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Artistic Technique TO Resolve Emotions
Gaetano Borgosano
www.attore.altervista.org
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Prefazione
Noi non siamo liberi.
E il cielo può sempre cadere sulla nostra testa.
Insegnarci questo è il primo scopo del teatro.
(A. Artaud)
L'atto di volontà è un mezzo che pone le sue basi sul libero arbitrio secondo il quale
l'uomo è l'unico artefice delle proprie scelte. Tuttavia il concetto di libero arbitrio non
è applicabile facilmente se non dopo avere acquisito un certo livello di coscienza
della propria persona, coscienza che va oltre la limitata consapevolezza della vita
quotidiana. L'acquisizione della completa coscienza del sé rende possibile un pieno
atto di volontà, espressione del libero arbitrio interiore, che è testimonianza della
natura divina dell'uomo.
In questo contesto l'arte teatrale è un mezzo molto valido e potente attraverso il quale
l'uomo può mettersi in contatto con la parte più profonda dell'io per giungere alla
consapevolezza del sé.
Essere veri attori di se stessi significa conoscersi affondo e avere il completo
controllo della mente e del corpo. L'attore completo dunque assume la figura di un
uomo consapevole della propria esistenza e natura, che interpreta qualsiasi
personaggio tramite l'atto di volontà: l'essere se stessi in un determinato contesto
emozionale ed ambientale.
Nella problematica “abduction” essere veri attori di se stessi significa essere in grado
di comprendersi totalmente, di ritrovarsi sempre e di riprendere il controllo di se
stessi e della propria vita.
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Capitolo 1 PNL e Il linguaggio del corpo
Prima di parlare dell'arte teatrale e di come essa può essere applicata con successo per
un cospicuo miglioramento dell'interiorità personale, è bene parlare dei meccanismi
di base che caratterizzano il modo in cui l'uomo interagisce con la realtà che lo
circonda. In quest'ambito è importante parlare di PNL.
In sostanza, la PNL ci dice che esistono due cose ben distinte... la realtà (territorio) e
la percezione che noi abbiamo della realtà (la mappa del territorio).
Queste due cose non sempre coincidono, ovvero:
La mappa è dunque una fotografia della realtà. La realtà in quanto tale risulta non
modificabile, mentre la mappa, in quanto rappresentazione, è migliorabile.
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Migliorare la mappa che una persona ha del territorio significa migliorare la
percezione e la consapevolezza che la persona ha della realtà.
Così, nell'ambito della risoluzione di alcune sofferenze psicologiche, basta migliorare
la mappa che la persona possiede della realtà (ad esempio focalizzando non solo i lati
negativi ma anche quelli positivi della questione) per facilitare il superamento delle
sofferenze. Non si tratta di ingannare il soggetto ma si tratta di fargli aumentare la
coscienza facendoli vedere anche gli aspetti positivi della realtà (per cui con una
mappa migliore il soggetto vede il territorio “più bello” e meno “brutto” ).
La modifica della mappa avviene per meccanismi schematici simili a programmi per
computer. Il cervello risponde a determinati input con dei determinati output sulla
base delle sue conoscenze che si possono rappresentare come programmi matematici.
Le regole matematiche che stanno alla base di questi programmi devono
necessariamente essere le stesse regole che stanno alla base dell'intero universo, tali
regole sono le regole di spazio, tempo ed energia.
Per la PNL il territorio è la realtà e la realtà si può descrivere in termini di spazio-
tempo ed energia.
Allora il grado individuale di coscienza di spazio, tempo ed energia si interpreta
come la mappa del territorio, ovvero il grado di coscienza che l'individuo ha della
realtà.
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dunque quando ricordiamo un accaduto di 10 anni fa? Come funziona la nostra
memoria? Uno dei migliori testi sull'argomento è “I linguaggi del cervello”, di
Karl Pribram, edito nel 1971 dalla Prentice-Hall nel New Yersey .
Pribram e Bohm definiscono il cervello come un lettore di ologrammi. Il nostro
cervello legge in modo sequenziale gli accaduti dandoci l'illusione dell'esistenza del
tempo e la capacità di lettura è funzione della proprio grado di consapevolezza.
In base a tutto questo, la coscienza, che nella PNL era la rappresentazione della
mappa nel territorio, sarebbe in realtà reale. Ovvero, lo spazio, il tempo e l' energia
sono virtuali (cioè modificabili). L'unica cosa ad esistere è la coscienza. Come
sappiamo queste considerazioni sono state ampliamente applicate da Corrado
Malanga nelle tecniche sviluppate in questi anni per risolvere il problema abduction.
Malanga afferma che la coscienza è quindi realtà reale e non virtuale. Quello che
cambia allora non è la coscienza come nella PNL vecchia, ma quello che cambia è la
conoscenza della coscienza. Quello che cambia è la consapevolezza di essere
coscienti.
Bisogna avere la consapevolezza di essere coscienti. Allora per la nuova PNL di
Malanga la coscienza è il territorio e la virtualità di spazio tempo ed energia è la
mappa.
Attraverso la consapevolezza l'uomo può modificare la virtualità (ovvero la realtà che
ci circonda) utilizzando la coscienza.
Quello che serve all'uomo è un meccanismo di espansione della propria
consapevolezza di coscienza.
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antica archetipo vuol dire, infatti, “Primo esemplare”.
scrive ancora Malanga:
...Quando si dice che un archetipo è un’Idea, si sottintende che l’idea è originale, cioè che non è
partorita da niente, ma partorisce ciò che da essa deriva.
… La vera definizione degli archetipi potrebbe essere la seguente: Archetipi sono i mattoni con
cui è costruito e si costruisce l’Universo.
quest'immagine descrive il modus operandi “non parlo, non vedo, non sento!”, ma le
espressività degli attori-scimmia trasmettono anche un ampio contesto dei personaggi
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a cui è rivolto il mio pensiero.
L'immagine dunque può descrivere molto di più della parola, ma risulta essere
sempre insufficiente a descrivere la mia idea e questo perché la mia idea caratterizza
me stesso.. io sono anche quell'idea che vi voglio comunicare.
Il processo di trasformazione dell'idea fino alla parola è sempre descritto da Malanga
con un semplice disegno:
Più si risale questo schema è più ci si avvicina all'idea che inconsciamente risulta più
comprensibile.
L'archetipo è vicino all'emozione e l'emozione prodotta dall'archetipo viene letta dal
lobo destro del cervello senza utilizzare il linguaggio (che caratterizza il lobo
sinistro). In sostanza l'emozione la si comprende inconsciamente perché l'emozione si
percepisce come tale (archetipicamente) per quello che è, senza utilizzare
l'interpretazione del linguaggio degli altri sottolivelli.
Se siamo allora in grado di parlare per archetipi siamo in grado di comunicare in
modo diretto le emozioni. Le emozioni rappresentano il canale comunicativo tra le
parti interiori della persona.
Rispetto a quanto detto in precedenza l'archetipo, ovvero l'idea, credo che risieda
nella coscienza. L'idea crea una modifica della realtà, ovvero della virtualità,
producendo l'emozione e tutti i sotto linguaggi espressivi di essa.
Fornendo una definizione quasi tautologia, l'esistenza è archetipica, l'esistenza “é”
non per quello che comunica ma per le sue idee (archetipi di cui è composta).
La comunicazione invece serve per fare aumentare la consapevolezza di esistenza
(consapevoli delle proprie idee = consapevoli di se stessi).
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L'atto di volontà, rispetto a quanto detto fino ad ora, è strettamente legato alla
comunicazione (comprensione) degli archetipi che abbiamo dentro. Si compie un
atto di volontà ogni qualvolta, per mezzo della coscienza, ci si sente l'idea. Questo
processo coinvolge in maniera diretta le emozioni che sono il primo risultato
dell'idea. Dalla tecnica del SIMBAD spiegata dettagliatamente in “Simulazioni
Mentali” Malanga chiarisce maggiormente come la visione che la mente crea
modifica la realtà. La mente crea una proiezione olografica della realtà per cui la
proiezione mentale in cui si parla alla triade e si mandano via gli alieni produce tale
accaduto visto in mente.
La scelta inoltre di una proiezione mentale visiva come quella della tecnica del
simbad per visivi ha l'enorme vantaggio di riuscire a raggruppare in sé tutta una serie
di elementi maggiormente esplicativi dell'idea che dovrebbe comunicare l'immagine.
Ma cosa succede se abbiamo difficoltà di immaginazione visuale?
Come dice Malanga :
L’ottanta per cento delle persone di questo pianeta ha un cervello che funziona visivamente
prevalentemente. Una certa minoranza invece ha poche capacità di visualizzare e per questo si
trova in difficoltà nell’immaginare una scena nella loro mente. Il problema però non si pone in
questi termini poiché la Image Vieweing (IV) è solo una piccola parte di quello che identifichiamo
più correttamente con il termine di Simulazione Mentale (SM).
Nella SM infatti non solo è la visione che conta ma anche la parte uditiva e cenestesica che fanno
da elementi pregnanti per la nostra ricostruzione virtuale.
Per questo si è costruito un Simbad per auditivi e cenestesici che cerca di risolvere
questo problema.
La simulazione mentale è associata a vari elementi dei processi cognitivi per cui
dietro una simulazione si può risalire fino ad un gruppo di emozioni e dunque di idee.
La simulazione mentale come proiezione olografica modifica la realtà e si modificano
le emozioni che stanno vicine alle idee.
Capire dunque una emozione significa capire l'idea che sta dietro ad essa. La
modifica della realtà si manifesta con la modifica delle emozioni. Ma allora, se
modifichiamo le nostre emozioni stiamo modificando la realtà. La modifica della
realtà avviene per modifica delle nostre emozioni.
Nel contesto delle simulazioni mentali voglio parlavi di un legame forte, potente e
facilmente sfruttabile; il legame tra le emozioni ed il corpo.
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1.3 Il corpo
Il corpo e in genere lo spazio ad esso associato, caratterizzano pesantemente il genere
umano. La comunicazione verbale rappresenta appena il 7% del potenziale
comunicativo, tutto il resto della comunicazione è dato dal corpo. Sempre Malanga
nei suoi scritti fa presente una miriade di fattori in cui lo spazio ed il corpo assumono
un ruolo importante nella comunicazione archetipica richiamando concetti importanti
della grafologia e mostrando le evidenti relazioni archetipiche tra i movimenti
tracciati dalla scrittura ed il significato di tali movimenti del corpo. Il corpo con i suoi
movimenti (sia volontari che non) assume il ruolo di specchio dello stato interiore.
Tutto quello che abbiamo dentro è esternato in qualche modo dal corpo.
Ogni trauma, ogni pensiero, ogni emozione, lascia un segno nel corpo e noi spesso ce
ne rendiamo conto solo a livello inconscio. Quello che si verifica è che spesso non
siamo coscienti del nostro corpo e delle incredibili potenzialità che esso possiede.
Il corpo si può considerare come un ponte comunicativo molto forte che racchiude in
sé tutto. Lavorare su tutto il corpo significa lavorare sul funzionamento di tutto il
cervello:
Corpo = cenestetico + auditivo + visivo
questa semplice e banale equazione rende l'idea della potenza del corpo.
Bisogna esplorare il nostro corpo recuperando con esso un giusto rapporto di ascolto.
Bisogna essere capaci di “percepire il nostro corpo” e di “percepire la realtà”
tramite esso per mezzo della coscienza. Se riusciamo a fare ciò possiamo
maggiormente essere consapevoli delle emozioni che abbiamo dentro, possiamo
analizzarle e essere capaci di gestirle, essere i soli padroni delle nostre emozioni e
tramite esse ritrovarsi e modificarle per modificare la realtà.
Ogni gesto in funzione della direzione in cui è svolto ha un ben determinato
significato. In genere, un gesto dal basso verso l'alto (o viceversa) agisce sull'asse
dell'energia; un gesto da sinistra a destra (o viceversa) agisce sull'asse del tempo, un
gesto da indietro ad avanti (o viceversa) agisce sull'asse dello spazio.
L'arte della vera recitazione si pone al cospetto di queste informazioni come un'ottima
tecnica del corpo per realizzare con esso delle simulazioni mentali complete che
modificano la realtà.
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Capitolo 2: L'attore vero: la recitazione come simulazione mentale
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2.1 Rivivere le emozioni: la riviviscenza di Stanislavskij
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Egli spiega che i procedimenti induttivi della memoria emotiva e della memoria
sensitiva non raggiungono la loro totale potenzialità se gli si affida l’intera
organizzazione tecnica dell’immedesimazione. Si parla del secondo processo, la
personificazione, per cui dell’attore non deve iniziare la sua creazione dalla memoria
emotiva e dalla memoria sensitiva bensì dall’azione fisica, facendo uso di ciascun
procedimento in funzione della natura stessa del personaggio.
L'attore grazie alla riviviscenza impone la sua volontà (i famosi “voglio”) grazie
all'azione fisica che è un compimento della riviviscenza.
Tramite l'azione fisica e i processi di controllo del corpo (in generale mimica, voce,
postura) l'attore acquisisce l'essenza de personaggio fondendo il proprio vissuto con
esso. Questa capacità che è palese dell'importanza dello spazio nella PNL fa
comprendere come ogni gesto provoca in noi qualcosa, possiede un corrispettivo
significato interiore ed è capace di farci sentire altro.
Questo significa che l'azione fisica e dunque il corpo, sono profondamente connesse
con qualsiasi emozione. Il corpo è un canalizzatore delle emozioni ed un utile
strumento per richiamare le emozioni stesse e riviverle. Bisogna allora indagare su
esperienze corporee che inglobano le emozioni e a cui non ci si fa caso nella vita
quotidiana.
Si parla di esperienze corporee extraquotidiane. Si sperimentano modi diversi di
camminare, di stare in piedi, di respirare, di muoversi in generale.
Bisogna creare dei meccanismi di associazione forte tra le emozioni e i processi di
riconoscimento dello stato del corpo. Instaurati tali meccanismi un semplice
movimento voluto del corpo fa rivivere l'emozione. Tutto ciò è l'essenza della
biomeccanica teatrale.
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Principalmente l'attore educando il proprio corpo si appresta a fronte del personaggio
con una posizione “neutrale”, che rappresenta l'unica vera possibilità di
rappresentazione. Un buon rilassamento muscolare è dunque il primo passo e, come
si vede, in questo rilassamento esistono moltissime analogie con quanto accade nelle
arti marziali orientali e nelle tecniche di meditazione induista.
Per conoscere il metodo biomeccanico bisogna comprendere che questo non è un
insieme di regole per la recitazione, ovvero un sistema di recitazione, ma è un
insieme di esercizi di allenamento globale e preparatorio per la recitazione.
I vari esercizi fisici consistenti in piegamenti, salti ecc... hanno un senso
nell'esecuzione solo se l'attore associa ad essi un contesto di analisi emozionale.
La biomeccanica come disciplina comincia dove finiscono gli esercizi fisici, ovvero
comincia quando si collega il movimento all'intenzione, da cui nasce la reazione.
La tecnica prevede uno sviluppo dello studio dei movimenti nello stato conscio della
mente dell'attore. L'attore dev'essere in grado di analizzare ogni fase dei suoi
movimenti, le differenze emozionali che si sviluppano nel movimento, come e cosa
l'attore vuole ottenere dal suo movimento scenico.
Mejerchol'd non ha purtroppo lasciato nessun appunto dei suoi lavori. Sottolineando
la differenza tra il pensiero e la restrittiva traduzione di esso in parola o scrittura egli
affermò che “Il pensiero espresso è una menzogna. Scrivere non serve. Meglio
concentrarsi sui propri pensieri" .
La sua tecnica tramandata per insegnamento è stata in seguito schematizzata e
codificata grazie al lavoro di molti, soprattutto grazie agli sforzi dell'Accademia
teatrale RATI di Mosca, punto di riferimento della biomeccanica moderna.
Si possono distinguere dei “temi” sui quali agisce la biomeccanica.
2.2.1 La Realtà
Mejerchol'd vedeva l'attore come "un uccello che con un'ala sfiora la terra , mentre
l'altra si staglia nel cielo". Questo significa che da un lato l'attore non deve mai
allontanarsi troppo dalla realtà in modo da rimanere allacciato al contesto scenico.
Dall'altro invece l'attore nella sua iniziale postura neutrale plasma il suo corpo dando
liberamente sfogo al processo creativo.
La postura, i movimenti in genere, devono essere caratteristici del personaggio da
interpretare favorendo la immedesimazione. Con una buona tecnica biomeccanica
l'attore può interpretare anche il ruolo di un animale e sentirsi come tale provando ad
esempio l'incredibile emozione di cosa significa vivere per “istinto” come un uccello
che vola nel cielo.
Da questo banale esempio si evince che l'attenzione e l'ascolto è molto importante.
Nell'esempio dell'interpretazione di un animale l'attore esamina prima in modo
conscio l'animale, ad esempio osservandolo realmente oppure immaginandolo nella
sua mente e in seguito cominciando ad assumere una postura ed una mimica il più
possibile simile a quella dell'animale. Con una buona preparazione iniziale ed una
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sufficiente concentrazione il movimento induce una sufficiente immedisimazione al
punto che lo spettatore percepisce archetipicamente l'attore come animale. Da notare
come il movimento è un canalizzatore, non è sufficiente da solo a fare scaturire
l'emozione giusta se non dopo l'acquisizione di meccanismi di analisi emozionale da
parte dell'attore. Se l'attore non si avvicina alla scena in modo predisposto al vero
ascolto otterrà solo una pessima prestazione. Per sentirsi un'aquila non basta mimare
solo il movimento delle ali ma serve utilizzare la coscienza per sentirsi aquila in
funzione delle emozioni che archetipicamente l'animale ci ha trasmesso. L'attore deve
ascoltare se stesso, deve conoscere il suo corpo, deve analizzare la differenza di
postura ed emozione tra il suo stato neutrale e il suo stato interpretativo realizzando
così con la mimica successiva (e quindi sempre con il movimento) un vero
meccanismo di immedesimazione.
Secondo quanto detto, quando l'attore interpreta un'aquila, esso guidato dalla sua
coscienza si sente aquila e sta realizzando una vera simulazione mentale. L'attore ha
ampliato la sua coscienza, ha compiuto un vero atto di volontà ed ha
archetipicamente capito e provato (tramite le sue emozioni) cosa significa essere
un'aquila.
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quella di analizzare ed instaurare un meccanismo movimento-emozione che precede
l'azione dell'attore in modo tale che l'attore durante l'esecuzione della sua parte si
deve preoccupare solo di lasciarsi trasportare da tale meccanismo.
Quello che avviene nell'esecuzione di una azione dell'attore è simile a quello che
spesso avviene con l'atleta di alcune discipline sportive. Cosa fa un tuffatore durante
l'esecuzione della sua prestazione? Il tuffatore sul trampolino si prepara al salto e
ripercorre in modo conscio le fasi di esecuzione del tuffo che deve compiere. Solo in
seguito si lancerà all'esecuzione del tuffo e lo farà velocemente, senza pensare a quali
movimenti deve fare, ma lasciandosi guidare da ciò che la sua mente ha ripercorso
prima del lancio. L'atleta segue ed esegue il copione dell'esercizio che ha formulato
in precedenza nella sua mente e durante lo svolgimento ascolta solo una cosa... il suo
corpo.
L'attore che utilizza la biomeccanica svolge il suo atto ascoltando il corpo e le
emozioni che scaturiscono da esso in modo fluido e senza bloccare nulla.
Il corpo diventa dunque come un direttore d'orchestra che è stato programmato
precedentemente dall'attore a coordinare il tutto. L'unico musicista è sempre l'attore
stesso che interpreta senza pensarci troppo tutte le indicazioni del direttore e quindi
riuscendo a cogliere tutte le emozioni di quest'ultimo che saranno “suonate”
dall'attore musicista.
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2.2.4 Lo sviluppo dell'azione: otkaz, possyl, tocka, tormos
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2.2.5 Lo specchio
Il concetto di specchio si lega molto alla fase della realizzazione in quanto il sapersi
“vedere” è essenziale nella comprensione de movimento e per la perfetta riuscita
dell'azione secondo il principio di "otkaz-possyl-tocka-tormos".
Mejerchol'd definisce l'attore come “un magnifico animale, che vuole mostrare la
propria arte, la propria ferinità, mostrare le movenze stupende, l’abilità, la
bellezza, la magnificenza con cui volge il capo, il bel gesto o il magnifico salto o
l'entusiasmo che sa esprimere in un sublime movimento. Questo è il compito,
questa è l'arte dell'attore".
Mejerchol'd vuole tirare fuori dall'attore il suo lato animale, perché il regno animale,
secondo il regista, ha innato il senso del ritmo (il presente vissuto con istinto).
Pensiamo un attimo al modo in cui un animale interagisce con l'ambiente. L'animale
tramite l'istinto realizza molti suoi comportamenti per mezzo di semplici riflessi o
del suo vissuto a cui prontamente corrisponde una azione.
In particolare il comportamento animalesco a cui si riferisce Mejerchol'd è il fatto che
le azioni compite dall'animale sono molto “istintive” e naturali, e quindi l'animale
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non perde tempo a ragionare durante l'azione. Questo sottolinea il fatto che
Mejechol'd vuole l'analisi dei movimenti predeterminati in uno stato conscio mentre
lo svolgimento dell'azione scelta dev'essere il più inconscio possibile. Questo si
avvicina un po' a ciò che avviene con l'improvvisazione, per cui l'attore si lascia
completamente andare e guidare dai suoi meccanismi interni. Tuttavia la differenza
sostanziale con l'improvvisazione senza l'ausilio della biomeccanica è che nella
biomeccanica teatrale i meccanismi interni che guidano l'attore sono pre-indirizzati
dall'attore stesso durante la fase di realizzazione che precede quella della reazione
(ovvero dell'esecuzione).
Sull'improvvisazione ed in particolare sul suo utilizzo nella realizzazione dello
psicodramma, fu Levy Moreno a studiare in modo approfondito i meccanismi che
regolano lo stato interiore all'adattamento creativo di un attore che si tuffa in una
scena immaginaria. Moreno, quasi contemporaneo a Mejerchol'd identifica
nell'azione spontanea e quindi nella creatività “la forza che spinge l'individuo a
cercare una risposta adeguata per una nuova situazione o una nuova risposta per
una vecchia situazione”. Inoltre Moreno afferma che bisogna esplorare la
spontaneità e riacquistarla come parte del nostro naturale comportamento. La
spontaneità, molto più comune nei bambini, in un certo senso riavvicina l'uomo al
regno animale.
Nell'esperienza di Moreno è importantissimo il “gruppo” all'interno del quale l'attore
deve sentirsi accettato (e quindi deve avere fiducia degli altri) e il ruolo che il
pubblico, non statico ma che interagisce con lo spettacolo, ha con l'attore, facendolo
sentire maggiormente “protagonista e coordinatore” della scena.
La creatività e la spontaneità che inducono nello psicodramma di Moreno alla ricerca
ed alla risoluzione del dramma del proprio vissuto (realizzando spontaneamente dei
meccanismi di risposta), associano la volontà della persona alla realizzazione di una
soluzione al proprio dramma.
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Per chiarire maggiormente questo concetto riproponiamo l'esercizio dell'uccello. Si
chiede all'attore di improvvisarsi un uccello “libero” che prima guarda il cielo e poi
vola via. Ecco allora che si possono usare i due approcci che rispecchiano quanto
abbiamo detto in precedenza.
Partendo dallo psicodramma di Moreno il tuffarsi nell'improvvisazione porta l'attore a
eseguire direttamente la fase di esecuzione come farebbe un bambino, ovvero “a
briglie sciolte” sforzando di sentirsi un uccello “libero” e decidendo velocemente le
azioni che deve compiere durante l'esecuzione.. e quindi si appresta all'esecuzione
senza avere pensato nulla. L'attore comincia allora a compiere in scena la prima cosa
che gli salta in mente cercando di “non bloccare” quello che sente dentro in modo da
apparire il più spontaneo possibile. Ovviamente l'improvvisazione così posta
necessita di una buona dose di allenamento per fare in modo che l'attore instauri
tramite la sua creatività una buona resa scenica; inoltre non è da sottovalutare la
capacità del regista di sapere indirizzare l'attore verso una giusta attenzione ed
accostamento al tema da improvvisare.
In ultima analisi, la percezione del tempo in realtà risulterà per l'attore relativa al tipo
di scena che l'attore sta realizzando. Si instaura spesso un processo di adattamento
temporale, ovvero l'attore si adatta ritmicamente al ritmo della scena.
Se dunque il regista tede a fare aumentare il ritmo l'attore deve sentire tale
accelerazione e manifestarla nel modo in cui il suo personaggio interpretato agisce
(dunque manifestando come il personaggio con le sue caratteristiche si adatta “per
quello che è” al tempo assunto).
In questo contesto è indicatissimo utilizzare delle musiche che scandiscono il tempo
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di esecuzione. Già Stanislavskij aveva fatto della musica un utile strumento per
realizzare il tempo a velocità reale delle scene, mentre Mejerchol'd se ne serviva per
descrivere una adeguata “tensione” emotiva e fisica.
Mejerchol'd così utilizzava spesso brani musicali per accompagnare gli esercizi
biomeccanici di modo che l'attore fosse facilitato nella distinzione delle diverse frasi
fisiche. Egli faceva coincidere ogni frase attorica con una frase musicale. A seconda
della frase musicale, la frase attorica abbinata acquista un carattere diverso, un
diverso "tempo-ritmo". Poiché nella rappresentazione mantenere la giusta velocità di
esecuzione delle frasi attoriche è indispensabile per la buona riuscita del ritmo
complessivo della scena , ogni attore deve sapere mantenere il proprio personaggio al
giusto tempo-ritmo e dunque avere anche un ascolto generale rispetto agli altri attori.
Se la gestualità del personaggio è organizzata con precisione dal punto di vista del
ritmo, allora il contenuto psicologico risulta più chiaro.
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più diversi aspetti degli oggetti considerati, realizzando, mediante nuove e del tutto
astratte azioni e serie di azioni un nuovo tipo d'imitazione analogica che deve essere
chiamata in un altro modo per il suo nuovo carattere. Dall'"imitare" si passa al
"mimare". Dalla pura e semplice ripetizione si passa ad una funzione che è nello
stesso tempo interpretativa e creativa. Interpretativa perché non potendo riprodurre
traduce, creativa perché la scelta degli atti espressivi non è meccanicamente
automatica ma è affidata alla natura dell'individuo [...].
Per Orazio Costa l'istinto mimico è presente nel bambino in forma assolutamente
spontanea e ciò permette al bambino di improvvisarsi e divenire quello che vuole.
Nel desiderio del bambino di fare esperienze di fantasia come
“facciamo finta che siamo io il bandito e tu il poliziotto... giochiamo che siamo
due aereoplani che si combattono in volo... ecc.”
il bambino mima il suo personaggio di gioco in modo completamente libero.
Tuttavia, questo stesso istinto mimico viene man mano "atrofizzato" nel nostro
modello educativo: il bambino crescendo pian piano e divenendo prima ragazzo e poi
uomo, dirada sempre di più gli atti di mimazione: convenzioni, necessità sociali - ma
non solo - operano in questo senso.
La nostra società non sembra apprezzare o utilizzare in alcun modo l'istinto mimico:
non ci aspettiamo che il nostro commercialista o il nostro medico si metta a mimare
un aeroplano, o un fiore, o la pioggia mentre siamo nel suo ufficio. Tuttavia altre
culture riguardano l'atto mimico in modo diverso: si pensi a tutte le culture
sciamaniche, si pensi, ai noti gruppi di guerrieri germanici (gli uomini-orso, gli
uomini-lupo già citati da Tacito) o alle società guerriere Azteche. La nostra cultura
sacrifica l'istinto mimico, ma non tutte le culture lo sacrificano e lo soffocano. Quel
che più conta, secondo Orazio Costa, è che l'istinto mimico è indispensabile per il
lavoro dell'attore
E' in questo modo che, penso io, nasce l'espressione, il desiderio di dichiarare ciò
che si sente e si prova identificandosi con l'oggetto della propria attenzione,
rispecchiandolo e dandogli la personalità che attribuiremmo alla forma umana così
trasformata e lasciandola o facendola manifestare attraverso gli atti convenienti ad
essa. [...] Così, superata l'ìmitazione [...] entriamo rapidamente nel mondo privato
dell'interpreto-creazione o della "mimazione" (non uso la parola mimesi, più
elegante per evitare confusioni con concezioni filosofiche diverse). (Lettera al nipote
Nicola, quaderno XVI, 29/8/66)
In che modo l'istinto mimico consente di "esprimersi"? Quando il nostro corpo, in un
atto che è al contempo normato all'oggetto di mimazione e fantasticamente
soggettivo, mima un certo oggetto, esso assume certe tensioni, certi ritmi che sono
analoghi a quelli dell'oggetto mimato: tutto il nostro corpo, compresa la nostra voce,
e le emozioni provate simulano il soggetto mimato come se noi stessi fossimo tale
soggetto:
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L'albero, mimato e rivissuto, la nuvola, il fiore, l'animale, la luna; l'acqua, la roccia,
la pioggia, il mare il vento (anche se invisibile) diventano esperienze interiori
concrete. Tanto che non solo possono manifestarsi in atti e forme, quasi danze,
individuando i ritmi propri di ogni oggetto, ma possono produrre modificazioni
dell'apparato respiratorio e fonatorio (che assume del tutto spontaneamente, in
parallelo, le forme assunte esternamente dagli arti) che diventa capace di emettere
suoni strettamente analoghi, o meglio, riferibili, alle forme esteriormente assunte.
(Lettera al nipote Nicola, quaderno XVI, 29/8/66)
L'atto mimico quindi, se propriamente eseguito, consente di produrre suoni e parole
che sono analoghe (riferibili, come dice Orazio) all'oggetto mimato. Da qui la
necessità di "risvegliare l'istinto mimico"; tale risveglio lo si attua con un periodo di
ricerca e di mimazione degli oggetti naturali. Non c'è limite alcuno agli oggetti che
possono essere oggetto di mimazione: tutti noi possiamo divertirci a mimare
qualunque cosa. L'obiettivo è dunque risvegliare l'istinto mimico, istinto più o meno
assopito ma presente in modo indissolubile in ogni persona. L'istinto mimico inoltre è
strettamente connesso all'incoscio. Ogni movimento, ogni gesto, se mimato in modo
profondo suscita dentro noi qualcosa, è la manifestazione della coscienza di noi.
Chiarito l'insieme delle teorie viste fino ad ora, vogliamo realizzare un semplice e
veloce percorso per l'acquisizione della conoscenza di noi stessi. L'obiettivo che ci
proponiamo non è formare degli attori per recitare in teatro o al cinema, ma
semplicemente, per mezzo delle tecniche teatrali e della PNL, vogliamo indurre
l'individuo ad accorgersi, ad identificare con chiarezza i meccanismi di
riconoscimento e gestione delle emozioni proponendo infine una simulazione
“completa”, ovvero una simulazione mentale che sfrutta tali meccanismi grazie al
corpo. Proponiamo dunque una progressione di esercizi, da fare con la massima
attenzione, che realizzano un percorso di formazione alla riscoperta di noi stessi.
Tali esercizi, prima di essere svolti devono essere compresi a fondo, immaginati nel
dettaglio e solo dopo eseguiti. Lanciarsi semplicemente nell'esecuzione non permette
di realizzare facilmente e a fondo i meccanismi di associazione tra i movimenti e le
emozioni a cui puntano gli esercizi.
Per tutti gli esercizi proposti è raccomandato lo svolgimento a piedi scalzi e con un
abbigliamento comodo. Per tutti gli esercizi bisogna cercare di ascoltare le
sensazioni del proprio corpo e cercare di immaginarsi esternamente mentre si compie
l'esercizio, bisogna cercare di vedersi esternamente per mezzo di in uno specchio
della mente. Si indica per ogni esercizio la musica appropriata da ascoltare durante
l'intero schema esecutivo.
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Schema Esecutivo
Ogni esercizio dev'essere
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3.1 Respirazione seduta
Sedete comodamente su una sedia in modo tale che i vostri piedi
possano poggiare bene per terra e che la schiena sia correttamente
eretta. Tenete il capo eretto e le mani appoggiate sulle cosce in
modo da avere le braccia completamente rilassate. Immaginate di
volere respirare con il naso portando lentamente il capo verso
l'alto e quando espirate portate il capo verso il basso ritornando
nella posizione di partenza. Immaginate il movimento prima e
dopo eseguite quanto avete immaginato ciò eseguite la respirazione così come avete
immaginato facendo attenzione alle sensazioni del corpo durante l'esecuzione.
Respirate profondamente e immaginate l'aria che vi riempie il torace insieme ad un
senso di freschezza. Fate attenzione al momento che precede il muovere il capo
(otkaz), e alla fase di arresto di tale movimento (tormos). Ripetete la sequenza
riportando il capo verso l'alto. (musica: mare)
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE
24
3.3 Respirazione seduta con planate
Rispetto all'esempio precedente partite tenendo le braccia
completamente rilassate e penzolanti, alzate le braccia mentre
inspirare fino a portarle all'altezza delle spalle (sempre
provando “potenza”). A questo punto, durante la fase di
espirazione “planate” come se foste un aereo dunque
mantenendo le braccia distese ruotate da un lato (il lato destro
se siete destri e sinistro se siete mancini) provocando un
movimento speculare delle braccia che ruotano come fossero
ali grazie alla rotazione del bacino. Durante tale movimento gli
occhi devono indicare la direzione della planata. Quando avete espulso tutta l'aria
ritornate alla posizione di partenza inspirando nuovamente e “planate” nuovamente
durante la fase di espirazione dal lato opposto a quello inizialmente scelto. Ripetete la
sequenza più volte.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE
1 2 3
25
abbracciavate all'interno delle vostre mani. Infine quando avete espulso tutta l'aria
riportatevi alla posizione di partenza. Ripetete più volte la sequenza.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE
1 4
2 3
5 6
In questo esercizio con l'aiuto di un metromono potete dettare il tempo del vostro
respiro. Siete dunque in un continuo respirare, un ciclo di inspirazioni ed espirazioni
indipendenti dalle posizioni che assumerete. Iniziate l'esercizio tenendo le gambe
leggermente divaricate e allungatevi fino a dove potete per terra tenendo le braccia
completamente rilassate. Pensate di avere una energia pulsante che e mentre inspirate
ed espirate continuamente sentite progressivamente questa energia crescere e insieme
ad essa vi risollevate fino a giungere alla posizione 2. Dalla posizione 2, sempre con
cicli di inspirazione ed espirazione che fanno “crescere” la vostra energia continuate
lentamente a sollevare le braccia come per mimare i rami di un albero, di una pianta
che cresce, giungendo alla posizione 3. Dalla posizione 3 pensando che la vostra
energia che fino a quì vi ha fatto crescere ora vi riempie totalmente e si espande
anche all'esterno, cominciate a fare discendere le vostre braccia (posizione 5) fino a
rilassarle e abbandonarle completamente nella posizione 6.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-PRIMAVERA1 (Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.1 RV 269 'Spring' in E - 1 Allegro)
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3.6 Il salto in avanti
Partite da una posizione eretta con piedi uniti. Osservate il pavimento avanti a voi e
decidete approssimativamente una distanza di circa 1 metro dai vostri piedi.
Abbassatevi con le gambe assumendo una posizione di massima raccolta. Immaginate
il balzo necessario per giungere in posizione eretta a piedi uniti nel punto che vi siete
prefissati, in seguito eseguite il balzo in avanti calibrando la vostra forza in modo da
rimanere in equilibrio nella posizione eretta finale. Ripetete l'esercizio aumentando la
distanza del punto sul quale volete giungere.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: BETHOVEN-FORTE (Symphony n.9 Op.125
'Choral' in D minor - 2 Molto Vivace (Scherzo) )
3.7 Il pendolo
Partendo dalla posizione eretta a piedi saldamente uniti tenete le braccia distese lungo
i fianchi e puntate lo sguardo fronte a voi senza mai abbassare lo sguardo. Adesso
irrigidite il vostro corpo di modo che esso sia come una barretta rigida e che le uniche
articolazioni mobili siano le vostre caviglie. Mantenendo sempre le indicazioni
precedenti adesso dondolate lentamente in avanti inclinandovi il più possibile senza
perdere l'equilibrio. Mantenete tale posizione per circa 5 secondi e poi in modo
analogo dondolatevi indietro. Ripetete l'esercizio per almeno 4 volte eseguendolo
sempre molto lentamente.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-PRIMAVERA3 (Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.1 RV 269 'Spring' in E - 3 Allegro)
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possibile le sensazioni del vostro corpo abbassate il capo lentamente fino ad
abbassarlo completamente e procedete sempre nel modo più rilassato possibile a
curvarvi su voi stessi fino a portare le braccia, che sono completamente rilassate, nel
punto più basso che vi è possibile. Quando vi sarete abituati a questa posizione,
(POSIZIONE DEL SEME) cambierete il vostro movimento e la vostra immobilità
si tramuterà in una lenta progressione verso la mobilità. Mantenendo una respirazione
ciclica pensate di riempirvi di energia e di riprendere molto lentamente la posizione
eretta. La progressione di risalita deve seguire il grado di energia che state
acquisendo. Ritornando alla posizione eretta continuate ad alzare le braccia e quando
sono alzate alla loro massima estensione fate un respiro profondo e poi lentamente
riabbassate le braccia buttando in modo naturale tutta l'aria. Sempre ad occhi chiusi,
riprendendo a respirare pensate di essere in quel luogo che avete pensato prima.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. - MUSICA: VIVALDI-INVERNO-3 (Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.4 RV 297 'Winter' in E Minor - 3 Allegro )
MUSICA ALTERNATIVA: GIGSKY (The Great Gig in the Sky - Pink Floyd): OGNI FASE CORRISPONDE IN
ORDINE AD OGNI CAMBIO DI RITORNAELLO (SONO 3 VOCI DISTINTE ANCHE SE SIMILI CHE SI
SUSSEGUONO)
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Capitolo 4 La personificazione
Cowboy 1:(Terence Hill) si specchia Il suo atto di vanità viene interrotto Il cowboy ancora aggrappato alla sua
indossando il suo nuovo cappello da un suono lontano vanità volge la sua attenzione alla
comprensione del suono.
Cowboy 2: (Henry Fonda) riflette su La riflessione è interrotta da un suono Il cowboy abbandona i suoi pensieri
alcuni accaduti avvenuti di recente lontano rivolgendosi alla comprensione del
suono.
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Entrambi i cowboy alzano il capo (e contemporaneamente a tale movimento
inspirano) rivolgendo la loro attenzione alla comprensione di quello strano rumore
(una mandria di 150 cowboy che provengono dal vicino deserto). La scena in
questione è tratta dal film “il mio nome è nessuno” ideato dal geniale regista italiano
Sergio Leone. I due attori che interpretano i cowboy sono i bravissimo attore italiano
Terence Hill (nome d'arte di Mario Girotti) e il famoso attore statunitense Henry
Fonda.
Entrambi questi attori possiedono un'ottima capacità di utilizzo dell'istinto mimico
che permette una realizzazione efficace del processo di personificazione.
In modo molto semplice potete dunque provare ad immaginare e dopo realizzare una
scena simile.
Vogliamo dunque associare il movimento dettato dall'esercizio 3.1 al significato di
rivolgere l'attenzione verso qualcosa. Cominciamo dunque a rieseguire l'esercizio
pensando ad un oggetto di facile ricordo, e cercando di immaginare l'oggetto nel
momento in cui solleviamo il capo inspirando.
Questo esercizio può essere applicato con facilità a ogni cosa di cui la nostra mente
ha ricordo (una cosa piccola come una mela, oppure qualcosa di grande come una
spiaggia) e a qualsiasi stimolo esterno (un suono, un odore, ecc.. ).
30
nella posizione in cui eravate prima di spostarvi, si estende al vostro orizzonte e che
sia sospeso in aria ad una altezza pari al vostro sguardo quando voi siete in piedi.
Quando vi sentite pronti alzatevi in piedi e posizionatevi dove pensate ci sia il filo, in
modo che il filo passi attraverso il vostro profilo. Siete esattamente allineati al filo
che vi attraversa. Adesso pensate al tempo, al trascorrere del tempo e, pensando al
passato ed inspirando sollevate un solo braccio a vostra scelta per indicare nel filo,
che è l'asse del tempo, in che direzione si trova il passato. In seguito espirate e mentre
buttate fuori l'aria abbassate il braccio.
Analogamente, pensando di volere indicare il futuro, inspirando sollevate l'altro
braccio per indicare lungo il filo la direzione del tempo futuro. In seguito espirate e
mentre buttate fuori l'aria abbassate il braccio.
Adesso fate molta attenzione a guardare dritti difronte a voi cercando di notare che
quello che vedere al vostro orizzonte è (dovrebbe) essere quello che avete visto
all'inizio dell'esercizio. In seguito, pensando che voi siete nel presente, inspirando
sollevate entrambe le braccia lungo il filo. Voi siete il presente che sta in mezzo al
vostro passato e al vostro futuro.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-INVERNO1 ( Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.4 RV 297 'Winter' in E Minor - 1 Allegro non molto )
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lato destro del cervello, e viceversa il lato destro del vostro corpo è controllato dal
lato sinistro del cervello. Pensate dunque che il lato destro del vostro cervello si
“accende” nella sua interezza nel momento in cui distendete il braccio sinistro (e
viceversa per il braccio destro); ripetete dunque l'esercizio.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MAREVENTOFUOCO
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braccia e mani i concetti che avete in mente. Fate in seguito un respiro profondo e
poi abbassate le braccia manifestando tali concetti con tutto il corpo. Subito dopo
alzando il capo ed inspirando pensate di essere tutti questi concetti.
L'esercizio deve essere svolto in modo tale da apparire fluido e senza pause-
interruzioni.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MAREVENTOFUOCO
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4.7 L'aquila
Adesso che avete scalato la cima della montagna alla ricerca della forza, del coraggio,
della libertà, pensate di essere in cima alla montagna insieme ad un'aquila.
Accanto a voi, a poca distanza, giace su una roccia un'aquila. Senza toccare l'aquila
osservatela attentamente, osservate i suoi movimenti, i suoi occhi, e pensate a cosa
essa rappresenta per voi. (che emozioni vi comunica un'aquila?). Cominciate dunque
ad imitare l'aquila nei suoi gesti assumendo una postura simile, mimando i movimenti
dei suoi occhi, i movimenti della sua testa e del corpo in genere, fatelo senza riserve e
pudore per tutta la lunghezza della musica.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-INVERNO1 (Le Quattro Stagioni Op.8
Concerto n.4 RV 297 'Winter' in E Minor - 1 Allegro non molto)
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Capitolo 5: Simulazione finale
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Capitolo 6: Lavori di gruppo e risoluzione delle emozioni
“perchè Anima non parla?” oppure “perchè non capisco cosa dice Anima?”
queste sono le frasi più comuni che molti addotti pronunciano per manifestare
l'incapacità di dialogare con la propria parte animica.
In realtà questa incapacità si riconduce ad un errore banale che molte persone fanno;
l'errore consiste nel pensare sempre che l'unico mezzo di comunicazione possibile è
la parola.
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Riprendendo gli studi di Moreno il gruppo può fare leva per la realizzazione dello
psicodramma individuale.
Nella realizzazione di lavori di gruppo il coordinatore (nella figura del regista o
maestro di recitazione) deve conseguire due obiettivi principali.
Il primo obiettivo è creare una omogeneità e compattezza nel gruppo. Il gruppo
“coeso, compatto, omogeneo” serve per costruire l'organismo collettivo, ovvero per
dare forma ad una identità e conformità del gruppo.
Ogni individuo che compone il gruppo, con le proprie individuali caratteristiche
caratteriali, emotive, espressive, partecipa a dare un carattere, un'emotività, un
insieme di elementi espressivi, al gruppo collettivo. Tutto questo si realizza solo
quando i componenti del gruppo imparano a identificarsi oltre che nella propria
persona anche come parti necessarie al gruppo (per dare senso alla frase “noi siamo
il gruppo”).
Il secondo obiettivo è suscitare una crescita individuale per ogni membro del gruppo
che sia traino per la crescita collettiva. Ciò si realizza con il confronto e con
l'espressività archetipica di ogni individuo che esegue gli esercizi interagendo con gli
altri.
Vediamo dunque di proporre un percorso di esercizi collettivi che punti alla
realizzazione degli obiettivi di cui abbiamo parlato in precedenza. Per tutti gli
esercizi seguenti basta utilizzare un metromono che scandisce il tempo di
esecuzione.
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6.2 Muoversi nello spazio a tempo
Con l'ausilio di un semplice metromono il gruppo deve muoversi nello spazio
(utilizzando sempre le indicazione dell'esercizio precedente) a tempo con lo scandire
dei battiti del metromono. Variare dunque la velocità del metromono (sia aumentando
che diminuendo il ritmo) ottenendo un adattamento dei movimenti del gruppo.
Interrompere anche il suono del metromono all'improvviso volendo ottenere il blocco
istantaneo dei movimenti del gruppo.
6.3 I magneti
Dividere inizialmente il gruppo a metà. Una metà sono i poli positivi di un magnete e
l'altra metà sono i poli negativi. I poli di segno diverso si attraggono mentre quelli di
segno uguale si respingono. Mettendo una musica appropriata il gruppo diviso
tornerà unito muovendosi e seguendo la dinamica dei magneti.
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-- sentimenti --
Rimettendo la musica iniziare fare ripetere l'intero esercizio sostituendo la mela
pesantissima con “forza” e la mela preziosa con “amore”. L'oggetto mela è stato
sostituito con “forza” prima e con “amore” dopo. Ogni individuo nel gruppo deve
manifestare il passaggio di tali concetti nel momento dello scambio con i compagni.
Chi riceve lo scambio deve “godersi” cosa ha ricevuto e “farlo suo” prima di passarlo
ad un altro membro del gruppo. Si ha dunque.
– forza -
– azione di forza a tempo -
– amore -
– azione d'amore a tempo -
6.6 La bilancia
In modo analogo all'esercizio precedente formare delle coppie nel gruppo. Una volta
che ogniuno ha capito chi è il proprio compagno la coppia si divide, il gruppo si
mescola e comincia con una musica appropriata a muoversi nello spazio.
Si fornisce in seguito un segnale e il gruppo deve riformare le coppie che si
dispongono nello spazio in modo omogeneo e tale da coprirlo tutto.
Senza interruzioni gli elementi di ogni coppia terranno il proprio compagno per le
mani a braccia tese e insieme ad esso piegheranno le ginocchia abbassandosi e
portando il corpo nella posizione più bassa possibile.
-
Fare eseguire dunque l'insieme di tutti gli esercizi proposti nei capitoli precedenti (ad
esclusione della simulazione finale 5.1) alternando tra ogni esercizio il movimento
dello spazio del gruppo (6.1). In particolare, a partire dal movimento dello spazio,
utilizzando la musica di sottofondo dell'esercizio da svolgere, richiamare il gruppo a
posizionarsi fronte a voi in modo da coprire l'intero spazio scenico e in modo che
ogni membro del gruppo abbia un certo spazio entro cui muoversi senza toccare gli
altri del gruppo.
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Realizzato ciò dare le indicazioni dell'esercizio in modo chiaro e nel caso fare
accennare i movimenti dell'esecuzione dell'esercizio. Spiegato l'esercizio il gruppo
riprende il movimento nello spazio per un certo tempo (un paio di minuti o più
purchè lo reputate sufficiente), tempo durante il quale gli attori muovendosi prima
analizzano l'esercizio e poi lo eseguono “mentalmente”, in accordo ai punti 3) e 4)
dello schema esecutivo del capitolo 3.
In seguito richiamare il gruppo a posizionarsi nello spazio in modo analogo a quanto
fatto all'inizio e poi ad eseguire l'esercizio.
Per lo svolgimento dell'esecuzione finale (5.1) potete fare eseguire solo la parte che
precede l'esecuzione del simbad. Per realizzare tale parte, facendo disporre gli attori
nelle loro posizioni, spiegate in silenzio (e quindi senza musica) il contenuto
dell'esercizio non accennado nessun movimento e dando nel completo “silenzio”
qualche minuto agli attori per analizzare e realizzare mentalmente quanto avete
spiegato. In seguito, fate eseguire la parte dell'esercizio 5.1 (senza simbad)
direttamente secondo le relative indicazioni facendo partire direttamente la musica
corrispondente.
Capitolo 7: Conclusioni
Tutto il lavoro proposto può essere realizzato tranquillamente con efficacia sia da soli
che in “gruppi di lavoro”, si delinea un percorso efficace per realizzare un
laboratorio delle emozioni, dove i partecipanti individualmente realizzano un
percorso verso la riscoperta di se stessi, ma collettivamente (se coordinati a dovere)
possono stimolare positivamente con successo gli altri.
Vista la semplicità degli esercizi che sono molto vicini all'uso di gesti quotidiani e
l'orientamento all'incremento del benessere personale, reputo (ad eccezione del
simbad interno all'esercizio finale) che non esistono forti rischi di interferenze
negative tra i soggetti, per cui, più addotti con MAA diverse possono lavorare nello
stesso spazio senza particolari problemi, per la stessa ragione per cui gli addotti
camminano, vivono ed interagiscono tra di loro e tra i non adotti nella vita di ogni
giorno. La manifestazione delle MAA o di parassiti quali lux od horus sono
fortemente limitate dalla forza dirompente delle emozioni positive. Le forti emozioni
sono inarrestabili, e l'alieno che non è in grado di bloccarle si trova completamente
spiazzato. I lux tenderanno inutilmente ad abbassare il livello di gioia e rilassamento
che prova l'addotto durante l'esecuzione degli esercizi. Viceversa, l'alieno
comunemente detto “ringhio” cercherà di innervosire il soggetto per deconcentrarlo.
L'horus invece cercherà di indurre un senso di confusione mentale all'addotto,
confusione però che viene fortemente smorzata e quasi sempre azzerata in modo
simile alle altre azioni di interferenza dall'uso del corpo. L'utilizzo del corpo e del
movimento è un forte canalizzatore delle emozioni. Il seguire volutamente un
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movimento rende l'addotto come ad essere su due binari da cui è molto difficile
deragliare. I movimenti del corpo creano “sicurezza” all'addotto, perché, nella vita
quotidiana del corpo, l'addotto è per la maggioranza del tempo l'unico a potere
decidere se aprire o chiudere una mano, ed un adotto, in quanto persona, più aprire e
chiudere una mano in qualsiasi momento. Se si associa al movimento della mano un
significato particolare allora il manifestarsi di tale significato non può essere bloccato
“sempre” dall'alieno.
Coloro che inoltre riescono a sentirsi in prima persona fortemente Anima possono
indebolire fortemente o eliminare alcuni parassiti semplicemente con alcuni gesti.
Il movimento dell'apertura delle braccia eseguito nel modo che abbiamo proposto
(esercizio 3.2 + 5.1) permette spesso di allontanare alcuni parassiti identificati come
molti addotti dal termine “ombre nere” o “seppie nere” (che quasi sempre coincidono
con la presenza del “ringhio”).
Analogamente, con il medesimo movimento, le manifestazioni della presenza del
lux, (quali manifestazione fisica più comune agli addotti come “peso allo stomaco”
ed manifestazione emozionale come “ansia e tristezza”), possono essere
notevolmente ridotte e in alcuni casi si ottiene anche l'allontanamento (momentaneo)
del parassita stesso.
In modo ancora analogo, la confusione mentale dell'horus può essere ridotta e
annullata con i medesimi movimenti.
Per i più “sciamani” esistono una miriade di altri utilizzi che hanno peso rilevante
(cause ed effetti) anche nel rapporto con gli altri e in genere con il mondo ma che non
voglio qui approfondire perché essere troppo sciamani non aiuta certo l'addotto a
liberarsi.
Riguardo al peso dell'instaurarsi di tali meccanismi sugli eventi di abduction,
l'addotto non ancora libero in modo definitivo, tenderà fisicamente (e mentalmente)
ad assumere certe posture per richiamare alcune emozioni o risvegliare con successo
la parte animica quando si trova davanti a chi vuole aggredirlo.
In genere l'addotto riconosce dentro di se Anima (soprattutto) Spirito e Mente e delle
rispettive emozioni (sensazioni, stati d'animo, percezione, quasi distinti modi di
essere-esistere) che caratterizzano ogni membro della triade, acquisendo un
meccanismo forte di dialogo archetipico con la triade.
Non si parla dunque di identificare solo visivamente una componente della triade ma
si punta a comprendere qual'è l'impatto, il modo in cui la componente ci appartiene
(in che modo siamo quella componente) e come quella componente fa esperienza di
vita-morte.
In una persona che ha compiuto in modo corretto e a fondo il percorso proposto in
questo documento, l'utilizzo dei movimenti assunti solo a livello “mentale” (ovvero
simulati mentalmente) provoca un corrispettivo emozionale (e dunque una reazione)
corrispondente a ciò che ha provato la persona nella vera azione fisica.
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Dall'applicazione della musica agli esercizi, avviene la stessa cosa, ovvero
ascoltando la musica corrispodente (soprattutto la musica della simulazione finale
5.1) si richiamano le stesse emozioni.
Questo significa che all'interno di una simulazione mentale, quale ad esempio un
SIMBAD, una persona può indurre una determinata emozione immaginando in esso i
movimenti corrispondenti. Si riesce dunque con efficacia ad introdurre i meccanismi
della memoria emotiva e sensitiva all'interno delle simulazioni mentali.
La programmazione di associazione tra l'emozione e il movimento del metodo
dell'A.T.TO.R.E ha inoltre il notevole vantaggio nel mantenersi consistente. Poiché la
fase di predeterminazione ed analisi dei movimenti avviene in modo conscio (mentre
l'esecuzione avviene nel modo più inconscio possibile per mezzo della coscienza), il
“programma” che si instaura nel cervello è un comando irreversibile perché è
agganciato a una emozione, prima manifestazione dell'archetipo. Poiché l'archetipo
non si può cancellare (e quindi neanche l'emozione), e l'emozione è agganciata al
corpo, allora il programma non si può eliminare. Il corpo, prolungamento del sistema
nervoso centrale, ovvero del cervello, è una memoria non cancellabile.
Visto inoltre che l'esecuzione dei movimenti è ottenuta per mezzo della coscienza e
che il processo di espansione della conoscenza della coscienza è irreversibile allora
ne deduco che la programmazione movimento-emozione è anche non modificabile (-
forse ? - sicuramente un esperto ipnologo può dire una maggiore verità a riguardo).
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Durante l'esecuzione dell'esercizio finale è possibile che alcuni allievi alla
conclusione di esso non ricordino per qualche istante più quello che hanno
immaginato e visto nella mente durante la loro esecuzione (ad esempio non ricordano
più il paesaggio che hanno visto volando). Il ricordo ritorna dopo qualche istante
accompagnato da tutte le emozioni e in ogni caso risulta facilmente richiamabile
accennando nuovamente le gestualità dell'esercizio.
Per una applicazione in tale senso ultimo, confido su quei lettori che hanno una
formazione e conoscenza adeguata sull'argomento per potere realizzare quanto io ho
semplicemente indicato.
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quelli proposti in questo documento, manifestando così le sue idee (archetipi) nel
modo più completo possibile.
Bibliografia
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