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UNA PASSEGGIATA NELLA CESENA

DEGLI INIZI DEL 1800


DA PORTA ROMANA A PORTA FIUME

a cura di Antonio DAL MUTO

Le trenta tavole, comprese le quattro aggiunte per evidenziare levoluzione di quella zona su cui venne creata, alla fine degli anni 50 e gli inizi degli anni 60 del novecento, la PIAZZA DELLA LIBERTA, sono frutto di ricerche fatte in occasione della mia opera, in 5 volumi, della Storia a Fumetti di Cesena, Rimini, Forl e Ravenna. Dalle Origini allUnit dItalia edita dalla locale Casa Editrice Ponte Vecchio con la sponsorizzazione della cassa rurare di San Giorgio, grazie alla sensibilit culturale dellallora direttore dott. Mario Magnani. E visto i risultati che sono seguiti, legati ad altre realizzazioni, sempre pubblicate su SCRIBD, definirei la loro pubblicazione un miracolo!. Il lavoro di ricerca svolto, comunque, mi ha arricchito della necessaria conoscenza che ha permesso lelaborazione e la ricostruzione grafica delle tavole che compongono questa opera, enfatizzando, graficamente, la Cesena di inizio 800 ed evidenziando aspetti interessanti, ma perduti, legati allevoluzione storica della citt nel suo volto urbano. Le trenta tavole, grazie alla gentile disponibilit del quotidiano La VOCE di Romagna, esplicitata dalla persona di Elide Giordani e, ovviamente, dal Direttore Franco Fregni, hanno visto la loro pubblicazione settimanale - dal 27 aprile fino al 16 novembre 2008 in Cronaca di Cesena, unitamente al desiderio di svelare il volto sparito di una citt che, a partire dal XIX secolo fino agli anni 70 del novecento, perse definitivamente quella compattezza urbana pensata e realizzata da Malatesta Novello, signore di Cesena nel XV secolo. La mia stata unoperazione culturale, oltre modo unica e originale che, nel tentativo di trovare sponsor, sin dal 2003, per pubblicare le tavole con una degna veste tipografica, ha trovato la pi totale indifferenza, soprattutto da parte di quelle banche locali cesenati, delle quali si conosce essere loro solito lautore sponsorizzare opere di genere storico-locale. Ma non questa.

Note biografiche dellautore


Antonio Dal Muto, romano, vive e lavora a Cesena. Si diplomato Maestro dArte allIstituto Statale dArte per la Pittura e il Disegno a Marino (Roma); ha conseguito la specializzazione di Architetto di Interni; ha frequentato la Facolt di Architettura a Firenze; Possiede labilitazione allinsegnamento della Storia dellArte e del Disegno

Al suo attivo ha diverse mostre personali e collettive di Pittura, ma la sua attivit si svolta anche con esperienze nellambito della: SCENOGRAFIA sue sono le scenografie del Festival della Canzone Romagnola, E Campanon, negli anni 90. FUMETTO: ha disegnato oltre allopera citata nellintroduzione, anche la Storia a Fumetti di AriciAntica. Dall VIII secolo a.C. fino al V secolo d.C. con la sponsorizzazione della Provincia di Roma e del Comune di Ariccia; lavoro recente la Storia a Fumetti di Sarsina Antica. Dalle Origini alla Costruzione della Cattedrale XI secolo non pubblicata; Storia di Castrocaro a Fumetti non pubblicata; Storia di Anzio. Dalle origini a Nerone in attesa di pubblicazione da parte delamministrazione anziate e Storia di Comacchio realizzata su richiesta di un editore comacchiese, Daniele Cavallari. VIGNETTISTA: collabora da molti anni con il settimanale della diocesi Il Corriere Cesenate. Nel 1985, in tale veste, ha collaborato con la sede bolognese della RAI; CRITICA dARTE: ha collaborato con il CORRIERE DI Romgna, poi con la VOCE di Romagna, e adesso, nuovamente. con il CORRIERE di Romagna; impegnandosi in riflessioni critiche su artisti e sulle iniziative legate alla pittura, alla scultura e allArchitettura. RITRATTISTA: Ha realizzato Gallerie di ritratti di personaggi noti alla comunit di Cesena, come la Galleria di Ritratti di uomini illustri cesenati, dal Risorgimento allultimo sindaco in carica, Giordano Conti, personaggi legati allamministrazione del municipio e di propriet dellamministrazione stessa, ma regolarmente stipati in un magazzino; Galleria degli abati che hanno guidato lAbazia del Monte dal 1888 allultimo abate in carica di propriet dellabazia benedettina; Galleria dei sacerdoti che hanno guidato la Parrocchia di S.Egidio dal 1954 ad oggi di propriet della parrocchia stessa e messi in un armadio. Ritratto di Pantani esposto presso lo Spazio Pantani di Cesenatico; ritratto di Agnelli Giovanni, di propriet della famiglia; Ritratto di Rita Levi Montalcini, di propriet della stessa; ritratto di Milva, di propriet della stessa; ritratto di Enzo Ferrari, G. Agnelli; L.C. di Montezemolo; M. Schumacher e Barrichello di propriet della Ferrari di Maranello; ritratto di Chiara Muti di propriet della stessa.

BIBLIOGRAFIA Per questo lavoro, fondamentali sono state le opere come:

-Per una lettura operante della citt di G.Conti e D. Corbara; -Cesena Diciotto Secoli di Storia di G.Sirotti; -Storia della Chiesa di Cesena edito dalla Cassa di Risparmio; -Borgo Chiesanuova: Storia di uno sventramento edito dal Comune di Cesena; -Vecchia Cesena Edito da Coop. CILS; La cinta muraria di Cesenadi P. Montalti; - Piano Regolatore Generale del 1969 edito dal Comune di Cesena; - Raccolta di disegni sul percorso del Cesuola autore: G. Severi - inizio 1900

TAVOLA 1- La

Pianta di Cesena nel primo 800

Se fosse capitato di chiederci come poteva apparire la citt di Cesena prima che il piccone stravolgesse il suo volto medievale - lasciatoci integro dal signore della citt, Malatesta Novello, non occorrer fare ricerche impegnative, poich una risposta la troveremo osservando queste trenta tavole. Avremo, cos, modo di metterci nei panni di un forestiero che, entrato da Porta Romana, lattuale Porta Santi, percorrendo la vecchia via Emilia, potr ammirare quegli scorci urbani che a noi sono ormai negati a causa degli interventi demolitori che si sono susseguiti fino agli anni 70 del novecento. Egli visiter per noi, cesenati del III millennio, quegli scorci cittadini cari ai nostri antenati, spariti del tutto o modificati a tal punto da rendere irriconoscibili angoli della citt a noi familiari, ma non pi originali. Iniziamo con la pianta della citt: fuori le mura il silenzio di una campagna libera dallattuale affollamento abitativo; attraversata dalle antiche vie romane ( la Dismano, la via per Ad Novas alias Cesenatico, la via per il mare che seguiva lantico tracciato del Cesuola e la via Emilia) e dal minuto sistema viario legato alla centuriazione romana, mentre in collina strade polverose e impervie collegavano i piccoli centri circondati da una natura, per certi aspetti selvaggia. Pochissimi i casolari rurali: luoghi abitati, per lo pi, da povera gente oppressa dalla povert e dalla denutrizione. Il centro storico nel 1800 faceva poco pi di 6000 abitanti, compresi i piccoli borghi situati subito fuori porta.

Lantico nucleo cittadino appare, ora, circondato dalla normale estensione urbana della citt Nuova. La via Cervese un asse viario densamente abitato

TAVOLA 2 Il Borgo di Porta Romana

Eccoci dunque allinizio del nostro viaggio dentro la citt, in compagnia di un avventore, immaginato appena sceso dalla corriera, trainata da cavalli, proprio appena fuori Porta romana. La zona, guardata da un punto di vista icnografico a volo di uccello appare molto simile alla situazione attuale: ora mancano gli edifici in direzione del torrione, seminascosto da basse casupole, che si sviluppavano per un tratto, anche lungo le mura. La via emilia arrivava in prossimit della Porta dopo aver attraversato il borgo noto anche come Borgo San Pietro, uno dei borghi pi popolosi allinizio dell800. Una curiosit: il nostro avventore non sarebbe mai entrato in citt cos come noi facciamo giornalmente, ossia con un semplice andare, sarebbe stato fermato dalle guardie e avrebbe dovuto presentare loro i documenti di identificazione, specificando le ragioni della sua venuta. Ma non dimentichiamo, inoltre, che a fianco delle guardie - forse cesenati o forse no sicuramente cera un graduato dell Armata Francese! Dal 1796 fino al 1810 circa, Cesena, come tutta la Romagna e gran parte dellItalia Cento-Nord, fu sotto la scure napoleonica. Un forestiero a Cesena sarebbe stato guardato con sospetto in quei tempi: meglio essere in regola con i documenti. Ma chi abitava Borgo San Pietro? Tutta una tipologia di persone appartenenti al ceto basso: artigiani soprattutto. Sotto i portici, che intravvediamo a sinistra, non cerano le botteghe che vediamo ora, bens botteghe di falegnami, contadini, fabbri, calzolai, sellai e osterie. Proprio in una di queste osterie, il cui spazio storico, si suppone quello occupato, ora, da uno studio tecnico, si tenne, molti anni dopo, un triste convegno di abitanti locali per uccidere il Conte Neri. Un delitto maturato allinterno di un tessuto sociale fatto di miseria, risentimenti e apparenti motivazioni politiche. Tutto sommato il borgo era costituito da una tipologia di case semplici, ma che mostravano per intero la loro ultracentenaria et. La via Emilia era una via in terra battuta e polverosa.

Ecco Porta Santi non pi affollata da abitazioni come allora.

Unaltra suggestiva immagine dellallora Porta Romana

Le prime abitazioni del borgo di Porta Romana ancora fedele allantico volto della citt

La modesta casa dove nacque Leonida Montanari, patriota carbonaro, decapitato a Roma nel 1826. Qui mosse i suoi primi passi. Una targa ricorda la sua casa natale

Tavola 3 - Il Convento delle Cappuccine, lospedale Fatebenefratelli e la Chiesa

Il tentativo di ricostruzione ipotetica del volto scomparso di inizio ottocento di una citt in mancanza di materiale fotografico soffisfacente allo scopo e che mostra ci che pi non c presenta il rischio di stravolgere la verosimiglianza degli aspetti urbani raccontati: la ricostruzione grafica non pu far conto solo sulla immaginazione, ma deve usare al meglio gli strumenti disponibili e integrarli con ipotesi attendibili. A partire dalla pianta di Cesena, edita nel lontano 1969 dallo studio tecnico comunale per altri scopi, utile fu, altres, consultare lopera Per una lettura operante della citt scritta da Giordano Conti e Delio Corbara nel 1980. Dalla lettura di questa analisi, ed di altre vedi Bibliografia - stata resa meno ardua la ricostruzione. Ma torniamo al nostro viandante che, prima di arrivare allaltezza degli edifici raffigurati nella Tavola 3, sicuramente sar passato sotto i portici della casa dellallora bambino Leonida Montanari, futuro medico a Rocca di Papa, paese dei Castelli romani e decapitato nel 1826 sulla romana Piazza del Popolo con laccusa di essere un terrorista e un omicida. Nella nostra raffigurazione, il primo edificio, incontrato dal nostro viandante - non pi esistente come tutti quelli qui ricostruiti e presenti lungo lallora Via Borgo dei Santi, attuale Corso Comandini - era il Convento delle Cappuccine, prospicente Palazzo Guidi, ma allepoca gi chiuso da un editto napoleonico che agli inizi dell800 obblig alla chiusura tutti gli ordini religiosi. Ledificio dellex Convento fu demolito agli inizi degli anni 60 del 900; in circolazione esiste una sua foto depoca. A seguire ledificio conventuale era il complesso della Chiesa della Casa di Dio vedi la prossima immagine. Tra questi due edifici cera il complesso dei religiosi Fatebenefratelli

I moderni edifici che sostituirono e il complesso monastico delle Cappuccine e quello dei Fatebenefratelli

Lelegante Palazzo Guidi, una delle dimore occasionali di Garibaldi, che fronteggia lo spazio occupato dai due complessi ecclesiastici non pi esistenti

Tavola 4 - La Chiesa di San Michele o Casa di Dio

Il punto di vista usato nella realizzazione di questa tavola quello di un abitante affacciato ad una finestra del palazzo situato, assieme al complesso visibile, in Borgo Strada Fuori toponimo che deriv dalla situazione di questo borgo che, prima della ristrutturazione della cinta muraria ordinata da Novello Malatesta, era fuori le mura (arrivavano allaltezza degllattuale Teatro ). Il gruppo di edifici, qui raffigurati, erano: Le Cappuccine, a seguire lOspedale dei Fatebenefratelli e la parrocchia di San Michele o Casa di Dio. Questultima era una vera e propria parrocchia gestita e governata dal vescovo: basti pensare che nella Cesena del XVIII secolo, allinterno delle mura esistevano 40 chiese e 8 fuori le mura - molte delle quali con funzioni parrocchiali. Larrivo di Napoleone fece piazza pulita di quello che ora definiremmo come un eccesso di religiosit, ma anche di sincera devozione in tempi in cui la fede, per le classi pi povere, era lunico rifugio contro le frustrazioni da angherie, soprusi e miseria. Un aneddoto per capire i tempi: il Cardinale Denhoff ( 1687-1697) fece imprigionare per qualche giorno dei prelati con labito talare un po corto e trattenne nella prigione dellepiscopio il vicario della parrocchia di San Michele, perch omise di somministrare i sacramenti ad una parrocchiana morente. Ma tornando alledificio della Chiesa in questione, c da dire che la parrocchia gestiva il cimitero annesso. Non a caso, quando recentemente iniziarono i lavori di risistemazione del Giardino pubblico, vennero alla luce ossa e teschi; si trattava di tombe ancora rimaste in loco, quelle pi povere. Tombe che potevano risalire a qualche secolo addietro, quando il cimitero era ancora fuori le mura. La Funzione cimiteriale cess quando Napoleone proib linumazione dei defunti e allinterno delle mura e dentro le chiese. Il complesso della parrocchia venne demolito con linizio dei lavori per fare del sito un Giardino Pubblico, nel 1832, con un lascito donato dal conte Paolo Neri, morto suicida. Una lapide ancora lo ricorda.

Ecco il Giardino Pubblico, recentemente riportato allantico ornato ottocentesco: occupa lantico spazio della Casa della Chiesa di Dio e larea cimiteriale della stessa

Tavola 5 La Chiesa della Casa di Dio, il cimitero annesso e il Palazzo Spada

Poco pi avanti della Chiesa della Casa di Dio, il primo palazzone signorile - concepito secondo strutture architettoniche quattrocentesche - ad attrarre lattenzione di un forestiero era il Palazzo Spada. Un enorme edificio dalla facciata imponente con tanto di corte interna. Dietro questultima struttura un ampio cortile confinante con le mura. Allinterno del palazzo, dopo il 1815, lanno della Restaurazione, la Famiglia Spada dedic parte delledificio a teatro per venire incontro alle necessit culturali della popolazione. La necessit di avere un teatro fu fatta propria, in seguito, dallamministrazione comunale pontificia, pensando ad un vero edificio teatrale. Prima di decidere che il Teatro Comunale oggi Bonci dovesse essere costruito proprio in quel sito, vennero vagliate altre ipotesi. Una ipotesi prevedeva di realizzare la fabbrica davanti allO.I.R. demolendo lex Convento dei Carmelitani o allinterno dellex Convento dei Francescani ma la scelta definitiva cadde sul Palazzo Spada che, acquistato dallamministrazione nel 1843, lo fece demolire. Quasi contemporaneamente venne demolita anche la Chiesa di san Francesco: con i materiali di risulta dei due edifici venne realizzato il Teatro comunale, arretrato dalla strada rispetto alloriginale posizione del palazzo. A realizzare il nuovo edificio fu chiamato larchitetto Luigi Ghinelli che mise la firma anche ai teatri di Pesaro, Senigallia e Ancona. Il 1843 vide linizio della fabbrica e il 15 agosto 1846 ci fu linaugurazione presieduta dal Gonfaloniere Saladino Saladini Pilastri, dal vescovo e dal Conte Edoardo Fabbri, che gi sera fatto qualche anno di carcere ad Ancona per sospetti legati alla carboneria. La somma impiegata fu di 4784, 32 scudi. Mattia Mariani, cuoco dei conti Masini, in veste di cronista, ne fa resoconto. "Fu apperto nella sera di Sabato 15 detto il nuovo Teatro Comunale con Opera in Musica. La piena di popolo che vi fu in Teatro in tale sera tanto cesenate che foresto fu immenso "

Il Teatro Comunale, dedicato al tenore cesenate Bonci, arretrato rispetto alledificio di propriet della famiglia Spada

Tavola 6 La Chiesa di San Severo e San Filippo


Addentratosi in un vicolo della vecchia Cesena, di fianco al Palazzo Spada, il nostro passante curioso arrivato nell attuale Piazza Isei pi piccola allora, perch lunico esempio, a Cesena, di bella architettura barocca, tardo 600, ne occupava gran parte dello spazio; parliamo della Chiesa di San Filippo e San Severo. Notizie sulla sua costruzione le troviamo nellopera sulla Storia della Chiesa di Cesena promossa da una Banca locale. La chiesa fu ideata dallarchitetto Pietro Mattia Angeloni (1627-1701) cesenate di nascita, ma di formazione romana - sua la chiesa dedicata a SantAnna e Gioacchino che si trova sulla Piazza del Popolo. Progettista di fabbriche anche civili, Angeloni realizza, ristrutturandola, la chiesa di San Filippo e Severo tra il 1681 e il 1693, rifacendosi ai modelli estetici del suo tempo, quelli del Rainaldi e del Bernini. Annesso alla chiesa era il convento dei padri dellOratorio, prospicente al convento delle Santine sorto, illo tempore, su strutture romane e altomedievali e riconvertito, recentemente, in abitazioni civili, senza aver mai saputo, purtroppo, se sotto i vari intonaci potessero esserci degli interessanti affreschi. Lintero complesso della chiesa, qui illustrata, sub gli strali napoleonici tant che nel 1810 risultava gi in avanzato degrado. Va ricordato che la chiesa, sotto lappellativo di San Severo, era ricordata sin dal 1155. Travolta da una delle ricorrente piene torrenziali del Cesuola, nel 1445, fu ricostruita nel 1587 secondo canoni tardo rinascimentali, fino a che lAngeloni la restaur pensando allestetica del suo tempo. Parte del complesso di San Filippo venne demolito tra il 1837 e il 1840. Opere appartenute alla chiesa si possono ammirare, ora, in Cattedrale: si tratta di un bassorilievo di Vincenzo Gottardi murato nella navata di sinistra, e di una grande tempera di Girolamo Caldieri, raffigurante la citt di Cesena e dove possibile vedere anche la facciata della stessa chiesa demolita. Lattuale caserma dei Carabinieri occupa i rimanenti antichi spazi rimasti del complesso.

Il luogo, ora Piazzetta Isei, che anticamente ospitava la Chiesa di S. Severo e Filippo. Sullangolo destro dellimmagine parte delledificio dellantico monastero delle Santine

Tavola 7 Il Convento dei Celestini

Siamo allaltezza dellodierna sede della Cassa di Risparmio, ma agli inizi del 1800 al suo posto cera il gi ex convento dei Celestini. Questo ordine arriv a Cesena, agli inizi del XIV secolo, grazie ad una donazione di Tanucolo di Benedetto, che trasform la sua casa in una piccola chiesa, donandola, poi, ai Celestini; lordine venne ufficializzato nel 1354. Questo evento permise di costruire il convento e chiesa. Nel 1682 il complesso venne ampliato ed elevato al rango di abbazia. Con larrivo di Napoleone i celestini furono sloggiati e il complesso venduto nel 1801 a tal Francesco Montanari che ne fece la propria abitazione. Il figlio pens di trasformare la chiesa in botteghe dopo aver fatto riesumare tutti i cadaveri da secoli ivi sepolti. Compreso quello del padre Francesco. La chiesa in questione, nella ricostruzione grafica, quella che si vede dietro il palazzo dellO.I.R. che quando venne costruito tra il 1776 e il 1795, inglob ledificio religioso a croce latina. La separazione del convento dalla chiesa fu ad opera dei francesi che ricavarono un sbocco sulla via emilia prolungando lattuale via Tiberti. Il Palazzo dellO.I.R. fino allarrivo di Napoleone, funse da ospedale sin da quando, questo, fu trasferito dal complesso ospedaliero ( vicolo Madonna del parto) voluto da Violante Malatesta nel XV secolo. DallO.I.R. lospedale venne trasferito negli spazi del San Domenico, dove le cronache ci raccontano come i cadaveri ruzzolassero per le scale a causa dei becchini che, sempre ubriachi, li facevano cadere dalle barelle; per poi passare nel complesso di San Rocco presso il Ponte Vecchio. Il complesso dei Celestini, demolito a met 800 venne poi ricostruito, alla fine dello stesso secolo per diventare la sede della Cassa di Risparmio. Il corpo della chiesa, invece, adibito a botteghe attualmente, sotto i portici dellO.I.R., nei suoi antichi spazi c un tabaccaio e una farmacia fu demolito quando negli anni 50 del 900 venne ricavata lomonima galleria. Della chiesa rimane traccia dellabside in via Martiri dUngheria.

Ledificio della Cassa dei Risparmi che occup lo stesso spazio che era del Convento dei Celestini

Tavola 8 Il Complesso episcopale e il Complesso monastico dei Carmelitani

La presente tavola appare complessa ai nostri occhi, essendo le strutture presenti riconducibili ad importanti realt storiche che, allepoca del nostro viaggiatore, ancora mantenevano la loro antica dignit. Ma vediamo cosa cera nello spazio dellattuale Piazza della Libert. Dietro la Cattedrale era il complesso episcopale, sorto subito dopo la costruzione della chiesa madre; parliamo del XV secolo: un complesso, con un paio di chiostri, dei quali rimangono alcune colonne e nemmeno una completa testimonianza fotografica, sempre auspicabile prima di demolire un edificio storico, laddove, semmai, si arrivasse a questa drastica quanto infausta decisione. Separato da questo complesso il Convento dei Carmelitani. Lordine degli eremiti -nato in Palestina nel XII secolo - che venne accolto in citt per volere di Malatesta Novello, abbandonando la vecchia sede, presso il mulino di Serravalle, dopo linondazione del Savio del 7 agosto 1460. Ad accogliere i monaci la Chiesa di Santa Marta nella raffigurazione . Nel 1679, alla chiesa, venne aggiunto il campanile che dava sulla Via del carmine. Il complesso fu poi ampliato nel corso del XVII secolo. In seguito, il governo francese obblig i carmelitani ad ospitare i preti al seguito dellarmata, poi i soldati e infine, il 23 novembre 1797, cacci tutti i religiosi, trasformando la chiesa e il convento in ospedale e poi in caserma. Nel 1811 il convento ospit un convitt per la giovent, ma fall lobiettivo, poco dopo, per immoralit; sub molti rimaneggiamenti: negli anni 20 del 900 - la chiesa non esisteva gi pi- il complesso conventuale ospit le Poste. Negli anni 50-60 dello stesso secolo, per antico vezzo quanto malinteso senso di risanamento, tutti gli edifici dietro la Cattedrale vennero demoliti, compreso il Palazzo Mori ( gi Venturelli) confinante con il convento, per ricavare lodierna Piazza della Libert - che piazza non , secondo laccezione italiana, bens un parcheggio vedi pag 112 - Unica superstite del complesso episcopale la Cappella di S. Tobia. Una curiosit: davanti alla cattedrale non esisteva alcuna piazzetta.

Labside e il campanile della Cattedrale di San Giovanni Battista si impongono, innaturalmente, sullo spazio vuoto della piazza che sostitu i complessi religiosi descritti

Quattro archi superstiti appartenuti al chiostro pi interno del complesso episcopale

Tavola 9 La Cattedrale di San Giovanni Battista

Siamo nel cuore del Borgo della Croce di Marmo, il borgo che ospita la Cattedrale di S. Giovanni Battista. La Vecchia Via Emilia, nel punto in cui si incontra con la via di Porta Cervese, non aveva lattuale piazzetta P.zza Giovanni Paolo II gi P.zza Pia - che verr ricavata con labbattimento di parte degli edifici di angolo agli inizi del 900. Il Duomo, costruito per volere di Andrea Malatesta (1385) si vedr adornato del suo campanile solo negli anni della Signoria di Novello Malatesta (1450). Nel 1499 venne incastonato nella facciata lattuale portale di pietra, appartenuto alla chiesa di S. Lorenzo - era dove ora la chiesa di Madonna delle Rose - quando la facciata assunse caratteristiche rinascimentali; il 1790 vide un altro maquillage alla facciata. Il corpo delledificio, nella sua parte sinistra, agli inizi dell800 fu arricchito da costruzioni destinate per lo pi a cappelle devozionali. Nel 1867 venne eliminata lenorme piattaforma, a tre scalini, del sagrato era alta 87 cm - per facilitare la circolazione delle carrozze. Tra il 1886 e il 1892 larchitetto bolognese F. Gualandi trucc il Duomo in stile neo-gotico. Questa situazione rimase inalterata sino al 1957-60 quando si mise mano allultima e complessa opera di restauro che confer alledificio lattuale ornato romano-gotico: questultimo restauro liber il lato sinistro, lasciando la Cappella pi importante, quella dedicata alla SS Madonna del Popolo, ossia la Cappella Albizzi nel 1746 venne rialzata e restaurata secondo i canoni dellarchitettura barocca. Il Palazzo Dandini, lungo la vecchia Via Emilia, ma prospicente la via di Porta Cervese lato destro della Cattedrale- visibile nel suo aspetto originale: negli anni 20 del 900, infatti, con la sua risistemazione a Palazzo degli Uffici ne mut laspetto; negli anni 60 del 900 vennero demoliti gli edifici a sinistra del duomo, come il vecchio Seminario. Si noti, infine, come la Via Emilia nel tratto attuale di C.so Mazzini fosse pi stretta.

La facciata della Cattedrale, che mantiene ancora visibili le toppe che hanno chiuso i vecchi finestroni, non pi seminascosta a causa degli edifici e portici che erano di fronte e demoliti per far posto alla piazzetta.

Tavola 10 La Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami


Corso Sozzi, agli inizi dell800, come toponimo non esisteva ovviamente; era una via allinterno del Borgo di Porta Cervese. I palazzi importanti raffigurati nella tavola - che saffacciavano su di essa erano: Palazzo Fantaguzzi attualmente ospita una banca e Palazzo Ghini. Tra i due edifici la Chiesa di San Giuseppe d falegnami. unico edificio, lungo quel lato della via, non pi esistente venne demolito negli anni 60 del 900. Ledificio religioso non era parrocchia, ma oratorio in uso alla confraternita dei falegnami cesenati, una delle tante confraternite di mestiere che per tutto il XVII e XVIII secolo ebbero il loro spazio e la loro importante funzione sociale - allinterno della chiesa cesenate, fino allabolizione delle stesse voluta da Napoleone. Questa confraternita inizi la sua attivit nel 1640 con una sede presso Porta Santi; nel 1646 si trasfer nelledificio in oggetto; fu ampliato nel 1740 nelle forme qui raffigurate. Linterno delloratorio-chiesa era pieno di stucchi e affreschi eseguiti tra il 1751 e il 1753 e pagati anche con il contributo di famiglie in vista, come la nobile famiglia Alberici. La confraternita contava 1684 confratelli e aveva due sacrestani, un cassiere e due sacerdoti; il 19 marzo festeggiava il santo protettore. Una curiosit: il portone di questa Chiesa-oratorio demolita era simile a quello dellO.I.R. ( chiss chi s le preso) Pensiamo un momento a quante feste, processioni, dovevano celebrarsi in Cesena grazie alle numerose confraternite esistevano le confraternite dei disciplinati o flagellanti; le confraternite cavalleresche e nobiliari; le confraternite legate ad ordini religiosi ed altre ancora poste dentro e fuori del perimetro urbano: vere e proprie associazioni, una sorta di club ante-litteram quante feste, dicevamo, legate a parrocchie ed edifici consacrati a questo o quel santo rallegravano la Cesena dei tempi andati. Concludendo, la chiesa di san Giuseppe fu un autentico gioiello demolito per far posto al nulla, uno spazio vuoto che testimonia lignoranza e la superficialit di coloro che autorizzarono tale scempio!!!

Ledificio con la struttura moderna in vetri occupa lo spazio lasciato dalla demolizione della Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami

Lo spazio vuoto lasciato dalla demolizione della Chiesa di san Giuseppe: Si possono notare, sullo sfondo, le strutture della Biblioteca Malatestiana. Un vero e proprio continuum storico

Tavola 11 Porta Cervese


Eccoci arrivati, assieme al nostro forestiero, presso la Porta Cervese che d il nome allomonimo borgo. La citt, per antica tradizione, era nota ai suoi abitanti attraverso il nome dei suoi borghi, anche se lamministrazione francese, allepoca della nostra passeggiata, aveva per ragioni di uso amministrativo, topografico e urbanistico, suddiviso la citt in zone a cui era dato il nome di un colore: zona blu, zona gialla ecc. Agli inizi dell800 la situazione relativa ai punti di ingresso alla citt era pressoch immutata rispetto alla sua completa definizione operata sotto Malatesta Novello: Cesena aveva, sul piano, 5 Porte sul piano: Porta Santa Maria o Figarola ( lungo le Mura di SantAgostino) Porta Romana o Santi, Porta Cervese, Porta Trova e Porta Fiume o di San Martino; mentre nella parte collinare aveva 3 porte: Porta Montanara (spesso chiusa e riaperta) Porta del Soccorso e la Porta che dava sulla Piazza. Di tutte queste porte rimangono Porta Montanara, Porta Santi, Porta Fiume e la Porta che da accesso alla Piazza. Porta Cervese era una porta molto antica, risaliva a dopo il mille; ebbe un primo restauro importante con Malatesta Novello che, con bolla papale del 1442, risistem tutta la cinta muraria e Porta Cervese venne rifatta nuova e rialzata: Porta Romana o Santi era uguale: quella che vediamo ora totalmente differente alloriginale e simile era anche Porta Trova che oltre al passaggio dei carri aveva anche un piccolo passaggio pedonale laterale per soli pedoni. Naturalmente la Porta era agibile attraverso un ponte levatoio che scavalcava il fossato presente tutto attorno alle mura, ma non pi in funzione nell800. Gi nel 1734 parte del fossato - quando questo perse del tutto la sua funzione difensiva - tra Porta Cervese e Porta Trova venne coperto per attivare il mercato di bestiame. Porta Cervese venne demolita nel 1860 omaggio a Cavour e allUnit dItalia - per far posto alla Barriera attuale: punto di ingresso doganale. Appartenente al Borgo di Porta Cervese la Chiesa di San Zenone, visibile in alto a destra.

Gli edifici gemelli della Barriera Cavour, antico spazio doganale, che sostitu la malatestiana Porta Cervese

La Barriera Cavour vista dallinterno cittadino

Tavola 12 La Portazza, lato monte


Limmagine ci restituisce una attendibile ricostruzione di un angolo di Cesena caratterizzato dalla presenza di una antica struttura difensiva e di ingresso in citt del torrente Cesuola, conosciuta ai nostri giorni come la Portazza. Ristrutturata sotto la signora malatestiana di Novello, la portazza, col tempo, fin per perdere le sue caratteristiche difensive ( camminamenti, merlature ) divenendo riparo per gente povera: sparirono le merlature e venne aggiunto un tetto; e come abitazione giunse a noi fino a qualche decennio fa. Possiamo vedere il ponte, fuori le mura, attraversato il quale si andava verso la collina, dai cappuccini, o verso la localit di Ponteabadesse. Dentro le mura, non visibile, un altro ponte che permetteva il transito di carri e pedoni che percorrevano la via lungo le mura di santAgostino, il cui complesso omonimo visibile nellimmagine. A sinistra della Portazza la famosa Via quattordici, cos chiamata a ricordo dei quattordici superstiti rimasti in questa contrada (contrada di San Giovanni) a causa della peste che impervers nel XIV secolo. Ai tempi della nostra passeggiata, la Portazza rientrava, per la suddivisione fatta dai francesi, nella zona verde; tradizionalmente invece, segnava il confine tra la contrada di San Severo e quella di san Giovanni. Nel 1934 inizi la copertura del Cesuola nel suo percorso cittadino e il tratto della Portazza fin sotto una spessa copertura di cemento che appesant laspetto estetico della struttura. Attualmente il sito visibilmente trascurato, dando limpressione di un angolo pronto per la demolizione tanto compromesso il suo aspetto storico. Inutile dire che occorrerebbe un serio intervento di restauro che ripristinasse il suo aspetto originario, liberando la struttura dal cemento quanto dal tetto. Andrebbero tolti anche i cipressi che coprono la struttura e, magari, riportato alla luce il fianco, lato Portazza, dellantico ponte esterno e del tutto interrato. Si potrebbe godere, cos, di un autentico gioiello di epoca maltestiana.

Lantica Portazza, collegata alle mura malatestiane e punto di ingresso in citt del Torrente Cesuola

Il Voltone della Portazza, privo del suo antico cancello in grata

Tavola 13 Il Cesuola o Giula presso il Ponte de tri munt


Girovagare dentro la citt significa inseguire aspetti che possono, nel visitatore, suscitare interesse, un interesse legato a quello che oggi si definisce paesaggio urbano. Ma il paesaggio cambia e la restituzione di impressioni mnemoniche, legate alla storia urbana, risulta compromessa o persa, come nel caso del torrente Cesuola o Giula in dialetto, che faceva di Cesena una citt particolare. Il torrente, sappiamo, nasce dalle profonde intimit di una vallata preappenninica, la stessa che nel lontano XIII secolo accolse, nei reconditi di un bosco selvaggio, leremita San Giovanni Bono esiste ancora il luogo delle sue preghiere e meditazioni ascetiche per, anticamente, passare di fianco al primitivo nucleo abitativo della romana Caesena. Il Cesuola si addentrava nella campagna, passando presso lattuale fabbrica La cesenate per raggiungere la costa, mescolandosi ad altri torrenti in una conformazione fluviale incerta. Attorno allanno mille, il corso del Cesuola fu deviato per creare una cinta difensiva alle mura che arrivavano, dalla parte della piazza, a met di Via Zeffirino Re. Con lespansione dellabitato, il Cesuola risult ormai inglobato al suo interno e perse il suo compito difensivo; fu utilizzato per prelevare acqua, ma anche come scarico fognario e varie altre cose oltre che alimentare i fossati attorno alle nuove mura. Per la citt, il torrentello si rivel, ben presto, assai dannoso: durante i temporali si gonfiava a tal punto da esondare violentemente con una massa dacqua fangosa e ricca di detriti e allagare quasi tutto il centro storico. Nella tavola vediamo la zona che era alle spalle della Pescheria: Palazzo Caporali sulla destra e sullo sfondo un ponte che sosteneva la piazzetta del lavatoio (parte dellattuale P.zza Amendola). Il ponte in primo piano era il ponte di tri munt che si incontrava scendendo dalla porta di accesso alla zona dellattuale anagrafe Porta di Levante. La ricostruzione stata resa possibile grazie ai disegni a matita del pittore cesenate G.Severi, che agli inizi del 900 fece un particolare studio sul suo percorso cittadino.

Il corso del Cesuola coperto. A destra il Palazzo Caporali

Tavola 14 Il Cesuola e la Piazzetta del Lavatoio

Come la precedente tavola, anche questa ricostruita, ma con diverso punto di vista, sulle indicazioni grafiche del pittore cesenate G. Severi. Il centro di attenzione calamitato dalla piazzetta del Lavatoio. Severi descrive la sua tavola, inerente questo tratto della Giula, con queste parole: Da e palz at Caporeli e pont sota e lavadur. Quindi, il pittore cesenate, per disegnare il suo scorcio, si mise sulla sponda del torrente allaltezza di Palazzo Caporali. Della piazzetta del lavatoio, scomparsa negli anni 30 con la demolizione degli edifici che la delimitavano sul lato destro, e la copertura del torrente, si conosce lesistenza della fontana posta al centro ( nel 2010 venne ripristinata ma con un effetto avulso dal contesto urbano) e utilizzata per prendere acqua potabile. Si intuiscono, ma non si vedono nel disegno del Severi, la presenza di due vasche per lavare i panni e poste ai lati del ponte che costitutiva la piazzetta, oltre la quale si intravede lingresso del torrente sotto Via Zeffirino Re. Il Cesuola, questo torrentello, per la maggior parte dellanno, era in secca, o ridotto ai minimi termini, come si vede anche dai disegni del Severi, ma in alcuni periodi si trasformava in una vera e propria minaccia per lincolumit dei cittadini del centro storico. Una famosa inondazione, quella del 10 de luglio 1525, fu oggetto di un componimento poetico ad opera di un eremitano cesenate, tale Cornelius, che inizi con questa descrizione: Fuor de la terra circa cinque miglia/ a pi dun monte nasce una gran vena/ dunacqua chiara chal cristal somiglia/ e scende gi pel megio di Cesena/ e di talacqua grande util ne piglia/ quella citt magnifica, e serena/ cesaula il nome di questo torrente/ e fu cos nomato anticamente per megio de dui monti fa ingresso/ al modo suo facendosi strata/ lun se chiama San Zorzo / e laltro poi Santa Maria del monte/ che copia tien de fichi peschi, e fonte Una descrizione bucolica, che evidenzier, poi, per contrasto, i guai prodotti dal torrentello cesaula.

Laddove era la Piazzetta del Lavatoio, ora P.zza Amendola in fase di restauro

Sotto la facciata delledificio sullo sfondo era visibile il voltone di ingresso del Cesuola nel sottosuolo che attraversa Via Zeffirino Re

Via Zeffirino Re, antica Via delle Ortolane, sotto cui ancora scorre il Cesuola

Tavola 15 Il Cesuola dietro lAlbergo del leon dOro


Percorrendo, ai nostri giorni, Vicolo Cesuola vi si accede da sotto i portici di Via Zeffirino Re si entra nello spazio ricavato dalla copertura del torrente e retrostante i palazzi che fanno da lato alla Piazza del Popolo, ma allepoca delle nostra raffigurazioni questo non accadeva, poich il Cesuola era a cielo aperto. E ancora visibile il voltone che sorregge il piano di calpestio di Via Zeffirino Re, sotto il quale passa il torrente e che, probabilmente, lo stesso voltone facente parte del ponte che, nellanno Mille, permetteva laccesso alla Piazza inferiore della Murata: Cesena, sul piano, era di ridotte dimensioni; la citt, nota come la Murata, si era sviluppata sul colle ove sorge la Rocca, il Garampo, ed era circondata da possenti mura. Una porta di accesso alla Murata, nella sua piazza inferiore, era proprio in Via Zeffirino Re, dove il ponte sul torrente Cesuola aveva tanto di torre con ponte levatoio. E proprio il caso di dire. Quanta acqua passata sotto il ponte da allora!. Tornando alla tavola, facile immaginare come malsano fosse questo angolo di citt: su di esso solo finestre dalle quale pioveva di tutto. Agli inizi dellottocento il torrente era praticamente una fogna a cielo aperto erano decaduti i decreti malatestiani che regolavano luso dellacqua del Cesuola - e questo fu il motivo reale che spinse gli amministratori comunali a farlo coprire negli anni 30 del 900. Nulla a che vedere con lacqua cristallina decantata dal poema introdotto nella descrizione precedente. Lacqua potabile che, nel 1500, poteva attingersi da esso serviva alle numerose botteghe che sorgevano lungo il suo corso. E di queste botteghe ne parla il poeta Cornelius in questi termini: Di grosso muro un ponte si stende/ da questa piazza e la predetta strata/ (quello in via Zeffirino Re? N.d.r.)/ sotto da qual con gran furia descende/ questa Cesaula a noi spietata/ qui strano gente chi compra e chi vende/ facendo de lor robbe gran derrata/ come especial, banchier, barbieri e sarti/ aurifici & altri che fanno pi arti. / Poco pi gi la grassa becaria (macelleria N.d.r.)/ a presso il detto ponte gia si stava/ & ivi anchor una bella hostaria/ con belli magazini dimorava/ de drieto poi con sua voglia empia e ria/ el loco de le triste vi albergava ( casino? N.d.r.) / da poi cantine grande e con boni vini/ da olio, e da gran doi bei molini.

E lo stesso punto di vista, ma sul torrente coperto. A destra ledificio appartenuto allantico Albergo del Leon dOro

Parzialmente visibile il voltone di uscita del Cesuola visibile nella ricostruzione grafica

Tavola 16 Il Cesuola dietro i palazzi di Piazza Maggiore


Ancora il corso del Cesuola. Ultimamente s parlato di questo torrente in occasione delluscita dellopera postuma della Fallaci Un cappello pieno di ciliegie. E le immagini, non solo del Cesuola, ma degli scorci cittadini fin qui pubblicati, sicuramente, potranno arricchire, la lettura dellopera della scomparsa autrice, aiutando il lettore a ricreare nella mente quella Cesena, di cui parla il romanzo, e che non dissimile era da quella narrata graficamente da noi. Comunque, il tratto del torrente descritto in questa tavola riconducibile allattuale Vicolo Stalle, non dimenticando di volgere le spalle agli edifici raffigurati nella tavola precedente. Del voltone in primo piano, sappiamo che, anchesso, faceva parte di un ponte, sul lato del quale ospitava un ambiente domestico, lo stesso ambiente, sacrificato, dopo la copertura del torrente, a passaggio per entrare nel suddetto vicolo. Il tracciato viario che passava allora sul ponte lo stesso di oggi che, facendo angolo con lAlbergo Cappello, si affaccia poi sullattuale Viale Mazzoni - agli inizi dell800 era ancora Via Emilia. Sul lato sinistro del voltone notiamo uno scarico fognario costituito da vasi di coccio allungati e impilati uno nellaltro. Oltre il voltone si intravede un ponte che, con molta probabilit, era in uso privato per collegare la piazza alle abitazioni sullaltra sponda del torrente. Abitazioni e attivit artigianali, sempre esposte al rischio di una esondazione. Occorre sottolineare che lungo le sponde del torrente era evidentissimo lo stato di degradazione delle abitazioni: i muri fatiscenti emergevano dal fango e gli ambienti bassi delle abitazioni, le cantine, erano regni di muffe e di topi. Il vivere quotidiano lungo le sponde risultava malsano e dannoso alla salute dei cesenati che per sfortuna o ventura si trovavano a vivere in tali condizioni. E in questa condizione di degrado molti quartieri vi si riconoscevano. Come vedremo poi. Lacqua cristallina cinquecentesca del Cesuola era un antico ricordo.

Sullo sfondo ledificio sotto il quale il voltone-ponte raffigurato nella grafica

Tavola 17 Il Complesso dei francescani di San Francesco da Paola. Paolotti

Assieme al nostro visitatore - lasciamo per un istante il percorso del Cesuola percorriamo la salita verso la Rocca, lasciandoci alle spalle allinizio della stessa, dopo lattuale piazzetta dellAnagrafe - laddove, sulla destra, c unimmagine sacra a ricordo della scomparsa chiesetta di San Uomobono - per arrivare poco distanti da Porta Nuova o Montanara ricavata aprendo un varco nel muro di difesa dellantica fortezza degli Ordelaffi, abbandonata quando fu costruita lattuale Rocca da Galeotto Malatesta nel XIV secolo. Dellantico Castro, teatro delle gesta di Cia degli Ordelaffi, sono ancora visibili i due archi sulla destra di Porta Montanara e appartenuti ad un camminamento. Quando si arrivava presso la Porta, si poteva ammirare il complesso conventuale di San Francesco da Paola (1416-1507) ex sede dei religiosi noti come paolotti. Il convento venne costruito nel 1630 dai frati minimi di San Francesco da Paola con i materiali di risulta dalla demolizione dei ruderi di abitazioni e fortificazioni del Castro che, per secoli, aveva dominato quella parte del monte Sterlino ( Murata), inglobando alcuni vani superstiti. Alla stessa epoca risale la costruzione della strada attuale Via Malatesta Novello per costruire la quale fu necessaria un opera di sbancamento, che abbass di qualche metro la sommit del colle. Forse pochi sanno che San Francesco da Paola venne pi tardi proclamato santo protettore della citt assieme a San Giovanni Battista. Nel Settecento verr realizzato un baldacchino di legno (ancona) intagliato con su scritto Protege civitatem hanc (proteggi questa citt) e che ora possibile ammirare in SantAgostino. Il convento francescano, chiuso dallamministrazione francese, fu presto vittima dellincuria e degli strali della natura e venne demolito nel 1807 dopo essere stato adibito dai francesi a carcere femminile, mentre la Rocca invece era adibita a carcere maschile e tale rimase sotto il governo pontificio anche dopo la restaurazione del 1815, fino agli anni 50 del 900.

Porta Montanara. Sulla sinistra un edificio privato, sulla destra le arcate della antica Rocca degli Ordelaffi. Il piano stradale, come si vede, risulta notevolmente abbassato

Tavola 18 La Chiesa di San Giovanni Evangelista e la Porta di Levante


Scesi dalla sommit del colle, ci troviamo nella piazzetta superiore dellantica Murata. Edifici riconoscibili, perch ancora esistenti sono: il Palazzo Albornoz, fatto costruire dal Cardinale Albornoz - legato pontificio, tra il 1359 e 1362 - per il Governatore della citt e che si affaccia sulla piazza; riconosciamo, inoltre, il voltone e la scalinata che porta sulla piazzetta. Sul lato sinistro ( per chi osserva) della chiesa, un edificio vetusto e probabilmente abbandonato, ed era ci che rimaneva dellantico palazzo dove, nellet comunale, si riuniva il consiglio della cittadinanza, rappresentato dalle corporazioni e dai maggiorenti; la chiesa, invece, era quella di San Giovanni Evangelista nota anche come San Giovanni in Murata, una tra le chiese pi antiche di Cesena; risalirebbe, la sua costruzione, attorno all VIII secolo, come riporta una nota del cronista Giuliano Fantaguzi (1520) che cos recita: domo antonio arceprete de monte regale ebbe san zanne in la murata che ruinava e reconz arepar de novo e atrov nelli altari guasto che la ditta ghiesa era stata edificata del setecento( del setecento si intende del VIII secolo). Rimase in funzione fino a ridosso dellepoca napoleonica e poi abbandonata per la sua vetust . Di fianco la chiesa la Porta di levante, attraverso la quale si scendeva verso il Ponte de Tri Munt, quello della Tavola 13. Tutto il complesso della piazzetta su cui si affaccia lAnagrafe venne risistemato nel 1885: furono demolite le abitazioni annesse alla chiesa e la chiesa stessa, cos la porta di uscita e di ingresso alla, ormai scomparsa, Murata. Al posto del complesso antico venne eretta la Caserma Ordelaffi che, in seguito, divenne sede degli attuali uffici comunali. Insomma, con la demolizione della chiesa di San Giovanni evangelista si chiuse un antico periodo storico che vide a ridosso del colle Garampa-Sterlino il luogo di mille eventi storici della citt. Della chiesa rimangono un grande Crocifisso in legno, cinquecentesco, e un gruppo di due statue lignee colorate. Tali opere dovrebbero essere in SantAgostino.

Parte della Caserma Ordelaffi, ora sede uffici comunali, e sul suo fianco destro, in basso, la stradina su cui era la Porta di Levante

Da questo punto di vista possibile ammirare lestensione delledificio che sostitu La vecchia Chiesa di San Giovanni Evangelista. La facciata in mattoni fa parte del Palazzo Albornoz

Tavola 19 Piazza maggiore


Limmagine restituisce alla memoria storica la Piazza del Popolo con il famoso quarto lato abbattuto subito dopo lannessione della Romagna al governo sabaudo; era il 1860, ed era governatore dellEmilia, Carlo Luigi Farini. Nessuno pens di salvaguardare la piazza, anzi, si volle, con la demolizione del Borgo Chiesanuova retrostante, allargare la via Emilia da porta Fiume fino alla Piazza maggiore ( cos si chiamava lattuale piazza del Popolo). Per questo, lattuale piazza, appare come linizio di un viale e non pi in grado di restituire allosservatore loriginale centralit della piazza malatestiana. Quando venne costruito il lato demolito? Le cronache del tempo non ci danno alcun riferimento certo; si pu supporre che esso avvenne al tempo di Galeotto Malatesta, dopo il 1378, in occasione della risistemazione della piazza. Per quanto rigurada il borgo restrostante al lato poi demolito, il Borgo Chiesanuova, esso assunse tale denominazione nel XVIII secolo, quando venne ricostruita la Chiesa di San Domenico, prima di allora si chiamava Borgo cesariano, in riferimento ad un una credenza che volle il borgo ricostruito, dopo la guerra civile tra Mario e Silla I secolo a.C. con un contributo di Giulio Cesare che, in quel periodo si trovava a Ravenna in attesa dellAlea iacta est. Se fosse stato il denaro di Giulio Cesare non lo sappiamo, ma sicuramente il borgo esisteva gi a quei tempi poich la via Emilia passava, dove ancora passa adesso, ai piedi del colle Garampo. Quindi, probabile che fu Galeotto Malatesta, onde separare il borgo dalla Piazza, nota nella storia come piazza inferiore, a far costruire un muro la rocca inferiore ancora non esisteva- e un camminamento che si allacciava a quello che portava sulla rocca. Con il tempo tale muro, debitamente riadattato, divenne un edificio adibito a varie funzioni, come gli uffici della Posta (quella dei cavalli) visto che nella e dalla Piazza arrivavano e partivano le carrozze per diverse destinazioni.

Tavola 20 Piazza Maggiore e il Cesuola dietro i palazzi

Siamo sempre sulla Piazza Maggiore , ma con uno sguardo allargato, tanto da comprendere il Cesuola nel suo tragitto ( il primo ponte quello rappresentato nella tavola 16). Il caseggiato, sinistra dellimmagine il complesso dellAlbergo del Leon doro, mitico luogo di accoglienza che vide le sue camere occupate da personaggi importanti che, per i pi disparati motivi, si fermavano in citt, come Andrea Costa, padre del Socialismo e che a Cesena ridar alle stampe lAvanti (1881). Uno dei proprietari dellAlbergo fu lamico e compagno di Costa, Pio Battistini: personaggio dal temperamento focoso, politicamente parlando, e che pi volte ebbe a che fare con la Legge per le sue idee ritenute sovversive. Laspro clima di tensione tra repubblicani e socialisti porter alluccisione del Battistini il 7 settembre del 1889, alle ore 21.00, sotto i portici della Via delle Ortolane, come si chiamava allora lattuale Via Zeffirino Re. Il 7 settembre del 1910, a Cesena, sar Mussolini a commemorarne la memoria tra mille polemiche. Dietro il quarto lato della piazza, il Borgo Chiesanuova. C da sottolineare che lentusiasmo con cui i cesenati e lamministrazione stessa impiegarono per questa demolizione intesa come rivoluzione urbana, dovette di li a poco causare dei ripensamenti negli stessi: nel 1863, quando le demolizioni del borgo Chiesanuova erano ancora in corso, il sindaco, o pi esattamente il Gonfaloniere, propose di ricostruire il quarto lato per dedicare la Piazza al mercato della canapa. Evidentemente, quella nuova prospettiva che si disperdeva su uno spazio vuoto, sconosciuto, mise in subbuglio le antiche visioni urbane insite nei cuori e nelle menti dei cesenati. Da allora, lidea di ricostruzione di questo benedetto quarto lato passata attraverso i lustri arrivando fino a noi, dove, saltuariamente, ancora se ne parla! E il Cesuola va, lungo la sua millenaria direzione, raccogliendo gli eventi, i fatti, gioie e dolori, in quel tempo molto pi numerosi delle gioie.

Tavola 21 Il Palazzo del Capitano o Ridotto e Palazzo Almerici


Se la vista della Piazza maggiore, come abbiamo visto, suscita chiaramente lidea di una Cesena dal volto diverso, sconosciuto e perduto per sempre, lo sguardo che si posa su questo altro scorcio della citt, appartenente allantico tratto di via noto, allora, come Via Croce di marmo, attuale Corso Mazzini, ci restituisce la sensazione di trovarci in altro luogo. Riconosciamo il Palazzo del Capitano, ma lo vediamo circondato, stretto, sui tre lati, da abitazioni a destra Palazzo Almerici, demolito nel 1959 e mai pi ricostruito, lasciando al suo posto un grande vuoto - dietro, si intravede la Chiesa di San Francesco. Una curiosit: sul lato sinistro del Palazzo del Capitano, un po internamente cera la vecchia Sinagoga. Non conosciamo la data della sua demolizione. Sul tratto della via, a partire dalla Cattedrale, visibile in parte sulla destra, scopriamo lesistenza, nell800, di portici. Anche da questo lato della via. Essi arrivano fino allingresso di quello che era il Convento di Santa Chiara. Come sappiamo, la costruzione di un convento delle clarisse ha da sempre accompagnato le vicende conventuali dei francescani, per cui era, quasi sempre, posto nelle vicinanze di questultimi. Il Convento di Santa Chiara fu costruito nel XIV secolo e cess il suo servizio con lAmministrazione francese; il complesso arriv in mano a privati. Il tutto stato recentemente restaurato. Per quanto riguarda i portici, questi verranno smantellati attorno agli anni 20 del novecento: iniziavano a circolare automobili e quindi occorreva una strada pi ampia. E assieme a questa operazione fu realizzata, davanti alla Cattedrale, anche la piazzetta Pia, oggi Giovanni Paolo II. A quanto sembra, un paio di arcate dei suddetti portici sono state salvate, inserendole nella facciata di Palazzo Soldati, forse perch costruite con un bellornato in mattone rosso. Dallaltro lato della strada, sempre alla fine degli anni 50 del novecento, verr demolito il vecchio Palazzo Urtoller per costruirne uno nuovo con annessa galleria.

A destra del Palazzo del Capitano lo spazio vuoto lasciato dalla demolizione di Palazzo Almerici

La totale demolizione degli edifici attorno al Palazzo del Capitano hanno isolato lo stesso dal contesto urbano

Tavola 22 La Chiesa di San Francesco con il Complesso francescano


Quanta storia nello spazio compreso il Palazzo del Capitano e la Chiesa di San Francesco! Parte del Palazzo del Capitano poggia sulle fondamentale di una Domus di epoca romana, di cui un pavimento musivo in bella mostra nel salone comunale. Ma al nostro curioso viandante poco era dato da sapere di tutto ci, poich visibile era solo uno piccolo spiazzo di terra battuta animato dal via vai dei soldati francesi che della chiesa di san Francesco, assai malandata, ne fecero una stalla, e di tutto il complesso conventuale una caserma con tanto di refettorio nella Biblioteca Malatestiana. Luogo di mille emozioni quella chiesa - costruita fuori le mura della citt, attorno al 1256, contro la volont del vescovo locale, ma su imposizione di papa Innocenzo IV, che esort ad aiutare i francescani a costruire il convento con le elemosine - con un po di immaginazione potremmo percepire oltre ai canti gregoriani anche i pensieri di paura di Ser Baldassarre Malvezzi che ferito si rifugi, nel 1492, nel campanile, sotto lombra di quella campana fusa nel 1226, si dice, per volont dello stesso San Francesco; o le urla di rabbia, odio e dolore dei 27 partigiani della famiglia Martinelli uccisi per mano dei partigiani della famiglia Tiberti: due famiglie in contrapposizione in quel violento 1500. Tanta storia dentro quelle mura soffocate dal puzzo del letame dei cavalli francesi. Ma tanta fu la rovina di questo edificio che attorno al 1838 fu deciso di abbatterlo. Nellabbattere la chiesa vennero trovati i resti mortali del signore di Cesena, Novello Malatesta; erano sepolti fuori della chiesa a ridosso della parete di destra. Nellimmagine si vede un specie di transenna attaccata al muro, sormontata da una piccola targa marmorea che ricordava levento, entrato, da lungo tempo, nelloblio della memoria collettiva cesenate. Ora al suo posto c piazza Bufalini, ma ancora visibile un finestrone laterale allabside, murata e in uso come cantina nelledificio retrostante. Come gi detto in precedenza, con i mattoni della chiesa fu costruito parte del Teatro Bonci.

Sullo sfondo uno dei due finestroni gotici della demolita Chiesa di San Francesco. A sinistra ledificio dellex Liceo Classico in ristrutturazione per ospitare la Grande Malatestiana

Tavola 23 Il Cesuola in uscita dalla citt


Eccoci in vista dellultimo tratto del Cesuola, una vista particolare per rendere meglio lidea del percorso cittadino del capriccioso torrentello. Certo, le coperture dei palazzi che lo fiancheggiano sono cambiate nel corso di duecento anni, sicuramente uguale, invece, appare il tetto del solenne palazzo ove visse Edoardo Fabbri, combattente risorgimentale e personaggio illustre una lapide lo ricorda. A fianco di detto palazzo, stretta, corre la Via Emilia. Il pittore cesenate G. Severi, gi precedentemente ricordato, dal punto di vista di chi immerso fino alla cintola nel torrente, disegn questo tratto di Cesuola o Giula, da valle, attribuendogli lindicazione topografica e pnt dria la chsa ad Foggia e si riferiva al terzo ponte raffigurato qui che, con il secondo, erano in uso privato e non vie di comunicazione. Del ponte a ridosso della Portazza, il quarto in basso, non pi esistente, se ne scoprirono le strutture in recenti lavori di sistemazione della Via Porta Fiume. Lattuale via Beccaria ricalca questo ultimo tratto del torrente. In alto si vede il ponte su cui passa via Fr Michelino. Una curiosit storica che potrebbe coincidere con una nostra ipotesi: Galeotto Malatesta, signore di Rimini al tempo del sacco di Cesena in quel 1377, dopo aver ricevuto dal papa lautorizzazione a governare questa citt, dovette assaltare la Murata onde cacciare i mercenari di Giovanni Acuto, responsabili delleccidio e del sacco ai danni dei cesenati. Falliti i tentativi di assalti diretti, le cronache riportano, riusc nellintento scavando un tunnel che arriv fin dentro la Murata. Di questo tunnel non si ha certezze dove fosse stato scavato, ebbene, anni orsono ebbi modo di vedere un tunnel che dal piano interrato di un negozio posto sulla via vecchia Emilia andava diritto verso le mura. Quale punto migliore: passava sotto il Borgo cesariano e il materiale di scavo poteva essere gettato nel Cesuola in piena ( era fine dicembre ). Loperazione poteva avvenire senza essere visti. Il Tunnel mai esplorato - venne alla luce dopo un restauro del negozio e limbocco, poi, torn murato finendo nel dimenticatoio.

Ecco il tratto finale coperto del Cesuola. Sullo sfondo il luogo dove si ergeva la seconda Portazza di uscita del torrente. Si notino i palazzoni sullo sfondo che non permettono pi la visione del panorama come rappresentato nella tavola successiva

Tavola 24 La Portazza lato valle


Questo ci che avrebbe visto un cesenate che si fosse posto dalle parte degli attuali giardini di Serravalle, e di Via Fratelli Bandiera. Con la costruzione dei palazzoni a ridosso delle mura malatestiane stato occluso, nascosto, per sempre questo scorcio di citt. Il Cesuola, uscendo dalla citt, attraverso la seconda Portazza, ora non pi esistente, andava ad unirsi al Canale dei Molini di costruzione malatestiana e che scorreva lungo lantico alveo del fiume Savio. Il Mulino di Serravalle era alimentato da questo canale e, probabilmente, ancora in servizio agli inizi dell800. Ora, ledificio, aspetta di essere restaurato. Abbiamo visto, fino ad ora, come fosse laspetto della citt in questo antico scorcio storico: fermiamoci, ora, a pensare per un attimo come fosse, invece, laspetto sociale che, non dimentichiamo, era gestito e controllato dallamministrazione francese. Grazie alla ventata illuministica, oltre che dispotica, del conquistatore doltralpe, Cesena conobbe innesti di vita civile sconosciuti fino ad allora, basta pensare allintroduzione del Codice Civile a cui si faceva riferimento per le successioni ereditarie, per la definizione dei confini, per il matrimonio per i misfatti amministrativi ecc. tutte regole che prima erano in mano e lo torneranno dopo il 1815 ad esponenti della curia locale e romana. Listituzione del Catasto e dellAnagrafe civile furono i frutti di una visione pi moderna e funzionale che i francesi introdussero in Italia e a Cesena. Non cerano pi n marchesi n conti, n poveracci n reietti: dal punto di vista sociale si era tutti citoyens ossia cittadini: Cittadino Ghini, cittadino Maraldi e cos via: marchesi e puttane erano sullo stesso piano sociale, in teoria, poich le differenze sociali rimanevano forti a livello economico: i poveracci continuavano ad abitare in borghi vecchi e ammuffiti, come vedremo, e i ricchi nei loro sontuosi palazzi a conversare in francese e a seguire la moda neoclassica introdotta dai salotti napoleonici.

Tavola 25 Via di Santa Caterina


Tornato, il nostro curioso visitatore, sui suoi passi, percorrendo la via delle mura, dalla parte del Cesuola, egli, entra nel dedalo di viuzze che fanno da corona allattuale Via Chiaramonti, che allepoca dei fatti narrati si chiamava Via di Santa Caterina. Il nome della via derivava dalla presenza del monastero di Santa Caterina - in borgo di Porta Ravegnana o Porta Trova, demolita nel 1867 - e anchesso costruito per volere di Malatesta Novello; segu le sorti degli altri ordini religiosi, venendo chiuso per sempre dalla longa mano francese . Ledificio, pass in mano a privati, come la famiglia del Conte Masini che ne fece un teatro per poi diventare una scuola elementare. Ledificio, che delimita le vie Pasolini e Sacchi, attualmente sede delluniversit. In questa via, che ancora mantiene il suo fascino ottocentesco, sono presenti palazzi signorili come il Palazzo Chiaramonti e il Palazzo Guerrini. Il dosso visibile allinizio della via, potrebbe risalire alla presenza delle antiche mura duecentesche, poich in quei paraggi, nel duecento era Porta Ravegnana. Interessante la Via Carbonari, allepoca una corta via fiancheggiata da casupole e che terminava a ridosso delle mura. Questa parte di mura venne demolita nel dopoguerra, dopo che negli anni precedenti fu operata unapertura per collegare la citt al nuovo asse di scorrimento attuale via Cesare Battisti la strada diretta per Forl collegata al tratto della via Emilia interna alla citt, per evitare di passare in Via delle Ortolane attuale via Zeffirino Re e fare il solito giro fino al ponte di porta Fiume. La Via di Santa Caterina, va ricordato, ricalca lantico tracciato romano della strada che conduceva a Ravenna, la via dismano. Attualmente, il vecchio asse viario passa sotto gli edifici, a destra dellimmagine, costruiti quando dellantico tracciato si perse memoria . Qualche anno fa, allinterno di un cortile vennero trovate tombe di epoca romana, facenti parte, probabilmente di un area sepolcrale lungo la via dedicata agli Dei Mani, Diis Manibus, trasformandosi in via Dismano.

In primo piano il tetto del cosiddetto Palazzo Chiaramonti che si affacciava sulle casupole a ridosso delle mura

Tavola 26 Piazza Maggiore e Borgo Chiesanuova

Prima di scoprire le curiosit legate a questa immagine, vorrei ricordare a chi ha avuto modo di visionare la Tavola 14, che recentemente (ottobre 2008) i lavori di risistemazione di p.zza Amendola hanno riportato alla luce i resti delle fondamenta delle abitazioni disegnate nella stessa tavola, questo per sottolineare che la nostra lettura delle mappe ottocentesche stata corretta. Ma veniamo allimmagine qui rappresentata. La panoramica ci restituisce la situazione urbana che era dietro il quarto lato dell attuale Piazza del Popolo. Come pi volte precedentemente accennato. Il Borgo Chiesanuova era situato sullantico Borgo Cesariano il toponimo Chiesanuova si ebbe a partire dalla ristrutturazione della chiesa di San Domenico nel XVIII secolo pezzo di quartiere sorto lungo la via Aemilia sin dai primi due secoli a.C.. Durante la Guerra Civile tra i partigiani di Mario e i partigiani di Silla, Cesena, con il quartiere, come tutti i municipi dItalia, subirono ingenti devastazioni e distruzioni. La sorte volle che qualche anno dopo, Giulio Cesare, di ritorno dalla spedizione delle Gallie, si ferm a Ravenna per riflettere se attraversare o meno armato il Rubicone. Evidentemente, i cesenati, approfittando della presenza sul territorio dellillustre generale, vollero incontrarlo e chiedergli un contributo, a lui o al Senato di Roma, per ricostruire la citt e il quartiere. La richiesta and a buon fine, poich al quartiere ricostruito venne dato il nome di Borgo Cesariano, con il quale arriv fino al XVIII secolo. Il Borgo, rimase tale fino al XIX secolo, sebbene assai malandato; senza contare che tutta la zona era costantemente minacciata dalle frane del colle Garampo: nel 1810 che la Casa Brighi croll per una di questa frane. Senza contare le copiose piogge che trascinavano in basso significative porzioni di fango. Fango, sporcizia, vecchiume e dicerie, consigliarono, dopo lannessione al Regno dItalia delle Romagne, di tirar tutto gi. Una politica di demolizione che ha privato la citt di Cesena di un pezzo di storia importante oltre che aver inferto un danno gravissimo alla compattezza urbana della stessa.

Piazza del Popolo, allora Piazza Maggiore, priva del suo quarto lato che era un tuttuno con la struttura muraria a destra dellimmagine

Tavola 27 Il Borgo di San Domenico o Spina


Vicolo del Rosario e Vicolo Paderno oggi non dicono pi niente ai cesenati; sono toponimi spariti nel tempo assieme alle abitazioni che delimitavano queste stradine. Parliamo di Borgo San Domenico, da sempre cresciuto e sviluppatosi allombra del campanile dellomonima chiesa. Labbattimento di questo antico isolato che, con portici, costeggiava un tratto della via Emilia, venne deciso nel 1936, anno in cui Mussolini visit la citt; spinto dalle autorit locali, ne decise, poi, il suo abbattimento. Lo scopo era quello di creare piazze e risistemazioni onde celebrare il nuovo volto della citt. Roma stessa fu vittima di questa politica riformista che, come abbiamo visto, non fu frutto solo della mentalit del regime, ma di quella genetica barbara faciloneria, tutta italiana, protrattasi anche in tempi non sospetti dove lantico veniva e viene interpretato come vecchiume o ostacolo fastidioso: Cesena, per esempio, ha preferito distruggere il sito della domus romana in piazza Fabbri per fare un parcheggio interrato, mentre Rimini, della sua domus, quella del chirurgo, ne ha fatto un vanto internazionale. Comunque, i lavori di demolizione del Borgo iniziarono quasi subito per terminare, dopo pause di forza maggiore, negli anni 50 del 900. La situazione abitativa era pessima e definita dai cronisti dellepoca afflitta dalla lebbra dei muri e compromessa dalla lunga esposizione all umidit, al degrado e alla miseria: le uniche compagne di quella parte di abitanti che si arrabattavano a tirare aventi con i lavori pi umili. E questo traspare con forte evidenza dalle poche foto che rimangono di questo Borgo. Al suo posto ora la larga Via Battistini e il nuovo condominio che la fiancheggia. Una curiosit: di rimpetto alla chiesa di San Domenico, laddove ora un condominio di moderna costruzione e che ospita un negozio, era la Chiesa di San Martino da cui prendono nome e il Ponte nei pressi e la via adiacente al condominio. La chiesa termin le sue funzioni molto presto e se ne perse la memoria dopo essere stata trasformata in magazzino o in abitazioni.

La Chiesa di San Domenico senza pi il suo borgo

Il viale che occupa lo spazio dellantico borgo o Spina di San Domenico

Tavola 28 Il Borgo Chiesanuova presso la Chiesa di San Domenico


Limmagine di cosa fosse il Borgo Chiesanuova, immagine, direi suggestiva per la complessit descrittiva, ci aiuta a ricostruire lesatta percezione di cosa significasse passeggiare lungo la via Emilia, sotto i portici, lungo le abitazioni di questo popoloso borgo. Era abitato non solo da poveri, ma si pu supporre che a partire dalla piazza ci fossero abitazioni della media e alta borghesia e il popolo afflitto da problemi economici fosse relegato verso Porta Fiume, nella parte a monte del Borgo, laddove cera il cosiddetto monte uliveto. Quindi, vennero demoliti anche palazzi signorili se il palazzo Fabbri ancora li dove fu costruito solo perch si trov nel lato giusto del borgo. Comunque sia, le attivit svolte allinterno del borgo erano tutte artigianali e le pi svariate: dal sellaio alla tintoria; dal falegname al fabbro ferraio e, ovviamente, osterie o taverne. Per giustificare culturalmente labbattimento, che, come abbiamo visto nella tavola n 19, avvenne con le stesse euforie rinnovatrici; si descrisse il borgo come al centro di qualcosa di misterioso, sordido, lugubre e sporco. Cronisti del tempo scrissero: con le sue botteguccie piene di rifiuti di ogni genere con i suoi muri stillanti acqua e lezzo, con le spesse colonne dietro le quali, nelle ore di notte, soventi volte vibrava la lama del coltello o rintronava una qualche detonazione senza parlare degli scricchiolii sinistri che come gemiti provenivano dalle abitazioni e rimbombavano sotto i portici anneriti dai fuochi delle botteghe. Insomma, era come se tutta la popolazione aspettasse di vedere la sua demolizione, per poi rimpiangerla poco dopo. Sulla Chiesa di San Domenico possiamo dire che venne costruita dai domenicani ristrutturando, nel XIII secolo la precedente chiesa di San Fortunato, acquistata dallordine, e dedicata poi a San Pietro martire, predicatore domenicano spesso presente a Cesena. Il complesso si svilupp con il tempo ampliandosi e consolidandosi dopo i restauri del XVIII secolo.

Lantica via Emilia che entrava nel Borgo Chiesa Nuova allaltezza della antica sede universitaria cesenate, gestita dai gesuiti e chiusa da un editto napoleonico

Il portale di marmo Della antica sede Universitaria

Un altro tratto della antica Via emilia in Borgo Chiesa Nuova allaltezza del Palazzo, con balcone, dove nacque il Conte Fabbri, patriota risorgimentale cesenate. Il viale Mazzoni, sulla destra, a ricordare il borgo scomparso

Tavola 29 Il Ponte di San Martino e Porta Fiume


Il nostro viaggiatore ha imboccato la via di uscita: Porta Fiume e il Ponte San Martino. Alle sue spalle, le ultime casupole del Borgo Chiesanuova. In alto a destra le abitazioni arroccate sulle prime pendici del colle Garampo che in quella zona era noto come monte uliveto. Esiste una foto dello scorcio ed pubblicata sul primo volume di Vecchia Cesena edit dalla cooperativa CILS nel 1979. La foto del fotografo cesenate Casalboni ed datata 1897: riusc a fotografare le ultime case rimaste. Dalla foto emerge una situazione di estrema povert vissuta con quella semplicit che ruotava attorno a piccole cose, attivit come quelle del cenciaiuolo, del robivecchi la cui merce raccolta, ora, farebbe gola a qualsiasi antiquario; le donne mettevano a seccare al sole i mandorli, i fichi e luva mentre sedute sulluscio, su sedie impagliate, facevano la calza e chiacchieravano con un dialetto che, sembra, fosse arricchito di inflessioni diverse da quelle usate dagli abitanti di Porta Romana. Uscire dal proprio borgo, allora, era un evento eccezionale. Di questo borgo si tramanda il ricordo della Locanda della Panacia e che divenne poi lHotel du Baffon; la locanda della Bastoncina, che nellespressione popolare divenne sinonimo di un alloggio poco raccomandabile. Secondo gli intendimenti dellamministrazione del 1860, anno degli inizi dei lavori di demolizione, sugli spazi vuoti sarebbero dovute sorgere case per gli abitanti sfollati e un mercato coperto. Non si fece nulla, anche perch i lavori durarono pi di trentanni, ma con i mattoni di risulta vennero costruite le casupole nei borghi fuori le mura, come in quello di Porta Cervese, che accolse molti degli sfollati di Chiesanuova. Il ponte di san Martino, come si vede, ancora aveva un ingresso di sicurezza sul lato opposto a Porta Fiume, costruito nel XIII secolo, e una celletta dedicata alla Madonna del ponte di S. Nicol , costruita nel XVI secolo, distrutta durante la seconda guerra mondiale, ma ricostruita dopo.

Eccoci, anche noi fuori citt, sul Ponte di Porta Fiume. Le abitazioni fanno parte dellantica struttura medievale della citt. Sullo sfondo parte della facciata della chiesa di San Domenico

La zona di monte uliveto, nobilitata a parco urbano

Ancora il ponte di San Martino con la celletta. Al posto della struttura difensiva una abitazione

Tavola 30 Il Borgo di San Rocco


Siamo fuori delle mura della citt ottocentesca. Il nostro curioso viaggiatore si lascia alle spalle tante immagini e affronta la discesa della Via Emila, che lo condurr verso il Ponte di San Clemente, attraversando la strada del Borgo di S. Rocco. Sullo sfondo la chiesa omonima, distrutta da un bombardamento aereo durante la seconda guerra mondiale; di essa rimane solo il campanile. In questo sito, nei primi decenni del trecento sorgeva un ospedale dedicato a SantAntonio. Nel 1348 scoppi una grave pestilenza, il cronista del 1500, messer Fantaguzzi, scrivendo il suo resoconto di vita cesenate Caos ci testimoni come: lanno 1348 de mense junii fo generale moria e pestilenza per tutto il mondo e dur fino a natale de decembre fo chiamata la moria del 48 cosa crudissima. In quelloccasione si ferm il francese S.Rocco che, prendendo ospizio nellospedale di S.Antonio, si prodig ad aiutare la citt durante la peste. Nel XV secolo sul luogo della chiesa, evidentemente costruita in onore di S.Rocco, presero posto i francescani del terz Ordine Regolare, costruendo il loro convento. Nel XVIII secolo la chiesa fu ristrutturata assumendo lornato visibile nellunica foto esistente. Nel 1866 i locali del vecchio monastero di S.Rocco vennero usati prima come caserma per carabinieri regii, trasferitisi poi nel complesso di San Filippo - vedi tavola 6 - in seguito ospit un reparto dellesercito regio. Con questa tavola finisce il nostro viaggio, in lungo e in largo, entro una Cesena che ormai non esiste pi, augurandoci di aver fatto cosa gradita ai cesenati, e a tutti coloro che credono nella cultura e nella memoria della Storia. Le quattro tavole che seguono, come gi accennato nella presentazione, rappresentano una ulteriore fermata su quel luogo urbano che vedr realizzata, nei primi anni 60 del 900, la Piazza della Libert, che piazza non , ma un semplice parcheggio per auto.

Eccoci nel Borgo di San Rocco. Sullo sfondo il campanile dellomonima chiesa vittima non del piccone ma dei bombardamenti dellultima guerra. Si intravvede anche linizio del settecentesco Ponte di San Clemente

Ecco le quattro tavole che mostrano levoluzione di un luogo storico, gia visto con la Tavola 20, soffermandoci sulle trasformazioni intermedie. Ma si pu parlare di evoluzione ? Non sarebbe meglio indicare la situazione come una involuzione? Lasciamo valutare a chi vedr queste immagini, sperando che una nuova coscienza prenda posto di quella che ancora, in genere, per tutta una serie di constatazioni, non ha le idee chiare su cosa voglia dire Centro STORICO

La prima di queste tavole mostra la situazione esistente agli inizi dell800 dietro la Cattedrale: abbiamo visto di cosa si trattava ( complesso dellepiscopato e convento dei Carmelitani). Si pu notare, in fondo alla stradina Via del carmine che separa i due complessi, un edificio religioso compreso tra abitazioni civili, forse era loratorio di una delle tante confraternite esistenti. Inoltre, si noti il camminamento sospeso, sulla stradina, che univa i due complessi; fu fatto per rendere accessibile la biblioteca dellepiscopato ai carmelitani. A destra del complesso carmelitano il Palazzo MoriVenturelli, alla cui destra Palazzo Braschi con linconfondibile archetto ancora esistente. Davanti alla Cattedrale non c ancora la piazzetta. Sul lato opposto della Cattedrale il vecchio Seminario

Nella seconda tavola, si ipotizza la seguente trasformazione: il complesso carmelitano, trasformato in ospedale - dopo lintervento napoleonico di svuotamento e chiusura degli edifici religiosi - nel 1811, quando lamministrazione francese era un ricordo, vide luso del complesso come convitto per la giovent, gestito dallautorit ecclesiastica locale - poi chiuso per immoralit - il complesso, passer poi in mano di privati che lo adibiranno ad abitazioni Notiamo la perdita di identit della chiesa e la demolizione di parte del chiostro per ricavarne uno unico.

La terza tavola presenta la situazione propria del 900. Nei primi decenni del secolo scorso, il complesso, oltre che a continuare ad ospitare abitazioni private venne adibito anche per il Servizio Postale, servizio che rimase attivo fino al momento della demolizione di tutto il complesso, oltre che di quello dellepiscopio, negli anni 50-60. Molti lo ricorderanno ancora. Notiamo la presenza della Piazzetta davanti la cattedrale ricavata demolendo parte degli edifici raffigurati precedentemente. Una curiosit: in alto a destra si nota Palazzo Fantaguzzi con la sua corte interna; adesso il palazzo ospita una banca

Quarta ed ultima tavola: mostra la creazione della cosiddetta Piazza della Libert creata per ospitare il nuovo benessere identificato con lautomobile. Lasciamo giudicare a voi, che visionate queste immagini, il valore di certe scelte e crearvi un metro di misura utile per giudicare la qualit degli interventi . Notiamo, a sinistra, la sparizione di Palazzo MoriVenturelli; notiamo la sparizione del Seminario; notiamo la trasformazione del Palazzo Fantaguzzi; in ultimo, la sparizione delloratorio, demolito assieme a parte dei palazzi che costeggiavano lantica Via del Carmine sul cui lato opposto iniziava e inizia il borgo della Val dOca, salvatosi, fortunatamente, in gran parte.

GRAZIE

FINE

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