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Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per laere sanza stelle, per chio al cominciar ne lagrimai.
Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti dira, voci alte e fioche, e suon di man con elle
facevano un tumulto, il qual saggira sempre in quellaura sanza tempo tinta, come la rena quando turbo spira. E io chavea derror la testa cinta, dissi: Maestro, che quel chi odo? e che gent che par nel duol s vinta?. Ed elli a me: Questo misero modo
angeli che non furon ribelli n fur fedeli a Dio, ma per s fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli, n lo profondo inferno li riceve,
Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita tanto bassa, che nvidiosi son dogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: E io, che riguardai, vidi una nsegna
che fece per viltade il gran rifiuto. Incontanente intesi e certo fui
questa era la setta di cattivi, a Dio spiacenti e a nemici sui. Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati molto
che da mosconi e da vespe cheran ivi. Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a lor piedi da