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LEZIONE 14

SECONDA PARTE CONTROLLO MOTORIO

Figura1

Abbiamo parlato nella scorsa lezione dei MECCANOCETTORI DEL MUSCOLO:


- fuso neuromuscolare
- organo muscolo-tendineo del Golgi
i quali proiettano le loro afferenze sui motoneuroni alfa, localizzati nelle corna anteriori del
midollo. Dai motoneuroni alfa parte la via ultima comune, che effettivamente va a stimolare il
muscolo e a farlo contrarre.
Quindi, questo CIRCUITO composto da:
- recettore
- fibra afferente
- mononeurone alfa
- muscolo
compone quello che è l’ARCO RIFLESSO SEMPLICE.

Abbiamo visto che:


• il termine “semplice” è relativo in quanto tale circuito è integrato
• vi sono dei motoneuroni, che consentono il movimento sincrono dei muscoli agonisti e
antagonisti
• tali vie sono intercalate e inserite nel circuito crociato, che consente il movimento
simultaneo di entrambi i lati corporei (arti superiori o inferiori)
• a controllare il circuitoα vi sono altri motoneuroni, che non ne fanno parte, ma che
costituiscono il circuitoγ, indipendente in un certo senso dall’alfa, è molto importante per il
suo funzionamento: consente al fuso neuromuscolare di poter rispondere in maniera
efficiente in ogni istante; quindi compara, paragona la lunghezza del fuso alla lunghezza del
muscolo.

Il circuito gamma, pur essendo distinto dal circuito alfa, è preliminare ed essenziale per il suo
funzionamento.
Tutto ciò si verifica a livello spinale, ove le vie afferenti (fig.1) hanno una duplice funzione:
conducono sia la sensibilità tattile discriminativa, sia la sensibilità propriocettiva all’area sensoriale
primaria (corteccia sensitiva primaria). La sensibilità di tipo propriocettivo é quella che deriva dai
muscoli, dai fusi neuromuscolari e dalle articolazioni; per quanto concerne le ultime si intende
l’input che arriva dagli organi mio-tendinei del Golgi e quello che proviene da alcuni recettori
meccanici dislocati a livello delle articolazioni e che, in base allo sfregamento tra i capi ossei, sono
in grado di informare la corteccia sensoriale sul tipo di movimento a cui le articolazioni sono
sottoposte.
Tutto questo contingente di sensibilità propriocettiva discriminativa segue le stesse vie che abbiamo
visto nella lezione precedente (fig.1).

Figura2 The motor system consists of four hierarcal components. Solid arrows indicate hierarcal
flow of commands.

Ora, nello schema generale del controllo motorio esistono varie tappe. Il controllo motorio si avvale
di molti organi sovrassiali, prima fra tutti della corteccia motoria, collegata sia a quella che si
chiama corteccia prefrontale (are supplementare), sia ad aree associative che convogliano all’area
motoria prefrontale e alla motoria primaria le informazioni di tipo afferente, ossia di tipo sensoriale.
AREA MOTORIA (corteccia frontale)
AREA PREMOTORIA (corteccia prefrontale)
AREE ASSOCIATIVE
sono poi coinvolte assieme ad altre importanti stazioni lungo la via discendente, che va dalla
corteccia motoria al motoneurone (figura2).
La corteccia premotoria e le aree supplementari motorie raccolgono le informazioni provenienti
dalla corteccia sensoriale e sono deputate all’ideazione del movimento, soprattutto per quanto
riguarda il movimento volontario, perché abbiamo visto che il movimento automatico riflesso è
gestito dal midollo spinale.
Il segnale per il movimento, prefigurato a livello delle aree suddette, parte dai neuroni della
corteccia motoria e può raggiungere i motoneuroni alfa e anche i gamma direttamente, attraverso la
via piramidale, oppure indirettamente, attraverso la via extrapiramidale, che ha stazioni importanti
a livello di molti nuclei tronco-encefalici; quindi tale via indiretta implica un’integrazione tra altre
zone sovrassiali (tronco dell’encefalo, fig.2). Oltre a questi due costituenti principali, che
rappresentano le vie discendenti, intervengono almeno altri 2 organi importanti che sono il
cervelletto e i nuclei della base.
I nuclei della base non sono un organo, ma una zona del cervello e possiamo dire che rappresentano
un sistema di controllo fine dell’output motorio: i nuclei della base e il cervelletto hanno la funzione
di controllare ciò che la corteccia motoria invia ai motoneuroni e di paragonare istante per istante il
comando generante il movimento, che è stato impartito dalla corteccia motoria con le afferenze
sensoriali.
Esempio: quando giochiamo a tennis e vediamo arrivare la pallina, ci prepariamo a riceverla nel
modo più opportuno, ma se all’ultimo momento la pallina devia oppure abbiamo sbagliato il
movimento, in base alla percezione sensoriale delle pallina che colpisce la racchetta, ecco che
variamo l’angolazione della racchetta o l’angolazione del braccio rispetto alla spalla, in modo da
colpire come riteniamo la pallina. Quindi l’output motorio ci fornisce una prima indicazione, ma il
raffinamento del movimento dipende dall’intervento dei nuclei della base e del cervelletto.

Prima di addentrarci nel dettaglio in questi complessi sistemi di controllo che sono sovrassiali e che
interagiscono l’uno rispetto all’altro in maniera complicata, occorre trattare delle caratteristiche
peculiari del midollo spinale, recentemente rivalutato.
Il midollo non è soltanto una via di passaggio, da cui transitano tutte le afferenze sensoriali
propriocettive e a cui approdano sul motoneurone alfa i segnali provenienti dall’esterno, dalla
corteccia e dagli altri centri sovrassiali, ma presenta esso stesso un certo grado di automatismo: se
in un animale sperimentale sezioniamo il midollo al di sopra di una certo livello, possiamo
osservare che,
anche una volta tolte tutte le efferenze corticali, permane un certo movimento.

SHOCK SPINALE

• paralisi
• perdita di azioni riflesse o automatiche
• anestesia

Lo shock spinale è un esito legato alla deafferenzazione, quindi alla resezione delle corna posteriori,
oppure legato al taglio del midollo al di sopra del punto in cui si manifesta lo shock spinale.
Se deafferentiamo il midollo, lo shock spinale si configura con una mancanza di tutte le proprietà
legate alla sensibilità che giunge dalla periferia, quindi aboliremo tutte le percezioni sensoriali:
avremo un fenomeno di anestesia, in quanto vengono a mancare le percezioni sensoriali dolorifiche
e inoltre avremo una perdita della sensibilità distale dell’arto.
Ovviamente, deafferentando, recidiamo anche tutte le afferenze che giungono dai fusi
neuromuscolari e quindi togliendo le afferenze dai fusi il muscolo non risponde più e avremo un
tipo di paralisi.
Vi sono vari tipi di paralisi:
- paralisi spastica
- paralisi flaccida
La paralisi può essere flaccida se abbiamo soltanto deafferentato e se permane l’output motorio che
arriva dai centri sovrassiali. Sia il cervelletto che, soprattutto, la corteccia motoria primaria hanno
sui motoneuroni alfa e gamma un effetto inibitorio (il controllo esplicato è di tipo inibitorio), perciò
se noi tagliamo le efferenze motorie che giungono dal cervelletto e dalla corteccia abbiamo un
aumento del tono, per cui se nello shock spinale abbiamo deafferentato e tagliato al di sotto del
segmento che consideriamo avremo un aumento di tonicità, quindi avremo un ipertono, che
produce, se abbiamo lo shock spinale deafferentato, una paralisi spastica.
Grazie a questo tipo di intervento, resezionando a vari livelli e andando ad osservare cosa accade
tagliando le corna posteriori, resezionando le efferenze che partono dalle corna anteriori e cosi via,
è possibile valutare quali sono le proprietà del midollo.
Con questi tipi di esperimenti sono stati individuati alcuni riflessi che sono puramente spinali, sono
cosi chiamati perché non richiedono dell’intervento della corteccia affinché si manifesti questo tipo
di riflesso.

RIFLESSI SPINALI:
- RIFLESSO DA STIRAMENTO (o riflesso miotatico)
- RIFLESSO FLESSORIO (inibizione da parte della sostanza bulboreticolare pontina)
- RIFLESSO PLANTARE (vie corticospinali facilitatorie, motoneuroni flessori ed inibitorie
sugli estensori)

Il riflesso da stiramento è quello che abbiamo definito come riflesso patellare, ovvero il riflesso per
cui allungando il fuso neuromuscolare si eccita la via afferente, si eccita il motoneurone alfa e come
risultato abbiamo la contrazione del muscolo.
Il riflesso di tipo flessorio induce una flessione per esempio della gamba nel momento in cui
solletichiamo la pianta del piede; è quel riflesso per cui se poggiamo la mano su una superficie
troppo calda o troppo fredda o acuminata la retraiamo subito flettendo il braccio. E’ un riflesso
spinale che non necessita dell’attività dei centri sovrassiali, ma è inibito da parte della sostanza
bulboreticolare pontina, quindi pur esplicandosi anche in via riflessa può essere modulato/inibito
dalla efferenze bulbopontine.
Il riflesso plantare, invece, è dovuto alla flessione del piede nel momento in cui solletichiamo la
pianta (il piede si distende e le dita vengono estese). E’ un riflesso che determina la facilitazione da
parte delle vie corticospinali sui motoneuroni flessori (vengono ulteriormente facilitati), mentre
vengono inibite sempre dalle vie corticospinali le efferenze che giungono agli estensori; è un
riflesso che si manifesta già a livello spinale.
Nel midollo, oltre a questi riflessi, esistono anche delle zone in cui vengono generati degli impulsi
ai motoneuroni. Si parla di generatori centrali di schemi motori (fig.3), questi schemi motori devono
essere appresi e una volta appresi il midollo è in grado di generarli automaticamente.

GENERATORE CENTRALE DI SCHEMI MOTORI


(midollo lamina7)

Figura3
Per capire che cosa intendiamo osserviamo la figura sottostante (fig.4), che esemplifica che cosa
accade se effettuiamo una sezione distale del midollo spinale.

Figura4

Immaginiamo di indurre uno shock spinale ad un gatto anestetizzato facendo una sezione complessa
del midollo nel punto b’b (fig.4a). Una volta che l’animale sperimentale ha recuperato riporta uno
shock spinale.
A questo punto se poniamo il gatto su un tapis roulant, in modo tale che le zampe posteriori siano
adagiate su un tappeto rotante che gira lentamente, la cavia è in grado di riprendere un movimento
che simula la deambulazione, però non è in grado in impartire volontariamente il comando del
moto; non è in grado di camminare da solo automaticamente. Però se lo poniamo sul tappeto e
facciamo girare quest’ultimo a velocità adeguate, il gatto riprende a muovere gli arti posteriori in
modo esattamente normale, nonostante il midollo sia stato sezionato, cioè sottoposto a shock
spinale. Ciò significa che le informazioni motorie, necessarie per mantenere un’adeguata alternanza
della contrazione della muscolatura, da entrambi i lati, in modo tale da indurre il passo, vengono
mantenute. Abbiamo negato la possibilità alla corteccia di iniziare il movimento e di controllarlo,
ma lo schema motorio è insito nel midollo stesso anche dopo lo shock spinale. Dalla figura è
possibile osservare che sono stati applicati alla cavia degli elettrodini (fig.4b), per effettuare
un’elettromiografia dei muscoli degli arti posteriori da entrambi i lati e si rileva una perfetta
alternanza degli estensori con i flessori della zampa omolaterale, proprio come durante la
progressione normale dell’animale.
In questo modo si sono raccolte informazioni sull’esistenza di questi centri automatici di controllo
motorio localizzati nel midollo.
Lo stesso si può dire per alcune zone del tronco-encefalo.

Figura5

Sono state localizzate delle regioni locomotorie, una in particolare è la la regione locomotoria
situata a livello mesencefalico in prossimità della porzione rostrale vicino al cervelletto (fig5);
anche nella regione mesencefalica ci sono questi centri locomotori, per cui stimolando
elettricamente queste zone, si induce un certo movimento che può essere quello della
deambulazione, come possono essere altri movimenti. Dunque, vi sono schemi motori insiti a vari
livelli, sia del midollo che del tronco-encefalo, questi che sono in grado di gestire un movimento
automatico, indipendentemente dall’attivazione della corteccia motoria.
La corteccia motoria, naturalmente, può comandare questi centri e modificare l’assetto del pattern
motorio, gestito da questi tipi di nuclei locomotori sia midollari che mesencefalici, già in grado di
gestire da soli il movimento.

Riprendiamo l’esempio precedente. Il gatto può camminare anche con una lesione spinale, ossia con
un preparato spinale, stimolando la lesione locomotoria mesencefalica con intensità di stimolazione
variabile, non solo viene evocata l’alternanza dei passi, possiamo osservare (fig.4c) che quando
l’arto posteriore sinistro si estende (convessità rivolta verso l’alto ∩), l’arto posteriore destro si
flette (convessità rivolta verso il basso ∪) e viceversa: si verifica un movimento normale
nell’ambito di uno stesso arto e vi è anche un’adeguata scansione dell’appoggio dei due arti
(posteriori in questo caso). Questo stesso andamento può essere evocato da una stimolazione
elettrica sulla zona locomotrice mesencefalica e possiamo osservare che tanto maggiore è l’entità
della stimolazione elettrica (che è definita dall’altezza delle sbarre nere) tanto più aumenta la
frequenza del passo. Quindi, esiste il centro locomotore mesencefalico, questo incide su alcune
formazioni che hanno un simile significato a livello dei nuclei mediali della formazione reticolare
troncoencefalica e da qui è trasmesso un output attraverso le vie extrapiramidali, verso il sistema
locomotorio spinale. Tutte queste informazioni convergono sul motonurone alfa e sul motoneurone
gamma. E’ bene ricordare che sia l’uno che l’altro ricevono le stesse afferenze in modo da poter
controllare istante per istante la contrazione e la possibilità del fuso neuromuscolare di rispondere al
tipo di stimolazione indotta.
I centri locomotori non sono altro che delle reti neuronali (argomento molto discusso
recentemente): l’encefalo non risulta essere un groviglio di neuroni disposti a caso, ma in questo e
fra le varie strutture encefaliche è possibile riconoscere delle reti neuronali, a volte comuni a più
circuiti, che hanno un significato molto specifico e hanno caratteristiche peculiari se sono coinvolte
nella generazione di movimenti ritmici.
Le reti neuronali sono di diverso genere; quelle che abbiamo visto nell’ambito della regione
locomotoria mesencefalica e del midollo in connessione con i motonuroni, sono delle reti neuronali
delle regioni motorie, in grado di generare dei movimenti ritmici (esempio del gatto che cammina
sul tapis roulant dopo lo shock neuronale / stimolazione della regione mesencefalica locomotoria).
L’attivazione di queste reti non produce un movimento a serramanico, come ad esempio la
stimolazione di alcune zone della corteccia motoria provoca la flessione di un arto, ovvero un
movimento univoco e non ripetitivo. L’attivazione delle reti neuronali induce movimenti ritmici con
alcune caratteristiche tipiche, per esempio con un meccanismo di liberazione del mediatore chimico,
tra le varie cellule nervose della rete, che è graduale: la liberazione non è violenta ed improvvisa,
ma graduale e graduabile. I movimenti ritmici sono sottoposti in modo molto preciso ad una
modulazione, utilizzando la proprietà della sommazione spaziale e soprattutto della sommazione
temporale, ciò emerge chiaramente dalla stimolazione a varie intensità della regione mesencelfalica
locomotoria. Queste reti hanno molte altre caratteristiche peculiari, nelle quali non ci addentriamo,
che ne fanno degli ottimi generatori di movimenti ritmici: movimenti ritmici complessi.

ELEMENTI COSITUTIVI DELLE RETI NEURONALI CHE GENERANO ATTIVITA’


RITMICHE

Proprietà cellulari Proprietà sinaptiche Tipi di connessione


Soglia Segno Inibizione reciproca
Regolazione frequenza- Intensità Inibizione ricorrente
corrente
Decorso temporale
Trasmissione
- elettrica
- chimica
Meccanismi di liberazione:
potenziale d’azione graduale
Potenziali postsinaptici con
molte componenti
Facilitazione/depressione

Nella sostanza mesencefalica reticolare (FRM) riconosciamo 2 zone, sito di reti neuronali di
attivazione ritmica del movimento. L’attivazione di queste 2 zone può dare luogo ad una via
discendente, che giunge (come dicevamo prima) a livello dei motoneuroni alfa e gamma ed induce
il movimento dell’arto. Il movimento dell’arto non è solo l’elemento finale di questa
programmazione, ma è anche l’elemento che ci consente di verificare se il segnale in partenza dai
centri sovrassiali (e questo sarà vero anche successivamente quando parleremo più in generale delle
reti, dell’output motorio proveniente dagli altri organi) ha avuto buon fine: la contrazione del
muscolo è il segnale opportuno per verificare se il movimento è stato compiuto adeguatamente,
poiché il movimento comporta l’attivazione del fuso neuromuscolare e degli altri recettori muscolo-
tendinei. Le afferenze che provengono dal muscolo, che si è contratto dopo aver ricevuto l’ordine
impartito da questi centri motori, vengono portate ai centri sovrassiali, in particolare attraverso le
vie spino-cerebellari al cervelletto e contemporaneamente alla corteccia sensoriale primaria e da
qui, tramite le vie associative, alla corteccia motoria. Il cervelletto riceve un segnale dalla corteccia
motrice nel momento in cui questa impartisce l’ordine per l’esecuzione del movimento. L’ordine
impartito può provenire dalla corteccia motrice o anche da questi nuclei mesencefalici.
Quindi, il cervelletto riceve, da un parte lo stesso segnale che viene inviato al muscolo per la
contrazione, dall’altra riceve quasi contemporaneamente il segnale proveniente dalla periferia.
Questo organo ha il compito di paragonare i due segnali, per verificare che l’output emesso dai
centri del controllo motorio ai vari livelli sia poi seguito da un adeguato movimento a livello
muscolare; li confronta, se rileva una dissociazione tra il segnale motorio e la risposta sensoriale o
se la risposta sensoriale richiede un adeguamento rispetto al controllo motorio iniziale, allora il
cervelletto invia alla corteccia motrice un ulteriore segnale, con cui si corregge l’output motorio
inizialmente partito dalla corteccia motoria.

Figura6

Schema generale, che rivedremo più volte da vari punti di vista e che sta fondamentalmente alla
base del comportamento motorio.

Come possiamo osservare (fig.6), le afferenze provengono anche dalla superficie corporea come da
altrove. Con queste afferenze pervengono informazioni di tutti i tipi: tattili, termiche, dolorifiche,
visive, uditive… Ogni forma di sensibilità giunge a livello della corteccia motoria o direttamente
(se ci riferiamo ad afferenze sensoriali tattili, termiche..) o indirettamente (se le afferenze sono
dolorifiche o se sono informazioni che arrivano alla corteccia sensoriale primaria tramite le aree
associative, che portano le informazioni di ordine uditivo e visivo per esempio). Tutto converge poi
sulla corteccia sensoriale, da questa c’è un flusso di informazioni (nella figura non sono indicate),
che dalla corteccia somatica primaria passano anteriormente nella zona della corteccia prefrontale e
in questa zona, dall’area associativa primaria e dalla corteccia prefrontale si ha l’integrazione delle
informazioni sensoriali, che poi convergono verso la corteccia motoria, dai cui parte poi l’output
motorio (indicato in figura come una sola via, ma vedremo che ve ne sono più di una) trasmesso al
motoneurone alfa. Il flusso di informazioni, a cui precedentemente abbiamo accennato, pone in
relazione la corteccia sensitiva primaria alla corteccia sensoriale parietale posteriore, da cui partono
queste vie di connessione tra zone sensoriali (nella fase post-rolandica parieto-temporale) alla
corteccia motoria.

CORTECCIA MOTORIA

Abbiamo visto che esistono alcuni tipi di movimenti, quelli riflessi e molti di quelli automatici, che
non richiedono specificamente l’intervento della corteccia. Parlando di centri sovrassiali dobbiamo
distinguere cervelletto da corteccia motoria, il primo interviene sempre nel controllo motorio,
mentre la seconda interviene nel momento in cui il movimento diventa volontario. La genesi del
movimento volontario dipende dalla corteccia primaria e mediante le vie piramidali ed
extrapiramidali il segnale viene portato sui motoneuroni alfa e gamma.
L’ideazione del movimento non sorge nella corteccia motoria primaria (non è qui che viene
configurato, generato ed ideato il movimento), ma sorge nella corteccia prefrontale, chiamata infatti
corteccia motoria prefrontale per questo motivo. Però, non è a livello di quest’ultima che parte il
comando motorio, perché l’atto (il gesto motorio) si realizzi, occorre che l’ideazione, ossia
l’informazione nata nella corteccia prefrontale (dove viene configurato il movimento nelle sue
caratteristiche) venga inviata ai neuroni della corteccia motoria primaria.
Nella corteccia motoria primaria esistono le strutture discendenti che realizzano effettivamente il
movimento.

Figura7

Dalla figura è possibile osservare la corteccia motoria primaria, che si trova anteriormente alla
scissura del rolando, infatti posteriormente troviamo la zona sensoriale (fig.7a).
La corteccia motoria primaria (fig.7b) è una zona molto estesa che presenta un’organizzazione
somatotopica (tipica anche della zona sensoriale primaria) e una distribuzione del tutto atipica delle
varie zone di interesse, cosi come avevamo visto nell’omunculus sensitivo, dove vi erano zone più
ampie che interessavano il viso (ad es. bocca, lingua, labbra) e le mani; anche qui ritroviamo una
distribuzione similare. Andando a visualizzare la distribuzione delle aree motorie, nella corteccia
motoria primaria, rileviamo delle grandi diversificazioni tra un’area corporale e l’altra. La
distribuzione non è più correlata alla distribuzione dei recettori tattili o termici, com’era invece nel
caso della corteccia sensoriale primaria, ma è correlata alla raffinatezza del movimento e al numero
di muscoli che queste fibre dipendenti dovranno andare a coordinare, o meglio ancora, al numero di
unità motorie che compongono la muscolatura dei vari distretti corporei.
Dalla figura 7 possiamo osservare come il numero delle unità motorie che interessano ad esempio il
dorso è molto limitato: sono pochi i movimenti che possiamo fare volontariamente, modificando la
postura del dorso, possiamo certo muoverlo in tante posizioni, ma non è paragonabile la raffinatezza
del movimento di questo (o ad esempio della coscia), a quella del movimento delle mani, che ci
consentono di compiere le attività più fini, ad esempio scrivere.
E’ importante anche la distribuzione dei muscoli facciali, non uguale in tutte le specie (di
mammiferi e animali superiori), che raggiunge la massima estensione nell’uomo, perché in esso,
rispetto alla maggior parte degli altri vertebrati e a differenza degli altri primati, si ha la mimica
facciale più complessa. Ecco che, dato il numero e la complessità dei muscoli del viso, proprio in
base alle esigenze di modificare grandemente la mimica facciale, nell’omunculus si ha una
proporzionale estensione del viso.
Interessante è osservare che il retrofaringe occupa una vasta parte (intendendo come retrofaringe sia
la prima parte della faringe, ma soprattutto della laringe).
Appena dopo la laringe vi sono le corde vocali, la loro apertura è modulata dalla contrazione
muscolare. Quindi è importante che vi sia un controllo molto raffinato delle corde vocali, nonchè
del retrofaringe (nei movimenti di deglutizione ad esempio), proprio perché è importante dal punto
di vista funzionale. In conclusione, anche piccolissimi gruppi muscolari possono avere una vasta
estensione sulla corteccia, tutto ciò è in relazione alla complessità del movimento che deve gestire.

Struttura della corteccia motoria


Non entreremo nel dettaglio nel descrivere la struttura della corteccia motoria, in quanto argomento
già trattato in anatomia. E’ importante ricordare che questa è caratterizzata dalla presenza di cellule
di grandi dimensioni: cellule piramidali (di Betz).
Queste cellule sono localizzate nel quarto strato della corteccia, sono quelle da cui nasce una delle
vie efferenti più importanti nel controllo del movimento volontario, quella che viene chiamata via
piramidale (perché nata dalle omonime cellule della corteccia motoria).
Figura8

Le vie piramidali nascono dalla corteccia, ma hanno 2 contingenti di fibre (fig.8). Ci sono delle vie
che terminano nella zona ventrale-mediale: partono dalla corteccia motoria primaria, possono avere
dei collaterali a livello del tronco encefalico, ma arrivano direttamente nella porzione mediale
anteriore del midollo; naturalmente nella sostanza grigia sono localizzati i motoneuroni alfa e
gamma. Questa via piramidale ha una terminazione mediale e come possiamo osservare dalla figura
non decussa (non si trasferisce nella zona controlaterale), per cui il controllo motorio corticale è
omolaterale rispetto al movimento. Questa via prende il nome di tratto cortico-spinale ventrale
(perché termina in posizione ventrale-mediale del midollo), specializzato nel controllo motorio che
consente il cosiddetto mantenimento della postura (fig.8b). Parleremo del mantenimento della
postura più avanti, dopo aver descritto l’organizzazione generale del controllo motorio, parlando
prima del cervelletto e dei nuclei della base. Il controllo della postura è un controllo motorio
particolare che coinvolge fortemente un gruppo di recettori (di cui non abbiamo ancora parlato): i
recettori vestibolari. Per capire il controllo della postura occorre avere un quadro un po’ più
organizzato, ma è bene dare ora delle definizioni.
Che cosa significa controllare la postura?
Esempio. Prendiamo in considerazione un gatto che deve saltare su un ripiano. L’animale distende
gli arti in modo tale da prepararli all’arrivo. La posizione del gatto mentre compie il balzo è tale per
cui ha un comportamento flessorio degli arti posteriori ed estensorio di quelli anteriori.
Il comportamento che ha quando, invece,dall’alto deve saltare verso il basso è molto differente,
nonostante anche in questo caso pieghi le zampe posteriori e avanzi stendendo quelle anteriori. Nei
due casi il capo rispetto al dorso, al tronco, ossia all’asse verticale è posto diversamente.
Controllare la postura significa controllare la muscolatura assiale (muscolatura del collo, del tronco,
degli estensori degli arti inferiori e degli addominali) in modo da configurare la posizione più
adeguata per mantenere la posizione del corpo nello spazio; non soltanto quando si è seduti o in
piedi, ma anche nel momento in cui facciamo un esercizio, come ad esempio giocare a tennis:
manteniamo l’equilibrio corporeo evitando di cadere mentre colpiamo la pallina.
Tutti questi fenomeni complessi richiedono la valutazione da parte del sistema vestibolare di com’ è
posta la testa rispetto alla verticale, sulla quale agisce una forza, cui siamo tutti sottoposti, ovvero la
forza gravitazionale. Vedremo che, mentre il sistema di rilevamento della posizione del capo
rispetto allo spazio, rispetto alla verticale dipende dall’attivazione dei recettori dell’orecchio
interno (in particolare del vestibolo), l’output motorio, invece, utilizza sempre questa via e di questa
utilizza il tratto ventrale-cortico-spinale o cortico-spinale-mediale.
Un’altra componente del tratto cortico-spinale viene chiamata via cortico spinale laterale (fig.8a),
in questo caso il sistema cortico spinale passa sempre a livello del tronco encefalico, ma decussa a
livello delle piramidi, portandosi controlaterlamente nella zona laterale del midollo, quindi vediamo
che pur partendo sempre dalla corteccia, le due vie sono distinte, sia per il loro decorso nel midollo,
sia per il fatto che la decussazione interessa la via laterale e non quella mediale. Questi non sono
dettagli, ma sono nozioni importanti per il futuro medico, perché, a seconda che la lesione sia
omolaterale o controlaterale, il paziente, che riporterà una lesione della via cortico-spinale, avrà un
esito motorio differente: nel primo caso perderà il controllo della postura, nel secondo l’abilità di
gestire il movimento degli arti (mentre la postura potrebbe rimanere integra). Questi sono tutti
aspetti importanti in campo neurologico.
Figura9
Un punto importante da cui partono altre vie di controllo, che sono le cosiddette vie extrapiramidali,
è costituito da alcuni nuclei tronco-encefalici (fig.9). Tali vie sono cosi denominate proprio perché
non partono dalla corteccia (ossia dalle cellule piramidali di Betz), ma più in basso rispetto ad essa,
ovvero dal tronco encefalico e più specificamente da alcuni nuclei che ricevono delle efferenze
provenienti dalla corteccia. Possiamo osservare dalla figura che vi sono dei nuclei (distribuiti da
entrambi i lati del tronco encefalico) importanti al livello pontino: i nuclei reticolari pontini,
importanti sono anche i nuclei vestibolari (il vestibolo, come già accennato, è importante nella
recezione della posizione del capo rispetto all’asse corporeo), raggiunti dalle afferenze vestibolari,
invieranno delle proiezioni verso il talamo, ma anche delle proiezioni discendenti, in particolare dal
nucleo vestibolare laterale (nucleo del Deiters) parte un via discendente, che giunge sui
motoneuroni alfa e gamma, come di consueto. Rileviamo inoltre dei nuclei nella reticolare bulbare
lateralmente ai vestibolari. Da tutti questi nuclei, partono delle vie extrapiramidali che hanno il loro
punto di arrivo nelle zone del midollo spinale anteriore, nelle zone prossime alla localizzazione dei
motoneuroni alfa e gamma. Per esempio dalla figura è possibile osservare che il fascio vestibolare
laterale termina a livello mediale. Il fascio vestibolare laterale è quello che emerge dal nucleo
vestibolare laterale Deiters ed è quello che coordina i movimenti ed anche il mantenimento della
postura, quindi si configura nella via mediale.
Queste vie extrapiramidali sono differenti: quelle di insorgenza dei nuclei reticolari del tronco
encefalo non sono esattamente equivalenti alle vie piramidali, ma si associano ad esse avendo una
funzione aggiuntiva similare, cosi mentre avremo una componente corticale, cortico-spinale che si
occupa del mantenimento della postura. Esempio: se voglio spostarmi mantenendo la postura (o
meglio non muovendo gli arti inferiori), compio un’azione volontaria di spostamento del tronco
rispetto agli arti inferiori, in questo caso è necessaria l’attivazione della corteccia per modificare la
postura, altrimenti se volontariamente non modifico la mia postura questa è mantenuta
automaticamente mediante le efferenze che partono dai nuclei reticolari bulbari pontini e
vestibolari. Quindi sono due componenti che si sommano e si coordinano tra di loro.

Figura10

Dalla figura10 possiamo osservare le dislocazioni delle vie efferenti nel midollo. La via cortico-
spinale, ossia, il fascio cortico-spinale è distinto in 2 porzioni: nella porzione mediale e nella
porzione laterale, la prima rimane omolaterale, mentre la seconda decussa. La porzione mediale
risulta essere la via piramidale, ovvero la via diretta, che origina dalle cellule piramidali del quarto
strato della corteccia (in figura cellule con morfologia piramidale). Tutte le altre vie non nascono
dalle cellule piramidali, ma da cellule nervose localizzate nei nuclei reticolo-bulbari o in altri,
localizzati nel tronco-encefalo. Abbiamo trattato il nucleo vestibolare laterale e il suo decorso, ma vi
sono altri nuclei, come il nucleo rosso, che da luogo alla via rubro-spinale, particolarmente
importante perché in stretta corrispondenza con la via efferente in partenza dal cervelletto. Abbiamo
inoltre una via tetto-spinale ed altri neuroni a livello dei nuclei pontini e dei nuclei bulbari, che
rimangono omolaterali e giungono anch’essi a livello del midollo spinale. Quindi, i nostri
motoneuroni alfa e gamma ricevono tutte queste vie, tutti questi contingenti e informazioni
provenienti dalla corteccia, dai nuclei tronco-encefalici e dal cervelletto. Ovviamente non tutte le
vie hanno lo stesso significato, alcune hanno un significato inibitorio, altre eccitatorio, perciò a
livello del motoneurone si verifica un’integrazione di tutte le informazioni che vengono inviate. Il
motoneurone alfa, come quello gamma, ha la sua attività, generata da una eccitazione giunta dalla
periferia, perché inserita nell’arco riflesso per esempio, oppure perché il motoneurone è stimolato o
inibito dall’attività delle reti neuronali di controllo della motricità, presenti a livello spinale cosi
come ad altri livelli, ad esempio mesencefalico. E’ importante comprendere che il motoneurone non
è una struttura neutra e silente, ma è una struttura che normalmente scarica con una certa frequenza
come risultato della sua attività locale, che può essere aumentata o diminuita. Il controllo che le
strutture sovrassiali determinano sul motoneurone è quello di modificarne l’attività, inibendo o
eccitando; la maggior parte delle efferenze terminano fondamentalmente sugli estensori, ciò vale
per il nucleo vestibolare-laterale, per la via reticolo-spinale e per la via rubro-spinale. I muscoli sui
quali viene effettuato il controllo fine del tono muscolare sono gli estensori, ma i flessori non sono
privi di ogni revisione; secondo lo schema della scorsa lezione, nel momento in cui controlliamo gli
estensori e il loro tono, indirettamente, (tramite il circuito inibitorio tra estensori e flessori)
controlliamo anche i flessori: far variare l’attività degli estensori inibendo o aumentando la loro
attività, significa controllare contemporaneamente anche l’attività dei flessori. Abbiamo alcuni tipi
di vie efferenti, inibitorie ed alcune eccitatorie; la maggior parte delle vie efferenti sono inibitorie,
ad eccezione della via in partenza dai nuclei vestibolari laterali e di quella in partenza dalla
reticolare-bulbare (uniche 2 eccitatorie).
A questo punto, immaginiamo di effettuare un preparato decerebrato.
Il preparato decerebrato si ottiene sezionando tutti i centri sovrassiali (corteccia), che si trovano al
di sopra del quarto collicolo (si taglia al di sopra dei collicoli).
Che ripercussioni avremo se effettuiamo questo preparato in cui asportiamo la corteccia e i nuclei
della base, ma lasciamo inalterata tutta la componente tronco-encefalica? Nel caso della via cortico-
spinale, sezionando la corteccia, si rileverà la mancanza della componente originata a livello
corticale, nelle sue 2 parti (mediale e laterale). Recidendo il fascio cortico-spinale, ossia la via
piramidale, si osserverà un incremento del tono muscolare;possiamo dire che tutti i nuclei del
tronco-encefalo abbiano nel complesso un’attività eccitatoria e il nucleo vestibolare-laterale (di
Deiters), in particolare, è quello che ha un’attività eccitatoria sui motoneuroni alfa e gamma più
marcata. Quindi, se rimuoviamo la corteccia ed evidenziamo questa attività eccitatoria, che
normalmente non rileviamo, deduciamo che mantenendo inalterate le efferenze dalla corteccia
(fascio cortico-spinale) abbiamo un’inibizione dei centri bulbari (centri tronco-encefalici). Il tratto
cortico-spinale ha un’attività inibitoria, se lo seziono rimuovendo la corteccia (decerebrando), viene
a mancare tale componente inibitoria sui motoneuroni e quindi emerge l’aspetto più eccitatorio,
proprio del nucleo laterale del Deiters. Se, oltre ad effettuare un preparato decerebrato, reseziono
anche i peduncoli cerebellari, cioè privo il midollo anche delle efferenze cerebellari che lo
raggiungono, recedendo la via cerebello-spinale, osservo un ulteriore incremento del tono: si passa
da una condizione di ipertono estensore ad una condizione che prende il nome di opistotono, ovvero
un ipertono esagerato.

IPERTONO ESTENSORE si riscontra nell’animale sperimentale decerebrato; le zampe sono


contratte.
OPISTOTONO si riscontra se recidiamo anche i peduncoli cerebellari, abolendo/sezionando la via
cerebello spinale; l’incremento del tono è smodato.

Da ciò deduciamo che anche il cervelletto esprime il suo controllo motorio inibendo i motoneuroni
alfa e gamma. Il controllo del tono muscolare si effettua mediamo un’interazione continua e molto
fine tra i segnali inibitori, provenienti dalla corteccia e dal cervelletto e segnali eccitatori,
provenienti soprattutto dai nuclei vestibolari.
Figura11

Lo schema generale, in figura11, raccoglie quanto visto finora e presenta quanto vedremo:
cervelletto e nuclei della base. Possiamo osservare che, i motoneuroni costituiscono sempre la via
ultima comune, effettrice di tutti i segnali discendenti. Inoltre rileviamo che quanto arriva al
midollo, attraverso i motoneuroni, deriva da un’interazione abbastanza complessa a livello dei
centri più alti (a livello corticale). Dalla corteccia motrice, tralasciando le vie afferenti, si diparte un
contingente, il fascio cortico-spinale, che si dissocia in una via omolaterale, quella mediale, per il
controllo della postura e in un’altra componente maggioritaria costituita dall’80-90% delle fibre,
che decussa a livello delle piramidi, passando controlateralmente e terminando lateralmente nel
midollo. Sempre dalla corteccia si dipartono delle altre informazioni che non raggiungono
direttamente il midollo, ma che, sfioccandosi dalla via centrale, vanno ad informare altre strutture,
per esempio alcune vanno ad informare il talamo che proietta verso le componenti sensoriali e verso
corteccia premotoria e la corteccia motrice. La corteccia motoria può valutare in questo altro modo
il tipo di output motorio che è stato comandato. Sappiamo che tutto ciò che ritorna alla corteccia
transita nel talamo, questo circuito riverberante cortico-talamo-cerebrale è una forma di controllo
riverberante del segnale in uscita. Dal talamo parte un’importante componente che giunge ai nuclei
della base; il segnale in ingresso ai nuclei della base è trattato in maniera molto complessa, nonché
all’interno degli stessi, ove vi sono dei sistemi riverberanti, sia eccitatori che inibitori, codificanti un
segnale, che può in parte ritornare al talamo e da esso giungere alla corteccia sensoriale, in parte
ritornare verso la corteccia motoria. La stessa corteccia invia informazioni per i nuclei
mesencefalici, in particolare per il nucleo rosso, direttamente collegato coi nuclei cerebellari
profondi. Il nucleo rosso è un’interfaccia importante tra il tronco encefalico e la funzione
cerebellare. Inoltre la corteccia invia informazioni anche ai nuclei pontini; quindi, quelle vie
piramidali, di cui abbiamo parlato, emergono dai nuclei del tronco encefalico, nuclei pontini, nuclei
vestibolari e nuclei reticolari, e inviano proiezioni al midollo cioè efferenze ai motoneuroni.
Figura12

Nella corteccia frontale esistono varie zone, alcune preposte all’ideazione del movimento, altre
preposte alla sua esecuzione. Nella figura12, in corrispondenza dei numeri sono riportate varie aree
dell’encefalo, secondo la numerazione di Brodmann; riconosciamo l’area 17, corrispondente alla
scissura calcarina encefalica , proseguendo postero anteriormente la zona sensitiva (5 – 7) seguita
dall’area motoria (4 – 6).

Figura13

La figura13, invece, identifica quali sono i potenziali evocati, a livello del cuoio capelluto
dell’essere umano o direttamente della superficie corticale di un animale sperimentale, in base alla
fase di ideazione e di esecuzione del movimento. I potenziali, come possiamo osservare dalla
figura, hanno intensità diverse e sono dell’ordine dei microvolt (intensità molto basse rispetto ad
esempio al potenziali di membrana dell’ordine dei millivolt). Grazie a questo esperimento è stato
possibile registrare cosa avviene a livello delle diverse aree quando viene ideato ed effettivamente
ordinato un movimento. Prendiamo in considerazione il potenziale motorio. Questo si misura
ponendo gli elettrodi di registrazione esattamente sulla corteccia motoria e quindi sarà il potenziale
che corrisponderà alla fase di esecuzione del movimento in partenza dall’area 4. In questa zona
viene registrato l’elettromiogramma, ponendo gli elettrodi sulla cute o sulla corteccia di un
soggetto, ma sempre in corrispondenza delle aree di cui ci interessa registrare i potenziali.

ELETTROENCEFALOGRAMMA è un segnale composito che viene registrato sul cuoio capelluto


mediante tecniche particolari. E’ un potenziale composito derivato dalle attività delle cellule
piramidali corticali delle varie zone.

ELETTROMIOGRAMMA è la registrazione dei potenziali che insorgono nel tessuto muscolare,


quando il muscolo viene contratto: il muscolo viene prima stimolato e successivamente contratto.

La figura ci suggerisce che il movimento, di cui si sta individuando la scansione temporale in


termini di attivazione cerebrale, si manifesta in 100 m/s; In questo lasso di tempo si registra un
elettromiogramma e in questa fase, da 0 a 100 m/s, si effettua il movimento a livello strettamente
muscolare. Però la contrazione muscolare, registrabile con l’elettromiogramma, è preceduta a
livello corticale da fasi abbastanza complesse, perché da circa 800 a 100 m/s prima dell’esecuzione
materiale del movimento si attiva una zona corticale, configurata nell’area 5 – 7, più vicina all’area
sensoriale che a quella motoria, che è una delle zone associative, in cui le esperienze sensoriali
vengono raggruppate per poi convogliare in un eventuale atto motorio. Quindi, ben prima
dell’esecuzione del movimento si verifica una sorta di reclutamento di informazioni, in un’area che
apparentemente non ha niente a che fare con l’area motoria, in un secondo momento si ha da parte
della zona 4 e in parte anche dalla zona 6, ossia, di tutta la zona prefrontale e motoria, un aumento
del potenziale, che pur iniziando 400 m/s prima, si esplica anche durante la fase di attuazione. Il
movimento non consiste semplicemente in un treno di impulsi in partenza dalla corteccia motoria,
ma richiede l’intervento di zone molto ampie e anche distanti di corteccia, queste sono le celebri
aree associative, importanti anche perché costituiscono la base da cui si evolvono i comportamenti
cerebrali complessi, come ad esempio tutti quelli che danno come risultato il linguaggio, e
costituiscono la base per la raccolta delle nozioni mnemoniche. Vedremo che tutte queste attività
superiori dell’encefalo hanno proprio come base comune l’attivazione della corteccia associativa.

CERVELLETTO

Il cervelletto è una grossa stazione di relè, è una specie di controllore del movimento, raccoglie
contemporaneamente nel suo circuito di base, apparentemente semplice ma molto intelligente, in
formazioni provenienti dalla corteccia motoria e dalla periferia, le confronta istante per istante e
giudica, constata se c’è corrispondenza tra l’atto motorio, così come è stato impartito, e la sua
esecuzione. Non controlla solo che l’atto motorio sia eseguito nella maniera adeguata, ma riceve
anche informazioni provenienti dalla periferia che lo informano se le condizioni dell’atto motorio
sono variate oppure no. Il cervelletto serve a controllare che il movimento risponda istante per
istante alle esigenze della periferia e che venga eseguito nella maniera ottimale, correggendo
eventuali errori. L’operazione che il cervelletto compie è quella di rendere più precisi e raffinati i
movimenti. Il cervelletto è la base dell’esecuzione dei movimenti precisi e fini, nonché la struttura
nella quale sembra essere conservata la cosiddetta memoria motoria. La memoria motoria è una
forma di memoria che ci consente di ricordare una sequenza di movimenti, che vengono acquisiti.
Ad esempio andare in bicicletta, scrivere, compiere un atto atletico, suonare uno strumento
musicale, parlare (l’acquisizione del linguaggio richiede l’acquisizione di movimenti delle corde
vocali; i bambini nati con difetti di udito, spesso, non sono nemmeno in grado di pronunciare
correttamente le parole)... Questi sono tutti movimenti che diventano automatici dopo una fase più
o meno lunga di apprendimento. Una lesione cerebellare non ci preclude la possibilità di compiere
tutti questi tipi di movimento, apparentemente non reca incapacità motorie grandemente visibili, ma
rende l’individuo incapace di compiere tutti i movimenti fini. Ad esempio una scimmia, che in
condizioni normali, in un istante, sbuccia autonomamente una banana, con una lesione cerebellare
perderà questa capacità, mangerà la banana solo se già sbucciata: viene a mancare la capacità di
coordinare i movimenti volontari in modo sofisticato. Dagli esempi deduciamo che il cervelletto è
coinvolto sia nella programmazione che soprattutto nell’esecuzione di alcuni movimenti.

Figura14

Il movimento deriva da un comando di esecuzione. Il cervelletto può intervenire gestendo la fase


del controllo sofisticato, ovvero del controllo fine molto discriminato del movimento. Le zone
cerebellari, coinvolte in questo controllo, sono le parti filogeneticamente più antiche: il verme e la
parte intermedia del cervelletto; mentre gli emisferi cerebellari, che compongono la corteccia
cerebellare laterale del cervelletto stesso, costituiscono la sede della memoria motoria e quindi, in
questo senso, il cervelletto è coinvolto nell’ideazione del movimento. Esempio: nel momento in cui
suoniamo uno strumento, il cervelletto entra in gioco, richiamando le reti neuronali, che ci
consentono di cominciare a suonare. Il cervelletto, in questo senso, lavora nella programmazione
assieme ad altre strutture, già trattate o citate: corteccia premotoria, cortecce associative e gangli
della base.

Figura15
Una differenza importante, da un punto di vista sia anatomico che funzionale tra la corteccia
cerebrale e quella cerebellare è che mentre la prima è molto varia da una zona all’altra, sia per il
tipo di cellule che la costituiscono che per la struttura in cui ,a volte, alcuni strati confluiscono in
uno, la seconda mantiene sempre la stessa struttura. Nonostante si identifichino varie zone (verme,
zona intermedia ed emisferi cerebellari), in realtà in tutta la corteccia cerebellare viene mantenuta la
stessa struttura e la stessa stratificazione cellulare, infatti sarà possibile trattare un esempio di
circuito cerebellare che vale per tutte le zone del cervelletto. Se immaginiamo di distendere e
ampliare il cervelletto (fig.15b), possiamo osservare meglio tutte le parti che lo costituiscono. La
parte più antica è rappresentata dal lobo flocculo-nodulare e dal verme, nella parte mediale, mentre
filogeneticamente più recenti sono la parte intermedia, da entrambi i lati, e il cosiddetto
neocerebello. Il neocerebellum è presente soltanto negli animali superiori: nei mammiferi e
soprattutto nei primati, ossia in quegli animali superiori in grado di compiere movimenti fini e di
conservare una memoria motoria di questi movimenti; tipicamente i primati e soprattutto l’uomo
hanno un neocerebello abbastanza sviluppato, mentre altri animali conservano il verme, la parte
intermedia e solo dei rudimenti di emisferi cerebellari.

Afferenze del cervelletto

Figura16

Le afferenze che giungono al cervelletto (fig.16) sono di vario tipo e possono provenire sia dai
centri sovrassiali (dalla corteccia) che dai centri spinali. Le vie d’ingresso al cervelletto sono
fondamentalmente 3, queste passano attraverso il peduncolo cerebellare superiore, intermedio (o
mediano) e inferiore. Le vie che entrano dal peduncolo cerebellare superiore e intermedio sono, in
genere, associate a delle afferenze che giungono al cervelletto tramite i centri sovrassiali, infatti
dalla figura è possibile osservare che al peduncolo cerebellare intermedio giunge il fascio ponto-
cerebellare, che a sua volta riceve afferenze dal fascio cortico-pontino. Quindi, le vie in partenza
dalla corteccia arrivano tramite il fascio cortico-pontino e ponto-cerebellare al cervelletto, in questo
modo si instaura una vera e propria connessione cortico-ponto-cerebellare. Inoltre, alla corteccia
cerebellare giunge il fascio spino-cerebellare. Il fascio spino-cerebellare-ventrale si differenzia in
vari fasci, che conducono le afferenze, che risultano essere una copia dell’afferenza propriocettiva
discriminativa, che giunge in corteccia e che informa la corteccia cerebellare stessa sullo stato di
attivazione dei fusi neuromuscolari e degli altri recettori muscolari e articolari. Dunque, abbiamo
fasci spino cerebellari, che confluiscono sulla corteccia, e vie di tipo cerebro-ponto-cerebellari. Di
particolare importanza è il fascio olivo-cerebellare, che parte dal nucleo dell’oliva inferiore; questo
fascio è molto importante, perché convoglia alle cellule del Purkinje, tramite un tipo di via che
prende il nome di via delle fibre rampicanti, le afferenze che arrivano specificamente dalla corteccia
motoria (sono afferenze molto specifiche) e che convogliano informazioni dalla corteccia motoria,
dai gangli della base, dalla formazione reticolare che ha un’attività discendente sui motoneuroni e
anche dal midollo spinale. E’ chiaro che il cervelletto riceve molte afferenze, ma alla corteccia
cerebellare queste giungono tramite due tipi di vie afferenti, la via delle fibre muscoidi, che porta
informazioni aspecifiche alla corteccia cerebellare, e la via delle fibre rampicanti, che conduce,
invece, informazioni molto importanti e di tipo assolutamente specifico direttamente sulle cellule
principali della corteccia cerebellare, che sono le cellule del Purkinje. La via della fibre rampicanti,
molto specifica e importante, arriva solo dall’oliva inferiore, quindi compone il fascio olivo-
cerebellare, mentre tutte le altre afferenze, che possono arrivare o da altre strutture corticali o dalle
prime aree del midollo, arrivano, invece, tramite un’altra componente di fibre afferenti, che sono le
fibre muscoidi. Le vie spino-cerebellari arrivano dalle cellule Clarke del midollo e sono vie
omolaterali, che hanno il loro ingresso a livello del peduncolo cerebellare inferiore.

Figura17

Dalla figura possiamo osservare come sono disposte le afferenze, che giungono dal cervelletto,
partendo dai canali semicircolari. Il lobo cerebellare, filogeneticamente più antico e più atipico
rispetto agli altri, è quello flocculo-nodulare che riceve le afferenze dai canali semicircolari, facenti
parte dell’apparato vestibolare, che rivela la sua importanza rilevando accelerazioni lineari e
angolari (l’accelerazione lineare per eccellenza è quella di gravità). Le ampolle dei canali
semicircolari sono in grado di rilevare ogni variazione della risultante dell’accelerazione di gravità
(della forza di gravità) sul canale semicircolare. Mentre i canali semicircolari sono in grado di
valutare la variazioni di accelerazione angolare, ovvero, sono in grado di farci percepire se stiamo
muovendo la testa lateralmente o anteroposteriormente o nelle tre dimensioni dello spazio. Il
sistema vestibolare è essenziale per il mantenimento della postura, perciò filogeneticamente è
importante ad ogni livello dell’evoluzione animale, perché ogni vertebrato deve essere in grado di
percepire la propria posizione nello spazio e in particolare la posizione del capo rispetto a quella del
tronco. Questo circuito, che coinvolge il lobo flocculo-nodulare insieme al vestibolo è
estremamente antico, infatti questa parte del cervelletto viene anche chiamata vestibolo-cerebello.
Le informazioni viaggiano dal vestibolo al lobo flocculo-nodulare, che invia informazioni al nucleo
vestibolare, che risiede nel tronco encefalico ed ha attività eccitatoria sui motoneuroni. Il lobo
flocculonodulare è in grado di correggere e raffinare i movimenti legati al controllo della postura.

Figura18

Al cervelletto, nonostante sia un organo del tutto motorio, giunge una componente sensoriale. Nel
verme e in parte della zona intermedia dell’emisfero arrivano efferenze sensoriali, che riproducono
sulla corteccia cerebellare un aspetto sensoriale della superficie corporea; Anche a livello
cerebellare è possibile costruire una sorta di omunculus un po’ particolare (fig.18), sicuramente
meno elaborato di quanto lo sia quello della corteccia sensitiva. Le aree di proiezione
somatosensoriale derivano in parte da un’afferenza diretta spino-cerebellare e in parte da una
efferenza proveniente dalla corteccia. Le due si sommano a creare un costrutto somatosensoriale nel
cervelletto. Fino a poco tempo fa si riteneva che non vi fossero delle vere e proprie afferenze
sensoriali nel cervelletto, recentemente, invece, è stata dimostrata la presenza anche di questo tipo
di informazione, elaborata a livello cerebellare.

Corteccia cerebellare

Figura19
Descrizione della struttura tridimensionale in figura19.
La corteccia cerebellare è abbastanza univoca (omogenea) nella sua struttura, è uguale un
po’ovunque ed è anche molto meno convoluta e ricca di circonvoluzioni, quindi in un certo senso
più semplice, rispetto alla corteccia cerebrale.
Riconosciamo strati di cellule con funzioni diverse. Gli strati sono fondamentalmente 3, dalla
superficie in profondità:
1 – strato molecolare
2 – strato delle cellule del Purkinje
3 – strato granulare (strato glomerulare)

1 – strato molto sottile, in cui vi sono alcuni tipi di cellule che prendono il nome di cellule stellate,
che possono essere di tipo A e di tipo B. In questo strato vi sono anche le cellule dei canestri.
Troviamo inoltre numerose fibre, le cosiddette fibre parallele, che non originano da cellule presenti
nello strato molecolare, ma da cellule presenti nel sottostante strato glomerulare.
2 – strato caratterizzato dalla presenza delle cellule del Purkinje, cellule esageratamente grandi:
sono tra le più grosse cellule presenti nel sistema nervoso centrale, persino più grandi delle cellule
piramidali di Betz. Le cellule del Purkinje possiedono un albero dendridico estremamente ampio,
che si sviluppa sia nello strato delle cellule stesse, ma che si protrae, soprattutto, nello strato
molecolare, dove i dendriti prendono connessione (contraggono sinapsi) con le cellule dei canestri e
con le cellule stellate di tipo A e B.
3 – strato più interno, rispetto alla superficie della corteccia cerebellare, ove troviamo due tipi di
cellule: le cellule dei granuli e le cellule di Golgi, le prime insieme alle seconde formano strutture
che si chiamano glomeruli.

Esistono molte afferenze, che arrivano alla corteccia cerebellare, ma che convergono unicamente su
due tipi di fibre in entrata: non entrano tutte indiscriminatamente, ma convergono su due vie in
ingresso. Le fibre rampicanti che arrivano specificamente dal nucleo olivare inferiore, nel tronco
dell’encefalo, che convoglia le informazioni provenienti dalla corteccia motoria, dai nuclei bulbari,
da alcune zone del midollo e dalle formazioni reticolari, direttamente sulla cellula del Purkinje.
Ogni fibra rampicante termina su una e una sola fibra/cellula del Purkinje (rapporto 1:1). L’altra
componente di fibre afferenti è rappresentata dalle fibre muscoidi, che convogliano soprattutto
afferenze di tipo spino-cerebellare che terminano sulle cellule del Golgi. Una fibra muscoide
termina, sfioccandosi, su molte cellule del Golgi, investendo un numero variabile, anche ampio di
cellule dei granuli.
Per quanto riguarda le efferenze, l’unica via in uscita dalla corteccia cerebellare è rappresentata
dall’assone della cellula del Purkinje, che giunge ai nuclei cerebellari profondi dove ha carattere
inibitorio sulle cellule presenti (asportando la corteccia cerebellare si ha una mancata inibizione).
L’estesissima arborizzazione delle cellule del Purkinje prende contatto con le cellule a canestro o
con le cellule stellate. Lo strato molecolare è costituito anche dalle fibre parallele, formate dalla
divisione a T dell’assone della cellule del granulo, che ha contratto sinapsi, più in profondità, con la
fibra muscoide o con una diramazione di essa. La divisione a T della cellula copre una distanza di
3mm, 1,5mm per parte. Le cellule dei granuli, portandosi in superficie, formano una sorta di tappeto
di fibre parallele; questa rete di fibre parallele prende connessione con l’albero dendridico delle
cellule del Purkinje, quindi queste fibre a T rappresentano la connessione funzionale tra la via che
arriva con le fibre muscoidi e quella in uscita dalle cellule del Purkinje. Dunque, nel cervelletto
abbiamo due modalità di interazione, di connessione funzionale tra via afferente ed efferente. Le
fibre muscoidi si collegano alla fibra del Purkinje in maniera più complessa, attraverso le fibre
parallele e l’arborizzazione dendridica delle cellule del Purkinje: una fibra muscoide investe più
glomeruli, dai quali originano più fibre parallele, che contraggono sinapsi con molteplici fibre del
Purkinje. La via delle fibre rampicanti, proveniente dal nucleo olivare inferiore, ha un’unica
terminazione su un’unica cellula del Purkinje (solo sull’albero dendridico o sul corpo cellulare della
cellula). La via delle fibre muscoidi è più aspecifica, mentre quella delle fibre rampicanti è più
specifica. Le fibre muscoidi formano con la cellula del granulo una struttura che si chiama
glomerulo: sulla fibra muscoide in arrivo convergono le fibre provenienti l’assone della cellula del
golgi, che si trova nello strato glomerulare, e manda l’assone in questa struttura (glomerulo). La
cellula del Golgi prende connessione sinaptica con l’intersezione formatasi tra la via muscoide in
arrivo e le cellule del granulo. Si formano questi glomeruli, che tramite le cellule del Golgi che si
dipanano in queste fibre parallele, fanno sì che l’informazione che arriva dalle fibre muscoidi, sia
integrata, in modo da raccogliere informazioni provenienti da più fibre muscoidi e dipanare questa
informazione tra più fibre parallele derivanti dalle cellule del Golgi (cell.Golgi⇒sinapsi con
cell.granulo,il cui assone si divide a T,⇒fibra parallela).

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