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Lezione 10

LEZIONE sulla RETINA:

Dopo aver visto che nella retina umana esistono diversi tipi di cellule, adesso vediamo cosa si sa su
come vengano percepiti i colori e come avvenga la visione a colori .Questo è un processo molto
complicato i cui dettagli clinici non si conoscono ancora: si sono formulate alcune teorie, ci sono
prove sperimentali a favore di una di queste teorie.

Figura 1

La prima domanda è: come mai noi possediamo una visione a colori? Non è una domanda banale:
non tutti gli animali hanno una visione cromatica come la nostra. Alcuni animali non vedono a
colori e non tutti gli animali vedono gli stessi colori e ,tutto sommato, anche tra tutti quanti noi, non
tutti vediamo lo stesso oggetto con gli stessi colori: ci sono delle differenze anche tra gli individui
della stessa specie.
Perché è migliore una visione a colori piuttosto che una visione monocromatica?
Confrontiamo due immagini:una a colori e una in bianco e nero. E’ chiaro che la quantità di dettagli
che si possono percepire da un’immagine aumenta notevolmente se l’immagine può essere
percepita a colori: l’immagine in bianco e nero perde molti dei dettagli che sono invece visibili a
colori. Di fatto il sistema visivo è fatto per cogliere le variazioni di colore, non è utilizzato per
cogliere le variazioni di intensità luminosa. Nella visione in bianco e nero quello che in realtà si
coglie è una grande luminosità tra un punto e l’altro del campo visivo. Poi è chiaro che vedendo la
stessa immagine a colori il sistema visivo è stato sviluppato e si è evoluto per ottimizzare la
percezione delle differenze cromatiche e non tanto le differenze di luminosità.
Allora quali sono le teorie che cercano di spiegare la visione dei colori?
La prima è una teoria tricromatica. Su cosa si basa?
Dice che il rosso, il verde e il blu , che sono colori primari, vengono convogliati alla corteccia
visiva primaria su canali distinti e poi ,a livello della corteccia, queste informazioni vengono messe
insieme per ottenere il colore di quel punto del campo visivo.
Le prove a favore di questa teoria , che è di Young e datata 1802 (abbastanza lontana nel tempo),
sono:
1- esistenza dei tre tipi di coni che, guarda caso, hanno i loro massimi di assorbimento proprio
nel blu, nel rosso e nel verde.
2- Tutti i colori possibili possono essere formati a partire da questi tre colori di base(rosso,
verde e blu).
Attenzione a come vengono formati i colori :non prendete come esempio il pittore che forma i
colori su una tavolozza perché questo è un altro sistema(il sistema sottrattivo ) e infatti non sono
questi i colori di base che si utilizzano in pittura; il sistema rosso, verde e blu è quello utilizzato
da tutti i monitor e i computer: è un sistema additivo. Ogni colore è formato dalla somma di
percentuali variabili di rosso, di verde e di blu. Questo sarebbe il modo, secondo questa teoria,
di formazione relativa al colore a livello della corteccia visiva primaria. Quindi non farete altro
che sommare la componente rossa, quella verde e quella blu e otterrete così l’informazione di
colore( così come il monitor o la televisione formano un colore sommando il rosso, il verde e il
blu).
Questa teoria ha però una forte prova contraria:
1- se le cose funzionassero in questo modo noi, in teoria, dovremmo vedere tutte le sfumature
di colore possibili perché semplicemente sono la somma, con percentuali diverse, di rosso,
di verde e di blu. In realtà, come confermato dalla nostra esperienza, non possiamo vedere
dei rossi con dentro un po’ di verde o viceversa un verde che ha un po’ di rosso perché rosso
e verde si escludono a vicenda e, allo stesso modo, non possiamo vedere del giallo con una
sfumatura blu o viceversa un blu con qualche sfumatura di giallo: mettete insieme un blu e
un giallo, colorate in una tavolozza, e otterrete il verde. Quindi questa è una forte critica alla
teoria tricromatica.
Quindi sebbene le prove siano abbastanza evidenti, il fatto che non sia possibile vedere tutti i tipi di
colore possibili, pone dei seri dubbi sulla validità di questa teoria.
Sulla base di questa osservazione, settant’anni dopo(1872) , è stata formulata una seconda teoria
della visione dei colori ed è quella di Hery(?).
Essa si basa sempre sull’esistenza di tre canali per convogliare l’informazione, ma questi canali,
secondo la teoria delle opposizioni cromatiche, che ottiene attualmente la maggior parte dei
consensi e quindi è quella più accreditata per spiegare come vengono visti i colori, non convogliano
una singola informazione riguardo ad un singolo colore, bensì convogliano l’informazione relativa
ad un antagonismo tra colori (vedi immagine).

Figura 2

Questi tre canali distinti sono : rosso/verde, giallo/blu e bianco/nero (quest’ultimo è ad alta
luminosità). Su cosa si basa questa teoria?
Si basa su come è fatto il campo recettivo delle cellule ganglionari (già visto la lezione scorsa). Alla
base della scorsa lezione abbiamo visto come è fatto il campo recettivo delle cellule ganglionari e,
se vi ricordate, abbiamo visto che il campo recettivo delle cellule ganglionari è composto da un
centro e da una periferia che si oppone a tutto ciò che avviene nel centro. Quindi la risposta della
cellula ganglionare varia in funzione di quello che succede in periferia confrontato con quello che
succede nel centro ed è una risposta abbastanza complessa. Allora l’idea di questa teoria e poi le
successive dimostrazioni elettrofisiologiche,ovviamente a partire dalla metà degli anni 50, hanno
dimostrato che effettivamente esistono delle cellule ganglionari nella retina che rispondono in
questa maniera se illuminate con luce di colori diversi. Quindi hanno un certo tipo di risposta se
una luce rossa o verde( che sono i casi più comuni) viene proiettata nel centro del campo recettivo e
una risposta diversa se la stessa luce viene proiettata invece a livello della periferia del campo
recettivo. Queste che vedete qui indicate (figura 2) sono le coppie, tutte la varie possibilità, che
possiamo trovare a livello dei campi recettivi delle cellule ganglionari. Ovvero avremo delle cellule
ganglionari nella retina che hanno un centro ON, ovvero aumentano la loro frequenza di scarica se
sono stimolate da una luce rossa in centro e una periferia OFF verde il che vuol dire che se le
illuminiamo con una luce verde in periferia diminuiscono o cessano di scaricare. Quindi queste
cellule ganglionari hanno delle risposte complesse. E abbiamo anche il suo reciproco ovvero cellule
ganglionari che smettono di scaricare se vengono illuminate con una luce rossa nel centro(rosso
OFF) e aumentano la loro frequenza di scarica se vengono illuminate con una luce verde in periferia
(verde ON). E poi l’opposto con il verde al centro. L’esistenza delle vie ON e OFF abbiamo visto
da cosa dipende: dipende dal fatto che da un unico recettore(da un solo cono) partono due cellule
bipolari una ON e l’altra OFF. Quindi effettivamente esistono tutte queste coppie per cui, a seconda
del tipo di illuminazione, della luce che ricevono, se la ricevono in centro o in preriferia, a seconda
di che tipo sono, danno origine ad una risposta complessa. Per il canale blu/ giallo esisterebbe fino
ad ora(nessuno mai è riuscito a registrare qualcosa di diverso) un solo tipo di cellula ganglionare:
essa aumenta la propria frequenza di scarica se viene illuminata da una luce blu in centro e
diminuisce o cessa del tutto,a seconda dell’intensità, se viene illuminata da una luce gialla in
periferia.
Ricapitolando esisterebbero per la combinazione rosso/verde quattro tipi di cellule ganglionari e per
la combinazione giallo/blu al momento, dato che nessuno scopre delle cellule ganglionari diverse,
un solo tipo di cellula ganglionare con blu ON al centro e giallo OFF in periferia.

Però come avviene questa opposizione tra centro e periferia?


Qui vedete di nuovo lo schema che abbiamo visto prima nella lezione precedente riguardo alla
retina in modo molto semplificato (fig. con cell bipolari, multi…). A noi interessano i coni, in

Figura 3
questo caso rossi e verdi,e le cellule bipolari che da questi traggono origine. Questo cono rosso
attraverso la cellula bipolare ON sarà il centro ON di questa cellula ganglionare, mentre attraverso
la cellula bipolare OFF sarà il centro OFF di quest’altra cellula ganglionare. Questo in particolar
modo a livello della foveola dove abbiamo visto che c’è un rapporto 1:1 tra coni e cellule
ganglionari. Quindi un determinato cono vede un solo punto del campo visivo (questo è il punto
fondamentale) ed è il centro ON per una cellula ganglionare il centro OFF per un’altra cellula
ganglionare. L’informazione che questo cono fornisce a queste due cellule ganglionari riguarda lo
stesso punto del campo visivo. Adesso riprendiamo insieme tutto questo concetto.
Questo cono verde, con lo stesso meccanismo di accoppiamento tra bipolare ON e bipolare OFF,
sarà il centro ON di questa cellula ganglionare e il centro OFF di quest’altra.
Il nostro cono rosso di prima, attraverso cellule orizzontali e cellule amacrine, che trasferiscono in
maniera orizzontale l’informazione, in modo complesso e non del tutto chiarito,ad oggi
rappresenterà la periferia di queste due cellule(lo stesso cono:rosso). Lo stesso cono rosso
rappresenta il centro per queste due cellule ganglionari e la periferia per queste altre due cellule
ganglionari, ma sempre porta l’informazione che è relativa allo stesso punto del campo visivo. Il
nostro cono verde qui che è il centro ON per questa e OFF per questa, tramite il flusso orizzontale
di informazioni dovute a cellule orizzontali e cellule amacrine, diventa la periferia ON e OFF di
queste altre due cellule ganglionari (vedi bene figura tre). Ecco come avvengono le combinazioni
tra cellule ganglionari diverse:in questa maniera.
Questo può bastare a spiegare come vengono visti i colori? NO!
Nonostante sia abbastanza complesso il flusso di informazioni a livello della retina, questo sistema
ancora non basta. C’è bisogno di una successiva elaborazione ancora.

Figura 4

Allora qui abbiamo diversi tipi di campi recettivi, giusto per far vedere che non sono l’unico tipo
quello che abbiamo visto.
Partiamo da questo che chiamano campi di cellule a larga banda ; non sono pochi nella retina
umana, ma giusto per vedere che c’è anche qualcosa di diverso, che l’evoluzione… che diverse
specie utilizzano meccanismi diversi. Queste cellule a banda larga, a differenza di quelle che
abbiamo visto fino ad adesso, sono sensibili ad un solo tipo di colore: o al verde o al rosso. Esse
presentano un centro ON e una periferia OFF, però entrambi sono sensibili al verde o al rosso.
Questi tipi di cellule non danno l’informazione relativa al colore che colpisce il proprio campo
recettivo, ma danno l’informazione relativamente al livello di luminosità del campo recettivo.
Questo tipo di cellule ganglionari lo ritroviamo, ad esempio, nella retina dei gatti. Quindi da qui si
può presumere, e alcuni esperimenti lo hanno poi dimostrato, che la visione più o meno a colori dei
gatti è diversa da quella umana perché mancano dei campi recettivi come quelli umani. Quindi
verosimilmente i gatti potrebbero vedere anche semplicemente delle sfumature di luminosità e non
propriamente i colori che vediamo noi. Arriviamo a questi che sono i campi recettivi che abbiamo
visto poco prima e che sono chiamati singoli opponenti (figura 3). Abbiamo visto verde/rosso ,
rosso/verde in tutte le varie combinazioni, che quindi appartengono alla retina umana, e sono dati
dalle cellule ganglionari della retina umana. Non solo alcuni hanno trovato questo tipo di
rappresentazione (centro ON , periferia OFF) anche nelle cellule dei nuclei genicolati laterali che è
la stazione Relè, dell’informazione che proviene dalla retina. Però questo campo recettivo non dà
ancora un’informazione precisa riguardo al colore perché la risposta che può dare è identica per
condizioni di illuminazione diversa. Ad esempio prendiamo in considerazione questa cellula
ganglionare che è green ON al centro e red OFF in periferia. Io posso ottenere la stessa frequenza
di scarica, di potenziale d’azione, che è l’informazione che la cellula ganglionare porta, sia
eccitando debolmente con il verde qui in centro sia eccitando in maniera forte qui in centro con il
verde e in periferia con il rosso. Allora una debole eccitazione con il verde in centro produrrà una
certa frequenza di scarica, di potenziale d’azione, una forte eccitazione con il verde in centro
produrrà di per sé una più elevata frequenza di potenziale d’azione, però, se io contemporaneamente
illumino la periferia con una luce rossa,l’effetto di questa illuminazione sarà quello di antagonizzare
l’aumento di eccitazione dovuto alla luce verde per cui di fatto riuscirò a trovare una combinazione
di intensità tra verde e rosso che mi dà origine alla stessa frequenza di scarica che io posso ottenere
illuminando debolmente con il verde qui in centro. Quindi queste cellule non possono dare
un’informazione non ambigua: due tipi diversi di illuminazione (una solo verde, l’altra verde e
rossa) di fatto danno origine allo stesso tipo di informazione che viaggia verso i centri superiori. Per
estrarre la vera informazione di colore dobbiamo arrivare a livello della corteccia visiva primaria
dove le informazioni che provengono da tutti questi tipi di cellule, quindi questi due e i loro
reciproci, vengono messe insieme da particolari cellule che si chiamano ‘doppie opponenti’ e che
sono quelle che mettendo insieme l’informazione che arriva da questi due canali distinti e riescono
ad estrarre la vera informazione di colore.
Allora come fanno a estrarre la vera informazione di colore?
Qui c’è un passo un po’ complicato. Allora nello schema che abbiamo visto prima, abbiamo detto
che lo stesso cono rosso o lo stesso cono verde sono il centro per una cellula ganglionare e la
periferia per un’altra cellula ganglionare. Quindi lo stesso punto del campo visivo proietta sullo
stesso cono, questo cono distribuisce l’informazione su due cellule ganglionari distinte. A seconda
di quello che vede questo cono la risposta di questa cellula messa assieme alla risposta di questa
cellula, confrontate, saranno uniche per un tipo preciso di illuminazione e di combinazione di
colori. Perché? Il cono che fa da centro qui fa la periferia di questo qua , il cono che fa la periferia
di questo fa il centro di questo qui, allora noi troviamo la combinazione di illuminazione che dà
origine ad una risposta ambigua da parte di questa cellula , ma contemporaneamente la risposta di
questa cellula che riceve lo stesso tipo di informazione, sarà diversa a seconda del tipo di
illuminazione che c’è qui. Quindi di fatto queste cellule ‘doppie opponenti’ confrontando quello che
dice questa con quello che dice questa, sono in grado di capire se ,nell’esempio che ho fatto prima,
stiamo illuminando debolmente con il verde qui oppure se stiamo illuminando con una luce verde
intensa qui e debolmente con la luce rossa in periferia confrontando quello che dice quest’altra
cellula che vede lo stesso identico punto del campo visivo ( figura 3).
Questo è il modo in cui viene estratta l’informazione di colore e infatti a livello della corteccia
visiva primaria si possono registrare delle cellule (che sono appunto le ‘doppie opponenti’) che si
comportano proprio secondo questa teoria. Quindi, con esperimenti , andando a illuminare in
maniera diversa i campi recettivi, si vede effettivamente che ci sono queste cellule nella corteccia
visiva primaria che sono localizzate in quelle strutture che vi dicevo fanno parte trasversalmente
degli strati della corteccia visiva primaria, che fanno convergere l’informazione da parte di due
cellule singole opponenti. Questo per quanto riguarda il canale rosso/verde, il canale blu/giallo (che
vedremo in dettaglio dopo), però esiste un terzo canale che è il canale bianco/ nero.
Chi dà l’informazione del bianco e del nero?
I cosiddetti bastoncelli quando noi iniziamo a vedere i colori con il sistema dei coni, i bastoncelli
appunto, che ci danno una visione monocromatica, sono già saturati perché il livello di luminosità è
tale per cui il nervo per i bastoncelli non funziona più. Quindi non sono i bastoncelli che ci danno le
variazioni di intensità luminosa adesso perché la loro risposta è già saturata: non possono fornirla.
Esistono, però, due tipi di cellule ganglionari, se vi ricordate, le midget e le parasol(quelle più
grandi) oppure magnicellulari. Allora tutto questo sistema di campi recettivi, e di cellule ‘doppie
opponenti’, fa capo alle cellule midget o P(della via parvicellulare, quindi quelle più piccole).
Queste cellule hanno questo tipo di connessione con i coni: ciascun cono riceve dalle due bipolari
ON e OFF e le vie sono assolutamente distinte per i coni rossi e per i coni verdi. In alcuni testi
trovate che il sistema delle cellule midget viene chiamato sistema tonico (figura 5) .
Quindi il sistema tonico sta semplicemente ad indicare questa connessione per cui un cono verde
prende connessione con due cellule ganglionari e un cono rosso prende connessione con altre due
cellule ganglionari.

Figura 5

Le cellule parasol, le cellule magnicellulari(quelle più grandi) che prendono contatto con molti più
coni, con una maggiore convergenza, di fatto mettono insieme il contributo sia dei coni verdi sia dei
coni rossi, solo in molto minor numero che non le cellule midget. Se vi ricordate la proporzione
delle proiezioni ai corpi genicolati laterali delle cellule midget e di quelle invece parasol non c’è
paragone: le parasol proiettano in due strati dei nuclei genicolati laterali, mentre la via delle cellule
midget proietta negli altri quattro e proviene quasi esclusivamente dalla fovea , per cui non c’è
proporzione. Queste cellule ganglionari qui, quelle grandi, le parasol non possono contribuire
all’informazione cromatica perché mettono insieme, già dall’inizio , il contributo dei coni verdi con
quelli rossi. Il loro ruolo è quello di dare un’informazione circa la luminosità del campo visivo (il
livello di luminosità medio del campo visivo). La via bianco/nero ,nella teoria dell’opposizione
cromatica, deriverebbe dal confronto dei campi recettivi di queste cellule M(le magnicellulari), che
non possono dare, per come sono collegate con i coni, l’informazione cromatica, ma possono dire
quanta luce, in quel particolare momento, sta cadendo in quel punto del campo recettivo e quindi
confrontarla invece con la luce che cade in altre zone del campo recettivo di altre cellule
ganglionari dello stesso tipo. Ci sono effettivamente a livello della corteccia visiva primaria delle
aree che non risiedono nei blob, ma sono al di fuori dei blob che rispondono alle variazioni di
luminosità la cui informazione è fornita da questo tipo di cellule. Quindi il canale rosso/verde arriva
per questa via che è la via tonica delle cellule P (parvicellulari o midget), il canale bianco/nero,
invece, deriva da questa via che trovate riferita anche come sistema fasico, e che deriva dalle
cellule ganglionari parasol o M(magnicellulari). Questa distinzione si mantiene fino alla corteccia
visiva primaria.

Figura 6

Fino a qui abbiamo parlato di coni verdi e di coni rossi, mai accennato al ruolo dei coni blu. Perché?
I coni blu, almeno nell’uomo, non esistono a livello della fovea. La fovea che ,ripeto, è quella
regione della retina dove si concentra il maggior numero di coni che ci consente la visione ad alta
risoluzione,sia di dettagli cromatica sia di dettagli spaziali, non presenta coni blu. E di fatto la
visione ad alta risoluzione umana è bicromatica, non tricromatica perché nella fovea noi vediamo
solo il rosso e il verde, non abbiamo coni blu. I coni blu sono molto meno numerosi dei coni rossi e
dei coni verdi e si trovano sparsi un po’qua e là in tutto il resto della retina, tranne che nella fovea,
ma comunque sparsi con delle densità molto,molto basse rispetto agli altri coni.
Perché abbiamo questa disposizione dei coni blu?
Dobbiamo tornare indietro(prima lezione sul sistema visivo) dove parlavamo dell’ottica e di quello
che succede ai raggi di luce quando questi vengono fatti convergere dal cristallino verso la retina.
Se vi ricordate così come un prisma apre a ventaglio un raggio di luce bianca e lo divide in tutte le
componenti cromatiche, allo stesso modo fa il cristallino ovvero l’indice di rifrazione apparente del
cristallino del sistema ottico complessivo dell’occhio varia in funzione della lunghezza d’onda della
luce: aumenta al diminuire della lunghezza d’onda della luce. Questo vuol dire che la radiazione
blu, che è quella che ha lunghezza d’onda minore, subirà l’indice di rifrazione apparente maggiore
rispetto alla luce rossa che è invece quella che ne subisce il minore. Vuol dire che la luce blu verrà
fatta convergere in un punto che si trova più vicino rispetto a quello che accade per la luce verde e
per la luce rossa. Questa è una proprietà fisica delle lenti imprescindibile. E’ per questo che le lenti
dei microscopi costano milioni e milioni delle vecchie lire perché deve essere corretto questo
difetto, altrimenti non si riuscirebbero ad avere delle immagini nitide. L’occhio non ha questa
correzione quindi di fatto la luce blu,per questo motivo puramente fisico, non potrà mai cadere sulla
retina a fuoco e quindi il sistema di messa a fuoco è costruito in modo tale da mettere a fuoco sulla
retina la luce verde guarda caso attorno ai 555nm che è l’optimum del funzionamento del sistema
tricromatico complessivo. L’unica lunghezza d’onda che è messa a fuoco sulla retina da parte del
cristallino è quella della luce verde. La luce rossa quindi cadrà leggermente dietro il piano della
retina perché avrà una lunghezza d’onda maggiore del verde e quindi subisce un indice di rifrazione
minore, la luce blu invece cadrà molto avanti rispetto alla retina perché ha una lunghezza d’onda
che è molto inferiore rispetto al verde e quindi verrà messa afuoco in un punto che è molto davanti
alla retina. Di conseguenza tutti gli oggetti blu che emanano luce blu, nel campo visivo non saranno
mai perfettamente a fuoco. E allora è inutile sprecare spazio nella fovea con dei coni blu che
comunque riceveranno una luce che non è a fuoco e non lo sarà mai, ecco perché i coni blu sono
scomparsi dalla fovea perché tanto comunque non avrebbero contribuito alla risoluzione spaziale
dell’immagine per questo motivo puramente fisico e rimangono nel resto della retina che comunque
ha una performance di risoluzione spaziale degradata perché possiede tutti gli spazi cellulari prima
di tutti i recettori . Rimane per fornire quella che si chiama ‘attitudine del colore’ ovvero, si può fare
anche con un monitor di un computer, se voi provate a cambiare un pochino la quantità di blu di
un’immagine complessiva, notate che i colori cambiano in maniera molto vistosa. Basta cambiare di
pochissimo la quantità di blu presente nell’illuminazione complessiva di una scena perché la
percezione dei colori di quella scena cambi notevolmente. Quindi i coni blu non forniscono un
connotato spaziale alla scena, danno quella che è la ‘latitudine di colore’o ‘temperatura di colore’ su
cui si basa poi un sistema molto complesso dell’occhio che è il bilanciamento del bianco, ma è una
cosa che non affrontiamo qui. Quindi di fatto i coni blu non hanno nessun connotato spaziale , ma
danno solamente delle informazioni riguardi , diciamo, la messa a punto del bianco della scena
(mettiamola così) e ovviamente formano il canale blu giallo di Hering quindi il blu è dato dal cono
blu, il giallo è dato dalla somma dei contributi dei coni verdi e dei coni rossi che raggiungono
queste cellule ganglionari, che sono in numero minore rispetto alle altre, e formano il canale
blu/giallo( sono in numero inferiore perché è minore il numero di coni blu). Tra l’altro i coni blu
usano un sistema di cellule bipolari diverso dagli altri che sono cellule bipolari sia ON che OFF
perché di fatto (questo è lo strato plessiforme interno) dove loro si ramificano sia sulla sublamina
OFF sia sulla ON, quindi di fatto sono delle cellule bipolari diverse dalle altre perché mandano allo
stesso tempo informazioni sia alla cellula ganglionare ON sia alla cellula OFF.

Adesso vediamo un po’ delle caratteristiche del sistema visivo umano.


Allora alcuni aspetti di come è strutturata la vista umana, quali sono le caratteristiche della vista
umana che sonno imprescindibili perché non sono delle visioni ottiche,ma semplicemente la
manifestazione di come viene trattata l’informazione visiva da parte della retina.
Figura 7

Qui vedete una fotografia della superficie della fovea (prima immagine della figura 7)per darvi
un’idea di quanto compatti sono i coni all’interno della fovea quindi questo è tutto il tappeto di coni
di una parte della fovea tutta tappezzata da questi che sono tutti i segmenti esterni che sono visti da
sopra di tutti i coni.
Queste sono delle frecce che indicano dei coni blu che stanno in queste regioni qua distanti, qui in
centro non ci sono perché è la foveola. Allora qual è la massima risoluzione spaziale che noi
possiamo vedere? Questo è un punto importante per poter osservare degli oggetti molto piccoli che
nell’ambito della ricerca è comunque un punto fondamentale . Allora qual è il massimo dettaglio
possibile che l’occhio umano può percepire? Ci sono due risposte a questa domanda. Innanzitutto
bisogna capire come si fa a calcolare un parametro del genere. Qui vedete uno schemino (seconda
immagine della figura 7) che riprende questa foto di cui avete tutti i cerchiettini che rappresentano i
vari coni e poi sovrapposto a questo questa curva che rappresenta la distribuzione dell’intensità
luminosa di un punto luminoso così come arriva sulla retina. Non ci arriva come un punto, ma
arriva con una distribuzione a campana perché la difrazione allarga un po’ il fascio di luce. Allora
noi possiamo distinguere due punti luminosi come separati se fra di loro cambi almeno un
fotorecettore che non è illuminato in modo tale da avere un recettore che mi dice:’sì,ricevo luce’,
uno in mezzo che dice:’no, sono al buio’ e l’altro di fianco che dice:’io ricevo luce’. Allora questa è
la condizione per riuscire a discriminare due punti luminosi, si tratta di capire quando otteniamo
questa condizione che è quella che non è riportata qui . Qui vedete due picchi che però vanno a
cadere su due fotorecettori adiacenti, quindi pur essendo spazialmente divisi questi due picchi ed è
possibile risolvere che siano spazialmente divisi, di fatto vanno a cadere su due fotorecettori
adiacenti quindi non sono abbastanza divisi , quindi non vengono percepiti come due punti
distinti,ma come un unico punto un po’ più grande perché manca il fotorecettore centrale che non
viene illuminato.
Allora qual è la distanza minima che due punti devono possedere? Bisogna fare un conto: allora il
passo dei coni nella fovea sono 2,5 μn, cioè il diametro di un segmento esterno di un cono, quindi
per far sì che fra due coni che vengono illuminati ce ne sia uno che rimane al buio, la distanza tra i
due coni illuminati deve essere di 5 μn. Allora io ho una serie di tre coni adiacenti, centro di uno,
centro dell’altro, centro dell’altro. Questa distanza qui sono 2,5 μn, ok? Se voglio illuminare questo
e voglio illuminare questo e questo al buio la distanza tra questi due punti sarà di 5 μn: 2,5 μn di
quello in mezzo e metà di quelli adiacenti = 5 μn. Quanti 5 μn abbiamo per ogni grado di retina, di
angolo retina? 1 grado di angolo di retina sono 288 μn, 300 μn. Quindi vuol dire che noi possiamo
vedere al massimo come distinti 60 punti luminosi per ogni grado di retina.
Nel mondo della retina non si parla di distanze lineari, ma di distanze angolari perché è più
semplice , essendo la retina comunque una struttura concava,assumere che il centro della curvatura
è il cristallino e da lì si considerano i gradi angolari tra un punto e l’altro della retina e non la
distanza lineare. Quindi il massimo dettaglio spaziale che noi possiamo avere , per questi motivi, è
di 60 punti luminosi per grado di retina per questo passo dei coni che è quello che vedete nel terzo
grafico. Qui abbiamo quella che si chiama la ‘frequenza spaziale ’(terza immagine della figura 7)
che dà un’idea dei punti luminosi per ogni grado di retina vengono fatti vedere al soggetto e qui
abbiamo il contrasto tra il punto illuminato e lo sfondo che è nero. Al massimo, con un elevatissimo
contrasto, noi riusciamo a vedere qualcosa attorno ai 50 punti per grado (siamo attorno al limite
teorico) però con un contrasto molto evidente tra il punto illuminato e la zona in mezzo non
illuminata. La massima sensibilità spaziale,invece, ce l’abbiamo quando questi punti luminosi non
sono 60 per grado di retina,ma sono solo tre( cicli per grado = punti per grado) e corrisponde a
questo picco. Quindi se abbiamo una serie di punti luminosi che sono disposti nello spazio esterno
in modo tale che la loro immagine proiettata sulla retina dia origine a tre punti per ogni grado di
retina, noi possiamo avere il minimo contrasto di luminosità tra loro e lo sfondo e li vediamo
perfettamente. Mentre se diminuiamo la loro distribuzione o aumentiamo la loro distribuzione
dobbiamo aumentare anche il contrasto tra i punti e lo sfondo altrimenti non siamo in grado di
distinguerli. Quindi questa è una caratteristica fondamentale per l’occhio umano che è fatto al
meglio per vedere tre cicli per grado, quindi sono delle basse frequenze spaziali. Perché? Perché
nella nostra vita quotidiana di tutti i giorni noi interagiamo con un ambito di distanze vicino a noi,
non ci interessa di vedere particolari a km di distanza, noi dobbiamo interagire con il nostro mondo
che si arresta a circa 2 o 3 metri da noi. Quindi gli oggetti compresi nel nostro mondo raramente
hanno dettagli fondamentali che danno origine a una concentrazione di punti superiore a questa.
Ecco perché l’optimum dell’uomo è centrato su questi valori qui.
La massima acuità visiva umana, abbiamo detto, è tre cicli per grado. Non è così per animali diversi
dall’uomo che hanno delle esigenze differenti. Ad esempio il falco deve poter vedere un animale
che deve cacciare dall’alto da cui sta volando. Quindi l’immagine sulla retina di un falco, di
un’aquila o in generale di un animale che deve cacciare sarà un’immagine molto piccola. Per
poterla vedere con sicurezza e per poterla distinguere dal resto la visione del falco si è evoluta in
maniera tale che il suo optimum non è 3 cicli per grado, ma è 30 cicli per grado e vede benissimo
dei particolari molto fini e poco contrastati che a noi praticamente sfuggono. Questo perché
dall’altro deve poter vedere il coniglio o l’animale di cui vuole cibarsi e andare a prenderlo. Non
potrebbe farlo se avesse la nostra vista perché di fatto non lo vedrebbe. Il gatto ha una massima
acuità visiva di 0,3 cicli per grado perché il mondo del gatto è un po’ più ristretto del mondo
dell’uomo quindi il campo di interesse del gatto è molto più vicino; al gatto interessa vedere dove è
possibile, per esempio, saltare per cui raramente riesce a fare dei salti più lunghi di 1 m, 1,5 m, per
cui tutto ciò che è interessante per un gatto ricade in un ambito un molto più ristretto e allora la
risoluzione spaziale diminuisce. Per fare un paragone per noi le pareti di questa stanza(aula lezione)
sono uniformi, non scorgiamo la grana del muro, il gatto con la sua risoluzione spaziale così bassa
invece riesce a vedere benissimo che ci sono variazioni di luminosità anche minime tra le varie
regioni della parete che noi invece non riusciamo a vedere e,a maggior ragione, il falco non
vedrebbe mai. Da questo adesso facciamo una prova .
Cosa vuol dire avere la massima acuità visiva in un certo ambito? Quella dell’uomo, che abbiamo
visto prima, che è di tre cicli per grado, è una massima acuità visiva riferita alla fovea dove c’è la
massima concentrazione di coni. Man mano che ci allontaniamo sulla retina la distribuzione
spaziale dei coni diminuisce e quindi si impoverisce anche la risoluzione spaziale e l’acuità visiva
peggiora. Allora per dare una prova di questo, queste lettere (figura 8) sono state scritte con una
proporzione tale per cui se voi fissate con la fovea qui in centro, senza spostare lo sguardo di lì
riuscite anche a leggere le lettere del giro più esterno.
Figura 8

L’immagine è proiettata in una zona di retina laterale che non ha la stessa risoluzione spaziale della
fovea quindi necessariamente, per poter essere comprensibili, devono essere molto più grandi.Per
contro se fissate lo sguardo su una delle lettere del giro esterno senza spostare lo sguardo da lì
vedete che ci sono perché rientrano nel campo visivo,ma non riuscite a leggere le lettere in mezzo.
Non è banale: sotto c’è moltissima elaborazione da parte del cervello. Quindi questo vi deve far
capire che pensiamo di avere sotto controllo tutti i meccanismi della scia del campo visivo, in realtà
non è assolutamente così. Noi sappiamo di poter vedere qualcosa,ma non la vediamo, nel senso
cognitivo del termine, fintanto che non fissiamo l’attenzione su quell’ oggetto. Ecco l’importanza di
quei meccanismi di fissazione dello sguardo. Proprio perché l’aspetto cognitivo di ciò che si vede si
ha solamente quando l’immagine cade nella fovea, quando cade nelle regioni esterne non è
possibile capire. Avete fatto prova e controprova? Le cose funzionano effettivamente così.

Adesso a proposito della visione dei colori cerchiamo di capire come possono vedere quelle persone
che non possiedono uno dei tre coni. Ciò succede più frequentemente nell’uomo e in maniera molto
più sporadica nelle donne. Queste sono delle ceste di frutta, alcune mature altre no (figura 9). Una
persona con una visione normale vede tutte le sfumature di colore e il particolare interessante non
vede righe bianche nello spettro luminoso che viene prodotto da un prisma, ma vede tutte le
gradazioni di colore. Alcune persone, che sono una minoranza, non hanno i coni blu quindi hanno
perso i coni blu. Allora vedono chiaramente dei colori alterati: qua si cerca di ricostruire la scena
privandola della componente che viene vista dai coni blu quindi non è detto che effettivamente
vedano così, però è una buona approssimazione di quello che potrebbero vedere. Quindi esistono
ancora delle differenze cromatiche tra frutta acerba o verde e frutta rossa, ma ancora però i colori
Figura 9

sono completamente diversi e queste persone vedono, se fate una prova soggettiva vi dicono che è
così, una riga bianca nello spettro di luce che viene prodotto da un prisma. Perché? Perché avendo
solo due fotosistemi ci sarà una stessa lunghezza d’onda che ecciterà nello stesso modo sia i coni
verdi sia i coni rossi e questa informazione è un’informazione di bianco. Quando il livello di
eccitazione di tutti e tre i fotosistemi è uguale quindi blu, rosso e verde l’informazione di colore
che viene estratta è bianco. Quindi queste persone e anche le altre due che adesso vedremo hanno
solo due fotosistemi e ,siccome le campane dei due fotosistemi sono molto sovrapposte, come
abbiamo visto nel grafico, ci sarà una lunghezza d’onda che è appunto circa qui o dopo il picco del
verde, in cui entrambi i fotosistemi sono eccitati alla stessa misura e questo dà origine ad una
sensazione di bianco e quindi queste persone vedono una riga bianca in un punto determinato dello
spettro. E poi abbiamo gli altri due casi più frequenti: uno è la mancanza di coni rossi, l’altro la
mancanza di coni verdi. In entrambi i casi vedete che viene persa ad esempio la distinzione tra frutta
acerba e frutta matura,quindi tra frutta verde e frutta rossa. Perché continuo a insistere su questo? In
entrambi i casi non c’è una gran differenza tra i verdi e i rossi : sono tutti più o meno gialli. E anche
queste persone, come quelle di prima, vedono una riga bianca nello spettro di luce che è stato
prodotto da un prisma per lo stesso identico motivo e cioè perché ci sarà una lunghezza d’onda che
ecciterà in maniera identica i due fotosistemi rimasti e quindi questo darà origine ad una sensazione
di bianco. Allora qual è questo punto sempre nella distinzione tra frutta acerba qui verde e la frutta
rossa o matura? Apparentemente esiste, e ci sono numerose prove che lo confermano, un’ipotesi sul
fatto che ci sia stata un’evoluzione parallela tra il pigmento dei coni rossi e le piante che producono
frutta che, quando matura, diventa rossa. Questo prima della comparsa dell’uomo, ma con le
scimmie antropomorfe si è visto che c’è stata una coevoluzione reciproca tra le prime scimmie che
possedevano i coni rossi, il gene che codificava per i coni rossi, e quindi invece di mangiare frutta a
caso cominciavano a mangiare quella rossa che era più buona perché era matura. Questo
chiaramente ha favorito quelle piante che producevano della frutta che maturava e che diventava
rossa e quindi pare che ci sia questo bellissimo parallelismo tra queste piante che producevano
frutta rossa e la comparsa dei coni rossi nel sistema visivo delle scimmie che poi hanno dato origine
all’uomo.
Alla base di questo ci sono numerosi test per vedere che tipo di alterazione cromatica una persona
può possedere.
Uno dei sistemi più utilizzati è questo: sono le tavole pseudoisocromatiche di Ishiara a cui credo
tutti voi siete stati sottoposti per vedere se è corretta la vostra visione a colori . Quindi a seconda di
quello che uno legge in queste tavole o ha una visione normale o ha una visione deficitaria. I colori
sono messi in modo tale che se c’è un tipo di deficit vede qualcosa di diverso.

Figura 10
Figura 11

Adesso un altro esempio che rende in maniera lampante l’esistenza dell’inibizione laterale nei
campi recettivi delle cellule ganglionari ed è questo: le bande di Mach(figura 11). Queste ci fanno
capire cosa guardiamo intorno a noi. Una metà dello schermo è nera,una metà dello schermo è
bianca,qui in mezzo c’è una zona che degrada dal nero verso il bianco e viceversa in maniera
lineare(nota bene: le righe sono state disegnate per distinguere l’immagine,in realtà senza righe,
dallo sfondo del foglio). Vedete una linea un po’ più bianca e una linea un po’ più scura in questa
zona? Allora queste due linee non esistono, nel senso che il gradiente tra il nero e il bianco che è
stato fatto in maniera assolutamente soggettiva è in perfettamente lineare quindi questa linea bianca
che sembra essere più bianca di questo non può esistere e di fatto non esiste. Questa linea nera, che
sembra essere più nera di questo, non può essere più nera e di fatto non esiste. Queste, che sono le
bande di Mach, sono la rappresentazione di quello che è l’importanza dell’inibizione laterale nella
retina. La retina non è fatta per vedere le cose uniformi , è fatta per vedere i bordi, i contorni perché
un contorno definisce la presenza di un oggetto. Allora per massimizzare la risoluzione dei bordi ci
sono dei meccanismi che aumentano le differenze tra una regione del campo visivo e l’altra. Allora
questa regione, che è una regione di passaggio dal nero al bianco, è un bordo. Allora per rendere
molto più evidente la presenza di questo bordo che di per sé è molto sfumato, le bande di Mach le
avete solo e solamente quando avete dei passaggi piuttosto lenti tra la luce e l’ombra e allora per
ottimizzare il contrasto di questo bordo di fatto si inventa una riga più bianca qui e una riga più nera
qui, che di fatto non esistono però,ma vengono introdotte nel processamento da parte della retina
dell’informazione di luminosità. Quindi questa non è un’illusione ottica, non è un qualcosa che è
stato creato ad arte per confondere le idee, questa è una caratteristica della visione imprescindibile:
noi non possiamo fare altro che vedere quella linea bianca e quella linea nera;non possiamo non
vederle proprio perché la retina processa l’informazione prima ancora di inviarla alla corteccia
visiva primaria, quindi non c’è modo di fare a mano di vedere le bande di Mach.

L’ultimo esempio che vi faccio è un’importante caratteristica del sistema visivo primaria questa
volta a carico sia della retina sia della corteccia visiva primaria. Ho appena detto che il sistema
visivo non è fatto per vedere gli oggetti unformi, ma è fatto per distinguere le forme. Ecco quindi
quando vediamo un oggetto ad esso vengono attribuite caratteristiche che sono proprie del bordo,
non dell’oggetto stesso. E questo è un esperimento sviluppato da Cornsweet verso la fine del 1800,
allora vedete questo cerchio(figura 12)? Ha una parte più scura esterna e una parte più chiara
all’interno ed esiste un bordo che divide le due parti. Adesso senza alcuna alterazione di questa
immagine, ma se io porto questo cerchio bianco che toglie il bordo di fatto vi accorgete che il
grigio è uniforme, sia all’interno che all’esterno. Di fatto il grigio è uniforme sia all’interno che
all’esterno, l’unica differenza è nel bordo. L’unica differenza è nel bordo. Questo bordo è fatto
molto ad arte .. allora se guardiamo un profilo qui diciamo in ordinata che abbiamo un’intensità di
luminosità e qui è la distanza e siamo a cavallo della regione del bordo: il grigio medio è uniforme ,
però questa parte qua del bordo pochissimi μn prima del centro è, se questa è la luminosità grigia
media, è un po’ più scura, subito dopo è un pochino più chiara rispetto al grigio medio,ma si parla di
tre pix, non di più forse meno, e poi tutto torna così. Questa cos’è? E’ una banda di Mach. Allora la
retina e la corteccia visiva primaria non si lasciano sfuggire che quella è una banda di Mach, ma
siccome tutto il resto è uniforme, non ci sono degli altri contrasti, allora analizzano come è disposta
questa banda di Mach :la parte più chiara sta verso l’interno allora il grigio all’interno è più chiaro
di quello fuori. Quindi se noi andiamo a rimuovere il bordo e la banda di Mach non ci sono più
questi controlli da fare da parte della retina e della corteccia visiva primaria e tutto torna ad avere il
suo aspetto uniforme, quello che è quindi completamente grigio in maniera uniforme, però se noi
rimettiamo il bordo automaticamente ricompare la banda di Mach e automaticamente la retina
complottando con la corteccia visiva riaggiustano quella che secondo loro è l’informazione corretta
cioè estendono in pratica a questa parte interna la proprietà di questo bordo perché lì in mezzo non
ci sono altri contrasti.

Nota bene: questa è l’immagine in cui il


bordo, delimitando i due cerchi, ci fa
apparire il cerchio centrale più chiaro di
quello esterno. In realtà rimuovendo il
bordo si nota che i due cerchi hanno lo
stesso colore grigio chiaro.

Figura 12

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