Sei sulla pagina 1di 10

IL CONCETTO DI CORTE

di Sergiu Bertelli

La co e, scriveva nella sua lconotogia Cesare Ripa, "d una unione


d'huomini di qualitd alla servitir di persona segnalatae principaler.
Per Tommaso Garzoni da Bagnacavallo,che dedicavaal duca Alfon-
so d'Este la sua Piqzzq universale di tutte le professioni del mondo'z,
le corti del suo tempo erano diventate, invece, "un collegio d'huomi-
ni depravati, una raunanza di volpi malitiose, un theatro di pessimi
satelliti, una scuola di corruttissimi costumi et un refugio di disone-
stissimeribalderie" e aggiungeva:"fu posto questo nome di Corte al-
le casede' Prencipi, nelle quali in effetto tutte le coseson corte e bre-
vi, se non ia maligniti. e le nequizie, che son perpetue". Ma si tratta-
va qui rii un topos, del quale ci sono rimaste anrpie tracce nella lette-
ratura di corte cinque-seicentesca,tra cui il celebte Menosprecio de
corle del vescovo spagnolo Antonio de Guevara', ma che risaliva al-
merlo alla metd del Quattrocento, con la lettera di Enea Silvio Picco-
lomini a iohann Eich, del 1444 (1" ed. 14'13),rlcalcaia s:ulDe merce-
de conductis potentium JamiliarlDas di Lucianoa.
Dovendo descrivere una corte-tipo, per il proprio manvale Del go-
verno della corte d'un Signore in Romas , i\ fiorentino Francesco Pri-
scjanesela immaginava "di personecento sette e di cavalcaturequa-
ranta: la quale non mi pare n6 troppo grande n6 piccola, ma onesta

I C Ripa, Iconotogia, overo Descritt[one (le diyerse ifiagini cavote dall'antichifu


(1591),R o m a ,
F a c i i , 1 6 0 1, p . 9 .1 .
2. T. C;rzoni. La piazaa unrt'ersate di tut te te poJessioni del mando, Venetia, So-
mas c ho , l 5 E i .
3. A de Cnevara, Llbto ttamado Menosprecio (ie cafte
- ! atabanca de atcled, Valla-
oolid, 15 3 9 : \ l a d r i d , N t . I ta r r in e z d e Bu r g o s, t9 4 2 .
'{. ES. Piccolomini, De curialiun miseriis epblola, a cura di W.P. Muslard, Balti-
more. Th e J o h n s
H o D [ i n 5 p r e ss. I9 7 8 .
F. P , i . " i " n " , . , 6 e l g o ve r n o d e lto r ctte d u n sig n o r c in Rohtu, R on,a, P ri sci dne.e,
,.5
'" r; luta d i C a s t e l l o . B a r r o cci. 1 8 8 1 .
t42

molto". Per una curiosacoincidenza, Ia "famiglia" del cardinale


AlessandroBichi( t 1657),descrittaci
minuziosamente da Francesc
Liberati ne II perfetto Maeslro di casa6, assommava esattamerue a
109 persone, includendo nel conto Sua Eminenza, il suo Maggiordo-
mo, il Soprintendentegenerale, il lr'laestro di casa, il Cavallerizzo
maggiore e I'Auditore. In questealte cariche di palazzo noi cogliam6
le prime funzioni di una corte, indipendentementedalle sue dimelsro_
ni: la conduzione del palazzo e il controllo della sua vita interna.
l'amministrazione del patrimonio e quella della giustizia, per il rggq-
lamento di quelle che erano definite "cause minori", che potessef6
insorgeretra i sottoposti del Signore, o tra costoro e gli estranei.per
esserepii chiari, si tratta di un nucleo di funzionari e di magistrari,
in numero variabile e commisurato all'estensionedelle terre infeudate
e all'ammontare dei redditi. La sua presenzad essenzialeperchdsi
possa riconoscereuna corte in una "unione d'huomini" raccolti at.
torno a "persona segnalatae principale". A questo nucleo, che svol-
ge Ie funzioni primarie ed elementarid'una qualsiasisignoria (di "ge-
verno"), si aggiungerannonaturalmente gli impiegati (ufficiali) e gji
addetti alle diverse cancellerie,i servitori, i soldati della guardia.
ln questo sensola corte potrebbe identificarsi con lo Stato e in ef-
fetti essa ha in s6, almeno embrionalmente, tutte le funzioni dello
Stato: dal eoncistorium o consiliutn, che al vertice affianca il Signore
in tutti i suoi atti (primo fra tutti quello della giustizia, fungendoda
tribunale supremo e al quale, spesso,partecipanoi famigliari piir vicr-
ni al Signore, corie i suoi fratelli) alle varie cancelleriee ai vari dica,
steri, con compiti fiscali e amministrativi. Ma la corte preseDtaanche
tratti concretamenteindividuabili e che solo in parte coincidonocon
lo stato. La corte C, infatti, il luogo fisico in cui vive il Signoree do-
ve, con lui, vivono le personedestinateal suo servizio. Poichd si trat'
ta di una struttura centrifuga, che ruota attorno alla figura del Doni-
zas, sard necessarioche personalee uffici coincidano con il luogo in
cui il Signore vive e che d fisicamentedistinto dal territorio a lui sot'
toposto. Il palatium, il csslrunt, il caslellum non sono infalti solola
residenzadel Signore e il luogo in cui si esplicaI'attivith burocratico-
amministrativa e giudiziaria. Sono anche i luoghi in cui funzionari,
magistrati e cortigiani, paggi, servi e soldati vivono e si ammassano'
Perche il rapporto di ciascunodi essicol Dontinus d diretto, d un vin-
colo personaleche ripete, per infiniti gradi, il rapporto feudale.Essi
non hanno venduto la propria forza lavoro, ma il proprio corpo. So

6. F, Ljberari, Il pterT|to di casa dirito il trc libri. Roma, Michele Flercolc,


l6(68). ^oo,ro
143

no corpi del Signore, a sua disposizionenel luogo in cui egli vive. Co-
me le api in un alvearecircoldano l'ape regina, cosi essi lo circonda-
no materialmente coi loro corpi e 1o servono (non a caso questo
esernpio,col motto "Maiestate tantum". e raffigurato sul piedistallo
della sratua equestredi Ferdinando I de' Medici). ll cubiculum (la
stanzada letto del soyrano) e il centro dell'intero sistema.Le distanze
gerarchichetra i membri della corte sono misurate sulla base del rap-
porto prossernico che ciascuno di costoro ha con il cubiculum.
L'eventualepresenzadi una consortedel Signore, la Domino, non fa-
rd che riprodurre all'interno del sistemala struttura primaria, trasfor-
mando la corte - salvo per gli organismi.di governo - in una strut-
tura binaria, che la dividerd in un androceo e in un gineceo; ma il
rapporto delle ancelle con la Dotnina sare ugualmente un rapporto
diretto, personale, al pari di quello col Dominus.
La corte si presentacosi, in termini sociologici, come vna regione
cftiasa,all'interno della quale si producono delle interrelazioni obbli
gate e condizionate dal costante, reciproco contatto che si stabilisce
fra tutti i suoi membri nei confronti dell'esterno(la citta. il territorio
nel cui perimetro essasorge)-La teoria della sacraliti del monarca ac-
cent[a questa separatezzqtrasforma lo spazio della corte in un recin-
to sacro. In effetti, la funzione del Signore non d solo quella di go-
vernare e di giudicare. Egli rappresentail suo popolo, i suoi sudditi
verso dio, prega per loro nella propria cappella, riveste funzioni sa-
cerdotali- La teoria del potere discesoper diritto divino, gie presente
nell'Impero romano d'Occidente, d particolarmentesviluppata in eta
cristiana a Bisanzio. Qui I'imperatore i un Christomimeles, un Cristo
incoronato, In questi fondamenti reiigioso-sacralidel potere gli ele-
menti assolutisticid'etd romano-imperiale(che facevano dell'impera-
tore un d/vrls) si fondono nella sfera cristiana e l'imperatore diviene
l'ogg€tto di un nucvo cuito, che trasforma dio in un suo collaborato-
re. Il luogo dove sieded coperto da un baldacchino(o da un ciborio)
a simboleggiarela volta celeste;quando escein processionei circon-
dato da fiaccole, che richiamano la luce solare. I silentisrii impongo-
no il silenzio al suo apparire in pubblico, tl Praepositus sacri cubiculi
veglia sulla tranquillita del palazzo imperiale, come in un santuario.
Un tempo gesto di adorazione e di preghiera, la genuflessione(Pros-
kynesis) gli e tributata da chi gli si avvicini, spesso accompagnata dal
bacio del piede o del ginocchio.
Si tratta di un cerimonialeche sard in molta parte assimilato dalla
corte papale romana e da quella carolingia di Aquisgrana, spanden-
dosi di qui per tutt€ le corti minori d'Occidente. Ma direi che questa
sacralite del territorio al cui centro sta il Signore d presente,c d co-
144

munque rivendicata anche nelle pir) piccole corti e persino in etd


ayanzata. N€ sono solo gli atti d'un cerimoniale che ripete gti omaggi
tdbutati al sovrano d'Oriente, sia pure talvolta in forme meno esa-
sperate, ad avvertircene. Una spia semanticamente valida del concetto
di sacro attribuito al luogo dove risiede il Signore pud esserefornita,
nelle sue manifestazioni piir tarde, da quel "didtto d'asilo" che ogni
palazzo nobiliare pretenderir, ancora in pieno Seicento.
In quanto regione chiusa, la corte finirir per avere al suo interno
una giustizia propria, circoscritta ai suoi membri e distinta da quella
dello Stato. Il tribunale del preposito del sacro cubicoio, del Maestro
di casa, ha una giurisdizione tutta particolare, che si arresta di fronte
al portone del pslalium, alla porta del castello o delle mura che re-
cingono gli edifici delia corte. Esso ricorda quel consilium onciano-
rum che nell'eta del primo Comune ritagliava una propria giustizia
all'interno degli edifici entro i quali si ammassava la famiglia patriar-
cale a lignaggio aperto, distinguendosi dal resto della cittd. Come il
patriarca e gli anziani del clan avevano potere solo sui loro famigliari
pii giovani, cosi il Maestro di casa giudicava solo all'interno ciel
gruppo umano che occupava gli edifici, i locali della corte. Riunire in
un sol luogo fisico una massa pur sempre ragguardevole di uomini e
di donne rappresentd un problema costante, nel medioevo come nella
prima etiL moderna. Gli "ordini" che ciascuna corte si davd scandiva-
no rigidamente la vita quotidiana degli abitanti della reggia, del ca-
stello, del palazzo. Essi servivano a regolare le relazioni reciproche
cosi come una rigida struttura gerarchica serviva a distanziare. Chrusa
verso I'esterno, la corte diveniva in tal mondo una regione aperto al
suo interno, per i coinvolgimenti reciproci che si instauravano tra per-
sone di uguale grado o gerarchicamente inferiori, ma accomunate dal-
la loro contestuale appartenenza a uno stesso gruppo.
Chiusa dunque verso I'esterno, rigidamente organizzata al proprio
interno in un codificato insieme di norme comportamentali tese a di-
stanziare (ma anche a salvaguardare spazi personali), non mi sembra
tuttavia che la corte possa definirsi un sistema classista in miniatura,
come ha fatto il sociologo tedesco Niklas LuhmannT, dal momento
che quelle gerarchie erano stabilite dalla volontd del Signore (talvolta
dal suo capriccio), non dalla produzione del reddito.
Naturalmente questa capacite di imporre una propria giurisdizione,
di salvaguardare una identite era rapportata all'intensia del potere
politico-sacrale goduto dal suo Signore. Questo potere, per tutto il
medioevo e per tuita la prima etd moderna d stato sempre visibile. Bi-

7- N. Luhmanr,Struttwadellasociefie semantica,
Bari, Lalerza,1983.
145

sanzio,che rappresentaI'apice dell'elaborazionedi un rituale connes-


so alla sacralita, d stata anche la piu attenta a regolare il vestito dei
suoi ufficiali e soldati, rapportandolo ai gradi gerarchici,alla posizio-
ne socialeche a ciascunnrembro della corte era assegnata.I colori, le
foggedelle tuniche, gli ornameoti: tutto indicava visivamenteI'appar-
lenenzadella persona al palazzo imperiale e il posto ricoperto nella
gerarchiadelia corte. Un problema che sara presenteanche nella cor-
te carolingia cosi come nelle piir moderne corti rinascimentali e che
non puo certo dirsi trascurato da quelle ecclesiastiche.Esploderd di
nuovo in fornra quasi ossessivain quella che sarei portato a conside-
rare I'ultima delle grandi corti del passato; Versailles.
Cio che invece poteva non essererapportato al potere politico go-
duto dai Signore - almeno in una certa misura - era la dimensrone
della corte. Questa poteva infatti variare indipendentementedalle ne-
cessid dello Stato. Poteva anzi crescere talmente da divenire una pio-
vra, da entrare in conflitto con gli interessi stessi dei sudditi. Una
corte di ottocento e piri bocche, quale quella tenuta dal duca di Man-
tova e marchesedel Monferrato Federico II (-l 1540), era giudicata
eccessiva non soltanto dall'ambasciatorevenezianoBernardo Navage-
ro nella propria relazioneal Senato, ma dallo stessocardinale reggen-
te Ercole che, alla morte del fratello, la ridusse drasticamente a 350
bocche,"spendendo solamenteper le cose necessarie,che sono gli uf-
ficiali della giustizia ed altri ministri"3. Per capire in che rapponr
stessela corte coi propri suddiri, basti dire che nel bilancio dello Sta-
to farnesiano (nato nel 1545, "in una notte come un fungo", come
ebbe a dire allora il cardinale Ercole Gonzaga) le spese per la corle si
presentanoin continua ascesa.Esse rappresentanoil l29o dell'intero
bilancio statale nel 1565, ma risultano raddoppiate nel 1589e.Eppure
si trattaya di una corte che gli stessi contemporanei consideravano
modesta:"la corte del duca", scrivevaagli inizi del SeicentoFrance-
sco Maria Violardo, "d piccola, d d'una stalla di 400 cavalli col mae-
stro di stalla, un tesoriero, un pagatore o sottotesoriero, tre segreta-
, un maestro di casa, tre o quattro signori per cortegiani, otto pag-
gi, otto staffieri, la musica, il medico, otto o dieci aiutanti di camera,
il capitano delle guardie a cavallo e poi lo scalco e cuochi e simili uf-
fici bassi, uno scultore, un pittore e tre o quattro consiglieri"Io.

8. B. Navagero, rclazione in Relazioni deqli ambasciatoi |eneli al Senato, a cura di


A. Segarizzi,Bari, Laterza, I, Feffara, Uanlovo, Monfertulo, 1912p. 52.
9. M.A. Romani, Finanaapubblica e poterepolitico: it casodei Fcnese: 1545 1591,
rn Le corti fomesianedi Panfia e Piacenza(1545-)622),I, Potere e societanelo slato
Ianesiano,a cura di M.A. Romani,Roma, Bulzoni,1978,pp. 3-85.
10. cit. in M. De crazia, Ltna antica e fedele "guida" degli slai farnesiani di PaL
146

Le dimensionidella corte non rispondevanodunquealle esigenze


dello Stato e potevanoesseresbilanciateanchein relazioneai gusti,
alle passioni,allo sfarzodel Signore.Ancora a Mantova,nel 1617,il
cardinaleFerdinando,appenacostrettoad abbandonarela porpora
per raccogliere la successione dello scomparsoducaFrancesco, licen-
ziavain troncotutti gli addettiagli ottantatr€cani che la cinofiliadel
fratelloavevaradunatonei palazzidellareggia.In compenso,ad in-
dicareun diversogusto,assumeva ventunmusici.Cosi in Francia,se
Enrico III, nel 1588,diminuivagli addettialle scuderiereali da 335a
170, il suo successore! Enrico IV, li avrebbeportati a ben 69 nel
1605" .
Se la corteassolvedunquefunzionidi governodello Stato,ne dob-
biamo concludereche non si immedesima in esso,non pud identifi-
carvisi.Sardproprio questacontraddizione che ne decreteralla sua fi-
ne (o la sua imbalsamazione), che la porri in rotta di collisionecon
la sr:cietdcivilesullaqualesi appoggia.La crescita,tra Seie Settecen-
to, nell'Europaoccidentale, di un diversoe piu ramificatoapparato
stataleproduttorea sua volta di nuovi ceti, esternied estraneialla
corte, sard uno tra i piir importanti fattori di questacrisi.
Sullabasedi quanto fin qui si C osservato, potremmodistinguere la
corte, fondamentalmente, in tre tipi: a. la corte sovrana;b, la corte
signorile;c. la corte principesca o cardinalizia,intendendoper sovra-
na ogni corte il cui Signorenon riconoscasuperiore:per signorile
ogni corte il cui Signore,pur riconoscendosi feudalmente dipendente
da superioreautorite,governidi fatto sul proprio territorio(riscuota
tributi, conducauna politicaesteraindipendente, spessobatta mone-
ta); principesca o cardinaliziaogni corteche si situi all'internodi uno
stato sovranoo signorile.
Si tratterebbe,tuttavia,di una tipologiautile soprattuttoa distin-
guerei tratti esternidi una data corte, meno quelli interni.Nel senso
che ciascunacorte,per quantopiccolaessapossaessere, in quantore-
gione chiusa,rappiesentaun microcosmoteso a ripetereun identico
modello,variabilesolo per grandezza. Ogni corte,infatti, oltre a dar-
si un proprio assettogerarchicoinierno,codificai rapportidi intera-
zionein un cerimonialee in un'€tichetta,che si presentano pii o me-
no elaboratia secondadel potereacquistatodal proprio Signore,che
d orbitel taste mqker di entrambi. All'interno di grandi fascesincro-
niche,si registra,anzi, un'emulazione tra corti, una gara che mira a

tna e Piacen.a, "Archivio slorico per le PP. parmensi", XXIV, 1972,p. 16l.
ll. J. Boucher, L'atjolution de la maison du roi des deniers Vuloisaux prcniers
Bourbons,"XvIIe sidcle",XXXIV, 137, 1982,pp.359-79.
147

indicareun ordinedi precedenze rapportatoalla scaladi complessitd


dellenorme comportamentali, che il Signorestessomira ad imporre.
Ambasciatori,musici e menestrelli,artisti e letterati sono i veicoli
principalidi informazione.Ma non vannosottovalutatii matrimoni,
tra rampollidi corti anchelontane,e Ia frequentepresenza di giovani
ostaggiche corti nemichespessosi scambiavano e che, duranteIa pri-
gionia,subivanouna vera e propria acculturazione. La circolazrone
manoscritta dt notiziadignitatunte di libri cerimonialiaumentavana-
turalmentequestainformazione.La costruzione d'una nuovaresiden-
za in una data corteera subitoattentamente seguitada altre corti che
miravanoad imitarnele innovazionitecniche(d il casodi Francesco
Sforza,impegnatonella ricostruzione del castellodi Porta Giovrae
interessato a cid che l'architettospagnoloCugliehnoSagrerasravaat-
tuandonella ricostruzione di CastelNuovo per Alfonso d'Aragonaa
Napoli,nel 1455;d il casodi FedericoGonzaga,che ordinavaa Mat-
teoda Volterradi disegnare il palazzodi Urbino, "desiderosidi acco-
modarequestanostra casapro possenostro, seguendoquanto d stato
fatto ad Urbino in quel palazzo,qualeintendiamoesseresingulare").
Questaemulazione,tutravia,non togliealla corte quel caratteredi
regionechiusa,che prima si diceva.Essad infatti interna al mondo
dellecorti, non si proiettaal suo esterno.Contrariamente a quanto
ha suppostoNorbert Elias nella sua trilogia sul processodi civilizza-
zione,la cortenon dertant il bon ton nd la moda, almenosino a che
comportanrento interrelazionale e abito,/divisarestanofunzionaliad
un insiemedi regolesituazionali che vannorapportatea quel contesto
specifico.Si direbbeche I'esternocopi I'etichettae I'abito di corteso-
lo quandoquest'organismo sta entrandoin crisi e non d pii capacedi
tutelarela propria identitA.Del resto,in societAaltamentegerarchiz-
zate, dove anche esteriormente l'abito e gli ornamentiindicavano
I'appartenenza ad un ordine o ad un ceto, come quelle occidentali
medievalie della prima eta moderna,era impensabileun'osmositra
gruppisocialidistinti.Il mutamentoavverrdtra la secondametirdel
Seicento e il Settecento, quantoil poteresarapii diffuso e piir nasco-
sto, la struttura socialepiu polilitica. Fino ad allora, almeno per
l'Europaoccidentale, cerimoniale,ritualeed etichettaservironoa di-
slanziare,a individuareil vertice(la correcon tutti i suoi membri),
nel suo complesso e nei suoi singolicomponenti.L'emulazioneC tra
cortee corte,circoscrittain una rivalitdcheassumeanchevalori poli-
tlcl, se e vero che rituale, cerimonialeed etichettacontribuisconoa
sottolinearela grandezzadel Signore,lo collocanoin una scaladi
precedenze che d anchescaladi valori.
Un discorso a parte meriterebbeforse il patriziato cittadino, so-
148

nisti. Ma si notera che il suo stile di vita, pur innovando nel corso dei
Rinascimento, tende a ricreare, nei propri palazzi di citta come nelle
ville di campagna, sistemi di interrelazioni complessivi e non indivi-
duali, configurazioni. Mira, in altre parole, a riprodurre le condizioni
proprie di quella corte che si d qui definita "principesca".
Se appuntiamo ora il nostro interesse sulla corte in quanto regione
chiusa, se la studiamo ciod nei suoi rapporti sociali ini€rni e nel suo
strutturarsi, non tarderemo ad accorgerci che non d agevole ricostrui-
re un processo unitario e lineare nel tempo. Che la corte, in quantg
tale, non d motrice dl ci'rilizzazione. Norbert Elias ha syiluppato il
postulato - gid da molti in precedenza ayatzaio - di un costante
sviluppo dei costumi cortigiani e lo ha legato alla teoria weberiana del
lento affermarsi del monopolio della violenza, da parte dello Stato,
nel passaggio dali'alto medioevo barbarico alla prima etd moderna.
Elias ha cosi ipoti,zzato un processo che, da un'indefinita eta barbari-
ca nella quale le pulsioni dei guerrieri sarebbero state incontrollate,
awebbe condotto ad un'etd di civilitd, all'interno della quale quelle
pulsioni sarebbero state raffrenate. Questo processo lo ha definito di
"curializzazione" (Verhtiflichung) dei guerrieri. La "libera nobiltd
feudale", secondo questo schema, ayrebbe esercitato I'impiego diretto
della violenza come "mezzo di iotia insostituibile", sino a1l'emergere
cii un principe capace di conquisiare il monopolio della costrizione fi-
sica, rendendolo "pubblico". Da questo momento in poi i singoli irr-
riiviciui si dibattono "tra I'opposizione alle costriziori cui sono sotto-
posti, l'odio che provano per questo stato di dipendenza e sotiomis-
sione, la nostalgia per la libera competizione cavalleresca, da un lato;
e, dall'altro, I'orgoglio per I'autocostrizioneche hanno saputo impor'
si o la soddisfazione per le nuove possibilitir di piaceri che gli si of-
frono: in breve, abbiamo un nucvo passo verso la civilizzazione" t2.
Ma Bisanzio imperiale, Roma ponrilicia e Aquisgrana carolingia, dal
punto di vista del rituale, del cerimoniale e dell'etichetta, presentano
tra il IV e il IX secolo situazioni interne, interrelazioni non diverse da
quelle vissute nella Versaillesdi Luigi XIV, che Elias disegna comeil
punto pii alto raggiunto dal processodi civilizzazioneposto in moto
dalla nascita della corter3. Ma altrettanto potrebbe dirsi per i proble'

12.N. Etias,Pateree.iviltti (1937),


Bologna, pp. 156.
il Muljno,1983,
13 . P e r u n c o n f r o n t o tr a i d iffe r e n tj ce r im o n ia li b iza n tino, ponti fi ci o e carol i ngi o,v
E. Kanlofowicz, Lcudes rcgiae: A Study in LiturEical Acclamations snd MedideyalRu-
ler Worship, Berkeley-Los Angeles, Univ. of Cal. Press, 1946; anche se chi scrive non
c c nco r d a c o n l ' i p o r e s i d i u n a d ip e n d e n zar o m a n a d a l r itu al e franco, vedendo pi uuosto
un'influenza bizanina, via Rofia, su quello franco. N.Ia su tutro quesro si v. S. Benef
!i. F. Cardini, E. Carbero Zotzi, Le corli del Rintascinentc, Miiano. Mondadori, 198i.
t19

mi dellagerarchiae dellaprossemica, strumentiindispensabili per di


stinguere e distanziare ogni aggregatoumanoe che appaiono presenti
in tutte le corti, sia medievaliche della prima etir moderna.
C€rto,non siamodi fronte ad una storiaimmobile,perch€in otto-
centoanni - quanti sono trascorsidal mondo carolingioal "gran
sidcle"di Luigi XIV - i costumisono mutati; un diversomodo di
intendere la religioneha di conseguenza investitoil riaualeconnesso
allasacralitir; la macchinadello statosi i semprepifi ampliatae la ve-
nalitAdegliuffici ha introdottoun nuovo tipo di feudaliteburocrati-
co-amministrativa(la noblessede robe), che ora rivendica una pro-
pria dignitd al di fuori della corte. Possiamoaggiungere che I'idea
medievaledel rex imago Chrisli ha portato a sviluppare il concetto
del monarcacorflepersonamista, geminapersona, distinguendoi due
corpidel sovrano:quelloprivatoe quello pubblico.Poichela corted
anche,per metafora, il corpo regale(il cubiculuttt ad indicareI'intero
palatium),il germedel divorziotra questae lo Stato si insinuerdfa-
talmente,corrodendone il potere.Di qui partirannoi giuristi inglesi
dell'eteelisabettiana e pii ancorai Monarcomachidel secolosuccessi-
vo, per staccare il corpusReipublicae mlsticum da quelloregioro.Ma
saremoallora alla crisi della corte, che i regicididel 1649e del 1793
sanzioneranno. Questedue date e la distanzadi quasi un secoloe
mezzotra esseindicano,d'altra parte, come l'evoluzionedelle cortr
non sia sincronica,come ognunadi essepresenriuna storia distinra-
Ognicorted infatti un organismovitaleche nasce,crescee trova una
suaautonomastruttura,condizionatadalla personadel Signore,dal
potereche disponeal momentodel proprio affermarsi,dal rapporto
che essastabiliscecci sudditi, dalle sue stessedimensioni.Carlo I
d'Angid,subentrando alla raffinatacortenormanno-sveva, non etedi-
td nulla di quei costumi,anzi si puo dire che non ebbeattorno a se
una vera e propria corte, ne sembraabitassenai quelpolaciuntde
novocostruitocomeun fortilizio dal francesePierrede Chaulese ter-
minato dieci anni dopo la sua andata al potere. Dimostrazionedi
quantopoco I'evoluzionedi una corte aiuti e condizioniil sorgere
d'un'altracorte temporalmenle successiva.La corte restadunqueun
quid a s€, influenzatoda una quantitddi fattori irripetibiiiin silua-
zioni geografico,i territorialie,/o politichedifferenti.Ecco percherie-
scedifficile tracciareun'evoluzione generaledellacorte(e sia pure re-
stringendoci alla sola area di diffusionedel Cristianesimo), mentree
piti sicuro tracciarestorie particolaridi questao quella determinata

14. Sn tutto questoE. Kantoro{icz, The Kine's Tr|o Bodies.A StudJ in Mediaeral
PoliticolTheology,PrincelonN.J., PrinceronUniv. Press,1957.
150

corte, seguendola nel suo nascere,evolversie ingrandirsi,ancre in


rapporto ad altre corti ad essacontemporanee,ma non necessaria.
mentead essasimili.
Un altro modo di studiare la corte pud esserepero l'approccio
storico-socialee storico-antropologico, che consentecomparazioni
diacronichele quali, al posto di ipoteticheevoluzionitutte da dimo-
strare,mirino a capirele dspostedate, di volta in volta, ai problend
dell'interazionesocialeall'interno di un microcosmo.Risposteche
hannotroyato la loro espressione in forme distintedi rituali, cerimo-
niali ed etichette.
Questosecondotipo di approcciorisulta ancorpiu utile se restrin-
giamo il nostro campod'indaginealla penisoiaitaliana,che non cq-
noscenella sua storia una monarchiaunitaria,ma tanti feudi, tame
signoriecittadine,tanti stati regionali.Tutte questeformazionistatali
hanno avuto nel tempo evoluzionicompletamente distinte:I'una na-
scevaquandoI'altra tramontava,I'una brillavaquandol'altra inizia-
va appenaa darsiun proprio assettointerno;magariimitandoe im-
portandomodee costumida corti anchelontane,ma sempreritradu-
cendoli,adattandolialla propria individualesituazione.

Potrebbero piacerti anche