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http://www.archive.org/details/noteagiograficlie1v3fran
STUDI 1^. TESTI.
NOTE AWOdRAFlUHE
I.
II.
ROMA
TIPOGRAFIA VATICANA
1902
MAR 2 4 1950
15703
LEONI XIII
PONTIFIOATUS ANNUM VIGESIMUM QLIKTIJM
BQX
Nel fascicolo 6 degl'i Shali e testi (1901) ho pubblicato da un codice
rescritto della Biblioteca Apostolica (Vat. gì*. 185^^) *
l'originale greco del
Martirio di s. Ariadne (o Maria), che in addietro era conosciuto soltanto
dai magri compendi dei Menei e da una versione, o piuttosto parafrasi, latina
(la Passio s. Mariae ancillaé) edita la prima volta dal Baluze [Misceli. I 27).
poi nuovamente dal p. van Hooff negli Ada SS. Bollane, nov. I.
a gustare dei cibi immolati agli dei, deve senz' altro perdere la vita.
devozione a tutta prova verso gli dei e gli Augusti, sia per le sue straor-
dinarie benemerenze verso la patria, prosciolto dall'accusa.
4. Ma Ariadne, condotta alla sua volta dinanzi al giudice, non vuol
sacrificare. Sul punto di essere sottoposta alla tortura, il popolo impietosito
interviene a suo favore, ottenendole un termine (Trpo6eaf.ua, SiMpia) di tre
giorni, durante i quali essa sarà guardata a vista ma libera (er àvéoei).
Kovra ì'yifpMv vp7v l'aro) (cf. )4). p]smo, del i-esto, ricorre passim nel gins greco-romano.
6 ANCORA DEL MARTIRIO DI S. ARIADNE
5. Ariadrie, appena fuori del tribunale, si dh jdla fuga su per la
montagna. Inseguita ed ormai raggiunta, inalza a Dio una calda preghiera,
per effetto della quale una rupe, apertasi miracolosamente, l'accoglie
nel suo seno, furandola per sempre ai persecutori.
Nello studio da me premesso alla edizione del testo sono venuto alle
conclusioni che qui riassumo ed in parte leggermente modifico.
11 numero 1 non è che un róiros di certe officine agiografiche dell'età
della pace, né merita alcuna considerazione.
Anche il numero 2 si tradisce per una ricostruzione non anteriore
alla seconda metà almeno del iv secolo, occorrendovi la denominazione
0f)vyia lakovrapla, la quale apparisce per la prima volta in un rescritto
di Costante e Costanzio del 359-861. Esso inoltre offre notevoli coincidenze
con un altro Martirio, quello di Zoe e compagni^ - coronati in Panfilia,
ma originari della Frigia - che male potrebbe aspirare ad essere anno-
verato fra i documenti genuini.
Il numero 5 consiste in un grossolano imprestito fatto alla leggenda
di una vergine minacciata d'oltraggio (s. Tecla, od altra), leggenda ispirata
alla sua volta dalla notissima favola di Dafne.
* Una disposi/ione come la nostra poteva trovarsi fin già nel viàTayfia dì cui si
lagna Melitone ap. Eiis. //. e. 4, 26, (5, dicendo che /i»7f?è- Karà ^npfiàpMv irpénfi iroXefjliav.
^ Però, secondo la versione siriaca edita dalla signorina A. Lewis Smith, Select
narrativefi of lioly women , in Studia Sinaitica voi, IX, London 1900, il delatore
prenderà tutte le sostanze del cristiano, alle quali saranno afigiunti dall' imperatoi'e
(il ^r. €K SccnroriKov tit\ov\) 400 danari.
8 ANCORA DEL MARTIRIO DI S. ARIADNE
^ Devo questa versione alla cortesia del eh. mons. Ugolini scrittore della Biblio-
teca Vaticana.
1.
IL PROCESSO DI TRRTULLO
1.
>\ 4S.V . , . yi'(,)(rT()i^ èyeveTO tovto to) rjyefióvi FopSio),^ Ori T(^pTvXXos ó irptàros
Tfjs iróXfws rj/nMv Xpiariavrjv è'j(ei fv Trj olklci avTov, koÌ à^iovfi€v to (iklv-
dvvov rfi iróXei r^fiiììv cj)vXaj(Oìjvai, cpóf^o) yàp SeSoiKa/iev oià rrjv àirfiXrjv
avToIs FópSios ó rìy€juù)v to twv paaiXeow Sóyjua e^ov ròv tvttov tovtov...
Et Tis ovv (TKeTcd(J€L TIVÙ XpicFTiavov Kol jut] <pav6p(j)(Tei , riTOL vfov ri
jowo-j; — ^^ dopo Sììvcipia TeTpaKoaia segue nel ms. el oè (fxopadfi {(popaOrì) tis ^ovXóiievos
aKeTràaai Tivà twv TrpojeypafiiJiévùìv, toTs tov SiKacrTtjplov vó/inis KaTaSiKaaOì'jaeTai, passo
evidentemente interpolato nel documento originale ^~
irapaSpofiì] dopo a^oXa- — —
cttikÒs si direbbe caduta la voce óvófiaTi, v. tuttavia Athan. nd Jocmn. ap. Migne 26, 821 e
erepós tis (Tj(oXa(rTiKÒs FlnTaXas — viKayópoa- cod.; scriverei NiKayópas, ma cf. Inscript.
Graec. septent. 1, 1703 NiKcr/opos 'AvTijfvls — -^ èocrcpópoa- — ^^ dopo X(/o;'v sospetto
che manchi qualche cosa, come tmv vavayovvTiov (cfr. Mariyr. s. Theodoti 7 p. 65, 34
ed. Franchi evopfioTaTos tmv vavajovvTOìv Xifiriv tyvu)pi^€To), seppuie ó evS. X. non è
una interpolazione (cf. lin 24) — -^ èireTripiaav — ^"'
nfxàs manca nel codice.
1.
12 IL PROCESSO DI TKRTULLO
rrjv irarpiSa Kaì tciIs evfpyecriais aìs evepyértìcrev Trjv iróXiv Tvpecrfìeìkrìv
€Ti Sé Trj Siopea tov paXaveiou, ovtlvos els ròv KÓ(Tfiov KiOov 4>pvyiov
TToiKiXas Kaì )(af)LT(i)aas , peydXws tirefieXrìSr]. ó TrfXìeiprifiévos àf))(ìjyòs r>
Kaì TTpoyrevwv yevófievos rfjs roiavrrjs àpertìs , Xafiirpos Kaì d^ios àiT€-
Sei'xOrj. Kaì ti Aeyo); tis yàp <(a»^)> SvvrjOeirj ras eùepyecrias avrov é^eiirelv
F. C)4. /ifydXas ovaas Kaì à\vapL0firìTOvs; rà Se air' àpx^js avrov ève py erri /lara
Kaì ras Swpeàs ds irapéax^v Trj iróXei KaO ÉKdaTrjv,
'
tis dv ÈKcppdcrai
SvvrjOeir] ; àp^t^pevs fièv e/c irpoyóvdìv Kaì yvfivaaiapxos, dvrjp KaXòs Kaì io
Ze^aaTovs, evvo'ÌKWs Se Kaì irepì Tr]v irarpiSa, o;s irpoeTirov, ovSéva Kaipov
irapaXéXonrev ó dvrjp Trjs evae^eias avTOv Kaì cpiXoTi/iias. ivdaav fièv ireirXrj-
ò TepTvXXos '
Oi'xL SéojLiai aov. èirripùÓTrjaev ó riyefiMv '
Trjs avTrjs Oprj-
'
aKeias rjaav, rj irepì tovs Oeovs evaejSeJs SieKeivTO ; direKpivaTO ó TépTvXXos
Trjs avTrjs Svaaej^etas rjaav tcov XpiaTiavMv, Kaì avToì tov èaTavpiOfiévov
^ ()(t}paia7s — '^
eri fl'è: ^irt cod, — ^ àpvr/òs — irporevoìv — '
om. cìv cod. — ^^ dopo
le^aamìis il De Sanctis mi ha fatto notare la lacuna, si desiderano a un dipresso le
Tw cod. — -^ dopo (ìéofiai aov ho notato lacuna (cf. il lat. e il siriaco) — ^* dopo
i]'yopdadì](rav si desidera ò ì)jeiJi(iìv èirr]p(i)Ttiae\>' O irevOepós crov (o secondo il siriaco,
'O èirlrpoTTOs) ^f] ; cnreKpivarn ò TéprvXXos' Ovvi, oéo/iai aov (cf. il lat.).
IL PROCESSO L)l TERTULU) 13
sunt et alia maiora quae enumerare perlongum est. nam pi-imum aetatis
tempus, in quo lubrica vita et teneri anni iuvenili calore flamniantur, reli-
ponenda. placuit itaque dis sacerdotio , muneribus civitati. tunc, quod est
maximum, aetatem vinci iuvenis sacerdos edocuit et ostendit non repu-
diandam in annis gravioribus voluptatem.
tìxum colebant. advocatus ait: Quae non buie puellae illata tormenta sunt.
^ longLim vH — '^-^
forse è da trasporre div. pi'aec. satisfecisse se credens —
^ Caesariana: al. Caesarea. — aemiilans vH — *^ cuius ... demonstrant: cuius soe-
lera demonstrantur vH — i«-*»
p]lionide oH; il Siriaco « è figlia di Cleone » — '•*
om.
suscepta vH.
14 IL IMIOCESSO DI TKRTULLO
è'aepov. ó cìiKoXóyos alirev '
OdvfiCKTiMTdTe oikcuttci, où ras TV)(ov(Tas avrfj
fiaadvous Traf)€(rj(€v Sia 8f)rjaK€iav tcwtìjv, koÌ ovdev rjcvvì^Srj àvvaai' àXkorrM
ras paadvovs aùrfi èiréreivev, vTrepjòaXKóvrws €K€ivr] rfj OfjrjcTKeia avTtjs
lTpO(T€KapTéf)€L.
TovTOìv ()VT(i)s (')
r]yf/ui)v /icrn ttoWìjs (TKé\lreo)s (TUfiftouXias '
f)}]Of-vT(i)v
tus et numini, qui legibus simul satisfecit et cultibus, cuius imagines per
omnem urbem saepius etiam ipse conspexi, liber abscedat. nullum calumnia-
torem metuat, nullum iudicem pertimescat, dum haec omnia sacris auribus
intimentur. scelestissimam vero liane puellam offerri mihi iubeo, simul
ut habeat et culpa supplicium et populus exemplum. 10
L'INTERROGATORIO DI ARIADNE
2.
Perchè non adori gli dei come li adora il tuo padrone? Maria disse:
Io sono cristiana e non adoro gì' idoli muti, ma adoro il Dio vivente e
vero che è eterno. Il giudice disse: Da chi hai appreso ad esser cristiana?
Maria L'ho appreso dai miei genitori. Il giudice disse: E
disse: tuoi i
genitori erano cristiani? Maria disse: Ancor essi l'appresero dai loro geni- n»
tori. Il giudice disse Penso che prima di Deucalione voi eravate già rei
:
Cosa ha che fare costui con la volontà della mia mente? Anch' egli molte
volte mi ha voluto costringere a mangiare degli idolotiti e mi ha tormen- i5
tato con molte percosse. Ma l'amore di Cristo che è in me, è ben più forte,
nell'ardore, dei tormenti dell' iniquità. I miei genitori pertanto, poiché tene-
vano la dottrina divina che è stata predicata da Paolo apostolo (egli disse
infatti: chi ci separerà dall'amore di Cristo? forse la tribolazione o l'an-
e XM irpòs tÒv Oeóv, ori Xpiariavriv fie Sei àvaXvcrca €k tovtov tov
parcuov KÓafiov. ó riyejuwv eiirev '
Ouaov civev ^aacivcov '
ei Sé prjje ,
TTOtw ere KaKiyKaKMs tov ^lov àvaXvcraL. 'ApedSvrj elirev' Mrj cu jòdaavoi
(TOV SiaKOViaai è^ovaiv; ov^i fipaxvTdrtjs wpas elcrìv rà fiaaaviarripid 30
** << prima di Deucalione». Cosi doveva dire in origine la versione siriaca; nei
codd. però adoperati dalla signorina Lewis il testo è corrotto e il nome di Deuca-
lione s' è trasformato in « che l'apprendessero » — *^ il palinsesto ricomincia con le
parole oùVe ^w»} — ^^ o-fvjj^j/crecos — ^^ KaKiyKdKWs i. e. kukiiv KaKWs.
2.
repugnanti inferat. elige itaque quid sequaris. respondit Maria : Corporis ille
est dominus, non animae. praeses Cur religionem domini, cum sis ancilla,
ait:
Maria: Quid enim aequalitatis est inter caelestem dominum et famulam pec-
catricem, aut quem timere potest cuius nutu omnes et ipsa reguntur eie-
menta ? quaslibet ergo cruces perferam dulcissimae videbuntur prò amore
;
domini nostri lesu Christi qui hic auxilium, ibi vero reddet praemium.
ille nos per apostolum suum Paulum contra omnium insidiantium tela fir- 20
(Tov; //;/ ÙKì'ìjdììs ovu , ijytfiióu, à\X(i iroiti o tftXeis' XpKrrov ycif) t'j^u)
èKirXayeìs Se ó ap)(it)v tiri Tfj pof] tov 6)(Xov (ooKeiv yàp rjv firi fióvov
TOVS àvOpMirovs , àXXà kcu tcis oÌkooo/icis avveirilSoàv) , èiTtTfìeyl/fv firj i"
O rjyepìov eiirev *
fleiaaTe aìiTrjv vpels , (bs yàp òpaTe, irapaKXrjOeuTa
virò Trjs epfjs KaOoaiwaecjs, ovk évéSioKev. ti Xeyeis , ApeaSvi]; èciv èvSoOij
aoi €ws Tpirjpepos SiMpia , Sveis; kcÙ rj ApedSvrj elirev' Tov KpeiTTovos 20
e^opai. ò t'iyepoìv elirev' EvSiSwpi croi Kaì ras Tpels ^^rj^pepas. Kaì pà tovs
Oeovs diravTas, èàv èiripeivris toTs avTols, fiaadvois ere iroXvirXÓKOis àva-
XicTKù) '
pr] yàp paviafìs otl avy )(Mpri9rio'€Tai aoi. ?; Se 6(pri
'
Gv ae èparràv
à^iM, dvéyKXrjTov diroXvOfjvai tov èpov SeairÓTrjv rjs vopil^eis ahias. 6
riyepùyv elirev' Oùtos pèv diroXvdrio-eTai dvev iravTos èyKXrjparos, ah Sé, 20
dv TreLO-Ofjs èpoi, SópaTa Kaì Scopeàs Xr^yj/v] Kaì Trjs éXevOepias Tev^t] , rjs
virginem crudelitate iudicis, non culpa peccati; agi contra leges omnia,
nec aequitatis iura servari. stupens vero praeses et sono tanti clamoris
addictus, quippe qui propter liumanam vocem etiam ipsa putasset tecta cor-
ruere, mox Mariam relaxari praecepit.
Et ubi satisfecisse clamoribus credidit, populum iam securus adlo- io
quitur: linde est ista, o cives, tantae vociferationis insania? quid obstre-
pitis? quid obstatis? an ut imperatorum praecepta violentur et impunita
sint scelera? ad haec populus exclamavit: Nemo manus obvias divinis
legibus violentus opponit. sanxit illorum sacra maiestas aut sacrificare
singulos aut capitali sententiae subiacere. non sacrificat haec puella, poe- 15
vel vos persuadete blanditiis quod ego timore non potui. et ait Mariae :
Si tibi hoc triduum non negatur, sacrificium non refutas? respondit Maria:
Quod optimum est teneo, humanam indulgentiam non requiro. praeses ait:
Ecce relaxavi spatium quod petitus sum. post hoc triduum, si in hoc furore 25
^^ accommodas -f-
concede et oH.
II.
Roma gli Atti di s. Giustino filosofo tengono, com' è notorio, uno dei primi
posti. Hanno fatto dunque benissimo Knopf ed il von Gebhardt a ristam-
lo
parli fra gli Ada martyrum selecta che hanno pubblicato, il primo nel 1901
a Lipsia, l'altro nell'anno in corso a Berlino K Senonchè essendo state
condotte le antecedenti edizioni del Papebroch, del Maran, del Mazzocchi,
dell' Otto -
sopra un solo codice (il Vat. 655) ^, e questo assai tardo (sec. xvi),
si sarebbero dovuti, a mio avviso, confrontare gli altri manoscritti indicati
dall' Ehrhard volume Die nel suo altchristliche Litteratur u. ihre Erfor-
schimg von 1885-1900 p. 577, , e cioè il Vaticano 1667 del sec. x, il
ricorso a dei mss. in più d'un caso, come e. g. per la Pass. s. Perpeluae
(di cui conseguentemente ci offre un testo migliore di quello del Robinson
e del mio) e per il Martirio dei quaranta Sebasteni , che forse non meri-
tava tante cure e senza forse ne meritava meno dei preziosissimi Atti
del grande apologista.
Ciò che il Gebhardt ha omesso, mi accingo a farlo io nelle pagine
seguenti. Spero così di contribuire, se non altro, a rendere più perfetta
la ristampa, che credo non tarderà , di quell' utilissima scelta di testi ^ e
forse anche la sua editio maior.
von Gebhardt Ausgeiodhlte Màrlyreracten und andere Urkunden aus der Verfol-
gungszeit der christlichen Kirche, Berlin 1902.
2 II Gallandi [Bibliotheca Patrum I p. 709-716) riproduce tale quale il testo del
p. Maran (cf. Migne 6, 1565-72) e (ibid. 709-712) quello del Mazzocchi.
^ Inesattamente perciò il Gebhardt scrive nelle noto codd. invece di cod.
^ Raccolgo qui alcune altre poche osservazioni che mi è occorso di fare, scor-
rendo il volume del Gebhardt, invero un po' in fretta. Pag. 7, 4 àirodéfievos èavrià
iràvra tu liiària Koì Xvcras ttjv ^(óvtìv. Così stampa il Gebhardt e così hanno invero tutte
le edizioni ed i codd. Ma pare strano, dopo aver detto '
deposti tutti quanti gli abiti ',
26 •
GLI ATTI DI S. GIUSTINO
Che dalla collazione del cod. Vat. 1667 non l'osse da attendersi molto
di nuovo, ini era già noto per l'esame fatto sommariamente di codesto ms.
un anno addietro, quando m'occupai del Martirio di s. Teodoto ancirano.
Il cod. 655 invero, adoperato dagli antichi editori, è una semplice copia
del 1667 (cf. Studi e testi 6 p. 56).
Alla stessa famiglia appartiene il codice Gerosolimitano, della cui dili-
gentissima collazione sono grato alla cortesia del p. Cleofa, bibliotecario del
Patriarcato greco. 11 Vaticano ed il Gerosolimitano hanno invero comuni
certi errori caratteristici , come p. es. (lasciando ^aXaviov per ftaXavflov,
XapLTUì per Xapiro? , evaepfjs per evcrepels, rj^ai per el^ai etc), oicd-
aKaXos KaX(7)v naSrirwv in luogo di k. fiadrìfidruìv ed e^eiv Sóyfiara invece
di e. SMfictTa ovvero SójuaTa. Ma sopra tutti notevole è il seguente.
soggiungere '
e sciolta la cintura ', perchò prima si scioglie la cintura e poi si toglie
la tunica, non viceversa. Sarà forse da leggere, come proposi altra volta (S. Agnese
nella tradiz. e nella leggenda p. 18 nota 3), <(eV)>^i;cros rìiv C,Ó)vì)v'( Cf. Acta Pauli et
Thecloe 33 (p. 225, 31 Gebhardt) è^eSvOì^ Kai è'Xa^fv (ìia^óìarpav, Acta Filati 10 (ed. Cony-
beare in Studia bibl. et eccles. IV p. 102) expoliaverunt vestimenta eius et praecinocerunt
eum cinclura, e, per la espressione, Menand. a]). Poli. 7. .51 ^óin' fvafovn^vtjv. Pass.
s. Perp. 20 (p. 91, 15 Gebh.) ^vcìiSva-Kovrai xnro^Mafiaaiv. — Pag. 25, 24; 26, 17 perchè
sostituire Xarovpvivns al Zaropvìvos del cod., forma che ricorre in Eusebio H. e. 4, 7,
3. 4; 29, 2. 3, come altresì nelle epigrafi (cf. p. es. Revue Archéol. 28, 1896, p. 225)?
Cosi nella Pass. s. Perp. invece di larovpxnXos era da mantenere, secondo avvertii alcuni
anni fa {Gli Atti dei ss. Lucio, Montano etc, Roma 1898, p. 20 nota 2), la lezione
del cod. IaTopv7\os, di cui citai vari esempi (vedi anche Eus. H. e. 4, 22, 5 laropvìkiavo'i).
— Pag- 48, 1 non è })unto necessai'ia la correzione dei Bollandisti aeavrw, invece
dell' em/TÓ) dato dal codice (cf. Winer Gramni. XII p. 188 e Dieterich Untersuchungen
zur Geschichte d. griechischen Sprache, Leipzig 1898, p. 193). Similmente a p. 52, 2 si
poteva forse lasciare la forma A('«i', di cui e' è anche un esempio nel Marlyr. s. Theodoti
p. 76, 8 ed. Franchi (per simili accusativi cf. Dieterich, op. cit. p. 159 sq.), come pure
(fìrìaiv (ibid. 1) in luogo di (fyacTiv. — Pag- 85, 14 macerabar sollicitudine infantis
ibi. fune Tertius. Sospetto che la retta intei'punzione sia infantis. ibi fune. Cf. invero
Passio Mariani p. 139, 26 Gebhardt tunc ibi Cyprianus; p. 145, 3 ibi tunc et
Marianus. — Pag. 76, 4 dubito che la interpunzione video in horomate hoc: venisse
non sia lae che in hoc debba riconoscersi, col Robinson, T avv. huc.
migliore
Nella Montani infatti, che è imitata da quella di s. Perpetua, abbiamo a
Passio
p. 149, 3 Gebhardt videbam puerum huc in career em introisse; a p. 150, 1-2 video
fìlium meum venisse huc ad carcerem. Pag. 77, 9-10 proseguo a ritenere che —
la interpunzione giusta sia discinctatus ,
purpuram... habens et gallicuìas ,
perchè
discinctatus purpuram per medium pectus non ha senso, discinctatus significando
'vestito di discincta' non 'discinto. '
— A p. 83, 18 non mi sarei preso l'arbitrio di
mutare fiTtéivKrì^nv in f^^éirKri^av. —A p. 88, 18 ^yyicrnv irpos àfKfuOéarpnv si scosta dalla
lezione del codice più che non farebbe forse ìjyj. \iTpò] mv àfict^idedrpnv. — A p. 92, 20
KaXfaaaav ròv ìSinv à(^f\(f)C)v koÌ nxWòv \tÒì>\ Karri^ovuevov , non espungerei l'articolo,
perchè, qualunque sia il senso da darsi al latino, mi par certo che il greco intese di
dire che Perpetua chiamò a sé il fratello e quel catecumeno di cui è parola a p. 91, 12.
Ciò risulta dal seguito napeKccXei 'iva è\> Trla-rei Siafxeivwmv etc. (nota la soppressione
GLI ATTI DI S. GIUSTINO 27
Rustico ''*
'Pwjuaiiov TTÓXei tovto SevTfpou Kaì ov yiviócrKio àXXrìv riva (TvvéXevaiv irXìjv
€K€ivov. Ora appar manifesto che qui è incorso più di un errore. Il primo e,
secondo il mio avviso, più grave che sin qui non si sia creduto, sta nelle
voraplov Tvcivra, come notai già altrove {Di un frammento di una vita di Costantino
p. 28, nota 2), poiché sono evidentemente una glossa dell'avverbio ^yypdcfìoìs. — F*ag. 1 H),
29 è da trasporre, col cod. Bruxell. 9290, quem videre (forse vivere) optabat occidit. —
A pag. 129, 16 (nel Martirio di s. Conone, Kmvoìv, che senza vera necessità seguita
a scriversi Kóvoìv contro l' uso costante del codice) il Gebhardt stampa Kaì dXXos ns,
veoìKopos [òvófiaTi]. Ora è forse a torto che il Papadopoulos, prendendo NecjKÓpos
per un nome proprio (di cui del resto non mancano esempi) scrisse NecoKcpos
òvófiari; ma io ritengo che se il passo abbisogna di correzione, non si tratta <ii
pp. 150 nota 3; 449 nota 4). — E una vera disgrazia che
il Gebhardt non abbia cono-
sciute le notevolissime emendazioni proposte alla Passio dei ss. Lucio e Montano dal
Wilamowitz {Hermes 34, 1898, p. 212-214). Egli ci aviebbe potuto dare un testo
assai più perfetto! Qui mi basterà osservare che a p. 154, 11 la lezione intelligerent
mente sbagliata. La clausola metricamente falsa abruptam festinantiam doveva essa sola
far dubitare l'editore della bontà della lezione da lui seguita. Termino augurandomi —
che dalla nuova edizione del libro del Gebhardt spariscano altresì alcuni errori di stampa,
del resto difficilmente evitabili, come p. 21, 4 ònaOvfir((V)v pei- òfiof)., p. 40,7 yvpyaOm>
(dalla ediz. Dind. Lips.) invece di yvpyaOnv, p. 90, 18 e nell'indice MaKf^óvia invece
di MaKf(^ov[a, p. 129, 4 ^nf^^^iiKfv invece di t'iriP. , p. 112, 5; 131, 10; 184, 13. 19. 23;
185, 13. 23 OppaKfia per Opì](rKeln, e certe sviste un po' incresciose, come il citare a
p. VII Duchesne per Bonnet e nella tavola delle abbreviature Robertson per Robinson.
'*
Che il Gebhardt scrive sempre '^PovaTiKos, anche nella Pass, s Peip. (p. 91, 28
*Pov(TTiKov invece di 'Poikttikov), dove (più rettamente, credo) il cod. e le edd. ante-
riori davano 'Povo-tikos.
28 GLI ATTI DI S. GIUSTINO
questo e che nulla giovi alla critica del testo. Già esso solo ci ha conservato
integro il titolo, poiché nel Vaticano, oltre la caduta di due nomi, è stato
aggiunto fiaprvpio-dvTiov (sic) èv 'Pw/ut] irpo le
'
ISwv iovXiiov, dove, tra le altre
cose, ISmv sembra corruzione di KaXavSwv, come notò a ragione il Mazzocchi K
La buona lezione ci è data altresì dal cod. Gerosolimitano là dove Veirap^os
domanda a Giustino : FJolovs Xóyovs jueraxeLpiitj ; il medio /meTaxeipiiiì (ser-
batoci del resto anche dal cod. Parigino) stando assai meglio dell'attivo
luL€Tax€LpLÌ€is (cod. Vaticauo). E lo stesso si dica del passo fiera Sóy/iaros
òpOov eirofiai avrois (sc. Xóyois), in cui il Vat. legge avrovs. Similmente
poco appresso, dove il Vat. ha molto male .... irpocpririKriu riva Svvafiiv
òfioXojiòv, eri irpoKeKripvKrai ^ irepl rovrov (di guisa che gli antichi editori
corressero eri in éireiSri), il cod. Gerosol. legge dirittamente òfioXojMv òri.
E dove il martire dice secondo il Vat. iràaiv irapanévei rò Oelov •)(dpi(Tfia
del Gerosol., confermato anche qui dal Parigino, eKTrvfnóaeoìs rov KÓafiov,
poiché questa è una espressione molto famigliare a s. Oiustino (ci'. ]). es.
Apol. 1 20, 4; 57, 1 ; 00, 8; 117, .'>). Inolti-e è solo il codice del S. Sepolcro
a darci il testo completo al e. 5 àvdlSì'jcnj tìs rovs ovfjavovs, àfioifids rivas
che più monta, ad una famiglia in parte meno guasta. Esso ci ha serbata la
opere di Giustino giovano non poco alla critica del nostro testo, poiché
l'apologista rispondendo al giudice, ripete, come è naturale, dei concetti
espressi altre volte nei suoi scritti e delle parole e frasi ivi adoperate *.
Onde (sia detto così di passaggio) non è senza commozione che noi sen-
tiamo il martire ritornare anche una volta nelle sue ultime brevi parole
sul valore dimostrativo delle profezie. Rammentava egli forse in quel
momento il misterioso vegliardo che là sulla riva solitaria del mare lo
aveva per il primo eccitato a leggere i profeti e messolo così sulla via
della verità, per la quale stava ora per dare gloriosamente la vita?
Ma se il codice di Parigi conserva esso solo delle eccellenti lezioni,
si trova per un altro capo in condizioni molto più misere degli altri due.
Esso è mutilo e malamente rabberciato, vietandoci per tal modo di pre-
cisare il testo in più di un passo, dove la lezione del Vat. e del Gerosol.
E qui manco male, che si tratta del cappello imposto agli Atti da una
mano assai posteriore ^. Ma nella prima domanda di Rustico a Giustino,
fleiaOtiTi Tois Oeois Kaì virdKovaov rols jSaaiXevaiu, s'avrà o n(m s'avrà
* Così la bontà della lezione (e. 5) oTSa ori koì iraaiv roTs ópOóHs ^lajaaa-iv, di fronte
a quella degli altri codd. oi/Vw ^Kaaaaiv, si può comprovare con Apol. II 2, 2 roTs
ov nera Xójov ópBov ^lovaiv.
2 Cf. Dionys. Alexand. ap. Eiis. H. e. VI 42, 1 aXXoi Se TrXeTaroi Karà TróXets kcÙ
KOìnas SieaTrdcrdriaav. Testam. XL mart. Sebast. p. 166, 5 Gebh, Karà iràaav rróXiv
legge iKcivov xP^^ov. Ora questa lezione potrebbe sembrare a prima giunta
preferibile, perchè Iconio non stava propriamente nella Frigia, sì bene
in Licaonia. Ma, se meglio si guarda, Ikcivov xpóvov si tradisce per una
correzione congetturale di chi non comprese la parola 'Ikovlov, male scritta
mezzo evanida ^. Del resto Iconio, città presso il confine, potè essere e fu
realmente considerata ora come della Licaonia, ora come della Frigia ^
. In conclusione, se i due nuovi codici Parigino ^
e Gerosolimitano per-
mettono di dare un testo notevolmente più buono di quello sinora divulgato,
non ci permettono però di pensare ad una edizione propriamente definitiva.
•
Cf. Martyr. s. Cononis 3 (p. 130, 21 Gebh.) i]vpédìì ò ^lìTovuevos (fìiXTaros toTs
deo7s Tràcriv ireiOóiievos Kcù roìs vó/iois Kcù no ... ^aaCkeì. Il Gebhardt vorrebbe leggere
(piXraTois, ma non so perchè. Quello che ci vuole è ima virgola dopo Trdaiv.
2 Nei testi agiografici di bassa epoca ricorre spesso l'aggettivo Ikcivós nelle espres-
sioni ^pòvov LKCivóv {Marlyr. s. Nicephori 2 Ruin. p. 209), ixerà ^póvovs iKavoìis (Pass,
s. Bonifatii 2 Ruin. p. 250), lìfiepójv SieXOovaojv iKavoòv {Ada ss. Anthusae etc. 2, 1)
e simili.
^ Senofonte Anab. I 2, 19 chiama Iconio tìjs (ppvyias
j). es. iróXiv bcrxciTtiv.
* Del quale mi sono procurata una buona fotografia.
TESTO DEGLI ATTI 1)1 S. C.IUSTINO
CODICI.
Tcijuara cìafj^fi Karct tuìv evae.fòovvTOìv XpicniavMV kcitu. iróXiv Kcù ^Mpav 5
ovv aoi àpédKovaiv ol Xóyoi, iravdQXie; lovarlvos elirev' Nai, éireiSr] fiera
*-2 om. fjLaprvpMv 'lova-Tivov P — ^ ^apirovcr con 1' accento acuto V — ^-^ om.
GvékKiarrov lépaKOS V — '^
Flaiovos Otto Knopf; Trewvoo" //,' iraioìvoa- V — ---^ GìieX-
Kiarov... Al/3.: koÌ Trio- avvoS{ias) avróìv P — ^ Ai^epiavov fiapTvpiaavTiov ev pcófit] irpò
le' idùìv lovXioìv ( ov V^) V^ (in capo al foglio la stessa mano notò /xjjvt lovvlov a') —
*
v-rrepfiàxoy V (seguiva una parola di quattro o cinque lettere, ora completamente
erasa) ; vTrepfxà^oìv H e l'apografo Vat. ; irpoo-TajfiaTiov P — ^ Karct iróXiv Ka\ ^wpav :
f. cadde iràaav; Karct iróXeis koI ^wpas cong. Mazzocchi — ^ e^eriOevro II — ^-^ om.
irpoarajfxara ... elSoìXois P — '
om. oìiv P — ol fivrifiovGvOévrecr ajioi P; ayioi avSpecr
HV^; ol ay. a. V^ e T apogr. Vat. ^ om. óvófian P —
povariKOv P; povcrriKov —
ossitono HV edd. costantemente ^ om. rov H; om. irpb rov ^l'ifi. P — povo-riKÒcr V, —
om. P — om. ó H, forse a ragione *" ei-rre
ai)Ogr. Vat. edd. ^-'^ —
lovcrrlvio enrev P: —
elirev irpòs lovarTvov ( — rivov con Tace, acuto i7 e così sempre) II V edd. — ^*^
iricrQììri
II V- — OeoTs: f. Oeiois (Mercati) vó/iois — irpaìrov... ^aaiXevcriv : riva ^lov ^loTs P— ^'-^^ rò
ireide.adai... Xpicrrov : iracriv av[dpo)Tr)oicr P — irpocrraj^Ofìaiv V — ^^
eTire a[)Ogr. Vat.
edd. — fiera^eipl^rì HP; liera^eipl^eicr V edd. — om. /ièi/ P — ^^ xfrevSoSo^ovcri P: yp-fv-
spirito I. V — aiWoTa IIP; avrovcr V eid. — ente apogr. Vat. edd. — ècrriv II.
34 TKSTO DEGLI ATTI DI S. GIUSTINO
'()u ì'jyovfifOa f-va tovtov f^ (if^X^I^ iroit^rriv Kaì Oìifiiovpyòu rfjs iracDìs
KTiafuìs, ófxiTrjs re K(à (loparov, kul KVf)i()v Ifjaovv XpKTTov iralda Ofov, òs
K(tì TrpoKeKt'jfWKTai viri) toìv TrpocjììjTiTìv /i€X\o)v irapayivedfiai tm yévei rdw
àvOpMiTdìv (r(t)Trif)ias Ki'jpv^ Kaì OicìdcrKaXos kcìXmv /iaSfjfidroìu. kcÌjÒì dvOpuì-
iros u)i^ fUKf)(i vofiiC^d) Xfjfiv 7rf)()s tìjv (wtov direipov OeÓTrjTd, Trf)f)cf}r]TiKìjv :>
riva dvvafiiv òfioXoywv , ini irpoKeKYìpvKTai ir^pì tovtov òv è'cjjriv vvv tìeov
vlov ovTct. l'aOi yàf) oti dvoìOev irpofìirov o'i rcpocjyrìTdi ivfpì Ttjs tovtov
irapovauis yfvofieuìjs eV àvOpMTOis.
III. PovaTiKOs eirapxos eiirev' flov avvéf))(eo-0€ ; Iov(ttÌvos elirev'
'GvOa FKaaTM irpoaipeais Kaì Svvafiis irdvTMS yàf) vofÀil,fis èirì tÒ
éaTiv. lu
avTÒ (TVVfp^edtìaL rjjuds irdvTas; ov^ ovto)s Sé, Sioti ó Oeòs twv Xpio-TiavMv
Cf. ler. 23,24 tottw ov irepiypdcjyeTaL, àXX' àópaTos ìov tov ovpavov Kaì Trjv yfjv irXfìpoì
* iLfÀLOTivov *
fiaXaveiov irapà ivdvTa tov )(^p6vov òv eireS/ì/jirjaa to SevTepov
Tvj PwjuaiMv TTÓXei, ov yivMaKM Se dXXr]v Tivà avveXevaiv el fir] tì]u €KfT.
^ tovtov: TOVTiav P — om. 7rolJ7T^;v Koì P — ^ om. Kvpiov H — ^-^ t»7s irdcrris...
Oeov: Tjjcr tov iravTocr Koafiov iroiriaebìar Kcù Q{eo)v TTOìSa l(ì]aov)v ^[piaT6)v P — ^ om.
Kaì II — om. Tw 'yévei II — *
jiaOtìixaTwv P e le edd. per congettura del j\Iazzocchi ;
}iaQ)]Twv HV — '^-^
Kajio ... u>v om. P — •''
jxiKpà Se (Sr]'^) P — om. aneipov P —
« oTi IIP; GTi V; eVeì edd. — g_7 ^f;^^)^ eieo)v P — '
ìadi P; ìaSr] H; vàOn V {ija in
Zìf Se Tis fi, GveXTTicFTe; GvéXTTiaTos, SovXos Kaicrapos, àirf Kpivaro' Kàyò)
Xpiomavós fifÀi, èXevdepcoOeìs virò Xpicrrov koì rfis avTfjs èXTriSos /^ere^wi^
XCipiTi Xpiarov. Povcttikos eirap^os lépuKL eiirev' Kal ah Xpicrriavos fi;
lepa^ fiiTfw' Nat, XpicrTiavós eifii , ròv yàp avrov Ofòu (lé^o) re kul r.
varo Xéyiov' O àXì]6ivc)s rj/icòv irarrip èariv ò Xpiaròs Kciì firirrip rj eis
Aifiepiavtù '
Ti Kal ah Xéyeis; XpiaTiavos el; ovSè ah evaefleTs; Ai^epiavbs
17, 3 eiirev '
Kdyw XpiaTiavós el/m evae^w yàp koI irpoaKvvM tov fióvov
,
dXtjSivòv Oeóv.
V. O eirapj(Os lovaTivco Xéyei '
'AKOve, ò Xeyófievos Xóyios Kaì vo- 20
^ Xpia-Tiavì] : ^piariavóa apogr. Vat. — eTwev {enre apogr. Vat. edd.) tw eveXTriaTO)
HV edd. — ~ arv Se HV {V aggiunse ^è "sopra la lin.) edd.; koÌ av P — GvéXiriaTe;
GvéXTricTTOs scrissi; eìiéX-maroa- PV; fveXina-Te H — om. cìovXns K. àirsKp. P — '^
oni. e'A..
èirì Tov (poPepov Kaì irayKoafuov ^rìjiaros tov SeairÓTOv rj/ucòv koI aùrrij-
pos. (baavTws Se Kaì oi Xonroì fidprvpfs fAirov' floifi o OéXfis' rì/ifJs yàp
XpidTiavoi èafiev Kaì fiS(óXois ov Ovoiulgu. Poikttikos firap^os àirfcjjrjvaTo
XfyMv' 01 fiì] ^ovXriOévTes Ouaai toTs OfoTs Kaì fl^ai tm tov avroKpdropos
irpoaTay/uaTi, (ppayeXXwOévTes àTraxOrìTwcrau, KfcpaXiKìjv àiroTivvvvTfs SiKrjv !*>
XdpiTOS TOV Kvpiov rìfiiiìv Ifiaoif XpiaTov , (o rj Só^a €Ìs Toìis aliòvas twv
aiwvMv. dfiYìv.
XriKrjv V) ... ÙKoXovOlav (aKoXovOelav H): tt] tùòv vófxùjv ÙKoXovOia P — ^^ om. ^è edd. —
So^a^ovTes: So^ao-dévTes Gebliardt — ^^ om. àTreTfiìjdr^a-av ... Kaì P — fiapTvpiov P;
aìiTMv Trjv fxapTvpiav H V edd. — ^^ om. r]fi(òv V edd. — '^"
èiviTtìSlo) \; èTTicrifno H —
avv€pyaada-ì]s malamente le edd. — ^^-^^ Tivès ... Xpia-rov om. P — -^ w /; oò^a -\- Ka\
tÒ KpaTOs arvv tw 7r(aT)p( koÌ tw àyico 7rv(eUjUaT)( vvv Kaì P.
Nuove Correzioni al fase. 6 de^li Studi e Testi (Martyr. s. Theodoti)
» 71, 23 afia^a l. cifia^a e nelV app. crii, cifia^a cum spii'. aspero V
» 74, 16 fò '^fKvKvs l. 6 jXvKVs
2. L'interrogatorio di Ariadne » 18
» 33
IMPRIMATUR
losEPHUs Ceppetelli ArcMep. Myr., Vicesgerens.
STUDI E TESTI.
O-
\. Il testo greco originale degli Atti delle ss. Agape, Irene e Chione. — II. Osser-
vazioni sopra gli Atti di s. Crispina. — Ili. I martiri della Massa Candida. —
IV. Di una probabile fonte della leggenda dei ss. Giovanni e Paolo.
ROMA
TIPOGRAFIA VATICANA
1902
LEONI XIII
feliciter.
I.
* Eppure egli rimanda una volta (ME V 682), sebbene con termini assai vaghi,
a dove il Ruinart [Ada sincera p. 346, ed. Veron.) scrive: Ada ss. Agapes, Chioniae
etIrenes ex ms. codice monasterii Cryptae ferratae in agro Tusculano eruta et a Guil-
lelmo Sirleto Latine reddita edidit Surius etc.
2 Descrizione di questo codice in Catal. codd. hagiographicor. Graecor. hihl. Vat.
edd. hagiographi Bollandiani et P. Franchi d. C, Bruxellis 1900, p. 153.
Essa è stata riprodotta anche poco fa dallo Knopf
^ in Ausgewnhlte Màrfyrer-
acten, Tùbingen u. Leipzig 1901, p. 91-97.
4 I. IL TESTO GRECO ORIGINALE
di ciò che si ricava dagl' interrogatori stessi, e 3'^ quello che aggiunge
(Tiv(p €T€i , ma poi ne era ridiscesa (forse per non trovare più come
vivere) \ restituendosi alla propria casa (fiera rb ènaveXdeTv - le dice
giorni. Invece l' agiografo nella breve proposizione , con cui unisce
insieme abbastanza alla buona i due processi verbali, afferma che
^ Cf. Martyr. s. Theodoli e. 5 (p. 64, 19 sq. ed. Franchi) Ka\ rols cfìevjovo-iv èSÓK€i
irdcr}]s KoXàaecùs ^apvrépa eivai /? àaiTLa. iravra^ócre yàp rfjs èprjuias irXavió/Jievoi... ovk
ecpepov rfjs daiTias rò ^dpos, Kaì iroXXoì vofiicravres èXéovs rv^eTv avveXìicpdiìaav.
DEC. LI ATTI DELLE SS. AGAPE, IRENE E CIIIONE. 5
Tri è^m-
2.'' Che l'agiografo non sapesse delle tre giovani quasi nulla,
monte dagli Atti e quivi non trovando mai fatto ricordo espresso
della loro verginità , egli stimò opportuno ,
per non sbagliare , di
una dilazione) soffrì la pena del iropveTovy la quale, se non era esclu-
^ Il titolo di vergini è dato loro già nel Martyrol. Hieron. non. aprii., pag. 39
ed. de Rossi-Duchesne.
2 Ap. Ada ss. Bolland. Ili aprii, p. lxiii. Anche il Martirio di Guria e Samona
dell'anno 303, come dimostrò Baumstark (cf. Conventus II de arcìiaeologia Chrisi. Romae
haìiendus, Commentarius authenticus n. 5, maggio 1900, p. 175), dice che l'editto di
Diocleziano, di cui purtroppo non si è conservato il testo, conteneva una tale dispo-
sizione: fìliae foederis sanctimonialesque horrendae denudationi exponerentur (p. 3 ed.
Rahmani, Roma 1899: il cod. Vat. gr, 1669, f. 401 ha ras KavoviKas àorxrìfioveìv). In un
frammento di Martirio edito recentissimamente da E. Goodspeed (in American Journal
of philolof/y 33, 1902, p. 70) si pretende di riprodurre ad verbum uno degli editti diocle-
zianei, ma il poco che ne resta è sufficiente ad assicurarci che si tratta di una delle
solite miserabili falsificazioni. 11 principio risponde più o meno a quello del falso irpóa-
rajim di Adriano nel Martirio di s. Ariadne {Studi e testi 6, p. 125, col. 1): alla fine
si doveva accennare la somma stabilita per i delatori, come si fa nello stesso editto
di Adriano (cf. Studi e testi 8 p. 10, 10 tÒv Se fir^vvovra... è/c SeairoriKov tItXov Xri-^ea-Bai
KfXevofLcv Srjvdpia rerpaKoa-ia). L'editore avrebbe pertanto fatto cosa più utile, invece di
Irene e Cliione ebbero i loro mariti, tutti tre pagani^ anzi con grande
andare ciò eh' egli riferisce essere avvenuto nel iropveTov, e la cui
sostanza non si può non ritenere indubitata : Irene, che per amore del
Cristo e della sua legge aveva già tanto sofferto e stava alla vigilia
di dare anche la vita, senza meno uscì pura ed incontaminata dal
luogo d'infamia. Ma la sua morte, com'è narrata dal nostro, pre-
senta una grave difficoltà. La giovane sarebbe stata condotta presso
dispensassero, non solo dallo spogliarla delle sue vesti, ma dal legarla
gettò da sé nel rogo acceso, secondo avverte giustamente il Tillemont (ME V ^547-048).
Essa fece forse come Agatonicc {Ada ss. Carpi et soc. 44, p. 1() Gebhardt), la quale
diroSva-afiévi] rà l/mna avTfjs, àya\\i(oiiévì] ^(pì'ìirXMrrev èavTrjv ^ttÌ rò ^vXov.
8 I. IL TESTO GRECO ORIGINALE
l)onendo l'inciso ^Xénei ó Oeós , che ritorna anche poco sotto (èv
opeai, jSAeTret ò Oeós, viraiOpoi)^ fra parentesi o fra due virgole.
Appresso il giudice così si esprime: Sorores tuae poenas nostro
iussu decretas exsolvenmt. Questo per sé andrebbe bene, ma non è
la traduzione del greco al jiev àSeK(pa\ Kara Trpoo-raxOevra avraìs
àTro(pd(T6L Tr€pi€l3X}]6ti(Tav, che peraltro non dà alcun senso soddi-
sfacente. Infatti si richiede: le tue sorelle, poiché non vollero sacri-
ficare, ovvero gustare dei cibi immolati agli dei, secondo l'ingiun-
zione loro fatta {Kara ra TrpoaraxOévra avraTs) , furono per
sentenza abbruciate (TrepieKavOrjo-av). Dunque dopo àSeXcpaL è caduto
un èirel ovk è^ovXrjdrìcrav t(òv lepoòv /jLeraXa^eTv, ovvero OvcraL
nei nostri Atti (e. 3 ; cf. ibid. rò lepóOvrov cpayeXv) , dai quali
Né poteva esserlo ,
perché il greco ra ypafifiareìa ra irpocrKo-
1 Cf. Marlyr. Theoduli 2 (ap. Acta ss. Bolland. I aprii, p. xlii) o\ fxev ovv...
libazioni parlava forse anche l'editto di Diocleziano. Almeno nel Martirio di Guria e
Samona Rahmani p.
(ed. 6) il magistrato dice: Domini nostri imperatores i^raecipiuni
ut sacrificetis... vinumque libetis corani love isto.
DEGLI ATTI DELLE SS. AGAPE, IRENE E CU IONE. 9
* Le correzioni ])iù facili non sempre vengono in mente anche ai migliori filologi.
P. es. nel testo greco del Martirio di Sadoth etc, pubblicato in Anal. Bolland. 21, 1902,
p. 143 sqq., i codd. leggono a principio èv rtj KoKovjiévìì -irokei laXnK Ka\ Krì^aK^Mv ti.
L'editore corregge dubitativamente Krf](Ti4>(av tlvi. Come non ha pensato a KrriaKpiòvTi '(
tudo^ titolo (li dignità, invece di tua Fortuna (gr. ?'/ (tÌ] Tvxri) come
prima aveva scritto (autogr. Vat. f. 237); pimi milìtes invece di
(p. 158 Gebh,), dove le ediz. hanno notariam, ma meglio forse il cod. Remigiano noto-
riam. Cf. Franchi Gli Atti dei ss. Lucio, Montano etc. p. 66 nota 2.
dove il preside ordina off'erantur decretioni raeae Christiani. Cos' è questo inaudito
:
decretioni (malamente citato anche in Porcellini -De Vit), se non una corruzione di
Molti altri se ne potrebbero aggiungere, come p. es. Martyrium s. Basii 6 (Knopf p. 88)
VITO Tììs T«^6WS ev T(p ^ì]jjiaTi Bàaaov Xr^yarnv ò c'iyios... Tvapì'ìvtìì].
DEGLI ATTI DELLE SS. AGAPE, IRENE E GHIGNE. 11
in cui dice èia ro véov rrjs rìAiKias, parole rese dal Sirleto (autogr.
Vat. f. 239) propter recentem aetatem.
L'altra lacuna è nel e. innanzi. Hai marito? domanda Dulcizio
ad Eutichia. Ed essa : È morto. Il preside : Da quanto tempo ? Euti-
chia : Da circa sette mesi. Il preside : E onde sei stata ingravidata ?
Essa doveva aver raccolti in sua casa (ove e' era speranza che la
polizia non avrebbe fatte ricerche) i codici che si trovavano sparsi
in più di una chiesa della città o nelle abitazioni di alcuni eccle-
Quindi poteva dire con piena verità clie questa roba non era stia.
a quel giorno dello scorso anno, ibid. prr satdlites dove il gr. porta
8ici rrjs èiuTrì]^€(t)s twv àyopavofiMv = per inflizione degli edili ',
^ Cioè, se la mia spiegazione coglie nel segno, aedilihus infligentibus. Cf. il clas-
il dotto che assumerà il grave lavoro, spero ch'egli vorrà tenere nel debito conto la
vasta letteratura agiografica, troppo trascurata sin qui. Essa infatti offre vocaboli, forme,
espressioni, che altrove non ricorrono (p. es. la sola Pass. s. Perpetuae ci dà è^ovala
TTJs fia^aipas = ius gladii [cf. CIG II 2509, 18 fier
'
è^ovalas aiSnpov^, Zwtikì] -kiìKì]^^
porta Sanavivaria, virò^wa-fia come termine corrispondente al lat. discincta; i soli Atti
di Agape, Irene e Chione il vorwpla [per quanto può giudicarsi dai lessici
latinismo
e - per i papiri - dal Wessely Die lateinischen Elemente in d. Gràzitàt d. aegyptischen
Papyruskunde in V^Hener Studien 24, 1902, p. 139] e la espressione §ià rtis èfnri]^e(os
(f. è/i7rai'^ews?); il solo Martirio di s. Giuliano Anazarb., ap. Anal. Bolland. 15, 1896,
p. lA-1^ il composto Kpa^a\T']TOTrvp'ia , cioè abbrustolimento sul Kpd^^aros o /cXt'/xa^
(TiSrjpa, come la chiama il Crisostomo in un luogo non riferito nei lessici [cf. Studi it.
DEGLI ATTI DELLE SS. AGAPE, IRENE E GHIGNE. 13
di /iloL viu, lUOO, {). 109-1 10 |; la sola iscr. di Abeicio nella leggenda di Barlaam [il
marmo quivi è mutilo] re])iteto ^(fwaócrToXos etc. etc), o ricorrono ben di rado. In
quest'ultimo caso il confronto con i testi agiografici può riuscire utilissimo. P. es. lo
Herwerden l'ipete che ap. Kaibel IGSI 2490 èvddSe KÌre Baa-cnavr] èXevO^pa Kaaaiavov
il vocabolo èXevOépa sta per àireXevOépa. Il confronto con MarUjr. Ariadnes p. 12, 27
Franchi * dimostra che codesta identificazione (la quale porterebbe anche la correzione
di Kaaaiavov in Baacriavov) non è esatta e che èXevOépa sta quivi prob. per moglie (cf. del
i-esto Sophocles Lexicon s. v.). Cade così la difficoltà rilevata dal Le Blant, Inscr.
christ. de la Gaule, Paris 1892, p. 123, che la qualità di libe7'to rarissime volte si men-
ziona negli epitafi cristiani, com' è molto probabilmente il nostro. - Sotto èfnrpoiKios
10 H. nota: hoc adiectivum et èinrpoiKiov Aegyptiis propria fuisse ostendit Mendelssohn.
Ma non contraddice al Mendelssohn il citato Martirio di Ariadne (il quale è di tutt' altra
origine che egiziana), dove appunto si legge, p. 12, 26, avrì] i] KÓpn èjnrpo'iKiòs èanv'? -
Lo H. suppone senza giusto motivo una forma a-KvXalveiv e non precisa abbastanza il
valore della espressione aKvXXeadai (donde l'aor. aKvXrjvai) irpós nva, e cioè '
darsi la
pena di andare da uno '. È una espressione niente rara nei testi agiografici (cf. Franchi
11 Martirio di s. Teodoto p. 35, nota 4) e nella quale si sottintende il v. èXQeìv, o
simile, verbo che talora, sebbene di rado, si esprime (p. es. Mariyr. s. Theodori 7 ap.
Anal. Bolland. 2, 1883, p. 362 lóare avrov aKvXévra èXOeTv irpòs avróv). - Alla forma
l(j)']povpi^{e)iv si può togliere il punto interrogativo, ritornando essa nel Martyr. Ariadnes
p. 20, 29 è/cfc'Aeucrev ... (f)povpicr6fjvai ... avniv. Con queste due tre Osservazioni, sugge-
ritemi da testi, di cui lo H., anche volendo, non avrebbe potuto valersi, io non ho inteso
lanciare alcun biasimo contro un dotto meritevole della più viva riconoscenza da parte
degli studiosi, per lavoro intrapreso a comune vantaggio; ma ho voluto
l'ingrato
mostrare la necessità non trasandare (come ho già detto) in un lessico suppletorio
di
una parte così notevole della letteratura greca. Io temo infatti che molti lamenteranno
nello Herwerden il mancato, spoglio di questa o quell'opera importante, di questa o
quella raccolta di testi *, ma ben pochi si accorgeranno della trascurata copiosissima
letteratura agiografica. Molti avvertiranno p. es. che accanto al mascolino veKpordcjyos
mancano i femminili veKp0Td4>ìi, veKpordcpis (oltre l'agg. veKporacfuKÓs) serbatici dai
papiri (Grenfell a. Hunt Greeh Papyri, Series II. New classical fragments and other
greek and latin papyri, Oxford 1897, pp. 110. 118. 119, n. 76, 2; 71, 8; 75, 1. 2), pochi
che accanto a irpoÌTos (certus quidam honor) manca il femm. irpiart] datoci p. es.
dagli Ada Pauli et Theclae 26 (cf. pure il frammento di Martirio ed. da E. Goodspeed
in American Journal of philology 1902, p. 70 -rrpwTì] t»7s 7ró\ews); molti osserveranno
che è per lo meno temerario accogliere in un lessico la congettura del Verall èfiTri-
difendere, come mostrò, parmi assai bene, il prof. E. Piccolomini in una memoria rimasta
forse sconosciuta allo Herw^erden (nei Rendiconti della R. Acc. dei Lincei 1894, p. 8 sqq.),
pochi si accorgeranno che manca la nuova spiegazione data a -rrevTea-vpijjov ^vXov
(Aristoph. Eqq. 1049) negli Studi it. di filol. viii, 1900, p. 99 sqq. con l'aiuto di testi
tolti dagli autori ecclesiastici e dagli agiografi. E così sotto èp.€v verrà fatto a molti
di aggiungere l'esempio eh' è in quella tazza, prob. attica, trovata a Siracusa dall'Orsi
e letta rettamente dal De Sanctis {Note epigrafiche in Bollettino di fil. class, n. 4 del-
14 J. II. TESTO ORIGINALE DEGLI ATTI DELLE SS. AGAPE, IRENE E CHIONE.
dipendenti.
Tottobie 1901); ma aUa voce àvrìKrinTiaf) chi si ricorderà deUa Pass. Perp, 10, 7 (p. 77
GebharHt) o\ àvTiXìi[iTop(^s /lov ^ E alla voce 'narpcàvai chi penserà alla stessa Pass.
Perp. 18, 2 (p. 87 Gebh.) Òìs imrpójva Xpurrov (lo H. non ha citato neanche il papiro
edito già in Hennes 30, 487 'Aypnnrivììs a-e^aariìs /aera] twv imTpwvu)v)i
* Nulla di più frequente negli Atti dei martiri degli interrogatori fatti da un
personaggio militare (un tribuno, un princeps , un centurione) insieme alle autorità
cittadine («I Trjs TróXews è^ovalai, ol ap^ovres, ol vTpaTì]^o'i, coloniae mar/istratus). Cf. la
lettera del cleio Lionese ap. Eus. He V 1, 8; Martyr. s. Pionii 16 (p. HO Gebh.);
Pass. ss. Mariani et lacchi 5, 1 (p. 137 Gebh.) etc.
Maprupiov T(òv àjLOJv
paprvpricrdvTOJV èv QeacraXovLKri.
viKì) Twv àykov. àvrì yàp twv TroXefJLLiov Tibv óparwv ^ àópaToi è^Ofìoì
viKwvTai, à(j)aveìs ^aifióvMv viroa-rdaeis irvpì irapaSiSovraL virò yvvaiKMv
KaOapwv Kaì (TefiVMV , TrveufxaTOs àyiov irXfjpovfÀevMv. yvvaÌKes yctp ciyiai
VjUiwv ri irpòs tov Oeòv è^eXriXvOev, Kaì irdXLv irepì rfjs cf)LXacf:\(pLas
less. 4,9. Oi) xpeiav e^ere ypdtpecrdai ùfilv, avrai yàp ufieTs SeoSiSaKToi
6 are eis rò àyairàv àXXriXovs, SKoy/iov KaTaXa^óvros tov KaTcì Ma-
F. 49^ ^ijiiiavóv, Kaì aÙTai èavTcts TaTs àperaìs KOfrjuriaaaai Kaì rais evayyeXiKoIs
vó/iois TreiOófievaL, KaTaXeiirovai fièv rriv irarpiSa Kaì yevos Kaì Trepiovaiav 15
Kaì Krfjaiv Sia rriv irepì ròv Oeòv àydirriv Kaì irpoadoKiav twv èirovpa-
\.\2,\-A. viwv dyaOóòv, d^ia rov irarpòs APpaàfi Siair parrò fxevai» Kaì (fyevyovat
t. ÌO/Z'S. fièv rovs SiMKOvras, Karà Tr]v évroXrjv, Kaì KaraXafJL^dvovaiv òpos ri vx/rriXav.
KÙKeì rais irpoo-ev^aTs èa^óXalpv, Kaì rò fxèv awpa rio vx/fei rov opovs
irpoafjirrov, rr]v Se xjrvxh^ èv ovpavoTs el^ov iroXLrevopevriv. 20
F, 50. Toucra, Karà ròv oaiov irpocprirìiv ròv X€-\yovra flXvvels fie Kaì virèp 25
Pim. l,5.ws èavrriv, Karà ròv dyiov àiróaroXov ròv Xéyovra Tò Se réXos rfis
vpds TJì KeXevaei twv OeocfyiXea-Tdriov fiacrìXéiov rjpwv Kaì Kaiadpwv ; Kaì
TTpòs AydOiova eiirev '
Aid ti irapayevópevos eis Ta lepd, Ka6(ì)s 01 Kadoj-
(Ti(i)pévoi, Toìs le pois ovK èxprìo-d); AydOwv elirev' Chi XpiaTiavós eipi.
SedTTOTMV rjpcòv Tiòv jSaaiXéiov Kaì Kaiadpwv ; Eipì^vrj eiirev' Aid cj)6^ov
Oeov. ò rjyepìbv eTirev' Zv ti Xeyeis, Xióv}^ ; Xióvri elirev' 0ew I^mvti ireiri-
cFT€VKa Kaì oì) iroiw tovto. ó rjyepìov Xéyei' Zv ti Xeyeis, Kaaia; Kaaia 25
etirev' Trjv x/rvxìiv pov awaai OéXo). 6 rjyepìbv elirev' Twv lepwv peTaXa^elv
OéXeis; Kaaia elirev' Ov OéXw. ó rjyepìov elirev' Zv ti Xéyeis, rj 0iXì'7nra;
0ìXiTnra elirev' Tò avTO Xéyio. ó rjyepìov etirev' Ti éaTi Tò avTÓ; ^iXiirira
elirev' AiroOaveTv OéXw pàXXov rj tpayelv. ò rjyepìov eiirev' Zv ti Xéyeis,
rióOev ovv èyKvpiov el; GvTvxìct elirev' G^ ov eSioKev poi ò Oeòs dvSpós.
ó rjyepwv eiirev' flws ovv èyKvpiov Tvy xdveis, óirÓTe Xéyeis tÒv dvSpa (tov
^ malim Tvpocroyvofxd^eTo — •*
vtt
'
oìipavMv : aii vivovpav'uav t — ^ àva§r\(jovTui —
^ SovKkyìtios habet iibique codex; rectius scribend. AovXkltlos (lat. Dulcitius) àpre-
fiìiaioa cod, ; rectius scr. ApTefxicrios — ^ Kopevrapi]aio(r CLim a pr. ex COIT. vaìTCopiav —
'^
arparidìvapioa — ^- ^evecjjiKidXios cod. : ita et in papyris Aegypt. aliquando scribitur
àjddova et sic 1. 17 — *^ ^lóviv — *^ jiìj supplevi — ^'-^^
KaOoaicofiévoi — ^^ èirlaOncr.
AGAPES, IRKNES ET CHIONES. 17
fxev ; AyaiTì] elireu' Ovk evi koXms rtò (Tarava, ovk dyet jtiov ròv Xoyiafióv,
K. 5-^ àviKrjTos ó Xo-yiaiuòs tìfiiòv. ó i)yefiù)v elirev' Zv ri Xéyeis, XlÓuì] ; Xióvì]
elirev' Tov Xoyiajuòv ììfiwv ovSeìs Svvarai jJLerayayelv. ó rjyejuwv f.lirev' Mi]
Tivd èariu Tra// v/alu t(7)v àvoaiiov XpKTnavMV i) virofivrìfiara i) SicpOépai
ì) fiifiXia; Xióvì] elirev' Ovk eariv, KUf)i, diraura yàf) ol vvv aÙT0Kf)dT0f)6S 10
è^€(p6f)r](Tav. ó ì)yefÀMv elirev' Tives vfiTv rìjv yvMfiijv raurriv è'S(OKau ; Xióur}
elirev' O iravTOKpdrwp Oeós. ò ìjyepwu eìirev' Tiues elaìv oi crvpfiovXev-
aavres vpiv els Tavrrjv tìjv àiróvoiav eXOelv ; Xióur] eiTrev' O Oeòs ó irav-
TOKpdrwp Kaì ó viòs avrov ó povoyevrjs, ó Kvpios r]fiS)v Irjaovs Xpiarós.
^ovXkìJtios rjyejucbv eìirev' fldvTas viroKelcrOai tJ] KaSoaiiódeL tmu SeaTTOTCJv 15
ì^iuiwv TMV fiaaiXé(i)v Kaì KaccrdpMv iraai irpóStjXóv èariv. èireiSTj Se ùirovoiq
TLvì xprìadfievai dirò roaovrov )(póvov Kaì ToaavTrjs irapayyeXias yevo-
p 5%)v juévrjs Kaì ToaovTcov SiaTayjudrMv irporeOéuTcov, rrjXiKavTtjs àireiXfjs |
éirrjp-
TOVTOv eveKev rr^v Séovaav els éavràs Tipiopiav eKèé^acrOe. Kaì rrjv dirócpaaLV
eyypacpov eVc )(dpT0v dvéyvw '
Aydiryìv Kaì Xióvtjv, èireiSr] dKaOoo-iMTit)
Siavoiq èvavTi'a è(ppóvyi(Tav nò OeiM OedirlapaTi tmv SeairoTÒìv ì)pu)v av- 25
yovcTTMv Kaì Katadpdìv, eri eÌKalav Kaì eioXov Kaì arvyrjrriv irdai rais
KaO(oai(t)/iiéuois aé^ovaaL tì]v tcòv Xpiariavóòv OprjaKeiav , irvpì eKeXevaa
TrapaSoOfjvai. Kaì irpoaéOr^Kev '
AydOoyv Kaì Glprìvr] Kaì Kaai'a Kaì 0iXLTnra
\^Kaì EvTv^ia I
§id rò véov tìjs ijXiKias réios èfiPXtiOrjaovTai eis rò SeafiO)-
Trjpiov. 30
Toaavras di(pOépas Kaì ^i^Xia Kaì irivaKiSas Kaì KwSiKeXXovs Kaì ^eXiSas
ypa(f)(7)v TMU irore yevopévwv XpiorTLavMv riòv dvoaldìv èfiovXriOris d^pi 35
TOv (pó^ov eKeìvov tov Oavdrov irpo òcpOaXiUMv ej(ovaa. oOev dvdyKìj
^ e.vTv^lav — ^
ejKVuov — "''
Katìnauoiiévoi — '
civikijtos: iiialiiii «/ctVj/ros — ''
ti
(^delet.) I
Tivd — *" ^lóvi — *^ aTCìTKOviQ'ìVTOJv scripsi ; (TTncria^óvTWv cod. — '-•
Ka6o~
(TKafiévoia — -^ Kaì Gvrv^la inclusi; et". sa[)ra liii. 2-3 — ^^ KiaSijKéXKova.
18 iMARTYRIUM SANCTARUM
€7riKfi(r8(ii fifì' (mi rà rfjs rifioìfuas. t'ari aè èvoovvai aoi fiéfios (piXdvHftuì-
TTias ovK dK(Uf)(>\>, (lurrf-, t-ì jioìiXììfifitjs iwu y ovu Otovs
'
tiriyivoxTKtiy, tìvdi
ae àtìioav KivSvvov irauròs Kaì K(>\d(rfO)s. ri ovv Xéyeis; iroieìs rt^y Ktktvcnv
Twv PcKTiXéow i]fu7)v Kaì KaiaàfHov Kaì èroifiri el ItfmSvrov fpayeìv (rì]fief)(jv
F. 53* Kaì Oixrai roìs Oeols; Eifnju}] flirci^' Ov)(i, ovk ti/iì tTOifiy] 7^of^/-|f7af èia ^
Tov iravTOKpdropa Oeòv ròv KTiaavra ovpavóv re Kaì yfjv K(à Odkarraav
Kaì fravra rà f-V avrais' /leydXt] yàf) SiKi] alcouiov paadx^ov roIs rrapa-
^aivovmv rov Xóyo\f rov Oaov. Ao?;Aac;/t/os }]yfifi(i)v elirey' Ti's aoi (TvvePov-
Xevaev ras Sicj)0€f)as ravras Kaì ras ypacjyàs iné)(f>i rf]s (Tì]H€f)Ov r]fi€f)as
avvpSei; Glprjvi] eiirev' 'Girepwra rovs yeirovas Kaì rovs róirovs, ei ris 2:^
Eipiivr] eiirev' Gv rio oÌ'kci) rjpcdv ìjaav Kaì ovk èroXfiQìjiev avrà è^dyeiv
F. 54^ è'^w. òOev Xoiiròv Kaì èv OXiyfrei jueydXij rj/uev peivaaai, \
ori ovk ijSvvdjuieOa
avrois 7rpoa6)(€iv vvKra Kaì riiuépav, KaOìos Kaì air' àp^rjs eiroiov/iev ews 3o
rfjs Trepvaivrjs ìjjuépas r)s Kaì à'K€Kpv\lfafiev avrd. ù^ovXKrjrios riye/miov eiirev'
Ai jnev àSeXcpai... Karà rà irpoara^Oévra avraTs, àirocpdafi irepieKavOrjaav,
av Sé, èireì airia yeyévìiaai Kaì rrpórepov rrjs (pvyrjs Kaì rf]s rwv ypafi-
/iidroìv rovruìv Kaì Si(pO€f)wv àiroKpvyjrews, àiraXXayfjvai rov j3iov ov ro)
^ ?/ iepóìQx'Tov — '^-^'-
ììpeTricràfxetìa — ^"^
avrà (rnveiSìi — '^ <JoK€7s ò deós
addidi ci. 1. 19-20 — ^^
yàp f. post iSlovs poiieiid. -rrepia-vvcò — ^'^
èVet ooit. jibia-
rius ex eri — '^ è4>vTi]aev — ^^ l'/ioìv — *' avv€i§ti eTrepcùràa, coiiexi ;; rlcr —
^^ icrpev — ""^
avTo7s: aìiraìa cod. — •" irepi(ruvfja- — '"'
post nSeXcpai lacnnam notavi:
aliquid desideratili- quale aov, eVeì ovk è^ovX^Qnaav tmv 'lepwv fieroXa^eìv, sen potili?
Bvaai -rrepie^Xiìdtjaav, coir. Mercati — '"
è-rri, corrigebani.
AGAPES. IRENES ET CHIONES. 19
avTM Tf)()7r(i) (Te KeXevw àOfxjws, àWà tìià rfjs è/nrfj^eojs twv àyopavófioìv
tìjs iróXecos Tavrrjs Kaì ZuHTifiov tov ari/iocriov eis iropve'iov arrivai yv}ivy]v
rd^ews Kcìv èXaxi(TTr]v ìópav àTrr]XXd)(6aL (wrriv e'/c tov tottov eKeivov, èv ci)
rrjs Glpy}vr]s Srj/ioaia KarjTMaav. Kaì KaTcì rò irfìóo-rayna tovto toì; rjye- io
/iióvos dirayayóvTMV avTrjv tmv eis tovto TeTay/névon' èirì tov Srifióaiov
èirì TOV ^YìpaTOs , eìirev Trf)òs avTì^v' 'Gppéveis eTi TJj avTfj àirovoia;
Elpìivr] elirev Trpòs avTÓv' Ovj(ì air ov ola, cìXXd Oeoae^eiq. ó Se ìiyepù)v
/\ovXkì^tios elirev' Kaì diro tìjs irpoTepas aov diroKpiaeMS (pavef)MS èSei^Or]
tÒ pt] Ka6o)ai(i)pév(os TreTrelaOai T/7 KeXevaei tmv PaaiXéwv Kaì vvv èri èppé-
F. 55^' vovadv ere Tfj avTf) \
àirovoia OeMpo). oOev Xr]\l/i] tì]v Séovaav Tipcopiav. Kaì y>o
OVK ìjOéXrjaev iveiaOrivai TJ] KeXevaei tmv jSaaiXécov Kaì Ovaai, eri ye pr]v
OprjaKevovaav Xpio-TiaviKrj tivi rd^ei, tovtov X^'-P^^' ^^^ '^^^^^ '^^'^ irpÓTepov
Svo dSeXcpds avTrjs, ovto) Kaì TavTrjv l^warav Kafjvai eKeXevaa.
7. Kaì TavTrjs tìjs àirocpdaeMs è^eXOovaijs irapd tov ijyepóvos, Xa- 2f>
fiópevoi 01 o-TpaTiiÒTai dirr]yayov aììTÌ^v èivi tivos vxfrìiXov tottov, ev6a Kaì
ai TTpÓTepov avTrjs àSeX(paì pepapTvpriKaaiv. irvpàv ydp dyf/avTes peydXrjv,
eKeXevaav avTrjv à<p '
éavTijs dveXOeTv. ì] Se dyia Glprivì] xjrdXXovaa Kaì
So^dl^ovaa tov Oeóv, eppi\p-ev éavTrjv Kard tìjs irvpds Kaì ovtws eTeXeiivOi],
viraTias AioKXrjTiavov avyovaTOv to evvaTOv Kaì Ma^ipiavov avyovaTov -m)
F. 56 tò oySoov |
KaXdvSais 'AirpiXXiais , fiaaiXevovTos els tovs aio)vas hio'ov
Xf)io'TOv TOV Kvpi'ov rjpwv, peO'ov tw iraTpì ?/ Só^a criiv rw dyi(i) irvevpaTi
eis TOVS aiMvas t(7)v aioìviov. àprjv.
OSSKIiVAZIOiNI
'
Alle volte il Ruinart fu poco felice nella liceica dei codici, alle volte poco
felice anche nella scelta delle lezioni. Così, rileggendo tempo addietro la breve Passio
s. Fructiiosi, notai i seguenti luoghi, che il futuro editore dovrà molto probabilmente
emendare. Al principio, comjprehensus est Fructuosus ep., Xugurius et Eulogius^^ì richiede
piuttosto comprehensi sunt^ come legge p. es. (olti'e Mombrizio 305) il cod. 55 di
I
Montpellier. Poco dopo, mox ut venerunt^ mancano le paiole ad forum, che furono
letto nel suo codice da Prudenzio (Peristeph. 6, 14). Al e. 2, Fructuosum episcopum,
Aiigurium et Eulof/ium intromittite, non solo sopprimeiei episcopum, con i codd. 55
e 154 di Montpellier (e chi sa con quanti altri), ma restituirei eziandio, seguendo la
edizione Bollandiana e molti mss., impone o impunite. Questo verbo si i-accomanda per
la sua stessa rarità: esso ricon-p, del i-esto, nella Passio ss. Scilitanorum (p. 22, 3 Gebh.)
in secretario inpositis (cf. Pass. Philene et PhUoromi 1, j). 102 Knopf: Imposito Philea
super ambonem,). Appi'esso noli oerbis... auscultare è eri-ore per noli verba... auscul-
tare. Né si può sostenere al e. 3 la lezione populus Fructuoso condolere coepit, perchè
Fruttuoso, lungi dal dolersi, si sentiva felicissimo: si deve scrivere Fructuosum dolere
coepit, come ha il Surio e p. es. il cod. 55 di Montpellier (^cf. e. 6 tion quod dolerent
Fructuosum). Al e. 4 il R,uin. ha preferito, con Bollando, la lezione in fare aniphi-
theatri a in porta amph., assai male (cf. e. gr. Pass, s Perp. 18 atm deducti essent
24 II. OSSKRV AZIONI
in 2)ortam [se. amphitheatri] e rammenta la porta Sanavivavia [Pass. Perp. ce. 10. 20],
perchè il ne, invece di tu, è un semplice errore di stampa, al pari, ritengo, di immar-
cessibilem (ce. 4. 7; così legge anche Mombrizio), per quanto l'uno e l'altro errore
ritornino in tutte le ristampe.
^ V. Studi e testi n. 3 La Passio ss. Mariani et lacobi, Roma 1900.
SOPRA GLI ATTI DI S. CRISPINA. 25
s. Ireneo Sirm. e. 1 (ap. Ada ss. Bollami. Ili mart. p. 23), dove, in
luogo di èirì /\iOK\ìjTLavov Kaì Ma^ifÀiavov kciÌ Kc^vo-ravrlov rwv
l3acri\€Mv il Mazzocchi propose di scrivere {Kalend. Neapol. p. 751)
èirì I\lok\. Kaì Ma^ifji. rwv ^acriXéwv Kaì KojvcrravTLOv Kaì Ma-
^Ljiiavov tQ)v Kaiadpo)v , ma io leggerei piuttosto AtoKXriTiavov
Kaì Ma^LfÀiavov , Ma^ijiiavov Kaì Kcovo-ravTLOv twv (SaaiXéojv
atteso che il titolo di fiaaiXeTs si trova dato qualche volta anche
ai cesari, specialmente se nominati insieme con gli Augusti ^. Nel-
l'ultima ipotesi, la caduta di Ma^ifiiavov potrebbe anche ascriversi
nel ^acriXevs iroXe/iiòv rjji' è/c/cXj/cn'rti' conviene riconoscere l'imperatore Massimi no.
26 li. OSSERVAZIONI
anche Crispina.
Ma al primo argomento qual peso si può dare, una volta che
il proconsole giudicante in Tebessa ricomparisce anche negli Atti
di s. Massimiliano , indipendenti dai nostri , e la cui testimonianza
non abbiamo alcun dritto di revocare in dubbio , come fa l'Allard
giudice in fuòri, non hanno nulla di comune con lei. Crispina era
di Tagura e fu uccisa nella vicina Tebessa, quelle erano di un
luogo poco discosto da Tuburbo, detto nella Passione e. 1 possessio
^ Cf. Pallu de Lessert Fastes des provinces africaines II, Paris 1901, p. 4-5.
2 Come riteneva un dotto missionario d'Africa in Nuovo Bull, di archeologia
crisi. 5, 1899, p. 50 sqq. Vedi in contrario St. Gsell in Mélanges d.' archeologie et
d'histoire de V Ecole frangaise de Rome 20, 1900, p. 130 nota 5 e in Les monumenta
antiques de V Algerie II, Paris 1901, p. 275, nota 2.
^ Non so perchè lo volume Die Mission und Ausbreitung
Harnack nel suo ultimo
des Christentums in den ersfen drei Jahrhunderten^ Leipzig 1902, p. 525 s. v. Thuburbo,
mentre rileva la falsa identificazione delle martiri tuburbitane con le ss. Perpetua e
Felicita, non noti ch'esse sono appunto Massima, Donatilla e Seconda, di cui cita gli
Atti a p. 257?
SOPRA GLI ATTI DI S. i^RISPINA. 27
sario, quando fa parlare Anullino così : Blu vivere desideras aut inori
malagevole stornare dal capo dell' autore l' accusa di avere, non
non si potrebbe parlare nel caso in esame. D' altronde sappiamo dal
Calendario di Cartagine che Crispina ebbe realmente dei comites
in cui non è lecito riconoscere le tre sante tuburbitane, comme-
morate separatamente il 30 luglio, sì bene altri fedeli, tra i quali
abbiamo dinanzi agli occhi, per così dire, soltanto l'ultimo atto. Lo
•stesso si ricava dall' interrogatorio , dove il proconsole tralascia
di muovere alla santa le solite domande : Come ti chiami ? qual' è
la tua condizione? etc. È segno infatti che 1' interrogatorio a
noi giunto venne preceduto da uno o più altri , senza dubbio a
^ sermo 280, 2 (ap. Migiie PL 38, 1298) nondum erat quod miilieres quae-
Cf.
daniy quod puellae, quod Crispina, quod Agnes; sermo 354, 5 (ap. ÌNIigne ibid. 1565)
non solam Agnen fuisse coronatam mrginem sed et Crispinam muliereiìi: De virgi-
,
niiate 44 (ed. Zycha in Corp. Scriptor. eccles. latinor. XLI 5, 3 p. 290) linde, inqunm^
scit, ne forte ipsa nondum sit Thecln, ioni sit illa Crispina^
28 II. OSSERVAZIONI
sul suo martirio dei particolari che non si leggono affatto nel
cum audiebatur^ cum damnabatur (in ps. 137, e. 3 ap. Migne ibid.,
non che, a farci ritenere che essi sieno proprio desunti dal principio.
Su questa
* città cf. Toiilotte Géographie de VAfrique chrétiemìe , Numidie,
Rennes-Paris 1894, p, 286 e, per i suoi monumenti, Gsell Monuments de VAlpérie
I 233; li 264. 376.
- Cf. e. g. Pass. s. Perpetuae 6, 2 ascendimus in catastarn Pass. ss. Mariani et :
i
SOPRA GIÀ ATTI DI S. CRISPINA. 29
^ Una volta soltanto s. Agostino parrebbe alludere ai nostri Atti (in i)s. 187, e. 17
ap. Migiie 37, 1783) sancta Crispina si desiderarel diem hominum, nef/aret Christitm,
plus hic viverety sed in aeternuni non viveret. Cf. Acta: diu vivere desideras aitt mori
in poenis ? resp, Cr.: Si mori vellem et in interitum animam meam tradere... iam
tuis daemoniis darem vohmtateni nieam,.
^ P. Monceaux si è provato di difenderla nella Histoire littèraire de VAfriqiie chrc-
tienne (I, Paris 1901, p. 78 sqq.), della quale parlerò in seguito; ma parmi poco felicemente.
a
30 li. OSSERVAZIONI
'
L'interroiifatorio di Crispiiia termina con la lettura del processo
seguita dalla sentenza capitale, che il proconsole legge (secondo Tuso)
sulla tabella. Nei due codici di s. Teodorico e. conseguentemente,
nelle edizioni essa è miseramente guasta così : Crispina in super-
stitione indigna perdurans, quae diis nostris sacrificare noluit, secun-
dum Augustae legis mandata a caelesti lociim tendit (così il cod. di
Mabillon, quello di Ruinart ad caelestem locum tendit), eam gladio
animadverti iussit. Io non starò a ricercare 1' origine dello stranis-
Se iussit poi non è sbaglio per iussi^ qualche cosa deve ritenersi
caduta molto anticamente nei mss., come potestas mea ^
(nei testi
1 Tillemout ilfE" V 319 dice : « Atiuliu fìt i*elire le procès verbal.,.., ce que nous
n'avons poiut eiicore remarqiié daiis d'autres actes ». Allora non si conoscevano gli
Acta Apollonii (e. 11, p. 48 Gebhardt), dove - al principio peraltro dell'udienza e non
prima della sentenza - V àvOviraros fi leggere il veibale della seduta antecedente: ava-
jvioa9i]T(i) TC( ciKTcì 'AttoXXw. Cf. del i-esto Acfa s. Sebastmnae 23; A. s. Canionis 17
{Ada SS. mai VI 32; iun. VI 69).
^ Nelle formole f/ladio animadverti iussi, gì. an. placet non trovo mai dato alcun
epiteto a gladio.
"^
Cf., per citare un testo africano contemporaneo ai nostri Atti, Passio s. Typasii 5
(ap. Anal. Bolland. 9, 1890, p. 120) perdurimus ewn ad potestatem tiiam (si parla
al Comes). Ma la formola potestas mea in testi latini originali non la ricordo.
SOPRA GLI ATTI DI S. CRISPINA. 31
[1. signaculo] crucis [il modo più antico di segnarsi], extendens ccr-
vicem suam decollata est), termina con una formola piìi semplice e
di sapore più antico prò nomine domini nostri lesu Christi, cui honor
in saecula saectdorum.
E termino con una dichiarazione. Poiché il codice di Autun,
sebbene notevolmente superiore agli altri due (invano da me ricer-
cati), non può tuttavia dirsi ottimo, quella che si legge nelle pagine
seguenti non pretende di essere altro che una edizione provvisoria
al più alto grado. Essa ha però il merito di risolvere le principali
(in Zeitscìirift f.
loissenschaftl. Theologie 33, 1890, pp. 473-79). Egli crede soltanto che
la Passio s. Crispinae sia un documento storico di secondo ordine, cioè « ein Heiligen-
leben welchem zwar das authentische Material der Proconsularacten zu Grande liegt,
das aber schon mit erweiternden Zusatzen versehen ist. » Infatti, dice il G. (p. 478),
la pena della decalvazione, a cui Grispina è sottoposta, non si ti'ova in uso nell'impero
romano (se si eccettui qualche Passione à la Mefaphrnstes), mentre essa « spielt beim
Germanenthum im Vormittelalter eine dùstere Rolle. » Questa difficoltà non mi sembra
di grande peso. Radere la testa alle donne è notoriamente una punizione usata anche
nell'antichità classica, come basterebbe a provarlo la flepiKeipojjiévìì di Menandro, della
quale vennero non ha guari rinvenute le ultim.e scene dai sigg. Grenfell ed Hunt. Lo
sfregio di decalvare la metà del capo o il capo intiero s' infliggeva specialmente agli
schiavi, uomini e donne, come in oriente (cf. e. g. I Paralip. 19, 4; Isa. 3, 17) ed in
Grecia, cosi pure presso Romani (Marquardt Vie privóe tv. V. Henry I, Paris 1892,
i
deo et domino nostro lesu Christo filio eius, qui natus et passus est.
^ Incipit passio sce crispine A; Acta Saiictae Crispinae (-j- virginis et Mabillon)
mai'tyris Mabillon Ruin. ~ noiiies A; II M; om. R octies Augustis restituì
(cf. Acid S. Felicis 1 ap. Ruin. p. 313 Diocletiano octies et Maximiano septies con-
sulibus Augustis); a*gusto cum, rasura A\ Agusto M; om. R coiisolibus ilf om.
die non. Dee. R ^ aput A; apud Mab. Ruin. * adsidentli A anulo A; for-
sitan scribendum hic et deinceps Anullino comentariense A '* Thagarensis MR;
tagonensis A ; corr. Allard (cf. Martyrol. Hieron. non. Dee, p. 150 ed. de Rossi-Duchesne)
omm. nostrorum (nrorum A) MR *"
comtemsit Ruin. iusseris AM; iubes R
"•
Ingressa itaque A; Et indueta beata MR sacri -\- iam M Ruin. ^ Chrispina A;
beata Crisp. M Ruin. resppondit A, sed cum alt. p eraso Quid AM; Quid
illud R ^ Anulinus -f- proconsul M Ruin. omnibus: in omnibus A ^^ Dio-
cliciano M Ruin. ed. 1689 ^^ constanti^ A agustis AM Ruin. ed. 1689 et
Maximo A corr. i manu ex maximi {scribend. erat Maximiano); omm. MR nobi-
A; nobilissimo caesare MR
lissimis cfìsaribus ^^ beata Crispina Ruin. Num- M
quam ego Ruin. M et vero A omm. MR ^^ om. nostro A .• natus est et
passus Ruin.M ^* ameputa A ^^ romanorum A: nostrorum MR Chri-
spina A; beata Crisp. M Ruin. cotidie adoro A: cottidie venei'or MR.
PASSIO S. CRISPINAE. 33
Cotidie veneror, sed deum vivum et veruni, qui est donùnus meus,
praeter quem alium non novi. Anulinus dixit: Ego sacrum praeceptum
offero ,
quod observes. Crispina respondit : Praeceptum observabo
sed domini mei lesu Christi. Anulinus proconsul dixit: Caput tibi
omnis Africa sacritìcia fecit, nec tibi dubium est. Crispina respondit :
deo qui fecit caelum et terram et omnia quae in eis sunt. Anulinus
dixit: Ergo isti dii a te non sunt accepti, quibus cogeris exliibere i^
lorum, qui est deus verax et metuendus, qui fecit mare et herbas r>
consiil M Ruin. -^
Chi-ispina A; Beata Crisp. M Ruin. ^ permanenti corri-
gebam; permanens A '^-^
dii - metuendus A Quid : visi ut sim sacrilega apud Deum
et apud imperatores non sim'^ absit. Deus magiius et omnipoteas (om. et omiiip. M)
est MR ^ quid: qui A .
~-^ Romanam: humanam R Chrispina A; Beata^
linus proconsul MRuin. *^ om. nam non prosequeris A [homoiotel.) ^--^^ quod...
conueniat A; quae conveniunt MR ^^'-^'*
commentariensi officio dicens A; et com-
mentariense officio dixit ikf/v .
^* deformi tionem ikfi? *=^
ignominiam deveniat A;
pompam perveniat MR ^^ Chrispina A; Beata Crispina MRuin. credo A.
credam MR om. non A ^"^
audienda [quod iam Mabillon coniecerat) A ;
permanet ipse me iussit nasci, ipse dedit mihi salutem per aquam
baptismi salutarem, ipse mecum est adiuvans me et ancillam suam
in omnibus confortans, ut sacrilegium non faciat.
iussit AMR edd., quod si verum, exc. potestas mea {gr. ì] è/ij; è^ovcria) aut tale ali-
quid ante Benedico M hah. Christo laudes ago; R Gratias ago deo meo lesu
Christo ^^omm. deo gratias MR ^^ signaculum f.
signaculo corriyend. ^^-*^ Et
signans - amen A; Passa est beata Crispina apud coloniam Thebestinam die nonarum
Decembrium, imperante Anuliao proconsule, regnante domino nostro lesu Christo in
unitale Spiritus Sancti in saecula saeculorum (cui est laus uirtus honor et imperium
cum patre et spìritu sancto per infinita saecula R) MR.
III.
Dei martiri della Massa candida non ci è pervenuta nessuna relazione storica.
Abbiamo solo alcuni cenni nelle opere di s. Agostino, dai quali nuli' altro si raccoglie,
se non che quei santi erano stati uccisi e sepolti presso Utica al tempo della perse-
cuzione di cui fu vittima anche s. Cipriano. La narrazione relativamente particolareg-
giata, che si legge nel Peristephanon di Prudenzio, non accordandosi con i cenni di
s. Agostino e trovandosi in un inno in cui la vita stessa di s. Cipriano è narrata in
modo affatto bizzarro (v. p. 48 nota), deve riguardarsi come una leggenda poetica, forse
neppure d'origine africana (v. p. 42). Gli studiosi pertanto sono stati costretti a ricorrere
a delle congetture più o meno verosimili per ispiegare così la strage in massa degli
Uticensi cristiani, come l'origine del nome Massa candida. E non più che una congettura
pi'etende di essere quella che sottopongo nelle pagine seguenti al giudizio dei dotti.
i
P. Monceaux in mi accurato studio sulla leggenda dei martiri
della Massa candida, edito la prima volta nel volume XXXVII (1900,
p. 404-411) della Eevue arcMologique \ così ricompone, nelle sue
linee principali, Toscurissimo fatto: nell'agosto dell'anno 258 Galerio
Massimo proconsole condannò al taglio della testa una moltitudine
di circa trecento cristiani comparsi davanti al suo tribunale in litica ;
poi, sopra tutto per evitare il pericolo di una epidemia, ordinò che
^ L'ha poi riprodotto nel secondo volume della sua Histoire littèraire de C Afrique
chrétienne, Paris 1902, p. Mi pare questa una bell'opera, dalla quale peraltro
141 sqq.
vorrei vedere scomparire - in una seconda edizione - diverse inesattezze, specie nelle
parti che trattano dei documenti agiografici. Nel primo volume p. 82, dove il Monceaux
enumera tutti coloro i quali si sono, anche bi'evemente, occupati della relazione fra il
Inoltre cita lo Hilgenfeld fra quelli che ammettono la pubblicazione simultanea delle
due redazioni greca e latina, e nulla dice della sua ipotesi, reiteratamente sostenuta,
di un originale punico. Egli ricorda la mia edizione (p. 77 nota 7), come anche quella
del Robinson; però non se ne vale mai nelle citazioni (cf. p. 80 nota 5 [dove, oltre il
lasciare ìiXixevjev, invece di ìijjLeXyev, aggiunge di suo un fiov invece di fioi^\ p. 75
nota 14; p. 95 note 3 e 10, dove trascura tutte le correzioni introdotte nel testo dagli
ultimi editoi'i. Lo stesso si deve dire per M. [Il 173] spiega
la Passio Montani: il
e. 12, 1 come se fosse scritto necessario reliqua subiunximus, mentre le ultime edd.
leggono, meglio, necessaria r. s.) cosa, mi pare, abbastanza strana in una storia lette-
raria dell'Africa cristiana. 11 M. prosegue ad accusare Tertulliano di aver attribuito
(Dean.òò) a Perpetua la visione di Saturo e. 11-13(176 nota 5), mentre il Robinson
{The Passion of s. Perpetua p. 55 nota 1) osservò che l'apologista probabilmente volle
alludere alla visione di Perpetua e. 4, dove infatti si descrive nel giardino celeste il
Pastor buono circondato da personaggi tutti biancovestiti, e cioè appunto dal martyrum
candidatus eocercitus. Quanto a Dinocrate, non [jare esatto il dire che Perpetua nella
seconda visione lo descrive in paradiso (p. 87 nota 4). Essa ce lo vuole rappresentare,
40 111. I MARTIRI
secondo ogni verosimiglianza, in quel luogo di refrigerio, in cui molti allora credevano
che le anime dei giusti noti morti per la fede attendessero il giorno del giudizio finale
(cf. TertuUian. Be an. 54-55; Atzberger Eschatologie p. 306 ; P. Franchi Gli Atti dei
ss. Montano, Lucio etc. p. 67 nota 1). Della secchia plumbea di Tunisi il M. conosce
(I 89) l'interpretazione del de Rossi, ma
sembra - delle gravissime nulla - a quanto
difficoltà che da tempo le si mossero contro, e prosegue a vedere una orante, dove invece
la téte ', mentre il testo ha iunoci nianus ut digitos in digitos niiiterem et adprehendi
illi caput (e. 10, 11, p. 78 Gebhardt). Il passo degli Atti di s. Montano 19, 3 (p. 157
Gebh.) ultimi furoris esse magis mala mortis timere quam vivere, citato e tradotto dal
M. II 174, è stato corretto e debitamente interpretato dal Wilamowitz {Hermes 34,
1899, p. 512; cf. Anal. Bolland. 19, 1900, p. 48). E dove si descrive (II 237) il mar-
tirio di s. Cipriano, è detto che egli « si fece legare le mani », mentre gli Atti 5, 5
(p. 127 Gebh.) portano Cyprianus manu sua oculos sihi texit. qui cmn lacinias ma-
nuales ligare sibi non potuissety.. ei ligaverunt. Vuol dire (e cosi l'ha intesa altrove
dal prete e dal suddiacono. Ridicolo sarebbe stato il notare che s. Cipriano non
potè legarsi le mani da se! — Della Passio ss. Mariani et lacobi è naturalissimo che
il M. ignori la mia edizione troppo recente. Avrebbe peraltro dovuto tener conto del
frammento edito dal Mercati nell'eccellente scritto Di alcuni nuovi sussidi per la cri-
tica del testo di s. Cipriano, Roma 1899, p. 89-90, che duole di non trovar mai men-
zionato in un' opera dedicata in buona parte allo studio di s. Cipriano. La nota 3 a
p. 87 di codesto scritto del Mercati avrebbe spiegato al M. per quale semplice svista
il Preuschen (non l'Harnack) ha posto gli Atti di Agapio, Secondino etc. (cioè la intiera
Passio Mariani et lacobi) fra i documenti sospetti e gli avrebbe risparmiato la fatica
(II 160: cf. 157) di difendere l'autenticità di un episodio in realtà non controverso.
L'autore della Passio è qualificato dal M. '
un demi-lettre, presque un ignorant '
(p. 1 13).
Ma io non trovo troppo inferiore Mariani a quella Montani et la Passio Ludi, e trovo
invece che un semi-ignorante non avrebbe applicata cosi costantemente (sia pure p. es.
che riassume le ricerche originali di W. Meyer. Quella che - a quanto pare non conosce,
-
è l'opera del Norden Die antike Kunstprosa (li, Leipzig 1898). - Il M. (il quale non credo
abbia letto i miei Atti dei ss. Lucio e Montano, poiché, mi pone in un fascio con l'Harris,
quasi abbia ritenuto anch'io quel documento per l'opera di un falsario) afferma che
alla morte di Galerio Massimo il ius gladii dovette esser preso da un procurator * suivant
la coutume '
(11 mi sorprese nel passo degli Atti di Montano, a cui
170). Ora ciò che
si riferisce il M., non è
un magistrato interinale, sì bene l'essere questo
il fatto di
magistrato un procuratore, *fait anormal au premier chef come dice il Pallu de Lessert ',
(Fasles I 289). —
Parlando della Vita di s. Cipriano per Pontium il M. adduce dal
De viris inlustribus di s. Girolamo l'articoletto biografico dell'autore e spende una mezza
pagina (II come esso riguardi appunto il Ponzio scrittore della Vita
191) per dimostrare
a noi pervenuta. Egli non sembra essersi accorto che s. Girolamo ha desunto l'articolo
dalla Vita stessa. —
Dove si tratta di s. Cipriano e Donatisti (li 304 sq.) si potrà i
vano immersi, una specie di imbalsamazione economica (cf. l'uso, pure riscontrato a
Cartagine, d'immergere cadaveri in uno strato di resina [Delattre in Comptes rendiis
i
de r Acadcm,ie des inscriptions et des belles lettres 1902, p. 597]), ovvero col Martigny
{Dictionnaire des antiqiiités chréiiennes s. v. * chaux ') che si tratti di una sorta di
alla buona nei fiumi. Non e' ò bisogno di adduri'e esempì, quali Tese-
* Non ricorderò fatti più antichi, come quello dei 4500 uomini della^guarnigione
insorta di Reggio, che, dopo uccisi, èXKvaOévTes els àvaireiTTafiévov ri irph rfjs TvóXeoos
^loplov (l'Esquilino), Ììtto olcovwv koì kvvcòv ^let^Bàpnaav (Uionys. Hai. 20, 16). Cf. Studi
e testi 6 (1901) p. 13.
^ Ciò apparisce dai diversi luoghi in cui s. Agostino parla della Massa candida,
dando di questa denominazione una spiegazione puramente allegorica {in ps. 49, e. 9;
in ps. 149, e. 17; sermo 306, e. 2; sermo 311; ap. Migne PL 36, 571; 37, 1880; 38,
1400-1401; 1417) e da un discorso falsamente attribuito allo stesso s. Agostino (ap.
^ Chi citasse Tesempio dei ss. Massimiano e Borioso misai in calcina?n civam per
ordine di Giuliano zio deH'Apostata (Ruiii. p. 521 ed. Veroii.), mostrerebbe ignorare
il valore dei loro Atti.
^ Non è l'unico caso in cui una espressione mal compresa abbia immagi-
fatto
nare un supplizio. P. es. s. Gregorio Nisseno, raccontando il martirio di s. Teodoro arso
vivo sul rogo, usa in un passo la espressione rrjv (f)Xo'yoTp6(f)ov èKelvTjv Kafxivov (Migne
PG 46, 737 e). Di qui il Tillemont (ME V 374) ricavava che, secondo l'oratore, il
martire dovette esser divorato dalle fiamme di una fornace. Egli non riflettè che
negli scrittori di epoca tarda Kafiivos è volentieri adoperato in senso generico e può
designare anche il rogo, come e. g. nel Testamento dei XL martiri di Sebaste I 3
(Gebhardt p. 167, 12).
^ Nel N. T.TT a. è chiamato il fuoco dell'inferno (Mt. 3, 12; Me. 9, 43; Lu. 3, 17).
44 III. I MARTIRI
zione del jiiaXOaKov nup col fxaKphv Tvvp (Eus. MP. XI, 26) pro-
posta dal medesimo Heiniclien, sebbene l'effetto del primo non diffe-
risse molto da quello del secondo in quanto uccideva lentamente il
sesso ed ogni età, non si può addurre come prova del contrario.
1 Lampridio, Aleocand. Sev. 36, 2 (I 274 Peter), narra che questo imperatore fece
uccidere un uomo nel foro Transitorio fumo adposito, qutm ex stipulis atque wnidis
lignis fieri iusserat. Di tale supplizio gli Atti dei martiri ci riferiscono diversi esempi.
Vedi Euseb. He Vili 12, I; Pass. Tarachi etc 4 (Ruin. p. 381) etc.
2 Fuoco descritto assai elegantemente da Prudenzio Peristeph. 2, 334 sqq. prunas
tepentes sternite - ne fervor ignitus nimis - os contumacis occupet - et cordis intret
ahdita. - Vapor senescens langueat, - qui fusus affìatu brevi - tormenta sensìm tem-
per et - semiustulati corpor is.
DELLA MASSA CANDIDA. 45
sepolti. Massa, eh' era adoperato anche nel senso di globo, mol-
potè anche per la ragione che i martiri consumati nella Silva can-
dida furono soltanto due o (contando Rufina e Seconda) quattro. Sup-
poniamo per un momento che la Silva candida avesse ricevuto le
spoglie di centinaia di eroi della fede; chi sa che ora non avreninio
gnerebbe supporlo ove fosse stato l' autore del massacro uticense.
Egli condannò a male in cuore s. Cipriano {Ada proc. 4, 1), il quale
dei vescovi immolati nel 258 è uno dei pochissimi che non abbiano
avuto dei preti o diaconi commartiri ;
anzi ad un prete e a più di un
diacono fu permesso di assisterlo negli ultimi istanti. La plebe, udita
la condanna, sollevò del tumulto; eppure non vi ebbe, almeno in quel
giorno, repressione violenta. Di più l'ultima lettera di s. Cipriano,
scritta quando Galerio Massimo si trovava ancora in Utica, non mostra
saper nulla di sangue cristiano già sparso, parla soltanto di perse-
cuzione imminente, e l'autore vi annunzia il suo prossimo ritorno a
Cartagine per quivi udire dalla bocca del proconsole quid imperatores
super Christianorum laicormn et episcoporum nomine mandaverint
(p. 841, 18 Hartel). Finalmente sembra che in tutta la provincia
* E possibile che ciò si debba in parte alla morte di Galerio Massimo sopiav-
venuta quasi subito {Ada s. Cyprinni 5, 8 p. 127 Gebh.).
48 III. 1 MARTIRI
cpiscopus noster solus 2)(^^ssiis fuisset. Che se egli intende parlare della
sola Cartagine (cosa assai possibile)^ non è così dove Ponzio diacono
dei fedeli della provincia), erano morti a causa dei patimenti inenar-
rabili di quella durissima vita (cf. Cyprian. ep. 76, p. 828 Hartel).
Mi pare pertanto assai incerta la supposizione che il massacro
uticense abbia preceduto il trionfo di s. Cipriano. Questa supposi-
zione del resto, oggi universalmente accolta, dietro il giudizio del
dei martirizzati nella calce viva]). La data della festa dei martiri
nessuna storia, né forse esistette mai, poiché già nel IV secolo si aveva
del fatto appena una notizia vaghissima? Abbastanza probabile mi
pare la congettura proposta dall' Allard (Hist. des pers. Ili 107) e cioè
che i martiri uticensi fossero uccisi in una qualche maniera som-
maria, non in seguito a regolare processo. Questa ipotesi è favorita
dal numero stragrande delle vittime e (se egli merita qualche con-
siderazione) dallo pseudo- Agostino, il quale si figura l'avvenimento
non nego che anche un magistrato può aver fatto decapitare trecento
persone insieme, come Seneca {Bìal, IV 5, 5) riferisce di Voleso
4
50 HI. T MARTIRI
far dire ai testi più di quello che dicono. Ora - è bene ripeterlo -
la lettera di s. Cipriano non contiene il più piccolo accenno a un
tumulto, a una ribellione, come quella supposta dall'Aubé; essa è
diretta ai fedeli di Cartagine e si limita a raccomandar loro in genere
la calma, a non presentarsi da se ai persecutori, a non tumultuare
(come sopra s' è visto) per l' arresto dei fratelli. Sono consigli che
ogni buon vescovo avrà dato e darebbe ancor oggi al suo gregge
al primo scoppiare di una persecuzione.
^ Di ciò l'autore degli Atti dà la colpa al preside (tumultum, quem ferox vidtus
praesidis in necem concitavit). Dalle sue parole sembra doversi l'accogliere che nel
tumulto non entrassero affatto i cristiani (cf. Tillemont ME IV 584 sq.), sebbene l'auto-
rità se ne vendicasse appunto sopra di loro.
IV.
romani (Paris 1900, p. 301) -3 10) dimostra assai bene che la storia
dei ss. Giovanni e Paolo è una composizione degli inizi del sec. VI.
nosciute a buon diritto fra le più felici del libro \ prova che i
celimontana, la quale solo nel 514 {Lib. poni. pp. 122, 17; 124^ 13
Mommsen) comincia a chiamarsi di s. Giovanni e Paolo - è partico-
noscere che il noto racconto della loro passione è una pura leg-
genda. Ma il nucleo di codesto racconto - fu osservato dal Mazzocchi
i
Cf. Anal. Bolland. 19, 1000, p. 445-, E. C. Biitler in The Journal of theolo-
gical Studies 3, 1901, p. 14fì-147.
2 non ne sapeva nulla — potrebbe aggiungersi. Del resto non si deve dimen-
ticare che Cassiodoro nella Hist. trip, non fa che compendiare o tradui'ie autori greci.
56 IV. DI UNA PROMABILE FONTE
{Kahnd. Nrapoì. p. 742 sqq.), ripetuto dal de Rossi {Bìill. rrisf. 181)0,
nel narratore una certa conoscenza del carattere di lui, del suo modo
d'agire, dei moventi delle sue azioni^ del suo modo di parlare, ciò
gentem membra tua, non sarà stato suggerito dal fatto di s. Teo-
doro, al quale stirato sull' eculeo Trapeo-róys ris veavlas Kaiéirave
Tovs àXyrjSóvas, ùcpdaiJiaTi AeirroTaTO) rovs IcpojTas ànoiJidTTOJv
(Socrat. 3, 19; Sozoin. 5, 20; Theodoret. 3^ 7; Kufin. He 10, 35)?
Credo che percorrendo le leggende romane non sarà difficile trovare
altre imitazioni dei martiri orientali dell'epoca di Giuliano. Ma
bastino per ora le poche citate, alle quali aggiungerò soltanto una
osservazione generale. In occidente la persecuzione dell'apostata fu
così blanda , che il popolo potò conservare di lui , come osserva
l'Allard (Maison des martyrs p. 199), un ricordo indulgente^ deplo-
rando bensì i suoi errori, ma rammentando insieme volentieri i suoi
* Se ò veio che Gommodiano non fiorì nel III secolo, conforme si credette in
addietio, ma al tempo di Giuliano, e le sue Instructiones ed il suo Carmen apolor/eticum
devono ritenersi composti proprio tra il 361 e il 363, secondo l'opinione recentemente
sostenuta - con gravi ragioni - da G. S. Rosmundo Commodiano e fa reazione pagana
di Giuliano V apostata (in Scritti v&rt di filologia dedicati ad. Ernesto Monaci per
Vanno XXV del suo insegnamento^ Roma 1901, p. 215-229), abbiamo nelle sue opei'e una
novella prova del non avere la persecuzione giulianea in occidente mietuto vittime.
2 Anche di tradizioni orientali d'altri tempi si trovano tracce nelle leggende occi-
dentali. P. es. io non so se altri abbia mai rilevato la somiglianza che corre fra il
gettato in mare. Il getto nel baratro, quantunque non si trovi nel Martirio di Luciano,
ha tuttavia qualche cosa di poco romano. Si sa che quello era uno dei modi di ese-
cuzione più frequenti ad Atene già nell'età classica e in altre città dell'oriente anche
più tardi (vedi p. 62 nota 1); ma in Roma non c'era baratro. Cf. Addenda in.
DELLA LEGGENDA DEI SS. GIOVANNI K PAOLO. 59
delle due guardie infiamma d' ira Giuliano : egli le pone in arresto,
^ Osserva il riguardo che usano verso l'imperatore tanto i due Antiocheni quanto
i due Romani. Quelli dicono: La tua irreligiosità è l'unica cosa che deploriamo nel
60 IV. DI UNA PROHAHII.K FONTE
stiani per tentare un' ultima volta d' indurli a sacrificare , ma non
essendoci riescito, alla terza ora di notte, cioè - alla fine di giugno -
verso mezza notte, li fa decollare e gettare in una buca '
preceden-
temente scavata : la stessa fine degli eroi Antiocheni. Si sparge quindi
la notizia che Giovanni e Paolo sono stati solamente mandati in
tuo governo; questi; Noi non ti facciamo Tingiuria di preferire a te un altro uomo;
noi proponiamo soltanto Iddio creatore. Non
ti è notevole anche questa somiglianza di
p. 513 Hertlein) di coloro che erano stati amici e commensali di Costanzo, dice ovs
è'yò)... eìs ^óOpov waas wXecrrt, ws /i7j<^è /ìv»j/j>7v eri (j)épe(r9ai irap ri/juv rrjs avrwv
àirwXelas.
2 Legatio ad lulianum; Ad Antiochenos de regis ira; Epitaphius luliani (I 399.
grafo ha fatto ricorso al solito tottos dei due eunuchi (cf. Calocero
e Partenio, Proto e Giacinto, Nereo ed Achilleo) per mettere i santi
dire loro da Giuliano : Non dehetis deesse lateri meo, parole che con-
vengono troppo a delle guardie del corpo a dei protectores sacri
lateris; e sulla fine manda per tentarli un campiductor con lo sta-
tunculum del corpo dei Gioviani, ciò che sembra supporre in Gio-
vanni e Paolo la qualità di Gioviani. Osserverò, così di passaggio,
che la legio prima lovla fu promossa appunto alla milizia dei pro-
tectores (cf. de Rossi Bull, crisi. 1884-85, p. 145 nota) e che il
mutare le insegne dei loro labari a Gioviano e ad Erculiano. Qui si accenna eviden-
62 IV. DI UNA PROHABILE FONTE
casa. Ebbene anche qui abbiamo forse da fare con una modificazioiie
temente ai corpi dei Gioviaiii e degli Erculiaiii, che sono stati malamente trasformati
dall'agiografo nei due vessilliferi (v. Allard Julien Vapostat III 153 nota 4).
* Bdpadpov era propriamente Y opvyfia presso Atene, in cui si precipitavano i
* Ottime riproduzioni di questi affreschi in Uutbui'cq Elude sur les gesta mar-
tyrum romains tav. II, V.
,
tiiia al nono miglio, non sul Celio. D'altra parte il processo inse-
rito in alcuni codici della leggenda dei ss. Giovanni e Paolo e omesso
in molti ', ha tutta l'aria di una interpolazione fatta dal redattore
delle gesta di Bibiana e - malgrado la sua semplicità - di una pretta
invenzione. Il Dufourcq congettura che Crispo e Crisi)iniano fossero
agli eroi del Celio - sembra che non si possa con fondata ragione.
Quello che invece è naturalissimo si è - a mio credere - che le pit-
^
Si trovava peraltro nel codice avuto dinanzi da chi esegui la traduzione greca
serbataci dai codd. Vatt. 866. 1608.
DELLA LEGGENDA DEI SS. GIOVANNI E PAOLO. 65
* Dufoui'cq op. cit. p. 151. Un'altra figura, la cui mano sinistra ravvolta nel
mantello fa tutta l'impressione di un moncherino, si vede nelle catacombe di Albano,
Nuovo Bull, di archeol. crisi. 1902, tav. iii (il secondo personaggio da destra a sinistra).
Mons. Wilpert ha richiamato anche la mia attenzione sull'affresco (molto più antico)
della Samaritana nelle catacombe di Pretestato, dove il pittore ha voluto rappresentare
N. S. con la sinistra èvrhs Tr\s ^XajxvSos, ma questa è così corta, che la figura sembra
senza mano.
* Sui calici votivi cf. Bull. 1878 p, 159-162 e tav. xii.
^ Marucchi {Les basiliques, Rome 1902, p. 208) ci vede una donna (voleva cer-
tamente dire un uomo) che offre al sepolci'O un vaso di unguento prezioso, e cita in
proposito una pittuia, ora distrutta, nel cimitero di s. Ermete (Garrucci Arte cristiana
tav. 82^, fig. 1). Il Garrucci (ibid. p. 90) ricorda il marmo di Eutropo, in cui il figlio
usus es? giustificano una tale congettura. Se non che nell'originale non
si parla affatto di consecrati agli dei, sì bene di semplici devoti {KaOcjaiw-
IUL6V01), cioè di buoni pagani, e il preside dice: Perchè, essendo presente
al sacrifizio, come gli altri devoti, non volesti, al pari di loro, parteciparvi?
Il giovane, condotto per forza al sacrifizio (come, del resto, anche le sue
consorelle) non aveva voluto gustare degl'idolotiti. Il passo del testo greco
è chiarissimo ad ognuno: siccome però le inesattezze che si leggono in
libri generalmente e meritamente molto stimati, corrono gravissimo rischio
di perpetuarsi, ho pensato che questa noterella non sarebbe inutile.
Ma questa spiegazione poco soddisfa, specie per gli Atti di Marcello, dove
non si fa il nome del cesare ne quelli degli Augusti. In tal caso la formola
era costantemente (per quanto so) Imperatores et Caesares, ftamkels (od
AvyoiKTToi) Kcù Kcwrapes. Io non dubiterei quindi di correggere nel primo
luogo Caesari(pus)>, nel secondo Caesare(jìy, malgrado l'accordo dei codici
- pochi del resto - adoperati per l'ultima edizione critica in Acta SS. Boi-
land. XIII octob. p. 281). Anzi dirò che nel secondo passo la mutazione
mi pare del tutto necessaria; poiché non si vede per quale ragione mai
avrebbe dovuto o voluto il preside sopprimere la menzione dei due capi
supremi dello stato. Tale soppressione non faceva certo apparire più grave
la colpa del martire! E dico soppressione, perchè in realtà Marcello aveva
parlato contro gli dei e contro gì' imperatori ex hoc militare impera-
:
torihus vestris desisto et deos vestros ... adorare contemno ... si talis est
conditio militantium, ut diis et imperatorihus sacra facere compellantur,
ecce proicio vitem (e. I). Va da sé che (ammessa la mia correzione in
deos et in Caesares), Caesares non si deve prendere nel significato tecnico
di cesari, ma in quello generico di imperatori, come p. es. negli Atti di
Crispina a p. 34, 8.
protestare al poeta non esser quanto egli narrava un' anilis; fabula (v. 18;
cf. Anal. Bollami. 21, 1902, p. 216). In secondo luogo, mentre la cru-
delissima morte di Marco non offre nessuna difficoltà ad esser creduta,
essendo egli caduto vittima di tutta una popolazione (uomini, donne, ragazzi)
insorta contro di lui, la condanna pronunziata regolarmente da un magistrato
contro Cassiano è quasi inammissibile. Dove mai si trova - in documenti
degni di fede - che un magistrato romano abbia commesso l'enorme abuso
di condannare un reo a venire ucciso a colpi di stilo da scrivere? E, inoltre,
che abbia rimessa l'esecuzitme della pena capitale ad altre mani che a
quelle dei carnefici? *
Non solo, ma che abbia sostituito ai carnefici una
scolaresca? L'esempio del senatore fatto uccidere da Caligola a colpi di
^ A
Lampsaco, nel 250, Ottimo proc. avrebbe fatto lapidare dal popolo fanatico
Andrea e p. 136). Ma la notizia mi pare alquanto sospetta, sia perchè
Paolo (Ruin.
ci è data da un documento redatto nell'età della pace (e. 1), sia perchè la lapidazione
era un genere di supplizio affatto inusitato fra i Romani. Naturalmente io credo dubbio
il particolare della lapidazione anche negli Ada Maximi 2, 3 (Gehbard p. 122).
Mi parve che questo inno, certamente stupendo e antichissimo, non si potesse
2
attribuire con certezza a s. Ambrogio. Gli argomenti addotti in S. Agnese nella tra-
dizione e nella leggenda, Roma 1899, furono ribattuti con molto acume dal Dreves
in Zeitschrift f. hathol. Theologie 25, 1901, p. 356-365*, ma le sue osservazioni non
hanno pienamente convinto né me Jiè qualche altro (cf. Anal. Bolland. 20, 1901, p. 474).
Vedi «S. Agnese nella tradizione e nella leggenda p.
"^
sqq. Anche questo studio 1
ha trovato degli oppositori pochi invero - fra cui tiene il primo posto Leone de Kerval
-
{S. Agnès dans la legende et dans l'histoire, Rome 1901). Ma dal suo esame minuto
e a volte penetrante parmi che le mie principali conclusioni non siano state scosse.
70 ADDENDA.
ch'egli fosse stato novaziano fino al giorno del martirio, e inoltre che
finisse la vita trascinato da furiosi cavalli (Prudent. Peristeph. 11). Dei
martiri della Massa candida Prudenzio {Peristeph. 13) narra una fantasia,
che sopra vedemmo essere contraria alla tradizione africana del tempo di
* Cf. Diifoui'cq Etude sur les gesta mariyrum romains p. 184; Franchi d. C.
S. Lorenzo e il supplizio della graticola in Róm. Quartalschr. 1900, pp. 163-165. 175.
2 Franchi d. C. loc. cit, p. 168-169.
^ É curioso a questo proposito l'inno I di Prudenzio in onore di Chelidonio ed
Emeterio. Il poeta dichiara che anche di questi due santi non ci sono Atti, che non
si sa il tempo del loro martirio (v. 75 sqq.), che non si conoscono le torture loro inflitte
dai carnefici né il genere morte a cui furono condannati. Malgrado queste dichia-
di
razioni, egli non esita di affermare che soffrirono mille pene nel carcere, dove furono
chiusi con bove di piombo al collo, e poi finisce col presentarceli decollati (vv. 91-93). —
Non so perchè l'AUard (IV 140 nota) veda contraddizione fra l'inno di Prudenzio e gli
Atti, che da esso dipendono, ove dicono ignorarsi dai martiri ortum nataleque solum.
tum etiam, tempus mayti/rii {Acta SS. Bolland. 1 mart. 232).
ADDENDA
AL FASCICOLO 8 DEGLI « STUDI E TESTI »
per modo rosi dall'inchiostro, che diverse righe non esistono più,
^ Edito in Studi e testi 6 p. 85-87. Che questo compendio sia della stessa mano
che rimaneggiò il Martirio di s. Giustino, me lo fa sospettare (non dico più che sospet-
tare) una certa somiglianza di stile e sopra tutto il modo - sempre variato, con evidente
studio - d'introdurre il discorso diretto.
~ Cf. Synaxarium ecclesìae Cpolitanae ed. Delehaye 720.
(MapTVpLOV T(òvy àjLOJV
Kal Xoijuòs Kai irdarjs /neaTÒs ctae^elas. tovtm yovv èirì ^rmaros tòte
irpoKaOiaavri CFTTcpos àyiwv frpoadyovTai Seamioi, éirrà ròi^ àpiQfióv. tovto
avvrjyj/e §€ tovtovs rj tov irvevjuaTOs ^dpis kol àSeXcpà (j)pov€lv eireiae Kal
fjiiav €^€Lv K6(paXr]v tÒv XpiaTÓv. ofiMs TrpoaeXOóvTes, ms €ipr]Tai, Tip ^^/naTi
F. 125^ TOV dvaae-l fiovs dpxovTOS, Kal Tives KaXoTvTO Kal oOev eìev kol tl to aéfias
avToTs irap '
6K€lvov Siepomójuevoi, éirel XpiaTiavovs dvwjioXóyrjaav éavTovs,
èyviópicrav de Kal Tas KXrjaeis avTÓòv Kal iróXiv fiiav avTcòv è'Xeyov elvai Tr]u 15
TOV Oeov, Trjv avo) 'kpovrraXrìfi, Trjv eXevOepav, rjs Tex^^Trjs Kal Srjjuiiovpyòs
ó Oeós , Tiva ydp aot, Kal elirov, co Tvpavve , rà twv KdTO) Tro'Aewv rijuwv
Sé Kal TOVTOVS drj tovs riiraTrj/uevovs viro aov tovto iroifjaai , rjv
fxr] fiovXrì KaKOJS avv avTOÌs Trjv i(i)r]v àTroSéoSai. Tàs TrpoaTd^eis, €7rapx^> 20
TOV Kvplov Kal Oeov Kal acoTrjpos rjfioyv Irjaov XpiaTOV irXrjpovv dvayKalov,
€(pri ó dyios, irpòs ioyrjv dirayovaas tovs àvOpMirovs àvcóXeOpov. Tas yàp
TOV aov ^ao-iXéctìs ovS' aKofi )(pr] 'jrapad6)(6a6ai irpòs dircóXeiav (pepovaas
F. 126. Kal diSiov OdvaTov. eiirev ó eirap^os' flov dpa Kal TovaSe tovs Xóyovs
€^€vp€s, KaKOTpoire ; Kal ó dyios' IloXXwv ev ireipa yevófievos, TavTrjv é^evpov 25
èQéXio Sia XpLaTÓv . ovtos ydp cotti iroiriTrjs ovpavov Te Kal yrjs Kal irdo-rjs
^-"^
^ Delle parole Maprvpiov tmv rimane appena la parte inferiore a èrvy-
KTicTfiiìs (ìrifuovf)y6s, òs Kaì tovs ...(T(- k(u oià tì]v ìjfifTfpav (Tonripiav tSìv
^póvuìv f TT ^(T^^drwv KdTìjXOf Kdì (r(if)K(i ravTìjv (-k tìjs irdvdyvov Tra/)fi-
A?/0e Kai OeoTÓKOv Mcifìias, KcSà ci] irdXm tmv iTf)0(pyìT{iìv ò )(Of)òs irpoeSé-
(TiriCFf. Kcil TTov df)a tì]v (rvvéXevaiv v/iels, ó èVa/^j^os è'cj^rj, kcÙ t;/v oÌK€iav
Of)ìj(TKfiaì^ f-TTiTfXelTf Kaì Tci irefn tovtmv (liSdrrKfaOe ; Kaì ó dyios '
Ovk eV r.
e.iTaf))(e.. koI ydp ó Oeòs rjjuiòv ov irepiypdipeTaL róiru), àóparos yàp u)v Kaì
àOdvaros, tÒv oifpavov irXfjpoT Kaì tìju yrjv Kaì iravTaxov iraf) rj/uv irfma-
Kvveìrai Kaì cìo^di^eTai. Iv Ot irov avu^p)(r} fiera tmv (T(7ìv {laOìiruìv tovtoìv;
F. 120^. ó dpxMv I
eTirev. GvTauOa , Xéyei , Karà tì^v iróXiv , ó /mdfnvs , oirov ir€f> i"
ai^ ìj/bids TV^oi T^V èairepav KaraXa^elv. r]Sr] yàp Sevrepov tovto rrjv Poyfifjv
eiafjXOov (Tìjv avroTs , Kaì ròv irap' è/moì yivó'C^fievov ròv Xóyovy tovtov
SiSdaKù) rfjs àXfjOeias.
Tavra rov fxdprvpos eliróvros, irpòs ròv XapLTWva ofifia irepiayaycov
6 eirapxos, AXXà Kaì av, <pi](Ti, XapiTMv, XpidTiavòs ^eT}; Nat, (prjorìv ó i^»
dyios, Kaì Xpicrrov SovXos . KÒKelvos irpòs Trjv Xapirw, flws, w yvvai, (prjai,
TOVT(Ov virò Twv Xóywv rjTrdTrjaai ; irdvTws ov KaXds SiSù)s ras viroXrixp-eis.
Ovk riirdrrjiuai, (prìaìv XapLTw irpòs ròv dp^ovra, Oeov Se /idXXov yeye-
r)
vrjiiiai Kaì Xpicrriavri, Kaì KaOapàv éfiavTrjv ... Trj Svvdfiei tovtov Kaì dcriri-
Xov Twv Trjs aapKos poXvafidTùJv. eira de irpos (^GvéXiriaTOvy Oias (tì> so
Tv^fis el, iravdOXie ; ó eirap^os Xéyei. Kaì 6s, AovXos, ecprj, yéy ova Kai-
(lapos, vvvì 8è XpKTTOv, Tf] TOVTOV ^dpiTL Trjs èXevOepias tv)(wv. Kaì irpòs
F. 127. TÒv lépaKa, fldvTws Kaì ere, lépa^, lovaTÌvos ijirdTriae Kaì XpiaTi- \
avòv
èiroiriaev, ò eirap^os e<pri. Kaì 6s, Kaì XpiaTiavòs yeyévrj/iai Kaì XpiaTiavòs
elfiì Kaì XpiaTiavòs eaojuai. TavTa Kaì flaiwv èpwTrjdeìs Ta avrà toIs dXXois 23
'AKOvaov ó Xeyójuevos Xóyios Kaì vofiil^Mv àXrjOels Xóyovs elSévai . èàv fiaari-
yùoOeìs àiroKecpaXiadfjs, virovoels ovtms els tovs ovpavovs àveXSeTv, ws vofxi-
ieis , Kai Tivas àfioi^cLs KaXws àiroXa^elv, (hs SiSdaKeis; Kaì ó dyios, Ov)(
VTVovow, <\W dyp)(^ov, elirev, àXX' àKpiPcos èiriaTapai Kaì TreTrXr]po(p6prìfiaL.
* dopo TOVS una riga è perduta, tranne l'ultima sillaba ere: forse àvBpóìTvovs j;7«-
Kììae ^ SiSdcrKecrOai *^
avvéXevaiv s'indovina più che non si legga *" di
ò apj((av è rimasta l'impressione sul f. 125^ ^^ di fievov rbv Xóyov avanza appena
qualche traccia ^'^
di fmprvpos e'nróvTos restano solo tracce di ofifia restano
pochi segni ^^ è omesso ef nel cod, ^^ ìnrò ròv viro twv cod. ', ma la prima
volta cancellato ^^ il verbo che seguiva a ènavrìiv (prob. rripcò) è caduto ^^ di
^"
GìieXiTio-Tov non rimane quasi nulla ^^ aTrpXoyjjVftTo di eTvai solo la finale
t6t€ KOivòi' ctiroTfivóiufvos T()v Xoyoi' ó h'irafì^os, (zircì ravrci ovtoì Xf^yfTf,
F. 127'. (j)}icriv, (ìi'óaiot, 7rf)<)S rò irpoKfififvou tov Xóyou àydyiofifv. \
Ovaarf (Tvvf'X-
86vT6s òfiov Tols OeoTs, iva juti] KaK(7)s àiróXìiaHf. ris ycip vovv è'^(<ou auHfUrì-
TTOS KaraXnrflu èOeXriaoi tovto Sì] tò yXvKvrcirou (pMS, kul tò Oawflv aìirov
irpoTifiì^aoi ; Kaì ris avveaiu è'j^ojv avOpioiros , lovarlvos dir Xoy la ar o (^ , 5
dirò evaejòeLas els daé^eiav /uLeTaireaeTv (ètìeXrìo-yoi Kaì dirò (po)TÒs eis
(TkÓtos Kaì dirò Oeov tov I^wvtos irpòs (ìai/novas \lfv)(ocj)06f)ovs; Gì ju^ yf
tìvaere, ó dp^cov elirev, dp)(^OfiaL tmv ^aadvwv. Kaì ol dyioi Tovto '
di fV)(f]s
Xapeìv 6KaaT0s KaTa Ta è'pya rìjiiòv. iroiei toivvv o OéXeis, XpiaTiavoì ydf)
èa/uev, (os iroXXaKis eiTrojuev, Kaì eWwXois ov Ovo/i€v. t6t€ KeXeveL judaTi^iv
avTovs ó KaTapaTos dp^Mv aiKil^eaQai. Kaì fiaKpws èfiaaTL^Or]o-av, d)(pis ov
adpK6S juèv avToTs KaTeKavOrjaaVy aìfia Se Trjv yfju eKeivriv èirópcjyvpev. ms
ovv ovdafiiòs eiKOVTes ècópa tovs fidpTvpas, SiSùyaiv KaT aìiTMv Trjv dirócpaaiu, 15
F. 12S. Tovs dOeTrjaavTas, eiircóv, Tas f^aaiXiKas irpoo-Ta^eis Kaì OeoJs Ovaai /ui)
\
Só^a Kaì TÒ KpaTOS vvv Kaì dei Kaì gIs toìjs aicovas tmv aicóvwv. dfi/jv.
^ irpo [Tifiì'ì croi perito in parte àTTf:Xoyyi(rnTO ^ fiera jvf.a-eiv) è siiggei'ito dagli
Ada lustini p. 30, 7,; del verbo che segue resta lo s{)irito lene, oltre la finale ^^ /iciKpóis
Pag. 6 nota 2, liii. 2 invece di cf. Conventus — p. 175 ler/fji cf. Das Todesjahr
d. edessenischen Martyrer Guria u. Shamona in Alti del II Congresso internaz. di
archeol. crist., Roma 1902, p. 23-27 — 10, 1 tua fortigna aggiungi o r/enius tuus —
12, 7 ab imo dopo disciiicta aggiungi [è certamente uii errore dell'interprete greco,
ma ad ogni modo sembra dimostrare che ÙTró^wcr/ia, oltre esser sinonimo di
esso
Sid^MHa, designava anche una sorta di tunica, di )^iro)v, come è detto più sotto p. 91,
17-18 Gebhardt] —
Ibid., 4 ab imo dopo ènirri^eojs aggiungi róìi/ ùyopavóixwv Ibid., 2 —
ab imo KXlfia^ corr. /cA.T/xa^ —
13, lin. della nota porterebbe corr. ha suggerito —
14, 4 irapova-ias corr. irapovcrias —
24, 8 ab imo Aeniilianum corr. Aemilianus —
3?, 11 ab imo dopo de Rossi-Duchesne aggiungi f. scribend. Thagurensis.
INDICE
I. Il testo originale del Martino delle ss. Agape, Irene e Chione . . . fng. 1
IV. Di una pi'obabile fonte della leggenda dei ss. Giovanni e Paolo . ...» 53
Addenda :
Errata » 77
IMPRIMATUR
Fr. Albertus Lepidi, O. P., S. P. Ap. Magister.
IMPRIMATUR
losEPHUS Ceppetelli, Archiep. Myr., Vicesgerens.
ALTRE CORREZIONI AL FASCICOLO 9
DEGLI
STUDI E TESTI
nel testo. Ad ogni modo per rendere il mio apparato critico rela-
Studi e testi.
80
crit. dopo Passa est agg. {-\- autem R), dopo Thebestinam agg. (thebestina M) e dopo
Decembrium agg. (d. n. Dee. om. R) — In fine MR
hanno Explicit i)assio sanctae ac
beatissime {R beate, om. sanctae ac) Ci-ispinae ( — e R) uii'ginis et mai'tyris ( — tiris
R) Christi.
II. - A paq. 71
Marzo 1903.
NOTE AGIOGRAFICHE
FASCICOLO 3'
ROMA
TIPOGRAFIA POLIGLOTTA VATICANA
1909
IMPRIMATUR:
Fr. Albertus Lepidi, Orti. Praed., S. F. A. Magister
IMPRIMATUR:
losEPHUS Geppetelli, Patr. Constant., Vicesgerena.
PIO •
X
PONTIFICI • MAXIMO
FELIGITER • PERAGENTI
D -D-
SOMMARIO
PAG.
I. Nuove osservazioni critiche ed esegeticlie sul testo della Passio san-
ctorum Montani et Ludi 1
IV. Marco Giulio Eugenio vescovo di Laodicea di Licaonia nel secolo iv. 57
I Quaranta Martiri di Sebaste ^ 04
VI. Attorno al più antico testo del Martyrium s. Theodor i tironis ... 89
APPENDICI.
I. Collazione del testo della Passio ss. Montani et Ludi col cod. Au-
giense XXXII IH
SUL TESTO
SUL TESTO
dei quali risale oltre il secolo xii, se prescindiamo dal perduto codice
di Reims ^ d'età a noi sconosciuta. Con l'antichità peraltro non va
di pari passo la bontà del testo, il quale è ben lontano dal meri-
tare la lode di ottimo, mentre fa capo a quel medesimo archetipo
(già guasto in parecchi luoghi) onde discendono il ^(ruxellense),
il iV(oallino), il i?(emigiano) ed il 2'(revirense). Ciò bastano a dimo-
*
V. Franchi de' Cavalieri Gli Atti dei ss. Montano, Lucio e compagni,
Recensione del testo ed introduzione sulle sue relazioni con la Passio s. Per-
petuae, Roma 1898 (Vili Supplementheft d. « Ròm. Quartalschrift »).
^ V. appendice 1.
(lire con certezza quale per ra|)punto esso sia (v. sotto, paragrafo 1).
74, 10 Gfjrotnm, egrotus o ecfrotafur piw aegro rum. 75, 7 /(etiis *
\)0v fiexus. ^
78, 13 inter ceteros dieta sententia per in ceteros d. s.
8^, !:23, magis mala mortis timere quam vivere per m. m. m. timere
quam vita e. '
intendo di accogliere come del tutto sicure le singole emendazioni sopra riferite.
Certo è che l'autore, il quale faceva costantemente uso della clausola metrica,
non commise quegli sbagli; ma egli potè scrivere correttamente in più di un
modo. Gf. W. Meyeh Gesammelte Abhandlungen ^ur Mittellateinischen Rhyth-
mik I, Berlin 1905, pag. 27 s.
The style a. language of
•'
St. Cyprian in « Studia Biblica et Ecclesiastica »
IV, Oxford 1896, pag. 305.
SUL TESTO DELLA « l'ASSlO SANCTOIUIM MONTAxNl ET LUCil ». O
A
secondo luogo accredita, mercè la sua anlicliità, parecchie
in
lezioni (per lo più comuni con HI'), le (juali da m(^ ei-ano state rele-
gate neir apparato critico, dove probabilmente, dove certamente a
torto. Ne raccoglierò qui alcune; altre (delle quali dovrò valermi
per la dichiarazione di certi passi più importanti) verranno rilevale
man mano nel seguito di queste osservazioni.
A pag. 71, 0-4 tutte le stampe leggono de midtUudlne fratrum
cogitare: ma
senza meno deve restituirsi (sull'autorità di ^7') mtt/-
titudineììi {-e A) fratrum cogitare, che è conforme all'uso di s. Ci-
priano, maestro ed autore di chi redasse nella sua forma attuale il
nostro documento (cf. Vlndex verborum dell'Hartel s. v.).
Ibid. 5-7 ut fratribiis post fiitiiris et magni ficentiae Del fidele
testimoniiim et labores ac tolerantiam nostri prò Domino memoriae
relinqiieremus, poco soddisfa, come notai già nell'apparato critico
proponendo ... laboris ac toterantiae nistri prò Domino niemoriam
relinqueremus Ma questa congettura è superflua, dacché la lezione
'.
'
Cf. Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pagg. 65 nota ; 71,
- Meglio A (qui e a pag. 85, 14) ad instar.
' Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pag. 9 nota 1.
*
Cf. Watson loc. cit. pag. 314.
6 NirovK ossKinA/loM finiTiciiK i;i) i;sk(ìi;ti(:mk
(cf. e. g. Sueton. Aug. ^9 cum per nocturnum iter ... servum ... prae-
liicentem examinasset. Fior. % Duilius uhi a cena rediret, prae-
1
lucere faualia iussit). ^ Che del resto nel luogo in esame si parli
del tenebroso accesso al carcere e non ancora del carcere stesso,
è comprovato, mi pare, dal periodo susseguente (et ad summum
ascendehamiis locum paenarum etc), dove i santi ci appariscono
tuttavia in cammino per quella volta.
Pag. 74, 16. Videbam... puerum... qui nos deducebat per omnia
loca ut exiremus. Ripongasi con AT (contro BN e le stampe)
quaque iremus, cli'è espressione più viva e precisa, « per tutti i
•
Anche s. Perpetua usa il andava dalla
verbo ascendere parlando di chi
città al carcere {Pass. V 5, ed. Gebhardt pag. 69, 6-7), supervenit pater meus
de civitate et ascendit ad me. Al quale passo non contraddice, come vide
già il Robinson (The Passion of s. Perpetua, Cambridge 1891, pag. 71 notaci),
VI 6 (pag. 7'2, 1 Gebh.) hilares descendimus ad carcereni, dove il v. descen-
dimus è spiegato da VI 2 (pag. 71, 1) ascendimus in catastam.
- Forse l'autore ebbe già pensiero a quel testo biblico {lucerna pedibus
il
ineis verbum tuum et lumen setnitis meis. Ps. 118. 105) che poi citò al cap. V.
Gli Atti dei ss. Montano, Lucio, etc. pag. 13 nota 3.
'''
Gf.
^ Cf. Martyrol. hieron. kal. sept., ed. de Rossi-Duchesne pag. 114.
SUL TKSTO DKLLA « PASSIO SANCTORUM MONTANI ET LUCI! ». 7
per totius plébis aures, ^ sed ad gentiles quoque ipsos sonus vocis
evaderei. Vuol dire: il suono della voce di Montano non solo si
diffuse a traverso l'intiero stuolo dei suoi fratelli nella fede, ma
giunse fino alle orecchie dei pagani. Come è volgarmente noto,
evadere si costruisce tanto con per (nel senso di « attraversare »),
quanto con ad (nel senso di « giungere fino a »). Allorché dunque
il martire pronunziò la sua ultima preghiera, si trovava tuttora in
cervice pendei. Pers. Ili 40 s. pendens,.. ensis / purpureas subier cervices terruii.
^ AI von Gebhardt il merito di aver restituita (sulla fede di B) la lezione
ad iotius plebis aures.
V. Nuove note agiografiche in « Studi e testi » 9, Roma 1902, pag. 9 nota 2.
^
norum » II 371, 3; III 447, 59; 457, 70; 480, 50; 486, 15. Gf. Thesaurus glossar,
emendatar. s. v. e Heraeus Index graeco-latinus s. vv. àvacfìopà, fiì^wais), la quale
fu trascritta in greco voriapla (Mariyr. ss. Agapes, Irenes et Chiones 3, ap. Franchi
Nuove note agiografiche pag. 16, 9).
^ Gli Atti de' ss. Lucio, Montano etc. pag. 66 nota 1.
SUL TESTO DKLLA « PASSIO SANCTOIUIM MONTANI KT IJCII ». VI
nart); 84, 18-19 tertiam {- a AT) passione per fecit (ANT) invece di
tertia passionem p. Ne vanno dimenticate quelle riammesse dalla
chiara memoria del Gebhardt per altra ragione che il metro:
pag. 79, 15 qtiicqtiid semper veritas (ABT) invece di ea semper
quae v.; 80, 19 sepulturae consortio separaretiir {ABT) invece di s. e.
privaretur; 84, 15 ad gladmm {ANT) invece di p. g.; ibid. et quod
ostensum fuerat {ANT) per et sic; ibid. 16 confessus {ANT) senza
Christuin; 86, 6 novissime dixerit {ABT) invece di eadem sit prose-
cutus. A pag. 85, 1 il codice A legge, confermando una congettura
del Wilamowitz, angelico splendore percuteret, mentre il Gebhardt
aveva adottato meno felicemente la lezione del Trevirense a. spi.
repercuteret *.
'
A Gebhardt adotta la lezione di T, oggi confermata da A,
pag. 85, 2-3 il
et cUm dicto eius statini venerunt duo milites. Io m' ero attenuto al codice N
che non ha l'avverbio statim, perchè questo avverbio mi parve del tutto superfluo,
mi parve anzi la spiegazione di cum dicto eius che appunto significa « mentre
ancora parlava, subito ». Cf. Minuc. Felic. Oct. 4, 6 et cum dicto eius adse-
diìnus. Apuleii Metani I 2^ et cum dicto... ostiuìn cum dicto rur-
accedo - et
suin... intro capessit - et cum dicto iubet uxorem decedere. II, 5, et cum dicto...
omnes decedere... praecipit. II 10 et cum dicto... eatn amplexus. II 15 et cum
dicto...cubiculum meum contendo e te. Gf. anche Gapell. 9 pag. 302 (ed. Eys-
senhardt pag. 332, 14).
^ Cf. Prud. flepì (TT€(j). XI 26 exultante anima carnis ad exitium.
^ Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pag. 8; cf, pag. 76 in app.
IO NUOVI-: OSSKMVAZIONI CIUTICHK Kl) KSEGKTICHE
che (li quel t(»sto occorrono nelle opere del gran vescovo di Car-
iatine. E lealmente A legge i/m fillL Nella stessa pag. 77 a lin. f),
'
et hoc non quasi non adinoniti, la duplice negativa, che finora non
esso ritorna nella Passio ss. Montani et Ludi a pagg. 73, 14 (cf. la
mia Introduzione, pag. ^8); 78, 10; 80, 22; 8% 7; 84, 18, cioè da per
tutto, tranne un solo luogo (quello in parola), dove oggi A ci auto-
rizza a leggere invece duci. ^
Di qualche altra lezione peculiare ad A tratterò nello studio che
ora imprendo d' alcuni luoghi della Passio un po' più importanti,
ai quali al presente giudico di dover dare una spiegazione in parte
1. - Il titolo.
* Cf. Hans von Soden Das lateinische Neue Testament in Afrika sur Zeit
Cyprians Texte u. Untersuchungen »
in « XXXIII, Leipzig 1909, pagg. 372-405.
2 Seneg. de ira I 16 cuitt iratus duci iussisset eutn. Sueton. Calig. 27
Cf.
duci imperava. Plin. epist. 96, 3 perseverantes duci iussi. Tertullian. ad
nat. I 3 illum... duci... placet; ad Scap. 5 paucis duci iussis. Passio ss. Ma-
riani et lacobi VI 8 (ed. Gebhardt pag. 139, 9) classes quas ille index ad
gladium duci iubebat etc.
^ A ad simulacra et manufacta figmenta accedere (dove il
pag. 79, 19-20,
Wilaraowitz corregge ad simulacra accedere et tnanufacta figmenta) A suona
ad simulacra et m. f. desiscere (i. e. desciscere). Se questo è il verbo originario
(esso occorre anche in s. Cipriano de hab. virg. 13, ed. Hartel pag. 197, 4
a cultu vero... descivisse), vede ognuno come sia a volte difficile emendare pie-
namente le clausole con la sola scorta della quantità metrica.
* Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pag. 2 nota 2.
SUL TKSTO DIOLLA « PASSIO SANCTDHUM MONTANI KT ÌAH'Al ». 11
*
hi « Analecta BoUandiana » XVIII, 1899, pag. 68.
2 CIL Vili 10665. 17607.
^ Bull, di archeologia cristiana 1880 pag. 75.
^ Histoire littéraire de l'Afrique chrétienne III, Paris 1905, pag. 176;
Enquéte sur l'épigraphie chrétienne d'Afriqiie IV, martyrs et reiiqiies, in « Méiiioi-
res de l'Acad èrnie des Inscriptions et des Belles Lettres N. S. XII 1 (1908) »
pagg. 163. 'Mio s. G. Rabeau Le eulte des saints dans VAfrique chrétienne.
Paris 1903, pag. 64 (cf. 24. 68), dubita che si tratti invece del famoso eretico, al
quale di certo o quasi di cerio si riferisce la nota iscrizione di Mascula {CIL
VIII Ml^\ cf. Monceaux Hist. Enquéte sur l'épigraphie etc. pag. 3i>4).
liti. Ili 179:
Finora non si conosce nessuna iscrizione in cui vengano nominati tutti i mar-
tiri della nostra Passio. Può darsi che di loro si parlasse in un marmo rinve-
nuto a Cartagine, ma, allo stato attuale del monumento, nulla è lecito all'ermare
(v. Monceaux Enquéte sur l'épigraphie etc. n. 230 pag. 180).
Se l'autore avesse nominato nel titolo anche i compagni di Montano,
^
l'avrebbe fatto, secondo ogni verisimiglianza, con quello stesso ordine che segue
nel testo, dove Lucio è sempre a capo della lista. Perfino nel Kalend. Carthag.
Lucio conserva la precedenza su Montano.
12 NUOVK OSSKUVAZIOM CHITICIIK Kl) KSIM; KTICM K
tano confessore fin dal tempo di Decio, del quale è parola nell'epi-
stola di Celerino (21 inter Cyprianicas, ap. Hartel pag. 529, 5), nulla
ci autorizza. ^ Sembra anzi molto probabile che se il nostro santo
2. - Il magistrato persecutore.
Più d'uno studioso ritiene che il praeses, per cui ordine ven-
nero arrestati Lucio, Montano ed i loro compagni, s' abbia ad iden-
tificare con Galerio Massimo proconsole. A lui, morto poco appresso,
sarebbe succeduto quel procurator vices agens proconsulis, dinanzi
al quale i nostri martiri narrano di esser comparsi nel secretarium
di Cartagine (cap. VI). Così, fra altri, P. AUard Hist. des pers.
Ili, 1907, pag. 124 ss. e P. Monceaux Hist. litt. de VAfrique chré-
tienne II 170. La cosa è, per me, assai discutibile.
Quando il 14 settembre 258 Galerio Massimo processò e con-
dannò s. Cipriano, non stava bene e forse già da tempo, poiché
è assai possibile che quando (di certo molti giorni prima) aveva
ordinato di tradurre vescovo ad Utica, egli fosse trattenuto colà
il
trascorsi pochi giorni {post paucos dies) Galerio Massimo morì, de-
cessit {Ada proc. V 8, ap. Gebh. pag. 128, 1-2).
Ora chi accolga l'opinione dei due dotti sopra citati è costretto
di condensare in quei palici dies diversi avvenimenti, oltre il tumulto
di cui parla a principio la Passio, la persecuzione del giorno ap-
presso, l'arresto e la dimora dei martiri presso i regionantes, la
loro traduzione nel career publicus. Difatti alla esecuzione capitale
di s. Cipriano, che fu il primo della provincia d'Africa a dar la
non volli introdurla nel testo, essendo i codici latini concordi in leggere vultu
(cf. La Passio Perpetuae pag. 61 nota 3, V Supplementheft d. « Rom. Quar-
s.
talschr. » Roma
1896). Vedo ora che il Gebhardt l'ha restituita senz'altro {Aus-
gewdhlte Mdrtyreracten pag. 73, 4).
^ V. Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pag. 4 nota 3. P. Monceaux non
avendo letto il mio opuscolo, prosegue nella Hist. liti, de VAfrique chrétienne
a porre le tre visioni di Flaviano (almeno il Tillemont, ME IV 208, ne esclu-
deva la prima!) in un tempo posteriore al suo arresto, anzi giunge ad affer-
mare (II 176) che il martire fu degnato della seconda apparizione dopo la
morte di Montano. Ma se così fosse, Flaviano avrebbe detto sicuramente
cum collegae inei pater entur e non cum, plures paterentur, né avrebbe potuto
dire che in sogno si contristava quod quasi a collegis remansisset (invece di
quod a collegis remansisset). E come non ha riflettuto il Monceaux che la duplice
confessione di Flaviano {bis confessor es) dopo la morte di Montano era un fatto
e non più una profezia, quale la dichiara apertis verbis l'agiografo {et quod
ostensum fuerat impletum est. nani confessus primo in secretario, secundo pu-
hlice..., a collegio suo secundum ostensionem suam remansit, pag. 84, 15 ss.)?
SUL TESTO DELLA « PASSIO SANCTORUM MONTANI ET LUCII ». 15
... postque
^ sequentis diei acerrimafn persecutionem Christianormn prae-
varicata violentia apprehensi sumus. Praevaricata violentia è mia congettura :
*
Che Luciano sia successo immediatamente a s. Cipriano è oggi ammesso,
credo, generalmente. Il nome Carpophorius che in Optato I 19 comparisce fra
quelli di Cipriano e Luciano, sembra infatti una interpolazione (v. ed. Ziwsa
pag. 21, 12; cf. Mongeaux Hist. litt. II 6).
^ Così A gli altri codici minciabant, nuntiabant, nuntiaverunt, nuntiare
:
audivimus, che forse sono tutte correzioni arbitrarie di nuntiare, infinito sto-
rico, o perfetto (? cf. M. Wisén Zuwi historischen Infinitiv in « Wolfflin's Archi v »
1907 pagg. 282-283).
^ « Studi e testi » 3 pag. 9 nota 2.
SUL TESTO DELLA « PASSIO SANGTORUM MONTANI ET LUCII ». 17
Le Blant Les persécuteurs et les martyrs, Paris 1893, pagg. 253 ss.; 265 ss.
Cf.
Cyprian. de op. et el. 2 (pag. 374, 10 Hartel) delictorum fiamma sopitiir
-
sembra piuttosto favorire la lezione fiamma caminorum sopita. Tuttavia cf. epist.
10, 2 (pag. 491, 19) qui fìammas et ignes... sopir et.
•^
Nei testi greci KÓfiivos si trova spesso e volentieri applicato rogo
al
Studi e testi » 9 pag. 43 nota 2); non così nei testi latini (v.
(cf. « tuttavia per es.
Maxim. Taur. sermo 70, de s. Latir., ap. Migne 57, 676 C 2 qui fiamniarum
cam,ino mergitur, uno iìnpetu liberatur dove si accenna al vivicombnrinm in
:
2
18 NUOVE OSSEJn'AZIOM CIUTICMIK ET) ESEOETICTfE
che nel secondo passo si chiama la lettera dei martiri, nel primo, con
maggior precisione, si dà per dettato di Flaviano. Del resto, che
l'autore della lettera sia appunto Flaviano, è confermato anche in
qualche modo dalla citazione che in essa occorre di Prov. 21, 1, il
Credentes
* = fideles, come spesso in s. Cipriano. Cf. V Index verborum del-
I'Hartel, s. V.
^ In spiritu ABT; N per spiritum. Cf. Pass. s. Perp. XX 8, ap. Gebhardt
pag. 91, 13 in spiritu et in extasi ftierat.
^ Hist. liti. II 172-173.
SUL TESTO DELLA « PASSIO SANCTORUM MONTANI ET LTJCII ». 19
qual testo da cap. XII 5 (cf. XX 7) risulta essere stato a lui fami-
liare.
Ero rimasto assai colpito dal fatto che il redattore della let-
tera, parlando del carcere, usa le espressioni loci illius caliginem,
quales illic dies duximus, atrocitatem loci illius. Ognuno comprende,
osservavo,* che se chi scrive stesse nel luogo di cui ragiona,
dovrebbe dire huius non illius, Me non illic, Itane non Ulani; e ne
concludevo che il trovava fuori del carcere.
redattore si Un critico
anonimo del « Nuovo Bullettino di archeologia cristiana » IV, 1898,
pag. 243, credette sciogliere la difficoltà notando « essere nell'indole
epistolare dei latini di riferirsi alla condizione di chi doveva ricever
la lettera, anziché di colui che scriveva ». Ma questa risposta non
mi può appagare assolutamente, non avendo trovato mai nelle lettere
di s. Cipriano ne in quelle degli autori classici un tale scambio
di hic con illic e viceversa. E tanto meno la risposta del critico
vale per la nostra lettera dove in seguito, accennandosi al carcere,
non si dice illic, ma hic (pag. 75, 10-11 Quartillosiae hic nohiscum
positae... ipsa... hic residens) e dove non dato cogliere nessu-
c'è
nissimo indizio di quel riferirsi dello scrittore alla condizione dei
destinatari.
Dunque, pur abbandonando l'antica ipotesi di una distrazione
incòlta a chi ritoccò il documento originale, io non posso non
tener fermo un punto, e cioè che la lettera non fu redatta nel
^
luogo descritto al vivo dall'autore, illic, in loci illius cocca nocte.
*
ss. Montano, Lucio etc. pag. 24.
Gli Atti dei
Nella quale oscurità sarebbe stato diffìcile scrivere, senza la luce di una
'
pagni durante la lunga prigionia sia stata usata a volte quella con-
discendenza che non era stata negata a s. Perpetua, facendoli
uscire per alcune ore nel vestibolo od in altro luogo arieggiato e
luminoso, e supposto che Flaviano abbia approhttato appunto di
quelle ore per dettare la lettera, è naturale che, accennando alla
^ Cf. Pass. s. Perp. Ili 5, ap. Gebh. pag. 65, 11-12 numquam experta
eram tales tenebras; Cod. Theodos. IX 3, 1 sedis intimae tenebras. Questo
career interior non pare che fosse da per tutto sotterraneo né che vi si discen-
desse per un foro praticato nella volta, come era in Roma il Tullianum e forse
anche la stanza ad esso soprastante. Non era così, per es., il carcere di Smirne,
poiché l'autore del Martyrium Pionii alla segreta (rò èawTepov) contrappone la
s.
parte, non superiore, ma anteriore, tu e/nrpoadev (XI 4-5 ap. Gebh. pag. 105,
3. 7). Ed anche nel carcere di Erode, secondo Acf. Ap. 12, 5 ss., pare che le
stanze si susseguissero Funa l'altra più o meno allo stesso livello. Infatti l'an-
gelo fa uscire s. Pietro dalla stanza in cui stava fra due guardie (jiera^v Svo
a-TparioìTMv, V. 6) e dinanzi alla cui porta erano altre guardie {cpvXaKes irpò rns dvpas).
Attraversano quindi la prima e la seconda carcere {irpiarrjv koì Sevrépav cf)v\aic^v,
V. 10) cioè due stanze consecutive del carcere. Per prima credo debba inten-
dersi la prossima a quella in cui s. Pietro era stato rinchiuso; la seconda è il
vestibolo dal quale, per la porta di ferro (t»7v TruXrjv t^v a-iStjpav, v. 10), si escìva
immediatamente in città {els rrjv iróXiv). Né si può immaginare diversamente
disposto il carcere di Filippi, che accolse per poche ore s. Paolo {Act. Ap. 16,
24 ss.). L'apostolo era stato messo nei ceppi (èv twi ^vXwì) entro il carcere più
interno (els rriv èa-wrépav cfivXaKiiv). Ma sulla mezza notte ecco, a una fortissima
scossa di terremoto, spalancarsi tutte le porte {al dvpai -rrSaai, v. 26) e cioè, imma
gino, quella del career interior, quella del carcere esteriore e quella che dal
vestibolo metteva in istrada. Vedendo ciò, il carceriere (Seo-fiocpvXa^ accorso
subito sul posto, a bella prima pensa che i prigioni siano tutti evasi : poi, ras-
sicurato dalla voce di Paolo, li mena fuori, irporijajev avroìis e^cu (v. 30), e vuol
dire nel vestibolo o, come
si esprimerebbe l'autore del Martyr. s. Pionii, els
3 Cod. Theodos. IX 3, 1.
SUL TESTO DELLA « PASSIO SANCTORUM MONTANI ET LUCll ». 21
il
Ho
data come semplice ipotesi la temporanea dimora di Fla-
viano e dei suoi compagni nella parte esteriore del carcere: ma
essa è qualche cosa di più che una ipotesi. La reclusione nel
career interior portava con sé l'isolamento dal mondo esteriore:
visite non si ricevevano se non da chi stava di fuori (cf. Pass.
Perpetuae Martyrium s. Pionii XI-XII ap. Gebliardt pagg. 66,
III 8;
3 ss.; 104-105). ^ Ora la lettera e' insegna che, dopo l'arresto, martiri i
godettero per pochi giorni la compagnia dei loro fratelli nella fede
{visitatione fratrum refrlgeravimus), e che il sollievo e la letizia di
quelle ore li faceva dimentichi di tutta la pena della notte. Il sollievo
delle visite giornaliere era evidentemente aumentato dal luogo meno
come il
tetro, ^ labor noetis era costituito dalle tenebre e dall'isolamento.
Nuovamente i nostri santi dovettero essere menati fuori quando ad
lungo crudele digiuno, Luciano ottenne di poter distri-
essi, sfiniti dal
buire viveri in abbondanza. Infatti i prigionieri condannati al tor-
mento della fame e della sete venivano necessariamente isolati e
perciò rinchiusi nel career interior. Cessando il tormento, cessava
la reclusione così rigorosa. Quel famoso Luciano confessore, di cui
ci èrimasta una lettera a Celerino nell'epistolario Ciprianico {ep. 22),
narra come essendo stati egli ed alcuni suoi compagni condannati
a morir di fame e di sete {iussi... fame et siti necari, pag. 534, 11-12
Hartel), furono rinchiusi in due orride segrete {duabus eellis) appunto
in Cartagine. Qualche tempo dopo si accordò loro una breve tregua
Dubitai che le parole de carcere fossero interpolate, tanto più che nella
*
(vocabolo che, quando le lautmniae più non esìstevano, restò a significare senza
altro per metonimia, il carcere meno duro) in quanto condannati alle lautu-
i
miae avevano una maggior libertà, potevano vedere persone estranee, stu-
diare, scrivere etc. (cf. Mommsen Eom.
Strafrecht pag. 303).
Più tardi Costantino ordinò che gl'imputati fossero tenuti notte e giorno
'
fuori del career interior {cod. Theodos. IX 3, 1 salubribus locis recipi [nocte]
ac revertente... die... ad lumen publicum educi).
o)u)
MlOVI'; OSSKIIV AZIONI CMITICHi: Kl) KSIXìKTICHK
Reno stava in carcere con gli altri nel tempo in cui ebbe la visione ;
•
Luciano chiama questi giorni dies quinque medios, perchè frapposti a due
periodi di assoluto digiuno, il secondo dei quali durava già da una settimana
quando egli scrisse la lettera a Celerino. Altri tradusse « per cinque giorni
(ricevemmo pane ed acqua) in sul mezzodì » (cf. Tillemont, ME III 384;
All A.RD Hist. des pers. Il [1886J 324; Leclercq L'Afrique chrétienne I [1904] 185);
ma certo non bene.
2 Allard {Hist. des pers. II 324) trascritto da Leclercq {Afriqtie chré-
tienne I 185) volta ad mensuram « à volonlé », forse sovvenendosi del Salmo 79
(80), 6 potum dabis nobis in lacrimis in mensura. Questa però è versione
erronea dall'ebraico, che suona « senza misura, smisuratamente », laddove in
mensura, ad mensuram vale « a misura, un tanto e non più », come e. g. in
Ezechiele 4, 16 comedent panetn in pondere et in sollicitudine et aquam in
mensura et in angustia bibent.
V. Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pag. 28 nota 2. Gf. Passio sancti
•^
'
Hist. cles pers. Ili (1907) pagg. 1^9-130. Dello stesso avviso s'era già
mostrato Tillemont ME IV 209.
il
^ioiii lo nomina
coda e proprio fra due catecumeni. Dei suoi
in
dica che il nos comprende anche Reno. Ciò per lo meno non può
asserirsi; lo scrittore sembra anzi distinguere Reno, che era stato
con lui e con i suoi compagni {qui nohtscum fuerat, o f. compre-
hensus), dal gruppo dei martiri conviventi con lui nel carcere mentre
egli scriveva (et nohis rettulit).
'
Così s. Perpetua {Pass. IV 1, ap. Gebhardt pag. 67, 1) ostendatur Ubi
an passio sit an commeatus. Cf. Gyprian. epp. 10, 5; 39, 1 (pagg. 494, 21;
581, 20 Hartel).
- Cf. VII (pag. 74, 16 s.) Videbam... puerumhuc in career em introisse, cuius
fuit vultus perlucidiis. Vili (pag. 75, 9 s.) De hoc eniìn... Quartillosiae... ostendit^
cuius mulieris etc. IX (pag. 76, 5 ss.) qui (Lucianus)... alimentum... om,nibus
ministrava, hoc subsidium... eos... ab infirmitate revocavit. cuius tatn gloriosis
operibus otnnes apud Deuìn gratias agimus.
SUL TESTO DKLLA «PASSIO SANCTORUM MONTANI KT 'lA'Cll ». 25
*
A pag. 76, 10, si afferma che i malati {aegri o aegrotantes) pativano a
causa di questo solon e della frigida (così spiega il passo Mons. Duchesne in
« Comptes-rendus de l'Académie des Inscriptions etdesBellesLettres» XVIII, 1890,
pag. 229-232). Che agi' infermi facesse male la bevanda fredda si capisce di leg-
gieri: ce lo insegna anche Seneca {de benef. Il 14, 2 frigidam aegris negamus;
cf. ep. 78, 25. Tuttavia v. Sueton. Claud. 40 quod pater eius frigidam aegro
sibi tempestive dedisset). Ma come mai poteva essa far ammalare i sani? Come
mai per i prigionieri aver dell'acqua fredda equivaleva, o quasi, a morire di
sete? saranno stati gli austeri cristiani di Cartagine più delicati dei soldati di
Pescennio Nigro, il quale iussit... ne unquam recens coctuìn cibum sumerent, sed
pane ac frigida vescerentur (Sparti an. Pescenn. N. 10, 6)? Gli è forse che i pri-
gioni nel carcere scuro, angusto, senz'aria si trovavano incredibilmente ammas-
sati e come immersi in un'aria di fuoco {Pass. s. Perp. Ili 6, ap. Gebhardt
pag. 65, 12 aestus validos. Ep. Luciani 22, 2 ap. Hartel. pag. 534, 13 ignis...
intolerabilis). Ora è innegabile che alle persone molto riscaldate il bere freddo
può riuscir dannoso. A coloro cui poco talentasse questa spiegazione non resta
che attenersi all'altra proposta da me in Gli Atti dei ss. Montano Lucio etc.
pag. 33 s., e di nuovo sostenuta in La Passio ss. Mariani et lacobi (« Studi e
testi » 3, 1900) pag. 11 nota 1.
^ Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pag. 43-45.
"2() NTOVK OSSKin'AZIONI CIUTICIIK Kl) KSKCi KTICH K
' « IV 245.
N. Biillettino »
E. PiGCOLOMiNi Ad Thucyd I 2 pag.
- 1 (estratto dagli « Annali delie Uni-
versità Toscane » t. XVIII).
^ Cf. Gyprian. ep. 5, 2 (pag. 479, 14 Hartel) ita ut presbyteri
qui illic
apud confessor es offerunt, singuli cum
diaconis per vices alter nent.
singulis
Durante la persecuzione di Valeriano, sacerdotibus Dei (scrive s. Cipriano ai
condannati nelle miniere di Sigus) facultas non datur offerendi et celebraudi
sacrificia divina {ep. 76, 3 ap. Hartel pag. 830, 15).
4 lusTiN. Apol. I 65, 5; cf. 67, 5.
'"
Cf. Perp. Ili 7 (ap. Gebhardt pag. 66, 1).
Pass. s.
Ho un suddiacono e da
detto sopra die l'Eucaristia portata da
un catecumeno non può troppo meravigliare in una persecuzione
come quella di Valeriano, inesorabile per il clero superiore, ed è
perciò, Ilo soggiunto, che Luciano prete non si recò nel carcere
personalmente. Tanto infatti sembra risultare dalla narrazione, la
quale dà bensì a Luciano il merito di esser riescito a vincere la
durezza dei cataradarii (Libanio li direbbe tovs rfjs dvpas Kupi'ovs):
qui disrupto calar adarior tini duritiae obice etc. (così legge A molto
meglio di BN disrupto catenarum durissimo obice], di R \dirupto
\
non siamo grado di poter dire con sicurezza se fosse chierico o laico.
in
S. Damaso in un epigramma celebre (14 Ihm), intrecciando le lodi di lui a
quelle del diacono protomartire, sembra ritenere investiti dello stesso Ordine
i due personaggi. Ma al ravvicinamento potrebbe forse essere stato incen-
tivo sufficiente la somiglianza del loro martirio a furor di popolo, unita alla
circostanza che là dove riposava il corpo di s. Tarsicio aveva culto già
nel IV secolo, qual che ne fosse la ragione, anche s. Stefano, come (se non mi
illudo) apparisce dal secondo verso dell'epigramma stesso. Per Damaso dunque
il martire dell'Eucaristia fu o un semplice fedele (come inviterebbe a supporre
che non avevano preti con loro e quelli che vivevano a grande distanza da una
chiesa; cf. Duchesne Christian Worship, London 1903, pag. 249 nota 3), ma
vigeva l'uso che ogni domenica, appunto gli acoliti portassero il pane consecrato
(fermentum) dalla Messa papale ai preti titolari, cui le proprie funzioni vietavano
di muoversi dalle loro chiese (Innog. 1 ad Decentimn ep. Eugub., ap. Migne
PL 20, 556. Cf. Duchesne op. cit. pag. 352; Gabrol « Dictionnaire des antiquités
chrétiennes » s. v. « Acolyte » col. 352 s. e la mia nota in Wilpert Die Fdpstr/rdber
und die Cdciliengruft iti der Katakombe des hi. Kallistus, Freiburg B. 1909, i.
pag. 96-98).
* In una quarta ristampa del volume III della Hist des pers. l'Allard vorrà
tener conto (a pag. 132) di questa lezione da me restituitasulTautorità di JìX
confermata oggi da A (Ruin. leggeva, con T. passi erant). Cf. Gli Atti dei ss. Mon-
tano, Lucio etc. pag. 4 nota 3.
28 NUOVI'] OSSKMVAZIONI CIUTHIIIK CD KSEGKTICHE
Meno felicemente riconobbi già in queste parole una predizione del mar-
*
tirio («Studi e testi» 3 pag. 32 nota 53). Con ciò non nego (s'intende) essere
stata la fiala, od il calice, simbolo del martirio, com'è invero nella Pass s. Mariani
ed altrove (v. per es. s. Ephrem de XL mari., Opp. gr. lat. ed. Rom. II 355 e : èm-
dv/JLiai yàp èTreOvfirjae jxov r] yj^vj^ri iSe^v avròv irivovra tovto rò Trorrj'/otov (il martirio),
Koì lSov e^eViev avrò èv ttoW^ì j^prjo-rÓTf/rt. Greg. Nyss. (le s. Theoclovo ap. Migne
PCr 46, 741 e: veaviaKÒv... ws rjSv ti iròfia tììv rekevrtìv e'</)eA./có/i6vov. Pass. SS. Victoris.
Alexandri etc. 7, ap. Ruin p. i258 ed Veron nec mortem, sed salubrem poculum:
fazzoletto con cui stava per bendarsi gli occhi, in medio eorum *
volti nel lenzuolo funebre) uno accanto all'altro per terra. Ne pre-
senterebbe maggior difficoltà vocabolo solum, ove si volesse
il
Il Monceaux {Hist. liti. II 174) e l'Allard (Hist. rles pers. Ili 133) dovreb-
•
bero modificare le espressioni « qui couvrait ses yeux - mis sur ses yeux » in modo
da corrispondere alla verisimiglianza (come invero dividere un fazzoletto già
legato intorno al capo?) ed al testo restituito alla vera lezione fin dal 1898:
ìnanualem quo oculos fuerat ligaturus (non liffatus!) in partes cluas cìisciclit
{di'. Gli Atti dei ss. Montano, Lucio etc. pag. ^2S nota 2).
^ Cf. Porcellini - De Vit s. v. solium e rammenta il composto arcosoliuni
*
Quali s. Girolamo ep. 108 (al. 27), 7 viclens cellulas in quibus illa (FI. Domi-
tilla) longum martyrium duxerat e lo ps.- A costino serm. 303, 1 (ap. Migne 38,
1394) tale duxit martyrium, ista gloria coronatus est.
- Gf. Watson The style a. language of St. Cyprian pag. 246 nota 4.
n.
'
Acta ss. Bolland. » I ìul. 304; Mombritius li !i>^20^; « Fior. Casin. » 111^240.
«
^Secondo Dufourcq Étude sur les gesta niartyrum romains I, Paris 19(M),
pag. 303-305. Anche Mons. Duchesne ritiene coni])ilata la Passio ss. Processi et
Martiniani nei sec. vi (v. Le Forum chrétien, Rome 1899, pag. 24-25 e la let-
tera a Mons. VViipert in Die Pàpstgraher, Freiburg i. B. 1909. pag. 76, dove
per errore di stampa invece di vi^ si legge xi^).
Che nel Martyrium Petri V episodio dei ss. Processo e Martiniano
•^
(6, 20-7, 9) è interpolato, venne riconoscinto già dai Lipsius {Apokryphen Apo-
stelgesch. Il 1. 1887, pag. HO; Acta Ap. apocr. I 1 pag. xvi) e dallo Zahn
{Geschichte des NeutestamentUchen Kanons -II, Erlangen-Leipzig 1892, pag. 8^38
nota). Il Lipsius però credette F interpolazione anteriore alla nostra pasi>/o.
^ Cosi nell'apparizione riferita da s. Gregorio Magno (hom,. in evang. 32,
7, ap. Migne 76. 1237-1238). Non so se qualcuno preferirà supporre che due i
S. Pietro, giunto alla porta Appia, vede N. S. che gli dice: Romam
redeo ut cruci figar: tu autem Romam revertere. Ciò che l'apostolo
eseguisce la mattina stessa.
Questa narrazioncella presenta più di una singolarità o, se si
vuole, di una stranezza. Basta al mio scopo rilevarne due: la prima
(già avvertita dal Tillemont ME I 53^), che per chiedere il batte-
simo i prigioni usano quelle parole: « Dateci acqua perchè moriamo
dalla sete »; l'altra, che s. Pietro non fa zampillare la fonte dal
pavimento del carcere (come chi conosce il Tullianum si attende-
rebbe), ^ ma emanare dal monte Tarpeo, e monte Tarpeio. Or sarà
possibile dare di tali singolarità una spiegazione che appaghi f Io
mi arrischio (naturalmente non senza riserva) a rispondere di sì.
Com'è notorio, nel iv secolo si considerò volentieri il principe
degli apostoli quale nuovo Mosè che trae dal sasso l'acqua della
Nel Martyrium Petri a Lino 5 (ed. Lipsius pag. 6, 20) sono qualificati più
^
m-agistriani.
' Gf. ps.-LiNO loc. cit.: fonte de rupe prodiicto.
^ 11 P. Grisar osservò che l'agiografo mostra di non avere esatta cono-
scenza del Tulliano, dacché in quel sotterraneo di 6 metri di lunghezza su 3
appena di larghezza suppone rinchiuse ben 49 persone (Der Mamertinische
Kerker in « Zeitschrift f. kath. Theologie » XX, 1896, pag. 105-, Rom heim
Ausgang d. antiken Welt, Freiburg i. B. 1901, pag. i200). iMa per sé nulla ci
obbliga a credere che colui immaginasse i prigioni tutti raccolti nel solo career
inferior (luogo di esecuzioni capitali più che di reclusione). Nell'intiero carcere
poi, che comprendeva parecchie stanze, ed anche nella sola stanza soprastante
al Tulliano, la quale tuttora si conserva, potevano capire di molte persone. - Si
noti che il Martyrium Petri, interpolato come ora é, distingue la cusiod'm squa-
lidissima in cui s. Pietro si trovava negli ultimi giorni della sua vita (e. 2) dalla
vicina Mamartini custodia (e. 5) dove sarebbe seguito il miracolo dell'acqua.
Tale distinzione significa, se non sbaglio, che al tempo dell'interpolatore il
career pnbliciis non era più il Mamertino. il Tulliano, ma (juello che metà
alla
incirca del vi secolo, lo sostituì nell'antico forimi Olitorium (cf. Dughesne Le
Forum chrétien, Rome 1899, pag. 26-30).
DIVENNERO I CARCERIERI DKI IMUNCIPI DECIM APOSTOLI"? 37
1 De Rossi Btill. di archeol. crisi. 1868 pag. 1 ss.; 1877 pag. 82 ss.
2 Vedi per es. Garrucci Arte cristiana V tavv. 307, 1; 314, ^3; 315, 1:
'
Le tre scene si susseguono da sinistra a destra per es. ap. Garrugci
tavv. 315, 1; 318, 4; 358, 1; 367, ^^ viceversa, da d. a s., a tavv. 364, 3;
365, ^2 etc.
2 V. Garrucci tavv. 313, 1; 316, 4; 318, 1. 4; 365, ^2; 367, 2 etc.
3 Cfr. nota 1.
Cioè Ja Historia excidii Hierosol. (Migne 15, !^171 B), oggi attribuita fon-
*
Poiché secondo la Hist. excidii Hierosol., al pari della Passio ss. Pro-
'
cessi etMartiniani, la visione sarebbe avvenuta proprio alla porta (Appia) e non
fuori di Roma: uhi ventum est ad portam,, vidit sibi Christum occiirrere.
Cf. Ambros. ep. 21 {sermo contra Auxent.) 13 videns sibi in porta Christum occur-
DIVENNERO 1 CARCERlKlil DKl IMilNCIJ'l UECiLl APOSTOLI? 39
realtà alle parole del Cristo: « Prima che il ^allo canti» etc, tna
che si potè credere posto là ad indicare l'ora della visione: poc'anzi
*
l'alba.
Concludendo, a me sembra, che, se confronti rilevati non i
rere. Martyr. s. Petri a Lino 6 (Lipsius pag. 7, 26) ut autem portatn civitatis
vohiit egredi, vidit sibi Christum occurrere. Martyr Petri ^ (ed. cit. pag". 88, 5) ws
,
senza lasciare altrove il più lieve vestigio. Sembra perciò che non
convenga esser troppo affermativi sul valore delle singole espres-
sioni da lui adoperate, anzi, che male si possano ricostruire (almeno
con certezza) le linee stesse generali della tradizione quale egli la
conobbe. Grande infatti è la povertà del linguaggio poetico dama-
siano (semplice musaico di frasi racimolate dalle opere di Virgilio
e di pochi altri scrittori), e la brevità impostagli dallo spazio entro
cui dovette restringere le sue composizioni, lo obbliga spesso a sup-
porre i lettori troppo bene informati di ciò ch'egli tocca vagamente.
Cominciamo dal tempo. Quando per l'appunto vissero e incon-
trarono il martirio Nereo ed Achilleo, a tenore della tradizione dama-
sianaf Non siamo in grado di dare una risposta categorica. Certo
però quella che diede il de Rossi, basandosi sulla leggenda del
sec. V e sulle scoperte fatte nel cimitero di Domitilla, diffìcilmente
può ammettersi senza Dai monumenti nulla sembra lecito
riserve.
ricavare, poiché per la erezione della grande basilica, sulla fine del
IV secolo, venne distrutto quasi intieramente ciò che esisteva attorno
alle primitive tombe dei due santi, oggi scomparse ancor esse. E
quanto alla leggenda, con qual diritto valercene, s'essa non ha
proprio nulla che ricordi, sia pure alla lontana, la tradizione ante-
'
Bull, (li archeol crist. 1874 pag. i20-i26.
lì I ss. NKHKO i;i) ACIIILLKO
* Lo Schafer dimostrò che gli Ada ss. Nerei et Achillei furono verisimil-
menle redatti nella prima metà del v secolo {Die Akten der MI. Nereus ti. Achil-
leus in « Ròm. Quartalschr. » viii, 1894, pagg. 89-119. Cf. A. Ehrhard Die altchristl.
Liti. u. ihre Erforscimng 1884-1900 pag. 568). A. Dufourcq Étude sur les gesta
martyruìn roìnains I 305 li fa discendere al principio del sec. vi.
^
E del loro martirio che cosa sappiamo? Che l'uno, s. Pietro, fu croci-
fisso, probabilmente a capo all'ingiù; l'altro, s. Paolo, decapitato. Fuor di que-
sto, nulla!
NELL EPIGRAMMA DAMASIANO. 4;)
'
Bull, crisi, toc. cìt, pag. i2^.
2 Sui doni militari, oltre Daremberg-S aglio s. v.phalerae pag. 425, v. G. Gatti
Lamina eli bronco con iscrizione riferibile alla guerra dei soci italici in « Bull.
archeol. com. » 36, 1908, pag. i2i20 ss.
^ Anche sui monumenti
guardie deìV oftlcimn sogliono essere
figurati le
armate di un'asta o di una spada (vediGarrucci Arte crist. V tavv. 331, *^;
e. g.
335, 3; 346, 1 350, 1 352. 2); qualche volta portano soltanto un hastone (ibid.
; ;
tav. 346, 1) ricordando Kopwnc^òpoi di Libanio {ad senat. Antiochen. 9, ed. For-
i
ster III 433, 2. Gf. Lue. ev. 22, 52 è^eXtjXvdaTe fiera fia^aipójv Kaì ^vXùìv. Ada Palili
et Theclae 15 nera àp^óvriov koÌ Sì^iioctIwv Kaì oj^Xov... fxerà ^vXiav). I soldati di polizia,
che nelle provincie d'Oriente si chiamavano èiwyixìrai, ci vengono rappresentati
come semiermes (Ammian. XXVII 9, 6-7; cf. vita Marci 21 armavit et diogmitas).
- A proposito dei Sicoyn^rai devo correggere un errore sfuggitomi in « Studi
e testi » 19 pag. 23 nota 3. Quivi affermai trovarsi in Egitto l'ufficio, ma non
la denominazione di elprivap^os, elprìvàp^tìs (il capo dei Biwyixiraì), tratto in inganno
da una pagina del Bom. Strafrecht del Mommsen, né rammentando, sul momento,
gli esempi fornitici dai papiri, dei quali avevo pur preso nota (Berliner Urkun-
den I 151, 4; II 546, 2; III 899, 5; Amherst papijri li 139, 4. 11; 146, 2ì.
'*
P. es. una delle guardie che accompagnano al supplizio s. Paolo ba lo scudo
in un sarcofago ap. Garrucci tav. 331. 2; e spesso l'hanno le guardie del s. Se-
polcro, ({uelle che fiancheggiano i giudici in tribunale ed altre.
nell'epigramma damasiano. 47
l' autore suo favorito perchè gli v.eniva hene per il verso e senza
troppo curarsi del significato di essa, ^ o (ipotesi assai meno plau-
sibile) ^ le attribuì un valore che non ha. E se questo fece nel
carme 1, non avrà per avventura fatto altrettanto dove intessò le
Vedi I Beg. 17, 5-7. L'unica ipotesi, cui potremmo pensare, è die s. Da-
*
maso con la menzione delle falere (ricompense per atti di valor militare; onde
Vergil. Aen. IX 359 multo phaleras sudore receptas) abbia inteso significare essere
stato Golia un guerriero provetto, vir hellator ah adolescentia stia (I Heg. 17, 33).
Con tale ipotesi (del resto poco probabile) non si toglierebbe però proprio nulla
alla stranezza dell'espressione «armato di scudo, di decorazioni e di lancia e
spada ».
dalla polizia nel cimitero dei ss. Grisanto e Daria, scrive: extemplo ducibus
missis tunc colla dedere. Ducibus sembra usato qui unicamente per ragion del
metro ed equivalere a 13, 4 militibus missis populi tunc colla dedere. Perchè
non furono certo duces ì funzionari di polizia lanciati alla ricerca dei cristiani
nei cimiteri suburbani E quand'anche Damaso avesse voluto indicare i centu-
!
rioni che solevano guidare la sbirraglia in quelle operazioni {Pass. ss. Mariani
et lacobi IV 3. ap. Gebh. pag. 136, 31, centurionum violenta manus et improba
multitudo... ad villam, quae nos habebat... convolarat. Sueton. Aug. 2 per cen-
turiones et milites raptum... torsit) o qualche tribuno {Acta Ap. 'il, 3i2; cf. Franchi
La Passio ss. Mariani et lacobi in «Studi e testi» 3, 1901), pag. 37), il vocabolo
ducibus non sarebbe mai esatto. Del resto nell'epigramma 17, che probabilmente
descriveva la medesima scena del carme 13, in luogo di militibus sembra si
leggesse ducibus (v. Wilpert Die Papstgrdber tav. V).
*
non ha mai avuto altro valore che quello di decora-
In latino phalerae
zioni. In greco
designò in origine certe borchie o scudetti che servi-
(fxxXapa
vano di decorazione e insieme di rinforzo al bacino dell'elmo o ai guanciali,
quindi talvolta guanciali stessi (schol. ad Hom. FI 100 <f)àXapa rà Karà ras ira-
i
Se Manno tion fosse detto draconarius, cioè alfiere, l'avremmo potuto credere
un milite di polizia a cavallo, uno di quegli (7r7re?sche il Martyr. s. Pohjc.
VII 1 nomina accanto ai SKajfiTrai. Nel Martyr. s. Pionii un drappello di Bit»-
jfiìTai è comandato dsLÌV'nnrapxos (e. XV 1, ap. Gebh. pag. 109, 9-10; cf. 16-17. 19).
Gf. Prudent. Trejol a-recj). I 37 vile censent (i soldati Emeterio e Ghelidonio)
^
inpias ìnanus cruentis inquinare stragibus; il che vuol dire « far la guerra,
esercitare il mestiere delle armi ».
L'espressione gerere officium, di cui a G. Weyman, quando pubblicò la
•'
compitissima illustrazione del nostro carme in Vier Epigramme rles hi. Papstes
Bamasiis I, Miinchen 1905, pag. i24, sovvenne un esempio solo (Glaud. Mamert.
de stai. anim. Ili 6 pag. 163, 23 s.), non è tanto rara, almeno nei testi agio-
grafici. Vedi Ada s. Maximi I 6 (ap. Gebh. pag. 121: Quod officium gerisP);
Pass. s. Pollionis 2; Pass. s. Petri Balsami 1 (ap. Ruin. pagg. 359. 441
Veron.); Pass. ss. Victor ini. Victoris etc. 3 (ed. A. Poncelet in « Anal. Bolland. »
28, 1909, pag. 468, 23) etc.
^ Nella Passio s. Ferreoli e. 1 (ap. Ruin. pag. 40(5) si dice che il preside
in cunctos Dei servos per ministruìn furoris sui grassabatur officium. Prudenzio
scrive del giudice {nepì aTe(j>. XI 49 s.) inter... constipata sedebat officia.
: \
ranni, questo tyrannus è il magistrato, come intese già Prudenzio {irepì (rre^.
XIV 21). Il (juale Prudenzio si serve della stessa voce per indicare il magistrato
nell'ef'Kjramma damasiano. 49
Nel nostro carme c'è nulla che inviti a prendere la parola in tale
significato f L'unico luogo è dove il poeta, toccando della conver-
sione dei due martiri, dice: conversi fugiunt, ducis impia castra relin-
qimnt, se il dì(x degVimpia ca.s^ra è, come sembra, l'imperatore al
quale non di rado si trova dato effettivamente quel titolo dagli scrit-
parecchie altre volte: III 127 inque tyranni (i. e. praetoris) octdos sputa iacit:
V 432 tyranne pertinax; X 676 stupuit tyrannus sub pudore fluctuans. Simil-
mente s. Ambrogio de offìc. I 41 te ... manet gloriosior de tyranno (il prefetto
di Roma) triumphus... Cimi illuso tyranno (lo stesso prefetto) impositus super
craticulam exureretur (s. LaurentiusJ. Negli Ada ss. Dativi, Saturnini etc. 12. 17
(ap. Rulli, pagg. 343. 346) tyrannus è il proconsole Aiiullino. Potrei moltiplicare
gli esempi con la maggiore facilità, ma non sembra valerne la pena. Né giova
addurre esempi da autori greci, come s. Gregorio' Nisseno, che chiama Tvpawoi
VrìjffKÓv ed il ra^iapxos {de s. Theodoro, ap. Migne PG 46, 741 G 6; cf. D lin.
penult.) e rvpawos Vap^uìv Ttjs arparias {de XL niart. or. I ap. Migne ibid. 768
B 4), o da testi agiografici, come Martyr. s. Cononis V 1, ap. Gebhardt pag. 131, 19
(twj rvpdvvoji i. e. tmi rjyepóvi), Martyr. XL mart. XI 1, il^id. pag. 179, 20-21 ?{KQov
o! àcre^écrraTOi Tvpavvoi (i. e. 6 Sov^ koÌ ò ri'yepwv) etc. etc.
'
Ghe Damaso altrove soglia chiamare tyrannus V imperatore (carmm. 8.
18. 27. 37. 43. 48) non significa troppo; perchè una volta almeno egli chiama
così il prefetto, come s'è accennato nella nota precedente. E quand'anche non
avessimo questo esempio, che cosa mai ci obbligherebbe ad asserire che Damaso
non seguì mai gli altri scrittori suoi contemporanei nell' applicare il vocabolo
tyrannus ad ogni sorta di persecutori? Siamo certamente lontani dal possedere
una raccolta completa delle composizioni di lui. Gf. sotto nota 4.
' Agli esempi classici indicati dal Friedlander ad Martial. I 4, 4 se ne
potrebbero aggiungere alcnni di autori cristiani, come Prudent. c. Symm. 1481
christicolae ducis adventantis ad urbem (i. e. Constantini); nepì arecf). II 45-46
praefectus urbi regiae / tninister insani ducis. 91-92 ut dedita stipendiis / ducem
iuvet; VII 6 sub Galerio duce. Gf. I 41 ductor aulae muììdialis. Ili 86 dux bonus,
arbiter egr egius (Massimiano, ironicamente); ('i.audian. I 124. 127; XXII 73 etc.
^ Pass. s. Fabii vexilUferi 4 in « Anal. Bolland. » IX, 1890, pag. 127, 9
iain nunc mihi Christiana est cordis inilitia et divinis castris invigilans sacris
inhaerebo semper excubiis... altera ine castra desiderant. Gf. Gypriani ep. 39, 3.
Damaso avrebbe potuto dire più chiaramente (se
''
il metro glielo avesse
consentito) regis castra. Eex
trova spesso applicato dagli autori cri-
infatti si
stiani all'imperatore (vedi e. g. Optat. Mil. I 22 quid christianis cmn regibus
aut quid episcopis cum palatio? Aug. c. litt. Petil. II 92, 203 quid fui t ctim rege
4
;
siiffìcieiite per identificare con cei'tezza il dtix dei castra impia col
tjjrannus iiniìiediato superiore dei due martiri. Chi poi ritiene che;
il poeta voglia piuttosto accennare ad una vera fuga dei due con-
vertiti da un dato campo militare, dopo aver gettate via le ai'iui,
troverà più ìiaturale dare al vocabolo ducis il suo significato pro-
prio, intendendo il comandante (da identificarsi col tyranniis del
V. 2) di esso campo. Il quale non è punto necessario supporre che
stesse in Roma e molto meno che fosse proprio quello dei preto-
riani.
Anzi un monumento figurato di poco posteriore a Damaso
parrebbe trasportarci addirittura in Oriente.
La notissima scultura di una delle colonnine marmoree che
sostennero il ciborio dell'altare dei martiri nella basilica di s. Domi-
tilla, ci mostra un carnefice in atto di decapitare con la spada
non erano in realtà più soldati, essi si erano (da poco o da molto
tempo) discinti: ^ laonde nulla obbligava l'artista a figurarli in
pagano... et christiani nominis hoste luliano? Gaudent. sermo 17 ap. Migne 20,
966 B 4 cìim, ferali a edicta sacrilegi regis proponi... coepissent etc. 968 B 1 qui ;
prò salute regis terreni hostiles glarlios formidare contempsiìnus, cur non prò
fide... lesii Christi regis aeterni... cruciatus aequo animo patiamur?), talvolta
è usato come sinonimo di tyrannus (nella Pass. ss.Ludi et Montani [III 2;
XII 5; XX Gebh. pagg. 147, i2: 153, 4; 158, 15] viene ripetutamente appli-
7 ap.
cato al preside persecutore Prov. 21, 1 cor regis in manu Dei, e in una omelia
di s. Massimo di Torino s. Lorenzo dice dalla graticola aìV avarus perseciitor.
al tiranno: Rex, manduca, iam coctum est [sermo 71 de s. Laur. ap. Migne 57,
680 B, 5J). È vero che Damaso suole riservare il titolo di rex al Cristo (poiché,
osserva s. Agostino [enarr. in ps. V ^\, regem Filium solent appellare Scripturae)
ma nel verso 1 del fr. 17 (oggi in buona parte ricomposto, mercè le ricerche
eseguite da Mons. Wilpert nel cimitero di Callisto) egli chiama invece così l'impe-
ratore (Valeiiano): r]egis praecepta profana (v. Die Papstgrdber tav. V, pag. 79-80).
* Acta ss. Nerei et Achillei, Leipzig 1893, pag. 45.
' Tunica e pallio ci vide il de Rossi Bull, crist. 1875 pag. 8; una discinta
(più giustamente) il Garrucgi Arte crist. VI 8.
^ Caratteristiche dell'abito militare erano, come si sa, il cingulum e la
chlamys. Lo stesso abito avevano gli apparitores, gli offìciales (v. per il cin-
gulum e. g. cod. Theodos. Vili 4, 16). Se non che la loro clamide fu, a cominciare
almeno dal 382, lunga fino ai piedi (ed è forse perciò che una celebre legge [cod.
Theodos. XIV 10, 11, volendo distinguerla dalla clamide dei milites armati, più
corta, le dà il nome di paenula. Cf. Wilpert Das pallium discolor der Offìciales
in « Bessarione » X, 1905, fase. 86). Non serve ricordare le espressioni tt/v ^(óvrjv
nell'epigramma damasiano. 51
Xafi^dveiv, àiro^dXKeiv, à(f)aipe'ladai : à-rroSvecrOai rr^v ^XafxvSa Koi XveaOai Ttjv ^(óvtiv, irepì
xXaiivSa Kaì ^wvrjv àa-xoXeTaOai e simili, che significano « farsi soldato, lasciar ser-
vizio, essere espulso dalla milizia, militare » etc, come in latino cingulum sumere,
proicere, discingi etc.
Così p. es. nel Menologio di Basilio, parecchie delle cui miniature si cre-
*
dono, con qualche fondamento, far capo ad originali del sec. VI o V, i martiri
guerrieri figurati nell'atto della decapitazione non sono mai militarmente vestiti
uè indossano il costume dei dignitari palatini (cf. Delehaye Les légendes grec-
ques des saints militaires, Paris 1909. pag. 5) ; essi hanno soltanto una tunica
lunga con o senza cintura Menologio di Basilio II. cod. Vat. gr. 1613, Torino
{Il
1907, tavv. 55. 95. 99. 109). E giacché mi è capitalo di dover rimandare alla
edizione fototipica di questo celeberrimo Sinassario, correggerò qui alcune ine-
sattezze sfuggitemi nella Introduzione e non rilevate dai critici, alcuni dei quali
si sono limitati a osservazioni generali ed a lamentare la mancanza di ciò che
infatti allora ed oggi ne sono certo che (j nel la miniatura non possa risalire ad
un originale locale, menlre falsamente suppone martirizzato un santo morto
invece, a tenore della leggenda, nel proprio letto. Dello stilila anonimo figurato a
tav. ^238 dissiinesattamente che poteva essere o s. Luca o s. Daniele. E certa-
mente s. il quale aveva la colonna in mezzo al mare èv toIs GvTpoTrlov, quella
Luca
stessa, credo, onde fu gettato dal vento l'anonimo di cui Leo dlxc. X 10 (ed.
Bonn. pag. 176). L'altro santo anonimo a tav. ^8() non può esser s. Timone
diacono, ma è il profeta Abdia, del quaje fu omessa la vita forse perchè data
già a pag. 19^.
'
Cod. Theodos. XIV 10, 1.
vola 331, 2 (fot. Parker ^^K)3; Figkeh Lateran pag. 49 s.). Di solito l'apostola
e l'esecutore stanno uno di fronte all'altro (e. g. Garrucci tavv. 35i2, 1. i2; 353.4).
52 I ss. NEREO ED ACHILLEO
'
Come i due prigionieri scolpiti sulla faccia destra delle due basi a sini-
stra di chi entra nell'arco di Settimio Severo al Foro dalla parte del Capitolio.
- Pass. s. Veron. pag. 474) transgressum (Gene-
Genesii 3 (ap. Ruin. ed.
sium) continuo in iiUeriora flutninis... percussor assequitur exoptatoque gladii
ictu... animam vinculis corporis exsolvit. Pass. s. ferreo?* 4 (ap. Ruin. pag. 408)
concito gradu ingressus aggerem publicunt... percurrit : ubi cum a persecutoribus
comprehenderetur et revinctiis post tergum manibus duceretur... subito instinctu
crudelitatis percussus occubuit.
3 L. DuGHESNE Lib. pont. I 156 nota 3; P. Allard Hist. des pers. Ili, 1907,
^ Non è la prima volta che questo fatto viene notato (cf. Gli Atti dei ss. Mon-
tano, Lucio etc. pag. !^4 nota i2; S. Lorenzo e il supplizio della graticola in
« Rom. Quartalschr. » 1900 pag. 163 nota 2; Un nuovo libello di libellatici etc.
tutte le altre, compresa quella dello Zander in « Wolfflin's Archiv. f. lat. Lexi-
kographie » VI, 1889, pag. 51^8) non fa alcun cenno. Più recentemente ancora
del Leclercq, Victor Ghapot nel « Dictionnaire des antiquités » di Daremberg-
Saglio s. V. segmentum col. 1173, scrive: « Ce mot barbare, corruption de gal-
licula {rpoxds), ne pouvait convenir qu'à des piéces d'ornementation mobiles, fai-
sant comme un bruit de galoches, et non à des fragments d'étoffes »!
NELL' epigramma DAMASIANO. 53
9, l'i). Del resto v. S. Agnese nella tradizione e nella leggenda, Roma 1899, pag. 24
(X Supplementh. d. « Rom. Quartalschr. »).
Pass, antiq. 7 (« Anal. Bolland. » XIV 380).
3
Così l'autore del Martyr. s. Eugeniae, nulla sapendo del genere di sup-
^
rucci non fecero verbo, ma che non isfuggì del tutto all'Achelis. *
pagg. ^64. "MI s. ; cf. Allard. llist. des peraécutions ili. 1907, pag. 395 ss. La
supposizione che il martire fosse bruciato dopo morto per impedirne la sepol-
tura, non è probabile; in tal caso difficilmente i cristiani avrebbero potuto sot-
trarlo alle fiamme).
Acta ss. Nerei et Achillei pag. 45. Nei gruppi classici dei due archi di Set-
*
pag. 55-57. L'unica scultura in cui il berretto comparisce nella scena del pas-
saggio del mar Rosso si ha in Millin Voyage III tav. LXVII n. 3; cf. pag. 358
e Le Blant Étiide sur les sarcophages chrétiens de la ville d'Arles pag. 54. N. S.
fra guardie pileate, nel sarcofago Lat. ap. Garrucci tav. 316, 1.
* «Studi e testi» 19, 1908, pag. 101.
nell'epigramma DAMASIANO. 55
E vero che nella scena prossima colui che arresta s. Paolo serrandogli il collo
con un fazzoletto (modo usitato dagli antichi, quando non avessero in pronto
una fune; v. Martyr. s. Pionii XV 6, ap. Gebh. pag. 109, 21; Ada ss. Petri et
Andreae ed. Bonnet in A. Ap. apocr. II 1 pag. 123, 11. 23), ha il capo nudo,
ma egli non è un soldato, è un personaggio in veste talare.
2 Cf. H. Delehaye Sanctus in « Anal. BoUand. » 28,
1909, pagg. 188 s.; 195 s.
IV.
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iido^oÌKoIs épyois - Kaì tt] dvr a(s} a-7rAw(s) KaraaKevda] asy dpvovpe \v6s re tÒv tiòv dvOpuìiriov
ìiov, eTTOirjaa èfiavTM 7re[ÀTa] Kaì dopov èv fj
rà [Trlployeypajuiuéva] ravra èiroiìicra eiriypi^dytpiv e.
'
Lequien [Oriens christianus I 794) ed il Ma-
L'avevano già conosciuta il
rini (cod. Vat. lat. 9073 pag. 391, donde la pubblicò il Ramsay The ciiies a.
bishoprìcs of Phrygia I 2 pag. 543) ma da una copia monca e piena di errori ;
grossolani.
Che la pubblicò neir« Expositor », novemb. 1908, pag. 385 ss.
~
a differenza di (jualche altra iscrizione riprodotta dal Ramsay nello stesso volume.
E. gr. nella iscrizione di Nova Isaura, a pag. 360, troviamo v. "ì [7r]a[X a]i o\ì\s :
senza accento, ièpe[vev\ con lo spirito lene; v. 3 (ru (così) Sé fioi-, v. 6 av]Tap (per
aìiràp), èv'JKpaTiiis senza acc; V. 12 dirò (sic) o-wl/iaros (sic) e^ujTraXj (sic) V. 13 fie^vìì- ;
vnvoTs (per viivois) v. i20 d]aiJiaTa (per aapara). Pare un po' troppo.
;
r>0 MA ({CO (i lui. IO KUOENIO
*
In Italia l'hanno fatto conoscere per Buonaìuti nella « Rivista
i primi il
storico critica delle scienze teologiche» (gennaio 1909) ed E. losi nelle Confe-
renze di archeol. crist. (maggio 1909). 11 testo fu riprodotto integralmente da
Sisto Scaglia 0. C. R. nelle Notiones archaeologicae christianae II 1 (Romae
1909) pag. 271, insieme ad una versione latina tutt'altro che fedele (volta p. es.
riKarà flia-iSiav rìjefxoviKri rà^is in exercitus ducis Pisicliae, Omette di tradurre -jréXra,
dà a aopóv, cui rende tiimba, l'epiteto lapidea che nel greco non c'è etc). A.
Harnack in « Theol. Litteraturzeitung 1909 col. 165 riproduce la parte del testo
»•
13, 251 (53); 260 (82); 260 (83); 261 (85) Laodic. Del resto il semplice dativo può
stare anche per il dativo con o-uv; vedi la nota 26 dello Heinichen ad Eus. 11. MP
VESCOVO DI LAODICKA DI LICAONIA. 61
Trjs rjyejuioviKfjs rd^ecos {Berliner Urkunden I 306, 3); altri due, pure
'
Altre restituzioni del R. (non occorre dirlo) sono felicissime. Così in una
epigrafe (pag. 274) che lo Smith aveva letto men bene fiera iravra Td(^os), giusta-
mente il R. osserva doversi supplire invece navra ra{vra). Solo mi sembra
fiera
gli sia sfuggito quel titolo sepolcrale palestinense, edito già dall'ALLEN in «Jour-
nal of Philology » VI, 1885, pag. 206 nota 27 (cf. de Rossi Bull. Christ. 1S8()
pag. 16 nota 2), che si chiude appunto con le parole fiera rravra rovro.
2Notare che le parole èfiòv rfjs re ckSo^ììs rov yévovs fiov sono certo un'ag-
giunta. L'autore aveva prima pensato a sé solo: ènoiìiaa èfiavróHi aopóv eie: p(u
volle estendere la proprietà del sepolcro ai suoi discendenti, e, piuUoslo che
mutare il già scritto, vi accodò quella breve dichiarazione.
62 MARCO GIULIO EUGENIO
terzo del sec. v ineipiente (a. Wì) lìienzioiia il piloto ttXoiov ivoXvKhmov
e^inrrjfìfTovvTos rfj rd^fA rjyf/jiovias OrjfòaiSos ((ìreiifell-HuiiI (ir. Pfi]). Il
1
V. anche n. 41, ì-± 13-14; n. 51, 1-^i. 13-14; n. 63, 3. '0<t><t>iKidXioi e ^eve-
cj)iKidpioi rf}s rd^eoùs nj^fiovias Otì^aiSos Occorrono in parecchi altri papiri degli anni
368. 375. 377. 381. 388 ap. Mitteis nn. 17, 3; 20, 4; 22, 3: 34, 3; 35, 3; 52, 1;
53, 1; 64, 23 etc. (cf. l'indice iv s. v.).
-
Vita Constantini 1 54. - Td^is = officium occorre frequentemente nei testi
agiogralici, anche antichi, come p. es. negli Atti delle ss. Agape, Irene e Chione
(martirizzate nel 304) e precisamente nel processo verbale preziosissimo : è/c rfìs
rà^ecós àveyvoìo-dti (c 3, ed. Franchi pag. 16, 11) e più olire (e. 6. pag. 29. 6) èàv
fir]vvOeirj fxoi ck tìjs ra^ews etc. Cf. Martyr. Cononis 12, ap. Gebhardt pag. 129, 10
Tov... dp^ovTos Tal Trjs rd^ecos avTOv. II 2, il). 21 fiera Ka\ elpTjvapxiKfjs rd^ecos. MartlfV.
Basii 6, ap. Knopf pag. 88, 29 ws Se virò Tfjs rd^eMS èv T(ài ^tifiari Bd(T(Tov Xrjydroìi
ò... Adortos irapìi^Bti. Martyr. s. Theodorae et Bidynii 1 in « Acta ss. Bolland. »
III aprii, p. LXIII et alibi npoKadiaas 6 dp^Mv... ehrev irpòs Tfjv rd^iv... /; rd^is elirev.
fragment and other greek Fapyri, Oxford 1896, pag. 106 (n. 64, 3) Pass, antiquior ;
Sergii et Bacchi 13 (« Anal. Bolland.» XIV, 1895, pag. 385) eie; Daremberg-
Saglio s. V. offìciuìn pag. 156.
VESCOVO DI LAODICEA DI LIGAONIA. 63
cium, di quelli cioè che Eusebio chiama tovs Karà iróXiv o-TpariMTas- e
contro i quali si volse in modo speciale la persecuzione di Licinio
pochi anni dopo; non fu già (almeno secondo ogni verisimiglianza)
un milite legionario distaccato dal suo corpo d'armata per essere
addetto ixWofficium di Diogene, come accadde e. g. a quel Marmo di
cui abbiamo riferito sopra (p. 47) il titolo sepolcrale e che, ove colga
nel segno supplemento congetturale del Ramsay, ^ fu pur esso
il
nella rd^is, sembra indicare abbastanza chiaro che tutta la sua car-
^
riera si restrinse a militare nelVofftcium, neìV apparitio del preside.
Le ipotesi onde il Ramsay cerca di spiegare codesto silenzio ''
'
De mori. 31. Gf. ciò che sì legge della persecuzione di Licinio a prin-
cipio del Martyr. s. Theagenis (« Anal. Bolland. » II 206) edictum... Licinii exiit...
ut onines in quocumque essent officio militantes ad sacrificia vocarentur. Il più
antico esempio del vocabolo a-rparela col significato generico d'impiego pubblico
è Dio CasS. LXXVI 18, 2 (Xiphilin.) €vQvs re avròv ra7s Xonraìs arpUTeiais èaé-
fivvve. Lo Herwerden {Lexicon gr. suppletor. et dialecticum s. v.) osserva che
diffìcilmente può ammettersi aver Dione scritto così. Nondimeno è indubitabile
che militia designò un servizio imperiale qualunque fin già dal secolo II {Big.
XXXI 'i^; XXXII 102, 2-3; cf. Daremberg-Saglio s. v. officium pag. 15(5).
- HE X 8; Vita Constantini I 54 (cf. Ioh. Chrysost. de Uh. educ. [citalo
dallo Heiuichen ad Eus. HE 1. e] ol fièv arparevovrai Karà TÓìv àSiKOvvroìv^ oTóv
elaiv Ol èv Ttji iróXei aTpaTiwTai). Si dicevano anche àarvKo'i a-TpariwTai (TheMIST.
or. Vili, pag. 136, 1 Dindorf).
The cities a. bishoprics of Phrygia I 2, 529 (n. 373). - h'officium. è quivi
•^
chiamato latinamente ò^c^t/ctov, invece di rd^is, come tante volte gli officiales si
trovano denominati nei papiri e negli autori òcfxtyiKiaXioi invece di ra^eóirai. Vedi
p. es. Kenyon Greek Papyri in the British Museum II 235 (an. 346 incirca) ócfxpi-
KiaXiov Tov Tìyefióvos; cf. 237, 14. 22. 32; 405, 8 ò(f>cl>iKiàXios rov SovkÓs. GrenfELL
Tehtunis Pap. Il 335, 13 (metà del sec. Ili) ròv ó(t)(f)iKiaXiov t^s Ta^etos. Ox. Pap.
VI 896, 28 (an. 316) ócpcjxKiaXiov r^yovfiévov AlyinrTov. Gf. Aegyptische Urkunden
aus kònigl. Museen zu Berlin 21 II 15; 657 II 9 e papiri del Mitteis citati sopra i
Tifiias, non pare ch'egli dica molto nìeno che se avesse semplice-
dinò che a tutti milites (sia della militia armata ' o legionaria,
i
il modo tenuto con loro dal preside deW Armenia minor corrisponde
appunto al tenore dell'editto di Massimino, quale ce lo dà a cono-
'
Cf. Harnack Die Mission u. Ausbreitung ri. Christentnms- li 42 s. -Diocle-
ziano sul princìpio del suo regno, diede il governo di qualche provincia a per-
stato soldato dell'esercito, deììsi militia armata, della evo-n-Xos arparela, dice: Sub
arma m^ilitavi.
VESCOVO DI LAODIGEA DI LICAONIA. 65
martirio per ben tre giorni : 6 ddvaros èpLrìKvvero rpiah tìfiépais irapaTeivónevos {M. 46,
768 D; cf. Bonwetsch in « N. kirchl. Ztschr. » III 707). Anche sul luogo pre-
ciso della passione le fonti non concordano. S. Basilio e s. Gregorio dicono che
fu in città; s. Efrem (Opp. gr.-lat. II 348 A 5 èv toTs vSaaiv... B 7 evSoOev rwv
vSaTùìv... D 2 èv Tin Xifxvr]i etc.) e la leggenda, sul lago gelato. L'AUard cerca
invano {La pers. de Dioclétien II, 1908, pag. 325 nota 2) di togliere la contrad-
dizione, dimostrata dal Tillemont fino all'evidenza {ME V 789 s.).
* La storia d'Ina, Rima e Pina {Synaxar.
Cpolitan. ed Delehaye col. 407,
23 ss.; Menol. Basii, pag. 337; cod. Paris. 1488, Catal. Bolland. pag. 171) non
merita alcuna fede. Ad ogni modo essi sarebbero stati condannati non da un
giudice romano, ma da un barbaro.
fi^> :\i,\rK:() cari, io kt'oenio
WETSGH Das Testament der vierzirj Mdrtyrer in « Studien zur Gesch. der Theo-
logie und Kirche » I 1, Leipzig 1897, pag. 88.
^ Così vediamo sentenziare p. es. Diilcizio in Tessalonica l'a. 304 {Act.
ss. Agapes, Irenes et Chiones 4, ap. Franchi Nuove note agiografiche pag. 17, 24 ss.):
'Ayairriv... irupì ÈKeXevaa TrapaSodiìvai . . . 'Ajddojv koÌ (zlpì'ìvri . . . §ià rò ve'ov Ttjs tjXiKias
eOrìKev^ ì'nrépOeaiv (pì'jaas els fieravoiav rtùrwt Sia rr]v ì)XiKiav tTTijJierpe'ìv (Dionys. Alexand.
ap. Eus. HEYl 41, 20). Forse per la stessa ragione dell'età, nello stesso anno 250,
in Roma era stato rimandato Celerino (cf. Tillemont ME III 396-397).
VKSCOVO DI I.AODICKA DI I.ICAOX lA 67
Eunoico potè annoverarsi con gli altri 39, avendo insieme a loro sofferto (I 5 ras
aùràs rìiiTv vivéjxeive OXixffeis).
piav Koì... rò a-àjia aùrov irupì KavOfjvai, ottws /uri o'i Xpiariavoì Xa^óvres avrò dd\lf(t)aiv.
senti al fatto devono aver tentato ogni mezzo (v. Gaudent. Brix. in dedic. las.
XL min., ap. Migne, PL 20, 970 B) per ottenere almeno, ciascuno quanto più pule.
fìS MARCO GIULIO EUOENMO
ap. Migne che poi, distribuiti in cento luoghi (rà XeiyJ/ava 6 kóo-hos è/ie-
46, 784),
pldOri), furono onorati, come realmente erano, per reliquie dei Quaranta martiri.
Così si spiega quel che dice Basilio, non trovarsi essi in un solo luogo, ma in
molti e tutti insieme. Dunque una tomba dei quaranta non esisteva al tempo di
Basilio, ma
bensì diversi reliquiarii in diversi luoghi. Quello in Ibora, pertanto,
di cui fa parola il Nisseno or. II de XL mtn., ap. Migne 46, 784 B s., non potrebbe
mai identificarsi con il sepolcro che i martiri Sebasteni si erano eletto, e con-
seguentemente non sarebbe lecito valersi delle parole di lui per affermare con il
Cumont (« Anal. BoUand. » XXV 241) che Ibora fu prossima a Sarin. Ma c'è di
più; santuario d' Ibora fu fondato dalla madre di s. Gregorio, la quale vi fece
il
trasportare alcune reliquie dei martiri, quelle che il Nisseno chiama fxepiSa rov
Sùópov. Ritiene il Cumont che al tempo di s. Gregorio non esistesse peranche
Vero che innanzi, od intorno, al ar^KÓs si stendeva un giardino (jc/Jttos) murato, nel
è
quale si entrava per una porta {Ovpa, Gregor. Nyss. ap. Migne 46, 785 A). Quanto
al sarcofago di cui parla il Cumont, esso non è altro che l'urna con le reliquie
dei martiri Sebasteni, che la madre di s. Gregorio collocò solennemente nel
atiKÓs o fiaprvpiov anzi descritto. I termini Xdpva^, drJKti, jXwaaÓKopov sono gene-
rici, e tanto possono applicarsi a un sarcofago capace di contenere un intiero
cadavere, quanto ad un'urna per le ceneri, tale da portarsi in mano o sulle ginoc-
chia. L'urna però non deve forse, nel caso nostro, confondersi con la capsella
delle reliquie. La dr^Kt], il Xdpva^ è la custodia della capsella. Così, al principio
del v secolo, essendo state rinvenute a Costantinopoli delle reliquie appunto dei
nostri martiri in due capselle d'argento {àXa^aa-rpoOfìKai àpyvpaT), queste vennero
con pompa solenne riposte, come narra Sozomeno HE IX !2, èv iroXvreXeardrrii OìÌkììi-
Greg. Nyss. ap. Migne 46, 781 D ó (5è r^s rifioìplas Kvpios oìik èvejKÌov àveKrójs
*
r(òv fiaprvpMv rrjv vt'/c>jv, ro7s veKpoTs èTroXépei awfiaai, KeXevaas irvpì TrapaSodrjvai ras
oÌKias rcùv àyiùìv yl/v^wv. Cf. Martyr. 10, 13, ap. Gebhardt pagg. 179. 180.
VESCOVO DI L ADDICE A DI I.ICAOMA. 69
piuttosto, non vi fece caso, in chi mai ])otè aver qualche motivo di
ravvisare il jnartire lasciato indietro sul ghiaccio e che la tradizione
diceva essere il più giovane, se non in Melitone, il (juale chiudeva
la lista delle soscrizioni nel testamento? Sicuro, nel Martirio i nomi
si seguono oggi in tutt'altro ordine, e invece di Melezio ed Iles vi
che gì'insegnò i nomi dei martiri; ad ogni modo però egli non se ne valse per
la storia. Si avverta che Melezio, Aezio ed Eutichio, i quali nel testamento figu-
rano sopra gli altri (qualche ne sia la ragione; cf. Haussleiter Zu (lem Testa-
ment fi. vierzig Màrtyrer pag. 98!^ ss.), non hanno alcuna preminenza nella
leggenda, dove per converso emergono Girione, Candido e Donino.
'^
Cf. per esempio il testo edito in « Archiv flìr slav. Philologie » XVIII,
1896, pag. 145 con Gebhardt Ausgewdhlte MdrUjreracten pag. 171 e con le ver-
sioni latine ap. « Acta SS. BoUand. » Il mart. '^'^b; Cafalogus codd. hagiogra-
pliicor. bibl. regiae Bruxellensis l >ÌQO; H. Quentin Les marttjrologes historiques,
Paris 1908, pag. 568 etc.
^ H. GuNTER Legenden-Studien, Kòln 1906, pag. 10 nota 1 asserisce che il
Nisseno nella II omelia sopra i quaranta martiri non conosce ancora la storia
dell'apparizione che convertì la guardia, e ne discorre solo nella III omelia,
seguendo il discorso di s. Basilio. Ma ciò non è esatto, perchè nella II omelia
quella storia, se non è raccontata per disleso, è però accennata: irujs àvrì rov
KXairévTO s virò tov Sia^óXov à\'Tfiarj^6ìì rt7)i cipiOfiwi ò Sea/JiocfìvXa^ i'ttÒ Trjs ^àpiTOs;
(M. 46 769 A).
VICSCOVO DI LAODJCf'A \)l LICAONIA. 71
zeno meritò dall'eloquenza di suo figlio. Questi XVIII, funebr. in patr. 39,
(or.
ap. Migne 35, 1057 A), annoverando fra le opere sante del vescovo di Nazianzo
la chiesa ch'egli aveva eretta, óXija fxev róòi Xacòi Trpoa-xprjaafxevos, rà ttXciù) §€ oÌKoQev
eia-eveyKùJv, COSÌ la descrive : epjov oì) aiconfis a^iov, fifjédei /ièv virep tovs ttoWovs,
KccWei Se GT^eSòv virep anavras' Óktù} fxev laoivXevpois evOeiais els èavròv àTravréòvra, kiovcov
§6 Koì aroóòv KaWeai §L(ap6(j)(t)v els vxf/os alpó/JLevov kol toTs vnèp avrwv Tzkàafxaaiv ov
XeiTrOjUeVois Trjs cpiiaecos '
ovpavwi Se avioOev Karaarpairrovra, irriyals Se (poìTos irXov(Tiais
Tas oxfreis irepiavyd^ovTa... Spófiois re àfKJyiOeTOis vXrjS Tfjs Xa/JLirpoTaTiis Icrojioviois kvkXov-
Hevov, Koì TToXvv tÒv èv né (70)1 tottov TrepiXafi^dvovcri' ttvXwv Se kul tt pOTrvXaio) v irpaXa/x-
TTovTa ^dpiai... Kaì ovttù) Xejo) ròv e^ojOev Koafiov, Xidov rerpairéSov Ka\ els rpij^a crvvrjp-
fioafxevov koXXos koÌ fxéjeOos, oaos re kcÙ fxapfidpeos èv éSpais koì K€cf)aXiaiv.
Vedi intanto Ramsay Liike pag. 345 ss. e in genere, sulle diverse parti
•
^
votanti dai semplici spettatori.
Post scriptum.
(v. la lettera riportata dal Calder loc. cit. pag. 308 nota 2). Ma il D.
vien combattuto dal Calder, quale persiste a riconoscere in Eu-
il
due termini yéppov e ireXTr] erano usati non di rado come sinonimi. In
2 I
fatti alle Amazoni ora si dà il jéppov ora la iréXrt^, e la forma lunata ora si dice
propria dell'uno, ora dell'altro scudo (Poll. 1 134 iréXrt] àfia^oviK^, ms (fjyìai EevotjycHv,
KapeoiKvla kittov TreroXiai. XeNOPH. Afiab. V 4, 12 e^ovres jéppa... eÌKacrfiéva kittov
ireTaKoìi. Bekker Pliryn. pag. 33, 25 yéppa ... TrXe/CTÒs àcnriSas kol oìas 'Afia^óves
373 J7 TreXrr] TerpdjMvós ecTTi, DlONYS. AB II 70 dpaiKia TréXrij ... Ovpeòs pofi^oeiSìjs),
tal altra al jeppov(Eustath. jéppov o-xw'^ rerpaytovov oìiK Arma tracia òpdoywviov).
è comunemente la TreXrrj, ma anche talora il yéppov (Plut. Aemil. 32 OpaiKia jeppa);
l'una e l'altro è coperto di pelle (Tim. lex. Fiat.; Aristot. fr. 498; Xenoph.
Anab. IV 7, 22; V 4, 12 etc).
3 Demosth. in Neaeram 1375, 19. Cf. Daremberg-Saglio
pag. 1554 (dove s. v.
di Galerio (de mori. 10) milites... qui non paruissent militia solve-
rentur. Noi potremmo richiamarci, con altrettanto diritto, a Licinio
che prese specialmente di mira i funzionari di polizia, come abbiamo
già più volte ricordato (Eusebio Vita Constantini I 54 tovs Karà iróXiu
(TT paTiwTas fìyefiovLKwv r ay jucir m v [= ab apparitione prae-
sidialis offlcii, Vales.] àTro^dWeaOai èyvfivovvTO Sfjra rwv Karà irav
'
Martyrium Pionii XXI 2 è uno a-rparKarns che inchioda il martire al palo. Crede
il Calder che qui si parli di legionari, o non piuttosto di semplici ministri (iel
tribunale? Inutile ricordare che il Martyr. Pionii è del HI secolo e gli Ada
Karpi, se non risalgono al II, come pensava A. Harnack, certo non sono po-
steriori al III (cf. G. ScHOENAiGH Die Christenverfolgung d. Kaisers Decitis,
Jauer 1907).
V.
NELL'ANNO 250.
V.
... òcrris (AeKios) ttoXXous dirò rfjs Piófirjs Xpiariavovs èiroiriaev àpvri-
aaaOai rò óvofia tov Qeou koì rfjs irpooSoKoy/jievrjs èXiriSos rov XpLarov
àireareprjorev. rj yàp èvepy eia rov Trovrjpov ov fiiKpà rjv év rfji 'P(jjnr]i, Kaì rwv
SoKOvvTcov iepareveiv rwi KvpiwL - àp^óvrwv re Kaì irpoeSpcov lepéuìv re (jiaì
XeuiTcòv^ - Kal tCov t irci f))(^of lèv mv ovk òXiyoi ijf>ut']f)auTo rò ovo/ia tou Oeov, 7)
Adrjvài (^Kaì rfji Hf)ai? Kal tcoi àvriKfws rov KaiveTMXiov KaOel^ofiévwL
àydXfiaTi, (os àiro tov ttXì'jOovs tiou Ovaicjv Kal tùjv 'Ca(f)a'y(ì)vy virò riòv
èOviòv Kal àiroiTTaTitìv XpKTTiauwu {'Troi)ovfi€V(i)v, èv toh Tifiepi irorafim rò
vSwp aJ/na yevédSai. èirl iroXXàs ovv rijuiepas ttoXXov ttXì'jOovs é^opfiriaav- lo
TOV * TiiuoTivov'-'-' fiaXaveiov. Ciò vuol (lire die iioii mi discostai in nulla dalla
lezione dei codici ][V. i piìi integri tra quelli a non in tutto me noli, se])bene i
migliori. Siccome però la espressione eTravw fiévio nvòs Maprlvov è a mala pena
tollerabile e tj/ìjótivos (o ti/jliotivós) non ha esempio nei lessici, apposi il segno
di corruzione tanto a nvòs Maprlvov quanto a Tifxiòrlvov e nell'I nli-oduzione, dopo
esposti imotivi per cui mi sembrava di non poler accettare la correzione Ti-
fxodivov (la quale non direbbe nulla) né rifioviTrToov (la quale, fra le altre cose, si basa
su d'un preteso TifioTivtov non esistente in alcun ms.), avanzavo la congettura èyw
èiravù) fiévo) tov Ti^vpTivov ^aXave'iov (invece di nvòs fiapTivov tov tihiotivov). Un bai-
neimi Tihurtiinmi di fatti non sarebbe più strano in Roma di un ballneum Verii-
lanum {CIL VI 182). Da tov Ti^vpTivov, poi, corrotto in tov Tifivprlvov (facilissimo
lo scambio di j3 e ^t nei codd.), o tov TipipTivov, avrebbero avuto origine due con-
getture, tov TifiioTivov e Tivòs papTivov, si sarebbero poi riunite come stanno
le quali
in HV. Questa congettura fu Dumaine in Cabrol « Dictionnaire des
rigettata da H.
antiquités chrét. » s. v. « bains » col. IH nota 2 come eccessivamente ardita. E
lo è forse; ma io l'avevo proposta con una riservatezza che non si poteva
maggiore! Comunque, allorché mi si condannava, io avevo mutato avviso già
da qualche anno (con che non intendo affatto muover rimprovero al dotto
benedettino, cui potè sfuggire senza alcuna colpa una notici na sperduta entro un
articolo [« Nuovo Bull. » X 5| che parlava di molte Passioni) e suggerito di
sanare il testo mediante una semplice trasposizione: èyio eTràvio pévw tov ti/jlio-
Tivov ^aXaveiov tlvos MapTivov (o Ma pe) prlvov 'ì Notit. reg. I balin. Manieri ini ;
cf. Ch. Huelsen Formae Urbis, Berolini 1897, pag. 11 ss). Come già Seneca per un
suo capriccio (ep. 56, 1 supra ipsum balneiim habito), così Giustino, forse per
ragioni economiche, avrebbe preso stanza nel piano superiore del bagno di un
certo Martino (proprietario o condiictor). Non so se anche questa congettura si
troverà troppo audace. Certo é meno audace di quella proposta da G. Rauschen
{Florilegium patristicum 3, Bonnae 1905, pag. 99), il quale espunge tivòs MapTÌvov
e accoglie la correzione erronea TipuìQlvov anzi, per essere schietti, mi pare assai
:
Tos €irl Tr]v roiauTrjv Oei^Xarov irapavofiiav, fióXis óXiyoi i(Tj(vaau oiaopà-
vai, Mv al viroardaeis àveXrjcjjQrjaav tójl rafieiwi, ovtcjjs yàp TvepLe'Ì)(^e rò
irpóarayiia rov ^aaiXeays.
Per le singole varianti dei codici, vedasi la mia edizione del Martyr. Try-
phonis pag. 54 ss; qui rileverò soltanto quelle di qualche importanza 1 dopo 'Pw/itis |
O dopo XpiaTiavovs i COdd. hanno fiera ttoXKcòv T(dv ^acràvcDv kcxÌ KoXdaeùìv', parole,
secondo me, interpolate evidentemente 4-5K:aì Xeutrwv manca nei codd.|
5 eVap- |
Parig. 1460; gli altri Ti^epicoi Il dopo -irapavopiav il cod. Vat.-Palat. ha kui àpvtiaa-
\
(O àcre^elas O àvoaiovpjlas) \
PI rQi ^aaiXiKiòi rapielia il COd. Parigino 1460.
* Epist. 8, 2 ap. Hartel S. Cypriani opp. pag. 487, 8. Cf. « Studi e testi »
15 pag. 30 s.
Per una inesplicabile svista mutato in 375 a pag. 44 di « Studi e testi » 19.
2
irpoéSpovs (cf. vili 2, 1, TOVS róòv eKKXriaióìv iroipévas, e Vili 6. Gf. anche, per il
valore di queste espressioni, Neumann Der ròmische Staat und die allgemeine
Kirche, Leipzig 1890, pag. 211).
80 A PROPOSITO DEI SACRIFIZI
V. Ramsay Luke pagg. 355. 365. 387 ss. Del resto negli autori del iv e v secolo
1
spesso lepevs è sinonimo di -n-pea^vrepos (v. p. es. Greg. Nazianz. in laud. Basii.,
9, 3 [ed. BouLENGER] 6... lepéwv koÌ tcòv irapOévcov àpidiiós. 80, 5 irpoa-riSerai róls
lepevaiv 6 àp^iepevs. SOZOM. HE VITI 211, ap. Miglie 67, 1569 B lepewv §è Koì Sia-
kÓvùìv.
^ Questo è il valore di irpóeSpos negli scrittori del iv secolo, come irpoeSpla
irpoeSpeveiv significano l'episcopato ed esser vescovo. Vedi p. es. Gregor. Nazianz.
in laud. Basii 26, 2; 26, 3; 27, 2; 31, 2 38, 1 in lulian. I IH, ap. Migne P. G.
; ;
fluebat.
OHDINATI DA DliCIO IN |{().M\. 81
sarebbero usate le parole Bvixara Ka\ a-c^à^ia, quantunque anche Bvaia e atj^ayi]
possano talvolta designare non il sacrifizio, ma l'animale immolato. Il supple-
mento (K^ayóòv poi è quasi l'unico possibile a o-kovBwv non sembra il caso di
:
pensare.
^ Con iperboli forse non minori Cicerone, ricordando una zutfa fra ì suoi
partigiani e quelli di Clodio, &QY\\e,'. Meministis tiim-, itidices, corporihns civiuìn
Tiberim compier i, cloacas referciri, e Foro spoiìgiis effìngi saììguinem {prò
Sextio 35).
82 A J'IU)I'()SIT() DKI SACHIIMZI
venutomi alle mani dopo ch'era uscito alla luce il fascicolo 19 degli
« Studi e testi », deduce che l'editto di Decio esigeva una profes-
cilissima lettura) così: Avpri[\{ios)] Ivpos àiloyévii'] Qvovra afia Jìf/uTi/"?] koivoìvos aea-
{tifieicofiai). Ma, più giustamente parnii, il Wilcken in « Archiv f. Papymsfor-
SChung » V, 1909, pag. 277 propone... T\§6v o-e] dvovra afia v[lo'ìs O vlwi O vlwvoTs'ì].
^
Lo stesso si ripetè al tempo di Massimlno, Eus. }fP IV-cS (« Anal. f^ol-
2 Cf. DiONYS. Alex. ap. Eus. HE VI 41, li; Cyprian. de laps. 'iS.
mietenda, gli uomini, come notò il Wessely, sono più libori dai
lavori del campo.
La ipotesi del F. spiega anche, se non erro, quel passo di
s. Cipriano {ep. 55, 14): Quae inclementia est... Uhellaticos cum his
qui sacrifica ver int iuncjere, qiiaìido is cui libelliis acceptus est dicat:
Ego prius legeram et episcopo tractante cognoverani non sacrifican-
dum idolis... et idcirco ne hoc facerem... cum occasio libelli fuisset
oblata, queiìi nec ipsum acciperem nisi ostensa fuisset occasio, ad
magistratum vel veni vel alio eiinte mandavi: Christianum me esse etc.
Il libellatico che qui è introdotto a parlare, non ha sacrificato e non
ep. 43, 3 (ap. Hartel pag. 59i2, 10 ss.). La Commissione dei notabili,
scrive il dotto francese (pag. 176), sorvegliava unicamente i sacri-
fiz!, i quali non avevano valore se non compiuti al suo cospetto;
essa sola poteva rilasciare i relativi certificati. A codesta prova
rituale i magistrati non dovevano intervenire. La loro azione comin-
ciava quando un cittadino aveva rifiutato di sacrificare o si era in
altro modo dichiarato cristiano. Essi facevano allora arrestare il
ORDINATF DA DKCIO I\ HOMA. 85
* Sia pure che qui non si tratti proprio della cerimonia ufììclale sul Capi-
tolio, ma di una « informai and premature compliance » nel Foro, come opina
ilGregg The Dedan perseciition, Edinburgh-London 1897, pag. 130.
~ Che attestati analoghi siano stati chiesti e rilasciati anche più tardi, al
'
Preferirei trasporre le parole così : àpv^aaorOai €yypa(f)(tìs (o èyyp. àpv.) koì
TToirjaai rei KekevaOévra. Ct. Eus. HE IX 5, 2 ^aaàvovs avTuTs ììireiXei Xéyeiv
è yy pd<pù) s èiravay kcc^mv , ws §r] e'irja-àv irore j^piariavai... (bv... èv VTvofxvripaa-i ras
(fxovàs èvTedelaas ^acriXeT KoiviovovTai.
2 All'avverbio èyypacfiws (che nel luogo del Martyr. s. Pionii, di cui sopra,
vieue spiegato ypà(f)ovTos rov voraplov iràvTa) SÌ oppone àypdcpios {Ad. s. Bionysii
Alexand. ap. Eus. HE
\1I 11, 6 AìfxiXiavòs Siéiroìv tjjv rjyepovlav elire' Kai ày^d<po)s
[estragiudiziahnente] vpTv SieXéxOìiv). Cf. « Studi e testi » 6 pag. 109.
Per esempio l'intestazione Eupator et Socrates et omnis curia... domino
^
praesidi salutem non va. Chi sono quei due personaggi? Com'è ch'essi non
declinano la loro carica (negli altri rapporti: KdaavSpos ^evecpiKiàXios, Dioneda
curator dvitatis Cinopoliton)'^ Probabilmente Eupatore e Socrate sono una per-
sona sola (l'originale dovette portare Gìnrarcùp (ò) Kaì laìKpdrris), e questa persona
è l'irenarca (cf. Martyr. 3: vocat te irenardius et omnis curia), come venne
avvertito da P. AUard {Dix lecons sur le martyre, Paris 1907, pag. 255). Men
bene però egli suggerì di riconoscere in Socrate un secondo magistrato (dì-
stinto da Eupatore), «forse VckSikos » {Hist. des pers. II, 1886, pag. 423 nota 2).
4 « Anal. Bolland. » XXIV, 1905, pag. 321-342.
' La Passion de saint Dioscore in « Mélanges Kurth » II 63 nota 1.
'
Essendoiìiisi (jui so|)rM odVM'ta l'occasiono di Molare alcuni piccoli difclli
iti non posso a mono di fargli ancora, rispettosamente,
cui e incorso l'Allard,
una osservazione, ed che la sua meraviglia in vedermi abbandonare la data
è
dell'a. 307 per il martirio di s. Filea, mi sembra fuori di proposito. Una volta
che Culciano, prefetto d"P]gitto fin dal 303 (e non dal 307, come prima si
riteneva e come anch'io avevo ripetuto in « Nuovo Bull. » IX i'24), nel 308 cer-
tamente, ma probabilmente già nel 306, era stato sostituito da lerocle, il mar-
tirio di Filea va posto verisimilmente con l'Harnack {Chronologie II 70) nel 305.
La mia ritrattazione era dunque bene a proposito. Ma essa non significava
(come l'Allard potè credere solo per non esser andato a leggere quell'autore
con cui dichiaravo di consentire) che io respingo il martirio di Filea all' a. 303.
In questo caso non avrei accolto, ma combattuto le conclusioni dell'Harnack
(del resto cf. « Nuovo Bull. » XI 252. 253).
VI.
pendice I del suo utilissimo libro Les Ugendes grecgues des sainfs
milUaires (Paris, 1909, p. 127-135), è senza dubbio, come osserva
l'editore, un'amplificazione dell'antica leggenda, quale ci viene rac-
contata da s. Gregorio Nisseno (liom. de s. Theodoro ap. Migne
PG 46, 736-748).^ Ma chi confronta i minutamente non pena
testi
molto ad avvertire due fatti mal conciliabili con l'ipotesi di una
amplificazione pura e semplice di quel racconto: l'uno, clie
tanto più che àvoias invece di àvofiias [R) non presenta nessunissima diftìcoltà,
molte volte nei Libri sacri l'empio essendo chiamato stolto e l'empietà stoltezza
(cf. sotto pag. 116, 35 6 fieaTÒs àvoias ìijefiwv. Ada Tarachi etc. 9, ap. Ruin. pag. 389
àavvere Ka\ Oeov noXépie etc. etc). Ma queste sono inezie, ripeto, che nulla tolgono
alla bontà della edizione. Simili e più gravi inesattezze, del resto, mi capita a volte
di cogliere nelle edizioni stesse curate da me. P. es. nell'elogio di s. Solere del
monaco Panfilo (« Studi e testi stampai èavrrìv róìi Xpiaraii
» 19 pag. 119, 20)
TvpoaTìjloìxev (come è nel codice): forma troppo irregolare del verbo,
poi, attesa la
avvertii neW Errata doversi scrivere Trpoa-ayìjoxev. Ma secondo ogni verosimi-
glianza non è in questo modo che scrisse Panfilo, sì bene irpoa-Tiyì]oxev (forma
dell'età Romana attestata da molli esempi; v. Gronert Memoria graeca hercti-
lanensis pag. 243 nota 1), o fors'anche -rrpon-riyeloxev o TTpoa-ìr/elojxev.
finché cioè non ne sia oppugnata l'autenticità con argomenti più validi di quelli
addotti finora. Gf. Delehayk op. cit. pag. 17.
\hl ATT()I{\() Al, l'if' ANTICO TliSTO
riducono ai seguenti:
1. Nell'omelia e nella le<>'<4enda, Teodoi'O si dice nativo di
Oriente e incorporato da poco in una legione clie ha stanza in
Amasea.
^. In ambedue i testi egli si rifiuta di sacrificare.
)>. Durante l'interrogatorio, gli si domanda da un personaggio
(che non è il giudice) se Dio ha un figlio.
*
* Questa domanda ritorna anche in altri lesti agiografici d'Asia, p. es. negli
Ada s. Achatii IV 1 (pag. 118, 19 Gebhardt): liahet ergo, td dicis,
disputati onis
fìliiim deus? respondit Achatius: Habet... Verbum veritatis et gratiae.
2 La mia osservazione non perderebbe ogni valore, quand'anche il Nisseno
avesse voluto accennare soltanto alla nobiltà spirituale del suo eroe. Dico
questo, perchè alcune parole dei giudici non paiono veramente conciliabili con
la nobiltà di nascila di Teodoro: €v9vs ae Kara(TTr\ao}iev è^ à(f>av(iòv yvcópi/uiov, è^
àSó^o)y è-vrifiov. Cf, 710 Ci ò arpaTiMTijs ovtos ò trévììs.
I)|;L 1\1A|{TYJ{1UM S. TUKODOHÌ TìHUxMS. \K^
\ey€(òva ^
KaXovfiévrju Map/napiràv... iJTis... eKadéL^eTO eV iróXei Afjiaaiai Trjs
'GXeuoiróvTov, per prendere ivi servizio.
2. A detta dell'oratore, l'imperialepersecuzione Trpóarayixa di
vien pubblicato proprio durante la dimora di Teodoro in quel quar-
tiere d'inverno. Egli non se ne cura e prosegue a mostrarsi aper-
tamente, arditamente cristiano: è quindi citato a comparire dinanzi
ed al ra^iapxos. Nella leggenda, al contrario, Teodoro non fa
di\Yi)yefi(óv
aoL OpaavTrjTOS Kaì róX/nris éyyivomevrjs eis ròv fiaaiXiKÒv é^vjSpiieis vófÀOV,
^ Questo latinismo, comunissimo anche nei papiri, dove per lo più si scrive
r'ipdìv {relpuìv) o Wessbly Die lateinisch. Elemente in d. GrdsiUit
reip6vt]s (cf. G.
p. 73) è evitato dal Nisseno: egli dice 740 C-D a-rparKÓTtìs... veóXeKros. Cf. 741 A
ovK€Ti veóXeKTOS Tr]v àvSpeiav.
2 A Xeyioìv, Xejeiuìv [v. Wessely loc. cit. 23
Xeyewv (nei papiri scritto anche
pag. 136 25 pagg.; 43. 73], anche Xijeiwv [Berliner Urkunden III 802 xiv 25 J)
corrisponde ràyfia, usato dal Nisseno qui ed altrove (e. g. per indicare la legio XII
Fulminata, hom. de XL mari. I, ap. Migne 46, 757 C). I Greci solevano dire
rà^is, réXos, (TTparÓTreSov, cf^àXay^ (v. Daremberg-SagliO S. V. legio pag. 1047).
^ Come
mostrai già in « Studi e testi» 6, 1901, pag. 97. La recensione edita
dal P. Delehaye si avvicina anche di piti al testo del Martyrium s. Ariadnes
pubblicato da me nel citato fascicolo pag. 123 col. 1, 3 ss. Nel quale M{arty-
rium) A{riadnes) ricorrono anche altre coincidenze verbali con il M(artirio di s.)
T(eodoro), ma di poco momento. MA p. 123 col. 1,17 kut 'èKcTvov Sé ròv Kaipov etc. -
MT pag. 127, 7 Del. KaB'ov Kaipov KparnQeis etc. 126 col. 1, 3 tw. Belwi Oeu- MA
-Kia-fiari - MT
pag. 129, 14 TÒ deìov déairiaiia tmv Seairoriàv. MA pag. 12S, col. 2, li
ò iiyeiiìov fiera TToXXtìs (r/cei/rews avfi^ovXlas re TrAeiVr/js e<^jj - pag. 132, 22 MT
^(1- .\TT()i{.\() AL imi"; antico iksto
Kaì TWL fAovoyevel aùrov Ylm. Come ognuno vede, concetti e parole
ben diversi !
E
vero che a questo punto dell'interrogatorio un tal Posi-
3.
mente 'GfÀTraOùòs fièv 6 èfxòs Oeòs ovk eyevvìjaev, dXXà Kaì viòv ó/ioXoyój Kaì
:
OeoTTpeirfj Aeyw rrjv yévvrjaiv av, m vrjTrLivSrj ròv Xoyiajuòv Kaì dOXie, ovk
'
èpvOpiàis ovSe èyKaXviTTrji Kaì OìjXeiav ófioXoycjv Oeàv Kaì (hs firìrépa S(ó8eKa
iraiSwv rrjv avrrfv irpoaKvvcòv, ttoXvtokÓv riva Saijuova Karà rovs XayMOvs
rj Tas vas evKÓXws Kaì èyKviaKOfiévy]v Kaì diroTiKTOvaav. E COSÌ SÌ chiude
l'incidente, mentre nel Martirio Posidonio prosegue a domandare
se possiamo conoscer Dio e, dietro risposta affermativa del mar-
tire, se per andar a Lui sia lecito abbandonare l'imperatore.
uno dei luoghi in cui i due testi più s'avvicinano nella forma. Nel
Nisseno i giudici dicono: 'OXiyos -irpòs SidaKeifriv èvSoSrjTO) rwi fiai-
vofievoji Kaipós' t'croys Karà a^oXfjv Sovs èavrm yvw/urjv /uteTdOrjTai irpòs
nati. Poi Xa^ófÀEVos evKaipov Mpas ròu vaòv... èveirvpiae vvktÓs (app. II,
pag. 140, 29 vaòv KaracjAéyeLv vvktos Viene veduto da qual-
èireXOióv).
cuno, arrestato da Gronide Xoyiarrjs e condotto non più dinanzi
al TTpanróatTos rijs XeyeMvos, ma al SiKaarris Publio Stratone.
5. L'interrogatorio die segue all'arresto, nell'omelia (il cui
autore non nomina il SiKao-rrjs Publio Stratone né il Xoyiarris Gro-
nide) è fatto dagli dpxovres o magistrati. Ai quali Teodoro, preve-
nendo ogni domanda, confessa subito l'operato {rm rdxei Tfjs ófioXoyias
Tììv épwTìjaiv eiriKÓTTTwv). Essi, dopo un vano tentativo d'intimorirlo,
trova solo, con piedi nel nervo, luóvov avrà, eV tmi ^u\m riacpa-
i
XKTfJièvOV.
apre nella Passio con quella promessa onde nell'omelia del Nis-
seno giudici chiudono l'interrogatorio precedente. La promessa
i
stessa (che ritorna del resto anche in altri Martiri del tutto indipen-
denti dal nostro, come e. g. quello di s. Teodoto d'Ancira) è in ter-
mini abbastanza diversi. Il Nisseno: Kaì ylvwcrKe ws ei povXt]0€ir]s ev-
èarjL Del tutto diversa poi per i concetti e per la forma è nei due
testi la risposta del santo, il quale, mentre nel Martirio si limita a
protestare che per nessuna cosa al mondo negherà il nome di
Cristo, nell'omelia, più consentaneamente al suo carattere ardito e
sarcastico, prende a schernire i sacerdoti pagani, gl'imperatori
stessi che quando si accingono a sacrificare, nella loro qualità di
pontefici massimi, prendono l'aspetto volgare e ributtante di cuochi
o di macellai.
Segue la tortura (durante la quale il martire in ambedue le
narrazioni intuona il versetto: EvXoyrjao) tòv Kvpiov eV iravrì Kat-
poòi etc.) e la sentenza di morte, che nel Nisseno è riferita in termini
intieramente differenti da quelli usati nella leggenda.
A spiegare in modo soddisfacente tutte queste discrepanze,
queste inversioni, questa scarsità estrema di coincidenze verbali,
pare a me non esservi se non un'ipotesi: che l'agiografo abbia bensì
tati a pensare che il testo primitivo avesse fiera twv SttXcdv. Dove ad ottXwv si
sarebbe dato poi il valore di scudi (cf. e. g. Xenoph. Anab. VII 8, 18 ottws rà
oirXa e-^oiev irpb rwv To^evuaTcav Hellen. II 4, 25 oirXa èiroiovvr ol fiev ^vXiva, ol oè
:
'
oiaviva Aen. Poliovc. 40, 4 àvri otzXoìv Ka\ 7rept/ce<^aXata>v rovs re KaSovs koÌ rà ò/iórpoTra
:
rovrois Sóvres xciXKWfxara: e per citare qualche testo più familiare agli agiografi,
Ps. 90, 4 oirXcoi KVKXcóaei ael III Peg. 10, 17 rpiaKoaia oirXa j(pvcrà èXarà, Koì rpeTs fivài
èv^a-av xp^o'ov els rò okXov rò ev). Ma in realtà gli scudi, accostati e sovrapposti,
servivano molto bene ai soldati disposti in catena per impedire il passaggio. Nota,
fra altri, quel luogo della vita di s. Ambrogio a. Paulino e. 13: Sed Bominus...
militimi corda convertii; ut aversis scutis ecclesiae fores servarent nec egredi
dimittereiit, sed ingredi... minime prohiberent (Migne PL 14, 33).
DKL MAHTYRIUM S. THEODORI TIROXIS. 97
7
98 ATTOHXO Al, l'ir ANTICO TKSTO
'
Vedi appendice rimaneggiamenti sono a volte di una bizzarria
2. Tali
estrema, come quello della Passio s. Agnetis edito da me nel 1899 (cf. Hagiogra-
pitica p. 155); dove la fanciulla tredicenne, che va ancora a scuola, vedesi trasfor-
mata in una maestra di pietà e di purità alle matrone romane (-n-oXXat twv Sv-
vaaróiyv yvvàÌKes rrpòs avrrjv ecpoirovv t;jv àyveiav avrfjs ^f^Xovcrai... kui al /ièv... efievov...
irap '
avrfji... rivhs Se rrjv èKeivrjs Oeoae^eiav àaKeìv Trporiiprjvro, pag. 72, 1 SS.). Ciò
indusse il P. Jubaru a credere che questo testo riguardasse un'altra santa omo-
nima Agnès, Paris 1907, pag. 63 ss.): il che è inammissibile! L'epitomatore,
{S.
che molto probabilmente lavorava a memoria, sembra essersi ricordato vaga-
mente di quanto la leggenda di Ambrogio dice, in fine, delle molte vergini romane,
le quali, ad esempio di Costantina, fiera rfjs Kelpas veiorépeial re Kai reXeióìTarai
(cod. A perpelai Kai eìijeviSes Kai èirKpavéaTarai) lepà a^rjfiara èSè^avro, koì... fiéj^pi tjjs
la vita allo stesso modo del suo Dio: ergo habeto eìtis sententiam,
ut Ugno crucifixus pereat {Pass. 9, « Act. SS. » TI feb. 629).
A chi obiettasse gl'indizi sopra rilevati esser ben poca cosa,
potremmo rispondere: se oggi il Martyrmm s. Folìjcarpi fosse a noi
ignoto, donde mai ricaveremmo che l'ultima parte della leggenda
di s. Teodoro è quasi per intiero un imprestito Unicamente (forse) '^
dali da sé, jit] irpórepov tovto ttoimv Sia rò eKacrrov tmv -klcttwv airov-
Sdl,6Lv Tis rdxiov rov ;^/)a;TÒs avrov dxl/erai. Che invero i fedeli gareggias-
^
0, viceversa, di due omissioni del traduttore latino.
2 Che è inutile raccogliere, ed in testi non agiografici (spec. papiri) che
troverai citati dal Wilcken in « Archiv f. Papyrusforschung » V, 1909, pag. "^S^ s.
Cf. Ph[L0 lecf. ad Gaium 44 (li 597 M) SiKaarov fièv jàp epya Tcivra ^v. .. àvaaravra
^nvXevaaadai fiera rhv avvéSpiov ri ^pri (^avepws àiTO(pt']va(Tdai, yvcó/dììi rfji SiKaiOTarrii.
^ Tuttavia v. Ada Palili et Theclae 20 koì avfi^ovXiov iroiììaas (ó dvOviraros)
TTpoaeKaXéaaro rj/v ©eVXav Xéj(t)v' Atà ri ov yafie7 etc.
DEL MARTYRIUM S. THRODORI TIRONIS. 101
* Del resto non è impossibile clie (a differenza degli altri imprestiti) il brano
della Passione di s. Nestore si trovasse già inserito nella leggenda di s. Teodoro,
i
Cf. TiLLEMONT V 258.
2 Così Marcello centurione, unicamente per diserzione.
•^
Ad^e T»7v iravoirXiav compendia Martyr. Theag. 1 ed. « An. Boll. » pag. 207:
accipe chlamijclem et balteum et arma, o piuttosto, come ha la recensione ap.
« Acta SS. » I ian. 134, accipe chlam. et balth. et omnia arma. La parola stessa
TravonXiav, dunque, non fu suggerita all'agiografo dal Nisseno quale l'usa a
(il
tore ricorse a un espediente tanto semplice quanto barocco, come rileva P. Mon-
CEAux {Hist. litt. Ili 12(5) ; egli inserì nell'editto generale del 303 una clausola
riguardante il richiamo dei veterani sotto le armi. Nell'interrogatorio poi (secondo
ogni verisimiglianza autentico) introdusse eccitamenti a sacrificare e relative
risposte del martire, perchè (come dicevo) questi non sembrasse punito con
qualche ragione. Ritengo pertanto aggiunti o modificati dall'agiografo i seguenti
passi: 1° insuper christianum se àicit et diis, sicut praeceptutn est, sacrificare
contempsit, ideo perduxinius eum ad potestatem tiiam ut et militet et diis immolef.
i2** Quare nigra veste indutus es? - Ista vestis non est nigra sed alba etc. 3" sacri-
fica diis etc. Tanto è vero che del sacrifizio il giudice non trattava punto in
origine, ch'egli termina dicendo: Quid opus est verbisP cingatur et accipiat
arma. Del secondo interrogatorio dubito che sia non soltanto rimaneggialo, ma
tutto opera del redattore della Passione. La risposta: In nomine Patris et Fili
et Spiritus Sancii libenter occidor: quia ìnihi vita Christiis est et mori liicriint,
appena può credersi autentica. La sentenza di morte arieggia (luella che leg-
giamo negli Acta s. Crispinae (« Studi e testi » 9 pag. 35, 11 ss.; « Nuovo Bull. »
*
L'autore della recensione edita in « Act. SS.» 1 ian. 135 non comprese
il valore dell'espressione {^= oiareivea-dai els reaaapa Kevrij/iara O reTapnai Kevuinari
àacfìaXi^eaOai, cf. « Studi it. di filol. » Vili, 1900, pag. IH s.) e mutò ridevolmente
(n. 7) in nervo extendi et quattuor configi cìavis.
Dopo che queste pagine erano state stampate, mi sovvenni dei due codd.
Angelici del Martyriitm s. Theodorì tironis (v. sopra pag. 91 nota 1), e andai
subito a consultarli. 11 primo (del sec. xii) omette l'ordine d'inceppare Teodoro
come il testo ed. dal P. Delehaye (col quale concorda in tutto, salvo che a prin-
cipio narra più diffusamente, in una interpolazione manifestissima, l'episodio
del drago); ma nell'altro (frammento in onciali del sec. ix-x = Delehaye pag. 129,
18-131, 11) si legge èKéXevaev aiBnpwOévra avrov ^XrìOrìvai èv tool S€(rfi(OTt]pi(s)i koì tovs
TTÓSas avTov (X(T(t)a\i(rdf]vai els rò ^vXov. Questa può essere la lezione originaria; ma
può essere altresì una giunta di mano
che il Ni sseno nulla posteriore (tanto pili
dice del nervo), suggerita dalla descrizione susseguente del martire trovato solo
nella segreta. Ad ogni modo, fino alla scoperta di una nuova recensione del
Martyr. s. Theodorì. il testo della Pass. s. Theagenis conserva sempre un indizio
di priorità nel particolare del quarto foro del ceppo, omesso in Teodoro. Un tal
particolare si potè invero facilmente sopprimere da chi non conosceva quel triste
ordegno di tortura ma non so come avrebbe pensato ad aggiungerlo un pove-
;
ruomo unicamente premuroso di metter del suo il meno possibile nel racconto
che copiava.
fiévtiv MapjiapiTwv virò ir p eiró cr ito v Martvrol. Notker s. 2. ìan. i'nfer f/roiies
BpiyKav, tÌtis Xejeìov eKaOé^eTo è\> comprehensiis) in Phrygia , ductus
TTÓXei 'Afiaaiai 'GXevoiróvTov (cf . p . es est ad legionem qua e di ci tur
Grknfell Greek Papyri, Serìes II, (« An. Boll. » venit in legione cogno-
London 1897, n. 74, 2 [an. 302] Xeyewi/os minata) Secunda Traiana sub tri-
^' Tpaiavììs SiaKi/jiévtìs èv TevTvpp virò buno Zelicentio etpraeposito Pos-
MaKpó^iov [Trp]anr6TiTov). sidonio; quae legio {« An. Boll. » Haec
legio) considebat (habebat sedes
« An. Boll. ») in Cysico, quae estpritna
Hellesponti.
I)I:L MAIiTYHIl M S. THEODOR! TIRONIS. 105
^ Fare, dico; perchè (come tutti sanno) els con Tace, si trova ad ogni passo
in luogo di èv col dativo. Nel caso nostro poi potrebbe Vels essere stato scelto
anche per evitare due èv con il dativo, uno di seguito all'altro (év yXùìaaoKÓiuoi,
iv «iKlff-KOìì).
106 ATTOflNO AL IMÙ ANTICO TKSTO
dato anche che qualche cosa sia stata omessa, certo nulla ci per-
mette di asserire o di congetturare che sia stato omesso quel nome
di Euchaita, che vi fu inserito dopo, come mostrano il cod. Pari-
gino 520 e le versioni latine (cf. Delehaye pag. 23).
Questo nome originariamente non figurava affatto nel testo,
neanche a principio, là dove si compendia l'episodio del drago
ucciso da s. Teodoro. Ritiene il P. Delehaye che l'intiero accenno
a tale episodio sia posteriore, perchè esso è introdotto nella nar-
razione nel modo più goffo, senza aver con essa alcun legame
naturale. Per dire la verità, io propenderei invece a credere che
o debha giudicarsi interpolata una sola parola (EvxaiTCJv), o che *
*
Interpolala, intendo, nella recensione edita dal P. Delehaye; perchè,
quanto alla leggenda anteriore all'omelia Nisseniana, è fuor di dubbio che non
vi si diceva nulla del drago.
2 Nella versione lat. ap. Mombrizio, Euchaita distai a civitate Amasela
via unius diei. Cf. Delehaye p. li.
DEL MARTYRIUM S. THEODORI TlRONlS. 107
VI KL
• MAR. •
lato I
3 baptizar(et).
10 III. Pag. 7% 4 adp(re)liensis |
regionantes corr. ex regionantis |
exitium I
et: et cum |
13 pertingere: contingere per spiritum in |
:
15 sp(irit)u I
15 et in: in.
obscuritatem |
ceca |
20 ad instar |
om. nos |
et ad: ad, om. et |
adfirmatione |
3 loci illius: loqui 4 eo: lioc et non: nec non
| |
|
lucerne singul^ |
15 praecesserat : p(ro)cesserat |
16 et cum: et |
expergefactus : et exp. |
17 letali |
18 et qui: qui.
VI. Pag. 73, 21 partes: artes |
ó diem letum gl(ori)a ||
Pag. 74,
30 1 stridor cum o supra Un., scripserat e 2 fuit: uidebatur | |
ne bac:
ut boc I
3 fruerentur 3-4 preses 4 bue atque (t supra Un.) illuc
| |
lucidu I
18 ut exireiiìus: qiiaq(iie) ireinus |
19-^0 nunc impediiiiini:
iripediniini {om. nunc) |
"iO confidile: fidete |
vobiscum sum: hic
sum uobiscum |
adiecit: ait |
^2 properat: properans |
2'] eundem ||
5
Pag. 75, 1 mihi illum, inquit: illiim mihi inquid |
illi d(omi)n(u)s |
IX. Pag. 75, 23 post hanc visionem quae post liane uisionem : 15
2 nullus nobis: nobis nuUus altera die ieiuni: |||{ ante diem ieiunii |
|
3 om. autem cibis cum i sec. corr. supra Un. y 5 om. per 5-6 |
m j |
las I
6-7 ippodiaconum |
7-8 omn. ministravit: ministrauit omnibus |
20
8 hoc subsidium: subsidia |
om. et ante laborantes |
9 eundem j
om. per |
10 frigide om. aquae |
aegritudine iam incedebant.
X. Pag. 76, 15 vivimus et: uiuamus 16 inherendum 17 ac: | |
et I
17-18 si duobus ex uobis conuenerit in terram 18 quamcum- |
XI. Pag. 77, 9 quae: qu^ {sic et Un. 10) 11 ingesserai discor- | |
rent 14 inmensum |
15 om. autem 16 vestimentis: uestibus 18 | | |
30
quosdam 20 quia: quo(niam) illae: ille 21 sum: est 22 uni-
| | | |
tatem 23 om. ibi Pag. 78, 1-2 iniustis (in supra Un.) pofjna pre-
| ||
ruUs a b e supra add. verha sic transponenda notavit nec. rei. sub.
Igitur 9 et 5ec. ac 10 pretorium pr^sidis 11 Flaviani: flauiano
I
:
| |
|
13 in: Inter |
14 tlauianus rursum receptus {om. est) |
habere |
15 quia:
qua I
conlegio ex conreligio litteris re erasls \
16 om. est |
17 tristi- 40
tiam cum a ex ti destitutae distitut§ religio ex legio Utteris
corr. |
:
|
su^ Il
Pag. 79, 1 propri^ 2 aptiam si 3 coliortatibus: exhortatio- | |
scere I
sup(er)bam inprobam contumatiam 21 intellegerent ec-
et |
10 clesi^ I
22-23 abruptam festinantiam negationem 23 penitentiam |
||
sed et: per totius plebis aures, sed ad 14 sonos ferirei: eua- | j
2 a§tiam si.
XVI. Pag. 81, 3 om. illas 5 mutilaverat: mut||||auerat 6rema- | |
XVII. Pag. 81, 21 om. visum est ape {spatium) riri (spatium) |
\
XVIII. Pag. 82, 7 om. vero 10 l^titia sed maior ipsius animo: | j
tem haec qu^ om. qui 23 mala mortis: mortis mala 24 agens
I
:
| | |
cum r sec. corr. {ex s?) 5 etiam si 6 a^tiam 7 ipsos om. et noti- | | | |
8
Hi APPENDICE I.
tus: asperatus |
19-20 carceruiii penis |
20 non est (corr. supra Un.
ex esse) passu 21 om. enim. |
XXI. Pag. 83, 24 per: post datam scilicet Pag. 84, 1 sup om. | ||
erat a^tiam
|
conloquio om. et ante sic 2 ha^ propria: pria, sed
| | |
|
corr. supra Un. r 14 tristiti^ me^ dixissem (sed corr. supra Un. |
cerem, Utteris xissem puncUs del.) 15 om. bis eris per: es ad sic: \ j |
dem I
produci: duci |
8 cybum |
9 penuria |
10 legitimis: inlegitimis |
fatigare.
XXII. Pag. uenio sic: sit 13 comitatus: quod comita- 85, 12 | |
celo I
18 interuentu pluuie 19 legitim^ 21 dominici 21-22 san- | | |
20
guini: sanguine.
XXIII. Pag. 86, 1-2 ^ditiorem 2 sermoni: sermone 3 huius | |
aavTOs Trjv virò Pwjuaiovs àp^(riv, ol Trjs àae^eias viraairiaTaì dXXos dXXov
viKav Trji dirriveiaL airovSdi^ovTes, auXXa/ifidveiv eaireuSov tovs dyiovs Kaì
10 SeivaTs KoXdaeai Kaì ^évais irapaSiSóvai.
^. Gv TavTais ovv TaTs riiuépais Trji Aaiai KaTa \
tijv "Gcfyeaov tov /\6kiov f<\ 130, 2
irpoo-evdrìfiovvTOs Kaì tov lòv Trjs pXaacjyrjiuLas 6K)(€0VT0S Kaì aifidTMv àvOpù)-
TTivwv, (bs dv eiTTOi Tts, àTToyevojuévov Kaì cjo-irep jurj dve^ofiévov /nóvov tóòv
fxapTvpiKiov èjucftopeTo-Oai aapKiJòv, dXXà Kaì tovs vtt' avTÒv TavTa KaTa irdvTa
15 tÓttov TTpdTTeiv oXrji irpoOeaeL SiaviaTcòvTos, ol dae^eìs SKelvoi tl tìòv Seivwv
ovK èiroLOvv TOV daelSfj OepairevovTes, ti tcòv cjyevKTwv ovk eirpaTTOv ol
aKoXioì TWL aKoXiML )^apil^6juevoi; Kaì ydp AliróXios 6 tìjs AvKias Kaì flafi-
(pvXias rjyejUiov rà KaTa tÒv fiéyav tovtov éiriaKOirov flépyrjs, tov KaXòv
NédTopa Xéyd), irapd twv )(aipeKdKù)v dvafiaOcóv - SieTpex^ ydp ri irepì tovtov
20 (prififi Kaì irdvTa dieXdfifiave tÓttov, dvSpòs ovtos jueyio-Tov \
ttiv dpeTtiv Kaì F. 130^
Trdai Tpóirois K^Koa^rifiévov KaXoTs -, aTeXXei Tivds twv aTpaTiWTCòv Kaì elpri-
vap^ov TÒv éir avTols TeTayfiévov tov Sea/iiov tÒv èiriaKOTrov év Tfji ZiSrii
25 (p(i)vri TMV ovpavwv è^aKOveTai, Odpaei, NéaTop, Kaì Tcr^^fe, Xéyovaa, fieTd
aov ydp el/ii '
Kaì ydp Kaì tov AiiróXiov viKìiaeis Kaì virep èfiov fiapTvpricreis
Kaì dyyéXois fi€Td to TeXos earii avvSiaiTWfÀevos . TavTris ol tovtov àirdyovTes
aTpaTiwTat tìjs (payvfjs éiraKOVcravTes, Séei Xri(pOévT€s Kaì avvTpojuoi yeyo-
vÓt€S, tmv Seajucov àvfJKav tov dyiov Kaì XeXvjnévov dTrfjyov . Kaì Sri Triv
30 Zidriv KaTa\XaP6vT6S, tmi riyenóvi irapLo-Twai tovtov Kaì irdvTa Td KaTd tìiv p |3qv^
aoL SfjXa, cf>riai, yeyove, tl irepiTTWs epwTais Kaì /uri tÒ Sokovv aoi iroieTs;
35 el Se juriiro) aoi KaTd /uépos eyvwaTai, 77 fxdXXov elirelv, Kaì irap èjuov i^iTels
'
TavTa fxaOeTv, el/mì fxév, yivcoaKe, XpiaTiavós, eljuiì Se Kaì KaOriyriTris avTcòv Kaì
4 TToXiov^ov re.
.
SiSdaKaXns Kaì T(ov eV népjììi iroifirìv kuI ifpovpyòs tmv X/naTov /ivaTrjpicjv
TovTwv ÙKovaas ó riyefiióv, 'Gdaas, t'cjjrj, ras fiaraioXoyias aov ravras, rols
F. 131 TTpoaTciyiLiaai tov avTOKparopos ireiadrjTi Kaì Ovaov toTs |
àOavdrois Oeois,
oiTivés ae, avjunradels ovres Kaì àvf^iKaKOi, Kaì tmv fievovdiòv KoXdaeojv
é^aipr/aovTai Kaì lepéa rfjs avTwv peyaXeiórrjTos KaracTTrìdovai . Kaì ó àyios ' '>
riail^eiv juoi SoKels, rjye/iwv, roiavra craOpà TrpoTeivójLievos prifiara Kaì KoXdaeis
€7rair€iX(t}v, ai //e jurjdè rò KaOóXov (po^ovaiv' el yàp Kaì irvpi fiov Kaì Orjpiois
irapaSwaeis rò crM/ia, ei iroiKiXais dXXais e^avaXióaeis KoXdaeai Kaì ^i(f)^aiv
avToTs Kard Xeirròv Siaréfiois, ovk àpvrìcrofjLai tov Xpiaróv jiov, firj yévoiro,
ov Ovaù) ^odvois, ov Xarpevao) ^aifioai' firì jute lSois, ijXie, toiovtois dXojvTa 10
ToTs àroirriiiaaL' ris yàp Xoyicrjuov Kvpios ròv ovpavov oecnrÓTrjv Kaì iroLtiTriv
ov Xéyeis irpò j^poVwv rivwv yeyevfjaOai, vlòs Kaì Xóyos ecrrì tov Oeov irpoaio)-
vios, avvdvap^os tml iraTpì Kaì òjuóOpovos. ovtos tcòv aicvvcov, ovtos tov
KÓafiov iravTÒs TroirjTrìs Kaì twv eV avTwi, ovtos iSwv eKiTTcoTov avTOv yevó-
fievov TWV dvOpwTTWv TÒ yévos Trji tov irXdvov Sai/iovos avfxPovXfji, irepi rà
e'iSwXd Te Ttjv airovSrjv 6)^ov Kaì SaijULÓvwv olfiOL yeyevrjfxevov KaTdPpwjua, 20
avjnraOfìs wv Kaì (f)iXdya9os (jyvaei Kaì /ur] (jyépojv ópdv eirì iroXv twl irovripm
F. 131' SovXovaOai ròv dvOpoyirov, \
Oeòs wv, ws e'iprjTai, Kaì deairÓTris, Kaì ardpKa
(pope? Si
'
e'/iè Kaì OavdTov yeveTai iV
'
diraXXd^rji jue Trjs toìjtov SovXeias.
Kaì fiévToi §rj Kaì àirriXXa^ev, dviaTaTai yàp Tpirjfiepos Kaì avvaviaTai Ka-
juè v6Kp(o6évTa Trji àfiapTiai Kaì dcjìOapTil^ei ò dcj)QapTos Kaì tmi iraTpiKm 25
Opóvwi avv6Spidl,ei. Kaì /ì^ttw ttjv ópfxrjv Xóywv tov fidpTvpos (TVfnre-
dKaTaywviaTos, twi dTpéirTwi tov irpoawTrov Kaì twi yevvaiwi tov (j)povrj-
^vXov aTavpov Kpefidvvvai Kaì rfXois avTov Tas ^elpas Kaì tovs iróSas é/nirr]-
9 KaralXeirTÒv \
10 dXtòvTa cum spir. I. |
15 </)^s |
26 post avveSpid^ei SCrips. 6.
APPENDICE II. 117
ahov/uiév ere, t(Òi Seoarecj^eT Kaì irdaais éfilTTpeirovri raìs /ueyi'arais tcjv F. 13^, ^
àp€Twv fieyidTrìv iwrjv Kaì àirpócrKOTCov laxvv Kar èvavriwv Kaì Kpdros, ^eipòs
'
10 Oe'iKrjs èv avroTs èvvacrreiav, àiiXov Só^rjs juerd ye ttjv ^aiSpàv OufiriSiav, rjXiov
XdfjLxlfiv Tov vorjTOu Kaì OeioVy irdarjs Oe'iKtjs xdpiTOS emXrjpiav Kaì paaiXeias
ovpavwv lierovaiav, òri Xpiarwi rwi Oem rjimwv irpeirei rj Só^a Kaì rò Kpdros
vvv Kaì dei Kaì €Ìs rohs aióòvas twv alojvojv' d/iriv.
APPENDICE III.
Xé^opev '
Xpiariavoì rjpels, dpxov, Kaì Xpiarov SovXoi rvy^dvopev, Kaì avrwi
póvioi TTpoaKVveTv SeSiSdypeOa Kaì irXrjv aìrrov Oeòv dXXov ovk olSapev. Kaì
ó Tvpavvos, Tàs eK yeverfjs vpwv eiirare KXriaeis, e<pri, Kaì /uri pwpaiveiv
èOéXere, Kaì rà èiriTriSevpaTa. Kaì ó Oavpaaròs irpòs tovto flairias, Eyù)
/i6v, elire, flairias irapà tmv Te/coVrwv (hvópaapai, H^ióSwpos ovros, KÒKelvos 30
'
F. 13 KXavSiavós, Krrjvorpócpoi to èirirriSevpa Kaì Xpiarov, |
(vairep eiprirai, SovXoi
Kaì pri Tivas Sia ravra twv dyevvóòv Kaì dpv^roìv rj dirXoiKcòv irpòs rrjv rov
Xpiarov TTiaTiv ripds viroXdp/Save KdvrevOev avXriaeiv eXiril^e '
areppoì yàp
del. I
16 Sitìpcòra I
18 post èKelvov V. excidisse suspicor Xójmv, irapaKXyiaeoov simile I
19 [<t>yi(n] inclusi |
21 f. axj/toiiai I
23 ao>iiaTOS \
26 apxuìv \
28-29 V. Kaì fxìi fi(opaiv€iv
fieOa Kió/irjs rj Kaì iróXecjs; ti ydp aoi raura avureXéaei irpòs tov crKOiróv;
5 XpiaTiavoL èo-fi6v, eiirofiev Kaì -jrdXiv Xéyojuev, XpiaTiavoì Kaì Xpicrrov SovXoi'
TTOiei Toiyapovv o fiouXei, XpiaTÒs yàp fìfiàs è^airédTeìXe fiaraias aov ras
èirivoias Kaì àaSevels àireXéy^ai, os Kaì avveariv rj/iTv àopdrws Odpaos
Kaì
èvTiOriai rais rj fierepais xf/uxcils. \
Kaì ovtms, eTirev eKélvos, ó Xpiaròs vjuids F. 13, 12
Kaì Xiav, €<prì, KaXd' Sia yàp rovs /iiKpovs rovrovs iróuovs Kaì kÓttovs
aiwvias ToTs els avròv Triarevovai irapé^^i ras àvriSóaeis, Kai, iva jurj prjKvvcj
tÒv Xóyov , ovk et Se Kaì ous ovk
ravTa a ò(p6 aX/iòs ri k over e ICor.2,
Kaì èirì KapSiav àv9 pMirov ovk àvé^ri. ri ydp et Kaì ; jiriv rais
15 Paadvois aov ravrais ras y/rv^às àiroOr^eroiuev, ovk àiroOavovfieOa irdvrws
Tis ovv OVK dv TTpóoiTO vovv e^wv dvOpwTTOS Triv fxiKpàv TavTYiv iojriv Kaì
35 XP^^'^^'^^'^^ Oeov Kaì viKas Kar èvavriMv, diiXov Só^ris Kaì fiaaiXeias rriv
Achilleo, scultura con l'immagine di s., Ebrei; berretti loro propri nell'arte cri-
nel cim. di Domitilla, se alluda all'epi- stiana, pagg. 37. 54.
gramma Damasiano Militiae, pag. 52. pag. 46 nota 3; preso
elpijvapxos in Egitto,
Gf. « Nereo ». erroneamente per un nome proprio,
Actus Apostolorum, due luoghi degli, (12, pag. 98 nota 3.
5 ss.; 16, 24 ss.) dichiarati, pag. 20 Eunoico, il più giovane dei Quaranta mm.
nota 1. di Sebaste, non condannato forse in-
AIttÓXios ò Trjs AvKias Koi FlafKJyvXias rijefiMV, sieme con gli altri, pag. 66.
pag. 115, 17-18. Eupator et Socrates, in Martyr. s. N'esto-
alimentuìn incleficiens significa la SS. Eu- ris, prob. una sola persona, pag. 86
caristia, pag. 25 ss. nota 3.
Bastoni portati dalle guardie di polizia, Galerio Massimo praeses che fece
è il
pag. 46 nota 3 (per l'uso che se ne arrestare i ss. Lucio, Montano etc. ?,
faceva, cf. Pass. Donati et Advocati 6, pag. 13 ss. Perchè, motivando la sen-
ap. Migne PL 8, 755 G). tenza di morte contro s. Gipriano, par-
lasse vix et aegre, pag. 13 (della mia
Callicula, pag. 52 nota 4. sentenza fu già, come ho veduto dopo,
Gapitolio ; sacrifizi fatti in Roma nel 250 P. Orsi Storia eccl. Ili, Roma 1835.
dinanzi a una statua posta rimpetto pag. 387).
al tempio di Giove Gap., pag. 80. Gemellis, che cosa significhi nel titolo
Commissione mista di magistrati e di della Passio ss. Ludi et Montani.
maggiorenti incaricata di presiedere pag. 11 ss.
ai sacrifizi nel 250, pag. 843.
Hortenses, martyr es, da non confondersi
Decio, sacrifizi da lui ordinati nel 250, con i ss. Mariano e Giacomo, pag. 12
pag. 77 ss. cf. « Negazione ».
;
nota 2.
dicere martyriwm, pag. 30.
ducere martyrium, pag. 30 s. leiunia inlegitima, pag. 31.
dux = imperator, pag. 49, con la nota 2. lustini (s.) Martyrium, pag. 77 nota 2.
122 INDICE ALFABETICO.
martyrium ducere o dicere, pag. 30 s. Sebaste, Quaranta mm. di, pag. 64 ss.;
Massimiliano (s.) di Teveste; somiglianza furono condannati al vivicombiirium?,
dei suoi Atti con quelli di s. Teagene, pag. 67 Loro reliquie, pag. 67
ss.
pag. 102. nota 5. Cf. « Testamento ».
Melitone (s.), uno dei Quaranta, sosti- ariKÓs r= fxapTvpiov, pag. 67 nota 5 (cf. Lu-
tuito dalla leggenda ad Eunoico?, ci US- Anrich Die Anfdnge d. Heiligen-
e I
(is. — Pag. 61 nota 1 Un. 5 nota 27 leggi n. 27.— Pag. 62 nota 2 Un. 4 29, 6
leggi 19^ 6.
\
*^ 00 ffl
H
VX
X
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1 BOOKBINOER I
t CALEDON EAST, ONT. M