I sette vizi capitali, i sette samurai del Demonio, quelli che sono considerati alla radice dei peccati più orrendi oltre che più numerosi. Vizi e Peccati, sostantivi maschili, ma Gola e le sue sorelle citate all’inizio sono tutti sostantivi femminili. Pura casualità, giuro che non ho niente contro le femmine. Però, curioso: se metti insieme le loro iniziali viene fuori “GIA ‘L SAI”, già lo sai. E in effetti l’Uomo conosce molto meglio i vizi che le virtù: costano meno fatica e divertono di più. Si avvicinano le vacanze, ci si mostra di più in giro, si va alle feste, si presentano occasioni per mostrare ciò che abbiamo di più elegante, o di più prezioso o di più attraente; insomma, il meglio di sé. In tutti i sensi. Direte: “Che c’entra?”. C’entra, eccome se c’entra. E’ proprio in questo clima di spensieratezza, quando si cerca di allentare la morsa dei problemi quotidiani, reali, materiali, che si scatena Invidia, la più piccola delle sette sorelle, attiva tutto l’anno ma in questo periodo particolarmente virulenta e velenosa. Fa rodere dentro una quantità di persone che vedono negli altri solo ciò che loro vorrebbero avere e non hanno, non possono avere o non hanno ancora. Che vedono la gioia altrui come uno sputo nei propri occhi, la loro serenità come una macchia indelebile sulla loro miglior tovaglia, il successo degli altri come un conato di vomito sul loro vestito, senza contare quali lividi contorcimenti può provocare l’altrui bellezza. Ne sono preda, indistintamente, uomini e donne. L’Invidia acceca la ragione, peggio della rabbia perché a questa spesso si somma, obnubila il piacere di vedere e di frequentare gli altri, di star bene in loro compagnia (non vale con quelli che stanno peggio). Non per niente Invidia deriva da “in video”, dove quel IN può valere sia come “non voglio vedere” (da cui il termine inviso), sia come “vedere contro”. Lo sguardo dell’invidioso è infatti uno sguardo d’odio, quanto meno di rancore, di malessere, contro gli altri. Nell’attuale civiltà dell’immagine, non è casuale che un vizio capitale come l’Invidia trovi alimento quotidiano in ciò che viene visto – ma anche Dante ha messo gli invidiosi all’Inferno con gli occhi cuciti con il filo di ferro - o ciò che sembra di vedere. Siamo sempre nel campo del visivo. Si è invidiosi di qualcuno ritenendo che abbia sottratto visibilità, abbia “rubato” luce in palcoscenico, a scapito di qualcun altro, usando ciò di cui può adornarsi, materiale o immateriale che sia: gioielli o bello sguardo, automobile o intelligenza, denaro o simpatia. Ma si è invidiosi anche del successo, dell’amore, della carriera altrui e non solo nel presente ma anche in prospettiva. Arriva al punto, l’invidioso, di curar trappole e maldicenze, inganni e tradimenti, pur di non vedere il successo di altri. L’Invidia è rancorosa, infida, spesso insospettabile. Cova le sue uova acide da cui nasceranno pulcini ciechi. Ma… oplà!!! L’Invidia può diventar positiva. Spostando la sua attenzione dal soggetto all’oggetto, diventa molla, energia, propulsione, verso la conquista di quei beni, di quelle qualità che gli altri già possiedono, di ciò che si invidia. Basta cambiare prospettiva: dalle persone alle cose. Tutta quella energia sprecata può allora trasformarsi in impegno, sacrificio, dedizione, che con una splendida alchimia sublimano il male trasformandolo in bene. Da passività maligna diventa attività positiva. Un bel salto, non c’è che dire. Eppure gli invidiosi hanno, proprio per le loro caratteristiche psicologiche, tutte le potenzialità per non essere da meno degli altri; certo, non di tutti gli altri ma di tanti che invidiano sì. Se spulciassimo nella Storia troveremmo un bel numero di invidiosi divenuti invidiati. Uno per tutti: Napoleone, invidioso della statura fisica altrui, trovò in sé la forza di conquistare la “statura sociale” che tutti sappiamo (non sappiamo però se gli sia passata l’invidia per l’altra, quella fisica). E quante persone di “non bell’aspetto” hanno successi clamorosi in società e con l’altro sesso perché hanno saputo attrarre non con la bellezza ma con l’intelligenza e la simpatia? L’Invidia quindi, se riconosciuta e confessata a se stessi, ci può ricondurre nel campo di battaglia dell’emulazione, diventare strumento di crescita psicologica, artistica, morale e professionale di un individuo. Ma il passo più difficile e quello di riconoscersela, e ancor più confessarsela e rinnegarla. L’Invidia è come la sorella Avarizia: tutti la vedono negli altri ma nessuno ammette di conoscerla. Allora: che si faccia il salto e che la vita vi dia sempre di più. Senza invidia, naturalmente…