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Il Sacrificio e il Patto Cosmico

(di Simon Grosjean)


Numerosi ed insigni studiosi delle epoche passate e presenti hanno messo in evidenza la
straordinaria similitudine e coesione culturale tra popoli indoeuropei dell'Europa (celti,
baltici, scandinavi, greci, italici....) e del centro asia(hittiti, persiani, vedici indiani....). Più
che di vere e proprie similitudini è più conveniente parlare di un'unità divina che sta alla
base di tutte le cosiddette culture indoeuropee: questa unità divina di discendenza Iperborea
prende il nome di arianità.

L'unità religiosa degli ariya è figlia di una Scienza Sacra che nello scorrere del tempo si è
trasformata in mitologia e uno dei miti più esoterici e misterici di questa genia è il mito
cosmogonico. Di tale mito è possibile trovare qualche accenno presso i greci e i romani, che
invece ne hanno conservato un sentore più autentico.Tuttavia è presso i cugini indiani del
Rig-Veda e i fratelli nordici dell'Edda potetica che è possibile ritrovare la più bella
testimonianza di questa conoscenza arcana che, nel passaggio alla storia, è divenuta mito.

Nella Tradizione ancestrale non si parla di Creazione o di origine del mondo, ma ci si limita
a parlare di se stessi, dell'Uomo. Uomo in quanto essere divino che fonda nel suo Sacro
Fuoco una perfetta unità tra Macrocosmo e Microcosmo. E' da queste basi che possiamo ora
parlare del mito del Macroantropo.

Come fondamento del mondo manifesto c'è l'Uomo, quello che le Tradizioni hanno
chiamato Uomo Cosmico o Uomo Universale. Da lui tutto procede, dal suo sacrificio (lo
Yajna) si sono manifestati gli Dèi che successivamente hanno plasmato il mondo e hanno
dato il soffio di vita all'umanità stessa.
Come dice Giorgio Locchi ne “Il mito Cosmico degli Indoerupei”[1]:
<<L’uomo, presso gli indoeuropei, non è soltanto all’origine dell’universo: è l’origine
dell’universo, in seno al quale l’umanità vive e diviene. Giacché all’inizio, dice il mito, vi
era l’Uomo cosmico: Purusha nel Rig-Veda, Ymir nell’Edda, Mannus, citato da Tacito,
presso i germani del continente (Manus, in quanto antenato degli uomini, essendo parimenti
conosciuto presso gli indiani).>>

Tale Essere primordiale ha delle caratteristiche tutte particolari e per comodità vi riporto di
seguito l'inizio del libro decimo del Rig-Veda in cui si parla di Purusha:

«L’Uomo (Purusha) ha mille teste;


ha mille occhi, mille piedi.
Coprendo la terra da parte a parte
la oltrepassa ancora di dieci dita.
Purusha non è altro che quest’universo
Ciò che è passato, ciò che è a venire.
Egli è signore del dominio immortale,
perché cresce al di là del nutrimento».

Analogamente, è da Ymir, gigante norreno Uno indiviso anche lui, che procede la prima
organizzazione del mondo. Il Grimnismál precisa:
«Della carne di Ymir fu fatta la terra,
il mare del suo sudore, delle sue ossa le montagne,
gli alberi furono dai suoi capelli,
e il cielo del suo cranio».

Sarebbe bello, in questa sede, trattare profondamente l'essenza esoterica di Ymir e di


Purusha, ma il discorso esulerebbe troppo dagli intenti di questo scritto. Sarebbe necessario
un libro intero e in ogni caso non sarebbe sufficiente perché questa conoscenza Sacra
presuppone un viaggio all'interno di se stessi che nessun libro può dare.
In questa sede è quindi più convenevole concentrarci solamente sul significato di sacrificio.
La parola italiana sacrificio deriva dal latino Sacrificium, ovvero Sacer-facere, cioè
compiere atti Sacri, conformi alla FAS. Tale termine purtroppo non è propriamente
conforme al senso vedico di Yajna e la mia ignoranza in materia non mi permette di trovare
una parola più precisa nella Sacra Lingua dei nostri Padri. Per tale motivo da qui in avanti
userò il termine Yajna.

Ma procediamo con calma e riprendiamo il discorso sull'Uomo Cosmico, Purusha.


L'eccellente Guénon afferma:
“Considereremo ora Purusha, non più in se stesso, ma in rapporto alla manifestazione, per
meglio rilevare in seguito come può essere inteso sotto molteplici aspetti, anche essendo
uno in realtà. Diremo dunque che Purusha, perché la manifestazione si produca, deve
entrare in correlazione con un altro principio, quantunque questa correlazione, relativamente
al suo aspetto più elevato (uttama) sia inesistente, e non vi sia realmente altro principio, se
non in senso relativo, al di fuori del Principio Supremo; ma, quando si tratta della
manifestazione, anche principialmente, già siamo nella relatività. Il correlativo di Purusha è
allora Prakriti, la sostanza primordiale indifferenziata.[2]”

Nel momento in cui il Brahman, l'Essere Indiferenziato, decide di diventare l'Uomo


Cosmico Purusha, questi deve rinunciare alla suo essere Assoluto ed unirsi alla Prakriti (ciò
che nella Bagvad Gita viene detta, forza motrice primordiale). Ed è proprio in questa unione
(unione rappresentata successivamente da Shiva e Parvati), è in questo cavalcare la tigre
che sussiste il fondamento e l'eternità di ogni manifestazione. Da questo Essere androgino
nascerà poi la scissione metafisica tra Uomo-VIR e Donna-VIRgo ed è nella qualificazione
e piena espressione dei due principi antagonisti e complementari che è possibile una totale e
pura riunificazione come Essere Assoluto.

Continua il Guénon a proposito della forza motrice primordiale:


“Prakriti non può dunque essere veramente causa per se stessa (alludiamo alla «causalità
efficiente»), al di fuori dell’azione o piuttosto dell’influenza del principio essenziale o
Purusha, che si potrebbe chiamare il «determinante» della manifestazione; tutte le cose
manifestate sono prodotte da Prakriti, di cui sono determinazioni o modificazioni, però,
senza la presenza di Purusha, queste produzioni sarebbero sprovviste di ogni realtà.[ 3]
E ancora:
“Ricorderemo ancora che Atma e Purusha sono uno stesso ed unico principio, e che la
manifestazione è prodotta da Prakriti, non da Purusha.[4]”

Infatti, nella condizione trascendente di Uno a-cosmico (ricordo che il termine cosmo deriva
dal greco cosmos che significa ordine manifestato) non vi è possibilità di divenire in quanto
il tempo stesso non esiste giacché esso è partorito essenzialmente come ritmo interno di
Purusha che diventa Tempus solo grazie al sacrificio-Yajna [5]. Per questo motivo, la
necessità che guida l'azione cosmica (karma) rende necessario il sacrificio stesso di Purusha.
Presso i norreni si dice che Ymir sia stato smembrato dagli dèi Aesir che crearono il mondo
partendo dai pezzi del suo cadavere. Tuttavia bisogna andare nell'India vedica, dove la
memoria è molto lunga, per capire che in realtà l'Uomo Cosmico non è stato sacrificato, ma
si è AUTOsacrificato.
E' questo autosacrificio, lo Yajna per l'appunto, che pone le basi del divenire, l'Essere esce
dall'enternità e si vincola in un modo stupendamente paradossale alle leggi del Tempo,
dando vita al Riso degli Dèi. Questo, se così si può chiamare è il vero Inizio e a questo
inizio sottintende il dio italico JANUS.
I racconti exoterici ci tramandano che Janus è il dio delle porte, degli inizi, ma in realtà Egli
è qualcosa di ben più significativo. La sua azione, o per meglio dire il suo OMEN è
indissolubilmente connesso al Sacrificio, Janus è l'impulso che ha dato avvio al sacrificio
e in quanto tale Egli è una Divinità Polare.
Su questo punto è meglio soffermarsi un istante. Prima di tutto è bene ricordare per
l'ennesima volta che il nome che la civiltà vedica usa per indicare il sacrificio è YAJNA che,
benché non abbia avvalorati nessi etimologici, richiama per similitudine il termine JANUS.
Yajna e Janus sono dunque due Enti che sovraintendono ad un medesimo processo essendo
lo Yajna la manifestazione per azione di Janus. Lasciando la trattazione di questa
tematica, benché di estrema importanza, ad un'altra sede mi preme qui sottolineare un
aspetto sacrale di JANUS.
Egli è il Dio del Tempus e del Templum secondo i cui schemi quadrati è divampato lo Yajna.
La Scienza del Templum et Tempus (per comodità chiamerò questa Scienza semplicemente
Templum) in tempi storici è stata chiamata Etrusca Disciplina nella penisola italica ed è
anche alla base del Vastu indiano. Questa Scienza costituisce la base storica degli scacchi e i
suoi segreti sono stati tramandati nella faccia nascosta del gioco medievale, il Filetto.
Lo studioso che nel mondo moderno più di altri ha carpito i segreti nascosti di questa
Scienza è il Romano Roberto Zamperini che nel suo Blog ha ampiamente trattato questo
tema[6].
Questa scacchiera 9X9 comprende 81 caselle e al centro della struttura c'è il Fuoco Sacro,
Ignis, o Agni per usare la dizione vedica, che è il tramite per ricollegare il nostro Sé
manifesto al Sé Cosmico immanifesto e atemporale: Brahama. Ovviamente tale
riconnessione non è immediata e per un profano senza “addestramento” è impossibile
accedervi, per riunirsi al proprio sé assoluto, a Purusha, bisogna praticare la via dell'Ardore,
ciò che i vedici chiamavano TAPAS.
Prima di continuare, voglio solo precisare che il Templum è il principio non solo del mondo,
ma di ogni Ente, che sia pianta, animale, uomo o anche idea. Dallo Yajna, come già detto si
manifesta dunque un Ritmo univoco e che identifica l'essere manifesto; uno speciale
rapporto di simpatia viene sempre a crearsi nel momento in cui due Ritmi, ovvero due
manifestazioni diverse dello Yajna, vengono ad incontrarsi causando ciò che i fisici delle
onde chiamano interferenza costruttiva che costituisce un'amplificazione positiva di
entrambi i Ritmi. Esempi significati di tale unione sacra e necessaria sono l'incontro tra la
Domus e il Pater familias (qui due enti finiscono per vivere in simbiosi) e la ben più
evidente unione tra una Gens e la terra che ospiterà il suo divenire (in tal senso rimando
all'episodio che vide la fondazione del tempio a Giove capitolino sul Campidoglio in cui il
Dio Terminus rifiutò di spostarsi).
Veniamo ora al tema vero e proprio dell'articolo.
All'inizio di ogni processo, prima di ogni atto, grande o piccolo che sia, al fondamento di
ogni Sacrificio, di ogni Yajna c'è un Patto, un accordo tra le parti. Così nel momento in cui
l'Uomo Cosmico si autosacrificò venne stipulato un Patto sacrale la cui natura è così
profonda che non può essere espresso per mezzo di parole. Basti sapere che tale Patto è ciò
che sostiene strutturalmente la manifestazione di un ogni ciclo e che sopra-ordina le leggi
stabilite, sia fisiche (legge della gravità, ecc..) che spirituali.

Come il lettore attento avrà già capito, anche all'inizio di questo ciclo cosmico dei quattro
Yuga c'è un Patto. Tralasciando i contenuti profondi di questo Accordo Divino, vorrei qui
porre attenzione sul fatto che questo ciclo si concluderà con un progressivo ed inevitabile
sciogliersi del Patto la cui scadenza era già stata fissata per necessità di ritmo. Lo sciogliersi
definitivo del Patto avverrà alla fine del Kali Yuga e lo Ragnarok norreno testimonierà lo
scontro tra divinità solari (Aesir e Vanir) e forze ctonie (Joturn capitanati da Loki e dai suoi
figli) il cui esito sarà la formulazione di un nuovo contratto e la nascita di uno nuovo ciclo
temporale.
Ecco cosa dice la Volupsa:
Si colpiranno i fratelli
e l'un l'altro si daranno la morte;
i cugini spezzeranno
i legami di parentela;
crudo è il mondo,
grande l'adulterio.
Tempo d'asce, tempo di spade,
gli scudi si fenderanno,
tempo di venti, tempo di lupi,
prima che il mondo crolli.
Neppure un uomo
un altro ne risparmierà.

S'agitano i figli di Mímir;


si compie il destino
al suono del possente
Gjallarhorn.
Forte soffia Heimdallr
nel corno che sporge,
mormora Óðinn
con la testa di Mímir.

Come si può notare, al termine di questo ciclo ogni legame di parentela, ogni vincolo, in
ultimo ogni Patto verrà a mancare. Colui che darà inizio al Ragnarok è Heimdallr, il
corrispettivo di Janus nel pantheon norreno, che con il soffiare attraverso il corno
Gjallarhorn sovrasterà ogni suono di questo mondo significando, tramite l'analogia
mitologica del suono, che alla fine, come preludio dell'inizio, un nuovo Ritmo prenderà il
sopravvento.

Ma qual'è la divinità che presiede al patto? Quale Nume è garante del contratto cosmico? La
tradizione norrena ci dà un ottimo indizio. Mi avvalo qui di cosa dice l'ottimo sito Bifrost a
proposito del mito di Fenrir e Tyr:
“Dopo questi fatti, gli Æsir temettero che non esistesse un modo per legare Fenrir. Óðinn mandò
allora Skírnir, il messaggero di Freyr, giù nello Svartálfaheimr, presso certi abilissimi nani, perché
forgiassero una nuova catena. Questi gli consegnarono un laccio chiamato Gleipnir. Era sottile e
morbido come un nastro di seta, ma pressoché impossibile da spezzare. Era fatto di sei cose: rumore
di gatto, barba di donna, radice di roccia, tendini d'orso, respiro di pesce e latte (o saliva) di uccello.
Ed è infatti questa la ragione per cui, da quel giorno, alla donne non crebbe più la barba, il balzo del
gatto non fece più alcun suono e non vi furono più radici sotto le rocce.
Quando Gleipnir fu portato agli Æsir, essi ringraziarono Skírnir per il suo servigio. Poi si recarono
al lago Ámsvartnir, sull'isolotto di Lyngvi, e, convocato Fenrir, gli mostrarono il laccio e gli
proposero di provare a spezzarlo, avvertendolo che era assai più resistente di quanto non apparisse
dalle suo aspetto. Gli dèi se lo passarono l'un l'altro, provandolo con la forza delle proprie mani, ed
esso non si strappò. Si dissero tuttavia sicuri che il lupo vi sarebbe riuscito senza sforzo.
— Non otterrò alcuna gloria facendo a pezzi un laccio così sottile — considerò Fenrir. — Ma se è
resistente come dite, allora vuol dire che è fatto con malizia e inganni, e non legherà mai le mie
zampe.
— Spezzare questo nastro di seta sarà uno scherzo, per te che sei riuscito a frantumare robuste
catene di ferro! — risposero gli Æsir. — Ma non temere. Se non riuscirai a liberarti da una striscia
così sottile, non ci farai più alcuna paura, e quindi ti libereremo.
—Io credo che, se non riuscissi a liberarmi, passerebbe molto tempo prima che veniate in mio
soccorso — disse il lupo. — Sono contrario a essere legato con questo nastro. Tuttavia non mi sono
mai tirato indietro di fronte a una sfida. Piuttosto, invece di sfidare il mio coraggio, ché qualcuno di
voi metta piuttosto la sua mano nelle mie fauci a garanzia che tutto ciò sia fatto senza alcun
inganno.
Gli Æsir si guardarono l'un l'altro, e nessuno voleva assecondare la richiesta di Fenrir. Ma poi
avanzò Týr e stese coraggiosamente la mano destra tra i denti del lupo. Fenrir venne legato e
cominciò a cimentarsi. Ma più forte si scrollava e scalciava, più forte Gleipnir si stringeva attorno al
suo corpo, finché il lupo venne ridotto all'impotenza. Allora tutti gli dèi risero. Tranne Týr, che
perse la mano.”[7]

Dumézil, ne “Mythes et dieux des Germains” a cui rimando il lettore per ogni chiarimento,
afferma che è proprio il sacrificio della mano destra (mano dei patti) di Tyr, che qualifica la
sua funzione giuridica all'interno del Pantheon. Tyr è dunque il Dio che sovraintende ai patti
e anche storicamente era associato ai patti in periodi sia bellici che pacifici, questo elemento
segna dunque inequivocabilmente il senso profondo del dio Tyr: custode del sacro Patto
compiuto nel momento in cui il mondo si manifestò per mezzo dello Yajna.
E' dunque Tyr che regge questo Patto e infatti, una delle battaglie mitiche del Ragnarok
vedrà la lotta tra Tyr e Garmr, il cane custude degli inferi. Da questa battaglia usciranno
entrambi vincitori e perdenti finendo per annientarsi a vicenda. Sarà dunque il custode degli
inferi, il Titano che controlla le porte del Caos infero che spezzerà definitivamente questo
Patto.
Lo stesso dio Tyr, nell'età dell'argento,dà anche il nome ad un mare tutto italico, il mare Tyr-
nus, o meglio Tyr-rhenus.
Ecco cosa dice uno dei massimi cultori della Tradizione Prisca, L.M.A. Viola:
“I Pelasgi-Aborigeni sono la più antica discesa Iperborea nel cuore dell'Italia, essi hanno
seguito la direzione Nord-Sud. Le caratteristiche argenteo-lunari, che essi sembrano avere al
momento in cui vengono descritti dai Greci, sono inerenti ad un loro ciclo secondario
connesso alla migrazione post-albana. Gli Aborigeni-Pelasgi furono indicati anche come
Tirreni in un periodo più tardo in relazione alla loro locazione sul Mar Tirreno, mare sacro
al dio Tyr-nus. Questo Genus originario ha dato vita al grande periodo argenteo e alla
grande civiltà misterica corrispondente, insediata lungo tutto il versante tirrenico d'Italia,
dalla Liguria alla Calabria, avente centro arcano nel Lazio, in particolare nella zona dei
vulcani di Monte Albano, ma con importanti estensioni a Nord fino al Tevere e a Sud fino a
Gaeta, includendovi anche il Circeo e l'attuale Terracina.[ 8]”

Viola adduce dunque una ulteriore prova metastorica circa la funzione sacra e profonda del
dio Tyr che nella sua epifania di Genus del mar Tirreno avrà il compito di sovraintendere al
Patto costituente l'età dell'Argento.
In epoche successive, a causa di una maggiore materializzazione dell'Omen divino, il
Numen dei sacri Contratti mutò qualifica e assunse una funzione più terrena che, sulla scia
delle migrazioni Arie, lo vide entrare strettamente in contatto con le dinamiche belligeranti
umane.
Nella terra italica il Dio dei Patti prenderà di conseguenza un altro nome, un nome che
esprime appieno il senso dei popoli Ari: MARS.
Mars non solo è il Dio della Guerra (con la G maiuscola) ma più precisamente è il "Dio
della giusta risposta" che custodisce i sacri contratti. I mezzi per difenderli sono
molteplici così come sono molteplici le manifestazioni di questo Numen: Quirinus (in
quanto protettore dell'ordine sociale basato sulla Fides), Gradivus (il vero e proprio aspetto
marziale), Ultor (che riporta un equilibrio macchiato da infamia, si veda a proposito la vita
di Augusto Ottaviano). Come vediamo nel popolo latino si conservò la consapevolezza che
è Mars il dio dei Sacri Contratti.

Per ultimo vorrei sottolineare che tutto ciò che abbiamo detto non vale solamente per un
Ciclo cosmico, ma per ogni tipo di ciclo, giacché ogn'uno ha un suo ritmo e nasce quindi da
un patto attuato tramite l'autosacrificio, foss'anche il semplice ciclo di una vita. Questi cicli
non si escludono a vicenda, ma ciascuno di essi rappresenta il divenire di una perfezione che
è fomalmente identica alla altre in cui l'ordine di influenza è determinato da una Gerarchia
di Significato.

Vorrei concludere il discorso con un piccolo accenno ad una qualifica particolare di Mars.
Questa qualifica è lo spirito stesso della Lotta, è il Numen che fa della Lotta un'esperienza
mistica il cui vero fine è di forgiare Viri (e ovviamente anche Virgines) nei cui cuori arda un
Fuoco che farà divampare nuovamente il senso delle cose divine. E' solo così che si potrà
ricostruire una nuova Pax Deorum Hominumque. Questo Numen ha come nome
SPARTACVS, ma questa è un'altra storia.
1 L'articolo di Giorgio Locchi, Il mito cosmogonico degli Indoeuropei, lo potete leggere sul sito Centro Studi la Runa
al seguente indirizzo: http://www.centrostudilaruna.it/il-mito-cosmogonico-degli-indoeuropei.html.
Il mio vivo consiglio è di leggere con attenzione questo squisitissimo scritto.
2 L'Uomo e il suo Divenire secondo il Vedanta, 1992, René Guénon.
3 Idem come sopra.
4 Idem come sopra
5 Invito il lettore attento ad approfondire nel suo intimo il senso di questa affermazione. Il Tempus (che nasce dal
Ritmo interno di Purusha) è ciò che permette alle cose di compiersi, senza di esso non ci sarebbe divenire.
6 Il Blog che consiglio vivamente a tutti lo trovate qui: http://zaro41.wordpress.com/
Gli articoli interenti la Scienza Sacra del Templum li potete leggere qui:
http://zaro41.wordpress.com/2010/05/28/numeri-il-filetto-e-la-dama-sono-solo-giochi-5/
http://zaro41.wordpress.com/2010/05/28/numeri-il-filetto-e-la-dama-sono-solo-giochi-5/
http://zaro41.wordpress.com/2010/05/31/numeri-il-filetto-e-la-dama%E2%80%A6-sono-solo-giochi-6/
http://zaro41.wordpress.com/2010/06/16/il-pantheon-il-tempio-dellenergia-e-dei-misteri-1/
http://zaro41.wordpress.com/2010/09/27/lo-%E2%80%9Cstrano%E2%80%9D-esperimento-col-cleanergy-cl-2/
http://zaro41.wordpress.com/2010/09/29/un-fisico-teorico-spiega-la-natura-occulta-del-templum-cl-3/
http://zaro41.wordpress.com/2010/10/02/da-heim-alla-struttura-geometrica-dello-spazio-sacro-4/
http://zaro41.wordpress.com/2010/10/04/la-quintessenza-di-heim/
7 http://bifrost.it/GERMANI/4.Lestoriedeglidei/04-FiglidiLoki.html
8 Tratto da “Esseri Italiani” ed. Victrix, pag. 179

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