona;
trovò; questo figliuol di Costantino. sì; ch'a lei dietro, che gli persuade
sì; pietosa opra, in molta fretta sprona:
23 la qual lo trasse (e non fer gran camino)
- Se de l'animo è; tal la nobiltate, ove alla morte era Ruggier vicino.

879
conosce ben; ma la persona espressa
26 non gli è;, per cui sostien tanto martire;
Lo ritrovar che senza cibo stato ch'anco Ruggier non glie l'ha fatto udire.
era tre giorni, e in modo lasso e vinto,
ch'in piè; a fatica si saria levato, 29
per ricader, se ben non fosse spinto. Più; inanzi, e poi più; inanzi i passi muta,
Giacea disteso in terra tutto armato, tanto che se gli accosta a faccia a faccia;
con l'elmo in testa, e de la spada cinto; e con fraterno affetto lo saluta,
e guancial de lo scudo s'avea fatto, e se gli china a lato, e al collo abbraccia.
in che 'l bianco liocorno era ritratto. Io non so quanto ben questa venuta
di Leone improvisa a Ruggier piaccia;
27 che teme che lo turbi e gli dia noia,
Quivi pensando quanta ingiuria egli abbia e se gli voglia oppor, perché; non muoia.
fatto alla donna, e quanto ingrato e quanto
isconoscente le sia stato, arrabbia, 30
non pur si duole; e se n'affligge tanto, Leon con le più; dolci e più; soavi
che si morde le man, morde le labbia, parole che sa dir, con quel più; amore
sparge le guance di continuo pianto; che può; mostrar, gli dice: - Non ti gravi
e per la fantasia che v'ha sì; fissa, d'aprirmi la cagion del tuo dolore;
né; Leon venir sente né; Melissa; che pochi mali al mondo son sì; pravi,
che l'uomo trar non se ne possa fuore,
28 se la cagion si sa; né; debbe privo
né; per questo interrompe il suo lamento, di speranza esser mai, fin che sia vivo.
né; cessano i sospir, né; il pianto cessa.
Leon si ferma, e sta ad udire intento; 31
poi smonta del cavallo, e se gli appressa. Ben mi duol che celar t'abbi voluto
Amore esser cagion di quel tormento da me, che sai s'io ti son vero amico,

880
non sol dipoi ch'io ti son sì; tenuto, 34
che mai dal nodo tuo non mi districo, - Signor mio (disse al fin), quando saprai
ma fin allora ch'avrei causa avuto colui ch'io son (che son per dirtel ora),
d'esserti sempre capital nimico; mi rendo certo che di me sarai
e dè;i sperar ch'io sia per darti aita non men contento, e forse più;, ch'io muora.
con l'aver, con gli amici e con la vita. Sappi ch'io son colui che sì; in odio hai:
io son Ruggier ch'ebbi te in odio ancora;
32 e che con intenzion di porti a morte,
Di meco conferir non ti rincresca già; son più; giorni, usci' di questa corte;
il tuo dolore, e lasciami far prova,
se forza, se lusinga, acciò; tu n'esca, 35
se gran tesor, s'arte, s'astuzia giova. acciò; per te non mi vedessi tolta
Poi, quando l'opra mia non ti riesca, Bradamante, sentendo esser d'Amone
la morte sia ch'al fin te ne rimuova: la voluntade a tuo favor rivolta.
ma non voler venir prima a quest'atto, Ma perché; ordina l'uomo, e Dio dispone,
che ciò; che si può; far, non abbi fatto. - venne il bisogno ove mi fe' la molta
tua cortesia mutar d'opinione;
33 e non pur l'odio ch'io t'avea, deposi,
E seguitò; con sì; efficaci prieghi, ma fe' ch'esser tuo sempre io mi disposi.
e con parlar sì; umano e sì; benigno,
che non può; far Ruggier che non si pieghi; 36
che né; di ferro ha il cor né; di macigno, Tu mi pregasti, non sapendo ch'io
e vede, quando la risposta nieghi, fossi Ruggier, ch'io ti facessi avere
che farà; discortese atto e maligno. la donna; ch'altretanto saria il mio
Risponde; ma due volte o tre s'incocca cor fuor del corpo, o l'anima volere.
prima il parlar, ch'uscir voglia di bocca. Se sodisfar più; tosto al tuo disio,
ch'al mio, ho voluto, t'ho fatto vedere.

881
Tua fatta è; Bradamante; abbila in pace: di Ruggiero egli, che Ruggier, patia.
molto più; che 'l mio bene, il tuo mi piace. Per questo, e per mostrarsi che figliuolo
d'imperator meritamente sia,
37 non vuol, se ben nel resto a Ruggier cede,
Piaccia a te ancora, se privo di lei ch'in cortesia gli metta inanzi il piede.
mi son, ch'insieme io sia di vita privo;
che più; tosto senz'anima potrei, 40
che senza Bradamante restar vivo. E dice: - Se quel dì;, Ruggier, ch'offeso
Appresso, per averla tu non sei fu il campo mio dal valor tuo stupendo,
mai legitimamente, fin ch'io vivo: ancor ch'io t'avea in odio, avessi inteso
che tra noi sposalizio è; già; contratto, che tu fossi Ruggier, come ora intendo;
né; duo mariti ella può; avere a un tratto. - così; la tua virtù; m'avrebbe preso,
come fece anco allor, non lo sapendo;
38 e così; spinto dal cor l'odio, e tosto
Riman Leon sì; pien di maraviglia, questo amor ch'io ti porto, v'avria posto.
quando Ruggiero esser costui gli è; noto,
che senza muover bocca o batter ciglia 41
o mutar piè;, come una statua, è; immoto: Che prima il nome di Ruggiero odiassi,
a statua, più; ch'ad uomo, s'assimiglia, ch'io sapessi che tu fosse Ruggiero,
che ne le chiese alcun metta per voto. non negherò;: ma ch'or più; inanzi passi
Ben sì; gran cortesia questa gli pare, l'odio ch'io t'ebbi, t'esca del pensiero.
che non ha avuto e non avrà; mai pare. E se, quando di carcere io ti trassi,
n'avesse, come or n'ho, saputo il vero;
39 il medesimo avrei fatto anco allora,
E conosciutol per Ruggier, non solo ch'a benefizio tuo son per far ora.
non scema il ben che gli voleva pria;
ma sì; l'accresce, che non men del duolo 42

882
E s'allor volentier fatto l'avrei, morir di duol, che da me avere aiuto. -
ch'io non t'era, come or sono, obligato;
quant'or più; farlo debbo, che sarei, 45
non lo facendo, il più; d'ogn'altro ingrato; Queste parole ed altre suggiungendo,
poi che negando il tuo voler, ti sei che tutte saria lungo riferire,
privo d'ogni tuo bene, e a me l'hai dato. e sempre le ragion redarguendo,
Ma te lo rendo, e più; contento sono ch'in contrario Ruggier gli potea dire;
renderlo a te, ch'aver io avuto il dono. fe' tanto, ch'al fin disse: - Io mi ti rendo,
e contento sarò; di non morire.
43 Ma quando ti sciorrò; l'obligo mai,
Molto più; a te, ch'a me, costei conviensi, ché; due volte la vita dato m'hai? -
la qual, ben ch'io per li suoi merit'ami,
non è; però;, s'altri l'avrà;, ch'io pensi, 46
come tu, al viver mio romper li stami. Cibo soave e precioso vino
Non vo' che la tua morte mi dispensi, Melissa ivi portar fece in un tratto;
che possi, sciolto ch'ella avrà; i legami e confortò; Ruggier, ch'era vicino,
che son del matrimonio ora fra voi, non s'aiutando, a rimaner disfatto.
per legitima moglie averla io poi. Sentito in questo tempo avea Frontino
cavalli quivi, e v'era accorso ratto.
44 Leon pigliar da li scudieri suoi
Non che di lei, ma restar privo voglio lo fe' e sellare, ed a Ruggier dar poi;
di ciò; c'ho al mondo, e de la vita appresso,
prima che s'oda mai ch'abbia cordoglio 47
per mia cagion tal cavalliero oppresso. il qual con gran fatica, ancor ch'aiuto
De la tua difidenza ben mi doglio; avesse da Leon, sopra vi salse:
che tu che puoi, non men che di te stesso, così; quel vigor manco era venuto,
di me dispor, più; tosto abbi voluto che pochi giorni inanzi in modo valse,

883
che vincer tutto un campo avea potuto, de' Bulgari a Belgrado egli avea fatta,
e far quel che fe' poi con l'arme false. ove Leon col padre imperatore
Quindi partiti, giunser, che più; via vinto, e sua gente avea morta e disfatta;
non fer di mezza lega, a una badia: e per questo l'avean fatto signore,
messo da parte ogni uomo di sua schiatta:
48 e come a Novengrado era poi stato
ove posaro il resto di quel giorno, preso da Ungiardo, e a Teodora dato:
e l'altro appresso, e l'altro tutto intero,
tanto che 'l cavallier dal liocorno 51
tornato fu nel suo vigor primiero. e che venuta era la nuova certa,
Poi con Melissa e con Leon ritorno che 'l suo guardian s'era trovato ucciso,
alla città; real fece Ruggiero, e lui fuggito, e la prigione aperta:
e vi trovò; che la passata sera che poi ne fosse, non v'era altro avviso.
l'imbasciaria de' Bulgari giunt'era. Entrò; Ruggier per via molto coperta
ne la città;, né; fu veduto in viso.
49 La seguente mattina egli e 'l compagno
Che quella nazion, la qual s'avea Leone appresentossi a Carlo Magno.
Ruggiero eletto re, quivi a chiamarlo
mandava questi suoi, che si credea 52
d'averlo in Francia appresso al magno Carlo: S'appresentò; Ruggier con l'augel d'oro
perché; giurargli fedeltà; volea, che nel campo vermiglio avea due teste,
e dar di sé; dominio, e coronarlo. e come disegnato era fra loro,
Lo scudier di Ruggier, che si ritrova con le medesme insegne e sopraveste
con questa gente, ha di lui dato nuova. che, come dianzi ne la pugna foro,
eran tagliate ancor, forate e peste;
50 sì; che tosto per quel fu conosciuto,
De la battaglia ha detto, ch'in favore ch'avea con Bradamante combattuto.

884
non è; chi 'l passi o ch'arrivi al suo segno.
53 Ed è; qui presto contra a chi s'oppone,
Con ricche vesti e regalmente ornato per difender con l'arme sua ragione. -
Leon senz'arme a par con lui venì;a;
e dinanzi e di dietro e d'ogni lato 56
avea onorata e degna compagnia. Carlo e tutta la corte stupefatta,
A Carlo s'inchinò;, che già; levato questo udendo, restò;; ch'avea creduto
se gli era incontra; e avendo tuttavia che Leon la battaglia avesse fatta,
Ruggier per man, nel qual intente e fisse non questo cavallier non conosciuto.
ognuno avea le luci, così; disse: Marfisa, che con gli altri quivi tratta
s'era ad udire, e ch'a pena potuto
54 avea tacer fin che Leon finisse
- Questo è; il buon cavalliero il qual difeso il suo parlar, si fece inanzi e disse:
s'è; dal nascer del giorno al giorno estinto;
e poi che Bradamante o morto o preso 57
o fuor non l'ha de lo steccato spinto, - Poi che non c'è; Ruggier, che la contesa
magnanimo signor, se bene inteso de la moglier fra sé; e costui discioglia;
ha il vostro bando, è; certo d'aver vinto, acciò; per mancamento di difesa
e d'aver lei per moglie guadagnata; così; senza rumor non se gli toglia,
e così; viene, acciò; che gli sia data. io che gli son sorella, questa impresa
piglio contra a ciascun, sia chi si voglia,
55 che dica aver ragione in Bradamante,
Oltre che di ragion, per lo tenore o di merto a Ruggiero andare inante. -
del bando, non v'ha altr'uom da far disegno:
se s'ha da meritarla per valore, 58
qual cavallier più; di costui n'è; degno? E con tant'ira e tanto sdegno espresse
s'aver la dee chi più; le porta amore, questo parlar, che molti ebber sospetto,

885
che senza attender Carlo che le desse 61
campo, ella avesse a far quivi l'effetto. Leone, il qual sapea molto ben dire,
Or non parve a Leon che più; dovesse finiti che si fur gli abbracciamenti,
Ruggier celarsi, e gli cavò; l'elmetto; cominciò; inanzi a Carlo a riferire,
e rivolto a Marfisa: - Ecco lui pronto udendo tutti quei ch'eran presenti,
a rendervi di sé; (disse) buon conto. - come la gagliardia, come l'ardire
(ancor che con gran danno di sue genti)
59 di Ruggier, ch'a Belgrado avea veduto,
Quale il canuto Egeo rimase, quando più; d'ogni offesa avea di sé; potuto;
si fu alla mensa scelerata accorto,
che quello era il suo figlio, al quale, instando 62
l'iniqua moglie, avea il veneno porto; sì; ch'essendo di poi preso e condutto
e poco più; che fosse ito indugiando a colei ch'ogni strazio n'avria fatto,
di conoscer la spada, l'avria morto: di prigione egli, mal grado di tutto
tal fu Marfisa, quando il cavalliero il parentado suo, l'aveva tratto;
ch'odiato avea, conobbe esser Ruggiero. e come il buon Ruggier, per render frutto
e mercede a Leon del suo riscatto,
60 fe' l'alta cortesia che sempre a quante
E corse senza indugio ad abbracciarlo, ne furo o saran mai, passarà; inante.
né; dispiccar se gli sapea dal collo.
Rinaldo, Orlando, e di lor prima Carlo 63
di qua e di là; con grand'amor baciollo. E seguendo narrò; di punto in punto
Né; Dudon né; Olivier d'accarezzarlo, ciò; che per lui fatto Ruggiero avea;
né; 'l re Sobrin si può; veder satollo. e come poi da gran dolor compunto,
Dei paladini e dei baron nessuno che di lasciar la moglie gli premea,
di far festa a Ruggier restò; digiuno. s'era disposto di morire; e giunto
v'era vicin, se non si soccorrea.

886
E con sì; dolci affetti il tutto espresse, vi debbe, e di quel grande animo sia.
che quivi occhio non fu ch'asciutto stesse. Non più; di lei, chi a ceppo, a laccio, a ruota
sia condannato o ad altra morte ria,
64 e che già; agli occhi abbia la benda negra,
Rivolse poi con sì; efficaci preghi gridar sentendo grazia, si rallegra.
le sue parole all'ostinato Amone,
che non sol che lo muova, che lo pieghi, 67
che lo faccia mutar d'opinione; Si rallegra Mongrana e Chiaramonte,
ma fa ch'egli in persona andar non nieghi di nuovo nodo i dui raggiunti rami:
a supplicar Ruggier che gli perdone, altretanto si duol Gano col conte
e per padre e per suocero l'accette; Anselmo, e con Falcon Gini e Ginami;
e così; Bradamante gli promette. ma pur coprendo sotto un'altra fronte
van lor pensieri invidiosi e grami;
65 e occasione attendon di vendetta,
A cui là; dove, de la vita in forse, come la volpe al varco il lepre aspetta.
piangea i suoi casi in camera segreta,
con lieti gridi in molta fretta corse 68
per più; d'un messo la novella lieta: Oltre che già; Rinaldo e Orlando ucciso
onde il sangue ch'al cor, quando lo morse molti in più; volte avean di quei malvagi;
prima il dolor, fu tratto da la pieta, ben che l'ingiurie fur con saggio avviso
a questo annunzio il lasciò; solo in guisa, dal re acchetate, ed i commun disagi;
che quasi il gaudio ha la donzella uccisa. avea di nuovo lor levato il riso
l'ucciso Pinabello e Bertolagi:
66 ma pur la fellonia tenean coperta,
Ella riman d'ogni vigor sì; vota, dissimulando aver la cosa certa.
che di tenersi in piè; non ha balì;a;
ben che di quella forza ch'esser nota 69

887
Gli imbasciatori bulgari che in corte la pace è; tra lor fatta e Costantino:
di Carlo eran venuti, come ho detto,
con speme di trovare il guerrier forte 72
del liocorno, al regno loro eletto; né; da partir di Francia s'avrà; in fretta,
sentendol quivi, chiamar buona sorte per esser capitan de le sue squadre;
la lor, che dato avea alla speme effetto; che d'ogni terra ch'abbiano suggetta,
e riverenti ai piè; se gli gittaro, far la rinunzia gli farà; dal padre.
e che tornassi in Bulgheria il pregaro; Non è; virtù; che di Ruggier sia detta,
ch'a muover sì; l'ambiziosa madre
70 di Bradamante, e far che 'l genero ami,
ove in Adrianopoli servato vaglia, come ora udir, che re si chiami.
gli era lo scettro e la real corona:
ma venga egli a difendersi lo stato; 73
ch'a danni lor di nuovo si ragiona Fansi le nozze splendide e reali,
che più; numer di gente apparecchiato convenienti a chi cura ne piglia:
ha Costantino, e torna anco in persona: Carlo ne piglia cura, e le fa quali
ed essi, se 'l suo re ponno aver seco, farebbe, maritando una sua figlia.
speran di torre a lui l'imperio greco. I merti de la donna erano tali,
oltre a quelli di tutta sua famiglia,
71 ch'a quel signor non parria uscir del segno,
Ruggiero accettò; il regno, e non contese se spendesse per lei mezzo il suo regno.
ai preghi loro, e in Bulgheria promesse
di ritrovarsi dopo il terzo mese, 74
quando Fortuna altro di lui non fêsse. Libera corte fa bandire intorno,
Leone Augusto che la cosa intese, ove sicuro ognun possa venire;
disse a Ruggier, ch'alla sua fede stesse, e campo franco sin al nono giorno
che, poi ch'egli de' Bulgari ha il domì;no, concede a chi contese ha da partire.

888
Fe' alla campagna l'apparato adorno in mezzo un padiglione amplo e capace,
di rami intesti e di bei fiori ordire, il più; ricco, il più; ornato, il più; giocondo
d'oro e di seta poi, tanto giocondo, che già; mai fosse o per guerra o per pace,
che 'l più; bel luogo mai non fu nel mondo. o prima o dopo, teso in tutto 'l mondo;
e tolto ella l'avea dal lito trace:
75 l'avea di sopra a Costantin levato,
Dentro a Parigi non sariano state ch'a diporto sul mar s'era attendato.
l'innumerabil genti peregrine,
povare e ricche e d'ogni qualitate, 78
che v'eran, greche, barbare e latine. Melissa di consenso di Leone,
Tanti signori, e imbascierie mandate o più; tosto per dargli maraviglia,
di tutto 'l mondo, non aveano fine: e mostrargli de l'arte paragone,
erano in padiglion, tende e frascati ch'al gran vermo infernal mette la briglia,
con gran commodità; tutti alloggiati. e che di lui, come a lei par, dispone,
e de la a Dio nimica empia famiglia;
76 fe' da Costantinopoli a Parigi
Con eccellente e singulare ornato portare il padiglion dai messi stigi.
la notte inanzi avea Melissa maga
il maritale albergo apparecchiato, 79
di ch'era stata già; gran tempo vaga. Di sopra a Costantin ch'avea l'impero
Già; molto tempo inanzi desiato di Grecia, lo levò; da mezzo giorno,
questa copula avea quella presaga: con le corde e col fusto, e con l'intero
de l'avvenir presaga, sapea quanta guernimento ch'avea dentro e d'intorno:
bontade uscir dovea da la lor pianta. lo fe' portar per l'aria, e di Ruggiero
quivi lo fece alloggiamento adorno.
77 Poi, finite le nozze, anco tornollo
Posto avea il genial letto fecondo miraculosamente onde levollo.

889
col quale a capitar venne in Egitto,
80 ove al re Proteo lo lasciò;, se volse
Eran degli anni appresso che duo milia la moglie aver, che quel tiran gli tolse.
che fu quel ricco padiglion trapunto.
Una donzella de la terra d'Ilia, 83
ch'avea il furor profetico congiunto, Elena nominata era colei
con studio di gran tempo e con vigilia per cui lo padiglione a Proteo diede;
lo fece di sua man di tutto punto. che poi successe in man de' Tolomei,
Cassandra fu nomata, ed al fratello tanto che Cleopatra ne fu erede.
inclito Ettò;r fece un bel don di quello. Da le genti d'Agrippa tolto a lei
nel mar Leucadio fu con altre prede:
81 in man d'Augusto e di Tiberio venne,
Il più; cortese cavallier che mai e in Roma sin a Costantin si tenne;
dovea del ceppo uscir del suo germano
(ben che sapea, da la radice assai 84
che quel per molti rami era lontano) quel Costantin di cui doler si debbe
ritratto avea nei bei ricami gai la bella Italia, fin che gir il cielo.
d'oro e di varia seta, di sua mano. Costantin, poi che 'l Tevero gl'increbbe,
L'ebbe, mentre che visse, Ettorre in pregio portò; in Bisanzio il prezioso velo:
per chi lo fece, e pel lavoro egregio. da un altro Costantin Melissa l'ebbe.
Oro le corde, avorio era lo stelo;
82 tutto trapunto con figure belle,
Ma poi ch'a tradimento ebbe la morte, più; che mai con pennel facesse Apelle.
e fu 'l popul troian da' Greci afflitto;
che Sinon falso aperse lor le porte, 85
e peggio seguitò;, che non è; scritto; Quivi le Grazie in abito giocondo
Menelao ebbe il padiglione in sorte, una regina aiutavano al parto:

890
sì; bello infante n'apparia, che 'l mondo 88
non ebbe un tal dal secol primo al quarto. V'è; che negli infantili e teneri anni
Vedeasi Iove, e Mercurio facondo, lo scettro di Strigonia in man gli pone:
Venere e Marte, che l'avevano sparto sempre il fanciullo se gli vede a' panni,
a man piene e spargean d'eterei fiori, sia nel palagio, sia nel padiglione:
di dolce ambrosia e di celesti odori. o contra Turchi, o contra gli Alemanni
quel re possente faccia espedizione,
86 Ippolito gli è; appresso, e fiso attende
Ippolito diceva una scrittura a' magnanimi gesti, e virtù; apprende.
sopra le fasce in lettere minute.
In età; poi più; ferma l'Aventura 89
l'avea per mano, e inanzi era Virtute. Quivi si vede, come il fior dispensi
Mostrava nove genti la pittura de' suoi primi anni in disciplina ed arte.
con veste e chiome lunghe, che venute Fusco gli è; appresso, che gli occulti sensi
a domandar la parte di Corvino chiari gli espone de l'antiche carte.
erano al padre il tenero bambino. - Questo schivar, questo seguir conviensi,
se immortal brami e glorioso farte, -
87 par che gli dica: così; avea ben finti
Da Ercole partirsi riverente i gesti lor chi già; gli avea dipinti.
si vede, e da la madre Leonora;
e venir sul Danubio, ove la gente 90
corre a vederlo, e come un Dio l'adora. Poi cardinale appar, ma giovinetto,
Vedesi il re degli Ungari prudente, sedere in Vaticano a consistoro,
che 'l maturo sapere ammira e onora e con facondia aprir l'alto intelletto,
in non matura età; tenera e molle, e far di sé; stupir tutto quel coro.
e sopra tutti i suoi baron l'estolle. - Qual fia dunque costui d'età; perfetto?
(parean con maraviglia dir tra loro).

891
Oh se di Pietro mai gli tocca il manto, di gesti di prudenza, di iustizia,
che fortunata età;! che secol santo! - di valor, di modestia, e de la quinta
che tien con lor strettissima amicizia,
91 dico de la virtù; che dona e spende;
In altra parte i liberali spassi de le qual tutte illuminato splende.
erano e i giuochi del giovene illustre.
Or gli orsi affronta sugli alpini sassi, 94
ora i cingiali in valle ima e palustre: In questa parte il giovene si vede
or s'un gianetto par che 'l vento passi, col duca sfortunato degl'Insubri,
seguendo o caprio o cerva multilustre, ch'ora in pace a consiglio con lui siede,
che giunta par che bipartita cada or armato con lui spiega i colubri;
in parti uguali a un sol colpo di spada. e sempre par d'una medesma fede,
o ne' felici tempi o nei lugubri:
92 ne la fuga lo segue, lo conforta
Di filosofi altrove e di poeti ne l'afflizion, gli è; nel periglio scorta.
si vede in mezzo un'onorata squadra.
Quel gli dipinge il corso de' pianeti, 95
questi la terra, quello il ciel gli squadra: Si vede altrove a gran pensieri intento
questi meste elegie, quel versi lieti, per salute d'Alfonso e di Ferrara;
quel canta eroici, o qualche oda leggiadra. che va cercando per strano argumento,
Musici ascolta, e vari suoni altrove; e trova, e fa veder per cosa chiara
né; senza somma grazia un passo muove. al giustissimo frate il tradimento
che gli usa la famiglia sua più; cara:
93 e per questo si fa del nome erede,
In questa prima parte era dipinta che Roma a Ciceron libera diede.
del sublime garzon la puerizia.
Cassandra l'altra avea tutta distinta 96

892
Vedesi altrove in arme relucente, gode tra sé;; che sa l'istoria tutta.
ch'ad aiutar la Chiesa in fretta corre;
e con tumultuaria e poca gente 99
a un esercito istrutto si va opporre; Ruggiero, ancor ch'a par di Bradamante
e solo il ritrovarsi egli presente non ne sia dotto, pur gli torna a mente
tanto agli Ecclesiastici soccorre, che fra i nipoti suoi gli solea Atlante
che 'l fuoco estingue pria ch'arder comince: commendar questo Ippolito sovente.
sì; che può; dir, che viene e vede e vince. Chi potria in versi a pieno dir le tante
cortesie che fa Carlo ad ogni gente?
97 Di vari giochi è; sempre festa grande,
Vedesi altrove da la patria riva e la mensa ognor piena di vivande.
pugnar incontra la più; forte armata,
che contra Turchi o contra gente argiva 100
da' Veneziani mai fosse mandata: Vedesi quivi chi è; buon cavalliero;
la rompe e vince, ed al fratel captiva che vi son mille lance il giorno rotte:
con la gran preda l'ha tutta donata; fansi battaglie a piedi e a destriero,
né; per sé; vedi altro serbarsi lui, altre accoppiate, altre confuse in frotte.
che l'onor sol, che non può; dare altrui. Più; degli altri valor mostra Ruggiero,
che vince sempre, e giostra il dì; e la notte;
98 e così; in danza, in lotta ed in ogni opra
Le donne e i cavallier mirano fisi, sempre con molto onor resta di sopra.
senza trarne costrutto, le figure;
perché; non hanno appresso che gli avvisi 101
che tutte quelle sien cose future. L'ultimo dì;, ne l'ora che 'l solenne
Prendon piacere a riguardare i visi convito era a gran festa incominciato;
belli e ben fatti, e legger le scritture. che Carlo a man sinistra Ruggier tenne,
Sol Bradamante da Melissa istrutta e Bradamante avea dal destro lato;

893
di verso la campagna in fretta venne e senza segno alcun di riverenza,
contra le mense un cavalliero armato, mostra Carlo sprezzar con la sua gesta,
tutto coperto egli e 'l destrier di nero, e de tanti signor l'alta presenza.
di gran persona, e di sembiante altiero. Maraviglioso e attonito ognun resta,
che si pigli costui tanta licenza.
102 Lasciano i cibi e lascian le parole
Quest'era il re d'Algier, che per lo scorno per ascoltar ciò; che 'l guerrier dir vuole.
che gli fe' sopra il ponte la donzella,
giurato avea di non porsi arme intorno, 105
né; stringer spada, né; montare in sella, Poi che fu a Carlo ed a Ruggiero a fronte,
fin che non fosse un anno, un mese e un giorno con alta voce ed orgoglioso grido:
stato, come eremita, entro una cella. - Son (disse) il re di Sarza, Rodomonte,
Così; a quel tempo solean per se stessi che te, Ruggiero, alla battaglia sfido;
punirsi i cavallier di tali eccessi. e qui ti vo', prima che 'l sol tramonte,
provar ch'al tuo signor sei stato infido;
103 e che non merti, che sei traditore,
Se ben di Carlo in questo mezzo intese fra questi cavallieri alcun onore.
e del re suo signore ogni successo;
per non disdirsi, non più; l'arme prese, 106
che se non pertenesse il fatto ad esso. Ben che tua fellonia si vegga aperta,
Ma poi che tutto l'anno e tutto 'l mese perché; essendo cristian non pò;i negarla;
vede finito, e tutto 'l giorno appresso pur per farla apparere anco più; certa,
con nuove arme e cavallo e spada e lancia in questo campo vengoti a provarla:
alla corte or ne vien quivi in Francia. e se persona hai qui che faccia offerta
di combatter per te, voglio accettarla.
104 Se non basta una, e quattro e sei n'accetto;
Senza smontar, senza chinar la testa, e a tutte manterrò; quel ch'io t'ho detto. -

894
vennero, e fur tutte le lunghe mozze.
107 Gli sproni il conte Orlando a Ruggier strinse,
Ruggiero a quel parlar ritto levosse, e Carlo al fianco la spada gli cinse.
e con licenza rispose di Carlo,
che mentiva egli, e qualunqu'altro fosse, 110
che traditor volesse nominarlo; Bradamante e Marfisa la corazza
che sempre col suo re così; portosse, posta gli aveano, e tutto l'altro arnese.
che giustamente alcun non può; biasmarlo; Tenne Astolfo il destrier di buona razza,
e ch'era apparecchiato sostenere tenne la staffa il figlio del Danese.
che verso lui fe' sempre il suo dovere: Feron d'intorno far subito piazza
Rinaldo, Namo ed Olivier marchese:
108 cacciaro in fretta ognun de lo steccato
e ch'a difender la sua causa era atto, a tal bisogni sempre apparecchiato.
senza torre in aiuto suo veruno;
e che sperava di mostrargli in fatto, 111
ch'assai n'avrebbe e forse troppo d'uno. Donne e donzelle con pallida faccia
Quivi Rinaldo, quivi Orlando tratto, timide a guisa di columbe stanno,
quivi il marchese, e 'l figlio bianco e 'l bruno, che da' granosi paschi ai nidi caccia
Dudon, Marfisa, contra il pagan fiero rabbia de' venti che fremendo vanno
s'eran per la difesa di Ruggiero; con tuoni e lampi, e 'l nero aer minaccia
grandine e pioggia, e a' campi strage e danno:
109 timide stanno per Ruggier; che male
mostrando ch'essendo egli nuovo sposo, a quel fiero pagan lor parea uguale.
non dovea conturbar le proprie nozze.
Ruggier rispose lor: - State in riposo; 112
che per me fôran queste scuse sozze. - Così; a tutta la plebe e alla più; parte
L'arme che tolse al Tartaro famoso, dei cavallieri e dei baron parea;

895
che di memoria ancor lor non si parte 115
quel ch'in Parigi il pagan fatto avea; Ma non sa ritrovar priego che vaglia,
che, solo, a ferro e a fuoco una gran parte perché; Ruggiero a lei l'impresa lassi.
n'avea distrutta, e ancor vi rimanea, A riguardare adunque la battaglia
e rimarrà; per molti giorni il segno: con mesto viso e cor trepido stassi.
né; maggior danno altronde ebbe quel regno. Quinci Ruggier, quindi il pagan si scaglia,
e vengonsi a trovar coi ferri bassi.
113 Le lance all'incontrar parver di gielo;
Tremava, più; ch'a tutti gli altri, il core i tronchi, augelli a salir verso il cielo.
a Bradamante; non ch'ella credesse
che 'l Saracin di forza, e del valore 116
che vien dal cor, più; di Ruggier potesse; La lancia del pagan, che venne a corre
né; che ragion, che spesso dà; l'onore lo scudo a mezzo, fe' debole effetto:
a chi l'ha seco, Rodomonte avesse: tanto l'acciar, che pel famoso Ettorre
pur stare ella non può; senza sospetto; temprato avea Vulcano, era perfetto.
che di temere, amando, ha degno effetto. Ruggier la lancia parimente a porre
gli andò; allo scudo, e gliele passò; netto;
114 tutto che fosse appresso un palmo grosso,
Oh quanto volentier sopra sé; tolta dentro e di fuor d'acciaro, e in mezzo d'osso.
l'impresa avria di quella pugna incerta,
ancor che rimaner di vita sciolta 117
per quella fosse stata più; che certa! E se non che la lancia non sostenne
Avria eletto a morir più; d'una volta, il grave scontro, e mancò; al primo assalto,
se può; più; d'una morte esser sofferta, e rotta in schegge e in tronchi aver le penne
più; tosto che patir che 'l suo consorte parve per l'aria, tanto volò; in alto;
si ponesse a pericol de la morte. l'osbergo aprì;a (si furiosa venne),
se fosse stato adamantino smalto,

896
e finì;a la battaglia; ma si roppe: a Balisarda si sarebbe retta;
posero in terra ambi i destrier le groppe. a cui non osta incanto né; fattura,
né; finezza d'acciar né; tempra eletta.
118 Ruggier di qua di là; sì; ben lavora,
Con briglia e sproni i cavallieri instando, ch'al pagan l'arme in più; d'un loco fora.
risalir feron subito i destrieri;
e donde gittar l'aste, preso il brando, 121
si tornato a ferir crudeli e fieri: Quando si vide in tante parti rosse
di qua di là; con maestria girando il pagan l'arme, e non poter schivare
gli animosi cavalli atti e leggieri, che la più; parte di quelle percosse
con le pungenti spade incominciaro non gli andasse la carne a ritrovare;
a tentar dove il ferro era più; raro. a maggior rabbia, a più; furor si mosse,
ch'a mezzo il verno il tempestoso mare:
119 getta lo scudo, e a tutto suo potere
Non si trovò; lo scoglio del serpente, su l'elmo di Ruggiero a due man fere.
che fu sì; duro, al petto Rodomonte,
né; di Nembrotte la spada tagliente, 122
né; 'l solito elmo ebbe quel dì; alla fronte; Con quella estrema forza che percuote
che l'usate arme, quando fu perdente la machina ch'in Po sta su due navi,
contra la donna di Dordona al ponte, e levata con uomini e con ruote
lasciato avea sospese ai sacri marmi, cader si lascia su le aguzze travi;
come di sopra avervi detto parmi. fere il pagan Ruggier, quanto più; puote,
con ambe man sopra ogni peso gravi:
120 giova l'elmo incantato; che senza esso,
Egli avea un'altra assai buona armatura, lui col cavallo avria in un colpo fesso.
non come era la prima già; perfetta:
ma né; questa né; quella né; più; dura 123

897
Ruggiero andò; due volte a capo chino, stringe la spada, e col pagan s'affronta.
e per cadere e braccia e gambe aperse.
Raddoppia il fiero colpo il Saracino, 126
che quel non abbia tempo a riaverse: Quel gli urta il destrier contra, ma Ruggiero
poi vien col terzo ancor; ma il brando fino lo cansa accortamente, e si ritira,
sì; lungo martellar più; non sofferse; e nel passare, al fren piglia il destriero
che volò; in pezzi, ed al crudel pagano con la man manca, e intorno lo raggira;
disarmata lasciò; di sé; la mano. e con la destra intanto al cavalliero
ferire il fianco o il ventre o il petto mira;
124 e di due punte fe' sentirgli angoscia,
Rodomonte per questo non s'arresta, l'una nel fianco, e l'altra ne la coscia.
ma s'aventa a Ruggier che nulla sente;
in tal modo intronata avea la testa, 127
in tal modo offuscata avea la mente. Rodomonte, ch'in mano ancor tenea
Ma ben dal sonno il Saracin lo desta: il pome e l'elsa de la spada rotta,
gli cinge il collo col braccio possente; Ruggier su l'elmo in guisa percotea,
e con tal nodo e tanta forza afferra, che lo potea stordire all'altra botta.
che de l'arcion lo svelle, e caccia in terra. Ma Ruggier ch'a ragion vincer dovea,
gli prese il braccio, e tirò; tanto allotta,
125 aggiungendo alla destra l'altra mano,
Non fu in terra sì; tosto, che risorse, che fuor di sella al fin trasse il pagano.
via più; che d'ira, di vergogna pieno;
però; che a Bradamante gli occhi torse, 128
e turbar vide il bel viso sereno. Sua forza o sua destrezza vuol che cada
Ella al cader di lui rimase in forse, il pagan sì;, ch'a Ruggier resti al paro:
e fu la vita sua per venir meno. vo dir che cadde in piè;; che per la spada
Ruggiero ad emendar presto quell'onta, Ruggiero averne il meglio giudicaro.

898
Ruggier cerca il pagan tenere a bada lo percuote nel petto e ne la faccia;
lungi da sé;, né; di accostarsi ha caro: e sopra gli martella, e tien sì; curto,
per lui non fa lasciar venirsi adosso che con la mano in terra anco lo caccia.
un corpo così; grande e così; grosso. Ma tanto fa il pagan che gli è; risurto;
si stringe con Ruggier sì;, che l'abbraccia:
129 l'uno e l'altro s'aggira, e scuote e preme,
E insanguinargli pur tuttavia il fianco arte aggiungendo alle sue forze estreme.
vede e la coscia e l'altre sue ferite.
Spera che venga a poco a poco manco, 132
sì; che al fin gli abbia a dar vinta la lite. Di forza a Rodomonte una gran parte
L'elsa e 'l pome avea in mano il pagan anco, la coscia e 'l fianco aperto aveano tolto.
e con tutte le forze insieme unite Ruggiero avea destrezza, avea grande arte,
da sé; scagliolli, e sì; Ruggier percosse, era alla lotta esercitato molto:
che stordito ne fu più; che mai fosse. sente il vantaggio suo, né; se ne parte;
e donde il sangue uscir vede più; sciolto,
130 e dove più; ferito il pagan vede,
Ne la guancia de l'elmo, e ne la spalla puon braccia e petto, e l'uno e l'altro piede.
fu Ruggier colto, e sì; quel colpo sente,
che tutto ne vacilla e ne traballa, 133
e ritto se sostien difficilmente. Rodomonte pien d'ira e di dispetto
Il pagan vuole entrar, ma il piè; gli falla, Ruggier nel collo e ne le spalle prende:
che per la coscia offesa era impotente: or lo tira, or lo spinge, or sopra il petto
e 'l volersi affrettar più; del potere, sollevato da terra lo sospende,
con un ginocchio in terra il fa cadere. quinci e quindi lo ruota, e lo tien stretto,
e per farlo cader molto contende.
131 Ruggier sta in sé; raccolto, e mette in opra
Ruggier non perde il tempo, e di grande urto senno e valor, per rimaner di sopra.

899
spirto a pena, onde uscire, adito avere:
134 così; fu il Saracin non meno oppresso
Tanto le prese andò; mutando il franco dal vincitor, tosto ch'in terra messo.
e buon Ruggier, che Rodomonte cinse:
calcogli il petto sul sinistro fianco, 137
e con tutta sua forza ivi lo strinse. Alla vista de l'elmo gli appresenta
La gamba destra a un tempo inanzi al manco la punta del pugnal ch'avea già; tratto;
ginocchio e all'altro attraversogli e spinse; e che si renda, minacciando, tenta,
e da la terra in alto sollevollo, e di lasciarlo vivo gli fa patto.
e con la testa in giù; steso tornollo. Ma quel, che di morir manco paventa,
che di mostrar viltade a un minimo atto,
135 si torce e scuote, e per por lui di sotto
Del capo e de le schene Rodomonte mette ogni suo vigor, né; gli fa motto.
la terra impresse; e tal fu la percossa,
che da le piaghe sue, come da fonte, 138
lungi andò; il sangue a far la terra rossa. Come mastin sotto il feroce alano
Ruggier, c'ha la Fortuna per la fronte, che fissi i denti ne la gola gli abbia,
perché; levarsi il Saracin non possa, molto s'affanna e si dibatte invano
l'una man col pugnal gli ha sopra gli occhi, con occhi ardenti e con spumose labbia,
l'altra alla gola, al ventre gli ha i ginocchi. e non può; uscire al predator di mano,
che vince di vigor, non già; di rabbia:
136 così; falla al pagano ogni pensiero
Come talvolta, ove si cava l'oro d'uscir di sotto al vincitor Ruggiero.
là; tra' Pannoni o ne le mine ibere,
se improvisa ruina su coloro 139
che vi condusse empia avarizia, fere, Pur si torce e dibatte sì;, che viene
ne restano sì; oppressi, che può; il loro ad espedirsi col braccio migliore;

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e con la destra man che 'l pugnal tiene,
che trasse anch'egli in quel contrasto fuore,
tenta ferir Ruggier sotto le rene:
ma il giovene s'accorse de l'errore
in che potea cader, per differire
di far quel empio Saracin morire.

140
E due e tre volte ne l'orribil fronte,
alzando, più; ch'alzar si possa, il braccio,
il ferro del pugnale a Rodomonte
tutto nascose, e si levò; d'impaccio.
Alle squalide ripe d'Acheronte,
sciolta dal corpo più; freddo che giaccio,
bestemmiando fuggì; l'alma sdegnosa,
che fu sì; altiera al mondo e sì; orgogliosa.

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