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A.T.TO.R.

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Artistic Technique TO Resolve Emotions

Gaetano Borgosano
www.attore.altervista.org

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Prefazione
Noi non siamo liberi.
E il cielo può sempre cadere sulla nostra testa.
Insegnarci questo è il primo scopo del teatro.
(A. Artaud)

L'atto di volontà è un mezzo che pone le sue basi sul libero arbitrio secondo il quale
l'uomo è l'unico artefice delle proprie scelte. Tuttavia il concetto di libero arbitrio non
è applicabile facilmente se non dopo avere acquisito un certo livello di coscienza
della propria persona, coscienza che va oltre la limitata consapevolezza della vita
quotidiana. L'acquisizione della completa coscienza del sé rende possibile un pieno
atto di volontà, espressione del libero arbitrio interiore, che è testimonianza della
natura divina dell'uomo.
In questo contesto l'arte teatrale è un mezzo molto valido e potente attraverso il quale
l'uomo può mettersi in contatto con la parte più profonda dell'io per giungere alla
consapevolezza del sé.
Essere veri attori di se stessi significa conoscersi affondo e avere il completo
controllo della mente e del corpo. L'attore completo dunque assume la figura di un
uomo consapevole della propria esistenza e natura, che interpreta qualsiasi
personaggio tramite l'atto di volontà: l'essere se stessi in un determinato contesto
emozionale ed ambientale.
Nella problematica “abduction” essere veri attori di se stessi significa essere in grado
di comprendersi totalmente, di ritrovarsi sempre e di riprendere il controllo di se
stessi e della propria vita.

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Capitolo 1 PNL e Il linguaggio del corpo
Prima di parlare dell'arte teatrale e di come essa può essere applicata con successo per
un cospicuo miglioramento dell'interiorità personale, è bene parlare dei meccanismi
di base che caratterizzano il modo in cui l'uomo interagisce con la realtà che lo
circonda. In quest'ambito è importante parlare di PNL.

1.1 Cos'è la PNL


Di Programmazione Neuro Linguistica (PNL) si è parlato e scritto molto in questi
ultimi decenni, soprattutto del suo utilizzo nell'ambito del fenomeno abduction.
In breve, come recita una delle tante definizioni reperibili da internet
(www.wikipedia.org)
“ la PNL è una tecnica psicologica che postula la possibilità di influire sugli schemi
comportamentali di un soggetto tramite la manipolazione di processi neurologici attuata
tramite l'uso del linguaggio.
..... la PNL sarebbe strumentale "all'individuazione dei modi per aiutare le persone ad
avere vite migliori, più complete e più ricche"
e ancora …. L’idea centrale della PNL è che i pensieri, i gesti e le parole dell’individuo
interagirebbero tra loro nel creare la percezione del mondo. Modificando la propria
visione (detta mappa del mondo, cioè il sistema di credenze relativo a ciò che è la realtà
esterna e a ciò che è la realtà interna), la persona può potenziare le proprie percezioni,
migliorare le proprie azioni e le proprie prestazioni. La percezione del mondo e la risposta
ad esso possono essere modificate applicando opportune tecniche di cambiamento.
La PNL servirebbe quindi a sviluppare abitudini/reazioni di successo, amplificando i
comportamenti "facilitanti" (cioè efficaci) e diminuendo quelli "limitanti" (cioè
indesiderati).
Il cambiamento avverrebbe riproducendo con attenzione i comportamenti e le credenze
delle persone di successo (una tecnica chiamata modeling, o modellamento). “

In sostanza, la PNL ci dice che esistono due cose ben distinte... la realtà (territorio) e
la percezione che noi abbiamo della realtà (la mappa del territorio).
Queste due cose non sempre coincidono, ovvero:

la mappa non è il territorio, ma è una rappresentazione del territorio, e come


qualsiasi rappresentazione, essa è approssimativa e non perfetta.

La mappa è dunque una fotografia della realtà. La realtà in quanto tale risulta non
modificabile, mentre la mappa, in quanto rappresentazione, è migliorabile.

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Migliorare la mappa che una persona ha del territorio significa migliorare la
percezione e la consapevolezza che la persona ha della realtà.
Così, nell'ambito della risoluzione di alcune sofferenze psicologiche, basta migliorare
la mappa che la persona possiede della realtà (ad esempio focalizzando non solo i lati
negativi ma anche quelli positivi della questione) per facilitare il superamento delle
sofferenze. Non si tratta di ingannare il soggetto ma si tratta di fargli aumentare la
coscienza facendoli vedere anche gli aspetti positivi della realtà (per cui con una
mappa migliore il soggetto vede il territorio “più bello” e meno “brutto” ).
La modifica della mappa avviene per meccanismi schematici simili a programmi per
computer. Il cervello risponde a determinati input con dei determinati output sulla
base delle sue conoscenze che si possono rappresentare come programmi matematici.
Le regole matematiche che stanno alla base di questi programmi devono
necessariamente essere le stesse regole che stanno alla base dell'intero universo, tali
regole sono le regole di spazio, tempo ed energia.
Per la PNL il territorio è la realtà e la realtà si può descrivere in termini di spazio-
tempo ed energia.
Allora il grado individuale di coscienza di spazio, tempo ed energia si interpreta
come la mappa del territorio, ovvero il grado di coscienza che l'individuo ha della
realtà.

1.2 Realtà modificabile? L'universo olografico di Bohm e la nuova PNL di


Corrado Malanga
L'ultima frontiera della fisica è rappresentata dalla teoria dell'universo
olografico di David Bohm secondo cui l'intero universo spazio-tempo-energia è
virtuale.
David Bohm è riconosciuto come una delle menti più originali del secolo scorso;
scienziato e filosofo, le sue scoperte e riflessioni hanno influenzato in maniera
decisiva la fisica contemporanea. Una delle principali scoperte di Bohm è il
"potenziale quantico", quell'invisibile parametro della fisica - così vicino alla
coscienza - in grado di guidare tutta l'esistenza, dalle particelle elementari agli
organismi complessi, e che gli ha consentito la formulazione di una versione
completamente nuova e nondimeno rigorosa della meccanica quantistica.
Rimandando a testi ufficiali (e non) di approfondimento su tale teoria Bohm dice in
sostanza che lo spazio, il tempo e l'energia non esistono perché sono virtuali. L'unica
cosa che esiste realmente è una esistenza, detta potenziale quantico, che si definisce
“coscienza”.
La coscienza si può considerare come un enorme contenitore all'interno del quale si
trovano le informazioni di tutti gli eventi “contemporanei” dell'universo. In realtà il
tempo non esiste e tutti gli accaduti sono contemporanei, simultanei. Cosa accade

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dunque quando ricordiamo un accaduto di 10 anni fa? Come funziona la nostra
memoria? Uno dei migliori testi sull'argomento è “I linguaggi del cervello”, di
Karl Pribram, edito nel 1971 dalla Prentice-Hall nel New Yersey .
Pribram e Bohm definiscono il cervello come un lettore di ologrammi. Il nostro
cervello legge in modo sequenziale gli accaduti dandoci l'illusione dell'esistenza del
tempo e la capacità di lettura è funzione della proprio grado di consapevolezza.
In base a tutto questo, la coscienza, che nella PNL era la rappresentazione della
mappa nel territorio, sarebbe in realtà reale. Ovvero, lo spazio, il tempo e l' energia
sono virtuali (cioè modificabili). L'unica cosa ad esistere è la coscienza. Come
sappiamo queste considerazioni sono state ampliamente applicate da Corrado
Malanga nelle tecniche sviluppate in questi anni per risolvere il problema abduction.
Malanga afferma che la coscienza è quindi realtà reale e non virtuale. Quello che
cambia allora non è la coscienza come nella PNL vecchia, ma quello che cambia è la
conoscenza della coscienza. Quello che cambia è la consapevolezza di essere
coscienti.
Bisogna avere la consapevolezza di essere coscienti. Allora per la nuova PNL di
Malanga la coscienza è il territorio e la virtualità di spazio tempo ed energia è la
mappa.
Attraverso la consapevolezza l'uomo può modificare la virtualità (ovvero la realtà che
ci circonda) utilizzando la coscienza.
Quello che serve all'uomo è un meccanismo di espansione della propria
consapevolezza di coscienza.

Vediamo dunque di determinare un buon meccanismo di espansione di


consapevolezza che coinvolga tutta la struttura dell'uomo, ovvero i processi cognitivi,
i pensieri in genere e le emozioni. Per fare questo dobbiamo capire in che modo si
esprime l'uomo, ed in particolare dobbiamo parlare di cosa è alla base di ogni
espressione; parliamo di archetipi.

1.2 Gli archetipi e la volontà


Sempre Corrado Malanga in due documenti disponibili in rete (archetipi ed
archetipi2) ha spiegato nel modo più chiaro possibile che alla base dell'intero
universo esistono dei mattoni primordiali, detti archetipi. Riportando alcune
definizioni da tali fonti:
Archetipo significherebbe: Primo esemplare assoluto ed autonomo, un modello primitivo delle
cose del quale le manifestazioni sensibili della realtà non sono che filiazioni o imitazioni. Archetipo
viene inteso anche con il significato di Idea.
Per Carl Gustav Jung archetipo è il contenuto dell’inconscio collettivo, cioè le idee innate o la
tendenza ad organizzare la conoscenza secondo modelli predeterminati innati. In lingua greca

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antica archetipo vuol dire, infatti, “Primo esemplare”.
scrive ancora Malanga:
...Quando si dice che un archetipo è un’Idea, si sottintende che l’idea è originale, cioè che non è
partorita da niente, ma partorisce ciò che da essa deriva.
… La vera definizione degli archetipi potrebbe essere la seguente: Archetipi sono i mattoni con
cui è costruito e si costruisce l’Universo.

Questa definizione può risultare ad alcuni un pò ermetica ma racchiude in sé la


globalità del significato di archetipo.
Il punto chiave di questa definizione è che l'archetipo è una idea, un concetto di
esistenza di qualunque cosa di questo universo, ed il concetto di idea è strettamente
legato al concetto di linguaggio.
Supponiamo adesso che io voglia dirvi qualcosa di particolare, voglia comunicarvi
cosa penso del modo di agire dei massoni e dei gruppi di potere che governano questo
mondo; tramite le parole allora devo essere in grado di esternare quello che ho
dentro... ma le parole da dove vengono? Vengono da un processo di traduzione che
porta al punto finale la rappresentazione di quello che volevo dirvi, che è una idea.
Comunicare una idea in qualsiasi forma rappresentativa è sempre un processo di
riduzione delle informazioni dell'idea stessa. La scrittura ad esempio è un mezzo
comunicativo molto restrittivo per cui questa mia immagine dice molto di più di
quello che riuscirei a dirvi a parole:

quest'immagine descrive il modus operandi “non parlo, non vedo, non sento!”, ma le
espressività degli attori-scimmia trasmettono anche un ampio contesto dei personaggi

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a cui è rivolto il mio pensiero.
L'immagine dunque può descrivere molto di più della parola, ma risulta essere
sempre insufficiente a descrivere la mia idea e questo perché la mia idea caratterizza
me stesso.. io sono anche quell'idea che vi voglio comunicare.
Il processo di trasformazione dell'idea fino alla parola è sempre descritto da Malanga
con un semplice disegno:

Più si risale questo schema è più ci si avvicina all'idea che inconsciamente risulta più
comprensibile.
L'archetipo è vicino all'emozione e l'emozione prodotta dall'archetipo viene letta dal
lobo destro del cervello senza utilizzare il linguaggio (che caratterizza il lobo
sinistro). In sostanza l'emozione la si comprende inconsciamente perché l'emozione si
percepisce come tale (archetipicamente) per quello che è, senza utilizzare
l'interpretazione del linguaggio degli altri sottolivelli.
Se siamo allora in grado di parlare per archetipi siamo in grado di comunicare in
modo diretto le emozioni. Le emozioni rappresentano il canale comunicativo tra le
parti interiori della persona.
Rispetto a quanto detto in precedenza l'archetipo, ovvero l'idea, credo che risieda
nella coscienza. L'idea crea una modifica della realtà, ovvero della virtualità,
producendo l'emozione e tutti i sotto linguaggi espressivi di essa.
Fornendo una definizione quasi tautologia, l'esistenza è archetipica, l'esistenza “é”
non per quello che comunica ma per le sue idee (archetipi di cui è composta).
La comunicazione invece serve per fare aumentare la consapevolezza di esistenza
(consapevoli delle proprie idee = consapevoli di se stessi).

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L'atto di volontà, rispetto a quanto detto fino ad ora, è strettamente legato alla
comunicazione (comprensione) degli archetipi che abbiamo dentro. Si compie un
atto di volontà ogni qualvolta, per mezzo della coscienza, ci si sente l'idea. Questo
processo coinvolge in maniera diretta le emozioni che sono il primo risultato
dell'idea. Dalla tecnica del SIMBAD spiegata dettagliatamente in “Simulazioni
Mentali” Malanga chiarisce maggiormente come la visione che la mente crea
modifica la realtà. La mente crea una proiezione olografica della realtà per cui la
proiezione mentale in cui si parla alla triade e si mandano via gli alieni produce tale
accaduto visto in mente.
La scelta inoltre di una proiezione mentale visiva come quella della tecnica del
simbad per visivi ha l'enorme vantaggio di riuscire a raggruppare in sé tutta una serie
di elementi maggiormente esplicativi dell'idea che dovrebbe comunicare l'immagine.
Ma cosa succede se abbiamo difficoltà di immaginazione visuale?
Come dice Malanga :
L’ottanta per cento delle persone di questo pianeta ha un cervello che funziona visivamente
prevalentemente. Una certa minoranza invece ha poche capacità di visualizzare e per questo si
trova in difficoltà nell’immaginare una scena nella loro mente. Il problema però non si pone in
questi termini poiché la Image Vieweing (IV) è solo una piccola parte di quello che identifichiamo
più correttamente con il termine di Simulazione Mentale (SM).
Nella SM infatti non solo è la visione che conta ma anche la parte uditiva e cenestesica che fanno
da elementi pregnanti per la nostra ricostruzione virtuale.
Per questo si è costruito un Simbad per auditivi e cenestesici che cerca di risolvere
questo problema.
La simulazione mentale è associata a vari elementi dei processi cognitivi per cui
dietro una simulazione si può risalire fino ad un gruppo di emozioni e dunque di idee.
La simulazione mentale come proiezione olografica modifica la realtà e si modificano
le emozioni che stanno vicine alle idee.
Capire dunque una emozione significa capire l'idea che sta dietro ad essa. La
modifica della realtà si manifesta con la modifica delle emozioni. Ma allora, se
modifichiamo le nostre emozioni stiamo modificando la realtà. La modifica della
realtà avviene per modifica delle nostre emozioni.
Nel contesto delle simulazioni mentali voglio parlavi di un legame forte, potente e
facilmente sfruttabile; il legame tra le emozioni ed il corpo.

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1.3 Il corpo
Il corpo e in genere lo spazio ad esso associato, caratterizzano pesantemente il genere
umano. La comunicazione verbale rappresenta appena il 7% del potenziale
comunicativo, tutto il resto della comunicazione è dato dal corpo. Sempre Malanga
nei suoi scritti fa presente una miriade di fattori in cui lo spazio ed il corpo assumono
un ruolo importante nella comunicazione archetipica richiamando concetti importanti
della grafologia e mostrando le evidenti relazioni archetipiche tra i movimenti
tracciati dalla scrittura ed il significato di tali movimenti del corpo. Il corpo con i suoi
movimenti (sia volontari che non) assume il ruolo di specchio dello stato interiore.
Tutto quello che abbiamo dentro è esternato in qualche modo dal corpo.
Ogni trauma, ogni pensiero, ogni emozione, lascia un segno nel corpo e noi spesso ce
ne rendiamo conto solo a livello inconscio. Quello che si verifica è che spesso non
siamo coscienti del nostro corpo e delle incredibili potenzialità che esso possiede.
Il corpo si può considerare come un ponte comunicativo molto forte che racchiude in
sé tutto. Lavorare su tutto il corpo significa lavorare sul funzionamento di tutto il
cervello:
Corpo = cenestetico + auditivo + visivo

questa semplice e banale equazione rende l'idea della potenza del corpo.
Bisogna esplorare il nostro corpo recuperando con esso un giusto rapporto di ascolto.
Bisogna essere capaci di “percepire il nostro corpo” e di “percepire la realtà”
tramite esso per mezzo della coscienza. Se riusciamo a fare ciò possiamo
maggiormente essere consapevoli delle emozioni che abbiamo dentro, possiamo
analizzarle e essere capaci di gestirle, essere i soli padroni delle nostre emozioni e
tramite esse ritrovarsi e modificarle per modificare la realtà.
Ogni gesto in funzione della direzione in cui è svolto ha un ben determinato
significato. In genere, un gesto dal basso verso l'alto (o viceversa) agisce sull'asse
dell'energia; un gesto da sinistra a destra (o viceversa) agisce sull'asse del tempo, un
gesto da indietro ad avanti (o viceversa) agisce sull'asse dello spazio.
L'arte della vera recitazione si pone al cospetto di queste informazioni come un'ottima
tecnica del corpo per realizzare con esso delle simulazioni mentali complete che
modificano la realtà.

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Capitolo 2: L'attore vero: la recitazione come simulazione mentale

Siamo giunti al punto divertente di questo documento. Parliamo di attori e di


recitazione vera. Chi è veramente l'attore? L'attore, oltre a possedere delle qualità
tecniche di espressione quali una ottima padronanza del linguaggio, una perfetta
dizione ed una “padronanza scenica” ovvero la percezione e la naturalezza nel
muoversi all'interno dell'ambiente scenico, è prima di ogni altra cosa un uomo che
ha allargato la sua percezione, il suo io, oltre la vita quotidiana.
L'attore non è colui che si studia a memoria un copione, sale sul palco e comincia
letteralmente a dire le battute quando è il suo turno. (Ci sono molte persone che fanno
ciò anche con successo e che erroneamente sono chiamati attori). L'idea di attore va
molto oltre il ricordarsi un testo. Quando si realizza un profilo di un personaggio e si
assegna una parte ad un attore ecco che l'attore diventa il personaggio stesso e quello
che l'attore esterna sul palco è quello che realmente prova in quel momento. Non si
può realizzare una buona scena di gioia, di felicità, o di ira, disperazione, se l'attore
non è in grado di provare realmente in quel momento l'emozione corrispondente.
Un esempio molto banale che chiarisce le idee è il “falso sorriso”. Siamo per strada e
si incontra una persona ostile che per educazione si pone a noi con un bel sorriso
finto in volto. Anche se la mimica assunta è quella di una persona sorridente, dentro
di noi scatta qualcosa che ci dice: “... non fidarti”.. e questo risulta possibile perché
pur non volendo percepiamo una dicotomia tra il sorriso e il reale stato d'animo che la
persona possiede.
In modo inverso riusciamo a capire quando vediamo un “sorriso di cuore” come
quello a noi fatto da una persona cara. La mimica ecco che assume una semplice
corrispondenza dello stato d'animo. Il sorriso vero è espressione di una emozione
reale. Un vero attore che deve sorridere in scena riesce a dare un vero sorriso di
cuore.
Obiettivo primario della formazione di un attore è dunque quello di conoscersi bene a
fondo, di conoscere il proprio io e di potere esternare una determinata emozione
attingendo dalla propria esperienza. Un qualsiasi vissuto della vita, una sofferenza,
riproposta e quindi rivissuta in un atto teatrale permette la realizzazione dello
psicodramma.
- ..Il teatro era visto da Artaud come luogo in cui dare senso a un disagio o a una sofferenza
esistenziale; in quanto la scena offre la possibilità di "rinascere altro", ricomponendo quei dualismi
che nella vita quotidiana confliggono.
– tratto da Il teatro come tecnologia del sè di Michele Cavallo

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2.1 Rivivere le emozioni: la riviviscenza di Stanislavskij

Ogni tecnica è una "tecnica del corpo".


Essa raffigura ed amplifica
la struttura metafisica della nostra carne.
M. Merleau-Ponty

Secondo il Metodo Stanislavskij (uno stile di insegnamento della recitazione messo


a punto da Kostantin Sergeevič Stanislavskij che solitamente è conosciuto come “il
sistema” o la psicotecnica) è nello studio della psiche la possibilità di scoprire quali
possano essere le cause pratiche che inducono il comportamento dell’attore in scena.
Nel “Il lavoro dell'attore su se stesso” Stanislavskij ripropone gli studi di Ribot
riguardo ai concetti di memoria emotiva e memoria sensitiva (La psychologie des
sentiments (1896), intitolato La memoria dei sentimenti, Ribot) riflettendo sulle
esigenze dello stato interpretativo dell’attore.
Stanislavskij è il regista dell'interiorità assoluta.
Principalmente Stanislawskij identifica in due processi
principali le basi della recitazione. Il primo processo è
prettamente psicologico ed è noto come processo di
riviviscenza. .L'attore deve essere in grado di attingere dal
bagaglio emozionale del proprio vissuto e di riproporre le
emozioni per “rivivere” la scena.
Non si parla dunque di recitazione come interpretazione
impersonale di un ruolo, bensì di interpretare un ruolo in
funzione del proprio modo di essere. L'attore in scena porta
sul teatro il suo subconscio che attraverso la coscienza e la
volontà traduce le proprie emozioni vissute, in rivissute nel
momento, in funzione del ruolo interpretativo. L'attore
diventa il personaggio e vive come esso la scena.
La riviviscenza si oppone alla rappresentazione e impone che l'interprete,
combaciando completamente con il personaggio, deve soffrire la parte come se essa
sia vita autentica. In questo processo gioca un ruolo importante la memoria emotiva,
che fa riprovare i sentimenti e le emozioni (comprese ed analizzate nella formazione
dell'attore) durante l'atto teatrale. I sentimenti e le emozioni, attingendo dalla
memoria, in accordo con quando visto dalla moderna PNL, sono lette dal cervello
come accaduti reali dell'universo olografico, ma l'operazione di lettura è potenziata da
una consapevolezza maggiore grazie alla riviviscenza che aggancia “fisicamente” il
tutto. La memoria emotiva può essere stimolata attraverso i sensi e quindi utilizzando
la memoria sensitiva che aggancia l'attore alla percezione fisica del tutto.
Successivamente Stanislavskij chiarisce che lavorare soltanto sulla memoria sensitiva
e sulla memoria emotiva è insufficiente per la resa pratica della riviviscenza.

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Egli spiega che i procedimenti induttivi della memoria emotiva e della memoria
sensitiva non raggiungono la loro totale potenzialità se gli si affida l’intera
organizzazione tecnica dell’immedesimazione. Si parla del secondo processo, la
personificazione, per cui dell’attore non deve iniziare la sua creazione dalla memoria
emotiva e dalla memoria sensitiva bensì dall’azione fisica, facendo uso di ciascun
procedimento in funzione della natura stessa del personaggio.
L'attore grazie alla riviviscenza impone la sua volontà (i famosi “voglio”) grazie
all'azione fisica che è un compimento della riviviscenza.
Tramite l'azione fisica e i processi di controllo del corpo (in generale mimica, voce,
postura) l'attore acquisisce l'essenza de personaggio fondendo il proprio vissuto con
esso. Questa capacità che è palese dell'importanza dello spazio nella PNL fa
comprendere come ogni gesto provoca in noi qualcosa, possiede un corrispettivo
significato interiore ed è capace di farci sentire altro.
Questo significa che l'azione fisica e dunque il corpo, sono profondamente connesse
con qualsiasi emozione. Il corpo è un canalizzatore delle emozioni ed un utile
strumento per richiamare le emozioni stesse e riviverle. Bisogna allora indagare su
esperienze corporee che inglobano le emozioni e a cui non ci si fa caso nella vita
quotidiana.
Si parla di esperienze corporee extraquotidiane. Si sperimentano modi diversi di
camminare, di stare in piedi, di respirare, di muoversi in generale.
Bisogna creare dei meccanismi di associazione forte tra le emozioni e i processi di
riconoscimento dello stato del corpo. Instaurati tali meccanismi un semplice
movimento voluto del corpo fa rivivere l'emozione. Tutto ciò è l'essenza della
biomeccanica teatrale.

2.2 Le emozioni del corpo: La biomeccanica teatrale di Mejerchol'd

Le migliori tecniche di sviluppo dei meccanismi di


associazione tra corpo ed emozioni si possono
concentrare nella biomeccanica teatrale di Vesevolod
Emil'Evic Mejerchol'd. Alievo di Stanislavskij,
Mejerchol'd si discostò nel tempo dal suo maestro
sviluppando una incredibile tecnica corporale.
Il termine di “biomeccanica” nasce attorno agli anni
venti. La biomeccanica è un metodo di educazione del
corpo dell'attore. Il corpo dell'artista deve essere ben
conosciuto dall'artista stesso. Il corpo è come uno
strumento musicale che dev'essere "accordato ".

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Principalmente l'attore educando il proprio corpo si appresta a fronte del personaggio
con una posizione “neutrale”, che rappresenta l'unica vera possibilità di
rappresentazione. Un buon rilassamento muscolare è dunque il primo passo e, come
si vede, in questo rilassamento esistono moltissime analogie con quanto accade nelle
arti marziali orientali e nelle tecniche di meditazione induista.
Per conoscere il metodo biomeccanico bisogna comprendere che questo non è un
insieme di regole per la recitazione, ovvero un sistema di recitazione, ma è un
insieme di esercizi di allenamento globale e preparatorio per la recitazione.
I vari esercizi fisici consistenti in piegamenti, salti ecc... hanno un senso
nell'esecuzione solo se l'attore associa ad essi un contesto di analisi emozionale.
La biomeccanica come disciplina comincia dove finiscono gli esercizi fisici, ovvero
comincia quando si collega il movimento all'intenzione, da cui nasce la reazione.
La tecnica prevede uno sviluppo dello studio dei movimenti nello stato conscio della
mente dell'attore. L'attore dev'essere in grado di analizzare ogni fase dei suoi
movimenti, le differenze emozionali che si sviluppano nel movimento, come e cosa
l'attore vuole ottenere dal suo movimento scenico.
Mejerchol'd non ha purtroppo lasciato nessun appunto dei suoi lavori. Sottolineando
la differenza tra il pensiero e la restrittiva traduzione di esso in parola o scrittura egli
affermò che “Il pensiero espresso è una menzogna. Scrivere non serve. Meglio
concentrarsi sui propri pensieri" .
La sua tecnica tramandata per insegnamento è stata in seguito schematizzata e
codificata grazie al lavoro di molti, soprattutto grazie agli sforzi dell'Accademia
teatrale RATI di Mosca, punto di riferimento della biomeccanica moderna.
Si possono distinguere dei “temi” sui quali agisce la biomeccanica.

2.2.1 La Realtà
Mejerchol'd vedeva l'attore come "un uccello che con un'ala sfiora la terra , mentre
l'altra si staglia nel cielo". Questo significa che da un lato l'attore non deve mai
allontanarsi troppo dalla realtà in modo da rimanere allacciato al contesto scenico.
Dall'altro invece l'attore nella sua iniziale postura neutrale plasma il suo corpo dando
liberamente sfogo al processo creativo.
La postura, i movimenti in genere, devono essere caratteristici del personaggio da
interpretare favorendo la immedesimazione. Con una buona tecnica biomeccanica
l'attore può interpretare anche il ruolo di un animale e sentirsi come tale provando ad
esempio l'incredibile emozione di cosa significa vivere per “istinto” come un uccello
che vola nel cielo.
Da questo banale esempio si evince che l'attenzione e l'ascolto è molto importante.
Nell'esempio dell'interpretazione di un animale l'attore esamina prima in modo
conscio l'animale, ad esempio osservandolo realmente oppure immaginandolo nella
sua mente e in seguito cominciando ad assumere una postura ed una mimica il più
possibile simile a quella dell'animale. Con una buona preparazione iniziale ed una

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sufficiente concentrazione il movimento induce una sufficiente immedisimazione al
punto che lo spettatore percepisce archetipicamente l'attore come animale. Da notare
come il movimento è un canalizzatore, non è sufficiente da solo a fare scaturire
l'emozione giusta se non dopo l'acquisizione di meccanismi di analisi emozionale da
parte dell'attore. Se l'attore non si avvicina alla scena in modo predisposto al vero
ascolto otterrà solo una pessima prestazione. Per sentirsi un'aquila non basta mimare
solo il movimento delle ali ma serve utilizzare la coscienza per sentirsi aquila in
funzione delle emozioni che archetipicamente l'animale ci ha trasmesso. L'attore deve
ascoltare se stesso, deve conoscere il suo corpo, deve analizzare la differenza di
postura ed emozione tra il suo stato neutrale e il suo stato interpretativo realizzando
così con la mimica successiva (e quindi sempre con il movimento) un vero
meccanismo di immedesimazione.
Secondo quanto detto, quando l'attore interpreta un'aquila, esso guidato dalla sua
coscienza si sente aquila e sta realizzando una vera simulazione mentale. L'attore ha
ampliato la sua coscienza, ha compiuto un vero atto di volontà ed ha
archetipicamente capito e provato (tramite le sue emozioni) cosa significa essere
un'aquila.

2.2.2 Dal movimento all'emozione alla parola


Mejerchol'd considera il movimento come meccanismo principale per la
comprensione e realizzazione del pensiero dell'attore in scena. Soltanto grazie al
movimento ed insieme ad esso può nascere nell'attore una emozione ben precisa che
porta in seguito la parola (che traduce l'emozione).
Il movimento è connesso direttamente all'emozione e quindi tramite esso si possono
comprendere e gestire le emozioni dell'attore.
Solo dopo che si è manifestata l'emozione dal movimento l'attore può utilizzare la
parola che risulterà supportata dal giusto stato interiore.
L'attore inoltre dev'essere reattivo. Per reattività si intende la capacità dell'attore di
tradurre in movimenti, sentimenti e parole, le richieste, o di qualcuno dall'esterno,
come il regista, o dell'improvvisazione personale.
Tale traduzione avviene in tre fasi. La prima fase è l'intenzione, ovvero la semplice
comprensione di ciò che viene richiesto. Segue la fase della realizzazione (o
progettazione) nella quale l'attore velocemente ha l'idea di come dovrebbe svolgere il
suo compito (quali sono i movimenti, la mimica ecc..) ed in seguito l' ultima fase è la
reazione ovvero il compimento dello svolgimento, fase durante la quale l'attore deve
azzerare il più possibile il suo lato cosciente in modo da svolgere le azioni quasi per
un istinto che è stato puntato lungo una direzione nelle 2 fasi precedenti... in pratica
ci si butta nell'azione vera e propria senza pensarci troppo e facendosi guidare dal
“programma” del corpo. In questo modo di agire l'attore si ritrova ad ascoltare
completamente il suo corpo e le emozioni che derivano dall'esecuzione della scena
perché non impiega particolari risorse a coordinare il resto che ha invece determinato
nelle due fasi precedenti. L'incredibile intuizione in tale tipo di recitazione e quindi

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quella di analizzare ed instaurare un meccanismo movimento-emozione che precede
l'azione dell'attore in modo tale che l'attore durante l'esecuzione della sua parte si
deve preoccupare solo di lasciarsi trasportare da tale meccanismo.
Quello che avviene nell'esecuzione di una azione dell'attore è simile a quello che
spesso avviene con l'atleta di alcune discipline sportive. Cosa fa un tuffatore durante
l'esecuzione della sua prestazione? Il tuffatore sul trampolino si prepara al salto e
ripercorre in modo conscio le fasi di esecuzione del tuffo che deve compiere. Solo in
seguito si lancerà all'esecuzione del tuffo e lo farà velocemente, senza pensare a quali
movimenti deve fare, ma lasciandosi guidare da ciò che la sua mente ha ripercorso
prima del lancio. L'atleta segue ed esegue il copione dell'esercizio che ha formulato
in precedenza nella sua mente e durante lo svolgimento ascolta solo una cosa... il suo
corpo.
L'attore che utilizza la biomeccanica svolge il suo atto ascoltando il corpo e le
emozioni che scaturiscono da esso in modo fluido e senza bloccare nulla.
Il corpo diventa dunque come un direttore d'orchestra che è stato programmato
precedentemente dall'attore a coordinare il tutto. L'unico musicista è sempre l'attore
stesso che interpreta senza pensarci troppo tutte le indicazioni del direttore e quindi
riuscendo a cogliere tutte le emozioni di quest'ultimo che saranno “suonate”
dall'attore musicista.

2.2.3 Lo spazio e la memoria loci


Durante la fase di reazione è molto importante la corretta disposizione del corpo nello
spazio. L'emozione nasce da una disposizione fisica esatta ed adeguata. Secondo
Mejerchol'd, gli attori non devono "mandare a memoria la parte", ma ricordarla sulla
base della "memoria loci", ovverosia a partire dal luogo, dalla posizione del proprio
corpo in uno spazio e in un tempo determinati.
Questa definizione suscita delle considerazioni riguardo all'utilizzo delle ancore
cenestetiche di cui si ritrova un meccanismo di base comune.
In funzione di ciò, l'esecuzione di una scena può essere realizzata solo
pantomimicamente ed in seguito applicare la parola che risulterà quasi per magia
incredibilmente “densa di sentimenti”. In realtà inoltre il movimento dell'attore (e in
generale la sua postura e mimica) raggiunge prima della parola il pubblico, che
archetipicamente coglie le emozioni dell'attore.
Si può benissimo realizzare una scena di completo senso compiuto e piena di
emozione e sentimenti senza dire una sola parola. La parola spesso è un valore
aggiunto.

15
2.2.4 Lo sviluppo dell'azione: otkaz, possyl, tocka, tormos

Lo sviluppo di una qualsiasi azione e dunque di tutti gli esercizi di biomeccanica è


basato su quattro principi fondamentali:

• otkaz - preparazione dell'azione


• possyl - esecuzione dell' azione
• tocka - perseguimento dello scopo
• tormos - freno fisico ed emozionale che accompagna i tre elementi precedenti .

Questi principi che sono le fondamenta della biomeccanica teatrale rappresentano la


più grande differenza idealogica tra Stanislavskij (o almeno, lo Stanislavskij del
lavoro dell'attore su se stesso) e di Mejerchol'd. Mentre Stanislavskij utilizza i
“voglio” a partire dalla processo di riviviscenza (e quindi determinando l'azione come
processo di partenza della personificazione ma integrativo alla riviviscenza),
Mejerchol'd parte da vere e proprie sequenze fisiche che l'interprete elabora in modo
cosciente.
L'allenamento che l'attore compie sulle azioni del personaggio consiste nel provare
le frasi fisiche (o azioni simili, propedeutiche alle frasi fisiche stesse) seguendo il
principio "otkaz-possyl-tocka-tormos".

Consideriamo ad esempio che l'attore debba eseguire un esercizio molto semplice


come ad esempio quello di compiere un semplice balzo.
Partendo dalla posizione di massima raccolta l'attore deve eseguire un balzo in avanti
di circa 1 metro , con arrivo pari unito in posizione eretta.
L'attore, con l' otkaz (preparazione), deve preparare l'azione , come se "prendesse la
rincorsa", con marcati piegamento del busto e oscillazione delle braccia per dietro. (L’
otkaz deve sempre venire sviluppato nella direzione opposta a quella del movimento
dell'azione che sta per essere eseguita. La parola otkaz infatti significa “rifiuto”, in
teso come rifiuto del gesto. )
Misurando quindi lo slancio e calibrandolo con un freno fisico ed emozionale, il
tormos, l'attore esegue il balzo cioè il possyl (esecuzione) cercando di capire quale sia
la muscolatura interessata al movimento.
Durante l'esecuzione del possyl l'attore deve tener presente quale sia lo scopo della
sua azione, il punto d'arrivo, di modo che, finita l'esecuzione, in questo caso il balzo,
non sia difficile per lui evidenziare il "tocka".
La meta dell'esercizio, cioè il tocka, quindi l'arrivo in posizione eretta, deve essere
evidente: l'attore deve saper fermarsi nel migliore modo possibile nella posizione
finale, trovando il giusto equilibrio (non solo fisico ma psicofisico).

16
2.2.5 Lo specchio

Mejerchol'd dello specchio come strumento di autocontrollo, lo "specchio interiore",


che dà all'attore la coscienza di sé: lo specchio dunque "non come immagine riflessa
di sé", dice il regista, "ma come risultato di tale immagine".
Allontanandoci dallo specchio si cammina più dritti, con più sicurezza, correggendo
il proprio lato sgraziato o scoordinato: così in ogni momento deve comportarsi
l'attore, come se avesse appena finito di specchiarsi. L'attore deve sempre sapere che
aspetto assume la mimica del suo viso, la sua gestualità, il costume che indossa, come
appare il suo corpo nello spazio. L'attore deve abituarsi all'immagine di sé ed in essa
identificarsi
Spesso a tale proposito Mejerchol'd richiamava le abitudini di molti grandi attori,
abitudini quali l'ascoltarsi senza una sola parola, il muoversi senza un solo gesto.

Il concetto di specchio si lega molto alla fase della realizzazione in quanto il sapersi
“vedere” è essenziale nella comprensione de movimento e per la perfetta riuscita
dell'azione secondo il principio di "otkaz-possyl-tocka-tormos".

Lo specchio in realtà non è solo da intendersi a livello visivo, ma in modo generale


alla capacità di percepirsi sempre. Questo significa che un attore prevalentemente
cenestetico non avrà una grande percezione “visiva” della sua immagine ma una
buona visione delle “sensazioni del suo corpo” nel movimento. Analogamente
l'attore prevalentemente auditivo assocerà una particolare attenzione al rumore dei
suoi passi, al rumore del suo respiro, ai battiti del suo cuore che gli permetteranno di
avere l'idea di come viene percepito dall'esterno.

2.2.6 Il presente istintivo, il sentimento e l'improvvisazione , la percezione del


tempo

Mejerchol'd definisce l'attore come “un magnifico animale, che vuole mostrare la
propria arte, la propria ferinità, mostrare le movenze stupende, l’abilità, la
bellezza, la magnificenza con cui volge il capo, il bel gesto o il magnifico salto o
l'entusiasmo che sa esprimere in un sublime movimento. Questo è il compito,
questa è l'arte dell'attore".
Mejerchol'd vuole tirare fuori dall'attore il suo lato animale, perché il regno animale,
secondo il regista, ha innato il senso del ritmo (il presente vissuto con istinto).
Pensiamo un attimo al modo in cui un animale interagisce con l'ambiente. L'animale
tramite l'istinto realizza molti suoi comportamenti per mezzo di semplici riflessi o
del suo vissuto a cui prontamente corrisponde una azione.
In particolare il comportamento animalesco a cui si riferisce Mejerchol'd è il fatto che
le azioni compite dall'animale sono molto “istintive” e naturali, e quindi l'animale

17
non perde tempo a ragionare durante l'azione. Questo sottolinea il fatto che
Mejechol'd vuole l'analisi dei movimenti predeterminati in uno stato conscio mentre
lo svolgimento dell'azione scelta dev'essere il più inconscio possibile. Questo si
avvicina un po' a ciò che avviene con l'improvvisazione, per cui l'attore si lascia
completamente andare e guidare dai suoi meccanismi interni. Tuttavia la differenza
sostanziale con l'improvvisazione senza l'ausilio della biomeccanica è che nella
biomeccanica teatrale i meccanismi interni che guidano l'attore sono pre-indirizzati
dall'attore stesso durante la fase di realizzazione che precede quella della reazione
(ovvero dell'esecuzione).
Sull'improvvisazione ed in particolare sul suo utilizzo nella realizzazione dello
psicodramma, fu Levy Moreno a studiare in modo approfondito i meccanismi che
regolano lo stato interiore all'adattamento creativo di un attore che si tuffa in una
scena immaginaria. Moreno, quasi contemporaneo a Mejerchol'd identifica
nell'azione spontanea e quindi nella creatività “la forza che spinge l'individuo a
cercare una risposta adeguata per una nuova situazione o una nuova risposta per
una vecchia situazione”. Inoltre Moreno afferma che bisogna esplorare la
spontaneità e riacquistarla come parte del nostro naturale comportamento. La
spontaneità, molto più comune nei bambini, in un certo senso riavvicina l'uomo al
regno animale.
Nell'esperienza di Moreno è importantissimo il “gruppo” all'interno del quale l'attore
deve sentirsi accettato (e quindi deve avere fiducia degli altri) e il ruolo che il
pubblico, non statico ma che interagisce con lo spettacolo, ha con l'attore, facendolo
sentire maggiormente “protagonista e coordinatore” della scena.
La creatività e la spontaneità che inducono nello psicodramma di Moreno alla ricerca
ed alla risoluzione del dramma del proprio vissuto (realizzando spontaneamente dei
meccanismi di risposta), associano la volontà della persona alla realizzazione di una
soluzione al proprio dramma.

Nella biomeccanica teatrale invece, l'azione predeterminata, ovvero la fase di


realizzazione (pianificazione) che precede l'azione all'interno del meccanismo
generale della reattività, creano una associazione di volontà che precede l'azione e
che si manifesta durante la fase successiva della reazione (ovvero dell'azione) con le
emozioni che l'attore si ritrova a provare. La fase di realizzazione che è la pre-azione
della scena, induce la spontaneità durante l'esecuzione che risulta però determinata a
grandi linee a livello di indirizzamento sul personaggio. Questo modo di agire non
preclude all'attore la possibilità di improvvisare, soprattutto se riceve uno stimolo
esterno, come ad esempio l'iterazione di un attore che non segue un copione (“che và
a ruota libera”).
Anche nella biomeccanica di Mejerchol'd quindi si realizza l'improvvisazione
utilizzando però un passaggio di “reattività” che serve ad introdurre l'attore nel
personaggio (per quanto improvvisato) e che garantisce una sicura manifestazione
delle emozioni interne all'attore durante l'esecuzione a partire però dall'attore
personaggio.

18
Per chiarire maggiormente questo concetto riproponiamo l'esercizio dell'uccello. Si
chiede all'attore di improvvisarsi un uccello “libero” che prima guarda il cielo e poi
vola via. Ecco allora che si possono usare i due approcci che rispecchiano quanto
abbiamo detto in precedenza.
Partendo dallo psicodramma di Moreno il tuffarsi nell'improvvisazione porta l'attore a
eseguire direttamente la fase di esecuzione come farebbe un bambino, ovvero “a
briglie sciolte” sforzando di sentirsi un uccello “libero” e decidendo velocemente le
azioni che deve compiere durante l'esecuzione.. e quindi si appresta all'esecuzione
senza avere pensato nulla. L'attore comincia allora a compiere in scena la prima cosa
che gli salta in mente cercando di “non bloccare” quello che sente dentro in modo da
apparire il più spontaneo possibile. Ovviamente l'improvvisazione così posta
necessita di una buona dose di allenamento per fare in modo che l'attore instauri
tramite la sua creatività una buona resa scenica; inoltre non è da sottovalutare la
capacità del regista di sapere indirizzare l'attore verso una giusta attenzione ed
accostamento al tema da improvvisare.

Nell'approccio biomeccanico invece l'attore velocemente prima comprende quanto gli


è stato chiesto, pensa che magari gli conviene prima mimare l'uccello in posa ad ali
chiuse e poi che dovrà aprire le braccia per mimare il volo (quindi fa dei riferimenti
mentali ai movimenti che dovrà assumere). Fatto questo comincia l'azione vera e
propria e l'attore immagina in mente un uccello, l'attore allora comincia ad osservare
e a mimare l'uccello la cui immagine è mantenuta nella mente fino a sentirsi esso
(ovvero utilizza l'immedesimazione). In seguito, quando si sente pronto o a causa di
un fattore esterno ( come un altro attore che improvvisa un predatore che vuole
catturare l'uccello ..e quindi ecco l'iniziativa non premeditata dall'attore che interpreta
l'uccello), l'attore spicca il volo e nella sua mente “vola veramente”, lo mima
sentendosi uccello e quindi provando delle emozioni corrispondenti e utilizzando
sempre il processo creativo che è partito però dalla condizione emotiva del tema
dell'improvvisazione: “io sono un uccello libero”.

La differenza principale dunque tra improvvisare a briglie sciolte ed improvvisare per


mezzo della biomeccanica è che la biomeccanica ci porta a sentirci sicuramente il
personaggio e una volta realizzato ciò le nostre azioni “improvvisate” sono le azioni
del “personaggio che improvvisa” e non dell'attore che improvvisa il personaggio.

In ultima analisi, la percezione del tempo in realtà risulterà per l'attore relativa al tipo
di scena che l'attore sta realizzando. Si instaura spesso un processo di adattamento
temporale, ovvero l'attore si adatta ritmicamente al ritmo della scena.
Se dunque il regista tede a fare aumentare il ritmo l'attore deve sentire tale
accelerazione e manifestarla nel modo in cui il suo personaggio interpretato agisce
(dunque manifestando come il personaggio con le sue caratteristiche si adatta “per
quello che è” al tempo assunto).
In questo contesto è indicatissimo utilizzare delle musiche che scandiscono il tempo

19
di esecuzione. Già Stanislavskij aveva fatto della musica un utile strumento per
realizzare il tempo a velocità reale delle scene, mentre Mejerchol'd se ne serviva per
descrivere una adeguata “tensione” emotiva e fisica.
Mejerchol'd così utilizzava spesso brani musicali per accompagnare gli esercizi
biomeccanici di modo che l'attore fosse facilitato nella distinzione delle diverse frasi
fisiche. Egli faceva coincidere ogni frase attorica con una frase musicale. A seconda
della frase musicale, la frase attorica abbinata acquista un carattere diverso, un
diverso "tempo-ritmo". Poiché nella rappresentazione mantenere la giusta velocità di
esecuzione delle frasi attoriche è indispensabile per la buona riuscita del ritmo
complessivo della scena , ogni attore deve sapere mantenere il proprio personaggio al
giusto tempo-ritmo e dunque avere anche un ascolto generale rispetto agli altri attori.
Se la gestualità del personaggio è organizzata con precisione dal punto di vista del
ritmo, allora il contenuto psicologico risulta più chiaro.

2.3 Orazio Costa e l'istinto mimico

Orazio Costa Giovangigli (1911- 1999) è stato un


grande regista teatrale e uno dei massimi esponenti della
pedagogia teatrale europea del Novecento. Il suo massimo
contributo è manifestazione del suo grandissimo genio è
l'elaborazione del metodo mimico. Come Mejerchol'd
Costa non ha pubblicato lo studio del suo lavoro ma il suo
metodo è stato tramandato per mezzo delle pubblicazioni
di alcuni suoi allievi e codificato seguendo alcuni suoi
appunti, idee ed annotazioni scritte su dei “quaderni” di
lavoro di Costa.
Ma in cosa consiste il metodo mimico?
Secondo Costa esiste negli uomini e in modo evidente nei
bambini, un istinto che egli chiama "Istinto Mimico".
Nella Lettera al nipote Nicola, quaderno XVI, 29/8/66 Costa afferma:
“Comincio a rilevare l'importanza essenziale ai fini dello sviluppo dell'individuo
animale superiore dell'istinto dell'imitazione. Attraverso esso il piccolo imitando
l'adulto, acquista il carattere definitivo della specie; le abitudini, le qualità. L'uomo
partecipa di questo istinto di imitazione; tuttavia la sua attenzione non si limita agli
individui della sua specie, ma va a tutto ciò che può considerare individuale che sia
animato o inanimato […] l'imitazione puramente animale si esercita per ripetizione
"membro a membro" di un atto o di una serie di atti e con il piccolo d'uomo ( e
anche l'uomo maturo) che si eserciti all'imitazione di oggetti (animali, cose,
fenomeni) si trova senza membri identici atti all'imitazione [...] quasi senza
accorgersene, e seguendo un istinto che chiamo "mimico" valica con tutta
spontaneità questo limite d'impossibilità e continua ad imitare senza corrispondenza
di membri identici [..] attribuendo ad alcune delle sue membra il ruolo di altre e dei

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più diversi aspetti degli oggetti considerati, realizzando, mediante nuove e del tutto
astratte azioni e serie di azioni un nuovo tipo d'imitazione analogica che deve essere
chiamata in un altro modo per il suo nuovo carattere. Dall'"imitare" si passa al
"mimare". Dalla pura e semplice ripetizione si passa ad una funzione che è nello
stesso tempo interpretativa e creativa. Interpretativa perché non potendo riprodurre
traduce, creativa perché la scelta degli atti espressivi non è meccanicamente
automatica ma è affidata alla natura dell'individuo [...].
Per Orazio Costa l'istinto mimico è presente nel bambino in forma assolutamente
spontanea e ciò permette al bambino di improvvisarsi e divenire quello che vuole.
Nel desiderio del bambino di fare esperienze di fantasia come
“facciamo finta che siamo io il bandito e tu il poliziotto... giochiamo che siamo
due aereoplani che si combattono in volo... ecc.”
il bambino mima il suo personaggio di gioco in modo completamente libero.
Tuttavia, questo stesso istinto mimico viene man mano "atrofizzato" nel nostro
modello educativo: il bambino crescendo pian piano e divenendo prima ragazzo e poi
uomo, dirada sempre di più gli atti di mimazione: convenzioni, necessità sociali - ma
non solo - operano in questo senso.
La nostra società non sembra apprezzare o utilizzare in alcun modo l'istinto mimico:
non ci aspettiamo che il nostro commercialista o il nostro medico si metta a mimare
un aeroplano, o un fiore, o la pioggia mentre siamo nel suo ufficio. Tuttavia altre
culture riguardano l'atto mimico in modo diverso: si pensi a tutte le culture
sciamaniche, si pensi, ai noti gruppi di guerrieri germanici (gli uomini-orso, gli
uomini-lupo già citati da Tacito) o alle società guerriere Azteche. La nostra cultura
sacrifica l'istinto mimico, ma non tutte le culture lo sacrificano e lo soffocano. Quel
che più conta, secondo Orazio Costa, è che l'istinto mimico è indispensabile per il
lavoro dell'attore
E' in questo modo che, penso io, nasce l'espressione, il desiderio di dichiarare ciò
che si sente e si prova identificandosi con l'oggetto della propria attenzione,
rispecchiandolo e dandogli la personalità che attribuiremmo alla forma umana così
trasformata e lasciandola o facendola manifestare attraverso gli atti convenienti ad
essa. [...] Così, superata l'ìmitazione [...] entriamo rapidamente nel mondo privato
dell'interpreto-creazione o della "mimazione" (non uso la parola mimesi, più
elegante per evitare confusioni con concezioni filosofiche diverse). (Lettera al nipote
Nicola, quaderno XVI, 29/8/66)
In che modo l'istinto mimico consente di "esprimersi"? Quando il nostro corpo, in un
atto che è al contempo normato all'oggetto di mimazione e fantasticamente
soggettivo, mima un certo oggetto, esso assume certe tensioni, certi ritmi che sono
analoghi a quelli dell'oggetto mimato: tutto il nostro corpo, compresa la nostra voce,
e le emozioni provate simulano il soggetto mimato come se noi stessi fossimo tale
soggetto:

21
L'albero, mimato e rivissuto, la nuvola, il fiore, l'animale, la luna; l'acqua, la roccia,
la pioggia, il mare il vento (anche se invisibile) diventano esperienze interiori
concrete. Tanto che non solo possono manifestarsi in atti e forme, quasi danze,
individuando i ritmi propri di ogni oggetto, ma possono produrre modificazioni
dell'apparato respiratorio e fonatorio (che assume del tutto spontaneamente, in
parallelo, le forme assunte esternamente dagli arti) che diventa capace di emettere
suoni strettamente analoghi, o meglio, riferibili, alle forme esteriormente assunte.
(Lettera al nipote Nicola, quaderno XVI, 29/8/66)
L'atto mimico quindi, se propriamente eseguito, consente di produrre suoni e parole
che sono analoghe (riferibili, come dice Orazio) all'oggetto mimato. Da qui la
necessità di "risvegliare l'istinto mimico"; tale risveglio lo si attua con un periodo di
ricerca e di mimazione degli oggetti naturali. Non c'è limite alcuno agli oggetti che
possono essere oggetto di mimazione: tutti noi possiamo divertirci a mimare
qualunque cosa. L'obiettivo è dunque risvegliare l'istinto mimico, istinto più o meno
assopito ma presente in modo indissolubile in ogni persona. L'istinto mimico inoltre è
strettamente connesso all'incoscio. Ogni movimento, ogni gesto, se mimato in modo
profondo suscita dentro noi qualcosa, è la manifestazione della coscienza di noi.

Capitolo 3 Il laboratorio delle emozioni

Chiarito l'insieme delle teorie viste fino ad ora, vogliamo realizzare un semplice e
veloce percorso per l'acquisizione della conoscenza di noi stessi. L'obiettivo che ci
proponiamo non è formare degli attori per recitare in teatro o al cinema, ma
semplicemente, per mezzo delle tecniche teatrali e della PNL, vogliamo indurre
l'individuo ad accorgersi, ad identificare con chiarezza i meccanismi di
riconoscimento e gestione delle emozioni proponendo infine una simulazione
“completa”, ovvero una simulazione mentale che sfrutta tali meccanismi grazie al
corpo. Proponiamo dunque una progressione di esercizi, da fare con la massima
attenzione, che realizzano un percorso di formazione alla riscoperta di noi stessi.
Tali esercizi, prima di essere svolti devono essere compresi a fondo, immaginati nel
dettaglio e solo dopo eseguiti. Lanciarsi semplicemente nell'esecuzione non permette
di realizzare facilmente e a fondo i meccanismi di associazione tra i movimenti e le
emozioni a cui puntano gli esercizi.
Per tutti gli esercizi proposti è raccomandato lo svolgimento a piedi scalzi e con un
abbigliamento comodo. Per tutti gli esercizi bisogna cercare di ascoltare le
sensazioni del proprio corpo e cercare di immaginarsi esternamente mentre si compie
l'esercizio, bisogna cercare di vedersi esternamente per mezzo di in uno specchio
della mente. Si indica per ogni esercizio la musica appropriata da ascoltare durante
l'intero schema esecutivo.

22
Schema Esecutivo
Ogni esercizio dev'essere

1) LETTO CON ATTENZIONE:


Leggete l'esercizio nella sua interezza e con attenzione, prendetevi tutto il
tempo che vi serve, anche un semplice gesto descritto dalle parole potrebbe
risultare a volte poco chiaro.

2) COMPRESO NEL DETTAGLIO:


Dovete comprendere nel dettaglio quali sono i movimenti e le indicazioni
dell'esercizio in ogni sua fase.

3) ANALIZZATO IN OGNI SUA FASE:


Dovete analizzare a fondo ogni fase dell'esercizio e chiedere a voi stessi come
perseguire tale fase a livello sia fisico che emotivo.

4) IMMAGINATO NELL'ESECUZIONE AL DETTAGLIO:


“Eseguite mentalmente” l'intero esercizio pensando a tutti i movimenti
necessari all'esecuzione. Per ogni gesto pensate alla sua preparazione (otkaz),
alla sua esecuzione (possyl), alla sua terminazione (tormos), a quale tensione
muscolare assumete, qual'è l'eventuale condizione emotiva che vi aspettate di
realizzare (tocka).

5) ESEGUITO NELLA SUA INTEREZZA


“Eseguite fisicamente” l'intero esercizio compiendo tutto quello che avete
immaginato nella vostra mente. Ascoltate il vostro corpo e le sensazioni che
provate in ogni istante.

23
3.1 Respirazione seduta
Sedete comodamente su una sedia in modo tale che i vostri piedi
possano poggiare bene per terra e che la schiena sia correttamente
eretta. Tenete il capo eretto e le mani appoggiate sulle cosce in
modo da avere le braccia completamente rilassate. Immaginate di
volere respirare con il naso portando lentamente il capo verso
l'alto e quando espirate portate il capo verso il basso ritornando
nella posizione di partenza. Immaginate il movimento prima e
dopo eseguite quanto avete immaginato ciò eseguite la respirazione così come avete
immaginato facendo attenzione alle sensazioni del corpo durante l'esecuzione.
Respirate profondamente e immaginate l'aria che vi riempie il torace insieme ad un
senso di freschezza. Fate attenzione al momento che precede il muovere il capo
(otkaz), e alla fase di arresto di tale movimento (tormos). Ripetete la sequenza
riportando il capo verso l'alto. (musica: mare)
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE

3.2 Respirazione seduta braccia aperte

Rispetto all'esempio precedente partite tenendo le


braccia completamente rilassate e penzolanti, alzate le
braccia mentre inspirare fino a portarle all'altezza
delle spalle e abbassatele mentre espirate.
Provate sempre prima ad immaginare il movimento e
poi ad eseguire l'esercizio. Pensate che le vostre
braccia sono inarrestabili nella loro salita verso la
posizione distesa e che la forza dirompente è l'aria che
respirate. Immaginate la fase che precede il movimento (otkaz), immaginate il
movimento delle braccia e il freno di tale movimento (tormos).
Mentre sollevate le braccia in sincronia con la fase di respirazione (e quindi con una
velocità normale e non eccessiva, dettata dal vostro respiro) pensate che tale
movimento deve comunicare “potenza”; durante questa fase vi state caricando di
energia.
Quando siete giunti a braccia tese riabbassate le braccia espirando e pensando di
rilasciare nel vostro corpo e e intorno a voi tutta la potenza accumulata nella fase
precedente in sincronia all'aria che buttate fuori. Fate sempre attenzione alle
sensazioni che vi trasmette il corpo. Ripetete la sequenza completa più volte.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE

24
3.3 Respirazione seduta con planate
Rispetto all'esempio precedente partite tenendo le braccia
completamente rilassate e penzolanti, alzate le braccia mentre
inspirare fino a portarle all'altezza delle spalle (sempre
provando “potenza”). A questo punto, durante la fase di
espirazione “planate” come se foste un aereo dunque
mantenendo le braccia distese ruotate da un lato (il lato destro
se siete destri e sinistro se siete mancini) provocando un
movimento speculare delle braccia che ruotano come fossero
ali grazie alla rotazione del bacino. Durante tale movimento gli
occhi devono indicare la direzione della planata. Quando avete espulso tutta l'aria
ritornate alla posizione di partenza inspirando nuovamente e “planate” nuovamente
durante la fase di espirazione dal lato opposto a quello inizialmente scelto. Ripetete la
sequenza più volte.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE

3.4 Respirazione seduta con apertura e chiusura

1 2 3

A partire dalla posizione 1 a braccia completamente rilassate sollevate le braccia


mentre inspirate tenendo le mani aperte e mostrando fronte a voi i palmi, portandovi
così nella posizione 2. Durante questa fase, come negli esercizi precedenti dovete
associare a tale movimento il concetto di “potenza”.
Quando avete i polmoni completamente pieni pensate che nella posizione 2 state
“abbracciando” tutta quell'enorme quantità di energia che avete accumulato.
Quando la fase di ispirazione è completa allora espirate distendendo le braccia in
avanti fino a congiungere le mani e portandovi alla posizione 3. Durante questa fase
dovete pensare di racchiudere nelle vostre mani congiunte e distese tutta l'energia
che stavate abbracciando prima, avete come “compresso” tutta l'energia che

25
abbracciavate all'interno delle vostre mani. Infine quando avete espulso tutta l'aria
riportatevi alla posizione di partenza. Ripetete più volte la sequenza.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE

3.5 Respirazione “la pianta” seduta

1 4
2 3

5 6

In questo esercizio con l'aiuto di un metromono potete dettare il tempo del vostro
respiro. Siete dunque in un continuo respirare, un ciclo di inspirazioni ed espirazioni
indipendenti dalle posizioni che assumerete. Iniziate l'esercizio tenendo le gambe
leggermente divaricate e allungatevi fino a dove potete per terra tenendo le braccia
completamente rilassate. Pensate di avere una energia pulsante che e mentre inspirate
ed espirate continuamente sentite progressivamente questa energia crescere e insieme
ad essa vi risollevate fino a giungere alla posizione 2. Dalla posizione 2, sempre con
cicli di inspirazione ed espirazione che fanno “crescere” la vostra energia continuate
lentamente a sollevare le braccia come per mimare i rami di un albero, di una pianta
che cresce, giungendo alla posizione 3. Dalla posizione 3 pensando che la vostra
energia che fino a quì vi ha fatto crescere ora vi riempie totalmente e si espande
anche all'esterno, cominciate a fare discendere le vostre braccia (posizione 5) fino a
rilassarle e abbandonarle completamente nella posizione 6.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-PRIMAVERA1 (Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.1 RV 269 'Spring' in E - 1 Allegro)

26
3.6 Il salto in avanti
Partite da una posizione eretta con piedi uniti. Osservate il pavimento avanti a voi e
decidete approssimativamente una distanza di circa 1 metro dai vostri piedi.
Abbassatevi con le gambe assumendo una posizione di massima raccolta. Immaginate
il balzo necessario per giungere in posizione eretta a piedi uniti nel punto che vi siete
prefissati, in seguito eseguite il balzo in avanti calibrando la vostra forza in modo da
rimanere in equilibrio nella posizione eretta finale. Ripetete l'esercizio aumentando la
distanza del punto sul quale volete giungere.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: BETHOVEN-FORTE (Symphony n.9 Op.125
'Choral' in D minor - 2 Molto Vivace (Scherzo) )

3.7 Il pendolo
Partendo dalla posizione eretta a piedi saldamente uniti tenete le braccia distese lungo
i fianchi e puntate lo sguardo fronte a voi senza mai abbassare lo sguardo. Adesso
irrigidite il vostro corpo di modo che esso sia come una barretta rigida e che le uniche
articolazioni mobili siano le vostre caviglie. Mantenendo sempre le indicazioni
precedenti adesso dondolate lentamente in avanti inclinandovi il più possibile senza
perdere l'equilibrio. Mantenete tale posizione per circa 5 secondi e poi in modo
analogo dondolatevi indietro. Ripetete l'esercizio per almeno 4 volte eseguendolo
sempre molto lentamente.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-PRIMAVERA3 (Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.1 RV 269 'Spring' in E - 3 Allegro)

3.8 La pianta che sorge


Partite dalla posizione eretta, cominciate a pensare ad un qualsiasi luogo per voi fonte
di serenità e pace, rilassatevi il più possibile, concentratevi sulla immobilità del
vostro corpo, le braccia sono totalmente abbandonate al loro peso e il sangue si
concentra nelle mani. La respirazione deve ridursi al minimo quindi cercate di
respirare dolcemente e lentamente, con una calma naturale. Le mani sono
completamente inerti, le dita completamente immobili. la testa in posizione eretta è
sollevata sufficientemente da permettervi di tenerla alzata senza troppe difficoltà.
Cercate di sentirvi nella posizione eretta solo per una condizione di “magico
equilibrio”. Il vostro corpo è rilassato eppure voi siete in piedi. Chiudete gli occhi
mantenendo il più possibile il vostro rilassamento. facendo attenzione a minimizzare i
movimenti di equilibramento necessario per mantenervi in piedi. Quando giungete ad
una posizione di equilibrio ad occhi chiusi allora cercando sempre di ascoltare il più

27
possibile le sensazioni del vostro corpo abbassate il capo lentamente fino ad
abbassarlo completamente e procedete sempre nel modo più rilassato possibile a
curvarvi su voi stessi fino a portare le braccia, che sono completamente rilassate, nel
punto più basso che vi è possibile. Quando vi sarete abituati a questa posizione,
(POSIZIONE DEL SEME) cambierete il vostro movimento e la vostra immobilità
si tramuterà in una lenta progressione verso la mobilità. Mantenendo una respirazione
ciclica pensate di riempirvi di energia e di riprendere molto lentamente la posizione
eretta. La progressione di risalita deve seguire il grado di energia che state
acquisendo. Ritornando alla posizione eretta continuate ad alzare le braccia e quando
sono alzate alla loro massima estensione fate un respiro profondo e poi lentamente
riabbassate le braccia buttando in modo naturale tutta l'aria. Sempre ad occhi chiusi,
riprendendo a respirare pensate di essere in quel luogo che avete pensato prima.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. - MUSICA: VIVALDI-INVERNO-3 (Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.4 RV 297 'Winter' in E Minor - 3 Allegro )

3.9 La stanza divisa


Dividete la stanza in 3 parti (o se la stanza è troppo piccola considerate 3 momenti
diversi in base al cambio della musica). Considerate la prima parte della stanza come
“acqua cubo”. La seconda parte della stanza come “fuoco quadrato”, la terza parte
della stanza come “aria tonda”. Seguendo la musica esprimete le caratteristiche di
ogni parte della stanza che attraversate.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio.
MUSICA: MAREVENTOFUOCO : per le fasi dell'esercizio concentrarsi rispettivamente nell'ascolto di
mare (prima fase), fuoco (seconda fase), vento (terza fase).

MUSICA ALTERNATIVA: GIGSKY (The Great Gig in the Sky - Pink Floyd): OGNI FASE CORRISPONDE IN
ORDINE AD OGNI CAMBIO DI RITORNAELLO (SONO 3 VOCI DISTINTE ANCHE SE SIMILI CHE SI
SUSSEGUONO)

28
Capitolo 4 La personificazione

Se vi siete esercitati a sufficienza sugli esercizi precedenti e ne avete capito i semplici


meccanismi siete allora pronti a utilizzarli per creare dei personaggi.
L'idea di questo capitolo e spiegare come a dei semplici movimenti si possono
associare in modo saldo dei significati emotivi, i quali, possono in seguito essere
richiamati con facilità dai movimenti stessi.

4.1 Alzare il capo: espressione di attenzione


Applichiamo l'esercizio 3.1 per creare una associazione tra movimento e condizione
emotiva. Immaginate di essere nella vostra quotidianità, state facendo qualcosa (una
qualunque cosa) e all'improvviso vi accorgete della presenza di un rumore o suono
molto debole la cui fonte è lontana da voi. Quali sono i primi movimenti che
istintivamente compierete mentre volgete la vostra attenzione a questo suono?
Per capire ciò consideriamo la seguente scena:
Su una collina di un desolato paesaggio west 2 cowboy parlano tranquillamente tra
loro. I due cowboy sono caratterialmente molto diversi. Il primo cowboy mentre parla
si specchia indossando un suo nuovo cappello; è un giovane uomo molto vanitoso, un
po' spavaldo e molto socievole. li secondo cowboy al contrario riflette profondamente
su alcuni accaduti avvenuti recentemente; è un uomo di una certa età, molto riservato,
saggio e che odia stare nei luoghi affollati. Improvvisamente i 2 cowboy sentono un
rumore provenire da lontano. Come reagiscono questi 2 personaggi molto diversi a
tale simile input esterno?

Cowboy 1:(Terence Hill) si specchia Il suo atto di vanità viene interrotto Il cowboy ancora aggrappato alla sua
indossando il suo nuovo cappello da un suono lontano vanità volge la sua attenzione alla
comprensione del suono.

Cowboy 2: (Henry Fonda) riflette su La riflessione è interrotta da un suono Il cowboy abbandona i suoi pensieri
alcuni accaduti avvenuti di recente lontano rivolgendosi alla comprensione del
suono.

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Entrambi i cowboy alzano il capo (e contemporaneamente a tale movimento
inspirano) rivolgendo la loro attenzione alla comprensione di quello strano rumore
(una mandria di 150 cowboy che provengono dal vicino deserto). La scena in
questione è tratta dal film “il mio nome è nessuno” ideato dal geniale regista italiano
Sergio Leone. I due attori che interpretano i cowboy sono i bravissimo attore italiano
Terence Hill (nome d'arte di Mario Girotti) e il famoso attore statunitense Henry
Fonda.
Entrambi questi attori possiedono un'ottima capacità di utilizzo dell'istinto mimico
che permette una realizzazione efficace del processo di personificazione.
In modo molto semplice potete dunque provare ad immaginare e dopo realizzare una
scena simile.
Vogliamo dunque associare il movimento dettato dall'esercizio 3.1 al significato di
rivolgere l'attenzione verso qualcosa. Cominciamo dunque a rieseguire l'esercizio
pensando ad un oggetto di facile ricordo, e cercando di immaginare l'oggetto nel
momento in cui solleviamo il capo inspirando.
Questo esercizio può essere applicato con facilità a ogni cosa di cui la nostra mente
ha ricordo (una cosa piccola come una mela, oppure qualcosa di grande come una
spiaggia) e a qualsiasi stimolo esterno (un suono, un odore, ecc.. ).

4.1.1 Ascoltare una spiaggia


Tramite la base musicale appositamente studiata rieseguite l'esercizio pensando di
essere in una spiaggia. Siete seduti comodamente per terra e tenete gli occhi chiusi.
Concentratevi sull'ascolto sonoro e cercate di comprendere il livello di agitazione del
mare, in che modo le onde si infrangono sulla riva (ad esempio da sinistra verso
destra, eccc..) e la eventuale presenza di barriere scogliere.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MARE

4.2 Aprire le braccia: il presente spaziale


Rilassatevi seduti su una sedia. La schiena appoggiata comodamente allo schienale.
Rilassatevi e al segnale della musica alzatevi per un attimo senza allontanarvi dalla
sedia e guardate avanti a voi in modo dritto cercando di memorizzare il più possibile
cosa potete vedere dal vostro punto di vista ed in particolare, sempre senza abbassare
lo sguardo, fate attenzione a come vedete il vostro orizzonte. Adesso abbassatevi
leggermente per prendere la sedia dietro di voi con le mani e sempre rivolgendo lo
sguardo all'orizzonte indietreggiate insieme alla sedia di qualche metro e dopo
sedetevi. Cominciate adesso (tramite l'esercizio 3.1) a pensare ad un filo infinito che,

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nella posizione in cui eravate prima di spostarvi, si estende al vostro orizzonte e che
sia sospeso in aria ad una altezza pari al vostro sguardo quando voi siete in piedi.
Quando vi sentite pronti alzatevi in piedi e posizionatevi dove pensate ci sia il filo, in
modo che il filo passi attraverso il vostro profilo. Siete esattamente allineati al filo
che vi attraversa. Adesso pensate al tempo, al trascorrere del tempo e, pensando al
passato ed inspirando sollevate un solo braccio a vostra scelta per indicare nel filo,
che è l'asse del tempo, in che direzione si trova il passato. In seguito espirate e mentre
buttate fuori l'aria abbassate il braccio.
Analogamente, pensando di volere indicare il futuro, inspirando sollevate l'altro
braccio per indicare lungo il filo la direzione del tempo futuro. In seguito espirate e
mentre buttate fuori l'aria abbassate il braccio.
Adesso fate molta attenzione a guardare dritti difronte a voi cercando di notare che
quello che vedere al vostro orizzonte è (dovrebbe) essere quello che avete visto
all'inizio dell'esercizio. In seguito, pensando che voi siete nel presente, inspirando
sollevate entrambe le braccia lungo il filo. Voi siete il presente che sta in mezzo al
vostro passato e al vostro futuro.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-INVERNO1 ( Le Quattro Stagioni
Op.8 Concerto n.4 RV 297 'Winter' in E Minor - 1 Allegro non molto )

4.3 Specchio, forza e libertà


Siete in piedi difronte ad uno specchio da muro sufficientemente grande da
specchiavi in modo completo almeno il volto. Avvicinatevi allo specchio ad una
distanza tale da potere toccare lo specchio senza dovere allungare troppo (o troppo
poco) un braccio. Guardandovi il volto pensate a “fuoco quadrato forza” , inspirate
aprendo il braccio destro (sinistro se siete nettamente mancini) e poi enspirando e
chiudendo il braccio frontalmente a voi (come esercizio 3.4 con un solo braccio)
toccate lo specchio come per afferralo con la mano.
Analogamente guardandovi il volto pensate a “aria tondo libertà”, inspirate aprendo il
braccio sinistro (destro se siete nettamente mancini) e poi enspirando e chiudendo il
braccio frontalmente a voi (come esercizio 3.4 con un solo braccio) toccate lo
specchio come per afferralo con la mano.
Adesso continuando a guardare la vostra immagine riflessa nello specchio sollevate il
capo (inspirando) senza distogliere lo sguardo dallo specchio.
Infine pesando insieme “tondo e quadrato sovrapposti” inspirate sollevando il capo e
contemporaneamente aprendo le braccia e, come prima, chiudendo le braccia fronte a
voi ed enspirando (come esercizio 3.4) toccate contemporaneamente lo specchio
come per afferrarlo con entrambe le mani.
Adesso pensate per un istante al fatto il lato sinistro del vostro corpo è controllato dal

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lato destro del cervello, e viceversa il lato destro del vostro corpo è controllato dal
lato sinistro del cervello. Pensate dunque che il lato destro del vostro cervello si
“accende” nella sua interezza nel momento in cui distendete il braccio sinistro (e
viceversa per il braccio destro); ripetete dunque l'esercizio.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MAREVENTOFUOCO

4.4 La pianta dell'attenzione


Sdraiatevi comodamente per terra (o in alternativa partite dalla POSIZIONE DEL
SEME dell'esercizio 3.8) e pensate ad una mela (o a un frutto che vi piace tanto).
Pensate al colore della mela, al suo odore e sapore, al suo peso e alla sua consistenza.
Quando siete pronti, seguendo gli impulsi della musica e pensando sempre alla mela
cominciate ad alzarvi lentamente come se voi foste una pianta del frutto che state
pensando. Crescete lentamente e vi sollevate lentamente secondo le indicazioni
dell'esercizio 3.8.
La progressione di risalita deve seguire il grado di energia che state acquisendo.
Quando giungete alla posizione eretta continuate ad alzare le braccia e quando sono
alzate alla loro massima estensione pensate di avere in una mano a vostra scelta il
frutto che stavate pensando. Fate in seguito un respiro profondo e poi abbassate le
braccia espirando e pensando di avere in mano la mela. Subito dopo alzando il capo
ed inspirando porgete avanti a voi la mela come per darla a qualcuno.
L'esercizio deve essere svolto in modo tale da apparire fluido e senza pause-
interruzioni.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MAREVENTOFUOCO

4.5 la pianta del coraggio.


Sdraiatevi comodamente per terra (o in alternativa partite dalla POSIZIONE DEL
SEME dell'esercizio 3.8) e pensate al concetto di forza, ma anche libertà e coraggio.
Come il vostro corpo potrebbe manifestare tali concetti? Quando siete pronti,
seguendo gli impulsi della musica e pensando sempre s tali concetti cominciate ad
alzarvi lentamente come se voi foste una pianta del frutto che state pensando.
Crescete lentamente e vi sollevate lentamente secondo le indicazioni dell'esercizio
3.8.
La progressione di risalita deve seguire il grado di energia che state acquisendo.
Quando giungete alla posizione eretta continuate ad alzare le braccia e quando sono
alzate alla loro massima estensione pensate di esprimere con la posizione delle vostre

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braccia e mani i concetti che avete in mente. Fate in seguito un respiro profondo e
poi abbassate le braccia manifestando tali concetti con tutto il corpo. Subito dopo
alzando il capo ed inspirando pensate di essere tutti questi concetti.
L'esercizio deve essere svolto in modo tale da apparire fluido e senza pause-
interruzioni.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: MAREVENTOFUOCO

4.6 La montagna del coraggio.


Camminate a piedi nudi nella stanza, andando da un angolo all'altro e cercando di
rilassarvi il più possibile. Mentre camminate ascoltando le sensazioni del vostro
corpo, e pensate di essere su ai piedi di una montagna. cominciate a pensare ai
concetto di libertà, forza, coraggio. Continuate a camminare cercando di esprimere
questi concetti con la vostra camminata, con il vostro modo di muoversi, qualunque
esso sia. Adesso sdraiandovi per terra partite da un angolo della stanza, tenendo gli
occhi chiusi pensate di dovervi arrampicare su per la montagna. Nel modo più lento
possibile trascinandovi con la forza delle braccia e delle mani strisciate per terra fino
a raggiungere l'angolo opposto e pensando sempre a questi concetti state scalando la
montagna. Dovete riuscire ad aggrapparvi a tali concetti in ogni gesto che fate. Ogni
vostro portarvi in avanti con la forza delle braccia e delle mani vi fa aggrappare a tali
concetti alzatevi, adesso siete in cima alla montagna. Adesso pensate ad un'aquila.
(Come alternativa potete simulare di scalare la montagna da rimanendo seduti su una
sedia e usando solamente le braccia. Risulta di vitale importanza che il movimento
manifesti una certa tensione muscolare evidente, bisogna stancarsi e sudare).
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VENTOLUNGO

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4.7 L'aquila
Adesso che avete scalato la cima della montagna alla ricerca della forza, del coraggio,
della libertà, pensate di essere in cima alla montagna insieme ad un'aquila.

Accanto a voi, a poca distanza, giace su una roccia un'aquila. Senza toccare l'aquila
osservatela attentamente, osservate i suoi movimenti, i suoi occhi, e pensate a cosa
essa rappresenta per voi. (che emozioni vi comunica un'aquila?). Cominciate dunque
ad imitare l'aquila nei suoi gesti assumendo una postura simile, mimando i movimenti
dei suoi occhi, i movimenti della sua testa e del corpo in genere, fatelo senza riserve e
pudore per tutta la lunghezza della musica.
Applicate sempre lo schema esecutivo di pagina 23. Analizzate lo stato del vostro corpo, le sensazioni che vi
sono rimaste, descrivete come vi sentite dopo l'esecuzione dell'esercizio ed eventuali differenze dallo stato
iniziale in cui eravate prima di svolgere l'esercizio. MUSICA: VIVALDI-INVERNO1 (Le Quattro Stagioni Op.8
Concerto n.4 RV 297 'Winter' in E Minor - 1 Allegro non molto)

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Capitolo 5: Simulazione finale

5.1 Il volo della libertà


Rilassatevi e partite dalla posizione eretta. Fate partire la musica e assumete LA
POSIZIONE DEL SEME (secondo le indicazioni dell'esercizio 3.8). Rimanendo in
tale posizione pensate alla forza, al coraggio. Siete in cima alla montagna.
Cominciate seguendo la musica, a sollevarvi, a rinascere in questa montagna come
una pianta, voi siete la pianta della forza e del coraggio. Seguendo la musica
crescete lentamente fino a ramificare. In seguito inspirando e poi enspirando
abbassate le braccia e pensate di essere in piedi in cima alla montagna.
Adesso, accanto a voi c'è un'aquila. Osservate i suoi movimenti, i suoi occhi, e
pensate a cosa essa rappresenta per voi. (che emozioni vi comunica un'aquila?).
Cominciate dunque ad imitare l'aquila nei suoi gesti assumendo una postura simile.
Adesso l'aquila è sparita, siete voi l'aquila, e avanti a voi c'è un burrone. Un vuoto
profondo e un paesaggio montano bellissimo. Pensate di volervi buttare, di prepararvi
AL VOSTO PRIMO VOLO, vi concentrare indietro e vi preparate al salto che forse
vi fa un po' paura. State per saltare nel vuoto. Immaginate il vostro salto. Immaginate
il vostro volo. Aspettate un segnale per spiccare il volo, un momento propizio.
Al segnale della musica vi tuffate nel vuoto e poi aprite le ali e volate... volate verso
un'isola lontana, l'isola della vostra esistenza, andando a vedere “l'essenza” della
vostra vita, andando a vedere il vostro “infinito”, il vostro “divino”, il vostro
“esistere”. Quando la musica tende a diminuire l'isola è sempre più vicina fino a che
atterrare e ritornate uomini, quando giunge il silenzo ecco che appare fronte a voi un
enoreme schermo di colore bianco, (o in alternativa un grande specchio) voi prima
toccate lo schermo con la mano e poi vi entrate introducendovi dentro una stanza che
contiene quello che stavate cercando.
Adesso facendovi sempre guidare dalla musica pensate alla vostra essenza (Anima) e
visualizzatela allungando le mani fronte a voi come per concentrare voi stessi
(esercizio 4.3). Adesso individualmente comincerete il simbad. Potete mimare
fisicamente voi stessi nella stanza del simbad. Per visualizzare la parte animica
allungate il braccio sinistro (destro se siete prevalentemente mancini) in accordo
all'esecuzione dell'esercizio 4.3.
Per visualizzare Mente inspirare e sollevate il capo, la testa insieme al collo è come
un altro vostro arto e tramite essa manovrate la vostra mente. Analogamente in
accordo con l'esercizio 4.3 con l'altro braccio visualizzerete Spirito. Potete espandere
dentro di voi ogni singola parte (spingendo il parassita) utilizzando i movimenti delle
braccia e della testa (esercizio 4.3).
Per unire la triade giungete le mani intrecciando le dita e portatele a toccare il vostro
naso. MUSICA: MOICANI (The last of the mohicans - TREVOR JONES , RANDY EDELMANN)

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Capitolo 6: Lavori di gruppo e risoluzione delle emozioni

L'insieme dei semplici esercizi proposti ha l'intento di portare l'esecuzione della


simulazione finale (5.1) al massimo grado di naturalezza e spontaneità. Chi si
appresta con la giusta volontà all'esecuzione corretta di tutti gli esercizi proposti
dovrebbe riuscire a compiere l'esercizio di simulazione finale “per istinto” e
cominciare prima a comprendere e poi a riconquistare completamente l'insieme dei
meccanismi di comunicazione archetipica che permettono la comprensione delle parti
della triade umana.
La gestualità, le sensazioni, gli sguardi, l'espressività del corpo, sono tutti mezzi di
comunicazione che servono alla comprensione di noi stessi.
Molti addotti all'inizio del loro cammino (e non solo) si rammaricano del fatto che
non riescono a vedere Anima, oppure, anche se la vedono, non riescono a parlarci.

“perchè Anima non parla?” oppure “perchè non capisco cosa dice Anima?”

queste sono le frasi più comuni che molti addotti pronunciano per manifestare
l'incapacità di dialogare con la propria parte animica.
In realtà questa incapacità si riconduce ad un errore banale che molte persone fanno;
l'errore consiste nel pensare sempre che l'unico mezzo di comunicazione possibile è
la parola.

Scopo principale del metodo dell'A.T.TO.R.E. è risvegliare nelle persone la


comunicazione del corpo, o in modo più generale, l'insieme di tutti i meccanismi di
percezione e comprensione tipici di una comunicazione archetipica.
Una persona che comunica con se stessa (e con gli altri) non solo in modo verbale
ma anche per archetipi è in grado di comprendersi (e di farsi comprendere) in modo
completo.
Comprendersi in modo completo significa anche avere la capacità di decifrare gli
archetipi che stanno alla base di ogni comunicazione.

Nell'esecuzione degli esercizi proposti, esiste una corrispondenza diretta tra le


difficoltà di alcune persone nello svolgere degli esercizi ben precisi e quello che è la
loro condizione “emotiva” o il livello consapevolezza di coscienza legata al
fenomeno delle adduzioni. Questa corrispondenza è resa possibile dal fatto che ogni
gesto fisico riflette il nostro subconscio.
Così una persona dal carattere debole, con complessi di inferiorità e che tende ad
isolarsi, ovvero che non è avvezza al contatto con le altre persone per paura di un
ipotetico confronto, svolgerà gli esercizi visti avendo problemi nel manifestare i
concetti di potenza, di forza e di coraggio tramite i movimenti del corpo (e non solo).
Nel contesto di un lavoro di gruppo queste difficoltà possono essere superate
facilmente intraprendendo un insieme di esercizi collettivi il cui obiettivo è
sviluppare la socializzazione, la fiducia, l'attenzione, tra gli elementi del gruppo.

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Riprendendo gli studi di Moreno il gruppo può fare leva per la realizzazione dello
psicodramma individuale.
Nella realizzazione di lavori di gruppo il coordinatore (nella figura del regista o
maestro di recitazione) deve conseguire due obiettivi principali.
Il primo obiettivo è creare una omogeneità e compattezza nel gruppo. Il gruppo
“coeso, compatto, omogeneo” serve per costruire l'organismo collettivo, ovvero per
dare forma ad una identità e conformità del gruppo.
Ogni individuo che compone il gruppo, con le proprie individuali caratteristiche
caratteriali, emotive, espressive, partecipa a dare un carattere, un'emotività, un
insieme di elementi espressivi, al gruppo collettivo. Tutto questo si realizza solo
quando i componenti del gruppo imparano a identificarsi oltre che nella propria
persona anche come parti necessarie al gruppo (per dare senso alla frase “noi siamo
il gruppo”).
Il secondo obiettivo è suscitare una crescita individuale per ogni membro del gruppo
che sia traino per la crescita collettiva. Ciò si realizza con il confronto e con
l'espressività archetipica di ogni individuo che esegue gli esercizi interagendo con gli
altri.
Vediamo dunque di proporre un percorso di esercizi collettivi che punti alla
realizzazione degli obiettivi di cui abbiamo parlato in precedenza. Per tutti gli
esercizi seguenti basta utilizzare un metromono che scandisce il tempo di
esecuzione.

6.1 Muoversi nello spazio


Con una appropriata musica di sottofondo a volume
moderato gli elementi del gruppo devono muoversi nello
spazio scenico compiendo traiettorie dritte e cercando di
coprire l'intero spazio.
Il ritmo del movimento dev'essere collettivo per cui ogni
individuo deve muoversi alla stessa velocità. Ogni
individuo si muove puntando prima con lo sguardo dritto
una direzione ed in seguito seguendola.
Il gruppo deve muoversi come un insieme di biglie che
rimbalzano lungo le pareti di un contenitore.
Evitare il movimento circolare del gruppo e le code; nessuno deve seguire la
traettoria di altri. Durante il movimento ogni singola persona deve liberare la mente e
fare attenzione al proprio corpo, deve focalizzare metà della sua attenzione all'ascolto
del proprio corpo e l'altra metà all'ascolto con gli altri. Dopo un pò di tempo (almeno
quache minuto) i componenti del gruppo dovranno salutarsi ogni volta che si
incrociano, prima con soli sguardi, poi con gesti, in seguito anche con parole e
variando anche il modo (lo stato d'animo) con il quale salutano gli altri.

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6.2 Muoversi nello spazio a tempo
Con l'ausilio di un semplice metromono il gruppo deve muoversi nello spazio
(utilizzando sempre le indicazione dell'esercizio precedente) a tempo con lo scandire
dei battiti del metromono. Variare dunque la velocità del metromono (sia aumentando
che diminuendo il ritmo) ottenendo un adattamento dei movimenti del gruppo.
Interrompere anche il suono del metromono all'improvviso volendo ottenere il blocco
istantaneo dei movimenti del gruppo.

6.3 I magneti
Dividere inizialmente il gruppo a metà. Una metà sono i poli positivi di un magnete e
l'altra metà sono i poli negativi. I poli di segno diverso si attraggono mentre quelli di
segno uguale si respingono. Mettendo una musica appropriata il gruppo diviso
tornerà unito muovendosi e seguendo la dinamica dei magneti.

6.4 La mela fantasma e i sentimenti reali


Con una appropriata musica di sottofondo il gruppo si muove nello spazio secondo le
solite indicazioni degli esercizi precedenti. Si sceglie un elemento del gruppo che
mimando di possedere in mano una mela la dovrà passare a chi incrocia nella propria
traettoria. Bisogna evidenziare a livello fisico che si tratta di una mela o quantomeno
di un frutto, producendo anche eventuali rumori attinenti (ad esempio mordendo la
mela e producendone il suono del morso). Ogni persona dopo avere dimostrato che è
una mela dovrà passare quest'ultima ad un altra persona.
- mela pesante -
Si fornisce in seguito l'indicazione al gruppo di pensare che la mela che si sta
passando all'altro sia pesantissima e dura.
- azione e tempo -
Proseguendo nel movimento con tali tipi di passaggi si sostituisce in seguito la
musica con un metromono che scandisce il tempo dell'intera azione. Ogni gesto, ogni
movimento, ogni eventuale suono prodotto o parola dev'essere in sincronia con il
tempo scandito dal metromono. Proseguendo nel movimento con tali precedenti
indicazioni. Imporre al compimento delle variazioni del tempo un ritmo lentissimo.
- mela preziosa -
Rimettendo la musica di partenza si fornisce l'indicazione al gruppo di pensare che la
mela che si sta passando all'altro sia qualcosa di prezioso e di innestimabile valore.
- azione e tempo -
Analogamente, proseguendo nel movimento con tali tipi di passaggi si sostituisce in
seguito la musica con un metromono che scandisce il tempo dell'intera azione. Ogni
gesto, ogni movimento, ogni eventuale suono prodotto o parola dev'essere in
sincronia con il tempo scandito dal metromono. Proseguendo nel movimento con tali
precedenti indicazioni. Imporre al compimento delle variazioni del tempo un ritmo
lentissimo.

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-- sentimenti --
Rimettendo la musica iniziare fare ripetere l'intero esercizio sostituendo la mela
pesantissima con “forza” e la mela preziosa con “amore”. L'oggetto mela è stato
sostituito con “forza” prima e con “amore” dopo. Ogni individuo nel gruppo deve
manifestare il passaggio di tali concetti nel momento dello scambio con i compagni.
Chi riceve lo scambio deve “godersi” cosa ha ricevuto e “farlo suo” prima di passarlo
ad un altro membro del gruppo. Si ha dunque.
– forza -
– azione di forza a tempo -
– amore -
– azione d'amore a tempo -

6.5 I due pendoli


Formare delle coppie nel gruppo. Una volta che ogniuno ha capito chi è il proprio
compagno la coppia si divide, il gruppo si mescola e comincia con una musica
appropriata a muoversi nello spazio. Si fornisce in seguito un segnale e il gruppo
deve riformare le coppie che si dispongono nello spazio in modo omogeneo e tale da
coprirlo tutto. Senza interruzioni ogni coppia i cui membri sono disposti l'uno fronte
all'altro svolgeranno in sincronia i movimenti l'esercizio 3.7 di modo che nel
momento di loro massima oscillazione ogni persona sia il più possibile vicino al
compagno quasi a sfiorarlo ma non a toccarlo. Ogni membro di una coppia deve
riuscire ad oscillare il più vicino possibile al compagno (che segue tale movimento)
senza perdere l'equilibrio e senza toccarsi.

6.6 La bilancia
In modo analogo all'esercizio precedente formare delle coppie nel gruppo. Una volta
che ogniuno ha capito chi è il proprio compagno la coppia si divide, il gruppo si
mescola e comincia con una musica appropriata a muoversi nello spazio.
Si fornisce in seguito un segnale e il gruppo deve riformare le coppie che si
dispongono nello spazio in modo omogeneo e tale da coprirlo tutto.
Senza interruzioni gli elementi di ogni coppia terranno il proprio compagno per le
mani a braccia tese e insieme ad esso piegheranno le ginocchia abbassandosi e
portando il corpo nella posizione più bassa possibile.
-
Fare eseguire dunque l'insieme di tutti gli esercizi proposti nei capitoli precedenti (ad
esclusione della simulazione finale 5.1) alternando tra ogni esercizio il movimento
dello spazio del gruppo (6.1). In particolare, a partire dal movimento dello spazio,
utilizzando la musica di sottofondo dell'esercizio da svolgere, richiamare il gruppo a
posizionarsi fronte a voi in modo da coprire l'intero spazio scenico e in modo che
ogni membro del gruppo abbia un certo spazio entro cui muoversi senza toccare gli
altri del gruppo.

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Realizzato ciò dare le indicazioni dell'esercizio in modo chiaro e nel caso fare
accennare i movimenti dell'esecuzione dell'esercizio. Spiegato l'esercizio il gruppo
riprende il movimento nello spazio per un certo tempo (un paio di minuti o più
purchè lo reputate sufficiente), tempo durante il quale gli attori muovendosi prima
analizzano l'esercizio e poi lo eseguono “mentalmente”, in accordo ai punti 3) e 4)
dello schema esecutivo del capitolo 3.
In seguito richiamare il gruppo a posizionarsi nello spazio in modo analogo a quanto
fatto all'inizio e poi ad eseguire l'esercizio.

Per lo svolgimento dell'esecuzione finale (5.1) potete fare eseguire solo la parte che
precede l'esecuzione del simbad. Per realizzare tale parte, facendo disporre gli attori
nelle loro posizioni, spiegate in silenzio (e quindi senza musica) il contenuto
dell'esercizio non accennado nessun movimento e dando nel completo “silenzio”
qualche minuto agli attori per analizzare e realizzare mentalmente quanto avete
spiegato. In seguito, fate eseguire la parte dell'esercizio 5.1 (senza simbad)
direttamente secondo le relative indicazioni facendo partire direttamente la musica
corrispondente.

Capitolo 7: Conclusioni

Tutto il lavoro proposto può essere realizzato tranquillamente con efficacia sia da soli
che in “gruppi di lavoro”, si delinea un percorso efficace per realizzare un
laboratorio delle emozioni, dove i partecipanti individualmente realizzano un
percorso verso la riscoperta di se stessi, ma collettivamente (se coordinati a dovere)
possono stimolare positivamente con successo gli altri.
Vista la semplicità degli esercizi che sono molto vicini all'uso di gesti quotidiani e
l'orientamento all'incremento del benessere personale, reputo (ad eccezione del
simbad interno all'esercizio finale) che non esistono forti rischi di interferenze
negative tra i soggetti, per cui, più addotti con MAA diverse possono lavorare nello
stesso spazio senza particolari problemi, per la stessa ragione per cui gli addotti
camminano, vivono ed interagiscono tra di loro e tra i non adotti nella vita di ogni
giorno. La manifestazione delle MAA o di parassiti quali lux od horus sono
fortemente limitate dalla forza dirompente delle emozioni positive. Le forti emozioni
sono inarrestabili, e l'alieno che non è in grado di bloccarle si trova completamente
spiazzato. I lux tenderanno inutilmente ad abbassare il livello di gioia e rilassamento
che prova l'addotto durante l'esecuzione degli esercizi. Viceversa, l'alieno
comunemente detto “ringhio” cercherà di innervosire il soggetto per deconcentrarlo.
L'horus invece cercherà di indurre un senso di confusione mentale all'addotto,
confusione però che viene fortemente smorzata e quasi sempre azzerata in modo
simile alle altre azioni di interferenza dall'uso del corpo. L'utilizzo del corpo e del
movimento è un forte canalizzatore delle emozioni. Il seguire volutamente un

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movimento rende l'addotto come ad essere su due binari da cui è molto difficile
deragliare. I movimenti del corpo creano “sicurezza” all'addotto, perché, nella vita
quotidiana del corpo, l'addotto è per la maggioranza del tempo l'unico a potere
decidere se aprire o chiudere una mano, ed un adotto, in quanto persona, più aprire e
chiudere una mano in qualsiasi momento. Se si associa al movimento della mano un
significato particolare allora il manifestarsi di tale significato non può essere bloccato
“sempre” dall'alieno.
Coloro che inoltre riescono a sentirsi in prima persona fortemente Anima possono
indebolire fortemente o eliminare alcuni parassiti semplicemente con alcuni gesti.
Il movimento dell'apertura delle braccia eseguito nel modo che abbiamo proposto
(esercizio 3.2 + 5.1) permette spesso di allontanare alcuni parassiti identificati come
molti addotti dal termine “ombre nere” o “seppie nere” (che quasi sempre coincidono
con la presenza del “ringhio”).
Analogamente, con il medesimo movimento, le manifestazioni della presenza del
lux, (quali manifestazione fisica più comune agli addotti come “peso allo stomaco”
ed manifestazione emozionale come “ansia e tristezza”), possono essere
notevolmente ridotte e in alcuni casi si ottiene anche l'allontanamento (momentaneo)
del parassita stesso.
In modo ancora analogo, la confusione mentale dell'horus può essere ridotta e
annullata con i medesimi movimenti.
Per i più “sciamani” esistono una miriade di altri utilizzi che hanno peso rilevante
(cause ed effetti) anche nel rapporto con gli altri e in genere con il mondo ma che non
voglio qui approfondire perché essere troppo sciamani non aiuta certo l'addotto a
liberarsi.
Riguardo al peso dell'instaurarsi di tali meccanismi sugli eventi di abduction,
l'addotto non ancora libero in modo definitivo, tenderà fisicamente (e mentalmente)
ad assumere certe posture per richiamare alcune emozioni o risvegliare con successo
la parte animica quando si trova davanti a chi vuole aggredirlo.
In genere l'addotto riconosce dentro di se Anima (soprattutto) Spirito e Mente e delle
rispettive emozioni (sensazioni, stati d'animo, percezione, quasi distinti modi di
essere-esistere) che caratterizzano ogni membro della triade, acquisendo un
meccanismo forte di dialogo archetipico con la triade.
Non si parla dunque di identificare solo visivamente una componente della triade ma
si punta a comprendere qual'è l'impatto, il modo in cui la componente ci appartiene
(in che modo siamo quella componente) e come quella componente fa esperienza di
vita-morte.
In una persona che ha compiuto in modo corretto e a fondo il percorso proposto in
questo documento, l'utilizzo dei movimenti assunti solo a livello “mentale” (ovvero
simulati mentalmente) provoca un corrispettivo emozionale (e dunque una reazione)
corrispondente a ciò che ha provato la persona nella vera azione fisica.

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Dall'applicazione della musica agli esercizi, avviene la stessa cosa, ovvero
ascoltando la musica corrispodente (soprattutto la musica della simulazione finale
5.1) si richiamano le stesse emozioni.
Questo significa che all'interno di una simulazione mentale, quale ad esempio un
SIMBAD, una persona può indurre una determinata emozione immaginando in esso i
movimenti corrispondenti. Si riesce dunque con efficacia ad introdurre i meccanismi
della memoria emotiva e sensitiva all'interno delle simulazioni mentali.
La programmazione di associazione tra l'emozione e il movimento del metodo
dell'A.T.TO.R.E ha inoltre il notevole vantaggio nel mantenersi consistente. Poiché la
fase di predeterminazione ed analisi dei movimenti avviene in modo conscio (mentre
l'esecuzione avviene nel modo più inconscio possibile per mezzo della coscienza), il
“programma” che si instaura nel cervello è un comando irreversibile perché è
agganciato a una emozione, prima manifestazione dell'archetipo. Poiché l'archetipo
non si può cancellare (e quindi neanche l'emozione), e l'emozione è agganciata al
corpo, allora il programma non si può eliminare. Il corpo, prolungamento del sistema
nervoso centrale, ovvero del cervello, è una memoria non cancellabile.
Visto inoltre che l'esecuzione dei movimenti è ottenuta per mezzo della coscienza e
che il processo di espansione della conoscenza della coscienza è irreversibile allora
ne deduco che la programmazione movimento-emozione è anche non modificabile (-
forse ? - sicuramente un esperto ipnologo può dire una maggiore verità a riguardo).

Il possedere un corpo dunque è un potente vantaggio rispetto al problema delle


interferenze aliene. L'unica cosa che potrebbero fare gli alieni per contrastare una
tecnica psico-corporale quale una simulazione mentale-corporale sarebbe
manifestarsi 24 ore su 24 al soggetto addotto e cercare di assumere il controllo del
corpo ma portandosi però nella sconveniente posizione di “giocare a carte scoperte” e
non potersi più nascondere.
In questo documento sono stati presentati pochi e semplici esercizi per non annoiare i
lettori. Tali esercizi rappresentano solo una traccia facilmente sviluppabile. In un
contesto di laboratorio potrebbero essere sviluppati ed applicati con estrema facilità
molti altri esercizi e anche varianti di essi indirizzati a realizzare LGO o simbad
collettivi (si può ad esempio, tramite l'esercizio 5.1 fare “volare insieme” più persone
verso la matrice). Si necessita, oltre che di preparazione, semplicemente di fantasia.
I risultati migliori di tale tecnica si raggiungono se l'insieme degli esercizi, (ad
esclusione del simbad interno all'esercizio del capitolo precedente), vengono eseguiti
in gruppo e guidati da un istruttore. Il “gruppo” e le capacità di un buon istruttore
(che è in sostanza come un regista) hanno un peso rilevante nella presa di coscienza
individuale.
L'esercizio finale (5.1) è una variante e composizione di molti esercizi svolti presso
molti laboratori teatrali.

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Durante l'esecuzione dell'esercizio finale è possibile che alcuni allievi alla
conclusione di esso non ricordino per qualche istante più quello che hanno
immaginato e visto nella mente durante la loro esecuzione (ad esempio non ricordano
più il paesaggio che hanno visto volando). Il ricordo ritorna dopo qualche istante
accompagnato da tutte le emozioni e in ogni caso risulta facilmente richiamabile
accennando nuovamente le gestualità dell'esercizio.

Questo distaccamento momentaneo dei ricordi sembra avvicinarsi a quanto avviene


nelle ipnosi regressive dove spesso chi si sottopone a tale pratica non ricorda cosa ha
visto o detto.
Il distaccamento momentaneo sembra essere dovuto principalmente alla forte
esecuzione di tipo istintivo (guidato dalla coscienza) che caratterizza tale tipo di
simulazione.
Molte persone, soprattutto se hanno realizzato il percorso di A.T.TO.R.E. in un breve
stage (2-3 giorni) coordinato a dovere, alla fine dell'esercizio finale si sentono
emotivamente cambiate. Sparisce la paura, la frenesia degli impegni e si vede tutto in
modo diverso (a partire da piccole cose, come ad esempio accorgersi di un cartello
stradale o una vecchia casa che su una strada percorsa per anni, ogni giorno, non si è
mai visti prima anche se la casa ed il cartello sono cose che esistono in quel luogo da
sempre).

La tecnica dell'A.T.TO.R.E. è a mio avviso, con le dovute modifiche, applicabile


anche a contesti particolari. I bambini ad esempio possono facilmente giocare con il
corpo e le emozioni. Visto che i bambini possiedono ancora un istinto mimico non
soffocato ma prepotentemente attivo, una opportuna modifica del linguaggio per
esprimere gli esercizi ed una opportuna realizzazione alternativa di una simulazione
finale possono creare una risoluzione (o cominciare a suscitare una reazione) del
problema abduction nell'individuo non adulto.

Per una applicazione in tale senso ultimo, confido su quei lettori che hanno una
formazione e conoscenza adeguata sull'argomento per potere realizzare quanto io ho
semplicemente indicato.

In conclusione di questo documento posso affermare in modo generale che la


metodologia qui proposta rappresenta solo uno spunto per creazioni individuali.
Chiariti i meccanismi del metodo dell'A.T.TO.R.E., la persona nella sua individualità
può riscoprire l'istinto mimico, i meccanismi di associazione tra corpo ed emozione,
e usare tutto ciò nel comunicazione con il proprio io e con il mondo.
Chiunque, sulla base di quanto esposto, può realizzare nuovi esercizi o varianti di

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quelli proposti in questo documento, manifestando così le sue idee (archetipi) nel
modo più completo possibile.

Come diceva Carl Gustav Jung :


“Questa intera creazione é essenzialmente soggettiva, e il sogno é il teatro dove il sognatore é
allo stesso tempo sia la scena, l'attore, il suggeritore, il direttore di scena, il manager, l'autore, il
pubblico e il critico.”

Bibliografia

• Il lavoro dell'attore su se stesso ( Stanilavskij Konstantin S. Ed. Latenza)


• Centro Internazionale Studi di biomeccanica teatrale:
http://www.microteatro.it/public/cisbit/it/content/default.asp
• Il metodo Mimico di Orazio Costa (CDRC Firenze): http://www.cdrc.it/mmlOraz.html
• Il teatro come tecnologia del sé (Cavallo Michele):
http://www.baab.it/ilpatafisico/index.php?mod=read&id=1246273330
• Appunti di Biomeccanica Teatrale (sconosciuto):
http://doc.studenti.it/appunti/ricerche/2/biomeccanica-teatrale.html
• Esercizi respiratori raccomandati ai pazienti BPCO Broncopnemopatia Cronica Ostruttiva
(U.O.S.D. Riabilitazione Respiratoria): http://www.google.it/url?
sa=t&source=web&ct=res&cd=1&ved=0CAsQFjAA&url=http%3A%2F
%2Fwww.pazientibpco.it%2Fimmagini%2FBPCO%2520Opuscolo%2520Esercizi
%2520Respiratori.pdf&rct=j&q=Esercizi+respiratori+raccomandati+ai+pazienti+BPCO+Br
oncopnemopatia+Cronica+Ostruttiva&ei=KVmOS8jKMoWZ_Qaen5iEDQ&usg=AFQjCN
FMhGWf0IgFgkOJRwsHKewMiC9MiA
• Alien Cicatrix (Malanga Corrado) : http://www.ufomachine.org/download/file/95-alien-
cicatrix.html
• Alien Cicatrix II (Malanga Corrado): http://www.ufomachine.org/download/file/95-alien-
cicatrix.html
• Simulazioni Mentali (Malanga Corrado): http://www.ufomachine.org/download/file/91-
simulazioni-mentali.html
• Archetipi (Malanga Corrado): http://www.sentistoria.org/index.php?
option=com_joomdoc&task=doc_download&gid=16&Itemid=61&lang=it
• Archetipi II (Malanga Corrado): http://www.sentistoria.org/index.php?
option=com_joomdoc&task=doc_download&gid=17&Itemid=61&lang=it

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