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Fino a poco tempo fa l’Egitto era una repubblica socialista dal 18 Giugno 1953.

Il potere esecutivo era diviso tra il Presidente e il Primo Ministro, anche se in pratica il potere esecutivo è
fortemente concentrato nel presidente che dal 1952 al 2005 è stato eletto in consultazioni popolari con un
solo candidato.

Il potere legislativo è esercitato la parlamento bicamerale:

 Assemblea del popolo: con 454 deputati. Il parlamento può sfiduciare il governo.
 Consiglio Consultivo: con 264 consiglieri. Esso è stato creato nel 1980, ed ha poteri limitati: in caso
di disaccordo fra i due rami, l’Assemblea ha l’ultima parola.

Il potere giudiziario è costituzionalmente indipendente (con al suo vertice la Suprema Corte Costituzionale).

I MOTIVI DELLA RIVOLTA

“I motivi della rivolta – afferma Farida Naqqash, membro dell’Ufficio Politico del partito di sinistra – vanno
ricercati nell’estrema povertà della stragrande parte della popolazione, causata dalla corruzione di questo
sistema liberalista che ha prodotto sempre più disoccupazione. A questo di aggiunge lo stato di emergenza
che vige da 30 anni e che ha chiuso gli spazi di libertà”

Eroe di guerra per aver respinto l’invasione israeliana dell’Egitto del 1973 al comando della contraerea,
Mubarak fu nominato vicepresidente da Sadat e divenne presidente dopo l’assassinio di questi. Da allora
per 30 anni è rimasto al governo del Paese, portando avanti una politica interna dura e repressiva: le
elezioni che lo riconfermavano continuamente alla carica erano fittizie , e qualsiasi forma di ribellione
popolare veniva spenta con la violenza. In virtù di una legge costituzionale nota come legge d’emergenza, la
polizia poteva arrestare qualsiasi cittadino senza dover formulare un’accusa. Arresti arbitrari e torture si
sono verificati anche negli ultimi anni, e molti giovani si annoverano tra le vittime. Al tutto si aggiunge una
politica economica caratterizzata da una grandissima corruzione, ed una ripartizione del denaro statale
assolutamente ingiusta: nonostante le ricche entrate del Paese, quasi la metà della popolazione vive in
assoluta povertà.

Già nel 2005 si chiese con una grande manifestazione la cancellazione della legge d’emergenza, ma il
governo la rifiutò. Questo porta alla rivolta del 25 Gennaio, che ha travato nel successo della rivolta tunisina
un’ulteriore spinta all’azione, Alla protesta si sono ben presto affiancati tutti coloro che erano stanchi del
regime.

Agli inizi di Febbraio è stato indetto anche uno sciopero nazionale: una grande marcia per chiedere a gran
voce le dimissioni di Mubarak, con manifestazioni che stanno coinvolgendo anche Suez, Alessandria e Porto
Said.

Mubarak ha tentato in tutti i modi di mantenere salda la sua posizione, inizialmente sostenuto da USA e UE.
Però messi di fronte alle nefandezze pubbliche del Rais, i sostegni di America ed Europa non potevano più
essere ammessi, così gli USA hanno abbandonato il rais e si sono uniti alle richieste di dimissioni.
La rivolta si inasprirà prolungandosi in giorni di violenti scontri tra esercito e manifestanti, arrivando a
costringere alle dimissioni il presidente l’11 Febbraio 2011, dopo trent’anni di potere.

I manifestanti non volevano soltanto le dimissioni di Mubarak, ma rifiutavano anche l’ipotesi di una
sostituzione di questi con Omar Sulaiman, vice neo-nominato verso cui si sono spesi in parole di
compiacimento USA e Israele, definendolo uomo “amico”: peccato che in Egitto sia anche lui conosciuto per
le sue nefandezze e per episodi i tortura.

Il 13 Aprile Mubarak è posto in custodia cautelare per 15 giorni a seguito delle indagini condotte dalla
Procura della capitale in merito ad accuse di corruzione e appropriazione indebita a suo carico. Nelle tesse
ore è trasferito in ospedale per problemi di salute.

Il popolo ha chiesto che fosse l’esercito a gestire la transizione, e così il potere politico è passato sotto il
controllo del Consiglio supremo delle forze armate, composto da 18 militari ai quali viene assegnato il
compito di portare il paese verso la democrazia. L’esercito ha inoltre prontamente comunicato ad Israele
che i trentennali accordi di pace manterranno la loro validità.

Mentre il governo rimane ufficialmente in carica, il parlamento viene sciolto dal Consiglio, che decide anche
per la sospensione della costituzione e promette di mettere fine allo stato di emergenza in vigore nel paese.

L’EGITTO DOPO MUBARAK: ORIZONTI POLITICI, SPERANZE E SPETTRI RESAURATORI

Gli egiziani pensano al futuro con l’obbiettivo di prendersi quello per cui si sono battuti. Il 19 Marzo il
popolo egiziano si è recato alle urne per votare il primo referendum popolare svoltosi da cinquant’anni a
questa parte: “è la prima volta che arrivo qui senza sapere in anticipo il vincitore”afferma una ragazza al
seggio.

Il 77,2% della popolazione si è detta favorevole all’approvazione di un pacchetto di modifiche costituzionali


al testo del 1971, in grado di stabilire regole del gioco più eque in vista delle elezioni che porteranno alla
formazione di un nuovo Parlamento e ad una Costituente che avrà il compito di elaborare la Carta dell’era
post-Mubarak. Si prevede, con tutta probabilità, già per il mese di Settembre lo svolgimento delle elezioni
parlamentari, mentre qualche mese più in là, si terranno le presidenziali.

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