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LA LETTERATURA CINESE AL VOLGERE DEL XX SECOLO

La letteratura C. contemporanea, dopo il decennio della «rivoluzione culturale», ha conosciuto un


periodo di grande fervore che ebbe una momentanea e brusca interruzione dopo i fatti di
Tian'anmen, nel giugno del 1989. La ripresa della pubblicazione di alcune importanti riviste, tra le
quali «Renmin wenxue», che ricomparve nel 1976, dopo un'interruzione durata dieci anni, favorì la
rinascita del dibattito letterario, stimolato - tra gli altri - da uno scrittore destinato a diventare
ministro della cultura, → Wang Meng. Le prime opere prodotte nel nuovo clima di libertà furono i
racconti e i romanzi della cosiddetta «letteratura della ferita» (shanghen wenxue), che prese avvio
dall'omonimo racconto di Liu Xinwu (1942), Shanghen, comparso nel 1977. Sono, in generale,
opere che narrano gli anni della rivoluzione culturale e le angherie subite dalla gente comune per
mano di un potere despotico e ottuso; in esse le vicende e i sentimenti individuali assumono un
rilievo affatto nuovo. Le opere degli scrittori delle nuove generazioni sono caratterizzate da un
rifiuto totale della «letteratura impegnata», laddove essa si identifichi con la produzione pro-
grammaticamente dotata di un messaggio politico e ideologico, sarcasticamente irriso. Viene
stigmatizzato l'atteggiamento che bene esemplifica uno slogan famoso, secondo il quale la lette-
ratura avrebbe dovuto essere «al servizio del popolo e del socialismo» (wei renmin fuwu, wei
shehutzhuyt fuwu), e viene denunciato il decennio della «nera dittatura in campo artistico e
letterario» (wenyi heixian zhuanzheng).
Un fenomeno significativo all'interno delle nuove tendenze letterarie tu la cosiddetta «poesia
oscura» (menglong), nata con !a rivista semiclandestina «Jintian», di cui uscirono tre numeri nei
primi mesi del 1979, prima che ne tosse vietata la pubblicazione. L'obiettivo principale dei «poeti
oscuri» → Bei Dao (1949), Mang Ke (1950), Shu Ting (1952), → Gu Cheng, - tra i più significativi
- era quello di esprimere se stessi, dando voce alla crisi esistenziale di una intera generazione. Due
versi tratti da una delle prime poesie di Gu Cheng, Yidai ren (Generazione), divennero una sorta di
manifesto per tutti i giovani della lost generation cinese: «La nera notte mi ha dato occhi neri/e con
loro io vado a cercare la luce» (Hei ye gei wo heiside yanjing, wo que yong ta xunzhao guangming).
Di questa corrente, comparvero in italiano la raccolta di Mang Ke Meiyou shijian de shijian (1988;
II tempo senza tempo. Milano 1992) e alcune scelte antologiche, su riviste di letteratura e poesia
(«Marka», «In forma di parola», «Alfabeta», «II Verri», tra le altre). La «poesia oscura», almeno
negli anni ottanta, venne guardata con sospetto, quando non con aperta ostilità, dalla cultura
ufficiale, come testimoniano alcuni saggi critici del maggiore poeta cinese vivente, Ai Qing (1910).
I nuovi fermenti culturali portarono comunque a un nuovo e generalizzato interesse verso i
fenomeni più significativi della letteratura occidentale; nel 1979. p. es., fu tradotto per la prima
volta Kafka. Accanto ai «poeti oscuri», spesso molto attratti anche dalla sperimentazione
linguistica, troviamo un gruppo di giovani autori polemicamente indifferenti a ogni mito di «mo-
dernità». Sono spesso accomunati da esperienze biografiche analoghe, essendo stati mandati nelle
campagne talvolta delle regioni più periferiche del paese, in qualità di «giovani istruiti», negli anni
della «rivoluzione culturale». Dopo un primo momento di ribellione, essi ritennero di scoprire in
quelle terre primordiali e arretrate le origini della propria civiltà, e diedero vita alla cosiddetta
«letteratura delle radici»; tra i più significarvi Zhong Acheng. in Occidente noto con il solo nome
proprio Acheng ←, attualmente esule negli Stati Uniti, Han Shaogong (1943), autore di Ba Ba Ba
(1985; Pa pa pa, Roma-Napoli 1992), Mo Yan, del quale, nell'ambito della produzione legata alle
«radici», è significativo il romanzo Hong gaoliang jiazu (1988; Sorgo rosso. Roma-Napoli 1994),
Gu Hua, autore di She wang zhi si (1985; // re dei serpenti. Roma 1988), Shi Tiesheng, legato a
questa «corrente» almeno per alcune sue opere. Elemento comune di queste opere la riscoperta di
un mondo magico-superstizioso, venato di credenze taoiste ed elementi di cultura popolare.
Legata alla disaffezione dei giovani nei confronti della politica è la comparsa di una sorta di
letteratura amorosa «d'appendice», che assume negli anni ottanta l'imponenza di un fenomeno
generalizzato, di grande rilievo economico a mano a mano che le case editrici perdono il sostegno
diretto dello stato. In qualche modo collegabile a questo fenomeno è il successo ottenuto in Cina
popolare dalla scrittrice taiwanese San Mao (1942-1991), anche se le sue opere rientrano a buon
diritto nella letteratura «alta», pur se fortemente sentimentalistica. Morta suicida dopo due
matrimoni d'amore intensi e sfortunati, e dopo una esistenza avventurosa che le aveva fornito ab-
bondante materiale per i suoi romanzi, diventa una sorta di «modello romantico» soprattutto per le
ragazze degli anni » ottanta, tanto da suscitare un vero e proprio «fenomeno sociale», cui venne
attribuito il nome di «febbre di San Mao» (San Mao re).
Nella produzione letteraria popolare, di totale evasione, a partire dagli anni ottanta, conosce un
enorme successo un genere che aveva avuto illustri precedenti già nella Cina classica, quello del
cosiddetto wuxia xiaoshuo, il «romanzo dei cavalieri delle arti marziali», il cui autore di maggiore
successo è Jin Yong. Si tratta di storie che, prendendo ispirazione dal mondo magistralmente
dipinto nel romanzo del sec. XVII Shuihu zhuan (Sul bordo dell'acqua, parzialmente tradotto in
italiano con il titolo I briganti. Torino 1956) narrano avventure di «cappa e spada», di eroi intrepidi
e senza macchia sempre pronti a difendere gli umili, con esiti artistici ben lontani dall'originale, ma
pure con grande soddisfazione di milioni di giovani lettori.
A partire dalla fine degli anni settanta conosce una rinnovata fortuna la letteratura di fantascienza
(kehuan wenxue), amata dai cinesi fin dall'inizio del secolo (già nel 1903 Lu Xun - il più grande
scrittore della Cina moderna - traduceva Dalla terra alla luna di J. Verne). Nascono nuove riviste di
letteratura di fantascienza, quali p. es. («Kehuan haiyang» e «Kehuan shijie»); tra gli autori vanno
segnalati Wang Xiaoda (1939), Ye Yongle (1940), Tong Enzheng (1935), Wei Yahua (1945), per la
maggior parte già scrittori noti, ma assoluti esordienti nel mondo della letteratura di fantascienza.
Alcune delle loro opere (in particolare Wenrou zhixiang de meng, La felicità coniugale tra le braccia
di Morfeo, 1981, di Wei Yahua) verranno però aspramente criticate durante la campagna politica -
per la verità né troppo convinta né molto virulenta - lanciata nel 1983 contro l'«inquinamento
spirituale» (jinsheng wuran), del quale sarebbero stati responsabili innanzitutto i modelli e gli
stimoli culturali provenienti dall'Occidente.
Nel clima di generale allontanamento dalla politica e dalla letteratura ideologicamente «impegnata»,
molti dei cosiddetti «intellettuali di mezza età» - secondo la curiosa locuzione cinese che li
definisce - che avevano ricevuto una «formazione rivoluzionaria», almeno fino agli incidenti di
Tian'anmen (1989) rimasero comunque legati al partito; è il caso p. es. di Zhang Jie (1937), Shen
Rong (1935), Gu Hua (1942), Lu Wenfu (1928), Liu Xinwu (1932), Liu Binyan (1925), Wang
Meng (1934), che pure cercarono di sviluppare una sorta di «nuovo umanitarismo». Essi
dedicarono la propria attenzione all'analisi dell'uomo soprattutto nel momento in cui egli rompe con
le strutture sociali, ma cercarono nel contempo un punto di incontro tra le esigenze della libera
espressione artistica e i valori legati alla loro formazione marxista. Questo conflitto personale
produsse opere di grande valore, come quelle di → Yang Jiang (1911), della quale ricordiamo
Gangxiao liuji (Sei capitoli di ricordi della scuola quadri, 1980), Mengpo cha (1983; II thè
dell'oblio, Torino 1994) e, soprattutto Xizao (II bagno, 1988) il cui titolo allude al «bagno
ideologico» al quale erano tenuti gli intellettuali per emendarsi dalla mentalità borghese. Testimo-
niano sicuramente uno sforzo di «conciliazione» tra la linea del partito e le esigenze della Cina
moderna. Il romanzo Meishijia (1982. Vita e passione di un gastronomo cinese, Parma 1991) e
molti racconti di → Feng Jicai. che vinse con Shen bian (La coda miracolosa) il premio per il
migliore racconto del 1984 e del quale esistono in traduzione italiana il breve racconto La
raccoglitrice di curia (Pavia 1993) e il romanzo Ganxie Shen-ghino (Grazie alla vita, 1985),
comparso in Italia con il titolo Cento fiori (Bologna 1995). Entrambi questi autori si servono in
modi diversi del sarcasmo e dell'ironia per esprimere il loro atteggiamento critico nei confronti della
società. Una sorta di ansia di conciliazione tra passato e presente caratterizza anche Musilin zangli
(Funerale musulmano, 1988), della scrittrice Huo Da (1945), insolita e bella storia di una famiglia
musulmana in Cina; l’esigenza di costruire una «saga», che unisca il mondo di ieri a quello odierno
permane anche nella letteratura degli anni novanta, come testimonia Bailu yuan (La piana dei cervi
bianchi), di Chen Zhoneshi (1942), romanzo dalla lunga gestazione pubblicato nel 1993.
Se gli sviluppi della letteratura C. negli anni novanta sono almeno in parte debitori alla grande
«catarsi» collettiva rappresentata dalla «letteratura della ferita» e alla riscoperta di aspetti trascurati
della cultura tradizionale e popolare rivitalizzati dalla «letteratura delle radici», queste «correnti»
rappresentano diacronicamente soltanto due delle tendenze successive alla caduta della «banda dei
quattro». La Cina si affaccia nei primi anni ottanta alla «modernità» (campagna delle «quattro
modernizzazioni», 1982-86) e l'atteggiamento nei confronti della «modernità» è una delle chiavi di
lettura dei fenomeni letterari in Cina fino agli anni novanta. Se la «letteratura delle radici» e la
poesia oscura la rifiutano o comunque la guardano con sospetto - nelle opere dei «poeti oscuri» si
avverte spesso la paura dello straniamento al quale conduce sovente la società dei consumi -, altre
tendenze letterarie ne hanno abbracciato con entusiasmo i valori. Negli anni ottanta, la cosiddetta
gaige wenxue, «letteratura della riforma», in particolare, guarda con occhi nuovi, più disincantati e
realistici, al mondo produttivo, che pone con forza al centro del processo di rinnovamento della
società nel suo complesso. L'autore più felice di questa «letteratura di fabbrica» è Tiang Zilong
(1941), che ne Qiao changzhang shang renji (Il direttore Qiao prende servizio, 1979), (Yi ge
gongchang mishu de reji. II diario di un segretario d'azienda. 1980), (Bai nian, Gli auguri di
Capodanno. 1980), Huguang (1980; L'officina, Roma 1991) - tra le sue opere più significative -
descrive con grande ironia un mondo produttivo che la deresponsabilizzazione generalizzata stava
portando alla rovina.
Per comprendere il rapido avvicinamento della letteratura C. contemporanea a moduli e stilemi -
nonché spesso a contenuti - comuni nella letteratura occidentale, è necessario ricordare come dallo
«sgomento» successivo alla fine della rivoluzione culturale già nasca una «letteratura di
introspezione» (fansi wenxue). alla quale sono da collegarsi alcuni degli esiti più interessanti, sia sul
piano letterario sia su quello linguistico e stilistico della letteratura degli anni novanta. Essa è il
prodotto di una esigenza psicologica assai bene esemplificata da Gao Xiaosheng (1928), in una
chiosa al suo romanzo Li Shunda zao wu shimo (La lunga storia della casa di Li Shunda), che narra
le peripezie di Li Shunda il quale, avendo visto morire la propria famiglia di stenti per non avere un
tetto sotto il quale trovare riparo, coltiva tenacemente un sogno soltanto: quello di potersi costruire
una casa dignitosa. Ma ogni volta che è sul punto di coronarlo, un «movimento politico», che
stigmatizza via via la proprietà privata o l'atteggiamento «borghese», lo manda miseramente in
frantumi. Li Shunda si chiederà ad un certo punto se i cinesi possano ritenersi individualmente
«innocenti» di fronte agli sconvolgimenti politici che hanno funestato il loro paese.
Il gusto per il realismo, spesso crudo e cruento, di una parte della letteratura degli anni novanta (p.
es. il romanzo Feidu di Jia Pingwa, vedi oltre) si sviluppa probabilmente anche grazie al nuovo
ruolo assunto dalla «cenerentola» dei generi letterari, quella «letteratura di reportage» (baogao
wenxue) a metà tra giornalismo e narrativa, che non trova un preciso corrispondente nei generi
letterari codificati in Occidente. Se fino agli anni settanta era stata uno degli strumenti privilegiati
per svolgere una azione di propaganda ideologica, essa assume d'improvviso una propria e
«scomoda» indipendenza, e diventa capace di mettere a nudo aspetti drammatici della vita del paese
(significativo a questo proposito un racconto di Ma Jian (Lianchu ni de shentai huo kong kong dang
dang, Mostrati nella tua reale natura o apparirai vuoto e indistinto) del 1988. in cui si denunciava la
frequenza, in Tibet. di pratiche incestuose, il quale provocò le ire della minoranza tibetana e la
rimozione del direttore della prestigiosa rivista «Renmin wenxue» Liu Xinwu, che lo aveva
pubblicato (incurante dei delicati rapporti tra la Cina e il Tibet). La «letteratura di reportage», che
da un lato si configura, tra gli anni ottanta e gli anni novanta, come una sorta di «palestra» dove
esercitare la capacità di ricostruire un rapporto con la realtà non più mediato dall’ideologia, ha
stretti legami con il cosiddetto «nuovo romanzo sulla terra natale» (xin xiangtu xiaoshuo) degli anni
novanta. In esso ricompare ancora una volta, più o meno mediato, il rapporto tra arretratezza e
sviluppo, ira città e campagna, fra tradizione e modernità ed esso non è sempre risolto in termini
ottimistici. Diventa piuttosto frequente, pur se non indolore, il ricorso a una narrativa con forti
connotazioni sessuali, e i rapporti di sopraffazione si esemplificano spesso nella sopraffazione
sessuale. Questo quanto accade, p. es. nel corposo romanzo Feidu (Spazzatura, 1993), dello
scrittore sichuanese Jia Pingwa (1942). La sua pubblicazione è accompagnata da un violento
dibattito sulla «opportunità» e sulla «veridicità» di questo tipo di letteratura.
Il sesso diventa uno strumento di dissacrazione del potere nel romanzo I giorni della bufera (Pavia
1994) di Mang Ke (1950), più noto come poeta del gruppo del menglong sbi. «poesia oscura». Il
romanzo, pubblicato a Pechino nel 1994, è ben presto uscito dalla circolazione: esso narra di un
«soggiorno in campagna» durante la rivoluzione culturale, che perde ogni connotato politico per
trasformarsi in una sbornia di sesso e soprusi.
La «dissacrazione del potere» costituisce uno dei nuovi e più originali contenuti della letteratura C.
degli anni novanta e Wang Shuo (1958) è senz'altro il più interessante e amato tra i giovani autori di
quella che è stata definita pizi o liumang wenxue, una sorta di «letteratura dei teppisti», che descrive
un sottoproletariato urbano - soprattutto pechinese - popolato di perdigiorno e piccoli delinquenti,
ragazze facili e sbandati. Ogni valore è stato spazzato via dall'adesione alla legge del gruppo, del
«branco» (gemer), soltanto all'interno del quale valgono principi di solidarietà e di lealtà. Sul piano
linguistico, entra di prepotenza nella letteratura «alta» lo slang delle periferie urbane e il gergo
politico viene «rivoltato» e utilizzato con valenze di corrosivo sarcasmo, che i critici C. hanno
designato con l'espressione lishi de fanfeng («ironia sugli avvenimenti storici»).
E interessante notare il rapporto quasi osmotico tra letteratura e cinema nella Cina degli anni ottanta
e degli anni novanta: Wang Shuo stesso gira, nell'estate del 1995, la versione cinematografica di
uno dei suoi romanzi di maggiore successo Nishi wo de babà (Tu sei mio padre); il famoso film del
regista → Zhang Yimou Lanterne rosse (1991) è tratto dal bel romanzo Qiqie chengqun (Mogli e
concubine) di Su Tong (1963), che offre alla riduzione cinematografica anche un secondo romanzo,
Hongfen (1991; Cipria, Roma-Napoli 1993). Su Tong, peraltro, si segnala anche per una ricerca
linguistica di segno opposto a quella condotta nella «letteratura dei teppisti», che ha l'obiettivo di
recuperare all'uso uno stile legato alla grande tradizione della narrativa classica; egli predilige la
forma del racconto e si propone di riportare questo genere narrativo allo splendore che esso
conobbe in epoca Qing. Fornisce ispirazione al cinema anche la narrativa di Shi Tiesheng, che
nasce come scrittore «delle radici», e il cui racconto Bìan zou bian cbang (Camminare cantando),
fortemente legato a quella temperie culturale, viene portato sullo schermo nel 1991 con il titolo
italiano di La vita appesa a un filo. Autore pechinese di indubbia originalità, nato nel 1951 e
costretto sulla sedia a rotelle in seguito ad una malattia contratta in campagna durante la rivoluzione
culturale, Shi è una delle voci più interessanti del panorama letterario di Pechino. Il racconto
Suming (Destino), è tradotto in italiano nell'antologia Strade celesti (Roma 1994), curata dallo
scrittore Zhong Acheng.
Un altro scrittore pechinese, Xu Xing, oggi esule in Germania in seguito agli incidenti di
Tian'anmen del 1989, ha esplorato l'universo giovanile, con una serie di racconti che mettono in
evidenza la disillusione di una gioventù privata di solidi punti di riferimento. Alcuni di essi sono
pubblicati in italiano con il titolo complessivo di Quel che resta è tuo (Shengxia dou shuyu ni; ivi
1995), dal titolo di uno dei racconti di maggiore successo.
Se la fansi wenxue («letteratura di introspezione») rappresenta un momento di dichiarata analisi
privata e di riflessione individuale sugli eventi della storia nazionale, per giungere a quello che la
critica C. designa con l'espressione xiandaipai xiaoshuo (romanzo modernista) sarà necessario che
gli intellettuali e gli scrittori rielaborino con strumenti propri la lezione del cosiddetto «modernismo
occidentale», che entra in Cina all'inizio degli anni ottanta con una grande antologia in due volumi,
pubblicata a Shanghai. nella quale trovano posto autori post-simbolisti, espressionisti, futuristi,
surrealisti, esistenzialisti e rappresentanti della narrativa del «flusso di coscienza». La lezione
«modernista» influenza in modo evidente i lavori della scrittrice Can Xue (1953), dal linguaggio
onirico e fortemente simbolico, della quale esistono in italiano alcuni racconti, raccolti sotto il titolo
di Dialoghi in ciclo (Roma-Napoli 1991) e di Yu Hua (1960), il cui romanzo Huozhe conosce una
versione cinematografica (Vivere), premiata a Cannes nel 1994. Il «flusso di coscienza » trova
probabilmente la sua più convincente interprete in —> Wang Anyi, una delle migliori scrittrici della
Cina contemporanea che. dopo un esordio legato all'esperienza della «letteratura delle radici»,
elabora un personalissimo linguaggio, scegliendo come tema costante della propria narrativa il
mondo femminile, tanto da essere considerata la rappresentante per eccellenza di una nuova
narrativa al femminile, forte di una lingua di grande capacità evocativa, nata da una lettura molto
personale delle suggestioni del «flusso di coscienza». Anche Zhang Kangkang (1950) e Zhang
Xinxin (1953) si sono rivelate attente osservateci del mondo femminile e, soprattutto, dell'universo
psicologico delle donne. Tra gli scrittori «di mezza età», una «portabandiera» della letteratura «al
femminile» è Zhang Jie, figura tra le più significative del panorama culturale e letterario C.,
attualmente trasferitasi negli Stati Uniti, pur senza avere interrotto i legami con la Cina. Le sue
opere si segnalano soprattutto per la raffinatezza e l'acutezza dell'indagine psicologica: ricordiamo
Ai, shi bu neng wanji de (Un amore non si può scordare, 1979) Chenzhongde chibang, (Ali di
piombo. 1981), vincitore del prestigioso premio letterario Mao Dun e molti racconti, alcuni dei
quali assai felici, come il bellissimo Ta xi de shi dai poloweir de yan (Fumava sigarette alla menta),
comparso nel 1993. In Italia è stata pubblicata una sua raccolta di novelle con il titolo di Mandarini
cinesi (Milano 1989).
La ricerca di un nuovo rapporto con la realtà, coraggioso, poco incline all'edulcorazione delle
vicende eppure non disperato, caratterizza in Cina la letteratura femminile degli ultimi anni ottanta
e degli anni novanta; molte autrici sono riconducibili alla corrente del cosiddetto «nuovo romanzo
realista» (xin xieshi xiaoshuo), talvolta non esente da un certo gusto per la descrizione minimalista,
e molto spesso ancorato alle descrizioni di specifiche realtà locali. Questa «corrente» ha visto
comparire in questi ultimi anni giovani scrittrici di grande interesse come Fang Fang (1955) autrice
di Fengjing (Paesaggio, 1987), Bai ju (II puledro bianco), parte di una trilogia composta tra il 1987
e il 1988. Sui yi biao bai (Sinceramente, 1992), infelice vicenda d'amore nella quale i protagonisti
pagano un pesante tributo personale alle vicende politiche che scuotono il paese; Chi Li (1957),
l'esponente forse di maggiore spicco di questa corrente di cui si ricorda Taiyan chu shi (II sole
muore) e i cui romanzi vengono definiti opere di/per la vita quotidiana (guo rizi de xiaoshuo). Tra le
opere legate a questa corrente, ricordiamo ancora Nüwu (La sciamana), di Zhu Lin, notevole
successo editoriale del 1993.
Mentano attenzione lo sviluppo e il successo di una particolare «letteratura C. », scritta spesso in
lingue diverse e di norma in inglese, da autori C. che trattano temi squisitamente C.: tra di essi Jung
Chang (1952), originaria del Sichuan e ora trasferita in Inghilterra che nel suo Wild Swans (1991.
Cigni Selvatici, Milano 1994) narra con grande intensità la propria storia, quella della madre e della
nonna, sullo sfondo di una Cina che muta radicalmente, dall'inizio del secolo ai giorni nostri. Red
Azalea (Azalea rossa) di Anchee Min, nata a Shanghai nel 1957 e trasferitasi negli Stati Uniti nel
1984, narra la vicenda autobiografica di una giovane donna che - negli unni della rivoluzione
culturale- passa dalla disillusione per le «fattorie modello» alla esperienza nel mondo del cinema,
dominato dall’entourage di Jiang Qing, moglie di Mao, brutalmente interrotta con la caduta della
banda dei quattro, alla finale decisone di abbandonare, nel 1983, un paese dove il suo «passato
politico» costituiva un marchio infamante. Della stessa autrice il romanzo Katherine (1995), che
descrive l'amicizia nata faticosamente, tra le difficoltà e le diffidenze della Cina dei primi anni
ottanta, tra una giovane donna americana, lettrice di inglese a Shanghai e una delle sue studentesse.
Quella C. è sicuramente una delle letterature più interessanti e vivaci al volgere di questo secondo
millennio, allacciata, come il paese dal quale fiorisce, su un futuro di modernità e maggiore
benessere, percorso tuttavia da profonde e talvolta cupe inquietudini, e fortemente desiderosa di
riallacciare con il mondo C. «d'oltremare» (Taiwan, Singapore, Stati Uniti) un rapporto nuovo e
stretto, nella sempre più precisa consapevolezza di una «grande Cina» che travalica i confini
geografici del pur già immenso continente asiatico. In questa luce vale torse la pena di accennare a
una nuova letteratura, scritta in lingua inglese da autori di origine cinese ma nati negli Stati Uniti, i
contenuti della quale sono fortemente permeati di cultura cinese. Tra questi scrittori vale la pena di
ricordare Amy Tan, della quale sono stati pubblicati in italiano, tra l'altro, The Joy Luck Club (1989;
Il circolo della felicità e della fortuna, Milano 1994), The Hundred Secret Senses (1994; I cento
sensi segreti, ivi 1996) e The Kitchen God’s Wife (La moglie del dio dei fuochi, ivi 1992).

BIBL.: M. BIASCO. La lettteratura C. contemporanea: tendenze, critiche, dibattiti, in «Mondo


cinese», n. 55 settembre 1986 / Scrittori in Cina, a cura di M. HELMUT, Roma 1993) / C.POZZANA-
A.RUSSO. Nuovi poeti C., Torino 1996.

STEFANIA STAFUTTI

Gu Cheng. Poeta cinese (Pechino 1955 - Auckland 1993). Nato in una famiglia di intellettuali (il
padre, poeta e critico letterario, è stato redattore del «Quotidiano del popolo»), come molti giovani
della sua generazione trascorse l'adolescenza in campagna (1969-1974). Nel 1977 pubblicò le sue
prime poesie, diventando uno degli esponenti più apprezzati e significativi del movimento della
«poesia oscura» (menglong shi). Emigrò in Nuova Zelanda nel 1988, dove ottenne un incarico
presso il Dipartimento di studi cinesi dell'Università di Auckland. I1 suo soggiorno in Nuova
Zelanda fu interrotto da frequenti soggiorni all’estero, l'ultimo dei quali, nel 1992, lo portò a
soggiornare alcuni mesi a Berlino, in qualità di «scrittore residente», su invito dell'università.
Rientrato dal suo soggiorno in Germania nel 1993, oppresso da un rapporto sempre più intricalo con
la realtà circostante e con il proprio mondo interiore (la sua poesia era diventata nel frattempo
fortemente frammentata, visionaria e onirica) si suicidò in circostanze tragiche, dopo avere ucciso la
moglie Xie Ye, una poetessa a sua volta piuttosto apprezzata.
Nell'estate del 1995 è comparsa la raccolta completa delle sue poesie (G.C. shi quanbian), curata
dal padre: le sue opere più significai i ve sono le raccolte Hei yanjing (Occhi neri, 1986), Shuiying
(Mercurio, che raccoglie una serie di liriche pubblicate su diverse riviste tra il 1986 e il 1988). Gui
jing Cheng (1992, 1 demoni entrano in città: il titolo è volutamente ambiguo, in quanto la parola
cheng significa città, ma è nel contempo la stessa del nome proprio del poeta, quasi a suggellarne
l’estremo disagio psicologico). Ha pubblicato altresì un romanzo, scritto a quattro mani con la
moglie, nel quale i due narrano insieme l'amore di G. per la giovane Li Ying (vale a dire la Yinger
del romanzo), con un processo narrativo che mescola l'autobiografìa alla narrazione epistolare e si
intreccia su molteplici piani, confondendo la costruzione letteraria con la realtà. Li Ying è a sua
volta una giovane scrittrice, che effettivamente fu legata al poeta da un vincolo sentimentale e che,
pur essendo stata forse una delle sue muse ispiratrici, certamente non è estranea - pur se molti altri
elementi concorrono - alla progressiva perdita di equilibrio del poeta. La commistione tra lealtà e
finzione nella breve parabola di G. raggiunge il parossismo laddove vi è da parte di molti
personaggi vicini al poeta la esigenza di dare «dignità letteraria» a una vicenda drammaticamente
umana. Li Ying delineerà a sua volta in un romanzo, pubblicato nel 1995, la propria versione della
sua storia d'amore col poeta; Gu Xiang, sorella di G. e residente anch'essa in Nuova Zelanda, nel
suo Gu Cheng zuihou shisi tian (Le due ultime settimane di G., 1994) affiderà alle pagine di un
diario scritto in quelle due settimane il ricordo del tragico epilogo della vicenda umana del fratello.
STEFANIA STAFUTTI

Shen Congwen. Scrittore cinese (Feng-Huang, Hunan, 1902-Pechino 1988). È uno dei massimi
scrittori della Cina moderna,caratterizzato da uno stile estremamente raffinato da una costante
ricerca di purezza lessicale e da un interesse per la letteratura come esperienza essenzialmente
estetica. I suoi temi letterari favoriti sono costantemente legati alla sua terra d’origine e alle sue
genti; il mondo dei Miao, minoranza nazionale cui egli appartiene per parte di madre, riecheggia
sempre nella sua opera, anche se non esplicitamente evocato. Dopo la fondazione della Repubblica
popolare cinese, ha preferito abbandonare la letteratura, di cui non condivideva i nuovi indirizzi
(aveva subito un violentissimo attacco da Guo Moruo, grand' intellettuale «organico» ed era stato
costretto a una autocritica - pubblicata nel 1951 -, in cui aveva dovuto dichiarare che si era prestato
ad essere uno «strumento del capitalismo»). Per il resto della sua vita, S. ha lavorato presso il
Museo della storia cinese e poi presso l'istituto di storia dell'accademia delle scienze sociali,
occupandosi, tra l'altro, di arte cinese, con numerose pubblicazioni sull'argomento e affrontando per
la prima volta con criteri scientifici lo studio delle regole e delle tradizioni suntuarie di corte lungo
tutta la storia dell'impero cinese. La sua grave condizione di isolamento lo aveva anche portato, nel
1950, a un tentativo di suicidio.
Dal suo interesse per le avanguardie letterarie occidentali na-sce Alisi Zhongguo yauii (II viaggio di
Alice in Cina, 1928), chiaramente ispirato a Alice in Wonderland di L. Carroll. Una delle opere più
significative della sua vasta produzione è il romanzo Bian cbeng (Città di frontiera, 1934). S. è stato
uno dei pochi scrittori cinesi seriamente candidato al premio Nobel agli inizi degli anni ottanta e,
per quanto egli non uscisse dalla Cina che nel 1980 per la prima volta, la sua letteratura ha risentito
fortemente dell'influenza di alcuni grandi autori della fine dell'Ottocento e dei primi del Novecento,
in particolare russi e francesi, quali Cechov, Daudet, France, Gorky, Maupassant, Turgenev. È
interessante notare che, nel corso di una delle «autocritiche» che fu costretto a pronunciare, egli
«confessò» anche di essere stato influenzato da Jovce. Le opere complete di S., che raccolgono
tanto la sua produzione narrativa che la saggistica, sono attualmente in fase di redazione in Cina.
STEFANIA STAFUTTI

Wang Anyi. Scrittrice cinese (Nanchino 1954). Nata in una famiglia di intellettuali - la madre, Ru
Zhijuan, è una famosa scrittrice - appartiene alla generazione dei «giovani istruiti» che hanno
interrotto gli studi per partecipare al lavoro nei campi, durante la rivoluzione culturale. Se nelle sue
prime opere, a partire da Yu, sha sha sha (La pioggia, 1981), prevale decisamente il dato
autobiografico, negli anni ottanta essa individua nell'esplorazione dei temi dell'amore un soggetto a
lei particolarmente congeniale, al quale si accosta tentando anche una sperimentazione linguistica
che risente dell'influenza del romanzo del «flusso di coscienza» e dei suoi contatti con il mondo
occidentale (Stati Uniti ed Europa). Tra le sue opere di maggiore successo vi e la cosiddetta
«trilogia dell'amore»; Huangshan zhi lian (Amore tra le montagne desolate, 1987), Xiaocheng zhi
lian (Amore in una piccola città, 1986), Jinxiugu zhi lian (1987; Amore in una valle incantata.
Lecce 1995). Le tematiche femminili sono trattate con grande sensibilità in Liushui sanshi zhang
(Trenta capitoli sull'acqua che scorre, 1987). molto apprezzalo dalla critica. Negli anni novanta la
scrittrice -membro dell'Associazione nazionale degli scrittori dal 1988 e redattrice della rivista per
l'infanzia «Ertong shidai» - approfondisce la ricerca stilistica e linguistica, con romanzi e racconti di
grande efficacia. Tra le sue ultime fatiche, il romanzo Mini (1990) - che narra la tragica vicenda
d'amore della protagonista, il cui equilibrio si spezza avendo lei affidato soltanto alla realizzazione
affettiva le proprie speranze di felicità - e il lungo racconto Xianggan de qing he ai (Amore e
sentimento a Hong Kong, 1993), che esplora i temi dell'amore sullo sfondo di una Hong Kong in
fermento per la prossima riunificazione con la Repubblica Popolare Cinese. STEFANIA
STAFUTTI

Wang Meng. Scrittore, poeta e studioso di letteratura cinese (Pechino 1934). È uno dei maggiori
scrittori cinesi contemporanei, legato alla generazione che - cresciuta negli ideali del socialismo - ha
sempre mantenuto fede alle proprie convinzioni ideologiche, pur conservando un costante
atteggiamento di critica nei confronti del Partito comunista cinese e pagando con periodi di
emarginazione e di isolamento il proprio rigore intellettuale. Significativo in questo senso uno dei
suoi primi racconti Zuzhibu lai le ge nianqing ren (È arrivato un giovane
alla sezione organizzativa, in Racconti dalla Cina , Milano 1989). pubblicato in un periodo di
grande fermento culturale e di notevole libertà di espressione - a seguito della campagna cosiddetta
dei «cento fiori», lanciata da Mao nel 1956 - il racconto critica l'immobilismo dell'apparato
burocratico del Partito. Ben presto tuttavia su W. si appunterà proprio la critica di quello stesso
apparato e, caduto in disgrazia per oltre un ventennio, trascorre molti anni nelle regioni periferiche
del Xinjiang, in una sorta di non esplicitamente dichiarato confino. Riabilitalo alla fine della
rivoluzione culturale, ha rapidamente riacquistato prestigio come scrittore anche grazie alla sua
esplorazione di tecniche e soggetti narrativi nuovi, spesso mutuati dall'Occidente. Tra i suoi
romanzi, Huodong bianrenxing (1986; Figure intercambiabili, ivi 1989) viene tradotto in varie
lingue. Al pubblico italiano è inoltre nota la raccolta di poesie Xizan de xiasi (1986; Pensieri
vaganti nel Tibet, ivi 1987).
Dopo i fatti di Tian An'men (1989), W. rassegna le dimissioni dall'incarico di ministro della cultura
e, per qualche tempo incontra difficoltà nel pubblicare la propria opera. Forse non senza intenzione
polemica, per un periodo lo scrittore si rivolge allo studio della letteratura del passato: i suoi studi
sul romanzo classico cinese II sogno della camera rossa verranno pubblicati a Taiwan (1993), con
il titolo Honglou men (II sogno della camera rossa). Nello stesso anno esce in Cina una raccolta in
10 volumi della sua opera. Wang Meng wenji (Wang Meng - Opere). Nel 1994 viene pubblicato a
Pechino il romanzo Shitai de jijie (II tempo dell'oblio) e nel 1995 esce a Xi'an una raccolta di rac-
conti che copre la produzione più significativa dal 1957 al 1992, Wang Meng jingxuan (Il meglio di
W.). STEFANIA STAFUTTI

Yang Jiang. Scrittrice cinese (Wuxi 1911). Cresciuta in una famiglia cosmopolita (una zia paterna
ha studiato in Giappone, il padre, Yang Yinhang, è stato uno dei primi studenti cinesi negli Stati
Uniti dopo un periodo trascorso in Giappone) appartiene «naturalmente» al mondo degli
intellettuali (è tra l'altro moglie del grande erudito cinese Qian Zhongshu) ma, pur avendo al suo
attivo un certo numero di romanzi e di racconti, non è una «scrittrice professionista». La Y. è infatti,
innanzitutto, una specialista di letterature romanze e in particolare di letteratura spagnola e ha
curato la traduzione cinese del Don Chisciotte,comparso nel 1978, dopo essere riuscita fortunosa-
mente a salvare il manoscritto dalla furia della Guardie rosse, che lo ritenevano «materiale nero»,
ideologicamente pericoloso. La produzione letteraria della Y. è quasi interamente dedicata a
descrivere l'ambiente degli intellettuali cinesi: l'originalità del tema — raramente indagato dalla
letteratura cinese contemporanea - si coniuga con uno stile molto personale che riecheggia le solide
basi di cultura classica e l'ampia conoscenza delle letterature straniere (studiò in Francia e in
Inghilterra dal 1935 al 1938).
In Gangxiao Liuji (Sei capitoli di ricordi della scuola quadri, 1980) descrive con lucidissima ironia
l'esperienza della «rieducazione in campagna» nel corso della rivoluzione culturale. Lontana dalla
«letteratura della ferita», con un atteggiamento defilato e quasi di costante understatement, essa
narra in modo molto composto e privo di sentimentalismo la sottile distruzione delle intelligenze
perseguita dalla rivoluzione culturale. In Xicao (II bagno, 1988), titolo che allude al «bagno»
catartico che gli intellettuali avrebbero dovuto fare per liberarsi dei residui di pensiero borghese,
essa descrive la vita e le relazioni di un gruppo di intellettuali, all'interno di un'accademia, nei primi
anni cinquanta, durante la campagna ideologica detta dei «tre anti» (anti-corruzione, spreco e
burocratismo). Lo stile di Y. è caratterizzato da un distacco ironico, capace di utilizzare le formule
retoriche del linguaggio propagandistico per rovesciarne irrisoriamente il significato. STEFANIA
STAFUTTI

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